RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 11 marzo 2015

RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 11 marzo 2015
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati
dal sito internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
Indice articoli
REGIONE (pag. 2)
Prima proroga Isee per 14mila famiglie (Piccolo)
Aiuti sociali, Isee uguale per tutti (Gazzettino)
L’ultimatum del Pd al ribelle Sonego: «Faccia dietrofront» (M. Veneto, 2 articoli)
La giunta accelera sulle nuove misure contro la povertà (Piccolo)
Bando per il trasporto pubblico, udienza bis davanti al Tar (Piccolo)
La Fiera taglia il personale e lo annuncia ai sindacati (M. Veneto)
Da Cattinara all’A4, maxi cantieri a rischio (Piccolo)
CRONACHE LOCALI (pag. 8)
Mezzora gratis al giorno. Rebus sul modello tedesco (Piccolo Gorizia-Monfalcone, 3 articoli)
Infortunio alla Sbe, Vescovini a processo (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Conta sulla Ferriera, il tre di Sel compatti (Piccolo Trieste)
Niente pulizie al Gopcevich per il caos negli appalti (Piccolo Trieste)
Appello dei precari a Mattarella: «L’assunzione è un nostro diritto» (M. Veneto Udine)
C’è la cassa integrazione per la Tonutti Wolagri (M. Veneto Udine)
Coigen, spuntano altri creditori (M. Veneto Udine)
Latisana, punto nascita fino a giugno. Il sindaco: lo chiuderanno (M. Veneto Udine)
In Procura e tribunale la Cisl fa il pieno di seggi (M. Veneto Udine)
Chiusa a Fagagna la Nuova Tiglio, oltre quaranta senza lavoro (M. Veneto Udine)
Insulti e danni sui pullman Banda terrorizza la stazione (Gazzettino Pordenone)
Lavinox, vertice a Unindustria sulla cassa (M. Veneto Pordenone)
Gfp, l’azienda rilanciata. Garantite 20 riassunzioni (Gazzettino Pordenone)
Idealscala, il cda a confronto con Confcooperative (M. Veneto Pordenone)
Sportelli chiusi, Poste non fa dietrofront (M. Veneto Pordenone)
Rsu in aula La Cisl fa i conti e ringrazia (Gazzettino Pordenone)
REGIONE
Prima proroga Isee per 14mila famiglie (Piccolo)
di Gianpaolo Sarti TRIESTE Boccata d’ossigeno per 14mila famiglie. La Regione ha deciso di
prorogare di un mese il tempo massimo per presentare l’Isee con cui chiedere il contributo per
l’acquisto di libri di testo, trasporto agevolato e borse di studio. Sarà possibile rivolgersi agli sportelli
provinciali appositi entro il 30 aprile e non più il 31 marzo. L’intervento è contenuto in una norma
apposita, inserita con urgenza dall’assessore all’Istruzione Loredana Panariti in un testo che
regolamenta tutt'altro settore. Il provvedimento sarà votato il prossimo 17 marzo dal Consiglio
regionale. La giunta risolve così il problema sorto in queste settimane in Friuli Venezia Giulia, legato
agli intasamenti ai Caf presi d’assalto da migliaia di cittadini preoccupati a dover ricalcolare la propria
posizione economica alla luce delle nuove regole introdotte a livello nazionale. «In considerazione
dell’entrata in vigore, dal 1° gennaio 2015, della nuova normativa Isee con legge finanziaria 2015 il
termine di scadenza, per il corrente anno, è già stato fissato al 31 marzo 2015», si legge nella normativa
regionale portata ieri all’esame della Commissione competente. «Tuttavia, viste le difficoltà
nell’acquisire la nuova attestazione - viene precisato - il prossimo 17 marzo verrà esaminato dal
Consiglio regionale un disegno di legge che, per l’anno 2015, fissa il termine di presentazione delle
domande per i contributi in argomento, al 30 aprile 2015». Un unico passaggio normativo per
sciogliere il nodo. Sul fronte dei servizi sociali, ad esempio per gli assegni a sostegno delle rette degli
asili nido o per ottenere il Fap, il Fondo per l’autonomia possibile, l’esecutivo regionale ha già dato
mandato ai Comuni di mantenere valide le vecchie dichiarazioni. Ciò in attesa che ai centri per
l’assistenza fiscale ritorni la normalità. In questo modo i benefici per i cittadini restano garantiti. La
questione non si pone per il bonus affitti: da quanto risulta a una prima verifica con l’assessorato di
Mariagrazia Santoro, i fondi sono statali (7 milioni di euro in tutto) e la Regione non li ha ancora
ricevuti; in ogni caso la scadenza, per i municipi, è fissata al 31 maggio. La norma era invece
tecnicamente indispensabile per il settore scolastico, vale a dire libri di testo e trasporto, la cui proroga
è dunque al 30 aprile. Tre le fasce reddituali previste: una da 0 a 16 mila e 500 euro, l’altra fino a
22mila e, l’altra ancora, a 33mila. Erano 11mila e 956 gli aventi diritto l’anno scorso, per una somma
pari a 1,5 milioni di fondi regionali e 3,3 milioni di contributi statali. Stessa data pure per le borse di
studio a favore delle paritarie (1.869 i beneficiari nel 2013-2014, con uno stanziamento di 500 mila
euro). Gli assegni, differenziati a seconda dello scaglione reddituale, ammontano a 730 euro per le
elementari, 1.030 euro per le medie e 1.430 per le superiori. L’input era partito proprio dalle quattro
Province, gli enti che erogano i servizi. «Ci siamo messi d’accordo per sollecitare la Regione a spostare
la scadenza - spiega l’assessore al Lavoro della Provincia di Trieste Adele Pino -. Qui da noi, ad
esempio, visti i problemi non erano arrivate più di dieci domande. Una situazione analoga registrata
anche nel resto del Friuli Venezia Giulia. Le difficoltà ai Caf – ammette l’assessore – evidentemente
erano pesanti e non potevano più prendere appuntamenti. Il caso si è però sbloccato grazie a una
riunione tecnica tra uffici, alla quale hanno preso parte anche i nostri dirigenti. La situazione comunque
rischiava di esplodere anche sui servizi sociali - osserva - lì però tutto si è risolto presto, dal momento
che si è deciso di rimandare i termini fintano che la vicenda non avrebbe trovato una soluzione chiara.
Per le Province invece è stato diverso – rileva ancora l’assessore provinciale – perché si tratta di servizi
di cui i cittadini avevano già usufruito l’anno scorso e, per richiedere il contributo, è indispensabile
rifare la domanda ex novo. Quindi le stesse regole di prima non erano più applicabili».
Aiuti sociali, Isee uguale per tutti (Gazzettino)
TRIESTE - Uniformare le soglie di Isee (il nuovo indicatore sarà peraltro rinviato a maggio), ma anche
superare la frammentazione di attività ed interventi, semplificare regolamenti e procedure oltre a
favorire una maggiore integrazione con i servizi sanitari e bilanciare l'offerta tra i vari territori per
superare la disomogeneità.
Obiettivi che l'assessore alla salute Maria Sandra Telesca ha illustrato in 3. Commissione consiliare in
occasione della presentazione del «Rapporto sociale 2013». È proprio da questo documento che
emergono «livelli assistenziali disomogenei» su accesso, quantità e qualità della risposta, carenze
territoriali e settoriali ma anche problematiche di efficienza ed efficacia e di equità evidenti (chi rimane
fuori e chi è troppo dentro, contributi indifferenziati rispetto a reddito e intensità assistenziale).
«Sono azioni che troveranno un momento di prima importante concretizzazione entro l'estate - assicura
Telesca - con le nuove misure di sostegno al reddito che saranno il momento propizio per riordinare
tutti i diversi interventi economici attualmente gestiti da più direzioni e per i quali sono richiesti diverse
soglie di reddito». «Universalismo più selettivo e meno misure a pioggia» la mission assieme ad una
più attenta misurazione e valutazione dei risultati (il welfare regionale si prende cura di oltre 53mila
persone). Tra le priorità la definizione dei livelli essenziali di assistenza sociosanitari, la
riclassificazione della case di riposo (praticamente conclusa) e delle strutture per minori, e la revisione
delle norme sulla disabilità. Inizialmente gli interventi «saranno più di uno perchè tante e diverse sono
le categorie di utenti ma destinati a convergere in un Piano strategico unico e coerente». Il problema
per Riccardo Riccardi (Fi) è «classificare quale è il bisogno».
In audizione anche lo scrittore Pino Roveredo in qualità di Garante regionale dei diritti della persona
per riferire sulla situazione «schizofrenica» delle carceri regionali: il male maggiore è il «niente da
fare» ossia la necessità per i detenuti di svolgere un'attività lavorativa che riduce il numero di chi torna
a delinquere. Nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo, il 30% dei 200 detenuti (stessa quantità
anche a Udine) sconta l'ergastolo ostativo «nella certezza di una pena senza fine» ma la «nostra
vergogna è il carcere di Pordenone che continuerà ad esistere perchè il progetto del carcere di San Vito
è bloccato». «Il 75% del popolo carcerario torna a delinquere» ha ricordato Roveredo annunciando un
convegno, il 14 aprile a Trieste, dal titolo «La legge è uguale per tutti?» con i Garanti e l'intervento del
ministro di Grazia e Giustizia Andrea Orlando. Elisabetta Batic
L’ultimatum del Pd al ribelle Sonego: «Faccia dietrofront» (M. Veneto)
di Anna Buttazzoni UDINE È un cartellino arancione. Non solo l’invito a ripensarci, ma a rimettersi
nella carreggiata del Pd, dalla quale il senatore dem Lodovico Sonego è uscito. Ne è convinto il
deputato Pd Paolo Coppola che prende a bordate il collega di partito. Raffica che non arriva da un
“semplice” iscritto. Coppola è un renziano doc, della prima ora, e mette sul piatto gli ultimi casi di cui è
stato protagonista Sonego, dalla contesa con la giunta regionale per vedersi assegnare il vitalizio da ex
assessore Fvg agli avvertimenti sulla Specialità regionale, fino all’ultimo atto. La querela che il
senatore ha presentato nei confronti di Ezio Vendruscolo, sindacalista di lungo corso, anima della Cgil
di Pordenone, bersaniano come Sonego, marito della consigliere regionale Renata Bagatin, considerata
politicamente fedelissima a Sonego. Ma sia Vendruscolo sia Bagatin avevano duramente criticato il
senatore per la scelta di ingaggiare una battaglia legale con la Regione, cui Sonego chiede il
riconoscimento del vitalizio per i cinque anni da assessore (2003/08), circa 2 mila euro lordi al mese, e
la sospensione perché senatore in carica. Una richiesta negata dalla giunta, più volte, tanto da portare il
senatore a valutare la strada del ricorso al Tribunale. Bagatin ha criticato politicamente Sonego. Il
marito si è spinto oltre pubblicando su Facebook opinioni più che colorite, beccandosi la querela.
Coppola non ci sta, interviene a gamba tesa, chiede al senatore di ritirare la denuncia o al Pd del Fvg di
pagare le spese legali a Vendruscolo. E ammonisce Sonego. «Il comportamento del senatore è
politicamente inaccettabile. Vendruscolo ha sbagliato e, come tutti quelli che si comportano in modo
maleducato – sostiene Coppola –, dovrebbe chiedere scusa, ma la reazione del senatore è esagerata e
denota una concezione elitaria dell’essere rappresentante politico che non può appartenere al sentire
comune del Pd. Qui non c’entrano le correnti, c’entra solo la concezione di politica come servizio e il
rapporto tra eletti e iscritti, che non può essere in nessun modo di subordinazione, e chi ha il privilegio
di rappresentare il Pd nelle massime istituzioni dev’essere disposto a esercitare una doppia o tripla
pazienza, anche quando le critiche gli sembrano ingiuste o espresse con maleducazione». Il deputato,
che è componente della commissione trasporti e telecomunicazione della Camera e presidente del
tavolo permanente per l’innovazione e l’agenda digitale, si augura quindi che Sonego ritiri la querela.
«In alternativa – dice Coppola – il Pd del Fvg dimostri chiaramente da che parte sta contribuendo alle
eventuali spese legali di Vendruscolo». Poi arrivano le bordate finali, quelle che fanno capire come tra i
democratici debba esserci un savoir-faire diverso. «Passi quando il senatore grida “al lupo al lupo”
inventandosi pericoli per l’Autonomia della nostra regione, che di impellente hanno solo la voglia del
senatore di avere uno spazio sui giornali. E passi – aggiunge Coppola – l’attaccamento al denaro che lo
costringe a un assurdo contenzioso con la Regione. Ma quando una critica minuscola viene presa come
scusa per schiacciare il dissenso, allora questo è politicamente inaccettabile, tralasciando il fatto che
con la sua azione ha dimostrato un’incredibile ignoranza sui meccanismi dei social dando una visibilità
enorme al post su Facebook, che altrimenti sarebbe rimasto sconosciuto ai più e che invece ieri mattina
aveva diversi “like”». Non sono semplici bacchettate.
Belci: una situazione che non ci fa onore
Non difende Ezio Vendruscolo, no, perché ha sbagliato a insultare il senatore Lodovico Sonego. E
degli insulti il numero uno della Cgil regionale, Franco Belci (nella foto) si scusa con il senatore.
«Anche in Cgil si sbaglia: ci mancherebbe! Però c’è sbaglio e sbaglio. Un nostro dirigente – ha postato
ieri Belci sul proprio profilo Fb – ha insultato su Facebook il senatore Sonego sulla vicenda del suo
vitalizio, sulla quale anch’io ho espresso, pubblicamente, un giudizio molto critico. Ma i dirigenti della
Cgil discutono, criticano, non insultano. Con il senatore mi sono scusato in privato. In questa sede mi
scuso con gli iscritti della Cgil, perché – è la conclusione di Belci – diamo in questo modo una
rappresentazione della nostra organizzazione che non ci fa davvero onore». Il segretario regionale della
Cgil aveva bocciato il comportamento di Sonego sulla richiesta del vitalizio, perché basta sul principio
del “diritto acquisito”. «Principio che per i cittadini è stato messo in discussione senza tanti riguardi»,
aveva detto Belci.
La giunta accelera sulle nuove misure contro la povertà (Piccolo)
TRIESTE Dopo la sanità, la giunta pensa al welfare. Entro giugno l’obiettivo è definire i dettagli della
misura anti-povertà nell’ambito però di un riordino complessivo del sistema. È necessario «superare
frammentazione e disomogeneità», oltre che «semplificare» (a partire dall’Isee), avverte Maria Sandra
Telesca, ieri in terza commissione a illustrare il “Rapporto sociale” 2013, un voluminoso dossier di 400
pagine che fotografa i servizi socio-assistenziali della Regione a favore di 53mila persone. Non
mancano, nel welfare Fvg, i punti di forza: nel Rapporto emergono gli apprezzati risultati della Carta
famiglia, del Fap, degli interventi per asili nido e libri di testo. Ma dall’altra parte ci sono complessità e
criticità «che vogliamo lasciarci alle spalle - spiega Telesca - migliorando le opportunità di accesso, la
qualità, l'efficienza, la quantità e l'equità delle risposte, in relazione sia all'intensità assistenziale
richiesta che al reddito». Le nuove regole sull’Isee vanificheranno i tentativi dei “furbetti”. Ma la
Regione, che lavorerà per uniformare le soglie, ci aggiungerà un intervento di semplificazione, da
estendere anche ad altri regolamenti e procedure, approfittando proprio della formulazione di una
misura di sostegno al reddito (su cui in Finanziaria sono stanti stanziati 10 milioni). «Sarà il momento
propizio - conferma l’assessore - per riordinare tutti gli interventi economici, attualmente gestiti da più
direzioni e per i quali sono richiesti diversi tetti di reddito». Puntando a chiudere la stagione dei
contributi a pioggia e a correggere man mano i provvedimenti sulla base dei risultati, la giunta ha già
individuato le priorità: dalla definizione dei livelli essenziali di assistenza sociosanitari alla
riclassificazione delle strutture residenziali per anziani e minori. Ma in prospettiva si arriverà a un
“Piano sociale” quale sistema integrato di servizi sociali e sociosanitari. (m.b.)
Bando per il trasporto pubblico, udienza bis davanti al Tar (Piccolo)
TRIESTE Regione Fvg e Bus Italia-Sita Nord, società delle Ferrovie dello Stato, si ritrovano oggi al
Tar per una nuova udienza sul bando del Tpl. Sul tavolo dei giudici la richiesta di sospensiva della
procedura di gara avanzata dal ricorrente, proprio come era accaduto tra dicembre e gennaio sul bando
poi “corretto” dalla direzione regionale Infrastrutture in alcune parti, ma non nei pilastri che erano
invece stati approvati dal Tribunale. Il Tar, come la volta precedente, è chiamato a decidere se accettare
la sospensiva o se entrare nel merito e procedere con una sentenza, in tempi brevi, sulla legittimità del
ricorso. Da parte del collegio legale della Regione c’è appunto l’intenzione di ottenere un giudizio il
più presto possibile, senza dover posticipare una volta ancora il termine del bando, fissato lunedì 23
marzo. Bus Italia-Sita Nord, stando a indiscrezioni, vorrebbe al contrario far valere l’istanza di
sospensiva, in modo da costringere l’amministrazione Fvg a congelare la partita, con la conseguenza di
tempi allungati per l’assegnazione dell’appalto. Sulla carta, dunque, sarà un confronto tra chi vuole
tirare dritto e completare la procedura e chi è già pronto, eventualmente, a un ulteriore ricorso al
Consiglio di Stato. Una situazione di incertezza che nei giorni scorso ha prodotto l’appello delle
segreterie regionali Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e Faisa Cisal a non mettere in discussione gli attuali
1.853 posti di lavoro. Il contenzioso infatti, hanno spiegato i sindacati, rischia di vanificare le intese
raggiunge con la Regione a fine 2014 sui contenuti di un bando che mette a gara la gestione di bus e
tram per quasi 42 milioni di km all’anno e di oltre 51mila miglia di trasporto marittimo. Nel
“pacchetto” sono anche compresi 630.000 km automobilistici extraurbani, 110.000 km in area
montana, 70.000 km sostitutivi del treno, 370.000 km in provincia di Trieste da riprogettare. (m.b.)
La Fiera taglia il personale e lo annuncia ai sindacati (M. Veneto)
UDINE Confermati i tagli al personale di Udine e Gorizia Fiere. La situazione di bilancio all’ente
fieristico friulano è critica e durante il primo incontro della dirigenza con Cgil, Cisl e Uil, ieri in
Confindustria, sono state presentate le soluzioni da adottare. «Soluzioni drastiche», hanno spiegato i
presenti. Ma i sindacalisti non si sono sbottonati oltre in vista dell’assemblea di venerdì con i
lavoratori. Perché «è antipatico che impiegati e operai vengano a sapere le notizie dal giornale». Ma
proprio dalle pagine del Messaggero Veneto, nei giorni scorsi avevamo parlato della riorganizzazione
societaria in vista per Udine e Gorizia Fiere. Tagli al personale che derivano dalla difficile situazione di
bilancio. I numeri definitivi non ci sono ancora, ma il consuntivo 2014 dell’ente è in perdita. E pare sia
anche una perdita più importante rispetto a quella dell’anno precedente. Nel 2013 la spa a
partecipazione pubblica (il 42 per cento delle quote è in mano alla Camera di commercio, il 23 alla
Provincia di Udine e altrettanto al Comune di Udine, quindi azionisti sono anche la Cassa di risparmio
del Fvg, Confartigianato e Cciaa di Gorizia) aveva messo a bilancio una perdita di 125 mila euro. Nel
2014 i conti sono andati peggiorando. E questo nonostante l’ultimo anno non sia stato avaro di
appuntamenti. Tredici quelli in programma, a fronte dei dodici in calendario per il 2015. L’anno scorso
è cominciato come di consueto con Udinesposa, proseguendo con Agriest focus land, ExpoMeGo, il
Fbs show dedicato a fitness, sport e benessere, e poi Young, PolliceVerde, Udine motori, A tutta birra,
la fiera dell’elettronica, Mittelmoda, Casa moderna, Idea Natale e la mostra ornitologica Aof. A mettere
in crisi i conti, come da previsione, è l’assenza nel 2014 del salone delle specialità enogastronomiche e
alimentari Good, appuntamento biennale in calendario quest’anno. Apparentemente sospesa Eos,
l’Exposition of sustainability. Intanto il prossimo fine settimana a Gorizia è tempo di Pollice verde,
rassegna di primavera che arriva esattamente una settimana dopo Ortogiardino della Fiera di
Pordenone. L’accusa reciproca sui “doppioni” non è nuova e risolta. Molti – fra cui anche i vertici di
Udine e Gorizia Fiere – vedrebbero di buon occhio una fusione fra i due enti. D’altro canto però
bisogna guardare anche ai bilanci. E proprio da Pordenone, dove nel frattempo il management ha
risollevato le sorti finanziarie, storcono il naso. Il 2013 è stato l’anno nero per Pordenone. Prima il
ricorso alla cassa integrazione per i propri dipendenti e poi segno meno messo a bilancio per un milione
di euro. La strategia che guarda a ovest messa in campo ha però dato i propri frutti. E già il bilancio
2014 chiuderà con il segno positivo: +70 mila euro. Con una lenta ripresa davanti, la società non ha
intenzione di fondersi. Almeno per il momento. Perché fra marzo e aprile arriva l’elezione del board
della Fiera: presidente e amministratore delegato, Alvaro Cardin e Pietro Piccinetti, sarebbero in
dubbio. E chissà se allora il matrimonio con Udine diventerà possibile. Michela Zanutto
Da Cattinara all’A4, maxi cantieri a rischio (Piccolo)
di Giuseppe Palladini TRIESTE La gara d’appalto per il futuro ospedale di triestino di Cattinara (un
complesso dove verrà realizzata anche la nuova sede dell’ospedale infantile Burlo Garofolo) rischia di
andare deserta. Le offerte devono pervenire entro il 31 marzo, pena la perdita del contributo statale di
60 milioni (l’altra metà la mette la Regione), per una gara che parte da una base d’asta di 120 milioni.
A rendere più che concreto questo rischio è una norma del Decreto della semplificazione (sic!), varato
nel luglio 2014, secondo la quale, nelle opere pubbliche del “segmento” dei lavori superiori ai 75
milioni, l’impresa (o l’associazione temporanea di imprese), contraente di un’opera pubblica, dovrà
produrre una cosiddetta fideiussione “del fare”. Ciò significa che l’impresa capogruppo deve fornire
una garanza assicurativa in base alla quale, se non dovesse essere in grado di realizzare l’opera, la
stessa compagnia assicurativa si impegna a trovare un’altro gruppo di imprese disposto a realizzarla
alle stesse condizioni. Non solo. In subordine, l’azienda capogruppo deve avere un patrimonio netto
non inferiore all’importo a base d’asta, e comunque non inferiore a 500 milioni di euro. A livello
nazionale si contano sulle dita di una mano le aziende in grado di rispettare queste condizioni, e
nessuna di queste è della regione. Le nuove norme hanno di conseguenza gettato nel panico le imprese
di costruzione del Friuli Venezia Giulia, sulle quali dal 2009 la crisi si è abbattuta pesantemente, con
una riduzione di 800 aziende e una perdita di oltre 8mila posti di lavoro. I costruttori sono dunque in
grande allarme, dato che rischiano di veder partecipare alle gare grosse imprese straniere che, con le
condizioni ricordate, non avrebbero difficoltà ad aggiudicarsi importanti commesse. «Si rischia un
bagno di sangue per le imprese del Friuli Venezia Giulia - avverte il presidente regionale dell’Ance,
Valerio Pontarolo - che sono tagliate fuori da questa norma. E anche la Regione subirà un grave danno,
poichè non verranno versati qui i due decimi di Iva e la quota relativa all’imposta sui redditi». Per
cercare di trovare una strada che sblocchi questo preoccupante impasse, una settimana fa Pontarolo ha
inviato una lettera alla presidente della Regione Serracchiani, in cui precisa che il presidente nazionali
di Ance, Agi (associazione grandi imprese) e Cooperative hanno richiesto congiuntamente (lo scorso
novembre, ndr) al ministro delle Infrastrutture Lupi «di ritirare, o prorogare, l’entrata in vigore della
norma - che dovrebbe essere rivista - al fine di non limitare (a poche imprese, ndr) la partecipazione
alle gare». Pontarolo osserva poi che si crerebbe una situazione di monopolio, lesiva del principio della
concorernza e dell’interesse pubblico, e che il problema ha bisogno di essere chiarito a livello
normativo. Problema che in un prossimo futuro potrebbe coinvolgere anche gli appalti per i lotti della
terza corsia dell’A4 e per il nuovo ospedale di Pordenone. Al momento, però, il presidente di Autovie,
Emilio Terpin, si limita a dichiarare: «Non siamo ancora in grado di affermare se ci siano rischi per le
gare d’appalto. Stiamo approfondendo il problema con la massima attenzione, guardando alle
conseguenze di questa norma». I timori che serpeggiano fra i costruttori ovviamente riguardano le
imprese di tutta Italia. Proprio per questo lo scorso 6 febbraio i presidenti di Ance, Buzetti, di Agi,
Lupo, e di Ancpl, Zini, hanno interessato anche i presidenti della prima e della quinta commissione
della Camera, sottolineando il rischio del blocco del mercato dei grandi appalti.
CRONACHE LOCALI
Mezzora gratis al giorno. Rebus sul modello tedesco (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Giulio Garau Flessiblità tedesca, compresa la mezzora gratis a favore dell’azienda, ma paghe,
welfare e organizzazione del lavoro italiane. «No grazie, non se ne discute nemmeno. Oltre che
provocatoria è una proposta irricevibile». Fiom da un lato, Fim e Uilm dall’altro hanno presentato due
piattaforme separate per il rinnovo del contratto integrativo, le trattative tra Genova e Roma stanno
entrando nel vivo della discussione (nei giorni scorsi l’ultima riunione) che si dovrebbe concludere la
prossima settimana, ma al di là di alcune differenziazioni, sembra proprio che gli atteggiamenti
“provocatori” dell’azienda si stia rivelando un collante tra le sigle. Anche e soprattutto tra le
rappresentanze locali del sindacato a Monfalcone dove, unico stabilimento in Italia, e anche il più
importante con 1500 dipendenti e quasi 5mila di indotto, Fim, Fiom e Uilm hanno firmato l’ultimo
contratto in maniera unitaria. E altrettanto in maniera unitaria ora alle richieste di Fincantieri di sempre
maggiore flessibilità, deregulation del contratto di lavoro, applicazione del “metodo tedesco” copiato
da Meyer Werft, con l’obiettivo di ottenere un recupero della competitività ed efficienza rispondono
respingendo al mittente le proposte che rischiano di allontanare invece che favorire un accordo. «Ogni
incontro che facciamo la distanza aumenta - commenta il segretario provinciale della Fiom Thomas
Casotto appena uscito dal vertice fiume con l’azienda assieme al responsabile della Fiom per la
cantieristica Bruno Paipignani - l’ultima è che ci hanno detto che puntano a togliere sempre di più le
attività dello scafo prive di business per puntare ad altro, e intanto aumenta l’appalto». Un tema caro
alla Fiom ma altrettanto a Fim e Uilm. E tutti insistono, anche se ora sembra che Fincantieri pensi di
fare marcia indietro, che la discussione, partita proprio sulla mezzora di contributo lavorativo gratuito
da parte del lavoratore, sia iniziata nel peggiore dei modi. «Vogliono sposare la parte tedesca per quello
che conviene loro - accusano Casotto e Papignani - ma non si rendono conto che in Germania è un altro
mondo per quanto riguarda sicurezza, welfare e stile di vita? Se applicano quel sistema e danno alla
gente 600 euro in più sono disposto a discutere anche della mezzora gratis». E il discorso cade proprio
sul nodo più scottante che preme risolvere ai sindacati, collettori delle lamentele dei lavoratori. «La
questione è risolta a priori - dice il segretario della Uilm Luca Furlan - l’Italia non è la Germania e non
mi pongo il problema. Non raccolgo le provocazioni dell’azienda, sono disposto a discutere su tutto:
Fincantieri ha sempre sostenuto che i lavoratori vengono pagati 8 ore ma ne lavorano solo 5. Sono
pronto a ragionare perché secondo me le 3 ore perse sono legate a inefficienze aziendali legate a
mancati approvvigionamenti e fermo macchine. Quando sarà risolto anche questo problema sarò pronto
a discutere della mezzora gratis». Ma su questo punto le idee della Uilm sono precise: «Siamo pronti
anche a parlare del contributo dei lavoratori - conclude Furlan - e anche di flessibilità, ma che risparmi
e sacrifici servano per investire nelle infrastrutture dell’azienda, non per dare premi ai dirigenti». Pure
Casotto torna sul problema dell’organizzazione e della flessibilità: «Il cantiere è mal gestito - accusa deve essere rivista l’organizzazione. E da quando c’è la flessibilità la situazione è peggiorata. Vogliamo
discutere anche su appalti e legalità. D’accordo anche con i sacrifici, ma non che pesino solo sui
lavoratori. E finora abbiamo visto solo richieste marziane». E la situazione a breve sarà spiegata anche
agli operai durante le assemblee. Anche i rappresentanti delle Rsu, Michele Zof (Fim-Cisl) e Andrea
Holjar (Uilm) sono appena usciti dall’ennesimo step di trattative e gli umori non sono dei migliori.
«Bisogna mettere mano all’organizzazione del lavoro, possiamo lavorare anche di più ma ogni minuto
in più facciamo danni e basta perché aumenta l’inefficienza. Non si può prendere a modello il sistema
tedesco per l’Italia».
Un settimana per la stretta finale sulle trattative
Una marcia a tappe forzate per discutere un documento “Integrativo 2015, linee guida” che Fincantieri
(nella foto l’ad Giuseppe Bono) ha proposto ai sindacati. Cinque pagine, con una breve introduzione
sulla situazione di mercato, con le quali l’azienda spiega alle organizzazioni dei lavoratori che è
«necessaria una piena condivisione con i sindacati sugli obiettivi di recupero in termini di
competitività, qualità e costi». Le trattative sono entrate nel vivo la scorsa settimana, si prolungheranno
a questa e dovrebbero chiudersi la prossima. Dal modello produttivo allo scottante tema degli appalti
con l’intenzione a ridurli, fino al nodo degli “Istituti di flessibilità” dove è contenuta la proposta della
diversa declinazione dell’orario di lavoro sino al contributo dei 30 minuti gratis. A chiudere il premio
di risultato.
In Germania i dipendenti entrano nel cda
Tutto inizia da Mayer Werft, il cantiere tedesco, principale concorrente di Fincantieri, che ha sede in
Germania e lavora mega navi, più grandi di quelle che realizza il colosso della cantieristica italiana,
all’interno di un gigantesco capannone. Meyer Werft ha varato, due anni fa, un programma di
«riduzione dei costi» per un valore di 50 milioni di euro e che punta a recuperare la competitività. Si
chiama «patto per l’occupazione e l’innovazione» e prevede un contributo dei lavoratori al piano di
risparmi: questo obiettivo verrà raggiunto anche con il contributo dei lavoratori. Il cantiere tedesco ha
sottoscritto con il “Comitato dei lavoratori” (Worker’s Council) e con il sindacato nazionale dei
metalmeccanici (Ig Metal) un accordo che è stato applicato dal primo marzo del 2013 (la durata è due
anni) e che prevede vari punti. Innanzitutto l’orario di lavoro. Dal primo gennaio 2014 si può scegliere:
20 o 40 ore settimanali. Meyer Werft autorizza il lavoratore ad adattare l’orario alle proprie esigenze.
Per la “flessibilità” le ore di lavoro straordinario confluiscono in una banca delle ore che varia da 70 a
250 ore conteggiate come lavoro ordinario. Il superamento della soglia di 150 ore deve essere
autorizzato da un apposito comitato. Aeconda della produzione c’è la disponibilità a superare senza
addizionali legate allo straordinario, l’orario di lavoro, lavorando meno in periodi senza commesse.
Partecipazione dei dipendenti: ognuno lavora 70 ore all’anno (20 minuti al giorno) senza retribuzione.
L’azienda da parte sua si impegna a non ridurre l’occupazione sino al 2016.
Infortunio alla Sbe, Vescovini a processo (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Il vicequestore Manuela De Giorgi (nella foto) è il nuovo dirigente della polizia Aeromarittima del
Friuli Venezia Giulia all’aeroporto di Ronchi dei Legionari, con competenza anche sul Porto di
Monfalcone. De Giorgi proviene dalla Polizia di Frontiera di Trieste, che ha diretto negli ultimi quattro
anni, con importanti operazioni per quanto concerne la tratta dell’immigrazione clandestina, lo
smantellamento della prostituzione e l’antiterrorismo. De Giorgi, moglie dell’ex questore di Trieste
Giuseppe Padulano, oltre a responsabile della Polizia di frontiera di Trieste, ha lavorato anche nel
capoluogo regionale alla Digos. Ma nel suo curriculum può vantare altre attività a cominciare
dall’impegno nelle ambasciate italiane in Spagna, a Madrid, e in Colombia, a Bogotà, dove ha svolto il
ruolo di ufficiale di collegamento con il ministero degli Interni e degli Esteri.di Roberto Covaz
L’imprenditore Alessandro Vescovini è imputato davanti al Tribunale di Gorizia per lesioni colpose
aggravate. L’accusa nei confronti dell’imprenditore proprietario della Sbe spa di Monfalcone (Gruppo
Vescovini) è relativa a un infortunio che si è verificato nell’azienda di via Bagni nel settembre del
2010. Un dipendente diretto della Sbe, con mansioni di carrellista, nel corso di una manovra a bordo
del mezzo si era procurato una frattura alla gamba. Le lesioni si erano dimostrate di una gravità tale da
superare i 40 giorni di prognosi, termine oltre il quale scatta l’aggravante. Il dipendente dal giorno
dell’infortunio lamenta una zoppìa permanente ma, a quanto emerso in aula, non è stata effettuata
alcuna perizia medica per confermare la causa. Da quel momento il lavoratore non è più rientrato nel
ciclo produttivo. Il processo si concentra sostanzialmente su due filoni. Il primo è di accertare il
corretto funzionamento del carrello. Il secondo è verificare se i dipendenti della Sbe hanno goduto di
un’adeguata formazione professionale. È sul primo punto che si è concentrato il dibattimento
nell’ultima udienza davanti al giudice Russo. Come testi del pm Mete sono stati sentiti l’ingegner
Pronello, attuale responsabile della sicurezza alla Sbe di Monfalcone, e Gaspardo, titolare dell’azienda
Trevi che da anni rifornisce la Sbe dei carrelli, una cinquantina in esercizio nel settembre del 2010.
Dalle due esposizioni, come anche sottolineato in sede di commento dal difensore di Vescovini,
l’avvocato Maurizio Miculan del Foro di Udine, emerge con chiarezza che il servizio di manutenzione
era stato effettuato a norma di legge e nel rispetto del contratto tra le parti. È stato spiegato nel dettaglio
il meccanismo di controllo che scatta non appena un mezzo denuncia anche la minima avaria e, in linea
ordinaria, i check up cui i carrelli vengono sottoposti periodicamente. Un servizio puntuale tanto da
pretendere il distaccamento di un tecnico della Trevi quasi in pianta stabile alla Sbe. Il carrello
manovrato dal lavoratore infortunato era stato controllato appena poche settimane prima come da
scheda archiviata. Dunque è stato chiarito che non c’è il nesso causa effetto. Nella prossima udienza si
parlerà di formazione dei lavoratori della Sbe. Sarà interessante sentire la deposizione di Diego Moretti,
attuale consigliere regionale del Pd, dipendente Sbe e all’epoca dei fatti responsabile della sicurezza
all’interno dell’azienda di via Bagni a Panzano.
Conta sulla Ferriera, il tre di Sel compatti (Piccolo Trieste)
Si va posizionando sulla linea del capogruppo Marino Sossi l’atteggiamento che Sinistra Ecologia e
Libertà terrà domani sera quando il Consiglio comunale verrà chiamato a esprimersi sulla petizione
proposta da Nevio Tul e firmata da altri 250 abitanti del rione che chiede la chiusura dell’area a caldo.
Sel, che ha tre rappresentanti in Consiglio (oltre a Sossi anche Daniela Gerin e Mario Reali), pare
intenzionata a votare in blocco a favore della petizione andando in questo modo a rimpinguare il
numero dei sì su cui confluirà in massa l’opposizione di centrodestra. Il Consiglio potrebbe ritrovarsi
spaccato pressoché esattamente a metà con il rischio addirittura che il governo della città venga messo
in minoranza su un tema cruciale di questi anni. La linea della giunta Cosolini infatti è quella di
concedere credito al Piano di Giovanni Arvedi e, se funzioneranno gli impianti progettati per il
contenimento delle emissioni, di non interferire sulla prosecuzione dell’attività di altoforno e cokeria
pur con un monitoraggio costante affinché sia garantito il rispetto delle prescrizioni che saranno
contenute nell’Autorizzazione integrata ambientale. Le nuove strutture cattura-emissioni però non sono
ancora operative e i livelli di “inquinamento” registrati dalle centraline in questi ultimi mesi, dopo la
vendita dello stabilimento al Gruppo di Cremona, come evidenziato ieri dallo stesso assessore
comunale all’Ambiente Umberto Laureni, sarebbero tutt’altro che tranquillizzanti. «Voterò a favore
della petizione degli abitanti di Servola - ha annunciato ieri senza remore Daniela Gerin - anche se sono
convinta che Sel non debba uscire dalla maggioranza. Mi trovo sulle posizioni che il mio capogruppo
Marino Sossi espone talvolta con eccessiva esuberanza. Sono però anch’io convinta che bisogna
arrivare a una chiusura graduale e concordata dell’area a caldo dello stabilimento di Servola perché gli
impianti anche se rattoppati sono talmente vetusti e superati che non possono non inquinare. Le stesse
spiagazioni fornite in Consiglio comunale dalla responsabile ambientale del Gruppo Arvedi, pur
estremamente tecniche, non mi hanno convinta. Non credo che un impianto di 4 milioni come quello
che è stato annunciato possa risolvere i problemi. Non per questo intendo diventare un’oppositrice del
sindaco Cosolini, gli chiedo soltanto maggiore fermezza dei confronti del cavalier Arvedi del cui arrivo
comunque non possiamo non dirci contenti». «È vero - aggiunge Mario Reali - ho inviato una nota
annunciando che non intendo uscire dalla maggioranza. Sulla Ferriera c’era un progetto di
riconversione e la questione ambientale è estremamente delicata. Sto preparando un intervento scritto,
prima non dico nulla sul mio voto». «Alla fine dei conti si è capito - ha tirato le somme Sossi - che
saremo gli unici a restare in maggioranza perché perseguiamo ciò che prevede lo stesso programma del
sindaco. Tutto il resto del centrosinstra, a quanto sembra, invece uscirà dalla maggioranza». (s.m.)
Niente pulizie al Gopcevich per il caos negli appalti (Piccolo Trieste)
di Giovanni Tomasin Palazzo Gopcevich è rimasto per una settimana senza pulizie («toilette incluse»,
sentenzia con un pizzico di malizia un consigliere). Non è un fatto poi così infrequente per le sedi
comunali: negli ultimi mesi l'ente pubblico ha fatto piovere una cinquantina di segnalazioni di
inadempienza alle ditte incaricate, 15 delle quali si sono tradotte in penali e una in una riduzione dei
pagamenti per mancato servizio. È uno dei tanti aspetti significativi emersi ieri durante l'audizione della
commissione trasparenza del Consiglio comunale con i rappresentanti dei sindacati, con i lavoratori
delle pulizie e con l'assessore competente Roberto Treu. Lo storico problema Al centro del tavolo,
ancora una volta, la questione spinosa dell'appalto pulizie: vinto quattro mesi fa dalla cooperativa
Europromos e da Gsa con un ribasso del 35%, ha generato da subito un sacco di guai perché le
aggiudicatarie hanno abbattuto drasticamente il monte ore dei dipendenti. Settantotto lavoratori si sono
ritrovati con buste paga da 200, 300 euro. Il risultato, constata il Comune, è un livello di pulizia che
lascia a dir poco a desiderare. Ieri lavoratori, sindacati e politici si sono confrontati su cosa si è
sbagliato e cosa si può fare. Il consigliere Everest Beroli (Pdl), presidente della commissione, ha aperto
i lavori auspicando la svolta: «La situazione è identica a quattro mesi fa, bisogna tirare una riga».
L’appalto Marino Sossi di Sel ha osservato che la commissione comunale che ha affidato l'appalto
poteva operare altrimenti: «Bisogna capire come sono arrivati a dare un giudizio simile di fronte a un
ribasso del genere per un servizio in cui le spese principali sono le paghe dei dipendenti. Era evidente
che avrebbero tagliato su quello. Sono soldi pubblici e se ci sono responsabilità vanno chiarite».
L'assessore ha risposto che «il Comune ha chiesto pareri legali interni ed esterni ma l'affidamento
all'Ati di Europromos e Gsa non è impugnabile». Per il futuro, secondo Treu «serve ragionare sul modo
in cui si fanno gli appalti, ci stiamo attivando per cambiare i criteri». Diversi consiglieri hanno insistito
sulla necessità di ulteriori approfondimenti. La trattativa Uno stallo, se non un baratro. Così i sindacati
definiscono il punto a cui le chiusure aziendali hanno ridotto la trattativa in corso. A rappresentare le
sigle c'erano Matteo Zorn di Uil, Antonella Bressi di Cgil, Andrea Blau di Cisl e Maria Giovanna
D'Este di Ugl. Hanno spiegato che l'azienda, dopo aver proposto di portare al ribasso al 30%, non si è
più mossa a dispetto di incontri, assemblee e uno sciopero. Ma la riduzione del 5% è irrisoria per i
sindacati. Secondo le sigle «basta fare una verifica dei carichi di lavoro per capire che le paghe offerte
sono incompatibili con l'appalto». Lamentano inoltre l'assoluta «mancanza di rispetto della Gsa tanto
per i lavoratori quanto per i sindacati». Da qui la richiesta al Comune di esercitare maggiori pressioni
per strappare condizioni migliori. I lavoratori Drammatiche le testimonianze delle lavoratrici:
«Avevano garantito che ci sarebbero state ore di straordinario che non sono mai state fatte - ha
dichiarato una di loro -. Le sostituzioni del personale si fanno attraverso persone esterne. Ci sono buchi
nei posti di tre o quattro giorni che non vengono coperti da nessuno. E loro se ne fregano». Le penali
Treu ha assicurato la disponibilità del Comune: «Li sottoponiamo a controlli continui e non daremo
loro lavori ulteriori fino a quando non avranno risolto la questione». Bertoli presenterà una mozione in
cui chiede il ricorso a un consulente esterno e un'ulteriore verifica sul monte ore. Il M5S Stefano
Patuanelli ha quasi strappato un applauso alle lavoratrici: «Servizi inadeguati e lavoratori messi in
grave difficoltà. Da quel che dice l'assessore le condizioni per rescindere il contratto ci sono tutte. Non
capisco cosa stiamo aspettando».
Appello dei precari a Mattarella: «L’assunzione è un nostro diritto» (M. Veneto Udine)
I precari della scuola scrivono al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per avere diritto al
lavoro. Centinaia di insegnanti a tempo determinato iscritti nelle Graduatorie a esaurimento (Gae) di
Udine e della regione ora vedono sfumare davanti agli occhi il traguardo del posto fisso. Perché la
“Buona scuola” del Governo Renzi cancellerà le liste di collocamento in cui sono inseriti da anni dopo
avere superato l’esame di Stato o la scuola di specializzazione (Siss). “Gae in ruolo–non uno di meno”
è il nome del gruppo nato in rete e sfociato anche nella realtà, che ha già fissato la data per il primo
sciopero: martedì 17 marzo. Proprio oggi è attesa la pubblicazione del disegno di legge per la
stabilizzazione dei precari imposta dall’Unione europea per chi ha maturato i 36 mesi di attività. Ma
quel passaggio tanto atteso, potrebbe significare la perdita dell’anzianità per tutti gli altri. «Noi
insegnanti inseriti nelle Gae chiediamo al Governo di mantenere la promessa messa per iscritto nel
documento la “Buona scuola” e ribadita, fino a poco tempo fa, in occasione di ogni convegno e
intervista dal presidente del consiglio Matteo Renzi, dal ministro della Pubblica istruzione Stefania
Giannini e dal sottosegretario Davide Faraone riguardo il piano straordinario di assunzioni per ogni
insegnante iscritto nelle Gae attraverso la realizzazione dell’organico funzionale o dell’autonomia –
spiega Giulia Antonutti per il gruppo Gae in ruolo-non uno di meno –. Tra l’altro il Governo per questo
scopo ha stanziato nella legge di stabilità di dicembre le coperture per il maxi piano di assunzioni». I
precari invitano il presidente Mattarella a sollecitare il Governo affinché attui il piano delle assunzioni
per evitare ripercussioni negative sulla credibilità dell’esecutivo e su affidabilità e qualità della scuola
italiana. «Se il Governo dovesse decidere di non realizzare il piano di assunzioni totale, con la
conseguente immissione in ruolo di tutti i docenti delle Gae per il prossimo anno scolastico,
rivendichiamo con fermezza assoluta il nostro diritto all’esistenza – tuonano i precari –. Tutti devono
essere assunti, come da diritto acquisito essendo tutti noi vincitori di concorso o dell’abilitazione
all’insegnamento con valore concorsuale. Diritti sudati duramente a suon di studio ed esami». Parallela
corre la sorte dei precari con più di 36 mesi di lavoro alle spalle. Per loro la sentenza della Corte di
giustizia europea assicura il reintegro in organico. Si tratta di tutti gli insegnanti e il personale tecnico e
amministrativo con spalle almeno 36 mesi di lavoro, anche non continuativi. In Fvg, sono 250 i precari
che hanno già presentato ricorso e che attendono ora l’immissione in ruolo d’ufficio. La normativa,
però, impone l’assunzione a chiunque faccia domanda rispettando il criterio dei 36 mesi e l’assunzione
avrà efficacia a partire dal prossimo anno. Se i criteri fissati dalla sentenza della Corte di giustizia
europea sono rispettati, allora basterà rivolgersi a un tribunale del lavoro italiano e la strada della
assunzione diventerà certa, perché quel parere fa giurisprudenza. Chi nel frattempo ha già trovato un
impiego al di fuori della scuola potrà chiedere un risarcimento. La sentenza interessa anche il personale
tecnico e amministrativo (Ata) della scuola italiana e prevede un risarcimento anche per gli scatti
d’anzianità fin qui non riconosciuti, dal 2002 al 2010. Michela Zanutto
C’è la cassa integrazione per la Tonutti Wolagri (M. Veneto Udine)
Alla Tonutti Wolagri arriva la cassa integrazione. L’ammortizzatore è retroattivo: scatta dal 9 febbraio
per gli 86 dipendenti di Udine e Mantova e prosegue per dodici mesi. Ieri al Ministero è stata firmata
anche la mobilità volontaria. A breve il curatore Andrea Bonfini pubblicherà il bando per l’affitto di
ramo d’azienda, soltanto poi – probabilmente entro il mese – gli operai potranno rientrare in fabbrica.
«Abbiamo firmato la cassa integrazione per dodici mesi non rinnovabili – spiega Giuseppe Mazzotta
della Fiom Cgil di Udine –. Copre tutte le maestranze, vale a dire 86 persone fra Remanzacco e
Suzzara. C’è poi l’apertura della mobilità su base volontaria per chi intende ricollocarsi in altre
aziende». La firma della cassa integrazione è anche l’ufficializzazione indiretta della presentazione di
una proposta di affitto d’azienda. «Adesso aspettiamo di sapere chi sarà indicato chi proseguirà
l’attività – continua Mazzotta –, a quel punto apriremo la contrattazione con le parti in causa». Solo
quando la rosa dei “pretendenti” sarà definita, allora si procederà con l’assegnazione che coincide con
il rientro in fabbrica. L’intero processo non si sarebbe nemmeno potuto avviare senza la proposta
d’affitto consegnata dalla Bargam, che gestiva la Tonutti Wolagri prima della dichiarazione di
fallimento del tribunale di Udine. «Senza la nostra manifestazione di interessi il curatore avrebbe
dovuto mettere in mobilità il personale – sottolinea il legale rappresentante, Pietro Calò –. Il lavoro sarà
mantenuto sul territorio e ci sarà una garanzia scritta anche sul contratto d’affitto. Resta un po’ di
amarezza per come sono andate le cose perché prima della dichiarazione di fallimento avevamo un
portafoglio ordini da 7 milioni di euro, oggi difficilmente confermabili. Se l’affitto sarà assegnato alla
Bargam dovremo rimettere in moto l’intero meccanismo». Michela Zanutto
Coigen, spuntano altri creditori (M. Veneto Udine)
GEMONA Caso Coigen, i crediti non sono finiti. Dopo lo sciopero organizzato lunedì dalle
organizzazioni sindacali con i 19 lavoratori del ramo gemonese dell’azienda di Este, che l’anno scorso
aveva assorbito la Ilser di via San Pietro, si fanno avanti altri creditori. È il caso della Carnia Beton di
Tolmezzo che durante lo scorso autunno ha fornito diverse quantità di calcestruzzo per i lavori svolti
dalla Coigen a Taipana e in val Aupa. Da tali forniture, l’azienda tolmezzina non ha ancora ricevuto
alcun pagamento, tanto che ha già incaricato i suoi legali per recuperare quanto dovuto: «Già nei mesi
di settembre e ottobre – ha spiegato Giobatta Scarsini, titolare di Carnia Beton – ho fornito delle
quantità di calcestruzzo e a novembre avevamo anche concordato la rateizzazione dei pagamenti, che
non sono poi pervenuti. Dopo molte richieste e telefonate sono stato costretto a interrompere le
forniture perché non arrivavano i soldi». Carnia Beton pare abbia un credito che si aggira intorno ai 20
mila euro: l’azienda carnica già da molti anni assicura forniture di materiali per gli appalti avviati
dall’Enel sul territorio, ma è la prima volta che si trova di fronte a problemi di riscossione. «Da Coigen
– spiega ancora Scarsini – finora non abbiamo ancora ricevuto niente. Precedentemente, abbiamo
sempre lavorato con Ilser, con la quale non ci sono mai stati problemi di questo tipo». La Coigen fa
parte del Consorzio Arcipelago, in cui rientra un consistente gruppo di imprese di riferimento per Enel
nell’appaltare i lavori. Dopo lo sciopero di lunedì, la direzione dell’azienda padovana ha comunicato ai
sindacati la volontà di incontrare gli stessi rappresentanti dei dipendenti.(p.c.)
Latisana, punto nascita fino a giugno. Il sindaco: lo chiuderanno (M. Veneto Udine)
LATISANA Lei non ha risposto. Ma è anche vero che nessuno ha posto la domanda diretta: che ne sarà
del punto nascita di Latisana? Dall’assessore regionale alla salute, Maria Sandra Telesca, per la prima
volta a Latisana, ieri sera, ospite di un incontro promosso dai circoli del Pd della Bassa occidentale,
nessuna novità, se non la conferma che la scelta avverrà a giugno, a chiusura del semestre di verifica
dei flussi. «Tutte le decisioni sono state prese su misurazioni e incidenze e non su valutazioni politiche
o di territori che contano di più - è stato l’unico accenno polemico dell’assessore, in risposta alle
dichiarazioni del Centro destra latisanese, che hanno preceduto il suo arrivo nella Bassa - e anche per
questa decisione terremo conto dei dati oggettivi». E se è vero che territori e misurazioni, sono i
parametri della Regione, il sindaco di Latisana, Salvatore Benigno, anche a nome del collega di
Lignano Sabbiadoro, Luca Fanotto, ha chiesto che per la Bassa, periferica quanto la montagna, vengano
adottate le stesse deroghe che interessano l’ospedale di Tolmezzo e che le valutazioni su dati oggettivi
tengano nella dovuta considerazione anche la vocazione turistica di questo territorio. «Latisana e
Palmanova sono e rimangono due ospedali di rete - ha ribadito l’assessore Telesca - che su alcune cose
funzioneranno come un presidio unico. Ciò vuol dire che entrambe le strutture avranno un Pronto
Soccorso attivo 24 ore, quindi attrezzati con tutte le emergenze, perché la riforma è stata studiata per
garantire qualità ed efficienza». Fra Latisana e Palmanova saranno attuate delle sinergie, quindi alcuni
reparti si uniranno, «per dare possibilità alle persone di essere ricoverate in entrambe le strutture,
perché a spostarsi sarà il professionista. In questo modo aumenterà la casistica che è ciò che permette di
accrescere competenze». Presenti in sala anche alcuni rappresentanti dei comitati nati a difesa di alcuni
degli ospedali friulani. «Questa maggioranza regionale ha già deciso di chiudere il reparto materno
infantile del nostro ospedale. E in ospedale tre quarti delle partorienti si sentono dire che questo reparto
chiuderà». Rimane fermo sui suoi passi il sindaco di Latisana, Salvatore Benigno, che proprio ieri,
poche ore prima dell’arrivo dell’assessore regionale alla salute, postava sul suo profilo Facebook la sua
convinzione di un’imminente chiusura del punto nascita, ribadita anche ieri sera. «Mesi fa, avevo
evidenziato tale pericolo e organizzato degli incontri nel territorio per denunciare un tanto e i dirigenti
del Pd, sia locale che regionale, mi avevano detto di essere un irresponsabile, di provocare inutili
allarmismi per fini elettorali». Tesi che ha ribadito anche ieri sera, invitando l’assessore a presentarsi
nella sede opportuna dove parlare del futuro dell’ospedale, in consiglio comunale: «Comunque - ha
concluso Benigno - se sarà smentito dai fatti prenderò un’altra posizione». Paola Mauro
In Procura e tribunale la Cisl fa il pieno di seggi (M. Veneto Udine)
La Rappresentanza sindacale unitaria mancava in Procura da almeno tre anni e, ora che è stata fatta
risorgere, è quasi un monopolio della Cisl. Le elezioni si sono svolte tra il 3 e il 5 marzo scorso e si
sono concluse con la netta affermazione dei candidati della lista proposta dalla Cisl, che ha conquistato
oltre il 70 per cento delle preferenze: Claudio Zoratto, risultato il più votato, e Daniela Rosolen,
seconda. Per l’Unione sindacale di base (Usb), cui è andato il restante 30 per cento delle schede, è
passata Maria Celozzi. La nuova formazione colma un vuoto protrattosi per tutta la durata di un
mandato. Nelle stesse giornate, anche il personale del tribunale ha rinnovato i propri rappresentanti.
Molte di più, in largo Ospedale vecchio, le candidate in lizza. Delle sei liste presentate, tuttavia, anche
in questo caso quella sostenuta dalla Cisl ha ottenuto la maggioranza dei voti, con il 40 per cento delle
preferenze. A seguire, a cortissima distanza, l’Unione generale del lavoro (Ugl), con il 36 per cento
delle preferenze. Da qui, la classifica degli eletti: Carmine D’Ascoli, Antonella Pizzato e Adriana
Barattin, per la Cisl, Marco Bruno, Cristina Colavizza e Giulia Imbriaco, per l’Ugl) e Luisa Bovolon,
per la Conferedazione italiana sindacati autonomi lavoratori (Cisal), che ha messo assieme l’8 per cento
dei consensi. Nessun seggio, invece, per la Uil (7 per cento), la Cgil (5 per cento) e l’Usb (4 per cento).
Soddisfazione è stata espressa da Salvatore Montalbano, segretario regionale della Cisl - Fp.
Chiusa a Fagagna la Nuova Tiglio, oltre quaranta senza lavoro (M. Veneto Udine)
FAGAGNA Andare al lavoro un venerdì mattina e uscire, dopo otto ore, avendo saputo che l’azienda
per la quale si è lavorato una vita chiude. È capitato alla Nuova Tiglio confezioni di Fagagna, azienda
che realizza abiti maschili per conto proprio e per alcune delle più note griffe nazionali, con annesso
negozio per la vendita diretta. È successo la sera del 20 febbraio quando la storica presidente, Loredana
Bello, ha comunicato con il cuore infranto agli oltre quaranta tra soci e dipendenti, per lo più donne, la
terribile decisione. All’origine della scelta il fatto che il loro più importante cliente ha drasticamente
ridotto il lavoro assegnato all’azienda friulana: da circa 6 mila a soli mille 400 capi. Impossibile poter
proseguire nella completa incertezza. Venerdì sera dunque la presidente convocato tutti: né tra i
dipendenti né tra i soci vi era il sentore di nulla. Chi lavorava lì riferisce che un calo si era avuto con il
2009 quando la produzione era passata dai 7/8 mila capi ai circa 6 mila. Tra alti e bassi da quell’anno si
era andati avanti. Quest’anno la riduzione più pesante. Mano a mano che i reparti hanno completato le
consegne, hanno concluso il proprio lavoro alla Nuova Tiglio: qualcuno già venerdì 20 è rimasto a
casa, altri hanno lavorato fino al 28 febbraio. Ieri sera intanto si sono riuniti i sindacati con Legacoop
per capire se dipendenti e soci riusciranno ad avere quanto previsto ovvero cassa integrazione e
mobilità. Ma nessuno per ora tra i lavoratori ha ancora saputo niente. «La situazione si è palesata nella
sua drammaticità solo negli ultimi giorni- commenta con dispiacere il sindaco Daniele Chiarvesio-.
Sicuramente i dipendenti avranno quanto spetta loro e gli ammortizzatori sociali» ma è una magra
consolazione, fa capire, perchè il trasferimento all’estero delle produzioni da parte dei committenti
significa che professionalità apprezzate devono cedere il passo a un mero discorso economico. E
sicuramente non facile sarà la ricollocazione sul mercato del lavoro per tante dipendenti. La Nuova
Tiglio si era fatta conoscere per essere stata capace di unire la tradizione dell’alta sartoria con le
moderne tecnologie e le nuove tendenze dell’abbigliamento maschile. La società aveva una storia di
circa 20 anni ma le sue origini risalivano agli anni ’60 quando fu fondata la Tiglio confezioni, che
aveva sede nel Castello di Moruzzo. L'azienda in quel periodo lavorava anche con l’estero. Nei primi
anni '90, la Confezioni Tiglio entra in crisi. La chiusura viene scongiurata grazie all'iniziativa di un
gruppo di donne lavoratrici, che nel 1995 si organizzano in cooperativa e rilevano l'azienda, nasce così
la Nuova Tiglio, che dal 2002 ha sede a Fagagna. Anna Casasola
Insulti e danni sui pullman Banda terrorizza la stazione (Gazzettino Pordenone)
Susanna Salvador Un autista minacciato di morte; la bocchetta dell’aerazione di un bus divelta e gettata
sul pavimento tra la paura e la rabbia dei passeggeri; due pullman dell’Atap bloccati all’autostazione
per una ventina di minuti. È accaduto nel tardo pomeriggio di lunedì: protagonisti un gruppo di ragazzi
e ragazze travestiti da teppisti. Un atto di bullismo che a uno di loro - un diciannovenne di nazionalità
serba residente nel veneziano - è costato la denuncia per interruzione di pubblico servizio,
danneggiamento, ingiurie e minacce gravi. La Polizia ferroviaria sta vagliando la posizione di un altro
ragazzo di nazionalità kosovara, mentre gli altri giovani, quasi tutti stranieri, sono stati identificati
(alcuni sono minorenni).
Il primo bus di linea extraurbana finito nel mirino dei bulli era diretto a Dardago. I ragazzi, otto
secondo alcuni testimoni, hanno deciso di non farlo partire e si sono alternati davanti alla portiera,
impedendone la chiusura. Resosi conto di quanto stava accadendo, un altro autista è accorso in aiuto
del collega, mentre i passeggeri del bus, che a quell’ora era pieno, assistevano tra lo stupore, la paura e
la rabbia a quanto stava succedendo. Ma per tutta risposta è stato pesantemente insultato con epiteti di
vario genere e persino minacciato di morte dal gruppetto di giovani, forte del loro essere un branco.
Lunghi minuti di tensione e alla fine il secondo autista ha deciso di scendere dall’autobus diretto a
Dardago e salire sul proprio pullman di servizio, che era diretto a Portogruaro.
Ma non aveva fatto i conti con il branco che lo ha seguito per "vendicarsi".
«Sono saliti in due - racconta Moreno T. di Azzano Decimo che solitamente prende il bus diretto a
Portogruaro alle 18.20 e ieri è stato testimone di quanto accaduto - Uno sembrava alticcio e incitava gli
altri ragazzi che erano rimasti a terra alla rissa. Ha minacciato l’autista dicendogli "io sono serbo se ti
trovo fuori senza divisa ti sistemo io". Un atto di bullismo - prosegue Moreno - Quei ragazzi li vedo
spesso su questo bus e non pagano quasi mai la corsa. Vengono a Pordenone da Portogruaro per trovare
delle ragazzine».
Il diciannovenne serbo ha strappato la bocchetta di aerazione dal cruscotto del bus e l’ha gettata a terra.
Mentre alcuni passeggeri erano letteralmente immobilizzati dal terrore, altri si sono alzati in piedi
gridando ai giovani di smetterla: «Vergognatevi - hanno urlato - poi i danni dobbiamo pagarli noi».
Lunghi minuti di follia interrotti dall’arrivo degli agenti della Polizia ferroviaria, chiamati da un’autista
donna, che hanno identificato ragazze e ragazzi. E finalmente, con una ventina di minuti di ritardo, i
due pullman sono potuti partire. Ieri, dopo aver ascoltato alcuni testimoni, la Polfer ha denunciato il
diciannovenne, mentre i due autisti minacciati e insultati hanno sporto querela.
Lavinox, vertice a Unindustria sulla cassa (M. Veneto Pordenone)
CHIONS Cassa integrazione ordinaria al centro dell'incontro di oggi, a Unindustria, tra sindacati e
Lavinox, la newco che ha consentito la ripartenza dell’attività nel sito dell’ex Lavorazioni Inox di
Villotta di Chions, dopo la dichiarazione di fallimento di due settimane fa. Il ricorso agli
ammortizzatori sociali è necessario, in quanto non c'è lavoro per tutte e 214 le maestranze. Una
situazione non nuova: anche prima del crac, l'azienda era ricorsa ai contratti di solidarietà. Allo stato
attuale, comunque, si lavora a pieno regime: per fare fronte ai ritardi negli ordini si opererà otto ore, su
tre turni, sino a venerdì. «Con l’accordo-ponte siglato una settimana fa, abbiamo ottenuto un primo
risultato, che dà respiro per alcuni mesi – ha ricordato la Rsu di Fiom Cgil, Angela De Marco – Ora, va
approfondita la partita relativa alla gestione dell'organico. La strada sarà quella del ricorso agli
ammortizzatori ordinari». Intanto, gli amministratori dei Comuni di residenza e provenienza degli
addetti stanno cercando di individuare misure di sostegno al reddito per i lavoratori che, sino a metà
aprile, rimarranno senza liquidità. Un incontro è avvenuto a Sesto al Reghena. Mercoledì scorso, a
Chions, s’erano ritrovati i sindaci di 26 delle 43 municipalità coinvolte, sindacati, Unindustria,
FriulAdria e Bcc Pordenonese per valutare alcune strade da percorrere. Gli istituti di credito hanno
proposto prestiti agevolati. Gli amministratori locali stanno procedendo con la valutazione dei singoli
casi, di concerto anche con i servizi sociali. (g.s.)
Gfp, l’azienda rilanciata. Garantite 20 riassunzioni (Gazzettino Pordenone)
PORDENONE - (d.l.) Soluzione industriale e occupazionale trovata in tempi molto brevi per la Gfp di
Azzano Decimo. La storica società "Grafica foto pubblicità" srl ha siglato un contratto di affitto
d’azienda con la neocostituita Grafiche Gfp (controllata dall’azienda veneta Arti Grafiche
Coneglianesi) che prevede anche l’impegno all’eventuale acquisizione al termine del contratto d’affitto.
In seguito all’intesa societaria è stato anche siglato un accordo con il sindacato per l’immediata
riassunzione di sedici (il piano ne prevede altri cinque nei prossimi mesi) dei trentadue addetti
complessivi. L’operazione consente di garantire la continuità produttiva e quindi la risposta agli ordini
della clientela dell’azienda, oltre alla salvaguardia di una ventina di posti di lavoro in un settore che è
in forte sofferenza e in profonda trasformazione.
La Gfp srl - che si occupa di produzione di stampati grafici, arte fotografica, editoria e attività di
agenzia pubblicitaria - era stata ammessa dal tribunale di Pordenone al concordato preventivo alla fine
di febbraio. Aveva risentito della forte crisi del settore del mobile per il quale ha sempre lavorato. Ha
presentato un piano di rilancio produttivo che consente di proseguire nel core-business dell’attività
migliorando le performance e salvaguardando le professionalità aziendali. L’operazione di affitto
d’azienda con l’ingresso della newco che fa riferimento alla società veneta è stata perfezionata in tempi
molto stretti. «Siamo riusciti - sostiene Claudio Petovello, sindacalista Cgil - a salvaguardare un
patrimonio industriale e produttivo. Venti dipendenti non perdono il lavoro. Per una decina ci sarà la
cassa straordinaria per un anno. Un risultato non scontato in un momento molto difficile».
Idealscala, il cda a confronto con Confcooperative (M. Veneto Pordenone)
In attesa dell'elaborazione del business plan di Idealscala, Legacoop ha convocato per domani, a
Zoppola, i lavoratori-soci. Al tavolo, oltre al cda di Idealscala, siederà anche Confcooperative.
Obiettivo: far conoscere ai soci, nel dettaglio, come funziona il mondo della cooperazione. «Sarà fatta
chiarezza sulle responsabilità dei singoli soci, come funziona una cooperativa, quali sono diritti e
doveri – ha spiegato il vertice della coop, Gian Mario Petozzi – Insomma, lo scenario in cui ci
muoveremo nei prossimi mesi». L'incontro è aperto ai 18 soci fondatori della coop. Il cda, oggi, risulta
composto, oltre che dal presidente Petozzi, dal vice Narciso Fabbro e da cinque consiglieri, ossia
Domenico Rago, Emilio Zilli, Franco Sartori, Pierpaolo Curreli e Massimo Barel. (g.s.)
Sportelli chiusi, Poste non fa dietrofront (M. Veneto Pordenone)
MORSANO Le risorse recuperate con le chiusure, da metà aprile, dei quattro uffici postali della
provincia, ossia Fiumicello, via Candiani a Pordenone, Maniagolibero e Lestans, saranno impiegate per
potenziare gli sportelli esistenti. Lo ha annunciato Cosimo Andriolo, responsabile per il nordest della
società, che ieri ha incontrato il prefetto vicario Alessandra Vinciguerra, l’assessore regionale alle
autonomie locali Paolo Panontin e i rappresentanti dei Comuni interessati dai tagli. Tra questi ultimi,
non soltanto i sindaci dei municipi con sportelli a rischio chiusura, ma anche quelli con uffici per i
quali sono previste riduzioni delle aperture, ovvero Castelnovo del Friuli e Anduins (Vito d’Asio). Le
rassicurazioni della spa non sono bastate a placare le preoccupazioni dei sindaci, tantomeno della
Regione. Sono stati ribaditi i disagi che si determineranno in seguito alle chiusure, in particolar modo
nelle aree montane. «La Regione è a conoscenza del fatto che il piano industriale di Poste Italiane è
stato redatto nel pieno rispetto della normativa e della delibera di AgCom – ha detto Panontin – Ma è
chiaro che le chiusure creeranno importanti difficoltà per i cittadini, soprattutto anziani, in particolar
modo nelle zone montane, dove distanze e carenza dei mezzi di trasporto complicano il quadro». Gli
amministratori locali hanno espresso preoccupazione soprattutto perché «la repentina decisione di
chiudere rende meno facile l'attivazione di servizi sostitutivi e alternativi, finalizzati a lenire il disagio
per gli utenti». Dal canto suo, la società ha espresso la volontà di non rinunciare alla presenza capillare
sul territorio, anche se il processo di privatizzazione prevede un’ottimizzazione del servizio. Poste
Italiane ha ricordato che in provincia saranno chiusi “soltanto” quattro uffici rispetto agli 85
attualmente esistenti. Panontin ha, infine, messo in evidenza come «sulla chiusura di 19 uffici postali in
Friuli, la Regione e l'Anci abbiano recentemente sottoscritto un documento congiunto». Martedì, ha
specificato « si riunirà il tavolo regionale istituito per affrontare il problema, mentre in occasione della
prossima riunione della conferenza unificata delle Regioni sarà definita una proposta da sottoporre al
Governo». «È comunque necessario - ha concluso - che la società fornisca garanzie sul servizio, in
quanto l’implementazione dei servizi telematici, nonostante la volontà della Regione di concorrere a
una loro maggior diffusione, non si può considerare ancora compiuta». Giulia Sacchi
Rsu in aula La Cisl fa i conti e ringrazia (Gazzettino Pordenone)
PORDENONE - (v.s.) La Cisl cresce a scuola e conquista alcuni istituti. «Il sindacato ha accresciuto il
consenso aumentando la rappresentanza» commenta soddisfatta Antonella Piccolo, segretario
provinciale di Cisl Scuola Pordenone, a una settimana dalle votazioni con cui sono state elette le Rsu,
rappresentanze sindacali unitarie. «Siamo saliti dal 32% del 2013 a oltre il 38% di consensi» spiega
Piccolo, contestando un presunto calo di adesioni alla sua sigla sindacale se non altro per quanto
riguarda la Scuola. «Avevamo 151 candidati (tra docenti, precari, e personale scolastico) in 42 tra
istituti comprensivi e istituti secondari superiori. Ma oltre a questi vorrei ringraziare le circa 500
persone che hanno collaborato donando il loro tempo libero per consentire le elezioni» continua la
segretaria. Stando agli esiti elettorali, Cisl scuola è diventata primo sindacato negli Istituti Comprensivi
di Azzano Decimo, Montereale, Porcia, Travesio, Pordenone Sud, e negli istituti superiori Flora e
Zanussi di Pordenone, Galvani di Cordenons, Torricelli di Maniago, le Filandiere di San Vito e al
Centro provinciale per l'istruzione degli adulti di Pordenone. In aumento il consenso anche in altre
scuole (dove la Cgil rimane primo sindacato). «Siamo partiti dal 28% di quattro anni fa e siamo
cresciuti di 10 punti percentuali in due tornate elettorali, frutto del lavoro fatto in questo periodo ma
anche al merito dei candidati che si sono proposti» ha concluso Piccolo. I lavoratori del settore scuola
in provincia sono oltre cinquemila persone, tra docenti, amministrativi tecnici e ausiliari.