Dal MODELLING allo SHAPING

Il MODELLING
ovvero la Teoria dell'apprendimento sociale
Da Wikipedia e altri siti, con tagli e adattamenti
Albert Bandura, con la sua teoria dell'apprendimento sociale, è stato un autore fondamentale nel passaggio
dall'approccio comportamentista verso la definizione del cognitivismo.
La sua teoria risulta poi una delle più rilevanti per la sua estesa analisi dei fattori individuali e contestuali che
determinano il funzionamento della personalità. Tale teoria si costruisce intorno a due principi chiave: il
primo riguarda le linee concettuali e gli assunti alla base della condotta individuale, il secondo riguarda la
tipologia di variabili finalizzate alla costruzione di un modello teorico sui processi sottostanti alla condotta.
Il punto di partenza: la teoria dell'apprendimento sociale
La teoria dell'apprendimento sociale è una delle prime di Albert Bandura. L'autore evidenziò come
l'apprendimento non implicasse esclusivamente il contatto diretto con gli oggetti, ma avvenisse anche
attraverso esperienze indirette, sviluppate attraverso l'osservazione di altre persone. Bandura ha adoperato il
termine modellamento (modeling) per identificare un processo di apprendimento che si attiva quando il
comportamento di un individuo che osserva si modifica in funzione del comportamento di un altro individuo
che ha la funzione di modello.
Esemplificativi risultano in questo senso gli studi condotti sull'imitazione di condotte aggressive da parte di
bambini che osservavano un modello (vedi Esperimento della bambola Bobo – Nota 1).
Bandura sintetizza una serie di proprietà agenti in una situazione di modellamento, che influiscono
nell'impatto delle informazioni apprese sulla prestazione: la somiglianza delle prestazioni, la somiglianza
delle caratteristiche personali tra osservatore e modello, la molteplicità e varietà dei modelli, ed infine la
competenza del modello. Viene identificata come caratteristica fondamentale dell'apprendimento osservativo
(o apprendimento vicario) l'identificazione che si instaura tra modello e modellato. Più essa sarà elevata, più
l'apprendimento avrà effetto sulla condotta del modellato.
Lineamenti generali della teoria
Apprendere a fare qualcosa attraverso l'imitazione e la riproduzione. Questo tipo di apprendimento, presente
anche negli animali si verifica attraverso una serie di condizioni:
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L'attenzione dell'osservatore è rivolta verso il modello. Tale attenzione si rivolge a lui anche senza
essere rinforzata o premiata.
L'osservatore deve cogliere il comportamento osservato come modello valido da apprendere (alto
coinvolgimento nei confronti del modello).
Deve esistere la capacità di ricordare e richiamare il modello comportamentale a distanza di tempo
quando si sviluppano le situazioni adeguate.
Tale teoria dell'apprendimento, incentrata sui processi di modellamento tra un modello osservato e un
discente osservatore, è detto apprendimento sociale perché incentrata sul meccanismo di identificazione che
lega osservatore ad osservato. Questo processo di identificazione è legato anche ad aspetti affettivi, e si
ritrova spesso in condotte di identificazione che le persone adottano in determinati ruoli o personaggi sociali.
Un classico esperimento che ha posto le basi per lo studio dell’apprendimento sociale di Bandura (1964).
Bandura allestì un esperimento in cui tre gruppi di bambini osservavano tre modelli (stimolo) operanti in tre
situazioni diverse:
1.
2.
3.
4.
Nella prima situazione un modello aggressivo che veniva ricompensato
Nella seconda un modello aggressivo che veniva punito
Un modello aggressivo che non veniva ne ricompensato ne punito
Un gruppo di controllo al quale non veniva esibita alcuna situazione
Come previsto il modello ricompensato (ossia rinforzato positivamente) veniva emulato in maggior misura.
In fase post-sperimentale venne chiesto ai bambini quale modello avrebbero voluto imitare, e la quasi totalità
dei bambini appartenenti al primo gruppo, indicò il comportamento aggressivo, anche se ammetteva che era
connotato negativamente. Nel caso in cui il comportamento aggressivo veniva punito, i bambini mostravano
meno risposte imitative. Per interpretare questi risultati Bandura identifica
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Un livello cognitivo di apprendimento (legato alla memorizzazione da parte di tutti i bambini degli
atti aggressivi perpetrati nel modello), che è avvenuto in tutte e 3 le situazioni.
Un livello di traduzione al comportamento (legato all’elicitazione di comportamenti aggressivi
indotti dal modello), che è avvenuto nella situazione in cui il modello aggressivo veniva
ricompensato.
Bandura ha postulato allora un apprendimento per imitazione, nel quale gli individui imparano a risolvere
problemi loro posti attraverso modalità apprese da un modello.
Autori di riferimento
Autori di riferimento per la teoria dell’apprendimento sociale:
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Burrhus Skinner e il suo approccio sperimentale allo studio dell’apprendimento: il condizionamento
operante. Bandura supera tale punto di vista, chiamando in causa fattori cognitivi, che acquistano il
ruolo di variabili indipendenti.
Miller & Dollard (1941), ed in particolare il loro concetto di modellamento.
Bandura e Walters (1964) per la definizione della teoria dell’apprendimento sociale, e Bandura
(1997) per gli sviluppi della teoria verso il costrutto delle convinzioni di autoefficacia.
Principali costrutti e variabili presi in considerazione dalla teoria
La teoria dell'apprendimento sociale si riferisce esplicitamente alla tradizione sperimentale allo studio
dell’apprendimento, di derivazione comportamentismo. Dal punto di vista metodologico, il paradigma
Stimolo >Risposta diviene Stimolo > Variabile Interveniente > Risposta.
I principali costrutti presi in considerazione dalla teoria dell'apprendimento sociale sono:
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I concetti di premi e punizioni, ereditati dalle teorie comportamentiste dell’apprendimento, in
particolare il condizionamento operante.
il concetto di modellamento di Miller e Dollard (1941), che pongono l’accento sui processi di
imitazione e modellamento. Per Miller e Dollard il bambino acquisisce una tendenza ad imitare
poiché è stato rinforzato nelle prime risposte di carattere imitativo. Progressivamente questa tendenza
assume un valore sempre maggiore: il comportamento dei modelli potenziali costituisce il
"suggerimento" per l'emissione di comportamenti simili che il soggetto deve quindi avere già nel suo
repertorio.
La teoria assume un'importante eredità metodologica comportamentista, riprendendo il concetto di forza
della risposta per lo studio dell’apprendimento. La forza della risposta comportamentale è trasformata in
variabile attraverso le seguenti caratteristiche:
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Ampiezza (per esempio l’intensità di una reazione emotiva, oppure la quantità di saliva del cane)
Latenza: tempo che intercorre tra la presentazione dello stimolo e la comparsa della risposta.
Durata: lunghezza del periodo di tempo nel quale il comportamento viene attivato
Frequenza: il numero di volte in cui il comportamento viene emesso.
Numero di tentativi prima di emettere il comportamento
Dal Modelling allo Shaping
Il termine “modellaggio”, in inglese si può anche dire “shaping”, deriva da un approccio particolare della
psicologia che è l’approccio cognitivo-comportamentale. Viene, quindi, utilizzato in particolare nella terapia
cognitivo-comportamentale ma si rivela estremamente utile anche in campo educativo.
La tecnica del modellaggio viene utilizzata quando lo psicoterapeuta o lo psicologo o un educatore intende
far acquisire ad una persona, sia essa adulto o bambino, un determinato nuovo comportamento che il
soggetto non riesce in tempi brevi a mettere in atto attraverso altre modalità, quali ad esempio l’imitazione.
Tale tecnica consiste nel rinforzare ripetutamente quei comportamenti che, seppur lontani dal
comportamento meta prefissato, si avvicinano progressivamente all’obiettivo. Vale a dire che questa è una
tecnica di ‘piccoli passi’ (step by step dicono gli inglesi).
Il rinforzo va fornito, quindi, inizialmente ai comportamenti positivi che sono relativamente facili per il
soggetto seppur ancora distanti, per poi rinforzare quelli che si avvicinano sempre di più al comportamento
meta.
Per fare ciò il terapeuta o l’educatore deve scomporre l’obiettivo finale in piccoli sotto-obiettivi, in modo
tale da ridimensionare temporaneamente le aspettative sulla persona, chiedendo piccoli miglioramenti per
volta fino al raggiungimento della meta.
La tecnica del modellaggio è una tecnica che permette di raggiungere obiettivi importanti a livello del
comportamento, ma soprattutto a livello relazionale. Permette, infatti, di adeguare le aspettative dell’adulto
ad obiettivi raggiungibili, evitando di far vivere all’altro sentimenti negativi quali la frustrazione, e
instaurando una spirale virtuosa di rinforzamenti reciproci: l’adulto rinforza l’altro per piccoli miglioramenti
e tali miglioramenti rinforzano l’adulto a sua volta.
Questa metodologia di lavoro è utilissima nei casi di diversabilità, ma anche disadattamento, ed in tutti quei
casi in cui elementi di disturbo impediscono o rallentano il normale ritmo di apprendimento.
Un’esperienza di shaping della psicoterapeuta Serena Costa
Per comprendere meglio la tecnica voglio raccontarvi un esempio tratto dalla mia esperienza di educatrice
nel campo della disabilità.
Durante il mio intervento educativo con un bambino con ritardo mentale, iperattività e una forma non
specifica di disturbo pervasivo dello sviluppo, mi sono posta l’obiettivo di insegnargli ad allacciarsi
autonomamente la cintura di sicurezza della macchina, data la frequenza dei nostri spostamenti in auto. Il
bambino in questione aveva una bassa capacità di coordinazione oculo-manuale e una bassa tolleranza alla
frustrazione. In parole più semplici il bambino aveva difficoltà nel utilizzare entrambe le mani per
finalizzare i movimenti e si arrabbiava appena si sentiva in difficoltà.
Per raggiungere il mio obiettivo educativo, ho utilizzato proprio la tecnica del modellaggio. Ho scomposto
l’obiettivo di allacciare le cinture in piccoli sotto-obiettivi, rinforzando il bambino con un energico
“bravo!!” e con un grande sorriso ogni volta che riusciva a raggiungere un piccolo passo. Inizialmente,
quindi, mi complimentavo con lui quando riusciva solo ad afferrare la cintura con la mano,
successivamente, una volta acquisita tale abilità, lo rinforzavo quando riusciva a tirarla per allungarla, poi
ancora quando riusciva anche ad afferrare con la mano il gancio per poi tenerlo con l’altra mano, e infine,
quando riusciva anche a inserire il gancio nell’apposito aggancio.
Il bambino attraverso tale tecnica è riuscito, quindi, ad acquisire tale nuova abilità in modo graduale
all’interno di una relazione positiva che gli restituiva la sua competenza anziché la sua incapacità. Nello
stesso tempo, i suoi miglioramenti rinforzavano anche me andando a incrementare la positività della
relazione educativa.
Bibliografia
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Bandura, Albert (1977), Social Learning Theory, Prentice Hall, Englewood Cliffs, NJ.
Bandura, Albert (1986), Social Foundations of Thought and Action, Prentice Hall, Englewood Cliffs,
NJ.
Bandura, Albert (1997), Autoefficacia: teoria e applicazioni. Tr. it. Erikson, Trento, 2000.
Nota 1
Esperimento della bambola Bobo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera (versione integrale).
L'esperimento della bambola Bobo è una famosa ricerca sperimentale sull'aggressività condotta nel 1961 dallo
psicologo Albert Bandura, con la quale fu dimostrato che il comportamento aggressivo dei bambini può
essere modellato, cioè appreso per imitazione.
Le ricerche di Bandura sono state più volte utilizzate anche a sostegno della tesi, ancora attuale, secondo la
quale le scene di violenza mostrate in Tv possono produrre comportamenti imitativi da parte dei ragazzi.
L'esperimento
Bandura formò tre gruppi di bambini in età prescolare:
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nel primo gruppo inserì uno dei suoi collaboratori che si mostrò aggressivo nei confronti di un
pupazzo gonfiabile chiamato Bobo. L'adulto picchiava il pupazzo con un martello gridando:
«Picchialo sul naso!» e «Pum pum!».
nel secondo gruppo, quello di confronto, un altro collaboratore giocava con le costruzioni di legno
senza manifestare alcun tipo di aggressività nei confronti di Bobo.
infine, il terzo gruppo, quello di controllo, era formato da bambini che giocavano da soli e
liberamente, senza alcun adulto con funzione di modello.
In una fase successiva i bambini venivano condotti in una stanza nella quale vi erano giochi neutri (peluche,
modellini di camion) e giochi aggressivi (fucili, Bobo, una palla con una faccia dipinta legata ad una corda).
Bandura poté verificare che i bambini che avevano osservato l'adulto picchiare Bobo manifestavano
un'incidenza maggiore di comportamenti aggressivi, sia rispetto a quelli che avevano visto il modello
pacifico sia rispetto a quelli che avevano giocato da soli.