lampas ardens maggio-giugno 2014

Bimestrale dell’Opera e dell’Istituto Secolare Ancelle «Mater Misericordiae» - Macerata - ANNO LXV n. 3 - Maggio-Giugno 2014
Sede Generale: Via Don Minzoni, 25 - Tel. 0733.230661-0733.235782 - Fax 0733.236538 - www.matermisericordiae.org
TAB. C Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (Conv. in L 27/2/2004 n. 46) Art. 1 Comma 2 - DCB MACERATA
Autor. del 21.12.49 n. 14 del Trib. di Macerata - Dir. Resp. dott.ssa Maria Chiara Carulli - Tipografia San Giuseppe srl - Pollenza (MC)
Guardami, Gesù!
Posa il tuo sguardo su di me, come hai fatto con Maria, con la Maddalena, con Pietro…
Guardami e sorridimi, guardami e rinnovami, guardami e guariscimi.
Insegnami a guardarmi con i tuoi occhi,
a guardarmi con tenerezza,
ad amarmi come mi ami tu, così come sono.
Fammi il dono di guardare alla mia vita con misericordia, con comprensione, con bontà.
E aiutami a perdonarmi, perché tu mi perdoni sempre!
Come posso essere una piccola cosa
se sono un tesoro per te?
Ti prego, Gesù, fammi vivere in questa certezza
e dammi ogni giorno la gioia di credere, di sperare, di amare.
Guardami, Gesù, e fammi sentire il tuo sguardo su di me!
Fa’ che io non creda soltanto, ma sperimenti pure, come tu mi ami.
Nei tuoi occhi, nel tuo cuore,
fa’ naufragare ogni mia paura, ogni mio dubbio, ogni mia insicurezza.
Grazie, Gesù, perché tu mi ami così, fino in fondo,
e perché così posso amarti anch’io!
AMEN
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Il Padre
Fondatore
ci parla ancora
La prima dolce catena dell’anima
consacrata a Dio nel secolo: la Castità
(3a puntata)
Lega il cuore donandolo a Dio
uona figliuola, non ti sembra di udire le parole accorate di Gesù: «Filii,
praebe mihi cor tum!» «Figlio, dammi il tuo cuore!». È un grido di amore
che Egli lancia a tutte le creature… Ma chi Lo capisce? Chi si arresta
nella corsa vorticosa della vita verso i piaceri umani e si volge verso di Lui?
Che spettacolo doloroso! Quanta gioventù piena d’ogni male e vuota d’ogni
bene! Si precipita irrequieta ed assettata verso tutto ciò che sa d’impuro senza
alcun freno, senza alcun pudore:… basta che se la possa godere! «Mi piace questo,
mi piace quest’altro!» esclama stoltamente e verso di questo e verso di quell’altro si
getta a capofitto… Che desolazione, che pianto! E pensare che saranno le mamme
i domani, i padri dell’avvenire… Poveri figli, in quali mani dovranno capitare!
Ma tu, o buona figliuola, hai dato con vero slancio d’amore tutto il tuo cuore a
Gesù, e lo hai dato a Lui per meglio occuparti di quella parte ammalata di giovane
umanità, che sfugge completamente all’influsso del Sacerdote e della persona sacra
in veste sacra, mentre si può accostare tranquillamente a te e può essere da te spiritualmente beneficata senza avvertire in te niente di quel sacro, che la fa fuggire,
facendole «anche toccare ferro»…
Ma tu, o buona figliuola, hai donato il tuo cuore a Gesù anche perché, e più
ancora per questo, perché è esso un bisogno prepotente del tuo amore, che vuole
donare alla persona amata la parte migliore di se stessi, che è il cuore… Quante
persone infatti sono capaci di fare i più grandi sacrifici per il Signore, sanno fare le
preghiere più lunghe e raccolte, le opere più generose e portentose, ma non sanno
donare tutto il cuore!… Non sanno esse rinunciare ad un santo matrimonio, per
dedicarsi esclusivamente al Signore ed alle anime. Con la scusa
che il matrimonio è santo si precipitano verso di esso, facendo
naturalmente bene, ma non possono esse avere quella generosità d’amore che puoi avere te, che per Lui hai rifiutato o ti
senti di rifiutare questa cosa così grande per il mondo…
Ma tu ancora, o buona figliuola, hai donato tutto il tuo
cuore a Gesù, perché è stato questo un bisogno del tuo cuore
stesso, che è fatto proprio per amare e per donarsi, sentendo
le più grandi e pure e sante gioie proprio in questo donarsi.
B
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E tu difatti non rimpiangi affatto, e non dovresti rimpiangere, la mancanza della
creatura e di tutto ciò che ad essa appartiene o da essa può derivare di dolce e di
soave, perché Gesù sa dare fino a piena sazietà ed infinitamente di più ciò che può
dare la creatura.
S. Agostino infatti, dopo di aver gustato a sorso a sorso tutte le gioie della vita
pagana, colma di voluttuosi piaceri, ritornando a Dio, sentì il bisogno di esclamare:
«È inquieto il mio cuore, o Signore, finché non riposa in Te…».
S. Francesco di Assisi diceva al suo confratello essere perfetta letizia gli oltraggi,
le percosse e le calunnie sofferte per il Signore.
S. Teresa del Bambino Gesù non poté soffrire più, perché ogni pena le si era
convertita in diletto per il suo Signore.
E questa è la storia di tutti i Santi, che hanno amato pazzamente il Signore. Mi si
permetta un esempio personale. Conosco e gli sono anche molto amico, un giovane
Eremita, che ha lasciato una brillante carriera, quale Brigadiere di Finanza, dopo
che ha conosciuto la dolcezza di servire unicamente Iddio, ed ora senza denari,
senza coltivare la sua persona, sempre scalzo di estate e d’inverno, tra la neve gelata
e su terreni sassosi, si porta a piedi da un punto all’altro, quando non ha mezzi o
non trova persone generose che lo aiutino. Mangia quello che gli si offre e quando
gli si offre… Ma è veramente felice e sente che il suo cuore ha trovato la vera felicità
nel soffrire per Gesù… ciò gli dà tanto amore per Lui…
Ecco il duplice effetto dell’offerta di se stessi al Signore: una pazza gioia e tranquillità in perfetta letizia anche e soprattutto in mezzo alle pene di questa vita ed
alle sue rinuncie.
L’offerta infatti a Gesù del proprio cuore, della propria Verginità o castità
accende un grande amore verso Iddio. Questo a sua volta purifica, rafforza e custodisce il cuore e la purezza.
È come un’ondata di Divinità, che scende sulla creatura e la pervade d’amore
santo e la unisce intimamente al Creatore, trasformandole in dolce Paradiso l’esilio
doloroso di questa valle di lacrime, in un desiderio sempre più forte di pene sempre più grandi, in una vita sempre più lunga…
Buona figliuola, queste ultime frasi ti potranno sembrare assurde, eppure sono
state esse reali su tanti Santi, sono esse vere e reali sul mio amico Eremita e su di altri
Eremiti che conosco del suo stampo. Sono essi degli esaltati?… Fu Gesù un esaltato
quando disse: «Beati i puri di cuore…» «Beati quelli che soffrono per la giustizia…»
Fu ancora Egli un esaltato quando nell’ultima Cena espresse di essere immolato
quando prima e vedeva reale e cruda tutta la Sua Passione?… E furono, dietro il
Suo esempio, degli esaltati tutti i Santi martiri e tutti gli altri che trovarono la felicità
nel soffrire per Lui dopo di avere tutto abbandonato affetti e beni, per Lui? Ma noi
siamo delle misere creature, esaltate dallo spirito mondano e di troppa comodità…
Ti benedico
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Scintille d’amore
Giuseppina Carelli
È necessario pregare
e pregare sempre
U
n altro aspetto della vita interiore è la costanza nella preghiera. È
necessario pregare e pregare sempre se si vuole praticare bene il raccoglimento dello spirito. Certo, nessuno esclude che per pregare sempre
e bene è necessario uno sforzo continuo, una costante abnegazione di se stessi ed
una grande generosità verso il Signore. La preghiera è una ascesa dell’anima e chi
vuole arrivare alla meta, non deve farsi vincere dallo scoraggiamento, ma, temprato nella volontà, deve arrivare alla meta, anche se la scalata è difficile ed ardua.
L’anima desiderosa di vivere una più perfetta vita interiore, non deve accontentarsi di pregare di tanto in tanto: la mattina e la sera, a lunghi intervalli e saltuariamente; ma sempre, tutta la giornata, in tutte le ore, in ogni istante.
Quando la preghiera costituisce lo scopo principale della vita, diventa una delle
occupazioni più dolci e famigliari. La preghiera, nel senso più esteso della parola, comprende varie, e molteplici forme. Essa si divide in mentale e vocale; ufficiale o pubblica.
1) Preghiera mentale. Viene così chiamata quella che noi diciamo Meditazione.
Questo genere di preghiera è la contemplazione di quelle verità o di quelle virtù
che maggiormente sono necessarie alla nostra elevazione spirituale e per una più
grande unione con Dio. Della meditazione abbiamo già molto parlato attraverso
queste pagine, ma se si crederà necessario, se ne parlerà ancora in seguito, spiegando anche come deve essere fatta la meditazione.
2) Preghiera vocale. La preghiera vocale è quella che si fa con le labbra e qualche
volta anche forte. Viene chiamata preghiera vocale la recita del rosario, la lettura
o la recita dei salmi e tutte quelle preghiere che debbono essere recitate. Ma anche
questo genere di preghiera deve essere accompagnata dal cuore e fatta col maggiore raccoglimento possibile.
3) La preghiera ufficiale è quella propria della Chiesa che
viene detta anche pubblica. È qui da curare particolarmente
la liturgia, se si vuol veramente vivere con la Chiesa. Cercare di seguire la Messa col messale e per chi proprio non lo
potesse per vari e giusti motivi, seguirla attentamente nelle
sue varie parti, unendosi il più possibile al Sacerdote.
Comunque, qualunque sia la preghiera, è necessario un
certo raccoglimento dello spirito, del cuore, e della volontà,
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perché di sua natura la preghiera è una elevazione dell’anima a Dio. Infatti con
la preghiera noi ci mettiamo alla presenza di Dio, siamo ricevuti in udienza, ci
intratteniamo famigliarmente con Lui.
Il raccoglimento è la parte essenziale della preghiera ed ogni distrazione volontaria la rende inutile e sterile. Rimane forse solo l’atteggiamento raccolto del corpo,
il mormorio delle labbra e qualche bella formula imparata a memoria, ma l’anima
è assente. Di conseguenza non c’è preghiera se non sale dall’anima, tanto più che la
preghiera è un fiore che ha le sue profonde radici nella fede, che sboccia poi nella
confidenza e nell’amore.
Per mezzo delle virtù teologali e cioè: la Fede, la Speranza e la Carità, la preghiera ci unisce intimamente a Dio e ci fa vivere della Sua stessa vita. Essa è una
continua comunione dello spirito che si può rinnovare continuamente e che ci
mette in contatto con la Potenza e la Misericordia infinita di Dio; ci fa penetrare
nel Suo Divin Cuore per attingervi, come da una sorgente viva, grazie di santità.
Vita di preghiera, vita di raccoglimento: questo si richiede da un’anima consacrata che ha fatto suo il programma delle Ancelle della Misericordia, che vuole
essere programma di apostolato unito ad una vita interiore veramente vissuta e
praticata.
Parole da custodire nel cuore
lla carne
Questa vita che vivo ne
glio di Dio
la vivo nella fede del Fi
che mi ha amato
r me.
e ha dato se stesso pe
Galati 2,20
-6-
Ditaollodiario di
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Titolo
Marzo 1970
ueste sono le ultime pagine del Diario della Venerabile Carla Ronci.
Sono un tesoro prezioso di fede, di amore e di abbandono alla
Volontà di Dio che è sempre buona.
1 marzo domenica
Questa mattina ho gustato veramente la S. Messa ed ho pianto per la
gioia di sentirmi tutta di Gesù.
A mezzogiorno ho telefonato… che piacere sentire tante voci amiche!
Ogni voce, ogni notizia apre come un lembo nel cielo e per un attimo mi
sembra di veder il mio paese illuminato dal sole… Poi chiudo gli occhi e
non vedo più nulla e ritorno alla mia vita normale.
Il mio paese… i miei cari… Non credevo di amarli tanto!…
Nel pomeriggio sono venuti a farmi visita il babbo, Benito e, verso sera la
Signora Nanni Elena e la Maria Teresa, siamo state poco insieme, ma penso
(che) ci siamo ugualmente capiti.
2 marzo lunedì
Anche oggi quante visite, fin troppe! Le sorelle Teresina e Maria, la Santa,
che gioia! La zia Maria, la zia Domizia e lo zio Mario.
Ore 15. Sono partiti. Ho letta or ora la lettera di Teresina… Grazie; Gesù,
per avermi data una sorella così grande, così tua.
Il professor Sette mi ha detto che dovrà farmi ancora una prova… allora
nemmeno domani sarò operata…
3 marzo martedì
Buon compleanno, cugina Romana. Sì oggi ho
offerto in special modo anche per Te. Quanto vorrei che
anche tu gustassi in pieno l’amore del Cristo!
La Luciana è partita!… Accompagnala, Gesù, dalle
quella salute che finora le è mancata, anche per la sua
bimba ed il marito… Ha già sofferto tanto! Te l’affido,
Gesù!
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Oggi hanno fatta la prova toracentesi; mi hanno siringato più di un litro
d’acqua ed ora sono più debole, ma respiro meglio. Ricordo con piacere
quell’ora trascorsa con Gesù per le anime e ringrazio il cielo per avermi dato
la grazia di non urlare, ma di accettare, offrire, implorare.
Questa sera ho fatto anche i raggi. Il Professor Sette mi è sembrato molto
soddisfatto. È venuta a trovarmi Suor Venanzia.
4 marzo mercoledì
Questa notte ho dormito abbastanza. Mi sento tutta indolenzita e un
po’ debole, ma spero di farcela, perché se arriva la mamma vorrei che mi
trovasse bene.
Ore 14,30. La mamma è partita, non proprio soddisfatta, ma penso un po’
più tranquilla che se fosse partita questa mattina dopo lo svenimento. Però,
Gesù, potevi metterci Tu una mano e fare in modo che non mi accadesse
proprio quando c’era la mamma. Non ha visto quanto era preoccupata? Ti
ripeto, mio Gesù, fra me e Te, bene, ma risparmia loro finché puoi. Grazie,
Gesù. Ora sto meglio.
5 marzo giovedì
Questa mattina ho dormito sempre. Nel pomeriggio è venuta a trovarmi
la Iolanda. Siamo rimaste assieme fino alle ore 17 ed abbiamo parlato un
po’ di tutto. Gesù Te li affido tutti… Questa sera è venuta Suor Ave… una
breve visita che ha lasciato tanta luce… che bell’anima deve avere anche
Suor Ave!!!
6 marzo venerdì
Questa mattina mi hanno fatto di nuovo la toracentesi e mi hanno tolto
ancora 400 grammi di liquido. Ho atteso con timore e con desiderio questo nuovo incontro con Gesù, ma oggi è stato molto diverso, è durato solo
mezzora e il male si sopportava meglio. Quindi ho offerto poco… Sono
rimasta a letto fino a pochi minuti fa; ora provo ad alzarmi e speriamo di
non cadere. Gesù, aiutami. Ha scritto il Padre, poche parole che dicono
tanto!… Grazie, Gesù, aiutalo, aiutaci.
8 marzo domenica
Questa notte ho dormito poco e male; mi sono alzata più stanca e sfinita di quando mi sono coricata… Mio Dio che debolezza e che voglia di
piangere!
Ore 10. Sono stata a Messa… mi sentivo fisicamente tanto debole e mi
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sembrava anche di essere insensibile a tutto ciò che accadeva attorno a me;
poi alla Comunione fino alla fine, ho pianto, ho pianto tanto…
Ore 12,30. Ho telefonato a casa e in parrocchia; visto il mio stato d’animo
non volevo telefonare; poi pensando di farli stare più in pensiero, ho voluto
dire la verità, ma ora sono più scontenta di prima. Gesù, aiutami ad essere
forte, almeno col babbo!
Ore 14. Ho riposato un poco ed ora sto meglio: ecco il babbo, che sorpresa! La Santa, la Clelia, la Romana con Franco e la Dolores, la Graziella e
il fidanzato e la Madre. Ho trascorso un pomeriggio sereno perché nonostante avessi con me tante persone erano tutte unite.
Questa sera va meglio. Io ti chiedo grazia, Gesù, di essere forte fino alla
fine, non solo per me e per i miei cari, ma soprattutto perché desidero presentarTi bene agli altri. Buona notte, Gesù.
9 marzo lunedì
Visita: Padre Guido, zia Maria, Suor Ave… Ho trascorso una giornata
abbastanza serena… Ma sento che ogni giorno coopera per rendermi questo luogo sempre più opprimente. Gesù, aiutami! Ti ripeto… Non Ti chiedo
nulla di ciò che tu non vuoi. Il desiderio e la volontà di offrirmi c’è, ma sento
che le forze fisiche mi abbandonano? Vedi un po’ Tu…
10 marzo martedì
Sono di nuovo digiuna… Senz’altro mi toglieranno ancora del liquido.
Gesù fammi brava. Aiutami a non perdere nulla di quegli attimi preziosi!…
Grazie!
Ore 14. Sono stata digiuna fino a mezzogiorno inutilmente, poiché il
professore non ha potuto siringarmi. Ho ricevuto posta dal Padre e da Suor
Licia. Ho già risposto. Ora vado a letto… così…. così sfinita.
11 marzo mercoledì
Oggi mi hanno tolto ancora circa un litro di liquido. Avevo chiesto a
Gesù di aiutarmi a soffrire bene, ma per circa mezzora non ho sentito alcun
male, quindi niente da offrire, ma dopo quando hanno incominciato a espirare aria!…
Gesù ti raccomando le anime consacrate. Mi è piaciuto che la mamma
sia venuta a trovarmi proprio in questo giorno. Io avrei voluto mostrarmi
più in forma… ma questa volta è fisicamente sotto zero. Per fortuna c’era
Suor Agostina che ha reso tutto un po’ più leggero il mio e il loro soffrire…
Grazie, Gesù!
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12 marzo giovedì
Ho trascorso una giornata interminabile e senza senso. Non ho fatto altro
che scendere e stendermi sul lettino: ho letto anche per non pensare e per
vincere quel di tristezza che ogni tanto ricompare, ma verso sera ho pianto,
pianto tanto… Suor Ave mi ripete che certe lacrime arrivano anche in cielo
e che piacciono a Gesù, ma io non so se le mie siano di queste lacrime. Lo
vorrei tanto, ma penso siano troppo umane.
13 marzo venerdì
Mi ha scritto Renzo. Quante belle notizie! Ho trascorso diverse ore con
la mamma e penso sia ritornata a casa contenta. Grazie, Gesù, per la gioia
che procuri loro e dammi di nascondere agli altri, il più possibile questo
mio stato fisico morale, non so come definirlo: so solo che sono stanca di
stare qui. La mia natura è arcistufa di ripetere ogni giorno lo stesso sforzo
per rimanere calma, per non pensare, per mangiare… Se non avessi queste
occasioni di dare acqua fresca a chi non si può muovere e spostare qualche
nonnina da certe posizioni scomode, un sorriso, un incoraggiamento, io
penso che impazzirei. Gesù, non vedi che non ce la faccio più… non senti
come sono fredda, indifferente anche con te? Se non mi aiuti a vedere coi
Tuoi occhi avviene un disastro.
14 marzo sabato
Oggi e ieri più di una volta sono andata col pensiero alla nostra chiesetta
a Torre Pedrera ove c’era Gesù esposto ed ho offerto il mio desiderio e la mia
sofferenza come adorazione. Così anche questo anno ero presente davanti
al nostro altare. Ho trascorso una giornata serena; in mattinata ho parlato
con Suo Severina di Gesù e mi ha fatto tanto bene. Vedo negli occhi di
quella suora la Tua presenza viva; fa, o Gesù, che nella sua vocazione di
missionaria fra i sofferenti non trasformi mai la sua Missione in mestiere e
le riesca di presentarTi sempre ad ogni sofferente che più di ogni altro ha
bisogno di comprensione ed affetto per poi giungere a te.
15 marzo domenica
Oggi mi ha fatto visita il babbo, Benito e Madre Cleofe. Ho visto anche
la macchina nuova… Ho salutato col sorriso e con la mano, ma dentro…
che nostalgia di casa!!! Questa sera ho riletto più volte una lettera che mi
ha scritto una persona che ho conosciuto di passaggio ma che dev’essere
una gran bell’anima, per poter scrivere queste cose bisogna prima sentirle
e vivere. Mi piace soffermarmi specialmente su queste frasi: “consideri sé
stessa come il chicco di frumento di cui parla Gesù nel Vangelo e questa
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malattia l’ha gettata nel solco perché dalla morte di tanti suoi piani rinascano tante anime quante sono nelle intenzioni di Dio… Guardi il suo letto
come un altare dal quale si offre a Dio con Gesù… “Gesù aiutami a capire
ed andare avanti”.
16 marzo lunedì
Visita. Suor Ave. Una giornata con tanto sole che mi ha aiutato a dimenticare e ad offrire serenamente. Dal mio letto altare ho seguito pur il Padre
nel suo pellegrinare di casa in casa ed ho chiesto per lui a Gesù tanta bontà,
tanta forza e tanto amore.
Verso le ore 13 e 45 ho telefonato pensando che avrei potuto dare una
mano, ma non l’ho trovato; così ho continuato ad offrire serenamente sicura
che Gesù avrebbe supplito per me.
17 marzo martedì
Questa mattina ho scritto un po’ più del solito e mi sono stancata tanto.
A mezzogiorno niente appetito: ho mangiato, ma quanto sforzo!… Fino a
quando potrà durare? Gesù, aiuto! Nel pomeriggio è venuta la zia Carla;
abbiamo parlato di diverse cose e mi ha fatto piacere rivederla aiutala, Gesù
assieme alla famiglia.
Sera. Anche questa sera ho mangiato senza appetito… Sono un po’
stanca e mi sento come un uccello in gabbia; vi sto per amore, ma mi sento
ugualmente in gabbia.
18 marzo mercoledì (giorno di ritiro)
Fine del diario scritto da Carla Ronci durante il periodo di degenza a
Bologna
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In cammino con
Papa Francesco
Maria, modello e figura della Chiesa
Chiediamo al Signore che ci doni la sua grazia, la sua forza,
affinché nella nostra vita e nella vita di ogni comunità ecclesiale si
rifletta il modello di Maria, Madre della Chiesa.
O
ggi vorrei guardare a Maria come immagine e modello della Chiesa.
Lo faccio riprendendo un’espressione del Concilio Vaticano II. Dice la
Costituzione Lumen gentium: “Come già insegnava Sant’Ambrogio, la Madre
di Dio è figura della Chiesa nell’ordine della fede, della carità e della perfetta
unione con Cristo” (n. 63)
Il “sì” di Maria è cresciuto fino all’ora della Croce
Partiamo dal primo aspetto, Maria come modello di fede. In che senso
Maria rappresenta un modello per la fede della Chiesa? Pensiamo a chi era la
Vergine Maria: una ragazza ebrea, che aspettava con tutto il cuore la redenzione del suo popolo. Ma in quel cuore di giovane figlia d’Israele c’era un
segreto che lei stessa ancora non conosceva: nel disegno d’amore di Dio era
destinata a diventare la Madre del Redentore.
Nell’Annunciazione, il Messaggero di Dio la chiama “piena di grazia” e
le rivela questo progetto. Maria risponde “sì” e da quel momento la fede di
Maria riceve una luce nuova: si concentra su Gesù, il Figlio di Dio che da
lei ha preso carne e nel quale si compiono le promesse di tutta la storia della
salvezza. La fede di Maria è il compimento della fede d’Israele, in lei è proprio
concentrato tutto il cammino, tutta la strada di quel popolo che aspettava la
redenzione, e in questo senso è il modello della fede della Chiesa, che ha come
centro Cristo, incarnazione dell’amore infinito di Dio.
Come ha vissuto Maria questa fede? L’ha vissuta nella semplicità delle
mille occupazioni e preoccupazioni quotidiane di ogni mamma, come provvedere il cibo, il vestito, la cura della casa… Proprio questa esistenza normale
della Madonna fu il terreno dove si svolse un rapporto singolare e un dialogo profondo tra lei e Dio, tra lei e il suo Figlio. Il “sì” di Maria, già perfetto
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all’inizio, è cresciuto fino all’ora della Croce. Lì la sua maternità si è dilatata
abbracciando ognuno di noi, la nostra vita, per guidarci al suo Figlio. Maria
è vissuta sempre immersa nel mistero del Dio fatto uomo, come sua prima e
perfetta discepola, meditando ogni cosa nel suo cuore alla luce dello Spirito
Santo, per comprendere e mettere in pratica tutta la volontà di Dio.
Possiamo farci una domanda: ci lasciamo illuminare dalla fede di Maria, che è
nostra Madre? Oppure la pensiamo lontana, troppo diversa da noi? Nei momenti
di difficoltà, di prova, di buio, guardiamo a lei come modello di fiducia in Dio,
che vuole sempre e soltanto il nostro bene? Pensiamo a questo, forse ci farà bene
ritrovare Maria come modello e figura della Chiesa in questa fede che lei aveva!
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La Chiesa porta Gesù e deve essere come Maria
Veniamo al secondo aspetto: Maria modello di carità. In che modo Maria
è per la Chiesa esempio vivente di amore? Pensiamo alla sua disponibilità nei
confronti della parente Elisabetta. Visitandola, la Vergine Maria non le ha
portato soltanto un aiuto materiale, anche questo, ma ha portato Gesù, che
già viveva nel suo grembo. Portare Gesù in quella casa voleva dire portare la
gioia, la gioia piena. Elisabetta e Zaccaria erano felici per la gravidanza che
sembrava impossibile alla loro età, ma è la giovane Maria che porta loro la
gioia piena, quella che viene da Gesù e dallo Spirito Santo e si esprime nella
carità gratuita, nel condividere, nell’aiutarsi, nel comprendersi.
La Madonna vuole portare anche a noi, a noi tutti, il grande dono che è
Gesù; e con Lui ci porta il suo amore, la sua pace, la sua gioia. Così la Chiesa
è come Maria: la Chiesa non è un negozio, non è un’agenzia umanitaria, la
Chiesa non è un ONG, la Chiesa è mandata a portare a tutti Cristo e il suo
Vangelo; non porta se stessa – se piccola, se grande, se forte, se debole, la
Chiesa porta Gesù e deve essere come Maria quando è andata a visitare Elisabetta. Cosa le portava Maria? Gesù. La Chiesa porta Gesù: questo è il centro
della Chiesa, portare Gesù! Se per ipotesi, una volta succedesse che la Chiesa
non portasse Gesù, quella sarebbe una Chiesa morta! La Chiesa deve portare
la carità di Gesù, l’amore di Gesù, la carità di Gesù.
Abbiamo parlato di Maria, di Gesù. E noi? Noi che siamo la Chiesa? Qual è
l’amore che portiamo agli altri? È l’amore di Gesù, che condivide, che perdona,
che accompagna, oppure è un amore annacquato, come si allunga il vino che
sembra acqua? È un amore forte, o debole tanto che segue le simpatie, che cerca
il contraccambio, un amore interessato? Un’altra domanda: a Gesù piace l’amore
interessato? No, non gli piace, perché l’amore deve essere gratuito, come il suo.
Come sono i rapporti nelle nostre parrocchie, nelle nostre comunità? Ci trattiamo
da fratelli e sorelle? O ci giudichiamo, parliamo male gli uni degli altri, curiamo
ciascuno il proprio “orticello”, o ci curiamo l’un l’altro? Sono domande di carità!
Maria modello di unione con Cristo
E brevemente un ultimo aspetto: Maria modello di unione con Cristo. La
vita della Vergine Santa è stata la vita di una donna del suo popolo: Maria pregava, lavorava, andava alla sinagoga… Però ogni azione era compiuta sempre
in unione perfetta con Gesù. Questa unione raggiunge il culmine sul Calvario: qui Maria si unisce al Figlio nel martirio del cuore e nell’offerta della vita
al Padre per la salvezza dell’umanità. La Madonna ha fatto proprio il dolore
del Figlio ed ha accettato con Lui la volontà del Padre, in quella obbedienza
che porta frutto, che dona la vera vittoria sul male e sulla morte.
È molto bella questa realtà che Maria ci insegna: l’essere sempre uniti a Gesù.
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Sentinelle
del mattino
Le Costituzioni: da ieri a oggi
(27a parte)
C
arissime/i terminato il tema della preghiera dalle nostre belle
e amate Costituzioni, ci avviamo ad orientare il nostro piccolo
dialogo sulla formazione. Ecco questo primo articolo della parte
terza delle Costituzioni ci indirizza proprio con ricchezza di termini e di
contenuti adatti a stimolare la nostra mente e il nostro cuore e ci dice che
il tempo della formazione non finisce mai. Leggiamo:
Art. 32 Vocazione e formazione
Gesù chiamò personalmente i Suoi apostoli a seguirlo (cfr Gv. 1,43 e
1,39) ma, prima di inviarli nel mondo per la loro missione evangelizzatrice, volle che stessero con Lui (Gv.1,39) e li preparò, con amore paziente,
a ricevere lo Spirito Santo, che li avrebbe guidati alla pienezza della verità.
(cfr. Gv. 14,26).
La Candidata Ancella, che avverte la chiamata del Signore a seguirlo
più da vicino nella secolarità consacrata, risponde con un forte impegno di
formazione, che mai vorrà considerare concluso, ma che vorrà continuare
per tutta la vita.
L’Aspirante considera Maria, Madre della Misericordia, modello e maestra della sua formazione; s’impegna a studiare il pensiero e a seguire gli
insegnamenti del Fondatore in modo da assimilarne la spiritualità specifica.
Consapevole di essere lei stessa la prima responsabile della propria
formazione, la candidata si mantiene disponibile all’azione di Dio in lei,
ed accetta le mediazioni formative che le vengono offerte dall’Istituto e le
integra con quelle che la Chiesa e la società civile le propongono.
Innanzitutto prendiamo in considerazione il comportamento di Gesù.
Egli prepara i suoi per un tempo prolungato di vita condivisa nel quotidiano. Un quotidiano fatto di cammino, di preghiera, di spostamenti, di
dialogo ecc.
In questo modo gli Apostoli si arricchivano di conoscenze nuove. A
questo proposito leggiamo cosa ci direbbe oggi il nostro caro Padre Fondatore:
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“La prova, la lotta e la tentazione nella tua vocazione d’amore è l’esame per la patente di maestra di spirito tra le anime deboli; ti auguro di
prendere una promozione a pieni voti.
Abbi questo criterio nel giudicare te stessa e le lotte e tentazioni: se in
esse ti sentirai più forza e voglia di pregare, è Gesù che ti parla, ammonisce,
rimprovera e corregge; se invece ti sentirai respinta, triste, sfiduciata, è il
demonio che vuole separarti da Gesù.
Nella lotta e nel sacrificio però non ti lasciare abbattere dalle mancanze
che puoi commettere. Quando la tua volontà ha fatto di tutto per non peccare o per fuggire le occasioni, guarda alle sconfitte come ad un mezzo per
misurare il tuo amore e la tua forza.
E, se nonostante i tuoi propositi di farti santa e lo sforzo di fuggire le
occasioni del peccato sei caduta, vuol dire che la lotta è stata aspra e difficile e
che quindi meriti lode se non hai fatto peggio. Dunque le ferita è un simbolo
di amore e di fortezza: d’ amore perché hai lottato, di fortezza perché ti sei
difesa abbastanza.
Pensa ancora che sei polvere, su cui è caduto un frammento di grazia di
Dio, in cui si è posato Gesù e vi ha preso dimora e quindi se sei povera tu, è
ricco Lui; se sei debole tu, è forte lui; se sei inetta ed incapace tu, è onnipotente lui”. (Dalle parabole del P.F.)
Carissime/i certamente il caro P. Fondatore, pur con un linguaggio
semplice, è riuscito a “convertire” tante persone perché penetrava nel
cuore e ogni persona imparava a fare “spazio” a Gesù.
Ognuna di noi ha sperimentato come Lui, il Canonico riusciva a trasmettere il grande amore che aveva per Gesù e come è scritto bene nella
preghiera (che spero tutti preghiamo quotidianamente) che è sulla sua
immaginetta: “egli è stato per noi padre, maestro e guida. Ci ha indicato la
via buona del vangelo e ad essere consolazione per Dio e per i fratelli”.
Questa testimonianza in lui era viva, coinvolgente, accattivante e nessuna sfuggiva a questo suo messaggio che diventava poi vincolante e si
percepiva l’abbraccio di Gesù che convinceva a darsi tutta a Lui, Gesù
Cristo!
È detto in questo articolo: “Gesù chiamò personalmente i Suoi apostoli
a seguirlo (cfr Gv. 1,43 e 1,39) ma, prima di inviarli nel mondo per la loro
missione evangelizzatrice, volle che stessero con Lui (Gv.1,39) e li preparò, con amore paziente, a ricevere lo Spirito Santo, che li avrebbe guidati
alla pienezza della verità”. (cfr. Gv. 14,26).
Permettetemi una piccola riflessione per noi Ancelle più adulte e per noi
Ancelle Responsabili e chiediamoci: “Il nostro comportamento in rapporto
alle giovani che il Signore pone sul nostro cammino ha queste caratteristiche?
- 16 -
Viviamo l’ansia nel cuore e l’empatia, come ci insegna anche Papa Francesco
con i Suoi gesti tanto semplici quanto carichi di Misericordia, di accoglienza,
di amore fraterno”?
O piuttosto ci piace più il giudizio che generalizza e quasi ci dimentichiamo dello Spirito Santo che soffia dove vuole e come vuole?
Carissime sorelle ecco a noi e per noi la “Patente” per essere vere “maestre di spirito” come Gesù vuole, Come Maria desidera, Come il P. Fondatore sognava.
Con tutto l’affetto del mio cuore
Vostra Maria Bertoni
Presidente Generale
- 17 -
La parola di
Don Venturo
Lorusso
Papa Francesco e la donna
H
o esercitato il mio servizio sacerdotale tra le suore e le persone consacrate fin dall’inizio, prima come cappellano ed in seguito, ancora
oggi, nell’accompagnamento spirituale. Da parroco poi mi hanno
coinvolte le famiglie ed in particolare la condizione della donna, sposa e madre.
Questo per comprendere il mio interesse a quanto dicono i Papi a riguardo. Ho
letto, commentato e approfondito a suo tempo la enciclica di Paolo VI, “Marialis
cultus”; ed anche la “Mulieris dignitatem” del Beato Giovanni Paolo II. Ora presto
mi interessa la visione che ha il nuovo Papa della donna e ne sono grato per le sue
aperture, che, pur presenti negli altri Pontefici e nei Sinodi precedenti, sono da
Papa Francesco espresse con forza e con prospettive precise. A nessuno sfuggono
i gesti e le parole di tenerezza per la Madonna di questo Papa. Certo, il “Totus
tuus” di Giovanni Paolo II è ben noto, perché è stato posto fin nel suo stemma
pontificio con la grossa “M” a richiamo della sua consacrazione monfortana a
Maria SS.ma. Ma vedere Papa Bergoglio stringere tra le sue mani la statuetta della
Vergine Aparecida con l’affetto di un figlio che abbraccia la mamma, mi ha colpito
in modo particolare. I suoi interventi circa la donna e la visione di Chiesa di Papa
Francesco hanno riferimento a Maria, forma e modello per l’una e per l’altra. Non
che ogni donna è una “madonna”, ma per il rispetto che si deve a questa in tempi di
sopraffazione come il nostro, in cui non v’è giorno senza uno o più “femminicidi”.
Il pensiero del Papa è stato manifestato, tra l’altro, nel colloquio con i giornalisti al ritorno da Rio il 30 luglio 2013. Alla domanda: “Lei ha detto che la Chiesa
senza la donna perde fecondità. Quali misure concrete prenderà? Per esempio, il
diaconato femminile o una donna a capo di un dicastero?” Il Papa ha risposto:
“Una Chiesa senza le donne è come il Collegio Apostolico senza Maria. Il ruolo
della donna nella Chiesa non è soltanto la maternità, la mamma di famiglia, ma
è più forte: è proprio l’icona della Vergine, della Madonna; quella che aiuta a
crescere la Chiesa! Ma pensate che la Madonna è più importante degli Apostoli!
È più importante! La Chiesa è femminile: è Chiesa, è sposa, è madre… Paolo
VI ha scritto una cosa bellissima sulle donne, ma credo che si debba andare più
avanti nell’esplicitazione di questo ruolo e carisma della donna. Non si può capire
una Chiesa senza donne, ma donne attive nella Chiesa, con il loro profilo, che
portano avanti… Questo si deve esplicitare meglio. Credo che noi non abbiamo
- 18 -
fatto ancora una profonda teologia della donna nella Chiesa. Soltanto può fare
questo, può fare quello, adesso fa la chierichetta, adesso legge la Lettura, è la presidentessa della Caritas … Ma, c’è di più! Bisogna fare una profonda teologia della
donna. Questo è quello che penso io”.
E ad un’altra giornalista che domanda: “Come dev’essere questa partecipazione di noi donne nella Chiesa? Lei, cosa ne pensa anche dell’ordinazione delle
donne? Come dev’essere la nostra posizione nella Chiesa?” Il Papa ha inserito
un aspetto per me importante: la donna “deve essere di più, ma profondamente
di più, anche misticamente di più, con questo che io ho detto della teologia della
donna. E, con riferimento all’ordinazione delle donne, la Chiesa ha parlato e dice:
“No”. L’ha detto Giovanni Paolo II, ma con una formulazione definitiva. Quella è
chiusa, quella porta, ma su questo voglio dirti una cosa. L’ho detto, ma lo ripeto.
La Madonna, Maria, era più importante degli Apostoli, dei vescovi e dei diaconi e
dei preti. La donna, nella Chiesa, è più importante dei vescovi e dei preti; come, è
quello che dobbiamo cercare di esplicitare meglio, perché credo che manchi una
esplicitazione teologica di questo. Grazie”.
Altro contributo al tema è sopraggiunto dall’intervista al direttore della rivista “Civiltà Cattolica” della Compagnia di Gesù, cui Papa Bergoglio appartiene:
«Quale deve essere il ruolo della donna nella Chiesa? Come fare per renderlo
oggi più visibile?». «È necessario ampliare gli spazi di una presenza femminile più
incisiva nella Chiesa. Temo la soluzione del “machismo (maschilismo) in gonnella”, perché in realtà la donna ha una struttura differente dall’uomo. E invece
i discorsi che sento sul ruolo della donna sono spesso ispirati proprio da una
ideologia machista. Le donne stanno ponendo domande profonde che vanno
affrontate. La Chiesa non può essere se stessa senza la donna e il suo ruolo. La
donna per la Chiesa è imprescindibile. Maria, una donna, è più importante dei
Vescovi. Dico questo perché non bisogna confondere la funzione con la dignità.
Bisogna dunque approfondire meglio la figura della donna nella Chiesa. Bisogna lavorare di più per fare una profonda teologia della donna. Solo compiendo
questo passaggio si potrà riflettere meglio sulla funzione della donna all’interno
della Chiesa. Il genio femminile è necessario nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti. La sfida oggi è proprio questa: riflettere sul posto specifico della
donna anche proprio lì dove si esercita l’autorità nei vari ambiti della Chiesa».
Quanto all’obbiettivo comune ad ogni cristiano di tendere alla la santità, Papa
Francesco afferma: «Io vedo la santità nel popolo di Dio paziente: una donna che
fa crescere i figli, un uomo che lavora per portare a casa il pane, gli ammalati, i
preti anziani che hanno tante ferite ma che hanno il sorriso perché hanno servito
il Signore, le suore che lavorano tanto e che vivono una santità nascosta. Questa
per me è la santità comune. La santità io la associo spesso alla pazienza: non solo
la pazienza come hypomoné, il farsi carico degli avvenimenti e delle circostanze
- 19 -
della vita, ma anche come costanza nell’andare avanti, giorno per giorno. Questa
è la santità della Iglesia militante di cui parla anche sant’Ignazio. Questa è stata
la santità dei miei genitori: di mio papà, di mia mamma, di mia nonna Rosa che
mi ha fatto tanto bene. Nel breviario io ho il testamento di mia nonna Rosa, e lo
leggo spesso: per me è come una preghiera. Lei è una santa che ha tanto sofferto,
anche moralmente, ed è sempre andata avanti con coraggio».
Il Papa torna spesso, anche nelle ultime udienze generali, sull’immagine della
Chiesa-Madre: “A me piace tanto questa immagine della Chiesa come madre”
(18.09). Nell’intervista citata, dice: «Questa Chiesa con la quale dobbiamo “sentire” è la casa di tutti… Non dobbiamo ridurre il seno della Chiesa universale a un
nido protettore della nostra mediocrità. E la Chiesa è Madre. La Chiesa è feconda,
deve esserlo. Vedi, quando io mi accorgo di comportamenti negativi di ministri
della Chiesa o di consacrati o consacrate, la prima cosa che mi viene in mente è:
“ecco uno scapolone”, o “ecco una zitella”. Non sono né padri, né madri. Non sono
stati capaci di dare vita. Invece, per esempio, quando leggo la vita dei missionari
salesiani che sono andati in Patagonia, leggo una storia di vita, di fecondità».
Si riafferma quanto il Papa ha richiamato sulla vita consacrata già l’8 maggio
nel discorso all’Unione Internazionale delle Superiore Generali circa la castità:
“Per favore, una castità “feconda”, una castità che genera figli spirituali nella
Chiesa. La consacrata è madre, deve essere madre e non “zitella”! Scusatemi se
parlo così, ma è importante questa maternità della vita consacrata, questa fecondità! Questa gioia della fecondità spirituale animi la vostra esistenza; siate madri,
come figura di Maria Madre e della Chiesa Madre. Non si può capire Maria senza
la sua maternità, non si può capire la Chiesa senza la sua maternità e voi siete
icona di Maria e della Chiesa”.
Un pensiero ribadito nell’incontro con i seminaristi, i novizi e le novizie il
6 luglio: “E avanti, con gioia, con coerenza, sempre con quel coraggio di dire la
verità, quel coraggio di uscire da se stessi per incontrare Gesù nella preghiera e di
uscire da se stessi per incontrare gli altri e dare loro il Vangelo. Con la fecondità
pastorale! Per favore non siate “zitelle” e “zitelli”. Avanti!”.
Penso che il Papa abbia conosciuto la scostante rudezza di alcuni preti e
religiosi/e, e questo, forse, spiega il suo insistere sulla richiesta di atteggiamenti di
misericordia e tenerezza nei consacrati. Tra celibi o nubili s’incontrano persone
permalose e accidiose, incapaci di dare agli altri un benevolo sorriso, ma se sono
persone che hanno riferimento a Cristo e alla Chiesa i cristiani si scandalizzano e
si allontanano dalla comunità ecclesiale.
Non so prevedere quello che sarà il modo con cui Papa, Congregazioni Vaticane, Episcopati e teologi proporranno per far seguire alle parole i fatti, ma di
certo ne vedremo di sorprese dato lo stile di vita e il modo di esprimersi di Papa
Francesco. Preghiamo per lui, come spesso chiede.
- 20 -
Oggi cosa ho fatto
per il mondo?
“Nel mondo, con il mondo,
per il mondo, ma non del mondo”:
l’ecclesiologia della luce e l’ecclesiologia del fermento
I
l Fondatore, ora Servo di Dio, don Piccinini scrive che la Consacrata secolare vive “nel” mondo, “per” il mondo e “con” il
mondo, ma non è “del” mondo, quindi il suo modo di essere
Chiesa, cioè testimone del suo essere cristiana, deve essere particolare, specifico, e diventare come un “habitus”, un modo di essere che la caratterizza
e la protegge per tutta la vita.
- 21 -
Il Vangelo propone due modi di essere Chiesa: uno rivolto all’esterno (ecclesiologia della luce) e l’altro rivolto all’interno di sé (ecclesiologia del fermento).
Per il primo tema (ecclesiologia della luce), il Fondatore riporta il brano
evangelico della luce: “Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta
una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto
il moggio, ma sul candelabro, così fa luce a tutti … così risplenda la vostra
davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al
Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5, 14-16). Oppure: “Quello che io vi dico nelle
tenebre, voi ditelo nella luce e quello che ascoltate all’orecchio, voi annunziatelo
dalle terrazze” (Mt 10, 27).
In queste frasi, Gesù presenta la Chiesa come luce e la luce si deve vedere e
far vedere, cioè,deve illuminare, dare l’orientamento, indicare la strada. Deve
essere credibile nella sua realtà visibile, deve indicare i valori, le verità insite
nella natura umana. Deve essere faro che attrae e che indica la via.
C’è poi l’ecclesiologia del fermento che Gesù indica quando afferma: “Il
Regno dei cieli è simile al lievito che una donna ha preso e mescolato in una
misura di farina per farla fermentare tutta” (Mt 13, 31-32). In varie occasioni
Gesù rimprovera coloro che fanno le cose, non perché così è giusto e doveroso, ma perché gli altri li vedano e li lodino: “State attenti a non praticare la
vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non
c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli … Quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te come fanno gli ipocriti per essere
lodati dalla gente … Essi hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando
tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega” (Mt 6, 1-6).
Si tratta, quindi, di immagini e di affermazioni che sottolineano non la
visibilità, ma la verità di una presenza che, dal di dentro come il lievito, sia
in grado di far fermentare tutta la pasta. Una presenza nascosta, ma reale,
viva ed operante.
È evidente che le due ecclesiologie (modi di essere cristiani) non sono
contrapposte, sono due volti di una stessa Chiesa e per noi sono due volti del
vivere la fede. Sono due forme di vita cristiana che siamo chiamati a vivere
con lo stesso impegno e la stessa forza. Chi appartiene ad un Istituto secolare, in quanto secolare Consacrato, sa che l’essere Chiesa-fermento è la sua
caratteristica e peculiarità.
L’articolo 3 delle Costituzioni così recita: “Essendo ricco di misericordia,
Dio si china sulla candidata e la chiama a consacrarsi a Lui in Cristo … perché sia nel mondo, in mezzo ai fratelli, segno della sua presenza. La Ancella
risponde liberamente alla chiamata del Signore, assume i consigli evangelici con
la professione dei voti e cerca la propria santificazione nella generosa donazione
ai fratelli” (Art. 3).
- 22 -
L’articolo 4 specifica di quale secolarità si tratta: “L’Ancella Mater Misericordiae è una laica consacrata, vive nel mondo per contribuire dal di
dentro come lievito alla sua santificazione (LG 31)”. Per fare meglio questo
condivide la vita di tutti nel mondo, tra i fratelli, condividendo con gli altri
il lavoro, le gioie, le fatiche, le ansie, le preoccupazioni, i rischi, le difficoltà,
come tutti coloro che sono nel mondo, ma porta in sé ciò che la distingue e
la rende “fermento”: ha nel cuore la presenza di Colui che rende luminosa,
gioiosa e feconda la sua vita.
Il Fondatore non si ferma a considerare l’ecclesiologia di fermento, ma va
oltre, come anche le Costituzioni. Questa è il punto di partenza, ma non avrebbe
senso né valore se non fosse orientata a divenire anche ecclesiologia della luce.
Tuttavia, per poter raggiungere lo scopo ed essere luce, deve essere prima buon
fermento, essere buona cristiana nel mondo e dare il buon esempio in ogni
circostanza. Si afferma che l’Ancella Mater Misericordiae, come consacrata
“partecipa della funzione evangelizzatrice della Chiesa”. Anche l’articolo 5
delle Costituzioni ne parla come di un compito importante della consacrata. Si
evangelizza con le opere, le parole, il dialogo e il buon esempio.
Altro compito importante dell’Ancella è quello della riparazione. L’art. 5
delle Costituzioni afferma che “l’attività apostolica può essere svolta in qualsiasi
luogo e con qualsiasi lavoro onesto, così che in ogni angolo della terra ci sia
almeno un’anima consacrata al Suo Amore per consolarlo e offrirgli riparazione
là dove si offende il Signore”.
Occorre conoscere il mondo, viverci accanto e dentro, portare in sé l’odore
del mondo per poter essere presenza, luce, consolazione e speranza. Giovanni
Paolo II diceva che la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compiere
la sua missione è l’uomo. Si tratta quindi di stare con le persone, camminare
con loro, sapendosi mescolare e saper attendere che in modo nascosto e
“quasi impercettibile” la nostra presenza riesca ad essere segno significativo
che sappia indicare la vera luce.
Padre Cesare Ghilardi M.I.
- 23 -
La parola e la vita
Maria Chiara Carulli
“Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate
fede in Dio e abbiate fede anche in me”
Gv. 14,1-12
Q
uand’è che anche tu sei triste, stanco e sfiduciato? Certamente
quando cominci a dubitare di Dio. Il turbamento che a volte ti assale
può trarre origine da una profonda insicurezza, da un dubbio terribile: “Ma è proprio vero che Dio pensa a me? È certo che capisce ciò che sto
vivendo io? E può davvero fare qualcosa?… Ma esiste Dio?”.
Quando sembra che tutto stia per crollare, quando le forze umane non
bastano più, allora si può arrivare anche al punto di dubitare dell’esistenza di
Dio, della sua bontà e della sua misericordia.
Probabilmente anche tu in qualche occasione ti sei ripiegato su te stesso,
hai cominciato a misurare le tue forze, a cercare appoggi, a desiderare sicurezze umane per rendere meno pesante la tua croce.
Hai cercato l’aiuto di tanti altri e hai trascurato di chiedere quello di Dio.
Hai preferito contare sui tuoi “carri” e sui tuoi “cavalli”, ma poi certamente hai
sperimentato che questi non ti bastavano per vincere. Ti sei sentito, allora,
ancora più turbato e più solo. È un’esperienza dura, ma fa bene. In questi casi
le sconfitte preparano alla vittoria finale. Perché è bene riconoscersi limitati e
fragili per esser pronti a vedere all’opera la forza di Dio che interviene sempre
in nostro favore.
E questa forza non è estranea a te, non è lontana da te: ti appartiene e se
non vi attingi ogni volta che è necessario, butti via un dono che il Signore ti fa.
La forza di Dio non ti umilia mai, ma trae da te le capacità migliori, fa
emergere le tue risorse personali e, insieme, ogni problema si scioglie come
neve al sole.
Ecco perché non puoi lasciarti cadere le braccia, non puoi lasciarti andare
alla tristezza, non puoi aver paura di affrontare anche le prove più difficili.
Tu non sei solo. Anche oggi la Parola di Dio te lo ripete. Abbi fede e vedrai
tutto in un’altra luce, sarai capace di superare anche ciò che ora ti sembra così
grande e così pesante. Scoprirai che nulla è impossibile a Dio e neppure a te,
con Lui a fianco.
Non può accaderti nulla che superi la potenza di Dio o che sia più grande
del suo amore per te. Tutto può essere risolto e vinto. Dio non ti abbandona e
non ti dimentica mai.
- 24 -
Tu, però, non dimenticarti di Lui! Ricorri a Lui con confidenza, con fiducia, senza timore: Egli desidera aiutarti più di quanto tu voglia essere aiutato!
Ma parlagli di tutto ciò che riempie il tuo cuore perché neppure per farti
del bene Dio osa violare la tua libertà. Abbi fede, allora! Puoi esserne sicuro:
tu hai sempre a disposizione il suo aiuto capace di risollevarti e di ridarti
speranza e pace. Non sia più turbato il tuo cuore! Conta sul Signore fino in
fondo: Egli si prenderà cura di te, non ti lascerà cadere e non ti deluderà.
Ma anche tu non deluderlo, ponendo solo nelle persone e nelle cose la tua
sicurezza.
Non te lo nascondo, Signore: ogni giorno c’è
qualcosa che mi preoccupa, mi turba, mi
mette in ansia.
A volte ho paura e i miei pensieri si perdono
dietro fantasie poco rassicuranti, dietro
timori senza nome.
Allora vorrei uscirne subito e mi aggrappo
a tutto: amici, divertimenti, vani interessi,
attività frenetiche…
Ricerco assicurazioni e rassicurazioni umanee quante volte mi dimentico proprio di te!
Tu mi appari troppo lontano per intervenire
subito, troppo preso da ben altre cose che non
siano i miei piccoli o grandi problemi quotidiani.
Ma ti faccio torto, Signore, e me ne accorgo.
Manco di fede e così ti impedisco di fare tutto
ciò che avevi già pensato per me.
Te lo ripeto ancora: oggi e per sempre mi
metto nelle tue mani, mi affido a te, senza
riserve.
Prendo sul serio le tue parole e ti prego: riempi
di te la mia vita, perché non ci sia più spazio
per tutto ciò che mi preoccupa e mi turba.
- 25 -
PREGHIERE VOCAZIONALI
Maggio
rendi aperti i nostri orecchi;
o;
“Maria, donna dell’ascolto,
mille parole di questo mond
le
tra
sù
Ge
lio
Fig
tuo
l
de
a
Parol
, specialfa’ che sappiamo ascoltare la
ogni persona che incontriamo
o,
iam
viv
i
cu
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ltà
rea
la
fa’ che sappiamo ascoltare
bisognosa, in difficoltà.
mente quella che è povera,
stro cuore,
mina la nostra mente e il no
illu
e,
ion
cis
de
lla
de
a
nn
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nti;
,
Maria
lio Gesù, senza tentenname
Fig
tuo
l
de
la
ro
Pa
alla
e
dir
re
perché sappiamo obbe
ione, di non lasciarci trascina
donaci il coraggio della decis
a vita.
perché altri orientino la nostr
Maria, donna dell’azione,
gli altri,
si muovano ‘in fretta’ verso
di
pie
i
str
no
i
e
ni
ma
e
str
fa’ che le no
e del tuo Figlio Gesù,
per portare la carità e l’amor
ndo la luce del Vangelo.
per portare, come te, nel mo
Amen”.
Giugno
Signore, ritorni ad
essere tu ogni vo
lta il mio punto di
quando frantumat
o e crollato, non
appr
Ritorni ad essere
ho
altre persone a cu odo,
tu quella fonte pu
i voltarmi.
ra di amore crista
Ritorni ad essere
llino che altri non
tu Signore, il cont
sanno essere.
enuto
sentire forte, le m delle mie lacrime, quell’abbraccio
ani calde che mi
che vorrei
Ma perché la mia
guariscono.
ferita non si rimar
gina mai? Perché
Sono come un va
non riesco ad es
so ro
sere forte?
pazienza ricompo tto e frantumato mille volte e ch
e mille volte tu co
ni i cocci. Quant
o
n estrema
è estrema la solit
Perdonami Signo
re… io ho manca
udine dell’uomo
sulla terra!
to terribilmente
abomìni… perdo
contro di te nel pi
nami Signore e tu
ù
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Signore perdona
a usarmi…
Quanto vorrei se
mi!
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ci
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qu
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Quanto vorrei!…
lo vero, lontano da
e perdonami se
i filtri e dagli intrig
forse lo stai già fa
hi degli uomini!
ce
ndo ed io non m
Amore vero, am
e
ne
o
re
accorgo.
Custodiscimi com
e un pulcino nelle inesauribile, pietà di me!
tue mani, Signore
, unica ragione de
Signore Amore!
lla mia vita!
- 26 -
La parola di
Mons. Peppino
Montanaro
«Signore,
perché ci capita questo?»
Le “strane soluzioni” dell’uomo
I
l modo di agire di Dio apre sempre la strada a molte riflessioni e pone
tante domande, ma la risposta che si coglie nel testo è chiara: il suo
darsi da fare per l’uomo è per “svegliarlo”, per salvarlo, per usargli
misericordia. Come si vedrà in seguito, Giona non riuscirà a capire il perché, e
così l’agire del suo Dio lo sconcerta (cfr 4,1). Dal racconto si intuisce che il Dio
che si rivela a Giona, e non soltanto a lui, è al di là dei criteri che il pio ebreo,
religioso, osservante delle tradizioni e dei comandamenti, usa per “interpretare” ed “imprigionare” l’agire del suo Dio. Ora ci soffermeremo sulle domande
che i marinai e Giona si pongono di fronte alla sciagura immane che sta per
rovesciarsi sulle loro vite, e scorgeremo le soluzioni che essi propongono per
darsi una “ragionevole” risposta ai loro “perché”. Il testo è Gio 1,6-15.
1. Il testo.
Le domande presenti nel testo sono quelle che ogni si pone di fronte a
qualcosa di tremendo e di irreparabile: «chi ci ha causato questa sciagura» (v.
7); « Spiegaci dunque chi sia la causa… » (v.8); « Che cosa hai fatto?» (v.10).
Alla ricerca delle comprensibili spiegazioni da parte dei marinai, fa seguito
la proposta delle soluzioni: «Che cosa dobbiamo fare di te?» (v.11). Giona,
colto da un senso di colpa, dichiara: «Prendetemi e gettatemi in mare» (v. 12);
mentre la riposta dei marinai abbraccia sia lo sforzo per salvarsi: «cercavano a
forza di remi di raggiungere la spiaggia, ma non ci riuscivano» (v. 13), che la
preghiera « implorarono il Signore» (v. 14).
I marinai, abituati a prevedere e a interpretare la forza dei venti e la violenza
del mare, si rendono conto di trovarsi davanti a qualcosa che è al di là delle
loro cognizioni nautiche, che si trovano davanti a qualcosa di incomprensibile, per cui, esaurito ogni tentativo umano, per loro non resta che affidarsi
al Dio di Giona, per trovare in lui aiuto, soccorso, comprensione. Il primo
impulso è stato, allora, quello di affidarsi a Colui che è il Signore del creato,
che domina sul mare (cfr Sal 107,23-30) e sulle forze del male. Il brano, infatti,
si apre con una richiesta di invocazione a Dio (v.6; anche v.14) e si chiude con
l’esplicita affermazione di accettare la presenza di Dio nella loro vita (v. 16:
“ebbero un grande timore e offrirono sacrifici”).
- 27 -
Ma il ricorso alla preghiera non li esonera dal cercare una risposta che sia
“ragionevole”, per capire nei limiti del possibile la drammaticità del momento.
In fondo, la serie di domande che i marinai pongono a Giona è un implicito
invito a voler andare oltre le apparenze, al dover pensare che dietro a ciò che
accade nella vita degli esseri umani c’è sempre una realtà “misteriosa” da decifrare. Dall’uomo di Dio vogliono sapere e capire perché le «vie di Dio» non
sono identiche al modo di procedere dell’uomo (Is 55,8), capire perché Dio
opera nei modi più impensati, a volte lontani dalle categorie umane (cfr v.
11). Giona non è disposto a lasciarsi spiazzare, non vuole ammettere prima
davanti alla sua coscienza e poi agli stessi marinai i motivi del fuggire da Dio;
ma i marinai vogliono una spiegazione “ragionevole”!
2. Ma «perché ci accade tutto questo?»1
Domandare è un gesto fondamentale della nostra umanità, anche se
non sempre abbiamo le risposte a disposizione. Ed ogni risposta trovata
non è mai assoluta o definitiva. Ogni essere umano nel corso della sua vita
è obbligato a porsi queste domande. Se ci limitiamo ad essere spettatori
delle sofferenze degli altri e siamo troppo presi ad occuparci solo del nostro
benessere, potremmo rispondere facilmente e in modo superficiale che la
sofferenza fa parte della vita, che il mondo è fatto così. Ma nel momento in
cui facciamo l’esperienza diretta della sofferenza o perché ci ammaliamo
o perché la malattia e la morte colpiscono i nostri affetti più cari, allora
andiamo in crisi, non possiamo più rimanere indifferenti e superficiali, ma
siamo obbligati a dare una risposta più seria e profonda, se non vogliamo
essere preda della disperazione.
Perché ci accade questo? Perché si combatte contro l’imponderabile, rimanendone sconfitti? C’è un rapporto tra la sofferenza che si vive e il male che
si compie? La sofferenza è diretta conseguenza di una mancanza verso Dio?
Anche i marinai pensano così chiedendo a Giona: «Cosa hai fatto?» (v.10).
La presenza della sofferenza e del male nella vita dell’uomo è un’esperienza
universale, che prima o poi tutti siamo chiamati ad affrontare, fa parte del
cammino di ognuno di noi. Ciascuno la vede attraverso la sua personale prospettiva, mai uguale a quella di un altro. Non si può generalizzare, e la mia/
tua prospettiva è una lente particolare, che riflette il percorso compiuto fino
al momento in cui ci si scontra con questo nemico insuperabile. Lo sappiamo
bene: la sofferenza è qualcosa che fa paura, che destabilizza le nostre certezze.
A volte si tende a collegare la sofferenza al peccato, più per esorcizzare il
1
«Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato così?» (Gv 9,2)
- 28 -
mistero del dolore, si vuole individuare la colpa commessa per rispondere al
bisogno di ordine e di spiegazioni.2 « Che cosa hai fatto?» (v.10).
Si avverte una rivolta dentro al cuore, un rifiuto del dolore che invece esce
all’esterno, come nel caso di Giobbe e di alcuni profeti, che manifestano una
protesta aperta, chiara, consapevole e chiedono «perché mi succede tutto
questo?». Sono tante domande che prorompono con più amarezza anche dal
cuore di chi si è affidato al Dio di misericordia (Lam 3,1-25): «[1]Io sono
l’uomo che ha provato la miseria sotto la sferza della sua ira. [2]Egli mi ha
guidato, mi ha fatto camminare nelle tenebre e non nella luce. [3]Solo contro
di me egli ha volto e rivolto la sua mano tutto il giorno. [4]Egli ha consumato
la mia carne e la mia pelle, ha rotto le mie ossa… [7]Mi ha costruito un muro
tutt’intorno, perché non potessi più uscire; ha reso pesanti le mie catene.
[8]Anche se grido e invoco aiuto, egli soffoca la mia preghiera… [15]Mi
ha saziato con erbe amare, mi ha dissetato con assenzio… [17]Son rimasto
lontano dalla pace, ho dimenticato il benessere. [18]E dico: «È sparita la mia
gloria, la speranza che mi veniva dal Signore».»3.
Anche dal nostro cuore di “consacrati” prorompe imperiosa la domanda:
come accettare che tutto questo faccia parte della nostra condizione umana4?
Se crediamo che Dio è buono e che si preoccupa di noi (cfr 1 Pt 5,7), allora la
sofferenza diventa una contraddizione radicale. Abbiamo bisogno di capire
quello che ci succede, trovare un senso per reagire in un modo saggio… In
fondo, di fronte alla sofferenza che ci colpisce non siamo pronti, siamo inermi5
e all’inizio non sappiamo assolutamente come rispondere al colpo ricevuto.
3. Domande, domande e ancora domande sono quelle che noi poniamo
a Dio, e spesso non troviamo una “ragionevole” risposta. Dio però non
considera mai le nostre domande come imprudenti o irragionevoli, perché
«sa di che pasta siamo fatti» (sal 103,14), e pertanto considera legittimo che ci
interroghiamo sulla sofferenza, e soprattutto lo interroghiamo riguardo alla
ai come nel dolore l’uomo si accorge della falsità delle parole di conforto dette senza autentica
M
partecipazione. Giobbe, al riguardo, è estremamente chiaro: gli amici che cercano di consolarlo in
modo arido sono da lui definiti “intonacatori di menzogna” (13, 4), maestri nei “sofismi di cenere” (13, 12), “consolatori stomachevoli”, capaci solo di “parole campate in aria” (16, 2-3), che non
possono certo placare la furia ardente della sofferenza intima.
3
Il passaggio finale, però, è un richiamo alla fiducia e all’abbandono nella misericordia divina:
«[21]Questo intendo richiamare alla mia mente, e per questo voglio riprendere speranza. [22]Le
misericordie del Signore non sono finite, non è esaurita la sua compassione;[23]esse son rinnovate
ogni mattina, grande è la sua fedeltà.[24]«Mia parte è il Signore - io esclamo-per questo in lui
voglio sperare».[25]Buono è il Signore con chi spera in lui, con l’anima che lo cerca. [26]È bene
aspettare in silenzio la salvezza del Signore.»
4
Carla Ronci: «Ero partita, con una volontà decisa e tanto coraggio, ma ora tutto è diverso… Sento, vedo
e soffro come non ho mai sofferto in vita mia. Gesù, perché non riesco più a vincere questa mia natura
sensibili, perché queste lacrime scendono così copiose e facilmente?» (Diario, p. 136, Ed. San Paolo, 2005).
5
Carla Ronci: «Gesù, continuo a non capire, ma Ti ripeto: non la mia, ma la Tua volontà!» (Diario, p. 136).
2
- 29 -
sofferenza fisica o morale/spirituale. Ci offre esempi nella Scrittura del modo
in cui si possono porre domande anche audaci, senza con ciò compromettere
il rapporto con Lui (cfr Gb 3). Dio non vuole sopprimere le nostre emozioni e
i nostri sentimenti, vuole darci la capacità di convogliare queste energie in una
nuova direzione, che non è silenziosa subordinazione, ma attiva cooperazione
con Lui. Egli ci invita a esprimere il nostro dolore in tutta la sua brutalità, ci
ascolta e sa che in quei momenti ci sentiamo abbandonati.
Gesù stesso pone il grande interrogativo sulla croce: «Dio mio, Dio mio,
perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46). È quel grido di dolore molto più
terrificante del dolore fisico, al quale non è dato una spiegazione completa; un
grido racchiuso tra due atteggiamenti irrorati di speranza fiduciosa: «Padre
mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io,
ma come tu vuoi» (Mt 26,39), e “Padre nelle tue mani consegno il mio spirito”
(Lc 23,46).6 In tal modo, Gesù, accettando il percorso della vita pienamente
umana, vedeva oltre la propria sofferenza.
Nella Scrittura leggiamo che all’inizio della creazione la sofferenza si è resa
presente come una «intrusa» nel piano originario del Dio Amore (cfr Gen
3,16.17; Rom 5). Dio avrebbe potuto certamente impedire il primo peccato e
tutti gli altri successivi, ma proprio perché è un Dio d’amore ha voluto lasciare
agli uomini la libertà di decidere, di scegliere. Un mondo costantemente
corretto dall’intervento divino, sarebbe diventato un mondo nel quale niente
sarebbe dipeso dalla scelta umana e dalla sua responsabilità. Sarebbe stata una
vita senza senso, senza importanza.
Anche se Dio sembra muto e indifferente al nostro grido, lui resta là e non
ci abbandona, è al fianco dei suoi figli, e di quelli che crediamo non gli appartengano. Dio ci sostiene usando le braccia, le gambe e i cuori delle persone,
perché il regno di Dio non è lontano: è dentro di noi e deve solo manifestarsi,
anche attraverso il mistero del dolore, e nel dolore!
4. Quale soluzione, allora?
«Gettate in mare…»; «non vi sarà dato alcun segno, se non il segno di
Giona. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce…»
(Mt 12,40). Accogliamo l’invito di Gesù che non è venuto a giustificare lo
scandalo del male inquadrandolo in un sistema di pensiero convincente. Egli
è venuto a condividere il nostro limite, assumendolo in sé. Con eccellente efficacia il poeta francese Paul Claudel compendia: «Dio non è venuto a spiegare
la sofferenza: è venuto a riempirla della sua presenza».
6
lcuni mesi prima di morire Carla Ronci annotava sul Diario: «Offro tutto con amore e serenità…
A
Gesù sono nelle tue mani. Tu conosci ogn i mio desiderio, ogni mia aspirazione e puoi rendermi come
vuoi… ti prego, aiutami a non sciupare nemmeno un attimo di questo tempo prezioso» (p. 141).
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Le mani della
Misericordia
Grazia Maria Costa
Il fuggire dalle responsabilità
U
na particolare tentazione di fuggire è quella che riguarda lo scappare delle responsabilità.
Il “ripartire 1 da Cristo” diventa una volontà ferma di
“farci carico” del nostro carisma: ricercatrici e ricercatori di vocazioni;
promotrici e promotori di consolazione – riparazione – adorazione, affinché
l’indifferenza e la fede di facciata lasciano lo spazio a vivacità, entusiasmo e
fede audace.
Ma come decifrare nello specchio della storia e in quello dell’attualità le
tracce e i segni dello Spirito e i semi del Verbo, presenti oggi come sempre
nella vita e nella cultura umana? Come interpretare i segni dei tempi in una
realtà come la nostra, in cui abbondano le zone d’ombra e di mistero? Occorre
che il Signore stesso, come con i discepoli in cammino verso Emmaus, si faccia
nostro “compagno di viaggio” e ci doni il suo Spirito.
Se il “sostegno” della nostra consacrazione è ancora la meditazione della
Parola di Dio e lo studio della parola dell’Istituto mi sento di dire che “l’essere
quei semi del verbo” è certezza, e il nostro essere “lievito” di Cristo, per Cristo e
con Cristo diventa capace di fermentare la storia del nostro tempo. Interroghiamoci veramente su questo nostro impegno assunto poco o tanto tempo fa.
Proviamo a rispondere a questa semplice domanda quando Gesù Eucaristia
è nel nostro cuore: Gesù risorto è rimasto sempre fedele alla sua parola; per
me è, ora la stessa cosa? La tua, la mia risposta può essere il “ricominciare”
a: fare la meditazione; a ritornare sulla Parola; così che il nostro caro Gesù si fa
vero compagno di viaggio per ciascuna/ o di noi.
La tentazione che spesso in questi momenti può esserci è che da un lato ci
può apparire più facile abdicare alle nostre responsabilità e rinunciare così a
confrontarsi sia con la Parola che con gli altri. In questo modo vince il nostro
mondo intimistico spesso espresso più con una preghiera fatta solo con delle
orazioni che con una vita di preghiera e di servizio.
Un’ulteriore tentazione è quella di sentirci “arrivate/i”, sentirci detentori
della verità e di “offenderci” per le osservazioni o i richiami che ci possono
1
Maria Bertoni, già Presidente Nazionale Italiana – Circolare – 8.9.2002
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pervenire dai “compagni di viaggio” che attentano al nostro equilibrio, mentre
attendono da noi risposte alla “loro” fede.
Come sarebbe bello che la evangelica correzione fraterna divenisse il
binario ad alta velocità sul quale correre il treno della nostra Famiglia Spirituale. È facile allora comprendere come la pace, la fraternità, la comunione ci
diventino familiari e il coraggio della nostra fede diventa il “coraggio” di essere
Ancelle di pace: nei nostri ambienti quotidiani, nei nostri gruppi, nelle nostre
case – famiglia, nella Chiesa, nella società tutta.
■ La stessa umiltà, se non è vissuta come autentica virtù, può essere presa
come pretesto per non assumersi responsabilità.
Dovremmo2 passare inosservati, quasi poco o nulla considerati. Forse saremo
messi spesso indietro o da parte. Ma noi ne saremo contenti e ti assicuro che così
potremo lavorare meglio e arrivare dovunque, come è nel nostro programma.
Pensa al tarlo: è un piccolissimo animaletto che vive inosservato e nascosto
nel legno, ma col tempo è capace di tagliare una trave e far precipitare la
casa. Con la sua pazienza e con la sua forza fora e mangia anche il legno
più duro. Così avverrà di voi tutte se comprenderete bene ed amate questa
virtù. Cerca pertanto di essere la prima in tutto ma vivi come se fossi l’ultima.
Anche quando ti accorgerai o sentirai di pensare e saper fare meglio di altri, se
non sei invitata, taci e se parli, parla con più grazia ed umiltà. Così cerca di fare
in tutte le altre cose. Col tuo fare e col tuo parlare non mortificare mai gli altri,
di modo che tutti ti vogliano bene e a tempo opportuno tu possa parlare, agire e
manifestare te stessa a gloria di Dio e a bene degli altri.
Se poi occupi qualche posto o nella società, o in Associazioni cattoliche,
allora, sempre però con dolcezza ed umiltà, agisci disinvolta e con piena attività,
mettendo tutto sottosopra come suole dirsi, ma senza mortificare e umiliare
gli altri. Anche quando dovrai agire contro, fallo ugualmente con delicatezza,
con sincerità e con carità. Non tagliare mai le gambe agli altri, come si suole
dire, e non fare mai doppia parte ingannando e dispiacendo chi si fida di te.
Pensa sempre che devi lavorare per Gesù e che sei sua sposa e che egli giudicherà
un giorno ogni tuo pensiero, ogni tua parola ed ogni tua azione.
8 - Per discernere la “sindrome di Giona” e il “segno di Giona”
Papa Francesco ci dice che 3 una grave malattia che minaccia oggi i cristiani: la «sindrome di Giona», quella che fa sentire perfetti e puliti come
Servo di Dio Can.Filippo Piccinini – Scritti vol 1° - Novembre 1938 – pagg. 196,197
PAPA FRANCESCO - MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA DOMUS
SANCTAE MARTHAE - La sindrome di Giona - Lunedì, 14 ottobre 2013 - da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 236, Mart. 15/10/2013 – www.vatican.va
2
3
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appena usciti da una tintoria, al contrario di quelli che giudichiamo peccatori e dunque condannati ad arrangiarsi da soli, senza il nostro aiuto. Gesù
invece ricorda che per salvarci è necessario seguire «il segno di Giona», cioè
la misericordia del Signore.
Commentando le letture della liturgia, tratte dalla lettera di san Paolo ai
Romani (1, 1-7) e dal Vangelo di Luca (11, 29-32), il Pontefice ha iniziato proprio da quella «parola forte» con la quale Gesù apostrofa un gruppo di persone
chiamandole «generazione malvagia». È «una parola — ha notato — che quasi
sembra un insulto: questa generazione è una generazione malvagia. È molto forte!
Gesù tanto buono, tanto umile, tanto mite, ma dice questa parola». Tuttavia, ha
spiegato il Pontefice, egli non si riferiva certo alla gente che lo seguiva; si riferiva
piuttosto ai dottori della legge, a quelli che cercavano di metterlo alla prova, di
farlo cadere in trappola. Era tutta gente che gli chiedeva dei segni, delle prove. E
Gesù risponde che l’unico segno che sarà dato loro sarà «il segno di Giona».
Prima di spiegare il segno di Giona, Papa Francesco ha invitato a riflettere
su un altro particolare che si evince dalla narrazione evangelica: la «sindrome
di Giona», quella che il profeta aveva nel suo cuore. Egli, ha spiegato il Santo
Padre, «non voleva andare a Ninive e fuggì in Spagna». Pensava di avere le
idee chiare: «La dottrina è questa, si deve credere questo. Se loro sono peccatori, si arrangino; io non c’entro! Questa è la sindrome di Giona». E «Gesù
la condanna. Dio dice a Giona: povera gente, non distinguono la destra
dalla sinistra, sono ignoranti, peccatori. Ma Giona continua ad insistere: loro
vogliono giustizia! Io osservo tutti i comandamenti; loro si arrangino».
Ecco la sindrome di Giona, che «colpisce quelli che non hanno lo zelo per
la conversione della gente, cercano una santità — mi permetto la parola —
una santità di tintoria, cioè tutta bella, tutta ben fatta ma senza lo zelo che
ci porta a predicare il Signore». Il Papa ha ricordato che il Signore «davanti
a questa generazione, malata della sindrome di Giona, promette il segno
di Giona». E ha aggiunto: «Nell’altra versione, quella di Matteo, si dice: ma
Giona è stato nella balena tre notti e tre giorni… Il riferimento è a Gesù nel
sepolcro, alla sua morte e alla sua risurrezione. E questo è il segno che Gesù
promette: contro l’ipocrisia, contro questo atteggiamento di religiosità perfetta, contro questo atteggiamento di un gruppo di farisei».
Per rendere più chiaro il concetto il Santo Padre si è riferito a un’altra
parabola del Vangelo «che rappresenta bene quello che Gesù vuole dire. È
la parabola del fariseo e del pubblicano che pregano nel tempio (Luca 14,
10-14). Il fariseo è talmente sicuro davanti all’altare che dice: ti ringrazio Dio
che non sono come tutti questi di Ninive e neppure come quello che è là! E
quello che era là era il pubblicano, che diceva soltanto: Signore abbi pietà di
me che sono peccatore».
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Il segno che Gesù promette «è il suo perdono — ha precisato Papa Francesco — tramite la sua morte e la sua risurrezione. Il segno che Gesù promette
è la sua misericordia, quella che già chiedeva Dio da tempo: misericordia
voglio e non sacrifici». Dunque «il vero segno di Giona è quello che ci dà
la fiducia di essere salvati dal sangue di Cristo. Ci sono tanti cristiani che
pensano di essere salvati solo per quello che fanno, per le loro opere. Le opere
sono necessarie ma sono una conseguenza, una risposta a quell’amore misericordioso che ci salva». Le opere da sole, senza questo amore misericordioso,
non sono sufficienti.
Dunque «la sindrome di Giona colpisce quelli che hanno fiducia solo
nella loro giustizia personale, nelle loro opere». E quando Gesù dice «questa
generazione malvagia», si riferisce «a tutti quelli che hanno in sé la sindrome
di Giona». Ma c’è di più: «La sindrome di Giona — ha affermato il Papa — ci
porta all’ipocrisia, a quella sufficienza che crediamo di raggiungere perché
siamo cristiani puliti, perfetti, perché compiamo queste opere, osserviamo
i comandamenti, tutto. Una grossa malattia, la sindrome di Giona!». Mentre
«il segno di Giona» è «la misericordia di Dio in Gesù Cristo morto e risorto
per noi, per la nostra salvezza».
Il segno di Giona ci chiama. La liturgia odierna, ha concluso il Pontefice,
ci aiuti a capire e a fare una scelta: «Vogliamo seguire la sindrome di Giona o
il segno di Giona?».
Sostando a riflettere sui momenti di fuga, anche quelli di cui fino ad oggi
non mi rendevo conto nella mia vita, cerco di offrirli al Signore perché li
trasformi in momenti di forza per affrontare il talvolta difficile rapporto con
lui e con gli altri.
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VIII Assemblea Generale dell’Istituto Secolare
Ancelle Mater Misericordiae:
“CONSOLARE DIO E STARE ACCANTO
AI «FRATELLI» NELLE DIVERSE CULTURE”
(Loreto 19-25 giugno 2014)
C
arissima Sorella e fratello in Cristo,
Ci stiamo avvicinando velocemente al grande evento dell’Assemblea generale. Momento forte di riflessione, di progettualità, di sfide,
di risposte, di orientamenti verso il futuro.
Vorrei tanto che per ognuna/o di noi fosse vera la parola di S. Paolo la dove
afferma: “non che io sia già arrivato alla perfezione, ma proseguo il cammino per
cercare di “afferrare” ciò per cui sono anche stato afferrato da Cristo Gesù”. (Fil 3,12)
Ho tanta speranza nel cuore e sento che il momento assembleare che ci
accingiamo “insieme” a vivere, sarà sicuramente un momento di grazia, di
fraternità, di stima reciproca e di unità, seppur con l’impegno e la fatica che
accompagnano un momento così importante per il nostro Istituto.
Ogni Delegata, di diritto o eletta che sia, si faccia carico e portavoce dei
sogni di ogni Ancella che le hanno dato fiducia perché il progetto che si andrà
a concretizzare sia risposta vera ad ogni cuore desideroso di accogliere l’azione dello Spirito che viene donata ad ogni membro.
Ci sono degli avvenimenti che succedono e ne veniamo coinvolti, spesso, di sorpresa. Comunque il senso di responsabilità che si sente di fronte a un dono grande e
spesso immeritato va accolto come grande occasione di “formazione” e di “servizio”.
L’incontro con tante sorelle proveniente da varie parti del mondo deve
trasformarsi in una grande “scuola di vita”, un “laboratorio” unico per
costruire insieme il progetto per un futuro ricco e produttivo nello sviluppo,
nella crescita e nella diffusine del nostro Carisma.
Ecco allora che sono, innanzitutto, ad invitarvi ad una preghiera forte e specifica perché questo evento porti tutti i frutti che lo Spirito Santo vuole donarci.
In qualità di Presidente Generale con il mio Consiglio nella ultima riunione tenuta nel giugno scorso, abbiamo indetto la VIII Assemblea ordinaria dell’Istituto, come recitano le Costituzioni agli articoli 44 e seguenti.
Abbiamo inoltre stabilito che si terrà a Loreto-Ancona (Italia) nei giorni
19 - 25 giugno 2014, presso la Casa Domus Pacis, Sede Nazionale dell’Istituto
Italiano e l’albergo San Gabriele via Marconi 22. (sito a pochi passi)
Il titolo che ci siamo dato: “CONSOLARE DIO E STARE ACCANTO AI «FRATELLI» NELLE DIVERSE CULTURE” vuole essere una traccia per un percorso
che va tutto costruito perché il “multiculturale” non rimanga solo una parola,
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oggi forse anche troppo abusata, ma si arricchisca di una cultura di vita portata
nello stile permanente della Misericordia e quindi del consolare Dio e i fratelli.
Ringraziamo con tanta gratitudine tutte voi che su ogni territorio delle
varie Nazioni, vi adoperate con zelo, impegno e altruismo, nel tempo di questo sessennio e forte sentiamo la vostra vicinanza e collaborazione.
Invito caldamente, ogni gruppo dirigente di ogni Nazione abbia a rispettare
alla lettera le vigenti Costituzioni, ossia quelle approvate dalla Congregazione
il 9 marzo 2006, perché è a queste che dobbiamo “fedeltà” ed “obbedienza”
coscienti tutte che siamo un Istituto di Diritto Pontificio.
Alla Congregazione dobbiamo rispondere di tutto e questi atti formali
sono molto importanti e devono essere nello stile dell’obbedienza alla Chiesa.
Carissime Sorelle, Presidenti e Ancelle tutte, sentiamoci fin da ora, fraternamente
unite nella preghiera, accogliete il mio, il nostro grazie più sentito accompagnato
dalla gratitudine per quanto avete compiuto in questo tempo di lavoro comune.
Nel medesimo tempo sento anche di chiedere perdono a ciascuna, per i
miei limiti, siate comunque certe che vi ho portato nel cuore ad ogni mio
incontro quotidiano con Gesù Eucaristia.
Maria Santissima Madre della Misericordia ci accompagni, ci benedica e ci
protegga col Suo manto di Misericordia.
Lo Spirito Santo sia da ciascuna di noi invocato certe che: “Senza lo Spirito
Santo, Dio è lontano, Cristo è nel passato, il Vangelo è lettera morta, la Chiesa
una semplice organizzazione.
Ma con lo Spirito Santo Cristo è Risorto! È qui, il Vangelo è potenza di vita,
la Chiesa è “Comunione”! (cf Ignazio Hazim, patriarca di Antiochia).
Carissime, carissimi con queste parole e con la certezza che ognuna/o
di noi vive il desiderio di sentire forte la “Comunione fraterna”, affettuosamente vi abbraccio.
Maria Bertoni Presidente Generale
E il suo Consiglio
Ringraziamo i tanti, tantissimi che ci hanno scritto o
telefonato per complimentarsi per i contenuti e la nuova
veste di Lampas Ardens. Ne siamo contenti e commossi
perchè questa grande partecipazione ci incoraggia a
far sempre meglio. Chiediamo a tutti di collaborare
inviando testi, foto e articoli e saremo lieti di farne parte a tutti! Chi non
riesce a fare questo, partecipi con la sua preghiera perchè la nostra piccola
rivista semini qualcosa che faccia bene al cuore e alla vita.
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Fra noi
Anche in questo numero le immagini ci giungono dalla nostra casa
di Beppu in Giappone.
Grazie a tutte le Ancelle giapponesi che ricordiano una ad una e un particolare saluto alla Presidente Yoshi che è riuscita a superare bene un periodo di
malattia. Grazie a padre Simoncelli che ci ha scritto chiedendo di ricordarlo
nella preghiera, cosa che facciamo con affetto e gratitudine. Ricordiamo
anche gli altri sacerdoti che seguono le Ancelle e il Vescovo che ci ha accolto
con tanta disponibilità durante la nostra visita.
- 37 -
A tutte le Ancelle chiediamo di inviarci articoli, riflessioni e fotografie!
Vogliano vedervi tutte sul nostro giornalino!
V Assemblea Nazionale Italiana
Loreto dal 23 al 28 agosto 2014
tema:
L’Ancella profeta per le strade del mondo
La Presidente nazionale e il Suo Consiglio
invitano tutti a pregare lo Spirito Santo
perché questo sia un momento
di comunione e di crescita
per tutto l’Istituto.
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Nella Casa del Padre
❦ È tornata alla Casa del Padre Carmelina Nacci, Ancella a disposizione a Casa Madre. Ecco
alcuni pensieri dall’omelia del Parroco del Duomo: Le parole del brano evangelico che è
stato proclamato, le “Beatitudini”, non hanno niente che si colleghi direttamente alla morte,
e tuttavia esse ci appaiono, oggi, come una luce retrospettiva che ci aiuta a valutare la vita di
Carmelina, secondo la scala dei valori che il Cristo ci ha insegnato. Non solo, ma nel nostro
dolore, è una lettura che può infondere nel nostro cuore speranza e conforto, perchè ci apre
prospettive di felicità da vivere nei cieli, in una vita non solamente nuova, ma rinnovata e che
non avrà fine. Ed è importante che nella tomba d’ogni cristiano che muore siano proclamate le
“beatitudini”; sono infatti un programma e una promessa, ma anche una consolante certezza
per chi a quella Parola si è affidato e si affida. Carmelina lo ha fatto. La sua è stata una presenza
discreta, semplice, umile, mite, benevola. Ha saputo pregare, obbedire, servire, amare. Ha
amato Dio, Cristo, la Chiesa, il suo Istituto delle Ancelle della Madre della Misericordiae, la
Parrocchia, dove per molti anni è stata Catechista ed ha accompagnato tanti ragazzi e giovani
nel cammino di crescita nella fede. La sua morte serena, dopo la malattia accolta nell’abbandono alla volontà di Dio, è stata una lezione per tutti. Ringraziamo davvero il Signore per
questo segno del suo amore e prepariamoci bene alla morte stando vicino al Signore con la
preghiera, i sacramenti e il servizio gioioso”.
❦ Ricordiamo anche l’Ancella Lina Carpineti di Corridonia. “Se hai nel cuore la preghiera in te
è sempre primavera” Questa è la bella frase che i parenti di Lina Carpineti hanno trovato sul
suo tavolo in casa e che hanno pubblicato sul suo manifesto. Lina è stata un’Ancella di grande
testimonianza perché di grande umiltà; perché anima di preghiera; perché donna di Misericordia vissuta nell’amore a Cristo in atteggiamento di Adorazione, di Riparazione e di lode
continua. Dalla sua bocca non è mai uscita un’espressione di critica verso qualche persona.
Tutti amava, tutti rispettava, per tutti aveva una parola dolce e di bontà. Lina è stata anche
Ancella Sacerdotale. Cioè Ancella a servizio di Sacerdoti, Parroci, Cardinali, infine viveva
per la parrocchia. Per quanti invitava a pranzo, non curava tanto il cibo che era comunque
sempre eccellente, ma aveva una particolare attenzione che tutto contribuisse a fare “festa”.
Tutto doveva essere messo a puntino. Le stoviglie più belle; le tovaglie sempre linde; un fiore
che facesse allegria. Carissima Lina grazie per quanto ci hai dato, grazie perché sei stata una
di noi e ci hai fatto dono di tanta tenerezza fraterna. Siamo certe che in Cielo ora ci benedici
come facevi quaggiù.
❦ Siamo unite nella preghiera di suffragio per le Ancelle Aciar Maria Julia di La Calera, Cordoba
(Argentina) e Maria Barletta di Troviggiano (Mc). Il Signore le accolga presso di sè e dia loro la
ricompensa di una vita consacrata spesa nel lavoro e nel sacrificio, nella gioia e nella speranza.
❦ Siamo vicini con l’affetto e la preghiera all’Ancella Carla Gorga, Consigliera Generale, e alla sua
famiglia per la perdita della cara mamma. Non ci sono parole che possano consolare un dolore
così grande, ma la vicinanza e l’amore di Gesù rendano più lieve il peso di questo distacco che per
chi crede è sempre e solo un arrivederci in Cielo!
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Immagina che Gesù stesso ritorni visibile in terra e
prenda te per Sua domestica, per Sua Ancella, per sua
«serva»… Vedresti subito che il titolo di «serva», che
oggi è come dispregiativo in terra, diventerebbe per te
il più onorifico: il più bel titolo che una creatura, anche
la più altolocata, potrebbe desiderare e aggiungere
prima del suo nome, come i grandi e dotti della terra ci
pongono: Dottor, Professore, Cavaliere, Commendatore,
Onorevole, Eccellenza… Essere e chiamarsi la «Serva
di Dio» sarebbe come abitare con Lui, servire Lui,
disporre le cose Sue, così come faceva la Madonna. E la
Madonna non disse: «Ecco la Madre del Signore», ma:
«Ecco la Serva del Signore»… È stato il suo servizio della
massima utilità, anzi necessario, a Dio, secondo i Suoi
progetti, per redimere l’uomo, per rimanere con lui, per
proteggerlo e colmarlo di amore e di grazia.
Servo di Dio Can. Filippo Piccinini