SISTEMA NAZIONALE A RETE PER LA PROTEZIONE

ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 SISTEMA NAZIONALE A RETE PER LA PROTEZIONE DELL'AMBIENTE L’Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale è attualmente un disegno di legge e non una legge dello Stato Italiano. Lo ricordo en passant perché essendo un provvedimento atteso e in lavorazione da tanti anni, tre legislature se non erro, diversi lavoratori dell’ISPRA e delle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente oltre a tanti cittadini più attenti e sensibili alle questioni ambientali lo ritengono già come acquisito. Un po’ di cronaca. L’attuale disegno di legge è stato approvato dalla Camera dei Deputati il 17 aprile 2014 in un testo risultante dall’unificazione di tre disegni di legge: il n° 68, cosiddetto Realacci, Bratti; il n° 110, detto Bratti, Realacci e il 1945, De Rosa e altri. È stato quindi trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza del Senato il 23 aprile 2014. Al Senato ha preso il n° 1458 della XVII Legislatura e giovedì 15 maggio è stato assegnato in sede consultiva per i pareri alle Commissioni 1ª (Aff. costituzionali), 2ª (Giustizia), 5ª (Bilancio), 7ª (Pubbl. istruzione), 8ª (Lavori pubblici), 10ª (Industria), 12ª (Sanità), 14ª (Unione europea, Questioni regionali) e in sede referente alla 13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali). Dicevo un provvedimento atteso. Ultimamente si fa un gran parlare di riforme necessarie all’Italia per ridare slancio allo sviluppo economico e ammodernare l’architettura istituzionale. Bene, l’istituzione del Sistema Nazionale A Rete di Protezione Ambientale, individuata e proposta all’attenzione del Parlamento all’inizio del millennio da un gruppo di esperti dell’allora Anpa e delle agenzie regionali, è per antonomasia una di quelle. Dal lato economico, perché qualora approvata e applicata a dovere sarebbe un presupposto essenziale per il perseguimento dello viluppo sostenibile: definizione forse datata ma che riassume la necessità di innovazione ambientale e della consapevolezza che solo rispettando i limiti della natura ci può essere sviluppo duraturo e propulsore di benessere sociale e individuale. Viceversa un generico e indistinto rilancio dei consumi tout court sarebbe al confronto una droga momentanea che di fronte a un possibile sollievo immediato ti lascia poi più spossato e affranto di prima. L’innovazione ambientale oltre a essere incubatrice ideale per nuovi ambiti di business e iniziative imprenditoriali è essenziale anche alla manutenzione e alla sopravvivenza delle cosiddette filiere tradizionali. Pensiamo un attimo a quale sarebbe stata la situazione dell’industria italiana tutta se in questi dieci anni avessimo davvero fatto innovazione ambientale. Probabilmente il caso Ilva non sarebbe scoppiato con la drammaticità con la quale si è incagliato nella micidiale contrapposizione lavoro/salute. E la stessa considerazione si potrebbe fare per l’industria chimica, il settore dell’allumino, il comparto dei trasporti (se Fiat avesse fatto innovazione di prodotto in senso tecnologico/ambientale non si sarebbe cacciata nella profonda crisi di mercato nella quale ancora si dibatte) e via dicendo. Dal lato dell’architettura gestionale e di governo, perché l’istituzione del Sistema Nazionale A Rete di Protezione Ambientale rappresenta l’assetto necessario per dare omogeneità sul tutto il territorio nazionale ed efficacia all’azione conoscitiva e di controllo della qualità ambientale oltre che di prevenzione sanitaria a tutela della salute pubblica. Non è superfluo ricordare qui che un omogeneo parametrato e confrontabile livello tecnico scientifico dalla Sicilia al Veneto come dalla Puglia alla Valle d’Aosta passando per ogni regione italiana è un presupposto indispensabile di crescita civile ma anche di contenimento ai fenomeni di concorrenza impropria e alle derive della criminalità organizzata: pensiamo all’enorme problema della gestione dei rifiuti. Mettiamo ora la lente di ingrandimento su qualche contenuto specifico. Il primo da mettere in risalto è l’istituzione e la definizione dei LEPTA, ovvero dei Livelli Essenziali delle Prestazioni 1
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 Tecniche Ambientali. La Costituzione Italiana afferma all’art 117 “Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: … m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; … s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali”. A quasi settant’anni dalla sua approvazione questo disegno di legge viene ad applicare un dettato costituzionale, fosse solo per questo andrebbe approvato comunque. Ma c’è un’altra questione di rilevanza strategica della massima importanza. Tra le funzioni del costituendo sistema all’art. 3 comma 1 punto c) è riportata l’attività di ricerca e sviluppo, produzione, promozione e diffusione delle conoscenze sullo stato dell’ambiente, sulle fonti e sui fattori di inquinamento etc. e al comma 3 dello stesso articolo si afferma che lo svolgimento di tale compito avviene anche attraverso collaborazioni e convenzioni con Università, ENEA, CNR. Ecco un richiamo che nella fase di riorganizzazione della ricerca extra‐
universitaria italiana ci dà l’occasione di una riflessione di sistema. Atteso che la situazione attuale con 23 Enti o Istituti di ricerca richieda un processo riorganizzativo questo non può e non deve sottostare a una visione miope e di corto respiro come sarebbe una riaggregazione fatta col machete al solo fine semplificativo. Invece un approccio di forte valenza innovativa e funzionale che consenta alla ricerca italiana di tendere costantemente verso i massimi livelli tecnico‐scientifici internazionali dovrebbe basarsi su l’individuazione di sei/sette aree tematiche intorno alle quali aggregare le risorse intellettuali economiche e di lavoro nelle diverse funzioni da svolgere. In altre parole e per restare all’interno dell’area ambientale, le funzioni di supporto al Governo e alle Regioni, i controlli e le analisi, le ispezioni, le varie procedure autorizzative VIA VAS IPPC etc. non sono separabili né contrastano con l’attività di ricerca e sviluppo della conoscenza. Al contrario le une e le altre si rafforzano e si sostanziano da una convivenza intelligente e ordinata, da una contaminazione reciproca che dia alle prime la profondità teorica necessaria a dare servizi di primordine e alle seconde il costante confronto con l’evolversi delle domande che provengono dalla società e alle quali dare risposte. Un altro aspetto di rilievo che merita attenzione è la questione cosiddetta degli Open data. La ritroviamo sia all’art. 6 comma 1 punto l) nell’ambito delle funzioni di indirizzo e di coordinamento dell’ISPRA sia all’art. 11 comma 3 dove a proposito del Sistema Informativo Nazionale Ambientale si afferma che “È garantita, indipendentemente dalla sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, la divulgazione libera e accessibile della rete SINANET” a tutti gli enti, laboratori, professionisti e “in generale a tutti i cittadini”. Ho voluto mettere l’accento su questa questione perché recenti valutazioni di economisti anglo‐americani stimano l’effetto crescita conseguente alle occasioni di business e di fare impresa che possono scaturire dalla effettiva accessibilità in forma interoperabile dei dati ambientali in 2, dicasi due, punti di PIL. In un frangente nel quale ci si arrampica sullo zero virgola uno in più o in meno si capisce quanto questa sola misura potrebbe essere di impatto! Ci sarebbero ancora diversi altri contenuti di questo disegno di legge da illustrare, alcuni magari saranno comunque toccati dalle prossime relazioni sia pure con altre ottiche, cito al volo l’importanza della costituzione della rete nazionale dei laboratori accreditati, la carta geologica d’Italia, l’inventario dei fenomeni franosi in Italia, la difesa del suolo, il dissesto idrogeologico, la conoscenza dell’ambiente marino e la prevenzione dei rischi per la salute del mare e della fascia costiera etc. Ma vorrei concludere col proporre un paio di miglioramenti da apportare. Il primo riguarda una certa farraginosità e pesantezza applicativa di questo disegno di legge. All’art 9 comma 3 ad esempio è previsto che i LEPTA e i criteri di finanziamento per il loro raggiungimento siano stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’Ambiente che si avvale del Consiglio del Sistema nazionale, di concerto col Ministro della Salute, previa intesa in 2
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 sede di Conferenza permanente Stato/Regioni; e all’art 14 comma 3 a proposito del regolamento per individuare il personale ispettivo si prevede che sia emanato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per l’Ambiente, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze previa intesa in sede di Conferenza permanente Stato/Regioni e dulcis in fundo trasmesso alle Camere per l’espressione del parere da parte delle commissioni competenti per materia e profili di carattere finanziario. Mi pare un po’ troppo. L’auspicio è che in sede di discussione al Senato questi iter possano essere semplificati per rendere l’applicazione della legge più esigibile e snella senza venir meno al rigore e all’attenzione che la materia merita. Un ultimo richiamo d’attenzione prima di chiudere questa relazione. All’art 5 comma 1, intervenendo sulla legge 133 del 2008, si chiede al Ministro dell’Ambiente di individuare le funzioni degli organismi collegiali operanti nel ministero da trasferire all’ISPRA che ne assicura l’adempimento senza nuovi oneri finanziari, ma nulla si dice sul destino di quegli organismi collegiali. Non vorremmo che le funzioni vengano trasferite ad ISPRA senza oneri aggiuntivi ma quegli organismi continuino a esistere e ad assorbire risorse pur non avendo più compiti da svolgere. Infine la domanda che consegno alla tavola rotonda chiedendo scusa per il gergo dialettale, ma siamo a Roma, è : Je ‘a famo a vedella approvata, ‘sta riforma? Link al Disegno Di Legge: http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/testi/44340_testi.htm 3
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 CONTRIBUTO SU VIA VAS NORME DI RIFERIMENTO •
L’istituzione e la disciplina della Commissione VIA‐VAS e della Commissione AIA è prevista dall’articolo 8 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. •
Il decreto legislativo n. 128 del 2010 di modifica del 152/2006 ha disposto che la VIA tenga luogo dell’AIA nei procedimenti nei quali sono necessari ambedue i provvedimenti ai fini della costruzione e dell’esercizio dell’impianto. •
L’articolo 4 e 5 del collegato ambientale alla legge di stabilità 2014 ‐ Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali (collegato alla legge di stabilità 2014) Presentato il 12 febbraio 2014 ‐ prevede la Commissione tecnica unificata VIA/VAS/AIA e prevede inoltre che ISPRA effettui le verifiche tecniche per la verifica di ottemperanza alle prescrizioni VIA. RUOLO DI ISPRA NELLE PROCEDURE VIA‐VAS (informazioni rinvenibili nel sito ISPRA www.isprambiente.gov.it/it/temi/valutazione‐di‐impatto‐
ambientale‐via/attivita‐ispra‐di‐supporto‐alla‐commissione‐tecnica‐di‐verifica‐dell2019impatto‐
ambientale‐via‐vas). Dal 2008 ad oggi le attività si sono svolte a seguito della direttiva del Ministro dell’Ambiente (prot. Gab‐2008‐0012580 del 19/09/2008 “Supporto diretto e istruttorio al funzionamento della CTVA‐
VIA e VAS – Direttiva. Segnalazione di massima urgenza e priorità istituzionale”), al fine di affrontare una situazione emergenziale, ed è continuata negli anni successivi. Il supporto tecnico scientifico dell’ISPRA alla Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA‐VAS, viene espletato nell’ambito di una organizzazione multidisciplinare che vede coinvolte tutte le Unità tecniche dell’Istituto. Le attività tecnico‐scientifiche hanno come esito la predisposizione di documenti di analisi preistruttoria dei progetti e piani, su cui viene richiesto il supporto ISPRA, contenenti una valutazione inerente alla completezza dello studio, alla correttezza delle informazioni di base, alla solidità tecnico‐scientifica delle elaborazioni presentate dai soggetti proponenti alla Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA‐VAS. A tale fine viene costituito, per ogni progetto o piano, un Gruppo di Lavoro Tecnico ISPRA composto da un coordinatore e da più referenti tematici, con competenze sulle componenti ambientali interessate dalle diverse preistruttorie. Nel corso degli anni 2008 (da agosto), 2009, 2010, 2011, 2012 e 2013 dalla Commissione VIA e VAS (CTVA) sono state assegnate complessivamente a ISPRA 202 preistruttorie di cui 48 di VIA speciale, 121 di VIA ordinaria (categoria in cui sono conteggiati anche pareri, verifiche di ottemperanza, di assoggettabilità e di attuazione) e 33 di VAS, per ognuna delle quali è stato attivato un Gruppo di Lavoro Tecnico (GdLT) multidisciplinare e interno a ISPRA. La complessità delle tematiche affrontate necessita di un approccio multidisciplinare per poter approfondire i diversi aspetti ambientali e ingegneristici di volta in volta in gioco; in considerazione di ciò in questi anni il personale tecnico ISPRA coinvolto è stato pari a circa 250 unità, appartenenti a diversi Dipartimenti/Servizi dell’Istituto per poter coprire le competenze tecnico‐scientifiche connesse alla valutazione ambientale. L’attivazione di ISPRA avviene di volta in volta ad opera del Gruppo Istruttore. Da 2008 al 2013 Ispra è stata attivata su circa 1/3 del totale dei Decreti emanati. 4
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 PROPOSTA Il disegno di legge “Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente e disciplina dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale” trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza il 23 aprile 2014 prevede l’istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente. In particolare all’art. 1 si legge: “Al fine di assicurare omogeneità ed efficacia all’esercizio dell’azione conoscitiva e di controllo pubblico della qualità dell’am‐biente a supporto delle politiche di sostenibi‐lità ambientale e di prevenzione sanitaria a tutela della salute pubblica, è istituito il Si‐stema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente”. L’art. 3, relativo alla Funzioni del Sistema Nazionale, al comma 1 lettera “e” prevede: “supporto tecnico‐scientifico alle amministrazioni competenti per l’esercizio di funzioni amministrative in materia ambientale espressamente previste dalla normativa vigente, mediante la redazione di istruttorie tecniche e l’elaborazione di proposte sulle modalità di attuazione nell’ambito di procedimenti autorizzativi e di valutazione, l’esecuzione di prestazioni tecnico‐scientifiche analitiche e di misurazione e la formulazione di pareri e valutazioni tecniche anche nell’ambito di conferenze di servizi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241”. L’articolo 4 del collegato ambientale alla legge di stabilità 2014 introduce norme di semplificazione in materia di VIA mentre l’art. 5 prevede l’istituzione della Commissione tecnica unificata per i procedimenti VIA, VAS e AIA ed una riduzione del numero e dei compensi dei commissari. Attualmente la CTVA è composta da 75 membri che, il collegato alla Legge di Stabilità 2014 prevede di ridurre a 50. La norma prevede, infine, che sia l’ISPRA a effettuare le verifiche tecniche per la verifica di ottemperanza alle prescrizioni VIA, assicurando finalmente continuità e sistematicità al meccanismo dei controlli in itinere ed ex post, attualmente svolti, solo in via residuale, dai componenti della Commissione VIA. Coerentemente con quanto indicato dal citato disegno di legge relativo al sistema nazionale per la protezione ambientale e con quanto al momento previsto dal collegato alla legge di stabilità 2014, al fine di assicurare un approccio omogeneo ed un adeguato approfondimento delle analisi ambientali e tecniche necessarie, l’Istituto, che insieme con le Arpa farà parte del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente, potrebbe essere proposto come soggetto stabilmente chiamato in causa per svolgere una attività Istruttoria su tutte le opere sottoposte a procedura di VIA nazionale. In tal modo si potrebbe eventualmente prevedere ulteriore alleggerimento con l’abolizione definitiva delle commissioni VIA VAS AIA, determinando un risparmio economico al Paese, lasciando al Ministro titolato la responsabilità di prendere le decisioni in merito alle diverse opere, definendone la compatibilità ambientale e l’eventuale quadro prescrittivo. 5
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 COMPETENZE DELL’ISPRA IN MATERIA DI RIFIUTI La legislazione vigente in materia di rifiuti assegna moltissime competenze all’Istituto soprattutto per quanto riguarda la contabilità ed il monitoraggio del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio. Di seguito si riportando sinteticamente le principali linee di attività. •
Gestione del Catasto telematico dei Rifiuti di cui all’articolo 189 del d.lgs. n.152/2006 attraverso la raccolta, la validazione e l’elaborazione dei dati sulla produzione, raccolta differenziata e gestione dei rifiuti urbani e speciali; censimento annuale del sistema impiantistico dei rifiuti urbani. Predisposizione del Rapporto Rifiuti Urbani e del Rapporto rifiuti speciali. •
Realizzazione dell’elenco nazionale accessibile al pubblico delle autorizzazioni in procedura ordinaria e semplificata di tutte le attività di gestione dei rifiuti svolte sul territorio nazionale (ai sensi degli articoli 208, 209, 211e 214 del d.lgs. n. 152/2006); •
Predisposizione delle relazioni per la Commissione Europea relative all’implementazione di Direttive e Regolamenti (direttiva 2012/19/CE rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche; direttiva 2004/12/CE sui rifiuti di imballaggio; direttiva 2000/53/CE sui veicoli fuori uso; direttiva 2000/76/CE sull’incenerimento ed il coincenerimento dei rifiuti); direttiva 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori; predisposizione delle relazioni sul raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 11 della direttiva 2008/98/CE sui rifiuti urbani e sui rifiuti da costruzione e demolizione. •
Supporto tecnico e scientifico al MATTM per tutte le attività di monitoraggio e controllo della applicazione della normativa, nonché per la emanazione e modifica della normativa tecnica di settore. Consulenza e supporto tecnico e scientifico al MATTM nei lavori della Commissione europea attraverso la partecipazione ai Technical Adaptation Committee (TAC) e ai relativi Working groups sulle seguenti direttive: 2011/65/UE, 2008/98/EC, 2000/53/EC, 1994/62/EC, 1999/31/EC; partecipazione ai lavori del progetto europeo “End of waste” per i rifiuti di plastica. •
Attività di analisi e monitoraggio dei costi di gestione dei servizi di igiene urbana dei Comuni e dell’applicazione sperimentale della Tariffa (TIA) a livello nazionale attraverso l’analisi dei piani finanziari redatti dai Comuni. •
Supporto alle attività del Comitato di vigilanza e controllo RAEE (d.lgs. n. 49/14) e Pile ed Accumulatori (d.lgs. n. 188/2008), nell'espletamento dei suoi compiti tecnici e di tenuta ed aggiornamento del registro nazionale dei produttori di AEE e di pile ed accumulatori. •
Consulenza e supporto tecnico e scientifico alle Procure, al NOE, per la classificazione dei rifiuti e per gli impianti di discarica e/o di gestione dei rifiuti. Gli interventi normativi dovrebbero andare nella direzione di una integrazione della normativa di settore con la finalità di chiarire il ruolo che si intende assegnare all’Istituto. Al contrario si assiste al proliferare di una legislazione spesso emergenziale (vedi decreto ILVA, decreto terra dei fuochi, ecc.) e frammentata che perde di vista il quadro d’insieme che spesso rende inattuabile il monitoraggio ambientale e difficoltoso il controllo. Un esempio su tutti è rappresentato dalle competenze assegnate all’Istituto in materia di contabilità dei rifiuti. Non si può non evidenziare che sin dalla sua istituzione (avvenuta con Decreto legge 397/1988 convertito con modificazioni dalla Legge 475/1988) il catasto dei rifiuti era alimentato dalle informazioni che tutti i soggetti che titolo professionale svolgevano attività di raccolta e di trasporto di rifiuti, di gestione dei rifiuti, nonché i produttori degli stessi dovevano 6
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 comunicare. Dal 1994 tale comunicazione è avvenuta attraverso il MUD. Il sistema così articolato, pur con i limiti legati alle tempistiche con i quali i dati potevano essere resi disponibili, ha consentito negli anni la realizzazione di uno dei sistemi di contabilità migliori a livello europeo. Le modifiche apportate al TU che saranno in vigore per il Catasto a partire dal 01/01/2015 (articolo 101 del D.L. 11/2013, modificato dall'articolo 10, comma 3‐bis, D.L. 150/2013) prevedono l’alimentazione della base dati del catasto attraverso il SISTRI eliminando definitivamente il MUD. La ratio della mancata previsione dell’obbligo annuale della dichiarazione MUD era finalizzata ad un sistema SISTRI che tracciando in tempo reale tutte le movimentazioni di rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi poteva garantire una migliore informazione sia per i tempi che per la qualità dei dati. Tuttavia, il SISTRI, così come modificato, esclude la maggior parte dei soggetti, prima obbligati al MUD, dall’obbligo di adesione al sistema di tracciabilità dei rifiuti e, in tal modo, rende impossibile assicurare un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato dei dati relativi ai rifiuti attraverso il Catasto. In mancanza dei dati forniti con la dichiarazione annuale MUD risulta, quindi, impossibile adempiere agli obblighi di comunicazione previsti dalle Direttive e dai Regolamenti comunitari in materia di rifiuti, con conseguente attivazione di procedure di infrazione a carico dello Stato Italiano. La disponibilità di una base informativa consolidata e sufficientemente completa, inoltre, costituisce un elemento fondamentale di valutazione per la programmazione delle necessarie azioni di prevenzione della produzione dei rifiuti e per la corretta pianificazione della gestione. La semplificazione e la razionalizzazione delle procedure, obiettivi ampiamente condivisibili in un contesto di modernizzazione, semplificazione e razionalizzazione dell’impianto giuridico, non vanno perseguiti attraverso il meccanismo della deregolamentazione ma richiederebbero un potenziamento del sistema dei controlli, e la definizione di norme tecniche adeguate, facilmente applicabili e in qualche modo “certificate” da strutture tecniche, esperte in materia. La frammentazione della regolamentazione e la mancata attribuzione di un ruolo chiaro in materia all’ISPRA non consente all’Italia di stare al passo con i Paesi dell’Unione più avanzati nel settore dei rifiuti (Olanda, Danimarca, Svezia, Francia, Germania) impedendo, non solo un efficace monitoraggio e controllo dell’applicazione della normativa, ma anche la pianificazione di eventuali misure correttive e migliorative del sistema. Questa impostazione è stata spesso la causa delle note emergenze ambientali che assurte agli onori della cronaca hanno comportato, oltre al danno strettamente ambientale, al danno economico anche imbarazzo a livello internazionale (protrarsi dell’emergenza rifiuti in Campania, ILVA Taranto, terra dei fuochi, ecc.). Questa fase di ristrutturazione dell’Istituto può rappresentare l’occasione per ripensare il sistema valorizzando le esperienze maturate negli anni, fornendo una efficace risorsa al Paese. Il modello che si auspica è quello presente in diversi Paesi dove le Agenzie per l’ambiente rappresentano veri e propri Enti di normazione in grado di adeguare il sistema attraverso la predisposizione di manuali e linee guida, concordate tra le parti, e facilmente modificabili in base al progresso scientifico e tecnologico coniugato ad un sistema di controlli che consenta di monitorare il territorio. 7
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 IL CONSUMO DI SUOLO Il suolo è una risorsa naturale limitata, di fatto non rinnovabile, necessaria per la produzione alimentare e il supporto alle attività umane, per la chiusura dei cicli degli elementi nutritivi, per l’equilibrio della biosfera e dell’intero ecosistema e per la conservazione del patrimonio naturale, dalla tutela delle acque alla salvaguardia della biodiversità, dagli effetti sul microclima e sulle dinamiche climatiche di larga scala al manifestarsi degli eventi franosi ed alluvionali, dalla perdita di fertilità alla disponibilità di sedimenti per le dinamiche fluviali e costiere. È per tutte queste ragioni, cioè per la tutela dei servizi ecosistemici forniti dal suolo che è necessaria e urgente una regolamentazione del suo consumo, attraverso politiche sia dirette di limitazione e di indirizzo, sia indirette per la riqualificazione dei centri urbani e il riuso del patrimonio edilizio esistente. Anche perché, come dimostrano i dati pubblicati dall’ISPRA nel recente Rapporto sul consumo di suolo in Italia1, nonostante la crisi, non diminuisce la velocità di trasformazione del territorio in aree artificiali: negli ultimi 3 anni analizzati altri 720 km2, 0,3 punti percentuali in più rispetto al 2009, sono stati coperti da cemento e asfalto, un’area pari alla somma dei comuni di Milano, Firenze, Bologna, Napoli e Palermo. In termini assoluti, si è passati da poco più di 21.000 km2 del 2009 ai quasi 22.000 km2 del 2012, mentre in percentuale è ormai perso irreversibilmente il 7,3% del nostro territorio (era il 2,9% negli anni ’50, il 5,4% nel 1989). A dimostrarlo, anche la rapidità con cui si perde terreno che, contrariamente alle aspettative, non rallenta e continua procedere al ritmo di 8 m2 al secondo, circa 70 ettari al giorno, con oscillazioni marginali intorno a questo valore nel corso degli ultimi venti anni. Si tratta di un suolo che continua a essere coperto, ininterrottamente, da edifici, capannoni, strade, cave, discariche, cantieri, cortili, piazzali, serre, aeroporti, porti, ferrovie, pannelli fotovoltaici e tutte le altre aree impermeabilizzate, non necessariamente urbane, con la conseguente perdita di aree aperte naturali o agricole. I valori percentuali più elevati si registrano nel Nord Italia. Ma, mentre nelle regioni del Nord‐
Ovest assistiamo a una fase di rallentamento della crescita, nel Triveneto e in Emilia Romagna si mantiene un tasso di consumo di suolo elevato, dovuto principalmente alla continua diffusione urbana che si riscontra nella pianura padano‐veneta. Nel 2012, in 15 regioni viene superato il 5% di suolo consumato, con le percentuali più elevate in Lombardia e in Veneto (oltre il 10%) e in Emilia Romagna, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia dove troviamo valori compresi tra l’8 e il 10%. I risultati ottenuti per i principali comuni evidenziano percentuali generalmente molto più elevate del resto del territorio, confermando la drammatica situazione di alcune delle nostre città, dove lo spazio comunale è stato consumato con percentuali che superano anche il 60% della superficie amministrata. I dati proposti mostrano la gravità della progressiva erosione della risorsa suolo a fini edificatori e infrastrutturali, con la progressiva trasformazione di città compatte in insediamenti diffusi, caratterizzati da bassa densità abitativa. Tali dinamiche non sono, infatti, giustificate da analoghi aumenti di attività economiche o di popolazione: se negli anni ’50 erano irreversibilmente persi 178 metri quadrati per ogni italiano, nel 2012 il valore raddoppia, passando a quasi 370 metri quadrati. La dispersione insediativa, inoltre, frammenta e causa il deterioramento del territorio, del paesaggio e dell’ambiente anche laddove questo non venga direttamente investito da coperture artificiali, rendendo gli spazi interclusi difficilmente recuperabili. Tale situazione rende necessario un monitoraggio continuo del consumo del suolo. A questo scopo, ISPRA, in collaborazione con le Agenzie per la Protezione dell’Ambiente delle Regioni e delle Province Autonome (ARPA e APPA), ha avviato negli ultimi anni una serie di attività, in grado di fornire un quadro conoscitivo fondamentale per l’analisi e la valutazione dei processi insediativi 1
http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/il‐consumo‐di‐suolo‐in‐italia 8
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 e degli impatti dell’espansione urbana e della progressiva cementificazione del territorio, con la perdita, spesso irreversibile, di una preziosa e limitata risorsa ambientale. Il monitoraggio del consumo di suolo si basa sull’impiego di diverse fonti, sia cartografiche, sia campionarie, permettendo di ricostruire l’andamento del consumo di suolo in Italia dal secondo dopoguerra ad oggi, mediante una metodologia di campionamento stratificato, che unisce la fotointerpretazione di ortofoto e carte topografiche storiche con dati telerilevati ad alta risoluzione. La rete di monitoraggio del consumo di suolo (a cura di ISPRA, ARPA e APPA) rappresenta il riferimento ufficiale a livello nazionale per le informazioni statistiche derivanti dal monitoraggio del consumo di suolo ed è presente all’interno del Programma Statistico Nazionale 2014‐2016 come specifica indagine. ISPRA è titolare di tale indagine che vede anche il contributo dell’Istat per gli aspetti metodologici‐tecnici. Questa indagine campionaria viene attualmente integrata con altre cartografie, necessarie sia per garantirne la validazione, sia per assicurare una maggiore e più coerente spazializzazione dei dati. Il consumo di suolo viene, quindi, valutato affiancando a banche dati cartografiche ad alta risoluzione, un monitoraggio su base puntuale che permette di superare il limite della minima unità cartografabile e di arrivare a stime più affidabili e accurate. In particolare, si riescono in tal modo a considerare le superfici artificiali disperse sul territorio che spesso hanno una dimensione, singolarmente, molto piccola. L’utilizzo congiunto di un metodo campionario ha perciò consentito di registrare anche i micro‐cambiamenti, di derivare indicatori affidabili, di valutarne l’accuratezza e di stimare gli errori. Oltre alla rete di monitoraggio del consumo di suolo, ISPRA, con riferimento ai dati di copertura e di uso del territorio, continua a produrre regolarmente la cartografia Corine Land Cover per l’Italia, che, pur con i limiti derivanti dalla scala di riferimento non sufficientemente dettagliata per analisi a scala locale, costituisce una mappatura completa del territorio nazionale omogenea e confrontabile a livello europeo. ISPRA è coinvolto anche nel programma Copernicus (precedentemente noto come GMES ‐ Global Monitoring for Environment and Security) che prevede la produzione di dati ad alta risoluzione relativi all’impermeabilizzazione del suolo e alle aree edificate, alle foreste, ai prati‐pascoli, alle aree umide e ai corpi idrici. Tali dati sono realizzati con un dettaglio spaziale notevolmente superiore al Corine Land Cover. Nel 2014 sono state avviate da ISPRA anche le attività di mappatura del territorio nazionale e del consumo del suolo con una risoluzione ancora più elevata, che permetterà di migliorare ulteriormente l’accuratezza delle stime e la qualità della rappresentazione cartografica. Le attività di ISPRA e del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente sono così oggi in grado di attuare un monitoraggio continuo del consumo e dell’impermeabilizzazione del suolo nel nostro Paese e di garantire la disponibilità di un quadro conoscitivo di riferimento per la definizione e la valutazione delle politiche a livello nazionale, regionale e comunale, e lo saranno sempre di più in futuro, grazie anche allo sviluppo del programma Copernicus e al lancio dei satelliti Sentinel‐2, previsto per il 2015. Questi satelliti forniranno immagini multispettrali ad alta risoluzione che potranno essere impiegate per il monitoraggio del consumo di suolo e per l’elaborazione di carte di copertura del suolo. La frequente acquisizione delle immagini permetterà l’aggiornamento delle elaborazioni anche in periodi di tempo più ravvicinati. *********** Attualmente vi sono numerose duplicazioni tra le attività del Sistema ISPRA ‐ Agenzie regionali e provinciali nell’ambito della raccolta e catalogazione di dati e informazioni territoriali e ambientali (incluse le attività di sviluppo del SINA e di attuazione della direttiva INSPIRE), con iniziative tecniche dirette da parte del Ministero dell’ambiente quali ad esempio lo sviluppo del Geoportale 9
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 nazionale e il Piano Straordinario di Telerilevamento Ambientale. La domanda che si pone è se si ritiene opportuno superare le divisioni e duplicazioni dei sistemi informativi di dati e informazioni territoriali e ambientali conferendo alle strutture tecniche e di ricerca la gestione davvero integrata ed open access della conoscenza e dell’informazione ambientale? 10
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 IL DISSESTO IDROGEOLOGICO IN ITALIA Le frane in Italia L’Italia è uno dei paesi europei maggiormente interessati da fenomeni franosi. Ogni anno oltre un migliaio di frane colpiscono il territorio nazionale e solo negli ultimi 5 anni gravi eventi di frana hanno causato vittime e ingenti danni a centri abitati e a infrastrutture di comunicazione, come ad esempio nel 2014 a Roma con 66 frane nell’area urbana; nel 2013 nelle province di Parma e Reggio Emilia (es. frana di Capriglio nel comune di Tizzano Val Parma); il 5 agosto 2012 in Alta Valle dell’Isarco (BZ); il 25 ottobre 2011 nelle Cinque Terre, Val di Vara (SP) e Lunigiana (MS); il 31 ottobre 2010 a Massa (MS); il 12 aprile 2010 a Merano (BZ); l’11 marzo 2010 a Montaguto (AV); il 15 febbraio 2010 a Maierato (VV); il 13 febbraio 2010 a San Fratello (ME); il 1 ottobre 2009 a Giampilieri (ME); il 18 luglio 2009 a Borca di Cadore (BL) e il 25 gennaio 2009 sull’Autostrada A3 ad Altilia (CS). L’ISPRA in collaborazione con le Regioni e Province Autonome d’Italia realizza l’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (Progetto IFFI). L’Inventario fornisce un quadro di dettaglio sul dissesto 2
da frana in Italia e ha censito, ad oggi, 499.511 frane che interessano un’area di 21.182 km , pari al 7% del territorio nazionale. L’adozione di una metodologia standardizzata di lavoro ha permesso di ottenere dati omogenei e confrontabili a scala nazionale. L’Inventario IFFI è la banca dati sulle frane più completa e di dettaglio esistente in Italia, per la totale copertura del territorio nazionale, il dettaglio della cartografia delle frane (scala 1:10.000) ed il numero di parametri ad esse associati. Tuttavia esiste una forte criticità relativa all’aggiornamento della banca dati dell’Inventario IFFI su tutto il territorio nazionale: i dati sono aggiornati al 2007 per la maggior parte delle Regioni, al 2008 per la Regione Liguria e al 2013 solamente per l’Emilia Romagna, il Friuli Venezia Giulia e la Basilicata (Annuario dei Dati Ambientali, ISPRA, Ed. 2013). A tale riguardo è stata predisposta una proposta tecnico‐economica di rifinanziamento del Progetto IFFI, approvata dalla Conferenza Stato‐Regioni il 23 ottobre 2012, che deve essere ancora attuata. Nell’ottica della mitigazione del dissesto idrogeologico, oltre alla realizzazione degli interventi strutturali, risulta strategico assegnare una quota delle risorse per la difesa del suolo all’attività conoscitiva a scala nazionale, anche secondo quanto stabilito dagli artt. 55 e 72 del Dlgs. 152/2006. In merito all’attività di informazione e diffusione delle informazioni sul dissesto da frana, l’ISPRA eroga, dal 2005, il servizio di cartografia online del Progetto IFFI che registra oltre 100.000 contatti l’anno (http://www.progettoiffi.isprambiente.it). Le alluvioni in Italia 2 Le aree ad alta criticità idraulica sono pari a 12.263 km (elaborazione MATTM – Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, 2008) e comprendono: aree a pericolosità da alluvione elevata e molto elevata (P3, P4), aree a rischio da alluvione elevato e molto elevato (R3, R4), aree d’alveo, aree golenali, aree di fascia A, B, C con tempi di ritorno minori o uguali a 200 anni (Tr ≤ 200) perimetrate nei Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) redatti dalle Autorità di Bacino, Regioni e Province Autonome (fonte: Il rischio idrogeologico in Italia, MATTM, 2008). Le aree a criticità idraulica, che comprendono oltre alle aree suddette anche le aree a pericolosità da alluvione con tempi di ritorno fino a 500 anni (Tr ≤ 500) e le aree di attenzione, sono pari a 23.903 2 1
km (elaborazione ISPRA 2012) . 11
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 1 Le elaborazioni sono state effettuate precedentemente alla redazione delle nuove mappe di pericolosità idraulica ai sensi del D.lgs. 49/2010 (Recepimento della Direttiva Alluvioni 2007/60/CE) prodotte dalle Autorità di Bacino/Distretto Idrografico nel giugno 2013. Popolazione esposta a frane e alluvioni L’ISPRA ha sviluppato per il Ministero dello Sviluppo Economico ‐ Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica ‐ Unità di Valutazione degli Investimenti Pubblici, gli indicatori Popolazione esposta a fenomeni franosi e Popolazione esposta ad alluvioni. La popolazione esposta a fenomeni franosi in Italia ammonta a 995.484 abitanti (Annuario dei Dati Ambientali ‐ ISPRA, Ed. 2013, in corso di pubblicazione). La popolazione esposta ad alluvioni in Italia, considerando lo scenario massimo atteso (aree a criticità idraulica con tempo di ritorno fino a 500 anni) ammonta a 6.153.860 abitanti (Tematiche in primo Piano ‐ Annuario dei Dati Ambientali ‐ ISPRA, Ed. 2012). La stima è stata effettuata intersecando, in ambiente GIS, le sezioni di censimento ISTAT 2001 rispettivamente con le frane dell’Inventario IFFI e con le aree a pericolosità idraulica perimetrate nei Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) redatti dalle Autorità di Bacino, Regioni e Province Autonome. Per “popolazione esposta” a fenomeni franosi o ad alluvioni si intende la popolazione residente esposta al rischio di danni alla persona (morti, dispersi, feriti, evacuati). Punti di criticità per frane lungo le infrastrutture lineari di comunicazione Per quanto riguarda le principali infrastrutture lineari di comunicazione l’ISPRA ha stimato 720 punti di criticità per fenomeni franosi lungo la rete autostradale e 1.862 lungo la rete ferroviaria. In tali punti i tracciati autostradale e ferroviario potrebbero essere interessati dalla riattivazione di frane già censite e cartografate nell’Inventario IFFI. Occorre precisare che tali stime sono da intendersi come cautelative in quanto non sono stati considerati gli eventuali interventi strutturali di consolidamento e bonifica dei versanti effettuati lungo i tracciati. Beni Culturali esposti a rischio idrogeologico L’ISPRA ha stimato oltre 5.500 Beni Culturali (Beni Architettonici, Beni Archeologici e Contenitori moderni di opere d’arte) esposti a rischio frane. La stima è stata ottenuta in ambiente GIS utilizzando le frane dell’Inventario IFFI e la banca dati dei beni culturali (Progetto Carta del Rischio) realizzata dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (ISCR). I Beni Culturali esposti a rischio idraulico sono 11.155. Monitoraggio dell’attuazione degli interventi di Difesa del Suolo L’ISPRA svolge, per conto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, l’attività di monitoraggio dell’attuazione degli interventi di Difesa del Suolo finanziati dal MATTM. Dal 1999 ad oggi sono stati finanziati 4.908 interventi per un totale di 4,47 miliardi di euro. Di questi, 1.604 interventi sono relativi agli Accordi di Programma 2010‐2011, cofinanziati dalle Regioni e Province Autonome. Il Repertorio Nazionale degli interventi per la Difesa del Suolo (ReNDiS), implementato da ISPRA e disponibile online all’indirizzo http://www.rendis.isprambiente.it, raccoglie le informazioni sugli interventi monitorati. Il principale obiettivo del Repertorio è la formazione di un quadro unitario, costantemente aggiornato, delle opere e delle risorse impegnate nel campo di difesa del suolo, condiviso tra tutte le Amministrazioni che operano nella pianificazione ed attuazione degli interventi. In questo senso la banca dati ReNDiS si propone come uno strumento conoscitivo utile a migliorare il coordinamento e, quindi l'ottimizzazione, della spesa nazionale per la difesa del suolo, nonché di favorire la trasparenza e l'accesso dei cittadini alle informazioni. 12
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 IL TEMA DELLA BIODIVERSITÀ Nel campo della biodiversità ai sensi delle norme vigenti l’Ispra è chiamata a svolgere numerose attività che includono tra l’altro: •
supporto e consulenza alle Pubbliche Amministrazioni, •
consulenza ad associazioni e soggetti privati, •
supporto a Istituzioni europee e internazionali (CoE, CE, AEA, CBD, IUCN, ecc.), •
monitoraggio e sperimentazione. In occasione di questa iniziativa, la domanda che si intende porre alla Politica è la seguente: Il testo di legge sul nuovo sistema nazionale delle agenzie, pur orientato a un riordino e a una riorganizzazione del sistema e delle sue competenze, sebbene individui tra i suoi obiettivi anche la tutela delle risorse naturali, non fa riferimento in modo esplicito alla conservazione della biodiversità. Le Agenzie hanno molte competenze rispetto al monitoraggio e al controllo dell’ambiente. Tuttavia nel campo della biodiversità le competenze sono attribuite sulla base della normativa vigente (ad. Es. L. 157/92) ad altri soggetti che fanno capo alle Regioni (Osservatori regionali biodiversità, Uffici tecnici degli Assessorati Ambiente e Caccia), alle Province (Uffici tecnici ambiente e caccia) e alle Aree Protette. Come si integreranno le attività che Ispra svolge nel campo della biodiversità con quelle delle ARPA/APPA nel nuovo sistema agenziale? 13
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 ATTIVITA' SULLA FAUNA SELVATICA Compiti provenienti dall’ex‐INFS ora ISPRA: 1. svolge attività istituzionali di consulenza (ex L. 157/92, DPR 120 e DPR 357) in materia di gestione faunistica e venatoria; attività di consulenza così come richiesto alle leggi regionali di recepimento della Legge n. 157/92; consulenza tecnico‐scientifica in supporto alle attività istituzionali del MATTM e MIPAF; rappresentanza negli organi consultivi nazionali, comunitari ed internazionali; attività del Centro Nazionale di Inanellamento (CNI) e del Laboratorio di genetica della conservazione; supporto alle attività MATTM in applicazione della CITES; attività specialistica di raccolta dati sul campo in ambito di progetti di monitoraggio della biodiversità, in supporto a specifiche richieste della PA; gestione di banche di dati faunistici e di biodiversità a supporto dell’attività di consulenza; 2. fornisce supporto al MATTM per la definizione ed organizzazione delle attività di monitoraggio e reporting richieste dalla Direttiva Habitat (92/43/CEE) e dalla Direttiva Uccelli (2009/147/CE), le quali rappresentano i principali pilastri della politica comunitaria per la conservazione della natura e comportano obblighi di rendicontazione periodica sia dello stato di conservazione delle specie e degli habitat di interesse comunitario, sia dei loro trend e prospettive future, sia degli interventi di tutela attuati dallo Stato Italiano; 3. svolge attività di monitoraggio e ricerca in ambito faunistico: distribuzione e dinamica di popolazione degli uccelli italiani, stagionalità ed eco‐fisiologia della migrazione, meccanismi di orientamento negli uccelli migratori, risposta degli uccelli migratori al mutamento climatico, ecologia degli uccelli coloniali ed ittiofagi, ecologia e popolazione dei rapaci in Italia, biologia riproduttiva di specie di uccelli acquatici e marini, problematiche legate all’uso del piombo nelle munizioni da caccia; sistematica molecolare di specie, sottospecie, popolazioni di vertebrati di particolare rilevanza conservazionistica; monitoraggio genetico non‐invasivo; identificazione di popolazioni e individui ibridi; genetica forense; conservazione della variabilità genetica in popolazioni di vertebrati; dinamica dell’ibridazione ed introgressione genetica fra popolazioni selvatiche e domestiche; demografia ed ecologia di ungulati, lagomorfi e micromammiferi, analisi di uso dello spazio e modelli di dispersione ed espansione di mammiferi di interesse gestionale; impatto delle specie aliene sulla biodiversità ed effetti degli interventi di eradicazione faunistica, specie animali indicatrici di qualità ambientale,pianificazione miglioramenti degli habitat e della gestione faunistica, modelli epidemiologici indirizzati all’analisi delle modalità di gestione delle popolazioni, tecniche di ripristino ambientale e di mitigazione degli impatti delle operazioni agricole sulla fauna selvatica, modalità di coinvolgimento degli imprenditori agricoli e dei proprietari dei fondi nelle azioni di conservazione della biodiversità. Queste attività di consulenza, monitoraggio e ricerca rappresentano una componente importante per la conoscenza, conservazione ed uso sostenibile delle risorse faunistiche nel nostro Paese, e si sviluppano tramite estese collaborazioni con il sistema nazionale delle aree protette e gli enti locali. Non sembra, tuttavia, che i disegni di legge sul riordino del sistema agenziale tengano in considerazione queste problematiche. La domanda è la seguente: “Come è possibile che ISPRA (dove la “R” sta per “Ricerca”) possa immaginare di sviluppare attività di ricerca di livello nazionale ed europeo in queste condizioni di vera e propria oppressione burocratica; il carico di attività burocratiche e la lentezza dei procedimenti 14
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 amministrativi di fatto impediscono la realizzazione delle attività di ricerca. Anche in vista di una riforma degli enti pubblici di ricerca: perché non è possibile immaginare un impianto amministrativo dedicato agli EPR, fondato sulla semplificazione e responsabilizzazione dei ricercatori? Perché non legare le attività degli uffici amministrativi al conseguimento degli obiettivi dei programmi di ricerca?” 15
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 UNA RETE DI LABORATORI PER I CONTROLLI, IL MONITORAGGIO E LA RICERCA AMBIENTALE La ricerca finalizzata al monitoraggio e al controllo ambientale deve garantire che l’ambiente e i consumatori siano tutelati in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Questo implica che la qualità delle acque, del suolo e dell’aria siano controllati e monitorati seguendo procedure armonizzate in modo che i dati ottenuti siano tra loro confrontabili (ad esempio i dati ottenuti a Canicattì devono essere confrontabili ai dati ottenuti a Tarvisio). A chi è affidato il compito di garantire la produzione di dati omogenei? Un ruolo fondamentale nelle attività di monitoraggio e controllo lo giocano i laboratori del Sistema ISPRA/ARPA/APPA, poiché i dati prodotti sono la base imprescindibile per il controllo della qualità delle matrici ambientali e delle decisioni in materia di tutela dell’ambiente e dei cittadini. In questi anni molto è stato realizzato per l’armonizzazione delle procedure utilizzate dai laboratori del Sistema e la proposta di legge che istituisce il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente sistematizza molto del lavoro fatto su base volontaristica dalla costituzione del Sistema ISPRA/ARPA/APPA. I laboratori del Sistema costituiscono già una rete in cui la qualità dei dati prodotti è centrale. Infatti, la maggior parte dei laboratori ISPRA/ARPA/APPA sono accreditati per le prove o le tarature e in questo Sistema a rete, il Servizio di metrologia ambientale di ISPRA costituisce uno dei nodi accreditati ed è il riferimento per l’armonizzazione delle procedure di misura utilizzate nelle attività di monitoraggio e controllo ambientale. Alcuni numeri per concretezza: in Italia operano circa 80 laboratori ARPA/APPA che analizzano oltre 630000 campioni ogni anno per il controllo e monitoraggio ambientale. I risultati di queste analisi sono poi utilizzati per decisioni in ambiti di rilevante impatto pubblico (quali ad esempio il blocco del traffico, la bonifica di un’area contaminata o la pianificazione di interventi di risanamento). Tali decisioni non possono soffrire di alcuna ambiguità tra le diverse regioni italiane a causa di variabilità nella capacità di risposta analitica dei laboratori. In conclusione l’affidabilità della rete va mantenuta e rafforzata per assicurare a tutti i cittadini un livello di tutela omogeneo su tutto il territorio nazionale. L’Art.12 della nuova proposta di legge per l’istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (SNPA) recita: “1: Il Sistema nazionale organizza i propri laboratori che si occupano di analisi ambientali in una rete nazionale di laboratori accreditati per armonizzare i sistemi di conoscenza, di monitoraggio e di controllo delle matrici ambientali, anche al fine di assicurare economie nelle attività di laboratorio che presentino natura di elevata complessità e specializzazione; 2: I laboratori che appartengono alla rete nazionale dei laboratori accreditati sono tenuti ad applicare i metodi elaborati e approvati dal Sistema nazionale come metodi ufficiali di riferimento. Sono fatte salve le attività di laboratorio e le attività attribuite ai sensi dell’art. 28 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, come modificato dall’art. 5, comma 1, della presente legge. 3: Il Sistema nazionale per le proprie attività ordinarie e straordinarie ricorre in via prioritaria alla rete nazionale dei laboratori interni; in caso di urgente necessità, è ammesso il ricorso a laboratori esterni, con preferenza per i laboratori di enti pubblici, mediante le convenzioni previste dall’art. 3, comma 3. Comma 4: All’attuazione del presente articolo si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislatura vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Per quanto riguarda l’organizzazione della rete, il punto d) del comma 1 dell’art. 6 affida a ISPRA le funzioni di coordinamento tecnico al fine di rendere omogenee, sotto il profilo tecnico, le modalità operative della rete nazionale dei laboratori, di un miglioramento qualitativo delle prove effettuate e del completamento del processo di accreditamento dei laboratori del Sistema. Gli strumenti per garantire l’affidabilità della rete, il Sistema ISPRA/ARPA/APPA li ha sviluppati 16
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 negli ultimi 10 anni sulla base delle migliori pratiche esistenti a livello internazionale. E’ stato istituito infatti, presso ISPRA un laboratorio per la produzione di materiali di riferimento accreditato ai sensi della ISO 17025:2005 e della ISO Guide 34:2009, un gruppo di esperti per l’organizzazione di prove interlaboratorio per l’armonizzazione delle procedure di misurazione, un gruppo di esperti sulle procedure di QA/QC per le misurazioni dei parametri della qualità dell’aria (laboratorio nazionale di riferimento), un gruppo di esperti sulle diverse procedure di analisi. Inoltre i laboratori ARPA/APPA hanno investito rilevanti risorse umane e finanziarie per conseguire l’accreditamento ISO 17025:2005. Il testo della proposta di legge sul SNPA muta decisamente, e in maniera positiva, il quadro di riferimento. Con la previsione di istituire una rete dei laboratori accreditati tutte le attività già avviate dal Sistema, per costituire una rete di laboratori efficace, diventano oltremodo indispensabili. Lo sviluppo degli strumenti che, su base volontaria, ISPRA e le ARPA/APPA hanno messo in piedi fino ad oggi, assume carattere istituzionale e obbligatorio per la rete dei laboratori; stabilire modalità operative omogenee su tutto il territorio nazionale equivale a garantire l’eguaglianza di tutti i cittadini. L’approvazione della legge sul SNPA richiederà un potenziamento di quanto il Sistema ha realizzato in questi anni. In attesa della nuova legge, considerando i limiti imposti dallo Statuto ISPRA, si può però già da adesso prevedere l’istituzione di un Centro nazionale per la rete dei laboratori e la metrologia ambientale da rafforzare ed estendere anche alla matrice “mare”. 17
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 ISPRA E L’AMBIENTE MARINO La presenza dei ricercatori e di tutto il personale tecnico proveniente dall’ex‐ICRAM ha fatto acquisire a ISPRA riconosciute competenze tecnico‐scientifiche nell’ambito della ricerca marina, attraverso il bagaglio di esperienze maturate nel corso di più di venti anni in attività di laboratorio e di campo. Tali competenze relative alla salvaguardia dell’ecosistema marino si esplicano nello studio della biodiversità sia per gli habitat che per le specie, nella valutazione dello stato di qualità degli ambienti marino‐costieri e nello studio della pesca e dell’acquacoltura. Tali temi, propri della gestione integrata e della difesa del mare e delle coste, sono stati sviluppati, nell’ambito di progetti nazionali e europei e in collaborazione con Enti di ricerca, Università, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Regioni, ARPA e operatori nazionali. Attività e competenze sono comprovate da produzione scientifica, da manuali e linee guida e redazione di norme tecniche a supporto delle amministrazioni. In particolare ISPRA fornisce supporto tecnico scientifico al MATTM e al MIPAF e gioca un ruolo importante nel coordinamento con altri entri per la predisposizione delle relazioni per la Commissione Europea relative all’implementazione di Direttive e Regolamenti, quali la 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque) e la 2008/56/CE (Direttiva Quadro sulla Strategia Marina) In continuità e in coerenza con gli sviluppi normativi e le esigenze del territorio, i ricercatori e tecnologi sono sempre stati impegnati nell’approfondimento e sviluppo di nuove strategie e tecnologie, da adottare negli studi di salvaguardia e tutela dell’ambiente marino. Tali strategie, adottate per fornire risposte concrete alle esigenze del sistema Paese, vengono elaborate e sviluppate in accordo con quanto richiesto dalle principali direttive europee (MSFD, 2000/60/CE), anche grazie alla partecipazione degli stessi ricercatori a progetti europei quali Copernicus, ICZM, Maritime Spatial Planning e Horizon 2020, ecc.. Le continue richieste, da parte degli Enti territoriali (Regioni, Arpa, ecc.), di un riferimento tecnico‐scientifico autorevole di rilievo nazionale, in materia di ambiente marino, chiamano l’Istituto a riappropriarsi del ruolo non solo di principale interlocutore con l’Amministrazione centrale e quelle territoriali ma anche di promotore di iniziative ed attività di ricerca e diffusione di informazione ambientale. Stante quanto sopra riportato, ciò che si chiede alla politica è di chiarire definitivamente il ruolo che si intende assegnare all’Istituto in materia di ambiente marino e costiero, sia per quanto riguarda la ricerca, che il controllo, il monitoraggio e il supporto tecnico‐scientifico alle amministrazioni. Inoltre gli interventi legislativi dovrebbero andare nella direzione di una integrazione della normativa per tutti i settori che coinvolgono il mare e le sue risorse, che appare invece al momento ancora carente e frammentata. 18
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 ISPETTORATO NAZIONALE PER LA SICUREZZA NUCLEARE E LA RADIOPROTEZIONE. IL NUOVO SOGGETTO ISTITUZIONALE IN MATERIA DI SICUREZZA NUCLEARE E RADIOPROTEZIONE Origine e assetto istituzionale La direttiva 2011/70/EURATOM stabilisce un quadro comunitario al fine di garantire una gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, e obbliga gli Stati membri ad istituire un’autorità indipendente in tale campo. Il decreto legislativo 4 marzo 2014, n.45, che recepisce tale direttiva, istituisce l’autorità di regolamentazione competente denominata ISIN ‐ Ispettorato nazionale per la Sicurezza Nucleare e la radioprotezione. A tale organismo deve essere garantita l’indipendenza e un funzionamento separato da ogni altra organizzazione coinvolta nell’utilizzazione dell’energia nucleare, compresa la produzione di energia elettrica, le applicazioni industriali, di ricerca e medicali dei radioisotopi, al fine di evitare qualsiasi interferenza con la sua funzione. Funzioni, compiti e tempi di attuazione Tra le funzioni e i compiti dell'ISIN vi sono: •
le istruttorie connesse ai processi di autorizzazione; •
le valutazioni tecniche; •
il controllo e la vigilanza sulle installazioni nucleari non più in esercizio e in via di disattivazione, sui reattori di ricerca, sugli impianti e sulle attività connesse alla gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, sulle materie nucleari, sull'impiego delle sorgenti di radiazioni ionizzanti e sul trasporto delle materie radioattive. L'ISIN assicura la rappresentanza dello Stato italiano nell'ambito delle attività svolte dalle organizzazioni internazionali e comunitarie. Rientrano tra i compiti dell'ISIN anche l'emanazione di guide tecniche e il supporto ai Ministeri per l'elaborazione di atti di rango legislativo superiore nonché il supporto tecnico alle autorità di protezione civile nel campo della pianificazione e della gestione di eventuali emergenze nucleari e radiologiche. Nella sostanza all’ISIN sono attribuiti le funzioni e i compiti da anni svolti dall’ISPRA e che, per le norme transitorie previste dallo stesso D.Lgs. n.45/2014, l’istituto continuerà a svolgere tramite il Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale, fino a che il processo istitutivo dell’Ispettorato non sarà completato con l’emanazione del regolamento. L’ISIN avrà un ruolo di rilievo nello svolgimento delle istruttorie per la localizzazione ed autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi. In tale ambito l'ISPRA ha curato la predisposizione dei criteri tecnici per la localizzazione attraverso un processo di revisione internazionale, un confronto con le autorità di sicurezza nucleare di altri paesi e un processo di consultazione di enti e organismi tecnici nazionali interessati. In Italia, il Deposito Nazionale, una volta realizzato, porterà alla chiusura dei numerosi depositi provvisori sparsi sul territorio del nostro Paese incrementando la sicurezza della custodia dei rifiuti radioattivi e tutto ciò in linea con gli obiettivi fissati dalla direttiva, quale che sia il futuro dell'energia nucleare e delle applicazioni industriali, di ricerca e medicali delle materie radioattive. E' opportuno sottolineare che al Deposito Nazionale saranno conferiti non solo i rifiuti provenienti dal ciclo del combustibile nucleare e quelli derivanti dalle operazioni di smantellamento dei relativi impianti, ma anche tutti i rifiuti di origine industriale e quelli derivanti dall'impiego ospedaliero 19
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 delle materie radioattive, che continueranno ad essere prodotti negli anni. Organi dell'ispettorato, assetto funzionale e dotazione organica Sono organi dell'ISIN il direttore e la Consulta, che durano in carica sette anni. Tali organi sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica con delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico. Il direttore, al quale è attribuita la rappresentanza legale dell'ente, definisce gli obiettivi e le linee strategiche così come le procedure organizzative interne e i termini per l'elaborazione di atti e pareri e ha anche il compito di trasmettere una relazione annuale al Parlamento e al Governo sulle attività svolte dall'ISIN e sullo stato della sicurezza nucleare nel territorio. Tra i compiti assegnati al direttore vi è quello relativo alla proposta dei diritti che dovranno essere corrisposti dagli operatori per lo svolgimento dei servizi dell’Istituto. La Consulta è costituita da tre esperti, di comprovata esperienza nel campo, di cui uno con funzioni di coordinamento, essa esprime parere obbligatorio: •
sui piani di attività, sugli atti programmatici e sugli obiettivi operativi; •
in merito alle procedure operative e ai regolamenti interni dell'ISIN; •
sulle proposte di guide tecniche avanzate dall'ISIN. La dotazione organica dell'ISIN è di sessanta unità di personale tecnico, che devono appartenere ai ruoli dell'ISPRA o di altre pubbliche amministrazioni ed enti di ricerca. Il personale non proveniente dall'ISPRA è collocato in posizione di comando e conserva il trattamento economico e giuridico dell'ente di provenienza. Tempi di attuazione Il passaggio che segna l'avvio dell'ISIN è la nomina del direttore e dei tre esperti che faranno parte della Consulta. Tali nomine dovranno avere luogo entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto legislativo che è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale n.71 del 26 marzo 2014 ed è entrato in vigore il 10 aprile 2014. Ci si aspetta, quindi, che i due organi principali dell'ISIN, Direttore e Consulta, siano operativi entro la prima decade del mese di luglio. A partire dalla data di nomina del direttore, l'ISPRA ha 60 giorni per porre in atto la riorganizzazione dei propri uffici che assicuri all'ISIN, con modalità regolamentate da apposita convenzione non onerosa, le condizioni di operatività tali da garantire: •
autonomia gestionale e organizzativa; •
regime di separazione funzionale e amministrativa; •
dotazione di servizi e di strutture adeguate; •
fornitura di supporto per la gestione amministrativa del personale e delle procedure per l'acquisizione di beni e servizi con modalità separate da ISPRA. Il direttore dell'ISIN ha 90 giorni di tempo, a partire dalla data della sua nomina, per trasmettere il regolamento, che definisce l'organizzazione e il funzionamento dell'ispettorato, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministro dello sviluppo economico al fine di permettere loro di formulare eventuali osservazioni entro 30 giorni. Nel ricordare che il personale potrà essere trasferito dall'ISPRA a far data dall'approvazione del regolamento, nell'ipotesi che i tempi sopra citati vengano tutti impiegati interamente, 20
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 occorreranno 210 giorni a partire dalla data di pubblicazione del decreto per vedere conclusa la fase di avvio dell'ISIN e il tutto dovrebbe concludersi nella prima decade del mese di novembre del 2014. ELEMENTI DI CRITICITÀ Dotazione organica e ricambio generazionale Sinteticamente abbiamo illustrato quali sono le funzioni, i compiti assegnati all'Ispettorato e gli obiettivi ulteriori fissati dalla direttiva comunitaria al fine di assicurare la protezione dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente anche oltre i confini nazionali nella gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. E' utile ricordare che le attività di smantellamento degli impianti nucleari, a cui si aggiungono anche le attività connesse con la realizzazione del Deposito Nazionale e le operazioni di gestione dei rifiuti, fra cui condizionamento e trasporto, ad esso collegate, subiranno nei prossimi anni un’ulteriore accelerazione che comporterà per l'ISIN un intenso lavoro istruttorio con accurate valutazioni tecnico scientifiche a carattere multidisciplinare, in ragione della complessità delle operazioni che gli esercenti dovranno mettere in atto e con un impegno di vigilanza significativo, tenuto in conto la rilevanza dell’obiettivo di assicurare la radioprotezione dei lavoratori, della popolazione e la protezione dell'ambiente. La pianificazione di tale attività mostra una criticità oggettiva – già da tempo – se si guarda al limite di sessanta unità che costituiscono la dotazione organica dell'Ispettorato. Inoltre, non è difficile effettuare una proiezione di tale dotazione nel medio periodo (5 anni) – tenendo conto degli attuali limiti imposti al “turn over” dalle leggi di bilancio – e scoprire che si andrà inevitabilmente ad una significativa riduzione delle competenze specialistiche disponibili se non si adotterà una precisa strategia di gestione del necessario ricambio generazionale. E' importante inoltre tenere conto del fatto che il “turn over” del personale richiede, per la complessità e la specificità dei controlli in campo nucleare, un periodo di formazione specialistica e di affiancamento ai funzionari con esperienza che mediamente richiede tre anni e che rappresenta una condizione necessaria ad assicurare la qualità e la continuità nel trasferimento di competenze. In relazione al fatto che le attività connesse con la gestione dei rifiuti radioattivi si protrarranno ancora per alcuni decenni e comunque dovranno continuare ad essere garantite le funzioni di controllo a fronte di attività d’impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti in diversi campi (medico, industriale e di ricerca), la strategia da adottare per assicurare le necessarie risorse umane dovrebbe indirizzarsi all’acquisizione di neoassunti i cui costi potrebbero peraltro essere compensati dai diritti che l’autorità di regolamentazione competente è autorizzata ad introitare, senza quindi costi aggiuntivi per lo Stato. Riguardo al tema del personale che verrà trasferito dall'ISPRA al nuovo organo istituzionale, è bene rimarcare il fatto che il decreto mostra un altro elemento di criticità quando non affronta il tema dell'assetto contrattuale dell'ISIN. Inoltre, nell'affrontare il tema del trasferimento, con il decreto ci si limita a stabilire che il personale trasferito godrebbe del trattamento giuridico ed economico di provenienza, senza specificare che per ciascun lavoratore trasferito si dovrebbe parlare di “spettanze” per evitare l'interpretazione restrittiva e penalizzante “in godimento” che di fatto comporterebbe un azzeramento dei diritti maturati (si legga progressioni economiche, di livello, fasce etc.) e della anzianità corrispondente. In tal senso, nel regime transitorio previsto dal decreto, il trasferimento del personale dovrà essere attuato con un atto normativo in cui siano richiamate le opportune salvaguardie contrattuali al fine di evitare forti penalizzazioni e discriminazioni nel personale. In tale atto dovrà inoltre essere inserito il riferimento al contratto degli EPR che sarà indispensabile anche per dar vita al “turn over” e alle assunzioni di personale. 21
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 Tempi di attuazione, incertezze L'autonomia gestionale e amministrativa che deve essere assicurata all'ISIN, comporta per ISPRA un impegno significativo e comunque reso difficile dal fatto che sarà un’operazione “a costo zero”. Non è difficile immaginare che per centrare l'obiettivo di porre l'ISIN nelle condizioni di autonomia funzionale nei tempi previsti dal decreto (60 gg), sarà necessario per l'ISPRA un impegno di risorse straordinario. Esiste, come detto, un regime transitorio per il quale, fino all'entrata in vigore del regolamento che definisce l'organizzazione e il funzionamento interno dell'Ispettorato, le funzioni dell'Autorità di regolamentazione continuano a essere svolte dal Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale dell'ISPRA. Nel recente passato un lungo periodo di incertezza ha caratterizzato un altro regime transitorio con l'istituenda Agenzia per la sicurezza nucleare, soppressa nel 2011, che ha di fatto determinato per il Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale dell'ISPRA l'impossibilità di pianificare al meglio il lavoro e il relativo assetto organizzativo e in assenza pressoché totale di “turn over” a fronte di numerosi pensionamenti avvenuti. Nonostante tali difficoltà il personale del Dipartimento ha comunque garantito con un impegno costante ed uno spirito di servizio che si sono rilevati in più circostanze straordinari, lo svolgimento delle funzioni rilevanti per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, peraltro a fronte di impegni accresciuti rispetto al passato. Tuttavia, l'accelerazione nel campo della disattivazione degli impianti nucleari non più in esercizio e l’attuazione dei nuovi obiettivi fissati nella direttiva, necessitano di una pianificazione delle attività e di una struttura organizzativa ampliata nell’organico e aggiornata nella sua configurazione, la cui definizione non è ulteriormente rinviabile. E' indispensabile, quindi, che i vari “atti” che sono necessari per dare piena attuazione al decreto siano effettuati nei tempi previsti, e a tal fine sarà importante un monitoraggio e una vigilanza che impedisca il ripetersi di situazioni che porrebbero i lavoratori in uno stato di incertezza non più tollerabile, con il rischio concreto di una paralisi delle attività. 22
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 ISTITUZIONE DEL SERVIZIO METEOROLOGICO NAZIONALE DISTRIBUITO (SMND) QUADRO NORMATIVO E' importante ripercorrere i vari passaggi legislativi che negli ultimi anni cercano di condurre verso la realizzazione di un unico servizio meteorologico nazionale, obiettivo molto condivisibile e di urgenza non più differibile visti l’incremento di eventi calamitosi riconducibili a tale problematica: il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, confermato con il D.L. 11 giugno 1998, n.180, interrotto con il D.L. 12 ottobre 2000 n. 279, e riavviato, in ultimo, con la legge 100/12. Quest'ultima norma stabilisce che si dovrà provvedere all'attuazione del Servizio meteorologico nazionale distribuito (SMND) e che i suoi compiti saranno fissati con decreto del Presidente della Repubblica, da emanarsi entro sei mesi dalla sua data di attuazione, data già scaduta da lungo tempo, dove la mancata realizzazione ha trovato il principale ostacolo nell’individuazione dei ruoli adeguati tra il mondo militare e civile. Per attuare la legge 100/12, che prevede l'emanazione di un DPR, presso la Protezione Civile è stata preparata una bozza che prevede l'istituzione di una struttura di missione all'interno della Presidenza Consiglio Ministri, con sede presso il Dipartimento Protezione Civile. L'ipotesi di DPR è solo l'ultimo atto di una lunga serie di iniziative legislative che, anche derogando dalle normative vigenti e con consistenti disponibilità di fondi, hanno strutturato il sistema di allerta e monitoraggio attuale. Considerazioni critiche generali Riteniamo che questa proposta non risponda all'esigenza di una rivisitazione dell'intero sistema di monitoraggio idrogeologico basato su criteri di trasparenza e tracciabilità, non elimini i conflitti di competenze e i duplicati, ma, al contrario, aumenti l'incertezza sulle competenze proponendo nuove duplicazioni istituzionali e nuovi centri di spesa dentro la Presidenza del Consiglio. Ci si chiede come si inquadri questa neocostituenda struttura di missione (SMND) con il sistema di allerta nazionale su richiamato, con la rete dei centri funzionali, con i centri di spesa previsti dalla normativa vigente. La bozza di DPR prevede, infatti, che il Servizio Meteorologico Nazionale Distribuito si avvalga di risorse vincolate provenienti dalle Amministrazioni che, ad oggi, sono coinvolte nelle previsioni meteo (DPC, ISPRA, Aeronautica Militare, Ministero politiche agricole e forestali, Ministero Ambiente, MIUR, Regioni) senza esplicitare come avverrà il trasferimento di tali risorse, in quale misura e quali saranno le modifiche organiche degli assetti istituzionali e quali gli impatti sulla Pubblica amministrazione. Per superare queste criticità evidenziate e attuare correttamente la legge 100/12 sembra invece indispensabile attivare un confronto tra gli attuali enti interessati, assicurando il coinvolgimento partecipato dei lavoratori con le loro specifiche professionalità per arrivare ad un riordino condiviso ed efficace del SMND con politiche di trasparenza, tracciabilità e responsabilità chiare e definite, che tengano conto anche delle nuove normative in essere (come l’istituzione del nuovo sistema agenziale che coinvolge l’ISPRA e le agenzie locali ARPA/APPA). 23
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 DECISIONI INFORMATE NELLA POLITICA AMBIENTALE: LE SFIDE DELLA RICERCA SCIENTIFICA IN ITALIA Da qualche decennio a questa parte, da quando è apparso evidente che le attività umane hanno effetti devastanti sull’ambiente e sulla salute umana e animale, tra i cittadini e i decisori politici è andata via via crescendo la consapevolezza di proteggere l’ambiente e di trovare soluzioni di lungo termine di sviluppo sostenibile. Perseguire l’obiettivo dello sviluppo sostenibile richiede un giusto equilibrio tra crescita economica, protezione ambientale e sviluppo sociale, e l’implementazione di politiche e programmi che sostengono l’impegno di un Paese verso tale equilibrio e la crescita compatibile con la protezione ambientale e l’uso sostenibile delle risorse (green growth). In questo percorso la comunità della ricerca scientifica in campo ambientale è chiamata a fornire ai decisori politici gli strumenti necessari per definire soluzioni politiche efficaci, informate, scientificamente solide. Alla comunità scientifica è chiesto inoltre di aumentare la capacità di comunicare al grande pubblico le acquisizioni e di migliorare l’interfaccia tra scienza e politica. I problemi ambientali che abbiamo di fronte non saranno risolti solo dalla scienza, eppure la conoscenza e gli approcci collaborativi potranno dare un contributo importante per un futuro più sostenibile. In questo senso la comunità scientifica deve essere pronta a raccogliere una serie di sfide, di cui le seguente sono indicate come prioritarie. Arricchire le decisioni con la conoscenza ambientale. Gli ecologisti e la conoscenza ecologica hanno svolto finora un ruolo assolutamente marginale nella gran parte delle decisioni che riguardano l’ambiente. Ciò riguarda anche le scelte quotidiane che i cittadini fanno rispetto all’uso delle risorse e il modo in cui gli stessi percepiscono le funzioni e il compito delle agenzie ambientali. Nella prospettiva che una crescente convinzione che le decisioni che riguardano l’ambiente siano preferibili quando derivano da scelte informate, frutto di dialogo tra scienziati, decisori politici e cittadini, la mancanza di coinvolgimento della comunità scientifica sarebbe sgradevole. Rispondere alle richieste della società. La comunità scientifica è spesso accusata di (1) concentrarsi sulla partecipazione a ricerche di alto livello e (2) pubblicare i risultati della ricerca su riviste scientifiche a beneficio esclusivo dei loro colleghi ricercatori. Recentemente, viceversa, cresce il fronte degli scienziati convinti che una terza attività dovrebbe essere aggiunta da tutti gli scienziati, ossia quella di informare i cittadini (che pagano le tasse) della rilevanza dell’ecologia, ascoltarli e rispondere ai bisogni che provengono dalla società, in maniera indipendente e responsabile. In questo senso l’esempio dell’IPCC è un paradigma positivo: fornire — a seguito di specifica richiesta della comunità— informazioni e dati sulla scienza dei cambiamenti climatici, sugli impatti e sulle politiche e misure per la mitigazione e per l’adattamenti ai cambiamenti climatici, in tempi ragionevoli. Ricerca ambientale innovativa e anticipatoria. I temi di indagine della ricerca ambientale vanno dalla biologia sintetica molecolare alle geo‐ingegneria planetaria. Nondimeno la comprensione dei fenomeni naturali risulta spesso in ritardo rispetto alla dimensione e al ritmo delle trasformazioni che interessano l’ambiente, a scala diversa. Un contesto concettuale e analitico, nuovo e anticipatorio deve essere sviluppato per affrontare le complesse interazioni che potranno condiizonare le funzioni ecologiche a scala diversa, incluse le influenze e i feedback delle attività umane sui processi ecologici. 24
ISPRA ‐ L’ambiente, la nuova economia. FLC CGIL – CGIL Roma, 27 maggio 2014 Lo sviluppo di tale contesto, anticipatorio e innovativo, richiede nuove risorse per l’acquisizione di infrastrutture, prodotti e servizi, per poter accrescere l’impostazione e la conduzione di nuove ricerche, l’analisi di dati multiformi e l’interpretazione di informazioni ecologiche complesse per il pubblico largo. Stimolare il cambio culturale e la dimensione internazionale. La capacità delle scienze ambientali di generare conoscenza utile alla società e di comprendere e affrontare le grandi questioni ambientali dipenderà dalla disponibilità della comunità scientifica ambientale ad accettare un cambio culturale: nuovo modo di lavorare, maggiori interazioni con altre discipline, capacità di lavorare con maggiore spirito collaborativo, con nuovi partner e in consorzi internazionali. Bisogna introdurre nuovi parametri per valutare la ricerca svolta. 25