Download - Club Milano

settembre - ottobre 2014
N. 22
club milano
Claudio Bisio: “Di Milano apprezzo le grandi possibilità che offre, perfetta per chi ha tra i 20 e i 30 anni”.
Secondo Gad Lerner il giornalismo futuro sarà una professione sfigata, fatta più per passione che per i soldi.
Il rito del caffè appartiene ai milanesi, meglio ancora se lo si può degustare in un ambiente chic e originale.
Fare yoga è ormai diventata quasi un’esigenza per sopravvivere alle frenesie e ai ritmi folli della metropoli.
Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/MI
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editoriaL
La terza vita
di milano
Milano è una città difficile, lo sappiamo tutti. Soprattutto è difficile spiegare a chi non
ci vive cosa ci piace di questa città, perché l’abbiamo scelta e perché abbiamo deciso
di rimanerci. Èuna sensazione comune: basta un viaggio, una vacanza, per incontrare
qualcuno che inevitabilmente ci vede come alieni portatori di una cultura che solo
apparentemente è stress, smog e frenesia. Noi sappiamo che non è così. O certamente
non solo questo. Milano è prima di tutto una città dinamica, sempre mutevole, attenta alle proprie tradizioni ma sempre proiettata al futuro, con tutti i limiti di stare
in un Paese che fa fatica a seguirla e spesso a comprenderla. Mi è capitato qualche
giorno fa di vedere su RAI Cultura un bellissimo racconto di come Milano sia passata
negli anni Settanta dall’essere una città prettamente operaia e industriale, circondata
da fabbriche che per decenni sono state il motore economico d’Italia, a una città dove
l’immagine, la forma e lo stile erano rapidamente diventati il paradigma di un nuovo
stile di vita e di una società completamente rinnovata. Non più massaie di famiglie
migrate dalle campagne intente a lavare i panni sui Navigli mentre gli uomini in bicicletta e con le tute blu lasciavano le proprie case all’alba per dirigersi in fabbrica in
mezzo alla nebbia, ma una società di consumi dove erano arrivate prima che in altre
parti lavatrici, televisori e automobili. Dove la fame di prodotti si accompagnava a un
nuovo linguaggio, quello pubblicitario, da cui poi nacquero e si diffusero a macchia
d’olio agenzie e nuovi lavori. Con un’attenzione maniacale e scrupolosa per lo stile
che in pochissimi anni contribuì ad affermare Milano come capitale mondiale della
moda e del design. Erano gli anni Ottanta. E quell’onda anomala definita da alcuni
“Milano da bere” si è trascinata stancamente fino ai nostri giorni. Oggi quell’energia
creativa stenta a rinnovarsi, i consumi interni sono crollati e il quadrilatero della moda
sopravvive solo grazie ad arabi, russi e americani. Ma nessun’altra città al mondo è
capace di rinnovarsi e rinascere dalle proprie ceneri come Milano. Una sindrome da
Araba Fenice che molti faticano a comprendere e ad accettare, perché inevitabilmente comporta rivoluzioni in grado di cancellare il superfluo, quello che non serve più.
Ma è la nostra forza. Se in altre parti d’Italia la polvere la si nasconde sotto il tappeto,
da noi piuttosto si butta via ciò che non serve e si riparte. Nel settore dell’immobiliare
commerciale fino a pochi anni fa a dominare erano le richieste di spazi per negozi,
mentre oggi tutti vogliono aprire attività di ristorazione o affini. Se sarà una moda
passeggera o una bolla destinata a sgonfiarsi lo scopriremo presto. Di certo nel mondo
il nostro Paese è visto come la patria del mangiar bene. E Milano è diventata presto
la vetrina di una cultura (quella del cibo, appunto) che appartiene all’Italia intera. In
questo possiamo avere in prospettiva una spinta propulsiva ancora superiore a quanto
fu per la moda, fenomeno più strettamente milanese. Perché è difficile sradicare un
fenomeno che fa parte del nostro DNA e di cui non possiamo fare a meno. Ci vuole
solo un ultimo passaggio: l’accoglienza. L’intera città dovrà rinnovarsi se vorrà accogliere negli anni che verranno tutti coloro che inizieranno a venire da noi non solo per
fare shopping, ma anche per deliziare il proprio palato.
Stefano Ampollini
4
contents
point of view
10
focus
Vivere l’autunno come rinascita
Coffee break alla milanese
di Roberto Perrone
di Camilla Sernagiotto
inside
28
12
Brevi dalla città
a cura della Redazione di Club Milano
outside
14
Brevi dal mondo
a cura della Redazione di Club Milano
cover story
16
Una grande spalla su cui… ridere
di Paolo Crespi
interview
32
Il valore della curiosità
di Nadia Afragola
yoga
38
Un ponte tra corpo e mente
di Marilena Roncarà
yoga
40
Western relax
di Luigi Bruzzone
portfolio
20
Festival della Fotografia Etica
Testo di Andrea Zappa
wellness
42
Il benessere che arriva dall’Oriente
di Simona Lovati
style
44
Capitale umano… e storico
della Redazione di Club Milano
interview
26
Un augurio per Milano
di Simone Zeni
6
FALL/WINTER
2014-15
coNteNts
style
46
overseas
back to the past
alla ricerca dei big Five
di Luigi Bruzzone
di Andrea Zappa
wheels
58
50
due ruote su legno
di Marilena Roncarà
food
60
asola
di Enrico S. Benincasa
design
52
celebs design
di Davide Rota
free time
62
da non perdere
di Enrico S. Benincasa
secret milano
hi tech
54
Virtual & wireless
64
La versione meneghina dei Lumière
di Simone Sacco
di Paolo Crespi
weekend
56
metti un weekend in ogliastra
di Carlos Solito
In copertina
Claudio Bisio
Foto di Maria Marin.
8
point of view
roberto perrone
Giornalista e scrittore dalle radici zeneisi si
occupa di sport, enogastronomia e viaggi per
Il Corriere della Sera. Il suo ultimo romanzo si
intitola La cucina degli amori impossibili edito da
Mondadori che coniuga le sue passioni: la Liguria, la cucina, le donne, i viaggi e lo sport.
Vivere l’autunno
come rinascita
Ho letto un’interessante riflessione qualche giorno fa. Riguardava la vecchiaia e il
declino. Salvo rare eccezioni i vecchi perdono la fiducia e spargono il loro pessimismo a piene mani. Alla base c’è la consapevolezza della fine prossima e quindi il
risentimento nei confronti del mondo che continuerà senza di loro, dall’altro lato,
più inconscio, la sovrapposizione del proprio declino con quello di tutti. Insomma,
io mi sto consumando e quindi questo accade anche a quello che mi sta attorno,
senza speranza. Ovviamente non è così. Bisogna radicare la speranza, non estirparla. A maggior ragione in momenti come questi. Ne hanno bisogno i nostri figli.
Certo, a loro consiglio di andarsene da questo Paese incartato il prima possibile, se
ne hanno l’occasione, ma è un modo per stimolarli a mettercela tutta, per spingerli
a dare il loro contributo.
Arriva l’autunno. Per alcuni esistenziale, per tutti climatico. È vero, queste giornate
trascinano ancora una strana estate di cui abbiamo goduto poco, ma se guardo dalla
mia finestra vedo che Milano sta cambiando. Siamo tutti qui, ormai, salvo qualche
vacanziere settembrino, qualcuno che può fare le ferie intelligenti via dalla pazza
folla. Riconosco l’autunno. Ripenso ai miei tanti autunni milanesi e ci vedo sempre
qualcosa di nuovo, un senso di speranza, di curiosità, di scoperta. Ricordo il primo,
e non dico l’anno per nascondere quel declino di cui si parlava. Ricordo un tardo
pomeriggio, al tramonto, con una ragazza in corso Buenos Aires, l’aria frizzante, le
luci, i negozi, la gente. Ero elettrico. Forse era per la ragazza che stringeva la mia
mano, per quel mio primo amore milanese, forse per tutta quella frenesia attorno
a me. Erano i caotici, vitali e sì, anche cialtroneschi talvolta, anni Ottanta, tanto
bistrattati e, come tutte le cose che abbiamo scacciato col birignao dalla nostra
storia, ora rivalutati. Ballavamo sul ponte del Titanic? Sì, ma ballavamo.
Ma non è questo il punto. Il punto è la sensazione di qualcosa che cominciava e
che a me pareva nettissima quel giorno. Anche con l’autunno, anche con le foglie
morte e la ripresa della routine, si può accendere di curiosità la vita. L’autunno ha
colori meravigliosi, trasforma certi scorci della città in un dipinto. L’autunno è una
stagione incantevole, basta viverla con passione. Perché è questa a impedire che la
vita, a qualsiasi età, cominci veramente a declinare.
Roberto Perrone
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INSIDE
LA LUCE SVELA CHI SEI
Berger
“La pittura è una scommessa
stupida: o perdi o vinci”, “Guardare
qualcosa è prendersene cura”.
Sono parole del giovane Yves Berger, classe 1976, nato in un piccolo
villaggio alpino dell’Alta Savoia che
per la prima volta esporrà alcune
delle sue opere in Italia, alla galleria
Antonia Jannone. Disegni di Architettura, in corso Garibaldi a Milano.
La mostra, Caring_prendersi cura
inaugura il 2 ottobre e prosegue
fino al 27.
www.antoniajannone.it
Lo store della bellezza
Quattro piani di bellezza, di cura di sé e di puro piacere.
È nato lo scorso settembre il primo flaghship store di Limoni in corso Buenos Aires. Un luogo dove benessere, bellezza, servizi tailor made e design si fondono per regalare
una shopping experience unica. Al secondo piano si trova
la Beauty Lounge con sei cabine, per usufruire di servizi di
make up, nail e eyebrow, trattamenti viso e di un hairstyling
by Luciano Colombo.
www.limoni.it
Porsche nel cuore di Milano
Porsche entra in città. Per quattro settimane, da settembre a
dicembre, sarà presente allo Swiss Corner di piazza Cavour
(angolo via Palestro), esponendo le vetture della gamma e dando
vita a una serie di iniziative sul mondo Porsche. Il primo appuntamento è dal 19 al 25 settembre. Seguiranno poi, le settimane dal
10 al 15 ottobre, dal 10 al 16 novembre e dal 15 al 22 dicembre:
ogni settimana ci sarà un modello diverso di vettura Porsche in
esposizione.
www.milano.porsche.it
Il lusso dell’audio
Vertu, il produttore inglese di telefoni cellulari
di lusso, ha presentato la sua prima collezione
audio ad alte prestazioni, composta da auricolari
all’avanguardia, sviluppati in collaborazione
con Bang & Olufsen, e un potente altoparlante
wireless. La collezione Vertu Audio Collection,
in vendita nello store di via Montenapoleone,
è una combinazione di materiali pregiati e artigianalità, concepita per integrare gli smartphone
del brand.
www.vertu.com/it-it
White
Per la 29° edizione di White Milano, svoltasi dal
20 al 22 settembre, la rassegna internazionale
della moda contemporary ha presentato negli
spazi di via Tortona 27, 453 brand provenienti da
tutto il mondo, di cui 313 italiani e 140 stranieri,
segnando un aumento del 3% sul numero totale
degli espositori. Tra le iniziative di rilievo, White
ha lanciato un progetto in tandem con la Camera
Italiana dei Buyer della moda, Time.
www.whiteshow.it
DS 3 CON NUOVI FARI XENO FULL LED
Vera icona automobilistica, DS 3 esprime audacia e personalità. Oggi si evolve con i nuovi fari
Xeno Full LED, una prima mondiale che associa le tecnologie LED e Xeno ai nuovi indicatori
di direzione a scorrimento. Un’innovazione unica per il segmento. Brillante, magnetica e ultra
personalizzabile, DS 3 con nuovi fari Xeno Full LED risveglierà il tuo alter-ego.
DS 3 1.4 VTi 95 GPL. Consumo su percorso misto: 5,9 l/100 Km (uso benzina) - 8,2 l/100 Km (uso GPL). Emissioni di CO2 su
percorso misto: 136 g/Km (uso benzina) – 129 g/Km (uso GPL). La foto è inserita a titolo informativo.
CRÉATIVE TECHNOLOGIE
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12
CITROËN ITALIA S.P.A. FILIALE DI MILANO
VIA GATTAMELATA 41 - VIALE MONZA 65 TEL 02.39.76.22.19 – 02.26.11.23.47 – www.citroenmilano.it – [email protected]
oUtside
Man Ray a Udine
Un temporary store Prada tra i canali
Prada ha inaugurato un temporary store – dedicato solo alle
collezioni maschili – a Venezia sulla calle Larga XXII Marzo. Il
negozio, situato in un elegante palazzo, rimarrà aperto al pubblico per nove mesi. Il progetto è stato curato dall’architetto
Roberto Baciocchi e si sviluppa su una superficie di 90 mq.
www.prada.com/it
Ha inaugurato il 13 settembre la
mostra dedicata a Man Ray, a villa
Manin di Udine. L’esibizione, che
proseguirà fino a gennaio, presenta
oltre 250 opere, fra fotografie,
oggetti, dipinti, disegni e film sperimentali e ripercorre la vita e l’opera
di uno degli artisti più significativi del
Novecento. La mostra attraversa
tutta la vita dell’artista: dagli anni
d’esordio a New York, fino agli
ultimi due decenni di vita trascorsi
a Parigi.
www.villamanin-eventi.it
Da Milano a Torino in sei tappe
Torino e Milano si incontrano in sei appuntamenti con guide
d’eccezione, che le svelano attraverso sei diversi percorsi.
Due gruppi collegati via web, in contemporanea, tracceranno
la mappa della loro città, ogni volta seguendo un tema diverso.
Gli incontri, a Torino al Circolo dei Lettori e a Milano all’Open
more than books, sfrutteranno dispositivi mobili, siti e social,
fotografie, video e romanzi, per interagire.
www.openmilano.com
www.circololettori.it
Gran Premio Nuvolari
In occasione dell’edizione 2014 del Gran Premio Nuvolari,
con partenza il 19 settembre e arrivo il 21 nella centralissima
piazza Sordello a Mantova, Etiqueta Negra polo & sportswear rinnova la propria presenza, per il quinto anno consecutivo, in qualità di sponsor dell’evento, a cui prende anche parte con un equipaggio formato da Paolo Olivieri e Vladimir
Kuksov, alla guida di una barchetta Ermini del 1952.
www.etiquetanegra.eu
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L’uomo che sussurava ai cavalli
Per la 116° edizione, dal 6 al 9 novembre, Fieracavalli Verona punta tutto sull’affinità naturale
che lega l’uomo, il cavallo e il territorio, per far
scoprire le bellezze di ciascun luogo, insieme ai
suoi prodotti tipici. Il padiglione 4, sviluppato in
collaborazione con E.A.R.T.H. Academy, sarà la
piazza principale dove conoscere il meglio delle
proposte ippo-turistiche italiane e straniere.
www.fieracavalli.it
Cover story
Cover story
claudio bisio
UNA GRANDE SPALLA
SU CUI… RIDERE
Accantonata, almeno per ora, la ribalta televisiva di Zelig, il poliedrico attore
ed entertainer milanese (al 91,3%) ha più tempo per il teatro, suo primo amore,
e per il cinema, che lo ha praticamente adottato dai tempi di Mediterraneo, il film
Oscar del 1991. Sullo schermo con Confusi e felici, in uscita il 30 ottobre, è uno
psicanalista sbattuto sul lettino dai suoi pazienti. Tra i progetti del cuore anche
l’impegno civile sulla Costituzione, in tandem con Gherardo Colombo.
di Paolo Crespi
Foto di Maria Marin
Un piemontese (di Novi Ligure, provincia di Alessandria) trapiantato a
Milano alla tenera età di sei mesi…
Com’è il tuo rapporto con questa città?
Ci vivo da 57 anni, quindi non può essere un rapporto negativo. Di Milano
apprezzo soprattutto le grandi possibilità che ti offre, sempre. Certo, a essere
onesti, la metropoli è perfetta per chi
ha tra i venti e i trent’anni: prima non
hai soldi e sufficiente libertà, poi quando cominci a essere autonomo, tra cinema, mostre, teatri, eventi e aperitivi, da
single te la spassi. Oltre una certa età,
fatti salvi impegni e legami (soprattutto
quelli dei figli che crescono e mettono
radici), anche no. Io sono un bucolico,
col tempo mi sono preso un piccolo
fienile in Toscana dove fuggo appena
posso. Chissà, in futuro potrebbe anche
diventare il mio “buen retiro”. Ma per
ora non mollo.
La città che ti ha dato tanto e nella
quale ti sei fatto le ossa come artista
nel frattempo ha perso qualche pezzo.
Tu come la vedi?
Ancora in salute. Certo, qualche teatro ha chiuso, il mitico Ciak di via
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Sangallo non c’è più, lo Smeraldo ha
cambiato destinazione d’uso, i cinema
di un tempo non ne parliamo: Abadan,
Abanella… Cominciava così l’elenco
delle sale della nostra gioventù: sparite,
anche dalla memoria. Ma complessivamente le chance culturali non sono
diminuite e qualcosa di nuovo è stato
fatto. Il museo del ‘900 all’Arengario
è bellissimo, le Gallerie d’Italia che ho
visitato recentemente in piazza della
Scala sono magnifiche (e gratuite). E
anche su altri fronti le opportunità non
mancano: dalla bella vetrina musicale
del Carroponte a Sesto San Giovanni,
all’apertura estiva dell’Ippodromo per
gli spettacoli.
Dai tuoi esordi di attore nei centri sociali, nonostante il successo “mainstream” del cinema e della tv, un canale
di ascolto con i “movimenti” non l’hai
mai chiuso. In politica, ti hanno mai
proposto un impegno diretto? Pensi si
realizzerà mai?
Sì, qualche volta, in passato (ora non
più perché sanno che non mi interessa), mi hanno chiesto di mettermi in
lista, pensando probabilmente a un ri-
torno, tutto da verificare, di consensi.
Ma sono esattamente le cose che non
amo della politica: non avendo il tempo
di impegnarmi realmente non mi vedo
come quei consiglieri o parlamentari di
nome, ma assenteisti di fatto. E fare il
“prestanome”, lo dico con grande serenità, mi sembra un’altra stupidata:
quelli che “tanto poi mi dimetto” è meglio se ne stiano direttamente a casa.
Ciò che invece ho fatto e forse farei
ancora, sempre che non mi tirino per la
giacchetta, è aderire con convinzione a
una campagna, come nel caso dell’elezione a sindaco di Pisapia, con tanto di
presenza sul palco in piazza del Duomo, il giorno dei doppi arcobaleni, forse
un segno del cielo.
No a una “second life” nelle liste dei
partiti, sì a un ruolo di fiancheggiatore
attivo?
O qualcosa del genere. Tra le mie fortune c’è quella di essere diventato amico
di Gherardo Colombo, l’ex magistrato
di Mani Pulite. Il lavoro di divulgazione
che fa nelle scuole, con la sua associazione “Sulle Regole”, è entusiasmante.
Insieme torneremo presto a parlare di
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Cover story
Cover story
“Il cinema di Massimiliano Bruno è quello che piace
a me: le commedie non stupide e un po’ amare. Io ne
ho fatti tanti di questi tentativi, alcuni riuscitissimi,
anche al botteghino… altri premiati dalla critica”
Una piccola parte
del cast di Confusi
e felici, nelle sale
cinematografiche dal
30 ottobre: da sinistra,
Marco Giallini, Anna
Foglietta, Claudio Bisio
e il regista Massimiliano
Bruno, che si è
ritagliato anche un
Costituzione. C’è già una data, il 7 novembre, probabilmente al Circolo Filologico. L’anno scorso incontrammo gli
studenti realizzando anche un collegamento in streaming con i loro colleghi
riuniti nei cinema di 70 città italiane.
A giudicare dal numero di iscrizioni,
il prossimo appuntamento sarà davvero seguitissimo. Anche questa, credo, è
(bella, utile) politica.
Attore, cabarettista, doppiatore, conduttore televisivo e scrittore italiano…
(cito da Wikipedia). Una carriera incredibile, a fronte di tanti altri che invece non ce la fanno. Quale di questi
“mestieri”, che poi sono tutti collegati
fra loro, ti appartiene meno e cosa invece secondo te ha fatto scattare (ormai molti anni fa) la molla del successo? La simpatia, la bravura, senza
dimenticare il fattore “c”…
Toglierei doppiatore, che in effetti non
sono. In Italia è una professione importante, ben remunerata, c’è gente che
la svolge benissimo. A suo tempo, appena diplomato alla scuola del Piccolo
(la Paolo Grassi), tentai un provino per
un lavoro di doppiaggio, ma gli esaminatori mi “segarono”. Trent’anni dopo,
ironia della sorte, mi chiamano per fare
L’era glaciale e io avverto: guardate che
non sono adatto, i vostri predecessori
mi hanno bocciato! Invece poi è stato
divertente, credo non solo per me. E
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tambien per l’appellativo di scrittore,
dato che all’attivo ho solo un paio di
libri con Baldini e Castoldi, le raccolte
dei miei monologhi, e più recentemente Doppio misto (Feltrinelli), a quattro
mani con Sandra Bonzi, mia moglie.
Fattore “c”: beh, è determinante, ma subito dopo il talento, che ahimé non basta. Nel mio caso il primo successo vero
dal punto di vista popolare fu, nel ’91
(dopo dieci anni di teatro all’Elfo con
Paolo Rossi, Silvio Orlando, Giuseppe
Cederna, il cabaret al Derby con Antonio Catania…), una canzone, Rapput
dell’amico Rocco Tanica: la versione
discografica, un “singolo”, esplose letteralmente, tanto che quell’estate spopolò sulle radio tipo Vamos a la playa
dei Righeira nel decennio precedente.
Pensa, quell’agosto ero in vacanza a
Pantelleria, entro in un locale e sento
il pianobarista locale che la fa tutta, e
non in mio onore (nessuno ancora mi
riconosceva per la strada) ma perché
era l’hit del momento, e per giunta rap,
quando il genere da noi manco esisteva. Insomma, Wikipedia va aggiornata:
la prima volta che ho sfondato è stato
come cantante!
La conduzione di Zelig ti manca?
La tv non tanto, il clima del locale sì.
Anche se spesso ci torno a vedere gli
amici: Gino & Michele, Giancarlo
Bozzo, i comici Katia, Angelo, Gianni
Cibelli, Federico Basso. Assisto ai loro
debutti, loro vengono a vedere i miei.
La definizione “conduttore” a Zelig mi
stava un po’ stretta. Perché conduttore non sono e perché lì facevo un po’
tutto: comico, spalla, padrone di casa,
quell’insieme di cose un po’ mi manca, come mi manca l’esperienza, forse
irripetibile, dello Zelig Tour nei primi
anni Duemila, prima con Michelle
Hunziker poi con Laura Freddi e tutto
il cast di allora in giro per stadi e arene
estive. Anche se lasciare Zelig a un certo punto è stato vitale: per evolvermi
ed evitare, dopo quindici anni, il rischio
della routine.
E fare anche altro…
Certo, con i figli un po’ più grandi e
prima di invecchiare del tutto volevo
dedicare più tempo al resto della mia
attività, il teatro in primis (vedi Gli
sdraiati di Michele Serra con cui ho debuttato prima dell’estate a Ravenna, a
marzo 2015 lo porteremo a Milano allo
Strehler) e i film, numerosi ma infilati
“di sfroso” negli anni zelighiani.
Ora ne parliamo, ma un tuo ritorno
al cabaret live, nelle “cave”, da artista
affermato che torna sui propri passi,
un po’, mi si passi il paragone, come
Woody Allen quando va (o andava)
a suonare il clarinetto nel clubino di
Manhattan, è un’ipotesi ammissibile?
Azzarderei che lì c’è tutto un pubblico
ruolo da attore.
che ti aspetta con entusiasmo…
Non lo escludo affatto, e anzi confesso
che materiale da parte ne avrei. Per una
cosa piccola, però, solo mia, ma anche
per una cosa “media”, con la partecipazione di qualche amico. Come Paolino
Jannacci e i suoi splendidi musicisti,
con cui in effetti c’è in animo di fare
qualcosa, una sorta di cabaret musicale
nel solco del teatro canzone di Gaber,
di cui siamo tutti figli.
Venendo al cinema, in Confusi e felici, terzo film di Massimiliano Bruno e
primo con te protagonista, in uscita il
30 ottobre, sei uno psicanalista in crisi
che si barrica in casa e sono i suoi pazienti, in una sorta di rovesciamento
delle parti, a doverlo “stanare”. Come
sei arrivato a questo punto?
Conoscevo Bruno, che prima di essere autore di Nessuno mi può giudicare,
con Paola Cortellesi, e di Viva l’Italia,
con Michele Placido, è stato lui stesso
attore e sceneggiatore, ma non avevo
mai lavorato direttamente con lui. È il
cinema che piace a me: le commedie
non stupide e un po’ amare. Io ne ho
fatti tanti di questi tentativi, alcuni ben
riusciti anche al botteghino come Benvenuti al Sud (sesto incasso nella storia
del cinema italiano), altri premiati dalla
critica per la loro qualità come Si può
fare. Con qualche flop, film di cassetta
che comunque rivendico, ma nessuno
scheletro nell’armadio. Riuscire a percorrere la strada intermedia, più stretta
e difficile perché se ti va bene hai dalla
tua la critica e gli incassi, se ti va male
ti ammazzano tutti, è la mia massima
aspirazione.
Come ti trovi nel ruolo?
A meraviglia, anche se all’inizio temevo un po’ il personaggio. Perché con la
depressione che lo accompagna è l’unico che non fa ridere per niente, in una
pellicola che ha invece molti spunti e
personaggi comici interpretati dai miei
colleghi Marco Giallini, Rocco Papaleo,
Anna Foglietta, Paola Minaccioni, Caterina Guzzanti, Pietro Sermonti, lo
stesso Bruno. Poi mi sono convinto e ho
trovato la mia misura.
Personalmente da uno psicanalista non
ci sono mai andato, anche per motivi
di tempo: è un processo lungo, fatto di
continuità e di innumerevoli sedute.
Ma non lo escludo a priori. Forse mi
illudo, facendo il mestiere dell’attore,
che è un’analisi continua, di non averne, per ora, bisogno.
Della tua vita privata si sa poco, quali
sono le cose della tua famiglia di cui
vai più fiero?
Di quella di origine, che era umile –
mamma maestra elementare, papà rappresentante di commercio – la capacità
di farsi da sé, contando solo sulle proprie forze. E l’onestà totale. Di quella
che ho costruito con Sandra, due figli
adolescenti, maschio e femmina rispettivamente di 16 e 18 anni, e un labrador, sono felicissimo. Riusciamo ad
andare d’accordo e, come si dice, “funzioniamo bene”. Il segreto? Forse che io
non ci sono quasi mai…
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Portfolio
Portfolio
FESTIVAL DELLA
FOTOGRAFIA ETICA
La fotografia è uno strumento di conoscenza e approfondimento con modalità e declinazioni
differenti, spesso anche solo uno scatto può racchiudere innumerevoli sensazioni e
raccontare storie. Uno degli appuntamenti più importanti a livello internazionale è il
Festival della Fotografia Etica di Lodi (17-19/24-26 ottobre) la cui finalità è quella di
approfondire contenuti di grande rilevanza etica attraverso un ricco programma di mostre
di fotoreporter italiani e stranieri, dibattiti, workshop e letture di portfolio ponendo in primo
piano la relazione che intercorre tra etica, comunicazione e fotografia. Nell’edizione 2014
saranno le donne a essere protagoniste, soprattutto nella sezione Spazio Tematico intitolata:
La violenza sulle donne nel mondo. Oltre a questa ci sarà lo Spazio Approfondimento, lo
Spazio ONG, lo Spazio World Report Award, riservato ai vincitori dell’ultima edizione,
e la sezione espositiva Lo sguardo dei fotografi italiani sul mondo.
Testo di Andrea Zappa
Foto sopra di Meeri
Koutaniemi.
Due ragazze Maasai
un giorno prima
dell’infibulazione.
Foto a fianco di
Emergency.
Davide Luppi,
specializzando in
chirurgia generale,
in partenza per
l’Afghanistan.
Nella pagina a fianco
foto di Oxfam.
Muna, 30 anni, in un
campo profughi a
Baalbeck, Libano. In
Siria, abitava in una villa
con terrazza.
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Portfolio
Portfolio
Foto di Majid Saeedi.
Foto sopra di
Un giovane afghano
Daniele Volpe.
che scende da
Feliciana Bernal è
un’impalcatura dopo
tra gli scavi fatti dagli
aver appeso una
antropologi forensi a
gigantografia di Hamed
Xe’Xuxcap, Nebaj.
Karzai in una delle
Lei è alla ricerca
piazze di Kabul.
dei resti di suo figlio
morto 30 anni fa.
Foto a fianco di
Anne-Christine
Woehrl.
Nusrat si prepara nel
dormitorio del rifugio
ASF (Acid Survivors
Foundation), Islamabad,
Pakistan 2014.
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Portfolio
Portfolio
Foto di Laerke Posselt.
Foto sopra di
Bimba di due anni che
Krisanne Johnson.
sta per entrare in scena
Thabsile Brightness
al Big Trophy Pageant
Sishi, 25 anni, conduce
a Vidalia, in Georgia.
la processione funebre
Nella preparazione
della zia assieme al
di un concorso di
fratello all’interno del
bellezza le bambine
Richmond Farm Transit
vengono abbronzate
Camp vicino a Durban.
con uno spray,
Foto a fianco di
truccate, vengono loro
Marc Asnin.
applicate ciglia, unghie,
Uno degli scatti del
parrucche e vestiti con
reportage fotografico
quante più finte gemme
durato trent’anni
possibili. Molte delle
dedicato allo zio
bambine hanno inoltre
Charlie alcolizzato.
denti finti e lenti a
contatto.
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Interview
interview
arnaldo pomodoro
UN AUGURIO PER MILANO
Tra i più importanti artisti italiani, il maestro analizza in questa intervista
i cambiamenti della città e della sua vita artistica. Racconta poi di Porta Genova
e di quando capì che, per lui, via Vigevano sarebbe stata per sempre.
di Simone Zeni
foto di Angelo Redaelli
Lei è nato nel Montefeltro ma la sua
figura è ormai indissolubilmente legata alla città di Milano. Cosa c’è in lei
di marchigiano e cosa di milanese?
Le prime immagini che ricordo sono le
rocce e le fenditure aspre e misteriose,
tipiche del Montefeltro, e poi le rocche medievali, come quella di San Leo
con le mura sospese a picco, che non
si capisce dove finisca la pietra e incominci la costruzione. C’è un rapporto
fra una certa prevalenza “rupestre” del
luogo montefeltrino e il mio stile, come
ha espresso molto bene Paolo Volponi
quando parla della mia “marchigianità”.
Credo che il suo discorso sia soprattutto da intendere in relazione ai luoghi
in se stessi, al loro aspetto geografico,
antropologico e visionario. Con Milano
mi sento in piena sintonia per la sua
vitalità e curiosità verso il nuovo, caratteristiche che fanno parte della mia indole e che mi portano, nella vita come
nel lavoro, a non smettere di ricercare e
sperimentare.
C’è una una zona della città che le è
particolarmente cara?
Sicuramente la zona tra Porta Genova
e Porta Ticinese. Sin dal mio arrivo a
Milano, nel 1954, il posto nel quale
avrei voluto abitare era precisamente
da queste parti, nella Milano di Leonardo fra i due Navigli, forse perché mi ricordava i miei luoghi di origine. Era un
quartiere popolare, pieno di laboratori
artigiani, fabbri, falegnami, lattonieri.
Nel 1967 ho trovato la soluzione giusta
per il mio studio, al numero 3 interno 5
di via Vigevano: uno spazio incredibile
che un tempo funzionava da posteria
per il cambio dei cavalli. Ho subito capito che mi ero sistemato per sempre.
Come si è relazionata nei suoi confronti la città di Milano, lei che è uno
26
dei suoi maggiori artisti?
Quando mi sono trasferito a Milano, nel
pieno della rinascita e della ricostruzione postbellica (si stavano costruendo il
Grattacielo Pirelli e la Torre Velasca),
ho trovato una città estremamente viva
e vitale, con un’impronta internazionale. Ho iniziato a frequentare gli artisti
e gli intellettuali che in quegli anni
animavano la vita culturale della città
e si ritrovavano al bar Giamaica: l’accoglienza è stata da subito straordinaria
e tanti sono poi i riconoscimenti e le
dimostrazioni di stima che ho ottenuto.
Nel 1982 ho ricevuto la medaglia d’oro di civica benemerenza del Comune di Milano, sono poi socio onorario
dell’Accademia di Brera e dell’Associazione Amici della Scala. Come scultore sono ben rappresentato in città con
opere collocate in zone strategiche.
Penso, ad esempio, al mio grande disco
installato nel centro di Milano, in piazza Meda, una collocazione a mio parere molto appropriata. La scultura, in armonia con le architetture della piazza,
è nel contesto vitale della città e in esso
rappresenta la dinamicità, l’ottimismo,
la forza solare degli abitanti.
Forma, Segno, Spazio. Scritti e dichiarazioni sull’arte è il suo libro recentemente pubblicato da Maretti Editore.
Cosa possiamo trovare all’interno del
volume?
Insieme a Stefano Esengrini, curatore
del libro, abbiamo raccolto una selezione dei miei scritti più significativi dal
1967 al 2011, accompagnati da schizzi,
progetti, foto. Sono brevi testi, appunti, riflessioni sul mio lavoro o su temi
generali. L’intento della nuova collana
di Maretti Scritti d’Artista, pensata da
Concetto Pozzati, è far conoscere la
preziosa e differente autonomia critica
dell’artista: un pensiero che si traduce
in segno, in parola, in scrittura.
È stato recentemente impegnato con
costumi e scenografia teatrali a Siracusa, ci racconta com’è stata l’esperienza?
È stata una grande emozione lavorare
nel Teatro Greco di Siracusa, un luogo
magnifico, così connotato in senso storico, ambientale e simbolico da poter
essere considerato l’essenza stessa del
teatro.
Dopo anni dall’Orestea di Isgrò, non
le è ancora passata la passione per il
teatro greco?
Il teatro, in particolare la tragedia greca, è sempre stato per me una fonte di
ispirazione in termini di ideologia, mito
e forma e mi ha incoraggiato a sperimentare nuovi approcci e nuove idee
specialmente per le sculture di grandi
dimensioni da collocare all’aperto in
luoghi pubblici. In alcuni progetti per
la scena, soprattutto nel caso di testi
classici, ho realizzato grandi macchine
spettacolari da cui poi ho tratto vere e
proprie sculture. In altri casi per le mie
scenografie ho preso lo spunto da progetti di opere non realizzate.
Torniamo a parlare di Milano, come
vede la scena artistica cittadina?
Stiamo attraversando un periodo complesso di trasformazione generale del
mondo che coinvolge anche l’intero
sistema dell’arte, con continui capovolgimenti di senso e una frammentazione
di linguaggi. A Milano c’è una molteplicità d’iniziative artistiche e culturali
piuttosto interessanti, ma emerge nel
complesso una mancanza di certezze,
una problematicità che mi auguro significhi, anziché perdita di dimensione,
piuttosto vitalità della ricerca e nuovi
processi di conoscenza.
27
FOCUS
FOCUS
Coffee Break alla milanese
Tra i tanti primati meneghini, c’è anche quello di avere le caffetterie più chic e originali del momento. Da Pavé
a Open, da Fioraio Bianchi a Upcycle, ecco la mappa della “Milano da bere” a colazione. Per non perdersi
le migliori coffeehouse in cui sorseggiare una mug di americano o un espresso bio (con muffin annesso).
di Camilla Sernagiotto
02
01
01. Pavè, il salotto
con laboratorio di
pasticceria, è una delle
caffetterie più amate
dai fixie addict; offre
specialità handmade,
anche vegan friendly.
Foto di Marco Pieri &
Federico Sangiorgi.
28
Caffè: non c’è parola che meglio si sposi con “pausa”, ergo relax. Eppure la caffeina è per molti l’elisir del risveglio, la miscela che fa da carburante
soprattutto in città frenetiche e dinamiche come
la nostra. Ma chi è convinto che a Milano e nelle
metropoli in genere il caffè sia solamente quello
preso di fretta al banco, si prepari a ricredersi.
Dato che il New York Times ha eletto la Grande
Mela come culla dei migliori coffee del mondo
(forse la testata in questione è un po’ di parte), è
il caso di far decadere il falso mito della città dai
ritmi veloci in cui non c’è tempo per godersi una
tazza di oro nero.
Smascherare lo stereotipo è semplice, basta fare
un giro per le vie milanesi e sbirciare attraverso
le vetrate dei caffè: dagli avventori immersi nella
lettura di quotidiani alle amiche che chiacchierano tra un pasticcino e un sorso di tè, il relax è
assicurato. Eppure a Milano anche l’occhio vuole la sua parte: non basta un bancone e un buon
macina-chicchi per attirare clientela di un certo
tipo. Per questo chi ha aperto i battenti di caffetterie con target radical glam si è dovuto attrezzare
al meglio. Un esempio di café equipaggiatissimo
in questo senso è il Blanche Bistrot, un’oasi nel
cuore di Sarpi dal retrogusto squisitamente “finto
trasandato”. Con il suo stile urban-country fatto
di parquet, sedie di paglia e tavoli lignei dipinti di
bianco, seduce tanti caffeinomani della zona e non
solo: chi ha il pallino del design rustico è disposto
addirittura a prendere il tram pur di concedersi
un break in questo delizioso bistrot. Sorseggiare
solamente un espresso qui è considerato un delitto, vista la quantità di muffin, torte bio e biscottini
integrali con cui è guarnito il bancone, però non è
consentito nemmeno esagerare! Il cestino ricolmo
di donut glassate à la Homer Simpson è da maneggiare con cautela se si vuole continuare a far
parte della clientela. Questa regola è seguita alla
lettera dagli hipster habitué che, si sa, non posso-
no permettersi massa grassa, pena l’esser banditi
dalla corporazione occhialuta e baffuta. Per loro il
menù propone un vasto assortimento d’insalate di
frutta e sandwich integrali dai companatici super
light, perfetti da gustare assieme a una tazzona di
american coffee.
Chi allo stile di campagna preferisse il liberty targato inizio Novecento, Cavoli a Merenda di corso
Magenta è l’ideale. In questo locale ibrido (fonde
in sé caffetteria, ristorante e scuola di cucina) una
capatina è d’uopo a metà pomeriggio, nel proverbiale orario della merenda; attorno alle quattro
postmeridiane, infatti, qui va in scena il rito del
“caffè con i biscotti”, un’usanza locale così garbata e charmant che, se la regina Elisabetta avesse
modo di provarla, la sostituirebbe a quell’ormai
trito e ritrito tè delle cinque. In un tripudio opulento di marmi, camini antichi e lampadari sfarzosi vi sembrerà di essere presso un’altra corte,
ovvero quella di Maria Antonietta. A proposito di
lei, non potevano mancare i suoi dolcetti prediletti: i variopinti macaron, preparati secondo l’antica
tradizione di Pierre Desfontaines (chef pasticciere
della celeberrima cake boutique Ladurée), sono il
piatto forte di Cavoli a Merenda. Serviti su eleganti alzatine di cristallo e intinti nelle tazze di
porcellana di fine Settecento, i dessert francesi per
antonomasia vi faranno dimenticare di essere in
Italia, facendovi sentire ospiti alla reggia di Versailles. Per non parlare delle sedie Luigi XVI di cui
la caffetteria pullula: da perdere la testa.
Una location decisamente meno pretenziosa è
quella di Blu Anche Bar, il tempio del caffè nel bel
mezzo del quartiere Isola famoso per le sue pareti
bluette e per le mostre temporanee allestite al suo
interno: ogni mese le opere di un artista diverso
vengono appese ai muri, permettendo ai clienti di
godersi contemporaneamente un plumcake fatto
in casa e il quadro di un giovane emergente. Ma
il connubio tra caffetteria e arte non è l’unica tro-
02. Fioraio Bianchi
Caffè è sia una
caffetteria sia un
negozio di fiori. Nasce
oltre quarant’anni fa da
un’idea di Raimondo
Bianchi, guru delle
composizioni floreali.
Foto di Raffaella
Braghini.
29
FOCUS
FOCUS
03
Legno naturale, design
shabby chic, prodotti
biologici e ambiente
rilassato sono le
quattro parole d’ordine
del Blanche Bistrot.
È la caffetteria ideale
per chi adora i muffin
e le ciambelle glassate.
30
vata geniale del bar più amato dagli “isolani”: tra i
quadri alle pareti, il più interessante per alcuni è
la lavagnetta su cui sono segnati i cosiddetti “caffè
sospesi”, ossia tazzine a credito già pagate da altri
clienti, a uso e consumo di chiunque venga dopo i
filantropi in questione.
Quest’abitudine solidale (derivata da una tradizione partenopea ancora in voga a Napoli) ha trovato un’inedita declinazione presso un altro bar
milanese, il Bistrò del Tempo Ritrovato. La caffetteria-libreria che si affaccia sul Parco Solari, infatti,
ha sostituito al caffè il “libro sospeso”, attraendo a
sé tanti bibliofili che qui si danno appuntamento
per sorseggiare un buon cappuccino, leggiucchiare
i volumi sparsi sui tavoli e dibattere.
Caffeina e letteratura sono due accostamenti
perfetti, a giudicare dai tanti Book Coffee Shop
inaugurati a Milano. In via Savona detta legge in
materia la Gogol & Company, il coffeebookstore in
cui i clienti si rifocillano lo stomaco con pane e
marmellata mentre saziano l’intelletto con scorpacciate di Dostoevskij e Tolstoj. Porta Romana,
invece, fa capo a Open, un’altra caffetteria-libreria
da chapeau, prezioso rifugio di chiunque voglia
fuggire dal caos di viale Monte Nero concedendosi
una tazza fumante e una graphic novel.
indirizzi
Blanche Bistrot
via Sarpi 64
Cavoli a Merenda
corso Magenta 66
Blu Anche Bar
via Carmagnola 5
Bistrò del Tempo Ritrovato
via Foppa 4
Gogol & Company
via Savona 101
Open
viale Monte Nero 6
Pavé
via Felice Casati 27
Upcycle
via A.M. Ampère 59
Fioraio Bianchi
via Montebello 7
L’altro sposalizio gettonatissimo all’ombra della
Madonnina è quello che unisce il caffè alla bicicletta, parola dei gestori di Pavé in Porta Venezia,
il frequentato salotto con laboratorio di pasticceria al cui ingresso è collocata una pompa per
gonfiare gli pneumatici delle bici di proprietà dei
fedelissimi clienti biker.
Esempio plateale del connubio vincente sopracitato è Upcycle, un urban bike café d’ispirazione
nordeuropea che sorge in un ex garage abbandonato del quartiere Piola. Ibrido nella mission (è
sia bar, sia ristorante, sia co-working, sia sala di
proiezione di gare ciclistiche, sia ciclo-officina),
ha come fil rouge la passione per la bici e per le
materie prime a chilometro zero, il tutto in nome
dell’ecosostenibilità.
La natura è la grande protagonista anche di un’altra caffetteria sui generis, quella in cui i prodotti
di pasticceria vanno a braccetto con eccezionali
composizioni di fiori. Si chiama Fioraio Bianchi e,
nonostante il nome evocativo, stavolta la bicicletta
non c’entra. Situato nel cuore di Brera, da oltre
quarant’anni affianca a un ottimo latte macchiato vere e proprie sinfonie floreali, il tutto in una
cornice signorile e accogliente la cui atmosfera raffinata evoca suggestioni retrò dal gusto francese.
03. Cappuccino con
latte di soia e croissant
alla marmellata
biologica, ecco il
combo plate più
gettonato all’ora della
colazione presso la
caffetteria-libreria
Gogol & Company.
Qui ci si ciba di sano
food e sanissima
letteratura d’alto livello.
31
Interview
interview
gad lerner
IL VALORE DELLA CURIOSITÀ
Il suo approccio alla professione parte dagli scritti del suo maestro Giorgio Bocca e da un giornalismo
che forse non c’è più. Lo abbiamo incontrato a Collisioni, Festival di Letteratura e Musica che
si tiene nelle Langhe cuneesi. Nato a Beirut da genitori ebrei egiziani si è sempre contraddistinto
per i suoi toni misurati: non ama le urla alla Beppe Grillo o gli eccessi alla Travaglio, fuma il
sigaro toscano e produce vino, sempre lì, nelle Langhe, tra un governo e l’altro al potere, tra una
trasmissione chiusa dopo anni (l’Infedele) e una spinosa questione che lo tocca profondamente,
la guerra tra Palestina e Israele.
di Nadia Afragola
Foto di Gianluca Marino
32
Crede che sia verosimile affermare che
il giornalismo d’inchiesta non avrà
più spazio nei palinsesti e nei giornali?
Sono sicuro che attraverso nuovi canali e il collasso del modello attuale
che predilige la contrapposizione tra
opinionisti, si possa fare ancora qualcosa di buono. Emergeranno figure da
dove meno lo si aspetta, dai nuovi media invece che dai giornali tradizionali:
esattamente come successe nel dopoguerra.
Salotti televisivi e talk show: c’è speranza di rinascita?
Solo se prima si ripulisce l’ambiente.
Serve una catarsi o una catastrofe: dipende dai punti di vista. La Rai deve
comunque dimagrire. I talk show vogliono come protagonisti i tuttologi e
meglio se sono sempre gli stessi, perché
sai come reagiscono. Parliamo di personaggi della commedia dell’arte e di un
meccanismo logoro in netta contrapposizione a quel giornalismo d’inchiesta tanto caro a Bocca.
Giornalismo-casta vs giornalismomeritocratico. Che futuro avremo?
Sarà un giornalismo più povero, si guadagnerà meno e ci sarà una selezione
naturale. I giovani che si avvicineranno
alla professione non lo faranno pensando di arricchirsi o per ottenere ascesa
sociale. Sarà un mestiere sfigato e non
sarà certo un male! È odioso detto da
me oggi, che ho tratto profitto e benessere da questa professione, ma quando
iniziai l’ultimo motivo per cui lo feci
furono i soldi.
Guarda con scetticismo a quella che
oggi viene chiamata comunicazione
2.0?
Non sono pessimista. È una straordi-
naria innovazione poter condividere in
tempo reale le notizie in rete, mettendo anche in conto le controindicazioni
e cioè che molte di quelle notizie in
realtà sono solo delle palle.
Ha aspettato 27 anni per avere la nazionalità italiana. Oggi quel “foglio”
vale ancora qualcosa, in un’Italia che
fatica a stare in piedi?
Vale un tesoro. Chi ha faticato per
conseguirla ne è consapevole più degli altri, perché sa cosa vuol dire dover
dormire con l’ansia di un permesso di
soggiorno in scadenza. Quel passaporto
mi ha permesso di ritornare in Libano,
dove sono nato e acquista una dimensione sovrana per quello che ha scritto
sulla copertina: Unione Europea.
Nel 2000 quando era direttore del
TG1, a seguito di polemiche scaturite
da un servizio sulla pedofilia diede le
dimissioni. Il suo gesto fece discutere.
Perché in Italia non siamo più abituati
a gente che sbaglia?
L’errore ci fu e fu collettivo, dell’intera struttura: in base alla legge vigente
all’epoca il responsabile era il direttore
e pagai, anche se l’errore non era poi
così grave. Quei filmati oggi farebbero
sorridere, ma all’epoca crearono un clima non idoneo a continuare il lavoro
iniziato pochi mesi prima.
Ha vissuto in Palestina, in Israele c’è
parte della sua famiglia, nel mezzo
una guerra civile in cui per ora perdono tutti. Lei da che parte sta?
La mia speranza è che da entrambe le
parti si sviluppi il dissenso e l’autocritica. Un amico che oggi non c’è più,
Alexander Langer, parlando dei Balcani disse che servono persone capaci
di sviluppare senso critico, servono i
dissidenti capaci di arrivare a parlare ai
leader delle due fazioni, non serve cavalcare l’odio.
Vive a Milano dall’età di tre anni.
Com’è oggi questa città?
Ho vissuto la Milano della crisi ai tempi
della recessione e ho visto diminuire il
traffico privato, non solo per il lievitare
del costo del carburante. Sono aumentate le diseguaglianze, anche l’indifferenza. Un tempo c’era più attenzione
verso i deboli, oggi l’agiatezza porta
sempre più spesso a quel fenomeno
che io chiamo della cecità sociale.
Expo 2015: perché l’Italia si riscopre
ancora una volta provinciale e tangentista?
Da molti anni le imprese sono abituate
a un mercato che occorre spartire, dove
un rapporto di buon vicinato è meglio
del rischio. Così ci siamo disabituati
alla libera concorrenza. Il problema
non è mica Expo! Parlerei di declino
della creatività.
È un acceso sostenitore dell’Inter, a lei
Mazzarri convince? Non era meglio,
per una volta, emulare i cugini e dare
in mano la squadra a una bandiera?
Loro Inzaghi, voi Zanetti.
Sono in totale dissenso dalla scelta dei
cugini. Il Milan ha improvvisato, sono
per gli allenatori esperti e sono soddisfatto delle scelte dell’Inter.
Cosa augura Gad Lerner a se stesso
alla soglia dei sessant’anni?
Di non smarrire mai la molla della curiosità che mi ha sempre spinto ad andare oltre, la stessa che portava Bocca
ottantenne a guardarsi intorno sempre
come se ne avesse venti di anni. Non
sarò mai Bocca: devi aver vissuto la sua
vita per poter ambire a tanto. Mi auguro solo di mantenere e sviluppare quella straordinaria curiosità.
33
wheels
advertorial
yoga
herno: performance ed estetica
In perfetta coerenza con quella che è la sua storia, Herno continua a sperimentare
tessuti e innovative tecniche di confezione da applicare ai suoi celebri capispalla,
vere e proprie icone del fashion made in Italy apprezzati in Italia e all’estero.
herno - f/w 2014/15
Giaccone con chiusura a zip e cappuccio in jersey
di maglia in filo di lana cardato.
herno - f/w 2014/15
Cappotto dal taglio impeccabile realizzato in jersey
di maglia in filo di lana cardato.
“Evoluzione” è un concetto impresso
nel DNA di Herno, azienda di Lesa
che dal 1948 produce impermeabili
e capispalla diventati ormai prodotti di culto in tutto il mondo. Unendo
il know-how acquisito negli anni con
l’indole a sperimentare, ogni stagione
Herno presenta sul mercato novità assolutamente uniche, tenendo sempre
in considerazione sia il discorso tecnico
sia quello di design. Per la collezione
autunno inverno 2014/15 Herno ha
deciso di utilizzare tecnologie di taglio
e “cucitura” normalmente applicate su
cotone e poliuretano per la creazione
di impermeabili per la stagione prima36
verile su un nuovo tessuto, il jersey di
maglia in filo di lana cardato. Questo
tessuto subisce un particolare trattamento che lo rende simile alla lana
cotta ma, allo stesso tempo, mantiene le caratteristiche di morbidezza e
confort tipiche della maglia. Il taglio è
effettuato al vivo con un macchinario
laser, in grado di non generare nessun
orlo di lavorazione; il capospalla, quindi, è incollato in tutte le sue parti. Ciò
garantisce un risultato finale dal design
puro e minimale, caratteristica che distingue sempre le collezioni Herno: sia
quella maschile, più incline a mettere
in evidenza comodità e dettagli tecnici,
così come quella femminile, caratterizzata da uno stile più glamour. Due
mondi assolutamente non distanti, che
sono uno la prosecuzione dell’altro
nel rispetto delle esigenze dei clienti
di ciascuno di essi. Una sfida, quella
di racchiudere il DNA dell’azienda in
ogni capo per uomo e per donna, che
Herno affronta ogni stagione ottenendo risultati straordinari sotto gli occhi
di tutti.
indirizzi
Herno
via Sant’Andrea 12, Milano
www.herno.it
YOGA ADDICTION
Chi vive in città è sottoposto quotidianamente a ritmi di vita stressanti che generano
malesseri psicofisici ai quali spesso si dà poca importanza, ma che si trascinano nel
tempo. Ritagliarsi momenti per ritrovare la serenità interiore perduta diventa dunque
una necessità dei tempi moderni: lo yoga, in tutte le sue forme, è un grande aiuto per
riacquietare lo spirito e dare tonicità al fisico.
Illustrazione di Virassamy
37
yoga
yoga
Un ponte tra corpo e mente
zen 2.0.
Non tutti lo sanno, ma nel cuore di
Milano, vicino ai Navigli, sorge un
monastero zen: Enso-Ji Il Cerchio,
fondato nel 1980 dal Maestro
Tetsugen Serra e luogo ideale per
le pratiche zen. Per portare la
via della consapevolezza a tutti il
In un’epoca che fa del culto della giovinezza il proprio mito, basterebbe pensare che lo yoga
aiuta a rallentare il processo di invecchiamento per accendere l’entusiasmo. E tuttavia
questa è solo la punta dell’iceberg di una disciplina che attraverso il corpo arriva alla
mente, per rendere ognuno padrone di se stesso.
di Marilena Roncarà
sul web
www.yogamilan.it
www.casayogamilano.com
www.kriyayoga.mi.it
www.astangamilano.it
www.hohmstreetyoga.com
www.yogafestival.it
01
01. Allievi praticano
la posizione del ponte
durante lo YogaFestival
2103. Quest’anno
l’appuntamento si
rinnova dal 10 al
12 ottobre con 40
workshop, 50 free
class, 41 insegnanti,
6 laboratori di cucina
vegana, terapeutica,
crudista e tanto altro.
38
Maestro Tetsugen Serra ha scritto
il primo libro della Mindfulzen, un
percorso nato dall’incontro tra le
moderne pratiche di consapevolezza e lo zen. La presentazione
di Zen 2.0 è il 25 settembre al
Museo del Novecento.
www.monasterozen.it
02
Per sfuggire allo stress, per mettere fine all’insonnia, perché ce l’ha ordinato il medico o per semplice curiosità: tante e varie sono le motivazioni
che spingono a iscriversi a un corso di yoga. Sta di
fatto che in tutte le sue declinazioni, dall’Antigravity che dà corpo al sogno di Icaro sospendendoci
tutti a mezz’aria, alla variante Vyniasa che, come
in una danza, collega movimenti e respirazioni in
sequenze fluide, al Kripalu, incentrato sulla meditazione e sul riconoscimento delle energie vitali,
l’antica disciplina indiana è sempre in testa alle
preferenze di quanti cercano la giusta attività fisica in cui impegnare il corpo e assicurare un po’ di
ristoro per la mente.
Occorre tuttavia sfatare subito un pregiudizio
e chiarire una volta per tutte che lo yoga è ben
lontano dall’essere una pratica in cui si sta tutto il tempo immobili su un tappetino a meditare,
si tratta piuttosto di un’attività che fa muovere
il corpo con tantissime posture di allungamento
muscolare e altre di forza e potenziamento fisico.
E qui il famoso provare per credere funziona più
di mille parole. Ma soprattutto lo yoga non è una
ginnastica, è una delle poche discipline che coinvolgono tutto il nostro essere. È una pratica che
ha bisogno di studio e costanza, certe posizioni
si raggiungono con il tempo, ma i benefici per chi
comincia arrivano quasi immediatamente, a partire proprio dal corpo che diventa più snello, energico ed elastico, in una parola più vigoroso. Forse
già da queste premesse si riesce a comprendere
perché Yogamilan, una scuola sita in zona Sarpi,
abbia scelto come proprio motto: “È meglio stare
meglio”. “Tanti medici e osteopati consigliano di praticare yoga perché il nostro corpo e la nostra schiena,
che sono fatti per muoversi, vengono di fatto indeboliti dall’immobilità a cui siamo costretti dalle ore
di lavoro in ufficio”. Esordisce così Monic Mastroianni, insegnante nonché fondatrice della scuola,
“e poi c’è l’aspetto psicologico, dato che le posizioni,
lavorando sul respiro, consentono di gestire meglio
la relazione tra mente e corpo e insegnano a rilassarsi”. E non è un segreto per nessuno la crescita
costante del consumo di sonniferi e antidepressivi nel nostro Paese: + 310% in 8 anni secondo il
rapporto Osservasalute del 2009, per cui quando
Monic chiosa: “Per me lo yoga è una bellissima via
di vita: tiene il corpo in salute e rende ciascuno padrone di se stesso”, come minimo viene voglia di
approfondire.
“Lo yoga non solo ha arricchito, ma ha anche dato
forma alla mia esperienza quotidiana sia per il benessere fisico, sia per la disciplina mentale”. Si racconta così Silvia Girardi, insegnante di yoga, artista ed educatrice teatrale, che ha cominciato a
praticare yoga 14 anni fa a San Francisco “in un
periodo difficile”. E proprio in California, dove ha
vissuto per 12 anni, è avvenuta la sua formazione
e ha conosciuto uno dei suoi maestri di riferimento: Jason Crandell. Ora, tornata a Milano da un
paio d’anni, ha deciso di contribuire alla vitalità
della città con Casa Yoga Milano, un nuovo spazio
che aprirà i battenti vicino a Porta Venezia il prossimo ottobre: “La mia intenzione è offrire uno yoga
accessibile a tutti, che faccia muovere il corpo e aiuti
la circolazione; insomma, che aiuti a stare meglio”.
Ma davvero tanti sono gli indirizzi dove praticare in città, dalla Scuola Kriya Yoga Maha Sadhana di Angela Bonaconza, che propone un lavoro
sul risveglio e sul potenziamento del corpo, alla
Scuola di Ashtanga Yoga diretta da Lino Miele,
riconosciuto come uno dei migliori insegnanti al
mondo di questo metodo, che mira a unire il corpo con la parte più profonda della mente: quello
“spirito” che a volte ci dimentichiamo di avere.
Ma per approfondimenti in materia l’occasione
da non perdere è lo Yoga Festival, che dal 10 al 12
ottobre nei 4500 mq del Superstudio Più conterrà workshop, conferenze, incontri e classi di yoga
free ispirate alle grandi tradizioni della disciplina.
Titolo dell’evento: “Serve ancora la gratitudine? Sì,
non ce n’è mai abbastanza”. Per chi infine desiderasse una scuola con insegnanti che praticano stili
diversi c’è la [hohm] street yoga in zona sant’Ambrogio, qui Ashtanga, Vinyasa, Hata e Kundalini
- Jivamukti Yoga sono solo alcune delle proposte
che vorrebbero “accompagnarci a scoprire e conoscere ciò che già siamo”, perché, come precisa il
maestro Marco Migliavacca: “Per volare bisogna
imparare le leggi fisiche oltre che quelle del cielo”.
E per una volta, provare a volare alto farebbe un
gran bene.
02. Le insegnanti Monic
e Daniela di Yogamilan
praticano la posizione
del Guerriero I, ovvero
Virabhadrasana I.
Metaforicamente si
tratta del “guerriero
spirituale” che si batte
contro l’ignoranza.
39
YOGA equipment
YOGA equipment
Free spirit
Alcuni dei prodotti pensati per lo yoga
studiati dai principali marchi sportivi.
Bean Products
Blocchi in schiuma EVA con bordi smussati,
leggerissimi sono ideali da portare in viaggio.
www.beanproducts.com
Adidas By Stella McCartney
Borsa piccola con due manici e tracolla, tasca
anteriore e scomparto per le scarpe sul fondo.
www.stellamccartney.com
Reebok Yoga
WESTERN RELAX
Felpa in misto poliestere/elastane con collo oversize
ad anello e grafica yoga fronte/retro.
www.reebok.com
Rilassarsi e migliorare il benessere fisico e mentale? Lo yoga non è certo
l’unica via per raggiungere questi obiettivi ma sicuramente è un buon
modo per “staccare la spina” dalla routine e mantenersi in forma senza
stressare l’organismo e senza trascurare le ultime tendenze della moda.
Eifis Editore
In Vivere lo Yoga Sharon Gannon spiega il legame tra
la pratica dello Yoga e lo stile di vita vegetariano.
di Luigi Bruzzone
www.eifis.it
Un immagine della
collezione A/I 2014/15
Adidas by Stella
McCartney. Foto
di Vincent Van De
Wijngaard - Art &
Commerc.
40
La tradizione prevede che lo yoga sia praticato
senza vestiti, nel silenzio di luoghi immersi nella
natura, a pieno contatto con essa. Questa chiaramente è un’esperienza che in pochi hanno potuto
provare, ma dà l’idea di come il corpo debba sentirsi libero nella pratica di questa disciplina.
Il fascino che lo yoga esercita su un numero sempre più grande di persone ha spinto alcuni brand
di abbigliamento sportivo (e non solo) a creare
linee specifiche e, perché no, a fare innovazione
proponendo nuovi accessori. È il caso di Nike, che
ha ideato delle rivoluzionarie calzature studiate
per avvolgere e sostenere il piede oltre che a dare
aderenza nell’esecuzione degli asana (le posizioni
dello yoga) come se si fosse a piedi nudi. Dal punto di vista dello stile, Stella McCartney da anni
dà il suo contributo progettando per Adidas una
sofisticata collezione dedicata ad alcune discipline
tra cui lo yoga. Anche Reebok, marchio attento
alle tendenze del fitness, propone una linea ad hoc
dalle ottime performance e dal design accattivante. Molte altre aziende, poi, propongono abbigliamento tecnico, realizzato possibilmente con fibre
naturali, estremamente confortevole e adatto a
eseguire i movimenti in modo fluido.
Oltre all’abbigliamento, per la pratica possono essere molto utili gli attrezzi, si tratta di supporti
che aiutano ad agevolare e migliorare l’esecuzione
degli asana. Il tappetino è l’unico veramente indispensabile e permette di attutire la pressione sulle
vertebre e sulle ossa durante le posizioni a terra. I
blocchi o mattoni sono invece utilizzati soprattutto nelle fasi in posizione eretta e per quelle situazioni in cui si ha necessità di leve o puntelli per le
mani e i piedi. L’uso della cinghia invece può agevolare in particolar modo l’estensione degli arti.
Domyos
Cinghia per lo yoga in vendita da Decathlon.
www.decathlon.it
Nike
Calzatura Studio Wrap Pack che dona la senzazione
di muoversi piedi nudi con protezione e aderenza.
www.nike.com
Oysho
ReYoga
Freddy
Leggings con stampa grafica.
Tappetino ecosostenibile ReMat.
Top in cotone stretch.
www.oysho.com
www.reyoga.it
www.freddy.com
41
WELLNESS
wellness
Nuova vitalità
per corpo e anima
Grazie alla pratica dello yoga è possibile
non solo tonificare la muscolatura, ma
infondere equilibrio, armonia e una
sferzata di energia a mente e spirito.
Il benessere che arriva
dall’Oriente
Da molti considerato una moda, lo yoga, a onor del vero, è un insieme
di regole di vita che garantisce rigenerazione totale per corpo e spirito.
di Simona Lovati
La sua terra natia è l’India e le sue origini risalgono alla notte dei tempi. È una pratica percepita
dagli occidentali come un punto di arrivo nell’acquisizione e nel mantenimento di un buono stato di salute fisica e di equilibrio mentale, mentre
per gli orientali è vissuto come lo “startup” per
la ricerca di benessere interiore. “Lo yoga è una
vera e propria disciplina – spiega Morena Friso, spa
manager del Radisson Blu Resort di Galzignano
Terme, in provincia di Padova – che prevede una
serie di osservanze meditative e di preghiera, di precetti ben definiti da seguire, sia comportamentali,
sia per quanto concerne l’alimentazione, ma anche
insegnamenti morali, simili per certi aspetti a quelli
della religione cattolica. In testa, non essere avidi,
mangiare con moderazione e rispettare alcuni momenti di digiuno”.
Lo yoga tradizionale ha molti campi di applicazione. Il suo principio guida universale è che lavorando sul piano fisico avvenga un innalzamento anche spirituale. In realtà, però, in Occidente
è conosciuto soprattutto per la sua funzionalità
a livello corporeo – più comprensibile e accetta42
bile per via del nostro bagaglio culturale – come
il controllo della postura, della respirazione e la
capacità di concentrazione.
“Esistono varie tipologie di yoga – continua l’esperta
– quella più in voga nel nostro Paese è lo Hatha, una
branca maggiormente legata alla forza, che favorisce
la tonificazione e il rafforzamento della muscolatura,
nonostante la sua vera finalità sia molto più ascetica, ovvero sia legata al raggiungimento della realizzazione personale e della liberazione dal peso del
proprio corpo. E ancora, lo yoga fitness che sebbene
non sia assimilabile ad attività come il nuoto, la bicicletta o la corsa, mantenendo alcune posizioni della
disciplina, induce a compiere un significativo allungamento muscolare, con risultati visibili già dopo la
prima seduta su addome, glutei e postura”.
A partire dalle tecniche di questa filosofia di vita
si sono sviluppati rituali e manualità di ispirazione
asiatica, come la digitopressione cinese, che prevede la stimolazione di alcuni punti del corpo che
corrispondono a determinati organi, e il massaggio thai, al quale si aggiungono anche movimenti
di stretching passivi effettuati dal terapeuta.
Galzignano Terme
Borgobrufa Spa Resort
Riva del Sole Resort & Spa
Spa & Golf Resort
Nel cuore dell’Umbria, la proposta è
Destinazione Castiglione della Pescaia
Da settembre la struttura vuole
il Private Water-Yoga che permette di
(GR) per lasciarsi cullare dal Thai
stupire i propri ospiti con una novità
raggiungere, attraverso i movimenti
Yoga Massage della durata di 70 mi-
assoluta, il Ballet Yoga Pilates, un in-
dello yoga, una maggiore armonia di
nuti. L’obiettivo è individuare le parti
sieme di insegnamenti di yoga, pilates
corpo, mente e spirito, con beneficio
del corpo in tensione e i punti carenti
e biodanza, dai risultati sorprendenti.
immediato sulla postura.
di energia per ristabilirne l’equilibrio.
www.galzignano.it
www.borgobrufa.it
www.rivadelsole.it
Hotel Andreus
Mezzatorre Resort & Spa
Pullman Timi Ama Sardegna
A San Leonardo in Passiria (BZ), la
Con vista sul golfo di Positano,
Il resort sorge nell’area marina
sessione di yoga permette di ricon-
l’attività offerta en plein air armonizza
protetta di Capo Carbonara, a
giungersi con la natura. I movimenti
diversi stili di yoga ed è pensata per
Villasimius, e si propone come una
riducono lo stress, rinvigoriscono il
potenziare la vitalità, donare una
vera oasi di benessere, dove lasciarsi
sistema immunitario e incrementano
sensazione di benessere e migliorare
rigenerare da sedute di yoga, pilates
la capacità di concentrazione.
postura ed equilibrio.
e meditazione.
www.andreus.it
www.sirenuse.it
www.accorhotels.com
43
style
STYLE
MAURIZIO CAUCCI
capitale umano... e storico
Forbici, ago e filo, ma soprattutto precisione, passione e un pizzico di estro. Questi sono gli
ingredienti usati per la produzione dei capi Re-HasH. A 40 anni dalla sua fondazione, F.G.
1936 fa leva sul capitale culturale, storico e manifatturiero dell’Italia e della Val Vibrata
(in provincia di Teramo) per realizzare capi d’abbigliamento a regola d’arte, rispettosi della
tradizione ma sempre al passo con i tempi.
a cura della Redazione di Club Milano
Re-HasH dà molta importanza al denim, nonostante la vostra produzione
non si limiti solo a questo. Come mai
questa scelta, in un mercato così saturo di competitor?
Per la nostra azienda il denim è una
certezza, un punto fermo. Da più di 40
anni produciamo jeans e siamo maestri in questo, guidati da una profonda
esperienza e cultura artigianale e tessile. Nelle collezioni Re-HasH, a fianco
del denim, è prevista una parte cotoniera che sta ricevendo un concreto
riscontro nelle vendite, ma il denim è
un must have assoluto che non tramonterà. Ciò che fa la differenza rispetto ai
nostri competitor è rappresentato dalla
totale produzione made in Italy e dalla
manifattura artigianale.
La missione dell’azienda è far leva sia
sul capitale storico e manifatturiero
italiano, sia su quello del distretto della Val Vibrata? Che eredità ha raccolto
FG 1936 da questo territorio? In cosa
consiste il distretto?
L’azienda è legata alla Val Vibrata da
più di 40 anni. Il distretto gode di una
fitta trama di relazioni produttive, costituite da imprese grandi e piccole
capaci di adattarsi alle esigenze del
mercato e alle continue variazioni della domanda. Le differenti realtà hanno
saputo “fare sistema” e integrarsi, al
punto da realizzare nell’area tutte le
fasi di lavorazione, dalla trasformazione delle materie prime al prodotto finito, mantenendo costantemente un alto
livello qualitativo. Oggi i capi di abbigliamento che proponiamo sono il ri44
sultato dell’impegno, delle conoscenze
e dell’esperienza di un intero distretto
e non solo della nostra azienda, che
opera in qualità d’ispiratore e al tempo
stesso di finalizzatore del gioco di una
squadra affiatata e motivata
Oggi come prosegue la ricerca in
azienda riguardo i tessuti e la produzione? In cosa consiste invece il processo che chiamate Re-Tailor Made?
La ricerca e la sperimentazione sono
alla base di tutte le nostre collezioni:
è la caratteristica essenziale che lega
il vecchio col nuovo, l’antico col moderno, dando vita a delle creazioni che
sanno coniugare fogge del passato a
materiali innovativi. Il processo ReTailored Made vuole evidenziare che
ogni modello è il risultato della tradizione artigianale italiana, ossia: ogni
capo viene tagliato accuratamente da
maestri artigiani per adattarsi alla forma del corpo, viene curato ogni singolo
dettaglio che rende il prodotto sartoriale e unico.
Ogni vostra collezione si compone di
moltissime “varianti”, in cui a pochi
modelli corrispondono molteplici varianti di tessuto e stampe. Come mai
questa scelta?
Vogliamo dare ai nostri clienti l’opportunità di poter avere una vasta scelta di
prodotto. Le esigenze di vendita cambiano secondo le zone del territorio
nazionale e internazionale. Offriamo
oltre 250 articoli per collezione che
decliniamo ciascuno in un novero di
varianti colore, di vestibilità, di finissaggi differenti: tutto questo contribui-
sce alla definizione di un assortimento
senza pari.
Oggi è ancora importante partecipare
alle fiere?
Le fiere sono un valido strumento per
entrare in contatto con nuovi clienti
stranieri e incontrare partner commerciali; sono un’utile vetrina che ci ha
portato feedback positivi. Oltre a Pitti
Uomo, che è l’evento commerciale più
rilevante per noi, da un po’ di anni siamo presenti anche a White a Milano,
a Premium a Berlino, a MRket a New
York e ad alcuni eventi fieristici in Asia.
Da qualche anno vi siete lanciati in
maniera molto forte all’estero. Oggi
quanto siete presenti fuori confine e
in quali mercati trovate maggiore riscontro?
La scelta di espandersi verso il mercato
estero è tra le più importanti, e potenzialmente redditizie, che un’azienda
possa decidere di fare e l’attuale situazione economica italiana impone un
processo di internazionalizzazione. Assicurata una capillare presenza del nostro marchio Re-HasH in Italia, dove
è profondamente radicato, abbiamo
allargato i nostri orizzonti e ambizioni
negli ultimi cinque anni, incrementando le esportazioni e penetrando alcuni
tra i più rilevanti mercati emergenti:
Cina, Corea, Giappone, Canada e naturalmente l’Europa. Attraverso la ricerca costante dell’eccellenza e della
distintività, vogliamo garantire l’awareness e la superiorità del nostro marchio, totalmente made in Italy, anche
all’estero.
45
style
Old fashion
Il cappello torna re degli accessori,
completa il look e tiene al caldo la testa.
blackfin
Occhiali da vista in titanio dalla
forma ampia con profili bicolore.
c.p. company
Blazer in lana con interno in piuma
e tasche applicate.
tru trussardi
Zaino in pelle martellata con
dettagli a contrasto.
Federica Moretti Handmade
Paul Smith Accessories
Muehlbauer
Cappello 100% lana modello Edgar Rk.
Cappello azzurro in feltro degradé.
Cappello in feltro con tesa profilata.
www.federicamorettihandmade.com
www.paulsmith.co.uk
www.muehlbauer.at
Doria 1905
Barbisio
Panizza
Cappello in feltro mélange e tessuto herringbone.
Cappello100% pelo di coniglio con fascia.
Cappello in feltro modello Massa 03.
www.doria1905.com
www.barbisio.it
www.panizza1879.com
Borsalino
Super Duper Hats
Stetson
Cappello pocket, arrotolabile e sfoderato.
Cappello Harmonium in feltro di pelliccia.
Cappello in feltro con banda in cuoio e piuma.
www.borsalino.com
www.superduperhats.com
www.stetson-europe.com
back to the past
marsèll
Stringate in pelle di cavallo cerata.
Umit Benan dedica la collezione autunno inverno 2014/15
a Jackie Robinson, il primo giocatore afro-americano di
baseball a militare in Major League negli anni Quaranta,
che si distingueva per l’eleganza anche fuori dal diamante.
di Luigi Bruzzone
46
47
advertorial
business
a perfect mix, an important moment
of matching among participating
companies, invited studios and visitors
dna sportivo per la nuova porsche Cayenne
Grande attesa per l’ultima evoluzione del SUV della casa di Stoccarda che potrà essere scoperto a ottobre
nei Centri Porsche di Milano
competition
the first international architectural awards
event that brings together 42 studios from
15 different countries of the world
education
a platform for dialogue and promoting
the international exchange of ideas,
know-how and cooperation
indirizzi
Centro porsche Milano Nord
via Stephenson 53
Centro porsche Milano est
via Rubattino 94
www.archmarathon.com
Potenza elevata, interni spaziosi e un
ricco equipaggiamento di pregio. Queste le caratteristiche principali della
nuova generazione Cayenne che, come
sempre, incanta anche per le sue linee
slanciate e aggressive. La parte frontale,
i passaruota anteriori e il cofano motore sono infatti completamente nuovi,
così come le alette delle prese d’aria
laterali che convogliano efficacemente
l’aria all’intercooler e allo stesso tempo
costituiscono un prezioso dettaglio di
design. Il SUV della casa di Stoccarda
si presenta sul mercato in cinque versioni per soddisfare qualsiasi esigenza:
Cayenne S, Cayenne Turbo, Cayenne
Diesel, Cayenne S Diesel e la Cayenne S E-Hybrid, la prima trazione ibrida plug-in al mondo nel segmento dei
SUV Premium che, insieme con la Panamera S E-Hybrid e alla 918 Spyder,
rende Porsche l’unico costruttore al
mondo a offrire in listino tre modelli di
vetture con sistema ibrido plug-in.
Il cuore pulsante della vettura è stato
aumentato di potenza e della coppia,
ma questo non ha influito sui consumi,
anzi, i tecnici Porsche hanno lavorato
per ridurli in modo sensibile, grazie alla
funzione «veleggiare», alla funzione automatica Start-Stop Plus ulteriormente
sviluppata e alla ottimizzazione della
gestione termica. Tutte le diverse motorizzazioni dei modelli Cayenne fanno dunque registrare consumi di carburante inferiori rispetto alle rispettive
versioni precedenti. Il nuovo motore
biturbo V6 da 3,6 litri della Cayenne
S è stato completamente sviluppato da
Porsche e genera una potenza massima
di 420 CV (309 kW) a 6.000 giri/min,
garantendo alla vettura di fare da 0 a
100 km/h in soli 5,5 secondi. Tempo
che scende a 4,5 nel caso della Cayenne Turbo, che sviluppa una potenza di
520 CV (382 kW) a 6.000 giri/min. Le
versioni diesel della Cayenne riescono
a combinare invece in modo eccellente sportività ed efficienza dei consumi.
Il motore V6 da tre litri della Cayenne
Diesel sviluppa, infatti, 262 CV (193
kW), 250 CV (184kW), per l’Italia,
a 4.000 giri/min a fronte di consumi
tra 6,6 e 6,8 l/100 km. La potenza del
motore elettrico della Cayenne S EHybrid è più che raddoppiata passando
da 47 CV (34 kW) a 95 CV (70 kW)
con dei consumi nel ciclo combinato
pari a 3,4 l/100 km (79 g/km CO2). Le
prestazioni sono da vera sportiva: accelerazione da 0 a 100 km/h in 5,9 secondi e velocità massima di 243 km/h.
Con l’alimentazione elettrica, la velocità massima è di 125 km/h. Ma le novità
si trovano anche all’interno dell’abitacolo, spazioso ed estremamente raffinato. Di grande pregio il nuovo volante
sportivo multifunzione con paddle, dal
design e dalle funzioni ispirati a quello
della 918 Spyder. I nuovi modelli Cayenne saranno presenti sul mercato a
partire dall’11 ottobre 2014. L’evoluzione della specie ha raggiunto i massimi livelli.
www.milano.porsche.it
49
wheels
wheels
Due ruote su legno
Un tempo sogno impensabile per biker urbani super eco, ora le bici
in legno sono più che realtà: pezzi di gran pregio frutto del lavoro di
costruttori appassionati. Modelli unici che, grazie alle caratteristiche
di leggerezza, resistenza e assorbimento urti del legno, rendono il viaggio
ancora più piacevole.
di Marilena Roncarà
pedalare sì, ma come?
Se al numero crescente di ciclisti su
strada si aggiunge il successo di bike
e car sharing, si capisce come Milano sia diventata il laboratorio ideale
per pensare a una nuova definizione di mobilità cittadina. Su questo,
e a partire dal libro Andare in bici.
Le ragioni del pedalare di Ercole
Giammarco, s’interroga l’incontro
Mobilità Urbana, in programma il
29 settembre dalle 18:30 presso la
libreria Open Milano. Moderatore
della serata il giornalista e scrittore
Piero Colaprico.
01
01. Dettagli di
due modelli di bici
WoodenCycle,
rispettivamente Theo
in primo piano e Sam
più dietro. Entrambe
sono realizzate in
Indonesia con il miglior
teak riciclato.
50
Dopo l’acciaio, l’alluminio e il carbonio, adesso
sono il legno e il bamboo le nuove frontiere per
gli appassionati di bicicletta, che amano pedalare
su modelli realizzati a mano, senza rinunciare alla
funzionalità e con un occhio rivolto all’estetica e
al design. Ed è così, incredibilmente leggera, ma
soprattutto bella da far girare la testa a tutti quelli
a cui sfrecciamo vicino, la wooden bike di Gianni
Speciale, molto più di una superbike di legno, che
poi il fatto di essere “Speciale” se lo porta già scritto nel marchio. Una volta montati in sella niente vi sembrerà più lo stesso, perché avrete tra le
mani un oggetto unico, costruito a mano in ogni
dettaglio, curato nei particolari: dal telaio in frassino e mogano, al cavalletto centrale che si sdoppia
all’apertura, dalla forcella inglese con il giglio fiorentino in evidenza, alle inimitabili selle in cuoio
della Brooks e potremmo andare avanti così per
ore, perché nelle bici Speciale niente è lasciato al
caso. Ma quello che stupisce è anche l’inaspettata
leggerezza di queste wooden bikes, che basta salir-
ci sopra ed è un attimo che ci si ritrova in fondo
al rettilineo, con il vento leggero a scompigliare i
capelli e le gambe che roteano veloci di sotto, a
macinare chilometri di asfalto diventato d’un tratto più morbido, per via di quella capacità del legno di assorbire urti e trazioni su strada. Ed eccoci
subito a sfatare uno dei grandi pregiudizi sulle bici
in legno che uno se le immagina pesanti a priori,
quasi vittima di un retaggio del passato, quando
nell’ormai lontano 1817 il barone tedesco Karl
Drais von Sauerbronn brevettava la prima bici in
legno, un velocipede del peso complessivo di 22
kg. Da allora tanto è cambiato. E per una volta in
meglio. Le bici di Gianni Speciale (più di 5 modelli) pesano dai 12 ai 13 kg e mezzo, vale a dire
anche meno di una normale city bike, sono capolavori di design, ma soprattutto sono biciclette resistenti e funzionali, acquistabili solo su ordinazione alla Gs Wooden Bikes. Ma il suo non è l’unico
caso di bici in legno, tante sono le aziende che in
giro per il mondo si sono cimentate con questo
02
03
prodotto, a partire dell’Axalko, una piccola società
della regione basca, che propone leggerissime bici
in frassino (dai 7 agli 8,5 Kg) fatte a mano e progettate per appassionati di ciclismo in cerca di un
concetto estetico unico, ma senza compromettere
le proprietà che qualsiasi telaio di bicicletta dovrebbe avere per praticare questo sport. Di fatto
le bici Axalko, con le quali, a detta dei produttori, “si potrebbe vincere il Tour de France” sono state
provate anche da Gorka e Jon Izagirre, due ciclisti
professionisti spagnoli che ne hanno confermato
le caratteristiche: “Per niente dissimili da quelle di
una bici in carbonio, oltre che una grande stabilità in
discesa”. Dalla prenotazione alla consegna passano circa tre mesi, ma il risultato è una bici unica,
quasi cucita addosso, a partire dall’altezza e dal
peso del committente. Dall’altra parte del mondo, ma su progetto della designer italiana Caterina
Falleni (è sua la line Her), l’azienda indonesiana
WoodenCycle costruisce bici che coniugano tecnologia moderna con un nuovo modo di intendere la sostenibilità. Realizzate utilizzando legno
riciclato (il duttile e resistente teak indonesiano),
le bici Woodencycle sono corredate di gadget super hi-tech, dal portacellulare che all’occorrenza
trasforma lo smartphone in fanale, al casco tra-
sparente, alla sciarpa che, la sorte ce ne scampi,
si apre come un airbag per proteggere la testa da
eventuali urti. Italianissime sono invece le bici di
Alberto Fogliacco, che la passione per le due ruote
a pedali c’è l’ha nel sangue: “È come un virus nella
mia famiglia, iniziato nel 1918 con mio nonno. E il
risultato è che siamo costruttori di telai da tre generazioni e io, che con le bici ho pure corso, ho sempre
ricercato materiali innovativi, finché sono approdato al bamboo”. Novità delle novità, “tanto che non
mi dispiacerebbe ci fosse qualche altro produttore a
consolidare la forza di quest’idea”, le bici Fogliacco
sono leggerissime e ultra funzionali (7 kg per una
bici da corsa e 10 per una da passeggio), realizzate in bamboo, che però deve’essere di una varietà
particolare, va raccolto solo in un certo periodo
dell’anno e fatto stagionare a lungo. Con telai standard o fatti su misura, proprio in virtù della grande
elasticità del materiale, assorbono la maggior parte
delle vibrazioni prodotte dal contatto delle ruote
con il terreno e assicurano un comfort di marcia
del tutto particolare. Insomma è un peccato prima
non provarle e poi non comprarle. Per tutti quelli
che non riescono a stare troppo a lungo lontano
da quel senso di libertà che regala la pedalata su
due ruote, questa volta ancora di più fatta ad arte.
02. Bici in bamboo
Alberto Fogliacco con
telaio in tartaruga e
finiture in canapa.
03. Wooden Bikes
Speciale, modello
Firenze.
51
design
design
Pezzi “autografati”
Alcuni oggetti di design per i quali artisti
e celebrità hanno dato il loro contributo
creativo.
Frank pollaro - PP-2 Bed
Un letto quello nato dalla collaborazione tra Brad Pitt e Frank
Pollaro, capostipite di una completa collezione di arredi di lusso,
(s)kate moss
Una curiosità per tutti gli appassionati di skateboard. Tavole
“liberamente” ispirate alla celebre
top model.
www.skate-moss.com
che ha fatto discutere non poco l’intero mondo del design.
www.pitt-pollaro.com
Moncler - Occhiali da sole
Una serie di occhiali da sole completamente made
Celebs Design
in Italy, progettati dal rapper Pharrell Williams in
collaborazione con il famoso brand Moncler.
www.moncler.com
Dal prodotto alla moda, dall’arredamento all’architettura, sono
numerosi i vip di tutto il mondo che stanno provando a cimentarsi con
progetti al di fuori dello show business. Ma saranno all’altezza?
di Davide Rota
Perspective Chair è la
collezione di sedute in
edizione limitata creata
da Pharrell Williams
– forse il più prolifico
tra i vip-designer – per
la francese Domeau
Pérès. Una sedia dal
forte impatto visivo,
con una struttura in
resina e una seduta in
pelle.
52
Cambiano i tempi e cambiano anche le mode, si
sa. I corsi e ricorsi della storia ci insegnano che
niente resta immutato a lungo e anche i più piccoli avvenimenti possono portare a un cambiamento repentino e inaspettato. E questo vale per tutti
i campi. Ma certo uno non si aspetterebbe che a
evolversi possano essere i simboli pop di questo
21esimo secolo appena iniziato: le celebrities. Attori, cantanti o artististoidi di vario genere, sono
le uniche figure che rendono colorito un mondo
sempre più in affanno e affranto da un momento
non proprio idilliaco. Beh, anche loro stanno subendo un cambiamento epocale: si è passati dalla
figura mitica dell’attore made in USA a figure di
proto-sballati figli degli anni Ottanta; dalla genialità di alcuni artisti – ora nell’olimpo delle star – a
macchiette da scandalo prêt-à-porter. Eppure nel
mezzo di questo marasma di stelle alla deriva, si
è delineata anche una figura diversa, degna di un
certo rispetto: il vip-designer. E dopo essersi fatto
i muscoli tra la moda e l’arte, sta cercando di conquistare anche il mondo dell’architettura e del
design tout-court. Sedie, poltrone e tavoli: sono
tanti gli arredi disegnati e firmati da star del cinema e della musica, spesso in collaborazione con
famosi designer e architetti. Il primo tentativo un
po’ timido di “riscoprirsi designer” è stata la collaborazione tra il cantante statunitense Pharrell
Williams e la Galerie Perrotin di New York City
che ha dato vita alla collezione Tank Chairs, delle
sedute che peccano forse di eccessiva stravaganza stilistica e che sono ancora troppo assimilabili
al campo artistico vero e proprio. Un problema
risolto due anni dopo, con quella che può essere considerata la vera apertura della stagione del
“celebs design”, ovvero la collaborazione tra una
delle aziende storiche del design italiano, Kartell,
e l’atipico duo Starck-Kravitz che ha dato vita al
progetto Goes Rock, una rivisitazione in chiave
“fashion” della famosissima sedia Mademoiselle. A
proposito di made in Italy, la tendenza ha colpito
anche le celebrities nostrane: ne è un esempio la
collaborazione tra l’eclettico – e spesso criticato
– Lapo Elkann e l’azienda Meritalia, che hanno
trasformato in un mobile il cofano della mitica
Fiat 500, simbolo dell’Italia del dopoguerra. E
la domanda sorge spontanea: vedreste Philippe
Starck con capelli cotonati, cantare davanti a 10
mila persone? O forse è meglio che ognuno faccia
il suo?
Meritalia - Panorama
Un cofano di una vecchia 500 o un divano? Panorama è entrambe le cose. Lapo
Elkann ha progettato la collezione Fiat 500 Design, partendo dalla mitica 500.
Nike - Yeezy II
www.meritalia.it
Scarpe nate nel 2012 dalla
collaborazione con il rapper e
produttore statunitense Kanye West.
Sneakers da collezione dal design
accattivante. A breve, una nuova
collaborazione con il marchio Adidas.
www.nike.com
Kartell - Mademoiselle Kravitz
La classica collezione delle sedie Mademoiselle
ideate dal designer Philippe Starck, rivisitate e
Formitalia - Shanghai Sofa
“vestite” in modo glamour dal famoso cantante
Il nuovo divano del brand Swingmiami, della toscana Formitalia, è
Lenny Kravitz.
un progetto dell’istrionico cantante Renzo Arbore. Liberamente
www.kartell.com
ispirato alla sua celebre collezione di oggetti kitsch.
www.formitalia.it
53
hi tech
Novità dall’IFA
Dagli smartwatch alle stampanti 3D
consumer: sono innumerevoli i prodotti
presentati alla fiera internazionale
dell’elettronica di Berlino.
XYZprinting - Da Vinci 1.0
La stampa 3D è alla portata di tutti con questo modello
compatto ed economico, che permette di produrre oggetti di
media dimensione con la facilità di una normale stampa inkjet.
eu.xyzprinting.com
VIRTUAL & WIRELESS
Dalla grande fiera dell’elettronica di Berlino: la stampa 3D finalmente
consumer, gli hard disk portatili che fanno il backup senza fili, il visore
per la realtà virtuale e i nuovi “smart watch”.
Plantronics - BackBeat Pro
Fino a 24 ore di ascolto immersivo di qualità a una
distanza massima di 100 metri dalla fonte sonora.
Con la tecnologia della cancellazione attiva di
di Paolo Crespi
rumore, utilizzabile anche da sola.
www.plantronics.it
La cancellazione del
rumore di fondo,
quello che ci impedisce
a volte di concentrarci
e di godere appieno
della musica o della
lettura di un buon libro,
in treno come in aereo,
è uno dei problemi
della contemporaneità.
Le cuffie Sony MDRZX550B sono un buon
aiuto in questo senso.
54
Più che novità “rivoluzionarie”, tanti piccoli e
significativi avanzamenti in vari settori dell’elettronica di consumo, utili a migliorare l’uso della
tecnologia nella vita di tutti i giorni. È la lezione
dell’ultima edizione dell’IFA, la più importante
fiera europea, che si è svolta all’inizio di settembre nella capitale tedesca. Così, mentre lasciano
un po’ indifferenti gli annunci di un futuro “ad
aria” per la ricarica degli smartphone, trovano
subito concreta applicazione (e utenti disposti a
considerare l’investimento) le integrazioni fra tecnologie esistenti come quella wireless e i sistemi
di archivazione e backup dei dati che tutti conosciamo. Può l’assenza di un cavetto cambiare in
modo sostanziale l’esperienza d’uso di questi dispositivi? Sì, perché la trasmissione wireless dei
dati (immagini, audio, documenti di vario tipo)
non è solo “cool”, ma facilità le cose quando si lavora in mobilità e quando – succede sempre più
spesso – si devono recuperare file da varie cartelle
che risiedono su diversi device, magari non tutti dotati di Usb. Già, la famosa porta universale,
oggi che è 3.0, è in genere veloce e affidabile. Capita però che si guasti, ed ecco che la nuova generazione di HD esterni senza fili può anche salvare
la situazione. Un altro fronte caldo è quello degli
smartwatch, gli orologi intelligenti che, pur non
riuscendo ancora a rendersi indispensabili, hanno
fatto passi notevoli in tandem con i sistemi operativi (soprattutto Android, ma anche Apple ha
finalmente presentato la sua soluzione) dei telefonini: in pratica ci notificano con un colpo d’occhio
e in tempo reale tutto ciò che sta avvenendo nella
nostra social digital life. E per qualcuno è già fondamentale.
Analogamente fanno riferimento allo smartphone
(e non più, come un tempo, al PC) i nuovi visori
per immergersi nella realtà virtuale dei videogame o nei set di realtà aumentata preparati per noi
dagli sviluppatori di mappe e guide interattive.
Quello che oggi ci sembra solo un super gadget
costoso prefigura in effetti orizzonti e abitudini
molto promettenti in un prossimo futuro.
È invece già realtà in molte professioni e ora si affaccia con prepotenza anche nell’ambito domestico, per gli hobbisti e per tutti quelli che vogliono
sperimentare l’innovazione, la stampa tridimensionale. Dopo questa edizione dell’IFA, chi vorrà
mettersi in casa una 3D printer non dovrà più accendere un mutuo.
Asus - ZenWatch
Il primo device “indossabile” della casa, realizzato in collaborazione con Google,
è un elegante orologio intelligente da polso che si interfaccia con qualunque
smartphone Android 4.3.
www.asus.it
Toshiba - Canvio AeroMobile
Un Hard Disk esterno solid state per
smartphone, fotocamere, tablet e PC
Samsung - Gear VR
portatili. Alla porta USB (3.0) affianca
Il nuovo visore funziona con il Galaxy Note 4
l’inedita, praticissima, modalità
e permette di visitare mondi virtuali e apprezzare
wireless.
la “realtà aumentata” senza l’ausilio di un pc.
www.toshiba.it
www.samsung.it
55
WEEKEND
WEEKEND
Metti un weekend in Ogliastra
per una vacanza
da sogno
A due passi dal parco marino di
Capo Monte, tra verde rigoglioso
e rocce a picco sul mare, fanno
capolino le architetture in stile mediterranée dell’Arbatax Park Resort.
C’è Sardegna e Sardegna. Affollata e silenziosa, piena di luce e ombrosa, quella che
t’aspetti e quella inattesa, che conferma la regola di quanto l’isola, per quanto isola, sia un
mondo infinito pieno di luoghi lontani dove la scoperta è un rito da officiare lentamente.
Testo e foto di Carlos Solito
01
01. Gli scogli rossi
di Arbatax si allungano
in mare quasi a indicare
le falesie del golfo
di Orosei.
56
Tutte le volte che si racconta della Sardegna si
parla sempre della sabbia immacolata della Costa Smeralda, delle rocce levigate dal vento della
Gallura, di Porto Torres e Stintino, dell’Asinara e
Capo Caccia e non solo, ma come ogni medaglia
che si rispetti c’è un secondo lato, quello meno
noto, difficile da raggiungere ma altrettanto affascinante. Qui l’isola si chiama Ichnusa, nome
mantenuto dalle vecchie mappe marinare, fatta
di pietre antiche con nuraghi e tombe dei giganti
lontani ore dall’asfalto, un fiorire di lecci, ginepri
e ulivi che sfidano da sempre venti furiosi e secoli:
una favola di entroterra e mare dove ai nomi di
Ogliastra e Supramonte fanno da cornice le danze attorno al fuoco coi velli di pecora sulle spalle,
le maschere taurine dei Boes e i campanacci dei
Mamuthones. Spalle alle classiche rotte turistiche,
puntando a sud, oltre la grande muraglia dei Supramontes che precipitano nel Golfo di Orosei,
c’è Arbatax. Suona antico, antichissimo, preistorico, il nome di questo luogo dove, sul mare c’è
un monumento geologico meglio noto come gli
Scogli Rossi. Una cresta di faraglioni basaltici che
Un boutique hotel con paesaggi
suggestivi, acque azzurre, sabbia
candida, nel quale si mimetizzano
ben cinque splendidi hotels: Borgo
Cala Moresca, Monte Turri Luxury
Retreat, Telis, I Cottage, Le Dune.
www.arbataxpark.com
02
affiorano, come aculei e placche ossee di un sauropode in riposo da milioni di anni, in riva al mare
proprio di fronte alla torre spagnola del XVII secolo. Arrivare qui vuol dire stupirsi al tramonto
quando le rocce si accendono di un rosso carminio che dilaga e fa magia dal Capo di Bellavista a
Cala Moresca, dal promontorio di San Gemiliano
ai lidi di Orrì, dalle sabbie finissime di Musculedda e Cea-Is Scoglius Arrubius – cinte da pini
marittimi – al lago di Tortolì, fino all’entroterra di
morbide campagne con ulivi millenari e tacchi di
granito che emergono da boschi di lecci, castagni
e querce, belli da vedere in autunno.
Spalle al mare, salendo per la valle del Pardu, si
entra tra le contrade ogliastrine. Si inizia con il
borgo fantasma di Gairo Vecchio, abbandonato
dal 1963, e con Osini dove è d’obbligo la sosta
alle Termopili d’Ogliastra: la Scala di San Giorgio,
un intricato reticolo di gole e fratture tra pareti
d’aspetto dolomitico. Guadagnando quota, si arriva sull’altipiano di Serbissi sorvegliato da lecci
millenari dai rami contorti che sembrano indicare
l’omonimo nuraghe. Per arrivarci occorre affron-
tare un sentiero in salita, tra cisti e lentischi profumati, che arriva all’infopoint della cooperativa Archeo Taccu (www.archeotaccu.it). Il monumento
è un singolare nuraghe a tholos con una grande
torre centrale troncoconica, altre laterali e ciò che
resta di un piccolo villaggio di capanne. È sulla
cima di un piccolo monte, a 964 metri di quota,
dall’età del Bronzo Antico. Sotto c’è una grotta
carsica che fu frequentata dagli stessi abitanti del
villaggio nuragico. Dal facile ingresso, visitarla è
come fare una velocissima lezione di geologia: si
possono osservare le sue pareti e attraversare una
lunga galleria, fatta di rocce mesozoiche risalenti
al Giurassico, scavata da un antico fiume sotterraneo 70 milioni di anni fa.
Ma non è la sola sorpresa ipogea del luogo. Poco
più a sud, a Ulassai – un piccolo paese noto per
l’arte tessile con la produzione di coperte, tappeti
e tende in lana sarda, lino e cotone – i tacchi celano una delle grotte più ampie dell’intera isola.
Si chiama Su Marmuri questa caverna da ciclope
lunga oltre 850 metri e profonda circa 35. Turistica dal 1956, esplorarla significa restare a bocca
aperta tra ampie sale e lunghe gallerie scavate milioni di anni fa dalla forza devastante di un fiume
ormai scomparso. Subito dopo il bosco di Selene e
il monte Armidda, si entra a Lanusei. Suddiviso in
rioni (Niu Jossu, Niu Susu, Barigau, Mesu ‘Idda)
vanta numerose fontane monumentali e la cattedrale di Santa Maria Maddalena, dalla poderosa
facciata e con l’interno a tre navate contenenti
i preziosi dipinti di Mario Delitala. In vista del
massiccio del Gennargentu una sosta naturalistica
da non perdere è sulle rive del lago Alto del Flumendosa e ancora tra i nuraghe della Serra Perdu
Isu. Usassai, coi tacchi calcarei e il fiume del parco di Niala, conserva il cuore boscoso dell’Ogliastra con la foresta di Montarbu e di Taccu Mannu
ricca di sentieri per piacevoli escursioni. L’arrivo
è Seui, in piena Barbagia di Seulo, con il museo
della civiltà locale che “narra” dalla pastorizia
all’attività mineraria. Nelle immediate vicinanze
la chiesa della Madonna del Carmelo e il mitico
tacco Perda Liana (1293 metri), tra le montagne
più emblematiche dell’isola. Questa è la vera Sardegna che non ti aspetti.
02. lI borgo di Gairo
Vecchia, forse il più
famoso paese fantasma
della Sardegna,
sicuramente uno dei
più belli e suggestivi
angoli dell'Ogliastra.
57
overseas
overseas
ALLA RICERCA DEI BIG FIVE
Se il vostro libro preferito è La mia Africa e non riuscite a non guardare, quando
capita in TV, Il Re leone, è chiaro che avete un debole per il continente nero e i suoi
animali. Il mercato offre tante possibilità di safari, bisogna capire quale scegliere.
un visto per tre paesi
Per gli amanti dell’Africa esiste ora
l’East Africa Tourist Visa un visto
di 90 giorni a ingresso multiplo
che permette di spostarsi senza
problemi tra Kenya, Rwanda e
Uganda. Il documento è il risultato
di un’iniziativa congiunta tra i tre
paesi. I moduli per l’ottenimento
del visto sono disponibili presso
ogni rappresentanza diplomatica delle Repubbliche di Kenya,
Rwanda e Uganda, presso gli uffici
immigrazione dei rispettivi paesi e,
dove possibile, online.
www.visiteastafrica.org
di Andrea Zappa
sul web
www.southafrica.net
www.magicalkenya.com
www.namibiatourism.com.na
www.tanzania-gov.it
www.botswanatourism.co.bw
www.viaggilevi.com
www.crosslandetnia.it
www.chiariva.it
www.ilviaggio.biz
01
01. Un tipico vicino
di casa per chi decide
di alloggiare in un lodge
durante un safari in
Botswana.
Foto courtesy I Viaggi
di Maurizio Levi.
58
Quando si entra in un grande bookstore, nella
sezione viaggi, tra le varie guide e i libri di fotografia, c’è sempre il volume dedicato a “le dieci
(o più) cose da fare almeno una volta nella vita”,
così come tutto un filone de “i luoghi più belli del
mondo”, “destinazioni imperdibili” e quant’altro.
Sfogliandoli, immancabile la presenza del safari
africano, da compiere in regioni quali Tanzania,
Botswana, Kenia, ma anche Sud Africa (per chi
vuole far rientrare questo tipo di esperienza magari in un progetto di viaggio più ampio) e non
solo. Per un europeo, la cui linea dell’orizzonte
non è mai infinita, ma viene spezzata dalle più
svariate forme architettoniche, i colori del cielo
sono quelli che sono e l’animale più pericoloso e
selvaggio risulta essere la zanzara-tigre, spendere
qualche giorno in punta di piedi nella casa di Madre Natura è senza dubbio una delle esperienze
più incredibili. Solo qui ci si rende conto di cos’è
la vera forza della natura, quali sono le sue regole più primordiali e soprattutto di quanto siamo
piccoli di fronte a cotanta animalità, “selvaticità” e
bellezza. Le regole per cavarsela in un safari sono
semplici e abbastanza logiche: non dare da mangiare agli animali, non avventurarsi a piedi senza
i ranger e non uscire dai percorsi tracciati se si
guida il proprio 4x4. Per quanto riguarda l’outfit,
meglio vestirsi a strati preferibilmente con colori
neutri e poi binocolo, cappello e macchina fotografica a portata di mano. Dipende dalle zone, ma
senza dubbio il non plus ultra durante un safari è
avere la fortuna di incrociare i Big Five: elefante,
bufalo, rinoceronte, leopardo e leone. Chiamati
così dai cacciatori di un tempo perché considerati
gli animali più pericolosi da cacciare. Nel loro caso
ci sono delle regole da seguire per avere maggiore
possibilità di avvistarli. Per esempio le possibilità di imbattersi negli elefanti aumentano durante
le giornate più calde in prossimità di pozze d’acqua, mentre per un incontro ravvicinato con i rinoceronti è meglio uscire nel tardo pomeriggio,
l’alba e il tramonto sono invece prerogativa dei
leoni. Il leopardo, essendo un animale notturno,
preferisce fare bella mostra di sé durante le ore
02
serali. Le proposte sono molteplici e più o meno
avventurose, da vivere all’interno dei parchi nazionali o nelle riserve private. Si può decidere di
dormire in campi tendati avendo per soffitto un
cielo di stelle, in lodge lussuosi da mille e una notte, o addirittura all'interno di una tenda sopra il
tetto della propria jeep venendo totalmente avvolti dal buio e dal rumore della savana. L’agenzia i Viaggi di Maurizio Levi suggerisce un tour
nelle immense praterie del Serengeti in Tanzania,
proponendo una giornata nell’incredibile cratere
di Ngorongoro, dove si possono incontrare in un
solo giorno tutti i famosi “Five”, per poi spingersi
nella zona dell’altopiano dove vivono i clan Masai
che pascolano le loro mandrie assieme a zebre e
antilopi. Non da meno la parte nord del Botswana, nei pressi del famoso Delta dell’Okavango: qui
si trova il Parco Chobe che detiene il primato in
Africa della massima concentrazione di elefanti.
Il viaggio in questione è organizzato con confortevoli campi tendati, preallestiti da una vettura di
servizio che precede l’arrivo del gruppo.
Particolare la proposta “La mia Africa in volo” per
il Kenya di Il Viaggio un vero e proprio safari in
volo, per ammirare le grandi pianure e abbracciare
il paesaggio dall’alto durante la grande migrazione
di zebre e gnu nelle terre sconfinate del Maasai
Mara. I voli panoramici che si alternano agli spostamenti in 4x4 avvengono a bordo di piccoli ae-
rei da turismo (massimo 8 persone). Chi all’aereo
si sente più sicuro su un camion 4x4 può chiedere
a Etnia Travel Concept. I costi sono inferiori, si
viaggia in gruppo (16-18 persone) e si partecipa
attivamente al viaggio dando una mano nelle attività durante le giornate: si aiuta a cucinare e a
montare e smontare il campo. Proprio per le caratteristiche del mezzo si possono affrontare in
assoluta sicurezza i percorsi più impervi, lontano
dagli itinerari turistici. Di grande suggestione e avventura la proposta di Chiariva per la Namibia: 15
giorni in cui ci si muove in piccoli convogli. Ogni
equipaggio è composto da due persone che guidano il proprio veicolo seguendo il mezzo del capocarovana. I 4x4 trasportano la propria attrezzatura
e la notte si dorme in una tenda montata sul tetto
della vettura. Chi invece non vuole fare una vacanza esclusivamente dedicata al safari, può scegliere come destinazione il Sud Africa, che ha da
offrire immensi parchi come il famosissimo Kruger National Park, in cui è possibile fare anche il
Walking Safari dormendo all’aperto nei Camp di
Skukuza e Letaba. Non da meno l’Addo Elephant
Park, aperto nel 1931, che si trova nella provincia
dell’Eastern Cape e si affaccia sull’oceano, qui, chi
è veramente fortunato, può avere la possibilità di
ammirare i Big Seven: oltre ai Big Five, infatti, è
possibile vedere lo squalo bianco e le balene.
Altro che zanzara-tigre!
02. Incontro
ravvicinato con uno
dei Big Five all'interno
dell'Addo Elephant
Park, aperto in Sud
Africa nel 1931.
Foto courtesy South
Africa Tourism.
59
food
food
La ricetta dello chef
Matteo Torretta
Uno dei piatti più ammirati di Matteo
Torretta, l’uovo in crosta di polvere di
pomodoro.
Da marzo è al timone della cucina di Asola,
ristorante situato all’ultimo piano del nuovo Brian &
Barry Building di via Durini. Un posto che mancava
in città, diverso dalle altre proposte gastronomiche
perché, con la cucina aperta posta al centro del
ristorante, abbatte le barriere tra chi prepara i piatti
e chi li degusta. La cucina “sartoriale” non poteva che
nascere in un posto come questo.
di Enrico S. Benincasa
Uova in crosta di polvere di pomodoro
foto di Matteo Valle
Quali sono le tue prime impressioni a
pochi mesi dal debutto di Asola?
Sono abbastanza contento di ciò che
stiamo facendo. Non tanto per i numeri,
che sono comunque buoni, ma soprattutto per la fidelizzazione del cliente.
Secondo le nostre statistiche più di un
cliente su due torna a mangiare da noi
con regolarità dopo la prima esperienza, sia a mezzogiorno sia la sera.
Quanto è diverso partire da zero rispetto a subentrare a un collega?
Per me in un progetto è importante
l’ambizione che c’è dietro, come in
questo caso. Con Asola, inoltre, è stato fondamentale il rapporto che si è
venuto a creare con la proprietà, la famiglia Zaccardi: i tre fratelli mi hanno
trasmesso da subito un forte senso di
appartenenza e hanno sostenuto le mie
idee.
È un progetto condiviso, quindi?
L’idea è nata da me, ispirandomi all’Atelier di Joel Robuchon a Parigi, il nome
invece è stato proposto da Claudio
Zaccardi. La decisione di partire con
Asola l’abbiamo presa insieme a Parigi
proprio in quel ristorante e ricordo che,
a metà pranzo, davanti a una bottiglia
di champagne, proprio Claudio mi disse: “Ci hai convinto!”.
L’idea della cucina “sartoriale” e di un
ristorante così, che favorisce il contatto diretto e l’interazione tra cuochi e
clienti, è una novità qui da noi…
60
Fare una cosa di questo tipo in Italia
vuol dire rompere gli schemi, all’estero esistono già posti così. È un mettersi
a nudo che favorisce l’esperienza dei
clienti: lo capisco dalle domande che
mi fanno, da come mi guardano. Vedere
com’è fatto il tuo piatto, poi, ti fa vivere il pranzo o la cena in modo diverso.
Chi sono i clienti di Asola? Riusciresti
a descriverceli?
Al momento, il 60% dei nostri clienti
è italiano. Sono persone che vogliono
star bene, che vivono il pranzo o la
cena come una situazione di tranquillità e di divertimento. E in più, amano
senz’altro godere della vista magnifica
che c’è sulla città dal nostro ristorante.
Sei balzato alla ribalta della ristorazione milanese quando, neanche trentenne, sei diventato chef del Savini.
Quanto è cambiata la tua cucina da
allora?
Penso che oggi la mia cucina sia più seria, più solida e più riconoscibile, una
naturale evoluzione parallela a quella
della mia persona. Certo, rimangono
nella mia carta i piatti più conosciuti,
come il Tiramisù caldo o lo Spaghettone al pomodoro assoluto, piatti che
i miei clienti più affezionati riconoscerebbero anche bendati.
Ti capita mai di riguardare qualche
tua vecchia carta?
È successo poco tempo fa, me ne è capitata una vecchia tra le mani e l’ho ri-
letta. Dei venti piatti che c’erano, oggi
ne ripresenterei uno, al massimo due.
Se ti chiedi il perché, le risposte possono essere due: da un lato i tempi sono
diversi, dall’altro ogni ristorante è una
storia a sé.
Quanto è differente oggi la ristorazione milanese rispetto a quando hai
iniziato?
Più che dei colleghi blasonati e di quelli della vecchia scuola, penso che siano i giovani ad aver trovato soluzioni
giuste, rapide e a prezzi più accessibili. Cito per esempio due colleghi che
stimo molto: Mathias Perdomo con il
Pont de Ferr e il Rebelot e Viviana Varese con Alice e il suo bistrot di pesce.
Il futuro è questo: oggi non interessa il
servizio prezioso e il piatto raccontato
troppo, si esce a mangiare per vivere
un’esperienza gastronomica e divertirsi, una cosa che deve rientrare nella
normalità quotidiana.
Asola si pone proprio in questo solco…
Asola sarà sempre più un posto che
muta nel tempo e nell’ora: la mattina
per un lunch veloce o una colazione,
pomeriggio per l’aperitivo, la sera per
la cena. Sarà sempre aperto tutto l’anno, un luogo che mancava nel centro. E
qui sta la visione della famiglia Zaccardi: girando molto, sanno come vanno
le cose nelle altre città e hanno dato a
Milano qualcosa di cui aveva bisogno.
Ingredienti per quattro persone: 4 uova, 100 gr di pane secco a scaglie,
30 gr di pelle di pomodoro secca e tritata, 220 gr di fave fresche,
1 peperoncino fresco, 100 gr di coriandolo fresco, 1 lime, sale, pepe, olio
extra vergine di oliva, olio di semi di arachidi per friggere
Cuocere le uova in un forno a vapore
a 64° per un’ora e raffreddare subito
all’uscita del forno. Portare a ebollizione il coriandolo in 250 grammi di acqua. Frullare molto bene il coriandolo,
con la sua acqua di cottura, e passare il
composto in un colino cinese. Condire bene con olio extra vergine d'oliva,
sale e pepe e conservare in frigorifero.
Mischiare il pane alla polvere di pomo-
asola
Il progetto Brian & Barry Building
della famiglia Zaccardi non poteva
non comprendere una proposta
culinaria d’eccezione e originale
per Milano. La sala è dominata dalla presenza di una delle due cucine
del ristorante (entrambe realizzate
da Marrone), completamente a vista e aperta, che permette ai clienti
di assistere dal vivo alla preparazione del proprio piatto, interagendo
con il cuoco che lo sta preparando.
La vista è spettacolare, sia dal ristorante sia dalla adiacente terrazza
dalla quale si può ammirare ancor
meglio lo skyline cittadino.
Asola - via Durini, 28 Milano
doro e disporlo su di una placca. Sbucciare delicatamente le uova e appoggiarle sul pane. Panare completamente
le uova e friggerle in olio a 175° fino a
doratura. Su un piatto disporre le fave
condite con olio extra vergine d'oliva,
sale, pepe, rondelle di peperoncino fresco e scorza di lime. Appoggiare l’uovo
sulle fave e finire il piatto con una colata di salsa di coriandolo.
61
free time
free time
Da non perdere...
Una selezione dei migliori eventi che
animeranno la città nei prossimi mesi.
a cura di Enrico S. Benincasa
Diario del tempo
Torna in via Pier Lombardo Lucia
Calamaro, l’autrice e regista
romana già protagonista con il
pluripremiato L’origine del mondo
(vincitore di 3 premi UBU nel
2012). Il suo nuovo spettacolo,
Diario del tempo. L’epopea
quotidiana, affronta il tema della
disoccupazione, in particolare la
difficoltà di una situazione dove
il lento scorrere del tempo si
intreccia con la necessità di dare
un senso alle giornate.
Teatro Franco Parenti - Milano
dal 23 ottobre al 2 novembre
www.teatrofrancoparenti.it
Marc Chagall
IF! Italians Festival
Giovanni Segantini
La retrospettiva dedicata al celebre
artista nato ad Arco di Trento è stata appena inaugurata e può contare
su oltre 120 opere provenienti da
importanti musei e collezioni private europee e statunitensi, molte
delle quali mai esposti nel nostro
paese. Divisa in otto sezioni,
ciascuna delle quali focalizzata su
un aspetto dell’arte di Segantini, la
mostra è stata curata da AnniePaule Quinsac e c’è tempo per
visitarla fino al prossimo gennaio.
Palazzo Reale - Milano
fino al 18 gennaio 2015
www.mostrasegantini.it
Teatro Franco Parenti - Milano
dal 2 al 4 ottobre
www.italiansfestival.it
John Scofield
Il suo talento è universalmente
riconosciuto non solo
nell’ambiente jazz, dove da anni
incanta con la sua chitarra in
diversi contesti e formazioni. John
Scofield torna a ottobre al Blue
Note questa volta in versione
trio, accompagnato da altri due
“supercampioni” dei propri
strumenti, ovvero Steve Swallow
al basso e Bill Stewart alla batteria.
Due giorni e quattro concerti poco
dopo la metà del mese.
Blue Note - Milano
il 21 e 22 ottobre
www.bluenotemilano.it
62
Prima edizione per il festival della creatività italiana, organizzato da ADCI
– Art Director’s Club Italiano – e Assocom, l’associazione che riunisce le
imprese operanti nel settore della comunicazione. Il luogo scelto è il Teatro
Parenti che, in tutte le sue pertinenze,
ospiterà speech, workshop, eventi e
performance live nei tre giorni del festival. Partner d’eccezione di questa
prima edizione sarà niente meno che
Google, che ha sposato il progetto e
che parteciperà attivamente assegnando anche dei premi speciali all’interno
degli ADCI Awards, evento incluso
nel programma. Tante le personalità
che hanno accolto l’invito degli organizzatori: tra loro ci saranno Lee Clow,
Gianrico Carofiglio, Francesco Morace,
Walter Fontana, Rob Newlan (EMEA
Director di Facebook Creative Shop) e
A Palazzo Reale - Milano
fino al 1 febbraio 2015
www.mostrachagall.it
Bruno Zamborlin, l’inventore italiano
creatore di Mooges, la tecnologia che
fa letteralmente suonare ogni oggetto
o superficie. Difficile mancare per chi
opera nel settore della comunicazione
e della pubblicità in quella che molti
già chiamano la “Cannes italiana”, ma
non è un evento rivolto solo ai professionisti: coloro che vogliono entrare in
questo mondo, infatti, avranno la possibilità di far valutare i propri portfolio ai
membri dell’ADCI durante “I venerdì
di Enzo”, nome scelto per ricordare l’abitudine di Enzo Baldoni, giornalista e
copy ucciso in Iraq nel 2004, di incontrare i giovani talenti poco prima del
fine settimana. La sera IF! non chiude
e passa virtualmente il testimone della creatività a elita che gestirà la parte
musicale: in programma Lele Sacchi,
Giorgia Angiuli, Larry Gus e i Plaid.
è senza dubbio stato uno degli artisti
più importanti del secolo appena passato, capace di mantenere una coerenza
nella sua produzione nonostante la sua
esistenza sia stata profondamente segnata da eventi come la guerra, l’esilio,
la persecuzione e la conseguente emigrazione, il tutto sotto lo sfondo delle
grandi scoperte scientifiche e tecnologiche del secolo scorso che hanno radicalmente cambiato il mondo. La mostra inaugurata il 17 settembre è la più
importante dedicata a Marc Chagall
in Italia negli ultimi 50 anni, con oltre
220 opere – in maggioranza dipinti –
provenienti da musei da ogni parte del
mondo e collezioni private. Tra quelle che saranno presenti le più antiche
risalgono al 1908, fino ad arrivare alle
sue ultime creazioni degli anni Ottanta (è morto nel 1985), tutte divise in
15 sale che ripercorrono le varie tappe
della sua vita: dalla gioventù in Russia
fino ai primi viaggi a Parigi, dall’esilio
prima in Francia e poi negli Stati Uniti
fino al rientro in Costa Azzurra. Non
mancano neanche approfondimenti su
alcuni temi che hanno interessato la
sua produzione, come il mondo ebraico, il teatro e la musica. E c’è anche una
sala dedicata a una figura fondamentale
della sua vita, la sua prima moglie Bella, scomparsa prematuramente durante
l’esilio oltreoceano e alla quale Chagall
è sempre stato profondamente legato.
La mostra, curata da Claudia Zevi, resterà a Milano fino al mese di gennaio
per poi trasferirsi a Bruxelles.
Yoga Festival
Lo Yoga Festival, dopo gli eventi a
Roma e Catania, torna a Milano, città nella quale è nato ed
è diventato il più grande d’Italia
della disciplina. Anche quest’anno, per quattro giorni, gli spazi di
Superstudio Più in via Tortona 27
verranno pacificamente invasi da
tutti gli appassionati che potranno
frequentare corsi, lezioni, classi,
conferenze, seminari. Non mancheranno neanche eventi dedicati
ai bambini.
A Superstudio Più - Milano
dal 10 al 13 ottobre
www.yogafestival.it/milano
63
secret milano
network
Puoi trovare Club Milano
in oltre 200 location
selezionate a Milano
La versione meneghina dei Lumière
Alzate lo sguardo se vi capita di passare tra via Melzo e via Frisi: vi ritroverete
catapultati in un’altra epoca. E nonostante il cinema Dumont (1910-1932) non
esista più, c’è stato un tempo in cui Milano – dietro questa strepitosa facciata liberty
– imparò ad amare le magie della Settima Arte.
di Simone Sacco
Foto di Cecilia Gatto
Siamo nel 1908, periodo di visioni incredibili. Una fase di mezzo in cui l’ingegno umano non smette di creare e i
venti bellici soffiano ancora a debita distanza. Nel 1891 Nikola Tesla dà il via
ai suoi coraggiosi esperimenti “wireless”
per le comunicazioni-radio; quattro
anni dopo due fratelli francesi (August
e Louis Lumière) inaugurano a Parigi il
loro “cinematographe” inventando una
strana arte in movimento a cui verrà
dato il nome di cinema; nel 1899 scendono in strada le prime rudimentali automobili grazie all’ausilio del motore a
scoppio. In pratica sono anni in cui succedono “cose” e si guarda a Parigi esattamente come si fa oggi con Cupertino.
Due imprenditori milanesi, i fratelli
Galli, respirano a pieno quest’ebbrezza
e – motivati dall’esperimento del Lumière di Pisa (prima sala cinematografica italiana in assoluto) – decidono di
provarci nella loro città: anche Milano
64
avrà la sua “lanterna magica” ospitata in un luogo a cavallo tra eleganza e
fantasia. Il nome scelto sa di grandeur
(Dumont) e il progetto affidato a due
nomi di grido: gli architetti Tettamanzi
e Mainetti. L’area scelta è quella all’angolo tra via Melzo e via Frisi (famosa
in passato per il Lazzaretto) ed è lì che
viene edificata una palazzina la cui facciata è un trionfo liberty. Dentro non
manca nulla: una sala d’aspetto, il bar,
una cabina di proiezione e il parterre
arricchito da una pavimentazione lignea con 516 posti a sedere suddivisi in
20 file di comode poltroncine. È il 1910
e per un bel po’ saranno solo successi
al botteghino. Poi qualcosa cambia: il
locale comincia a ospitare seconde visioni e l’appeal viene imbruttito da un
nuovo tipo di clientela, più rozza e turbolenta. Il lucido parquet viene ripetutamente calpestato da zotici che scambiano il luogo per una balera, i divieti di
fumo vengono puntualmente disattesi
e per terra è tutto un mix di noccioline,
bucce d’arancia e “staccaganass” (dolci
durissimi, il popcorn dell’epoca) per
un triste carnevale di lerciume e maleducazione. Non può durare. Tant’è che
nel 1932, alla morte dei Galli, scompare pure la loro “isola felice”. Scampato
ai bombardamenti del '42-'44, per il
Dumont le agonie non sono ancora finite: nel 1953 viene addirittura decisa
la sua demolizione, ma il comitato di
zona insorge respingendo lo scempio. Il
vecchio cinematografo si ricicla prima
come autosalone e poi come deposito
di ambulanze. Nel 1993, infine, l’idea
di tramutarlo nell’attuale Biblioteca Venezia riconvertendone l’atrio e
mantenendo le tre colonnine originali
di Tettamanzi e Mainetti. Per il resto –
entrandoci – bisogna lavorare d’immaginazione, ma d’altronde il cinema non
è stato inventato proprio per questo?
night & restaurant: Al fresco Via Savona 50 Angolomilano Via
Boltraffio18 Antica Trattoria della Pesa V.le Pasubio 10 Bar Magenta Largo
D’Ancona Beda House Via Murat 2 Bento Bar C.so Garibaldi 104 Bhangra
Bar C.so Sempione 1 Blanco Via Morgagni 2 Blue Note Via Borsieri 37
Caffè della Pusterla Via De Amicis 24 Caffè Savona Via Montevideo 4
California Bakery Pzza Sant’Eustorgio 4 - V.le Premuda 449 - Largo
Augusto Cape Town Via Vigevano 3 Capo Verde Via Leoncavallo 16
Cheese Via Celestino IV 11 Chocolat Via Boccaccio 9 Circle Via Stendhal
36 Colonial Cafè C.so Magenta 85 Combines XL Via Montevideo 9 Cubo
Lungo Via San Galdino 5 Dada Cafè / Superstudio Più Via Tortona 27
Deseo C.so Sempione 2 Design Library Via Savona 11 Elettrauto Cadore
Via Cadore ang. Pinaroli 3 El Galo Negro Via Taverna Executive Lounge
Via Di Tocqueville 3 Exploit Via Pioppette 3 Fashion Cafè Via San Marco
1 FoodArt Via Vigevano 34 Fusco Via Solferino 48 G Lounge Via Larga
8 Giamaica Via Brera 32 God Save The Food Via Tortona 34 Goganga
Via Cadolini 39 Grand’Italia Via Palermo 5 HB Bistrot Hangar Bicocca
Via Chiese 2 Il Coriandolo Via dell’Orso 1 Innvilllà Via Pegaso 11 Jazz
Cafè C.so Sempione 4 Kamarina Via Pier Capponi 1 Kisho Via Morosini 12
Kohinoor Via Decembrio 26 Kyoto Via Bixio 29 La Fabbrica V.le Pasubio
2 La rosa nera Via Solferino 12 La Tradizionale Via Bergognone 16 Le
Biciclette Via Torti 1 Le Coquetel Via Vetere 14 Le jardin au bord du
lac Via Circonvallazione 51 (Idroscalo) Leopardi 13 Via Leopardi 13 Les
Gitanes Bistrot Via Tortona 15 Lifegate Cafè Via della Commenda 43
Living P.zza Sempione 2 Luca e Andrea Alzaia Naviglio Grande 34 MAG
Cafè Ripa Porta Ticinese 43 Mandarin 2 Via Garofano 22 Milano Via
Procaccini 37 Mono Via Lecco 6 My Sushi Via Casati 1 - V.le Certosa 63
N’ombra de Vin Via San Marco 2 Noon Via Boccaccio 4 Noy Via Soresina
4 O’ Fuoco Via Palermo 11 Origami Via Rosales 4 Ozium t7 café - via
Tortona 7 Palo Alto Café C.so di Porta Romana 106 Panino Giusto P.zza
Beccaria 4 - P.zza 24 Maggio Parco Via Spallanzani - C.so Magenta 14 - P.zza
Cavour 7 Patchouli Cafè C.so Lodi 51 Posteria de Amicis Via De Amicis
33 Qor Via Elba 30 Radetzky C.so Garibaldi 105 Ratanà Via De Castillia
28 Refeel Via Sabotino 20 Rigolo Via Solferino 11 Marghera Via Marghera
37 Rita Via Fumagalli 1 Roialto Via Piero della Francesca 55 Serendepity
C.so di Porta Ticinese 100 Seven C.so Colombo 11 - V.le Montenero 29
- Via Bertelli 4 Smeraldino P.zza XXV Aprile 1 Smooth Via Buonarroti 15
Superstudio Café Via Forcella 13 Stendhal Via Ancona 1 Tasca C.so Porta
Ticinese 14 That’s Wine P.zza Velasca 5 Timè Via S.Marco 5 Tortona 36
Via Tortona 36 Trattoria Toscana C.so di Porta Ticinese 58 Union Club Via
Moretto da Brescia 36 Van Gogh Cafè Via Bertani 2 Volo Via Torricelli 16
Zerodue_Restaurant C.so di Porta Ticinese 6 56 Via Tucidide 56 3Jolie Via
Induno 1 20 Milano Via Celestino 4
stores: Ago Via San Pietro All’Orto 17 Al.ive Via Burlamacchi 11 Ana
Pires Via Solferino 46 Antonia Via Pontevetero 1 ang. Via Cusani Bagatt
P.zza San Marco 1 Banner Via Sant’Andrea 8/a Biffi C.so Genova 6 Brand
Largo Zandonai 3 Brian&Barry via Durini 28 Brooksfield C.so Venezia
1 Buscemi Dischi C.so Magenta 31 Centro Porsche Milano Nord Via
Stephenson 53 Centro Porsche Milano Est Via Rubattino 94 C.P. Company
C.so Venezia Calligaris Via Tivoli ang. Foro Buonaparte Dantone C.so
Matteotti 20 Eleven Store Via Tocqueville 11 Germano Zama Via Solferino
1 Gioielleria Verga Via Mazzini 1 Henry Cottons C.so Venezia 7 Joost Via
Cesare Correnti 12 Jump Via Sciesa 2/a Kartell Via Turati ang. Via Porta 1
La tenda 3 Piazza San Marco 1 Le Moustache Via Amadeo 24 Le Vintage
Via Garigliano 4 Libreria Hoepli Via Hoepli 5 MCS Marlboro Classics C.so
Venezia 2 - Via Torino 21 - C.so Vercelli 25 Moroso Via Pontaccio 8/10
Native Alzaia Naviglio Grande 36 Open viale Monte Nero 6 Paul Smith Via
Manzoni 30 Pepe Jeans C.so Europa 18 Pinko Via Torino 47 Rossocorsa
C.so porta Vercellina 16 Rubertelli Via Vincenzo Monti 56 The Store Via
Solferino 11 Valcucine (Bookshop) C.so Garibaldi 99
showroom: Alberta Ferretti Via Donizetti 48 Alessandro Falconieri
Via Uberti 6 And’s Studio Via Colletta 69 Bagutta Via Tortona 35
Casile&Casile Via Mascheroni 19 Damiano Boiocchi Via San Primo 4
Daniela Gerini Via Sant’Andrea 8 Gap Studio C.so P.ta Romana 98 Gallo
Evolution Via Andegari 15 ang. Via Manzoni Gruppo Moda Via Ferrini 3
Guess Via Lambro 5 Guffanti Concept Via Corridoni 37 IF Italian Fashion
Via Vittadini 11 In Style Via Cola Montano 36 Interga V.le Faenza 12/13
Jean’s Paul Gaultier Via Montebello 30 Love Sex Money Via Giovan
Battista Morgagni 33 Massimo Bonini Via Montenapoleone 2 Miroglio Via
Burlamacchi 4 Missoni Via Solferino 9 Moschino Via San Gregorio 28
Parini 11 Via Parini 11 Red Fish Lab Via Malpighi 4 Sapi C.so Plebisciti 12
Spazio + Meet2Biz Alzaia Naviglio Grande 14 Studio Zeta Via Friuli 26
Who’s Who Via Serbelloni 7
beauty & fitness: Accademia del Bell’Essere Via Mecenate 76/24
Adorè C.so XXII Marzo 48 Caroli Health Club Via Senato 11 Centro
Sportivo San Carlo Via Zenale 6 Damasco Via Tortona 19 Palestre
Downtown P.za Diaz 6 - P.za Cavour 2 Fitness First V.le Cassala 22 - V.le
Certosa 21/a - Foro Bonaparte 71 - Via S.Paolo 7 Get Fit Via Lambrate 20
- Via Piranesi 9 - V.le Stelvio 65 - Via Piacenza 4 - Via Ravizza 4 - Via Meda
52 - Via Vico 38 - Via Cenisio 10 Greenline Via Procaccini 36/38 Gym Plus
Via Friuli 10 Intrecci Via Larga 2 Le Garcons de la rue Via Lagrange 1 Le
terme in città Via Vigevano 3 Orea Malià Via Castaldi 42 - Via Marghera
18 Romans Club Corso Sempione 30 Spy Hair Via Palermo 1 Tennis Club
Milano Alberto Bonacossa Via Giuseppe Arimondi 15 Terme Milano P.zza
Medaglie d’Oro 2, ang. Via Filippetti Tony&Guy Gall. Passerella 1
art & entertainment: PAC (Padiglione Arte Contemporanea) Via
Palestro 14 Pack Foro Bonaparte 60 Palazzo Reale P.zza Duomo Teatro
Carcano C.so di Porta Romana 63 Teatro Derby Via Pietro Mascagni
8 Teatro Libero Via Savona 10 Teatro Litta C.so Magenta 24 Teatro
Smeraldo P.zza XXV Aprile 10 Teatro Strehler Largo Greppi 1 Triennale
V.le Alemagna 6 Triennale Bovisa Via Lambruschini 31
hotel: Admiral Via Domodossola 16 Astoria V.le Murillo 9 Boscolo C.so
Matteotti 4 Bronzino House Via Bronzino 20 Bulgari Via Fratelli Gabba 7/a
Domenichino Via Domenichino 41 Four Season Via Gesù 8 Galileo C.so
Europa 9 Nhow Via Tortona 35 Park Hyatt (Park Restaurant) Via T. Grossi
1 Residence Romana C.so P.ta Romana 64 Sheraton Diana Majestic V.le
Piave 42
inoltre: Bagni Vecchi e Bagni Nuovi di Bormio (SO) Terme di PreSaint-Didier (AO)
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colophoN
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