N° 03 Domenica 26

A PAG. 3
Catania - anno XXX - n. 3 - 26 gennaio 2014 - Euro 0,60 - www.prospettiveonline.it
“Poste Italiane s.p.a.” - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003
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settimanale regionale di attualità
SERVIZIO
DI BIOETICA:
CURE PALLIATIVE
“In caso di mancato recapito rinviare al CMP/CPO di Catania, per la restituzione al mittente previo addebito. Il mittente si impegna a pagare la tariffa vigente”
Celebrata a Catania la 100ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato
EUCARESTIA sacramento
inclusivo e non esclusivo
“V
incere l’indifferenza per non
chiudersi in se
stessi, ed accogliere lo straniero, il rifugiato”. Parole che suonano come un monito
quelle pronunciate con grande partecipazione da S.E. Mons. Salvatore
Gristina in occasione della solenne
Celebrazione Eucaristica svoltasi
nella Basilica Cattedrale per la 100ª
Giornata del Migrante e del Rifugiato 2014. Un appuntamento che come
da tradizione rappresenta un intenso
momento di comunione e fraternità
tra le diverse realtà etniche della diocesi etnea. Il lavoro svolto dall’Ufficio Pastorale Migrantes, orientato a
favorire l’integrazione e la comunione tra i fedeli cittadini, rappresenta
più di una goccia nell’oceano che
grazie all’impegno degli operatori e
dei collaboratori della struttura diocesana supera quella soglia d’indifferenza e di superficialità con cui si
affrontano i problemi riguardanti la
mobilità umana. “Comunità di
CONVEGNO
DELL’UFFICIO
DI PASTORALE
SCOLASTICA
a pagina 7
NUOVO
PRESIDENTE
DELLA
CONFEDERAZIONE
DELLE
CONFRATERNITE
migranti che camminano insieme e
fanno parte della Chiesa” - ha ricordato l’Arcivescovo - che pongono
domande sul ruolo della comunità
cristiana e sulla responsabilità di ciascun cristiano. Perché: “Oltre la preghiera e la condivisione di spirito,
siamo chiamati innanzitutto all’ac-
Filippo Cannizzo
(segue a pagina 2)
a pagina 9
Il ricordo dello sterminio del popolo ebraico in occasione del 27 gennaio, “Giorno della Memoria”
Gli orrori del passato siano monito per il presente
ndietro, tra le pagine di una storia passata. Il 27 gennaio 1945, poco dopo
mezzogiorno, l’armata rossa oltrepassava il cancello con il filo spinato, recante la scritta “Arbeit
Macht Frei” (“Il lavoro rende liberi”), e svelava
al mondo l’atroce realtà, celata dietro un apparente campo di lavoro: il complesso di Auschwitz Birkenau - Monowitz appariva come la punta di
diamante del più spietato congegno di morte del
genocidio nazista. Anche se i tedeschi, con i russi
ormai vicini, avevano con alacrità distrutto quanto più potevano, appiccando il fuoco a registri e
magazzini, le testimonianze tangibili erano innumerevoli: numerosissimi cadaveri; quasi settemila
superstiti, secondo le affermazioni del generale
Petrenko, tra cui molti bambini che mostravano il
numero impresso nel loro braccio. Testimonianze
che ancora oggi trovano luogo nelle baracche in
I
muratura del campo di sterminio, oggetti che raccontano di milioni di innocenti, colpevoli soltanto
di esistere: scarpe, indumenti, valigie, occhiali,
capelli. E se la memoria ha bisogno di un radicamento concreto, di un gesto, di un luogo, di un
oggetto, queste testimonianze servono già in parte
a rivelare ciò che atrocemente è stato.
Raccontare questo indissolubile rapporto con il
vissuto, testimonianza assolutamente scevra da
ogni tipo di strumentalizzazione del passato, è
per i superstiti una necessità ma allo stesso tempo
una ‘condanna’. Trasmettere quell’esperienza di
morte, quella mera negazione della persona umana significa anche rivivere continuamente quei
giorni, quegli istanti in cui ogni speranza era
sopita dietro un’asfittica coltre di cieca violenza.
Contraddizione questa magistralmente espressa
da Elie Wiesel: “Tacere è proibito, parlare è
impossibile”.
Il Lager ha minato la vita umana fin dai suoi fondamenti: ha imposto ai prigionieri una repentina e
Berenice
(segue a pagina 2)
I 90 ANNI
DELLA RAI
a pagina 12
2
Prospettive - 26 gennaio 2014
sommario al n. 3
PRIMO PIANO
Le scuole cattoliche
comunità di fede,
conoscenza e servizio ______3
Indietro nel tempo
intervistando
Lorenzo Reitano __________4
Augustín Miguel Pro_______5
INFORMADIOCESI
Notizie in breve ___________9
Dall’Ufficio
Vita Consacrata ___________9
Dalla Caritas diocesana_____9
DIOCESI
Giornata della Donazione
e della Solidarietà _________7
La resistenza di alcuni
germi ai farmaci _________11
Il grande successo
della fiction televisiva
di Pupi Avati
“Un matrimonio”_________12
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Questo numero è stato chiuso
alle ore 13.00 di mercoledì 22 gennaio 2014
Conferenza di pace per la Siria, al via Ginevra II
Gli ostacoli sulla strada
della normalizzazione
a conferenza di pace
sulla Siria, la cosiddetta
Ginevra II, tenutasi il 22 gennaio a
Montreux, ha riunito i delegati del
governo e dell’opposizione siriana
nel tentativo, piuttosto blando, di trovare una soluzione al conflitto in corso e che si protrae da quasi tre anni.
Le Nazioni Unite hanno portato
avanti un dialogo proficuo nel tentativo di mettere insieme per la prima
volta tutti i rappresentanti del governo siriano: sia i seguaci del presidente Bashar al-Assad sia quelli dell’opposizione sostenuta a gran voce dai
Paesi occidentali. Ban Ki-moon,
segretario generale delle Nazioni
Unite l’ha definita una missione di
pace e di speranza, sottolineando
come il tavolo tecnico in Svizzera sia
stato una formidabile opportunità per
mettere fine ad un conflitto che ha
causato più di 140mila morti e milioni di dispersi. Ma come si è arrivati a
questa conferenza? Dopo più di un
anno di duri conflitti tra i lealisti di
Assad e i combattenti dell’opposizione, e grazie anche all’approvazione congiunta di Russia (sostenitrice
del regime), e Stati Uniti, (sostenitori dell’opposizione), si è arrivati ad
una soluzione di tipo politico. L’antefatto risale, però, al giugno del
2012, quando a Ginevra, le due grandi potenze mondiali si erano incon-
L
(continua da pag. 1)
EUCARESTIA...
coglienza, a partecipare attivamente
al processo d’integrazione che ci
coinvolge e di cui la Chiesa è parte”.
Cosi nelle parole del Pastore della
diocesi risuonano come un’eco quelle pronunciate da Papa Francesco in
occasione della visita pastorale a
Lampedusa nello scorso luglio con
cui il sommo pontefice si era scagliato contro “la globalizzazione dell’indifferenza” e contro una società
“che ha dimenticato l’esperienza del
piangere”. Messaggio, che si è concretizzato nell’omelia di S.E. Mons.
Salvatore Gristina che ha altresì
ricordato ai migranti presenti in cat(continua da pag. 1)
GLI ORRORI...
brutale deformazione di tutti quei
valori che fino alla loro deportazione
facevano parte del loro vissuto quotidiano. Il totale e radicale annientamento della personalità umana ha
sottoposto l’individuo ad una realtà
del tutto estraniata, rispetto ai due
cardini della sua esistenza, la vita e
la morte. Sicché le parole adoperate
per descrivere e narrare queste esperienze non riescono a trasmettere
fino in fondo quel vissuto, ma racchiudono al loro interno dei significati densi che si offrono alla società
contemporanea, per acquisire una
maggiore consapevolezza di ciò che
potrebbe ripetersi.
A che cosa serve il Giorno della
Memoria, istituito dalla Repubblica
Italiana attraverso l’approvazione
della legge n. 211 del 20 luglio
2000? Non è di certo uno di quelle
sterili ed ipocrite occasioni formali,
Ginevra nel giugno scorso per una
transizione politica in Siria.
Il governo iraniano - alleato di ferro
del regime d Bashar al-Assad - ha
fatto sapere che la sua mancata presenza produrrà un effetto negativo
sulla riuscita dei colloqui di pace: “È
chiaro che una soluzione complessiva alla questione siriana non potrà
essere trovata fin quando tutte le parti influenti non saranno state coinvolte nel processo”, ha affermato il
viceministro degli Esteri, Abbas
Araqchi, subito dopo l’annuncio dell’Onu di ritirare l’invito. Diverso il
parere degli Stati Uniti che hanno
auspicato come “tutte le parti possano ora tornare a concentrarsi sullo
scopo” della riunione, ovvero, “porre
fine alle sofferenze del popolo siriano e avviare un processo verso la
transizione politica”. Quanto alla
Russia, altro alleato storico del regime siriano, il ritiro dell’invito all’Iran avrebbe danneggiato l’autorevolezza delle Nazioni Unite: “Mi spiace che tutta questa storia non ha
aumentato la credibilità dell’Onu”,
parole del ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, che laconico ha
boicottato in anticipo ogni tentativo
di mediazione politica tra le parti.
trate decidendo di fatto una sorta di
road map, chiamata “The Geneva
communique” (Il Comunicato di
Ginevra), nel tentativo di creare un
possibile quanto difficile governo di
transizione politica in Siria. Nella
fattispecie il documento prevedeva
un governo di transizione dotato di
pieni poteri al fine di garantire il
regolare svolgimento delle elezioni,
quale strumento essenziale per riportare la democrazia nello Stato
medio-orientale. Tuttavia, le due
opposte fazioni, a tutt’oggi, non sono
riuscite a trovare la giusta misura e i
continui tentativi di conciliazione si
sono dissolti come neve al sole. Cosi
l’appuntamento della scorsa settimana ha rappresentato un nuovo capitolo nel faticoso percorso che dovrebbe portare la pace in Siria con il supporto (politico) di 30 delegazioni pro-
venienti da tutto il pianeta. Il governo
del regime di Assad ha confermato la
sua presenza in terra elvetica smentendo categoricamente ed in maniera
preventiva un possibile passo indietro. Il ministro degli Esteri, infatti,
nell’imminenza della conferenza di
pace, aveva annunciato che “coloro
che sostengono la rimozione di
Assad si sarebbero dovuti svegliare
dai loro sogni”. L’opposizione, di
contro, ha annunciato la propria presenza, nonostante in principio aveva
rivendicato il rilascio di prigionieri
politici – specialmente donne – e la
concessione del passaggio di aiuti
umanitari nelle aree prese di mira dal
regime. Alla vigilia, ha suscitato
scalpore, ma non troppo il ritiro dell’invito all’Iran che ripetutamente
aveva dichiarato di non condividere
né sostenere l’accordo siglato a
tedrale come “l’Eucarestia, dono di
Dio per noi, non esclude nessuno,
ma genera comunione attraverso
quell’amen condiviso che si pronuncia in presenza del Corpo di Cristo”.
Tale da suggerirci come gli uomini
siano tutti uguali, solo ed unicamente al cospetto di Nostro Signore
Gesù: perché la carità si manifesti ed
operi in simbiosi con una maggiore
consapevolezza dell’essere cristiani.
Cosi da permettere di oltrepassare
quelle barriere - culturali ed ideologiche - che impediscono l’integrazione. L’invito finale dell’Arcivescovo traccia la strada sul percorso da
seguire: “Dobbiamo impegnarci di
più per i migranti e per i rifugiati. Ma
dobbiamo rifugiarci per prima cosa
in Dio, per essere più attenti verso
loro, verso le loro esigenze”. Pertanto -conclude S.E. Mons. Salvatore
Gristina- è necessario “Cooperare
insieme per rendere il mondo pieno
di solidarietà”. Numerosi i rappresentanti delle varie comunità straniere presenti in cattedrale. Folto il
numero dei fedeli della comunità
cattolica dello Sri Lanka di lingua
Cingalese e Tamil, residenti nel
capoluogo etneo insieme al cappellano etnico, Sac. Christopher Shelton.
Nutrita anche la comunità mauriziana, la prima ad arrivare a Catania
negli anni settanta, costituita da cattolici, indù, musulmani, rappresentata dal presidente dell’Associazione
Mauriziana Interreligiosa Catanese,
così ricche di retorica e di vani discorsi ad effetto. È il tentativo di rendere attuale e presente nel quotidiano
collettivo dell’odierna società il folle
tentativo messo in atto per eliminare
un intero popolo, proprio in quella
parte di mondo da sempre ritenuta
più ‘civilizzata’, dunque egemone.
Serve all’uomo che ha bisogno di
continuare a sapere e ha la necessità
di ricordarsi di ricordare, eliminando
in tal modo il rischio di relegare questo indelebile segno di dolore, morte
e distruzione in un freddo e polveroso scaffale tra i libri del passato. In
una società come la nostra, così distrattamente assuefatta ad innumerevoli e perpetuate forme di violenza,
non bastano soltanto delle giornate
di ricordo, così come non è bastato
alla società degli anni ’80 e ’90 del
secolo scorso ascoltare le parole di
chi aveva subito la deportazione sulla sua pelle, se a partire dal 1991 nei
Balcani, nel 1994 in Ruanda e nel
1995 in Srebrenica si sono verificati
ancora veri e propri casi di genocidio. Il Giorno della Memoria rappresenta un monito, un avvertimento per
scuotere la coscienza dell’uomo.
Come ha scritto Vittorio Foa, nell’introduzione di “Se questo è un uomo”
di Primo Levi: “Sorgono allora delle
domande: perché dobbiamo ricordare? E che cosa bisogna ricordare?
Bisogna ricordare il Male nelle sue
estreme efferatezze e conoscerlo
bene anche quando si presenta in forme apparentemente innocue: quando
si pensa che uno straniero, o un
diverso da noi, è un Nemico si pongono le premesse di una catena al cui
termine, scrive Levi, c’è il Lager, il
campo di sterminio”. Proprio queste
parole riferite alla Shoah ci riportano
a problemi che affliggono la società
odierna. Ancora una volta la Storia,
la tragica esperienza del vissuto
umano, fornisce illuminanti chiavi di
lettura per il presente.
Sig. Milinte Rainald. Diversi anche i
rappresentanti della comunità polacca ungherese e nigeriana. Un saluto
di benvenuto e di ringraziamento, è
stato rivolto dal direttore della
Migrantes diocesana, il diacono don
Giuseppe Cannizzo, prima della
celebrazione eucaristica ai sacerdoti
concelebranti, don Olvarius Kalupale della Tanzania, don Stefano Tampu cappellano etnico romeno, ed ai
sacerdoti italiani padre Salvatore
Cardile, direttore dell’Ufficio per
l’animazione missionaria e padre
Massimo Bolgan del PIME, presenti
inoltre i diaconi Santo Rizzo, Mario
Orofino e Pasquale Messina. Nonostante le difficoltà e le situazioni
drammatiche, il concetto di migrazione ci spinge, dunque, ad immaginare un futuro differente, orientato
alla ricerca di uno sviluppo integrale
della persona.
Un invito rivolto ad un mondo più
giusto e solidale in cui sia rispettata
pienamente la vita e la dignità della
persona umana.
Come il messaggio promosso da
Papa Francesco per la Giornata
Mondiale del Migrante e Rifugiato
ha ricordato all’intera comunità cristiana: “Migranti e rifugiati: verso un
mondo migliore”. A margine della
G.M.M va ricordata la veglia di preghiera tenuta giovedì 16 gennaio
presso la Chiesa di Santa Maria dell’Ogninella in memoria delle vittime
del mare e dei viaggi verso l’Europa,
promosso dall’Ufficio diocesano per
la Pastorale delle Migrazioni ed istituita dalla Migrantes diocesana nel
2009, e che ogni anno conta la partecipazione di un folto numero di
migranti provenienti da ogni continente.
®
®
Maxwell
3
Prospettive - 26 gennaio 2014
Studio Teologico S. Paolo
Servizio di bioetica “Dott. Angelo Cafaro”
L’azione protettiva
della cura palliativa
ello scorso articolo, o
meglio nella proposta
del tema di confronto che ogni settimana offriamo ai Lettori, avevamo
scritto della riflessione sul “fine
vita”. Avevamo accennato, solamente, a quel “fine vita” problematico
ove l’eutanasia farebbe capolino
insano od ove l’accanimento terapeutico dovesse essere rifuggito.
Pensavamo ai malati di malattie
inguaribili e a coloro che per gli
effetti di tali malattie esprimono un
corteo sintomatico fastidioso e delle
inabilità che decostruiscono le relazioni psicologiche, sociali, spirituali
e rendono difficile anche il rapporto
con se stessi.
Oggi affrontiamo questo tema e per
rispondere a richieste specifiche pervenute e nella prospettiva di scambiare opinioni sul crinale molto esile
della “qualità della vita”.
Diciamo subito che, pur possedendone tutti il concetto, l’apprezzamento
delle condizioni qualitative dell’esistenza rimane del tutto soggettivo.
Molte barriere metodologiche, infat-
N
ti, si frappongono alla ricerca di uno
standard valutativo della “qualità di
vita”.
Il cancro è, probabilmente, l’esperienza più stressante che si può vivere e, alcune volte, produce degli
effetti che escono dalla possibilità
terapeutica specifica e determinano
una condizione di aggravamento che
conduce allo stato di “terminalità”. In
tale condizione la quantità di vita
residua ed il decremento progressivo
della sua qualità richiedono un supporto che tende a curare i sintomi,
piuttosto che rimuoverne la causa ed
a garantire le minori difficoltà alle
relazioni compromesse.
Ciò immette il ricorso alle cosiddette
“cure palliative”.
Nel sentire comune l’aggettivo “palliativo” suona come “inutile”, poiché
qualifica terapie che non perseguono
l’obiettivo di guarire il Paziente.
Questo sentire potrebbe essere legittimato dalla definizione di “palliativo” sul vocabolario. Sul dizionario
Treccani della lingua italiana di questo termine troviamo due accezioni di
significato: di un medicamento o di
una terapia che tendono a combattere provvisoriamente i sintomi di una
malattia senza risolverne la causa, la
prima, di provvedimento che non
risolve una difficoltà o una situazione critica, ma ne allontana provvisoriamente le conseguenze, la seconda.
Sembrerebbe coincidere tutto con
“indifferente alla realtà”, come per le
tante cose che nella società odierna
si fanno inutilmente, per passar tempo, al posto delle cose utili e necessarie che risolverebbero i problemi.
Sembra proprio che il pallio (da questa parola latina che significa mantello deriva il termine palliativo)
venga steso provvisoriamente sul
malato inguaribile per essere sostituito, a breve, dal lenzuolo della
morte. Servirebbe, forse, a non
offendere i nostri occhi, a mantenerci fuori da quella vita impotente che
l’inesorabilità di un percorso di
malattia porterà alla fine. Alla stessa
stregua con cui allontaniamo, ormai,
i bambini dalla visione della morte,
quasi ad esorcizzarla per le genera-
zioni future, come abbiamo tentato
di esorcizzare la malattia consegnandola ad una medicalizzazione eccessiva.
Invero nelle cure palliative si connatura quell’elemento di conforto che
riporta al rapporto umanistico della
sanità con la malattia e della società
con la sofferenza e la solitudine.
Quel mantello diventa protezione,
non paravento, si dispone a consentire il miglior modo possibile per
accompagnare la dignità del corpo
alla convivenza con un’anima che
sembra essersi allontanata dal malato e dall’operatore sociosanitario.
Dal malato per i meccanismi emozionali che la sofferenza ha implicato, dall’operatore per la confidenza
con l’aspetto quantitavistico e economicistico dell’assistenza.
Il prendersi cura del malato, globalmente, il disporre attorno a lui l’am-
biente familiare e sociale
più solidale e più rispondente alle fragilità che la
malattia sembra aver determinato costituiscono l’ontologia delle cure palliative.
Per nulla dissimile da quell’ontologia sociale che riconosce nella convivenza tutti
quegli elementi di “aiuto”
consapevole e deciso che la
rendono plausibile.
Certo anche nel settore delle cure palliative tentazioni
di gratuità, da una parte, e di affare
dall’altra, potrebbero portare ad una
conduzione delle cose che ricondurrebbe, maliziosamente, all’efficacia
delle collusioni assistenzialistiche o
ecomicistiche. Ma questo è un altro
discorso e magari sarà puntuale
oggetto di una disamina, sarà un
tema da discutere.
Da discutere come tutto quello che
inferisce nel quotidiano divenire della vita.
Santo Fortunato
Servizio di Bioetica,
Studio Teologico S. Paolo
Se desiderate avere chiarimenti su
questioni di bioetica, potete contattarci inviando una vostra richiesta al
seguente indirizzo di posta elettronica: [email protected]
La CEI ha promosso per il 10 maggio la giornata della scuola
LE SCUOLE CATTOLICHE comunità di fede, conoscenza e servizio
e scuole, comunità di
fede, conoscenza e
servizio”: è il tema della Settimana
nazionale delle scuole cattoliche, che
la Chiesa degli Stati Uniti celebra dal
prossimo 26 gennaio al 1° febbraio.
L’evento - giunto alla sua 40ª edizione - è promosso dalla Conferenza episcopale nazionale (Usccb), insieme
con la “National Catholic Educational
Association” (Ncea), l’Associazione
che coordina gli insegnanti e gli educatori delle scuole cattoliche del Paese.
Sono più di due milioni gli studenti
che frequentano i 6.600 istituti di ogni
ordine e grado negli Stati Uniti,
distinguendosi per serietà e profitto. A
conferma dell’alto livello dell’educazione da essi impartita, si registra che
il 99% degli studenti raggiunge il
diploma superiore e l’85% arriva
all’università.
Mons. George J. Lucas, presidente
della Commissione per l’educazione
dell’Usccb, afferma con soddisfazione: “Negli anni, le nostre scuole hanno educato milioni di giovani fornendo loro una formazione accademica
superiore, senza mai perdere di vista
la dimensione spirituale. Il successo
delle scuole cattoliche nel trasmettere
la fede alle nuove generazioni è un
segno luminoso della storia della
Chiesa degli Stati Uniti”.
Queste considerazioni incoraggiano
anche la Chiesa italiana che registra
ogni anno una diminuzione delle
scuole cattoliche e qualche volta
anche la perdita dell’alto spessore cul-
“L
turale e formativo che le ha distinte
nel tempo.
La Conferenza Episcopale Italiana ha
promosso per il 10 maggio la giornata
della scuola con un grande pomeriggio di festa e d’incontro con il Papa in
Piazza san Pietro a cui sono invitati gli
studenti, gli insegnanti, le famiglie e
tutti coloro che sono coinvolti nella
grande avventura della scuola e dell’educazione.
“Nella fase storica che attualmente
stiamo vivendo, si legge nel messaggio della CEI, il contributo dell’insegnamento della religione cattolica può
essere determinante per favorire la
crescita equilibrata delle future generazioni e l’apertura culturale a tutte
le manifestazioni dello spirito
umano”.
Don Francesco Macrì, presidente
nazionale della FIDAE (federazione
nazionale delle scuole cattoliche) nel
corso del convegno nazionale sul
tema: ‘Quale curricolo, per quale
alunno, per quale società’, analizzando le difficoltà della scuola cattolica e
delle
prospettive
future, ha affermato:
“Nessuna strada
fino ad oggi ha permesso di raggiungere risultati significativi. Va verificato
se rispetto al “quanto” e al “come” e al
“perché”, non ci
siano altre modalità
ed opzioni operative
ed organizzative più
rispondenti
alle
nuove esigenze del
territorio e del nostro tempo”.
Mentre si afferma
che L’educazione
dei nostri figli è una priorità, di fatto
con l’applicazione della Tares e, da
quest’anno dell’Imu “la parità
giuridica tra scuola statale e non
statale rischia di essere disattesa nei
fatti”. Lo afferma il sottosegretario
all’Istruzione Gabriele Tocca Fondi.
“Non si capisce, infatti, perché una
scuola gestita dallo Stato o dalla
Provincia non debba pagare l’Imu e
perchè lo debba fare un istituto paritario che, come riconosce la legge,
fornisce lo stesso servizio pubblico.
Per il 2013 l’applicazione è stata
sospesa, ma dal 2014 potrebbe essere
letale per molte scuole’’. Quanto alla
Tares, “non si capisce perché il tributo per la paritaria venga calcolato a
metro quadro della struttura, mentre
quello della scuola statale a bambino
iscritto: come se gli alunni di una
scuola sporcassero di più di quelli di
un’altra scuola’’. L’ex ministro dell’Istruzione Beppe Fioroni, autorevole
esponente del Pd, lancia l’allarme per
il rischio di chiusura delle scuole
materne paritarie, alla luce del taglio
dei fondi e delle nuove imposizioni
fiscali: “Nell’indifferenza generale
rischiano di chiudere le scuole paritarie, con un terzo dei bambini senza
diritto costituzionale”,
Questo, ha spiegato, sarebbe “un
dramma per le famiglie. Serve una
risposta sulle tasse e i contributi o
domani le famiglie di tutti i tipi avranno i bambini in strada. Questa è una
vergogna”. Eppure è stato accertato
che lo Stato risparmierebbe oltre 500
milioni di euro l’anno se aumentasse
di 100 milioni i contributi alla scuola
paritaria, consentendo a più famiglie
di sceglierla. Ogni euro investito nella
scuola paritaria renderebbe allo Stato
5 euro di risparmio, perché il costo per
studente nella scuola statale è più elevato in assoluto e, ovviamente, molto
più elevato per lo Stato rispetto al
costo per studente che lo Stato versa
alla scuola paritaria.
Quattordici anni fa, il Parlamento
nazionale, su proposta del ministro
Berlinguer, varava la legge 10 marzo
2000, n. 62 sulla parità scolastica che
riconosceva alle scuole private, per la
prima volta nel nostro Paese, di essere
poste alla pari delle scuole statali,
come parte integrante del sistema
nazionale d’istruzione, e con pieno
diritto a rilasciare direttamente titoli di
studio.
Per ottenere e confermare il diritto alla
parità, le scuole private devono assicurare taluni requisiti, tra cui quello di
conformarsi agli ordinamenti scolastici previsti per le scuole statali.
La stessa legge che dettava i requisiti
per la parità, riconosceva alle scuole
paritarie il diritto di fruire di appositi
finanziamenti, prevedendo, in proposito che veniva “autorizzata la spesa
di lire 250 miliardi per l’anno 2000 e
di lire 300 miliardi annui a decorrere
dall’anno 2001”. Trecento miliardi
delle vecchie lire, pari a circa 150
milioni di euro, sono la dote di base
per le scuole paritarie, ma questa legge nei fatti è rimasta disattesa, determinando così la chiusura di tante
scuole cattoliche.
In risposta all’incomprensione degli
apparati della politica, della burocrazia, del sindacato, dei giornali, nei
confronti della scuola cattolica, diversi genitori scelgono per i loro figli la
scuola cattolica che gode grande
apprezzamento e rispetto, per la qualità del servizio d’istruzione e di formazione. Se si potessero ridurre le
spese a carico delle famiglie sarebbe
un vero salto di qualità per una società
libera e democratica, rispettosa dei
diritti di tutti.
GiAd
4
Prospettive - 26 gennaio 2014
PRIMOPIANO
l’intervista
Indietro nel tempo intervistando Lorenzo Reitano
Il ricordo fa entrare nel cuore
delle cose
n viaggio è allontanarsi da un luogo per raggiungerne un altro, ma in verità è un
ritrovare se stessi, compiere un percorso nell’interiorità attraverso il
suono del monotono sferragliare del
mezzo sulle rotaie. E così mentre ci
allontaniamo da un luogo ci avviciniamo in realtà alla sorgente dell’io.
Tra qualche giorno terrò al Palazzo
Germanà a Brolo (ME), un laboratorio di storia della Sicilia con una
classe dell’Istituto Comprensivo dell’amena cittadina della costa tirrenica della Sicilia, e cosi mi accingo a
fruire in pienezza del percorso che
attraverso i binari ferroviari mi condurrà a destinazione. Osservare, alla
luce del grande astro, il paesaggio
dal finestrino di un vagone equivale
a cogliere l’attimo fuggente nell’irripetibile istante della vita che scorre.
È come se da quell’occhio di luce
scorresse la pellicola della tua esistenza fatta di fotogrammi e tu ne sei
al contempo attore e spettatore.
Ecco la stazione di Taormina, l’antica Tauromoenium, la città dei tori o
meglio dei vitelli sacri al dio Sole,
animali consacrati di cui era vietato
cibarsi, ma i compagni di Ulisse,
spinti dalla fame, ne mangiarono le
carni, tale che la loro tracotanza venne punita dagli dei con la morte. Mi
sovvengono così vari ricordi che si
presentano alla mente con l’impeto
del flash di una macchina fotografica. E mi vien di pensare ai viaggiatori stranieri che fissarono in memoria cartacea quegli scorci paesaggistici di questa terra di Trinacria, che
dal XVIII secolo interessarono i
salotti d’Europa, penso al barone
tedesco Von Gloeden, che nella salubre tirrenica Sicilia, curò le sue febbricitanti tossi tisiche e respirando il
profumo delle vestigia di antica
memoria sicula greca e romana rinfrancò il suo spirito con l’azione dell’arte. Costui, agli inizi del novecento, valendosi della nuova arte, la
fotografia, immortalò giovanili nudi-
U
tà efebiche in unione panica con la
natura, per restituire al vigore della
memoria un’eterna bellezza. Mentre
sto a trastullarmi in questi soavi
ricordi, una figura maschile si accosta alla mia persona. È un uomo di
circa quarant’anni, il quale mi sorride, fa un lieve cenno del capo in
segno di saluto e così si esprime:
<<Ricordare vuol dire entrare nel
cuore delle cose, sentirne l’essenza e
vivere in esse in un afflato cosmico
col tutto>>.
Che profondità di pensiero e quale
anima colta mi sta qui dinanzi! In
una società, in un periodo storico
viziato di brutture, un’indole poetica
cultrice del bello è sempre la benvenuta!
<<Il mio nome è Lorenzo Reitano e
negli anni ’80 del secolo scorso, fui
medico e poeta>>.
Ricordo di avere conosciuto un certo
Lorenzo Reitano, scienziato messinese, al Castello dei Principi Lancia
di Brolo, nell’ambito di uno degli
appuntamenti culturali della kermesse estiva “Medievalia”, e scopritore
di un mito tutto siciliano legato allo
sbarco dei Greci in Sicilia e pertanto
chiedo se colui che mi parla è la stessa persona.
<<Sissignora, in carne e ossa, anzi…
mi perdoni… in puro spirito, per
conversare con lei!>>
Mi scusi, dottore, io forse ho le allucinazioni, ma so che lei da più di un
lustro ha lasciato questo mondo terreno alla volta di un’esplorazione dei
mondi celesti.
<<È il suo pensiero che mi riporta in
vita! Sappi che noi defunti viviamo e
continuiamo a operare grazie al
ricordo dei cari amici e parenti che
proseguono la nostra condotta d’azione e di spirito>>.
Inutile dire che stupore e incredulità
assalgono la mia persona, sto quasi
per svenire, sto parlando con un fantasma, quando quell’illustre interlocutore, mi prende la mano come per
rassicurarmi e invitarmi a non teme-
re. Mi offre dell’acqua minerale e mi
invita a bere, quasi a farmi riprendere conoscenza, poi così esordisce:
<<Vuoi che ti rivanghi alla memoria
una storia d’amore, una delle più
commoventi che il mito siciliano
avesse mai avuto, quella di Zaside e
Zancleo?>>
Certo dottore, parli pure!
<<Nel mio tempo libero amavo leggere e documentare le mie letture
passeggiando nei luoghi raccontati
nei libri. Ero innamorato della cultura classica greca e romana e mi potevo permettere sovente di leggere i
testi in lingua originale, si intende
nella lingua dei nostri padri Elleni>>.
Prego, continui!
<<Nella città di San Fratello trovai
un reperto in pietra, trascurato dagli
archeologi di oggi, e che riportava
l’iscrizione “Sosipolis”. Trascorsi le
notti, finito il mio turno di medico, a
indagare su questa misteriosa epigrafe e quello che scoprii fu sensazionale per il mito greco-siceliota>>.
Qual era il mito?
<<Quanta fretta! Aspetta figliola e te
ne parlo. All’epoca dello sbarco dei
coloni greci in Sicilia, mi riferisco
all’VIII secolo a. C., in questa terra
profumata di essenze odorose e
imbalsamata di sentori marini, dove
vigoroso cresce l’ulivo e rigoglioso
il lauro fronzuto, giunse un poderoso
condottiero. Proveniva forse dalla
lontana Corinto e nella bella isola
dalle tre punte cercava nuove ricchezze.
Lo splendore del paesaggio, il mite
clima e la spiaggia dorata e abbracciata da monti ubertosi di natura, gli
permisero di sostare a lungo in questa landa per ritemprare il fisico e
allenarlo a nuovi scontri bellici. E
così il giovane guerriero trascorreva
i suoi pomeriggi nella cura del corpo
modellato dall’esercizio ginnico. Un
evento soltanto avrebbe potuto trasformare la sua indole, mutando
l’aggressività in dolcezza: l’amore.
E fu così che il rude condottiero si
lasciò invaghire da un canto soave
che giungeva alle sue orecchie e al
suo cuore inaridito, dall’isola antistante alla baia di Naxos. Nell’intento irrefrenabile di conoscere la sorgente di siffatta musicale dolcezza,
depose la sua ferrea armatura e si
lanciò nelle azzurre acque tirreniche.
Approdato in quell’incantevole lem-
di, nell’azzeccata briosità del Concerto La Rustica e del Concerto per
chitarra e archi RV93. Ad arricchire
quest’ultimo, la perizia tecnica del
chitarrista, nel porre in luce il ruolo
dello strumento protagonista, curato
dal musicista veneziano nel definire
la tipologia di concerto solistico.
Interprete sensibile a una piena cantabilità del suono, Pidone si è prodotto nel melodizzare spiegato del
Primo concerto in La maggiore per
chitarra ed archi op. 30 di Mauro
Giuliani,dove il susseguirsi dei tre
tempi in allegro maestoso, siciliana e
rondò alla polacca, rispecchiava l’equilibrio classicista dell’autore,
lasciandosi amalgamare dalla prontezza dell’ensemble.
bo di terra, trovò un piccolo tempio,
quasi un tesoro nascosto nella vegetazione, dove una sacerdotessa eseguiva il suo rito di fede e di preghiera. Costei era di un’indicibile bellezza, pareva una divinità scesa in terra.
La sua voce era come rugiada che
stillava gocce preziose dalle piante.
E il rude Zancleo conobbe per la prima volta la forza travolgente dell’amore. Volle dare un nome a colei che
lo aveva reso felice in quella notte e
chiamò quella figura più celeste che
terrena Zaside, in onore della luna,
Iside che vigilava silente e segretamente luminosa su quel nascente
sentimento. E fu così che avvenne la
metamorfosi dell’animo. L’aggressivo Zancleo si innamorò e divenne
poeta. Ma in una notte senza luna e
senza stelle le acque tempestose di
quel braccio di mare trascinarono nei
fondali il povero amante. Lei, Zaside, invocò il suo nome a gran voce,
ma invano, così desiderosa di raggiungere la sorgente della sua felicità si gettò a mare, ma le vesti pesanti e la burrasca svolsero la loro parte
e quella terra non fruì più del suo
soave canto. All’alba del nuovo giorno, sorse raggiante il grande astro
che vivifica ogni cosa. I tepori del
mattino di primavera pareva rinvigorissero lo spirito, ma dei due innamorati nessuna traccia. Fu così che
la natura ebbe pietà di questa storia e
fece affiorare terra dal mare a ricordo dell’antica unione di Zaside e del
suo amato Zancleo>>.
Avevo ascoltato quella storia magnetica che mi aveva ricolmato l’animo
di tenerezza. Il medico mi guarda
con la profondità dei suoi occhi che
adesso mi accorgo vibrano della luce
di nuovi orizzonti e di essenze celesti e mi sussurra: <<Ama e opera>>.
Detto questo svanisce.
Riprende il treno il suo percorso.
Adesso si è fatto sera. Guardando la
luna, dalla sua faccia tonda e argentea, mi pare scorgere l’immagina di
Zaside e di Zancleo.
Anna Rita Fontana
Stefania Bonifacio
Quarto appuntamento della stagione concertistica
MusicaAlMuSeo
ffiancato dall’ensemble
d’archi Mediterranea,
si è esibito al Museo Diocesano di
Catania il validissimo chitarrista Salvatore Daniele Pidone, nel quarto
appuntamento della stagione concertistica MusicaAlMuSeo, sotto la
direzione artistica del Maestro Tuccio Mirulla. Formatosi con artisti di
elevato spessore, quali Alirio Diaz e
Eliot Fisk, con i quali ha calcato le
scene di vari teatri europei, Pidone
ha spaziato dal classico al folclore
spagnolo, con una spiccata propensione per la musica latino americana,
coltasi nei due brillanti bis di Hector
Villa-Lobos e Antonio Carrillo, nei
A
rispettivi Choros n.1 e Como
llora una estrella. La performance
al
museo, svoltasi
nella bella Pinacoteca dell’istituzione, diretta
dalla dott.ssa
Grazia Spampinato, ha riscosso
lusinghieri apprezzamenti da parte
dell’attenta platea. Attratta dall’armonioso procedere delle fluide arcate di Angelo Cipria e Matteo Blundo,
primi violini, Teresa Lombardo e
Caterina Coco, secondi violini, Sal-
vatore Randazzo e Niccolò Musmeci
alla viola, Sun Ah Choi al violoncello, e Claudio Nicotra al contrabbasso, che esprimevano le caute misure
barocche dello spirito da camera di
Arcangelo Corelli, nel Concerto
grosso op. 6 n. 8, e di Antonio Vival-
Nella foto
il Teatro greco di Taormina
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Prospettive - 26 gennaio 2014
PRIMOPIANO
Augustín Miguel Pro: un compagno di beatificazione del cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet
Donarsi tutto a tutti
ra coloro che sono stati
beatificati da Giovanni
Paolo II il 25 settembre 1988 insieme al nostro cardinale Giuseppe
Benedetto Dusmet, vi é il martire
messicano Augustín Miguel Pro
ucciso dai miliziani governativi il 23
novembre 1927 nella cittá di Guadalajara. La sua memoria liturgica
ricorre nel giorno anniversario della
morte.
Quattro sono le corrispondenze che si vorrebbero evidenziare
della vita del beato
Pro, dietro lo spunto
di quella del Dusmet:
il contesto storico, la
fedeltá alla vocazione
religiosa, lo zelo
pastorale e l’amore
per i poveri.
Innanzitutto l’ambientazione storica: si
tratta di periodi storicamente segnati in
modo diverso e di
luoghi geograficamente lontani, ma
con alcuni punti in
comune.
Un anno cruciale per
la storia della Chiesa
italiana è stato il
1866: leggi eversive
dettate dal crescente
anticlericalismo portarono alla soppressione, nel giovane
Regno, di molti
monasteri e conventi
e, nel 1867, il conseguente incameramento dei beni ecclesiastici da parte del
Governo che, così,
trovó anche il modo
per risanare le sue finanze. Pure
Catania vide il chiudersi di tante
case religiose senza che l’eroica lotta dell’abate e poi arcivescovo Giuseppe Benedetto Dusmet potesse
evitare così grandi disastri. Egli stesso assistette inerme, ma lucidamente
abbandonato alle imperscrutabili
disposizioni della Provvidenza, alla
sopressione della sua comunitá di
San Nicoló l’Arena con conseguente
requisizione di quell’antica abbazia.
Anche se non ci fu una persecuzione
cruenta dei religiosi, tuttavia “la
dolorosa ferita” della soppressione
postunitaria sanguinó a lungo nel
cuore della cristianitá di quel tempo.
Lo scenario in Messico é di gran lunga piú drammatico: nel 1917 venne
promulgata una nuova Costituzione,
ispirata a principi anticlericali, firmata dal presidente don Venusiano
Carranza. Sotto il regime dei generali Plutarco Elias Calles e Alvaro
Obergon, negli anni 1926-1929,
l’agguerrito anticlericalismo sfoció
T
in una dura persecuzione politica e
religiosa, soprattutto nella regione di
Jalisco. Anche il giovane Miguel Pro
(nato il 13 gennaio 1891) e gli altri
novizi dell’ordine dei Gesuiti cui
apparteneva, erano seriamente
minacciati, in quanto i sacerdoti e i
religiosi erano nel mirino del terrore
politico militare.
Inizió cosí la fuga dal Messico. Le
peregrinazioni di Miguel appro-
darono in diversi paesi, Stati Uniti,
Granada e Belgio dove fu ordinato
sacerdote il 21 agosto 1925. Di temperamento allegro e ottimista, padre
Pro tuttavia soffrì molto, con acuti
dolori anche fisici, a motivo della
preoccupazione per l’amata famiglia
e per la sua terra. Intanto la sua
salute andò peggiorando, nonostante
diverse operazioni allo stomaco. Con
la speranza di un miglioramento i
superiori, che non si erano ben resi
conto della forza della persecuzione
che i cristiani dovevano sostenere in
Messico, acconsentirono al suo
desiderio di rimpatriare. Ció avvenne nel 1926, al culmine del periodo
“carranzista”, mentre la Chiesa Cattolica si trovava a fronteggiare i duri
emendamenti costituzionali che limitavano severamente il culto pubblico. Fu proibito ai religiosi di indossare l’abito e molti conventi, chiese e
altri edifici sacri furono profanati e
requisiti. Numerosi furono i martiri
che versarono il loro sangue al grido
Avviso ai lettori
Archivio Prospettive
È possibile consultare l’archivio completo dei numeri precedenti di
Prospettive inerenti all’intero anno 2012 e parte del 2013 direttamente sul
sito del settimanale diocesano ww.prospettiveonline.it. Mentre l’acquisto
di copie in archivio avviene solo nella sede del periodico. Inoltre
l’abbonamento può effettuarsi anche online.
di “Viva Cristo Rey! Viva la Virgen
de Guadalupe”. Cessato quel periodo fu concessa la libertá di religione,
mentre lo Stato é rimasto sostanzialmente laico. Purtroppo, ancora oggi,
la lista del martirologio si allunga a
dismisura: in parecchie parti del
mondo tanti cristiani sono perseguitati e spesso uccisi.
L’amore alla vocazione religiosa,
quale fedeltá portata alle estreme
conseguenze, caratterizza entrambi i
nostri Beati. Sappiamo quanto Giuseppe
Benedetto Dusmet
fosse profondamente
benedettino
nella
spiritualitá e nella
vita pratica. Egli
continuó a vivere
integralmente
la
Regola di san Benedetto, che ritroviamo
come in filigrana
anche nelle lettere
pastorali, pure da
arcivescovo, introducendo nell’episcopio
uno stile di vita
povero, umile, orante. Come monaco,
abate e infine arcivescovo-cardinale,
manifestó sempre
entusiasmo e gratitudine per il dono della vocazione.
Miguel Pro entrò
nella Compagnia di
Gesù il 10 agosto
1911 incarnandone
in pieno, fino al giorno del suo martirio,
il motto “en todo
amar y servir”. Il
segreto della sua esistenza capace di irradiare luce pur in
mezzo a tanta oscuritá, amore nonostante il vortice di violenza e di morte, lo si puó rintracciare nella lettera
del 27 maggio 1926: «In tutta la mia
vita religiosa, non ho trovato un
mezzo più rapido ed efficace per
vivere intensamente unito a Gesù
che la Santa Messa. Tutto cambia
aspetto; tutto appare sotto un’altra
luce, tutto si eleva ad orizzonti più
vasti, più generosi, più spirituali... Io
ho sentito e sento, pur in mezzo alle
mie tiepidezze, una forza superiore
che mi spinge in avanti».
Il vivere in pienezza la propria vocazione inevitabilmente sfocia, sia per
il benedettino Dusmet che per il
gesuita Pro, nello zelo pastorale.
Donati a Cristo, alla Chiesa e ai fratelli come religiosi e consacrati alla
causa del Vangelo in virtú del ministero sacerdotale, essi non appartenevano piú a se stessi, espropriati di
tutto sino all’oblazione totale che,
nel caso di Miguel Pro, sfoció nel
martirio.
Per il cardinale Dusmet la prioritá
era proprio l’esercizio di quella
pastoralitá che sapeva profondere a
piene mani, tutto dimentico di sé per
essere l’icona del buon Pastore che
passa benedicendo e sanando il suo
popolo. Anche padre Pro, nonostante
i pericoli, sfuggendo alla polizia in
ogni modo possibile, continuò clandestinamente la sua missione di
sacerdote in casa dei suoi familiari e
di amici. Munito di bicicletta, travestendosi da meccanico, da servo, da
uomo di mondo, era in grado di
assolvere il suo dovere sacerdotale
amministrando i sacramenti e attendendo ai bisogni del gregge disperso
e sconvolto. Nello spirito dell’apostolo Paolo egli si fece tutto a tutti per
guadagnarli a Cristo: «Sono pronto a
dare la mia vita per le anime, ma per
me non voglio nulla. Tutto ciò che
desidero è di condurle a Dio. Se io
tenessi qualcosa per me, sarei un
ladro e un infame; non potrei più
essere un prete».
Infine l’amore per i poveri, quasi un
epilogo e conseguente corollario nella vita di questi due beati. L’amore
alla vocazione e lo zelo pastorale
erano alla base, alimentandola, di
quella caritá di cui il beato Dusmet é
stato indimenticabile angelo. Il primo posto delle sue attenzioni pastorali, delle sue cure, della sua eroica
dedizione era riservato ai poveri... a
tempo ideterminato, senza limiti, fin
quando avrebbe avuto un panettello
da dividere con loro.
É la predilezione per i poveri a dare
la forza, al beato Pro, di correre i
rischi maggiori, pur di arrivare a
loro, di sostenerli, aiutarli anche
materialmente. Le sue doti personali, la limpidità del cuore e dell’agire
gli permettevano di entrare in contatto con persone di ogni categoria e di
stabilire rapporti di grande cordialità
con tutti, soprattutto con i poveri,
gente umile, inerme, sfinita; poveri
affamati di pane, ma anche uomini
gravati da miserie spirituali. Tutti
figli dello stesso Dio da raggiungere
e soccorrere.
Possa l’intercessione di questi due
eroi della caritá, testimoni del Risorto e pastori innamorati della Chiesa,
che festeggiano insieme l’anniversario di beatificazione, ottenerci la grazia di corrispondere alla nostra vocazione - qualunque essa sia - per amare e servire il Signore nei fratelli e
sorelle che incontriamo ogni giorno,
compagni di umanitá, eredi insieme
a noi di quel Regno che non avrá mai
fine.
Suor Maria Cecilia La Mela
OSBap
Economato
Per sostenere il progetto umanitario e di accoglienza ai migranti
che sbarcano presso il porto di Catania, intitolato Maria Corrao, la
cui organizzazione e gestione sono non lucrative, di utilità sociale e
umanitaria, si può donare tramite versamenti intestati a: “Arcidiocesi di Catania”
Con la causale: “ Pro immigrati progetto Maria Corrao”.
- Bollettino C.C.P. n. 11105954;
- Bonifico conto corrente Banco Posta Poste Italiane filiale Catania via Etnea Cod. IBAN IT95N0760116900000011105954, per
versamenti dall’estero BIC: BPPIITRRXXX;
- Con bonifico bancario Unicredit Banca s.p.a. filiale Catania
Duomo Cod. IBAN: IT05L0200816929000300318180, per versamenti dall’estero BIC: SWIFT: UNCRITM1H20
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Prospettive - 26 gennaio 2014
Prospettive - 26 gennaio 2014
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Convegno organizzato dall’Ufficio di Pastorale scolastica della Diocesi di Catania
L’educazione: una responsabilità
di relazione
come annunciare Gesù Cristo ad una generazione che
cambia continuamente.
Papa Francesco ha aggiuna pedagogia del del desiderio è nata dall’interazione
to che il compito educativo
desiderio: dal senso degli educatori con i ragazzi, dalla scooggi è una missione chiave,
religioso alla fede cristiana” è stato il perta che un’educazione troppo rigida
chiave, chiave! La triplice
tema trattato al convegno dall’Ufficio non funziona in un contesto simile, e
ripetizione del termine
di Pastorale scolastica della Diocesi che prima di tutto è necessario che i
chiave, suddiviso in tre
di Catania che si è svolto il 13 gen- bambini si sentano stimolati e siano
punti e ne fa una sintesi in
naio alle ore 16,30 presso la Badia di messi nella condizione di desiderare.
tre parole, rinforza il conS. Agata. Relatori dell’incontro don Per il Papa, i pilastri dell’educazione
cetto e ne sottolinea l’imSalvo Gulisano direttore della sono: trasmettere conoscenza, trasmetportanza. Le parole di Papa
pastorale scolastica, Mons. France- tere modi di fare, trasmettere valori.
Francesco aprono la pista
sco Ventorino e don Paolo Caltabia- Attraverso questi si trasmette la fede.
ad una riflessione sull’eduno. Presenti al convegno insegnanti di L’educatore deve essere all’altezza del
cazione e sulla scuola oggi,
religione, ed educatori. La pedagogia ruolo che incarna, deve interrogarsi su
che necessita di un radicale
intervento di cambiamento ed uno stile nuovo di
agire con gli studenti.
Dall’amore un nuovo riscatto
va di quello stesso desiderio di felicità che a me faceva ta sempre puntuale quel Gesù Cristo che prima lo ha
Oggi la scuola ha bisogno
“Sono sempre stato un ragazzo liquido, in continua desiderare di morire e a lei invece faceva l’effetto di un svegliato lentamente dal sonno che si era auto-procuradi professionisti educatori
ricerca del vero, in cerca delle ragioni del crescere. Ho motore fortissimo. Non seppi in che forma continuare a to e poi, dopo avergli donato Ilenia, lo ha aspettato perche sanno guardare denvissuto a lungo in un teatrino di maschere ma nella per- starle vicino, ero certo però di non voler perderla. Poi ci ché liberamente scegliesse di seguirLo. Orazio oggi è
tro i loro alunni, e quindi
cezione che nulla c’entrava con me. Un’estraneità di me siamo innamorati e tutto il nero della mia vita cominciò impegnato attivamente con “StudioInsieme”, iniziativa
siano capaci di rispondere
stesso mi ha fatto capire che per mia natura non mi adat- a emergere nella stringenza di questo nostro rapporto di aiuto allo studio gratuito per gli studenti, che la Conai tanti bisogni, a volte
tavo al “sistema” e ho smesso di andare a scuola e di dove io non censuravo niente di me; mi scandalizzavo sulta di pastorale scolastica della diocesi promuove già
inespressi, che manifestachiedermi il perché delle cose. Perché avrei dovuto di me stesso, ma lei invece di schifarsi metteva le mani da qualche anno e che si svolge nei locali del Propeno. I ragazzi di oggi hanchiedermi le ragioni di qualcosa anziché chiedere diret- nelle sozzure della mia personalità: più lei mi amava in deutico, in via Raciti, messi a disposizione da don Salno maggiormente bisotamente le cose che volevo e potevo avere? Così ho quella parte peggiore di me, più io la respingevo; lei vo Gulisano. Impegnati con l’associazione “Cappuccigno di aiuto e di sostegno
imboccato il sentiero della droga, il sentiero della vita però iniziò ad amarmi di più. Questo amore mi cambiò: ni” nel gesto della caritativa nell’omonimo quartiere di
per i loro bisogni, e la
più buio, ma molto comodo. Il mio desiderio di felicità il mio male divenne bianco perché lei lo aveva redento. Catania, Orazio, Ilenia e tanti altri condividono la loro
scuola svolge spesso aziolo anestetizzavo con la droga per trovare pace. Rasen- Poi lei mi invitò a caritativa dove ho visto tanti fatti esperienza di Cristo con famiglie e bambini indigenti
ne di supplenza alle
tando i muri, ridotto ai minimi termini, ho avuto un eccezionali: persone come lei avevano tutti uno stesso spesso dimenticati dalle istituzioni. Orazio sperimenta
carenze che non sempre
giorno un momento di lucidità surreale dentro la nebbia tratto che mi appassionò perché sembravano appartene- giorno dopo giorno il valore cristiano del servizio ed
la famiglia riesce ad assipiù totale e tornai dai miei genitori che mi perdonarono, re ad un’unica persona. Era Gesù Cristo, quella persona impara ad ascoltare il grido di chi soffre. Ha concluso la
curare e a garantire. L’ema questo non mi bastò perché volevo dalla vita qual- e di Lui ne parlavano come se fosse in mezzo a loro sua testimonianza dicendo: “Ho conosciuto la risurreducazione implica una
cosa che ancora nessuno sapeva darmi. La conseguenza realmente. Poi anch’io l’ho incontrato: il giorno in cui zione di Cristo nella mia vita perché ho visto cose nere
responsabilità, che si tradi questa condizione a cui ero giunto dopo il mio ritor- sono diventato consapevole della Sua presenza giorna- diventare bianche. Ho imparato che il dolore è un grido
duce e si manifesta nell’ano a casa fu l’apertura del mio cuore. Aprendo il cuore liera accanto a me, ad Ilenia e agli altri suoi compagni”. giusto, sacrosanto, che solo Cristo e coloro che seguomore. Così come mamma
mi sono accorto di una ragazza di nome Ilenia. Lei era Orazio oggi vive una vita che non è più vuota, ma addi- no davvero Cristo possono veramente accogliere”.
e papà, rispondono con
diversa da tutte: la sua umanità era più pura, tutta la sua rittura sorprendente, non perché gli accadano fatti eclal’amore ai bisogni dei
vita era permeata da una serenità bella. Ilenia mi parla- tanti, ma perché proprio nei quotidiani sacrifici lo aspetLaura Napoli
figli, così l’educatore si
apre ad una particolare
esperienza di relazione e di amore nei
confronti di quelli che incontra nel suo
cammino. L’educatore è responsabile
di fronte alla persona da educare, perché ha il compito di condurla alla reaer tutta la mattinata di
ODA, ufficio diocesano pastorale lizzazione di sé secondo l’immagine
domenica 19 gennaio,
della salute, CRI, Associazione dona- della vera umanità. Guidare, educare,
nonostante le non favorevoli conditori midollo osseo, Associazione ita- prendersi cura, significa accompagnazioni atmosferiche, piazza Duomo è
liana donatori organi, Volontariato re la persona umana nel sentiero della
stata meta di tanti devoti agatini e citinternazionale donna educazione svi- libertà, per la realizzazione del progettadini che, in occasione della XVIII
luppo dell’oratorio salesiano Giovan- to di vita e quindi illuminarla e guidarGiornata cittadina della donazione e
ni Paolo II di Librino, Caritas dioce- la per operare delle scelte responsabili.
della solidarietà nell’Anno della Fede
sana Talità Kum Straludobus per Non si può ridurre l’educazione all’i“S. Agata ti invita a donare”, organizbambini di Librino, parrocchia S. struzione. All’educatore vero interessa
zata dai Gruppi Fratres in collaboraFrancesco di Paola, Oratorio S. Filip- che l’educando apprenda qualcosa, ma
zione con le Associazioni Agatine,
po Neri. Molto gradita la partecipa- soprattutto diventi qualcuno e quindi
l’Opera Diocesana Assistenza e la
zione del gruppo Sbandieratori “I egli diventa responsabile della nascita
Caritas diocesana con la partecipaLeoni reali” di Camporotondo Etneo. di un io, di una persona e tale responzione della Croce Rossa Italiana, delL’azienda dolciaria Pennisi ha donato sabilità si manifesta nel diventare
le associazioni donatori di sangue
200 kg di prodotti: il ricavato della custode della verità dell’essere e della
ADVS-FIDAS ed AVIS, della Convendita sarà devoluto ai 5 oratori cit- verità circa il bene della persona. L’esulta diocesana delle aggregazioni
tadini (Natività del Signore Cibali, S. ducazione e la relazione sono atti
socio-assistenziali, il Centro servizi
Maria del la Salette, S. Filippo Neri intenzionali e quindi sollecitano innanvolontariato etneo, della Provincia di
Teatro Greco, Talità Kum e Giovanni zitutto la responsabilità dell’educatore,
Catania.
Paolo II Librino), che da anni si pren- poiché la modalità propria del rapporUn positivo risultato ha ricompensato sangue il 5 febbraio, dalle 8.30 alle ciazione femminile S. Agata in Catte- dono cura ed educano bambini, to educativo è la testimonianza dell’el’impegno dei tanti volontari operan- 12.30, in piazza Università e il 12 drale, Circolo femminile S. Agata, ragazzi e giovani rispondendo anche ducatore. Soddisfatto don Salvo Guliti con spirito di sacrificio come ha febbraio, nel pomeriggio-sera sul gruppo diocesano di preghiera Amici ai bisogni delle povertà delle famiglie sano, che a conclusione del convegno
del Rosario, Associazione italiana e degli immigrati, scelti quest’anno ci sottolinea che “è stato bello riscoriferito il dott. Vito Mazzarino, mem- sacrato della Collegiata.
bro della commissione diocesana per L’Arcivescovo Mons. Salvatore Gri- per la lotta alle epatopatie, Associa- per la “Missione Sant’Agata”. Oltre prire i tanti echi, che ogni giorno ci
la festa di S. Agata: oltre 50 cittadini stina, il sindaco avv. Enzo Bianco, il zione italiana Sclerosi multipla, UNI- che con la colletta del Pontificale e vengono dati, ma che non riusciamo a
si sono sottoposti alla predonazione delegato arcivescovile per la Catte- TALSI, FONCANESA, ANDOS, con il sorteggio annuale organizzato catturare. Don Ciccio Venturino e don
per verificare l’idoneità fisica e oltre drale si sono congratulati con gli AIRC, IBISCUS, Istituto S. Giusep- dagli Amici del Rosario si potrà con- Paolo Caltabiano hanno tratteggiato
35 hanno donato nelle 4 autoemote- organizzatori e hanno salutato tutti pe Serve Divina Provvidenza, ICAM tribuire in diversi momenti e luoghi in maniera diversa una realtà che è
gli animatori della Giornata. Sotto i Città dei Ragazzi, Fondazione Cirino identificati dalla presenza di una quella dei giovani, e di quello che i
che disponibili.
La colazione dei donatori è stata gazebo tante aggregazioni laicali del la Rosa, IPAB Istituti riuniti Provvi- “Casa-oratorio itinerante”.
giovani desiderano e vogliono.
offerta dalle associazioni femminili volontariato laico e cattolico impe- denza e S. Maria del Lume, IPAB
agatine. Sarà ancora possibile donare gnati nel sociale, tra le quali: Asso- Mons. Ventimiglia e S. Benedetto,
Antonino Blandini
Anita Rapisarda
“L
...testimonianza del giovane Orazio
Giornata della Donazione e della Solidarietà
P
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Prospettive - 26 gennaio 2014
CELEBRAZIONI IN ONORE DI
Sant’AGATA
Arcidiocesi di Catania
Città di Catania
Vergine e Martire
Patrona principale della Città e dell’Arcidiocesi
PROGRAMMA
Domenica 26 gennaio
Giornata delle Associazioni Agatine
Ore 09,30 – Basilica Cattedrale: Celebrazione Eucaristica presieduta da S. E. mons. Arcivescovo con la partecipazione dei
soci delle associazioni agatine ed il maestro del fercolo, i
responsabili e collaboratori della festa di S. Agata che rinnoveranno le promesse battesimali.
Nel pomeriggio i soci riceveranno la tessera di adesione nelle
proprie sedi.
Ore 17,15 – Clero, fedeli e autorità accompagneranno il Velo di
S. Agata dalla Basilica Collegiata fino al Duomo.
Ore 18,15 – Nel Santuario di S. Agata al Carcere S. Messa presieduta da S. E. Mons. Arcivescovo alla presenza del Prefetto,
del Presidente della Provincia Regionale di Catania, del Sindaco con la Giunta Municipale, del Presidente del Consiglio
comunale con i Consiglieri.
Ore 20,00 – In piazza dei Martiri omaggio floreale delle associazioni agatine, del cereo del Circolo S. Agata e “Mons. Ventimiglia” alla stele di S. Agata.
TRIDUO SOLENNE DI PREPARAZIONE IN CATTEDRALE
Giovedì 30 gennaio
Ore 10,00 – S. Messa presieduta da S. E. R. mons. Santo Marcianò, Ordinario militare per l’Italia; parteciperanno le Forze
Armate, la Polizia di Stato, i Vigili del Fuoco, la Polizia Municipale, la Polizia Penitenziaria, i Vigilantes e le Associazioni
Combattentistiche e d’Arma.
Ore 18,00 – S. Messa presieduta da S. E. R. mons. Pio Vittorio
Vigo, Arcivescovo - Vescovo emerito di Acireale; parteciperanno le Confraternite ed i gruppi di Volontariato
Venerdì 31 gennaio
Ore 18,00 – S. Messa presieduta da S. E. R. mons. Giuseppe
Malandrino, Vescovo emerito di Noto; parteciperanno le giovani famiglie con i loro bambini: atto di affidamento dei bambini
a S. Agata.
Sabato 01 febbraio
Ore 18,00 – S. Messa presieduta dal rev.do mons. Giuseppe
Baturi, direttore dell’ufficio nazionale per i problemi giuridici
della CEI; parteciperanno i Movimenti Ecclesiali.
Domenica 02 febbraio – festa della Presentazione del Signore
giornata mondiale degli Istituti di Vita Consacrata
Ore 16,30 – Nella Chiesa di S. Agata alla Badia S. E. Mons.
Arcivescovo presiederà il rito della benedizione delle candele.
Seguirà la processione fino alla Cattedrale; S. Messa durante la
quale i religiosi e le religiose, i consacrati e le consacrate secolari, rinnoveranno gli impegni di vita consacrata ed alcuni ricorderanno la ricorrenza giubilare.
Lunedì 03 febbraio
Ore 07,30;10,00 – Nella Basilica Cattedrale SS. Messe.
Ore 12,00 – Processione per l’offerta della cera dalla Chiesa
di S. Agata alla Fornace alla Basilica Cattedrale. Parteciperanno S. E. Mons. Arcivescovo, i Capitoli delle Basiliche Cattedrale e Collegiata, il Clero, gli alunni del Seminario Arcivescovile, il Prefetto, il Sindaco e il Presidente della Provincia
Regionale con le rispettive Giunte, il Presidente del Consiglio
Comunale ed il Presidente del Consiglio Provinciale con i
rispettivi Consiglieri, il Magnifico Rettore, gli Ordini Equestri
Pontifici, il Sovrano Militare Ordine di Malta, l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, le Autorità nonché i
Gonfaloni della Città, della Provincia e dell’Ateneo seguiti dalle storiche berline del Senato e dai Cerei. Riflessioni dettate dal
rev.do mons. Gaetano Zito, vicario episcopale per la cultura. In
Cattedrale solenne “Te Deum”, composto e diretto dal M°
Mons. Nunzio Schilirò, eseguito dalla “Cappella Musicale del
Duomo”, all’organo il M° Can. Giuseppe Maieli.
Martedì 04 febbraio
Ore 05,00 – Nella Basilica Cattedrale recita del Rosario ed
esposizione delle Sacre Reliquie.
Ore 06,00 – “Messa dell’Aurora” celebrata da S. E. mons.
Arcivescovo.
Ore 07,00 – In piazza Duomo riflessioni di mons. Barbaro
Scionti, delegato arcivescovile della Basilica Cattedrale, che
insieme ai “devoti” darà inizio alla processione delle Sacre
Reliquie di S. Agata da Porta Uzeda. Davanti all’Icona della
Madonna della Lettera S. E. Mons. Arcivescovo offrirà alla
Santa Patrona il tradizionale cero e benedirà le Corone del
Rosario per la preghiera guidata dagli “Amici del Rosario”.
Davanti alla cappella del SS. Salvatore in via Dusmet, omaggio
dell’Autorità Portuale e della Capitaneria di Porto. La processione proseguirà per le vie Calì, piazza Cutelli, via Vittorio
Emanuele, piazza dei Martiri, dove renderanno omaggio i disabili, via VI Aprile, della Libertà, piazza Iolanda. In detta piazza
riflessioni del rev.do don Carmelo Salvatore Asero, rettore del
santuario di S. Agata al Carcere. La processione continua per
le vie Umberto, Grotte Bianche, piazza Carlo Alberto; dinanzi
al Santuario della SS. Annunziata al Carmine omaggio dei Padri
Carmelitani, riflessioni del P. Francesco Collodoro O.C., vicario foraneo; indi prosegue verso piazza Stesicoro dove S. E.
Mons. Arcivescovo si rivolgerà ai fedeli per il tradizionale
messaggio alla Città. La comunità cristiana catanese, nei luoghi tradizionalmente riconosciuti del martirio di S. Agata, rinnova solennemente le promesse battesimali. Lungo la salita dei
Cappuccini e piazza S. Domenico le Sacre Reliquie raggiungeranno la Chiesa di S. Agata la Vetere. Celebrazione dei Primi
Vespri della solennità di S. Agata, presiede mons. Carmelo
Smedila, vicario foraneo, partecipano i Presbiteri e Diaconi del
Vicariato. La processione prosegue per le vie Plebiscito, Vittorio Emanuele, piazza Risorgimento, via Aurora, Palermo, piazza Palestro, via Garibaldi, Plebiscito, Dusmet e rientro in Duomo da Porta Uzeda.
Mercoledì 05 febbraio – solennità di S. Agata
Ore 07,30; 08,30 – SS. Messe nella Chiesa di S. Agata alla
Badia.
Ore 10,00 – Le Autorità con i Gonfaloni della Città, della Provincia e dell’Università da Palazzo degli Elefanti si recheranno
in Cattedrale.
Ore 10,15 – Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo Metropolita di Genova,
Presidente della CEI, Sua Eccellenza Mons. Arcivescovo, gli
Ecc.mi Arcivescovi e Vescovi di Sicilia, i Canonici, il Clero e il
Seminario muoveranno in corteo liturgico dal Palazzo Arcivescovile fino alla Basilica Cattedrale per il Solenne Pontificale.
Il servizio liturgico sarà curato dagli alunni del Seminario Arcivescovile; la Cappella Musicale del Duomo, diretta dal M°
Mons. Nunzio Schilirò, eseguirà la “II Messa Corale”, di Nunzio Schilirò, per coro, assemblea, organo e archi; all’organo il
M° Can. Giuseppe Maieli.
Ore 16,00 – S. Messa
Ore 17,00 – Processione delle Sacre Reliquie per via Etnea; Sua
Eminenza Il Cardinale e l’Arcivescovo seguiranno la processione, guidando alcuni momenti di preghiera, fino a piazza Stesicoro; dinanzi alla Basilica Collegiata omaggio floreale del
Capitolo e dei soci del Circolo Cittadino S. Agata; la processione prosegue per via Caronda, piazza Cavour; in detta piazza
omaggio floreale dell’Associazione S. Agata al Borgo.
Indi si prosegue per via Etnea, Sangiuliano, Crociferi; dinanzi
alla Chiesa di S. Benedetto omaggio floreale delle Monache, si
prosegue per piazza S. Francesco d’Assisi, via della Lettera,
Garibaldi, piazza Duomo.
Al rientro in Cattedrale, celebrazione di benedizione e di ringraziamento.
Dal 06 all’11 febbraio in Duomo SS. Messe all’Altare di S.
Agata alle ore 07,30; 10,00; 18,00. La S. Messa vespertina sarà
animata dalle parrocchie: Natività del Signore (07); S. Maria
del Carmelo al Canalicchio (08); S. Carlo Borromeo (10); parrocchie della “Civita” (11).
Domenica 09 febbraio
Ore 16,30 – Nella Basilica Cattedrale in occasione della “giornata mondiale del malato”, S. Messa e processione eucaristica interna, presiede S. E. Mons. Arcivescovo.
Mercoledì 12 febbraio – Chiusura delle Celebrazioni
Ore 07,30; 09,00; 11,00; 12,00; 13,00; 16,00; 17,00 – SS. Messe
Ore 08,00 – Esposizione delle Sacre Reliquie.
Dalle ore 09,30 alle ore 13,30 e dalle ore 15,00 alle ore 17,30
i fedeli potranno accostarsi al tradizionale bacio delle sacre
reliquie presso la cappella di S. Agata.
Ore 10,00 – S. Messa presieduta dal rev.mo mons. Agatino
Caruso, vicario generale dell’Arcidiocesi, con la partecipazione
del capitolo metropolitano.
Ore 14,30 – S. Messa per i disabili presieduta dal rev.mo mons.
Alfio Russo, Presidente dell’Opera Diocesana Assistenza.
Ore 19,00 – S. Messa solenne presieduta da S. E. mons. Arcivescovo. Al termine processione delle Sacre Reliquie in piazza
Duomo con la partecipazione delle autorità cittadine.
Dalla Curia Arcivescovile:
mons. Mauro Licciardello
dalla Basilica Cattedrale:
mons. Barbaro Scionti
Celebrazioni in onore di S. Agata V. M.
Manifestazioni culturali e sportive
19 gennaio \ 12 febbraio
“Tutti devoti tutti, cittadini viva Sant’Agata”: percorso alla
scoperta della fede, dell’arte e delle tradizioni legate alla Santa Patrona di Catania; l’itinerario, proposto in particolare alle
scuole di ogni ordine e grado prevede la visita alla sala del Fercolo, alla Cappella di S. Agata in Cattedrale, alla Chiesa di S.
Placido e la mostra “Cimeli agatini e arte popolare”; l’attività si
concluderà con una presentazione multimediale sul tesoro di S.
Agata ed il sacello. (a cura dell’amministrazione della Cattedrale).
Domenica 26 gennaio
Ore 18,00 – Chiesa S. Agata la Vetere: “Il Martirio di S. Agata”, sacra rappresentazione a cura della comunità parrocchiale
del Divino Amore guidata dal Parroco, Sac. Piero Sapienza.
27 gennaio\07 febbraio
XIII Trofeo di calcio a cura dell’Associazione Sportiva Polizia
Municipale.
28 gennaio\03 febbraio
Giro delle candelore nei quartieri della città, con manifestazioni presso i mercati.
Giovedì 30 gennaio
Ore 20,00 – Chiesa di S. Agata alla Badia: “Tutti devoti tutti”,
sacra rappresentazione a cura della parrocchia Santi Angeli
Custodi, trasposizione e adattamento teatrale di Pippo Marchese tratta dal poemetto lirico siculo “U martiriu di Sant’Aita” di
Albavilla.
Sabato 01 febbraio
Ore 20,00 – Santuario S. Agata al Carcere: “Agata e Dusmet:
luce fervente per Catania” concerto di evangelizzazione a
cura della corale parrocchiale della Cattedrale.
Domenica 02 febbraio
Ore 20,00 – Nella corte del Palazzo degli Elefanti il Sindaco
accenderà la lampada votiva a S. Agata e sarà consegnato il premio “La Candelora d’Oro”. A seguire, in piazza Duomo,
omaggio floreale da parte dei Vigili del Fuoco.
Lunedì 03 febbraio
Ore 08,00 \ 15,00 – Nella “casa del fercolo” speciale annullo
filatelico di Poste Italiane in occasione delle celebrazioni agatine 2014.
Ore 20,00 – In piazza Duomo tradizionali inni in onore di S.
Agata eseguiti dalla “Corale Tovini”. Concerto bandistico di
musiche belliniane.
Luigi Maina
Presidente delle Celebrazioni
Enzo Bianco
Sindaco
@ Salvatore Gristina
Arcivescovo Metropolita
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Prospettive - 26 gennaio 2014
DIOCESI
Insediato il nuovo Presidente della Confederazione Diocesana delle Confraternite
seguito delle elezioni
svolte il 23 ottobre
2013 per il rinnovo del Consiglio
Diocesano delle Confraternite dell’Arcidiocesi di Catania, l’Arcivescovo Mons. Salvatore Cristina, ha
nominato come Presidente della
Confederazione Diocesana delle
Confraternite la prof.ssa Giuseppina
Fazzio, Governatore del Circolo Cattolico san Giuseppe di Pedara, che
Sabato 21 dicembre u.s. si è insediata, insieme agli altri componenti del
Direttivo (il geom. Salvatore De
Filippo, il sig. Antonino Fussone,
l’ing. Antonio Cavallaro, il dott.
Gaetano Campisano, il per. Mario
Milanese, l’accolito Alfio D’Aquino
e il segretario, il geom. Orazio Gangemi), presso la chiesa “Badia di
Sant’Agata” con il tradizionale rito
della “vestizione”.
La Celebrazione Eucaristica, presieduta dall’Arcivescovo, e animata
dalla Corale “G. Recupero “ di Pedara, diretta dal maestro Antonio Sciuto, si è svolta alla presenza dei dirigenti delle Confraternite della Diocesi e delle autorità civili e militari.
Nel discorso d’insediamento, il neoPresidente, dopo aver ringraziato
l’Arcivescovo per averla chiamata ad
un compito così arduo al servizio
della Chiesa, ha ribadito i punti programmatici più importanti del suo
mandato: migliorare l’impianto della
Confederazione; apportare il giusto
equilibrio fra centro e periferia; lavorare per sfuggire da tentazioni intimistiche all’interno dei singoli sodalizi; rilanciarne la presenza nel tessuto sociale ed ecclesiale con l’assunzione di nuovi spazi di apostolato;
favorire i rapporti tra le Confraternite con incontri cadenzati e itineranti
mensili, che diano spazio alla preghiera, alla formazione e all’informazione, promuovendole tipicità dei
singoli sodalizi; curare l’informazione e la comunicazione tra le Confraternite con un foglio bimestrale dove
ogni gruppo possa promuovere le
proprie attività; e, infine, ma non per
ultimo, interagire per la conservazio-
A
La concordia è esemplare
testimonianza evangelica
ne, la valorizzazione e il recupero
dei beni culturali, architettonici, artistici e storici di ognuno, in sinergia
con i rappresentanti del territorio,
secondo i ruoli e le competenze di
ciascuno.
Tre gli aspetti fondanti di questo
nuovo mandato, che il neo-Presidente ha voluto sottolineare: 1) la fede
incarnata nella vita quotidiana di cia-
che si fa dono, soprattutto per gli
ammalati, gli anziani e i più indifesi,
che deve trovare continuo spazio
nella vita delle Confraternite, perché
i santi che sono venerati all’interno
dei singoli sodalizi e dei quali ci si
propone di diffondere il culto, non
hanno vissuto per se stessi, ma per il
Signore e per gli altri e hanno compreso che solo l’amore cambia il
cuore e il mondo, testimoniandolo in
modo diverso ma univoco.
Al neo-presidente gli auguri di un
proficuo lavoro al servizio della Diocesi e una testimonianza esemplare a
gloria di Sant’Agata, patrona di questa Diocesi, e di Piergiorgio Frassati,
patrono delle Confraternite.
®
2 febbraio 2014: la Giornata della Vita Consacrata
La gioia di vivere
PER CRISTO
scun Confratello e di ogni singolo
sodalizio; 2) la comunione imprescindibile tra i Confratelli e le
Confraternite, come momento formativo di unità nella Chiesa; 3) la
missione vissuta nella testimonianza
della Carità.
Riconoscere, infatti, nell’esperienza
quotidiana la presenza di Cristo
Gesù deve essere, come sottolineato
dalla prof.ssa Fazzio, per ciascun
Confratello motivo di forza e di
gioia. Senza la fede, l’adesione alle
Confraternite non ha alcun senso
perché essa, che deve fortificarsi con
Caritas Diocesana
Sabato 01 Febbraio 2014 alle ore 16:00 presso la Parrocchia Beato
Padre Pio da Pietrelcina sita in Catania, Stradale Cardinale, 31 (zona
san Giorgio), avverrà la presentazione del Direttore della Caritas Diocesana di Catania nella persona del Rev.do Don Pietro Galvano. Alle
ore 18:00 verrà celebrata la S. Messa.
Notizie in breve dal 27 gennaio al 2 febbraio
l’ascolto della Parola di Dio e con la
preghiera, è manifestata in forme che
coinvolgono i sensi, gli affetti, i simboli delle diverse culture per essere
trasmessa e testimoniata alla gente e
specialmente alle persone semplici,
a coloro che nel Vangelo Gesù chiama i piccoli.
Da qui la necessità di un’imprescindibile comunione tra i Confratelli e
le Confraternite come momento formativo di unità nella Chiesa. La pietà popolare, ha, infatti, ribadito il
nuovo Presidente, è una strada che
porta all’essenziale, Gesù Cristo, se
è vissuta nella Chiesa in profonda
comunione. Chi non vuol vivere
questa comunione all’interno dell’intera comunità ecclesiale ha perso
il senso intrinseco della “chiamata”
in un contesto in cui sono richieste la
concordia, la fraternità, l’amore
vicendevole, per offrire un’esemplare testimonianza evangelica ed essere lievito, luce e sale all’interno della società.
Infine, altro punto cardine del discorso d’insediamento del Presidente
della Confederazione Diocesana, è il
principio di “missione” vissuta nella
testimonianza della Carità.
Senza la carità, la testimonianza di
ogni Confratello è vuota. È l’amore
gratuito e disinteressato, un amore
Dall’Agenda dell’Arcivescovo
Lunedì • Ore 9.00 Arcivescovado: udienze.
• Ore 18.30 Misterbianco, parrocchia S. Angela
Merici: celebra la S. Messa.
Martedì 28
• Ore 10.00 Catania, Seminario: incontro con i parroci dei catecumeni.
• Ore 19.30 Catania, arcivescovado: celebra la S.
Messa con i 7 sacerdoti recentemente ordinati.
Mercoledì 29
• Ore 9.30 Catania, Studio Teologico S. Paolo: presiede l’incontro dei Vescovi con la presidenza dello Studio.
Giovedì 30
• Ore 20.00 Catania, Chiesa della Badia S. Agata:
assiste alla rappresentazione “Tutti devoti tutti, U
martiriu di Sant’Agata”, curata dalla parrocchia
Ss. Angeli Custodi di Catania.
Venerdì 31
• Ore 18.00 Paternò, parrocchia S. Giovanni Bosco:
celebra la S. Messa.
Sabato 1
• Ore 12.00 Catania, Chiesa S. Agata La Vetere:
celebra la S. Messa.
• Ore 20.30 Catania, Chiesa della Badia S. Agata:
assiste ad un concerto in onore di S. Agata eseguito dall’Ensemble del Teatro Massimo Vincenzo
Bellini di Catania.
Domenica 2
• Ore 16.30 Catania, Chiesa della Badia S. Agata:
presiede il rito della benedizione delle candele e la
processione fino alla Basilica Cattedrale dove presiede la concelebrazione per la Festa della Presentazione del Signore.
• Ore 20.00 Catania, Palazzo degli Elefanti: assiste
all’accensione della lampada votiva a S. Agata e
alla consegna del premio “La Candelora d’Oro”.
In Piazza Duomo presenzia all’omaggio a S. Agata da parte dei Vigili del Fuoco.
®
Il 2 Febbraio è una giornata significativa per tutta la Chiesa. Nella
liturgia, con la processione delle
candele, si festeggia la Presentazione di Gesù al tempio; contemporaneamente si focalizza anche, e non
solo nel culto, la celebrazione della
Giornata della Vita Consacrata.
Una giornata di preghiera e di
riflessione su questa ‘dimensione
teologica’ della vita di tutta la
Chiesa;
uno
sguardo di fede
e di solidarietà
verso ‘le forme
di vita in comune’ che sfuggono all’attenzione del profano
e della cronaca
che,
invece,
innervano di
vitalità il Popolo di Dio nella
sua missione di
annuncio e di
profezia. Una
giornata dedicata ai Consacrati, perché
continuino a vivere, a testimoniare
e ad annunciare la gioia di vivere
per Cristo nelle periferie esistenziali degli uomini, dove “la fatica
del vivere” pervade cose, istituzioni e persone.
A Catania 5 Monasteri di vita contemplativa, 50 Istituti di vita religiosa, 85 Comunità maschili e femminili, 702 consacrati e altrettanti
membri appartenenti agli Istituti
Secolari, danno alla Chiesa catanese una fisionomia bella e ricca di
carismi. Oggi, anche nella vita consacrata,- al contrario di quanto
dicono i profeti di sventura-, c’è
molta vitalità.
È vero che la società è scristianizzata, ed è pur vero che la cultura di
oggi confonde tante persone,
soprattutto i poveri, facendole vivere in una vuota ed ansiosa esteriorità e allontanandole dalla sorgente
della vita che è Dio! Ma è anche
vero che i consacrati, uniti ai pastori e a tanti laici, sono in prima linea
per far conoscere a tutti il giusto
volto della dignità della persona, la
sua chiamata a vivere in comunione
con Dio, testimoniando la sua misericordia e la sua tenerezza di Padre.
La Gionata della Vita Consacrata
non casualmente si celebra nella
ricorrenza della presentazione di
Gesù al tempio. In questo giorno la
Chiesa celebra il mistero in cui è
chiamata a riflettersi come sposa
che si unisce, si configura e si consacra al suo Sposo, il Signore.
Unione, configurazione e consacrazione sono proprio le tre le parole
che evocano il senso “teologico e
spirituale” di tutta
la Vita Consacrata. I Consacrati
sono uomini e
donne che, nell’incontro
con
Cristo, ne hanno
percepito il fascino e hanno deciso
di configurare la
loro vita alla sua
nella povertà, nella castità e nella
obbedienza. E si
sono dedicati del
tutto a Lui.
Nella sua sequela
essi trovano quotidianamente anche
la chiave per scoprire la dignità
degli altri, il cui valore non può
essere misurato sull’avere, ma sull’essere. Per questo si impegnano
ad aiutare gratuitamente tutti coloro che l’hanno perduta.
Per essere bella la vita deve essere
vissuta in unione d’amore con Cristo. È la vocazione del cristiano e
del consacrato: vivere in comunione con Dio, che vuole rivelarsi e
parlare come un amico, parla ad un
amico (C Vat. II D.V. 2). Non è l’eroismo del fare che salva la persona, ma il suo incontro con il Signore Gesù, che è via verità e vita. È
questo il dono e il servizio che i
Consacrati assicurano alla Chiesa e
alla Società di Catania, il 2 Febbraio, quando rinnoveranno i loro
voti e alcuni/e di loro saranno felicitati per il i 25°,50°,60° anniversario di vita religiosa. Essere tutti del
Signore nella gioia. Essere umili
servi trai poveri di una dignità che
non può mai essere scordata, ma
promossa e servita con amore per
tutta la vita.
P. Angelo Gatto O.C.D
Vicario Episcopale della V.C.
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Prospettive - 26 gennaio 2014
DIOCESI
Riflessioni sul Vangelo
LA DIVISIONE E LA CONCORDIA
III DOM T.O. /A - Is 8,23b-9,3; Sal26/27 1.5.4.13-14; 1Cor 1,10-13.17; Mt 4,12-23
I particolarismi e le divisioni sono le realtà più evidenti. La tendenza umana porta
ad emergere a tutti i costi, anche ad
andare contro gli altri. Questo succede
nella chiesa di Corinto dove i cristiani si
dividono in gruppi, cercando attraverso il
titolare del gruppo di rivalersi su gli altri.
Le divisioni, le inimicizie non sono soltanto a livello delle persone o delle famiglie,
ma anche tra le nazioni fino a dividere il
mondo intero. Questa è la situazione
attuale e storica dei mondi precedenti.
Gesù vuole stravolgere questa situazione
creando tra gli uomini i presupposti perché nasca una società diversa dall’attuale.
Chiama dei discepoli perché vadano ad
annunciare un mondo nuovo: il regno di
Dio. Queste persone lasciano tutto mettendosi alla sua sequela. Gesù crea “una istituzione” dove tutte le persone del mondo
si possano ritrovare nella stessa casa, nella
stessa famiglia, con lo stesso pane e gli
stessi mezzi per andare avanti. Questa è la
Chiesa che Gesù inventa perché finiscano
le guerre, le battaglie , le divisioni, gli odi,
i rancori e tutto ciò che divide. La chiesa è
stata concepita perché gli uomini si possano salvare. Tutti dobbiamo “edificare”
questa chiesa perché gli uomini si trovino
bene. L’azione conseguente dei membri
dovrebbe essere quella per cui tutti convergano per questo scopo. È amaro per
Paolo accorgersi che nella chiesa di Corinto le divisioni sono sovrane con capi e sottocapi, gerarchie e quant’altro si voglia.
Rimproverando questa situazione Paolo fa
notare che è stato mandato “per annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di
Cristo”.
Non è stato crocifisso Paolo per loro ma è
stato crocifisso Gesù. Dividersi significa
rendere vana la Croce. Cioè i Corinti si
sono allontanati dai canoni fissati da
Gesù: lasciare tutto per evangelizzare cioè
per portare avanti la nuova concezione
“spendersi per gli altri e non pensare a se
stessi”. Così hanno fatto gli apostoli
lasciando reti e azienda, così ha fatto chi
nelle persecuzioni ha dato la sua vita, così
ha insegnato Paolo nella sua predicazione. L’invito alla gioia di Isaia proviene
appunto dalla nuova luce: non egoismo
ma amore verso tutti, bandendo gli egoismi e le divisioni.
Leone Calambrogio
San Paolo in briciole
La meta da raggiungere Fil 3,12- 15
Non c’è dubbio che da Paolo il raggiungimento di Dio è visto come una
corsa atletica che si realizza tra noi.
Infatti parla della meta da raggiungere, dello sforzo di correre che bisogna
fare per conquistarla.
I termini sportivi sono utili per esprimere il concetto fondamentale: raggiungere
Dio. D’altra parte anche noi siamo stati
conquistati da Gesù Cristo.
Questa meta, dice Paolo, non è stata
ancora da lui conquistata: “So soltanto questo dimenticando ciò che mi sta
alle spalle e proteso verso ciò che mi
sta di fronte, corro verso la meta, al
premio che Dio ci chiama a ricevere
lassù, in Cristo Gesù”.
Ci possono essere opinioni diverse, in
questo caso bisogna pregare perché
Dio ci illumini anche su questo argomento.
Intanto “Procediamo”, afferma.
L.C.
Il Sacerdote sa che le due parole che generano il messaggio di Gesù sono r egno e conversione
Chiamati dallo sguardo creatore
Regno
Il Regno è qualcosa che è di Dio, ma
che è per gli uomini. Viene con il fiorire della vita in tutte le sue forme.
La carità resta sempre il principio di
autenticità e di unità nella vita della
Chiesa. Sant’Agostino dice “Il
Signore nostro Gesù Cristo, salendo
al cielo, il quarantesimo giorno, ci ha
raccomandato il suo corpo che doveva restare quaggiù, perché prevedeva
che molti avrebbero reso onore a lui
appunto perché ascendeva al cielo,
ma vedeva pure l’inconsistenza di
tali onori resi a sé, dato che questi
tali avrebbero calpestato le sue membra qui in terra.
Affinché nessuno fosse tratto in errore -adorando il capo che sta in cielo
ma calpestando i piedi che stanno in
terra ci ha precisato dove si sarebbero trovate le sue membra.
Mentre ascendeva al cielo, disse le
sue ultime parole, pronunciate le
quali non parlò più qui in terra. Il
capo che doveva salire in cielo raccomandò a noi le sue membra che
restavano sulla terra e partì.
Dal cielo
Ormai non ti può accadere più di
sentire Cristo che parla qui in terra.
Puoi sentirlo parlare, ma dal cielo. E
dal cielo, perché parlò? Perché le sue
membra erano calpestate qui in terra.
A Saulo, suo persecutore, disse dal
cielo:” Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” . Sono salito al cielo, ma
rimango ancora in terra; siedo qui in
cielo alla destra del Padre, ma lì in
terra ancora patisco la fame, la sete,
ancora sono pellegrino. In che modo
ci ha raccomandato il suo corpo in
terra mentre stava per salire al cielo?
Quando i discepoli lo interrogarono:
“Signore, è forse venuto il momento
in cui tu ristabilirai il regno di Israele? “. Sul punto di partire, egli rispose: “Non tocca a voi sapere il tempo
che il Padre ha posto in suo potere;
ma riceverete la virtù dello Spirito
Santo che verrà in voi e mi sarete
testimoni”. Vedete fin dove fa giungere il suo corpo, vedete dove non
vuole essere calpestato: “Voi mi
sarete testimoni in Gerusalemme e in
tutta la Giudea, in Samaria e in tutta
la terra” (Atti 1, 6-8). Ecco dove
rimango io, che pure ascendo in cielo; ascendo perché sono la testa, ma
il mio corpo giace ancora quaggiù.
Dove giace? Per tutta la terra. Vedi di
non colpire, di non violare, di non
calpestare il mio corpo. Sono queste
le ultime parole di Cristo mentre
ascende al cielo”.
Con l’avvento dell’era moderna si
verificano profonde trasformazioni.
Il tipo di società, in cui la carità opera, vede la tendenza verso la complessità: sui rapporti personali e
immediati prevalgono sempre più i
rapporti mediati dal sistema economico, sociale, politico.
Vitalità
La carità non può limitarsi a ispirare i rapporti personali, ma deve chiedersi come influenzare beneficamente anche il sistema. Si trasforma
anche il tipo di rapporto tra Chiesa e
società. Dapprima il tono aggressivo
e semplicistico, con cui la modernità
afferma l’autonomia assoluta del-
l’uomo, tende a spingere di nuovo la
Chiesa ai margini della società.
Poi una visione più armonica e serena dei diversi aspetti della persona
umana e della vita associata, con le
loro diverse esigenze, porta a parlare
di distinzioni e di legittime autonomie tra la vita e l’autorità ecclesiastica, da un lato, e la vita e l’autorità
civile e politica, dall’altro.
Infine si arriva a parlare di reciproca
collaborazione per il bene dell’uomo.
La carità reagisce a questi complessi
fenomeni con sorprendente vitalità.
Si rinnovano anzitutto i soggetti dell’azione caritativa. La vita religiosa
consacrata produce nuove istituzioni
di vita attiva a servizio delle sempre
nuove povertà. La fioritura è particolarmente ricca nel Cinquecento e
nell’Ottocento. Anche gli Istituti
femminili, con geniali anticipazioni
circa la funzione della donna nella
società, si impegnano nella vita attiva di carità. Nascono nel nostro
secolo gli Istituti secolari, che uniscono la consacrazione speciale con
la presenza capillare nella società. I
laici riscoprono e attuano sempre più
pienamente la loro responsabilità
nella vita della Chiesa e della società. Diocesi, parrocchie, gruppi, associazioni, movimenti si aprono al servizio caritativo, ritornando alle radici evangeliche della vita cristiana,
ma anche esprimendosi in importanti fenomeni della sensibilità contemporanea, quali il volontariato, la cooperazione internazionale, l’aspirazione alla pace.
Si rinnovano anche l’ambito e lo sti-
le dell’azione caritativa. La carità
continua la sua presenza immediata
accanto ai bisogni umani; anzi la
complessa evoluzione della società
moderna fa emergere sempre nuove
forme di povertà, a cui prestare un
soccorso immediato, in forma pionieristica. Però la carità cerca insieme di diventare sempre più intelligente ed efficace, cioè cerca di capire dal di dentro i fenomeni complessi della società attuale e sperimenta
gli strumenti più adatti per rispondere ai bisogni, alle povertà, alle sofferenze. Per far questo utilizza e insieme promuove tutte le risorse che
provengono dalla scienza e dalla tecnica e cerca le forme più opportune
di collaborazione tra l’intervento
volontaristico e l’intervento statale.
Gli ostacoli che la carità incontra
sono notevoli. Non provengono solo
dall’egoismo e dalla pigrizia, ma
anche dalla oggettiva complessità
della situazione.
La riflessione attuale sulla carità cerca di affrontare questi problemi. Si
continua certo a riflettere sul posto
centrale che la carità occupa nella
vita del cristiano e della Chiesa; ma
l’interesse principale della riflessione si sposta verso altri problemi: che
rapporto c’è tra carità e giustizia?
come la carità aiuta il cristiano non
solo a essere se stesso, ma anche ad
agire da cristiano nel mondo d’oggi?
come la carità non solo anima e unifica la vita della Chiesa, ma ispira la
missione della Chiesa nella società
attuale?
Padre Angelico Savarino
11
Prospettive - 26 gennaio 2014
omnibus
La resistenza di alcuni germi ai farmaci è una delle minacce più gravi per l’umanità
Meglio l’aspirina anziché l’antibiotico
batteri diventano sempre
più resistenti agli antibiotici: negli Usa, 100mila persone
all’anno muoiono in ospedale a causa di batteri resistenti agli antibiotici.
Per questo la Società americana per
le malattie infettive ha chiesto alle
aziende di trovare entro il 2020 dieci
nuovi antibiotici per fermare quella
che l’Oms ha definito «una delle tre
più gravi minacce contro l’umanità»
e stima che il costo totale del trattamento di tutte le infezioni resistenti
agli antibiotici in ospedale è di circa
10 miliardi di dollari all’anno.
Per le istituzioni sanitarie europee e
Usa questa è a tutti gli effetti una crisi. «Se non stiamo attenti ci sarà presto un’era post-antibiotica», ha detto
Thomas Frieden, direttore dei Cdc
statunitensi. E per alcuni pazienti e
alcuni batteri questa “era” è già arrivata: solo in Europa sono 25mila i
morti a causa di infezioni ospedaliere resistenti.
Anche in Gran Bretagna si sta assistendo ad un preoccupante aumento
delle infezioni antibiotico-resistenti.
Sempre più spesso infezioni comuni
si trasformano in malattie incurabili.
Dall’inizio del secolo l’incidenza di
queste infezioni è passata dall’1% al
10%. Quando gli antibiotici non funzionano, si ricorre ai cosiddetti carbapenemi, che rappresentano oggi
l’ultima frontiera contro le batterie-
I
mie, il problema è che
si sono registrati casi di
resistenza anche a quest’ultime. Il direttore
dell’European Centre
for Disease Control
and Prevention, Marc
Sprenger, ha usato
toni allarmanti. “Una
guerra ai batteri dall’esito incerto, perché
vengono “selezionati”
dagli stessi antibiotici:
quelli che sopravvivono ai trattamenti infatti
aumentano di numero
fino a diventare il ceppo dominante”. Batteri
sempre più forti e resistenti? «Da anni non
inventiamo più antibiotici», spiega Otto
Cars,
infettivologo
dell’università di Uppsala (Svezia).
Un esempio di questa evoluzione dei
batteri viene dal Pakistan e dall’India
dove sono stati scoperti “due superbatteri” capaci di fare a pezzetti i
farmaci attuali. «In realtà», afferma
Cars, «esisterebbero due antibiotici
in grado di fermarli. Ma uno è estremamente tossico per i reni e l’altro
non riuscirebbe mai ad arrestare
grandi epidemie». Dopo 85 anni gli
antibiotici sono sempre meno efficaci e lo scopritore della penicillina, il
Nella foto Pascale Cossart
biologo Alexander Fleming, ritirando il Nobel disse: «non è difficile
creare microbi resistenti in laboratorio, è sufficiente esporli a concentrazioni di antibiotico insufficienti a
ucciderli… L’uomo può facilmente
sottodosare il farmaco facilitando il
fenomeno della resistenza». La sua
previsione era corretta. Più gli antibiotici sono diventati accessibili e il
loro uso è aumentato, più i batteri
hanno sviluppato sempre più rapidamente le difese: in totale oggi sono
18 i batteri che rappresentano una
seria minaccia.
I batteri utilizzano normalmente un
processo chiamato “Quorum Sensing” per scambiarsi informazioni
relative alla densità della popolazione e per sincronizzare i comportamenti di gruppo che promuovono la
patogenicità, “che permette ai batteri
di svolgere collettivamente il loro
compito, e non avrebbe successo se
un singolo batterio agisse da solo”,
spiega Bonnie L. Bassler, che ha
diretto lo studio. La capacità dei batteri di insediarsi nelle cellule immunitarie - proprio quelle che dovrebbero ucciderle - testimonia la versatilità degli strumenti usati da questi
microrganismi per impadronirsi dei
meccanismi cellulari.
IBM e l’Istituto di Bioingegneria e
Nanotecnologia di Singapore hanno
disegnato un nuovo tipo di polimero
in grado di individuare e distruggere
batteri resistenti agli antibiotici e di
impedirne l’evoluzione. La caratteristica più interessante di questa nanostruttura è quella di essere biodegradabile e di non accumularsi nei tessuti: può essere eliminata facilmente
dal corpo, a differenza delle precedenti soluzioni basate sui polimeri.
Il materiale, adoperato come un vero
del suo protagonista, “asfalta” l’esistenza del magnifico saggio metafisico
di Alberto Savinio “Narrate, uomini, la
vostra storia”, ma non è questa la sede
per aprire una querelle sulle mafie culturali e la Mitteleuropa. Il nichilismo
ne è una cifra, la controriformista speranza potrebbe lenirlo e rimediarlo.
Branciaroli, propone il pessimismo di
Bernhard ma, scegliendo l’intelligente
traduzione di Umberto Gandini,
stempera e additiva “italianamente” un
testo impregnato di disperazione e
desolazione con la cifra dell’ironia sarcastica, con la sua magistrale, elegante, efficace recitazione.
Interpretando un personaggio ambiguo, schizofrenico, alienato e alienante, che le spara grosse per imporsi
all’interlocutore, per dominare e sottomettere i familiari, per illudersi e
imbrogliare se stesso, poiché a lui non
sta bene nessuno, neppure se stesso
(rifiuta il mondo e si rifugia in una
consolatoria mitica grandezza supposta e inesistente), Branciaroli rimanda
ad altri personaggi ben più celebrati e
famosi del protagonista di questa pièce
(Don Quijote, Capitan Fracassa, e chi
più ne ha più ne metta). È un modo
inusuale, elegante, colto per interloquire col pubblico sul tema a lui caro della memoria e delle memorie.
e proprio ‘missile invisibile’,
distrugge le membrane cellulari dei
batteri. Di fronte a uno scenario di
tale portata è disarmante l’immobilismo delle aziende farmaceutiche che
negli anni non hanno investito per
scoprirne di nuovi, lo sono i medici
che ne prescrivono troppi e spesso
quando non sono necessari, lo sono i
pazienti che ne abusano o non ne
rispettano la posologia, lo sono gli
agricoltori: negli Usa l’80% degli
antibiotici venduti vengono usati in
agricoltura, per ingrassare animali e
proteggerli dalle malattie. E lo stesso
vale per la frutta. Danimarca, Norvegia e Olanda hanno attuato un regolamento governativo sull’uso medico
e agricolo di questi farmaci, ma gli
Usa non sono disposti a tali controlli
e hanno emanato un orientamento
volontario e non obbligatorio. E l’Unione europea per voce della commissaria alla ricerca Máire Geoghegan-Quinn, ha annunciato il lancio
di 15 nuovi progetti di ricerca sulla
resistenza antimicrobica che beneficeranno di un contributo pari a 91
milioni di euro. «Siamo in una fase
in cui abbiamo bisogno di molti e
nuovi agenti terapeutici. Non c’è
dubbio su questo - chiarisce Pascale
Cossart, direttrice dell’Unità per le
interazioni batteri cellule all’Istituto
Pasteur di Parigi, pioniere riconosciuto di una disciplina che ha avuto
la luce 25 anni fa, combinando gli
approcci molecolare e cellulare della
biologia, nominata “microbiologia
cellulare”. Creare farmaci che impediscono la penetrazione del batterio
nelle cellule.
O se il batterio produce tossine, lavorare per contrastarne la proliferazione e di conseguenza prevenire l’infezione». Cossart conclude che serve
investire anche sugli strumenti diagnostici, kit rapidi e facili da usare.
«La diagnosi precisa è la chiave per
prevenire le conseguenze catastrofiche di una qualsiasi malattia infettiva». È della stessa idea Klemens
Wassermann dell’Austrian Institute
of Technology, giovane ricercatore
di talento che ha vinto il Falling
Walls Conference di Berlino. «A
causa della rapida diffusione di batteri resistenti, la procedura standard
non è più praticabile -spiega - Noi
abbiamo trovato un modo che in una
manciata di secondi e in maniera
completamente automatizzata svela
il patogeno coinvolto. Applicando un
campo elettrico specifico in un dispositivo microfluidico intelligente,
separiamo, rompendole, le cellule
ematiche umane dai batteri, che
invece restano integri. Li concentriamo nel campione e con tecniche di
biologia molecolare abbiamo subito
la diagnosi».
Un grido di allarme chiaro: «La
ricerca è stata ferma per anni, ora
servono più investimenti», spiega
Guénael Rodier dell’Organizzazione mondiale della Sanità.
Carlo Majorana Gravina
Lella Battiato
Al “Verga” di Catania è andato in scena “Il teatrante”
L’ironia di Branciaroli stempera
il pessimismo di Bernhard
l nevrotico, egocentrico, megalomane,
ambiguo teatrante portato in
scena al “Verga” di Catania da
Franco Branciaroli (“Il teatrante” di Thomas Bernhard),
un monologo in due atti con
“spalle”, è lo strumento col quale il grande attore milanese porta all’estremo la riflessione sul
teatro che il grande attore milanese conduce da qualche tempo
esplorando testi contemporanei.
Bernhard, autore prolifico (oltre
cento testi teatrali oltre a romanzi, poesie, articoli giornalistici e
scritti polemici), fu molto considerato
per la sua drammaturgia amara, problematica, di stampo mitteleuropeo,
post-freudiano, esistenzialista ed
espressionista. Una scrittura nervosa
che si avvita attorno a tematiche
nevrotiche.
Il teatrante della storia si accorda a
mettere in scena il suo capolavoro “La
ruota della storia” nella locanda “Al
cervo nero” di un villaggio rurale specializzato nell’allevamento dei maiali,
combinazione che dovrebbe mortificare la sua presupponente megalomania,
ma ha il pregio di assicurare alla ‘com-
organizzazione sociale possono attingere e ricevere linfa anche dalla ‘cittadinanza
attiva’ (il capo dei pompieri
è un civile con una sua attività) ovvero si segnala il
pleonasmo di tanti ‘apparati’; regole e norme vanno
comunque osservate. La
prova a cui si è sottoposto
Branciaroli, ed alla quale ha
sottoposto il pubblico catanese, induce a riflettere sulle modalità ‘altre’ nelle quali si opera e ci si adopera per
la cultura in altre realtà, in
I
pagnia’ (la moglie e i due figli) vitto e
alloggio. Sono ‘tracce’ che Bernhard
dissemina nel testo per dichiarare il
suo amaro pessimismo: i maiali, la
negritudine del cervo, la ruota (oggetto
veicolante, macina, macchina nella
quale si esponevano i trovatelli), le
necessità materiali per la sopravvivenza.
Da questo testo studiatamente sconnesso e paradossale, ricaviamo però tre
lezioni-messaggio positive: teatro e
cultura in altri emisferi si portano
ovunque, anche in luoghi di periferia e
in ambienti non ‘dedicati’; tutela e
altri paesi.
Dovremmo chiedere piuttosto all’autore perché assegni, inutilmente, al trasgressivo strampalato protagonista origini italiane, dettaglio pretestuoso,
provocatorio, istintivo, forse ancestrale, che l’autore rinviene nel suo dna:
persone così nascono e vivono ovunque; ma non vogliamo addentrarci nell’analisi di inquietudini, problematicità, nevrosi che hanno agitato la penna
di Bernhard che scrisse assiduamente
quasi per esorcizzare i fantasmi della
sua mente, per terapia. Peraltro l’autore, dando quel titolo al “capolavoro”
12
Prospettive - 26 gennaio 2014
RUBRICHE
I 90 anni della RAI e gli auguri del Papa
Un bene comune per la crescita
culturale e civile della società
n occasione del 90° anniversario dell’inizio delle
trasmissioni radiofoniche e del 60°
di quelle televisive, Papa Francesco
ha ricevuto in udienza i dirigenti e il
personale della RAI-Radiotelevisione Italiana.
Un incontro tanto atteso e significativo per l’importanza ed il ruolo che
svolge la Rai a servizio del Paese.
In questi 90 anni la cultura degli italiani, grazie alla Rai è cresciuta, contribuendo al processo di cambiamento della società italiana nelle sue
rapide trasformazioni. Si è quasi
azzerato l’analfabetismo, si è diffuso
l’uso della lingua nazionale ed insieme ai segni di positività e di sviluppo si registrano anche gli inconvenienti della cattiva educazione che i
60 anni di televisione hanno prodotto attraverso la pubblicità che sollecita il consumismo e lo spreco, e
attraverso film e telenovele che presentano un modello di famiglia e di
società molto diverso da quello
ancorato ai valori dell’unità, del
I
sacrificio e del lavoro.
Gli idoli della TV diventano modelli
e attrazione per i giovani, e spesso si
perde il senso dell’equilibrio e del
decoro. Ai buoni programmi TV,
proposta e stimolo di cultura, d’informazioni e di nuove conoscenze, a
volte s’intrecciano programmi e servizi “spazzatura”.
Con l’avvento della telematica e di
internet anche la Rai assume nuove
caratteristiche ed ecco il pensiero e
l’augurio del Santo Padre che raccomanda un’informazione corretta,
puntuale e onesta.
Il Pontefice ha sottolineato la “collaborazione” tra la Rai e la Santa Sede,
in particolare con i due enti vaticani:
la Radio Vaticana e il Centro Televisivo Vaticano, cosicché “sia sul versante della radio, sia su quello della
televisione, il popolo italiano ha
sempre potuto accedere alle parole
e, successivamente, alle immagini
del Papa e degli eventi della Chiesa.”
La “memoria di un passato ricco di
Vaticano: Papa Francesco riceve in
udienza i dirigenti e il personale della
Rai Foto AFP/SIR
conquiste ci chiama a un rinnovato
senso di responsabilità” ha detto
talia, dal dopoguerra ai nostri giorni,
segnata dal terrorismo, dalle grandi
stragi e dai grandi avvenimenti. La
storia di una famiglia e dei suoi valori fondamentali, tra i quali molto spazio è dato alla dimensione dell’amore e del perdono.
Il regista settantacinquenne, con alle
spalle quasi cinquant’anni di vita
matrimoniale, ha avuto come intento
quello di raccontare la realtà, la ‘normalità’ di un matrimonio, senza
modificarne neanche parzialmente i
caratteri fondamentali ed ispirandosi
alla sua biografia. In molti momenti
Francesca ripete ai suoi figli ‘le cose
belle nella vita vanno fatte’: il messaggio del regista si cela proprio dietro queste parole.
Il matrimonio è un impegno in cui
ognuno mette tutto sé stesso, dedicando la propria vita all’altro che
diventa indispensabile ed insostituibile, al di là dei momenti di crisi e
delle liti, per garantire una continuità
affettiva ai figli, molto spesso vere e
proprie ‘vittime’ delle separazioni. In
un’intervista, Avati ha ricondotto il
suo successo ad un motivo principale: “Credo che il motivo principale
risieda nel fatto che, al di là degli
orientamenti ideologici, nel profondo
delle persone e a livello socio-culturale, ci sia veramente una nostalgia
profonda di normalità. Non è tanto
una questione di passato o di presente, ma di voglia di normalità, di restituzione a quelle che sono le hit parade dei valori veri, autentici, permanenti, non messi in discussione da
mode e tendenze, dalla voglia continua di cambiare, sperimentare, provare… Soprattutto nel contesto familiare, dove oggi domina la deresponsabilizzazione dei ruoli, in particolar
modo del ruolo paterno”.
offre informazione e spettacolo, tutti gli operatori sono
impegnati nel servizio alla
verità, alla bontà e alla bellezza”.
Questi tre valori accomunati
dalla triplice ripetizione del
termine servizio costituiscono l’identikit della Rai, azienda del servizio pubblico,
adesso in concorrenza con il
proliferare delle aziende e
delle reti private.
“È una responsabilità – ha
affermato Papa Francesco - a
cui chi è titolare del servizio
pubblico non può per nessun
motivo abdicare”, ed ha precisato che la qualità etica della comunicazione è frutto di
“coscienze attente, non superficiali,
sempre rispettose delle persone, sia
di quelle che sono oggetto d’informazione, sia dei destinatari del messaggio”. Il Santo Padre ha, quindi,
raccomandato alla grande famiglia
della Rai di “evitare quelle cose che
fanno tanto male: la disinformazione, la diffamazione e la calunnia
cercando di vigilare per tenere alto
il livello etico della comunicazione”.
Il riferimento all’etica professionale
comprende una serie di azioni correlate che il Papa ha sintetizzato nella
formula di augurio così da poter
“lavorare bene; mettere fiducia e
speranza nel lavoro, per poterla
anche trasmettere; porsi al servizio
della crescita umana, culturale e
civile della società”.
Questo impegno per la Rai dovrebbe
essere “normale”, come dovrebbe
essere “normale” per un cristiano
restare fedele ai valori.
In un recente discorso Papa Francesco, accolto e apprezzato da tutti per
la sua “normalità” e vicinanza alla
gente, ai poveri, agli ammalati, scelto come “uomo dell’anno”, afferma
che il cristiano non è una persona
normale: è “figlio di Dio”, e come
tale è chiamato a vivere una vita differente da tutti gli altri.
La ricerca dell’uniformità mondana,
infatti, non produce nulla di buono e
la “mondanità”, ha detto il Papa è
più dannosa dell’apostasia, per le
conseguenze che produce, allontanando l’uomo di Dio.
Quando la normalità, espressione di
semplicità e di umiltà, si veste di
modernità, perde la sua essenziale
connotazione e vanifica il significato
di una presenza e di una testimonianza.
Nell’esercizio del servizio pubblico,
ha detto la presidente della Rai,
Anna Maria Tarantola, la Rai intende
promuovere servizi e programmi
piacevoli, capaci di divertire in
modo sobrio ed equilibrato”.
L’etica nella comunicazione che
connota il messaggio della Cei in
occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti,
è una porta aperta che spalanca nuovi cieli e apre la via per un nuovo
cammino professionale guidato dalle
tre luminose indicazioni che sono la
verità, la bontà e la bellezza.
Antonella Agata Di Gregorio
Giuseppe Adernò
Papa Francesco, ricordando agli
operatori della Rai: “La vostra professione, oltre che informativa, è formativa, è un servizio pubblico, cioè
un servizio al bene comune”.
Appartenendo ad un’azienda che
produce cultura ed educazione, che
Il grande successo della fiction televisiva di Pupi Avati “Un matrimonio”
“Le cose belle nella vita vanno fatte”
uotidianamente i mass
media restituiscono
costantemente, attraverso notiziari,
approfondimenti, trasmissioni ed
articoli, delle istantanee sulla società
odierna: piccoli frammenti di realtà
quotidiana che vanno a comporre il
grande quadro della comunità civile.
La molteplicità dei punti di vista e la
pluralità delle opinioni restituiscono
determinati ritratti del medesimo
sistema comunitario, creando molto
spesso un dibattito tra pareri contrastanti ed antitetici. Sicuramente uno
degli aspetti che, soprattutto negli
ultimi anni, ha riscontrato un consenso quasi unanime sulle valutazioni e
sulle stime addotte a supporto riguarda la prima cellula che dà vita ad una
qualsivoglia società, in quanto cardine della medesima vita comunitaria,
ovvero la famiglia.
La quasi totalità dell’informazione
riporta dei dati percentuali sempre
crescenti in relazione alle separazioni
ed ai divorzi, a discapito dei matrimoni, specie se questi ultimi sono
celebrati in chiesa. Ma il dato più
interessante e degno di nota riguarda
l’affermarsi di nuove forme di famiglia non più basate unicamente sul
matrimonio, ma ad esempio su una
convivenza, o di nuove forme di
nucleo familiare, come le famiglie
‘allargate’, create in seguito ad un
divorzio e ad una successiva unione.
I dati relativi alla percentuale dei
divorzi, alla durata sempre più breve
delle unioni ed all’età sempre maggiore degli sposi sono costantemente
riferiti ai giovani. Proprio da questo
scaturisce la creazione di quello che
si può definire uno stereotipo, all’interno dell’immaginario collettivo,
secondo cui i giovani d’oggi non credono più nel matrimonio, facilmente
si arrendono ai problemi della vita
che non sanno più superare insieme,
Q
etc. Anche se, con ogni probabilità, è
giusto ammettere che nella società
odierna è mutata l’idea di famiglia, in
relazione a diverse esigenze (come lo
sono quelle legate alla mancanza di
lavoro ed alle mille difficoltà di
crearsi una propria indipendenza e
dunque all’allungarsi dei tempi che
precedono il matrimonio), e anche se
molti preferiscono dei rapporti diversi ‘senza vincoli’, è anche vero che
esistono moltissimi giovani e non che
credono fermamente nel matrimonio
come fondamento della famiglia e
dunque della società. Ma questa parte della contemporaneità non viene
riportata dai media, rimanendo relegata ai margini perché fuori dai
‘modelli’ tanto diffusi dalla pluralità
dell’informazione.
Il sacramento del matrimonio è l’unione davanti a Dio dell’uomo e del-
la donna che decidono
di fondare su rispetto ed
assistenza reciproci ogni
momento della loro vita:
un impegno che richiede
un confronto quotidiano
di crescita, ma anche
molto spesso sacrifici e
rinunce per superare
momenti bui, discostandosi dai rapporti ‘usa e
getta’ di una società sempre più materialistica,
improntata al consumo
ed al profitto. L’adesione
a questi valori è stata
testimoniata anche dal
grande successo di ascolti (è stata calcolata una
media di 5 milioni di
spettatori, pari quasi al
20% di share) riscontrato dalla fiction televisiva di Pupi Avati, “Un
matrimonio, andata in
onda nelle ultime settimane, in sei puntate la domenica in
prima serata. A far registrare un alto
livello dell’indice di gradimento,
espresso da un pubblico molto variegato, tra cui moltissimi giovani, sono
state proprio le lettere di questi ultimi
per esprimere la loro opinione al
grande regista.
Sullo scenario della Bologna di Avati, una grande storia d’amore tra Carlo Dagnini (interpretato da Flavio
Parenti), democristiano appartenente
ad una famiglia dell’èlite cittadina, e
Francesca Osti (interpretata da
Michaela Ramazzotti), figlia di un
operario simpatizzante per il partito
comunista. La storia ha inizio con il
primo incontro dei due protagonisti,
avvenuto a vent’anni, e si conclude
con le loro nozze d’oro: 50 anni di
vita matrimoniale che li ha visti uniti
contro i problemi quotidiani in un’I-