Regionale Lombardia 1 - FEMCA-Cisl

Regionale Lombardia
Consiglio Generale Femca Lombardia 21 ottobre 2014
Oggi riprendiamo i lavori del Consiglio Generale che abbiamo sospeso il 10 Luglio, giorno della
mia elezione a Segretario Generale della Femca Lombardia.
Le Confederazioni pur calcando ancora la scena mediatica e sociale, sono state del tutto
marginalizzate da quella politica.
Non si tratta solo dell'episodio di martedi 7 Ottobre, in cui Renzi ha dato un‘ ora del suo tempo a
CGIL, CISL e UIL per discutere la riforma del lavoro dei prossimi anni, quanto di un cambiamento
di scenario, iniziato anche con i precedenti Governi, che investe il sindacato fino a metterne in
discussione l'esistenza, quantomeno nelle forme in cui l'abbiamo conosciuto e vissuto negli ultimi
anni.
La scelta del Premier, non solo ha superato l'ormai bistrattata "concertazione" ma ha anche
perseguito una linea di azzeramento del "dialogo sociale" inteso come prioritario e determinante
confronto con le Organizzazioni Sindacali, anche con Cisl e Uil che hanno fatto parziali aperture al
contratto a tutele crescenti (Jobs Act).
L'unica finestra che Renzi ha tenuto aperta è quella con Landini usata in modo strumentale e a
piacimento dai due interlocutori.
Al Sindacato Italiano restano due strade.
La prima è catalizzare attorno a sè la protesta, trasformandosi sempre più in un movimento
parapolitico, in preparazione delle prossime elezioni, che rappresenti una parte del disagio e
verticalizzi il conflitto.
La seconda è ripensarsi in chiave sociale e produttiva, puntando ad essere un punto di riferimento
di inclusione e partecipazione attiva; cioè nelle fabbriche e nei posti di lavoro, favorendo la
formazione dei lavoratori e gestendo i nuovi orari, puntando sulla costante crescita della
produttività e con essa dei salari dei lavoratori, legati anche agli utili e contrattando il Welfare,
ovvero: protagonisti nelle imprese e nei territori.
Verso la prima strada si è orientata la Fiom e spero che la CGIL non la segua. Nel frattempo, noi,
continueremo a sentirci impegnati nel costruire rapporti unitari chiari, trasparenti, di squisito merito
sindacale con Filctem e Uiltec.
La seconda via è invece lo sbocco naturale della Cisl e della Femca della Lombardia, consapevoli
di rielaborare il proprio patrimonio ideale nel nuovo scenario postindustriale, cioè la contrattazione
aziendale, quella intuizione, del 1953, dei nostri padri fondatori (Giulio Pastore e Mario Romani)
ancora oggi, protagonismo di voi delegati e delle strutture territoriali.
In parte la Cisl di Bonanni aveva cominciato questa trasformazione con la riforma organizzativa
che ha ridisegnato i territori e le categorie per rendere la la nostra organizzazione più efficace nello
svolgere i suoi compiti di rappresentanza e contrattuale.
Ma nell'era digitale i processi sono avvertiti solo se accadono in tempo reale.
Per questo, voglio ribadire quello che ha affermato Anna Maria Furlan il giorno della sua elezione a
Segretario Generale della Cisl:
“Oggi, celermente dobbiamo portare a termine i processi di accorpamento delle categorie che
insieme abbiamo scelto di compiere. Pagheremmo cari ripensamenti, tentennamenti, dilazioni
temporali non più consentite“.
Accorpamento Femca Fim
L’accorpamento con la Fim, per noi della Femca, non viene fatto per sopravvivere, non siamo
costretti da motivi economici, abbiamo i conti a posto, così da poter essere anche liberi di dire
quello che pensiamo.
Siamo un sindacato che liberamente e non per decreto decide di mettersi insieme con un'altra
realtà più grande della nostra, con l’obiettivo di costruire in Italia il Sindacato dell’Industria della
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Cisl, capace di essere un forte interlocutore con le controparti, con le istituzioni centrale e quelle
locali, ma anche con la nostra Confederazione ai vari livelli.
Abbiamo deciso nei due distinti Congressi Nazionali del 2013 di costruire questa nuova realtà
sindacale per essere più presenti nei territori e nei luoghi di lavoro, ma anche in grado di gestire le
molte differenze esistenti tra le due Federazioni.
La nuova aggregazione, che non dovrà essere una catena, deve rispondere anche alle differenze
merceologiche e professionali, a quelle contrattuali e non ultima quella delle relazioni industriali di
certo per nulla identiche.
L’accorpamento si deve fare ma con le dovute garanzie.
Non c’è rappresentanza senza il rispetto delle esperienze altrui.
Ma tutte le nostre diversità settoriali devono contribuire a costruire una nuova Federazione
dell’Industria Cisl, monocomposta ed organizzata in comparti.
Questa nuova esperienza modificherà la nostra condizione operativa, (facilmente ripristineremo nei
Territori, le Zone ed i loro Responsabili) per molti sarà un esperienza nuova ed inedita, anche per
coloro che hanno già vissuto i precedenti accorpamenti.
Sperimenteremo la fatica di una aggregazione tra diverse culture di relazioni sindacali, ma anche
di non simili culture associative.
La Lombardia è il crocevia della nuova Federazione, con oltre 80.000 iscritti cioè circa il 30%
dell‘organizzazione, (di cui 13.000 iscritti agli ammortizzatori sociali),con circa 200 dipendenti ed
oltre 4000 delegati e poco più di 1000 RLS, dovrà essere protagonista, ma anche mettersi al
servizio di questa futura esperienza.
Dobbiamo costruire insieme una struttura organizzativa che rende protagonisti gli uomini e le
donne del lavoro e questo significa un rafforzamento straordinario contrattuale, sociale e politico
del sindacato territoriale e aziendale.
E' questo il senso del processo di semplificazione che abbiamo iniziato l’anno scorso e che ha lo
scopo di dare più risorse alla prima linea del sindacato.
La crisi
L'Italia è arrivata alla vigilia della crisi con la zavorra pesante di una lunga stagnazione della
produttività.
È una delle ragioni decisive del persistente differenziale della crisi italiana nel confronto
internazionale.
La crisi dei nostri settori sul territorio Lombardo si connota per una varietà di situazioni che
riflettono le caratteristiche industriali e le conformazioni degli assett produttivi e di mercato.
Tutta la Regione, con la sua articolazione produttiva e i suoi proporzionali addensamenti industriali,
è interessata dalla crisi nel suo complesso sia per l’accentuata frammentazione dimensionale delle
aziende presenti, sia per l’importante connotazione manifatturiera, di trasformazione, vista la
mancanza di Materie Prime, del sistema industriale della Lombardia,.
I dati del primo semestre, di quest’anno confermano trend differenti nei diversi comparti.
Nel comparto della Chimica e dell’Energia tra il primo e il secondo trimestre scende
complessivamente la richiesta della CIG Ordinaria (-6,7%), nonostante aumenti in modo
considerevole il suo utilizzo nell’Asse del Po, nei Laghi e a Brescia.
Si riduce anche la CIG Straordinaria (-11,3%) ma è in aumento nei territori di Milano, MB-LC e
Pavia.
La CIG in Deroga, con le note difficoltà di finanziamento e di procedura tra il primo e il secondo
trimestre, scende di quasi il 4% nonostante aumenti nei Laghi, Pavia e Brescia.
Anche nel comparto della Moda si differenziano i due periodi osservati.
Infatti diminuisce la richiesta della CIG Ordinaria (-8,0%), nonostante aumenta il suo utilizzo nel
territorio di Sondrio e persiste nei Laghi.
In forte crescita invece la CIG Straordinaria (+56%) con i significativi aumenti a Milano, MB, Pavia
e Bergamo.
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Nonostante venga utilizzata di meno, nell’Asse del Po e a Sondrio, la CIG in Deroga è aumenta di
circa l’8%, a fronte di una forte richiesta a Bergamo, Brescia, Milano, MB-LC.
Inoltre, rispetto al 2013 i dati fotografano una situazione che migliora in termini di utilizzo totale
degli ammortizzatori sociali.
Infatti riscontriamo una riduzione di circa 4 milioni di ore nel primo semestre 2014 rispetto all’anno
precedente (nel 2013 erano circa 31milioni di ore).
Nonostante questo miglioramento, all‘aumento degli ordinativi e dei fatturati rispetto ai mesi
precedenti, persiste però un preoccupante dato di crisi occupazionale in tutti i settore produttivi
esaminati.
Purtroppo molte aziende stanno esaurendo l’utilizzo degli ammortizzatori e saranno costrette ad
adottare scelte pesanti e definitive sul piano sociale ed economico, come i licenziamenti.
In aumento anche le cessazioni di attività e l’avvio di procedure concorsuali e fallimenti, come la
Manifattura Val Brembana, che coinvolgono migliaia di lavoratori.
Oltre agli accordi per il sostegno al reddito dei lavoratori occorre però attivare politiche attive per
la ricollocazione degli esuberi ma anche politiche incentivanti per lo sviluppo, per gli investimenti
industriali e la riqualificazione del capitale umano.
Dopo 6 anni di crisi, cinque dei quali in recessione è indispensabile una semplificazione della
burocrazia e una politica economica in grado di produrre, in tempi brevi, l'attesa inversione del
declino e di inaugurare un nuovo ciclo lungo di crescita, di ricostruzione industriale, di
responsabilità e di coesione sociale, di tutela e di equilibrio ambientale, cioè da un’Economia
Lineare all‘Economia Circolare, capace di risparmio energetico e riciclo delle Materie Prime.
La condizione decisiva, a tal fine, risiede in una ripresa vigorosa degli investimenti, perchè questi
insieme ai consumi devono essere contestuali per alimentarsi a vicenda e per innescare una
dinamica cumulativa di crescita.
Gli 80 € di riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori sono stati una buona operazione, finalizzati
ad alleviare la sofferenza sociale e a sostenere la domanda interna, ma non sufficiente a produrre
alcuna inversione del ciclo recessivo né la crescita attesa.
Pesano sul depotenziamento della manovra sia il livello di indebitamento delle famiglie, ma anche
la sfiducia delle stesse nei confronti di uno Stato incapace di ridurre le tasse ed il conseguente
aumento della propensione al risparmio. Non a caso i risparmi delle famiglie sono cresciuti di 274
miliardi, arrivando a circa 4000 MLD di Euro.
Vedremo nei prossimi mesi se la Legge di Stabilità del 2015 sarà capace di trasmettere fiducia alle
famiglie e alle imprese.
Inoltre il Premier e non solo lui, fa dell'articolo 18 una questione simbolica da offrire all'Europa in
cambio di margini di flessibilità di bilancio.
Per noi il tema principale è il superamento delle scandalose precarietà del mercato del lavoro
contestuale alla garanzia del reintegro del lavoratore nel posto di lavoro.
L’Europa
La Confederazione Europea dei Sindacati (CES) ha calcolato che investimenti nell'ordine del 2%
del PIL annuo per 10 anni creerebbero in Europa 11 milioni di posti di lavoro a tempo pieno.
La BCE, sotto la guida di Mario Draghi, ha messo in atto politiche monetarie di grande portata:
tassi ufficiali allo 0,05%, piano di 1000 MLD€ di prestiti alle banche europee allo 0,10% con il
vincolo della loro trasformazione in crediti alle imprese ed alle famiglie.
Tutto questo dopo le ultime elezioni europe, contraddistinte dal rigetto nei confronti delle istituzioni
centrali.
Un voto di protesta legato anche alla mancanza di informazioni su quello che avviene in Europa,
sul ruolo della UE, dei decisori e delle parti sociali.
Di qui l’importanza di rafforzare la conoscenza e il coinvolgimento dei nostri delegati nel proscenio
europeo, iniziando dal livello che è apparentemente più lontano da Bruxelles, ossia il livello
territoriale (in Lombardia ci sono molte Multinazionali e altrettanti CAE).
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La CES è il sindacato intersettoriale che riunisce in Europa i sindacati confederali dei 28 paesi
membri, oltre quelli dei paesi associati e candidati.
85 sindacati europei sono iscritti alla CES (tra cui CISL, CGIL e UIL) che rappresenta 60 milioni di
tesserati.
Oltre alla CES, che è l’organo confederale, esistono 9 federazioni di categoria (tra cui IndustriAll
alla quale sono iscritte la Femca e la FIM).
In Europa ci sono 42 comitati di dialogo sociale settoriale che coprono tutti i settori di attività dalla
chimica, al tessile, al commercio, al metalmeccanico, agricoltura, lavoro interinale, etc.
Il lavoro di questi comitati porta alla definizione di accordi europei e di dichiarazioni congiunte.
Tra gli accordi ricordiamo quello sul telelavoro del 2002, quello sullo stress al lavoro del 2004,
sulle molestie e la violenza sul luogo di lavoro del 2007, sul mercato del lavoro inclusivo del 2010
e l’accordo quadro sul congedo parentale, attuato mediante Direttiva nel 2010.
Questo accordo ha come scopo principe quello di promuovere la conciliazione e la parità di
trattamento tra uomini e donne.
E’ importante conoscere le possibilità che l’Europa ci offre e che tante volte vengono ignorate;
quelle offerte dal Fondo Sociale Europeo, dai fondi strutturali, dal fondo di adeguamento alla
globalizzazione (nato a motivo della crisi e teso ad aiutare i lavoratori interessati alle
ristrutturazioni).
Rafforzare il dialogo sindacale a livello europeo significa anche cogliere le opportunità offerte dalle
linee di finanziamento per lo svolgimento di progetti europei che non devono essere motivo di
turismo sindacale ma vere e proprie occasioni di formazione e di arricchimento reciproco.
La Garanzia Giovani
La strategia decennale di crescita elaborata dalla Commissione, Europa 2020, pone tra i suoi
obiettivi in materia di lavoro un tasso di occupazione del 75% per le persone di età compresa tra i
20 e i 64 anni.
Appare evidente l’urgenza di continuare e rendere effettiva l’applicazione della Garanzia Giovani
tesa a contrastare il flagello della disoccupazione giovanile, che in Italia va oltre il 40%.
L’obiettivo è quello di fare in modo che, entro quattro mesi dalla fine del loro percorso scolastico, i
giovani abbiano un lavoro, proseguano gli studi o seguano una formazione.
La Garanzia Giovani rientra nell’iniziative Europee per agevolare, attraverso finanziamenti, di 1,5
miliardi alle Regioni, l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
Ma il Report del Ministero del Lavoro aggiornato al 9 Ottobre ha registrato 237 mila giovani, di cui
solo 53.800 sono stati presi in carico e profilati.
Invece le occasioni di lavoro pubblicate online dall’nizio del progetto, sono poco piu di 17.000.
Ma al di là dei numeri che da soli raccontano di una iniziativa ridotta, il Dicastero ammette le
lentezze, parlano di realtà a macchia di leopardo (al sud non si è mosso nulla) della difficoltà,
ancora oggi di far dialogare per via telematica i Centri per l’Impiego (a cui si rivolgono solo il 3%
delle persone in cercadi lavoro, nonostante abbiano 9000 dipendenti e comunque di gran lunga
inferiore ai 100.000 addetti dell’Agenzia Nazionale Tedesca), le Regioni e lo Stato.
La Garanzia Giovani poteva essere un test di Politiche Attive per il lavoro e invece sta perpetuando
l’equivoco dei Centri per l’impiego e di certi Assessori Regionali, i quali pensano che occuparsi di
lavoro sia un compito dello Stato e non una corresponsabilità di più soggetti, in cui anche anche
le realtèà private devono essere mobilitate per il bene del paese e soprattutto per quello dei
giovani.
Ma senza lavoro, anche questo strumento è molto poco finalizzato
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La Contrattazione
Da questa fase di profonda trasformazione del mondo del lavoro e del suo concetto, la Femca
deve uscire con più contrattazione e più innovazione.
Il processo di modernizzazione del lavoro è già iniziato.
Non ad opera di norme legislative. Ma grazie alla nostra attività quotidiana nei luoghi di lavoro: la
contrattazione di secondo livello.
Riscoprire il potenziale della contrattazione aziendale, significa oggi, riaffermare anche il primato
del principio della sussidiarietà rispetto alle norme di legge e a quelle regolatorie del CCNL.
Nonostante la crisi e la decadenza del sistema industriale, in questi anni abbiamo continuato a fare
contrattazione aziendale, ma non solo quella difensiva.
Dobbiamo continuare a modernizzare e rafforzare uno strumento che deve creare nuove
opportunità, nuove condizioni per lo sviluppo e la crescita.
Necessita in tal senso, considerata l’articolazione dei settori produttivi, una nostra puntuale verifica
periodica finalizzata ad analizzare non solo le soluzioni adottate ma anche gli indirizzi politici e le
strategie contrattuali della nostra Federazione.
In molte aziende si affrontano sempre più elementi collegati al welfare aziendale, alle
professionalità, ai tempi della prestazione del lavoro con i suoi orari e le sue flessibilità e si
continuano a trovare intese per la difesa del reddito con premi variabili collegati alla produttività e
redditività, il cui ammontare varia dalle 280 euro minime delle aziende tessili, ai 2500/3000 euro
dei settori chimici ed energia.
In altre aziende invece si fanno accordi per il mantenimento dell’occupazione attraverso i contratti
di solidarietà (dopo 30 anni dalla loro nascita anche la Fiom si è accorta della bontà di questo
strumento), sull’integrazioni ai trattamenti di cassa integrazione e sulla maturazione dei ratei su
ferie, tredicesime e mensilità aggiuntive.
Dai dati in nostro possesso, attraverso gli accordi che ci inviate, si evidenzia una scarsa
predisposizione delle imprese al confronto su materie come il mercato del lavoro, le strategie
occupazionali e le loro gestioni.
Le Aziende sono disposte ad un confronto, con le RSU e le strutture territoriali, sulle ristrutturazioni
e sulle riduzioni degli organici, ma poco sulla regolamentazione di confronti e di verifica preventiva
riguardanti la crescita dell’occupazione e della sua diversa tipologia.
Analogamente l’evoluzione e l’innovazione dei cicli produttivi, del processo e dei sistemi qualitativi,
fortemente presenti nei nostri settori, sono argomenti spesso discussi a valle del processo di
trasformazione, con risultati certo positivi sul versante economico e professionale, ma
insufficientemente oggetto di confronto permanente e formalizzato con la RSU.
Le aziende devono sapere che i nostri delegati non sono persone che al mattino vanno in piazza a
chiedere di “occupare le imprese” e alla sera in televisione a tifare per il loro leader a scendere in
politica, ma sono veri e responsabili interlocutori aziendali e conoscitori delle problematicità
presenti nei luoghi di lavoro.
Perché hanno a cuore il bene comune, cioè sanno che senza azienda non c’è lavoro, senza lavoro
non c’è reddito e senza reddito non c’è consumo, ma anche futuro per se e i propri figli.
Nel confronto con le nostre controparti dobbiamo proseguire a sviluppare temi, come gli
investimenti in beni strumentali e sul capitale umano, perche’ la ricchezza prodotta rimanga in
azienda e ripartita tra i protagonisti compresi i lavoratori e non sperperata in investimenti finanziari
che hanno creato in questi anni tanti disastri all’economia mondiale, ai lavoratori e alle famiglie.
Dobbiamo creare i Fondi Integrativi per la formazione continua delle persone escluse dal ciclo
produttivo o da riqualificare, sviluppare le politiche sulle parità di generi e sulla responsabilità
sociale d’impresa.
Dobbiamo cogliere e intercettare le nuove esigenze, adeguarle in relazione ai diversi bisogni delle
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vecchie e nuove generazioni di lavoratori.
Necessita affrontare con una logica riformatrice il concetto di lavoro, il protagonismo dei nostri
iscritti e la partecipazione dei lavoratori (molte proposte di legge, Ichino e Sacconi, sono ferme in
Parlamento perché una certa Sinistra e Confindustria sono contrarie a legiferare su questo tema).
Occorre aumentare le capacità di governo e di indirizzo delle politiche e delle strategie contrattuali
della FEMCA e della CISL nel suo complesso.
Per fare tutto questo serve continuare la costante azione formativa sostenuta in tutti i livelli della
Federazione, indispensabile, sia per arricchire i contenuti della contrattazione, sia per accrescere
consapevolezza e comprensione tra i nostri quadri sindacali, delegati e lavoratori.
Politiche di “Generi”
Un sindacato come la Femca, abituato a gestire la complessità e il cambiamento, può ancora oggi
parlare solo del genere femminile o maschile? Credo di no.
Ciascuno di noi, nella sua attività quotidiana non può considerare ogni singola situazione che deve
affrontare a senso unico.
Quindi ritengo che “non” si possa parlare di “donne” e di conseguenza di politiche di genere se non
si tiene conto della storia, ma soprattutto del contesto sociale e culturale in cui viviamo.
Credo che ci sia ancora molto da fare da questo punto di vista.
Per questo è importante riflettere sul ruolo che il sindacato vuole darsi rispetto alle donne, in
particolare sulla rappresentanza dei bisogni dei lavoratori che sono uomini e donne.
Non stiamo parlando di Quote rosa.
L'evoluzione che c'è stata anche a livello legislativo rende sempre più anacronistico affrontare
sindacalmente argomenti come i Congedi Parentali o la Conciliazione casa-lavoro come se fossero
ancora solo un esigenza prettamente femminile.
Oggi ad esempio la genitorialità condivisa è già supportata da alcune facilitazioni che devono
essere diffuse come cultura, processo e maturazione, che deve quindi essere fatto insieme
(uomini-donne) in modo da cogliere il valore aggiunto che la diversità offre.
Innanzitutto la Femca non può ragionare o far progetti solo al femminile o al maschile, noi abbiamo
il compito di rappresentare gli interessi di tutti i lavoratori e in modo particolare dei suoi associati.
Le donne che noi rappresentiamo sono donne inserite nel mondo del lavoro, che hanno la
necessità di far coincidere i tempi di vita e i tempi di lavoro, ma la stessa cosa vale per i loro
partner.
C’è la necessità per la Femca di fare un passo in avanti e di guardare oltre, di individuare quale sia
la strada migliore per rispondere ai bisogni degli iscritti dentro e fuori la fabbrica.
La nostra proposta è, quindi, formare i delegati (uomini e donne) dotandoli di strumenti e prassi
negoziali per essere in grado di realizzare una contrattazione decentrata che trovi soluzioni,
insieme alle aziende, circa la flessibilità oraria ed organizzativa, la definizione di un piano di
welfare aziendale orientato alle famiglie (sostegni, costi cure, educazione figli, i Fondi di Assistenza
Sanitaria, etc), la flessibilizzazione dei congedi parentali per madri e padri.
Formazione
Diventa quindi importante e fondamentale che la Femca Regionale, prosegua ed insista, come del
resto ha sempre fatto, sulla formazione di delegati e sindacalisti, affinchè siano in possesso di tutte
le conoscenze necessarie ad affrontare i cambiamenti che sono in corso e in primis la fusione con
la Fim.
Sarà anche necessario costituire, fin da subito, un gruppo formatori coordinato dalla Femca
Regionale che racchiuda in sé tutte le competenze che abbiamo sui territori e che ci permetta di
presentare, nei prossimi mesi, una proposta formativa di qualità, sulla base di un piano di obiettivi
condivisi tra formazione di base per la crescita dei delegati oltre ai seminari annuali di studio e di
riflessione.
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In sostanza la Formazione deve e può diventare uno degli strumenti principali della Femca per
affrontare tematiche delicate come i Cae, ma anche le politiche di genere, come sopra descritte,
attraverso percorsi formativi mirati ai delegati delle aziende più rappresentative che abbiano la
possibilità di effettuare la contrattazione di secondo livello e di conseguenza incidere
concretamente sulle politiche organizzative aziendali e di welfare.
Inoltre, la Formazione, deve continuare a rimanere un punto cardine dell’azione del nostro
sindacato, dovrà essere permanente ed organizzata al fine di rispondere alle esigenze dei territori,
ma anche e soprattutto delle delegate e dei delegati.
Il modello organizzativo della Femca Lombardia
L’ipotesi di lavoro che vi voglio proporre, come modello organizzativo e per affrontare l’eventuale
accorpamento con la Fim Lombardia, deve partire dalla determinazione di alcuni punti fermi, che
aiutino a dare risposte organizzative più adeguate e comunque possibili.
Si tratta di accertare le aree di lavoro su cui concentrare gli elementi della struttura, garantendo un
buon equilibrio tra le diverse dimensioni ovvero:
 l’assistenza sindacale ai diversi settori, coordinando la nostra presenza nei contratti
nazionali e assicurandola in quelli minori, in un mix tra persone del Regionale e dirigenti
territoriali, a cui affidare una delega condivisa con i territori stessi;
 la presenza e il coordinamento regionale in alcune aziende, confermando/definendo le
titolarità dirette del regionale;
 l’azione organizzativa da dedicare al proselitismo, alla formazione, all’area seminariale e
di studio e alla politica dei quadri sindacali ivi compresi le delegate e i delegati;
 una attenzione maggiore sui flussi economici, potenziando la dimensione non facile
della solidarietà in una parte della gestione economica e nelle risorse umane, ad esempio
iniziando ad unificare e centralizzare, comunque sgravando di funzioni i territori di alcuni
servizi (bilanci, gestioni amministrative, centrale acquisti, telefonia, flotta auto, interfaccia
con il nazionale, ecc.).
In questo senso occorre delineare un processo decisionale e di lavoro che premi la collegialità e la
cooperazione integrata tra le strutture, sapendo che ogni decisione di affidamento di deleghe
regionali a strutture decentrate deve essere condivisa con i gruppi dirigenti dei territori stessi.
L’dea di fondo è di avere una struttura regionale capace di assicurare nei compiti le funzioni di
assistenza ai tre comparti, con l’Energia affidata al Segretario Generale, la Moda a Luigi
Cannarozzo e il Chimico a Paolo Ronchi.
Presidiare e coordinare le politiche di genere e il gruppo formazione a livello regionale,
valorizzando le attuali ottime esperienze regionali, territoriali e proseguendo il rapporto con
BiblioLavoro.
Questa responsabilità verrà affidata a Cinzia Bettinelli che pur entrando nella Segreteria Regionale
continuerà ad operare sul territorio e nella Segreteria della Femca dei Laghi.
Inoltre, nei prossimi mesi, valuteremo alcune deleghe trasversali che devono essere comunque
monitorate (anche affidate a territori) ed in particolare Mercato del Lavoro, Ambiente, Salute e
Sicurezza, Welfare Contrattuale e Osservatorio Contrattuale USR.
Sull’area dell’Energia occorre
sviluppare le deleghe operative, con modalità politiche,
organizzative ed economiche da definire tra il regionale e i territori interessati:
 Sul settore Petrolio la delega verrà affidata a Milano tenendo conto che S.Donato e le Sedi
delle società del settore rappresentano buona parte degli associati; la persona che
abbiamo individuato (Roberto Scarlatella) risponderà gerarchicamente alla Femca di
Milano (nei prossimi giorni sarà eletto nella segreteria del comprensorio) e funzionalmente
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al Regionale.
Sul settore Gas e Acqua, la persona individuata (Maurizio Scandurra) avrà un ruolo
regionale e che condividerà una parte dei costi con i territori interessati.
Questo modo di operare per il Comparto dell’Energia, significa che le decisioni dovranno essere
assunte in modo condiviso e integrato (per cui tra azienda e nazionale ci sarà un solo livello di
rappresentanza).

Conclusioni
Oggi, nei prossimi giorni e nelle settimane a seguire saremo chiamati a momenti delicati per la
nostra Federazione.
Dopo la mia elezione a Segretario Generale della Lombardia e a quella di Daniele Magon della
Femca dei Laghi, avvenuta il 10 Ottobre scorso, nella riunione odierna abbiamo la responsabilità di
eleggere la nuova Segreteria Regionale, ma anche le Segreterie dei tre comparti (Energia, Moda e
Chimico) oltre al nuovo Comitato Esecutivo.
Come dicevo prima, alcune nostre strutture territoriali saranno interessate da discontinuità
organizzative.
In primo luogo voglio ringraziare Gianpiero Bernazzani che ha dato la sua disponibilità a ritornare a
fare l’operatore a Milano permettendo a Monti Antonello di essere inserito Lunedi 27 Ottobre, nella
Segreteria dell’Asse del Po.
Questa decisione permetterà alla Femca Milanese di eleggere, venerdi prossimo, Roberto
Scarlatella in Segreteria.
Vogliamo affrontare i mutamenti odierni e l’accorpamento con la Fim mettendo in campo energie
nuove.
La discontinuità organizzativa permetterà alla Femca Lombardia e a quella dei Territori di
rispondere alle nuove esigenze della Federzione e a quella dei suoi Dirigenti.
Pertanto la Femca può funzionare solo con una leadeschip sostenuta, un valore che va al di là
delle persone stesse.
Ma anche la Cisl Lombarda sarà interessata da una evoluzione del gruppo dirigente in quanto il
Segretario Generale Gigi Petteni ha dato la sua disponibilità ad entrare nella squadra di Anna
Maria Furlan.
Cosi come, Beppe Farina attuale Segretario Generale della Fim Nazionale e primo interlocutore
per l’accorpamento tra Femca e Fim, è in procinto di iniziare l’esperienza Confederale.
Credo che solo un patto forte, leale, trasparente e un rapporto stretto tra di noi ci permetterà di
affrontare questi eventi organizzativi, ma anche la manifestazione regionale delle delegate e dei
delegati che si terrà il 23 a Milano, con responsabilità e con spirito unitario per il bene della nostra
Federazione e di noi tutti che vogliamo essere protagonisti del compito che ci è affidato.
Grazie dell’attenzione
Angelo Colombini
Segretario Generale Femca Cisl Lombardia
Sesto San Giovanni 21 Ottobre 2014
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