Tra Cusano e Maritain - Centro Ricerche Personaliste di Teramo

pensiero e persona
Una prospettiva personalista sull’antropologia di Niccolò Cusano
Tra Cusano e Maritain
ProspettivA
·persona·
88 (2014), 31-34
Andrea Fiamma
L
a convinzione fondamentale che ha
caratterizzato l’insieme dei contributi
apparsi sulla rivista Esprit diretta da
Emmanuel Mounier a partire dal 1932 era
quella secondo cui il fulcro della speculazione filosofica doveva tornare ad essere la persona, intesa sia nella dimensione esistenziale sia
nella convivenza politica, come realizzazione
degli scopi di una comunità. Tale intento costituiva però un problema di grande rilievo
per il dibattito contemporaneo e si presentava
con la forza dirompente di una esplicita critica all’impostazione filosofica moderna: quel
mondo moderno che – secondo Mounier –
oscillava tra l’individualismo e il sistema marxista e che aveva obliato la persona.
Questo approccio critico aveva fatto sì che
tra gli studiosi che frequentavano l’ambiente
culturale di Esprit nascesse un particolare interesse nell’analizzare le traiettorie che il concetto di persona aveva assunto nella storia della filosofia: dai suoi albori, spesso rintracciati
nella prospettiva antropologica di Boezio, ad
Agostino e Tommaso fino al cruciale punto di
snodo dell’età moderna. Ecco che quel passaggio epocale accaduto tra il XIII e il XVI
secolo, di cui ora ci occuperemo, assume un
significato decisivo per gli esiti dello stesso
pensiero contemporaneo.
Accanto a Mounier, Jacques Maritain rappresenta indubbiamente uno degli interpreti
più autorevoli di quel complesso fermento
culturale che ha seguito alla pubblicazione
della rivista Esprit. In merito alla prima modernità e alla Riforma luterana, Maritain ricalca le posizioni di Mounier e in Humanisme
intégral 1 sostiene:
J. Maritain, Humanisme intégral, Paris 1936; tr. it. di G.
Dore, Umanesimo integrale, Roma 2009.
1
La dissoluzione splendente del medioevo e delle sue forme sacrali è la generazione d’una civiltà profana; non solo profana, ma che si separa
progressivamente dall’Incarnazione» (71).
PP
Il medioevo e la mistica secondo Maritain
Tale dialogo critico con la modernità iniziato da Maritain e Mounier non consisteva
tuttavia in una prospettiva reazionaria di ritorno alla christianitas medievale, secondo un
cliché conservatore molto in voga nella teologia cristiana di fine ottocento; anzi, quella fase
“calda” che consiste proprio nel tramonto del
medioevo e nel progressivo sorgere del moderno grazie alle scosse della Riforma e del Rinascimento viene trattata con grande equilibrio
di giudizio.
Proprio in Humanisme intégral, Maritain
sostiene che le istanze teologiche e politiche
che erano alla base della Riforma – che in effetti significò il primo vero elemento di rottura con il medioevo – rispondevano, seppur in
parte, all’esigenza di far riemergere il valore, la
dignità, l’importanza della persona nel mondo
politico e nella teologia. Dunque, per un verso
l’apertura di una nuova fase aveva significato
una caduta verso un mondo “profano”, nella
razionalità “geometrica” di Lutero o persino
nel Rinascimento senza Cristo; per l’altro, invece, Maritain avanza la consapevolezza che
comunque la modernità nasceva per rispondere ad una serie di questioni decisive e che
per questo motivo non bisogna stupirsi che gli
autori a cavallo tra le due epoche mirassero ad
una «riabilitazione antropocentrica» (ibid.).
D’altronde, incalza Maritain, essi vivevano in un’epoca in cui lo sguardo era del tutto
rivolto a Dio, forse in maniera totalizzante
e sbilanciata. Il fenomeno della mistica medievale, ad esempio, è la chiara testimonian-
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za di come l’uomo si fosse progressivamente
adagiato in una dimensione fideistica e avesse
delegato alla fede in Dio ogni problematica
umana. Rileggendo i Sermoni e le Opere di
Meister Eckhart e di Taulero si nota infatti
che «la creatura […] si obliava per Dio» (70).
Il “farsi nulla” (annichilire l’ente - nihil), che
in questi autori rispondeva ad esigenze filosofiche ed etiche 2, essenzialmente di matrice neoplatonica, tradiva per Maritain un eccesso di
zelo religioso che rischiava spesso di quietare
l’interrogare angoscioso e problematico, foriero del ragionare filosofico, che è essenziale per
lo sviluppo cosciente della persona umana.
Allora, secondo Maritain, nel Trecento la
dignità della persona veniva negata nella fede
nella teologia e non in Dio; perciò il fondamento della mistica si rivelò di frequente una
PP
inumanità teologica della quale il cattolicesimo medievale […] era naturalmente e costantemente tentato di cercare una giustificazioni
nelle parti meno forti della sintesi agostiniana.
S. Tommaso vi ha bensì rimesso l’ordine, ma
troppo tardi» (69).
Non è un caso se i mistici non hanno lasciato scritto quasi nulla delle loro esperienze; e se
non fosse stato per la passione intellettuale dei
moderni, infatti,
noi sapremmo ben poco sugli stati interiori,
le prove, le notti delle anime entrate in questa via; e noi potremmo credere che i mistici
del medioevo li abbiano ignorati. Non li hanno
ignorati, li hanno vissuti, ma non se ne sono
interessati e, salvo al declinare del medioevo,
Per M. Eckhart, in linea con un certo neoplatonismo,
«tutte le creature sono un puro nulla; non dico che siano
poca cosa o qualcosa, ma che sono un puro nulla» (Prop. 26
nella bolla di condanna In agro Dominico [1329], tr.. it. Ivi;
26); eppure nel corso della sua vita l’uomo gonfia il petto
e crede di poter essere felice seguendo la propria volontà e
i propri desideri; crede persino di poter costruire un senso
dell’esistenza come personale e autonomo. Questo per la
mistica è il peccato. L’agire dell’uomo deve difatti conformarsi al proprio essere, che è nulla: l’uomo non deve agire
per sé, ma deve fare vuoto nella propria anima. Per questo
motivo ogni desiderio personale, ogni Eigenschaft, ogni volontà è male perché conduce all’orgoglio e a se stessi e non
a Dio: «l’uomo buono deve conformare la propria volontà
a quella di Dio in modo tale da volere tutto quel che Dio
vuole» (Prop. 14, ibid.).
2
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ai tempi d’un Ruysbroeck e d’un Taulero, non
hanno ritenuto utile di parlarne (ibid.).
Il cardinale Niccolò Cusano
Entro questa complessa chiave di lettura e
proprio in riferimento alla mistica tardo-medievale, vorremmo portare l’attenzione sulla
figura del cardinale Niccolò Cusano (14011464); filosofo, matematico e teologo, Cusano fu una personalità centrale nel suo tempo;
fu tra i principali collaboratori di papa Pio II
(1458-1464), al secolo Enea Silvio Piccolomini, fu vescovo della diocesi di Bressanone
e uomo di grande influenza politica; strinse
amicizie con i principali esponenti della cultura del tempo e ricoprì diversi incarichi di
legato pontificio nelle terre tedesche e nella
Costantinopoli che egli vide assalita e conquistata da Maometto II; fu inoltre un valente
intellettuale e si occupò di questioni filosofiche, teologiche ma anche matematiche e cosmologiche. Nelle sue opere si presentò spesso
come allievo di Dionigi l’Areopagita e studiò
a fondo proprio la tradizione neoplatonica
e la mistica speculativa; conservò le opere di
Meister Eckhart nella sua biblioteca nella città
natale di Kues, e spesso quei codici rappresentano ancora oggi le uniche fonti dirette della
mistica renana.
Durante il periodo di vescovado a Bressanone, Cusano si adoperò poi nel tentativo di
riformare gli ordini monastici e mendicanti,
convinto com’era nel combattere le forme di
superstizione popolare, che a suo avviso poco
avevano a che vedere con la tradizione cristiana e, dal punto di vista politico, ad opporsi
alle svariate forme di dipendenza dei monasteri dai potentati locali: la Chiesa – ripeté
spesso nel De concordantia catholica – non
deve essere altro che la comunità di credenti
in Cristo. Inoltre la prospettiva riformista che
caratterizzò sempre l’attività politica del Cusano, sin dalla sua controversa partecipazione
al Concilio di Basilea-Ferrara-Firenze (1431),
interveniva proprio nel far luce su quelle “zone
d’ombra” (per utilizzare l’espressione di Maritain) che di lì a poco avrebbero scatenato la
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protesta di Martin Lutero. E Cusano avvertì
forse prima di altri come quelle problematiche che poneva l’eretico Jan Hus toccassero
dei nervi scoperti della Chiesa, che nella fase
conciliare avrebbe dovuto a suo avviso intraprendere una strada differente proprio per
salvaguardare la sua unità.
L’atteggiamento riformatore
del cardinale ha fatto sì che negli anni Venti del novecento
la storiografia di matrice
luterana inscrivesse la sua
opera filosofica nel solco
del formantesi luteranesimo 3, ovvero a cavallo
tra la mistica medievale, che Cusano conosceva e maneggiava,
e la riforma di Lutero. Questa operazione
storiografica, di fatto,
agganciava Cusano alla
modernità filosofica. La
spinta definitiva fu data
poi da Ernst Cassirer 4, che
nella sua ricostruzione della
storia della filosofia etichettò
Cusano come “il primo dei moderni”.
Il Cristo e la dignità della persona
Qualora dovessimo interpretare l’opera del
Cusano attraverso le categorie forniteci da
Maritain, scopriremmo subito che l’immagine del cardinale che ci offre il mondo luterano andrebbe presto in crisi. Il pensiero di
Cusano, infatti, non risponde ai canoni del
moderno che Maritain identificava nella mera
“ragione geometrica” di Lutero, che produce
l’individualismo, oppure nella filosofia “senza Cristo” del Rinascimento, che produce
l’ateismo; eppure, Cusano pare difficilmente
L. von Bertalanffy, Nikolaus von Kues, München 1928.
E. Cassirer, Individuum und Kosmos in der Philosophie
der Renaissance, Leipzig 1927.
3
4
inscrivibile anche nel medioevo e soprattutto
nella tradizione mistica, come vedremo.
In particolare accenniamo all’opera più
nota del cardinale, ovvero il De docta ignorantia 5. Nel primo libro, Dio viene presentato come “il massimo”, ovvero omne id
quod esse potest, pienezza assoluta
dell’essere. Egli è, appunto, la
perfezione assoluta ed infinita
e non può che essere unico
perché non possono esserci
al contempo due infiniti 6.
L’absoluta maximitas si
manifesta nel mondo,
dove essa è presente in
maniera molteplice e
finita. Il mondo, infatti, è esplicazione di
Dio secondo l’alterità e
la molteplicità. E dato
che il mondo, in quanto finito, non potrà mai
manifestare appieno la
potenza del Creatore, che
è infinito, per Cusano è
necessario che tra l’infinito
di Dio e il finito del mondo vi
sia un tertium, ovvero un termine medio tra Creatore e creatura;
e questo non è da pensare né soltanto
come Dio, né soltanto come creatura e neppure come “composto” alla maniera aristotelica, perché «è impossibile la composizione di
Dio e della creatura, del contratto e del massimo assoluto» (165). Il mediatore, ovvero il
Cristo, si presenta allora come misteriosa unità di finito e infinito 7; ed è «la più alta di tutte
le unioni pensabili» (ibid.).
PP
Nell’ovale, celebre istantanea di Jacques Maritain.
De docta ignorantia (1440), tr. it. di G.F. Vescovini, La
dotta ignoranza, Roma 1991.
6
De mente, II (50, 20), tr. it. a cura di G. Santinello, La
mente, Bologna 1980, 113: «IDIOTA: È impossibile che
esistano più infiniti realmente distinti».
7
Ma qui la filosofia si ferma. L’uomo difatti non può
comprendere come ciò accada perché altrimenti dovrebbe
comprendere una «unitas in diversitate et diversitas in uni-
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Per Cusano, Cristo è principio del mondo
– in quanto è Dio –, il medio – in quanto è
mediatore tra infinito e infinito – e il suo scopo – perché l’aspirazione massima del mondo
è manifestare appieno la luce del Creatore. E
l’uomo, che è fatto a immagine di Dio, ha proprio nell’imitatio Christi la concreta possibilità della felicità eterna. Il cammino dell’uomo
nel mondo, così come quello di una palla in
un campo da gioco 8, è però accidentato e la
sua marcia non è regolare; ma l’uomo sa dove
deve dirigersi perché dinanzi a lui c’è la traccia
perfetta della sfera del Cristo, che come lui ha
attraversato questo mondo (è creatura finita),
sapendone tuttavia realizzare la perfezione (è
Dio infinito); e
PP
in quanto è simile a noi, egli muove la sfera della sua persona in modo da riposare nel centro
della vita. Poiché egli ci ha lasciato il suo esempio, facciamo come egli ha fatto (101).
Per cui dal punto di vista di Cusano lo spazio di dignità dell’uomo consiste proprio nella
possibilità che ha di seguire il Cristo e così di
realizzare la propria vita nella pienezza della
felicità terrena.
L’attualità di Cusano per il personalismo
Si è visto come per Cusano il nesso principale tra l’uomo e il Cristo-mediatore è che Cristo fu persona viva e quindi possibile esempio
di vita reale e concreta. In tal modo egli evita
l’errore di Meister Eckhart e della mistica 9,
che, come notava anche Maritain, depotentate» (ibid.) e perciò «una tale unione trascenderebbe ogni
intelletto» (ibid).
8
Nel primo libro del De ludo globi, tr. it. di G.F. Vescovini, 53, Cusano paragona l’uomo ad una palla imperfetta che
viene lanciata in un campo da gioco a cerchi concentrici con
l’obiettivo di giungere al centro della figura, che rappresenta
il regno della vita eterna. Su questo rimandiamo al nostro
A. Fiamma, De mystica circulorum, in edd. D. Bertini - G.
Salmieri - P. Trianni, La Trinità, Roma 2013 (in corso di
stampa).
9
Sul rapporto tra Cusano e M. Eckhart sul tema della conoscenza segnaliamo i nostri lavori: A. Fiamma, Commento
al De visione Dei, in Rivista di ascetica e mistica 1 (2010),
35-82; oppure, in una prospettiva piu teoretica, Id., La ricerca cusaniana dell’infinito nel De visione Dei, in ed. C.
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ziavano la figura di Cristo 10 e, con essa, la realtà dell’uomo, confinato a puro nulla senza volontà e in balìa dell’infinità di Dio. Dal punto
di vista di Cusano, l’uomo è in equilibrio tra
l’infinito di Dio, su cui invece lo hanno “annullato” i mistici, e il finito del mondo, sul
quale invece sarà costretto dalla nuova stagione della modernità filosofica. Questo spazio
specificatamente umano, ancora, si traduce
nella possibilità libera di progettare la propria
esistenza e di realizzarsi nell’orizzonte di senso
mondano con uno sguardo all’infinito. Per cui
Cusano, che – si è visto – non ha le caratteristiche del moderno senza Cristo, non può
nemmeno essere ascritto nel paradigma che
Maritain attribuisce al medioevo: egli ci appare oggi come un pensatore eccentrico perché è
un passo oltre il medioevo, nella misura in cui
evita l’errore della mistica, e, per l’altro, non
scivola nel naturalismo moderno, ma soprattutto perché ha saputo dare valore alla persona, legandola indissolubilmente al mistero
dell’uomo-Dio, che è il Cristo; in questo, si
può riconoscere che egli anticipò in qualche
misura quella “riabilitazione antropocentrica”
che per Maritain è lo spirito più sano della Riforma luterana. D’altronde egli stesso, temendo proprio la rottura tra gli ordini monastici
e la Chiesa, cercò di inseguire una riforma
del papato che tuttavia non vide mai la luce.
Per questa serie di motivazioni, Cusano appare oggi figura di grande interesse, non solo
storiografico ma anche e soprattutto teoretico
nella misura in cui può apparire un interlocutore affidabile per chi intenda coltivare una
prospettiva filosofica autenticamente cristiana
ed orientata verso l’affermazione del mistero e
della dignità inalienabile della persona.
Cata, A caccia dell’Infinito. L’umano e la ricerca del divino
nell’opera di Nicola Cusano, Roma 2010,129-166.
10
La Proposizione 11 nella bolla di condanna di Eckhart
In agro dominico del 1329 recita: «Tutto quello che Dio Padre ha dato al Figlio suo unigenito nella natura umana lo ha
dato anche a me, senza alcuna eccezione, né dell’unione né
della santità: lo ha dato tutto a me come a lui»; oppure la
successiva (12): «Tutto quello che la sacra Scrittura dice di
Cristo, si verifica totalmente anche in ogni uomo buono e divino» (tr. it di M. Vannini, I Sermoni, Milano 2002, 23-24).
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