editoriale - TopLegal.it

TopLegal 2004-2014
SUCCEDEVA QUESTO MESE: MAGGIO 2012
Lehman redux
Dewey & LeBoeuf, il disastro annunciato
del più grande fallimento
di uno studio legale nella storia
di Marco Michael Di Palma
F
orse qualche dubbio
sulla
sostenibilità
del proprio studio è
sorto per i dirigenti
di Dewey & LeBoeuf
quando nel 2008 falliva Lehman
Brothers. La banca d’investimento, dopo avere perso una scommessa gigantesca sul mercato
immobiliare, crolla per un vuoto
di fiducia di Wall Street. Le immagini degli impiegati con le scatole di cartone in mano sono emblematiche della fine di un’epoca.
Ma a fallire non sono solo i titani
della finanza. Solo quattro anni
dopo il crac Lehman, e grazie ad
una gestione che sperava in una
struttura finanziaria, governance
e politica di remunerazione che
andavano tutte nella direzione
sbagliata, la dirigenza di Dewey
& LeBoeuf crea il più grande fallimento di uno studio legale nella
storia. E tornano in strada i dipendenti con le scatole in mano.
Figlia di una fusione nel 2007
tra Dewey Ballantine (fondato nel
1909) e LeBoeuf Lamb Greene &
MacRae (le cui origini risalgono
al 1929), al suo apice la mitica law
firm contava 3.000 persone di cui

tTopLegal Maggio 2014
1.400 avvocati in 26 uffici sparsi
in 15 paesi. Dopo cinque anni di
vita, il 28 maggio del 2012 Dewey
& LeBoeuf chiede la bancarotta assistita. La causa immediata
del collasso è la decisione delle
banche creditrici, Jp Morgan,
Citi, Bank of America e Hsbc, di
non estendere le linee di credito.
I beni dello studio ammontano
a 193 milioni di dollari a fronte
di debiti per 245 milioni. Ma la
stretta creditizia è solo l’ultima
delle sciagure. Tra i più grandi
mali autoinflitti, i debiti ammassati per sostenere la caccia
ai rainmaker a suon di garanzie
sontuose pluriennali in forma di
pacchetti retributivi fuori misura
– fino a cinque milioni di dollari
all’anno – che prescindono dalle
prestazioni nonché dal ridimensionamento del mercato e del calo
del fatturato dello studio.
Di lunga gestione, la crisi
Dewey esplode pubblicamente
il 27 gennaio 2012 durante una
riunione dei soci convocata al
22° piano della sede di New York.
Sebbene la maggior parte di essi
sanno già che lo studio affronta un momento difficile, pochi
sono preparati per il discorso
che terrà loro il presidente Steven Davis. Con una presentazione PowerPoint alla mano, Davis
dipinge un quadro cupo degli affari: dei circa 250 milioni di dollari di ricavo netto per il 2011, la
metà è vincolata per le pensioni
e i compensi prestabiliti ad alcuni soci per i due anni precedenti.
Rimane solo una metà della torta
da distribuire fra i membri della
platea delusa. Peggio ancora. Lo
studio è ormai sull’orlo del baratro. «Dovete farvi vostro questo
problema», esorta Davis.
Una tale trasparenza è insolita
per uno studio che, a furia di accumulare prestiti per pagare se
stesso, già nel 2009 si scopriva insolvente. Nel 2010, Dewey chiude
un collocamento privato sul mercato obbligazionario da 125 milioni di dollari per rifinanziare il
suo debito, ma senza che nelle 58
pagine del prospetto vengano riportati i rischi agli investitori, tra
cui le garanzie offerte ai soci top.
Con le sue rivelazioni Davis
scoperchia il vaso di Pandora.
Invece di farsi carico del problema, i soci di Davis preferiscono
salvarsi ciascuno per conto proprio. Lo svuotamento della partnership è irrefrenabile e le uscite
assomigliano a una fuga bancaria che crea uno schema Ponzi
per chi rimane. Si tenta il rinegoziamento di alcune garanzie
ma non basta. Il vuoto di fiducia
giunge al suo culmine quattro
mesi dopo quando arriva ad oltre 200 (due terzi dello studio) il
numero di soci che hanno alzato
i tacchi portandosi via i clienti.
Nel frattempo si consuma un
dramma anche in Italia.
Verso metà aprile 2012 arriva
lo spartiacque quando la practice italiana scarica la casa madre.
Sull’uscita dalla Llp internazionale, già il 4 aprile la stampa
riportava l’indiscrezione che la
sede italiana stia valutando un
rottura (si sono già mossi gli headhunter per contattare i grandi
studi e, oltre a Dla Piper ed Ernst
& Young, spunta anche il nome
di White & Case). Tuttavia, il futuro dello studio americano è segnato quando, pochi giorni dopo,
da New York si comunica ai soci
rimasti che non ci sono obblighi
di rimanere legati all’insegna
nell’attuale stato di precarietà.
Ad inizio maggio, suona il liberi
tutti in casa Dewey & LeBoeuf e
tramonta definitivamente l’ipotesi di un salvataggio. Nel frattempo, la Procura di Manhattan
apre un’indagine sull’operato
del presidente Davis ma almeno
sul fronte italiano vi è un lieto
fine. Il 14 maggio trapela la trasformazione di Dewey Italia in
Grimaldi. Bruno Gattai, managing partner della sede italiana
del network americano, con un
colpo solo salva la sua squadra
nonché quello che rimane di un
Grimaldi in profonda crisi. La
nascita del Grimaldi bis, guidato
da Gattai (che uscirà per fondare
il proprio studio a fine anno) e il
responsabile della sede romana
Stefano Speroni, viene ufficializzata il 23 maggio.
Ad approfittare del disfacimento di Dewey ci sono anche
le decine di concorrenti in cui
sono confluiti i soci in uscita.
Fughe che forniscono il motivo
per azioni legali contro Baker &
McKenzie, Eversheds, Latham
& Watkins, Mayer Brown e
White & Case, i quali si sareb-
bero avvalsi del trasferimento
di mandati Dewey ancora attivi.
Ma ad avvantaggiarsene principalmente sono i consulenti
chiamati a gestire il fallimento.
Le parcelle pagate ai consulenti
della law firm americana per i
primi cinque mesi di lavoro superano i 14 milioni di dollari.
A distanza di due anni dal fallimento, i nuovi tasselli del crac
continuano ad emergere. Contro
una ventina di soci che avevano
deciso di non aderire all’accordo fallimentare da 71 milioni di
dollari nel 2012, pesano ancora
azioni revocatorie. Infine, a marzo di questo anno, si è accertata
la colpevolezza di alcuni dirigenti per avere manipolato i dati
finanziari dello studio negli anni
precedenti alla sua scomparsa.
Infine, e a differenza di
Lehman, il fallimento di Dewey
non ha causato un panico generalizzato del mercato né ha
provocato nuove iniziative politiche e di regolamentazione
senza precedenti. Ma il caso ha
messo a nudo tutta la fragilità
di uno studio legale il cui unico
collante è stato il denaro. TL
TopLegal Maggio 2014
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