Scarica il libro - Alta Brianza.org

GIUSTO
ZAPPA
PONTE LAMBRO
" nella Leggenda e nella Storia ,
" Non è vita nel vuoto. La vita
è fed e in qualche cosa „
Queste memorie
raccolte con devoto studio ed amore
dedico
con affetto - ai miei figli
- A N N A M A R IA - A N T O N IA - G U ID O e LO R EN ZO - con animo grato e reverente al
Comm. AU RELIO M A R T EG A N !
- Benefattore munifico - Cittadino onorando fortuna e vittoria auspicando
alla Patria che risorge
per ridonare ai Popoli
D I O
Leggi - Giustizia e Libertà
Ponte Lambro - Natale del Signore 1944 - XXIII.
Prefazione
Ogni pagina di questo breve - e forse - inutile lavoro,
volle e vuole essere un segno di gratitudine e di affetto verso la
memoria di mio padre e verso la mia cara famiglia.
Ogni pagina volle e vuoie essere un atto di memore rico­
noscenza verso coloro cui tanto debbo.
Ogni pagina volle e vuole essere un doveroso ma, ahimè !
troppo modesto omaggio verso la mia amatissima Patria e verso il
Paese che mi ospita.
Le intenzioni mi sembrano buone ed il candido e cortese
lettere, cui in questo giorno rivolgo un caldo augurio di pace, - di
quella pace che da Bethlem il Signore annuncia al mondo - mi
conceda benevole
venia se alia buona volontà non sempre cor­
risposero le forze.
L’ autore
Natale 1944 XXIII.
PONTE
LAMBRO
Tìkevi cenni ge&g&a^Lci e ótoAici
$ T^atàia mia
Lo Stemma A ra ld ico
Lo stemma araldico di Ponte Lambro è costituito da uno
scudo sannitico troncato o diviso
in fascia
recante
nella
parte
superiore il disegno di un ponte ad un solo arco ricurvo.
Sulla riva sinistra si estolle un vigoroso alberello.
Lo scudo è sormontato
dalla corona
comitale a nove
merli ed è ornato ai lati da due fronde di quercia e di lauro.
Un pò di geografia . . .
Ponte Lambro è uno dei 210 Comuni che costituiscono la Provincia di
Como e fa parte del Mandamento di Erba.
Trovasi a 45’ 50 di latitudine Nord ed a 3,15’ di longitudine calcolata sul
meridiano di Monte Mario (Roma).
L ’ intero Comune copre una superficie di ettari 343 ed è composto dagli
aggregati di : Ponte, Busnigallo, Fucina, Lezza e Mazzonio.
Ponte è a mt. 305 sul mare - Mazzonio a 320 - Lezza a 299 - Busnigallo
a 300.
Dista da Como Km. 17. Como è Capoluogo di Provincia, sede dell’ammi­
nistrazione Provinciale, del Distretto Militare, del Tribunale, dei superiori Enti
Corporativi.
Dista da Erba Km. 3. Erba è capoluogo del Mandamento, sede della Pretura,
di una Stazione di Guardie di Finanza, degli Uffici Demaniali e Fiscali e del
Vicariato Foraneo.
Infine, dista da Milano Km. 47. Milano è sede delle Supreme Corti G iu di­
ziarie, della Avvocatura dello Stato e dei Superiori Comandi Militari.
Il Comune confina - molto approssimativamente - a levante con Proserpio,
a ponente con Erba e Crevenna, a nord con Casiino e Castelmarte, a sud con
Erba ed Arcellasco.
Sopra Pontelambro incombono i ripidi pendii del Monte Puscio (volgarmente
“ Pusc „) e la massiccia rupe di Castelmarte. Fra le località montane si possono
citare: lo Schieppo ( R ’ sciepp) il Dosso, il Cavagneu, il Doss Cornus, l’Alpett,
il Panigaa, il Cepp de Gian.
Se si volesse fare una breve escursione nel campo della geologia si trove­
rebbe che le nostre montagne sono composte di roccia calcarea stratificata,
irregolare, contorta, accavallata, sedimentaria, del periodo oceanico o marino.
Questo, in generale.
Nel Lambro e sulle alture si rinvengono facilmente pietre, sassi e massi
erratici che non appartengono affatto alla natura geologica dei monti lambrani.
Pertanto si deve giustamente ammettere che questi materiali eterogenei
vennero trascinati nella nostra zona, durante l’epoca glaciale, dalle montagne
chiavennesi e della valsassina.
Fu, quella, una immane trasmigrazione di detriti minerali compiutasi ad
opera dei ghiacciai.
Il sottosuolo della zona pianeggiante posta a sud di Pontelambro, compreso
fra le frazioni di Lezza e Busnigallo, è di natura morenica ed alluvionale.
Se si considerano con un tantino di cura la conformazione, i sedimenti, i
relitti, la struttura geologica del Pian d’Erba o Eupili, v’è da ritenere per sicuro
-
11
—
che in epoche a noi remotissime i livelli del lago di Pusiano e di Alserio fossero
notevolmente più alti di quelli attuali e che le loro acque fossero allora confuse
in un solo bacino.
Le località dove ora sorgono i comuni di Alserio, Incino e Pusiano erano
occupate dalle verdi acque lacustri.
Queste modeste osservazioni si basano sulle pazienti investigazioni degli
studiosi p vengono avvallate e convalidate dai ritrovamenti di ricche zone torbiere,
dalla caratteristica flora del piano, dalle palafitte dell'isola dei Cipressi presso
Pusiano e dalla conformazione del sottosuolo prelacunare.
Ecco alcuni dati altimetrici di località che ci sono maggiormente vicine:
Alserio
mt.
»
Incino
Carpesino
»
Morchiusio >
»
Penzano
»
Arcellasco
»
Bindella
»
Pusiano
260 s. m.
277
297
325
300
302
312
259 (livello
Un Decreto Ministeriale dell’aprile Ì928 aggregar. : Lczza a Pome Lambro
ed allora il Comune venne ad assumere la denominazu ne c **P me Lezza,,.
In quello stesso torno di tempo, una certa domanda presentata ai poteri
superiori e tendente ad unire a Ponte Lambro i Con uni tu Css no e Castel­
marte non venne presa in eonsiderazione; finalmente, rul 103
r=esc riprese
definitivamente il nome di:
" PO N TE LAM BRO „
12
-
e qualche dato statistico
Più sopra abbiamo detto che la superficie del nostro Comune è di ettari 343
ed aggiungeremo che tale area è occupata per ettari 291 da terreno agrario/fo­
restale e per i rimanenti ettari 52 da stabili e costruzioni.
Come si vede, Ponte Lambro è uno dei Comuni meno estesi di tutta la
nostra Prq^incia.
La popolazione al 1 Gennaio del corrente anno era di abitanti 2043 mentre
negli anni
1921 1931
1936
1942
era rispettivamente di abitanti
1596
1711,
1779
1839
Per le natalità ed i decessi possiamo dare queste cifre :
Anni
1939 1940 1941 1942 1943
Nascite
42
50
56
32
28
media 41,6
Decessi
23
31
32
31
26
media 28,6
L ’ incremento democrafico è, adunque, costante e solamente in questi ultimi
due anni - a cagione della eccezionalità dei tempi - si è alquanto arrestato.
il Lambro
Il fiume Lambro scaturisce dalla fonte chiamata: “ Menaresta,, sui monti della
Valassina, presso Magreglio, a 942 mt. sul livello del mare.
Attraversa Asso, lambisce Canzo, scorre pigramente in un bel tratto di
vallata brulla o scarsamente coltivata, passa sotto le pendici su cui si adagiano
Castelmarte e Casiino ed infine, superata una stretta ansa, arriva a Ponte
Lambro imbrigliato in una fonda gola.
Dopo il ponte il suo letto torna ad allargarsi, riceve le acque del torrente
Bova che scende impetuoso della valle omonima e, passata la Malpensata di
Erba, fila dritto a sfociare nel lago di Pusiano.
Ridona il suo nome aH’emissario del vaghissimo Eupilio che allietava la
musa di Giuseppe Parini, traversa tutta la Brianza ed arriva a Monza con seque
limacciose ed oscure; - presso Crescenzago si incrocia col Naviglio della Martesana, prosegue verso Melegnano ricevendo le correnti del Redefossi, della Vettabbia e dell’Addetta; entra nel Lodigiano, si impingua col superfluo del Naviglio
Grande ed infine, presso Corte S. Andrea - tra Piacenza e Castel S. Giovanni va a tuffarsi nel Po.
-
13
-
Il Lambro è lungo circa 136 Km. ed ha una pendenza di mt. 210. Nel suo
primo tratto (Magreglio - Pusiano) le acque non sono perenni e si alimenta
unicamente di precipitazioni imbriche.
Nel secondo tratto (Pusiano - Po ) il suo corso è continuo ed in progressivo
accrescimento.
A tutti è noto il considerevole numero di opifici serici, di mulini, di officine
meccaniche, di aziende industriali ed agricole alle quali il fiume presta le sue
acque per diversi usi, ma sopratutto per essere trasformate in forza motrice.
Si è voluto dare questo breve cenno sul fiume Lambro perchè è propriamente
da esso che il nostro Comune riceve il suo Stato Civile unitamente ad altri
benefici tutt’altro che trascurabili.
Plinio, l’insigne naturalista e scrittore comasco, cita il fiume Lambro e gli
dona il bell’appellativo di: “ Figlio delle A lp i,,.
PONTE
LA M B R O
Cenni storici
Il Comune prese e conserva il suo nome dal ponte esistente sul Lambro,
grosso torrente che vi passa serrato in tetra ed aspra valle.
L ’ origine di tal nome è tanto evidente da rendere superflua ogni investiga­
zione etimologica per quanto sia noto che il nostro paese, in altri tempi, venisse
anche denominato “ Ponte Legno,,.
Può darsi benissimo che il Lambro abbia dato il nome anche a Lambrugo
ed a Lambrate. Inoltre, Tolomeo che visse nel 6° sec. av. Cr. afferma che nella
Gailaica esisteva una città chiamata: “ Flavia Lambris,, e Pomponio Mela da
Tingentera (Spagna) nel suo libro: “ De Chronographia„ (Lib. 3° - Cap. 1°)
conferma l’esistenza di tale località chiamandola a sua volta, “ Lam briaca,,.
Non si hanno elementi sicuri e neppure approssimativi che permettano di
stabilire la data e l’epoca in cui si costituirono i nuclei di Ponte, di Mazzonio,
di Lezza e di Busnigallo.
Si brancola, come si suole dire, nel buio fitto della notte dei tempi.
La storia è muta; i riferimenti degli storici e dei cronisti sono pochissimi,
incerti, insignificanti e persino contradditori; l’archeologia non ha rivelato nulla;
le escavazioni e i sondaggi condotti a scopo edilizio non hanno messo in luce
alcunché di importante ed è pertanto giocoforza procedere a lume di ipotesi.
—
14
—
lo credo sia lecito affermare che quando una ipotesi sia avanzata con le
debite cautele e si giovi di un severo metodo critico nella selezione delle
“ probabilità,, poste a nostra disposizione, possa talvolta corrispondere alla
realtà e, quanto meno, creare l’immagine del vero.
Ad un reale studio di etimologia si prestano alcuni nomi di località a noi
finitime e non credo di cadere in un pleonasmo se ne citerò alcuni esempi:
Casiino
- dal vocabolo “ Cast,, che significa: casa forte, fortilizio, dimora
sicura ecc..
Asso
- dal vocabolo celtico “ A s „ che significa : principio, origine, fonte
sorgente ecc..
Brugora
- dal celtico “ Bru „ bruig, brog, che significa: villaggio, abitazione ecc.
Incino
- da “ Incinum,, o “ Licinii Forum,, mercato di Incino, piazza di
Licinio.
Proserpio
- Ha un origine oscura. Forse deriva il suo nome da “ Proserpinum „ per qualche culto che ivi si rendeva nell’epoca pagana a
Proserpina, divinità della mitologia greco romana, regina dell’Acheronte, dell’Ade e del Tartaro.
Castelmarte - da “ Castrum,, o da “ Castellum Martii „ . Rivela assai probabil­
mente una antica venerazione a Marte, dio della Guerra, autentico
pezzo grosso fra le divinità dell’Olimpo antico. Su Castelmarte
avremo ancora occasione di soffermarci nel corso di queste memorie.
Quattro righe di g e o l o g i a ___
In remotissime età geologiche - che gli studiosi ci rappresentano con
descrizioni apocalittiche - immani conflagrazioni telluriche e spaventose eruzioni
di enormi crateri vulcanici subacquei sconvolgevano, straziavano, dilaniavano
questo nostro povero pianeta che un divino, onnipotente “ Fiat,, aveva lanciato
negli spazi siderei.
Forse a cagione di uno questi cataclismi, un ammasso di rocce serpentinose
e granitiche emerse dal fondo dall’oceano tempestoso e mugghiante, si solidificò,
si stratificò e venne a costituire la primitiva ossatura delle Alpi Retiche, cioè il
primo rudimento della nostra Italia.
—
15
-
Ad opera di altre emersioni sorsero poi a levante, a ponente, a mezzodì
le Alpi della Venezia, della Liguria, e del Piemonte, costituendo, in un unico
e poderoso complesso, il sublime arco montagnoso che divise per sempre le
valli tirreno/adriatiche da quelle del Reno, delPInn, del Rodano e del Danubio.
Una zona di grandi e piccoli laghi venne a formare una mirabile corda
all’arco della catena montuosa; una fitta rete di fiumi dipartendosi dagli anfratti
delle più riposte valli o dai bacini lacustri si scavò il suo letto naturale, si inalveò
e scese tumultuosa e torbida ad incontrarsi con altri fiumi od a sfociare nei mari
che bagnavano le vergini coste della nostra patria.
Le varie regioni - attraverso il lento lavorìo delle acque, delle alluvioni
fluviali, delle torbide fiumane, delle piene precipitose, - presero ciascuna un pro­
prio aspetto oro/idrografico ben delineato e, con l’accavallarsi dei millenni la
geografia delle diverse zone assunse un carattere singolarmente e nettamente
distinto nella costituzione del proprio sottosuolo, nella conformazione della
superfice, nel clima e persino nella flora e nella fauna.
Tuttavia mancava ancora l’uomo che quivi si assidesse e vi imprimesse
l’orma del suo pacifico e regale dominio ordinando, con la fiaccola dell’intelli­
genza, il paziente lavorìo della natura.
Le vette eccelse delle Alpi, si ergevano nude, i dorsi montani delle regioni
calcaree erano ammantati di pascoli naturali, le somme pendici erano irte di selve
conifere; più in basso crescevano in folta promiscuità i faggi, le betulle, le quercie,
gli aceri e gli olmi.
La campagna uliginosa e le sponde dei fiumi dovevano verdeggiare di salici,
di pioppi e di olmi.
Ma sui clivi solatii e sulle rive apriche dei laghi cui non recavano danno
le nebbie ed i geli, le torme dei daini, dei camosci, dei cervi e degli uri dove­
vano certo dar vita ai paurosi silenzi dei recessi e delle valli. Fra gli sterpi, nella*
boscaglia, nei fitti canneti scorazzavano liberi e dominatori l’ ispido orso ed il
bue primigenio.
Forse allora, e l’innato amore alla caccia, e l’incalzare di nemici, e una
primordiale sete di avventura spinse i primi uomini nella valle o, meglio, nella
regione padana.
-
16
—
il vecchio
ponte .
I nostri antichissimi proavi
Chi furono i primi abitatori del nostro paese ?
La necessaria, anzi, indispensabile brevità di questo lavoro mi dispensa dal
tracciare un lungo studio sull’interessantissimo argomento e pertanto mi limiterò
ad accennare succintamente il seguirsi e l’avvicendarsi della storia degli uomini
che abitarono le nostre terre.
Ancora una volta i poveri “ Orobii,, fanno le spese e facilitano il compito.
Orobio è un doppio vocabolo greco che significa: “ Vivente sui monti - uomo
della montagna - montanaro ecc.,,
In epoche oscure immigrarono dall’Asia - culla del genere umano - in Europa
e, per conseguenza, anche nella nostra Penisola, immense tribù euro-centroasiatiche-indiane.
V ’ è da credere che con l’ appellativo “ Orobio,, siansi voluti indicare quei
particolari nuclei di tali tribù che, in luogo di starsene alla pianura, scelsero come
loro dimora preferita i monti.
Ma tanto gli Orobi quanto i Leponti, gli Isarci, i Venni, i Camuni, i Trumplini, che si ritiene fossero i coevi prischi abitatori delle nostre vallate, sono
ombre senza persone, rappresentano enigmi insolubili, rimangono e rimarranno,
forse per sempre, libri chiusi.
È certo che ftn dai suoi inizi la storia della nostra Patria è intimamente
legata ai primordi delle belle arti, del commercio,. del diritto ed alle opere
dell’intelligenza.
Qui il gran “ padre Eridano,,; qui, fuggitivo dall’Asia era approdato Ante­
nore; qui Fetonte precipita dal luminoso carro; qui le Eliadi singhiozzarono e si
consunsero in lagrime; qui la dolorosa Manto nascose la sua povera creatura
nella misteriosa isola; qui Ercole si abbattè negli imperterriti liguri che non ebbero
timore nè del suo valore nè del suo infallibile arco; qui gli Elleni compravano
l’elettro che veniva dalle inaccessibili regioni del Baltico ed acquistavano i gene­
rosi cavalli che dovevano vincere le palme dell’Olimpia.
Con i pochi mezzi a nostra disposizione tenteremo di ricostruire la storia
di questi primi abitatori delle nostre montagne ed il ricordo sarà un atto di
doveroso omaggio verso coloro che agli inizi della storia d’ Italia qui si stanzia­
rono attratti dall’amenità del luogo, dalla mitezza del clima e dalla facilità di
procacciarsi gli alimenti; verso coloro, infine, che fra noi elessero il loro domicilio
primitivo e prepararono a noi il caro luogo di nostra culla.
-
17
—
Da quanti millenni sono scomparsi? Dove saranno le loro povere ossa?
Le domande rimarranno per sempre senza risposta. Tuttavia, per la divina scintilla
dell'amore e deH’intelletto, l’ uomo può rinnovarne il ricordo e far rivivere per
essi, nel proprio cuore, un sentimento di venerazione e rispetto.
Sappiamo che antichissimi abitatori della Lombardia furono i Liguri ( . . . antiquam gentem Loevos Ligures incolentes circa Ticinum amnem . . . T. Liv.) ( . . . Taurini ligustica gens aliique Ligures . . . - Strab.)
Era gente fortissima, incurante del caldo e del gelo, valente nella guerra e
nei commerci, già fin da allora armata di fionda e difesa da scudi di rame. Ba
sandosi su questo particolare il già citato Strabone ritenne che essi fossero di
origine greca. ( . . . quia aeneis scutis utuntur Oraecos eos esse ratiocinantur . . .
Coevi ai Liguri furono i Veneti, i Pelasgi, gli Euganei ( . . . praestantes
genere Euganeos . . . “ Plinio,,) ed i Siculi. Con tutto ciò, qui nella nostra Brianza
non si sono rinvenute orme del loro soggiorno o passaggio.
In seguito vennero gli Etruschi di elevatissima cultura politica e religiosa,
di avanzata civiltà, progreditissimi nelle arti, nel sapere e nei commerci. Su questo
punto, storici e scrittori sono unanimamente concordi, ma gli archeologi non
sanno spiegare come essi abbiano lasciato inestimabile tesoro di sculture di
pitture, di iscrizioni nella Toscana (Etruria) e nulla, proprio nulla fra noi. Da
ciò si potrebbe arguire che il dominio etrusco fu qui semplicemente commerciale
e mercantile.
Nel sesto e nel settimo secolo av. Cr. - cioè nei secoli della fondazione di
Roma, - le nostre Alpi furono varcate da un’ immane orda di Celti che, fin dai
tempi preistorici, si erano stanziati nella Gallia Superiore, nella Britannia, nel
Armorica e nella Scozia (Inghilterra).
Uomini barbari ed assolutamente incivili che vivevano sotto l’incubo di una
feroce religione e di una spietata autocrazia sacerdotale.
Erano gli antichissimi progenitori di quel popolo che attualmente abita le
Isole Britanniche.
Per conoscere meglio la differenza profonda che separava il loro inculto e
primordiale modo di vivere da quello elevato e progredito dei popoli aborigeni
italici, citerò una bella pagina del nostro Carlo Cattaneo. “ . . . . i Druidi (Celti)
non ergevano, come gli Etruschi, i loro altari in sontuosi recinti di città consa­
crate, ma nei recessi di impraticabili e vietate selve; non volgevano la religione
a sollievo ed ammaestramento della vita, ma col terrore di segrete dottrine tra­
mandate da bocca a bocca e con riti crudeli, incatenavano i popoli ad una forma
di improgressiva civiltà. - Immolavano vittime umane, ora ardendo vivi i prigionieri
entro masse di legno o di fieno disposte a forma di orrendi simulacri, ora
consegnandoli a furibonde sacerdotesse che li scannavano sopra certe caldaie di
rame e ne raccoglievano il sangue sopra nefande patere. (Strab.) Altre maghe,
tutte dipinte in nero, scapigliate, nude, con accese faci in mano, celebravano
cruenti riti notturni. Altre femmine chiamate “ Sene „ facevano vita solitària sugli
scogli del mare e, nel furore delle tempeste, pronunciavano bestemmie e temuti
—
18
—
oracoli. Le vite si redimevano col sacrificio di altre vite ed i Druidi ne facevano
mercato coi guerrieri arricchiti dalla vittoria. Nelle selve sacre si accumulavano
grandi tesori custoditi solamente dal terrore del luogo e sommersi nelle acque
dei sacri stagni. ( . . . . en ierais limnais . . . Strab.) . . . . Alla morte dei capitani
si prendevano i loro corpi e si abbruciavano assieme ai cavalli preferiti. Talora
si gettavano sul rogo anche gli amici prediletti. ( . . . . servi et clientes quos ab
iis dilectos esse constabat. una cremabantur. - Caes.) - l Druidi avevano diverse
mogli e vantavano sovra esse e sulla prole diritto di vita edi morte, (in uxores
. . . in liberos vitae necisque . . . potestatem. - Caes.)
Per provare la fedeltà delle loro donne, i gelosi ed i fanatici mariti prende­
vano i bambini, li legavano ad una tavola e li gettavano fra i gorghi di un
fiume. Se il disgraziato periva lo ritenevano di non legittima origine e pugnalavano
la madre la quale, durante la stolta prova, giaceva nella più tremenda angoscia.
Il padre non si curava della educazione dei figli nè si degnava ammetterli
al suo cospetto.
I combattenti decapitavano sul campo i nemici caduti e ne ostentavano i
teschi confitti sulle lance e appesi al petto dei cavalli. Ogni famiglia nobile li
serbava in un arca e non ne consentiva il riscatto neppure a peso d’oro (neque
si quis auri pondus afferret. - Strab.) Ogni figlio, poi, si pregiava di recare altri
crani ad ingrossare quel tesoro di barbara gloria.
I teschi più illustri, legati con lamine d’oro, si ponevano nei templi ad uso
dei sacerdoti. Alle porte delle capanne si inchiodavano teste di lupi e d’altre
belve; agli Itali ed ai Greci che ponevano piede in un casale di Celti sembrava
d’entrare in uno squallido ossario.
Vivevano di pastorizia, senza città, senza privati possessi, in semplici “ Clan,,.
Dimoravano all’aperto, lungo i fiumi, in tuguri rotondi, costruiti di graticci e fango;
non avevano suppellettili domestiche, dormivano sulla paglia, ed anche all’ad­
diaccio. Mangiavano attorno a tavole rotonde, sedendo su manipoli di fieno, con
i loro scudieri alle spalle. Usarono bere in una sola conca di terra; conoscevano
poco il pane di grano; mangiavano molta carne e ciascuno “ ne prendeva a due
mani un grande pezzo e lo addentava come un leone „ (Posid.) Dopo il convitto
si esercitavano in duelli che spesse volte erano mortali. Sulle loro persone face­
vano pompa di armi dorate, di collane e braccialetti d’oro, di lunghe sciabole.
Si coprivano con sai dipinti a sgargianti colori e portavano grandi scudi rozza­
mente adorni o intagliati ; sopra gli elmi affiggevano figure di fiere e di uccelli
e s’adornavano la fronte con corna di bufali e di cervi.
Talora, nella battaglia, per insultare il nemico, e per brutale audacia, od
anche per disperazione, gettavano armi e vesti e combattevano nudi, tanta era
l’esaltazione cavalleresca nutrita in quelle rozze nienti dalle memorie e dagli
esempi dei feroci antenati. La loro parlata era ostica, dura, povera di vo cab oli... .”
Sin qui il nostro citato autore.
Come si vede, gli inizi di quei popoli che sono gli attuali padroni di un
terzo della superficie del globo, erano fin da allora tutt'altro che promettenti. ! !
Per completare il miserando quadro dipinto tacitianamente da Carlo Cattaneo
-
19
-
a g g i u n g e r e m o la t e s t i m o n i a n z a di G i u l i o C e s a r e c h e , a v e n d o l i c o n o s c i u t i , s c r iv e :
“ tutta la te rra c e ltic a e ra u n c a m p o di d i s c o r d i a , di r a p i n a e di s a n g u e . „ (In
o m n i G a ll ia f a c tio n e s . - C a rs .) E C e s a r e n o n m e n te .
P a r e c h e i C elti f o s s e r o i p r im i a c h i a m a r e “ I n s u b r i a , , la v alle C i s p a d a n a .
E ssi la s c i a r o n o fra n o i n o t e v o l e t r a c c i a d e lla lo r o p e r m a n e n z a t a n to n e lla
t o p o n o m a s t i c a q u a n t o n e lla
N ei dialetti
c e ltica .
r a d ic e di m olti
v o c a b o l i e p e r s i n o n e l la
p ie m o n t e s i e l o m b a r d i si r i s c o n t r a n o
p a r o le
di s i c u r a
pron u n cia.
p ro v en ien za
E s o lo c o n la d o m i n a z i o n e r o m a n a c h e fra le n o s t r e p o p o l a z i o n i si d à
p r i n c i p i o a q u e l l a l o g ic a , p o t e n t e e d u m a n a o r g a n i z z a z i o n e p o litic a , r e li g io s a ,
s o c ia le , g iu r id ic a , e c o n o m i c a , c o m m e r c i a l e e m ilita re c h e s o n o il s e g n o in fallibile
e d i n e q u i v o c a b i l e d e lla s u p e r i o r i r à in te lle ttu a le e s p ir itu a le d e lla n o s t r a stirpe.
R o m a , faro di civiltà, c o n la s u a p r o d i g i o s a e s p a n s i o n e m ilita re in v e s te di
lu c e im m o r t a l e tu tt o il m o n d o a l lo r a c o n o s c i u t o e n e s s u n o
b e n e f i c o in f lu s s o d e l l e s u e le g g i e d e i s u o i o r d i n a m e n t i .
può
so ttra rs i
al
R o m a , fo rte del s u o o r d i n a m e n t o i n te r n o , o r a p e r d ifesa , o r a p e r offesa, o r a
p e r c o n q u i s t a m u o v e le s u e
c o n o sciu to .
glo rio se
le g io n i in tuite le p arti d el
N e lla S to ria s u o n a n o alti i n o m i di C a s t e g g i o ,
m ondo
a llo r a
di M e d i o l a n u m , di A u g u s t a
T a u r i n o r u m , di C o m u m , di B o n o m i a F e ls i n a ; dei fiu m i T r e b b i a , T ic in o , M i n c i o
e P o ; d e i c o n d o t tie r i v in c ito r i e vinti : M a r c e ll o , V i r i d o m a r o , S c i p i o n e E m ilia n o ,
A n n ib a i e , F la m i n io , L u c i o E m ilio P a o l o .
L e t a p p e c h e s e g n a r o n o la p r i m a e s p a n s i o n e r o m a n a f u r o n o s a n g u i n o s i s s i m e
m a p a r e v a c h e le l e g io n i, d e c im a te , str e m a te , d is t ru tt e r i s o r g e s s e r o dai s e p o lc r i
e, s e m p r e p iù alte e g l o r i o s e , si l e v a s s e r o al s o le le a r m i, i la b a ri e le in s e g n e .
I r o m a n i d i e d e r o ai m u n ic ip i u n a v e r a e b e n e f ic a a u t o ri tà s u la c a m p a g n a ;
d i e d e r o l a r g o i m p u l s o alla f o n d a z i o n e di n u o v e città ; a n n u n c i a r o n o alle b a r b a r e
stirpi i sa cri diritti d e l la d o n n a e d e l la p r o le , i d o v e r i d e lla e d u c a z i o n e la p r o v ­
v i d e n z a d e l la c u s t o d i a e d e l la tu te la , la lib e r tà d e i
te s ta m e n ti ,
la
d if e s a
d e lla
p r o p r ie tà , la s a n tità d e l g i u r a m e n t o , la s a c e r t à d el f o c o l a r e e d e l la r e li g io n e . C o s ì
R o m a a p r i v a a s e s t e s s a le g r a n d i v ie d e l la c o n q u i s t a e s c h i u d e v a ai
s p e r a n z a e la c e r t e z z a
o p e re feconde.
di u n b e n e f i c o
i m p e r i o e di
una
pace
p o p o l i la
r e a liz z a tric e
di
L ’ i n s u b r i a g i à v a s t a m e n t e ir r i g a ta si c o p e r s e di u b e r t o s i p o d e r i ; gli a r m e n ti,
te n u ti ce lati n e lle v a lla te a l p in e , s c e n d o n o al p i a n o ; le p a l u d i, a b i ta t e dai f e ro c i
c in g h ia l i,
d iv en g o n o
p l a c id e
p r a te ri e ; i colli
v e rd e g g ian o
(p la n itie s f e l i x . . . c o l l i b u s f r u c t i f e r i s . . . - S tra b .) il c a s t a g n o
di
alberi
im portato
fruttiferi
d a l l ’ A sia
M in o r e s a le a d a l i m e n t a r e le p o p o l a z i o n i fin s u lle c i m e dei m o n ti ; l’o liv o v ie n e
l a r g a m e n t e d if fu s o sui m o lli d e c liv i c h e si s p e c c h i a n o nei miti la g h i lo m b a r d i ;
a g r ic o lto r i e g i u m e n t i e p r o d o t t i a g r ic o li c r e a n o i m e rc a ti.
D o v e r e g n a R o m a r e g n a la c iv iltà e d il b e n e s s e r e .
L a G a ll ia C i s a l p i n a s o tt o il d o m i n i o d e l la C ittà E te r n a e b b e le g g i, f a m ig lie ,
m u n ic ip i, s tr a d e , a c q u e d o t t i , a r g in i , ir r i g a z io n i, te m p li e m a g n i f i c h e b a s ilic h e ,
te r m e , p o rtic i, ville, teatri, lib re rie , s c u o l e , p r e s id ii militari, m a g i s t r a t u r a e d , infine,
—
20
—
un i n te g r a le r i n n o v a m e n t o d e lla v ita civile e s o c ia le .
A llo ra, I n c in u m e d A s s u m ( I n c in o e d A sso ) d i v e n g o n o
“ M u n i c i p i u m ,, c o n
p ie n o d iritto alla c i t t a d i n a n z a r o m a n a .
C a s te lm a r te , B r u g o r a , A r c e lla s c o , B u s n ig a ll o , C a r p e s i n o , L e z z a (A le x ia ? Letia?)
s o n o lu o g h i di s o g g i o r n o o p iù s o v e n t e “ H i b e r n a e , , d o v e i so ld a ti d e lle le g io n i
r o m a n e , di p a s s a g g i o o di s ta n z a , p o n e v a n o i lo r o a c c a m p a m a n t i in v e rn a li.
R i n g r a z i o il le tto re di a v e r m i s e g u i t o c o n b e n e v o l e p a z i e n z a in q u e s t a l u n g a
d i g r e s s i o n e s to r ic a c h e , p e r a ltr o , v o l g e o r m a i al s u o te rm in e .
Dopo la caduta d e ll’impero Romano
D o p o la c a d u t a d e l l 'I m p e r o di R o m a , i b a r b a r i r i c a l a r o n o a frotte dai q u a t tr o
p u n ti c a r d in a li e sì i m m i s c h i a r o n o e si s o v r a p p o s e r o ai c e p p i p rim itivi. N el
q u i n t o e nel s e s to s e c o l o d o p o C r. h a in iz io la r o v i n a e d il d i s f a c i m e n t o d e lla
g r a n d e c o s t r u z i o n e R o m a n a . H a p r i n c i p i o q u e l l ’e p o c a c h e gli sto ric i c h i a m a n o
c o m u n em e n te “ M e d io ev o ,, e che reca con se : im b arb arim en to , d ec ad e n za , ig n o ­
ra n z a , g u e r r e , lotte r e li g io s e , d e p r a v a z i o n e di usi e c o s t u m i , s u p e r s t i z i o n e , s c h ia v i tù
s e r v a g g i o e p r e p o t e n z a , fra tricid io , d i s c o r d i e civili, p o t e n z a e m is e r ia , s c e m p i o
e r o v i n a d e lla F e d e e dei fo c o la ri. - L a f ia c c o la d e lla civiltà r i m a n e a c c e s a , m a
s o lo fra le r a c c o lte e p ie m u r a dei c o n v e n t i e d e lle a b b a z i e g lo r io s e .
P e r la s to r ia di P o n t e L a m b r o il m e d i o e v o , s in o al 1200 circ a, è un lib r o
che, p e r il m o m e n t o e f o r s ’a n c h e p e r s e m p r e , è e re s te r à c h i u s o .
N e s s u n te n ta tiv o v e n n e r i s p a r m i a t o e tutte le v ie f u r o n o t e n ta t e p u r di o t t e ­
n e r e q u a l c h e n o tiz ia ch e , n o n ta n t o s e r v is s e a r i p a g a r e la n o s t r a b u o n a v o lo n tà ,
m a o ffrisse u n a m a g g i o r s o d d i s f a z i o n e a l l 'a m i c o le tto re e d al c i t t a d i n o di P o n t e
L a m b r o . O g n i c o n a t o fu v a n o .
D o p o il 1200 il b u i o c o m i n c i a a d i r a d a r e m a n o n t a n to a n c o r a d a c o n c e d e r c i
q u e l l ’a b b o n d a n z a
di n o tiz ie e di
r ic o r d i
che
altri
paesi
p iù
fo rtu n a ti
possono
v a n ta r e .
L a c a g i o n e di q u e s t a d e p r e c a t a m a n c a n z a di fonti s t o r i c h e è d a attrib u irsi
a l l'in c u r ia d e g l i a n t e n a ti di P o n t e L a m b r o c h e n o n ci la s c i a r o n o n e s s u n a m e m o r i a
sc ritta e d a lla p o c o felice u b i c a z i o n e g e o g r a f i c a del p a e s e c h e si t r o v a a l q u a n t o
l o n t a n o d a lle g r a n d i v ie di c o m u n i c a z i o n e e d ai ce n tri in d u s tria li e c o m m e r c i a li .
D a u ltim o , la s u a p o s i z i o n e s t r a t e g i c a di n e s s u n a i m p o r t a n z a , an z i di p a s s iv a
efficacia, t e n n e r o lo n t a n e d a no i q u e l le v i c e n d e b e l lic h e e. p o lit ic h e c h e i n d i s c u ­
t ib i lm e n te s e r v i r o n o a d a r e lustro, g l o r i a e f a m a a d altri p a e si.
D u r a n t e la d o m i n a z i o n e d ei V is c o n ti - s i g n o r i di M il a n o - L ez za , B u s n ig a ll o
e C a r p e s i n o s e g u o n o le sorti di In c in o , m e n tr e si r itie n e p e r c e i t o c h e M a z z o riio
e P o n t e a p p a r t e n e s s e r o alla g i u r i s d i z i o n e di A sso .
= r 21 -
Q u e s t o p o s s i a m o a r g u i r l o dal fatto c h e in u n ¡ s tr u m e n t o cu v e n d i t a di alc u n i
a p p e z z a m e n t i di t e r r e n o e s e g u i t a d a G a l e a z z o M a r ia V is c o n ti in d a t a 15 G i u g n o
1472 v e n g o n o
c ita ti:
B rugcra,
A r c e l la s c u m
et
M ariag a,
C a n tiu m ,
C a ssin a
de
V in d e l la , C a s ta llin u m , P u s e r b i u m , L o n g o n u m , B o fa lo ra , C a m p o l u n g u m ecc. „ m a
di P o n t e n o n si fa a l c u n a m e n z i o n e .
Il C e ste llo e le v e cch ie carte
Al le tto r e c h e g r a d i s s e o f o s s e c u r i o s o di c o n o s c e r e se nel s e c o l o X II F
e s is te s s e v e r a m e n t e a M a z z o n i o u n c a s te llo b i s o g n e r e b b e r i s p o n d e r e c o n s ic u ra
a f f e r m a z io n e .
V ’è p iu t t o s t o d a o s s e r v a r e c h e le c o s e si c o m p l i c a n o e d i v e n g o n o a r d u e e
difficili q u a n d o si v o l e s s e p r e t e n d e r e di s a p e r e c o n e s a t t e z z a d o v e e s s o s o r g e s s e ,
chi f o s s e r o i s ig n o r i c h e n e o r d i n a r o n o la c o s t r u z i o n e e q u a l e f u n z i o n e e c o m p i t o
p o t e s s e av e re .
P o c h i s s i m e infatti s o n o le n o tiz ie c h e ci f u r o n o c o n s e r v a t e i n t o r n o alla s u a
e s a tt a u b i c a z i o n e ; an z i, b i s o g n a s u b it o a g g i u n g e r e c h e a n c h e q u e l le s o n o p u r ­
t r o p p o f r a m m e n t a r i e e m is e re .
Di q u e s t e n o tiz ie s e n e p o t r e b b e r o a d d u r r e u n a m e z z a d o z z i n a m a s ti m ia m o
o p p o r t u n o c i ta r n e d u e s o le c h e - a n o s t r o m o d e s t o p a r e r e - h a n n o v e r a m e n t e
q u a l c h e a tte n d i b ilit à e s s e n d o c o n s e r v a t e in d o c u m e n t i ufficiali e di p u b b l i c o d o m i n i o .
L e altre le t r a l a s c i a m o p e r c h è , d o p o a v e r le b e n v a g l ia t e , n o n ci h a n n o d a to
s i c u r o a f f id a m e n to n è d e l la lo r o v e r id i c ità n e d e l la lo r o au te n tic ità .
S o n o in te s to la tin o - c o m e tutti i d o c u m e n t i del t e m p o - e n e s tr a l c ia m o
il b r a n o c h e ci i n te r e s s a d a n d o n e la t r a d u z i o n e e c i t a n d o n e la fonte.
E c c o la p r i m a c h e è c o n t e n u t a in u n atto d el 1202.
C o n atto n o ta r i le u n c e r to “ A r d u i n u s , , d à in c o n s e g n a a d un tale “ U b a l d u s , ,
a l c u n e te rre di “ C a s i l l i n u m ,, ( C a s iin o ) ed il “ C a s te llu m M a z o n i i ,, .
Al m o m e n t o
d e l la c o n s e g n a lo a s s i c u r a c h e n e g a r a n t i s c e la s i c u r e z z a e la in v io la b ilità , p r o n t o
a d if e n d e r e il s u o b u o n d iritto a n c h e a c o s t o di d o v e r r i c o r r e r e a s e v e r e s a n z i o ­
ni e d alla forza.
Il le ttore, s e g u e n d o c o n u n a b r ic c io la di p a z i e n z a e d a c u m e il v e c c h i o testo,
a v r à m o d o di s e n tir e e g u s t a r e il l i n g u a g g i o dei p a d r i no stri.
...............................“ q u a p r o p t e r p r a e c i p i e n t e s i u b e m u s ut s u p r a d e s c r i p t a lo c a
in
te rr ito r io C a s s ilin i, p a r i t e r q u e u n a c u m c a s t e l l u m q u o d d ic itu r M a tio n ii vel M a z o n ii,
p r o p e p u s t e r u l a m p o n t i s et o m n e s e o r u m r e c t o r e s siv e c o l o n o s , n e c n o n o m n i a
a d illo s m o d o vel d e i n c e p s p e r ti n e n tia , n u l l u s V i c e c o m e s , C a s t a l d i m u s , E x a c to r,
D e c a n u s , V ì e e c o m m i s s a r i u s s e u q u a e l i b e t m a g n a a u t p a r v a a u c to r ita s v el p e r s o n a ,
audeat conturbare, inquietare in aliquo modo, aut ingenio ac armata manu praesumat in ipsis rebus se intromitere nisi tantum ad salvationem, ac defentionem e tc .. . .
H ac de causa volumus, et nostra auctoritate firrnamus, ut si quis temerario
ausu liane nostram iussiunem infringere vel violare temptaverit et contumax aut
rebellis contra nos venire p raesum pserit............... „
(qui il documento cita le diverse punizioni comminate da Arduino
contro
coloro che avessero osato contravvenire al suo comando e conclude con questo
monito perentorio . . . . )
“ ...............et insuper commotionem subiturus nostrae indignationis
poenam severissimam gravissimae ultionis.
Actum anno ab Incarnatione Domini
Nostri J. C.
patiatur
millesimo ducentésimo
secundo - indictione decima - in mense Martii - apud Carcanum - per manum
Arduini et Ubaldi. - Testes vero interfuerunt Vuarnerius de Canturio et Guilelm us
Pelagata, - Eg o scripsi Lanfrancus ludex. - „
T r a d u z io n e
“ Per la qual cosa, autorevolmente comandiamo che nessun
Visconte, C a ­
staldino, Esattore, Decano, Vicecom m issario e nessuna altra persone di alta od
infina autorità osi mettere sossopra e disturbare - o peggio ancora - presuma di
sollevare astutamente con forze militari (eccezion fatta per il solo caso che
intendessero intervenire a difendere od aiutare ecc. ecc.) gli abitanti ed i pos­
sedimenti delle località sopradescritte e situate nel territorio di Casiino e nel
castello di Mationio o Mazonio che è posto presso la pusterla del ponte. - Così
stabiliamo ed autorevolmente confermiamo che chiunque con gesto temerario
presumesse
infirmare
o
violare
il
nostro
comando
e tentasse
di
affrontarci
divenendo ribelle e c o n tu m a c e ......................(q u i il documento cita le diverse
punizioni comminate da Arduino contro coloro che avessero osato contravvenire
al suo comando e conclude con questo monito perentorio)
“ ............... resta altresì stabilito che, oltre a subire l’ impeto del nostro sdegno,
abbia a patire - per così grave oltraggio - un severissimo castigo.
Fatto nell’anno 1202 dall’Incarnazione di N. S. Gesù Cristo - nella decima
indizione - nel mese di Marzo - presso Carcano - per mano di Arduino ed
Ubaldo. - Furono testimoni: Guarnerio da Cantù e G uglielm o Pelagatta.
lo, Lanfranco giudice ho scritto il docum ento.-,,
Dal contesto dell’antica scrittura si deve arguire che quel tale
“ Arduino,,
doveva essere un potente signore perchè detta i suoi ordini con indiscutibile
autorità e severità. - Anzi, giunge persino a minacciare severissimi castighi
contro gli stessi Visconti, Castaldi, esattori ecc. ecc., tutte persone che in quesecoli di ferro, di vendetta e di violenza non erano certamente abituate a lasciar­
si facilmente intimidire o soverchiare.
Così resta stabilito che Arduino è il primo signore di Ponte Lam bro di cui
ci sia stato conservato e tramandato il nome. Ed è parimenti questo il primo
cenno storico intorno a Mazzonio ed al Ponte del Lambro sul quale allora, come
si vede, si transitava varcando una pusterla o porta.
-
23
—
L ’originale del documento - di cui noi citiamo un solo frammento si trovava
nella Biblioteca della
Basilica di S. Ponziano,
nel
Lucchese,
e non sappiamo
per quale curiosa vicenda abbia potuto peregrinare dal Piano d ’ Eupili
toscani - Noi lo abbiamo ricavato dalla rarissima monografia
M argravi di To scana,, - Cronaca - M ilano 1858.
ai
colli
diA. Renèe : “ I
V ’è da ritenere che il castello di Mazzonio non fosse costruito sul modello
di quanti ancora si conservano e si possono ammirare - a ricordo di quei secoli
- in Italia, in parte della Germ ania e della Francia, ma nondimeno, doveva avere,
le peculiari caratteristiche di abitazione signorile protetta da tutti quegli accorgi­
mento militareschi che ne facevano un posto ben fortificato.
Della primitiva costruzione, oggi, non rimangono che poche ed insignificanti
vestigia perchè venne totalmente distrutta da un violento incendio che vi appicarono
nel 1285 alcuni fanatici al soldo di Ottone Visconti.
Si riteneva infatti che la rocca di Mazzonio fosse divenuta un sicuro rifugio
per taluni signori e cavalieri milanesi che erano stati scacciati da M ilano per
avere abiurata la fede ed accettata l’eresia dei Patarini.
Abbiam o trovato testimonianza di questa distruzione in qualche riga di una
“ Miscellanea di Istoria Milanese „ che si conserva nella Biblioteca C ivica del
Castello Sforzesco.
L o scrittore, nel dare notizia di un suo viaggio ad Asso, dice di essere pas­
sato presso l’alta cima (sic !l di Castelmarte, in un luogo detto “ M a z io n io ,, e
di aver celebrato l’ Ufficio D ivino nell’oratorio che stà presso gli avanzi di un
vecchio grande palazzo “ che fu di Odofredo „
Ecco il suo “ latinorum „ ...............
“ Ad pedes alti cacuminis (è proprio scritto c o s ì!) CastriMartii pertransimus
ed in locum quod Mazioniun appellatur pervenimus. Sacrificium sanctum obtulimus Deo in oratorio parvo apud vetustam et quondam ingentem domum
prestantissim i Odofredi quae, quia cum asilum diabolicorum patarinorum
exi '¡mata esset, igne consumpta, funditus eam d extru erun t.................„
Il nucleo di Mazonio rinacque e si innestò sugli avanzi del ceppo primitivo;
- perse ogni carattere di opepa militare e difensiva ed oramai è a tutti noto che
le più antiche costruzioni di Ponte Lambro non debbono ritenersi anteriori al 1500.
A questa epoca, con molta probabilità, rimontano le abitazioni o, meglio le
costruzioni di cui ci occuperemo più avanti.
Queste affermazioni non sono suffragate da nessun documento ma vengono
convalidate dai risultali di un attento esame degli elementi costruttivi - architet­
tonici e stilistici - di quel poco che ancora esiste sopravvivendo
del tempo ed alle ripetute manomissioni degli uomini.
—
24
—
all’ oltraggio
I Torriani - i Visconti e gli Sforza
Cessata la dominazione della Casa
Sveva
e faticosamente riacquistata una
certa libertà civile e nazionale; - ripristinato l’impero delle le g g i;
- migliorati
assai i costumi ; - riedificate le città ed i borghi ; - ripreso il pacifico lavoro,
vi è da credere che il lettore potrà facilmente immaginare e comprendere le
condizioni di vita del nostro paese e dei nostri avi durante il periodo delle
Signorie Milanesi dei Della Torre, dei fieri
e terribili
Visconti
e degli
Sforza
potenti e magnifici.
Tuttavia sarà bene non cadere nell’ opinione troppo ottimistica che si trascor­
resse una vita beata e che le cose filassero ordinate come gli astri della volta celeste.
Quando i nostri cessavano di scannarsi amabilmente a vicenda, di azzuffarsi
fraternamente, di mettere a sacco città e borgate, di attizzare con perfida voluttà
odii e rancori che divam pavano violenti e si spegnevano nel sangue, allora . . .
dalle bianche strade delle Alpi calavano a frotte le soldataglie di Luigi X I I 0 Re
di Francia ( 1499-1513), di Francesco 1° (quello stesso che le prese sonoramente
a Pavia nel 1525), oppure di quel Carlo V °, Imperatore di Germ ania e di Spagna,
che ci farà sopportare per quasi 150 anni quella obbrobriosa dominazione della
quale ci occuperemo più innanzi.
Tuttavia, tirate le somme del prò e del contro, si può affermare che mentre
gli irrequieti moti politici e gli odii e le vendette e le discordie e le lotte ed il
fluttuare degli avvenimenti potevano fortemente turbare la vita delle grandi città,
ben poco od in assai scarsa misura esse influivano sulle popolazioni campagnole.
Tale era il fortunato caso in cui si trovava il nostro paese.
Ed allora possiamo lasciar dormire in pace, nel secolare segreto delle loro
tombe, le ombre di Martino, di Napo, di Cassone Torriani . - di Marco, di O t­
tone, di Matteo, di Galeazzo, di Luchino, di Barnabò e di G ian M aria Visconti ;
- le ombre degli Sforza e di tutta quell’infausta accozzaglia di stranieri che
calavano sulle nostre terre per tramutarle in tristi campi di battaglia dove trovavano
feroce soluzione tutti i malumori delle varie politiche europee. Ci toglievano corpi
e beni, ci sacceggiavano città e castelli ed in fin e ............
“ Armi e sostanze c ’invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria, tutto ! „
(F o sco lo - “ I S e p o lc ri,,)
—
25
—
Vicende nostre *
Nel 1285, Ottone Visconti - Arcivescovo e Signore di M ilano - invade e
devasta il Pian d’Erb a.-Fa saccheggiare Incino, mette a ferro ed a fuoco i paesi
della Pieve ed infine, accampando il pretesto che la rocca di Mazzonio fosse
divenuta rifugio di alcuni milanesi accusati di eresia, ne ordinava la distruzione.
G ian
Galeazzo
Visconti
(1353-1402),
dopo d ’ aver fatto imprigionare ed
uccidere lo zio Barnabò nel Castello di Trezzo d’Adda, era divenuto potentissimo
Signore di Milano. - Venne creato
Duca e V icario
Imperiale
nel M aggio del
1395 dall’ Imperatore Venceslao e tale titolo gli venne ratificato
in M ilano nel
Settembre dello stesso anno.
Per la necessaria difesa militare dello Stato questo Duca prese al suo servizio
alcuni eccellenti uomini d ’arme d ’allora che - a quei tempi - venivano designati
co ll’appellativo di : “ Capitani di ventura „.
Fra di essi primeggiavano Facino Cane ed Jacopo Dal Verme. - Allo scopo
di impedire che questi condottieri passassero al soldo di altri principi o di altri
sovrani occorreva tenerseli amici con ogni mezzo, anche a costo di enormi sti­
pendi. - Così accadde che per cattivarsi interamente la loro simpatia ed a grazioso
titolo di riconoscenza per l’ opera che i due capitani gli prestavano, nel 1401
G ian Galeazzo concesse a loro il titolo di
“ feudatari ,, su quasi tutta la Pieve
d'Incino.
In tale modo, Carpesino, Busnigallo e Lezza seguirono le sorti di Incino. Si
può aggiungere che nel 1647 queste tre piccole frazioni passano in potere dei
Conti Archinti.
Lezza anticamente si chiamava “ Letia,, o “ Alexia,, e di essa si ha memoria
fin dal 1161. - Dopo il 1400 passò in feudo al Dal Verme.
In un codice Sforzesco (N. 74) si legge che nel secolo X I V 1 un certo Antonius De Lecia, essendosi ribellato ai Visconti, fu condannato all'esilio ed alla
confisca dei beni.
-
26
-
. Vicarii di Provvisione . . . Conestabili . . . Governatori
Grandi di Spagna . . . . e miseria !
. . . .
Cammina . . . .
cammina . . . .
dopo tante vicende, siamo finalmente
giunti intorno al 1440; - epoca in cui ha principio il governo dei Re di Spagna.
Quale bene e quale libertà avranno potuto godere i nostri padri sotto la
umiliante e vergognosa dominazione spagnola?
Soffermiamoci perchè conviene dirne qualche parola.
C ol trattato di Castel Cambresi quasi
tutta
l’ Italia, ma inparticolare modo
la Lombardia, diviene feudo della Spagna che sgovernerà dal 1559 al 1713.
La libertà s’era tramutata in obbrobriosa schiavitù ; - ai signori venivano
riservati e largiti tutti i privilegi ; - il misero veniva angariato da mille balzel­
li ; - i grossi mercanti ed i prepotenti si fregiavano di blasoni e di stemmi ; - la
gleba stentava ad avere un nome e moriva di patimenti e di fame ; - il senso
della dignità civile s’ era affievolito e spento; - si era dimenticata la gioia del
lavoro. - Lina accozzaglia di birboni e di ladri aveva portato la disorganizzazione
e lo scom piglio fra i commerci un giorno tanto floridi ; - mute s’erano fatte le
officine ; - impoverite ed intristite le industrie ;
e si
lasciavano incolti ed improduttivi.
- i campi venivano abbandonati
I nostri nobili chinavano il groppone ed abbassavano la cervice sino a toccare
terra davanti alla onnipotente e boriosa alterigia dei vari Filippi. - G li uomini
d ’arme, fatti dimentichi d ’ogni principio di giustizia e di onore, saccheggiavano,
taglieggiavano e com pivano ogni sorta di malversazioni.
M a il peggiore e più doloroso aspetto della situazione era rappresentato da
una spaventosa ignoranza che regnava sovranamente deplorevole non solo fra la
misera popolazione, non solo fra il ceto di più alta condizione ma persino fra
coloro che erano chiamati a dirigere la pubblica cosa.
II clero stesso s’era intristito ed offriva di sovente esempi e spettacoli spre­
gevoli e miserandi ; - lo zelo per la religione e per le case di Dio si tramutava
assai spesso in vergognoso affarism o; - si offendeva il decoro dell’ abito e si
oltraggiava l’altissima dignità del ministero.
Molti erano i sacerdoti ma, fra di essi, tanti erano incolti, rozzi e persino indegni.
G li storici - non escluso il nostro Manzoni - descrivono con fosche pagine
le condizioni
di M ilano
assoggettata all’ impero dei tosonati G overnatori; dei
burbanzosi Vicari di Provvisione, degli inetti Conestabili e di una nobiltà che
viveva di prepotenza e di sopruso.
—
27
—
Essi sono espliciti quando ci confermano concordemente che durante i 150
anni di sgoverno spagnolo le sorti di M ilano e della Lom bardia furono tra le più
miserevoli, umilianti e disastrose che la nostra storia ricordi.
In tale ambiente immorale e supertizioso, in tale clima storico e politico di
oppressione, di ignoranza e di decadimento, ci si può facilmente immaginare
come ed in quali condizioni avranno vissuto i nostri poveri avi.
Per conto nostro, cioè per Ponte Lambro, basterà pensare che nei secoli X V I
e X V II le case costruite in muratura che potevano offrire un minimo di stabilità
e di sicurezza pur rimanendo miserevoli,
pochissime. Le citeremo a caso:
disadorne
e persino
luride,
erano
il nucleo centrale dell’ abitato di Mazzonio che ancora oggi, per quanto
rimaneggiato, serba la primitiva impronta di miseria . . .
; alcune case dell’ at­
tuale “ Vi a Ro m a,, (già denominata “ Vi a M a g g io re ,,); alcune case dell’ attuale
“ V ia Generale Guaita „ posto ai N/ri 2 - 3 - 4 ; alcune della “ Via Monte Grappa „
(già “ V ia S. Giuseppe „ ) posto ai N/ri 1 - 3 - 9 - 1 1 - 1 7 .
N ella vecchia “ Piazza Fontana „ (ora donominata “ Piazza Vittorio Veneto „)
si può godere un sorsetto di quella buona acqua fresca, pura e perenne che,
attraverso un’antica falda idrica, viene a zampillare nella bella e grande vasca
monolitica recante incisa la data “ 1810,,.
La chiara polla proviene da una località
che porta il nome singolare di :
“ Zocch Battista,,. - Il termine “ Zocch „ significa: Buca, cavità, fossa, ecc.
Alcune di tali antiche costruzioni sussistono ancora ma, col fluire degli anni
e con l’enorme progresso conseguito dalla civiltà* dall’igiene e dall’arte edilizia,
esse pure hanno perduto il loro primitivo aspetto assumendone un altro m aggior­
mente consono al tempo ed alle esigenze attuali.
P e rò
Perchè non dirlo ? ............
Chi sarà quell’energico Podestà del Comune che, armato di volontà, di mezzi
adeguati e di chiare idee innovatrici vorrà, finalmente, fare piazza pulita di tutto
questo agglomerato di tuguri, di stanzacce, di oscuri meandri, di insane abita­
zioni, di fumose cucine che sono quanto di più umiliante possa offrire l’ edi­
lizia c iv ile ?
Il resto dell’abitato - in quell’epoca - era costituito da piccole costruzioni in
legno ed in muratura, simili a catapecchie, dove in estate si asfissiava per il caldo,
dove in inverno si tremava di freddo, dove mosche ed insetti pullulavano, dove
la povera gente dormiva in disdicevole e pericolosa promiscuità, dove i miseri
abitanti vivevano con le bestie nelle fetide stalle e trascinavano un’ esistenza
peggiore a quella degli animali stessi.
Di tanta povertà oggi - per fortuna - non rimane quasi nemmeno il ricordo
perchè il piccone , il tempo e qualche provvidenziale incendio hanno spazzato
via ogni cosa.
—
28
—
Fine del dominio Spagnuolo
U n saggio aforisma dice che : “ O gni medaglia ha il suo rovescio
Verissim o !
Anche durante il dominio degli spagnuoli che arrestò di due secoli il nostro
prodigioso cammino nei confronti delle altre nazioni d’ Europa, I’ Italia tenne
altissimo il vessillo sempre gloriosamente portato di : madre di civiltà, signora
del diritto e regina delle arti.
Di tanto genio, di tanto intelletto, di tanta spiritualità e di tanta vitalità ci
ha dotati il Signore Iddio che, - anche nei tempi più tristi, quando sembra che
tutto stia per
inabissarsi, quando pare che la parusia sia imminente - questa
nostra benedetta :
“ Itala gente dalle molte vite . . . ! „ (Carducci)
tiene accesa di più vivida luce la fiaccola che illumina il mondo con
la fede,
con la scienza, col sapere, con le leggi, con lo splendore delle arti, con la pietà
dei suoi Santi, con la virtù dei suoi Eroi.
Il Rinascimento tramontava in una incomparabile e folgorante luce di gloria.
Nasceva il “ barocco „.
È l’ epoca del Barocco.
Austria - Maria Teresa - Napoleone -
Il Principe Eugenio di Savoia, generalissimo degli Austriaci, appoggiato dalla
Corte di Vienna, entra in M ilano il 24 Settembre 1706.
Si ritorna a guerreggiare e nel 1714 si conclude la pace fra Spagnuoli ed
Austriaci. Pace che - dopo alterne ed umilianti vicende - verrà definitivamente
ristabilita nel 1748.
Nei 48 anni di quiete che intercorrono
fra
il
1748 ed
il
1796 la
nostra
Lombardia potè finalmente godere un certo periodo di benessere.
Il governo di quella energica donna che fu Maria Teresa - Imperatrice
d’ Austria e d ’ Ungheria - nonostante le riserve di molti storici, riscuote tuttavia
—
29
-
l’approvazione della m agg io ran za di essi e - per giusto senso di equanim ità si deve rispetto e riconoscenza a questa illustre straniera che, pur im perando in
in casa nostra, ha cercato di alleggerire le catene della dominazione con una
politica saggia, con savie leggi, con magnanimità, p ro m o v en d o l’ agricoltura, le
industrie, i commerci e d o n a n d o fervido a p p o g g i o ed impulso alle arti, alle scienze,
alle lettere.
Il 14 M ag gio 1796 N apoleone entra in Milano alla testa di una sparuta ac­
cozzaglia di Giacobini laceri e sparuti. La fiumana della Rivoluzione gallica aveva
superato la barriera delle Alpi e dilagava in Italia, in casa nostra.
Si su o n an o a stormo le campane, si rizzano sulle piazze gli “ Alberi della
Libertà „ ; nelle bettole e sulla pubblica via si tracanna e si gozzoviglia scon­
ciamente ; il clero e la nobiltà am mutoliscono e si rifugiano n ell'o m bra delle
sagrestie e delle confortevoli dim ore di ca m p a g n a ; fra tanto b accano - terribile
e pau ro sa - s’ode una p a ro la : “ G h ig liottin a!,,
Donne, uomini, ragazzi e fanciulle, vecchiardi e canaglie, nobili decaduti e
persino preti, fanno gazzarra, vestono g iu b be verdi e si piantano sul capo cap ­
pellacci impennacchiati e berretti frigi.
I più arditi indossano abiti alla “ sanculotto,,
Fra le donne, le più “ e v o lu t e , ,, sfoggiano m o d e alla greca, alla romana,
sp in g en d o la libertà del costume sino all’ indecenza.
Si m ozzarono i “ c o d i n i ,, ; vennero in aug e le pettinature alla “ brutus „ ,
la gente si diede del “ T u ,, e del “ C i t t a d i n o , , ...............
Certamente i nostri vecchi - che non cono scev an o nè Cleopatre, nè Taidi,
nè M addalene - avranno chiusi gli occhi q u a n d o sarà loro occorso di imbattersi
in quelle
invereconde nudità ed avranno tappato l’orecchio
quando, per le strade
la folla si squarciava l’ ugola cantando freneticamente la “ M ars ig lie se ,, la
“ C arm ag n o la „ , il “ (Ja-ira ,, ed acclam ando freneticamente alle famose : “ Libertè,
Egalitè, F r a t e r n i t è
!
1 nostri b isnonni’ facendosi di nascosto il seg n o della Croce, avranno m o r­
morato a b assa voce :
“ È un castigo di Dio ! E un castigo di Dio ! . . . „
. . . , . Intanto i colori di Francia garrivano alle finestre e sulla cima delle
picche.
Poveri Lombardi ! Povera e cara nostra L om bardia !
30
Catene - M a r t i r i o e Resurrezione
Agli Spaglinoli succedon gli Austriaci ; agii Austriaci i Francesi ; ai Francesi
s e g u o n o i Croati, i Russi, i Cosacchi di Kray, di Melas, ai Suwaroff, di Bragat i o n ................ed infine, a dare il colpo di grazia ad ogni nostra parvenza di
libertà, ritornano gli Austriaci.
............... E pensare che tutta questa genia ed accozzaglia di predatori calava
in Italia col bell’intento d i ...................“ liberarci „ !
............... E noi Lombardi, gente dura a morire, con gli occhi che non davano
più lacrime, con la pelle appiccicata all’osso, con le catene ben ribadite al piede
ed al collo, tenuti in vita dal bruciante ricordo di un antico e glorioso passato
attendevam o pazienti l’alba della resurrezione ed imploravamo Iddio perchè p o ­
nesse fine ai nostri mali secolari.
Gli Austriaci, dalle Alpi a C a p o Passero, ci imposero un dom inio duro,
irragionevole, spietato, tracotante e protervo.
U n a pleiade di principotti, agli ordini di un bieco Imperatore, aveva
abb an d o n ato le dorate sale del Castello di S c ho en bru n n ed era calata fra noi con
la più torva voluttà di dominio e di com ando.
....
1831 . . . .
1848 . . . .
1856 . . . .
1859 . . . .
1866 . . . .
!
È l’e p o ca e so no gli anni in cui nasce e si sviluppa il nostro glorioso e
e santo Risorgimento attraverso sublimi e luminose prove di sacrificio, di ab n e­
gazione, di ardimento, di virtù civili e militari, di indomito am o re per la Patria
e per la Libertà.
Raccolti nelle segrete p en o m b re delle nostre cattedrali, nelle umili chiese il
c am p ag na, nelle basiliche stupende, nelle disadorne cappelline disperse sui monti
ed appollaiate sui dirupi, i nostri avi pregavano.
P reg avan o Iddio perchè rendesse l’Italia agli Italiani, perchè gli stranieri se
ne andassero, perchè ci fosse donato il santo diritto di essere liberi, perchè i
dolore ed il pianto ed il lungo martirio dessero finalmente i loro immancabili
frutti di rinnovam ento spirituale e di risurrezione.
Si chiedeva la nostra indipendenza.
M a com e avrem m o potuto realizzare tanto s o g n o ? C o n quali mezzi?
E quando ?
Dai patiboli di Napoli, Caracciolo, Elisa Sanfelice, E le on o ra Pimentel chie­
devano ansiosi : “ Q u a n d o ? „ . . . .
Dalle prigioni dello Spielberg, Confalonieri, Oroboni, Maroncelli e Pellico
rispondevano : “ Q u a n d o ? „ . . . .
Emilio ed Enrico Bandiera, Sciesa, Zima, Speri, dai loro tumuli interrogavano :
-
31
-
“ Quando
A Belfiore di Mantova, l’ elettissima schiera delle vittime si ridestava ea
accennava : “ Q u a n d o
Da Milano, da Brescia, da M odena, da tutta la Penisola, la Legione dei
Martiri e degli Eroi ascendeva al Cielo ed implorava : “ O Signore ! Q u a n d o
ridonerai l’Italia agli Italiani ? ,,
“ Italia, Italia .
„ interrogava l’Alfieri. “ Italia, Italia . . . . “ rispondevano l’urne d ’Arquà e di Ravenna . . . .
Ma un giorno, un giorno carico di p r e s a g i ................
“ il popo lo dei vivi
e il popo lo dei morti
surse cantando e chiedere la guerra ! ,,
(G. C a rd u c ci: “ Piem o nte,,)
E fu guerra.
Si compiva il miracolo della nostra Resurrezione.
1859
11 4 G iu g n o del 185Q, a Magenta, presso Milano, si combatte e si vince la
dura e s an g uin o sa battaglia che spezza per sempre le catene che ci tenevano
schiavi dell’ Austria . . . . e non solo dell’Austria.
Chi potrà o ggi dire e descrivere l’esultanza dei nostri avi all’annuncio della
g ran d e e decisiva vittoria ?
Esso, infatti, si sparse fulmineo, di borgata in borgata, di villaggio in vil­
laggio per tutta la Lom bardia e per tutta l’Italia.
I cari vecchi, con le lacrime agli occhi, avranno risalutati i colori della
nostra b a n d i e r a ................e d o p o tanto patire, si saranno sentiti ancora fratelli
redenti e liberi.
Fu allora che per le vie e nelle case si cantò con gioia :
“ La bandiera dei tre colori
È sempre stata la più bella,
Noi vogliamo sempre quella
Noi vogliamo la libertà ! „
Su, in alto, nel fulgido cielo d ’Italia, nel gran d e arco azzurro che si diparte
dalle Alpi e si im m erge nel mare oltre C apo Pachino, la m ano di mille e mille
Martiri scriveva a caratteri d ’ oro i fiammeggianti nomi d i: Goito, Pastrengo
M ozambano, Solferino, S. Martino, Curtatone, Montanara, C o m o , S. Fermo,
V a r e s e ................
—
32
—
H o chiesto un pò q u i ed un pò là per accertarmi se anche qualche vecchio
Pontelam brese avesse lasciato documenti comprovanti la sua partecipazione alle
guerre del nostro Risorgimento, ma, com e al solito, non ho ottenuto nulla di
positivo.
Molte co n trad dizion i,‘molti dubbi, anacronismi, affermazioni ridicole e p e r­
sino g rossolane fandonie.
Nonostante questo, nessun o può impedirci di credere che anche qualche
nostro co m p a e sa n o non abbia animosamente militato fra le Camicie Rosse di
Garibaldi, fra gli Alpini di Pier Fortunato Calvi, fra i Cavalleggieri di Villafranca
o fra gli ignoti ma pur gloriosi combattenti delle cento e cento battaglie del
Risorgimento.
33
-
"
Per la Patria
e
p e r
/ '
O
n
o
r e
,,
Albo dei Pontelambresi caduti per la Patria nella Guerra 1915 - 1918.
" Son de la terra faticosa i figli
C h e arm ati salgon le ideali cim e,
G li a z z u rri cavalier bianchi e verm igli
C h e dal suolo plebeo la Patria esprime ,,
Sottoten.
Serg.
Sold.
»
»
»
Serg.
Capor.
>
Sold.
>
»
»
>
Aiut.
Sold.
»
»
»
»
»
»
»
>
»
*
>
Aspir.
Bollani Luigi
Nava Eugenio
Z appa Mario
C o lo m b o Pietro
Galli Giulio
Ratti G iuseppe
Mambretti Cesare
Mauri Giusep p e
Ghetti G iuseppe
C o lo m b o Davide
Roscio Sereno
Sola Alfredo
Roda Alessandro
Carboni Carlo
Mauri Angelo
Bernasconi Federico
Castelnuovo G iuseppe
Dottesio Anseimo
Giudici Alessio
Massari Carlo
Nava Ignazio
Rizzi Angelo
T avecchio Pietro
Vanossi D omenico
Cerri Mario
C o lo m b o Luigi
Nava Isaia
Gamba Ugo
1915
1916
»
»
»
»
1917
»
»
»
»
I
»
1918
»
»
>
»
»
»
»
»
»
»
Disperso
»
>
>
Tutti “ Presen ti!,,
Nel cuore, nella memoria, nella preghiera, nel marmo.
—
34
—
La
"
Sezione C o m b a tte n ti di Ponte Lambro ,,
Nel Settembre del 1929 per unanim e desiderio di tutti i Combattenti che
avevano partecipato alle Guerre d ’Africa della fine del secolo scorso, alle Guerre
della Tripolitania e della Cirenaica, alla Guerra del 1 915-1918, venne fondata la
" Sezione Combattenti „
All’atto della costituzione essa annoverava circa novanta Soci ed e b b e come
primo Presidente il Ten. Col. Bollani Cav. Aldo che allora era Capitano d«l 7°
Reggim ento Bersaglieri.
11 n um ero degli aderenti si accrebbe sino a 160 e per l’immissione dei Com-'
battenti della guerra attuale si so no raggiunti i 200 Soci.
Attualmente la Sezione è presieduta dal Tenente d ’Artiglieria Proserpio Dott.
A m b ro g io nostro concittadino.
Q ualche, nota f u o r i
...........................................
p ro g ra m m a
Nel 1758, G iusep p e lln, Imperatore d ’Austria e del L o m b ard o Veneto, em ana
una ordinanza in forza della quale si vieta di seppellire i morti nelle chiese. L’e­
ditto, co m e era da prevedersi,, sollevò un p an d em o n io di lamentele, di proteste,
di critiche e di commenti.
Si lagnavano i poveri (oh, sancta simplicitas !) perchè ritenevano di mancare
di rispetto verso i loro defunti ponendoli sotto la cruda zolla, esposti a tutte le
intemperie.
Protestavano i ricchi che nelle chiese usavano costruirsi le loro p o m p o s e e
vanitose urne funerarie e le loro tom b e gentilizie.
Ma Vienna lasciò che la tempesta delle lagnanze si esaurisse ed il decreto
imperiale ebb e o v un qu e piena attuazione.
Rimonta a quell’epoca la costruzione del primitivo C a m p o san to o Cimitero
di Ponte L ambro e coloro che trapassavano a migliore vita venivano sepolti
sull'area occupata dall’attuale sagrato e dal piccolo prato che ancora esiste a
sinistra della facciata della nostra Parrocchiale.
-
35
-
Nel 1815 una prolungata siccità fu causa di gravi danni alle cam pagne.
Il malanno si rinnovò nei due anni successivi (1816 e 1817) ed allora si
ebbe a lamentare una vera carestia.
Le seminagioni del frumento e del granoturco an d aro n o totalmente distrutte
per tre stagioni consecutive cosicché i prezzi delle derrate raggiunsero cifre non
mai raggiunte.
Si vendette il riso a 12 lire il chilogramma, il vino a 1,60 il litro, il latte a
60 centesimi, le castagne a 25 lire lo staio. Prezzi alti, ripetiamo, perchè occorre
tener presente che la nostra moneta di allora g o de va un a g g io di 3 lire per
ogni cento lire oro.
La carestia produsse un grave perturbamento nelle possibilità di trovare
sufficente alimentazione e, co m e infatto si temeva, venne a ripetersi il consueto
fen o m eno : la popolazione male nutrita fu afflitta da podagra, da febbre petec­
chiale, da tifo e le vittime furono parecchie.
Nel 1836 tutta la Lombardia è colpita da colei a.
Il primo caso di questo terribile m o rb o pare si verificasse in Bergamo, nel
Bo rg o S. Leonardo, il 23 Dicembre del 1835.
A Ponte Lambro il contagio venne portato da un contadino di R o gen o l’8
Luglio 1836 e su una popolazione di 769 abitanti si verificarono 27 decessi. Casiino ebbe 57 morti su 824 abitanti ; Proserpio 20 su 433 abitanti. In tutta la
Lombardia furono notificati 57177 casi ed i morti salirono alla non trascurabile
cifra di 32200 circa.
Lo zelo, la carità, lo spirito di abn eg azio ne dei sacerdoti che in molti paesi
do ve va no fungere anche da sanitari ; la encomiabile attività dei magistrati e dei
preposti alla salute pubblica; la tempestiva adozione di particolari norm e igieniche,
valsero a circoscrivere ed a frenare l’im p o n enza del contagio che minacciava le
nostre popolazioni.
In quell’a n n o rimase vittima del proprio dovere di Sacerdote Medico il
Parro co D on Luigi Villa di Mazzonio.
Le ve c ch ie fam iglie
Fra le più antiche famiglie di Ponte Lambro, com prese le frazioni, si potrebbe
citare quella dei Nava di cui s ’ha memoria fin dall’ep o ca anteriore al mille.
I Roscio che recano nel n o m e un a inconfondibile impronta di romanità I
Vanossi, i Rigamonti, i Minoretti, i Pon tig g ia ecc. ecc. (Si veda anche il capitolo
su Lezza).
—
36
—
La originaria famiglia Castelletti che portava il titolo nobiliare si è estinta
nel Luglio del 1859 con la morte del Nobile Angelo Castelletti di Pietro ultimo
rampollo della stirpe. Prima di lasciare definitivamente questo povero m o n d o il
gen ero so gentiluom o dispose che tutto il suo patrimonio andasse a perpetuo
benef'cio dei poveri di Ponte l am bro e servisse ad acquistare medicinali e generi
di sollievo per gli indigenti. A p p arten go n o a questa casata una Rev. Madre
Beatrice Castelletti, abbadessa di un Monastero di Lam brugo, la quale nel 1717,
a ricordo del luogo di nascita, fece gen ero se elargizioni ai frati del Convento di
S. Salvatore. - Un altro Castelletti, pure della medesim a famiglia nobiliare, fu
definitore teologo nel Convento di S. Salvatore dove ora riposa in pace assieme
ai Padri Ferdinando (1689) e Bonaventura (1802) nativi di Mazzonio.
Si vuole che il blasone dei nobili Castelletti fosse costituito da uno scudo
interzato in sbarra recante un ponticello ed un piccolo castello. (Vedi nota)
Nel nostro C a m p o san to le tom be di più vecchia data s o no quelle di un certo
P o m p e o Della Rocca morto il 23 Ottobre 1842; di Costanza Della Rocca nata
nel 1788 e morta il 12 Settembre del 1849; di Angelo Nava morto il 3 Aprile del
1848 ; di Pietro Bonsignore nato nel 1781 e morto il I o Marzo del 1849
ecc.
I nostri v ic in i di casa
È cosa conveniente ag g iu n gere una parola sui nostri “ vicini di c a s a ,, ma
sarà una parola brevissima sul serio perchè non vogliamo uscire dal seminato e
dal m o desto compito prefissoci.
Le tre prime località citate nella scrittura notarile del Visconti form avano la
“ Curia Casalis vel Caxatis „ che è l’attuale frazione di Incasate d ’ Erba.
Per Arcellasco . . . . O siam o d o m an dare al lettore se trova confacente e
ragionata l’etim ologia: “ Arces Lasci',, che, tradotto dal latino, vorreobe signifi*
cere : “ Castello di Lasco „. - Ma poi ci si d o m a n d a : “ Lasco ! Chi era costui ?
- Un soldato rom ano ? U n sacerdote p ag an o ? Un signorotto ? „
N o ta
- Le famiglie Castelletti attualmente residenti in paese non hanno nulla in comune con
l’antico casato nobiliare che si ritiene originario di Mazzonio. - Esse, provenendo da
Erba e dalla Brianza, sono immigrate in Ponte Lambro solamente due o trecento anni
addietro.
- 8Í -
Il lettore che non trovasse di suo g radim ento queste mie gratuite ipotesi me
ne co n ced a benevole venia e le attribuisca ad u n o stentato parto della mia fantasia.
Casiino è chiamala in vari documenti : “ Cassissinum - Castelligum - Castellinum - Casolinum - Caslinum „ !
Del resto, Casiino, oltre al vanto di un passato distinto, g o d e una certa
rinom anza per i, suoi “ caci „ prelibati.
In secoli lontani la popolazione di Casiino d ipendeva dalla parrocchia di
Mazzonio.
Tralasciamo di occuparci di Erba/Incino perchè altri hanno già fatto per essa
più e meglio di quanto possan o fare le mie modeste forze per il paese che mi
ospita, che mi dà lavoro e pane.
D a ultimo faremo una capatina a Castelmarte.
Castelmarte è come una grande v eranda posta in alto dalla quale i suoi
abitanti p o ss o n o guardar giù in casa nostra con tutto il miglior agio.
Ignazio Cantù, nella s u a : “ Guida per la Brianza e terre circonvicine,,
(Milano - Libreria Bravella - Contrada S. Margherita, 1066) scrive:
“ ...................giungi a Castelmarte dove, diportandoti nella Galleria dell* Ill/mo
Sig. Dr. Ferrario - Vice Bibliotecario dell’ I.R. Biblioteca di Brera, troverai una
ricca raccolta di incisioni e qualche antichità.
In una sala separata stanno raccolte diverse edizioni della gran d io sa opera
dei " C ostum i di tutte le n a z io n i ,, - e dei “ Romanzi di Cavalleria „ ecc. ecc. I più distinti pennelli moderni concorsero ad abbellire l’antica delizia dei signori
B e rto lio ... - Sin qui il Cantù.
Mi sono dato premura di interrogare e fare alcune ricerche per vedere le
opere di quei tali “ distinti pennelli „ ma non ne sono venuto a capo di nulla.
Nelle mura della Parrocchiale stanno infissi gli avanzi di un antico sepolcro.
Sopra la porta interna del campanile si può osservare la figura di un leone in
bassorilievo e due tirsi per stipiti della porta stessa.
Nella parte superiore del campanile, sotto la cella, verso ponente stà infisso
un bell’ipo g eo con un busto di d o nn a frammezzo a due uomini. Vi si leggono
incise le parole : “ MA - CONISIM AXIM US . . . „
Dietro l’abside si p u ò scorgere una bella lapide di m arm o purtroppo esposta
a tutte le intemperie che la deteriorano implacabilmente.
V ’è da ritenere che questa lapide facesse parte dell’ip o g eo che abbiam o
sopradescritto, ma la originaria iscrizione venne cancellata per sostituirvene u n ’al­
tra, stranissima, in ricordo di U g o n e Francesco ed U b aldo Prina.
E cco il testo della lapide :
“ D.O.M. - U g o n e Francisco functo - Esecrandi hostis - Aerumnis aeclesiae ineundo bello - Hierosòlyma red. - Ucitur iam Nicea - Nicomedia - Antiochia Bisantio Vanei Fin. - B oem ond - T an e - Bald - Redeun - T ran d com - Gofredus
regens - Palestina gloria - O n u sto mortuo in - Sanguine patriae - O ssib u s restitutis - U baldo Prim ae Duci fido socio - Rinaldo Esten - M - „
C o m e si vede, l’epigrafista ha tirato “ in scen a,, nientem eno che Goffredo
da Buglione, Tancredi d ’Altavilla, Baldovino di Fiandra e B o em o n do che, come
o g n u n o sa, sono i corifei e gli illustri campioni delle Crociate. Il Tasso li ha
illustrati di luce immortale nelle prestigiose ottave della s u a : “ Gerusalem m e
Liberata „.
Ma . . . (e qui casca l’asino !) l’U baldo Prina dice di essere : Capitano
fedele e c o m p a g n o „ di quel tale Rinaldo d ’Este che è una immaginaria creazio­
ne della fervida fantasia del nostro g ran d e e sventurato Poeta.
Ne deriva che con queste belle fandonie la iscrizione perde ogni valore
storico ed il bravo U baldo Prina ci rimette tutta la b u o n a riputazione di cui
l’av rem m o ritenuto d eg n o se non ci avesse^ammannito una fola tanto grossolana.
Sed de hoc, satis !
L'archivio parrocchiale di Castelmarte avrebbe potuto riservarci qualche
preziosa notizia su Ponte Lambro se un incendio, scoppiato tem po addietro nella
sagrestia, non avesse distrutto ogni do cu m ento scritto.
Le perdute memorie non furono più messe sulla carta
Ritorniam o sui nostri passi.
Sappiam o che nel secolo decimoterzo Mazzonio aveva una chiesa della
quale abbiam o fatto menzione in altra parte del libro.
Esisteva la “ Casa di D io ,, ma n on v ’erano sacerdoti “ in lo c o ,, ossia sul
posto, perchè i preti, per particolari disposizioni canonic he di quell’epoca, co­
stumavano risiedere tutti presso la curia principale della plebania cui era ag g reg ata
la chiesa o parrocchia da essi diretta.
Nei giorni festivi o in occasione di altri riti religiosi, ogni sacerdote si recava
fra i suoi comparrocchiani a celebrare il Sacrificio Divino, a raccogliere le offerte,
a seppellire i morti ed a compiere, infine, tutte quelle opere che sono proprie al
sacro ministero,
La parroccnia di M azzonio aveva giurisdizione su Ponte, Carpesino, Busnigallo, Lezza e Casiino. - A sua volta, dipendeva dalla Pieve di Asso.
Asso, Incino, Galliano, Mariano, Missaglia, Seveso, Garlate, Brivio, O g g ió n o ,
Agliate si trovavano sotto la giurisdizione religiosa del C ontado di Viniercate.
Giova pubblicare l’elenco dei Reverendi Prevosti che ressero la Pieve di
Incino alla quale è attualmente ag g reg ata la nostra Parrocchia.
-
319
.
-
Il Vicariato di Incino è di antichissima fondazione ma il tempo e l’ignoranza
degli uomini distrussero i nomi di coloro che lo ressero nei tempi anteriori al 1622.
1622
Isincans Giovanni Battista
Garimberto Pietro Paolo
1622 1629
Varese T o m m a s o da Novara (rinuncia alla prepositura)
1634 1645
Fontana Benedetto già parroco a Galbiate
1645 1662
Sacco Annibaie
1662 1671
1671 1714
Meda Paolo Antonio
1714 1741
T eo lo g o M eda Carlo Miro
1741 1754
Curione Carlo Filippo
1754 1759
Sacco G iuseppe
1759 1771
Airoldi Antonio
1771 1807
Giudici G iuseppe da Rho
Bosciani Giov. Batt. da Appiano
1808 1835
1835 1872
Pe reg o Federico da Rancate
1872 - 1907
M agni A m brogio
1907 1932
Castoldi G iusep p e di s. m.
1932 Casati Erminio - Vivente. - A Lui l'au gu rio di un avvenire
migliore e di proficuo ministero fra i suoi
concittadini.
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Si è già detto che nei tempi addietro la Parrocchia di Mazzonio era assai
vasta; basterà notare che co m p re nd ev a: Ponte (paese) - Busn gallo - Carpesino Lezza - la Fucina - S. Salvatore e Casiino.
Casiino, per disposizione della Curia di Milano, si staccò per prima e si
costituì una parrocchia autonom a ag g reg ata al Vicariato di Asso.
S. Salvatore, sede di un antico convento, passò a C r e \e n n a nel 1810
U n a “ o rdinan za ,, del Settembre 1900, firmata da S. E. il Cardinale Andrea
Carlo Ferrari, Arcivescovo di Milano e Metropolita della Lombardia, toglieva
dalla giurisdizione di Mazzonio la frazione di Carpesino e la annetteva alla
Parrocchia dei S S. Apostoli Pietro e Paolo di Brugora d ’Arcellasco.
La popolazione di Mazzonio sollevò qualche rimostranza contro l’ordine
della Curia Arcivescovile, ma Roma, interpellata da chi ne aveva autorità, rispose
che conferm ava la decisione dell’ Eminentissimo Cardinale Arcivescovo ed a g ­
g iu n g ev a testualmente :
...................“ p arochus Luraghi acquiescat,,.
Era un m o d o abbastanza spiccio per stroncare ogni zelo “ conservatorista „
del parroco D on Luraghi e così la faccenda ebbe fine.
A co m p en sare il distacco di Casiino e la cessione di Carpesino venne
stabilito un singolare ed amichevole accordo :
-
40
—
I R. R. Parroci e le R. R. Fabricerie di Casiino e di Brugora si presero
l’im p eg n o di versare ogni anno al R/m o Parroco ed alla Fabriceria di M azzonio
un modestissimo Obolo.
Non ho potuto appurare se un tale accordo esista ancora, ma per quanto
essa fosse una semplice formalità, tuttavia serviva a salvaguardare alla nostra
Parrocchia la priorità storica di un pacifico dominio religioso, durato parecchi
secoli, sulle due citate località.
I m o n u m e n ti della pietà
N on è questa la sede migliore e particolarmente adatta per parlare del
sentimento religioso di una p o p o la z io n e ; anzi, conviene ag g iu n g ere che, p Lr
quanto il tema sia allettante ed offra possibilità di ampio sviluppo, tuttavia esula
dalla mia co m petenza e n ep p ure potrei d e g n a m e n te e felicemente svolgerlo.
To cch erò lievemente il soggetto col solo intento di dare un tantino di vita
a queste note ma, prima ancora di prendere l’avvio, d e b b o subito giungere ad
una prima e serena contestazione.
Il sentimento religioso di Ponte Lambro è fatto di convinzione, è radicato,
è vivo, è profondo ed onora tutto un popolo.
Contradire o, peggio, negare queste oneste affermazioni equivarrebbe sofisti­
care la verità, criticare per partito preso e voler fare il . . . . Don Ferrante ad
ogni costo.
La “ pietas,, degli avi che in tempi vicini o lontani ci han n o preceduto col
segn o della Fede era così tenace e profonda da rendere impossibile che i figli
ed i tardi nipoti potessero rendersi indegni del loro nobile esempio, divenissero
fedifraghi o spezzassero la gloriosa tradizione.
Ponte L ambro ha tenuto fede ai suoi avi.
L’aria limpida e salubre della Brianza che tonifica le forze del corpo e
dell’animo, la semplicità del vivere, l’amore al lavoro ed al risparmio, una morale
ancora sana, un sereno spirito conservatore, la calma sicurezza neM’avvenire, hanno
costituito e costituiscono un valido argine al diffondersi della triste valanga di
teorie che all’interno e dall’esterno della nostra Penisola u rg o n o e fanno impeto
sulle coscienze p ro v oc an do immensi e forse irreparabili danni.
Il materialismo che doveva essere ed è veram ente il naturale corollario di
di tutte le più elaborate e dolorose dottrine filosofiche del secolo scorso non ha
potuto recare fra noi i suoi miasmi asfissianti e mortiferi.
-
41
-
Il materialismo di Comte, di Spencer, di Kant e di Ardigò che annulla la
regalità dell’u o m o su tutto il creato, che tarpa le ali al pensiero ed uccide lo spirito.
11 materialismo che dissacra il talamo e sp eg ne il focolare, - che favorisce
l’ignoranza, — che ap p rov a i più ibridi accom odam enti della morale, - che è di
speciosa e pacifica apparenza ma subd o lo nei mezzi ed empio nelle finalità.
Il materialismo che genera l’anarchia ed il comuniSmo, - che ap p ro v a la
ribellione all’autorità, - che avvalla l’immoralità, - che infrange le culle, - che
adora la materia, - che svelle e capitozza ciò che tende ad elevare lo spirito, che s p e g n e la santa fiaccola della carità e dell’ am oie verso i fratelli, verso il
prossimo, verso la Patria e verso il Creatore.
I monumenti sacri che la pietà dei cittadini di Ponte Lambro ha eretto nel
corso dei secoli s o no i segni esteriori e le testimonianze sicure di questa fede
così alta, tenace e sentita.
La nostra Chiesa P a rrocchiale
La nostra Parrocchiale è dedicata alla S.S. Annunziata (festa il 25 Marzo) e
venne eretta nella secon d a metà del 1700 su disegno dell’Architetto Simone C a n ­
toni da Mendrisio che la con d usse a termine - d o p o non lievi difficoltà - nel 1785.
L’idea di erigere la bella chiesa non nacque improvvisa perchè sappiam o
che la raccolta dei fondi occorrenti si era iniziata già da una cinquantina di anni
prima. Q uesto particolare dice chiaramente che Parroci e popolazione sentivano
la necessità di avere una d ecorosa C asa di Dio ma il loro desiderio era perp e­
tuamente contrastato dalla scarsità dei mezzi occorrenti.
All’ora Ponte Lambro era un paese poverissimo: pressoché nulli gli scambi
agricoli e commerciali; stremate le condizioni eco n o m ich e; scarsa la popolazione;
pochissime le famiglie che possedessero tanto da concedersi il lusso di fare
offerte o generose donazioni.
Capitava persino che i poveri Parroci - particolarmente in certe annate di
scarso raccolto - anziché bussare per chiedere, fossero costretti a donare del
proprio (quando ne avevano)! per recare soccorso e conforto ai più bisognosi.
C o m u nq u e, l’inizio dell’erezione e la prosecuzione dei lavori viene co m u n e ­
mente attribuita ai R.R. Parroci Don Carlo Antonio Brioschi e Don Antonio Maria
Staurenghi che ressero la nostra Parrocchia rispettivamente negli anni 1746/1783
e 1783/1807.
-
42
-
Il tempio s org e sull’area già occupata dall’antica chiesa preesistente e questa
venne demolita probabilmente perchè era divenuta insufficente alle necessità del
culto. Inoltre essa doveva essere povera, senza decoro, pericolante e malsicura.
Ma la cara chiesina aveva ospitato S. Carlo nelle sue frequenti visite pasto­
rali e la voce del grand e Arcivescovo avrà lasciato echi di paradiso fra le sue
disadorne mura. Tanto potrebbe bastare per farcene rimpiangere la scomparsa.
Le mura perimetrali della costruzione attuale si innalzarono chiudendo nell’area
interna il vecchio edificio che, in tal modo, continuò ad essere sede dei riti
religiosi sino al m om ento in cui il n u o v o tempio potè essere adibito al culto.
Soltanto allora l’architetto Cantoni diede autorizzazione di abbattere l’antica
chiesuola ed il materiale che se ne ricavò servì in b u o n a parte a condurre a
termine la costruzione della monumentale scalinata che co n d uc e alla chiesa e
delle tre cappelline poste a triangolo isoscele che, nella piazzetta sottostante, creano
un assieme di singolare prospettiva.
C o m e furono condotti a b u o n punto i lavori per la creazione del corpo
principale della fabbrica incom inciarono a presentarsi alcune serie difficoltà.
Forti motivi di indole finanziaria vietarono all’architetto di portare a termine
il vasto disegno concepito e fu per tale ragione che il bellissimo edificio rimase
disgraziatamente senza facciata.
A malincuore, con disappunto e rincrescimento di tutta la popolazione, si
dovette sospen d ere la prosecuzione del lavoro e per più di un secolo non se
ne fece più nulla.
A mio modesto parere, riterrei che la m ancanza di mezzi pecuniari possa
essere stata certamente una delle ragioni inibenti, ma non escluderei che vi abbia
molto influito la lotta antireligiosa e quasi iconoclastica recata fra noi dai san­
culotti e dai giacobini che l’atea Francia della Rivoluzione aveva mandato in Italia.
Finalmente, migliorati i tempi, per il tempestivo concorso di favorevoli
condizioni, per concorde volere della popolazione e per l’attività del R. Parroco,
nel 1925 si potè definitivamente rimettere m ano all’opera e completare il tempio
a d o rn an d olo di bella e deco ro sa facciata.
I lavori vennero condotti sotto la direzione dello scultore signor Ambrogio
Bolgiani - dell’Accademia di Brera - già vincitore del concorso per le porte
laterali del D u o m o di Milano. La costruzione fu affidata all’ Im presa Edile
Fratelli Panigatti di Carella (Como).
La chiara facciata è in pietra tenera di Vicenza, della qualità particolarmente
designata col no m e di “ S. G ottardo „ mentre il basamento, o piedestallo, è in
granito.
L’opera venne a costare circa 165.000.- lire d ’ allora e fu solennemente
inaugurata nell’Agosto del 1926.
La chiesa, ad una sola navata, accenna lievemente ad una croce latina;
misura mt. 42 di lunghezza - mt. 21 di larghezza e mt. 26 di altezza.
-
43
-
Le mura perimetrali ed i grandi arconi dell’ abs'd e e delle cappelle sono
sostenute, rafforzate ed abbellite da diciotto maestose finte colonne o lesene
d ’ordine corinzio unite alle pareti.
Nei due bracci orizzontali della croce vi sono le due maggiori cappelle: la
sinistra con l’altare dedicato al Redentore e la destra con un grande simulacro
della M ad o n n a di Lourdes.
Altre quattro cappelle, minori in grandezza ma pure di bello ed arm onioso
disegno, so no rispettivamente dedicate a S. Giuseppe, a S. Anna, a S. Giovanni
Bosco ed a S. Rocco.
Una volta concava sostenuta dai quattro poderosi pilastri degli angoli cen­
trali copre la g ran d e navata e reca, in affresco, una “ Maria Vergine Assunta
in Cielo „.
L’altar maggiore, lucente di marmi grigi, regge una bella edicola circolare
a sei colonnine corinzie scanalate, sormontata da una cupoletta a scaglie.
Nell’interno dell’edicola, che è in b u o n stile classico, si ammira una severa statua
in m arm o bianco raffigurante il Redentore.
Altre due statue poste ai lati dell’altare completano il notevole complesso
artistico dell’Ara Santa.
Queste due ultime figure, in marmo, sono di accurata fattura ma non “ dicono
nulla,, anche se esse hanno la pretesa di rappresentare i simboli delle virtù
teologali.
Nel 1878, sulle pareti laterali all’altare, il pittore G iusep p e Carsana dipinse
a fresco una “ Annunciazione,, ed una “ Visitazione di Maria Vergine a S. Eli­
sabetta „.
Il valore artistico delle due tavole del pittore Carsana è alquanto discusso
e non sem pre in senso favorevole.
Il quadro de “ La Visitazione,, è certamente migliore ma l’ umidità e la
perpetua zona d ’o m b ra in cui si trova minacciano di condurla a precoce rovina.
Il taDernacolo è chiuso da una porticina di bronzo dorato con uno sbalzo
che rappresenta la “ C ena di E m m au s
Di b u on pennello è il q uad ro di S. Anna neH’o m o n im o altare.
Nella sagrestia, fra sei o sette tele ad olio con soggetti sacri, si possono
osservare due ritratti o immagini di S. Carlo Borromeo particolarmente belli per
espressione, per finezza di colorito, e per accuratezza di disegno.
Qui, conviene chiudere queste brevi note sull’ interno della costruzione
dell’architetto Canton che, co m e soleva, b a d a n d o più all’arte che alle comodità,
non fece posto nè al pulpito, nè a’ confessionali, nè al Battistero, nè ad un vero
coro. Per colmare la falla, o lacuna, dell’ insigne artista si dovette ricorrere a
ripieghi no n sempre felici.
C o m u n q u e , considerato nel suo assieme, il lavoro Cantoniano è armonico,
m a es to s o nel disegno, solenne nelle linee, sobrio nella decorazione e nelle
proporzioni.
«
44
—
Un m unifico d o n o
P roprio quest’anno - siamo oramai verso la fine Ottobre del ’44 - un d o n o
eccezionale e veramente magnifico è stato offerto a decoro della nostra bella
Parrocchiale.
Per la inesauribile munificenza del Com m . Aurelio Martegani - Consigliere
Delegato e Direttore G enerale degli Stabilimenti di Ponte Lambro - e della sua
gentilissima Consorte, D o n n a Edvige Martegani, si è provveduto a rinnovare, nel
disegno e nel materiale, la intera pavimentazione dell’interno della chiesa.
Lo splendido dono, elargito in tempi tanto eccezionali, ha sollevato un coro
unanim e di consensi e di ammirazione. Lo stesso Eminentiss. Cardinale Arcive­
scovo di Milano, lldefonso Schuster, ha voluto esternare al Donatore il suo
ambito plauso.
I lavori, iniziati nel Febbraio scorso, so no proseguiti con alacre fervore e,
via via che il piccone con la sua u n g h ia di ferro strappava pazientemente le
vecchie e corrose mattonelle di argilla cotta, l’operaio specializzato rifaceva il
pavim ento con magnifiche e preziose tessere quadrate di candido m arm o “ bardiglio,,
di Massa. Ne occorsero quasi 4300 !
L’opera è imponente. Si trattava di ricoprire “ ex novo „ una superficie di
circa 550 metri quadrati, ma per la tenace volontà del donatore, i lavori vennero
condotti a termine in soli quattro mesi tanto che nella solennità dell’Assunzione
di Maria (15 Agosto) se ne potè festeggiare l’inaugurazione.
A perpetuare nel tem po la memoria dell’insigne d o n o venne posata una
lapide con la epigrafe che trascriviamo :
Àurelii Martegani Familia
Archiepiscopo
A. Hildephonso Cardinale
Schuster
Paroco Joanne Strada
ac Paroecia Plaudentibus
m arm oreum pavimentum
ad Dei honorem
huiusque Templi decus
strueri feci!
A. D. M CM XLIV 4^
Ne darem o la facile traduzione :
“ Col plauso dell’Arcivescovo di Milano, Cardinale Ildefonso Schuster, del
Parroco Don Giovanni Strada e di tutta la popolazione della Parrocchia, la
Famiglia di Aurelio Martegani fece costruire questo marmoreo pavimento a
maggiore splendore del Tempio ed a gloria di Dio,,.
Nè il mecenatismo del Com m . Martegani si esaurì in quest’opera che è pur
grandiosa. - Egli volle e dispose che tutto l’aspetto ed il decoro interno della
Parrocchiale si intonassero allo splendore di un pavim ento che solo poche chiese
della vasta Diocesi p o ss o n o vantare.
I fregi, i capitelli, le vaste arcate a tutto sesto e le grandiose lesene furono
oggetto delle cure di abili lavoranti; - il Battistero, le cappelline dedicate a S.
Giusepp e ed a S. Giovanni Bosco (che accusavano non lievi danni nella primi­
tiva decorazione) vennero restaurate “ ex n o v o ,,. - Si pose, qua e là, riparo alle
gravissime offese recate da una insidiosa penetrazione di umidità e dallo
stillicidio delle acque piovane. - La vasta superfice delle pareti interne venne
ridipinta e la nuova tinta conferisce al tempio una singolare luminosità; ad una
operazione similare vennero sottoposti: l’organo, il pergamo, i confessionali, le
panche e le porte.
Si riordinò il coro adottandolo di m oderne ed opportune suppellettili; l’intero
impianto di illuminazione e di radiodiffusione fu oggetto di radicale sistemazione;
artistici braccioli in ferro battuto vennero infissi nei grandi piloni a sostegno di
lampade elettriche.
Si rimossero le vecchie e sciapite oleografie che rappresentavano la “ Via Crucis,,
sostituendole con armoniosi ed artistici bassorilievi m onocrom i chiusi in decorose
cornici.
Da tutto questo gran d io so lavoro di rinnovamento - che richiese ingente
capitale - l’interno della nostra parrocchiale ne trasse una nuova e più dignitosa
veste; il tempio acquistò una insospettata luminosità e la vasta costruzione del­
l’architetto Cantoni apparve a tutti veramente maestosa e bella.
-
40
-
N u o v i p ro g e tti
...................... poi, q u an d o i tempi saranno ritornati propizii alla ricostruzione ed
alle feconde opere di pace, si innalzerà la nuova torre campanaria. Per fronteg­
giare la spesa occorrente, venne indetta una sottoscrizione a carattere popolare
che, in pochi mesi, ha dato un considerevole gettito. I tempi eccezionali hanno
arrestato ogni attività costruttiva e, per il momento, il progetto . . . rimane progetto.
Quel decrepito ed oramai cadente mozzicone che attualmente si innesta sulla
forte torre semitronca, che gli fa da ceppo, verrà demolito.
, L’abbattimento segnerà la fine di un altro vecchio e caro amico che - quasi
presago della sua scom parsa - prima di morire volle assolvere un altro dovere. D on ò le sue cam pane perchè divenissero strumento di guerra a difesa della Patria.
O ra il nostro campanile sembra un povero e dolorante vecchio cui siano
stati strappati dall’orbite gli stanchi occhi.
Con le poche e fioche corde di cui dispone la mia lira di strapazzo, mi
sono p erm esso di intonargli - a m o ’ di requiem - l’epicedio.
Voglia ilpaziente lettore accordarmi tutta la sua benevole venia se il parto
del mio scarso lirismo gli sembrerà, qui, un pleonasmo.
EL noster campanili Ve tanta vece
C’han propi decretà de facch la fin . . . .
L'è tutt malaa in di mur ed anca 7 tecc
L’è nanca pu sicur per facch el nin !
El ga una motta de ann in del sachet !
Visin a la gran gesa l’è un nanin
Ch’el fa vegnì ’n del coeur, sto por vegeti,
La storia del lattee col caldarin . . . .
El campanun maggior l’è un pess ch’el
tas ;
L’han imbrigà coi cord . . . . g ’han tolt la vus . . . .
Nè 7 sona pii a festa per chi nas,
Nè 7 sona pù a festa per i spus . . . .
-
47
-
I noster pover mort i menenn via
Cunt una campanella insci legriusa
Che inveci de regnà malinconia
La par la vusettina ci una tusa . . . . !
Puntlamber l’è un paes che 7 ga i so idei . . . .
Ohe pias a pensà giust e vedech dar !
I robb, se hann de vesich, sien beii,
Puranca se in del prezzi paren car !
Pensemich a fa su ’na roba granda,
Cont i campana sulenn ’me quei del Domm !
Ch’el gabia una tal vus che la se spanda
Per tutta la Brianza, infin a Comm . . . . !
E alura . . . . moeur in pas, o vegia tu r!
E ciao anca a ti, o campanella . . . .
Per segnà 7 temp e benedì 7 Signur
N a farem sù un oltra pussè bella !
Presso la Casa Parrocchiale sono allo studio altri progetti fra cui alcuno di
vasta mole, ma su di essi - per il m o m en to - non si p u ò arrischiare la più
modesta notizia, nè buttare sul foglio la più onesta indiscrezione perchè la loro
attuazione e realizzazione richiedono e, vorrei dire, im p o n g o n o anzitutto una
ponderata e lunga preparazione e poi, serietà di intenti, cospicui mezzi finanzia­
ri, assoluta sicurezza di bu o n a riuscita sotto tutti quegli aspetti morali e materiali
che vi so no necessariamente ed indissolubilmente connessi.
Tutta la popolazione segue con interesse la vasta opera di chi sovraintende
al decoro del tempio m agg io re ed è noto che, per condurre a com pim ento tanto
lavoro, lo zelo del Sacerdote è in nobile e felice gara co n la munificenza di chi
m aggiorm ente può, con la generosità di molti e con l’offerta umile, ma cordiale,
di tutti.
—
48
-
La Parrocchiale .
In archivio
Dal “ Liber C hronicus „ che si conserva nell’ Archivio della Veneranda
C a n o n i c a ..............
Qui mi avvedo che è necessario aprire una breve ma doverosa parentesi.
O ccorre che io rivolga un sentito ringraziamento al Molto Rev. Sig. P arroco,
Don Giovanni Strada, per la particolare liberalità e cortesia usate verso lo scrivente.
P er il lettore che ignorasse ag g iung erem o che il “ Liber Chronicus „ è
l’apposito registro che tien nota delle date e dei fatti m aggiorm ente importanti
e salienti della parrocchia.
Da un tale libro che esiste nella nostra Canonica si è potuto ricavare l’e ­
lenco dei Reverendi Parroci che, a cominciare dal 1573, si succedettero nella
cura d ’anime presso la Parrocchia di Mazzonio.
H o scritto: “ dal 1 5 7 3 ,,!
Dall’epoca, cioè, in cui Carlo Borromeo, com patrono della Diocesi, reggeva
con im pareggiabile zelo ed infaticato cuore la Chiesa Ambrosiana.
Anteriormente a S. Carlo pochissimi erano i sacerdoti che si prendevano la
briga di annotare quanto accadeva nel territorio su cui avevano giurisdizione
religiosa.
Il grande Arcivescovo pose fine a tale deplorevole incuria ed ordinò che si
istituissero opportuni archivi per la conservazione dei registri di stato civile,
degli epistolari, dei memoriali ecc.
È noto com e S. Carlo abbia visitato ripetutamente la sua Diocesi.
Nel 1566, accom pagnato da Alessandro Corigiane, Vescovo di Aix in P ro ­
venza (Francia), visitò la Pieve di Incino recandosi a Casiglio, a Pusiano a
Lam brugo, a Cesana, a Brugora, a Mazzonio ed a Castelmarte.
Nella sosta a Castelmarte stese il provetto per la riedificazione della Chiesa
M aggiore di Legnano. - D opo aver amministrato la S. Cresima nella Prepositurale
di Incino, si portò a Canzo, ad Asso, e nei paesi della Valassina e della Valsassina.
-
49
-
Elenco dei M. Rev. Parroci :
1) Zucchi Matteo - resse la Parrocchia dal 1573 al 5 Novembre 1604.
Dal 1604 al 1605 venne fra noi un Vicario Spirituale il cui nom e non ci è noto.
La firma che egli pose in calce a qualche docum ento è assolutamente illeggibile.
2) Pallavicini G a b riele - nativo di Erba, visse fra noi dal G iug no del 1605 al
Luglio del 1661.
Alla sua morte, la Parrocchia ebbe com e Vicario Spirituale il Sac. Francesco
Pozzi che, in seguito, divenne Parroco di Brugora (Erba).
3) Roscio C osim o - nativo di Villalbese. Parroco dal 1662 al 1707. Segue il
Vicario Don Francesco Binda che rimane fra noi dal 19 Novem bre 1707 all’O t­
tobre del 1708.
4) Castoldi Francesco di Morchiuso. Dal 1708 al 1709.
5) Pellegata C arlo - nativo di Carcano. - P arroco fra noi dal 1710 al 1745.
Sotto la sua Direzione venne costruito il vasto sotterraneo e pai te della grande
scalea della Parrocchiale di Mazzonio.
Dal 1745 al 1746 abbiam o come Vicario Spirituale un Don Pessina Carlo Giuseppe.
6) Brioschi C arlo Antonio - Dal 1746 al 1783. Era già curato di Albogasio ;
venne fra noi, mandato dall’Arcivescovo di Milano Pozzobonello (resse la Chiesa
Am brosiana dal 1743 al 1783). - A Mazzonio, Don Brioschi esplicò un ammirevole
apostolato di carità specialmente a favore dei poveri.
7) Staurenghi Antonio Maria - nativo di Proserpio. Resse la nostra Parrocchia
dal 1783 al 1807. - Ebbe come coadiutore “ in p ro p rio ,, il Sac. Spreafico G iu ­
seppe. A beneficio delle anime che aveva in cura, a gloria di Dio, a decoro del
paese volle innalzare l’attuale Parrocchiale.
8)
Mauri Paolo
- dal 1808 al 1819.
9) Bracchi G e ro la m o - dal Dicembre 1819 al Settembre 1829. - Da Mazzonio
passò a V igonzone per ordine dell’Arcivescovo Carlo G aetano conte di Gaisruck.
Dal Settembre al Dicembre 1829 fu Vicario Spirituale di Mazzonio il concittadino
Caldara Don Antonio che in seguito divenne Parroco di Longone.
-
50
—
101 Villa Luigi - di Inverigo - Fu nostro Parro co dal Dicembre 1829 all’Agosto
1836. Durante gli anni che Don Villa resse la nostra Parrocchia, il colera infierì
due volte decim ando la popolazione e recando squallore. Il sacerdote non ab­
b and on ò il g re gge e nel com pim ento del suo dovere contrasse il male e morì
fra il com pianto di tutti.
Nel 1836 si ebbero due Vicari Spirituali : Don C arcano Filippo e Don Pietro
Cerbiatti.
11) Cottini Giovanni - Milanese. Resse la Parrocchia dal 1836 al 1851.
Sono opere del suo zelo l’altare maggiore, la balaustrata m arm orea ed altri lavori
di abbellimento. Acquistò i grandi candelabri ed i busti dei quattro Dottori della
Chiesa che adornano l’altare in particolari solennità.
12) Brambilla Giosuè - da Imbersago. Fu già parroco a Proserpio ed a Locate
Triulzi. Ricevette l’ordinazione sacerdotale dall’Arcivescovo Mons. Oaisruck. - Resse
la nostra Parrocchia dal 1861 al 17 Luglio 1867. Morì per aver contratto il colera
nell’assistenza dei suoi comparrocchiani. La sua salma riposa nell’angolo Nord ala sinistra - del nostro Cimitero.
13) Cagliani
del 1877.
Filippo,
da Inzago (Milano). - Parroco dal 1868 al Sabato
Santo
14) Cervieri Edoardo, da Milano. - Resse la Parrocchia dal 1877
al 1900. Donò
al nostro tempio i paramenti neri che s’usano nelle solennità e fece costruire
l’altare dedicato a S. Giuseppe.
Alla sua morte venne fra noi come Vicario Spirituale il P arroco di Brugora Don
G erosa G iuseppe di s. m. ;
15) Luraghi Giuseppe Carlo Onorato - Nel 1900 l’Arcivescovo di Milano Andrea
Carlo Ferrari nom inava Parroco di Mazzonio Don Luraghi. Egli fu il vero fo n ­
datore delle : “ Missioni per gli operai Italiani residenti in Svizzera „ e tenne
lungam ente la Presidenza della “ Lega Operaia Cattolica Italiana „.
Nel Settembre 1900, come abbiam o già riferito altrove, C arpesino cessava di far
parte della Parrocchia di Mazzonio e la frazione veniva aggregata alla Parrocchia
dei SS. Apostoli Pietro e Paolo di Brugora.
Nel 1902 si istituì la “ C ongregazione della Dottrina C ristiana,, e la “ Pia Unione
delle Madri Cristiane „.
Nel 1903 si riaprì l’Asilo Infantile.
Nel 1908, nel braccio destro della Chiesa Parrocchiale si eresse ili grande Altare
dedicato a N. S. di Lourdes.
-
51
-
16)
Geffuri Luigi
- dal Settenmbre 1911 al 14 Ottobre 1913.
17) Boghi Carlo - Durante il periodo in cui Don Carlo Boghi resse la Parroc­
chia di Mazzonio, si agitò la questione per il possesso e la successione della
chiesa di Lezza. nonché degli immobili che vi erano annessi.
Il buon Sacerdote risolse il problem a acquistando, dalla C ongregazione dei
Concettini, l’Oratorio.
Nel 1922, con regolare ¡strumento, lo assoggettò alla giurisdizione della Parroc­
chiale e così ebbero termine le peripezie della piccola chiesa che, dop o la
Rivoluzione Francese, aveva subito per parecchi decenni le ingiurie e le offese
del tempo e degli uomini.
Don Carlo Boghi resse fra noi dal 1914 al 1920 nel quale anno, per ragioni di
salute, si ritirò a vita privata, a Cantù, nella casa paterna.
18) Giovanni Strada - vivente, milanese di origine,
Venne nominato Vicario Spirituale il 1° G ennaio 1921 e Parroco il 28 dello Stesso
mese da S. E. il Cardinale Andrea Carlo Ferrari, Arcivescovo di Milano.
Nonostante le malferme condizioni di salute, la tristezza dei tempi, le difficoltà
dell’ora ed il continuo accrescersi delle fatiche e delle responsabilità che gli
derivano dal delicato ufficio, Don Giovanni Strada regge il compito con multiforme
attività, con alacre fervore, e con saggezza, ed a lui pertanto vada l’augurio di
un avvenire sempre m aggiorm ente fecondo di benefico lavoro.
Nel suo piccolo studio privato, come nell’alveare Virgiliano, “ fervet opus „.
Lezza - L'O ratorio e le sue vicende storiche
C ’era una v o l t a .................
Questa storia, tu, caro lettore, l’avrai già sentita narrare da qualche vecchio,
forse in una di quelle lunghe sere invernali, quando si stà tanto bene seduti
dinanzi alla fiamma di un grande camino . . . quei bei camini che ancora esi­
stono nelle case che non hanno ceduto alla tentazione di sostituire la serena
poesia dei nostri focolari con un co m odo ma muto termosifone che non dice
nulla, proprio nulla, nè alla fantasia nè al cuore.
-
52
-
V ’è da credere che in quelle sere, - se il raccolto dell’annata lo avrà concesso,
- tu avrai ascoltato le lunghe chiacchierate ed i fantasiosi racconti e le belle fole,
g od end o una fragrante manciata di bu one castagne ben rosolate al fuoco e
spillando dalla botticella qualche boccale di un certo vinello che è il dono asprigno
e razzente di queste viti nostrane che attecchiscono e s’abbarbicano a qualunque
sostegno ed un pò dappertutto.
Ora prova tu pure, amico, a dimenticare per un tantino questa triste e trista
età in cui viviamo ed a riandare col pensiero al lontano tempo dei nostri avi . . . .
C ’era, dunque una volta un buon uom o che, forse stanco di assistere agli
orrori ed alle vergogne del secolo o, forse, o bb edendo ad un celeste invito o,
fors’anche, per espiare con .un vivere santo qualche fallo, prese la decisione di
abbandonare il m ondo e di raccogliersi in solitudine a meditare ed a pregare.
Così, vestito il saio della penitenza, il buon Battista - tale era il nome del
nostro uom o - venne da queste parti e si elesse il suo eremo nelle vicinanze di
un gru ppo di miserabili casupole che si chiam ava: “ Letia
In quei secoli di feroci lotte politiche e religiose, due giganti della Fede,
SI Anseimo e S. Bernardo di Chiaravalle, seguendo le orme di S. Benedetto da
Norcia, infusero nuova vita alla spiritualità medioevale e, con la profonda dottrina,
con l’instancabile predicazione, con la santità dei costumi, validamente difesero
la Chiesa dallo scisma degli Albigesi e dalle insidie di Abelardo e di Arnaldo
da Brescia; inoltre, risollevarono la dignità Pontificia ed Episcopale; dettarono
nuove norme di vita al C lero ; ridonarono certezza di risurrezione ai miseri che
giacevano schiavi sotto l’oltraggioso e protervo dominio dei potenti.
Tutta l’Europa civile sentì il benefico influsso della predicazione di Bernardo
abate di Chiaravalle ed innumerevoli furono coloro che - pentiti di una vita di­
sonesta e corrotta - accolsero i suoi incitamenti accorrendo ad affollare le abbazie
vetuste, gli eremi solitari e le paurose spelonche.
Così per onorare il Santo Maestro, il nostro umile eremita volle costruire un
modesto oratorio dedicandolo al Suo nome.
Ben presto altri monaci si unirono al buon Battista e quando egli venne a
morte ne raccolsero l’eredità spirituale dedicandosi totalmente a beneficare nel­
l’an im a’ e nel corpo i poveri Lezzesi di quel tempo.
Quei monaci insegnarono a coltivare con nuovi metodi i campi, a tessere, a
costruire, ad elevare argini, a vendere ed a comperare con m aggior profitto.
Sarei propenso a credere che sia appunto di quel lontano tempo la
m inuscola tavola infissa nella facciata dell’attuale chiesa di Lezza.
È un rettangolino di marmo bianco orlato di un bel fregio e reca la seguente
iscrizione :
" Hic vigilai monachi
Sùpturi pia vitae
Ob sordes populi
q pia sacra litat,,
-
53
-
Possiam o tradurla, un poco liberamente, così :
“ Questo luogo è custodito da religiosi che si consacreranno a pietose opere
di vita per recare giovamento alle incolte popolazioni che non tengono in nessun
valore le cose pie e le cose sante . . . „
H o già detto altrove che ne! 1400 Lezza passò in dominio di Iacopo Dal
Verme e nel 1647 divenne possesso dei conti Archinti. Così pure Carpesino,
ViU’Albese, Pomerio, O rsenigo e Merone.
Queste forme di “ infeudamento „ cessaro no totalmente di esistere sotto il
regno di Maria Teresa d ’Austria e di G iusepp e 11°,'s u o figlio.
Scrive il Prof. Bassi di Erba, la cui scom parsa è ancora rimpianta, che :
“ . . . con i feudi, molti avanzi di medio-evo scom parvero per opera di questi
due ri f o r m a t o r i
- È vero ; ma l’onesto scrittore dimenticò di ag giungere
che la Casa d ’A sburgo era scesa in Italia con l’intento di liberarci da un giogo
per potercene, a sua volta, accollare un altro più pesante ed avvilente.
Si può arguire, non senza ragione, che tanto i Dal Verme, quanto gli Archinti,
per gelosia o per sospetto, non abbiano mai voluto concedere eccessive ingerenze
di Curia e di Clero nei loro fondi e fu così che Lezza - in fatto di culto - dipese
dalle giurisdizioni di Incino e di Mazzonio.
Del resto, i terrazzani della grossa frazione furono sem pre in discrete relazioni
di buon vicinato con gli abitanti di Ponte Lambro ed essi salivano a Mazzonio
non solo per le cerimonie religiose ma altresì per provvedersi di commestibili e
per vendere o barattare merci e fatica.
Nel 1481 pare che gli abitanti di Lezza si lagnassero di trovarsi alquanto
lontani o scomodi dalla parrocchiale e perciò escogitarono dì rimediare all’incon­
veniente.
Capeggiati o diretti dai più anziani o da chi pretendeva di saperne un palmo
più degli altri, si radunarono nella breve piai .a indicendovi una pubblica assemblea.
Si vagliò il prò ed il contro, finché, tenuto conto di certe proposte che già
erano in corso, i Lezzesi ritennero cosa conveniente offrire ai Padri Serviti l’O ra ­
torio di S. Bernardo perchè lo ampliassero e vi celebrassero le Sacre Funzioni.
La loro offerta venne accolta, ebbe la regolare approvazione del Priore
Giovanni Angelo P orro (poi beatificato) e nel 1482 il Servita Padre Tom aso da
C om o si insediò nel minuscolo e primitivo convento dando subito avvio ai lavori
di rim aneggiam ento e di costruzione.
Tutta la vicenda di donazione e di insediamento ricevette l’approvazione e
la ratifica dell’allora Arcivescovo di Milano, Cardinale Stefano Nardini e del Duca
Lodovico Maria Sforza detto “ il Moro , ,, signore di Milano.
Il canonico Don Venanzio Meroni nel suo libro : “ Memorie storiche della
Pieve d ’ Incino,, afferma che in un docum ento dell’Archivio di Stato di Milano
si conservano i nomi di quei Lezzesi che, con m aggiore autorità, chiesero l’as­
sistenza dei Padri Serviti e noi li riportiam o: Prina, Nava, Pontiggia, Bosisio,
Ratti, Roscio, Vanossi, Rigamonti, Minoretti ecc. ecc.
_
54
-
Nel 1483, il Vescovo di Lodi, Mons. G iacom o De Violi, con solenne ceri­
monia consacrava i nuovi fabbricati. Da allora, ogni secolo impresse alla
costruzione una diversa impronta di arte e di stile per cui l’ariosa linea
architettonica porta assai male - e tutti a suo scapito - i più svariati motivi
decorativi del quattrocento, del cinquecento e del decadente barocco.
Occorre aggiungere che l’attività dei Reverendi Padri non si arrestò al solo
decoro della Casa di Dio ma si esplicò in altre mille benefiche forme. I buoni
religiosi accudivano all’assistenza delle anime, soccorrevano i bisognosi, tergevano
le lacrime ai sofferenti (ed erano m olti)!, istruivano la gioventù, lavoravano campi
vigne ed ortaglie, costruivano strade, imprimevano fecondo impulso agli scambi
commerciali e, allo scopo di giovare in modo particolare agli infermi, esercivano
una farmacia che distribuiva medicinali e spezierie a quasi tutta la Pieve di Incino.
Vicende alterne
Nel 1789 scoppia quell’uragano che gli storici chiam ano: “ Rivoluzione
Francese ... La furia sanguinaria di Marat, di Danton e di Roberspierre s ’accorda
con l’em pia bestemmia di Voltaire, di Rousseau, di D ’Alembert, di Diderot che,
- strappando Iddio dalle coscienze - pretendono divinizzare l’uomo.
Si inneggia all’Enciclopedismo ed alla Dea Sapienza; in nome degli Immortali
Principii si distruggono gli altari del Dio Vero e la pseudo/filosofia folleggia
trionfante nelle città e nei villaggi pazzamente ubbriaca di rabbia iconoclasta.
I sanculotti calano in Italia e la protervia giacobina - con insolenti decreti
- scioglie le comunità religiose e confisca - im padronendosene - i beni di tutto
il clero.
II piccolo convento e la chiesina di Lezza furono venduti a privati ; i Padri
Serviti se ne an d a ro n o ; il silenzio gravò sull’antico edificio che - misero - quasi
non fosse bastata l’implacabile ira del tempo, dovette subire, per oltre un cinquan­
tennio, la bestiale ingiuria degli uomini.
La cappellina laterale destra fu stoltamente demolita, la piccola sagrestia venne
adibita a ricovero di u n ’allegra brigata di uccellini che servivano di zimbello alla
mania venatoria di un rozzo “ sparafucile „ e tutta la decorazione interna patì
gravemente.
Finalmente, nell’Ottobre del 1888, chiesa e convento furono riscattati da quel
santo uom o che fu Don Adalberto Catena - prevosto a S. Fedele in Milano - e,
grazie all’intelligente opera dell’architetto Ulisse Bosisio e del pittore prof. Emilio
Magistretti, il vecchio oratorio s’ebbe le più amorevoli cure riparatrici e potè
riaprire i suoi battenti. Ma solo per poco tempo . . . Pareva che un avverso
destino gravasse su Lezza.
Finalmente, per l’energico intervento del Parroco di Mazzonio, Don Carlo
Boghi, la chiesuola passò in definitivo possesso della nostra Parrocchia mentre
il g ru p p o di costruzioni che costituiva il convento venne acquistato da privati.
Il parroco attuale, Don Giovanni Strada, si è lodevolmente proposto di c o n ­
tinuare i lavori di restauro già intrapresi e bene avviati da Don Adalberto Catena,
e in una sua recente “ m em oria,, scrive: “ Don Catena, da uom o superiore
confessa di non aver fatto tutto.
T ro pp o era sconciata la
povera chiesina. E,
purtroppo, tutto neppure si potrà
fare coi nuovi re s ta u ri,,
C ’è la buona volontà, c ’è il consenso
unanime, c ’è il concorso finanziario
di tutti i cittadini, c ’è il g eneroso contributo di chi maggiormente è favorito di beni,
c’è la necessità di ridare a Lezza un tempio decoroso . . . quali altri impedimenti
ostacolano l’attuazione di un vivo desiderio che non è solamente del sacerdote,
ma anche di tutta la popolazione ?
Visita di dovere
Vogliam o fare, adesso, una piccola visita alla Chiesa di Lezza ?
Dove saranno andate a finire le memorie del vecchio, anzi antico oratorio
di S. Bernardo ? Dove le sue vestigia ? Dove le ossa dei suoi Rettori e dei buo
fedeli Lezzesi ?
Il tempo è l’inesorabile ed instancabile tarlo che rode, corrode, divora e
rovina implacabilmente marmi, bronzi, pietre ed acciaio.
È la tenace e paziente spugna che ap panna e cancella con infaticabile m a n >
ricordi, memorie e storia.
No, caro lettore. - Dell’antico oratorio di S. Bernardo non serbiamo nessuna
memoria, nessuna traccia. La chiesetta attuale racconta tutta la sua semplice storia a mezzo di una breve
epigrafe posta nel muro, a sinistra di chi vi entra. Eccola in latino :
-
56
-
" Ecclesiam hanc Letiae
ex veteri oratorio Sancii Bernardi
anno 1482 ordini Servorum B. V. M.
attributam
Primus loci prior curavit P. Thomas Comensis
Anno 1483 D. Jacobus De Violis
Episcopus Laudensis consecravit
Anno 1508 Julius 11° P. M.
ordini confirmavit
Anno 1553 auctam, deinde restitutam
Exeunte anno 1888
Q uo Septem Fundatores Ordinis B. V. M.
Decreto Leonis XIII0 P. M.
Ad coelitum onores evecti
Novis operibus exornavit
P. Adalbertus Catena
Eccola in italiano :
N ell’anno 1482 questa chiesa di Lezza, sorta sul vecchio oratorio di S. Ber­
nardo, venne a ffid a ta all’ordine dei Servi della Beata Vergine Maria.
Il primo Rettore f u il Padre Tomaso da Como,
N e ll’anno 1483 venne consacrata da Mons. Giacomo De Violi, Vescovo di
Lodi. Il Pontefice Romano, Giulio IP confermò ai Serviti il regolare possesso
della Chiesa.
Il Sac. Adalberto Catena nel 1888 - anno in cui per Decreto di Leone XI I P,
Pontefice Massimo, vennero innalzati agli onori celesti i Sette Santi Fondatori
dell’ordine della B. V. M aria - volle che il piccolo tempio venisse arricchito ed
ornato di nuove opere
Adalberto Catena fu il piissimo ed illustre sacerdote che resse per tanti anni
la prepositurale di S. Fedele in Milano e fu quegli che ebbe l’invidiata fortuna
di essere amico e confessore di Alessandro Manzoni.
Con quanta com m ozione Don Catena rievocava il mom ento in cui porse per
l’ultima volta l’Ostia Eucaristica al G rande Lombardo !
O ra il Poeta ed il pio Sacerdote hanno ab bandonato questo povero m ondo
ma avranno sicuramente ripreso la loro ineffabile conversazione Là dove o g nu no
di noi spera di poter giungere nell’ultimo dì.
—
57
—
Nell’interno della chiesa si può osservare un bel soffitto rettangolare, a
cassettoni, con finti intarsii e rosoni. L’opera è da ascriversi al tardo quattrocento.
Una bellissima cornice in marmo racchiude una statua lignea che rappresenta
l’Addolorata cui è dedicato l’altare m aggiore..
Il pregevole la v o ro è in spiccatissimo barocco della decadenza e sono pure
in questo stile i paliotti e gli altari laterali di cui il migliore è quello dedicato
al Santo Crocifisso.
Nella volta dell’abside sono dipinti a fresco i simboli della Passione.
Ai lati: due mediocri statue di S. Bernardo Abate e S. Filippo Benizzi.
Stimo che la balaustra sia fattura del 1500 e così pure le decorazioni e le cornici.
Un artista milanese, G abrio Boso, vi ha dipinto alcuni discreti pannelli raf.
figuranti i maggiori Profeti dell’A. T. e di buo na fattura è il qu adro a olio che
ha per soggetto : “ La Cena di Em m aus „. Purtroppo la tela è relegata in un
cantuccio che la nasconde all’occhio dei più.
-
58
-
Istruzione e Scuole
P er la istruzione e formazione morale dell’infanzia e della giovinezza, il nostro
paese dispone di due asili infantili e di due sezioni di scuole elementari suddivise
nei due nuclei di Ponte (paese) e di Lezza.
Gli Asili d ’infanzia da diversi anni sono diretti da un corpo di Rev/de Suore
(attualmente sono Suore dell’Ordine del Preziosissimo Sangue che hanno la loro
C asa M adre in Monza) ed accolgono annualmente circa un centinaio di frugolini
fra maschi e femmine, di età inferiore ai sei anni.
Questi provvidenziali nidi d ’infanzia, che sono sostenuti dal m odesto obolo
mensile dei genitori e dalle elargizioni dei generosi, custodiscono durante la giorna­
ta i bambini e le Rev/de Suore, con paziente e lodevole fatica, impartiscono i
primissimi elementi di educazione e di istruzione religiosa, ac com pagnando l’utile
al dilettevole.
Le nostre Scuole Comunali che dipen do no dalla Circoscrizione Provinciale
di C om o e dal Circolo Mandamentale di Erba, accolgon o attualmente circa
duecento alunni abitualmente residenti in Ponte Lambro e, in più, una cinquantina
di scolaretti che, a cagione della guerra, hanno dovuto ab bandonare Milano ed
esiliare fra noi in attesa che la cessazione del conflitto permetta il loro ritorno
in città.
Il num ero dei nostri alunni è in leggero ma costante aum ento annuale e ciò
è in diretta relazione con l’accrescimento demografico del Comune.
L ’istruzione impartita nel paese si limita a quanto è com unem ente stabilito
per le prime cinque classi elementari ed è per ciò che da noi si deve lamentare
ogni anno la m ancanza di scuole che permettano alla gioventù di istruirsi con­
venientemente.
Per la continuazione degli studi i nostri ragazzi devono dipendere dalla vicina
Etba oppure sobbarcarsi ad un quotidiano viaggio che li porti a C om o od a
Milano. - Si constata infatti che il numero degli allievi che aspirano a qualche
laurea o ad una più completa educazione dell’intelletto felicemente si accresce
di anno in anno.
Le autorità, anche in questo campo, pensano e si p ro p o n g o n o di provvedere
perchè il problem a della scuola - di primaria, anzi, di assoluta importanza interessa non solo il singolo cittadino, ma la vita stessa del paese e della Nazione.
—
59
—
È appunto in considerazione di questa deprecata mancanza di scuole
superiori che i papà e le mamme si chiedono preoccupati se i viaggi che i
nostri figliuoli sopportano, più o m eno volentieri, non siano motivo di tante
gravi distrazioni che annullano i frutti dell’insegnam ento ; se non siano causa di
certi deviamenti spirituali che lasciano perplessi ed addolorano i genitori ; se non
siano la cagione prima di quei perturbamenti morali che avvizziscono, intristiscono,
rovinano e talvolta abbrutiscono in m odo irreparahile e lacrimevole l’animo dei
nostri ragazzi.
È questa, indubbiamente, una delle tante ragioni per cui la nostra gioventù
- purtroppo nella sua m aggioranza - è spiritualmente irrequieta. Irrequieta non
per quel fecondo lavorio di fermenti vitali che naturalmente tendono ad una facile
e progressiva metamorfosi per creare gradatam ente l’uom o “ in te g ro ,,, il “ v i r „ ,
il “ C iv is ,,, ma è irrequieta per il torbido agitarsi di fermenti insani, repellenti
ad ogni disciplina, che domani formeranno l’uom o disonesto, amorale, irresponsa­
bile, falsamente istruito, senza am ore nè verso là Famiglia, nè verso la Patria,
nè verso Iddio.
La giusta preoccupazione dei genitori per l’avvenire dei nostri figli creano un
gravissimo problem a d eg n o della considerazione di tutti ma, in m odo particolare,
di chi dirige la cosa pubblica. - H o scritto è " d e g n o della c o n s id e ra z io n e di
tutti „ perchè, infatti, è dovere di ciascuno arginare e frenare il male alle sue
stesse origini.
Un sag gio aforisma latino avverte che : “ Sero medicina paratur cum mala
per longas convaluere m o res,,.
Parole d ’oro ! “ O gni rimedio è vano contro ii
male che ha già irreparabil­
mente colpito ed arrecato lacrimevole dan no „.
Allora potrei chiudere questa breve digressione con l’alto ammonimento, pure
di rom ana memoria . . . .
“ Provideant consules
ne res publica detrimentum patiatur „.
Laiino facile che potrebbe essere inteso così : “ Le autorità e sopratutto
i
genitori provvedano con oculatezza e con inflessibile energia affinchè non sia
recato dann o veruno all’animo ed alla moralità dei nostri figlioli che devono
essere l’inestimabile decoro della famiglia e della Patria „.
................ e qui faccio punto.
In questi ultimi anni l’analfabetismo è andato continuamente dim inuendo ed
° g g ' Pu ò dirsi totalmente scom parso. La necessità di una m aggiore educazione
ed istruzione è fortemente sentita da tutti e ne sono indici sicuri la diffusione
sem pre più vasta del giornale, del libro, della stampa e degli spettacoli teatrali
e cinematografici
—
60
-
Strade ed acquedotti
Il nostro C om une è - oggi - collegato ai paesi viciniori e confinanti a mezzo
di una rete stradale di antichissimo tracciato che, per il momento, risponde
discretamente alle esigenze locali.
Ho detto : " per il momento „ perchè l’accrescersi quotidiano del traffico e
del turismo stradale praticato su vastissima scala con modernissimi mezzi, hanno
imposto alla nostra Amministrazione Comunale di affrontare e studiare con p ar­
ticolare diligenza quello che potrebbe essere chiamato il “ Problem a della Stra­
da „ la cui soluzione, benché irta di gravissime difficoltà, assolutamente non può
essere nè trascurata nè differita.
A convalidare l’urgenza e la necessità di tale soluzione concorrono altre non
meno importanti ragioni quali, ad esempio : il logorio e la usura cui è sottoposto
il fondo stradale dagli attuali potenti e pesanti mezzi di trasporto ; l’insufficiente
ampiezza di alcuni tratti di strada ; il considerevole movimento quotidiano di
maestranze provenienti dalle zone circonstanti ; l’aumento delle relazioni com m er­
ciali e degli impianti industriali che recano un logico incremento al traffico
stradale ; la giusta e naturale preoccupazione di apprestare per l’immediato d o p o ­
guerra vie di comunicazione che non solo abbiano a rispondere adeguatam ente
alla auspicata fervida ripresa ael lavoro ma risolva altresì in m odo radicale la
“ vexata quaestio „ in considerazione delle future esigenze.
Del resto, o gnu n o sa che l’a rg o m e n to : "S trade e vie di com unicazione,,
costituisce, sotto tutte le latitudini del nostro povero pianeta, la croce ed il cruccio
di ogni buon amministratore della pubblica cosa.
Ampliare ove si verifichi angustia e disagio di spazio ; rettificare le storte e
le inutili curve tanto dannose alla sicurezza ; garantire ovunque un razionale ed
adeguato sistema di illuminazione notturna ; aver per norm a (anche ai fini di una
saggia e vera economia) che il macadam e l’asfalto creano la strada ideale ; ri­
vedere l’infelice ed indecorosa viabilità dell’interno del paese (qui, i guai sono
grossi) ! sostituendola radicalmente e senza ulteriori ritardi con pavimentazioni
più adatte ; - abbellire le strade alberandole e, ove sia possibile, affiancandole
di opportuno marciapiede e salvagente.
L’a tt u a z io n e di Questi p r o g e t t i r ic h i e d e r à u n d i l i g e n t e s t u d i o , u n a tten to e s a m e
e s p e s e n o n in d ifferenti,
qualunque s a c r i f ic io .
m a i risultati c h e s e n e o tt e r r a n n o r i p a g h e r a n n o ad u su r a
61
-
i
Abbiamo scritto che le nostre strade sono di antichissimo tracciato e ciò
potrà essere facilmente confermato appena si voglia considerare la loro ubicazione,
il loro illogico andazzo e perfino il loro irrazionale percorso.
Sono le ¡stesse vie che, mille e mille anni or sono, furono tracciate nella
fosca e folta boscaglia dal duro tallone dei primitivi abitatori che, avventurandosi
per queste regioni in cerca di nuovi e più sicuri asili per le loro famiglie e per
le loro tribù, fondarono quegli agglomerati e quelle piccole colonie che diedero
sicura origine ai nostri comuni e paesi.
Il “ Nuovo piano edilizio e s trad a le ,,, che è allo studio presso la nostra
civica Amministrazione e presso i competenti organi tecnici Provinciali e C om u­
nali, considera in m odo positivo non solamente la radicale sistemazione della
vecchia rete stradale, ma anche la costruzione di nuove vie.
Tutto ciò verrà attuato seguendo concetti costruttivi assolutamente moderni .
a) per provocare un benefico incremento nell’edilizia cittadina,
b) per poter sistemare convenientemente gli impianti idrici e di fognatura,
c) per conferire decoro al paese, ampio respiro al traffico e m aggiore sicurezzaalla viabilità.
Non sappiam o quando le nostre Autorità potranno mettere m ano a tanta
impresa e dare l’avvio ai lavori, ma è certo che al termine della guerra la rea­
lizzazione di un razionale piano edilizio e stradale si imporrà in m odo perentorio.
Ponte Lambro è in com uhicazione con Asso, Canzo, Casiino, Erba e Milano
a mezzo della linea ferroviaria - per il momento con sola trazione a vapore costruita dalla Soc. Ferrovie Nord Milano che gestisce una im ponente rete di
trasoorti nell’alta Lombardia.
Il tronco Erba - Ponte Lambro - Casiino richiese un lungo e costosissimo
lavoro. Si dovette costruire un ponte in ferro lungo mt. 40 che attraversa il Lambro.
- Nel tratto Carpesino - Ponte, con una imponente sopraelevazione di terreno
trasportato si superò un dislivello stradale di circa mt. 12.
La realizzazione di questo grandioso progetto impose notevoli esproprii di
terreni irrigui ed ingenti lavori di incanalazione e di istradamento delle acque
della Roggia Molinara.
Infine, nel tratto Ponte - Casiino d ’Erba si traforò la m ontagna in direzione
nord-est con una galleria lunga mt. 120 circa.
Il traffico sulla linea che con giu ng e Milano dinamica ai quieti e sereni paesi
della Valassina è grandioso tanto in merci quanto - e più - in passeggeri.
L’esodo dei cittadini ambrosiani verso la nostra regione è favorito da varie
ca u s e : la facilità di agevoli escursioni in m ontagna, particolarmente sul Palanzone
(mt. 1436) sul S. Primo (mt. 1686) sui Corni di Canzo (mt. 1373); le fresche e
salubri vallate, la generosa ospitalità dei nostri paesi, la notevole attrezzatura
alberghiera, i campi invernali adatti allo sport sciatorio, il clima accogliente, gli
abbondanti servizi di comunicazione, l’agevole ritorno alla città e sopratutto, quel
particolare tono di vita paesana che, pur mantenendosi diverso fra i vari piccoli
-
62
-
centri, tuttavia rifugge dagli snobismi, dalla eccentricità e dalle smodate e stonate
“ sciccherie „ che formano la caratteristica di altre regioni.
Alcune distanze:
P onte Lambro dista da
Milano
C om o
Erba
Casiino (paese)
Arcellasco
Castelmarte
P ro s e rp io
Canzo
Lecco
Km. 48,5 (Piazza Duomo)
> 17.- circa
3.- »
2,5
2. - »
2 .- (strada rotabile)
2. »
»
5.17.- circa
-
Comunicazioni stradali e ferrov.
»
stradali e tramviarie.
e ferrov.
e tramviarie.
A semplice titolo di curiosità ag giu ng erò che, per via aerea diretta, Ponte
Lambro dista da Roma Km. 500 - da Londra Km 950 - da Parigi Km. 600 da Berlino Km. 820 - da Vienna Km. 600 - da Budapest Km. 800 - e da
M osca Km. 2300.
-
63
-
Agricoltura
Virgilio (Pietole di Mantova 70 av. Cr. - Roma 19 av. Cr.) il più nobile
poeta civile di Roma antica, usando una felice perifrasi, chiamò l’Italia :
"M agna parens frugum, Saturnia tellus,
magna virum . . . !
(Italia, generosa datrice di grano e di biade, madre generosa di eroi) !
V’è indubbiam ente da credere che lo scrittore dell’ Eneide e delle serene
G eorgiche intendesse riferirsi alle pingui ed ubertose cam pagne della grassa Valle
Padana, della frugifera Emilia, della Cam pania (Campania Felix) e della Sicilia
che, allora, giustamente g o d eva il classico epiteto di “ Granaio di Roma ...
infatti, è noto ad o g n u n o che la nostra regione (alta Brianza e Valassina),
Ponte Lambro compresa, non è affatto : “ m agna parens frugum . . . . „
La produzione agricola locale è quantitativamente scarsa anche nelle migliori
annate tanto da essere assolutamente insufficente al fabbisogno della popolazione
e, purtroppo, si deve aggiungere che, in generale, non è neppure eccessivamente
pregiata nella qualità.
Desumo queste osservazioni da vari testi di agronom ia e, se non avessi il
timore di deviare dal carattere peculiare del mio lavoro, potrei esporre anche le
diverse cause che, tutte assieme, concorrono a creare queste deficenze che si
riscontrano nei prodotti delle nostre campagne.
Ecco alcuni dati per il gran o (triticum sativum) :
Il passo decisivo com piuto dalla genetica a vantaggio del processo granario
è dovuto agli studi ed agli esperimenti dello Strampelli che, con le razze precoci
e resistenti all’allettamento, ha decisamente aperto nuovi orizzonti alla granicoltu­
ra italiana.
Le più note di queste razze furono ottenute dallo Strampelli reincrociando
le due stirpi 21 aristato e 67 mutilo del suo incrocio Wilhelmina T arw e x Rieti
col precocissimo grano giapponese A kagom ughi. - Dai vari opportuni incroci
ottenne le magnifiche qualità che sono com unem ente conosciute coi nomi di :
Mentana, Edda, Villa Glori, Ardito, Damiano Chiesa, ecc. ecc. ; - Sono precisamente questi i diversi tipi di grano da semina che g o d o n o oramai la totale fiducia
dei nostri agricoltori.
-
64
-
Ecco alcune quote di produzione granaria di questi ultimi anni :
1939 q.li 170 circa
1940
» 160
»
194)
» 160
1942
» 175
1943
» 190
1944
» 160
Il granoturco (Zea Mays L.) viene ancora coltivato segu en do i vecchi metodi
e senza eccessive preoccupazioni nella scelta del tipo da semina.
Queste sono due elementari ragioni che giustificano pienamente gli scarsi e
non eccellenti prodotti.
La patata (solanum tuberosum ) è in via di miglioramento nella qualità e
nella produzione.
Scarsa e sem pre in deprecata e danno sa diminuzione è la coltivazione del
gelso che con l’allevamento del filugello o baco da seta (Bombix Mori) costituisce
e dovrà ancora costituire una vera onesta fonte di g u a d a g n o e di benessere per
il contadino.1 V oglio riferirmi al contadino intelligente che non si lascia sconside­
ratamente trascinare da falsi miraggi di imprese che, se po ssono essere lucrose
per un solo momento, tuttavia col tempo no n tarderanno a rivelarsi disastrose
e fallimentari.
La vite da uva (Vitis Vinifera) ha preso possesso d ’ogni campo, d ’ogni giardino,
d ’ogni pergolato e d ’ogni palmo di terreno. Ciò nondim eno la produzione delle
uve locali non ha pregi notevoli per diverse cause :
a) D opo i terribili morbi che sullo scorcio del secolo passato hanno devastato
quasi interamente il patrimonio viticolo nazionale, da parte di molti colti­
vatori non si ebb e cura di porre un radicale ed energico rimedio al male
cosicché la peronospera (Plasrnopara viticola) e la filossera (Phylloxera vastatrix) serpeggiano ancora oggi insidiando, affliggendo, e danneggiand o
piantagioni e prodotti.
b) N on si pone eccessiva diligenza nella scelta accurata dei tipi e delle qualità
di vitigni adatti ai nostri terreni.
c) Da ultimo, si verifica che la stessa posizione del paese ed il clima non sono
eccessivamente favorevoli ad un rigoglioso sviluppo della bella pianta.
T ro p p o sovente d obbiam o lamentare pioggie persistenti, brine primaverili e
periodi di vento prolungati ed impetuosi che im pediscono la calma ed efficace
impollinazione dei fiori. Le eccessive precipitazioni imbriche favoriscono lo svi­
luppo di quelle malattie di natura crittogamica che con estrema facilità si
riscontrano sulle nostre viti.
Sui monti e nei giardini signorili sono assai comuni : il castagno (Castanea
sativa), il noce (iuglans regia), il frassino (Fraxinus excelsior), il carpino (Carpinus),
il cipresso (Cupressus sempervivens), il faggio (Fagus sylvatica), l’abete (Abies
alba), l’ontano (Alnus L.) il larice (Larix decidua), il pino (Pinus pinea), l’ olmo
-
65
-
(Ulmus camp.), il nocciolo (Corylus Avellana), il leccio (Quercus illex), il pioppo
(Populus alta), la robinia (Robinia pseudo/acacia), la quercia (Quercus sessilis),
il tiglio (Tilia siivestris) ecc. ecc..
In questo lungo periodo di guerra, a cagione della m ancanza di altri com ­
bustibili ed anche per la insaziabile sete di eccessivi guadagni, le nostre montagne
sono state saccheggiate e terribilmente depauperate di piantagione, ma v ’è da sperare
che, col ritorno della normalità, mille e mille piante rim boschiranno i nostri versanti
a beneficio dei nostri commerci, della nostra salute, della zona e dell’estetica.
Si potrebbe aggiungere qualche parola sui foraggi ma le nostre culture sono
di scarse proporzioni e la produzione si riduce a pochi quantitativi di erba
medica (Medie, sativa), di trifoglio pratense (Trifolium pratense), di fieno (Trigomella foenum/graecum), di segale (Secale cereale), di ravizzone (Brassica campestris
oleifera) e di vari altri miscugli.
Chiuderemo questa breve nota agricola segnalando che la nostra flora
(montana, boschiva, floreale, ortofrutticola, cerealicola) è, in genere, quella com une
a quasi tutta la zona delle Prealpi Italiane.
Clima
Il nostro clima è spiccatamente prealpino, cioè con particolari tendenze
all’instabilità a cagione delle variabili correnti atmosferiche cui vanno soggette
le regioni montuose.
Da un controllo eseguito nel 1943 abbiam o registrato :
N. 264 giornate di tem po sereno o nuvoloso ma senza pioggia.
» 27
»
ventose.
»
6
»
nebbiose.
> 6 6
>
di pioggia.
>
1
>
nevischio.
11 barometro si è tenuto considerevolmente alto per buona parte dell’anno,
anche nella stagione propizia alle tempestose precipitazioni.
Anno eccezionale !
Del 1944 è ancora troppo presto parlarne.
-
66
—
Un epiteto
È una quisquilia, ma anche le piccole cose possono giovare. - Dice Virgilio
in un suo sereno distico :
" Àrbusta iuvant
humilesquae myricae!
Non è ben nota l’origine di un nom ignolo col quale - specialmente nei
tempi addietro - si pretendeva di designare o di schernire la popolazione di
Ponte Lambro.
Q uesta abitudine di appioppare un epiteto ingiurioso ad ogni paese è di
remotissima data ed è così largamente invalsa che quasi nessun Com une della
Penisola può dichiararsene immune.
I milanesi sono chiamati : “ Buseccouni „ ! e mi sarebbe piaciuto raccontare
al cortese lettore l’origine di questo g rasso nom ignolo che è di molto più antico
dell’altro: - “ M eneghin „ ! col quale viene designato il cittadino ambrosiano.
1 veronesi portano il grazioso titolo di : “ Mati „ (Pazzi) !
1 vicentini - chissà per quale motivo - son detti ab antiquo : “ M agna gati „ !
(Mangia gatti). Come se i vicentini fossero i soli ad avere delle particolari pre­
dilezioni . . . gastronom iche verso il mite domestico felino.
Che dire dei genovesi, dei fiorentini, dei bresciani ?
Invece i buoni bergamaschi, nostri vicini . . . Ecco, ci siamo !
Proprio come i cittadini della Città Garibaldina, i Pontelambresi portano il
dispregiativo di : “ G oss „ (gozzuti) !
L’ingiuria è semplicemente gratuita ed illogica perchè da noi l’ipertiroidismo
è sconosciuto. Piuttosto si potrà pensare che con essa si volesse alludere ad una
spiccata tendenza all’avarizia, all’esagerata ingordigia, alla mai sazia voracità.
C om unque, questo antipatico uso di schernirsi a vicenda è pressoché scom par­
so e finirà per ¡scomparire totalmente.
—
ò 7
—
Ponte Lambro e le sue Industrie
Il grave e severo periodo storico in cui ci troviamo, ha - come altrove rallentato il ritmo produttivo degli Stabilimenti e delle Officine di Ponte Lambro
ma la perspicacia e la multiforme attività degli Industriali ha potuto allontanare,
almeno per ora, i gravi danni derivanti da dolorose chiusure di battenti e, pure
a passo ridotto, tiene alto il suo buon nome recando grandissimo vantaggio alle
maestranze e giovando nel contempo alla economia del paese.
Ecco una brevissima rassegna delle Ditte locali :
La C a rtie ra V illa - Situata nella piccola frazione di Busnigallo (Folla). La
cartiera è particolarmente attrezzata nella produzione di carte da imballo, di sacelli
per materiali diversi e di altri articoli affini.
L’attuale carenza di materie prime ed assolutamente indispensabili quali, ad
esempio, il carbone e la cellulosa, hanno fortemente ostacolato il ritmo produt­
tivo, ma, al termine del conflitto, è intendimento della Ditta ai rinnovare macchinario,
attrezzamenti e stabili ai fini di una migliore e maggiore produzione.
Il Setifìcio C ic e ri, g ià C a ld e ra - anch’esso in frazione Busnigallo.
Questa Casa, di antica fondazione, ha cessato la lavorazione della seta natu­
rale prodotta dal “ Bombix Mori „ ed ha coraggiosamente intrapreso quella delle
sete artificiali tipo “ Bemberg „. Naturalmente si dovettero apportare considerevoli
e costose innovazioni al macchinario.
La maestranza dello stabilimento si aggira sulle 100/150 operaie.
O fficin a M e cca n ica Taglia b u e - La piccola officina è notevolmente
attrezzata per la produzione di utensileria meccanica. Dà lavoro ad una quinaicina
di operai ed è tutt’ora attivissima.
O fficin e M e cca n ich e Fratelli Za p p a - Casa di vecchia fondazione che
gode una ormai secolare e meritata fama. L’officina è modernamente attrezzata
per la produzione di utensileria meccanica, di macchine per la lavorazione della
seta (incannatoi, binatoi, stracannatoi, filatoi, ecc.), e per l’accurata finitura di
parti in lavorazione. Possiede una attivissima fonderia adatta alla produzione di
ghisa in masselli ed alla fusione di tale metallo in stampi rispondenti a qualsia­
si esigenza.
La Ditta Zappa gode buona stima anche all'estero dove, negli anni anteriori
alla guerra, esportava i suoi manufatti tenendo fronte ad una agguerrita concorrenza.
-
08
-
La Tip o grafia Castelletti & Bo sis - Sorta da umili origini, la tipografia
gode oggi una meritata stima e si prepara ad affrontare il dopoguerra con par­
ticolare volontà di accrescere la già notevole attrezzatura tecnica per un decisivo
miglioramento della propria produzione.
Dopo questa breve rassegna eccoci, da ultimo, a scrivere qualche indispen­
sabile rigo anche sullo Stabilimento che onora non solo Ponte Lambro ma che
è meritamente ritenuto quale una delle poderose colonne dell'Industria Cotoniera
Nazionale.
L’urlo possente della sua sirena si diffonde grave e solenne per tutta la plaga
ed è veramente il richiamo del più grande opificio tessile dell’intera Provincia
che invita una ingente maestranza alle pie e feconde opere del lavoro.
G li Stab ilim en ti di Ponte Lam b ro
Questo grandioso complesso industriale che oggi costituisce gli :
"Stabilimenti di Ponte Lambro Soc. p. A zioni,,, nacque precisamente circa
cent’anni addietro.
Le sue origini furono umilissime epperciò tanto maggiormente nobili ed
onorevoli.
Correvano gli anni in cui in tutta l’Italia fermentava il sanguinoso lievito
della nostra incoercibile ribellione contro la tirannia asburgica e - purtroppo come suole accadere in tempi di guerra, la implacabile lotta che il popolo italia­
no schiavo ed oppresso moveva agli stranieri era di grave ostacolo al pacifico
e benefico svolgersi del lavoro.
Così fatalmente accadeva che, mentre da noi, le industrie, i commerci e
l’agricoltura erano pressoché arenati e trascurati, la Germania, la Francia e s o ­
pratutto l’Inghilterra - traendo partito dalla loro migliore situazione politica ed
economica interna - promuovevano e davano impulso a quell’ardito evolversi
dei metodi di lavorazione che in breve tempo le portava ad un effettivo dominio
industriale del mondo.
Non già che noi italiani difettassimo di intelligenza o di buona volontà o
di spirito d ’iniziativa o di maestranze capaci di adattarsi al progresso tecnico . .
. . tutt’altro ! . . .
L’oppressione straniera ci umiliava, ci avviliva, ci toglieva dalle felici com­
petizioni in cui si sviluppano o meglio si manifestano le qualità intellettuali e le
energie di un popolo.
Cento anni or sono questa nostra Italia poteva veramente apparire (a chi non
aveva mente, animo e cuore da guardare ad un gloriosissimo passato) una nazione
quasi senza vita e ridotta a tale umiliazione da provocare la oltraggiosa frase
di un insolente straniero (il signor Di Lamartine) che qualificava la nostra Peni­
sola : “ Terra dei morti „ !
Le arti ed i mestieri vivevano piuttosto male, ancora seguendo in gran parte
i sistemi degli avi. - Nelle industrie tessili le grandi invenzioni avevano inco­
minciato con assicurare un indiscutibile primato mondiale all’Inghilterra.
—
69
—
Era già sorta, in realtà, l’aurora di quella che [più tardi doveva chiamarsi
“ l’età della macchina „ ma, in Italia, per le già ricordate condizioni politiche, si
rimaneva enormemente staccati dagli altri.
Le difficoltà, anziché diminuire, crescevano e particolarmente grave si faceva
la sorte di quelle piccole industrie di provincia i cui costanti motori erano là
pazienza e la tenacia degli uomini.
Il mondo pareva ancora immenso e le distanze erano enormi anche in questo
ristretto continente europeo.
Le prime ferrovie suscitavano maggiore curiosità che fiducia ; - il commercio
procedeva con la millennare povertà dei suoi mezzi primitivi : il cavallo eda il
veliero. Le materie prime ed i prodotti allargavano a fatica l’orizzonte della loro
espansione. Le comunicazioni erano tarate da una lentezza esasperante . . . .
A distanza di un secolo tutto ciò sembra lontano come la storia di Grecia
e di Roma.
Il globo si è fatto piccolo per il poliedrico dinamismo che pervade l’uomo.
Le distanze sono scomparse. Ciò che prima era un modo di dire, una semplice
metafora per indicare la velocità: “ v o la re ,, è oggi un fatto compiuto.
Le misteriose onde dell’aria sono divenute messaggere fulminee della parola.
L’azione ha le ali e vibra attorno al mondo come un fascio di nervi in un or­
ganismo umano.
Mai - forse - nella storia del genere umano uno spazio di cent’anni ha*
tanto mutato della sua vita.
E appunto in questo spazio prodigioso di tempo che si è svolta la storia e
l’attività della Casa industriale che in questi anni potrà celebrare il primo cente­
nario della propria nascita.
E lo potrà celebrare con commozione, guardando il passato - con orgoglio,
guardandosi intorno - con fede immutata, guardando l’avvenire.
Sul ben radicato ceppo primitivo spuntò un promettente pollone verde.
Il pollone non tardò a tramutarsi in verzicante alberello e l’alberello è oggi
una frondosa pianta dalla vasta chioma sotto la quale si raccolgono migliaia di
lavoratori, migliaia di famiglie.
Da antichi documenti notarili si è potuto rilevare che il primitivo complesso
di fabbricati che costituivano l’opificio di Ponte Lambro ospitava - in un primo
tempo - una modesta filanda ed un filatoio di seta naturale.
Il piccolo complesso esiste ancora e, - in attesa di una onorevole morte che
per imprescindibili necessità moderne non potrà tardare, - assolve ancora il suo
compito accogliendo fra le sue vecchie mura alcuni particolari reparti.
Acquistato, in seguito, dalla Ditta Rossi di Mouza, diede vita ad una nuova
industria: quella dei cappelli e fu allora che le sorti del modesto opificio volsero
definitivamente verso quelle durevoli condizioni di benessere, di serietà e di
solidità commerciale che alimentarono nei posteriori decenni la fama e la stima
dello Stabilimento.
-
70
-
Nel Giugno del 1891 un gruppo di industriali svizzeri acquistò la fabbrica
con l’intento di iniziare fra noi in grande stile la lavorazione del cotone e fu
così che la Ditta Ruschmann, costituitasi in Società Accomandita, potè imporsi
sul mercato nazionale con una speciale produzione di tessuti per fodere, di mus­
sole, di garze per medicazione, di garze apprettate, di tarlatane e di altre diverse
qualità.
Allontanatosi il Ruschmann, il fiorente Cotonificio venne assorbito dalla
S. A. Cotonificio di Inveruno, finché nel 1912 si ricostituì indipendente assumendo
la ragione sociale di “ Cotonificio di Ponte Lambro
Sotto questo nominativo la Ditta viveva solamente sette anni poiché nel 1919
avveniva una radicale trasformazione, costituendosi la società di “ Accomandita „
in “ Anonima,, ed elevando il proprio capitale ad una cospicua cifra.
Presidente ed Amministratore Delegato d’allora fu il signor Alfredo Bohi che,
con rara attività, non si limitò a dirigere quanto già esisteva, ma diede potente
impulso a nuove lavorazioni.
Nel 1935 il Comm. Bohi lasciava il posto tenuto per tanti anni con
rara competenza ed allorché gli successe nella carica il Comm. Aurelio Martegani,
il Cotonificio passò a far parte di un potente gruppo industriale piemontese pur
conservando gelosamente la propria autonomia e la propria indipendenza ammi­
nistrativa, economica e finanziaria.
Dopo il 1935 tutto lo Stabilimento è soggetto a radicali trasformazioni:
si creano nuovi reparti ; si ingrandiscono i preesistenti ; si rinnovano materiali e
macchinario ; si acquistano vaste aree fabbricabili ; i diagrammi dèlia produzione
si elevano a livelli non mai fino allora raggiunti ; le vendite sono favorite e dalla
provata rinomanza dei prodotti e dai prezzi che tengono valorosamente testa a
quelli praticati dalle più agguerrite industrie tessili similari ; la fama del Cotoni­
ficio valica le Alpi e gli Oceani ed i suoi tessuti passano sui mercati della Bulgaria,
della Romania, della Iugoslavia, dell’Egitto e della lontana America Latina.
Infine, allo scopo di migliorare le varie lavorazioni si adottano nuovi proce­
dimenti tecnici e, per vincere la penuria di materie prime che l’estero ci forniva
con invidiosa tirchieria, si adottano vantaggiosamente manufatti autarchici che
sono tuttavia suscettibili di ulteriori perfezionamenti.
Da tanto fervore di opere e di vita è naturale dovesse nascere, crescere e
diffondersi quel benessere economico e quell’equilibrio finanziario che in breve
tempo portò il Cotonificio ad impensati sviluppi.
Il grande tronco mette rigogliosi rampolli ed ecco aggiungersi a lui gli
opifici di Stezzano (Bergamo), di Lissone (Milano), di Calolziocorte (Bergamo),
di S. Giorgio Canavese (Aosta), e di Erba.
Contro quest’ultimo infierì l’ira dell’ala nemica nelle giornate del SCLSettembre
e 1° Ottobre 1944 recando gravissimi danni.
Nel 1944 il Cotonificio assume la denominazione di: "Stabilimenti’di Ponte
Lambro „ e la direzione del vasto complesso è validamente tenuta dal
-
71
-
Comm. A. Martegani che, oltre ad esserne il Consigliere Delegato e Direttore Gene­
rale, ne è il capo che stimola le energie, che guida con competenza, che dirige
con sicuro intuito, che sorregge con infaticato cuore maestranze e dirigenti, che,
infine, validamente coadiuvato da un corpo dirigente ed amministrativo di indi­
scusso valore e di provata capacità, risolve gli ardui problemi che le difficoltà
del momento rendono ancora maggiormente ingrati.
Si potrebbero ora citare cifre e diagrammi sull’attività produttiva degli
Stabilimenti di Ponte Lambro e mentre per il momento ce ne riteniamo
dispensati per quegli elementari motivi che ognuno può facilmente intuire
tuttavia, senza essere indiscreti, si può affermare che la loro organizzazione tec­
nico/industriale e la loro salda struttura economica concedono di prevedere uno
sviluppo anche maggiore in queirauspicabile pacifico avvenire che gli uomini di
buona volontà giustamente si attendono al termine dell’attuale conflitto.
Non si possono chiudere queste brevi note senza ricordare l’opera degli
“ Stabilimenti „ nel campo dell’assistenza morale e materiale delle proprie maestranze.
A tale scopo venne edificato un imponente gruppo di case per impiegati ed
operai che sono costruite con moderni intendimenti ed accorgimenti che rispon­
dono pienamente ad ogni esigenza della tecnica, dell’igiene e del conforto.
Gli spacci e le mense aziendali, specialmente in questi tempi difficili, sono
particolarmente apprezzati e frequentati.
L’assistenza ai militari, il dopolavoro, i campi da gioco, la biblioteca, il corpo
dei vigili del fuoco, il corpo musicale sono istituzioni in pieno sviluppo.
È intendimento della Direzione Generale che tutte queste forme di assistenza
abbiamo ad assumere proporzioni anche maggiori.
Ciò tornerà di incalcolabile vantaggio non solo per quanti prestano la loro
attività negli stabilimenti ma anche di tutta la popolazione che, a buon diritto,
si ritiene orgogliosa di ospitare e dar vita a quel potente strumento di benessere,
di prosperità, di equilibrio economico e di ordine che, con insufficente compe­
tenza, ma con cuore, ho tentato di illustrare.
-
72
-
CUORI E SPADE
ÌUqqevida
L ’alba
Era il Giovedì Santo del 1245.
La notte volgeva al suo termine e le tenebre, solenni e paurose, che fino
allora avevano coperto con fitto velo gli uomini e le cose, cominciavano a dira­
darsi ed a diminuire di intensità per lasciar posto a quel vago chiarore che procede
l’apparire dell’alba.
La nuvolaglia che il giorno avanti aveva rovesciato torrenti d ’acqua su tutta
la Brianza era stata spazzata via da un
impetuoso
vento dilevante ed ora s’in­
fittiva cupa ed ancora minacciosa verso il Varesotto, nascondendo la luna giunta
quasi al tramonto.
L’aria pura, l’iinpida e fresca rendeva ancor maggiormente luminose le infinite
luci color zefiro e turchesino che brillavano appese alla grande volta celeste. Le
stelle, le belle stelle, sebbene eternameute mute, con il loro vivido e fulgido
tremolio, sembrava partecipassero anch’esse gioiose all’ imminente nascere di
un’ altra giornata che avrebbe recato le consuete gioie, le consuete fatiche ed
altre lacrime alla povera umanità.
In quel mattino tre uomini percorrevano a piedi l’angusto e pericoloso
sentiero che da Proserpio scendeva verso il corso del torrente Lambro e la via
appariva, al loro occhio esperto, appena lievemente tracciata. Tuttavia, bisognava
usassero ogni cautela per scansare i pantani, i rigagnoli d’acqua ed i franamenti
di terreno che l’acquazzone aveva provocato.
Era, quello, un sentieraccio difficile, tutto ciotoli e ghiaia che - snodandosi
fra fitte boscaglie ed incolte campagne - passava quasi ai piedi del dirupo su
cui stà appollaiata Castelmarte e finiva per collegarsi con la via che, dipartendosi
da Casiino, correva verso Incino.
Strade orribili che i rari contadini percorrevano spauriti, recitando devozioni
ed invocando i Santi per essere liberati da malaugurati incontri con prepotenti
signorotti, con insolenti messi imperiali, con masnade di soldataglia, con gente
infame o, peggio, con ladroni ed assassini.
Sovente ma in modo particolare nelle vicinanze di castelli o in tenute feudali,
il passeggero era tenuto al pagamento di una tenue tassa di pedaggio o di
transito, ma tale imposta anziché servire al miglioramento ed alla sicurezza delle
comunicazioni andava a tutto beneficio di chi la imponeva e l’infelice che si fosse
rifiutato di pagare poteva, talvolta, incorrere in malaugurate e spiacevoli avventure.
Tali erano i tempi. Tali i costumi.
Tre uomini - Tre spade
I nostri tre pellegrini notturni avevano già percorso, dal punto di partenza,
un discreto tratto di strada ed avanzavano tenedosi lievemente distaccati l’un
dall’altro.
L’uno di essi, il più anziano, procedeva gli altri due camminando con
passo sicuro.
Era un uomo maturo d ’età ma non vecchio, di aitante statura, di aspetto
grave e di nobile portamento. Aveva il capo scoperto, lo sguardo uso al comando,
le mascelle forti, il mento ornato da una barba breve ma folta e ben pettinata.
Un greve mantello scuro orlato di pelliccia gli scendeva dagli ampi omeri
lasciando tuttavia libero il cadenzato moto delle braccia ed il sicuro incedere.
Sotto il mantello indossava una cotta a strettissime maglie d’acciaio che giungeva
sin quasi al ginocchio ed era tenuta stretta ai fianchi da una cintura di piastrine
d ’argento collegate fra loro da piccole cerniere. Lunghe e ricche calze gli copri­
vano le gambe poderose ed ai piedi portava forti sandali chiusi che salivano sino
a coprire metà il polpaccio.
A breve distanza da lui, quasi premurosi di serbare un rispettoso distacco,
seguivano due uomini alti e di marziale aspetto, ma la loro età non doveva di
certo essere superiore ai cinque lustri.
Indossavano una lorica di cuoio ed una breve tunica color marrone.
L’arme nobiliare che recavano incisa a bulino sul giustacuore d’acciaio, i
costumi ed il loro stesso portamento denotavano assai chiaramente come essi
appartenessero alla milizia o ad una di quelle milizie di parte tanto comuni a
quei tempi.
Tenevano per la briglia tre poderosi cavalli quasi interamente coperti da
ampie qualdrappe di velluto blu scuro orlate da frangia chiara.
Le loro ricche bardature di cuoio nero erano ornate di lucide borchie e
portavano staffe speronate, reste e morsi d’argento massiccio.
Che il nobile signore fosse assorto in cose gravi lo si poteva facilmente
indovinare dal volto atteggiato a severità e da taluni moti bruschi e repentini dalle
mani che, agitandosi, pareva seguissero lo sviluppo e l’irruente corso del pensiero.
Ogni soldato, ogni uomo di spada o di lancia, vedendolo passare, avrebbe
ravvisato in quel fiero signore : “ Panerà da Bruzzano „.
Era, costui, un valorosissimo capitano, un cuore magnanimo di puro lombardo,
un terribile combattente. - Il suo nome era noto in tutta Italia, l’eco del suo valore
-
76
-
aveva varcato i confini, la sua spada era temuta da ogni avversario e la sua
protezione veniva desiderati ed ambita.
Primo fra i primi nelle imprese che fossero servite a difendere il buon diritto
e la libertà ; primo fra i primi capitani e condottieri del suo tempo.
I più illustri uomini d’arme d’allora lo avevano caro ed erano, a loro volta,
gente di ineguagliabile valore e di indomabile coraggio ; fra di essi potremmo
citare: Martino e Pagano Della Torre signori della Valsassina ; Enrico da Monza,
il supestite eroe della infausta battaglia di Cortenova; il terribile Simone Muralto
da Locamo ; i marchesi Archinti e Crivelli, Ottone da Mandello e Stefano Confalonieri di Agliate magnifico soldato, irreligioso, eretico che, più tardi, nel 1252,
si sarebbe reso corresponsabile del martirio di S. Pietro da Verona frate domenicano
ed Inquisitore Pontificio per la Diocesi Milanese.
Ovunque si fosse presentata l’occasione oppure il dovere di scendere ani­
mosamente in campo per lottare contro i nemici di Milano quivi non mancavano
mai questi uomini di ferro adusati a tutte le privazioni, a tutte le fatiche, a correre
rischi d’ogni sorta ed a vivere fra paurose e tremende avventure.
Ma a Panerà di Bruzzano la fama migliore proveniva dalla universale stima
in cui era tenuta la onestà incorruttibile ed adamantina del suo carattere e del
suo cuore, l’integrità dei costumi, la probità della vita, l’amore alla giustizia, la
saggezza del suo consiglio sempre richiesto ed il suo profondo rispetto alla
sacertà del giuramento.
Ma da quale parte proveniva e dove era diretto Panerà da Bruzzano nella
notte del Giovedì Santo dell’anno 1245?
Che faceva egli da queste parti ?
Aveva forse qualche missione da compiere o da portare a termine ?
Aveva forse smarrito la giusta via ?
Per poter dare una breve ma sufficiente risposta a queste demande è neces­
sario premettere un sommario cenno di storia.
-
n
-
Una pagina di Storia
Fin dal 1239, nella piana di Camporgnano, i Milanesi “ utpote viri bellicosi
ac strenui „ (*) come li definisce Radevico da Frisinga, avevano sconfitto Federico 11
figlio di Enrico e nipote del Barbarossa. Per di più, si erano accaniti contro Crema
e Cremona per vendicarsi degli aiuti che queste due Città avevano prestato
all’Imperatore teutonico.
Dopo alcun tempo Federico occupò Cassino Scanasio, incendiò per odio il
Monastero di Morimondo, devastò con sistematiche distruzioni il contado milanese,
angariò la plebe con tasse onerose e da ultimo, dopo assere stato battuto una
seconda volta, abbandonò la Lombardia e si recò in Toscana.
Trascorsi sei anni, Federico non potendo tollerare lo scorno ed il bruciore
delle sconfitte ricevute, si accampò nuovamente nei dintorni di Milano con l’osti­
nato proposito di riprendersi la rivincita.
Sui primi del 1245 il suo figliastro Enzo che era nato in Italia e portava il
titolo di Re di Sardegna per aver spostato Adelaide, vedova di Ubaldo Visconti,
signora di Gallura e di Torres, decise di portare le sue truppe in soccorso del padre.
Abilissime spie che osservavano attentamente tutti i movimenti degli eserciti
imperiali fecero conoscere ai Milanesi la manovra del figlio bastardo di Federico.
Segno evidente che lo spionaggio politico e militare non è una novità del
nostro tempo.
Stando così le cose, era naturale che coloro che dirigevano le sorti di Milano
si affrettassero ad adottare tutte quelle misure che si rendevano necessarie per
affrontare e sostenere con successo una guerra che oramai si presentava inevitabile.
Si rimpinguarono le casse dell’erario che, dopo tante lotte, si erano disastro­
samente svuotate ; si chiesero e si ottennero generosi aiuti e sicuri appoggi dalle
città am iche; si arruolarono nuove milizie; si assoldarono tutti quegli uomini del
forese che erano validi all# armi ; si invitarono i migliori capitani ad esprimere
i loro consigli e ad assumere i loro posti di onore, di responsabilità e di comando,
Panerà da Bruzzano, informato della cosa, diede la sua incondizionata ade­
sione ed intanto che ancora fervevano i preparativi decise di ispezionare le regioni
del Lago di Lecco e di Como per raccogliere soldati e per invitare vecchi
compagni d’armi e di battaglia.
(1)
uom ini di battaglia e coraggiosissim i.
-
78
-
Viaggiava con lettere patenti che portavano le firme dei maggiorenti della
capitale Lombarda e dello stesso Arcivescovo Leone da Perego.
Si portava da un luogo all’altro con cautela e segretezza per non destare
sospetti e nel suo viaggio era accompagnato da due fidatissimi uomini che,
conoscendo palmo a palmo le regioni da percorrere, sapevano scegliere e trovare
a tempo opportuno i percorsi meglio adatti al compito prefisso.
Tre uomini e tre spade che, messi alla prova e posti allo sbaraglio, avrebbero
irrimediabilmente precluso ogni via di scampo a quei temerari che avessero
osato sfidarli.
Partirono da Milano sui primi della Quaresima ; raggiunsero presto Brivio e
Lecco; salirono a Ballabio visitando diverse località e certi castelli della Valsassina ; toccarono Taceno, Ballano e Varenna. Passando da Mandello si abboccarono
con Ottone, conte e signore del luogo, uomo di alto senno e di intemerato
coraggio (vedi nota).
Ma accadde che, stando ospiti di costui, improvvisamente ricevettero una
sconcertante notizia che veniva a scombussolare i loro piani ed a farli deviare
dall’itinerario che avrebbero voluto seguire.
Due celeri messaggeri, provenienti da Milano ed inviati espressamente da
Pagano Della Torre, avvertirono segretamente Panerà da Bruzzano di abbandonare
il percorso prefisso perchè si era saputo che alcune spie favorevoli a Re Renzo
si erano poste sulle orme dei nostri tre uomini e li seguivano da vicino con
perfidi intenti.
Occorreva far perdere ogni traccia, incamminarsi su nuove strade e trovare
ricovero sicuro presso amici fidati.
La notizia, per quanto grave, non turbò affatto l’animo di Panerà e de’ suoi
due compagni.
Al calar della sera, insellati i cavalli, si lanciarono a galoppo serrato alla
volta di Lecco. Attraversarono il grosso borgo, in un baleno lasciarono alle loro
spalle il vecchio ponte sull’Adda e via, via, via in terra comasca. Giunti a Pusiano
abbandonarono la strada che proseguiva costeggiando il laghetto omonimo verso
Incino, e, incamminatisi per una erta mulattiera, giunserero a Proserpio.
Avrebbero potuto sostare a Galliano o a Longone, ma, avendo saputo
che a Proserpio v’era certezza di salutare e dimorare presso Giustamonte Birago,
vi si recarono senza frapporre pericolosi indugi.
Giustamonte offerse a loro una accoglienza generosa ed amichevole, e dopo
una riposante sosta di qualche ora, i tre cavalieri decisero di scendere verso il
piano per portarsi celermente a Monza dove, fra sicure mura e fidatissimi amici,
avrebbero assistito alle cerimonie religiose del Sabato Santo e festeggiare la
Pasqua di Resurrezione.
Nota : O ttone da M andello era figlio di quell’A nselm o che, con O ttone V isconti, A m isone de
Porta Romana, G ottifredo M ainerio, Arderigo de Bonate ed altri incitarono alla resistenza i
M ilanesi contro il Barbarossa n ell’assedio di M ilano nel 1161 - 1162.
-
79
-
Così, dopo la parentesi storica che abbiamo dovuto necessariamente aprire,
possiamo andare a ritrovare i nostri tre uomini che scendono da Proserpio e
riprendere il filo del nostro racconto.
M edioevo
Quando i nostri tre giunsero in vista delle prime case, Panera accennò ai
due fidi che lo seguissero. La piccola comitiva abbandonò il difficile viottolo tutto
ghiaia e sassi, si inoltrò nella boscaglia umida, ancora gocciolante e fredda per
la recente pioggia e si inerpicò lungo il pendio di una piccola altura. Era evi­
dente l’intento di raggiungere qualche posizione che offrisse la possibilità di rile­
vare con una certa sicurezza la migliore direttiva di marcia ed anche il consul­
tarsi fra loro senza creare sospetti od inutili timori in chi li avesse osservati.
Cosa avrebbero pensato i contadini dei dintorni se avessero potuto vedere
tre neri cavalli e tre uomini armati, in quell’ora ed in quel luogo ?
Benché la luce fosse ancora incerta, i nostri scorsero subito, alla loro sini­
stra, un folto bosco di lecci, di roveti e di castani che la stagione non aveva
ancora rinverditi. A destra incombeva l’ impervia collina con le poche case di
Castelmarte ancora immerse nel silenzio e nel sonno mattutino.
In basso, verso dritta, ad un tiro di freccia, sorgeva una torre quadrata, non
molto alta, ma poderosa e ben costruita. Alcune finestre bifore, all’uso guelfo,
contribuivano a conferirle un motivo di grazia e di serenità.
Si elevava a guisa di barbacana su una breve prominenza di terreno e do­
minava un nucleo di povere casupole che sembrava stessero accovacciate ai suoi
piedi quasi timorose della sua potenza o quasi in atto di chiedere protezione.
Più in là, alquanto discosta dalle case, v’era una piccola chiesa, anzi, un
oratorio sostenuto, su un lato, da quattro forti speroni ed affiancata sull’altro lato
dà un cappellina che, come usavasi all’ora, serviva di ricovero ai viandanti che
fossero stati colti in cammino dalla notte o dalle intemperie. Le mura della chie­
suola erano disadorne, senza intonaco e mostravano i segni dell’ incuria degli
uomini e dell’ ingiuria del tempo.
Due campanelle facevano capolino da una finestra bifora stagliata in un mu­
retto che s’ innalzava dietro l’abside ma quel mattino erano mute nè avrebbero
suonato sino all’alba di Pasqua.
Giù, a valle, dopo un ponte costruito a ripido dorso di mulo, il Lambro
appena uscito dalla stretta gola che lo rinserra e nasconde, dilagava per tutta la
piana creando un vasto disordine di isolotti argillosi, di pozzanghere, di pantani
e di paludi.
-
80
-
Qua e la crescevano folti canneti, boschi di pioppi, di platani, di salici,
sterpaglie, roveti e fitte macchie dove il grosso cinghiale regnava sopra la più
svariata selvaggina di lepri, di conigli selvatici, di volpi, di lontre, di pernici, di
quaglie e di marmotte.
Le poche casupole di Lezza, di Mornigo e di Incino apparivano ai nostri tre
uomini mezzo nascoste da grandi alberi e da una leggera bruma.
Tetre e tristi casupole, abitazioni di povera gente vassalla ed obbediente agli
ordini forse di un esattore tirchio e villano, forse di un esoso gastaldo, forse di
un castellano sempre in vena di beghe e di guerriglia, fors’anche dominata da
un insolente valvassore o da un terribile feudatario.
Povera gente che in regime feudale era legata al padrone da una severa
forma di asservimento ed assoggettata a leggi inesorabili.
Pochi e malsicuri i benefici ed i guadagni, molti gli oneri ed i pesi. Dap­
pertutto erano in auge i diritti di telonio, di guidonaggio, di curaria, i tributi
padronali e le decime. Talvolta i protervi padroni coadiuvati dai loro fattori ri­
manevano intanati nei loro castelli ad escogitare con minuziosa cura i più raffinati
soprusi per vessare ed angariare la miserabile gleba a loro soggetta.
Per saziare l’immonda foia e l’insolente libertinaggio si ricorreva persino alla
mostruosità di un “ jus primae noctis „ che veniva imposto e consumato da quei
bruti con la violenza e sopportato dagli sventurati fra lo strazio, il pianto ed i
più disperati fremiti di odio e di vendetta.
Tale schiavitù era confortata ed attenuata solo dalla Fede e dalla Religione
che dai conventi e dagli altari proclamavano e difendevano l’uomo “ creatura li­
bera,, per naturale e divina eredità.
V e cch ia e fedele am icizia
Panerà da Bruzzano si voltò verso i suoi due compagni e con cordiale
accento disse :
“ Folco ! E tu, Lodrisio, potete dire dove siamo e quale via convenga prendere ? „
Lodrisio si avvicinò al signore e facendo indicazioni con la mano rispose :
“ Laggiù, v’è un ponte sul Lambro e la stradicciola che si scorge sulla sua destra
conduce ad Incino. Quivi la via per Milano diviene assai migliore e ritengo che
dopo una breve sosta per l’abbeverata ai cavalli si possa ripartire e giungere di
buon trotto a Monza prima di mezzogiorno.
-
8t -
Quasi a metà strada, a Giussano, potrete salutare Roberto Patta da Giussano
che in questi tempi suole avere con se i suoi amici Uberto Pelavicino e Manfredo
de Sesto ...
“ Bene ! - commentò Panerà - e sapreste dire di chi sia quel castello che
vediamo li in basso con quelle finestrelle ancora chiuse?,,
“ Cavaliere da Bruzzano ! „ - intervenne prontamente Folco - È lì dentro che
potrete trovare sicura accoglienza ed ospitalità ! „.
Poi abbassando il tono della voce aggiunse :
“ Se Dio e la Vergine lo hanno conservato in vita, quella è la dimora di Odofredo de Ponte ! „
“ Ah, per Sant’Ambrogio ! qui bisogna sostare „ - esclamò l’altro come se avesse
ricevuto una lieta notizia e aggiunse : “ Di certo tu intendi parlare di quell’Odofredo che nella giornata di Cam porgnano era con noi, era dei nostri !
“ Precisamente, cavaliere. E fu proprio lui che dopo la tremenda zuffa con
la guardia del corpo di Federico riuscì a strappare dalle mani del Duca di Fiandra
10 stendardo nero con l’aquila imperiale .
„
“Ma Odofredo rimase ferito - affermò Panerà che prestava attenzione alle
parole di Folco - e da quel momento non ebbi mai più la fortuna di rivederlo
“ Si, - rispose Folco - rimase ferito da un colpo di .mazza sferratogli da un
barone alemanno, credo fosse il Langravio di Turingia, ma posso assicurarvi che
11 nostro Odofredo potè in qualche modo salvarsi ed uscire dalla battaglia recando
nascosta sotto il giaco di acciaio la bandiera degli Hohenstaufen . . . . „
“ Miei compagni - interruppe lieto Panerà da Bruzzano - noi stamane faremo
sosta qui e, se Dio ci aiuta, potremo riabbracciare l’amico Odofredo e rivedere
la bandiera degli Hohenstaufen ! „
Come ebbe terminato di parlare si accostò al suo cavallo, gli accarezzò la
folta criniera e badò con cura quasi meticolosa che i tamponi fossero bene ade­
renti alle ginocchia dell’animale.
Levò da una bisaccia di cuoio legata alla sella un corto pugnale e se lo
aggiustò al fianco ; si accertò che la grande spada di cavaliere fosse bene assi­
curata e rivolgendosi ai due compagni diede loro alcuni ordini :
Scendessero al castello, raccogliessero le più opportune notizie, si informassero
di Odofredo e ritornassero presto a riferire. Lui li avrebbe attesi.
Folco e Lodrisio fecero un rispettoso cenno di assenso, balzarono
insella
e, scambiato un cortese saluto, s’avviarono per la china.
—
82
—
Soldato - cittadino e credente
Ora l’aurora colorava il cielo di morbida luce. Le poche nuvolette cne va­
golavano pigre sopra la vetta del Palanzone e sopra le colline che digradavano
verso la Brianza si accendevano, qua, di una mirabile tinta rosea, là, di un
bell’ocra ed altrove di un fiammante rosso porpora.
Dalla gola che separa Proserpio da Castelmarte spirava una leggera brezza
che, col fresco, recava buon odore di selva e di prato.
Nella boscaglia s’era levato fitto e clamoroso il petulante pettegolezzo dei
passeri cui faceva eco il cinguettio dei fringuelli e l’allegro zirlare del tordo.
Era l’alba. Alba di primavera. Preannunzio gaio della Resurrezione !
Panerà da Bruzzano stette per alcuni istanti a seguire con l’ occhio i due
uomini che scendevano cauti tenendosi l’un dietro l’altro poi sedette sul ceppo
di un grosso noce tagliato quasi alla radice e spinse lo sguardo acuto a scorgere
o ad indovinare luoghi, borgate e castelli che a lui, soldato lombardo, non erano
del tutto ignoti.
Ad un tratto, come svegliato da un comune richiamo, si levarono per l’aria
le voci dei corni delle gaite e dei corpi di guardia che per consuetudine annun­
ciavano l’alba. Il suono giungeva a tratti, ora limpido, ora cupo e roco, a pause
ed in diverso tono.
Erano le sentinelle della fosca torre di Carcano ? Erano le gaite del castel­
lacelo di Monguzzo ? - La leggera tramontana che spirava a brevi intervalli, quasi
ad ondate, confondeva le voci, le ingrandiva e le smorzava, le raccoglieva e le
portava ora in questa ed ora in quella direzione.
Panerà da Bruzzano stette in ascolto. Gli parve di non essere più solo.
La notte se n’era andata e rinasceva il giorno. Il sonno cedeva il posto al
risveglio. La vita rifluiva e tornava a ripullulare.
L’occhio del valoroso soldato si posò sulla campagna umida e boschiva che
- placida e solenne - si stendeva per tutto il Pian d’Erba. Il laghetto di Alserio
col suo specchio d’acqua pigro e melanconico era, in parte, coperto da una bruma
leggera che s’alzava e stava sospesa nell’aria come una coperta di soffice bambagia.
Scorse facilmente il gruppetto di case che formavano Incino sulle quali so­
vrastava, alta, bella, massiccia e potente torre dell'antica chiesa di S. Eufemia. Alla
memoria del nostro soldato si affacciarono, in corsa tumultuosa, accavallandosi
senza alcun nesso nè storico nè logico, gravi r ic o r d i..............
m
-
..............Teodolinda . . . Agilulfo . . . la prepotenza Sveva che ancora stra­
ziava l’Italia . . . il Barbarossa . . . Milano . . . il Carroccio . . . Legnano . . .
Papa Alessandro III . . . la pace di Costanza . . . Federico . . . Enzo !
Volgendo lo sguardo, come per abbracciare l’intero panorama, scorse adagiati
sulle molli colline di Brianza borghi e villaggi.
Qui Crevenna, più in là Parravicino, Carcano, Anzano; a sinistra, Monguzzo
Lambrugo, Inverigo. Più in fondo, scorse o gli parve scorgere Tabiago e Oiussano.
Ovunque boschi folti, straducole deserte, cascinali sperduti, chiesine, torri ferrigne
e foschi castellacci, segni e baluardi di prepotenza e di libertà.
L’uomo generoso, ma non impulsivo, educato ai più nobili sentimenti della
religione avita, dell’onore e dell’ amore civico e patrio, si raccolse quasi in me­
ditazione ed immaginò ovunque : cavalieri catafratti e feroci soldati, ladroni e
briganti, pezzenti e tiranni, menestrelli e giullari, frati e povere creature, eroi e
santi, miseri artigiani e gleba senza nome, signori e nobili, sacrifici e soprusi,
glorie ed onte, sorrisi e lacrime.
Ma proprio in quel momento Panerà da Bruzzano scorse un miracolo.
Sopra tutti e sopra ogni cosa, sopra tanto bene e sopra tanto male vide po­
sarsi, placido e santo, il divin raggio del sole che nasceva.
Allora il cavaliere si alzò, si voltò verso la parte da cui veniva tanto fulgore
di luce, abbassò il capo, stette un attimo a contemplare il prodigioso fulgore del
grande astro poi, levata ia mano, si segnò col segno di nostra Redenzione :
“In nomine Patris et Filli et Spiritus Sancii, Amen „
Un cortese invito
“ Cavaliere da Bruzzano ! Cavaliere da Bruzzano ! „
Panerà si volse verso la parte da cui proveniva la chiara voce che ripeteva
il suo nome e vide una fanciulla ed un paggetto che venivano a lui salendo per
la collinetta.
Camminavano svelti e leggeri superando a piccoli salti i cespugli e gli sterpi
che incontravano sul cammino ed in breve furono presso il nostro soldato che
andava pensando cosa volessero e come potessero conoscere il suo nome quei
due singolari personaggi.
La piccola dama, che poteva avere quindici anni, era di una bellezza ancora
acerba, quasi primaverile, ma già accennava ad una splendida fioritura.
—
84
—
Due treccie biondissime le scendevano sulle spalle e davano un singolare
risalto a due grandi occhi azzurri ed alle labbra rosse e piccole. La lunga veste
di velluto scarlatto le scendeva dal roseo collo nudo bene attillata sino al fianco,
avvolgendo e segnando le spalle e l’onesto seno di adolescente, poi, senza alcun
gioco di cinture, scendeva morbida, flessuosa, a grandi pieghe sino alle babbucce
di raso giallo.
Il maschietto, fratello suo e forse minore a lei di qualche tempo, vestiva una
ricca cotta di damasco blu a piccoli fiori chiari e lunghe calze di un vivace
color zafferano.
Come i due furono vicini all’alta figura del soldato, l’uno si tolse la berretta
rossa adorna di candide piume, l’altra si pose una mano sul petto e chinarono
profondamente e per alcuni istanti il capo. Rizzatisi, la fanciulla guardò in viso
il fiero uomo. Le azzurre pupille rifulsero nel grande candore degli occhi, i capelli
accarezzati dal sole avevano riverberi d ’oro, le guancie si arrossirono lievemente,
le labbra carnose composero un fresco sorriso e disse :
“ Cavaliere e signore ! Vi salutiamo e siamo lieti, mio fratello ed io, di por­
gervi il benvenuto e l’ossequio di nostro padre Odofredo da Ponte, cavaliere
come voi e signore di questi luoghi „.
L’uomo, come raramente accadeva, sorrise affabilmente e rispose :
“ Grazie del saluto gentile ed ancora un più vivo grazie a Dio ed a voi per la
buona notizia che mi recate di Odofredo, vostro buon genitore e mio vecchio
com pagno „.
Così dicendo, Panerà stese le braccia e strinse nelle sue forti mani Quelle
candide e paffute dei due giovani che lo guardavano senza timore ma con grande
rispetto. Poi riprese :
“ Ma chi mai può avervi dato notizia di me ? Come avete potuto sapere della mia
presenza in questo luogo ed a quest’ora? . . . Forse due uomini a cavallo
“ Precisamente, signore ! „ interruppe la piccola dama, “ I Vostri due soldati
chiesero casualmente un sorso d’acqua ad alcuni nostri famigli.
In quel mentre furono scorti da mio padre che si prestava ad uscire per la
consueta caccia mattutina. Li fermò, li interrogò, li trattenne e diede incarico a
noi di venirvi a cercare e recarvi per primi il suo saluto.
Signore da Bruzzano, nostro padre vi attende . . . . ! „
“ Ed allora, scendiamo ! „ concluse Panerà.
Si accostò al cavallo che nel frattempo s’era dato a strappare certi rametti di
gaggia che incominciavano a verzicare e li divorava avidamente. Lo prese per il
lacciolo del morso e s’avviò per la china tenendo vicini i due
giovani amici che,
con bel garbo, rispondevano alle sue domande e chiedevano sue notizie.
-
85
-
Le gaite suonano a festa !
Odofredo, avuta notizia da Folco e da Lodrisio che il suo illustre compagno
d ’arme gli avrebbe fatto una visita davvero inaspettata, ne fu vivamente commosso
e non solo si mostrò onorato e lieto per tanto avvenimento che recava una nota
festiva nell’austero palazzo ma, anzi, premurosamente dispose che esso si svol­
gesse con inconsueta solennità.
Erano trascorsi quasi sei anni dal giorno in cui i due vecchi amici si erano
lasciati ; sei lunghi anni durante i quali l’inquieta Aquila Sveva aveva scatenato
tempeste su tempeste nei cieli di tutta Italia.
Como e Piacenza, Bergamo e Brescia, Pavia e Novara, Vercelli e Bologna,
Reggio e Verona, Monza e Tortona, ma sopratutto la dilettissima Milano si az­
zannavano fra loro ed erano dilaniate da lotte fraterne ed intestine.
Era dunque naturale che il loro incontro fosse improntato a sentita cordia­
lità e servisse a rinsaldare l’antico legame di amicizia e di affetto.
Il siniscalco, cui incombeva il compito di tradurre in atto i comandi del
proprio signore e che per tale ragione era investito di autorità e di poiere illimitato,
impartì senza indugio ai servi gli ordini più opportuni perchè l’accoglienza ed il
soggiorno riuscissero di gradimento al nobile ospite che egli pure conosceva.
Intanto la gaita che era di guardia alla sommità del mastio aveva soffiato nei
corni con grande brio e lena per dare il segnale del benvenuto. Questo segnale
veniva intonato unicamente per annunciare ai sudditi, a tutti i vassalli ed agli amici
dei castelli vicini l’arrivo di personaggi di illustre fama e di alto lignaggio.
Le allegre note si diffondevano chiare nelParia mattutina ed avevano subito
sollevato un allegro rimestio fra i servi,, fra i contadini che si trovavano al lavoro
dei campi e tra gli abitanti del minuscolo villaggio.
Era consuetudine che, in occasione di eccezionali avvenimenti, il signore del
castello o castellano compisse qualche opera o prendesse decisioni particolarmente
magnanime e benevoli in favore dei suoi vassalli.
Quella povera gente, tendendo 1’ orecchio ed allungando il naso verso la
sommità della torre da cui scendeva il suono, si interrogava con curiosa vicenda
e - perennemente abituata al più cupo servaggio, alla obbedienza prona e servile,
alla concussione ed alla prepotenza - si scambiava l’augurio di qualche abbon­
dante dono di grano e faceva pronostici per qualche premio insperato.
I più pronti a rallegrarsi erano i meno abbienti ed i miseri che avevano
pène da scontare con la giustizia.
-
86
-
«
I primi confidavano in una generosa remissione dei debiti accumulati sui ma­
stri del fattore agricolo e gli altri speravano nel perdono delle malefatte o nel
condono di ogni pena.
Il Castello di O d o fre d o da Ponte
Il castello di Odofredo da Ponte’ sorgeva a Mazzonio ed era situato ad un
dipresso dove attualmente si eleva quella torre quadrata che è di tarda costruzione
(circa il 1600) e che innestò le sue fondamenta su quelle già preesistenti.
L’edificio, nel suo assieme, era formato da un mastio o torre principale, da
un cortile centrale e da alcuni altri fabbricati che costituivano nel loro complesso
un rettangolo irregolare.
Sul lato che guardava verso Incino non v’erano mura difensive e pertanto lo
sguardo poteva spaziare libero su tutto il Pian d ’Erba.
11 mastio serviva di abitazione al castellano ed ai suoi famigliari. Al pian
terreno si trovava la sala di ricevimento, la sala da pranzo e la sala delle armi.
Nella sala delle armi il signore teneva, ben raccolto ed ordinato in vaste panoplie,
tutto il suo complicato armamentario : lancie, picche, mazze, alabarde, spade, fio­
retti, pugnali, misericordie, faretre, turcassi, saette, schidioni, elmi, scudi, visiere,
gorgiere, giustacuori, corazze, cotte e sorcotte, guanti, bracciali, schinieri, cosciali,
gambali, e tutti i più svariati arnesi adatti alla caccia, al combattimento, al viag­
gio ed al divertimento.
Le sale erano intercomunicanti, grandi, alte, con soffitti sostenuti da potenti
trabeazioni di legno. Quella da pranzo era adornata ed arricchita da un maestoso
camino di pietra.
Il piano superiore era consuetudinariamente riservato alle camere da letto dei
padroni. Stanzoni ampi e terribilmente gelidi nella stagione invernale. I mobili
che le adornavano erano pochi : vasti letti che poggiavano su alti cavalletti di
legno, due inginocchiatoi per la preghiera ed alcune panche o casse di legno
che contenevano la biancheria, gli indumenti, le ricchezze del signore ed i mo­
nili della castellana.
Su, all’ultimo piano abitavano le ancelle che accudivano ai lavori ed alle
faccende della dimora.
Poche finestre bifore, crociate alla maniera guelfa, lasciavano passare scarsa
luce e poca aria.
-
87
-
A t to r n o alla to r r e s o r g e v a n o le c a s e d ei se rvi, i m a g a z z i n i d e l le
s c o r te
an­
n o n a r ie , i g r a n a i e le s c u d e r ie . T u tte q u e s t e c o s t r u z i o n i di fo rte p ie tr a e di b u o n e
m u r a e r a n o c o l l e g a t e l’u n a c o n l’a ltra q u a s i a f o r m a r e u n p o d e r o s o q u a d r a t o .
D u e s o le e r a n o le p o r te di a c c e s s o : l’u n a sul lato v e r s o P o n t e L a m b r o s e r v iv a
alla c i u r m a dei se rv ito ri e d al p a s s a g g i o d e i carri ; l’altra p o r ta , c h e e r a situ a ta
p r e s s o a p o c o d o v e a t tu a l m e n t e i n c o m i n c i a la s t r a d a p e r P r o s e r p i o , c o n d u c e v a a l­
la c o r te p a d r o n a l e e d e r a c u s t o d i t a d a u n p i c c o l o c o r p o di g u a r d i a .
All’e s t e r n o di q u e s t o n u c l e o di c o s tr u z io n i s o r g e v a u n g r u p p o
a b i ta z io n i p e r i c o n t a d in i , p e r i f am ig li e p e r i servi d el c a s te lla n o .
di
gram e
L e m i s e r e c a s e e r a n o a d u n s o lo p ia n o , b a s s e e tetre. Le m u r a n o n a v e v a n o
in t o n a c o e le fin estre ra re , e p i c c o l i s s i m e n o n e r a n o r ip a r a t e d a vetri. P e r d if e n ­
d e r s i d a l f r e d d o e d a l l a b u f e r a si s t e n d e v a n o c e n c i o a s s ic e lle .
T a l v o lta u n a p i c c o l a s ta n z a c c i a n e r a a f f u m ic a ta e n u d a s e r v iv a di a b i t a z i o n e
a l la in te r a f a m i g lia d el c o n t a d i n o , alla m u d c a , alla p e c o r a e d alle b e s tie d a s o m a !
P e r r is c a ld a r s i e p e r c u c i n a r e si u s a v a a c c e n d e r e il f u o c o nel b e l m e z z o d e l la
c a m e r a e d il f u m o u s c iv a ( q u a n d o u s c iv a ) ! d a u n b u c o p r a ti c a t o n el soffitto.
O g n u n o p u ò f a c ilm e n te i m m a g i n a r e q u a l e sia s ta to il g r a d o di e l e v a z io n e
m o r a l e e m a te r ia le di q u e g l i s v e n tu ra ti c h e d o v e v a n o v iv e re in q u e s t e m is e r e v o li
c o n d i z i o n i ig ie n ic h e .
P o te n ti e d ig n a v i, liberi e servi, tir a n n i e v ittim e, s p e r p e r o e f a m e , g l o r i a e d
u m il ia z io n e , p r o t e r v i a e p a u r a , s o r r i s o e p i a n t o e d o v u n q u e la b o r i o s a a l b a g i a
d e l l ’“ o n o r e „ p e r e n n e m e n t e in c o n t r a s t o c o n l’a b b i e z i o n e dei p a r ia e d e i s e n z a n o m e .
M e d io ev o !
L ’i n c o n t r o a m i c h e v o l e . S p a r v i e r i in agg uat o.
Ma
in ta n to
che
noi
ci
sia m o
in tra tten u ti a fa re q u e s t a o n e s t a
chiacche-
rata, P a n e r à d a B r u z z a n o si è i n c o n t r a t o c o l s u o c o m p a g n o d ’a rm i r i c a m b i a n d o
c o n lui il c o r d i a l e s a lu to e l’a f f e ttu o s o a b b r a c c i o .
N el b e l c o rtile d ’o n o r e , la s p o s a di O d o f r e d o , Lisa, e la fig lia B e r t r a d a
of­
f r ir o n o , - c o m e v o l e v a la c o n s u e t u d i n e - il p a n e , il s a le e d u n a m a b i l e b e n v e ­
n u t o a l l’o s p i t e c h e a v e v a ai s u o i lati F o l c o e L o d r i s io . N e ll a s a la d e i r ic e v im e n ti
i se rv i r e c a r o n o al c a s t e l l a n o e d a g li o sp iti p r e s e n ti g u a n t i e r e d ’a r g e n t o c o l m e di
u v e t te p a s s ite , di b u r r o , di p a n e a b b r u s t o l i t o , di ta z z e di p a n n a , di
sticc i di f a r in a di c a s t a g n e e m ie le .
-
83
-
uova e pa­
O d o f r e d o e ra lieto e d o r g o g l i o s o d e lla v isita di P a n e r à : anzi, p e r r e n d e r e
u n p a r ti c o la r e o m a g g i o al p r o d e o s p i t e e p e r tr ib u ta rg l i u n s e g n o del s u o affetto
p e n s ò e sta b ilì di la rg i re u n d o n o e c c e z i o n a l e a tutti i s u o i v assalli.
I q u a li v assalli, a v u t o s e n t o r e di q u a n t o a c c a d e v a al c a ste llo , a c c o r s e r o e si
a d u n a r o n o a g li in g r e s s i, p r i m a in p o c h i , p o i il n u m e r o si a c c r e b b e e d in fine n o n
t a r d a r o n o a tr o v a r s i in m olti.
O d o f r e d o , m e s s o al c o r r e n te , n e fu c o n t e n t o e p e r a t tu a r e i s u o i p r o p o s iti
c h i a m ò a s e il s in i s c a lc o e d il b a n d i to r e . Al p r i m o o r d i n ò c h e nel p o m e r i g g i o si
d is t r ib u i s s e g r a t u i t a m e n t e a d o g n i c a p o di f a m i g lia u n a b b o n d a n t e m i s u r a di s e ­
g a le , di fru m e n to , di v in o e d u n bel t e r z u o l o d ’a r g e n t o (vedi nota).
L’a ltr o in v e c e si r e c a s s e s u b it o p e r le vie e nei cortili ; b a n d i s s e c h e v e n i v a
c o n d o n a t a u n a p i g i o n e di tre m e si a tutti e si r ite n e s s e r o c a n c e lla te le p e n e pec u n a r ie s in o a d u e te rz u o ii ; in s e g n o di fe sta si s o s p e n d e s s e r o i lavo ri c a m p e s tr i
s in o a d o p o la P a s q u a .
P e r i P o n t e l a m b r e s i d ’a llo ra , q u e l la fu u n a b a z z a e c c e z i o n a le . U n r e g a l o
ta n to g e n e r o s o e d i m p r o v v i s o n o n c a p i t a v a m ic a a d o g n i m u ta r di l u n a !
Q u e l l ’u m ile g e n t e , n o n s a p e n d o c o m e e s t e r n a r e il lo r o p r o f o n d o s e n s o di g r a ­
titu d in e , r i n g r a z i a v a I d d io i n v o c a n d o b e n e d i z i o n i su O d o f r e d o , p a d r o n e e s ig n o r e .
E c c o gli um ili ! U n m o d e s t o d o p o , la p r o m e s s a di u n g i o r n o di s e re n ità ,
un p i c c o l o p r e m i o i n s p e r a t o f a c e v a n o d i m e n t i c a r e in finite
e la c r im e .
M a in ta n to c h e f e r v e v a n o c o m m e n t i
e chiacch iere
s o f fe re n z e ,
co m in ciò
p r iv a z io n i
a se rp e g g iare
u n a v o c e c h e , su lle p rim e , s p a r s a s i c o n u n a c e r ta a ria di m is te r o , c r e ò
qualche
tim o re .
C erti c o n t a d i n i t o r n a n d o d ai c a m p i r ife r iro n o di a v e r v isto q u a t t r o u o m in i a
c a v a l lo c h e s ’e r a n o ferm ati a s o s t a r e p r e s s o a lc u n i p i o p p i , sul g r e t o del L a m b r o ,
v e r s o C a s iin o . M a n e s s u n o s e p p e p r e c i s a r e chi f o s s e r o .
F o r s e c a v alieri, so ld a ti, m e s s i, p e l le g r in i, s i g n o r i o g e n t e o n e s t a c h e
prose­
g u i v a p e r la s u a s tr a d a . Altri la p e n s a v a n o c o n m i n o r e o tti m is m o .
N o n p o t e v a n o e s s e r e q u a t t r o a v v e n tu r ie r i, la d ro n i, sbirri, g e n t e m a l i n t e n z i o n a t a ?
O g n u n o a v e v a la s u a d a d ire; p a r o le , v o ci, ip o te si e s u p p o s i z i o n i si in c r o c i a v a ­
n o e si c o n t r a d d i c e v a n o m a e r a n o tutte p a r o l e v a n e e d ip o te s i c a m p a t e in aria.
O li u o m in i a v e v a n o b e n altro p e r il c a p o . O li u o m i n i p e n s a v a n o alla m a n n a
c h e a v r e b b e r o r ic e v u to al c a s te llo , . . . al bel te r z u o l i n o d ’a r g e n t o d a i n ta s c a r e . . .
e d alla b o ttic e lla di v in o d a s p illa r e a P a s q u a .
Le d o n n e , c h e a n c h e a q u è te m p i e r a n o d o n n e , c h i a c c h e r a r o n o p e r tutta
la
m a ttin a ta . Infine, c o m e s e m p r e a c c a d e , u n a lieta e u f o r ia li a v v o l s e tutti e p iù n e s s u n o
r i c o r d ò o p e n s ò ai q u a t t r o m is te r io s i ca v alieri ferm i sul g r e t o d el L a m b r o .
N o ta : I te rz u o ii c o n te n e v a n o so lta n to 1/3 d ’a rg e n to ed il lo ro v a lo re si a g g ira v a su lle L. 50
del n o s tro c a m b io a ttu a le .
-
89
-
I masnadieri
Al lettore, c h e a b b i a p a z i e n t e m e n t e s e g u i t o q u e s t a l u n g a sto ria , n o n s a r à diffici­
le in d o v i n a r e chi f o s s e q u e l la c o m b r i c c o l a e
perchè
si
t r o v a s s e in q u e l l u o g o .
Il v i a g g i o di P a n e r a d a B r u z z a n o e dei s u o i c o m p a g n i , n o n e r a f o rs e t e n u to
d ’o c c h i o e d a c c u r a t a m e n t e v ig il a to d a s p ie la n c ia te d a Re E n z o su lle lo r o o r m e ?
I n o s tr i a m ic i n o n a v e v a n o
f o rs e
d o v u to
r e g i o n e d e lla V a l s a s s i n a e d el L e c c h e s e
m e s s a g g i o di P a g a n o d e lla T o r r e ?
p recip ito sam en te
in s e g u i t o
ad
un
abbandonare
seg reto
ed
la
urg en te
T u tta v ia gli a c c o r g i m e n t i e le p r e c a u z i o n i a d o tta ti c o n c e le r e te m p e s tiv ità d ai
n o s tr i
p e r far p e r d e r e o g n i tra c c ia ,
non
v alsero
a n u lla .
La
lo r o
p artenza
da
M a n d e l l o v e n n e s e g n a l a t a e n o n s f u g g ì ai se rv i im p e r ia li c h e , in u n b a l e n o , f u r o n o
di bel n u o v o s u lle p is te di P a n e r a .
I n t e r r o g a n d o a d e s t r a e d a s in istra , r a c c o g l i e n d o
n o tiz ie
un pò dappertutto,
c h i e d e n d o in f o r m a z io n i a d o g n i i n c r o c i o s tr a d a le q u a s i c o n la c o n c ita ta i n s i s t e n z a
di c a n i s e g u g i c h e a n n a s p i n o e d a n n u s i n o n ella b o s c a g l i a p e r s c o v a r e la p r e d a ,
in b r e v e p o t e r o n o m e tte rsi s u lla v ia s e g u i t a d ai n o s tr i tre so ld a ti e s e g r e t a m e n t e li
ra g g iu n se ro .
S o g g i o g a t e d a lla p r o m e s s a e d a l m i r a g g i o di u n v i s t o s o c o m p e n s o , le s p ie
si e r a n o p r e s e l’in c a r i c o n o n s o l o di o s s e r v a r e o g n i atto del c a v a l ie r e d a B r u z z a n o
m a , s e l’o c c a s i o n e si f o s s e
presentata
prop izia,
di a s s a li r l o
con
le a rm i, farlo
p r i g i o n i e r o o t o g li e r g li la v ita ste s s a .
L ’i m p r e s a e r a d e lle p iù a r d u e .
I q u a t t r o u o m in i , ferm i sul g r e t o d el fium e, si c o n s u l t a v a n o sul d a farsi.
L ’u n o c o n s i g l i a v a c h e n o n si d o v e s s e t a r d a r e a d a g i r e c o n e n e r g i a p e r c h è ,
in c a s o d iv e r s o , P a n e r a a v r e b b e r a g g i u n t o f a c ilm e n te M o n z a . . .
ad d io im p re sa ed ad d io p rem io sp e ra to !
L’a ltr o e r a d e l p a r e r e c h e si t e n t a s s e q u a l c h e c o l p o m a . .
la
p e lla c c i a a d e c c e s s i v o r e p e n t a g l i o . P o i, n e l l ’in te n to
e d a l lo r a , . . .
. senza
di v e la r e o di
esporre
g iu s tific a re
alla m e g l i o q u e s t o ta n t i n o di viltà, a d d u c e v a - n o n s e n z a r a g i o n e - l’i n d i s c u s s o
v a l o r e e la g r a n d e f o r z a a n c h e fisic a d el s o l d a t o c h e si p r e s t a v a n o a d affro n tare.
E s e a v e s s e r o a v u t o la p e g g i o ? E s e in l u o g o di d a r e b u s s e n e a v e s s e r o
r i c e v u t e ? E se f o s s e r o stati c ostre tti a d iv id e r s i e d a r a m i n g a r e p e r i c o l o s a m e n t e
p e r v ia c c ie p i e n e di p e r ic o li ?
F in a lm e n te , u n ’altro,
au to re v o lm e n te :
in te rv en n e
con
p iù
d ec iso
e
virile
consiglio
e d is s e
“ P a n e r à è o s p i t e di O d o f r e d o e p e r t a n t o si p u ò g i u s t a m e n t e a r g u i r e c h e o g g i al
c a s te llo vi sia festa. I d u e s o n o s i c u r a m e n t e in e rm i. Si tenti u n a s s a lto , c o l p i r e m o
c h i u n q u e si o p p o n g a . Nel f u r io s o p a r a p i g l i a e col v a n t a g g i o di tr o v a r c i a c a v a l lo
in v e s tir e m o f u r i o s a m e n t e servi e p a d r o n i .
L ’a z i o n e d e v e e s s e r e c o n d o t t a c o n la p iù g r a n d e e n e r g i a c o s i c c h é , d o p o a v e r
r e c a t o il m a g g i o r d a n n o p o s s i b i l e e p r i m a di l a s c i a r t e m p o ai n e m ic i di a s s e s t a r s i
p e r u n a f ru tt u o s a difesa, si p u n t a n o gli s p r o n i nel v e n tre dei cavalli e c o m e f u l­
m ini si p r e n d e la s t r a d a del r ito r n o . R e c h e r e m o n o i stessi
a l lo r a si p u ò e s s e r e certi c h e
la b u o n a
n o tiz ia
ed
il p r e m i o p r o m e s s o s a r à s e n z a d u b b i o b e n m e ritato .
N o n vi p a r e c h e c o n ta n ta b a z z a si p o t e b b e far festa a n c h e in V e n e r d ì
C o m e e b b e te r m i n a t o di p a r l a r e i n t e r r o g ò
p e r o t t e n e r e u n a r i s p o s t a e la r i s p o s t a fu u n :
c o n gli o c c h i
S a n to ? , .
ic o m p a g n i
quasi
“ B r a v o ! „ d e t to q u a s i in c o r o d a g l i altri tre.
L ’im p r e s a v e r m e a p p r o v a t a ; si s t u d i a r o n o i m ig lio r i m o d i di c o n d u r l a a te r m in e
c o n tutti q u e g l i a c c o r g i m e n t i c h e n e p o t e s s e r o g a r a n t i r e la b u o n a riu sc ita .
Al m o m e n t o r ite n u to o p p o r t u n o i q u a t tr o c a v a lie ri a b b a n d o n a r o n o il L a m b r o ,
si a v v i a r o n o c o n c i r c o s p e z i o n e alla v o lta d el c a s te llo t e n e n d o
d e g li elm i e n a s c o n d e n d o le s p a d e fra Le p i e g h e d ei m a n te lli.
a lz a te
le
v isie re
Serenità
N e lla g r a n d e s a la d a p r a n z o e r a sta ta s o n t u o s a m e n t e p r e p a r a t a la c e n a . L u n g h i
a d d o b b i di d a m a s c o r o s s o e di s c ia m ito o r n a v a n o le par-eti. O t t o b ra c c ia li di f e r ro
b a ttu to , infissi nel m u r o , s o s t e n e v a n o n u m e r o s e to r c ie di c e r a c h e , v e r a m e n t e , n o n
a v r e b b e r o s e rv ito p e r c h è la m e r i d i a n a s e g n a v a a p p e n a le p r im e o r e del p o m e r i g g i o
e d il s o l e s p l e n d e v a a n c o r a a lto s u l l ’o r iz z o n te .
Le m a s s i c c i e e p e s a n ti ta v o le di n o c e , c o p e r t e d a
am p ie
tovag lie
c a n d id e ,
s t a v a n o d i s p o s t e a g u i s a di f e r ro di c a v a l lo e r if u l g e v a n o di c o p p e , di ta zz e, di
v a s s o i, di piatti e di m a g n i f i c h e e p r e z i o s e a r g e n te r ie . S u lla p a r e te in f o n d o alla
s a la f a c e v a n o b e l la m o s t r a a l c u n e s p a d e in c r o c ia t e e s o tt o di e s s e si a m m i r a v a
il n e r o v e s s illo c o n l’a q u i la im p e r ia le S v e v a r i c a m a t a c o n filo d ’o r o c h e O d o f r e d o
a v e v a c o r a g g i o s a m e n t e s t r a p p a t o d a lle m a n i d e l l ’alfiere di F e d e r i c o 11° n e lla b a t­
t a g l i a di C a m p o r g n a n o .
-
91
-
M e m o r i a e p r e d a p r e z i o s a c h e il v e c c h i o s o l d a t o n o n a v r e b b e
ced u to
nep­
p u r e in c a m b i o di u n f e u d o in te ro .
E r a il c i m e lio c h e eg li m o s t r a v a c o n o g o g l i o e c h e gli r i n n o v a v a n e lla m e m o r i a
e su lle l a b b r a il r a c c o n t o d e l l’i m p r e s a a r d it is s im a : Q u a n d o , infatti, r i a n d a v a a l l’e p i c a
v ic e n d a , si a n i m a v a e d il r i c o r d o lo d i s t o g l i e v a p e r b r e v e o r a
d a l la g r a v it à c h e gli e r a n o ab itu a li.
I co n v itati, se d u ti in a m p i e s e g g i o l e a b r a c c io li,
sta v an o
d a l la
austerità
e
ra c c o lti
attorno
a
P a n e r à d a B r u z z a n o cui e r a sta to r is e r v a to il p o s t o d ’o n o r e e la c e n a f e r v e v a di
lieta a n i m a z i o n e e di v iv a c e c o n v e r s a z i o n e .
In u n c a n t o d e lla s a la il s i n i s c a l c o a v e v a a n n u n c i a t o a d alta v o c e la d is t in ta
d e lle v i v a n d e e d o r a m e s c e v a n elle c o p p e vini p r e lib a ti
p r e m u r o s a m e n t e ai c o m m e n s a l i .
che
i se rv i
porgevano
II le tto re v o r r e b b e f o r s e c o n o s c e r e c o s a a v e s s e p r e p a r a t o il c u o c o p e r q u e l
f e s tin o ?
E cco lo a c co n ten ta to :
“....
in prima appositione, pullos frigidos et carnem porcinam frigidam, - in
secunda pisces plenos, carnem vaccinam cum piperata et turtellam de lavezolo, •
in terzia. lombolos cum panitio, pullos et cervellam cum butirro,denique porcellos
plenos et caseum
et salvete omnes amici ! „
. .. .
,
C ’e r a d a sta r b e n o n e !
D ic e il d i s a d o r n o la tin o c h e la p r i m a p o r ta t a si c o m p o n e v a di polli fre d d i e
di c a r n e di m a ia le , - la s e c o n d a , di p e s c i r ip ie n i, di c a r n e di b u e c o n p e p e r o n a t a
e di to r te di l a v e g g i o l o , - la te rz a, di lo m b e tti c o n p a n e g r a t u g g i a t o ,
c e r v e lla al b u r r o . . . é d a u ltim o , s a l a m e e f o r m a g g i o !
di p o lli e
La s a la r i s u o n a v a di v o c i liete e la c o r d i a l e c o n v e r s a z i o n e si e r a fatta a n i m a t a .
I serv i g a r e g g i a v a n o nel ta g lia re , affettare e d i s t r ib u i r e le s u c c o l e n t i v i v a n d e c h e
v e n i v a n o r e c a te d a l la c u c i n a su e n o r m i piatti e v a s s o i.
I n ta n to all’i n g r e s s o d e l c a s te llo a l c u n i servi
d istrib u iv an o
in
abbondanza
i
d o n i offerti da O d o f r e d o . Il g r a n o , la s e g a l e e d il v i n o v e n i v a n o a c c o lti c o n g r i d a
di g i u b i l o e c o n g r a n d i m a n if e s ta z i o n i di g r a t i t u d i n e e di c o n t e n te z z a .
B e rtra d a , c h e si e r a d i s p e n s a t a dal p a r t e c i p a r e al c o n v i to , a v e v a r ic e v u to d a l
p a d r e l’in c a r i c o di c o n s e g n a r e a c i a s c u n v a s s a ll o il te r z u o l o d ’a r g e n t o e d a c c o m ­
p a g n a v a il d o n o c o n g en tili e s p r e s s io n i. .
E s s a c o n o s c e v a a n c h e di n o m e c i a s c u n o di q u e i ta p in i e d essi le e s p r i m e ­
v a n o la lo r o r i c o n o s c e n z a p r o f o n d e n d o s i in in c h in i, b a c i a n d o l e
e s t e r n a n d o l e i p iù cari a u g u r i p e r la P a s q u a im m in e n t e .
-
92
-
la m a n o
ed
La f o l g o r e - D u e v al orosi.
U n u r lo q u a s i in u m a n o , a ltissim o , c h e p r o v e n i v a d a l l a p o r t a del c a s te llo s e g u i ­
to d a u n a s s o r d a n t e c l a m o r e di v o ci c o n f u s e , di g r i d a i n c o m p o s t e , di im p r e c a z io n i
e di in v o c a z io n i in t e r r u p p e il g a i o c o n v e r s a r e e d a g g h i a c c i ò il s a n g u e ai c o n v i ta t i.
C o m e c o lpiti d a l la f o lg o r e , r i m a s e r o tutti ferm i, in a n g o s c i o s o a s c o lt o , chi
c o l c i b o e chi col b i c c h i e r e s o s p e s o a m e z z ’a ria .
P a n e r à d a B r u z z a n o , O d o f r e d o , F o lc o , L o d ris io , in p ie d i, si i n t e r r o g a v a n o m uti
c o n lo s g u a r d o . I m p r o v v i s a m e n t e u n a p o r ta si s p a l a n c ò e n e l la s a la i r r u p p e u n
s e r v o p a l l i d i s s i m o in v o lto e d in p r e d a a d u n a f o r s e n n a t a a g i ta z io n e . A lz ò le b r a c ­
c ia c o m e a c h i e d e r e s o c c o r s o e g r i d ò :
“ S i g n o r i ! S i g n o r i ! Q u a t t r o u o m in i a c a v a l lo h a n n o r a p i t o B e r t r a d a ! . . . „
Il s i n i s c a l c o la s c iò c a d e r e s u ll a m e n s o l a u n v a s o c o l m o di m ie le , d ’u n sa lto
fu sul s e r v o e :
“ C h e s u c c e d e ? C h e hai d e t to ? C o s ’hai tu d e tto , M a r c o ? „
Il d o m e s t i c o fe c e u n p a s s o
estrem a co n citazion e :
a v a n ti, r a c c o l s e
“ S i g n o r O d o f r e d o ! S i g n o r a Lisa, d ic o , si, vi
tutte le s u e
dico
che
gli
g rid ò
en erg ie
sul
e disse
v iso .
con
q u a t t r o c a v a lie ri h a n n o
p o r ta t o v ia la v o s t r a B e r t r a d a m e n tr e d is t r ib u i v a i d o n i ai
n o i servi . . . a tutti . .. ! „
v o stri
v a s sa lli . . .
a
P o i t a c q u e e s c o p p i ò in u n p i a n t o a c c o r a t o e h e lo s tr a z ia v a e lo s q u a s s a v a .
N e ll a s a la il s il e n z io si e r a fatto v a s to , a n g o s c i o s o e s c o n c e r t a n t e .
Il tr e m o r e e, p iù a n c o r a , il tim o r e di a g g r a v a r e il p e n o s i s s i m o m o m e n t o ir­
r e tiv a le l a b b r a ai p r e s e n ti e li r e n d e v a m uti.
L isa, q u a s i f o l g o r a t a d a l l ’o r r e n d a n o tiz ia , im p a llid ì, d i v e n n e te rre a , s b a r r ò gli
o c c h i, te n t ò di g e t t a r e u n u r lo m a n o n vi riuscì, a l z ò tr is te m e n te le b r a c c i a e si
a c c a s c i ò p e s a n t e m e n t e s u lla s e d ia . La p o v e r a d o n n a e r a s v e n u ta .
C o n l’a g ilità e la p r o n t e z z a di d u e tigro tti aizzati e p r o n ti alla lotta, F o lc o e
L o d r i s io si g u a r d a r o n o in viso.
F u u n a ttim o . Si in te s e r o .
A b b a n d o n a t a la ta v o la , a c c o r s e r o d a P a n e r à
c o n v itati, p r e s t a v a n o il s o ll e c ito s o c c o r s o a L isa.
ch e ,
con
O d o fred o
ed
altri
I q u a t tr o u o m in i , sul cui v is o si p o t e v a f a c ilm e n te s c o r g e r e u n a d i v e r s a m a
i n t e n s a a g i ta z io n e , si r itr a s s e r o a l q u a n t o in d is p a r t e . Si s c a m b i a r o n o fra lo r o a l c u n e
b r e v i e c o n c i t a t e p a r o le .
A lla m e n t e d ei q u a t t r o so ld a ti si a ffa c c iò s u b i t o c h i a r a e p r e c i s a la c o n v i n z i o n e
c h e il r a p i m e n t o di B e r t r a d a d o v e s s e a t tr ib u ir s i a q u a l c h e v e n d e tta .
B i s o g n a v a a d o g n i c o s to , s a lv a r e la fa n c iu lla .
N o n si d o v e v a p e r d e r e te m p o . O g n i m i n i m o r ita r d o a v r e b b e f o rse p o t u t o
ir r e p a r a b i l m e n t e c o m p r o m e t t e r e la p o s s i b ilità di lib e r a r e B e r t r a d a d a l le m a n i d ei
f a c in o r o s i e r i c o n d u r l a ai g e n i to r i.
F o lc o e L o d r i s io c o n e n e r g i c a e p r o n t a d e c i s i o n e
v o lle r o
assum ersi
tutti
i
risch i d e lla n o n facile im p r e s a . Il g e s t o r iv e la v a p i e n a m e n t e tu tta la n o b i l t à del
lo r o a n i m o , la g e n e r o s i t à d e i lo r o im p e ti g i o v a n ili e d offriv a altresì u n a effica ce
m i s u r a d e l la c o s c i e n z a c h e essi a v e v a n o d el p r o p r i o v a lo re .
“ C o r a g g i o , s i g n o r O d o f r e d o - d i s s e F o lc o - c o r a g g i o , s ig n o r i !
L o d r i s io e d io a f f r o n t e r e m o i m a r r a n i e vi a s s i c u r i a m o c h e s a r e m o p r e s t o di
rito r n o . I n ta n to , in p r e v i s i o n e di q u a l c o s a di p e g g i o , o % a n i z z a t e u n a b u o n a g u a r d i a
al c a s te llo ! „
Il d o l o r e , l’a m b a s c i a e d u n a forte c o m m o z i o n e i m p e d i r o n o al p a d r e di B e rtra d a ,
c o s ì f i e r a m e n te c o lp ito , di r i s p o n d e r e . G u a r d ò in v is o i d u e g io v a n i e d a ste n to ,
c o n v o c e a c c o r a t a , p o t è a p p e n a d ir e :
“ G r a z i e ! D io vi a s s i s t a ! „
P a n e r à d a B r u z z a n o e s o r t ò i s u o i am ic i a n o n p e r d e r e n e p p u r e u n a ttim o .
F o lc o si r iv o ls e al s i n i s c a l c o :
“ S i g n o r e ! P r e p a r a t e le a rm i „.
“ In se lla te i cavalli „ - d i s s e L o d r i s io - I ca valli s e n z a g u a l d r a p p a , m a c o n
la r e s ta „
Il s i n i s c a l c o c h e e ra u o m o di fie ro c o m a n d o m a, a ll’o c c a s i o n e ,
a ll’a z io n e , d i e d e u n o s c o s s o n e al s e r v o c h e p i a n g e v a e tu tt’e d u e
di c o r s a alle s c u d e r i e .
p rontissim o
si
avviarono
F o l c o e d il c o m p a g n o , d ’u n b a l z o , r a g g i u n s e r o la v a s ta p a n o p l i a , s t a c c a r o n o
s p a d e , m a z z a ferra ta, d u e affila tissim e “ m i s e r i c o r d i e , , e g u a ti a m a g l i a d ’a c c i a io .
Infine, fatto c o n la m a n o u n c e n n o di s a lu to a tutti, u s c i r o n o in c o r te .
Il v o c i a r e d e l la g e n t e , l’a c c o r r e r e d ei se rv i, il c o n c i t a t o e d u n a n i m e g r i d o di
s o c c o r s o , la c o n f u s i o n e d e lle in f o r m a z io n i, l’a c c a v a l la r s i d e lle n o tiz ie a u m e n t a ­
v a n o di m o m e n t o in m o m e n t o c r e a n d o u n d i s o r d i n e in d e s c r iv ib i le .
A cavallo
“
In sella, L o d r i s io ! S en tira i c h e m u s i c a . . . S p ir a v e n t o di b o t t e e di s to c c a te
s e n z a n u m e r o . . . „ d i s s e l’u n o .
“ S e si r ie s c e a d acciuffarli li in f ilz ia m o c o m e to r d i s u llo s p i e d o ! „
l’altro.
“ D o b b i a m o a v e r c u r a di te n e r c i vicini,
di
p io m b are
su
quei
risp ose
m arrani
la m a s s i m a i r r u e n z a e c o l p i r e di m a z z a e di s p a d a , , .
“ S i n i s c a l c o ! g r i d ò L o d r i s io - a p rite c i u n v a r c o fra q u e l l a g e n t e c h e
con
si a c ­
c a lc a a lla p o r ta d ’u s c ita
Il m a g g i o r d o m o n o n si fec e r ip e t e r e l’o r d in e .
I d u e f e d e lis s im i c o m p a g n i di P a n e r à d a B r u z z a n o , m o n ta ti in s e lla e d infilati
gli a r c io n i, si s a l u t a r o n o s t r i n g e n d o s i
v ig o ro sam en te
le d e s t r e
e con
l’a b i tu a l e
c e n n o di v o c e i n c i t a r o n o i cavalli.
“ P e r S a n t ’A m b r o g i o ! „ g r i d a r o n o a s s i e m e P a n e r à e d O d o f r e d o c h e a c c o r r e v a n o
p e r s a lu ta r e e d i n c u o r a r e i d u e g i o v a n i.
“ V iv a S a n t ’A m b r o g i o ! „ r i s p o s e r o a d u n a v o c e F o l c o e L o d r i s i o a l z a n d o e
r o t e a n d o le s p a d e .
“ A cciuffateli e te nete li a b a d a . F ra d u e m in u ti vi r a g g i u n g e r e m o
ed
a l lo r a
s a r e m o in q u a t t r o a p i c c h i a r e . . . ! „
“ G ra z ie ! - d isse
L o drisio
- ma
per
accom odare
quei
c ia ltro n i b a s t i a m o
noi due ! . . . „
I ca v alli a t t r a v e r s a r o n o il c o rtile, p a s s a r o n o s o tt o il b r e v e p o r t i c o e d u s c i r o n o
d a l c a s te llo .
II s i n i s c a l c o a c c o r s e i n c o n t r o ai d u e e :
“ C o rrete ! C o rrete ! - g rid ò co n c ita ta m en te - N o u ta rd erete a r a g g iu n g e rli . . .
S o n o q u a t t r o a c a v a l lo . . . .
S c e n d o n o v e r s o il p o n t e e s i c u r a m e n t e si d i r i g o n o
verso Lezza
“ G ra zie, siniscalco ! „
C i ò d e t to F o l c o e L o d r i s io d i e d e r o u n e n e r g i c o s t r a p p o a lle re d in i e
r o n o al g a l o p p o .
-
95
=
p arti­
G l i a v v ol t oi e la c o l o m b a
I n ta n t o c h e F o lc o e L o d r i s i o p r o s e g u a n o n e l l’in s e g u i m e n t o , r if a r e m o
breve­
m e n t e la c r o n a c a di q u a n t o e r a a c c a d u t o .
I q u a t t r o u o m in i o, p e r d ir m e g l i o , le q u a t tr o s p ie c h e il le tto re g i à b e n
c o n o s c e , q u a n d o g i u n s e r o nei p r e s s i del c a s te llo di O d o f r e d o , t r o v a r o n o g e n t e c h e
vi si r e c a v a a m a n i v u o te , g e n t e c h e s e n e d ip a r t i v a c a r ic a di s a c c h e tti g o n f i,
g e n t e c h e c h i a c c h e r a v a , c h e si a c c o m p a g n a v a , c h e si c h i a m a v a , c h e d i s c o r r e v a
c o n lieta a n i m a z i o n e .
U s a n d o m o lt a c i r c o s p e z i o n e s e p p e r o r i v o l g e r e a l c u n e c a u t e d o m a n d e a q u a l ­
c h e v a s s a l l o di O d o f r e d o e d in tal m o d o v e n n e r o a c o n o s c e r e q u a n t o b a s t a v a p e r
rite n e r si s ic u ri di p o t e r g i o c a r e u n c o l p o g r o s s o .
Q u a n d o s c o r s e r o B e r t r a d a tutta in te n ta a d is t r ib u i r e
i doni
p a d r e , si f e r m a r o n o .
U n a o r r e n d a i d e a b a l e n ò c o n p e r f id a s im u lta n e ità a lla
largiti
da
m e n te di q u e i
suo
tristi :
b i s o g n a v a r a p i r e la f a n c iu lla .
S o m m e s s a m e n t e si s c a m b i a r o n o fra lo r o a l c u n e p a r o l e e d o p o u n a b r e v e d i ­
s c u s s i o n e il d i a b o l i c o p i a n o fu
presto
co ncertato .
L’ o c c a s i o n e
era
quanto
m ai
p r o p iz i a , il m o m e n t o f a v o r e v o le , il r i s c h i o m in i m o , la p r e d a g h io tt a .
L a f a n c iu lla , b e n c h é a tto r n ia ta d a q u a l c h e v a s s a l l o c h e si a ffre tta v a a r ic e v e r e
gli a b b o n d a n t i d o n i, si t r o v a v a tu tta v ia i n e r m e e d in d if e s a c o s ì c h e s c a r s a e d i n ­
s ig n i f ic a n t e s a r e b b e s ta ta o g n i r e s i s t e n z a c h e e s s a a v r e b b e p o t u t o o p p o r r e alla
p r e p o t e n z a , a lla te rr ib ile v o l o n t à e d all’a z i o n e d e c i s a di q u a t t r o s o ld a ta c c i . I q u a l i
a v e v a n o d ec iso !
O c c o r r e v a p r e s e n ta r s i a B e r t r a d a , f i n g e r e di e s s e r e c a v a lie ri e s ig n o r i c h e tr o v a tisi a p a s s a r e d a q u e s t e p arti - d e s i d e r a v a n o r iv e d e r e e s a l u t a r e l’ a m i c o
O d o f r e d o d a P o n t e . C o n p r o n t a d e c i s i o n e d u e di essi a v r e b b e r o r a p it o la fig lia di
O d o f r e d o m e n t r e g li altri d u e , s g u a i n a n d o le s p a d e e d i m p e n n a n d o i ca v alli, a v r e b ­
b e r o a llo n ta n a ti e te n u ti a b a d a q u e i m a lc a p ita ti c h e a v e s s e r o o p p o s t o r e s is te n z a .
A d u n c e n n o di q u e g l i c h e c o m a n d a v a la m a s n a d a , d u e di q u e i tristi ceffi
s c e s e r o d a c a v a llo . Si a c c o n c i a r o n o l’a b i t o e d il m a n te l lo , a t t e g g i a r o n o la d u r a
f a c c ia al m i g l i o r s o r r i s o e si i n c a m m i n a r o n o d e c i s a m e n t e v e r s o B e r t r a d a c h e ,
a v v e rtita e d a c c o r ta s i d e l l ’a v v i c in a r s i di q u e i fo re stie ri, ste tte tra a tto n ita e c u r i o s a
a d o s s e r v a r l i.
C h i m ai a v r e b b e p e n s a t o c h e in q u e g l i attim i s t a v a m a t u r a n d o u n tr iste d r a m m a ?
Le p e r s o n e c h e s t a v a n o a t t o r n o a lla g i o v in e tta si tr a s s e r o r i s p e t t o s a m e n t e in
d is p a r t e , m u t e e d in a tto r iv e r e n te .
“ S i c u r a m e n t e n o i a b b i a m o l’o n o r e di s a lu ta r e in voi la fig lia di
O dofredo,
s i g n o r e d a P o n t e „ d i s s e u n r i b a l d o m e n tr e le si a v v i c in a v a .
“ S ia te i b e n v e n u t i , s i g n o r i , e g r a z i e d el s a l u t o . . . „ r i s p o s e i n c h i n a n d o s i
la p i c c o l a d a m a .
“ P a s s a n d o p e r q u e s t e c o n t r a d e , - r i p r e s e l’a ltro c o n v o c e e m o d i s u a d e n ti n o n a b b i a m o p o t u t o fa re a m e n o d a l v e n i r e fin q u a s s ù p e r riv e rire u n n o s t r o c a r o
e v e c c h i o c o m p a g n o d ’arm i.
P o t e r l o r iv e d e r e
sarebbe
per noi
un
a m b itissim o
onore . . . . „
“ C h e d ite, s i g n o r e ? M i o p a d r e s a r à f e lic is s im o di p o te rv i v e d e r e . O g g i a b ­
b i a m o fe sta nel n o s t r o c a s te llo e ci t e r r e m o o n o r a t i di a v e r v i o s p iti fra n o i . . . . „
D e tt o q u e s t o , la fa n c iu lla si v o l s e a d u n s e r v o e d o r d i n ò :
“ C h i a m a te m i il s i n i s c a l c o e p r e g a t e l o di . . . . „
F u u n a ttim o .
L a m is e r a n o n e b b e n e p p u r e t e m p o di t e r m i n a r e la frase. D u e p o te n ti b r a c c ia ,
te rrib ili c o m e u n a m o r s a , l’a f f e r r a r o n o e la p o r t a r o n o c o m e u n a f o g lia m o r t a fra
le m a n a c c e di u n tr is to c o m p a g n o n e c h e , in a r c io n i, s ’e r a t e n u t o f e r m o a b r e v e
distanza.
L ’ in f e lic is s im a , a cui
un
im p ro v v iso
te r r o r e a v e v a to lto la p a r o l a e d o g n i
v o l o n t à di r e a g ir e , tr o v ò a p p e n a la f o r z a di g e t t a r e u n u r lo a c u t i s s i m o p o i, p a l lid a
e s c a r m ig li a ta , si a b b a n d o n ò affra n ta e q u a s i p r i v a di vita.
D ’in to r n o , lo s p a v e n t o ir re tiv a i m is e ri v a s s a ll i c h e a s s i s t e v a n o alla s tr a z ia n te
s c e n a e la p a u r a o il t i m o r e di u n i m m i n e n t e c a s t i g o li r e n d e v a m uti.
L a p o v e r e tta , col b i o n d o c a p o l e g g e r m e n t e r e c lin a t o , a p p o g g i a v a il b u s t o al p e t ­
to del m a s n a d i e r o c h e c o n u n b r a c c i o la s o r r e g g e v a e la t e n e v a s o l i d a m e n t e a v v in ta.
È sv e n u ta ? „ d o m a n d ò a n s io sa m e n te un bravaccio.
“ Sì ! r i s p o s e l’altro e d a v v o l s e u n l e m b o d e l s u o m a n t e l l o b lu a t t o r n o alla
p i c c o l a c o l o m b a c h e e g li g h e r m i v a n a s c o n d e n d o l a a llo s g u a r d o di tutti.
“ V ia ! V ia di b u o n tr o tto ! o r d i n ò il c a p o di q u e i m a r r a n i
-
“ e t e n ia m o c i
p r o n ti a lla d if e s a . . . „
I q u a t t r o v o l t a r o n o i ca v alli, li i n c i t a r o n o c o n la v o c e e p a r ti r o n o .
I m is e ri va s sa lli, r a n n ic c h ia ti l’u n o a d d o s s o all’altro, allibiti, tr e m a n ti e c o n gli
o c c h i s b a r r a t i v id e r o B e rtra d a , la lo r o B e r t r a d a - p o v e r a e p i c c o l a c o l o m b a fra gli
artigli di u n f a lc o - a l lo n ta n a r s i s e m p r e p iù . . . .
P o i s c o p p i a r o n o in folle tu m u lto .
-
97
s e m p r e p iù . . . .
"
Folco ! Eccoli ! . . .
gr i dò L o dr i si o
F o l c o e l’a r d i m e n t o s o c o m p a g n o g i u n s e r o in u n b a l e n o al p o n t e c h e a t tr a v e r ­
s a v a il L a m b r o . Si f e r m a r o n o e l’u n d ’essi, p i e g a n d o s i s u l l ’a r c io n e , si r iv o ls e a d
u n c o n t a d i n o ch e , s u ll’u s c i o di u n a p o v e r a c a s e tta , e r a in te n to a s b u c c i a r e u n a
m a n a t a di fave.
“ Ehi, b u o n u o m o . . . ! V e d e s t e p a s s a r e a lc u n i u o m in i a c a v a l lo ? „
L ’a ltro s p o s e la m a n o sul p e t to e r i s p o s e :
“ Sì, s i g n o r e . . . P a s s a r o n o p o c o fa . . . c a m m i n a v a n o a tr o tto d is c r e to ,
r i t e n g o n o n p o s s a n o e s s e r e lo n ta n i p i ù d ’u n p a i o di m ig l ia . . . . „
ma
“ B e n e , g a l a n t u o m o . . . e g r a z ie ! P r i m a di s e r a vi fa r ò a v e r e b u o n a m e r c e d e , „
d i s s e il s o ld a to . I d u e r ip a r tir o n o , v a r c a r o n o la p u s te r l a , o l t r e p a s s a r o n o il p o n t e
c h e , a llo ra , e r a c o s t r u i t o a s c h i e n a di m u lo , i n c i t a r o n o e n e r g i c a m e n t e i ca v alli e
si la n c i a r o n o s u lla s t r a d a c c i a f a n g o s a e stretta*.
L e p o c h e c a s u p o l e di L e z z a v e n n e r o p r e s to la s c ia te alle s p a l l e e c o m e g i u n ­
s e r o al p u n t o d o v e la g r a m a v ia si d i r a m a s a l e n d o - a d e s t r a - v e r s o M o r n i g o
e s c e n d e n d o - a s in is tr a - v e r s o I n cin o , i d u e si f e r m a r o n o .
C o m e p r o s e g u i r e l’i n s e g u i m e n t o ? Q u a l e v ia p r e n d e r e ?
I n t e r r o g a r o n o a n s io s i c o n lo s g u a r d o il f a n g o d e lla s t r a d a s u cui le f r e s c h e
o r m e d e i ca v alli c h e li a v e v a n o p r e c e d u ti si d i s e g n a v a n o c o s ì n i t i d a m e n t e d a n o n
la s c i a r e il m i n i m o d u b b i o s u ll a d i r e z i o n e t e n u t a dai m a s n a d i e r i c h e f u g g i v a n o .
1 d u e a u d a c i e so litari a m ici, s e n z a p o r r e t e m p o di
r im is e r o in c a m m i n o .
mezzo,
p ro n tam en te
si
Q u a n d ’e c c o , o l t r e p a s s a t a u n a b r e v e c u r v a . . . .
“ F o lc o ! E c c o li . . . ! „ g r i d ò L o d r i s io .
Infatti, d a v a n ti a lo r o , d ista n ti n e p p u r e u n c e n t i n a i o di m etri, i q u a t t r o
bra­
v a c c i p r o c e d e v a n o a l q u a n t o d is c o s ti l’u n d a l l ’altro, m a in b u o n o r d in e .
“ S i ! S o n lo r o . . . „ si v o ls e a d ir e s o m m e s s a m e n t e F o lc o e d a g g i u n s e :
“ C h e f a c c i a m o ? , , I ca v alli a v e v a n o r a ll e n ta to il p a s s o e c a m m i n a v a n o f ia n c o a f ia n c o .
L o d r i s i o si v o ls e v e r s o il c o m p a g n o e d a c c o m p a g n a n d o le p a r o l e col g e s t o
d e l le m a n i r i s p o s e :
“ B i s o g n a o l t r e p a s s a r e q u e i m a r r a n i a v e l o c i s s i m o g a l o p p o .................. a r r e s ta r c i
b o t t o .................. v o lg e r c i i m p r o v v i s a m e n t e e d as salirli di fro n te .
di
R i te n g o sia n e c e s s a r i o div id e rli, c r e a r e lo s c o m p i g l i o . . . g e t ta r e fra lo r o la
m a s s i m a c o n f u s i o n e . . . p i c c h i a r e s o d o a d e s t r a e d a ¡ m a n c a di s p a d a e di m a z ­
z a s in o a q u a n d o n o n a b b i a n o a b b a n d o n a t a la f a n c iu lla . . . . „
“ B e n e ! - a p p r o v ò F o lc o - si p a r te ? „
-
93
-
A i ferri c o r t i
I d u e s t r i n s e r o le re d in i, b r a n d i r o n o n e l la
poderosa
m a n o d e s t r a la m a z z a
ferra ta e, d a t o di s p r o n e , p a r t i r o n o a c o r s a s e r r a t a t e n e n d o s i l’u n o d ie tr o l’altro.
F o l c o p r e c e d e v a e d o p o b r e v i attim i si t r o v ò alle s p a l l e d e i q u a t t r o i q u ali,
p r o n t a m e n t e a c c o r tis i di e s s e r e in s e g u iti, d o p o u n is ta n te di in c e r te z z a , si r a c c o l ­
s e r o a t t o r n o a c o lu i c h e p o r t a v a in s e lla l’in felice fa n c iu lla .
La
lo r o
i n te n z i o n e
e r a e v i d e n t e : d if e n d e r s i a d o g n i c o s t o e c o n s e r v a r e la p r e d a .
M a o r m a i il d r a m m a v o l g e v a v e r s o il s u o e p i l o g o ................
“
F o l c o si s e r r ò in d if e s a e c o m e u n a fu ria s f r e c c iò i n n a n z i a l o r o g r i d a n d o :
A noi ! A noi . . . m arrani ! . . . „
L o d r i s io , c h e lo s e g u i v a a b r e v e d i s t a n z a , p i o m b ò a d d o s s o al g r u p p o e c o n
irre s is tib ile i m p e t o la s c i ò c a d e r e u n a te rr ib ile m a z z a t a s u ll a t e s ta d ’u n o di q u e i
m asn adieri.
II m a lc a p ita to , q u a s i f o s s e s ta to c o l p i t o e s c h i a n t a t o d a u n fu lm in e , g e t t ò u n
u r lo di d o l o r e , a b b a n d o n ò le red in i, a lz ò le b a c c i a
e si
accasciò
s u lla g r o p p a
d e l s u o a n im a le .
Ruffiani . . . !
e r a f e r m a to .
“
S p ie . . . ! C a n i r o g n o s i . . . ! „
g rid av a
L od risio
c h e si
I tre b r a v a c c i , c o n q u e l c o m p a g n o di m e z z o c h e o r a m a i c o s titu i v a p e r l o r o
u n g r a v e i m p a c c i o e li m e tte v a in p e r i c o l o s o i m b a r a z z o , t e n t a r o n o di o p p o r r e u n a
d i s p e r a t a d if e s a c o n lo s c o p o di e l im in a r e a l m e n o u n o di q u e i
a v v e r s a r i e t r o v a r e s c a m p o n e l la fu g a .
N è a v r e b b e r o p o t u t o f a r altro.
L o d r i s i o e F o l c o si a v v i d e r o d e l la
s tr e tta e d
im barazzante
due
i m p l a c a b il i
co n d izio n e
dei
lo r o n e m ic i e c o n facile in tu ito n e t r a s s e r o s u b i t o p a rtito .
V ia la m a z z a , i m p u g n a r o n o la s p a d a e b r a n d e n d o l a c o n p o r t e n t o s a s ic u r e z z a
i n c a l z a v a n o ca u ti, t e n e n d o s i s a ld is s im i in a r c i o n e . Il c a m p o d e l la lo tta si r e s tr in ­
g e v a s e m p r e p iù . . . F o l c o a r r e tr ò di q u a l c h e m i s u r a e p r o n t a m e n t e u n o d e g li
a v v e r s a r i gli si f e c e a d d o s s o q u a s i p e r i n c o n tr a r s i c o n lui in t e n z o n e s i n g o l a r e .
E r a q u a n t o il n o s t r o d e s i d e r a v a .
P u n t ò c o n e n e r g i a g l i s p r o n i c o n t r o il v e n tre d e l c a v a llo , s e r r ò le g in o c c h i a ,
fec e r o t e a r e la s p a d a , p artì c o m e u n n e m b o e, q u a s i f o s s e s ta to s o s p i n t o d a u n a
c a ta p u lta , si la n c iò c o n t r o il b r a v a c c i o .
-
99
-
G i à u n te rr ib ile f e n d e n t e s ta v a p e r c a la r e sul c a p o d e l l ’a v v e r s a r i o m a q u e g l i,
in tu ito il p e r ic o lo , fu p r o n t o alla p a r a ta . Le d u e s p a d e si i n c r o c i a r o n o c o n v io le n ­
z a e si s p e z z a r o n o c o n u n b r e v e e s o r d o r u m o r e .
O r a i d u e u o m in i si t r o v a v a n o l’u n o a f i a n c o d e l l ’altro. I ca v alli si i m p e n n a ­
r o n o e m i n a c c i a v a n o di r o v e s c i a r e i d u e c a v a lie ri ch e , p e r s o s t e n e r s i in a r c io n i,
d o v e v a n o te n e r s i a g g r a p p a t i alle folte c r in i e r e e g i o c a r e di e q u i lib r io .
l u n g ò u n b r a c c i o , riu scì a d
afferra re
alle s p a lle
la s c h i a v i n a
F o lco
d e l l ’a v v e r s a r i o
s e r r a n d o le u n g h i e c o n q u a n t a f o r z a p o te v a , tir ò g i ù il c a v a l ie r e c o n
en erg ia g rid a n d o :
al­
e,
d isp erata
“ G i ù . . . ! G iù , c a n e ! G iù , l a d r o n e , a r r e n d iti . . . ! „
L ’a ltr o n o n p o t è p iù r e g g e r s i in sella, a b b a n d o n ò la c r in ie r a , c a d d e a ll’ind ie tr o e si r o v e s c i ò s u u n f ia n c o d e l c a v a l lo c o n i p ie d i im b r ig lia ti n e lle staffe.
F o l c o gli fu a d d o s s o , r iu sc ì a s t a c c a r e la m a z z a fe r ra ta e v i b r ò u n t r e m e n d o
c o l p o a l la m a s c e l l a del n e m i c o f a c e n d o l o s tr a m a z z a r e al s u o l o . Il v a l o r o s o s o l d a t o
di P a n e r à d a B r u z z a n o b a l z ò a te rra, si to ls e d a l l a c i n tu r a l’a f fila tissim a
“ m is e ­
r ic o r d ia „ e c o r s e sul d i s g r a z i a t o c h e s p u t a v a d a lla b o c c a s a n g u e e d im p r e c a z i o n i .
A lz ò l’a r m a m o r ta le e l’a v r e b b e a b b a s s a t a p e r il c o l p o di g r a z i a m a s ’a v v i d e c h e
gli altri d u e n e m ic i a v e v a n o i m p r o v v i s a m e n t e b u tta te a te r r a le s p a d e e d a g i t a ­
v a n o in a lto il b r a c c i o d e s t r o in s e g n o di v o le rs i a r r e n d e r e .
“ F e rm i . . . ! - in ti m ò L o d r i s io - Vi a r r e n d e t e ? , ,
U n o di q u e g l i r i s p o s e :
“ C i a r r e n d i a m o ! . . . S a lv a te c i la v ita . . . „
“ S c e n d e t e d a c a v a l lo . . . ! D e p o n e t e a te r r a la g i o v a n e e m e tte te v i
in
g i­
n o c c h i o ! G i ù . . . ! „ c o n t i n u ò L o d r i s i o c o n t o n o c h e n o n a m m e t t e v a r e p lic a .
I d u e s c e s e r o p r o n t a m e n t e a te rra, si a i u t a r o n o a d e p o r r e s u l l ’e r b a la fig lia di
O d o f r e d o , a l z a r o n o le
F o l c o a c c o r s e su
b r a c c ia , p i e g a r o n o le g i n o c c h i a nel f a n g o e d a tte s e r o .
B e rtra d a , L o d r i s io b a l z ò d a lla se lla e c o n
la s p a d a
in
p u g n o s ’a v a n z ò m i n a c c i o s o su i d u e m a s n a d i e r i c h e a t t e d e v a n o p allidi e disfatti.
Q u a n d o fu l o r o a c c a n t o
“ È v iv a ? È v iv a a n c o r a ? . . . „ c h i e s e c o n v o c e te rr ib ile a l l u d e n d o alla p o v e r a
f a n c iu lla c h e g i a c e v a im m o b ile .
“ Si, s i g n o r e ! V e lo a s s i c u r i a m o . . . „
“ Si, c a v a l ie r e . . . ! „ r i s p o s e r o i vinti.
L o d r i s i o si r iv o ls e a F o l c o :
“ D à q u a l c h e s e g n o di v ita ? . . . „
II c o m p a g n o r i s p o s e a f f e r m a n d o c o n u n c e n n o d e l c a p o , p o i d i s s e :
“ Si, L o d r i s io . L e g u a n c e h a n n o r i p r e s o u n p ò di c o l o r i t o e c r e d o c h e u n a g o c c i a
di c o r d i a l e b a s t e r à a r id a r le v ita e v ig o r e .
In q u e l m o m e n t o si in te s e u n g a l o p p o . I q u a t t r o u o m i n i si v o l s e r o e v i d e r o
v e n i r e v è r s o di l o r o u n d r a p p e l l o di c a v alieri.
F o l c o e L o d r i s io li r i c o n o b b e r o . . . .
e nel lo r o a n i m o p r o v a r o n o u n s e n s o
di v iv a e p r o f o n d a s o d d i s f a z i o n e c o m e chi è s i c u r o di a v e r c o m p i u t o
d o v e r e o di a v e r c o n d o t t o a b u o n fine u n a difficile im p r e s a .
—
tuo
-
bene
un
Si g u a r d a r o n o in v is o q u a s i p e n s a n d o c h e l’u n o v o l e s s e
in terro g are
l’altro,
p o i a l z a r o n o le d e s t r e in s e g n o di g i u b i l o g r i d a n d o :
“ V itto r ia ! V itto r ia ! „
O d o f r e d o d a P o n t e , P a n e r à d a B r u z z a n o , il s i n i s c a l c o e d a lc u n i altri u o m in i
a rm a ti d o p o b re v i attimi e r a n o e s si p u r e sul p o s t o c h e e r a s ta to te a tr o d ella te r­
r ib ile
zuffa
e,
sc esi d a i
lo r o
d e s trie r i,
p o te v an o
abbracciare
com m ossi
i due
v a l o r o s i s s im i a m ici.
............... e la p o v e r a p i c c o la c o l o m b a c h e l’a v v o l to io a v e v a r a p it o v e n i v a
a m o r o s a m e n t e r ip o rta ta al s u o n i d o e nel c a s te llo r it o r n a v a a r e g n a r e la letizia
c h e e r a sta ta c o s ì t r a g i c a m e n t e in te rro tta.
Pasqua di R e s u r r e z i o n e !
S o r g e v a l’a l b a del S a b a t o S a n to .
D o p o il r i v e r e n t e e m is tic o s il e n z io d e l V e n e r d ì di P a s s i o n e , c o m e sq u illa r o r o n o liete le g a i te del c a s te llo di O d o f r e d o !
S q u i l l a v a n o a n n u n c i a n d o il s e r e n o r i t o r n o di B e r t r a d a a lla vita.
S q u i l l a v a n o . g i o i o s e , n e l l ’a r ia f r e s c a del m a ttin o ,
c o n f o n d e n d o il lo r o s u o n o
c o n il tin t in n io a r g e n t i n o d e lle c a m p a n e l l e d ella p i c c o l a c h i e s a q u a s i a n s i o s e di
r e c a r e u n m e s s a g g i o a u g u r a l e a tutti . . . v icin i e lo n ta n i . . .
S q u i l l a v a n o a n n u n c i a n d o la P a s q u a e d i n n e g g i a n d o a C r is t o R i s o rto !