Numero 23: contratto... i banchieri? Negativi su tutto

Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46/art. 1, comma 1, DCB Roma - Prezzo copia euro 0,20
MENSILE DIRCREDITO
ncontri
I idee&fatti
giugno/luglio 2014
23
anno IV
I BANCHIERI?
NEGATIVI SU TUTTO
CONTRATTO
www.dircredito.info
informati con DirCredito
www.dircreditoincontri.it
il nuovo sito “esclusivo” del periodico
Incontri
idee&fatti
Incontri
idee&fatti
Anno IV - numero 23 - giugno/luglio 2014
Editore: DirCredito
Direttore responsabile: Franz Foti
Vice Direttore: Cristina Attuati
Comitato di direzione: Maurizio Arena, Silvana Paganessi,
Franz Foti, Cristina Attuati
Hanno collaborato a questo numero
Maurizio Arena, Cristina Attuati, Massimo Borra, Silvio Brocchieri,
Dante Columbro, Franz Foti, Elisabetta Giustiniani, Livio Iacovella,
Claudio Minolfi, Massimo Orizio, Giulio Pomar, Dante Sbarbati,
Frank Sirti, Stefano Tebaldini.
Progetto grafico: Claudia Spoletini
Stampa: Orfeo Planet s.r.l. - Roma
Redazione: Via Principe Amedeo 23 - 00185 Roma
Periodico telematico: Reg. Trib. Roma n. 118/2014
Perriodico cartaceo: Reg. Trib. Roma n. 441/2005
Iscrizione al ROC n. 13755
chiuso in tipografia il 10 luglio 2014
SOMMARIO
IL PUNTO
54a Assemblea ABI - Bancari i grandi assenti nella relazione di Patuelli
L’EDITORIALE
Contratto: i banchieri? Negativi su tutto
INTERNAZIONALE
Brevi dal mondo
SINDACATO
I sindacati cinesi protestano, il governo di Pechino ammicca
Barclays Bank... la storia si ripete
CR Volterra... quota 100!
SOCIETÀ
Flop Mondiali: una brutta storia, radiografia di una sconfitta
Gerontobanchieri
Francesco contro le “mafie” promuove l’esclusione sociale
POLITICA
Parlamento: prove tecniche di rivoluzione
ECONOMIA
L’onda giusta: spread in picchiata, tassi bassi e liquidità per le banche
Dal 1° luglio rendite finanziarie al 26%
LEGALE
Osservatorio sulla giustizia
Il filo d’Arianna
LAVORO
L’enigma degli esodati sesta puntata
CURIOS@NDO
Napoli: le 5 stelle dell’Orsa Maggiore superano la Costa Azzurra
Donne e uomini adorano le scarpe
“Progetto Insieme”
L’Europarlamento affronta il tema della prostituzione
Pensionati all’estero con mille dollari al mese felicità low cost
4
5
6
7
15
15
8
9
18
10
12
11
14
17
16
19
20
21
22
23
CONTRATTO
I BANCHIERI?
NEGATIVI SU TUTTO
SPECIALE INSERTO
I Giovani e il loro futuro
Incontri
- gi ugno/l ugl i o 2014 n
3
n I L P U N TO
Il fatto
del mese
54A ASSEMBLEA ABI
BANCARI I GRANDI ASSENTI NELLA RELAZIONE DI PATUELLI
ROMA, 10 LUGLIO 2014
Ci aspettavamo che Antonio Patuelli, Presidente uscente dell’ABI, nel corso della 54a as-
semblea dell'Associazione nella sua relazione di 13 cartelle, impreziosita di analisi eco-
nomiche e di citazioni dotte, almeno una parola di ringraziamento per gli uomini e le
donne che lavorano nelle banche la spendesse. Così Maurizio Arena, Segretario Generale
DirCredito, il Sindacato che rappresenta le alte professionalità del settore.
"Il paradosso italiano” - continua Arena, parafrasando le parole di un passaggio della
relazione del presidente – “non è tanto, come sottolinea Patuelli, la diffidenza troppo
ampia che configura una malattia morale che non è solo motivata dalle cause e dagli
effetti della crisi, concetto forse un po’ contorto per assumere un significato concreto. Il
paradosso italiano sta tutto in una classe dirigente, spesso inadeguata, sicuramente stra-
pagata, che continua a considerare i lavoratori alla stregua di una merce, che è insensibile
alle loro esigenze, e che si dimentica dei sacrifici a loro richiesti per superare difficoltà
spesso generate più che dalla crisi dalla scarsa lungimiranza e dall’inamovibilità di chi
le banche le governa. Molti banchieri, oltre alla trasparenza dovrebbero iniziare a prati-
care anche l’esercizio dell’umiltà, ricordandosi degli oltre 300.000 lavoratori senza con-
tratto il cui contributo, si abbia o no la delicatezza di dichiararlo, è fondamentale per il
rilancio del settore e quindi del Paese”.
4
n gi u gno/l ugl i o 2014 -
I n cont ri
Maurizio Arena
L’ E D I TO R I A L E
n
CONTRATTO: I BANCHIERI?
NEGATIVI SU TUTTO
tesoro degli errori del passato, continuino a mettere in campo strategie
organizzative e di gestione del personale controproducenti.
L'idea di smantellare gli inquadramenti,
riducendo drasticamente i livelli nell'area dei Quadri Direttivi contenuta
nella controproposta dell’ABI alla piattaforma dei sindacati, produrrebbe un
ulteriore depauperamento delle professionalità presenti nelle aziende con
uno schiacciamento verso il basso della
categoria con inevitabili risvolti sulla
qualità del servizio.
È una vera e propria provocazione
quella dell’ABI rivolta alla fascia direttiva, ma anche ai colleghi che oggi appartengono alle aree professionali,
soprattutto quelli più validi e motivati,
che vedrebbero fortemente limitate le
possibilità di carriera.
Mentre nella pubblica amministrazione
si va finalmente verso modelli di gestione che favoriscono la meritocrazia,
le banche giocano al massacro, preferendo l'appiattimento professionale e
trascurando completamente le esigenze manifestate dalla clientela stessa
che chiede – ad esempio – il superamento di logiche di standardizzazione
nella concessione del credito.
Altro pugno nello stomaco alla categoria contenuta nella proposta di ABI è
una completa e discrezionale fungibilità
del personale, a prescindere dall’inquadramento. Credo che questa sia
un’ipotesi addirittura “contra legem”
che diventerebbe un vero e proprio
boomerang per le banche già accusate
dalla clientela di essersi trasformate in
semplici supermercati.
Come si può pensare che tutti possano fare tutto e che l'apporto qualitativo dell’esperienza e della professionalità possa essere completamente
sostituito dall'informatizzazione? Chi
valuterà se l'idea di un imprenditore o
il progetto di una famiglia sono credibili
da poter essere finanziati? Noi la nostra
idea già l'abbiamo espressa, anche sulla
scorta di suggerimenti di esperti che
non appartengono al sindacato e le
nostre proposte vanno precisamente
nel senso opposto a quelle di ABI.
Abbiamo chiesto ai colleghi sacrifici in
molte occasioni: il contratto sottoscritto nel 2012 è l’esempio di come i
bancari abbiano accettato un contratto
al ribasso per fronteggiare la crisi in
atto (hanno fatto altrettanto i banchieri?). Non siamo però disposti a cedere ulteriore terreno e ad appiattire
la categoria per una politica miope di
abbattimento dei costi che guarda nella
direzione sbagliata. Ci auguriamo
quindi che i nuovi equilibri che scaturiranno con l’assemblea annuale di ABI
determineranno un decisa inversione
di rotta che tenga conto anche delle
istanze di cambiamento che gli provengono dal Paese e dallo stesso Governatore della Banca d'Italia.
Ignazio Visco nelle considerazioni finali
della sua relazione ha sottolineato come
un processo di riorganizzazione credibile
non possa passare che da un profondo
coinvolgimento delle risorse umane e
dei sindacati che li rappresentano.
... non hanno fatto per nulla tesoro
“ degli
errori del passato
e continuano a mettere in campo
strategie ... controproducenti
Incontri
- gi ugno/l ugl i o 2014 n
“
I risultati dei primi incontri con ABI per
il rinnovo del contratto dei 310.000
bancari si trovano già a un punto
morto. Le Organizzazioni Sindacali,
dopo aver illustrato all’Associazione
Bancaria la piattaforma approvata dai
lavoratori, hanno consegnato un documento su un nuovo modello di banca
elaborato con la collaborazione di
esperti indipendenti.
Questa impostazione a “doppio binario” è scaturita dalla finalità di evidenziare i molti errori di strategia commessi dai Top Manager che, unitamente
alla crisi in atto, hanno portato a una
situazione certamente non semplice,
con un settore sempre meno rispondente alle necessità di famiglie e piccole imprese e con una contrazione
dell’organico di settore che negli ultimi
5 anni ha segnato la cifra record di
oltre 40.000 unità.
La risposta dei banchieri è stata negativa su tutto. Nonostante decenni di
concertazione che hanno consentito al
settore bancario di riorganizzarsi profondamente, grazie soprattutto al
senso di responsabilità dei lavoratori,
sembra proprio che le banche guardino a questo rinnovo contrattuale
non tanto quanto a uno strumento per
rilanciare il settore, ma come uno stratagemma per tagliare ulteriormente e
indiscriminatamente i costi, in particolare quelli del personale.
Ritengo che tale atteggiamento sia assolutamente inaccettabile, soprattutto
in un momento come questo in cui le
banche stanno subendo un attacco
concentrico per la scarsa qualità dei
servizi resi all'utenza, per il rifiuto di
concedere credito a imprese e famiglie
e, da ultimo per il livello scandaloso
delle retribuzioni dei loro manager, che
anche in piena crisi non accennano a
diminuire.
Come Segretario Generale del sindacato che rappresenta le alte professionalità del settore non posso
sottrarmi dal fare alcune considerazioni per ragionare su come le banche, che non hanno fatto per nulla
di Maurizio Arena
5
n INTERNAZIONALE
BREVI DAL MONDO
Notizie, fatti e curiosità oltre i confini
STATI UNITI
IL MANAGER PIÙ PAGATO AL MONDO
Si chiama David Tepper, 56 anni: lo scorso
anno ha guadagnato 7 milioni di euro al
giorno. Il compenso è stato calcolato
dalla rivista statunitense Institutional Investor's Alpha, il manager detiene azioni
Google e Citigroup, pretende commissioni di gestione pari al 2% e fino al 20%
dei guadagni generati con gli investimenti
dei suoi clienti. La sua fortuna l'ha fatta
scommettendo che lo Stato avrebbe salvato le banche dopo il fallimento della
Lehman Brothers, delle cui quote era riuscito a liberarsi velocemente. Ha vinto la
scommessa ...in Italia il salario medio nel
2013 è stato di 29.704 euro.
BERLINO
LICENZIAMENTO DEI LICENZIABILI
È un sistema di gestione del personale
adottato dal colosso fast-food “Burger
King” e svelato dal giornalista investigativo Gunter Wallraff. I licenziabili sono
tutti quelli che si ammalano, che chiedono un permesso per assistere un figlio
o un congiunto malato, che gettano il
cibo avariato invece di riciclarlo o che
vogliono costituire una cellula sindacale.
Nei confronti dei licenziabili scatta un mobbing sottile
6
fatto di continue minacce di licenziamento. Il risultato dell'inchiesta giornalistica ha portato sinora alla chiusura in
Germania di due filiali, per le pessime
condizioni igieniche e per il riciclo di cibo
scaduto e avariato.
Le banche americane le caratteristiche
speciali le vanno a cercare non nei servizi
ma nei clienti. A godere infatti di questi
trattamenti privilegiati sono depositanti
e investitori con patrimoni molto alti, e,
soprattutto, sono prevalentemente anziani, con portafoglio blindato e salute
cagionevole.
I CLIENTI PIÙ RICCHI
LE VIOLAZIONI DEI
NEW YORK
LE BANCHE TARANO I SERVIZI PER
Se hai un patrimonio di almeno 50 milioni di dollari la Wells Fargo ti mette a
disposizione uno studioso di storia capace di ricostruire la genesi della tua famiglia. La Morgan Stanley, invece, si
accontenta di un patrimonio “minimo” di
10 milioni per offrirti “lifestyle services”
che facilitano la vita dei clienti, grazie a
600 consulenti costituiti ad hoc.
La Private Bank di Citigroup offre anch'essa servizi speciali, ma il patrimonio
deve “valere” almeno 100 milioni di dollari. Bank of America e US Trust si occupano anche di problemi più comuni
come l'assistenza agli anziani, perché trovare una badante negli USA non è molto
semplice, e se un cliente si ammala durante un viaggio in paese remoto, la
banca lo va a recuperare con un aereo
privato.
Servizi gratuiti , effettuati con cura,
che hanno però poco a
che vedere con la
filantropia.
n gi u gno/l ugl i o 2014 -
DIRITTI
SINDACALI NEL MONDO
Il 4 giugno è stata presentata a Ginevra,
nel corso della 103^ Conferenza Internazionale del Lavoro, l'indagine annuale
della Confederazione Internazionale dei
Sindacati, CSI-ITUC, sulle violazioni dei
diritti sindacali nel mondo.
Quest’anno l’indagine comprende anche il “Global Rights Index”, l'indice globale sui diritti, la graduatoria dei 139
paesi esaminati sulla base di 97 indicatori che riguardano le violazioni – in termini di legge e nella pratica – delle
liber tà civili, del diritto di organizzare
sindacati, dell'effettiva libertà di attività
sindacale, del diritto alla contrattazione
collettiva, del diritto di sciopero. In particolare, si è insistito sulle violazioni al
diritto di sciopero.
Secondo l'indagine, in ben 87 paesi il diritto di sciopero è negato, quantomeno
ad alcune categorie di lavoratori, spesso
pubblici dipendenti e/o lavoratori delle
Zone Speciali di Esportazione nei paesi
emergenti e in via di sviluppo.
Negli ultimi 12 mesi considerati dal rapporto, in 37 di questi paesi gli scioperi
sono stati repressi con la violenza e
anche l'arresto di sindacalisti e lavoratori
aderenti, o con pesanti multe nei confronti di sindacati e scioperanti.
L'indagine sottolinea, inoltre, le difficoltà
e i rischi di sindacalizzazione per il crescente numero di lavoratori precari e migranti – maggiormente deboli rispetto
alla contrattazione collettiva.
Per quanto riguarda l'Italia, l'indagine indica come violazioni quelle dell'ABI e
delle associazioni datoriali della ristorazione per la disdetta unilaterale dei rispettivi Contratti Collettivi Nazionali di
Lavoro.
I n cont ri
S I N D A C AT O
n
I SINDACATI CINESI PROTESTANO
IL GOVERNO DI PECHINO AMMICCA
Appena 3 mesi fa e in modo del tutto
inusuale, gli operai di una fabbrica di
scarpe cinese hanno guadagnato gli
onori delle cronache, proclamando
uno sciopero che è durato due settimane. La novità sta nel fatto che, nonostante ogni anno in Cina vengano
proclamati migliaia di scioperi, questa
volta a fianco dei lavoratori e a sostegno delle loro richieste si è schierato
niente popò di meno che il Governo.
La protesta, che ha coinvolto la stragrande maggioranza dei 40.000 operai
presenti in azienda, è balzata all’attenzione dei media, sia per la sua durata,
sia perché scaturita dalla presenza di
centinaia di contratti illegali e dal timore che l’azienda, messa alle strette,
trasferisse altrove la sua produzione,
magari in Paese dove le legislazioni che
regolamentano i diritti dei lavoratori risultano più deboli o più compiacenti
verso gli imprenditori d’assalto.
Quest’ultima ipotesi merita un sorriso
e una riflessione, poiché per anni è
stata proprio la Cina e il suo modus
operandi a esercitare su di noi e sulle
nostre aziende una sorta di dumping
sociale che ha determinato la migrazione di centinaia di aziende in quel
paese e la conseguente perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Alla protesta, ormai a conoscenza dell’informazione internazionale, hanno
partecipato i sindacati locali, raccogliendo la solidarietà di province vicine
e di diversi paesi del mondo.
Lo sciopero è costato alla Yue Yuen
l’equivalente di 20 milioni di euro, ma
la cifra potrebbe raddoppiare se
l’azienda, citata in giudizio dal sindacato,
si vedesse costretta a pagare i contributi non versati.
In Cina, il sindacato, nonostante i passi
da gigante, compiuti nell’ultimo quinquennio, non dispone ancora di una
struttura organizzativa sufficientemente forte e ramificata per far sentire
la propria voce in modo organico e
per imporre alle controparti un livello
minimo di contrattazione collettiva, a
oggi completamente assente in quel
Paese.
Un aspetto che ci fa aprire un’altra riflessione, questa volta amara, visto che
nel nostro Paese, dove la contrattazione collettiva è regolata per legge, da
più parti si levano voci che la ritengono
superata e non così determinante per
la tutela dei diritti minimi dei lavoratori.
La Cina, spesso citata dagli operatori
economici e non solo, come modello
virtuoso, almeno in termini di produttività, sembra proprio stia facendo, finalmente, un percorso inverso. Vale a
dire, si fa strada tra gli abitanti del
Paese del Drago una nuova coscienza
sociale che determina un aumento
esponenziale delle vertenze lavorative,
una maggiore frequenza degli scioperi
e una più radicata conoscenza sia individuale che collettiva dei lavoratori rispetto alle leggi che regolamentano il
lavoro.
Le proteste, inoltre, diventano sempre
più trasversali, in quanto coinvolgono sia
i lavoratori più anziani, preoccupati delle
loro pensioni, sia i giovani consapevoli di
quanto incerto sia il loro futuro e di
Incontri
- gi ugno/l ugl i o 2014 n
come il boom economico, senza regole,
abbia determinato l’arricchimento di
pochi a scapito di tutti gli altri.
Certo, parlare di una svolta epocale sarebbe forse esagerato, ma qualcosa sta
cambiando e, la posizione meno rigida
della polizia e delle istituzioni verso i
manifestanti dimostra che il governo,
convinto anche dalle iniziative degli
operai, è orientato a individuare un
equilibrio tra gli interessi dei lavoratori
e quelli delle aziende, spingendosi addirittura a parlare di “contrattazione
collettiva”.
Il segnale, anche se debole, va colto e
sicuramente incoraggiato, poiché una
maggiore omogeneizzazione dei diritti
dei lavoratori a livello globale farebbe
franare definitivamente il perverso
teorema di quegli imprenditori, anche
italiani, che non perseguono il profitto
generato dall’eccellenza, ma inseguono
il guadagno prodotto dalle diseguaglianze e dallo sfruttamento.
Speriamo che questa Cina ci diventi un
po’ più vicina anche in termini di uguaglianza sociale e di salvaguardia della dignità della persona e del valore del
lavoro.
Cristina Attuati
7
n SOCIETÀ
FLOP MONDIALI: UNA BRUTTA STORIA,
RADIOGRAFIA DI UNA SCONFITTA
Balotelli capro espiatorio, responsabilità e ipocrisia di una pessima prestazione
José Mourinho avrebbe detto: “zero tituli” per tutti. Zero per il management
della Federazione del calcio italiano che
non riesce a sviluppare una politica di
promozione di giovani talenti nazionali.
Zero per aver consentito che il calcio italiano cadesse nelle grinfie del mercato
televisivo, soprattutto fra Sky e Mediaset.
Doppio zero per aver via via accettato
che lo sport più popolare del nostro
Paese potesse essere visto tramite abbonamento a pagamento, in balia di società
sportive sempre più fameliche a causa
dei loro bilanci disastrosi. Ma zero anche
alla bolla del mercato calcistico che macina miliardi di euro all’insegna di acquisti
di giocatori che richiedono ingaggi siderali, alla stessa stregua del divismo hollyvoodiano degli anni cinquanta e sessanta.
È così che si è diffuso in Italia il calcio
delle star, il capriccio del talento, l’adorazione di se stessi, il mercato personale, il
carrierismo più sfrenato, la cura della visibilità personale, la costruzione del proprio mito con o senza merito. In questo
modo si è entrati in campo per contendersi lo scettro di campioni del mondo
e si è usciti, velocemente con l’aureola
della mediocrità, dell’irrilevanza. Altro che
passione delle squadre latine. Se ne sono
accorti anche i bambini. Abbiamo marcato mancanza di visione di gioco, organizzazione di squadra vicina alla nullità,
impegno personale trattato con aria di
inusitata sufficienza, scarso senso della fa-
8
tica. Insomma si potrebbe dire, per usare
un pessimo stereotipo, dilettanti allo sbaraglio, con l’aggravante di un ego professionale esagerato, del tutto ingiustificato.
Dunque valutazione zero anche per giocatori e allenatore. Quest’ultimo, persona civile e responsabile, ma forse
sopravvalutato negli ambienti di potere
delle istituzioni del calcio. Siamo tutti in
perfetta simmetria nella mediocrità.
Giocatori e tecnici sbarcano dall’aereo
con musi allungati sino al pavimento, ma
restano intatti alcuni quesiti per noi impavidi romantici del colore azzurro:
com’è stato possibile arrivare in queste
misere condizioni a una competizione
mondiale così trascinante, olimpo della
professionalità e della passione nazionalistica? In che modo si è lavorato in questi
quattro anni di preparazione all’evento
sportivo più importante al mondo dopo
i giochi olimpici?
Come giustificare la debacle di fronte a un
popolo che da quattro anni sognava una
rivincita, un riscatto, nel ranking mondiale,
di una squadra che conta illustri risultati e
passioni che nulla hanno a che fare con la
realtà di ciò che è stato messo in campo?
La Carrarese forse avrebbe fatto meglio
dei nostri nazionali. Ma è paradossale che
nessuno abbia voluto gridare alla nudità
del re. La nostra squadra, ormai da tempo,
era inguardabile!
È semplice direbbe Watson! Ci troviamo
di fronte a una massa di persone medio-
n gi u gno/l ugl i o 2014 -
cri, in perfetta linea con la mediocrità che
stiamo esprimendo da più tempo in
molti ambiti: produzione, istituzioni, politica e società e ora, ahinoi, anche nello
sport, almeno in quello che più si identifica con la nostra vocazione popolare.
E allora tutti contro Balotelli, unico responsabile della disfatta, abulico, impertinente se non addirittura strafottente,
viziato, strapagato, talento per caso e in
rare occasioni, per giunta negro. Ecco,
mancava solo quest’ultima accusa per cadere nel ridicolo se non nel drammatico.
Fin qui la responsabilità degli altri, ma poi
c’è il “popolo” del calcio che ormai è in
condizioni diseducanti, a tratti violento,
viscerale, prepotente e violento in non
poche occasioni dovendo registrare
qualche morto sul selciato e il dolore di
genitori, familiari e amici che si domandano ancora come si è potuta sviluppare
tanta ferocia, tanta bestialità.
C’è un’ipocrisia del potere, del mercato
che finge di favorire le passioni sportive
a suon di abbonamenti, ci sono le società
sportive che non sempre si distanziano
dalle curve in cui si esprime offesa e violenza verso gli altri e c’è di mezzo anche
la cultura che questo Paese esprime da
almeno due decenni. “Cultura” intrisa di
pensiero minimo quando va bene, di visibilità prepotente e arrogante in ogni
luogo, di demotivazione collettiva verso
i valori sociali di “prima necessità”: rispetto della dignità della persona, senso
del sacrificio, valore del lavoro, senso solidaristico, umiltà verso se stessi.
L’ipocrisia dunque appare profonda e per
molti serve per costruire la rampa di lancio per addentrarsi in una nuova era fatta
delle stesse cose di prima. E facendo le
stesse cose che fai da sempre alla fine scivoli nel non saper fare quello che altri
fanno meglio di te. Pasolini era molto
drastico, lo sappiamo. Una volta si rivolse
a un “critico” d’arte cinematografica con
un epigramma dicendogli: “ Sei così ipocrita che quando l’ipocrisia ti avrà ucciso
sarai all’inferno e ti crederai in paradiso”.
Franz Foti
I n cont ri
SOCIETÀ
n
GERONTOBANCHIERI
Viaggiano sul filo degli 80 anni, guadagnano tanto e combinano un sacco di guai
Ormai siamo una società di anziani e
di consumi... Basta andare al supermercato e scoprire la crescita delle monoporzioni, della carne bianca, l'abbassamento degli scaffali e il rimpicciolimento dei carrelli, perché gli anziani
sono più piccoli, meno alti e mangiano
poca carne rossa.
È l'Economist che segnala il “miliardo
di sfumature di grigio” che sta per governarci, perché nel 2035 oltre 1 miliardo di ultrasessantacinquenni avrà
saldamente in mano le leve del potere
mondiale. In questo senso il nostro
Paese è all'avanguardia, l'età media è
infatti di 43,5 anni, e noi bancari ancora
meglio, viaggiamo sui 44,5 (Rapporto
Abi 2013). In più abbiamo anche un
meccanismo di trasmissione del potere
per cooptazione che ha fatto sì che
nelle nostre banche, tutt'ora, la governance è nelle mani di ottuagenari.
Giovanni Bazoli, 82 anni, alla guida di Intesa Sanpaolo, Giuseppe Guzzetti, coetaneo, da 17 anni alla presidenza della
Fondazione Cariplo, Giuseppe Vita, 79
anni, Presidente Consiglio di Amministrazione Unicredit, tanto per citare i
“più famosi”.
Ma andiamo per gradi.
L'alta età media del nostro settore (le
donne sono un po' più giovani con
41,5 anni contro i 45,5 dei colleghi), e
il fatto che più di un quarto dei dipendenti si colloca tra i 46 e i 55 anni, non
significa che noi bancari italiani entreremo nel “miliardo di potenti sfumature grigie” del 2035, piuttosto
abbiamo buone probabilità di incrementare un esercito di pensionati mediamente più poveri.
Nelle nostre aziende governate da arzilli vecchietti, infatti, la valorizzazione
dell'esperienza non è indirizzata verso
i numerosi over 55, ma si concentra sui
top manager, “più che senior”, con retribuzioni mediamente di 1,6mln all'anno e con, purtroppo, risultati
sconfortanti.
Lo afferma la Banca d'Italia che, in
un'analisi impietosa del 2012, denuncia
l'eccessivo invecchiamento, durata e
numerosità di questi consessi, con inadeguata competenza tecnica.
L'età media è di 60 anni per gli amministratori, e di 70 per i Presidenti, con
picchi di 80 e 83 anni. In Europa la
media è 57 e 62 anni.
Recentemente, inoltre, l'istituto di vigilanza ha anche puntato il dito sulle
“gravi carenze” nei profili di governance delle banche e sulle “irregolarità” che prefigurano possibili risvolti
penali.
L'anagrafe non è una colpa, ma gli ultrasettantenni che ci governano dimostrano le difficoltà tipiche dell'età: non
hanno prospettive di lungo periodo,
idee per la crescita delle aziende, mentre manifestano un caparbio attaccamento alla “sedia”, con grandi tentazioni di arricchimento personale.
Emblematico il caso dell'ultra-settantasettenne Giovanni Berneschi, vice pre-
Incontri
- gi ugno/l ugl i o 2014 n
sidente dell'Abi, in carcere per truffa
aggravata.
Sarebbe molto più salutare per loro, e
per noi, se si ritirassero e si godessero
questa parte dell'esistenza come gli
over 65 descritti dall'Economist. Questi, se sono facoltosi (e i nostri lo sono)
vanno in palestra con assiduità, non badano a spese, si comprano moto di
grossa cilindrata e apparecchiature
elettroniche costosissime, e ascoltano
la musica degli anni sessanta.
Non ce la sentiamo di consigliare ai
nostri ottuagenari attività fisiche esagerate, né di andare a zappare la terra
come fecero Diocleziano e Cincinnato,
un imperatore e un dittatore, però
potrebbero iscriversi a una palestra
per ginnastica dolce e andarsi a godere
un concerto dei Rolling Stones, senza
l'assillo di dover governare una banca
e avere a che fare con quei mastini di
sindacalisti!
Elisabetta Giustiniani
9
n POLITICA
PARLAMENTO:
PROVE TECNICHE DI RIVOLUZIONE
Nuovo regolamento alla Camera, cambia l’iter di approvazione per i Decreti Legge
Un'autentica rivoluzione: questa è stata
la definizione unanime data a quello
che, all'apparenza e senza eccessiva
pubblicità, si presenta come un uno dei
tanti cambiamenti in ambito politicolegislativo.
Stavolta, però, è bene precisarlo, l'idea
non è stata partorita da Matteo Renzi,
anche se la rivoluzione in questione
verrà attuata sotto il suo governo, ma
risale a circa un anno fa quando, presso
la Giunta del Regolamento della Camera dei Deputati, i rappresentanti di
tutti i partiti, maggioranza e opposizione (tranne i grillini), avviarono una
discussione per stilare un nuovo Regolamento che, approvato di recente,
permetterà di cambiare le regole relative ai Decreti Legge del Governo.
L'ultimo aggiornamento risaliva a ben
17 anni fa e lo stesso premier Renzi ha
dichiarato che quest'innovazione avrà
influenze positive nel rapporto Governo-Parlamento perché "l'esecutivo
potrà chiedere l'esame urgente delle
sue riforme più importanti e portarle
a casa in appena 30 giorni". Non è un
cambiamento da poco, questo.
Quali i motivi di quest'importante modifica nel sistema di legiferare?
Ufficialmente, per accelerare i tempi
nel trasformare in legge i decreti governativi ma, sotto sotto, anche per
permettere, da subito, al Parlamento di
tornare a esercitare pienamente la
propria funzione massima che è quella
di sfornare le leggi. Funzione che,
ormai, da anni, era stata demandata,
obtorto collo, più che altro al potere
governativo, anche se, comunque, la ratifica finale spettava sempre alle due
Camere. Ratifica che arrivava magari
dopo lunghe e tortuose sedute, segnate da molteplici emendamenti, con
approvazione affannosa e, talvolta, col
ricorso al voto di fiducia al fine di evitarne la decadenza.
Com'è successo in tanti casi, il succes-
sivo passaggio alla Camera e al Senato
di una qualche disposizione governativa, ha comportato, poi, cambiamenti,
creando confusione e sconcerto nei
cittadini, oltre che perdite di tempo e
di soldi.
Tutto questo, ora, non avverrà più.
Cosa cambierà
Presumibilmente, a partire da settembre, verranno fissati dei "paletti" all'attività legislativa del Governo le cui leggi
presentate dovranno ricevere, entro
30 giorni, l'approvazione o meno da
parte della Camera.
L'organo esecutivo potrà ricorrere a
una speciale corsia d'emergenza, non
più liberamente, com'è stato finora,
nonostante i continui richiami del
Capo dello Stato, ma per sole cinque
volte al trimestre oppure tre a bimestre. Entro gli stessi periodi anche l'opposizione potrà presentare un decreto
legge con caratteristiche di importanza
e di urgenza.
Fra le altre innovazioni, verranno dimezzati i tempi di logorroici interventi
in aula da 30 a 15 minuti con ulteriori
riduzioni a seconda della scaletta.
Tenuto conto della brevità dei tempi di
approvazione, un mese, è chiaro che
non ci sarà più la necessità di ricorrere
al voto di fiducia, trasformando la discussione in diatriba politica, dopo
estenuanti ostruzionismi.
L'importanza delle Commissioni
10
n gi u gno/l ugl i o 2014 -
Nel contempo, la "sostanza" dei dettagli di una qualsiasi legge verrà maggiormente approfondita nei lavori delle
Commissioni e in aula si giudicheranno
eventuali emendamenti, comunque limitati nel numero, apportati dalle
stesse al testo governativo originario.
Tutto ciò per evitare la presentazione
di migliaia di dispettose modifiche tendenti solo a rendere difficoltoso l'iter
rischiando di arrivare alla scadenza dei
termini, senza l'approvazione.
I n cont ri
Attraverso varie, innovative sforbiciate,
nella forma e nella sostanza, le sedute,
prima in Commissione e poi nell'aula
a Montecitorio, dovrebbero essere finalizzate all'argomento trattato, lasciando i risvolti politici fuori dalla
porta.
In questo contesto, ci sarà anche una
drastica diminuzione delle Commissioni Parlamentari, che attualmente
sono ben 28, accorpando le competenze, con risparmi economici e procedurali non indifferenti.
Inoltre, in ogni Commissione, verrà
creato un esperto team "europeo" il
cui compito sarà quello di verificare la
pertinenza e/o l'adesione della legge in
esame alle norme e ai regolamenti europei, al fine di creare una simbiosi con
quanto legiferato a Bruxelles. Ci saranno, inoltre, diverse altre facilitazioni
che serviranno a snellire le procedure
operative in sede di discussione, favorendo anche i diritti dell'opposizione e
la disamina di eventuali leggi a iniziativa
popolare.
A quanto pare, questo innovativo sistema dovrebbe far risparmiare anche
tanta carta perché il tutto viaggerà
online.
Questo nuovo, rivoluzionario, regime,
per certi versi, dovrebbe anticipare l'eliminazione del bicameralismo, una volta
che il Senato verrà trasformato in Camera delle Regioni, con poteri legislativi
solo a livello regionale.
Al comune cittadino non può che far
piacere apprendere di un nuovo Rego-
POLITICA
n
lamento parlamentare per facilitare il
processo legislativo, però, allo stesso interessa, soprattutto, avere leggi chiare e
precise già nella loro lettura che non necessitino sempre di essere interpretate,
senza la caterva di rimandi a precedenti
aggiunte e varianti che vanno indietro
per decenni: ci si attende una "legge n. …
del ..." con pochi, espliciti articoli, accessibili non solo a una ristretta cerchia di
esperti, visto che oggi, grazie a internet,
chiunque le può consultare.
Saranno bene accetti i cambiamenti nei
sistemi dei tempi di approvazione, ma lo
saranno ancora di più se anche la "sostanza" verrà adattata ai tempi che corrono oggi. A beneficio di tutti.
Dante Columbro
DAL 1° LUGLIO RENDITE FINANZIARE AL 26%
Lo scorso 18 giugno, il Parlamento ha approvato il decreto Irpef che contiene, tra l’altro, le disposizioni che
prevedono l’inasprimento della tassazione sulle rendite finanziarie dall’attuale 20 al 26%, con decorrenza 1°
luglio, con l’eccezione dei titoli di Stato e dei buoni fruttiferi postali, la cui aliquota rimarrà il 12,5%, e dei fondi
pensione che però subiscono un ritocco minimo dall’11 all’11,5%. Restano invariati le obbligazioni emesse
dagli Stati cosiddette “white list”, i fondi comuni istituiti in Italia e i fondi lussemburghesi storici con sottostante
debito sovrano.
Un cambiamento non di poco conto, che mette a dura prova intermediari e risparmiatori i quali – come avvenuto in occasione dell’incremento varato a inizio 2012 dal governo Monti, che aumentò l’aliquota dal 12,5
al 20% – devono decidere ora le mosse da fare sul fronte dell’affrancamento, al fine di evitare che l’aumento
dell’aliquota incida sui redditi maturati antecedentemente alla data di entrata in vigore del provvedimento.
Oltre ad adeguare le procedure, occorre informare la clientela circa la possibilità, appunto, di “affrancare” i capital gain maturati sugli strumenti finanziari detenuti su un certo conto titoli alla data del 30 giugno per evitare
che l'introduzione di norme meno favorevoli penalizzi eccessivamente il contribuente nella fase di transizione.
L'operazione consiste in una sorta di cessione figurativa della partecipazione, che permette di assoggettare i
plusvalori all'imposta sostitutiva vigente fino a quel momento, pari nel caso in esame al 20 per cento. In tal
modo si ottiene il riconoscimento del maggior costo fiscalmente rilevante, sicché al momento di una futura e
reale cessione verrà tassata con il 26% solo la quota di maggior valore che dovesse maturare dal 30.6.2014,
cioè dall'entrata in vigore dell'aliquota del 26 per cento. Naturalmente, trattandosi di cessione solo figurativa,
il titolo resta di proprietà del contribuente, assumendo però un nuovo prezzo di carico in virtù del preliminare
versamento della stessa imposta sostitutiva che si sarebbe versata in caso di cessione. Se si decide di usufruirne,
la procedura di affrancamento sarà però applicata obbligatoriamente a tutti i titoli in portafoglio e produrrà
quindi plusvalenze su alcuni titoli e minusvalenze su altri, che saranno compensate fra loro fino a concorrenza.
All'esito dell'operazione risulteranno nel complesso una minusvalenza o una plusvalenza. In questo caso il contribuente può scegliere di assicurarsi la tassazione al 20% pagando, senza vendere i titoli, un’imposta sostitutiva
sulla plusvalenza latente ai valori di borsa del 30 giugno, con l’effetto che solo i proventi realizzati dopo tale
data saranno tassati al 26%. Ogni caso va valutato singolarmente e con attenzione in considerazione che il
termine per decidere scade il 30 settembre 2014.
D.S.
Incontri
- gi ugno/l ugl i o 2014 n
11
n ECONOMIA
L’ONDA GIUSTA: SPREAD IN PICCHIATA,
TASSI BASSI E LIQUIDITÀ PER LE BANCHE
Si aprono buone opportunità per l’economia reale, imprese e famiglie
Come mai è così importante questo
famigerato spread? Semplice, perché è
l’indicatore della fiducia che gli investitori nazionali e internazionali nutrono
in un Paese: maggiore è lo spread, minore è l’affidabilità del Paese sui mercati finanziari. Ed è ovvio che, alla lunga,
un Paese il cui spread risulti costantemente elevato, possa indurre dubbi di
affidabilità anche sul mercato primario,
ossia sulle aste dei propri Titoli, provocando problemi reali, non virtuali, per
le casse dello Stato costretto a emettere i nuovi titoli seguendo l’andamento del mercato secondario.
Come sta avvenendo in questi giorni
in cui il differenziale BTP/BUND si sta
rapidamente riducendo,oltre alle condizioni positive di mercato, stanno influendo le condizioni prospetticamente
favorevoli della economia reale, le
aspettative sulla stabilità politica e la
realizzazione delle riforme strutturali i
cui frutti si percepiranno più in là nel
tempo.
Che questo fosse un periodo di
grande calma per il “temibile” spread è
evidente. Il differenziale di rendimento
tra il BTP decennale e il Bund tedesco
ha infatti reagito molto bene e, soprattutto, in occasione della conferenza
stampa di Mario Draghi, dopo la riunione di politica monetaria della Bce,
che ha aperto a un nuovo percorso
per garantire nei prossimi anni tassi
12
n gi u gno/l ugl i o 2014 -
bassi e soprattutto liquidità per le banche che dovranno trasferirla al mercato delle imprese e delle famiglie.
Questa ipotesi, inizialmente osteggiata
dai tedeschi e oggi invece condivisa da
tutti i rappresentanti del Board della
Bce, ha ampliato i segnali di distensione
e lo spread è sceso raggiungendo i 130
bp, livello che non veniva registrato da
oltre tre anni. Questo calo è anche il
frutto della discesa del rendimento del
BTP decennale sul mercato secondario, attualmente sotto il 3% (2,69%)
che continuerà a influire, speriamo in
modo tangibile, sulle prossime aste di
collocamento.
In definitiva questo indicatore sta
acquisendo un rilievo non solo economico, ma soprattutto politico, condizionando i comportamenti dei governi
che sono indirettamente influenzati
non tanto dall’andamento del mercato quanto dalla pressione della
speculazione.
Come uscire da questo circolo infernale senza la possibilità di avere alle
spalle una vera e propria banca centrale che intervenga, con operazioni di
politica monetaria, per proteggere il valore dei titoli dalla speculazione e, per
quanto possibile, ricondurre lo spread
all’effettivo rapporto che esprime il
vero differenziale fra le economie reali?
Adeguarsi ai vincoli del mercato comune, risanare la finanza pubblica, creare
le condizioni per l’incremento della produzione e la crescita della
domanda interna purtroppo, ed è un fatto,
non è sufficiente.
Per ora godiamoci i
vantaggi che si sono
immediatamente trasferiti nelle aste di collocamento di queste
ultime settimane. Infatti, se il calo dei tassi
dovesse confermarsi e
lo spread stabilizzarsi
I n cont ri
ncontri
I idee&fatti
23
giugno/luglio 2014
anno IV
I GIOVANI
e il loro futuro
Globalizzazione, flussi migratori e innovazione tecnologica sono solo alcuni dei cambiamenti che i giovani devono affrontare per inserirsi nel mondo lavoro senza però potersi basare sul background dei loro genitori – che si sono avvicinati al lavoro in un contesto estremamente differente – né tanto meno su di un bagaglio proprio. Bagaglio fatto
di professionalità e soprattutto di esperienza che si acquisisce esclusivamente con il tempo e con il lavoro.
In questo scenario, reso ancor più difficile dalla crisi e dalla perdita di valori tipici di una società cosiddetta civile, i
giovani, e non solo, devono oggi affrontare una sfida: la flessibilità lavorativa e conseguentemente di vita, che sempre
più spesso diventa “precarietà a tempo indeterminato”.
Politici, sociologi, economisti e manager invadono giornalmente i media con le loro ricette, a oggi prive di efficacia, rivolte alla creazione di occupazione. DirCredito ha invece voluto dar voce a tre rappresentanze sociali: un ragazzo di
17 anni, studente delle scuole superiori, un professore universitario con esperienza di allenatore a livello giovanile e
di un sacerdote dell’Azione Cattolica di Brescia. Forse, cambiando metodo e interlocutori, si trova la soluzione…
proviamoci.
Silvio Brocchieri
n S P E C I A L E I N S E RTO
In cont r i -
gi u gno/l u gl i o 2 014 n
1
n S P E C I A L E I N S E RTO
PRECARI E SCORAGGIATI,
PRONTI A PARTIRE
Così i giovani “affrontano”
il mondo del lavoro
Le prospettive non sono delle migliori e, spesso, è impossibile essere ottimisti.
Se si guarda al futuro lavorativo di un giovane, oggi, è quasi
necessario che si cerchino opportunità all’estero.
L’Italia è “chiusa” nei confronti di coloro che, nonostante
una buona formazione, si accostano al mondo del lavoro
che, così com’è, non consente di vedere realizzati i sogni
e gli obiettivi delle nuove generazioni.
La causa di questa chiusura si trova nella scarsa capacità
di organizzazione di imprese e stato che, insieme, non riescono a garantire lavoro stabile, né a fare investimenti sui
giovani, ritenuti non esperti, ma che in questa logica non
lo diventeranno mai.
Per questo motivo capita che ci si debba accontentare di
un lavoro umile e precario, al limite dello sfruttamento,
che non tenga in alcun conto delle capacità, delle conoscenze e abilità acquisite con lo studio e la formazione.
Insomma, della preparazione raggiunta, spesso con sacrificio anche economico a cui non tutti sono in grado di
far fronte. Questo per mancanza da parte delle istituzioni
di veri e propri programmi di sostegno allo studio.
Non c’è niente che invogli, che inviti a scegliere - lasciando
la strada della spensieratezza tipica di un giovane, che
propende a trascorrere il tempo tra svago e amicizie - il
cammino più costretto della vita lavorativa.
Anche i genitori talvolta non aiutano, perché con i loro
atteggiamenti protettivi, invece di spronare i propri figli li
rendono vittime di una mentalità chiusa, che non consente loro di avere una visione più ampia del loro stesso
futuro, di cogliere le possibilità che si presentano. Anche
papa Francesco ha invitato i giovani a spingersi fuori del
loro piccolo mondo, mostrandosi alla società e dimostrando di essere fiori che sono stati nascosti, ma pronti
a sbocciare.
Un altro problema avvertito dai giovani rispetto all’accesso e alla collocazione nel mondo del lavoro, almeno
in alcune località, è quello dell’immigrazione che viene vissuta come un ulteriore fattore di discriminazione.
In ogni caso, ci troviamo di fronte a una situazione sempre
troppo incerta e quindi scoraggiante per chiunque.Tanto
più per un giovane diplomato che “vaga” nella precarietà,
alla continua ricerca dei fondi necessari per proseguire
negli studi universitari.
Tebaldini Stefano
II
AVANZARE, SOSTENERE...
CONTINUARE
I principi di un gioco, regole di vita
degli uomini di domani
Lo sport è confronto, competizione con se stessi e con gli
altri, anche all’interno della propria squadra. Molti genitori
hanno paura della parola “competizione” o “agonismo” eppure non sanno che la competizione è il motore della vita.
E’ tutto ciò che ti spinge a migliorarti, non per emergere anche se chi è migliore deve essere riconosciuto e avere il
ruolo che gli compete - ma per aiutare gli altri.
Lo sport collettivo, in particolare, è socializzante, perché
aiuta i ragazzi a capire che il rispetto delle regole ci fa vivere
meglio. Inoltre, è fondamentale per comprendere il significato di rispetto, di se stessi, per una gestione migliore della
propria vita sul piano psichico, morale e della salute; degli
altri, per sapersi rapportare all’interno della comunità, nella
consapevolezza che tutti hanno diritto di essere considerati.
Quale ex insegnate di Educazione fisica e ora di Rugby alla
scuola di Scienze Motorie all’Università degli Studi di Milano,
credo che l’educazione dei nostri figli, oggi più ancora di
qualche tempo fa, debba passare attraverso l’educazione
sportiva. Le esperienze che i nostri giovani vivono praticando sport, infatti, li fanno crescere e li maturano.
Un tempo eravamo liberi di correre nei prati, salire sugli alberi, andare in montagna, al lago, al mare.
n gi u gno/l ugl i o 2014 -
I n con t ri
I G IOVANI e il loro futuro
Eravamo in qualche modo liberi di correre i rischi senza
drammi, solo con la possibilità di superare gli ostacoli e trovare immediatamente soluzioni, senza che tutto venisse vissuto come tragedia. Al giorno d’oggi i giovani, spesso, non
hanno più la libertà di fare tutto ciò. Eppure, nonostante i
pericoli siano molti, hanno bisogno di conoscersi e formarsi
attraverso esperienze percettive proprie, come sentire il dolore e il piacere, il caldo e il freddo. Devono vivere quei piccoli traumi, le “sbucciature”, che li aiutino a crescere. Tutto
questo si può avere dalla pratica sportiva.
Il Rugby, il gioco che insegno, alleno e tanto amo si basa su
tre principi fondamentali: avanzare/pressare, sostenere e
continuare, cioè mantenere l’iniziativa; cosa c’è di più simile
al nostro modo di vivere?
Il rispetto della puntualità e dei ruoli, a partire dal capitano,
all’allenatore che è colui che ha il diritto di correggere gli
errori, per finire all’arbitro, che è colui che ha il diritto di sanzionarli, passando dal magazziniere, al giardiniere fino a colui
che traccia le righe sul campo, senza il quale non si potrebbe
giocare. L’aspetto ludico poi, il divertimento, non deve essere
sottovalutato perché tutti i valori non perdano significato.
Attraverso il gioco collettivo e il dialogo tra attacco e difesa
il giovane matura una capacità tattica - da non confondersi
con la strategia che è precostituita - risolvendo situazioni dinamiche in continua evoluzione, impara a vedere ciò che ha
di fronte, a capire come può superare l’avversario e ad agire
di conseguenza.
Il gioco collettivo, quindi, insegna a lottare per un obiettivo,
un progetto comune, a limitare la propria esuberanza, a sacrificarsi per difendere un compagno. I giovani si preparano
così a vivere difficoltà che vanno affrontate e superate.
Non esistono problemi, esistono solo soluzioni. Il terreno
dove imparare a trovare queste soluzioni, oltre alla famiglia
e alla scuola, è il campo sportivo, la palestra, la piscina, la
In cont r i -
pista... I nostri giovani domani incontreranno difficoltà che
potranno essere superate solo andando avanti, cercando
soluzioni per il lavoro, trovando sistemi di aggregazione e
sostenendosi l’un l’altro per continuare a migliorare, anche
attraverso azioni sociali per aiutare i meno fortunati e, soprattutto, senza farsi la guerra.
Vero è che la competizione ha sempre portato progresso,
ma credo che si sia arrivati ad un livello di crisi come quello
attuale perché qualcuno ha lavorato esclusivamente per arricchirsi alle spalle di altri, incurante delle regole e dei diritti
altrui, che non ha rispettato. Motivo in più perché i ragazzi
di oggi comprendano certi valori, che faranno di loro gli uomini di domani.
Massimo Borra
GIOVANI
E MONDO DEL LAVORO
L’incertezza del futuro
minaccia le nuove generazioni
Per affrontare il tema dei giovani e del lavoro si dovrebbero
districare tre nodi critici, che evidenziano come il lavoro sia
non solo questione sociale, ma soprattutto questione
antropologica.
Il primo riguarda la prevedibilità di un futuro di vita. La flessibilità del lavoro porta le persone a una maggiore percezione del rischio e a una minore capacità di programmare
quel che avverrà.Terminata l’università, in Italia, le prospettive
si rivelano assai povere. Il passaggio nel guado della precarietà durante l’ingresso lavorativo sembra quasi indilazionabile. Questo apre notevoli dubbi proprio sulla capacità dei
giovani di immaginare il loro futuro: come acquistare casa,
quanto si potrebbe guadagnare tra qualche anno, se si lavorerà ancora, quando si potrà iniziare a vivere in autonomia
dai propri genitori…
Penso siano significative in questo senso le parole del messaggio di Benedetto XVI rivolto ai partecipanti alle Settimane Sociali dei cattolici italiani, il quale ci ricordava che
“quando la precarietà del lavoro non permette ai giovani di
costruire una famiglia, lo sviluppo autentico e completo di
una società risulta seriamente compromesso”.
Il richiamo del Papa ci aiuta a spingere in avanti il nostro impegno: la precarietà non è solamente l’urgenza del momento,
ma minaccia il nostro futuro, perché impedisce ai nostri giovani di immaginare la loro vita con serenità, di condividere
un disegno di coppia e un’aspirazione alla genitorialità.
In secondo luogo occorre guardare alle relazioni lavorative.
Il processo di individualizzazione del lavoro e l’impresa virtuale portano fisiologicamente a una frammentazione dei
gi u gno/l u gl i o 2 014 n
III
n S P E C I A L E I N S E RTO
legami all’interno dei luoghi di lavoro. Oggi si moltiplicano
le figure professionali, si diversificano le modalità di lavorare.
Non si favorisce la condivisione di gruppo. Ci si sente più
soli. Il clima sul lavoro è solitamente quello della competizione, difficilmente il proprio collega è visto anche come
compagno, come amico. Come ricordava Richard Sennet
le persone che non sanno per quanto tempo rimarranno
nello stesso posto e aspirano a trovare un’occupazione migliore, non hanno grande interesse ad allacciare legami solidali con quelli con cui lavorano.
Questi stessi processi di individualizzazione del lavoro possono arrivare a conseguenze dilanianti per le persone.
Penso allo stress da iperlavoro, penso all’ansia da prestazione che un clima di continua competitività provoca, penso
alla difficoltà di “staccare quando si torna a casa”. Ci sono
ricadute drammatiche sulle persone degli effetti di questa
individualizzazione del lavoro come ad esempio il mobbing:
una nuova piaga che va affrontata con coraggio.
Rivendicare la centralità sociale del lavoro è la base per ipotizzare la creazione di un’economia solidale e personalistica
che, a livello globale, riconosca l’esistenza di diritti vitali degli
esseri umani, costituendo forma di riequilibrio delle ingiustizie sociali e di redistribuzione della ricchezza, che ristabilisca un equilibrio tra le generazioni.
Il terzo nodo critico tocca le capacità di scelta. Stiamo verificando che i giovani non sono passivi allo status quo. Loro
manifestano strategie di azione ampie e complesse: non optano per un’unica via, ma sperimentano più percorsi. Ci
dobbiamo allora chiedere come le persone indirizzano le
proprie scelte?
Il lavoro di oggi propone piste del tutto nuove su cui impegnarsi a partire dalle prospettive lavorative: ad esempio se è
vero che oggi i giovani appaiono disorientati nel periodo del
loro inserimento nel mondo del lavoro è altrettanto vero
che i percorsi possibili si sono moltiplicati e il ventaglio delle
scelte è enormemente più vario di un tempo. Penso sia importante comprendere l’importanza di offrire criteri intelligenti di scelta per indirizzare la propria carriera professionale.
Nei passaggi da un’occupazione all’altra l’esperienza fa curriculum più di prima, se coniugata a un aggiornamento costante. Il cittadino non può essere lasciato solo, quando
sceglie sul suo futuro possibile, appare opportuno sostenerlo mediante un periodo di accompagnamento e tutela
costante al momento dell’inserimento lavorativo, come invitarlo a un aggiornamento continuo, occorre metter mano
ai diritti di formazione per i lavoratori (le 150 ore sono anacronistiche per la società della conoscenza).
In conclusione bisogna servire il futuro. L’attualità e la fede
cristiana ci chiedono di non schiacciarci sul presente, ma di
affrontarlo per guardare con speranza al futuro. Come? In
primo luogo bisogna iniziare a difendere i lavoratori più deboli a partire dalla soppressione delle varie forme di illegalità e di sfruttamento che sono il primo attentato alla
sicurezza dei lavoratori fino ad arrivare alla tutela di tutte
IV
le forme di lavoro, in particolare quelle atipiche. Inoltre, si
deve tentare di costruire una società più equa, in cui è importante riconsiderare il ruolo e il valore del lavoro.
Dobbiamo essere consapevoli che il lavoro è una modalità
di espressione della dignità umana e per questo non può
limitarsi alla soddisfazione dello status di necessità economica e diventa una modalità per l’affermazione della soggettività di ogni persona. Come ha spiegato Benedetto XVI,
citando la Centesimus Annus, vasto è il campo di impegno
e di lotta delle forze sociali contro un sistema che privilegia
il capitale sul lavoro. Un’altra strada è possibile e si può trovare nella costruzione di una società del lavoro libero, dell’impresa e della partecipazione.
Questa società da costruire propone il lavoro libero come
titolare di diritti specifici, a partire dal diritto – riconosciuto
dalla Costituzione – di una politica realmente finalizzata alla
piena e buona occupazione, alla concreta esigibilità dei diritti
di cittadinanza, anche sul posto di lavoro, e alla sicurezza
come tutela del diritto alla vita e alla salute. Propone l’impresa come comunità di persone che non è un valore a sé
ma deve essere valutata nella sua capacità di rispondere
alle esigenze delle persone per le quali esiste. E quindi è
consapevole di tutte le sue responsabilità sociali, ambientali,
economiche. Propone la partecipazione come elemento essenziale tra garanzie formali e sostanziale esigibilità dei diritti.
Considerare il lavoro nelle sue molteplici dimensioni è un
anticorpo fondamentale di un modello che non sia concepito
solamente nella logica del profitto della rendita o degli scambi
finanziari. Perché partire dal lavoro e non dalle teorie economiche significa partire dalle persone e dai loro bisogni.
Rimangono quanto mai attuali le parole di un grande testimone della fede come Giorgio La Pira: “Il problema del lavoro è in un certo senso, dopo quello della preghiera, il
problema che investe più profondamente la vita spirituale
e religiosa della persona umana. L’uomo che lavora è come
l’albero che produce frutto: i suoi talenti si moltiplicano. Egli
dona al corpo sociale come il corpo sociale dona a lui, così
è immesso nel circuito creativo della vita”. Nel lavoro ritroviamo un’intima connessione tra la vocazione propriamente
umana di custodire e coltivare il creato e la capacità di costruire relazioni tra persone e per questa via riusciremo a
promuovere un umanesimo del lavoro.
don Massimo Orizio
n gi u gno/l ugl i o 2014 -
I n con t ri
ECONOMIA
n
DOVE NASCE LO SPREAD
Da tempo è diventato di grande attualità parlare di titoli di stato, spread, aste primarie di collocamento e
mercato secondario, ma esiste ancora molta confusione riguardo a questa terminologia della finanza pubblica:
proviamo a fare un po' di chiarezza.
I titoli di stato sono titoli obbligazionari di debito emessi dal Ministero dell'Economia e delle Finanze per
conto dello Stato e servono a finanziare la spesa pubblica anche se molto spesso il loro scopo è quello di rifinanziare il debito pubblico già esistente. I più importanti titoli di stato italiani sono i Buoni Ordinari del Tesoro
BOT (titoli a breve termine di durata 3, 6, 12 mesi, privi di cedola), i Certificati del Tesoro Zero Coupon CTZ
(titoli di durata 24 mesi, privi di cedola) e i Buoni del Tesoro Pluriennali BTP (titoli di lungo termine con durata
3, 5, 10, 15, 30 anni, con cedola fissa semestrale).
L’asta. Con cadenza mensile o settimanale il Ministero delle Finanze mette all'asta una certa quantità di titoli,
coadiuvato dal sostegno operativo della Banca d'Italia. Partecipano all'asta primaria di collocamento i sottoscrittori istituzionali iscritti in un apposito albo (banche private italiane e straniere, assicurazioni, fondi comuni,
fondi pensione, fondi sovrani, società di investimento, operatori finanziari).
L'asta primaria di collocamento può essere di due tipi: asta competitiva (i titoli vengono assegnati a tutti
coloro che hanno fatto le offerte migliori fino all'esaurimento dell'intera quantità di titoli emessi) e asta marginale (il valore di acquisto del titolo viene stabilito al margine, ossia al valore dell'offerta più bassa fra quelle
dei sottoscrittori che si sono aggiudicati i titoli messi in asta).
MOT. Una volta che i sottoscrittori istituzionali si sono aggiudicati i titoli di stato possono rivenderli ai singoli
investitori privati (guadagnando sulla commissione) oppure sul mercato secondario dei titoli attraverso la
compravendita in borsa (la sezione della borsa italiana dedicata alla compravendita dei titoli di stato si chiama
MOT, Mercato Telematico delle Obbligazioni e dei Titoli). Il valore del titolo di stato subisce delle oscillazioni
in base alla nota legge della domanda e dell'offerta.
Il valore giornaliero del titolo di stato sul mercato secondario viene spesso calcolato in base alla differenza
di rendimento (spread) da un titolo con rendimento basso e pressoché costante, che viene preso come benchmark di riferimento: nel caso dei titoli italiani con scadenza 10 anni, lo spread viene calcolato mediante il
confronto con l'andamento degli analoghi titoli di stato tedeschi (bund).
La differenza di rendimento si calcola in punti base cioè il tasso percentuale di rendimento, moltiplicato per
100.
Dove influisce lo spread è sul mercato secondario: i grossi investitori internazionali e soprattutto gli speculatori,
una volta acquistati i Titoli, e non solo quelli di Stato, ma anche qualsiasi tipo di prodotti finanziari, non se li
tengono per aspettarne la scadenza (spesso pluriennale), ma li rivendono, per lucrare sulla differenza tra il
prezzo a cui li hanno acquistati e quello cui li rivendono. Ed è proprio quello che si chiama mercato secondario.
Mercato secondario perché (mentre quello “primario” è l’originario, cioè le aste dei Titoli), riguarda tutto
ciò che avviene dopo ed è un rapporto tra il primo compratore dei titoli, che poi li rivende e i soggetti a cui
li ha rivenduti, ma non attiene assolutamente agli Stati emittenti.
Ecco perché lo spread in sé non influisce direttamente sull’andamento degli interessi che lo Stato paga sui
propri titoli: lo Stato continuerà a pagare il tasso risultante dall’asta per tutto il decennio cui i Titoli si riferiscono,
anche qualora sul mercato secondario lo spread dovesse schizzare alle stelle ma, solo nella formazione del
prezzo all’origine che è influenzato dall’andamento del mercato secondario quale indice di riferimento.
intorno ai 130 punti base, gli analisti
calcolano che i conti pubblici si avvantaggerebbero di un tesoretto di 10 miliardi in tre anni.
A questo punto una riduzione del
peso fiscale sulle imprese e le famiglie
sarebbe d’obbligo. Se la Bce ha fatto la
sua parte, anche mediatica, per dare
stimolo alla ripresa, possiamo sicuramente affermare che, al di là di quanto
Incontri
- gi ugno/l u gl i o 201 4 n
ogni soggetto del mercato può e deve
fare per ritornare alla crescita, “Forse
bastano due parole... e lo spread va
giù”.
Dante Sbarbati
13
n LEGALE
OSSERVATORIO SULLA GIUSTIZIA
a cura di Claudio Minolfi
n Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro
Sentenza n° 5179 del 5 marzo 2014
Dichiarata la legittimità in primo grado dal Tribunale dell’Aquila, decisione poi riformata dalla Corte d’Appello, è stato quindi definitivamente vanificato dalla Corte di
Cassazione il licenziamento di un lavoratore che, in previsione di un possibile giudizio
con il proprio datore di lavoro, aveva trasmesso, per posta elettronica, al suo Legale
un consistente numero di file riconducibili ad affari e notizie riguardanti l’Azienda.
Ha osservato, la Suprema Corte, che il destinatario degli incriminati invii era il legale
di fiducia del dipendente e che, quindi, i documenti, soprattutto per motivi deontologici, sarebbero in ogni caso rimasti circoscritti alla sfera dei rapporti intercorrenti
fra il medesimo e il suo difensore, e proprio per tali circostanze è risultato che il loro
contenuto non era stato, intanto, divulgato in alcun modo a terzi.
L’azienda datrice di lavoro, inoltre, non ha fornito alcuna prova in ordine all’assoluta
riservatezza dei file trasmessi e, pertanto, anche in considerazione di tanto, si è ritenuta eccessivamente sproporzionata la misura del provvedimento espulsivo adottato
in sede disciplinare.
“
L’azienda
datrice di lavoro,
inoltre, non ha fornito
alcuna prova in ordine
“
ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL LAVORATORE CHE,
DAL COMPUTER DELL’UFFICIO, HA INVIATO AL PROPRIO DIFENSORE
FILE CONTENENTI NOTIZIE SULL’AZIENDA
all’assoluta riservatezza
dei file trasmessi...
n Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro
Sentenza n° 9945 dell’8 maggio 2014
LEGITTIMO IL DIRITTO AL RISARCIMENTO DANNI, PATRIMONIALI
E MORALI, A FAVORE DEI FAMILIARI DEL LAVORATORE DIPENDENTE
DECEDUTO PER INFARTO CARDIACO CAUSATO DA ECCESSIVO LAVORO
14
n gi u gno/l ugl i o 2014 -
“
..responsabilità
dell’imprenditore
per la mancata
adozione delle misure
volte a tutelare
l’integrità
del lavoratore...
I n cont ri
“
Dichiarata dalla perizia medico legale la compatibilità del decesso di un lavoratore,
avvenuta per infarto del miocardio, con le vicende professionali legate all’attività da
lui svolta con impegno tale da dover affrontare ritmi insostenibili che lo costringevano,
a volte, anche a superare le undici ore giornaliere di lavoro, la Corte d’Appello di
Roma, nel Maggio 2011, condannò il datore di lavoro al risarcimento complessivo di
oltre 850.000 euro, da liquidare in favore della moglie e della figlia del defunto.
A nulla rilevando che l’Azienda non fosse a conoscenza delle estenuanti modalità
con cui venivano espletate le mansioni, per essa imputabili all’attitudine del proprio
dipendente ad affrontare il lavoro con impegno e forte coinvolgimento emotivo,
senza aver tra l’altro mai espresso alcuna doglianza, e non fornendo prova di non
aver imposto ritmi e tempi di lavoro insostenibili, con la sopra indicata pronuncia, la
Corte di Cassazione, ritenendo ben motivata l’impugnata sentenza, non ha potuto
che definitivamente confermare il precedente giudizio di merito.
La Suprema Corte, valutando correttamente argomentata la decisione della Corte
d’Appello, ha infatti ribadito l’assunto che, anche se incombe al prestatore d’opera
che lamenti di aver subito danni alla salute l’onere di provare l’esistenza di tali danni,
la responsabilità dell’imprenditore per la mancata adozione delle misure volte a tutelare l’integrità fisica del lavoratore è riconducibile a norme generali che gli impongono di attuare, comunque, tutte le misure necessarie per tutelare l’integrità del
lavoratore.
All’imprenditore spetta l’organizzazione e la distribuzione del lavoro, non può pertanto sottrarsi agli addebiti rivoltigli, per carenze a lui dovute, giustificandosi con l’assenza di lagnanze da parte dei dipendenti o, ancor peggio, sostenendo d’ignorare le
condizioni in cui le mansioni affidate ai lavoratori vengano in concreto eseguite.
S I N D A C AT O
n
BARCLAYS BANK... LA STORIA SI RIPETE
Il mondo è bello perché vario, a differenza del mondo bancario, purtroppo
sempre molto monotono e uguale a
se stesso. Non passa giorno che qualcuno non dichiari esuberi, costi del lavoro troppo onerosi o, nella migliore
delle ipotesi, la poca professionalità e
la mancanza di volontà di sapersi adeguare alla realtà dei bancari; cioè di coloro che sono chiamati ad attuare
giornalmente strategie commerciali
pensate da altri e, attualmente, di certo
poco efficaci se non perdenti.
Colossi stranieri che arrivano sul mercato domestico con una vision di
breve termine, attingendo a piene
mani alla professionalità dei nostri lavoratori e che, dopo aver fatto utili, se
ne vanno indisturbati alla ricerca di
nuovi mercati ritenuti più favorevoli alla
“spremitura”.
Barclays ha dichiarato nello scorso
mese di maggio la volontà di procedere alla riduzione del proprio organico di 19.000 dipendenti, di cui 14.000
già entro la fine del 2014, presenti in
vari paesi europei, tra i quali Francia,
Spagna, Portogallo e Italia.
Dopo l’uscita dal mercato domestico
avvenuta negli ’90 la storia si ripete,
sempre a discapito dei lavoratori.
Prima si “acquisiscono” sul mercato
giovani bancari già professionalmente
preparati, si aprono nuovi sportelli e
poi, sfruttato il momento di business…
si ritorna in patria.
La Banca inglese aveva già avviato, nel
giugno 2012, una procedura di ridimensionamento del personale che
aveva determinato oltre 100 fuoriuscite, operazione riproposta nel maggio 2013, che ha visto l’adesione al
Fondo per il sostegno dell’occupazione
del settore di ulteriori 176 risorse e
circa 30 nuove richieste di part-time. I
numeri dicono che, nel corso del 2013,
ci sono state complessivamente 242
uscite e 39 assunzioni, di cui 6 a tempo
determinato e che l’organico si è ridotto a 1.130 unità.
In questo contesto le Organizzazioni
sindacali nazionali, in totale sintonia con
i lavoratori e con il loro pieno appoggio, in data 11 giugno – in concomitanza con lo svolgimento del BGEF
(CAE inglese) a Londra - hanno organizzato un presidio in via Mercanti a
Milano per protestare contro la decisione dell’azienda di uscire dal mercato
italiano.
Anche UNI Global Union – sindacato
a livello mondiale - tramite l’area “Finance” ha condiviso e sottoscritto, con
gli altri Paesi europei coinvolti, un documento di contestazione della strategia Transform (Declaration on the
“Transform Strategy” of Barclays
Group of the UNI Finance Italian Affiliates) al fine di rafforzare e dare maggiore valore all’iniziativa in quanto
transnazionale nei confronti di Casa
Madre.
La prospettiva per questo migliaio di
colleghi - in un mercato ritenuto saturato, dove la cultura del top management è improntata al tutto e subito e
i lavoratori sono considerati un costo
piuttosto che una risorsa – è purtroppo poco rassicurante.
Forse i tempi sono maturi perché il
mondo del lavoro assuma le dimensioni di una “politica comune” all’interno dell’Europa, con una visione
complessiva delle problematiche e non
più solo a livello nazionale.
Perché tutti i lavoratori abbiano, fatte
salve le peculiarità di ogni Stato membro, gli stessi diritti e gli stessi doveri.
Silvio Brocchieri
CR VOLTERRA ... QUOTA 100!
Nome
Residenza
Data di nascita
Professione
Segni particolari
Cassa di Risparmio di Volterra
Volterra e dintorni
1949
Azienda bancaria
oltre 100 iscritti
Lavoro, impegno, dedizione e professionalità. Caratteristiche distintive di DirCredito che hanno consentito ai colleghi della Cassa di Risparmio di Volterra
di raggiungere e oltrepassare la fatidica e ambiziosa quota 100 iscritti che, su di
un numero complessivo di dipendenti pari a 500 unità, evidenzia un risultato
ancor più importante ovvero un indice di rappresentanza che supera il 20 per
cento. In un contesto particolarmente ostico e difficile come quello odierno,
dove il mondo del lavoro e i lavoratori tutti sono ritenuti dei costi insostenibili
e non delle risorse da valorizzare, la capacità di saper aggregare tanti colleghi
di così elevato profilo professionale è indice di passione, competenza e voglia
di fare. È con la squadra che si vince!!!
S.B.
Incontri
- gi ugno/l ugl i o 2014 n
15
n L AV O RO
L’ENIGMA DEGLI ESODATI
SESTA PUNTATA
Lontana la fine di un tormento che colpisce ancora 200.000 persone
Considerata l’impossibilità di individuare in tempi brevi l’auspicata soluzione strutturale al problema degli
“esodati”, anche il Governo Renzi ha
deciso infine di attivare in loro favore
una ulteriore (la sesta) salvaguardia
parziale. Con essa, nelle intenzioni
dell’esecutivo anche l’ultima prima di
un provvedimento risolutivo, è stata
prolungata di un anno la tutela per le
casistiche già contemplate nei precedenti interventi, con la sola integrazione dei cosiddetti “cessati” per
scadenza di contratti a tempo determinato. Circa 31.200 persone (considerati i nuclei familiari coinvolti, la
popolazione di una città) che copre
chi, prima della riforma, avrebbe maturato la percezione della propria pensione entro il 2015 avendo lasciato il
posto di lavoro entro la fine del 2012.
Data l’endemica carenza di risorse
economiche, un intervento consistente, reso possibile dalle “economie”
riscontrate nei precedenti interventi la
cui platea di beneficiari si è dimostrata
sovrastimata di ben 24.000 posizioni ri-
16
n gi u gno/l ugl i o 2014 -
spetto alle circa 160.000 ipotizzate. Ancora una volta, l’ennesima, una problematica nascente quindi dall’assenza di
numeri certi sugli esodati, divenuta
quasi un enigma più indecifrabile del
terzo mistero di Fatima.
Una tra le immagini più sconfortanti e
preoccupanti del malfunzionamento
della nostra pubblica amministrazione,
nemmeno mitigata dalla sensazione
che, forse, non è vero che questi numeri siano ignoti quanto invece non si
intenda divulgarli. È un fatto comunque
che, anche senza considerare tipologie
“spurie” che spesso si cerca artatamente di aggregare a quella degli esodati in senso stretto (chi aveva definito
cioè un accordo di esodo in prossimità
della pensione prima della riforma Fornero), anche dopo il sesto intervento
restano ancora senza tutela tra le 150
e le 200 mila persone.
Davvero tante, troppe cui potere dare
una giusta risposta ove questa problematica non venga recepita come prioritaria dal Governo. Il sogno dei
malcapitati, quello cioè di vedere dichiarato per legge il proprio diritto all’applicazione delle normative vigenti al
momento della firma dei loro accordi,
rischia così di svanire definitivamente
nel nulla in virtù di fantomatici interventi strutturali pronti a rivelarsi, nella
realtà, proprio come gli Achei all’interno del cavallo di Troia. Giunti a un
passo dal filo di lana, prestiti pensionistici, sussidi di solo sostegno, applicazione integrale del sistema contributivo
con dimezzamento della pensione per
il solo repentino prolungamento della
vita lavorativa, non suonano infatti per
essi che come autentiche beffe. Che li
discriminano persino da chi, più fortunato, è riuscito a rientrare, come in
uno slalom speciale tra i paletti delle
sei salvaguardie varate.
Giulio Pomar
I n cont ri
LEGALE
n
IL FILO D’ARIANNA
Suggerimenti per districarsi nel labirinto della vita quotidiana
Se la veranda, posta sul terrazzo a livello, è poggiata e non ancorata
al pavimento è da considerarsi arredo esterno rimovibile e, pertanto,
non necessita di alcun permesso edilizio
È quanto ha stabilito il Consiglio di Stato (Sentenza n° 1777 dell’11 Aprile 2014)
in merito ad una struttura in legno realizzata su di un terrazzo a livello, costituita
da due pali verticalmente poggiati al pavimento e da quattro traverse in PVC
con binario di scorrimento, ancorata al sovrastante balcone e munita di copertura
rigida a protezione di un telo retraibile, manufatto di cui era stata ordinata la demolizione dal Comune di Roma, confermata dal Tribunale Amministrativo Regionale. Come invece evidenziato dal descritto provvedimento, la struttura leggera
e amovibile, costituita da elementi a loro volta leggeri e assemblati tra di loro in
modo tale da essere facilmente smontati e non demoliti, priva di opere murarie
e di pareti chiuse, non raffigura né un aumento di volume degli spazi coperti, né
la creazione o modificazione di un organismo edilizio, né tanto meno alterazione
del prospetto dell’edificio cui è connessa.
In ragione, pertanto, della sua inidoneità a modificare la destinazione d’uso degli
spazi esterni, dell’assenza di tamponature verticali e della sua facile e completa
rimuovibilità, la struttura in discorso può ben essere qualificata alla stregua di un
arredo esterno, di riparo e protezione, funzionale al migliore utilizzo degli spazi
aperti dell’appartamento cui accede, riconducibile ad un intervento manutentivo
non subordinato ad alcun titolo abilitativo.
La notifica di atti e documenti, dalla cui avvenuta consegna
devono farsi decorrere termini legali, non è regolare se effettuata
per il tramite di servizio di recapito posta privato
Con Decreto Legislativo emanato sin dal 1999, in attuazione di una Direttiva Comunitaria, veniva liberalizzato il servizio postale, prevedendo però che, per esigenze di ordine pubblico, le spedizioni raccomandate afferenti a procedure
amministrative e giudiziarie fossero comunque riservate in via esclusiva al fornitore del servizio “universale”. È da ritenere, quindi, che quando la Legge prescrive
per l’esecuzione di una notifica il ricorso a una “raccomandata con avviso di ricevimento” , non può che fare riferimento al servizio offerto in forma universale
(con attività, cioè, estese su tutto il territorio nazionale) dall’ente Poste, con la
conseguenza che qualora l’adempimento fosse affidato a un’agenzia privata di recapito, non risulterebbe conforme alle formalità previste dalle norme.
La Corte di Cassazione, nell’affrontare ulteriormente la tematica (Sentenza, VI
Sez. Civile, n. 2035 del 30 Gennaio 2014), richiamando principi più volte ribaditi,
ha avuto modo di sancire nuovamente che, nel caso di notificazioni fatte direttamente dal servizio postale, l’avviso di ricevimento costituisce atto pubblico e, pertanto, le attestazioni in esso contenute godono della stessa fede privilegiata delle
notificazioni eseguite, a mezzo posta, tramite ufficiale giudiziario.
Gli agenti postali di un servizio di poste privato non rivestono, e non possono rivestire, la qualità di pubblici ufficiali e gli atti da loro redatti non potranno godere
di presunzione di veridicità fino a querela di falso, rendendo le loro attestazioni
di avvenuta consegna dei plichi inidonee a far decorrere i termini iniziali per eventuali impugnazioni.
Incontri
Claudio Minolfi
- gi ugno/l ugl i o 2014 n
17
n SOCIETÀ
FRANCESCO CONTRO LE “MAFIE”
PROMUOVE L’ESCLUSIONE SOCIALE
Il Papa lancia la scomunica dalla Piana di Sibari davanti a 250.000 fedeli
Questa volta Francesco è andato oltre.
Oltre l’ipocrisia di una chiesa che
spesso ha affrontato con distacco il fenomeno “mafie”, oltre l’immobilismo di
una società che condanna a parole, ma
che quando bisogna agire si trincera
dietro l’omertà, oltre l’impotenza di
uno stato troppo spesso infiltrato dalle
mafie per poter dare risposte concrete
alla loro lotta.
Questo Papa, infatti, per certi versi simbolo di apertura e modernità, ha scagliato contro ’ndrangheta e mafia un
anatema vecchio come il mondo, mai
usato prima e sicuramente ricco di un
significato che va oltre i confini della
chiesa. La scomunica che il pontefice ha
lanciato nel corso di un’omelia, non
dalla loggia di San Pietro, ma, dalla sicuramente più evocativa Piana di Sibari,
davanti a 250.000 fedeli, arrivati da
tutta la Calabria, diventa un gesto dal
grandissimo valore simbolico, sia da un
punto di vista religioso che da quello
sociale.
Dopo la conversione, richiesta ai mafiosi dall’allora Giovanni Paolo II, in occasione della beatificazione di Don
Pino Puglisi, certo importante, ma ancora troppo timida, poiché lasciava intravvedere ancora una possibilità di
perdono, mettendo, di fatto delinquenti e assassini, sullo
stesso piano delle
altre pecore, il Pastore
Bergoglio
opera,
come è nel suo stile,
una scelta netta, coraggiosa, dal sapore
definitivo.
Il Papa questa volta
non si inginocchia,
come aveva fatto
Woytila, ma troneggia
in tutta la sua autorità
e mette la parola fine
a decenni di ambi-
18
guità, di ammiccamenti, di omissioni, di
una certa gerarchia ecclesiastica che da
un lato piangeva pubblicamente la mattanza dei propri sacerdoti impegnati in
prima linea contro la mafia, ma dall’altro non aveva il coraggio di negare che
assassini conclamati e mai pentiti varcassero insieme alle loro famiglie le soglie delle chiese per ricevere sacramenti e conforto cristiano.
La scomunica è una pena canonica irrogata nelle chiese cristiane, che implica l'esclusione di un suo membro
dalla comunità dei fedeli a causa di
gravi e ostinate infrazioni alla morale
e/o alla dottrina riconosciuta.
È in questa definizione che si racchiude
il progetto di Francesco, vescovo di
Roma. Combattere cioè mafia, ‘ndrangheta e camorra, non solo attraverso
metodi tradizionali, ma utilizzando
un’arma del tutto nuova e sicuramente
non convenzionale, l’esclusione sociale.
Cosa sarebbero infatti i mafiosi senza
l’appoggio di quei cittadini che, vuoi
per paura, vuoi per un certa ammirazione per questi delinquenti che sfidano uno stato, troppo spesso sentito
come un nemico, chiudono entrambi
gli occhi e rendono possibili latitanze
infinite e dorate, la maggior parte delle
quali trascorse nel pieno dei centri abi-
n gi u gno/l ugl i o 2014 -
tati in cui sono sempre vissuti. L’inclusione e il riconoscimento sociale di cui
godono consente loro di sentirsi alla
stregua di eroi sopra ogni legge umana
e divina.
Ne sono testimonianza le numerose
cerimonie di “iniziazione” mafiosa infarcite di immagini e formule sacre. Ne è
la prova il fatto che la ndrangheta tanto
si sente vicino a Dio, dall’aver osato
scegliersi San Michele come santo protettore. Le parole del Papa, la sua condanna esplicita hanno posto fine alla
leggenda, peraltro non vera, che i crimini commessi dai mafiosi, fossero ammantati di una certa sacralità e sicuramente al di sopra delle leggi dello
stato.
Il dado è tratto. Tocca ora alle istituzioni, ecclesiastiche e non e ai cittadini
comuni raccogliere il testimone, facendo rete, anzi muro contro la diffusione di quel cancro che si chiama
mafia che giorno per giorno uccide la
giustizia.
Che gli uomini di mafia, camorra e
‘ndrangheta inizino a trovare di fronte
a sé delle porte chiuse poiché per loro
le porte che conducono alla salvezza
eterna si sono già serrate, parola di
Francesco.
C.A.
I n cont ri
CURIOS@NDO
n
NAPOLI: LE 5 STELLE DELL’ORSA MAGGIORE
SUPERANO LA COSTA AZZURRA
L’istituto Europa Asia traccia la classifica dell’attrattività delle nostre città
Siamo continuamente inorgogliti dal sentirci dire che il nostro è il Paese dotato
del più alto tasso di beni culturali e che
godiamo del privilegio di bellezze naturali
incredibili. Poi, dissolta la nuvoletta dell’orgoglio, riscendiamo con i piedi nella
realtà e ci accorgiamo che siamo anche
i primi al mondo a trattare questo patrimonio con superficialità inusitata. È questo secondo primato che ci ruga
maggiormente, soprattutto quando ci si
confronta con le attrattive di città internazionali che ci sovrastano malgrado il
loro patrimonio di beni culturali sia meno
“competitivo” del nostro.
Ed è così che l’Istituto Europa Asia ha voluto tracciare una classifica di attrattività
di alcune città europee e italiane proprio
per segnalare le ampie possibilità di richiamare turismo nel nostro Paese e che
queste opportunità dovranno essere
mese in campo fra le priorità dello sviluppo perché generatrici di ricchezza e
di nuova occupazione. A far risaltare questo patrimonio concorrono diversi fattori, ma quelli decisivi sono tradizioni
popolari, artigianato, bellezze naturali,
paesaggistico-archeologico-monumentali
e cultura fatta di storia e di arte.
Il guaio è che noi marciamo tra due poli,
quello dell’arte, che implica il concetto di
movimento e quello dell’inerte che si
configura come l’opposto dell’arte. Il nostro è un Paese che per ogni aspetto di
valore e di eccellenza si accompagnano
Classifica di alcune città italiane - indice febbraio 2014
altrettanti fattori frenanti o, addirittura, di
abbandono, deturpamento e devastazione nei casi peggiori. Gli episodi ultimi
di Pompei sono veramente desolanti. E
malgrado tutto ciò ecco i risultati emersi
da questo studio.
Fra le “citta'' che destano maggior interesse all'estero ritroviamo l'Orsa Maggiore delle cinque stelle (Napoli con
Capri, Sorrento, Pompei, Amalfi) che costituisce il “Blocco partenopeo”, totalizzando 1,644 punti nella classifica stilata
dall’Istituto Europa Asia sull’interesse del
mondo a conoscere una città in termini
di patrimonio architettonico- archeologico-monumentale, di bellezze paesaggistiche, di cultura, di arte, di storia, di
tradizioni popolari, di offerta turistica. Le
5 stelle napoletane battono così il Blocco
della Costa Azzurra (Montecarlo, Nizza,
Cannes) che si posiziona su un indice di
attrattività di 1,545, inferiore di un punto
rispetto alle nostre meraviglie partenopee. Non solo, ma la costellazione napoletana dell’Orsa Maggiore si piazza anche
nelle prime posizioni dei migliori luoghi
di attrazione italiana.
Achille Colombo Clerici, presidente dell'Istituto Europa Asia, commenta così
questi risultati: “I dati del Blocco partenopeo confermano quanto necessario
sia un grande sforzo da parte della politica, delle istituzioni culturali, delle organizzazioni turistiche per richiamare
maggiormente l'interesse mondiale su
Roma
2,00
Trieste
0,31
Sorrento
0,15
Milano
1,20
Bolzano
0,27
Amalfi
0,14
Venezia
Firenze
Napoli
Torino
Bologna
Genova
Verona
Capri
Palermo
1,65
1,00
0,80
0,60
0,51
0,50
0,40
0,36
0,35
Pisa
Siena
Bari
Cagliari
Padova
Perugia
Pompei
Parma
Portofino
0,29
0,25
0,24
0,21
0,19
0,19
0,18
0,16
0,15
I ncontri
Vicenza
Modena
Bergamo
Assisi
Brescia
Mantova
Trento
Rimini
0,15
0,14
0,14
0,14
0,13
0,12
0,12
0,10
Classifica di alcune città europee - indice febbario 2014
Londra
3,50
Amsterdam
1,90
Parigi
Berlino
Barcellona
Vienna
Madrid
Atene
Bruxelles
Nizza
Montecarlo
Berna
St. Moritz
Cannes
3,20
1,70
1,68
1,40
1,15
1,14
0,98
0,74
0,57
0,40
0,30
0,23
quell’area che dal turismo può trarre
molte risorse per il proprio sviluppo”.
In Italia, al primo posto fra i luoghi di maggiore attrazione nazionale domina incontrastata Roma (2,00), mentre al secondo
posto si piazza Venezia con un indice di
1,65, di poco superiore a quello segnato
dal Blocco penta-stellare napoletano
(1,644). Milano è la terza città nella classifica delle città attrattive italiane con un indice di 1,20, di gran lunga inferiore a quello
registrato dalla nostra capitale. Chiudono la
classifica delle prime 32 città italiane Trento
e Rimini che registrano rispet- tivamente
un indice di 0,12 e 0,10.
Nel blocco delle città europee continentali la palma dell’attrattività viene conquistata dalla città di Londra con un indice
di 3,50, superiore di un punto e mezzo a
quello Roma e di quasi tre volte maggiore del punteggio spuntato dalla metropoli lombarda. Al secondo posto si
piazza la capitale francese che viene superata da Londra per uno scarto di appena 0,30 punti. Roma, classificata al
terzo posto, s’incastra fra la seconda città
europea che è Parigi e la quarta posizione occupata dalla città dei tulipani,
Amsterdam, che segna un punteggio di
1,90. Seguono Berlino, Barcellona,Vienna,
Madrid ed Atene e via via tutte le altre.
Frank Sirti
- gi ugno/l ugl i o 2014 n
19
n CURIOS@NDO
DONNE E UOMINI ADORANO LE SCARPE
Varietà infinite di modelli affascinano il genere femminile e quello maschile
Picasso disse che «Van Gogh è immenso perché capace di nobilitare col
suo pennello anche un paio di vecchie
scarpe». Evidentemente non per caso
Vincent Van Gogh realizzò un’opera su
tela, molto conosciuta, proprio dal titolo “Un paio di scarpe”.
Ma quanti sono i diversi tipi di scarpe
esistenti? In ambito femminile, quello
più ricco di tipologie, la classificazione
sta nelle calzature con il tacco, senza
tacco e gli stivali.
Esistono scarpe con tacco modello decolleté: in questo caso la scarpa è
chiusa avanti, lateralmente e dietro e
può avere la punta tonda o quadrata.
Ne esistono diverse versioni, fra tutte
quella più nota è chanel, aperta sul tallone, con una fascia che passa dietro la
caviglia e i tacchi di varie altezze.
Le scarpe che hanno la cosiddetta
zeppa sono quelle che presentano
un tacco unito alla scarpa, un pezzo
unico che può essere composto di vari
materiali.
D’estate e nelle cerimonie si usano i
sandali, scarpe aperte sia in punta che
sul tallone; possono avere il tacco ma
possono essere anche flat (senza
tacco). In estate inoltre si utilizzano
molto i clogs, cioè zoccoli che si contraddistinguono per la suola in legno. I
sabot sono chiusi davanti e completa-
20
n gi u gno/l ugl i o 2014 -
mente aperti già da metà piede. Il modello più utilizzato tra le scarpe senza
tacco è noto con il nome di ballerine
che coprono tutto il piede, da punta a
tallone, ma lasciano scoperta la parte
superiore. Senza tacchi sono anche i
mocassini che si caratterizzano per la
loro punta quadrata e per la linguetta
che copre la parte superiore del piede.
Le francesine sono riconoscibile grazie
alla cucitura a nido di rondine.
Ci sono poi le infradito e le sneakers,
scarpe comode e sportive da passeggio. Sempre sportive sono le Slip-on,
scarpe che si infilano senza lacci né
aperture. Basse ed estive sono le espadrillas, realizzate in tela e suola in corda
e sono utilizzate soprattutto in Spagna.
In Italia, invece, le donne preferiscono
le ciabattine.
Gli stivali sono utilizzati soprattutto in
inverno ma alcuni modelli si possono
indossare anche nei periodi più caldi.
Gli stivali classici arrivano poco più
sotto del ginocchio. Il modello che
copre anche il ginocchio e arriva sino
alla coscia si chiama cuissard. I modelli
più bassi hanno diversi nomi. Ankle
boot o tronchetto è il modello che
copre fin poco più su la caviglia.
Per gli uomini la classificazione è più
semplice se si rimane nell’ambito della
calzatura maggiormente usata; Oxford,
Duilio, Brogue, Derby, Monkstrap, mocassino e stivaletto sono i nomi ricorrenti di un campionario che, quasi al
pari della calzatura femminile, è molto
variegata.
Generalmente le donne vanno matte
per le scarpe e farebbero follie per
averne un paio nuovo. A volte, però,
sono gli shoes designer a fare qualche
pazzia, proponendo, solitamente proprio per il guardaroba femminile, delle
calzature molto originali, curiose e particolari che non si vedono mai per
strada ma che potrebbero benissimo
fare bella figura come opera d’arte in
un museo.
L. I.
I n cont ri
CURIOS@NDO
n
“PROGETTO INSIEME”
Storie di bancari in pensione e di straordinaria generosità
Sono tantissime le belle storie che il
nostro Paese, pur martoriato da scandali e corruzione, riesce a raccontare
al resto del mondo. Storie di generosità e altruismo come quella che ha per
protagonisti alcuni bancari emiliani,
ormai in pensione, che anni fa fondarono Progetto Insieme.
Si tratta di un’iniziativa nata per correre
incontro ai bisogni delle famiglie dell’arcidiocesi di Modena e Nonantola e
della Caritas Diocesiana: “L’idea c’è
stata nel 2009 – ha raccontato Gaetano Tripoli, uno dei soci – a un collega
ancora in attività. Inizialmente erano
tutti ex direttori di filiale che, a causa
degli esuberi, si sono trovati ancora attivi e motivati, disposti ad aiutare le famiglie in difficoltà economica. Poi ai
primi cinque o sei soci si sono uniti
professionisti, dirigenti d'azienda e funzionari dello Stato.
Oggi possiamo contare anche sull’ex
vice direttore della sede INPS di Modena. Tutto in virtù del passaparola e
grazie al quale oggi contiamo 25 soci
che operano sul territorio con i centri
d'ascolto della Caritas, i servizi sociali
dei comuni e altre associazioni di
volontariato. La stragrande maggioranza dei soci sono ex bancari: ben 20
su 25”.
Come si svolge il vostro intervento?
“Partiamo dalla consulenza – ha spiegato Tripoli - cerchiamo di predisporre
un bilancio familiare attendibile cercando di capire i motivi del disagio e
cercando, in alcuni casi, di arrivare a
una transazione con banche e finanziarie. Se vi sono i presupposti interveniamo con operazioni di micro credito
operando come un fondo di garanzia
con fondi messi a disposizione dalla
Diocesi di Modena - Nonantola, e dalla
CEI”.
Questi i servizi offerti da Progetto Insieme: analisi del bilancio familiare, accompagnamento organizzativo e
gestionale, supporto alla predisposizione delle domande di finanziamento,
consulenza ai Tutor nel periodo successivo l’erogazione dei finanziamenti, consulenza finanziaria e di supporto per
l’accesso al credito, educazione all'accesso al credito e prevenzione al sovraindebitamento, educazione a stili di
vita sostenibili, analisi dei bisogni economici e orientamento della predisposizione
della
domanda
di
finanziamento, valutazione della sostenibilità della domanda, istruzione di
pratiche per il rilascio di garanzie a valere sul Fondo di Garanzia della Diocesi di Modena–Nonantola e sulla
Incontri
- gi ugno/l ugl i o 2014 n
Colletta Nazionale del Prestito della
Speranza (CEI/ABI), assistenza per definire posizioni a incaglio o sofferenza,
assistenza per definire contenzioso per
sfratti, arretrati con Enti di erogazione
di servizi di prima necessità.
Qual è la consistenza economica dell’intervento di Progetto Insieme? “Inizialmente, sottolinea Tripoli, la Diocesi
ci ha fornito i primi 200.000 euro per
il fondo di garanzia, fondo che oggi ammonta a 300.000 euro. Riusciamo così
a erogare prestiti per oltre 600.000
euro con insolvenze inferiori alla media
del sistema pari a circa il 5,20 per
cento, risultato che riteniamo ottimo
in considerazione dei nostri utenti”.
Quante famiglie avete aiutato finora?
“Dal 2009 abbiamo ascoltato circa 500
famiglie ed erogato 86 prestiti con un
debito residuo attuale di 534.000
euro”.
Fatevi conoscere un po’ più da vicino;
da quali banche provenite? Eravate
iscritti al sindacato?
“La nostra provenienza è variegata:
Banco Popolare SGSP, Banca Intesa
Sanpaolo, Banca Popolare dell'Emilia
Romagna. Non so di altri ma io sì, ero
iscritto proprio al DirCredito”, ha concluso Tripoli.
Livio Iacovella
21
n CURIOS@NDO
L’EUROPARLAMENTO
AFFRONTA IL TEMA DELLA PROSTITUZIONE
Sui marciapiedi italiani 45.000 “sex workers” esposte a pericoli e sfruttamento
Secondo l’ultima indagine della Commissione Affari sociali della Camera, le
sex workers, cioè le prostitute, operanti in Italia sarebbero dalle 50.000
alle 70.000, di cui circa 25.000 immigrate. La massima concentrazione si registra a Milano e Torino. Il 65 per cento
delle prostitute lavora in strada, il
29,1% in albergo, le rimanenti in casa.
Il 94,2% delle prostitute sono donne, il
5% transessuali e lo 0,8% travestiti.
Duemila sarebbero minorenni e più o
meno lo stesso numero quelle ridotte
in schiavitù e/o costrette a prostituirsi.
Perché scrivere delle prostitute?
Perché per noi italiani il tema della gestione legale del fenomeno della prostituzione ricorre periodicamente nel
dibattito politico, fin dal 1958, anno in
cui furono abolite le cosiddette “case
chiuse”, con una legge divenuta famosa
con il nome della sua prima firmataria,
la senatrice Lina Merlin.
A riaprire il confronto tra cattolici e
laici sul tema delle case chiuse questa
volta è la Lega Nord, che vuole riaprirle con uno dei referendum proposti in primavera.
Oltre a vietare le case chiuse la legge
vigente in Italia punisce lo sfruttamento
e l'adescamento anche se prostituirsi
non è reato.
22
COSÌ SI È ESPRESSA L’UNIONE EUROPEA
Lo scorso febbraio l'Europarlamento
ha approvato la Risoluzione 2013/2103
INI su “sfruttamento sessuale e prostituzione e sulle loro conseguenze per
la parità di genere”.
Il Parlamento Europeo ritiene che
il modo più efficace per combattere
la tratta di donne e ragazze minorenni,
a fini di sfruttamento sessuale e per
rafforzare la parità di genere, segua
il modello attuato in Svezia, Islanda
e Norvegia (il cosiddetto modello
nordico).
Attualmente il modello è in corso di
esame in diversi paesi europei, dove il
reato è costituito dall’acquisto di servizi sessuali e non dai servizi resi da chi
si prostituisce.
La Risoluzione aggiunge come “considerare la prostituzione un ‘lavoro sessuale’ legale, depenalizzare l’industria
del sesso in generale e rendere legale
lo sfruttamento della prostituzione non
sia una soluzione per proteggere
donne e ragazze minorenni vulnerabili
dalla violenza e dallo sfruttamento, ma
che sortisca l’effetto contrario, esponendole al pericolo di subire un livello
più elevato di violenza, promuovendo
al contempo i mercati della prostituzione e, di conseguenza, accrescendo il
numero di donne e ragazze minorenni
oggetto di abusi”.
La risoluzione votata dal parlamento
europeo non vincola i governi dell’UE
e si configura come un parere di indirizzo, che suggerisce di affiancare al divieto di acquistare servizi sessuali una
campagna di sensibilizzazione tra gli
uomini.
L. I.
PAESI
Francia
Proibite le case chiuse, ma non la prostituzione per strada.
Germania
Dal 2002, il sesso a pagamento è lavoro
a pieno titolo. Una normativa prevede
per le prostitute assicurazione sanitaria,
sussidio di disoccupazione e pensione.
Le case chiuse sono legali.
Olanda
La prostituzione è legale sopra i 18 anni
ma è necessario avere la residenza nel
Paese. Le prostitute esercitano in case
nei quartieri a luci rosse.
Regno Unito
Prostituirsi non è reato. Sono vietati lo
sfruttamento e l'adescamento nei luoghi pubblici. Da tempo allo studio
l'apertura di zone a luci rosse nelle
città.
Spagna
Dal 1995 la prostituzione è legale. Vietato l'adescamento in strada e punito lo
sfruttamento. In tutto il Paese esistono
più di 1400 puticlub, bordelli legali.
Svezia
Dal 1999 la prostituzione è illegale. La
legge punisce i clienti con ammende e
carcere. Perseguiti gli sfruttatori, i proprietari e gli affittuari delle case chiuse.
LA SOLUZIONE NEI PRINCIPALI
Stati Uniti
In tutti gli Stati vendere e comprare
prestazioni sessuali è illegale. Fanno eccezione Nevada e Rhode Island dove
la prostituzione è legale.
n gi u gno/l ugl i o 2014 -
I n cont ri
CURIOS@NDO
n
PENSIONATI ALL’ESTERO
CON MILLE DOLLARI AL MESE FELICITÀ LOW COST
La Costarica primo Paese delle meraviglie, l’Italia solo sessantanovesima
Sempre più italiani scelgono di vivere
all’estero e non solo giovani in cerca di
esperienza o manager che arricchiscono il curriculum e il conto in banca.
Adesso sono i pensionati a decidere di
volare all’estero per viverci almeno sei
mesi all’anno. Un fenomeno popolare
di cui anche l’Istat registra la dimensione crescente.
Si calcola infatti che sono più di
500.000 gli italiani over 60 che risiedono stabilmente all’estero. Gli analisti
aggiungono: si fugge dall’Italia un po’
perché si cercano Paesi nei quali poter
vivere bene spendendo molto meno e
un po’ perché, una volta in pensione, si
desiderano luoghi dove si possa vivere
più serenamente.
Viste le dimensioni sempre più consistenti, anche i giornali scrivono spesso
di questo fenomeno. Così Panorama,
nel corso del mese di maggio, ha realizzato una copertina titolando: Trasferirsi all’estero, Vieni a vivere low cost.
A seguito di questa tendenza sono
nate agenzie specializzate e siti internet
in grado di trovare soluzione a ogni
problema: scelta del Paese, acquisto
della casa, trasferimento della pensione, apertura del conto corrente
bancario, visti, permessi, assistenza sanitaria e così via. Una di queste agenzie,
ovviamente con sede all’estero, per la
precisione in Svizzera, si chiama Vivi il
Mondo (www.viviilmondo.ch) ed è in
grado di assicurare che tutto funzioni
a meraviglia.
Naturalmente il primo passo è scegliere la destinazione migliore per le
proprie esigenze. A questo proposito
non c’è niente di meglio del sito
www.pensioneallestero.it.
Ogni Paese è analizzato secondo alcuni
parametri: consistenza della pensione,
periodo minimo di residenza, convenzione con l’Italia per le tasse da pagare.
Il posto migliore in assoluto è la Costa
Rica, definito il Paese più felice al
mondo, secondo una classifica che
vede l’Italia al 69esimo posto. In Costa
Rica esiste proprio un visto “Pensionado”, che si ottiene se si soggiorna almeno per quattro mesi continuativi e
si dimostra di godere di una pensione
di almeno 1.000 dollari al mese.
Lo stesso visto a Panama assicura una
serie di sconti molto interessanti.
Vanno fortissimo anche Brasile, Santo
Domingo, le Canarie e Repubblica Dominicana. Ben più vicine all’Italia sono
la Bulgaria e la Spagna, dove acquistare
casa o vivere in affitto costa poco rispetto all’Italia, oppure la Tunisia, Paese
che con l’Italia ha stipulato un accordo
interessantissimo sotto il profilo delle
tasse. In pratica, vivendo in Tunisia per
più di sei mesi all’anno si può chiedere
di trasferire lì la pensione. In base a una
legge del 2007, vien percepito l’importo della pensione lorda italiana gra-
I ncontri
- gi ugno/l ugl i o 2014 n
zie a un principio di “non doppia tassazione”. Ciò determina un abbattimento della pressione fiscale all’80 per
cento.
Quindi, a titolo esemplificativo, con una
pensione lorda di 20.000 euro si finisce
per pagare solo il 2 per cento di tasse,
tutto compreso. Ovviamente c’è un
rovescio della medaglia. La sanità pubblica, per esempio, in Tunisia non è
quella italiana ed è quasi un obbligo ricorrere a una polizza assicurativa.
Perché cresce il popolo italiano all’estero? A parte il regime fiscale vantaggioso, la qualità migliore della vita e
i costi minori c’è da considerare che,
oggi come oggi, con la tv satellitare, internet e i viaggi low cost vivere all’estero non significa dimenticare
parenti e amici in Italia, che rimangono
a portata di clic, o di poche ore di volo.
23
Livio Iacovella
al riparo con
PACCHETTO ASSICURATIVO DIRCREDITO
POLIZZA RC PROFESSIONALE
POLIZZA CASSIERI
POLIZZA INFORTUNI
POLIZZA TUTELA GIUDIZIARIA (VITA PROFESSIONALE)
POLIZZA TUTELA GIUDIZIARIA (VITA PRIVATA)
POLIZZA RC CAPOFAMIGLIA
e ancora...
Polizza Long Term Care
Prodotti Vita n Polizza RC Auto
Polizza Viaggi n Polizza Casa
Progetto Welfare Spese Odontoiatriche
Consulta la pagina AON su
www.dircredito.info