Teoria degli insiemi Capitolo 1 del libro di K. Kunen

Teoria degli insiemi
Capitolo 1 del libro di K. Kunen
A. Andretta
Dipartimento di Matematica
Universit`
a di Torino
A. Andretta (Torino)
Teoria degli insiemi
AA 2009–2010
1/1
Gli assiomi di ZF
(0) esistenza di insiemi ∃x (x = x) (inutile: `e un teorema di logica!)
(1) estensionalit`a ∀x∀y (∀z (z ∈ x ⇔ z ∈ y ) ⇒ x = y )
(2) fondazione ∀x (∃y (y ∈ x) ⇒ ∃y (y ∈ x ∧ ¬∃z (z ∈ x ∧ z ∈ y ))),
(3) schema di comprensione: se y non `e libera in ϕ(x, z, w1 , . . . , wn ),
∀z∀w1 , . . . , ∀wn ∃y ∀x (x ∈ y ⇔ x ∈ z ∧ ϕ)
(4) coppia ∀x∀y ∃z (x ∈ z ∧ y ∈ z)
(5) unione ∀F∃A∀Y ∀x (x ∈ Y ∧ Y ∈ F ⇒ x ∈ A)
(6) schema di rimpiazzamento: se Y non occorre libera in
ϕ(x, y , A, w1 , . . . , wn ),
∀A∀w1 , . . . , wn (∀x ∈ A∃!y ϕ ⇒ ∃Y ∀x ∈ A∃y ∈ Y ϕ)
(7) infinito ∃x (∅ ∈ x ∧ ∀y ∈ x (S(y ) ∈ x))
(8) potenza: ∀x∃y ∀z (z ⊆ x ⇒ z ∈ y )
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Gli assiomi di ZFC
ZFC `e ZF pi`
u l’assioma della scelta
(9) ∀A∃R (R bene ordina A)
Alcune sottoteorie notevoli:
ZF − P consiste degli assiomi 0–7,
ZF − Inf consiste negli assiomi 0–6 e 8,
ZF− consiste degli assiomi 0,1,3–8,
Z consiste negli assiomi 0–5 e 7 e 8.
Le definizioni di ZFC − P, ZFC − Inf , . . . sono analoghe.
Cercheremo di sviluppare vari argomenti a partire dalle sottoteorie di ZFC.
In particolare cercheremo di evitare di usare l’assioma di fondazione — nel
Capitolo III dimostreremo che
Con(ZF− ) ⇒ Con(ZF) e Con(ZFC− ) ⇒ Con(ZFC).
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Estensionalit`a e comprensione §5
Assioma 3 — Schema di comprensione
Se y non `e libera in ϕ(x, z, w1 , . . . , wn ),
∀z∀w1 , . . . , ∀wn ∃y ∀x (x ∈ y ⇔ x ∈ z ∧ ϕ)
Preso un insieme z (che esiste per l’Assioma 0), considero la formula
x 6= x e per comprensione ottengo {x ∈ z | x 6= x}. Per estensionalit`a non
dipende da z e lo chiamiamo 0.
Teorema 5.2
¬∃z∀x (x ∈ z).
Dimostrazione.
Usare il paradosso di Russell.
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Relazioni, funzioni e buon ordinamento §6
Assioma 4 — Coppia
∀x∀y ∃z (x ∈ z ∧ y ∈ z)
Assioma 5 — Unione
∀F∃A∀Y ∀x (x ∈ Y ∧ Y ∈ F ⇒ x ∈ A)
Assioma 6 — Schema di rimpiazzamento
Se Y non occorre libera in ϕ(x, y , A, w1 , . . . , wn ),
∀A∀w1 , . . . , wn (∀x ∈ A∃!y ϕ ⇒ ∃Y ∀x ∈ A∃y ∈ Y ϕ)
Fissati x e y , per l’Assioma 4 troviamo uno z tale che x ∈ z e y ∈ z, quindi
per comprensione c’`e {v ∈ z | v = x ∨ v = y }, che chiamiamo {x, y }.
def
(x, y ) = {{x} , {x, y }}.
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Relazioni, funzioni e buon ordinamento §6
Unioni e intersezioni
Data F, per l’assioma dell’unione c’`e un A tale che Y ⊆ A per ogni
Y ∈ F, quindi per comprensione
S def
F = {x ∈ A | ∃Y ∈ F (x ∈ Y )}
T def
Se
F
6
=
∅,
F = {x | ∀Y ∈ F (x ∈ Y )} `e un insieme dato che
T
F = {x ∈ B | ∀Y ∈ F (x ∈ Y )} per ogni B ∈ F.
Prodotto cartesiano
Fissati A e B, per ogni y ∈ B si ha ∀x ∈ A∃!z (z = (x, y )), quindi per
rimpiazzamento e comprensione possiamo definire
prod(A, y ) = {z | ∃x ∈ A (z = (x, y ))}. Poich´e
∀y ∈ B∃!z (z = prod(A, y )), per rimpiazzamento e comprensione
possiamo S
definire prod0 (A, B) = {prod(A, y ) | y ∈ B}. Quindi
A × B = prod0 (A, B).
Quindi A × B esiste in ZF− − P − Inf ma anche in Z− − Inf (vedi dispense).
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Relazioni, funzioni e buon ordinamento §6
(A, R) `e un buon ordine se R `e un ordine totale su A e ogni sottoinsieme
def
6= ∅ ha un R-minimo. pred(A, x, R) = {y ∈ A | yRx}, se x ∈ A.
Lemma 6.1
Se (A, R) `e un buon ordine, allora (A, R) 6∼
= (pred(A, x, R), R).
Lemma 6.2
Se (A, R) e (B, S) sono buoni ordini isomorfi, allora l’isomorfismo `e unico.
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Relazioni, funzioni e buon ordinamento §6
Teorema 6.3
Se (A, R) e (B, S) sono buoni ordini allora esattamente una delle seguenti
vale:
(a) (A, R) ∼
= (B, S),
(b) ∃y ∈ B ((A, R) ∼
= (pred(B, y , S), S)),
(c) ∃x ∈ A ((pred(A, x, R), R) ∼
= (B, S)).
Assioma 9 — Scelta
∀A∃R (R bene ordina A).
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Ordinali §7
Definizione 7.2
Un ordinale `e un insieme transitivo x tale che ∈ `e un buon ordine su x.
Teorema 7.3
(1) Se x `e un ordinale e y ∈ x, allora y `e un ordinale e y = pred(x, y , ∈).
(2) Se x e y sono ordinali e x ∼
= y , allora x = y .
(3) Se x e y sono ordinali, allora esattamente una delle seguenti
condizioni vale: x = y , x ∈ y , y ∈ x.
(4) Se x, y e z sono ordinali e x ∈ y e y ∈ z allora x ∈ z.
(5) Se ∅ =
6 C `e un insieme di ordinali, allora
∃x ∈ C ∀y ∈ C (x ∈ y ∨ x = y ).
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Ordinali §7
Teorema 7.4 (Paradosso di Burali-Forti)
¬∃z∀x (x ordinale ⇒ x ∈ z).
Dimostrazione.
def
Se esistesse z allora avremmo un insieme Ord = {x | x `e un ordinale}.
Ma Ord `e transitivo, bene ordinato da ∈ e quindi Ord ∈ Ord. Ma nessun
buon ordine `e isomorfo ad un suo segmento iniziale.
Lemma 7.5
Se A `e un insieme di ordinali e ∀x ∈ A∀y ∈ x (y ∈ A), allora A `e un
ordinale.
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Ordinali §7
Teorema 7.6
Se (A, R) `e un buon ordine, allora c’`e un unico ordinale γ tale che
(A, R) ∼
= γ.
Il rimpiazzamento `e essenziale per dimostrare questo risultato: `e un
teorema di ZF− − P − Inf, ma, come vedremo, non `e dimostrabile in ZC.
Lemma 7.9
(1) ∀α, β (α ≤ β ⇔ α ⊆ β)
S
(2) Se X `e insieme di ordinali, sup X = X `e il minimo
T ordinale ≥ di
tutti gli elementi di X , e se X 6= ∅ allora min X = X `e il minimo
elemento di X .
S(x) = x ∪ {x}.
Lemma 7.11
S(α) `e un ordinale, α < S(α) e ∀β (β < S(α) ⇔ β ≤ α).
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Ordinali §7
Definizione 7.14
α `e un numero naturale sse ∀β ≤ α (β = 0 ∨ β `e successore).
Assioma 7 — Infinito
∃x (0 ∈ x ∧ ∀y ∈ x (S(y ) ∈ x)).
Teorema 7.16
1
0 ∈ ω,
2
∀n ∈ ω (S(n) ∈ ω),
3
∀n, m ∈ ω (n 6= m ⇒ S(n) 6= S(m)),
4
∀X ⊆ ω (0 ∈ X ∧ ∀n ∈ X (S(n) ∈ X ) ⇒ X = ω)
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Ordinali §7
Definizione 7.17
α + β = ot (α × {0} ∪ β × {1} , R) dove
R = {((ξ, 0), (η, 0)) | ξ < η < α} ∪ {((ξ, 1), (η, 1)) | ξ < η < β} ∪
((α × {0}) × (β × {1})).
Lemma 7.18
Per ogni α, β, γ,
1
α + (β + γ) = (α + β) + γ,
2
α + 0 = α,
3
α + 1 = S(α),
4
α + S(β) = S(α + β),
5
se β `e limite, allora α + β = sup {α + ξ | ξ < β}.
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Ordinali §7
Definizione 7.19
α · β = ot (β × α, <lex ), dove
(ξ, η) <lex (ξ 0 , η 0 ) ⇔ (ξ < ξ 0 ∨ (ξ = ξ 0 ∧ η < η 0 )).
Lemma 7.20
Per ogni α, β, γ,
1
α · (β · γ) = (α · β) · γ,
2
α · 0 = 0,
3
α · 1 = α,
4
α · S(β) = α · β + α,
5
se β `e limite, allora α · β = sup {α · ξ | ξ < β},
6
α · (β + γ) = α · β + α · γ.
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Ordinali §7
Fissiamo un insieme A. Sia ϕ(n, y ):
∀s (s ∈ y ⇔ s `e una funzione da n in A)
e sia X = {n ∈ ω | ∃y ϕ(n, y )}.
0 ∈ X dato che y = {0} soddisfa ϕ.
Supponiamo n ∈ X e sia y tale che ϕ(n, y ). Considero la formula ψ(x, t):
∃s∃a x = (s, a) ∧ t `e una funzione ∧ dom(t) = S(n) ∧ tn = s ∧ t(n) = a
Dato che ∀x ∈ (y × A)∃!tψ(x, t), allora per rimpiazzamento e
comprensione esiste z = {t | ∃x ∈ (y × A) ψ(x, t)}.
Quindi ϕ(n + 1, z).
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Ordinali §7
Per induzione (Teorema 7.16 (4)) X = ω, cio`e ∀n ∈ ω∃y ϕ(n, y ).
In altre parole abbiamo dimostrato che per ogni n ∈ ω esiste
n
def
A = {f | f : n → A} .
Per estensionalit`a ∀n ∈ ω∃!y ϕ(n, y ), quindi per rimpiazzamento e
comprensione esiste {y | ∃n ∈ ω ϕ(n, y )} e quindi per unione esiste
[
[
<ω def
n
A=
{y | ∃n ∈ ω ϕ(n, y )} =
A.
n<ω
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Nozioni definite §8
Ogni nuova relazione pu`o essere eliminata usando la sua definizione — per
esempio:
x ⊆ y `e sostituita da ∀z (z ∈ x ⇒ z ∈ y ),
x 6= ∅ `e sostituita da ∃y (y ∈ x),
etc.
Per introdurre nuove operazioni: x ∩ y , {x} , α + β, . . . o nuove costanti:
0, ω, . . . dobbiamo essere sicuri che questi oggetti esistano e siano unici.
Se S `e una teoria del prim’ordine e
S ` ∀x1 . . . ∀xn ∃!y ϕ(x1 , . . . , xn , y )
allora possiamo introdurre un simbolo F di funzione n-aria:
F (x1 , . . . , xn ) = l’unico y tale che ϕ(x1 , . . . , xn , y ).
L’uso del simbolo F pu`o quindi essere eliminato, sostituendo F (x1 , . . . , xn )
con y e aggiungendo che ϕ(x1 , . . . , xn , y ).
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Nozioni definite §8
Sia ϕ(x, y , z) la formula ∀v (v ∈ z ⇔ v ∈ x ∧ v ∈ y ) e S una teoria
contenete una istanza dell’assioma di comprensione sufficiente per
dimostrare S ` ∀x∀y ∃!zϕ(x, y , z). Allora possiamo introdurre in S la
funzione binaria x ∩ y . Una formula della forma x ∩ y ∈ A ∩ B pu`o essere
tradotta nel linguaggio ufficiale cos`ı:
∃z∃C (ϕ(x, y , z) ∧ ϕ(A, B, C ) ∧ z ∈ C ) o cos`ı
∀z∀C (ϕ(x, y , z) ∧ ϕ(A, B, C ) ⇒ z ∈ C ).
Dato che S ` ∀x∀y ∃!zϕ(x, y , z), le due formulazioni sono equivalenti.
La notazione {x | ϕ(x, y1 , . . . , yn )} significa che c’`e un unico z tale che
∀x (x ∈ z ⇔ ϕ(x, y1 , . . . , yn )).
Questa notazione funziona solo se S contiene l’assioma di estensionalit`a e
S ` ∀y1 , . . . , yn ∃z∀x (x ∈ z ⇔ ϕ(x, y1 , . . . , yn )).
Le operazioni parzialmente definite, quali α + β, le estendiamo a 0 su
tutto V × V.
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Classi e ricorsione §9
Intuitivamente, una classe `e una collezione della forma {x | ϕ(x)}. Se
def
questa collezione non `e un insieme, per esempio V = {x | x = x} o
def
Ord = {α | α `e un ordinale}, diremo che `e una classe propria.
Una classe propria `e una formula.
La funzione unione Un : V × V → V, (x, y ) 7→ x ∪ y , `e la formula ϕ(w )
∃x∃y ∃z (w = ((x, y ), z) ∧ ∀v (v ∈ z ⇔ v ∈ x ∨ v ∈ y )).
Quando diciamo che per ogni classe. . . in realt`a stiamo enunciando uno
schema di teoremi. Per esempio
Teorema 9.2 (Induzione transfinita su Ord)
Se ∅ =
6 C ⊆ Ord allora C ha un elemento minimo.
Dimostrazione.
Fissiamo α ∈ C: se α non `e il minimo, sia β = min (C ∩ α). Allora
β = min C.
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Classi e ricorsione §9
La dimostrazione del Teorema 9.2 `e identica a quella del Teorema 7.3(5).
Ma dal punto di vista logico sono molto differenti.
Formalmente il Teorema 9.2 andrebbe formulato cos`ı:
per ogni formula C(x, z1 , . . . , zn )
h
ZF ` ∀z1 , . . . , zn ∀x (C ⇒ x `e un ordinale) ∧ ∃xC
i
⇒ ∃x (C ∧ ∀y (C[y /x] ⇒ x ≤ y ))
La classe C del Teorema 9.2 diventa {x | C(x, z1 , . . . , zn )}. Se C(x, z) `e la
formula hx ∈ z la formula diventa il Teorema 7.3(5):
i
ZF ` ∀z 0 6= z `e un insieme di ordinali ⇒ ∃x ∈ z∀y ∈ z (x ≤ y )
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Classi e ricorsione §9
Quindi ci sono ℵ0 “tipi distinti” di classi, uno per ogni formula, ma grazie
ai parametri, le classi sono in quantit`a “classe propria”. Per esempio V \ z
`e una classe propria, per ogni insieme z, ed `e data dalla formula x ∈
/ z.
Una “dimostrazione per induzione transfinita su α che ∀αψ(α)” significa
dimostrare ` ∀α (∀β < α ψ(β) ⇒ ψ(α)), dato che se valesse ∃α¬ψ(α)
allora basta prendere il minimo α
¯ tale che ¬ψ(¯
α) e ottenere una
contraddizione.
Teorema 9.3 di ricorsione transfinita su Ord
Per ogni F : V → V c’`e un unica G : Ord → V tale che
∀α (G(α) = F(Gα)).
Dimostrazione dell’unicit`a.
Se G1 e G2 soddisfano la formula, dimostrare per induzione transfinita su
α che ∀α (G1 (α) = G2 (α)).
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Dimostrazione dell’esistenza.
Una δ-approssimazione `e una funzione g di dominio δ tale che
∀α < δ (g (α) = F(g α)).
Se g `e una δ-approssimazione e g 0 `e una δ 0 -approssimazione, allora
g (δ ∩ δ 0 ) = g 0 (δ ∩ δ 0 ). (Dimostrazione come per l’unicit`a).
Dobbiamo dimostrare che
∀δ (∀α < δ∃g (g `e α-approssimazione) ⇒ ∃g (g `e δ-approssimazione)).
Fissiamo δ e supponiamo che ∀α < δ∃g (g `e α-approssimazione). Per
l’unicit`a l’approssimazione `e unica — per rimpiazzamento sia gα la
α-approssimazione
(α < δ). Allora β < α ⇒ gβ ⊆ gα quindi se δ `e limite,
S
gδ = α<δ gα `e la δ-approssimazione. Se δ = α + 1, sia
gδ = gα ∪ {(α, F(gα ))}.
Quindi ∀δ∃g (g `e δ-approssimazione).
Definiamo G(α) = g (α), dove g `e una qualsiasi δ-approssimazione con
δ > α.
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Classi e ricorsione §9
Il Teorema 9.3 `e in realt`a uno schema di teoremi, uno per ogni classe (cio`e
formula): data una formula F(x, y , z1 , . . . , zn ), con eventualmente altre
variabili libere, possiamo trovare un’altra formula G(v , y , z1 , . . . , zn ),
ottenuta a partire da F come sopra, tale che
` ∀~z [∀x∃!y F(x, y , ~z ) ⇒ ∀α∃x∃y (G(α, y , ~z ) ∧ F(x, y , ~z ) ∧ x = Gα)]
dove x = Gα abbrevia:
x `e una funzione ∧ dom(x) = α ∧ ∀β ∈ dom(x) G(β, x(β), ~z ).
L’assioma del rimpiazzamento `e essenziale per la dimostrazione di
esistenza.
Per esprimere l’unicit`a del Teorema 9.3 si procede cos`ı: per ogni
G0 (v , y , z1 , . . . , zn ), si dimostra
h
` ∀~z ∀x∃!y F(x, y , ~z ) ∧ ∀α∃x∃y G0 (α, y , ~z ) ∧ F(x, y , ~z ) ∧ x = G0 α
i
⇒ ∀α∀y G(α, y , ~z ) ⇔ G0 (α, y , ~z )
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Classi e ricorsione §9
Ora possiamo (ri)definire le operazioni + e · in maniera ricorsiva. Sia
Fα : V → V


α
se x = 0,



S(x(β − 1))
se x : β → Ord e β `e successore,
Fα (x) = S
 {x(ξ) | ξ < β} se x : β → Ord e β `e limite,



0
altrimenti.
Quindi c’`e un’unica Gα : Ord → Ord tale che Gα (β) = α + β. L’ordinale
α `e un parametro quindi abbiamo trovato una formula ϕ(x, y , z) tale che
` ∀z, x∃!y ϕ(x, y , z)
dove ϕ `e (x e z ordinali ⇒ y = z + x).
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Cardinali §10
A - B se c’`e una funzione iniettiva A B.
A ≺ B se A - B ma B 6- A.
A ≈ B se c’`e una funzione biettiva A → B.
≈ `e una relazione di equivalenza, ma ogni classe di equivalenza `e una
classe propria.
Teorema 10.2 (Shr¨oder–Bernstein)
A - B ∧ B - A ⇒ A ≈ B.
Se A `e bene ordinabile, |A| `e il minimo α in biezione con A.
AC implica che |A| `e sempre definito e A ≈ B ⇒ |A| = |B| e A ≈ |A|.
|α| `e sempre definita, indipendentemente da AC.
α `e un cardinale sse α = |α| sse ∀β < α (α 6≈ β).
Lemma 10.5
|α| ≤ β ≤ α ⇒ |α| = |β|.
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Cardinali §10
Lemma 10.6
Se n ∈ ω allora n 6≈ n + 1 e ∀α (α ≈ n ⇒ n = α).
Corollario 10.7
ω `e un cardinale e ogni n ∈ ω `e un cardinale.
Definizione 10.8
A `e finito sse |A| < ω sse A ≈ n per qualche n ∈ ω.
A `e numerabile sse |A| ≤ ω.
Non `e possibile dimostrare in ZF − P che ci sono insiemi pi`
u che
numerabili.
Definizione 10.9
κ ⊕ λ = |κ × {0} ∪ λ × {1}|.
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κ ⊗ λ = |κ × λ|.
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Cardinali §10
Lemma 10.10
n ⊕ m = n + m < ω,
n⊗m =n·m <ω
Lemma 10.11
Se κ `e un cardinale infinito, allora `e un ordinale limite.
Teorema 10.12
Se κ `e un cardinale infinito, allora κ = κ ⊗ κ.
Corollario 10.13
Se κ e λ sono cardinali infiniti κ ⊕ λ = κ ⊗ λ = max(κ, λ) e |<ω κ| = κ.
` coerente con gli assiomi di ZF − P che ω sia l’unico cardinale infinito.
E
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Cardinali §10
Assioma 8 – Insieme potenza
∀x∃y ∀z (z ⊆ x ⇒ z ∈ y ).
Teorema 10.15 (Cantor)
X ≺ P(X ).
Il numero di Hartogs di X `e
Hartogs(X ) = ℵ(X ) = sup {α + 1 | α - X }
`e il pi`
u piccolo ordinale che non si immerge in X ed `e un cardinale. Quindi
Teorema 10.16
∀α∃κ (α < κ ∧ κ `e un cardinale).
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Cardinali §10
α+ `e il pi`
u piccolo cardinale maggiore di α.
Un cardinale successore `e un cardinale della forma α+ . Un cardinale limite
`e un cardinale > ω che non sia successore.
ℵα = ωα `e definito induttivamente come: ω0 = ω, ωα+1 = (ωα )+ e
ωλ = supα<λ ωα .
Lemma 10.19
1
Ogni ωα `e un cardinale,
2
ogni cardinale infinito `e un ωα per qualche α,
3
α < β ⇒ ωα < ωβ ,
4
ωα `e un cardinale limite se e solo se α `e limite.
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Cardinali §10
Lemma 10.20 (AC)
Se X Y allora Y - X e quindi |Y | ≤ |X |.
La dimostrazione del Teorema 10.16 mostra che in ZF− c’`e una suriezione
P(ω) ω1 , ma senza AC non si dimostra che ω1 - P(ω).
Lemma 10.21 (AC)
S
Se κ ≥ ω e |Xα | ≤ κ per ogni α < κ, allora α<κ Xα ≤ κ.
Dimostrazione.
S
Per ogni α scegliamo fα : Xα κ e sia f : α<κ Xα κ × κ,
f (x) = (fα (x), α) dove α `e minimo tale che x ∈ Xα .
A. Levy ha dimostrato che `e coerente con ZF che ω1 e P(ω) sono unioni
numerabili di insiemi numerabili.
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Cardinali §10
Una funzione n-aria su A `e una f : An → A — cio`e f ∈ A se n = 0.
B ⊆ A `e chiuso sotto f se f “B n ⊆ B — cio`e f ∈ B se n = 0.
Se S `e un insieme di funzioni finitarie su A,
T
{C ⊆ A | B ⊆ C ∧ ∀f ∈ S (C `e chiuso sotto f )}
`e la chiusura di B sotto S, cio`e `e il pi`
u piccolo sottoinsieme di A
contenente B che `e chiuso sotto tutte le f ∈ S.
Teorema (di L¨owenhein–Skolem–Tarski all’ingi`u) 10.23 (AC)
Sia κ un cardinale infinito e supponiamo
B ⊆ A e |B| ≤ κ,
S una famiglia di funzioni n-arie su A e |S| ≤ κ.
Allora la chiusura di B sotto S ha cardinalit`a ≤ κ.
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Cardinali §10
Dimostrazione.
Se f ∈ S n-aria e D ⊆ A sia f ∗ D = f “D n se n > 0 oppure {f } se n = 0.
Se |D| ≤Sκ allora |f ∗ D| ≤ κ. Sia C0 = B, Cn+1 = Cn ∪ {f ∗ Cn | f ∈ S}
e Cω = n<ω Cn . Allora Cω `e la chiusura di B sotto S e per il Teorema
10.21 |Cω | ≤ κ.
Esempio
Se (A; . . . ) `e una struttura in un linguaggio di cardinalit`a ≤ κ e B ⊆ A ha
cardinalit`a ≤ κ, allora la pi`
u piccola sottostruttura (C ; . . . ) contenente B
ha taglia ≤ κ.
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Cardinali §10
A
B = {f | f : A → B} ⊆ P(A × B) esiste per l’assioma potenza.
Definizione 10.25 (AC)
κλ = |λ κ|.
Lemma 10.26
Se λ ≥ ω e 2 ≤ κ ≤ λ, allora λ κ ≈ λ 2 ≈ P(λ).
Dimostrazione.
λ
λ
2 ≈ P(λ) per mezzo delle funzioni caratteristiche e
2 - λ κ - λ λ - P(λ × λ) ≈ P(λ).
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Cardinali §10
C B
( A) ≈ C ×B A e
B∪C
A ≈ B A × C A, se B ∩ C = 0, quindi
Lemma 10.27 (AC)
κ(λ⊕µ) = κλ ⊗ κµ .
Per il Teorema 10.25 2ωα ≥ ωα+1 .
Definizione 10.28 (AC)
CH `e l’enunciato 2ω = ω1 e GCH `e l’enunciato 2ωα = ωα+1 per ogni α.
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Cardinali §10
Definizione 10.29
f : α → β `e cofinale se ran(f ) `e illimitato in β, cio`e se
∀β 0 < β ∃α0 < α f (α0 ) ≥ β 0 .
Definizione 10.30
La cofinalit`a di β, cof(β), `e il pi`
u piccolo α per cui c’`e una f : α → β
cofinale.
cof(β) ≤ β e cof(β) = 1 ⇔ β `e successore.
Lemma 10.31
C’`e una f : cof(β) → β cofinale e crescente.
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Cardinali §10
Dimostrazione.
Se g : cof(β) → β `e cofinale, sia
f (η) = max(g (η), sup {f (ξ) + 1 | ξ < η}). Per costruzione
f : cof(β) → Ord, g (η) ≤ f (η) e f `e crescente. Basta verificare che
ran(f ) ⊆ β: se η < cof(β) `e il minimo tale che f (η) ≥ β, allora
f η : η → β sarebbe cofinale, contro la definizione di cof(β).
Lemma 10.32
Se α `e limite e f : α → β `e crescente e cofinale, allora cof(α) = cof(β).
Dimostrazione.
Se g : cof(α) → α `e crescente e cofinale, allora f ◦ g : cof(α) → β `e
crescente e cofinale. Quindi cof(β) ≤ cof(α).
Se h(ξ) = min η (f (η) > g (ξ)), allora h : cof(β) → α `e cofinale. Quindi
cof(α) ≤ cof(β).
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Cardinali §10
Corollario 10.33
cof(cof(β)) = cof(β).
Dimostrazione.
Applicare il Lemma 10.32 ad una funzione f : cof(β) → β crescente e
cofinale.
Definizione 10.34
β `e regolare sse β `e limite e β = cof(β).
Lemma 10.35
Se β `e regolare, allora `e un cardinale.
Lemma 10.36
ω `e regolare.
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Cardinali §10
Lemma 10.37 (AC)
κ+ `e regolare.
Dimostrazione.
Se f : α → κ+ fosse cofinale e α < κ+ , allora κ+ =
|f (β)| ≤ κ, quindi |κ+ | ≤ κ per il Lemma 10.21.
S
β<α f (β).
Ma
Lemma 10.38
Se α `e limite, cof(ωα ) = α.
Quindi se κ `e regolare e limite, allora κ = ωκ .
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Cardinali §10
Definizione 10.39
κ `e debolmente inaccessibile se `e regolare e limite.
(AC) κ `e fortemente inaccessibile se `e regolare e ∀λ < κ 2λ < κ .
Se κ `e fortemente inaccessibile allora κ `e debolmente inaccessibile. Il
viceversa vale se assumiamo GCH.
Lemma di K¨onig 10.40
Se κ `e infinito e cof(κ) ≤ λ, allora κ 6 λ κ, e quindi (AC) κλ > κ.
Dimostrazione.
Sia f : λ → κ cofinale e sia G : κ → λ κ. Per ogni α < λ l’insieme
{(G (β)) (α) | β < f (α)} ⊆ κ ha taglia < κ, quindi la funzione h : λ → κ,
h(α) = min (κ \ {(G (β)) (α) | β < f (α)}) `e ben definita. Se h = G (β)
per qualche β < κ, sia α < λ tale che β < f (α): allora h(α) 6= (G (β))(α):
contraddizione.
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Cardinali §10
Poich´e (2λ )λ = 2λ⊗λ = 2λ e cof(2λ ) ≤ 2λ , otteniamo:
Corollario 10.41 (AC)
Se λ ≥ ω, allora cof(2λ ) > λ.
Lemma 10.42 (AC + GCH)
Supponiamo

+

λ
κλ = κ+


κ
κ, λ ≥ 2 ed almeno uno dei due infinito.
se κ ≤ λ, (Caso 1)
se cof(κ) ≤ λ < κ, (Caso 2)
se λ < cof(κ) ≤ κ, (Caso 3).
Dimostrazione.
λ
Caso 1: segue dal Lemma 10.26. Caso
S 2: λκ > κ
S per il Lemma 10.40 e
λ
κ
κ
+
λ
κ = κ = 2 = κ . Caso 3: κ = α<κ α = λ≤α<κ λ α e se λ ≤ α
allora |λ α| ≤ |α α| ≤ |α|+ ≤ κ per il Caso 1.
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Cardinali §10
Definizione 10.43
<β
S
A = A<β = α<β α A.
(AC) κ<λ = <λ κ.
Se κ ≥ ω, allora κ<ω = κ e per l’Esercizio 15
κ<λ = sup{κθ | θ < λ e θ `e un cardinale}.
Definizione 10.44 (AC)
i0 = ω, iα+1 = 2iα , iγ = supα<γ iα se γ `e limite.
GCH `e equivalente a iα = ωα per ogni α.
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Altre teorie degli insiemi §12
Due teorie che adottano come nozione primitiva quella di classe:
NBG, la teoria Von Neumann–Bernays–G¨
odel, e
MK, la teoria Morse–Kelly.
Le lettere X , Y , Z , . . . variano sulle classi e le variabili x, y , z, . . . variano
sugli insiemi cio`e classi che appartengono ad altre classi.
NBG ha un assioma di comprensione per classi (o assioma di costruzione
di classi): per ogni formula ϕ(y , Z1 , . . . , Zn , w1 , . . . , wm ) in cui tutti i
quantificatori (se ce ne sono) quantificano su insiemi,
~ ∀~
~,w
~)
∀Z
w ∃X ∀y y ∈ X ⇔ ϕ(y , Z
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Altre teorie degli insiemi §12
Per formulare rigorosamente ci`
o possiamo usare un linguaggio con due
sorte di variabili, oppure usare un solo tipo di variabili (che varia sulle
classi) richiedere che ϕ sia ottenuta da una formula usuale rimpiazzando le
quantificazioni ∀x . . . e ∃x . . . con ∀x (∃y (x ∈ y ) ⇒ . . . ) e
∃x (∃y (x ∈ y ) ∧ . . . ).
NBG `e finitamente assiomatizzabile ed `e un’estensione conservativa di ZF.
ZF non `e finitamente assiomatizzabile (Capitolo III). MK non `e
finitamente assiomatizzabile e non `e un’estensione conservativa di ZF:
infatti MK dimostra fatti sui numeri naturali che ZF non dimostra.
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Eliminazione delle nozioni definite §13
LST `e il linguaggio ufficiale della teoria degli insiemi contenente solo ∈.
Sia Σ un insieme di enunciati di un linguaggio L ⊇ LST.
Se P ∈
/ L `e un simbolo di predicato n-ario, allora la teoria Σ pi`
u
0
l’enunciato di L = L ∪ {P}
∀x1 , . . . , xn (ϕ(x1 , . . . , xn ) ⇔ P(x1 , . . . , xn )) ,
dove ϕ `e una formula di L, si dice 1-estensione per definizione di Σ
mediante predicato.
Se f ∈
/ L `e un simbolo di funzione n-aria e se ϕ(x1 , . . . , xn , y ) `e una
formula di L tale che Σ ` ∀x1 , . . . , xn ∃!y (ϕ(x1 , . . . , xn , y )), allora la teoria
Σ pi`
u l’enunciato di L0 = L ∪ {f }
∀x1 , . . . , xn , y (ϕ(x1 , . . . , xn , y ) ⇔ f (x1 , . . . , xn ) = y )
si dice 1-estensione per definizione di Σ mediante funzione.
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Eliminazione delle nozioni definite §13
Se
L = L0 ⊆ L1 ⊆ · · · ⊆ Ln = L0 ,
Li+1 `e ottenuta aggiungendo un simbolo di predicato o un simbolo di
funzione a Li ,
Σ = Σ0 ⊆ Σ1 ⊆ · · · ⊆ Σn = Σ0 ,
Σi+1 `e una 1-estensione per definizione di Σi ,
diremo che Σ0 `e un’estensione per definizioni di Σ.
In ogni punto del corso lavoreremo sempre solo con un’estensione per
definizioni di ZF (o di ZFC, ZF− , etc.) dove L = L0 = LST.
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Eliminazione delle nozioni definite §13
Teorema 13.1
Se Σ0 in L0 `e un’estensione per definizioni di Σ in L, allora per ogni
ψ0 (x1 , . . . , xn ) di L0 c’`e una ψ(x1 , . . . , xn ) di L tale che
Σ0 ` ∀x1 , . . . , xn (ψ(x1 , . . . , xn ) ⇔ ψ0 (x1 , . . . , xn )).
Teorema 13.2
Se Σ0 in L0 `e un’estensione per definizioni di Σ in L, allora Σ0 `e
un’estensione conservativa di Σ in L.
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Formalizzazione della metateoria §14
La metamatematica `e quella disciplina che studia le affermazioni sulla
` parte della matematica
matematica: sistemi formali, dimostrabilit`a, etc. E
a tutti gli effetti e tipicamente lavora con oggetti piuttosto primordiali,
quali le formule, le variabili, etc. Le teorie della metamatematica in cui si
dimostrano fatti relativi ad una certa teoria del prim’ordine, per esempio
ZF, si dicono metateorie. La metateoria della teoria degli insiemi ha
carattere finitistico — essenzialmente `e una versione debole della teoria dei
numeri. Nella metateoria osserviamo che gli assiomi di ZF sono una lista
ricorsiva e che se T `e una teoria coerente che estende ZF, allora
{ϕ | T ` ϕ} non `e ricorsivo. Come conseguenza otteniamo il Primo
Teorema di Incompletezza di G¨
odel: se T `e ricorsivamente assiomatizzata
ed estende ZF, allora o `e incoerente oppure `e incompleta, cio`e c’`e un
enunciato σ che `e indipendente da T , vale a dire T 6` σ e T 6` ¬σ. Per
esempio AC `e indipendente da ZF, e CH `e indipendente da ZFC.
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Formalizzazione della metateoria §14
Se lavoriamo con una teoria sufficientemente potente (cio`e tale che
interpreta l’aritmetica di Peano) allora possiamo associare ad ogni oggetto
finitistico Ob un oggetto pObq della teoria in questione.
Esempio
0 `e il primo numero naturale, usato nella metateoria, mentre p0q `e il
simbolo di costante che introduciamo nella teoria degli insiemi, definito da
∀y (y = p0q ⇔ ∀x (x ∈
/ y )).
In modo analogo possiamo definire p1q, p2q, p3q, . . . Ad una sequenza
finita s di numeri nella metateoria associamo un oggetto psq in ZF: per
esempio ph8, 1, 5iq `e definito da
h
∀y y = ph8, 1, 5iq ⇔ y `e una funzione ∧ dom(y ) = p3q
i
∧ y (p0q) = p8q ∧ y (p1q) = p1q ∧ y (p2q) = p5q
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Formalizzazione della metateoria §14
Associamo p2iq alla variabile vi , e numeri dispari agli altri simboli, cos`ı che
ad ogni formula ϕ risulta associato pϕq. Ad ogni sequenza finita di
formule Υ associamo pΥq, quindi ogni dimostrazione pu`o essere codificata.
Teorema 14.1
Dato un insieme ricorsivo R di naturali, c’`e una formula ϕR (x) che
rappresenta R cio`e
n ∈ R ⇒ (ZF ` ϕR (pnq))
n∈
/ R ⇒ (ZF ` ¬ϕR (pnq)) .
Data un’affermazione A nella metateoria che riguarda insiemi ricorsivi
possiamo codificarla come A∗ e ottenere che ZF ` A∗ , per esempio
ZF ` ∀x ∈ ω (ϕpari (x) ∨ ϕpari (x + 1)).
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Formalizzazione della metateoria §14
Teorema 14.2 (G¨odel)
Se ϕ(x) `e una formula con esattamente una variabile libera, allora c’`e un
enunciato σ tale che ZF ` σ ⇔ ϕ(pσq).
(Niente dimostrazione.)
Teorema di Tarski sull’indefinibilit`a della verit`a
Non c’`e nessuna formula Truth(x) tale che per ogni enunciato σ:
ZF ` σ ⇔ Truth(pσq).
Dimostrazione.
Data una presunta formula di verit`a Truth(x), sia ϕ(x) la formula
¬Truth(x). Allora la σ del Teorema 14.2 garantisce che
ZF ` σ ⇔ ¬Truth(σ).
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Formalizzazione della metateoria §14
Primo Teorema di Incompletezza di G¨odel
Se T `e una teoria ricorsivamente assiomatizzata e coerente che estende
ZF, allora T `e incompleta.
Se T `e una teoria ricorsivamente assiomatizzata che estende ZF, per il
Teorema di rappresentabilit`a c’`e una formula Proof T (x, y ) che rappresenta
in ZF “x `e una dimostrazione in T di y ”, cio`e: per ogni formula ϕ e ogni
sequenza finita di formule Υ,
se Υ `e una derivazione di ϕ da T allora ZF ` Proof T (pΥq, pϕq), e
se Υ non `e una derivazione di ϕ da T allora ZF ` ¬Proof T (pΥq, pϕq).
Sia ThT (y ) la formula ∃xProof T (x, y ) e sia ConT l’enunciato
¬ThT (p∃v0 (v0 6= v0 )q).
Secondo Teorema di Incompletezza di G¨odel 14.3
Se T `e una teoria ricorsivamente assiomatizzata e coerente che estende
ZF, allora T 6` ConT .
(Niente dimostrazione)
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