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LA TURBOLENZA. LA LEZIONE
LA VISCOSITÀ
La misura dell’attrito interno di un gas o di un liquido è normalmente associata al
concetto di viscosità. L’introduzione all’argomento è idealmente presentata con due
lastre di area A, abbastanza grandi da poter trascurare gli effetti ai bordi, disposte
all’interno del fluido a una distanza L. Applicando una forza costante F alla lastra
superiore si osserva che la velocità relativa delle particelle di fluido a contatto con la
superficie solida è esattamente nulla. Muovendo allora a velocità costante v, rispetto a
un riferimento esterno, la superficie solida superiore, il fluido si comporta come se
fosse costituito da strati ognuno con velocità decrescente fino a raggiungere il valore
zero sulla superficie inferiore.
Fig.1 Schema per la misura della viscosità di un
fluido
Per mantenere la velocità
costante bisogna esercitare sul
fluido una forza su unità di
superficie (misurata in pascal)
pari a F/A che per piccole
velocità è proporzionale al
rapporto v/L. La costante di
proporzionalità, indicata
solitamente con il simbolo η, è
il coefficiente di viscosità. La sua unità di misura nel sistema internazionale è: Pa s,
pascal moltiplicato secondo. Dimensionalmente, rispetto alle unità delle grandezze
fondamentali, il prodotto precedente si può trasformare nella forma: kg m-1s-1.
Valore tipico del coefficiente di viscosità, detto anche viscosità dinamica, per l’acqua a
20°C è 10-3 Pa s, mentre per la glicerina alla stessa temperatura è: 0,83 Pa s.
Passando ai gas i valori sono molto più piccoli.
È conveniente, in una serie di problemi, sostituire la viscosità dinamica con quella
cinematica, uguale al rapporto: η/ρ (unità m2s-1). Avendo indicato con ρ la massa
volumica del fluido. Confrontando a 20°C i valori della viscosità cinematica dell’aria
(1,5 10-6 m2s-1) e dell’acqua (10-6 m2s-1) si hanno risultati vicini a differenza di quelli
ottenuti con la viscosità dinamica. Il coefficiente di viscosità nei liquidi diminuisce
all’aumentare della temperatura, mostra invece un comportamento contrario per i
gas.
Un modo alternativo per introdurre il concetto di viscosità è quello di considerare un
fluido che si muove all’interno di un condotto a causa di una differenza di pressione.
Per semplicità si considera un tubo di forma cilindrica di raggio r e lunghezza l. In tal
caso la portata (il volume di fluido che attraversa nell’unità di tempo la sezione
circolare) del fluido è:
Q=ΔV/Δt = πr2vm.
Dove con il simbolo vm si è indicata la media delle velocità che attraversano la
sezione e che seguono nell’esempio specifico il profilo di una parabola.
Fig.2 Le velocità di un fluido in un tubo
di forma cilindrica
La portata, oltre ad
essere proporzionale alla
differenza di pressione
che genera il moto, è
inversamente
proporzionale al
coefficiente di viscosità
(maggiore è l’attrito interno più sarà difficile mettere e mantenere in movimento il
fluido). La legge che esprime le relazioni precedenti, associata al nome di Jean
Léonard Marie Poiseuille, esplicita la costante di proporzionalità come funzione delle
caratteristiche geometriche (r e l del cilindro). La legge di Poiseuille viene ricordata
nella forma: al crescere della viscosità del fluido diminuisce la portata (se ovviamente
non vengono modificate le caratteristiche geometriche del tubo e il gradiente di
pressione).
IL NUMERO DI REYNOLDS
Se si cerca di far cadere del miele inclinando il cucchiaio che lo contiene, si osserva la
difficoltà dell’operazione a causa dell’elevata viscosità. Un filo di fluido si muove
lentamente verso il basso. Lo scorrimento degli strati adiacenti è schematizzato
secondo un’immagine che richiama sottili fili o lamine ed è per questo detto laminare.
Il passaggio dal movimento laminare a quello disordinato caratterizzato da vortici è
ben rappresentato nell’arte sia per l’acqua che per l’aria. Così, nel disegno di Leonardo
del 1509, sottili rivoli d’acqua, curvi sotto l’azione della gravità, provenienti da una
conduttura, raggiungono una pozza piana; infrangendosi su di essa, si frantumano in
un caotico aggrovigliamento con alcuni riccioli regolari. La formazione e distruzione dei
vortici di varie dimensioni che si osserva nella turbolenza richiama il movimento
disordinato di una folla in agitazione ed è l’origine del termine (dal termine
indoeuropeo twer, girare su se stesso). Pur comparendo nei testi di Leonardo già nel
Cinquecento la turbolenza venne trattata in modo sistematico solo negli ultimi anni
dell’Ottocento. Osborne Reynolds fu il primo a realizzare esperimenti quantitativi che
portavano alla transizione dal moto laminare a quello turbolento.
Fig.3 Il
passaggio dal
moto laminare a
quello turbolento
in un celebre
disegno di
Leonardo; Fig.4
L’apparato di
Reynolds
controllato da un
suo assistente
Il disegno del 1883 dell’apparato sperimentale con l’assistente di Reynolds mostra una
vasca trasparente riempita d’acqua. Al suo interno, una sorta d’imbuto convogliava
l’acqua in un tubo orizzontale, terminante con un tratto verticale. Un liquido colorato,
contenuto in un piccolo recipiente sostenuto dalla teca in vetro, sotto l’azione della
gravità scorreva in un piccolo tubicino terminante con un beccuccio al centro
dell’imbuto. Il sottile filo colorato, al variare della velocità del liquido, poteva rimanere
pressoché orizzontale oppure mostrare vortici o altri movimenti rapidamente variabili.
Fig.5 Il moto turbolento
evidenziato nelle esperienze di
Reynolds
Quello di Osborne Reynolds fu il primo tentativo di visualizzazione delle linee di flusso
di un fluido accompagnato dall’analisi dei parametri necessari per tali cambiamenti. Il
professore di ingegneria all’Owen College di Manchester capì inoltre che, al variare
della velocità media del fluido v, della viscosità η, di una distanza caratteristica d
dell’esperienza e della densità ρ, gli effetti del regime laminare rimanevano invariati
se la quantità adimensionale: vd/η, era mantenuta costante. Va detto che i simboli,
utilizzati dall’autore di “An experimental investigation of the circumstances which
determine whether the motion of water shall be direct or sinuous, and the law of
resistance in parallel channels”, erano in realtà tutti diversi da quelli indicati, a parte
la densità. Oggi il numero puro caratteristico del flusso è chiamato numero di
Reynolds, R.
Le leggi della dinamica dei fluidi viscosi rimangono invariate se questo parametro non
cambia (d, lo ripetiamo è una lunghezza di scala). Ciò è vero solo se le velocità del
fluido sono piccole rispetto alle velocità di propagazione del suono in quel mezzo. Per
valori prossimi o superiori alla velocità del suono bisogna introdurre una seconda
quantità adimensionale (il numero di Mach). L’importanza pratica di queste condizioni
permette lo studio aerodinamico di un velivolo o il comportamento di un grattacielo
alle sollecitazioni semplicemente utilizzando una galleria del vento e modelli in scala.
Fig.6 Il modello di un velivolo in una galleria del vento;
Fig.7 I tre regimi di moto del fluido
Ritornando al passaggio dal regime laminare a quello turbolento, la legge di Poiseuille
(proporzionalità tra velocità del fluido e gradiente di pressione) per alti valori del
numero di Reynolds non è più valida. Nel regime turbolento si evidenzia una brusca
caduta della portata del fluido e quindi della velocità media dello stesso. Sul significato
di valori alti e bassi del numero di Reynolds nella letteratura scientifica non sempre
sono riportati gli stessi valori. L’esperimento iniziale di Reynolds con il filamento di
colorante continua ad avere una certa importanza, ma spesso si preferisce trattare un
corpo di forma semplice all’interno di un fluido.
MOTO DI UN CORPO ALL’INTERNO DI UN FLUIDO
Muoversi all’interno di un fluido implica un utilizzo di energia. La resistenza che il
corpo incontra dipende, per basse velocità e regime laminare, dall’attrito interno e
dalla forma dell’oggetto in moto relativo.
Fig.8 Esempi semplificati di moto
laminare, a sinistra, e
turbolento, a destra
Il modulo della forza di attrito si può esprimere secondo l’espressione: FR=kηvl; dove
con k si è indicato un coefficiente che dipende dalla forma del corpo; η è la viscosità
dinamica del fluido; v l’intensità della velocità relativa del corpo e l una dimensione
lineare del corpo. La forma geometrica più conosciuta e trattata è quella di una sfera
di raggio r. In tal caso l’espressione precedente diviene la legge di Stokes (k=6π, l=r).
Se l’oggetto che si muove all’interno del fluido raggiunge velocità elevate, il regime
può trasformarsi da laminare a turbolento con la formazione di vortici. In tal caso
l’intensità della forza resistente è proporzionale al quadrato delle velocità secondo
l’espressione:
FR=CρAv2/2
(C, coefficiente di attrito; ρ, densità; A, area della sezione efficace del corpo in moto).
Nella letteratura scientifica talvolta F è indicata con un valore negativo per il verso
opposto a quello del moto. Inoltre C nei testi inglesi diventa il coefficiente di
trascinamento (drag coefficient) CD. In aerodinamica lo stesso è solitamente
rappresentato come Cx. Se si analizza il coefficiente dal punto di vista dimensionale si
trova che è un numero puro. Per i corpi con la forma meno fluidodinamica il valore è
prossimo a 1, mentre per quelli a goccia C si avvicina a 0,04.
Fig.9 I valori del numero C al
variare della forma del corpo in
moto relativo nel fluido; Fig.10
Schema del corpo in movimento in
un fluido
Una spiegazione intuitiva dell’espressione della forza con C=1 che si oppone al
movimento del corpo si può sviluppare da un oggetto con sezione A, osservando lo
spostamento del fluido. La massa di fluido spostato, m, nell’intervallo di tempo Δt, è:
m=ρAΔl=ρAvΔt.
Secondo i principi di conservazione: la variazione di energia cinetica può essere posta
uguale al lavoro compiuto sul fluido dalla forza F. Da cui:
(ρAvΔt)v2/2= FvΔt.
Il coefficiente C tiene conto della quantità di moto effettivamente trasferita
dall’oggetto al fluido.
LA TURBOLENZA PIENAMENTE SVILUPPATA
Per ritornare al numero di Reynolds, il problema precedente può essere capovolto
creando un flusso contro un ostacolo che per semplicità ha nel piano una sezione
circolare (cilindro o sfera). Le linee di flusso per bassi valori di R non presentano
vortici, al crescere del parametro si formano circoli di diverse dimensioni fino a
raggiungere una turbolenza pienamente sviluppata per altissimi valori del numero di
Reynolds.
Fig.11 Le linee di flusso intorno a un cilindro al variare del numero di Reynolds
Il passaggio dal regime deterministico a quello statistico nei fluidi è segnato dallo
sviluppo di vortici di varie dimensioni. Analizzando nel tempo la velocità di una piccola
porzione di fluido (nelle simulazioni numeriche si considerano regioni di pochi
millimetri cubi) si osserva una irregolarità che ricorda qualitativamente l’andamento di
una particella browniana. Le fluttuazioni caotiche delle grandezze richiamano
immediatamente la necessità della statistica.
Fig.12 L’andamento della velocità nel tempo in un moto
turbolento; Fig.13 Confronto tra la diffusione
turbolenta e quella browniana
Già nel 1926 il meteorologo Lewis
Fry Richardson scoprì la rapidità
della diffusione dovuta alla
turbolenza di un fluido. La capacità
di dispersione delle particelle nelle
simulazioni porta oggi a valutare
che ad esempio alcune molecole
contenute in un volumetto di un
millimetro cubo percorrano, in
pochi secondi, distanze dell’ordine
del metro. Del resto è esperienza
comune sentire a grandi distanze
dalla cucina gli odori del cibo
preparato. I computer negli ultimi
anni hanno portato tra l’altro
all’individuazione di micro cicloni
(filamenti di vortici) che possono
accelerare piccole particelle a
valori incredibili (dieci volte
l’accelerazione di gravità) in una
normale giornata di vento.
Fig.14 Mini vortici, visualizzati attraverso una simulazione numerica, caratterizzati da accelerazioni di piccole particelle in un fluido
turbolento pari a dieci volte l’accelerazione di gravità; Fig.15 Lo schema di Kolmogorov della turbolenza completamente sviluppata
L’impiego dei supercalcolatori per studiare il moto di particelle in un fluido è
esperienza abbastanza recente a causa dell’impressionante potenza di calcolo
necessaria per le simulazioni delle equazioni della fluidodinamica. Le prime teorie sulla
turbolenza hanno però preceduto questa pratica. Lewis F. Richardson e soprattutto
Andrei N. Kolmogorov furono i pionieri della trattazione della turbolenza per alti
numeri di Reynolds con l’ipotesi che le proprietà statistiche dei fluidi in tali condizioni
fossero indipendenti dai meccanismi che producono la turbolenza. Nei lavori di
Kolmogorov del 1941 i vortici erano caratterizzati da varie dimensioni lineari. I più
grandi, di elevata inerzia e dimensioni L confrontabili con la causa della turbolenza,
trasferiscono la loro energia a strutture via via più piccole fino a giungere a una
“micro” scala l dove i vortici dissipano energia cinetica nella forma di calore a causa
delle forze viscose. La trattazione statistica dei moti a questa scala è determinata solo
dalla viscosità cinematica del fluido e dalla dissipazione dell’energia cinetica. Il quadro
teorico della turbolenza pienamente sviluppata è stato modificato in tempi recenti
considerando che alle scale più piccole la dissipazione non avvenga in modo uniforme,
ma si concentri su strutture filiformi di tipo frattale.
Nonostante i successi, la trattazione statistica si è scontrata con l’impostazione
meccanicistica del fenomeno. Oggi moltissimi aspetti della turbolenza rimangono
oscuri e il tema rappresenta ancora un problema fisico lontano dalla soluzione.