Diva massima

Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino¶15 settembre 2014¶N. 38
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Cultura e Spettacoli
La linea, tra danza e teatro
Tiziana Arnaboldi presenta
un nuovo spettacolo teatrale
carico di stimolanti riflessioni
Eclettismo irlandese
Il nuovo Cd della musicista
irlandese Sinéad O’Connor
ne conferma le grandi doti
Musica al cinema
Liberace e Paganini protagonisti
delle più interessanti uscite
in DVD della stagione
pagina 41
Richter, la sperimentazione
Lugano celebra l’artista dadaista Hans
Richter presentando una serie di opere;
parallelamente si proiettano film
del periodo delle avanguardie
pagine 44-45
pagina 39
pagina 43
Diva massima
Anniversari Gli ottant’anni di Sophia Loren,
inossidabile icona cinematografica
Alfio Caruso
Gli ottant’anni ruggenti di Sophia Loren (il prossimo 20 settembre) sembrano l’ennesima tappa di una favola,
viceversa sono il frutto di un’intelligenza fuori dal comune, di una feroce volontà, temprata dalle troppe sofferenze
della guerra, delle ribollenti ambizioni
della madre, che riversò sulla figlia i
suoi appassiti sogni hollywoodiani. Ad
aiutare Sophia nella stratosferica scalata al successo il fisico da urlo, dalla bellezza mediterranea. Un seno straripante, e uno spacco infinito di gambe, oltre
a un lato B in grado di rivaleggiare con
quello di Marilyn Monroe. In onore del
davanzale i registi attuarono lo stratagemma di riprenderlo, nelle sue prime
comparsate, coperto per il bigotto mercato interno e scoperto per quello internazionale.
Da Sofia Scicolone, il suo vero
nome, a Sophia Lazzaro, fino al definitivo Sophia Loren – invenzione del
produttore Goffredo Lombardo ispirato dall’attrice svedese Märta Torén
– risalta già la determinazione di una
diciassettenne capace d’allacciare una
relazione clandestina con un quarantenne sposato e padre di figli. E Carlo
Ponti, nipote di un marchese, senatore
del Regno d’Italia, non colpiva a prima
vista per la sua avvenenza, ma a renderlo un irresistibile rubacuori provvedeva il suo ruolo di gran visir dei film.
Corteggiatissima da mezzo cinema
italiano, che l’aveva incrociata nei primi passi a Cinecittà, la Loren trovò in
Ponti non soltanto l’uomo in grado di
spalancarle le porte della carriera, ma
anche la figura paterna mancatale nella giovinezza. Il genitore Riccardo Scicolone, figlio di un marchese siciliano,
aveva avuto una lunga relazione con
Romilda Villani da cui erano nate Sofia
e Maria, tuttavia aveva rifiutato di sposarla, anzi l’aveva costretta a rientrare
da Roma nella casa dei genitori a Pozzuoli, dove Romilda e le figlie avevano
trascorso anni di semi indigenza. Ed
era stata Romilda, che nel ’32 per amore
non si era trasferita a Hollywood quale
controfigura di Greta Garbo, a decidere che la straripante avvenenza di Sofia
abbisognasse del palcoscenico romano.
Da qui il ritorno nella Capitale, il pellegrinaggio da un provino all’altro, da
un concorso di bellezza all’altro fino a
quello di Miss Italia nel 1950. Gli scarsi
sedici anni di Sofia avevano spaventato
la giuria: anziché la fascia della vincitrice, avevano inventato per lei il titolo di
Miss Eleganza.
Tra gli spettatori, però, figurava Ponti. La Storia poteva mettersi in
moto. A favorirne il decollo, l’umiltà
di Sophia nell’accettare le proprie considerevoli lacune, dalla dizione alla
cultura, e l’inossidabile determinazione di porvi rimedio studiando la sera,
frequentando corsi, rubando il mestiere ai tanti registi che la dirigevano.
Sono gli anni della commedia italiana,
sul set l’incontro, che risulterà determinante, con Vittorio De Sica, incaricato di prestare il proprio carisma a
pellicole di modesto spessore, ma di
rimarchevoli incassi. E a lanciare oltre
frontiera il fenomeno Sophia è proprio
il mambo ballato con De Sica in Pane,
amore e…: lei ci mette la prorompente
sensualità, lui la maestria di smorfie,
tic, mancamenti.
La copertina di «Life» anticipa
la chiamata dall’America. Sophia è
pronta all’appuntamento: possiede
un inglese fluente, sa stare a tavola e
in salotto da consumata protagonista.
Scatta la consacrazione: megaproduzioni, partner strepitosi, registi da
Oscar e lei a barcamenarsi tra corteggiatori da perderci la testa. Con abilità
li trasforma in vecchi amici, da Cary
Grant a Frank Sinatra, da Peter Sellers
a Richard Burton. La svolta definitiva avviene con un modesto romanzo
di Moravia, La ciociara, ambientato
durante l’avanzata alleata nell’Italia
sotto il tacco tedesco. Ponti ne ha ac-
Sophia Loren nel 1966, all’epoca de La contessa di Hong Kong. (Keystone)
quistato i diritti, vorrebbe affidarne la
regia a George Cukor, che ha diretto la
Loren ne Il diavolo in calzoncini rosa.
Per il ruolo di Cesira, la protagonista,
viene interpellata Anna Magnani, fresca vincitrice nel ’56 del primo Oscar
a un’attrice italiana. Sophia dovrebbe
interpretare Rosetta, la figlia. Ma la
Magnani rifiuta – «non posso fare la
madre di una che è il doppio di me» –
il progetto finisce in alto mare, finché
non viene affidato a De Sica. È lui a
voler puntare sulle doti drammatiche
dell’ex compagna di mambo, bravissima nell’invecchiarsi per risultare credibile. Il film trionfa in tutto il mondo:
l’Oscar del ’62 a Sophia si accompagna
al Golden Globe, alla Palma d’Oro,
alla copertina su «Time».
A ventotto anni Sophia è arrivata
dove neppure la madre forse credeva.
Entrata nell’Olimpo, ci resta – nel ’67
si trova addirittura abbinata a Marlon Brando con la regia di Charlie
Chaplin nel deludente La contessa
di Hong Kong – ma senza più l’acuto.
Forse l’eccezione è l’Antonietta de La
giornata particolare di Ettore Scola. A
rubarle la scena è il miglior Marcello
Mastroianni di sempre nella dolente interpretazione di un omosessuale
indotto in tentazione da quella sfatta
madre di famiglia. Per Sophia e Marcello rappresenta il culmine di venticinque anni di recitazione in coppia,
nei quali risaltano gli otto film con De
Sica. Sono assieme anche in Ieri, oggi e
domani che procura al regista il terzo
Oscar, mentre Sophia entra nell’immaginario collettivo di tutti gli uomini con la scena dello spogliarello, che
strappa appassionati mugugni a un
eccitato Mastroianni. Una scena talmente cult da indurre Robert Altman
a chiedere trent’anni dopo un ironico
bis, in Pret-à-Porter, ai due stagionati protagonisti. E la sessantenne Sofia non sfigura; d’altronde nel 2006 si
cava la soddisfazione di posare per un
malizioso servizio fotografico nel calendario Pirelli.
Tra cinema, televisione, omaggi,
riconoscimenti, serate speciali l’Oscar
alla carriera nel ’91 sancisce il ruolo d’icona ormai assunto da Sophia.
Della ragazzina cresciuta a Pozzuoli è
rimasta solo la passione per lo scopone. L’italianità comunque sopravvive
nella madre iperprotettiva di due figli
e nel far da epicentro della numerosa
famiglia, dopo le mille vicissitudini
per sposare Ponti nell’epoca in cui il
Belpaese sconosceva il divorzio. E per
fedeltà alle traversie fiscali del marito
sconta nel ’78 diciassette giorni di detenzione: soltanto nel 2013 viene decretata la sua totale estraneità. Fluenti
parrucche e un uso accorto della chirurgia continuano a garantirle una
bellezza fuori da ogni canone, ma non
sarebbe bastata a farne una delle massime dive del cinema.