programma completo ventiseiesima stagione 2013/2014

F O L K C L U B
S T A G I O N E
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via
Perron e
3
bis, Tori no
f o l kc lu b
stagione
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La stagione dei venticinque anni è stata meravigliosa tanto dal punto di
vista qualitativo che da quello quantitativo. I concerti hanno tenuto fede alle
aspettative della vigilia, molti sono entrati direttamente tra quelli indimenticabili,
tra i fiori all’occhiello della nostra storia. Voi avete risposto alla grande: il pubblico
è stato sempre quantitativamente superiore alle aspettative e questo ci ha
consentito di “reggere” il colpo di una stagione particolarmente onerosa dal punto
di vista economico.
Nel compilare il programma di quest’anno abbiamo cercato di mantenere il mix
della passata edizione: artisti particolarmente legati alla storia del FolkClub e
che per i motivi più vari non eravamo riusciti a inserire nella stagione scorsa,
grandi nomi di ritorno in via Perrone, e nuovi personaggi che faranno la storia
futura del nostro Club. Si conferma e si amplifica la nostra spiccata attitudine
internazionale: tantissimi i nomi stranieri provenienti dagli angoli più disparati
del mondo, dall’India ai Paesi Baschi, dalla Mongolia al Senegal, sono ben 17 i Paesi
che saranno rappresentati sul palco del FolkClub in questa ventiseiesima stagione.
Per fare tutto ciò e per farlo, come è nostro costume, con un approccio culturale e
non commerciale, servono risorse. E le risorse provenienti dagli enti pubblici negli
ultimi anni sono diminuite drasticamente.
A fronte di una Regione Piemonte che nonostante i pesanti tagli al budget della
Cultura, continua a garantirci eroicamente un contributo economico, molto
ridotto rispetto ad alcuni anni fa, ma comunque vitale; c’è un Comune di Torino
che latita ormai da alcuni anni. Per contro aumentano le utenze, aumentano gli
oneri fiscali, aumentano hotel, ristoranti e viaggi per gli artisti e i conti fanno
fatica a tornare.
È arrivato così il momento di chiedere una mano ai soci, a chi vuole bene
al FolkClub e vuole difenderlo e sostenerlo. Abbiamo aperto una pubblica
sottoscrizione, l’abbiamo chiamata “Musica al Centro – Spazio alla Cultura”,
abbiamo previsto dei ringraziamenti tangibili a chi ci vorrà aiutare.
Tutte le informazioni sulla campagna le trovate sul nostro sito internet.
Chiudendo l’indimenticabile serata del Ventennale, al Teatro Regio, Franco Lucà
disse “il FolkClub è vostro, difendetelo!”.
Mai come ora è necessario.
c a l e n da r i o
spettacoli
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/
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ottobre
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sabato 25
p. 10
giovedì 30
p. 12
venerdì 31
p. 12
febbraio
sabato 1
giovedì 6
p. 16
venerdì 7
gran de
di
venerdì 21
sabato 22
p. 26
venerdì 28
p. 30
marzo
p. 32
sabato 1
p. 34
venerdì 7
dicembre
venerdì 6
sabato 7
domenica 8
venerdì 13
sabato 14
sabato 21
p. 38
sabato 15
p. 40
giovedì 20
p. 42
venerdì 21
p.44
sabato 22
p. 46
venerdì 28
p. 48
sabato 29
p. 52
1 9 88
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gennaio
sabato 11
venerdì 17
sabato 18
venerdì 24
Max Manfredi
Tr i o D i n D u n
P i e r r e B e n s u sa n
Malcolm Holcombe
P e p p e Volta r e l l i
I a n S i e ga l & M i k e S p o n z a Ba n d
E l i n a D u n i Q ua rt e t
C i cc i o M e r o l l a
Frank Harrison
A m i n e & H amza
p. 96
p. 98
p. 100
p. 102
p. 104
p. 108
p. 110
p. 112
p. 114
p. 110
aprile
sabato 5
Ian S h aw Feat. Fa br i z i o B o sso
P i e d m o n t p i c k i n g con Davide Sgorlon, Lorenzo Favero, Nick Mantoan
Bocephus King
U n B lu e s p e r Ro b e rto
Egschiglen
p. 90
p. 50
giovedì 3
venerdì 10
p. 88
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venerdì 20
venerdì 14
Light Of Day con Guy Davis, Joe D’urso, Jesse Malin, Eugenio Finardi
Finaz Guitar Solo
Sa r a h G i l l e s p i e
S e rg io B er a r d o presenta C a l e n dau
Th e G h o st Tr i o Feat. I a r l a Ó L i o n á i r d
Claudio Lolli Trio
Ri cc a r d o Te si presenta Cam e r i st i c o
Omaggio a Georges Moustaki
p. 86
p. 28
sabato 8
giovedì 5
p. 82
p. 84
/
an n i
sabato 30
p. 22
p. 24
p. 78
p. 80
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Vent is e i
giovedì 28
sabato 15
p. 74
p. 76
p. 56
venerdì 11
p. 58
sabato 12
S h a s h a n k S u b r ama n i am
P r i n s i R a i mu n d R e u n i o n
L e o r a C a s h e Feat. Lu i g i B o n a f e d e ’s F u l l
A n d r e s P e ñ a , J e s u s G u e r r e r o, Davi d C a r p i o
p. 118
p. 120
p. 122
p. 124
p. 60
p. 62
maggio
p. 64
venerdì 16
s p e t tac o l i
mu s i c a
sabato 23
venerdì 14
p. 20
Al e ssio L e ga
Ka l a ka n
Sta n S u l zma n n & N i k k y I l e s
Pat r i z i a L aq u i da r a Q ua rt e t
Ba r b e r M o u s e
R e i j s e g e r- F r a a n j e -Sy l l a Tr i o
G e t Th e B l e s s i n g
Pietra Montecorvi no
C h r i st i a n K je l lva n d e r Ba n d
C a l e n da r i o
venerdì 22
p. 70
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sabato 16
p. 68
stag i o n e
p. 12
p. 16
novembre
venerdì 15
p. 66
p. 12
sabato 8
D h r u ba G o s h
S p e c i a l Co n s e n s u s
J o h n H am m o n d
C h e ls e a H ot e l con Massimo Cotto e Mauro Ermanno Giovanardi
Lu ke Wi nsl o w K i ng Q ua rt e t
Tricarico
L i f e sto r i e s con Julian Mazzariello, Jim Mullen, Dario Deidda
Tom Ru s s e l l
Janos Hasur
Blue From Heave n Quartet
Pao l o Zi r i l l i
f o l kc lu b
D i d i e r L al oy & S -Tr e s
sabato 12
Lo Cor de la Plana
mercoledì 16 G i p o Fa r a s s i n o & E l Tr e s concerto annullato
giovedì 17
G i p o Fa r a s s i n o & E l Tr e s concerto annullato
venerdì 18
G i p o Fa r a s s i n o & E l Tr e s concerto annullato
sabato 19
G i p o Fa r a s s i n o & E l Tr e s concerto annullato
venerdì 25
C a r r i e Ro d r i g u e z / G r e g Tr o o p e r
sabato 26
S i n g i n g O r n e t t e con Barbara Raimondi, Tony Kofi, Furio Di Castri
sabato 9
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gennaio
venerdì 11
venerdì 8
stagione
K e l ly J o e P h e l p s
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Didier Laloy
& S-Tres (belgio)
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L’I N NOVATORE DELL’ORGAN ETTO
PER U NA MUSICA SENZA CON FI N I
ot tob r e
Didier Laloy / diatonic accordion
Frédéric Malempré / percussion
Pascal Chardome / guitar, piano
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Foto di Alessia Contu
mu s i c a
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Vent is e i
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S -Tr e s
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L a loy
Apriamo la ventiseiesima stagione del FolkClub in una data particolarmente
simbolica, perché l’11 ottobre è il compleanno di Franco Lucà e quest’anno
sarebbero stati 64. La apriamo con un artista che a Franco sarebbe piaciuto molto,
perché incarna quell’idea di innovazione nella tradizione che lui ha sempre
ricercato e perseguito ostinatamente in ambito folk. Didier Laloy è oggi uno degli
artisti più acclamati del folk europeo, ai vertici assoluti dell’organetto diatonico,
strumento particolarmente caro al FolkClub. Ma “folk” è una definizione troppo
restrittiva per la musica di Laloy: il folk è il punto di partenza, il porto sicuro dal
quale il suo vascello sonoro molla gli ormeggi per affrontare il grande e misterioso
mare della musica globale, senza confini ed etichette. Dalla canzone al jazz, dalla
musica per bambini a quella sperimentale (senza mai divenire inaccessibile), non ci
sono territori musicali inesplorati dal suo organetto. La costante è il suo stile unico
e personale, basato su una solida e invidiabile tecnica messa sempre al servizio
dell’espressione musicale, senza mai scadere nel virtuosismo narcisistico e fine a sé
stesso. A condire il tutto la sua incredibile carica umana, l’ironia e la simpatia sul
palco e l’energia con cui approccia lo strumento.
Innumerevoli i progetti in cui è coinvolto, quasi sempre come leader: Tref, Trio
Trad, i Déménageurs, Ialma, Panta Rhei, Marka, Perry Rose, Grouba, Milann & Laloy,
fino allo straordinario quintetto di all star dell’organetto Samurai (con Riccardo
Tesi, Bruno Le Tron, Markku Lepisto e David Munnelly). Ha all’attivo 5 CD ed è stato
acclamato oltre che in tutta Europa, in esibizioni in Canada, Messico e Cina.
Il trio S-tres con cui si presenta al FolkClub è una sorta di summa delle sue varie
D i d i e r
Ingresso 20 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
esperienze musicali accumulate negli anni. L’intesa con il pianista e chitarrista
Pascal Chardome e con il percussionista Frédéric Malempré è invidiabile e
consente a Laloy di dare libero sfogo alla sua creatività musicale, ne scaturisce una
musicalità spontanea che trasmette un profondo senso di libertà espressiva.
“Abbiamo ascoltato musica meravigliosa di molti talentuosi organettisti, abbiamo
un nome per ogni stile per ogni regione, per ogni tipo di musica. Ma uno ci mancava
uno al di fuori di qualunque categoria, ed è apparso nella persona di Didier Laloy.
Lui non suona l’organetto lui suona Laloy.” (Etienne Bours, RTBF, Bruxelles)
“Che cosa abbiamo ascoltato? Jazz, folk musica contemporanea, world music?
Semplicemente buona musica, nel vero senso della parola.” (Mitteldeutsche Zeitung,
recensione al concerto di S-Tres, ottobre 2011)
Esordio assoluto al FolkClub, da non mancare.
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sa bato
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Lo Cor de la Plana (francia)
I L CANTO OCCITANO POLI FON ICO
MAGN I FICAMENTE RIVISITATO
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Manu Théron / voce e percussioni
Benjamin Novarino-Giana / voce e percussioni
Sébastien Spessa / voce e percussioni
Denis Sampieri / voce e percussioni
Rodin Kaufmann / voce e percussioni
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Vent is e i
i loro testi spesso irriverenti e ricchi di humor, li rendono orgogliosi alfieri di una
cultura occitana moderna e aperta; testimoni di una città, Marsiglia, tra le più vitali
e creative d’Europa. Per loro non si tratta di interrogare la memoria attraverso ciò
che la immobilizza, ma nelle sue turbolenze, nelle oscenità dionisiache che può
risvegliare, anche nei suoi fallimenti e nel rischio di morte che si annida in ognuno
dei suoi eccessi. Dopo aver suonato nei più importanti festival di world music del
mondo, ad aprile 2013 Lo Còr de la Plana ha pubblicato il nuovo straordinario disco
di inediti: Marcha.
“Le loro intricate armonie formano oscuri e disorientanti labirinti occitani, in cui
l’ascoltatore avventuroso può seguire il filo d’arianna del loro approccio ricco di
humor. Lo Còr de la Plana utilizza la sua musica per sfidare qualsiasi concezione
precostituita riguardo al revival di culture e tradizioni antiche. La loro missione è di
catturare un sentimento, vale a dire la ricchezza delle loro vite quotidiane, anche se
ciò significa scontentare coloro che vorrebbero che queste forme musicali morissero
sotto le volte di una cappella mediovale” (Folk Roots, UK)
l a
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Coltivando una speciale passione tanto per la musica popolare, quanto per la
musica di sperimentazione, abbiamo un debole particolare per tutte quelle
esperienze musicali che prendono la tradizione come punto di partenza per una
ricerca musicale creativa, tesa alla scoperta di nuove sonorità attraverso il recupero
e la rilettura di quelle antiche. Quando poi troviamo qualcuno che fa questo lavoro
con competenza, gusto e talento, allora scatta la scintilla. Lo Cor de la Plana ci ha
talmente entusiasmati con il concerto al FolkClub nel gennaio di quest’anno per
la XXV stagione, da indurci a un clamoroso ‘strappo alla regola’: lo abbiamo riinvitato per la stagione immediatamente successiva: un evento più unico che raro.
Da ormai undici anni, nel quartiere di La Plaine a Marsiglia, Lo Cor de La Plana
ha reinventato la vocalità meridionale, mescolandola alle sonorità arcaiche
di un Mediterraneo violento e crudo. Le percussioni e la voce sono la coppia
emblematica di questo rituale rudimentale e minimale, accompagnato dagli
elementi essenziali che il corpo può ancora far battere: le mani, i piedi, la pelle. Il
canto polifonico tradizionale e la lingua occitana sono gli elementi di partenza, i
dati della tradizione popolare da cui la loro ricerca si muove. Ma da lì, le influenze
sono molteplici, sia sul piano strettamente musicale, che su quello sociale, delle
tematiche affrontate dalle loro canzoni: la musica cosiddetta colta di Bartok e
Pierre Schaeffer, il sound urbano di Massilia Sound System, Ramones, Velvet
Underground, il rai di Cheb Khaled, la pizzica salentina. Influenze diverse e
disparate che Lo Cor de la Plana miscela in una musica che è sforzo di modernità
e sincretismo. Le febbrili armonie vocali, la freschezza delle loro improvvisazioni,
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Co r
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Lo
Ingresso 20 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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Gipo Farassino
& El Tres
I RACCONTI I N MUSICA DEL GRAN DE
CHANSON N I ER TORI N ESE
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El Tr e s
Foto di Pascquale Modica
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Fa r as si n o
Gli ultimi anni della sua produzione culturale videro Franco Lucà impegnato in una
bella e fertile collaborazione con Gipo Farassino. Fu infatti Franco il coautore e il
produttore nel 2006 dell’acclamato spettacolo [email protected], che riportò
Gipo a calcare le scene, dopo un lungo periodo di assenza. Lo spettacolo, presentato
al Teatro Alfieri, vedeva la partecipazione di artisti dalle origini culturali più
disparate: da Sergio Berardo a Gianni Coscia, dalla bandoneonista argentina Marisa
Mercadé alla vocalist tunisina Mbarca Bentaleb. Una sorta di rinascita artistica
che regalò a Gipo una nuova giovinezza. Seguirono due fortunate serie di concerti
al FolkClub, nel maggio e nel dicembre 2007, un paio di apparizioni a Maison
Musique, e soprattutto l’invito a Gipo da parte del Club Tenco al Teatro Ariston, nel
novembre 2008, per onorare e celebrare il ricordo di Franco che ci aveva lasciati
pochi mesi prima. Ha quindi un sapore particolare e scatena in noi forti emozioni
questo atteso ritorno di Gipo sul palco del FolkClub per quattro serate (alle quali
si aggiungerà la domenica pomeriggio, nel caso le richieste lo impongano),
accompagnato dagli El Tres e dall’ottimo Armando Lardù.
Il recital che Gipo presenta al FolkClub si intitola Racconti in musica ed è affidato a
un’orchestra di cinque elementi affiatati. È uno spettacolo di canzoni vecchie
e nuove, in lingua italiana e piemontese, una carrellata che si snoda attraverso
le canzoni ormai classiche, come Sangon Blues, Avere un amico, Porta Pila e
Ridatemi amapola.
Un percorso di tanti anni annodato sui fili della memoria, fatto di musica e
monologhi: c’è il Gipo ironico e quello più malinconico; ci sono i grandi ritratti
maschili e femminili, canzoni del passato e quelle più recenti, a delineare un
cammino dedicato all’arte che mette in luce l’inalterata verve dell’artista e la sua
naturale predisposizione alla musica, al teatro, all’intrattenimento e soprattutto
all’improvvisazione anche attraverso l’affabulazione. Ci si ritrova così a rivivere
i tempi del Gipo mattatore, implacabile fotografo di una umanità rionale ricca
di sfumature e peculiarità spesso dimenticate. Ma chi meglio di Gipo stesso può
presentare il suo impareggiabile personaggio?
“Sono un patriota: della settima Circoscrizione Città di Torino, nato in barriera,
cresciuto e rimasto tale. Il tempo ossidante, viaggi, cultura, esperienze accumulate
(tante) non hanno minimamente intaccato la corteccia di ribelle anarcoide, un
po’ guascone, un po’ romantico che fascia il tronco di tutti quelli che sono nati e
cresciuti in mezzo ai temporali. Io sono uno di quelli. Senza retorica, senza inutili
accenni socio-politici o pretese antropologico-culturali amo scrivere e cantare di loro:
personaggi veri o immaginari di quelle barriere; sempre loro, sempre gli stessi, solo
marginalmente modificati da eventi migratori e da scarti generazionali. Sempre loro,
sempre barrieranti. Il sangue non mente.”
G i p o
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Avevamo fissato queste date con Gipo nella primavera del 2013. Gipo era malato
e ci aveva chiesto di suonare un’ultima volta al FolkClub. A settembre ebbe una
ricaduta e fummo costretti a rinviare i concerti. A dicembre Gipo ci ha lasciati e il
rimpianto per non essere riusciti ad ascoltarlo un’ultima volta al FolkClub è grande.
ot tob r e
Gipo Farassino / voce e chitarra
Armando Lardù / fisarmonica e flauto traverso
El Tres:
Roberto Bovolenta / chitarra
Mario Congiu / chitarra
Luca Mangani / basso
Vito Miccolis / perscussioni
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B U S CA D E RO N I G HTS p r e s e nta
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G r e g Tr o o p e r
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Ro d r i g u e z
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C a r r i e
La texana Carrie Rodriguez è una delle stelle del nuovo folk americano. La critica
l’ha paragonata a Norah Jones e Lucinda Williams e il Club Tenco, da sempre
sensibile alle nuove promesse della canzone d’autore, l’ha fortemente voluta come
ospite internazionale sul palco del Teatro Ariston nel 2011 (prima di lei sono stati
nomi come Tom Waits, Joni Mitchell, Nick Cave, Patti Smith, Tom Jobin, Caetano
Veloso, Gilberto Gil, Chico Buarque, Mercedes Sosa, Leo Ferré, per citarne alcuni).
Il 2011 sembra essere l’anno fatidico per la giovane songwriter texana che, oltre
alle numerose collaborazioni con John Prine, Mary Gauthier, Lucinda Williams, Bill
Frisell e molti altri, ha partecipato alla realizzazione del disco d’esordio dell’attore
Jeff Bridges, prodotto dal genio di T Bone Burnett. Un destino segnato quello di
Carrie, se si considera che suo padre David è un apprezzato folksinger con 9 dischi
all’attivo e sua zia era Eva Garza, una delle più importanti voci messicane degli
anni ’50. Molti esponenti di spicco della scena cantautorale americana erano
amici di famiglia, su tutti Lyle Lovett. La svolta per la sua carriera arriva nel 2001
quando Chip Taylor, l’autore di Wild thing (portata al successo da Jimi Hendrix) e
fratello dell’attore John Voight, nota Carrie nel corso del festival SXSW di Austin e
le propone di collaborare. Il sodalizio frutta tre dischi in studio, due live e svariati
tour in America ed Europa tra il 2002 e il 2007: una palestra fondamentale per
Carrie, che nel 2006 pubblica il suo primo disco solista Seven angels on a bicycle
(con la partecipazione di Bill Frisell e Greg Leisz), cui seguirà nel 2008 She ain’t
me (che include una canzone composta con Mary Gauthier) e nel 2009 il Live in
Louisville, dove compaiono alcune canzoni eseguite in duo con Lucinda Williams.
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Ingresso 20 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
ot tob r e
Carrie Rodriguez / violino e voce
Luke Jacobs / chitarra e cori
Greg Trooper / chitarra e voce
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DU E GRAN DI TALENTI DEL NUOVO FOLK
AMERICANO
Nel 2010 con l’album Love & circumstance decide di tributare il giusto omaggio agli
artisti che l’hanno maggiormente influenzata. Il disco è un personale ritratto del
songwriting americano e include canzoni di suo padre e sua zia, dei Little Village
(Hiatt/Lowe/Cooder/Keltner), Buddy & Julie Miller, Richard Thompson, Townes
Van Zandt, Hank Williams, Lucinda Williams e altri. Carrie basa il suo stile su una
solida capacità tecnica di strumentista affinata negli anni su violino -in primis- e
su mandolino e chitarra tenore. A questo aggiunge la sua voce sicura e corposa e
una scrittura pungente e sempre alla ricerca di nuove atmosfere, come dimostra
l’ultimissimo Give me all you got, il suo album più personale e autobiografico,
che presenterà in anteprima nel suo concerto al FolkClub, accompagnata da Luke
Jacobs (chitarra e cori).
A ulteriore testimonianza della caratura raggiunta da Carrie, ad aprire il suo
concerto sarà un prestigioso ospite di Buscadero Nights del 2012: il grande
folksinger americano Greg Trooper. Sulle scene dal 1986, ha 11 album all’attivo. La
critica musicale esalta la sua vena poetica, le sue melodie indimenticabili e i suoi
testi penetranti. Molti dei suoi dischi hanno avuto produttori eccellenti, come
Gary Tallent della E Street Band per l’album Noises in the Hallway, il leggendario
chitarrista Buddy Miller (Popular Demons) e la star del soul Dan Penn per Make
it through this world. Le sue canzoni sono state registrate da numerosi artisti tra
cui: Vince Gill, Steve Earle, Billy Bragg, Robert Earl Keen, Maura O’Connell, Lucy
Kaplansky e Tom Russell. Le sue ballate profumano d’Irlanda, di country e di
rythm’n’blues.
ve n e r d ì
Carrie Rodriguez (usa)
Greg Trooper (usa)
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RA D I O LO N D RA p r e s e nta
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R ai mo n d i, Ko fi , D i
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O r n e t t e
Rassegna nata per portare a Torino, direttamente da Londra e in concerti
spesso unici per l’Italia, testimonianze significative di come la scena del
jazz e dintorni evolve oltremanica, RadioLondra si avvale di uno “speaker”
d’eccezione: Enzo Zirilli, l’ottimo batterista e percussionista torinese che risiede
e lavora stabilmente a Londra da anni, collaborando con musicisti straordinari
provenienti da tutto il mondo.
RadioLondra inaugura la sua quinta stagione con un progetto straordinario, che
Barbara Raimondi così ci descrive: “Il progetto Singin Ornette nasce da un primo
amore, che – ormai diversi anni fa – ha aperto la mia concezione musicale verso
un universo per così dire parallelo: quello della musica di Mr. Coleman e, più in
generale, verso la sincerità del suo linguaggio. Personalmente ho voluto dare rilievo
al tratto più melodico dell’espressività colemaniana, mettendo in luce una vena di
cantabilità che raramente appare così caratteristica nella sua musica; collaborare
con Tony, che ha personalmente registrato un disco con Mr. Coleman nel 2010, ha
aggiunto a questo lavoro spessore e profondità ed è per me un grandissimo onore.
Una vera e propria celebrazione del mondo di Ornette, quindi, e un sincero tributo
da parte di tutti noi.”
Barbara Raimondi lavora in ambito musicale da oltre 20 anni; ha al suo attivo
la pubblicazione di quattro CD come solista e vanta numerosissime importanti
collaborazioni (Enrico Pieranunzi e Marco Pereira solo per citarne un paio).
S i n g i n g
Ingresso 18 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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Barbara Raimondi / chitarra e voce
Toni Kofi / chitarra e voce
Furio Di Castri / chitarra e voce
Enzo Zirilli / chitarra e voce
ot tob r e
A CELEBRATION OF MR. COLEMAN’S MUSIC
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con Barbara Raimondi,
Toni Kofi (uk), Furio Di Castri
Ha partecipato a numerose produzioni di musica contemporanea ed è docente di
canto jazz alla Scuola Civica di Torino e presso il Conservatorio di Trento.
Tony Kofi (sax alto e soprano). Oltre alla già citata collaborazione con Mr. Coleman
in person, Tony Kofi, nato in Inghilterra da genitori africani, è attivo sulla scena
internazionale da decenni, al fianco di artisti jazz, quali Jamaaladeen Tacuma, Billy
Higgins, Courtney Pine e Eddie Henderson, muovendosi con grande disinvoltura
ed eleganza sia nel jazz di area più tradizionale che nel jazz d’avanguardia. Ha
parallelamente lavorato con leggendari artisti pop-rock, tra cui Joe Cocker, per
citare solo un nome fra molti.
Furio Di Castri (contrabbasso). La pluriennale carriera di Furio Di Castri è costellata
da collaborazioni prestigiosissime e progetti personali altrettanto importanti: tra
i nomi di maggior
spicco con cui ha
collaborato troviamo
Joe Henderson,
Richard Galliano,
John Taylor e Michel
Petrucciani.
Enzo Zirilli (batteria).
È senza dubbio tra
le realtà musicali
italiane più
importanti e il suo
curriculum artistico
si fregia di infinite
collaborazioni con
musicisti sia italiani
che britannici: il
grande chitarrista
Jim Mullen, icona
del jazz inglese, Tom
Harrell, Dado Moroni,
Enrico Pieranunzi, e
moltissimi altri.
sa bato
Singin’ Ornette
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stagione
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RAS S E G N A E STOVE ST p r e s e nta
U NO DEI PIÙ GRAN DI MAESTRI DEL SARANGI
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Il sodalizio Folkclub-Xenia Ensemble, come è tradizione, prosegue anche
quest’anno, più forte di tagli e problemi vari che affliggono la cultura.
Per l’ottavo anno consecutivo FolkClub ospita un appuntamento della rassegna.
Si incominciò nel 2006 con l’armeno Dabaghyan Trio, cui seguirono gli iraniani
Peyman & Mohssen Kasirossafar, le sonorità tradizionali giapponesi del sho di
Tamami Tono, il palestinese virtuoso di oud e buzuq Khaled Jubran, dalla mongolia
lo straordinario maestro Tserendava in accoppiata con l’innovativo trio vocale
britannico Harmonic Voicing, Juldeh Camara, originario del Gambia, e i fantastici
virtuosi irlandesi Eoghen O Riabhaigh, Matt Cranitch e Jackie Daly lo scorso anno.
L’edizione 2013 di Estovest, oltre a continuare il lavoro di ricerca sui linguaggi
e sulle culture musicali “altre” rispetto a quelle occidentali, presenta come
tema della rassegna la Voce indagata nelle sue molteplici manifestazioni della
contemporaneità, tema che è presente in tutte le produzioni in programma. La voce
è prima di tutto uno strumento musicale, il più antico e “naturale”, ed è anche un
simbolo che rappresenta identità e storie diverse: passando dal Lied ottocentesco
romantico e dalle sue derivazioni di oggi alla “panvocalità” di Berio e attraversando
culture come quella dell’India in cui l’elemento vocale è spesso associato allo
spirituale e al mistico, si traccia un quadro della sua eterogenea e ricca complessità.
E proprio dall’India viene l’ospite di quest’anno, esponente della florida tradizione
musicale dell’India del nord: Dhruba Gosh.
Dhruba Ghosh, figlio della grande leggenda della tabla Nikhil Ghosh, è uno degli
interpreti di riferimento della tradizione del sarangi, e ha contribuito grandemente
alla sua affermazione come puro strumento solista, ampliandone il vocabolario
e le possibilità espressive. La sua formazione musicale prende avvio dallo studio
della tabla con il padre per proseguire nello studio del canto con il maestro Dinkar
novembre
Ingresso 15 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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Dhruba Ghosh / sarangi e voce
Roselyne Simpelaere / tampura
Ganesh Ramnath / tabla
Kalkini e approdando definitivamente al sarangi sotto la guida del maestro Ustad
Sagiruddin Khan; la sua brillante tecnica e la profonda conoscenza dei Raga, unite
al genio creativo e al virtuosistico controllo, fanno di lui uno dei più grandi maestri
viventi di questo affascinante e complesso strumento. Si narra che il grande
Mstislav Rostropovic
a Mumbai nel 1988,
conquistato dal magico
suono del suo sarangi, corse
sul palco ad abbracciare
Dhruba Gosh al termine di
una sua esecuzione.
Il sarangi è uno degli
strumenti più antichi
della tradizione musicale
dell’Hindustan e del Nord
India, il più antico tra quelli
ad arco. È composto da
una cassa di legno piatta
su cui sono montate tre
corde principali in budello
e trentacinque corde di
risonanza in acciaio.
Il giorno prima del concerto,
giovedì 7 novembre, il
Maestro Dhruba Ghosh
terrà uno stage di musica di
insieme, un’occasione unica
per entrare in contatto
con una delle tradizioni
musicali più antiche e
ricche del mondo.
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Dhruba Gosh (india)
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I L MEGLIO DEL BLU EGRASS MADE I N USA
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Co n s en su s
Gravel Road)
S p e c i a l
Ci piace inserire nella programmazione di ogni stagione del FolkClub almeno un
gruppo americano di bluegrass, un genere della musica tradizionale a stelle e
strisce che dimostra una invidiabile vivacità attraverso gli anni e che non mostra
alcun segno di cedimento. Quest’anno ci è riuscito il “colpaccio” con uno dei gruppi
di punta della scena bluegrass contemporanea, forti di una nomination l’anno
scorso, ai Grammy Award, nella categoria “Best Bluegrass Album”.
Formatisi a Chicago nel 1975, gli Special Consensus sono uno straordinario
quartetto acustico, con un repertorio che spazia dagli standard tradizionali, alle
composizioni originali dei membri del gruppo, a temi ripresi da diverse tradizioni
musicali e riproposti in stile bluegrass. La band ha realizzato 16 CD ed è apparsa
in numerosi show radiotelevisivi americani a diffusione nazionale. Hanno al
loro attivo numerosi tour internazionali in Canada, Europa, Sud America, Irlanda
e Regno Unito. Hanno partecipato in più occasioni a concerti in accoppiata con
acclamate orchestre sinfoniche. Il banjoista e leader della band, Greg Cahill è stato
a lungo presidente della International Bluegrass Music Association (IBMA) e della
Foundation for Bluegrass Music. Il loro CD più recente, Scratch Gravel Road (uscito
nel 2012) si è guadagnato una nomination ai prestigiosi Grammy Award.
Il loro primo album è uscito nel 1979, ed è stato subito seguito dal primo tour
nazionale. Nel 1984 gli Special Consensus hanno ideato il progetto TAM (Traditional
American Music) che li ha portati in centinaia di scuole statunitensi a presentare
programmi didattici di educazione alla musica tradizionale. Nel 2000, in
concomitanza con il venticinquesimo anniversario della band, è uscito il loro primo
DVD, realizzato all’interno del programma televisivo Old Time Country Music, e il
CD antologico dei primi venticinque anni di carriera.
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Nel 2003 sono stati acclamati al leggendario Ryman Auditorium di Nashville, vero
e proprio tempio della musica tradizionale americana. Nel 2010 celebrano i 35
anni di carriera con il loro quindicesimo CD dall’eloquente titolo: 35, cui è seguito il
lavoro più recente (2012) e fortunato (nomination ai Grammy) della band: Scratch
Gravel Road.
Il cofondatore e banjoista Greg Cahill ha all’attivo 3 CD solisti ed è uno dei più
richiesti maestri di banjo in America. Il mandolinista Rick Faris si è unito agli
Special Consensus nel 2009, dopo una lunga carriera con la Faris Family Band,
durante la quale ha fatto incetta dei premi più prestigiosi del mondo bluegrass:
più volte Traditional Bluegrass Group of the Year, Instrumental Group of the Year,
Vocal Group of the Year, Entertaining Group of the Year e Guitar Performer of the
Year nel 2005 e 2008; Rick è anche un eccellente liutaio (occorre almeno un anno di
lista di attesa per ottenere un suo strumento). Il chitarrista Dustin Benson prima
di unirsi alla band nel 2011 ha suonato con Valerie Smith and Liberty Pike, Alecia
Nugent Band, Larry Stephenson Band, Bradley Walker, Lorraine Jordan and Carolina
Road, e ha avuto
una nomination
nel 2010 come
miglior chitarrista
dell’anno dalla
Society for the
Preservation of
Bluegrass Music in
America. Il bassista
Dan Eubanks è
l’ultimo acquisto
della band, la sua
formazione jazz
conferisce un
colore peculiare al
sound della band.
“...una esperienza di
ascolto gratificante:
la band suona e canta con precisione e maestria, le qualità vocali sono di ottimo
livello, la miscela di materiali tradizionali e originali è di primo livello, questo disco è
segnato da una consistente eccellenza dall’inizio alla fine, perderselo è perdersi una
delle migliori, se non la migliore uscita dell’anno.” (Bluegrass Unlimited sul CD Scratch
novembre
Ingresso 20 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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Greg Cahill / banjo, voce baritona e tenore
Rick Faris / mandolino, voce baritona, tenore e alto-baritona
Dan Eubanks / basso, voce baritona e bassa
Dustin Benson / chitarra, voce tenore, baritona e bassa
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Special Consensus (usa)
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John Hammond (usa)
MONUMENTO DEL BLU ES, LEGGEN DA VIVENTE
DELLA MUSICA
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John Hammond / chitarra acustica, dobro, armonica e voce
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Ma il suo sconfinato talento travalica i generi musicali e le sue svariate e variegate
collaborazioni ne sono la testimonianza più evidente.
“Il suono di John è così avvincente, completo, simmetrico e soul con solo voce, chitarra
e armonica, che in un primo momento è impossibile immaginare anche solo di
migliorarlo... È una grande forza della natura. John suona come un treno che sta
arrivando. Li spacca tutti!” (Tom Waits)
Dopo la sua ultima -mitica- apparizione sul palco del FolkClub nell’ottobre
2007, torna questo gigante della musica mondiale per un attesissimo, più volte
rimandato, straordinario, assolutamente imperdibile concerto.
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Avrebbe dovuto essere tra le ‘candeline’ più prestigiose della passata, gloriosa XXV
stagione ma l’ennesimo rinvio (il terzo in quattro anni) del suo tour europeo ci ha
costretti a posticipare la data nella XXVI stagione. Ed eccolo qui, finalmente!
Da quarant’anni al top del blues acustico con la sua sei corde National, il dobro,
l’armonica a bocca e una voce che di bianco non ha nulla; suo padre, John
Hammond Senior, è passato alla storia come il talent scout che rivelò al mondo, tra
moltissimi altri mostri sacri, Count Basie, Benny Goodman, Billie Holiday, Robert
Johnson, Bessie Smith, Aretha Franklin, Stevie Ray Vaughan, Bruce Springsteen e
Pete Seeger. John Hammond interpreta un repertorio praticamente infinito, un
archivio di titoli che in buona sostanza raccoglie tutti o quasi i linguaggi della
musica popolare americana. I più quotati festival e teatri europei, americani,
giapponesi, se lo contendono e migliaia di concerti nei più prestigiosi templi della
musica lo hanno legittimato come uno dei massimi artisti blues di sempre, tra
i più grandi interpreti bianchi della musica del diavolo. Ha lavorato con i mostri
sacri, dentro e fuori dal mondo del blues: Sonny Terry, John Lee Hooker, Dave Van
Ronk, Rolling Stones, Ray Charles, Bob Dylan, Van Morrison, Jorma Kaukonen, John
Mayall, Steve Winwood, Eric Clapton, Jimi Hendrix, Duane Allman, The Band, J.J.
Cale, Dr. John, Koko Taylor, Charlie Musselwhite, Michael Bloomfield e Tom Waits.
Ha inciso trentotto album; ha avuto cinque nomination ai Grammy Award (di cui
due vittorie); ha firmato come autore importanti colonne sonore cinematografiche
(tra cui Il piccolo grande uomo). Il legame con il blues è viscerale, totale e nasce
dalla scoperta di Robert Johnson e dall’ascolto delle sue registrazioni degli anni
‘30 “Quando ho sentito Johnson mi sono commosso... mi sono sentito cambiato...
qualcosa era nato in me e doveva comunque venir fuori, esplodere.” (John Hammond)
Nel variegato mondo del blues, appannaggio dei musicisti afro-americani, John è
certamente l’artista bianco più rispettato e stimato.
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Ingresso 30 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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Foto di Silvia Nironi
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Cot to, G iovan ar d i , Cu ral lo
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Non siamo più nella stagione del venticinquesimo compleanno, ma il gusto per le
“follie” ci è rimasto, ed è certamente una “follia” ospitare sul palco del FolkClub uno
spettacolo nato per i grandi palcoscenici dei teatri. Ma l’occasione (quella dell’uscita
del libro-disco dedicato allo spettacolo) era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire
e l’inadeguatezza logistica ci pare ampiamente controbilanciata dalla “sintonia
ideale”: dove, se non al FolkClub, presentare uno spettacolo che parla di Bob Dylan,
Janis Joplin, Leonard Cohen, Patty Smith, Edith Piaf e lo fa con la voce narrante di
Massimo Cotto, la voce cantante di Mauro Ermanno Giovanardi e gli strumenti di
Matteo Curallo?
Sono passati tutti da lì. Ci hanno vissuto a lungo, come fosse un rifugio e non solo
un hotel sulla 23esima strada, a New York. E poi hanno ricordato il loro passaggio
in mille libri, film e canzoni. Al Chelsea Hotel Bob Dylan ha scritto Sad Eyed Lady
Of The Lowlands e Sara, Leonard Cohen e Janis Joplin hanno consumato una
breve storia di sesso e amore poi raccontata in Chelsea Hotel #2. Nico dei Velvet
Underground ne ha cantato l’epopea in Chelsea Girl, Jon Bon Jovi le solitudini
in Midnight In Chelsea, i Jefferson Airplane le settimane in Third Week In The
Chelsea. Al Chelsea Arthur C. Clark ha scritto 2001: Odissea nello spazio, Ginsberg
e Corso hanno dato fuoco alle polveri beat. Nella stanza numero 100 Sid Vicious
C h e ls e a
Ingresso 30 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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Massimo Cotto / voce narrante
Mauro Ermanno Giovanardi / voce
MAtteo Curallo / chitarra, pianoforte e voce
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L’EPOPEA DI U N LUOGO CU LT DI MUSICA
E LETTERATU RA
ha accoltellato Nancy Spungen, nella 205 è collassato Dylan Thomas pochi giorni
prima di morire, nella 822 Madonna ha scattato le fotografie di Sex.
Qui Jack Kerouac ha scritto in tre soli giorni, imbottito di dexedrina, su rotoli di
carta igienica, la prima stesura di Sulla strada. Al Chelsea hanno vissuto Patti
Smith, Mapplethorpe, Iggy Pop, Bukowski, Burroughs, Arthur Miller, Tennessee
Williams, Kubrick, Jane Fonda, Dennis Hopper, Hendrix, i Grateful Dead, Edith Piaf,
Dee Dee Ramone.
La lista non finisce qui, ma qui inizia un’idea: raccontare le molte storie che si
sono consumate all’interno del Chelsea Hotel per ricreare il grande affresco. Uno
spettacolo che è narrazione e canto, affabulazione e commozione. Un uomo che
racconta e un artista che canta. Le parole della narrazione evocano un quadro, la
musica e la voce ne garantiscono la cornice. A metà tra spettacolo e concerto: un
viaggio per ricordare. Sul
palco ci sono un giornalista
narratore, Massimo
Cotto, voce storica delle
radio italiane, nonché
uno dei massimi esperti
della storia del rock; un
cantante, Mauro Ermanno
Giovanardi, il Joe dei La
Crus, l’interprete di Io
confesso che è stato un
successo di Sanremo 2011
e ora impegnato, come in
una seconda giovinezza,
con il bel progetto dei
Sinfonica Honolulu
(presentato a Maison Musique qualche mese fa); e un chitarrista-pianista, Matteo
Curallo, musicista capace, autore, tra le altre cose, della colonna sonora dell’esordio
cinematografico di Simone Gandolfo Cose cattive (2013). Passando di stanza in
stanza, guidati da Massimo Cotto, si raccontano le storie di chi ha contribuito a
scrivere la storia della cultura pop novecentesca, quella della musica, ma non solo.
Alternano il racconto le canzoni, delle quali Mauro Ermanno Giovanardi e Matteo
Curallo sono interpreti originalissimi: da Chelsea Hotel #2 di Leonard Cohen a
Femme Fatale di Lou Reed, da La vie en rose fino a sconfinare su Albergo a ore di
Herbert Pagani e Il vino di Piero Ciampi (uno dei pochi citati nello spettacolo che al
Chelsea non sono stati, ma che viene evocato per “affinità alcolica”).
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con Massimo Cotto,
Mauro Ermanno Giovanardi,
Matteo Curallo
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Chelsea Hotel
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Luke Winslow King
Quartet (usa)
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I L MIGLIOR ESPON ENTE DEL NU-ACOUSTIC
BLU ES DI N EW ORLEANS
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Luke Winslow King / voce e chitarra
Esther Rose / voce, washboard
Lucio Villani / contrabbasso
Roberto Luti / chitarre
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pieno il Nu-Acoustic Blues di New Orleans, il new sound che dalla Lousiana sta
conquistando critica e pubblico e che vede in Luke Winslow King il suo alfiere
principale. Luke e il suo quartetto ci hanno deliziati nel loro concerto di febbraio
2013 a Maison Musique, al punto da volerlo assolutamente ingaggiare per questa
XXVI stagione del FolkClub.
Per chi ama il blues, un concerto da non perdere!
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Q ua rt e t
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Luke Winslow King arriva da Detroit, Michigan, ma da oltre un decennio New
Orleans, la mitica città della Louisiana, è sua residenza d’elezione. Lungo le strade di
“Nola” costruisce e matura il suo personalissimo stile: una meravigliosa miscela di
elementi ragtime, rock, e musica tradizionale. Nella scelta consapevole di percorrere
le strade del blues, LWK elabora il suo suono come musicista di strada roots.
Da una jam all’altra, nel centro della scena musicale della città, forgia la sua
matrice artistica nel miglior modo possibile. I risultati non tardano ad arrivare:
l’ottimo esordio discografico con As April To May del 2009 apre la strada e
l’eccelso The Coming Tide del 2012 segna la svolta. Un tour europeo che lo ha visto
protagonista la scorsa estate tra l’altro anche nei principali blues festival della
Penisola, segna il salto di qualità.
Al ritorno negli States viene scelto dal grande Jack White per aprire i suoi concerti.
Immediatamente dopo sigla un accordo con la storica e importante etichetta
Bloodshot Records. Al contempo è già in preparazione il terzo disco.
Voce profonda e sincera, un chitarrismo fluido e intenso, è indicato dai più come il
miglior talento del Nu-Acoustic Blues di New Orleans grazie alla sua capacità unica
di fondere le melodie della Crescent City con il blues delle origini. Oltre che con
Jack White, ha condiviso il palco con gente come Taj Mahal, John Boutte, Tower Of
Power, Rebirth Brass Band e molti altri.
Con lui, a condividere il suo progetto, l’affascinante e talentuosa vocalist e
suonatrice di washboard Esther Rose, compagna d’arte perfetta per esprimere a
K i n g
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Lu k e Wi n slo w
Ingresso 15 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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TALENTO CRISTALLINO DELLA CANZONE D’AUTORE
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Foto di Maurizio Camagna
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Tr i c a r i c o
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Tricarico è uno dei maggiori talenti comparsi sulla scena della canzone d’autore
negli ultimi quindici anni. La sua carriera ha avuto uno sviluppo paradossale:
l’enorme successo del suo esordio, la celeberrima Io sono Francesco (disco di platino
e nomination al P.I.M come “Canzone dell’anno” e agli Italian Music Awards) nel
2000, ha rappresentato per certi versi più una zavorra che un volano. Per molti
Tricarico è rimasto “quello di Io sono Francesco” e questo ha impedito che la sua
straordinaria sensibilità compositiva e l’invidiabile capacità di scrivere testi al
tempo stesso poetici e diretti venissero riconosciute appieno. A 12 anni da quel
fortunato esordio, oggi Tricarico è un cantautore solido e maturo, che presenta al
FolkClub il suo sesto disco Invulnerabile, uscito nell’aprile scorso, accompagnato
da Marco Guarnerio, ex chitarrista degli 883, e Michele Fazio al pianoforte: una
formazione acustica che valorizza al massimo le capacità di autore e interprete di
Tricarico. Classe 1971, inizia a suonare da giovanissimo e si diploma al Conservatorio
di Milano. Girovaga con una piccola band suonando jazz nei locali milanesi e si
esibisce per qualche mese anche a Parigi. Nel 2000 il suo primo singolo Io sono
Francesco riscuote un grande e inatteso successo. Nel giugno successivo è ospite
a Recanati (Nuove tendenze della Canzone Popolare e d’Autore), a luglio arriva il
Premio Lunezia per il miglior testo di un autore emergente. La sua prima hit e i
singoli successivi confluiscono nel 2002 nel suo primo CD, l’eponimo Tricarico.
Nello stesso anno è chiamato da Jovanotti ad aprire i concerti del suo tour. Nel
2004 esce Frescobaldo nel recinto, realizzato con Patrick Benifei (Casino Royale,
Soul Kingdom) e Fabio Merigo (Reggae National Tickets). Nel 2007 Tricarico passa
alla Sony-Bmg, per la quale pubblica nel 2007 il singolo Un’altra possibilità. Nello
stesso anno compone il brano La situazione non è buona per Adriano Celentano,
che lo invita come ospite al suo programma televisivo che prende titolo dal
brano. Nel 2008 vince il Premio Mia Martini (assegnato dalla critica) al Festival di
Sanremo con Vita tranquilla, segue l’uscita del suo terzo CD: Giglio. Arriva un’altra
prestigiosissima collaborazione: Tricarico scrive il brano Un altro mondo per Gianni
Morandi. Nel 2009 torna al Festival di Sanremo con Il bosco delle fragole, che darà
il titolo al suo quarto CD. Nel 2010 Tricarico pubblica il libro di disegni e racconti
Semplicemente ho dimenticato un elefante nel taschino edito da Bompiani. Terza
partecipazione a Sanremo nel 2011 con, per la prima volta, un pezzo non suo: Tre
colori, scritto da Fausto Mesolella, questa e altre canzoni faranno parte dell’album
L’imbarazzo che esce a febbraio di quell’anno. A febbraio 2013 esce L’America,
il singolo che anticipa l’uscita del suo ultimo disco: Invulnerabile, che tricarico
presenta al Folk Club.
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Ingresso 15 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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Tricarico / voce
Marco Guarnerio / chitarra
Michele Fazio / pianoforte
stagione
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Tricarico
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RA D I O LO N D RA p r e s e nta
g i ove dì
Lifestories
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con Julian Mazzariello (uk),
Jim Mullen (uk), Dario Deidda
e Enzo Zirilli
novembre
UN SUPERQUARTETTO DI MAESTRI
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Presentare il loro CD Lifestories ci consente di avere al FolkClub un quartetto di vere
e proprie “all star”: accanto al nostro Enzo Zirilli, ecco Dario Deidda, uno dei migliori
bassisti attualmente in circolazione; lo straordinario chitarrista e recordman di
partecipazioni a RadioLondra Jim Mullen (con questa arriva a quota 3); e la new
entry Julian “Oliver” Mazzariello, fantastico talento di ogni tipo di tastiera.
L’album Lifestories, prodotto e fortemente voluto da Matteo Saggese, songwriter e
abituale collaboratore di Zucchero (ma ha scritto anche per Celentano e Giorgia)
trapiantato da anni a Londra, è stato interamente registrato in presa diretta in
studio, senza l’uso di cuffie o sovraincisioni, come si faceva una volta: tutti insieme
nella stessa stanza a darci dentro guardandosi negli occhi durante l’esecuzione.
Ogni componente del quartetto ha scelto due pezzi per lui particolarmente
significativi che non aveva mai registrato con nessun’altra formazione, e li ha
proposti agli altri, creando così una playlist composita e intrigante, con il filo
comune di una interpretazione originale e fuori dagli schemi, per il puro piacere di
suonare e tradurre in musica gli afflati umani di ognuno dei quattro.
Si va da composizioni di Milton Nascimento, Django Reinhardt e Wayne Shorter
pop song come Seven Days di Sting o Maxine di Donald Fagen; da musiche tratte da
cult movie come Il Clan dei Siciliani di Morricone o Il Padrino di Nino Rota a Smile
di Charles Chaplin. Ciliegina sulla torta il lavoro di missaggio effettuato da un vero
e proprio “guru” del settore: Jerry Boys, che lavora abitualmente con Ry Cooder e
Buena Vista Social Club.
Julian “Oliver” Mazzariello è nato a Londra da padre campano e madre inglese.
A 17 anni il pianista e tastierista italo-inglese si trasferisce a Salerno dove entra in
contatto con la scena jazz locale. Giunge alla fama nazionale grazie alla collaborazione
con Lucio Dalla in occasione del suo penultimo disco e del relativo tour. Ha collaborato
anche con Fiorella Mannoia e fa parte della band di Stefano Di Battista.
Jim Mullen, nato in Scozia nel 1945, è un chitarrista con uno stile davvero unico e
inconfondibile: così come Wes Montgomery prima di lui, Jim usa il pollice come
un plettro. Già con gli Oblivion Express di Brian Auger, negli anni ‘70, girando gli
USA con gli Average White Band del batterista Robbie MacIntosh incontra Dick
Morrisey, saxofonista con il quale, attraverso tutti gli anni ‘80, sarà capofila del
Jazz-Funk britannico in un pionieristico duo. Vincitore di numerosi British Awards,
presente in The All Stars prodotto da Sir Paul McCartney, in terra britannica Jim è
considerato una vera e propria leggenda vivente.
Dario Deidda è oggi considerato uno dei più grandi bassisti al mondo, ha collaborato
con i migliori jazzisti contemporanei su scala nazionale e internazionale, tra gli altri:
George Coleman, Jerry Bergonzi, Randy Brecker, Kenny Wheleer, Steve Grossman,
Michel Petrucciani, Roberto Gatto, Danilo Rea, Enrico Pieranunzi, Paolo Fresu, Rita
Marcotulli, Enrico Rava, Massimo Urbani; ha fatto parte della band di Pino Daniele,
e collabora stabilmente con Gegé Telesforo. Completa il quartetto il nostro “the
inevitable” Enzo Zirilli, che non necessita di presentazioni.
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Ingresso 18 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
Lifestories - Mazzariello, Mullen, Deidda, Zirilli
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Julian “Oliver” Mazzariello / voce e chitarra
Jim Mullen / pianoforte
DArio Deidda / pianoforte
Enzo Zirilli / pianoforte
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B U S CA D E RO N I G HTS p r e s e nta
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Tom Russell (usa)
CANTAUTORE IMMENSO, U N SONGWRITER
DI I NARRIVABI LE TALENTO
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Tom Russell/ chitarra e voce
Max De Bernardi / chitarra
Foto di Drew Reynolds
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Con Aztec Jazz, il suo nuovo album registrato dal vivo in Norvegia con un’intera
orchestra (la Norwegian Wind Ensemble), si può certamente affermare che
Tom Russell ha raggiunto lo status di ‘classico’, di chi in musica ha toccato vette
altissime, così elevate da poterle proporre in una versione orchestrale senza
tempo, che trascende gli ambiti puramente folk, rock o country tipici della carriera
di questo straordinario songwriter. 25 album, centinaia di canzoni interpretate
anche da alcuni pesi massimi della musica americana come Johnny Cash, Bruce
Springsteen, Joe Ely, Emmylou Harris, Jerry Jeff Walker; e ancora: cinque volte
ospite del David Letterman Show, scrittore e pittore affermato, autore di colonne
sonore di film e serie TV, migliaia di concerti all’attivo in tutto il mondo che lo
hanno reso molto conosciuto anche nel nostro Paese. Non c’è molto altro da
aggiungere rispetto a Tom Russell, californiano di nascita, ma che nel corso degli
anni ha attraversato e vissuto a Vancouver, New York City, Oslo e in Nigeria per
trovare poi l’approdo finale nella città di frontiera per eccellenza, quella El Paso
che è teatro di tutte le storie che hanno riempito i suoi ultimi, fantastici album.
Dal 2009 Russell ha impresso la svolta decisiva alla propria carriera, registrando in
Arizona Blood and candle smoke assieme ai Calexico e al loro team produttivo: disco
che gli è valso l’attenzione anche delle nuove generazioni di amanti della musica
roots e le lodi incondizionate della critica musicale mondiale. Mesabi (2011) è stato il
naturale seguito, chiudendo ad oggi il cerchio su un autore capace come pochi altri
di cantare l’epopea della frontiera, la vita della gente comune, i personaggi storici
e letterari utilizzando di volta in volta il rock e il folk, il country e le ballate, il jazz
e gli spoken word e più in generale tutto l’alfabeto musicale della grande musica
americana. “Un cantautore immenso con uno stile unico, un’intensità struggente e
una voce che fa vibrare le corde dell’anima; canzoni come The Santa Fe at midnight,
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Ingresso 20 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
US steel, The angel of Lyon, Veteran’s day, Box of visions, Santa Ana wind, Nina
Simone, Walkin’ on the moon e St. Olav’s gate sono un dono tra i più belli che mi sia
mai capitato di ricevere”. (Danny The Kid)
Affiancato da Max De Bernardi alla chitarra, è un grande onore avere nostro ospite
al FolkClub uno dei più grandi cantori della cultura americana.
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D avis, M al in , D’ Ur s o, F i n ar di
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Light of day è una fondazione americana che raccoglie fondi per la lotta contro il
morbo di Parkinson. Da 13 anni organizza un grande festival a Asbury Park, nel New
Jersey, luogo springsteeniano per eccellenza, e infatti in ben 9 delle 12 precedenti
edizioni Bruce Springsteen ha partecipato a sorpresa.
Altri artisti che negli anni sono saliti sul palco del Light of Day sono Jakob Dylan,
Alejandro Escovedo, Max Weinberg, Lucinda Williams, Willie Nile, Dave Alvin,
James Maddock, Garland Jeffreys e tantissimi altri. Dal 2005 Light of Day è
diventato anche un tour europeo, con date in varie città di alcuni dei grandi nomi
che formano poi il programma dell’evento finale nel New Jersey. Quest’anno,
accanto a Glasgow, Londra, Zurigo, Anversa, Amsterdam, Copenaghen, Malmoe
e Oslo, siamo riusciti a portare a Torino, nel nostro piccolo grande FolkClub, una
delle date europee del tour, e abbiamo arricchito il già prestigioso programma
Day
Ingresso 25 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
Of
Guy Davis / chitarra, armonica e voce
Jesse Malin / chitarra e voce
Joe D’Urso / chitarra e voce
Derek Cruz / chirtarra e pianoforte
Eugenio Finardi / chitarra e voce
Giovanni Maggiore / chitarra
Rob Dye / chitarra e voce
Light
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(USA)
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opening act: ROB DYE
“americano” (Guy Davis, Jesse Malin e Joe D’Urso) con un ospite “locale”
d’eccezione: Eugenio Finardi, che non ha bisogno di presentazioni.
L’evento nasce con l’intento di raccogliere fondi per la ricerca contro il morbo di
Parkinson, l’incasso della serata, detratte le spese organizzative, sarà interamente
devoluto alla Light of Day Foundation.
Guy Davis. È con Eric Bibb e Kelly Joe Phelps una delle punte di diamante della
generazione di nuovi bluesman acustici apparsi sulla scena negli anni 90. Ha al suo
attivo 7 album che hanno fruttato ben 9 nomination ai W.C. Handy Award nelle
categorie “Best Acoustic Blues Album”, “Best Traditional Blues Album”, “Best Blues
Song”, “Best Acoustic Blues Artist”. Oltre che in campo musicale è attivo in campo
teatrale, sia come autore che come attore. Molti suoi lavori sono stati rappresentati
a Broadway e nel 1993 ha interpretato Robert Johnson nello spettacolo off
Broadway Robert Johnson: Trick the Devil. Una performance salutata da reazioni
entusiastiche con la quale ha ottenuto il premio della Blues Foundation Keeping
the Blues Alive, che ha ricevuto dalle mani di Robert Cray.
Jesse Malin. Newyorkese come Guy Davis, prima di intraprendere la sua carriera
solista ha collaborato con varie band; tra queste gli Heart Attack e i D Generation.
Dopo gli esordi punk, il suo stile ha virato verso un songwriting venato di accenti
rock, ma fortemente ancorato alla roots music. Il suo disco d’esordio del 2003 (The
fine art of self destruction) è prodotto dal suo amico Ryan Adams. Nel 2007, nel suo
terzo disco, ha duettato con Bruce Springsteen.
Joe D’Urso. Ha all’attivo una lunga carriera punteggiata da 13 cd usciti a nome suo o
di Joe D’urso & Stone Caravan. La sua passione per il rock’n’roll marchia il suo stile
con una particolare energia. È tra i fondatori della Light of Day
Foundations e ne è tra gli instancabili animatori.
Lo show sarà aperto da Rob Dye giovane e
interessante novità della scena musicale del New
Jersey, i tre headliner saranno accompagnati
al piano e alla chitarra da Derek Cruz.
d i c e m b r e
QUATTRO STAR CONTRO I L MORBO
DI PARKI NSON
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con Guy Davis (usa),
Jesse Malin (usa), Joe D’Urso (usa),
Eugenio Finardi
stagione
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Light Of Day
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U NA CH ITARRA CH E DIVENTA ORCH ESTRA
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Foto di Daniel Pacheco
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Finaz guitar solo è un concerto di chitarra acustica, ma non solo. Il progetto che il
chitarrista e co-fondatore della Bandabardò sta portando in tour dal novembre
scorso si realizza attraverso un rapporto totale tra il musicista e lo strumento,
portando le possibilità sonore della Martin di Finaz alla massima espansione.
Basato quasi completamente su composizioni originali, il concerto si presenta
come un omaggio alla sei corde che, di brano in brano, si trasforma in una piccola
orchestra: dalla chitarra acustica escono suoni di batteria, basso, sezioni di fiati,
tutti giocati sul sottile filo da equilibrista del virtuoso chitarrista toscano. Il tutto
senza basi, loop o parti registrate di alcun tipo. Finaz si muove sicuro tra reggae
e psichedelia, virtuosismo e intensità espressiva, polifonicità e romanticismo,
supportato dalla sua solidissima tecnica fingerpicking, per un concerto che se
è certamente un must per chitarristi e appassionati di chitarra, non manca di
coinvolgere anche il pubblico più lontano dal culto della sei corde. Per quanto sia
la prima volta “a suo nome”, Finaz si è già esibito sul palco di via Perrone nel 2011,
quando accompagnò Peppe Voltarelli.
Alessandro Finazzo, in arte Finaz, inizia a suonare a 10 anni quando si innamora
della musica dei Beatles. Dopo i primi anni di formazione classica, inizia a
studiare jazz e a suonare musica di tutti i generi partecipando a rassegne e
concorsi musicali sia da solo che con varie band. Nel 1991 incide il primo disco
con una major (BMG-ariola) con un gruppo fiorentino e nel 1992 inizia il primo
tour professionale con musicisti di caratura nazionale. Nel 1993 lascia la chitarra
elettrica per la acustica e insieme al cantante Erriquez fonda la pluripremiata
(Recanati 1998, Premio Ciampi 1996, 2003 e 2010, Mei di Faenza 1999, 2004 e 2006,
Premio SIAE 2009) Bandabardò per la quale è anche co-autore e co-produttore.
Finaz ha collaborato in studio e live anche con molti altri artisti come Carmen
Consoli, Daniele Silvestri, Max Gazzé, Paola Turci, Dolcenera, Goran Bregovic, Piero
Pelù, Modena City Ramblers, David Sylvian, C.S.I., Caparezza, Moni Ovadia, Franco
Battiato, Daniele Sepe, Orchestra di Piazza Vittorio, Roy Paci, Stefano Bollani, Tonino
Carotone, Patty Pravo, Stefano “Cisco” Bellotti, Casa del vento, Giobbe Covatta, Dario
Fo, Franz Di Cioccio, Tony Esposito, Folkabbestia, Peppe Voltarelli, Marco Calliari,
Bob Ezrin (produttore dei Pink Floyd e Lou Reed) e molti altri. Ha partecipato ai
più prestigiosi festival nazionali e internazionali: Festa del Primo maggio Piazza
San Giovanni (2002, 2004, 2006, 2007, 2009, 2011), Arezzo Wave Love Festival
(1993, 2001, 2003, 2006), Italian Wave, Festichan Festival (Vigo, Spagna), Sommer
Festival der Kulturen (Stoccarda, Germania), Montreaux Jazz Festival, Esperanzah
World Music Festival (Bruxelles, Belgio), Cruilla Festival (Barcellona, Spagna), Berlin
Kulturmesse (Berlino, Germania), MtvDay, Midem, Premio Tenco (1994, 1999, 2010
quando accompagna Peppe Voltarelli vincitore della Targa Tenco per Ultima notte
a Malastrana prodotto da Finaz), Tribute to Michael Hedges, Sarzana Acoustic
Meeting, Casole Guitar festival, Acoustic Franciacorta, Martin Acoustic night.
Nel 2010 Finaz vince il Trofeo In-Sound come miglior chitarrista acustico italiano e
nel 2012 pubblica il suo primo lavoro solista Guitar solo, interamente realizzato con
la sola chitarra acustica.
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Ingresso 15 euro
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Finaz / chitarra
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Finaz Guitar Solo
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RA D I O LO N D RA p r e s e nta
LA MAGICA VOCE DI SARAH PRESENTA
I L SUO NUOVO CD GLORY DAYS
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Fordham, The Guardian)
“Una cantante e autrice di
qualità superiore, Sarah
Gillespie è una delle voci più
particolari e al tempo stesso
riconoscibili che sia emersa
da molto tempo a questa
parte.” (All About Jazz)
“L’eccellente Gillespie
confeziona piacevoli ballate
acustiche accompagnate
dalla sua chitarra
fingerpicking. Mischia blues,
jazz, vaudeville e gypsy
swing, un talento da tenere
d’occhio.” (Time Out)
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Anche l’appuntamento di dicembre con RadioLondra coincide con la presentazione
di un nuovo CD, Glory days, il terzo album della cantante britannica Sarah Gillespie.
Sarah è già stata nostra ospite a Maison Musique nel marzo 2010 e al FolkClub per
RadioLondra nel gennaio 2012 e in entrambe le occasioni ci ha conquistato il suo
personalissimo mix di jazz e folk che ha spinto la critica inglese a paragonarla a un
mito vivente come Joni Mitchell. Il disco che presenta al FolkClub ha già ottenuto il
consenso unanime della stampa del suo paese, eccone un esempio:
“Con testi che ricordano la languida efficacia di un Dylan, uniti all’approccio diretto
di una Mitchell e a uno stile canoro percussivo che fa pensare al rap, Sarah è una
originale.” (John Fordham – The Guardian)
La Gillespie sarà accompagnata al FolkClub oltre che dal nostro Enzo Zirilli, dal
bassista inglese Ben Bastin, che collabora con lei da lunghi anni.
“Glory days è il suo miglior mix di motivi accattivanti e testi intelligenti.” (Mojo – 4 stelle)
“Fraseggio delizioso e carismatico, glorioso mix di jazz e folk.” ( Rock n’ Real – 5 stelle)
“Mischiando sonorità jazz-folk e un’attitudine punk, il suo terzo album Glory days
ricorda Joni Mitchell in alcuni punti, ma la capacità della Gillespie di scrivere testi
graffianti la distingue da chiunque altro.” (London metro)
Sarah Gillespie originaria di Londra, di madre americana e padre inglese, cresce
tra Norfolk, in Inghilterra e il Minnesota, dove acquista familiarità con il sound
di artisti come Bessie Smith, Bob Dylan e Cole Porter; familiarità che emergerà
prepotente nella sua attività di autrice e cantante. L’incontro casuale con l’energico
sassofonista e polistrumentista di origine israeliana Gilad Atzmon porta alla
nascita di un connubio artistico fertile, che sfocia nella produzione da parte di
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Ingresso 18 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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Sarah Gillespie / voce e chitarra
Ben Bastin / basso
Enzo Zirilli / batteria
Atzmon nel 2009 del primo CD di Sarah Stalking Juliet, debutto acclamato dalla
critica inglese ed europea. Da allora Sarah è stata ospite della BBC e si è esibita in
numerosi festival e jazz club di tutta la Gran Bretagna, raccogliendo un successo
sempre crescente. Nel 2011 esce il suo secondo CD, In the current climate, sempre
prodotto da Atzmon, che replica il successo del primo. Personalità poliedrica
(dipinge, scrive poesie, è
impegnata politicamente),
Sarah combina le sue
notevoli doti vocali in uno
stile molto personale: folk
metropolitano, un lirismo
che sconfina nella poesia,
un’influenza jazz sempre
presente.
“È una incandescente
nuova presenza che unisce
una potente esecuzione a
composizioni superbe.”(John
sa bato
Sarah Gillespie (uk)
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Sergio Berardo presenta
Calendau
I L CONCERTO DI NATALE DI SERGIO BERARDO
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Sergio Berardo / ghironda, fisarmonica, cornamuse, flauti, chitarra e voce
Chiara Cesano / violino
Enrica Bruna / flauto, fifres, ghironda e voce
Enrico Gosmar / chitarra
Carlo Revello / basso
Roberto Avena / fisarmonica cromatica
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www.ribetvalter.com
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e i canti in lingua d’Oc che risuonavano in quelle valli almeno a partire
dall’epoca medievale e sono in tutto e per tutto espressione di una religiosità
popolare autentica e non soffocata dalle imposizioni dei riti. In Calendau non
sono presenti soltanto tradizionali melodie natalizie anzi, queste si fondono
a brani di creazione del repertorio classico occitano in una sorta di veglia di
Natale in famiglia tra echi di bottiglie stappate e di canti. Per non dimenticare
un salto nello scherzo, nella dimensione più festiva e meno consumistica del
momento natalizio.
B e r a r d o
Il programma di dicembre era già chiuso e il concerto di Natale ce l’avevamo
già (la serata dedicata a Georges Moustaki), ma come farsi sfuggire il miglior
esponente della cultura musicale occitana del nostro lato delle Alpi?
Tantopiù imperdibile, il concerto, considerando che Sergio si presenta
con una band di ottimi e affiatati musicisti in veste acustica, quella cioè
che maggiormente esalta, a nostro avviso, le sue straordinarie doti di
polistrumentista e di istrionico affabulatore. Abbiamo così eccezionalmente
aperto le porte del FolkClub di domenica, nella data che tradizionalmente
apre il periodo natalizio (anche se negli ultimi anni il marketing selvaggio ha
esteso questo periodo fin quasi alle soglie dell’estate morente), per presentare
questo concerto intenso e delicato che non potevamo lasciarci scappare.
Sergio Berardo, poliedrico leader di Lou Dalfin, il gruppo che più di ogni altro
in questi anni ha portato in giro per la penisola e l’Europa la musica popolare
delle valli cuneesi, nonché esponente di primo piano della cultura occitana,
riunisce intorno a sé cinque musicisti per proporre lo spettacolo natalizio
Calendau. Berardo è sempre stato, sin dagli esordi, un serio e appassionato
studioso del patrimonio delle piccole comunità montane del Piemonte a
minoranza linguistica occitana di cui è giunto a ricostruire con grande sforzo
intellettuale il repertorio per ghironda. Ne risulta un viaggio all’indietro nel
tempo che riesce a far rivivere con estrema naturalezza le sonorità natalizie
S e rg i o
Ingresso 15 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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The Ghost Trio (irlanda/usa)
FEAT. Iarla Ó Lionáird
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I L FOLK I RLAN DESE N ELLA SUA ESPRESSION E
PIÙ ANTICA E AUTOREVOLE
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Iarla Ó Lionáird / voce
Cleek Schrey / violino
Ivan Goff / uillean pipes
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ha cantato nel suo stile unico per il pubblico di tutto il mondo, dalla Carnegie Hall
di New York alla Royal Opera House di Londra, da Città del Capo a Mosca, Roma e
Tokyo. Le sue svariate apparizioni televisive includono tra gli altri il Later with Jools
Holland Show per la BBC e il Late Show di David Letterman negli USA La sua musica
è comparsa in molte prestigiose colonne sonore di film, tra cui The Gangs of New
York e Hotel Rwanda. Presentato in anteprima mondiale a New York nel marzo del
2007, nel luglio 2011 ha registrato Grá Agus Bás, commissionato dal Trinity College
di Dublino e composto appositamente per O’Lionard dal compositore Donnacha
Dennehy. È ampiamente riconosciuta la straordinaria influenza di O’Lionard sulla
crescita della consapevolezza della antica tradizione vocale irlandese a livello
internazionale. Ha un Master in Etnomusicologia e sta studiando per un dottorato
di ricerca in Musica presso l’Università di Limerick. Vive in Inistioge, nella contea di
Kilkenny, con la moglie Eimear e i loro tre figli.
G h o st Tr i o
Dopo il memorabile concerto con il fantastico violinista Martin Hayes della scorsa
stagione, ecco al FolkClub un altro mostro sacro del folk irlandese per regalarci
l’ennesimo imperdibile evento. The Ghost Trio mette insieme Iarla Ó Lionáird, il
più grande cantante di sean nòs – letteralmente: canto antico, è lo stile arcaico di
canto in lingua irlandese – con Cleek Schrey, giovane violinista stile ‘old time’ della
Virginia e Ivan Goff, straordinario ‘piper’ di Dublino che da anni vive a New York.
Iarla Ó Lionáird è cresciuto e ha imparato il suo mestiere nel cuore musicale di
Cúil Aodha, nella contea di Gaeltacht ad ovest di Cork, nota per essere la patria del
compositore Seán Ó Riada, probabilmente la figura più influente nella rinascita
della musica tradizionale irlandese degli anni ‘60. Ó Riada ha profondamente
influenzato Iarla O’Lionard. Il suo coro, Cór Cúil Aodha, ha raggiunto uno status
di culto negli ambienti tradizionali ed è proprio in questo ambiente che Iarla è
cresciuto e ha sviluppato la sua arte. Nel suo percorso artistico, dal suo iconico
Aisling Gheal, inciso quando ancora era un ragazzo, fino ai suoi più recenti dischi
con Tony McMahon e Noel Hill, Iarla Ó Lionáird ha determinato con coerenza
e abilità la propria attuale immagine di esponente magistrale di sean nós e di
pioniere per le sue grandi capacità di rinnovamento e sviluppo. A metà degli
anni ’90 firma per la Real World e insieme agli Afro Celt Sound System (di cui era
la voce) incide numerosi album che vendono milioni di copie in tutto il mondo,
ricevendo anche due nomination ai Grammy Award. I suoi quattro dischi solisti
(due dei quali usciti per la Real World di Peter Gabriel, con il quale ha anche inciso
l’album OVO) hanno ricevuto unanimi plausi sia in patria che all’estero. Ó Lionáird
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Ingresso 25 euro
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Claudio Lolli Trio
I L TRIO DEL MAESTRO BOLOGN ESE
DELLA CANZON E D’AUTORE ITALIANA
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Claudio Lolli / chitarra e voce
Paolo Capodacqua / chitarra
Nicola Alesini / sassofono
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certa crisi nazionale della canzone d’autore. Non prima tuttavia di aver lasciato
traccia indelebile di sé con opere capitali come Ho visto anche degli zingari felici
(1976), Disoccupate le strade dai sogni (1977), Extranei (1980) e Antipatici Antipodi
(1983), la cui copertina fu disegnata da Andrea Pazienza. Dischi che hanno per
molti versi rivoluzionato la struttura stessa della canzone d’autore italiana. Dopo
dieci anni di assenza (durante i quali si dedica al mestiere di professore di liceo
in quel di Bologna) Lolli ritorna a esibirsi dal vivo dal marzo 1993, accompagnato
dal chitarrista Paolo Capodacqua, girando da quel momento l’Italia in lungo e in
largo, tenendo centinaia di concerti con pezzi inediti e brani storici rivisitati. Dal
2000 inizia la collaborazione con Storie di Note che da vita a 4 nuovi album, tra
cui l’elettrizzante remake di Ho visto anche degli zingari felici con Il Parto delle
Nuvole Pesanti e il recente Lovesongs, in trio con gli stessi Nicola Alesini e Paolo
Capodacqua, in cui raccoglie le sue canzoni d’amore più significative e in parte
meno conosciute.
C l au d i o
Graffiante poesia. Disarmante ironia. Intense suggestioni di un grande autore,
ancora tutto da (ri)scoprire. Sono questi gli ingredienti dei concerti di Claudio
Lolli. Concerti che sono un incrocio tra recital di poesia, saggio di canzone e totale
improvvisazione. Concerti che sono pure totale invenzione, dissacranti letture
e interpretazioni della nostra moderna società. Claudio Lolli non è uno che si
risparmia, così come i suoi fedeli compagni d’avventura, il Maestro chitarrista
Paolo Capodacqua e il sassofonista Nicola Alesini. Raccontando storie, suonando
canzoni, riannodando i fili della memoria e del presente, perché questo è oggi
Claudio Lolli: un grande artista che ha ancora la voce e la voglia di cantare. Nessun
compromesso sulle spalle e lo sguardo limpido e fresco di un ragazzino. Lui che
ha scritto canzoni indimenticabili come Ho visto anche degli zingari felici, Anna
di Francia, Michelle, e nuovi capolavori che si chiamamo Folkstudio, Dalla parte
del torto, Analfabetizzazione, Nessun uomo è un uomo qualunque e La scoperta
dell’America. Tutto sta a fare lo sforzo di credere ancora nella poesia, nella buona
musica, in un passato che sa tanto di presente. Premio Piero Ciampi alla carriera nel
1998, alcuni suoi brani cantati dai guru della canzone d’autore come Guccini, altri
da gruppi rock come gli Stadio e i Gang, numerose collaborazioni con artisti della
nuova generazione (Il parto delle nuvole pesanti, Luca Bonaffini) e soprattutto un
estenuante sforzo di coerenza e di tenuta.
Claudio Lolli è sicuramente uno dei più rappresentativi autori della canzone
italiana, abile soprattutto nel rendere in musica le emozioni e la rabbia di un’epoca
generazionale. Un maestro, un caposcuola e soprattutto un grande poeta civile.
Inizia la sua attività discografica con Aspettando Godot (1972), produce molto
nei primi anni ‘70, ma con l’inizio degli anni ‘80 rallenta il passo e risente di una
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Ingresso 20 euro
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Inizio Spettacolo ore 21.30
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Foto di Lucia Baldini
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R i cc a r d o Tes i
Il principale cruccio della scorsa stagione, quella del Venticinquennale del
FolkClub, è stata l’impossibilità di includere nella programmazione tutti quelli
che sentivamo dovessero assolutamente esserci. Il primo nome di questa lista di
“esclusi” è certamente quello di Riccardo Tesi. Riccardo collabora con il FolkClub
e prima ancora con il Centro Cultura Popolare da circa trent’anni, ha condiviso
molte delle nostre iniziative, ha suonato innumerevoli volte al FolkClub, a Maison
Musique e nelle nostre varie iniziative “esterne”: Occitanica, i concerti al Salone
del Libro, International Folk Festival e molte altre. È uno degli artisti di punta del
folk italiano ed europeo, alfiere di uno strumento che amiamo in modo particolare:
l’organetto. Come se non bastasse tutto ciò, in questo periodo Riccardo sta portando
in giro per club e teatri un progetto di “folk da camera” che sembra fatto apposta
per l’intima “camera” di via Perrone. E allora: ben tornato al FolkClub, Riccardo, e
scusaci per il ritardo!
Cameristico, il nuovo progetto che Riccardo Tesi presenta al FolkClub, contiene
nuove composizioni e qualche classico del suo repertorio meno recente,
reinterpretato da un organico inedito per la musica popolare, con pianoforte,
violoncello e clarinetto. Riccardo Tesi è apprezzato compositore di brani in
equilibrio tra una molteplicità di stili che, con il suo storico gruppo e nelle molte
collaborazioni di oltre trent’anni di carriera, indossano spesso vesti estroverse
e spumeggianti derivate dalla musica popolare e dal jazz. Tuttavia la poetica di
Tesi conserva sempre un nucleo intimo e riflessivo, espresso dalle ance del suo
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Ingresso 18 euro
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Inizio Spettacolo ore 21.30
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Riccardo Tesi / organetto diatonico
Daniele Biagini / pianoforte
Damiano Puliti / violoncello
Michele Marini / clarinetto
organetto: un nucleo che qui si fa protagonista, grazie al suono elegante e raccolto
di strumenti da camera. I tre compagni di viaggio si adattano perfettamente
all’eclettismo che caratterizza le composizioni di Riccardo. Il pianista Daniele
Biagini, già suo collaboratore anni orsono in uno dei lavori più “classici”, Un ballo
liscio, si è mosso in molti campi della musica, dalla collaborazione con Brown
dei Tuxedomoon alla musica classica, fino alle recenti incursioni nel jazz; il
violoncellista Damiano Puliti, è noto per essere membro di Harmonia Ensemble
e Archaea, gruppi “trasversali” in bilico tra contemporanea e pop; il clarinettista
Michele Marini, nonostante la giovane età, vanta collaborazioni importanti come la
Vienna Art Orchestra e Maurizio Geri Swingtet.
“Un disco essenziale, rigoroso, asciutto, calligrafico ma in senso positivo, ovvero di
una bellezza composta, elegante e stilizzata ma dentro inquieta, vibrante, sempre
sull’orlo del dramma.” (Paolo Russo, La Repubblica)
Riccardo Tesi è il Maestro indiscusso dell’organetto diatonico in Italia, e uno
dei migliori ambasciatori al mondo del piccolo ma capace strumento ad ance.
Dagli esordi decisamente folk nel 1978 al fianco di Caterina Bueno (alla cui figura
fondamentale per il folk italiano ha recentemente dedicato un disco e una serie
di concerti),
alle odierne
collaborazioni, la
storia musicale
di Tesi vive di
una preziosa
continuità fatta
di passione,
audacia artistica
e curiosità
onnivore, che
dalla tradizione
toscana lo ha
accompagnato
al confronto con
quelle italiane,
basche, inglesi,
francesi e malgasce, con il jazz, il liscio e la canzone d’autore. Ciò che colpisce in
Tesi è lo stile, chiaramente riconoscibile, attraverso il quale riesce a far parlare
all’organetto una lingua arcaica e nuova, dilatando il vocabolario e la tecnica di uno
strumento rimasto a lungo patrimonio esclusivo della tradizione.
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I L RAFFI NATO NUOVO PROGETTO
DEL MAESTRO I N DISCUSSO DELL’ORGAN ETTO
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Riccardo Tesi presenta
Cameristico
stagione
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2013
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Foto di Michiel Hendryckx
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O mag g i o
“Cantare al Folkclub è vivere due ore di intimità con un pubblico caloroso e
cordiale. È trasgredire i costumi dello show business, dimenticare tutti gli artifici
per comunicare solo l’essenziale. Ogni volta che sono stato invitato ho avuto
l’impressione di partecipare a una cerimonia informale in cui la complicità tra il
pubblico e il cantante era naturale e spontanea. Il FolkClub è un’istituzione, una
sorta di accademia della buona musica, della buona canzone. Raramente si trova in
uno spazio così ridotto, dall’aspetto inatteso e improbabile, una tale concentrazione
di personalità prestigiose come quelle che qui si sono succedute- e continuano a
farlo. Quando mi hanno chiesto di esibirmi mi sono sentito commosso e lusingato
di far parte della famiglia degli artisti che bazzicano il FolkClub. Alcuni sono amici,
altri quasi fratelli, tutti sono personaggi leggendari. Tutti hanno segnato il nostro
mestiere con la loro creatività incomparabile.” (Georges Moustaki)
Autore, oltre che per se stesso, per Edith Piaf, Ives Montand e decine di altri grandi
della musica del mondo, insignito nel 1996 Commandeur des Arts et Lettres,
l’onoreficienza più prestigiosa in Francia per la Cultura; artista per la Pace UNESCO,
migliaia di concerti tenuti in tutto il mondo e tantissimi album pubblicati, autore
della famosa Lo straniero (Le Métèque), tradotta anche in Italiano (da Bruno Lauzi),
dopo i suoi memorabili concerti al FolkClub nel 2001 e nel 2006 Moustaki era stato
invitato da Franco a festeggiare insieme a noi i 20 anni del FolkClub, esibendosi
nella fantastica serata dell’aprile 2008 al Teatro Regio di Torino. Lui avrebbe
accettato con grande entusiasmo, ma fu costretto a negarsi per problemi di salute.
Per farsi perdonare della sua assenza, l’immenso Georges inviò al FolkClub uno
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Ingresso 30 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
d i c e m b r e
Cristiano Angelini / Carlot-ta / Luca Ghielmetti / Alessio Lega /
Mimmo Locasciulli / Max Manfredi / Andrea Parodi / Perturbazione /
Gianmaria Testa
speciale regalo di compleanno, uno di quelli che non si dimenticano: la dedica
tradotta qui sopra, che Franco fece immediatamente imprimere indelebilmente
(la targa di bronzo la trovate facilmente, affissa lungo la scala di accesso al
FolkClub). Nel 2011, Georges si è ritirato ufficialmente dalle scene, rendendo di fatto
impossibile riaverlo sul nostro palco per
un’ennesima, indimenticabile serata di
grande musica. Da sempre il FolkClub, a
ridosso del Natale, propone una serata
con un contenuto particolare, speciale,
spesso unico e irripetibile; un concerto
che è più che altro un evento. A metà del
maggio di quest’anno, nell’approcciarci
alla programmazione di questa XXVI
stagione, ci è balzato in mente di
dedicare il nostro “concerto di Natale” a
Georges Moustaki, invitando proprio lui
non a esibirsi, ma a sedersi in prima fila,
tra il pubblico, per godersi una fantastica
parata di cantautori italiani dedicargli
ciascuno un pezzo del suo repertorio.
Trovando accattivante l’idea di
omaggiare un amico e un Grande
della musica del mondo ancora in vita,
abbiamo immediatamente contattato la
sua agente, per esporle il progetto. Solo
pochi giorni dopo Georges si è di nuovo
negato, questa volta definitivamente,
semplicemente lasciando questa vita.
Siamo sicuri che, se fosse stato ancora tra noi, assistere a questa serata – che
abbiamo a maggior ragione voluto organizzare – l’avrebbe colmato di gioia.
Gli artisti che si succederanno sul palco del FolkClub per rendere omaggio allo
straniero saranno, in ordine rigorosamente alfabetico: Cristiano Angelini, Carlot-ta,
Luca Ghielmetti, Alessio Lega, Mimmo Locasciulli, Max Manfredi, Andrea Parodi,
Perturbazione, Gianmaria Testa.
“Ho suonato nella piazza principale di Madrid dopo la caduta di Francisco Franco. Di
fronte a un milione di persone… un’emozione grande, ma cerebrale: ti dicono che hai
un milione di persone davanti, ma non le vedi. Qui al FolkClub, invece, non sono più
di 200 per volta, ma li guardi tutti negli occhi… non c’è paragone!” (Georges Moustaki)
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I L NOSTRO “PROGETTO SPECIALE DI NATALE”
N EL RICORDO DI U N GRAN DE DELLA MUSICA
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Omaggio a
Georges Moustaki
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RA D I O LO N D RA p r e s e nta
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Ian Shaw (uk)
FEAT. Fabrizio Bosso
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U N VOCALIST ECCEZIONALE I NCONTRA
I L NOSTRO MAGICO TROMBETTISTA
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Ian Shaw / voce
Fabrizio Bosso / tromba
Mauro Battisti / contrabbasso
Enzo Zirilli / batteria
Foto di John Haxby
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f e at. Fa br i z i o
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S h aw
Dopo il successo di critica del suo ultimo album A Ghost In Every Bar (2012), Ian
Shaw ha concluso una lunga tournée nei festival del Regno Unito con quattro
spettacoli al Ronnie Scott’s di Londra nel mese di settembre. Special guest è stato il
trombettista Fabrizio Bosso, impegnato con Ian su nuove ed esaltanti rivisitazioni
di lavori di David Bowie, Miles Davis e Joni Mitchell e nuovi entusiasmanti brani
originali che conducono diritti al suo 14° album in studio, previsto per il 2014.
Le sue recenti apparizioni internazionali, sia da solista che in trio, comprendono
Elbjazz di Amburgo (2011 e 2012), Jazz Rally di Düsseldorf, Audi Jazz Festival di
Colonia, molti club e festival in Italia, Francia, Polonia, Bielorussia e Lussemburgo
(è stato nominato nella categoria Miglior Cantante per il Django d’Or Eurojazz
Awards). Ian è stato anche ospitato più volte dalla HR Big Band, si è esibito a
Toronto per la radio canadese JazzFM.91 e ha trascorso l’autunno esibendosi in una
serie di club di New York. È lo speaker ufficiale del Ronnie Scott‘s Radio Show (che
a breve verrà trasmesso su scala mondiale) e tra i suoi ultimi ospiti intervistati
compaiono Van Morrison, Patti Austen, Georgie Fame e Kurt Elling.
Due volte vincitore del BBC Jazz Awards, nominato quest’anno al JazzFM Awards,
Shaw si esibisce costantemente nei festival e nei maggiori club e teatri di tutto il
Regno Unito come artista solista, con la sua band o come sideman di orchestre e big
band (è già stato special guest delle Orchestre e delle Filarmoniche di buona parte
dell’Europa e dell’America del Nord).
Numerosissime le sue collaborazioni in UK e a livello internazionale, con artisti
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Ingresso 18 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
del callibro di Quincy Jones, Abudullah Ibrahim, Kenny Wheeler, John Taylor, The
Nigel Kennedy Group, Iain Ballamy, Cleo Laine, John Dankworth, Cedar Walton, Joe
Lovano, Joe Beck, Gregory Porter, Iain Ballamy, Guy Barker e Mark Murphy.
“Semplicemente il migliore che abbiamo... una vera delizia!” (The Independent);
“Ha pochi rivali.” (Sunday Times); “Con o senza gara, le qualità canore di Shaw sono
al primo posto.” (Los Angeles Times); “È a rischio di essere dichiarato patrimonio
nazionale.” (Mike Flynn, Jazzwise)
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Piedmontpicking
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S g o rlo n , Fave ro, M antoan
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Ingresso 15 euro
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Davide Sgorlon / chitarra acustica
Lorenzo Favero / chitarra acustica
Nick Mantoan / chitarra acustica
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È nel codice genetico del FolkClub proporre al proprio pubblico artisti “emergenti”
particolarmente meritevoli, spesso consentendo loro di “aprire” il concerto di
un Big. L’occasione di imbastire una intera serata dedicata alla chitarra acustica
piemontese con tre nuove proposte era troppo ghiotta per lasciarsela scappare:
così è nata PiedmontPicking, con protagonisti tre chitarristi regionali che si stanno
affermando con forza nel panorama nazionale del fingerstyle .
Davide Sgorlon. Nuove tecniche di esecuzione portano nuove idee compositive
e sperimentali, ampliando a dismisura le potenzialità timbriche ed espressive
dello strumento con l’obiettivo di superare il tradizionale concetto di chitarrismo
acustico. Questo è il manifesto artistico di Davide Sgorlon la cui attività musicale
è fortemente rivolta alla ricerca di un personale sound, dove la world music, il
jazz, il blues, la musica minimalista, insieme all’uso non convenzionale della
chitarra acustica, producono sonorità e soluzioni nuove. Tiene da anni concerti
in solo nei più importanti festival chitarristici in Italia e Spagna. Nel 2005 con il
quartetto Alqymia (tre voci e chitarra) pubblica il CD Binario 4. Nel 2012 partecipa
con due brani alla raccolta Nuovi Segnali Acustici. Nel 2013 pubblica il suo primo
CD solista, Crossover. Si è esibito per noi l’estate scorsa al Cortile della Farmacia
entusiasmando il folto pubblico presente.
Lorenzo Favero. Già sul palco di GreenAge nel 2009 (1° al termine delle selezioni),
da quattro anni invitato all’Acousic Guitar Meeting di Sarzana (vincitore del 1°
premio Carisch New sounds of acoustic music 2011), a 25 anni Lorenzo Favero è
considerato una delle migliori promesse della chitarra acustica italiana. Inizia
lo studio dello strumento a 14 anni e nel corso degli anni partecipa a numerosi
festival e apre i concerti di artisti del calibro di Don Ross, Franco Morone,
Massimo Varini e Bermuda Acoustic Trio. Partecipa al progetto discografico
Nuovi segnali Acustici del chitarrista Nico Di Battista con due suoi brani originali.
Nell’aprile 2011 apre il concerto del Frank Vignola Trio al FolkClub. Nell’estate
dello stesso anno è invitato alla rassegna Un Paese A Sei Corde, sul lago d’Orta.
Da maggio 2012 è testimonial ufficiale della Reference Cables. Nel dicembre 2012
esce il suo primo album, Skylines (brillantemente recensito sulla rivista Chitarra
Acustica), presentato al Musikmesse 2013 di Francoforte. Ha collaborato con molti
artisti fra cui François Sciortino, John Doan, Tommy Emmanuel, Mark Harris,
Michele Ascolese.
Nick Mantoan. Nato a Ivrea nel 1992, a dieci anni inizia lo studio della chitarra
classica e poi jazz con Maurizio Verna. La tranvata per la chitarra acustica arriva
grazie a un Dvd dei Men of Steel, formazione di quattro fenomenali chitarristi
(Beppe Gambetta, Tony McManus, Don Ross e Dan Crary, in live a Maison Musique
nel 2006). Partecipa per tre anni all’International Acoustic Guitar Workshop di
Beppe Gambetta (nel 2011 vince il primo premio al contest finale). Si appassiona al
jazz e nell’estate 2010 frequenta i corsi degli insegnanti della Berklee di Boston a
Umbria Jazz. Nel 2011 viene invitato a suonare presso lo stand della Taylor Guitars
all’Acousic Guitar Meeting di Sarzana; nello stesso anno partecipa alla rassegna
Un paese a sei corde. Nel febbraio 2012 pubblica con la band jazz/fusion New
Sound Jam Group il CD omonimo, nel quale firma cinque brani. Nel maggio 2012
diventa endorser degli amplificatori artigianali RL Technology, suonando la testata
Hot Fusion 100 Nick Mantoan Signature Model costruita appositamente per lui. A
ottobre si piazza al secondo posto nel concorso per giovani emergenti del FolkClub
GeenAge, e poco più tardi si dedica allo studio del rockabilly. Nascono così i Vintage
‘50, trio che ha fin da subito un buon successo live.
LA VIA PI EMONTESE AL FI NGESTYLE
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con Davide Sgorlon,
Lorenzo Favero,
Nick Mantoan
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EROE DELLA RESISTENZA AL MUSIC BUSI N ESS
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Lo abbiamo ospitato per la prima volta al FolkClub nel marzo 2011 ed è stato
amore a prima vista, anzi: a primo ascolto. Ci conquistò l’incredibile genuinità di
un artista vero, profondo, allergico a qualunque fronzolo o fuffa (bullshit direbbe
lui), completamente votato all’espressione del bello e del vero nella sua musica.
La magia si è ripetuta l’estate scorsa, in un affollato e indimenticabile concerto al
Museo di Scienze Naturali. In quell’occasione ci ha annunciato un suo tour europeo
a inizio 2014, immediatamente abbiamo fissato la data.
Il canadese Bocephus King (pseudonimo di Jamie Perry) è uno straordinario e
poliedrico songwriter. Difficile catalogarlo in un genere specifico, anzi impossibile.
Country, blues, soul, vaudeville, swing, burlesque, motown, roots, King si muove tra
tutti questi generi senza incarnarne veramente nessuno, ma traendo da ognuno
di essi ciò che meglio si armonizza con la sua sensibilità di artista originale e
indipendente. Il suo odio dichiarato per il “music business”, che ha bisogno di
incasellare ogni artista in un genere per renderlo un prodotto appetibile a un
target di mercato, gli ha chiuso molte porte, confinandolo a un apprezzamento di
nicchia, per pochi eletti, ma lo ha mantenuto vero, genuino, incorruttibile.
Il suo primo e perduto (è oggi introvabile) disco Joco Music risale al 1996, è tirato in
pochissime copie, quante bastano però a imporlo all’attenzione di uno dei sancta
sanctorum della musica americana: Austin. Viene così chiamato in Texas dalla New
West Records, con la quale pubblica nel ‘98 A small good thing. Numerosi critici, in
tutti gli Stati Uniti, lo collocano tra i 10 migliori dischi dell’anno. Il successivo Blue
sickness (2000), contiene sonorità più cupe “più Motown che cow town” commenta
un critico, e ottiene un buon successo, venendo recensito su Billboard e Mojo.
È il disco che gli apre le porte dell’Europa, dove è spesso in tour, viene apprezzato
più che oltreoceano, e Buscadero gli dedica una copertina. I continui tour e la
nascita di una figlia lo tengono lontano dallo studio di registrazione fino al 2004,
quando esce All Children believe in heaven. Un CD dedicato alla memoria di alcuni
suoi eroi, come Montgomery Clift, Henry Miller, Jack Kerouac. Il disco rilancia
l’attività live di King, ed è definito da Fast Forward “paradisiaco”. Segue un periodo
di inattività, durante il
quale Bocephus King
è alle prese con alcuni
problemi personali, risolti
i quali torna on the road
nel 2011, in occasione
dell’uscita del suo
straordinario quinto disco
Willie Dixon God Damn!
Al FolkClub presenta
il suo nuovissimo
monumentale (27 brani,
con molte cover dei suoi
riferimenti musicali: Neil
Young, John Prine, Rev.
Gary Davis, Bob Marley,
Beach Boys, Townes
Van Zandt, Joe Walsh
e naturalmente Nina
Simone) sesto CD: Love
letter to Nina Simone.
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Ingresso 20 euro
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Inizio Spettacolo ore 21.30
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Bocephus King / chitarra e voce
Wynston Minckler / basso
Max Malavasi / percussioni
Charlie Hase / pedal steel
Ali Razmi / setar, percussioni, cori
Owen Bryce Connell / tastiere
stagione
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Bocephus King (canada)
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Ingresso gratuito
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
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Strano a dirsi per una sala principalmente votata alla musica acustica come la
nostra, ma le innumerevoli esibizioni di Roberto Ciotti al FolkClub sono state
tutte in formazione elettrica, è quindi una novità assoluta (se si eccettua la sua
breve apparizione al Ventennale al Teatro Regio) per noi e per il nostro pubblico
accogliere questo straordinario bluesman nostrano in versione completamente
acustica. Roberto Ciotti è oggi un musicista con un lungo percorso di grande
coerenza artistica che lo ha consacrato come il rappresentante più autorevole del
“blues mediterraneo”. Il suo stile chitarristico, la sua voce e il suo suono inimitabile
sono gli elementi distintivi che fanno di Ciotti un artista amato e rispettato da più
generazioni, un punto di riferimento per gli amanti del rock blues latino.
Nel 1970 è nel gruppo rock progressivo dei Blue Morning con Maurizio Giammarco,
di cui Antonello Venditti produce nel 1973 l’unico album (omonimo). Nello stesso
anno, insieme ai Blue Morning partecipa alle registrazioni di Alice non lo sa
di Francesco De Gregori, con il quale inizia una lunga collaborazione. Roberto
infatti accompagnerà De Gregori nelle esibizioni dal vivo fino al 1977. Nello stesso
periodo suona con i Big Fat Mama, di cui è fondatore, ed è sideman anche nei live
di Edoardo Bennato, con il quale registra gli album La torre di Babele e Burattino
senza fili. Partecipa ai principali Festival blues in Italia e in Europa. Suona con Brian
Auger, Jerry Ricks, Louisiana Red, Matt Guitar Murphy, Willie Littlefield, Jimmy
Witherspoon. Nel 1989 vince la targa Sanremo Blues. Nel 1980 apre i concerti di Bob
Marley agli stadi di Milano e Torino. Nel 1983/84 collabora con Ginger Baker (ex
Purtroppo il 2013 si è chiuso con la terribile notizia della morte di Roberto
Ciotti. Ci pareva troppo triste lasciare spento il FolkClub la sera del 18 gennaio,
quando sul palco di via Perrone avrebbe dovuto salire Roberto con il suo
Acoustic Trio. Così abbiamo chiamato un po’ di amici bluesman, i più vicini
geograficamente, perché in pochi giorni non si possono fare miracoli.
Hanno risposto presente, con entusiasmo venato di malinconia Dario
Lombardo con i fidi Massimo Pavin, Massimo Bertagna e Andrea Scagliarini,
Paolo Bonfanti, Slep, Filippo Bellavia, Simone Bellavia e Ruben Bellavia.
Ci è parso il modo migliore di ricordare Roberto: con la sua musica.
/
stagione
batterista dei Cream) in una lunga tournée in Italia e negli USA.
Partecipa alle trasmissioni televisive L’altra Domenica (1978), Mister Fantasy
(1982), Quelli della notte (1986), D.O.C. (1989). Il programma Notte Rock (RaiUno) gli
dedica uno speciale. Il 1989 è l’anno di una lunga tournée in Unione Sovietica da
Mosca a Togliattigrad. Compone la colonna sonora del film di Gabriele Salvatores,
Marrakesh Express, ricevendo il premio alla migliore colonna sonora Platea Oro. Nel
Gennaio 1990 registra a New York con Tommy Mandel (ex Dire Straits) alle tastiere,
Andy Herman (ex John Cale Band) al basso e Joe Trump alla batteria, la colonna
sonora di un altro film di Gabriele Salvatores, Turne’. Nel maggio 1990 registra
con Edoardo Bennato l’album
acustico Edo Rinnegato. Nel
1995 partecipa al Pistoia Blues
con Bo Diddley e al Festival
di Vaduz (Lichtenstein) con
Luther Allison, Maceo Parker,
Bob Geldorf e Joe Cocker. Nel
1996 incide per Il Manifesto
il CD Changes, che vende
venticinquemila copie. Nel
2002 registra il suo undicesimo
album Behind The Door.
Nel 2003 è al Philips Dubai
International Festival al fianco
di Billy Cobham, Archie Shepp
e Stanley Jordan. Nel 2006
scrive la sua autobiografia
intitolata Unplugged, a cui
allega un CD acustico con i
suoi grandi successi. Il libro
viene accolto con entusiasmo
dalla critica e permette di
conoscere nell’intimo il
bluesman romano. È tra i
prestigiosi artisti invitati il 12
aprile 2008 ad esibirsi al Ventennale del FolkClub al Teatro Regio di Torino; e nel
2009 si aggiudica il premio Pistoia Blues. Nel 2010 pubblica Troubles & dreams e lo
presenta l’anno dopo a Maison Musique; nel 2013 è uscito il suo quindicesimo disco
In equilibrio precario.
Un Blues per Roberto
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MUSICA TRADIZIONALE E CONTEMPORAN EA
DALLA MONGOLIA
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Foto di Marcel Kaufmann
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Egschiglen (“bella melodia” in lingua mongola), vera istituzione mondiale nella
World Music, viene fondato nel 1991 da studenti in corso di specializzazione al
conservatorio di Ulaanbaatar. Sin dai primissimi passi, i musicisti si focalizzano
sulla musica contemporanea della Mongolia ed eseguono ricerche sistematiche per
la dimensione sonora del proprio repertorio con strumenti tradizionali e le tecniche
vocali dell’Asia Centrale.
La musica di un Paese prende forma dal suo paesaggio e dal modo in cui vive la
sua popolazione. La Mongolia è una nazione grande più di cinque volte l’Italia. Le
praterie infinite del sud degradano nell’austera bellezza del deserto del Gobi. Dalle
cime innevate dell’Altai e del Changaj fiumi di acque chiare si riversano in foreste
e pianure. Una gran parte dei più di due milioni di mongoli vive ancora oggi allo
stato nomade, in armonia e al ritmo della natura, insieme ai loro cinque gioielli:
cavalli, cammelli, mucche, pecore e capre.
La musica dei mongoli ha il respiro della libertà e l’energia della vita semplice
immersa nella natura. Gli Egschiglen sono gli ambasciatori musicali del loro Paese.
Con il loro virtuosismo trasmettono musicalmente l’armonia della propria cultura.
La loro musica impressiona in virtù della varietà e della pienezza di grazie. Con
i loro raffinati arrangiamenti, interpretano sia canzoni tradizionali che lavori di
compositori mongoli contemporanei. I loro pezzi hanno sovente la qualità e la
trasparenza della musica da camera, pur mantenendo il potere incantatore delle
tradizioni popolari.
Da un lato le sonorità mongole appaiono strane e misteriose alle orecchie
occidentali. In particolar modo i canti khoomii – il khomii è una speciale tecnica
di canto ‘di gola’, uno stile in cui le tonalità fuori dalla scala sono modulate nello
stesso tempo in cui viene cantata la melodia di base (diplofonia) – lasciano senza
parole. Dall’altro la musica risuona familiare, esprimendo i sentimenti di base
dell’umanità: amore, preoccupazione e riconoscenza. Gli Egschiglen avvicinano
il pubblico con estrema naturalezza e semplicità all’affascinante cultura della
loro terra così lontana, dimostrando nel contempo come aldilà di tutte le
differenze culturali che possono sussistere, permane sempre un elemento comune
dell’umana esistenza. Tumro (Tumursaihan Yanlav) canta e suona il morin khuur,
violino tradizionale mongolo a due corde in crine di cavallo il cui riccio finisce a
testa di cavallo, impugnato come un violoncello. Ugan (Uuganbaatar Tsend-Ochir)
si occupa del basso mongolo, ih khuur.
Il cantante solista Amra (Amartuwshin Baasandorj) canta alla maniera khomii
accompagnandosi al liuto tobshuur.
Dopo l’ipnotico esaltante concerto nel novembre 2005, torna dopo 8 anni al
FolkClub un monumento della musica tradizionale dell’Asia: Egschiglen!
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Ingresso 25 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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Yanlav Tumursaikhan / moriin khuur e voce
Amartuwshin Baasandorj / canto khöömii, tobshuur, percussioni
Uuganbaatar Tsend-Ochir / ih khuur
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Egschiglen (mongolia)
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MEMORIA MUSICALE: PREGH I ERE EBRAICH E
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Siamo fermamente convinti della necessità storica, politica e umana del Giorno
della Memoria; siamo fermamente convinti che la tragedia dello sterminio di
milioni di esseri umani la cui unica “colpa” fu quella di essere ebrei, rom, sinti,
omosessuali, portatori di handicap, oppositori politici, testimoni di Geova, slavi,
debba essere ricordata, analizzata, riflettuta, affinché nulla del genere possa
ripetersi in futuro; siamo altresì fermamente convinti che il senso del Giorno della
Memoria non possa esaurirsi nello sguardo al passato, ma debba essere occasione
di riflessione sulle situazioni critiche che viviamo nel presente, debba aumentare
la nostra vigilanza. È questo lo spirito con il quale abbiamo deciso di celebrare
quest’anno il Giorno della Memoria con il meraviglioso violino di Janos Hasur:
ricordare il passato per vigilare sul presente.
Memoria Musicale, lo spettacolo che Janos presenta in occasione del Giorno della
Memoria, è imperniato sull’esecuzione di preghiere ebraiche e melodie klezmer,
inframezzate dalla lettura di frammenti dal libro di Zvi Kolitz: Yossl Rakover si
rivolge a Dio, scritto durante le ultime ore della resistenza nel ghetto di Varsavia. Il
narratore, uno degli ultimi sopravvissuti, testimone di ogni sorta di orrori, lascia il
testamento spirituale dei suoi ultimi pensieri.
Janos Hasur, violinista ungherese nato a Budapest, all’età di 6 anni riceve in regalo
per Natale un violino dai suoi genitori, dopo due anni di sua tenace insistenza.
Dopo le scuole primarie prosegue i suoi studi al Conservatorio Bela Bartok di
Budapest, poi all’Accademia della Musica Liszt Ferenc di Pécs, dove si diploma
nel 1971. È professore di violino a Kaposvàr, dove è primo violino dell’Orchestra
Sinfonica e dell’Orchestra del Teatro Csiky Gergely, quando un nastro di musiche
popolari eseguite al violino cambia radicalmente la sua vita di musicista classico.
Incomincia a studiare ed eseguire febbrilmente la musica popolare e nel 1975 è
invitato a unirsi al più prestigioso ensemble di musica popolare magiara, i Vizonto,
dei quali fa tuttora parte e ha ormai assunto la direzione artistica. Dal 1988,
parallelamente, è membro anche di un altro celebre gruppo di folk ungherese,
Kolinda. Con le due band tiene concerti nei quattro angoli del mondo, suona nelle
sale da concerto piu reputate d’Europa e non solo, diffondendo così la musica e la
cultura ungheresi.
Dal 1996 Janos è il primo
violinista dello Stage Orchestra
(ex-TeaterOrchestra) della
compagnia del teatro ebraico
di Moni Ovadia. Dal 1999
incomincia a esibirsi in solo
e nel 2000 pubblica il CD
Violino solo, da allora ha
intensificato la sua attività
solista esibendosi in tutta
Europa con un repertorio di
musiche popolari ungheresi,
transilvane, rumene, bulgare e
klezmer. Negli ultimi anni ha
elaborato una serie di gustosi
(è il caso di dirlo) spettacoli
tematici: sul vino, su Bach; e
l’intrigante “Gulasch concert”
in cui il pubblico “gusta” la sua
musica mangiando il gulasch
da lui precedentemente
preparato.
“Janos, il tuo colpo d’arco è
unico!” (Moni Ovadia)
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Ingresso 15 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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Janos Hasur / violino e voce
stagione
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Janos Hasur (ungheria)
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giovedì
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Blue From Heaven
Quartet
QUARTETTO STELLARE PER JAZZ D’ECCELLENZA
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John Taylor / pianoforte
Paul McCandless / sax soprano, corno inglese, sopranino, clarinetto
Michele Rabbia / percussioni e batteria
Pierluigi Balducci / basso
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Q ua rt et
del jazz moderno come Jaco Pastorius, Carla Bley, Wynton Marsalis, Lyle Mays, Pat
Metheny, Mark Isham, Steve Reich, Al Jarreau e molti altri.
Michele Rabbia, percussionista e batterista creativo e innovativo, famoso per
l’uso di strumenti atipici nel suo percorso di esplorazione del mondo dei suoni. Ha
collaborato con i grandi del jazz mondiale come Antonello Salis, Charlie Mariano,
Stefano Battaglia, Dominique Pifarely, Michel Portal, Enrico Pieranunzi, Michel
Godard, Rita Marcotulli, Andy Sheppard, Eivin Aarset, Sainkho Namtchylak, John
Tchicai, Bruno Chevillon e molti altri.
Pierluigi Balducci, bassista, ha collaborato con musicisti quali Ernst Reijseger, Luciano
Biondini, Gabriele Mirabassi, Javier Girotto e molti altri. È attualmente co-leader
del Nuevo Tango Ensamble. Ha pubblicato sei album da leader. Le riviste Jazzit e
Jazzmagazine gli hanno dedicato ampie interviste, mentre il recente Jazzit Award lo
ha incluso nella top ten dei migliori bassisti elettrici italiani negli ultimi tre anni. Ha
registrato performance live per l’emittente tedesca Bayerischer Rundfunk e per Rai
Radio Tre, e composto la sigla del film A ma soeur di Catherine Breillat.
H e ave n
Tutti i colori del cielo, in una cosmografia intensa, che alle trame di
un’immaginaria visione del paradiso intreccia le sfumature della luce, con i suoi
lunghi raggi, trasparenti ed eterei. Nel suo terzo album per Dodicilune, il bassista
Pierluigi Balducci si avvale della prestigiosa collaborazione di John Taylor, Paul
McCandless e Michele Rabbia. Sogni raccontati con le note, composizioni visionarie
da ascoltare a occhi chiusi, finestre verso un altrove fatto di suoni e silenzi. Tanto
il grande pianista inglese, quanto lo storico oboista-sopranista americano (per
la prima volta insieme sul palcoscenico) e il geniale percussionista piemontese
sembrano assecondare a meraviglia l’intenzione dichiaratamente ‘romantica’ del
leader. Il risultato è un lavoro articolato su musiche originali firmate da Pierluigi
Balducci, con l’eccezione di due brani di John Taylor, dall’indubbia capacità di
suggestione e dal forte impatto evocativo. Composizioni “visionarie” per un
quartetto d’eccellenza.
John Taylor, monumentale pianista britannico, fondatore nel 1977 dello storico
gruppo degli Azimuth, con Norma Winstone e Kenny Wheeler. Considerato uno
dei più creativi e poliedrici pianisti del jazz moderno, dotato di incredibile senso
lirico e ritmico, caposcuola e riferimento delle nuove generazioni, ha collaborato
con i grandi del jazz, tra cui Jan Garbarek, Enrico Rava, Gil Evans, Lee Konitz, Charlie
Mariano, Maria Pia De Vito, Ralph Towner, Charlie Haden.
Paul McCandless, storico fiatista e compositore americano, nel 1971 con Ralph
Towner, Glen Moore, e Collin Walcott fonda gli Oregon. Uno dei pochissimi oboisti
jazz al mondo, è anche polistrumentista (sax soprano, corno inglese, sopranino,
clarinetto e clarinetto basso). Innumerevoli le sue collaborazioni con tutti i grandi
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Ingresso 25 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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Paolo Zirilli / voce, chitarra e pianoforte
Jino Touche / contrabbasso
Enzo Zirilli / percussioni
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“Stelle ‘sfocate’, osservate dai miei miopi occhi sans lunettes, dal basso di un pavè,
in una notte come tante, con la mia chitarra e la mia voce come uniche compagne,
mentre offro ad una giovane coppia di splendidi amanti, conosciuti par hasard, una
delle mie canzoni, forse quella a me più cara: Noir à la nuit. Ecco, questo è il mio
canto in fuga: la bellezza sublime della possibilità che, in un attimo fuggente, il
mio cantare – eterna fuga vissuta come riparo emotivo dall’amarezza del vivere,
traslando i vissuti in versi e liriche – possa esser recepito, fruito, condiviso e visto,
attraverso i colori dei suoni, anche dall’Altro… come una foglia d’autunno, staccata
dal suo ramo. Feuille detachèe, dunque, ormai soltanto in balia del vento e sua umile
schiava, mentre corre svelta lungo il pavè eroso dell’esistenza, in fuga verso il nulla.
Tale fuga è condivisa, qui dalle anime di due artisti del tutto particolari: mio fratello
Enzo alle percussioni e Jino Touche, contrabbasso. Paolo, Enzo e Jino… tre universi in
fuga… insieme.” Paolo Zirilli
Un trasognato viaggio nella musica francese, a cavallo tra jazz e valse musette da
parte di un Italiano in prestito a Parigi, innamorato delle immagini della Francia,
piene di luci, ombre e suoni del Mondo.
Con Paolo Zirilli (voce, chitarra e pianoforte), suo fratello Enzo (percussioni) e Jino
Touche (contrabbasso), storico collaboratore di Paolo Conte.
Tutte le composizioni sono originali a firma di Paolo Zirilli e sono state arrangiate
“ad arte” dall’ensemble.
Pa o lo
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Ingresso 15 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
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Paolo Zirilli
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Alessio Lega
PRESENTA I L NUOVO CD MALA TESTA
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Alessio Lega / voce e chitarra
Francesca Baccolini / contrabasso
Guido Baldoni / fisarmonica
Rocco Marchi / pianoforte e percussioni
Foto di Roberto Gimmi
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Alessio Lega ama dire di sé “sono uno dei maggiori outsider del giro”, definizione
quanto mai azzeccata. Alessio, infatti è entrato a far parte della storia della
canzone, viene regolarmente inserito in ogni dizionario della canzone, Gianni Mura
lo cita su Repubblica fra i 100 nomi dell’anno, ha vinto i riconoscimenti più ambiti
(Targa Tenco, Premio Lunezia), le sue canzoni sono inserite in antologie, libri, dvd;
eppure Alessio rimane fondamentalmente un outsider, per lui la canzone rimane
una passione, una scelta, uno spazio di libertà; per poter scegliere a chi dire di sì e a
chi dire di no, per poter suonare dove gli piace e non dove si deve.
Ritorna al FolkClub per presentare il suo sesto CD Mala Testa, uscito nel marzo 2013.
Sesto, ma da un certo punto di vista secondo, perché dopo il celebrato esordio di
Resistenza e amore (Targa Tenco come miglior opera prima nel 2004), le successive
uscite di Alessio sono state la riproposizione di classici francesi tradotti (Sotto il
pavé la spiaggia – 2006), un live (Zollette – 2007), un progetto speciale dedicato alla
follia (E ti chiamaron matta – 2008), una antologia di cantautori ribelli (Compagnia
cantante – 2008). Mala Testa è dunque il ritorno di Alessio Lega a un disco di
materiale quasi completamente originale, un disco che ha dunque una gestazione
decennale, attentissima al presente e ai suoi suoni, alla ricerca di una strada e
di una musica adatta alla rinascita della canzone narrativa. Alessio Lega è un
cantastorie e come tale il suo lavoro di ricerca e di mantenimento della memoria è
parte fondamentale della sua opera. Il linguaggio è il folk, il pop, il rock che suona
nella piazza globale e cerca i tratti individuali nelle tante maschere della ribellione.
Le sue rime sono spesso aspre, dall’ironia tagliente, e hanno la capacità di saper
raccontare le storie in maniera perfettamente lucida e dettagliata, nello spazio
di una canzone. Mala Testa è un disco di storie e di resistenza: al logorìo della
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Ingresso 15 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
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memoria, alla normalizzazione, alle nuove schiavitù, alle prepotenze, di qualsiasi
tipo e in qualunque latitudine si manifestino. Il CD si avvale di tre ospiti prestigiosi:
Paolo Pietrangeli, Paolo Ciarchi (entrambi già presenti al FolkClub) e Ascanio
Celestini (con il quale ha pubblicato nel 2012 il libro Incrocio di sguardi).
Cantautore, scrittore e militante anarchico, Alessio Lega è nato nel 1972 a Lecce
e dal 1990 vive a Milano. Ha fatto l’impiegato per le bollette, il fumettista per
ostinazione e il musicista per l’amore e la rivoluzione. Collabora alle riviste e
alla vita del movimento libertario. È un rivoluzionario pantofolaio e cesellatore.
Comincia a scrivere e cantare le prime canzoni in pubblico alla fine degli anni
’80 e si esibisce regolarmente dal ’97. Cultore della lingua, storico della canzone
internazionale, cantante di impostazione teatrale legato alla tradizione francese,
scrive con un occhio alla forma e un altro alla giustizia sociale. Ha cantato nei teatri
e nei locali del “giro”, ma torna sempre ai centri sociali, alle feste di piazza, ai teatri
liberi. Odia il denaro, ricambiato.
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Luca Barbarossa / chitarra e voce
Neri Marcoré / chitarra e voce
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Una serata di musica dal vivo e divertimento con due fuoriclasse assoluti
Ed ecco un altro colpo di cui andiamo fieri, un altro concerto (ma chiamarlo
concerto è riduttivo perché sarà molto di più) che impreziosisce la ventiseiesima
stagione del FolkClub, confermando che le follie del venticinquennale non sono
finite. Tutto nasce da una ormai lunga amicizia con Luca Barbarossa che approdò
per la prima volta al FolkClub nel 2008, quando usciva Via delle storie infinite,
il CD in cui Luca ricercava una dimensione più genuina, più scarna, e sceglieva
di presentarlo in piccoli club in giro per l’Italia. Fu un concerto storico per noi,
oltre che per la caratura del protagonista, perché fu l’ultimo cui assistette Franco
Lucà. Intitolammo quella serata Braccia rubate a Sanremo e Luca ne fu molto
divertito, scattò la scintilla della simpatia reciproca, oltre che della sintonia sulle
scelte culturali e sulla condivisione di un certo tipo di approccio alla musica. Lo
invitammo nuovamente nel dicembre 2009, per due concerti di straordinaria
intensità e bellezza. A Luca piace il FolkClub, al FolkClub piace Luca, e così ci
siamo permessi una cortese insistenza con gli amici del Club Tenco affinché gli
riconoscessero il posto che merita nel pantheon dei cantautori: con nostra grande
soddisfazione l’invito a Luca all’altro Sanremo è arrivato nel 2013, e con esso il
definitivo riconoscimento tra i grandi della canzone d’autore italiana. Da quei
giorni del Tenco è nata la voglia, reciproca, di tornare a fare qualcosa insieme.
Finché qualche giorno fa Luca ci ha telefonato “il mio amico Neri Marcoré sarà
Torino per qualche tempo, cosa ne direste se lo raggiungessi e facessimo una serata
insieme al FolkClub?” Potevamo farcelo ripeter due volte? Detto e fatto, ed eccoli
U NA SERATA DI MUSICA DAL VIVO
E D IVERTIMENTO CON DU E FUORICLASSE
ASSOLUTI
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stagione
qua. La breve nota che ci hanno mandato mette subito in chiaro quale sarà
l’atmosfera della serata:
“Il 4 febbraio Luca Barbarossa e Neri Marcorè si ritrovano sul palco del FolkClub di
Torino per una serata di musica dal vivo e divertimento.
Forti del grande successo di Attenti a quei due e di un’amicizia ormai consolidata i
due calciautori della Nazionale Italiana Cantanti tornano a Torino dopo il risultato
record della Partita del Cuore 2013 allo Juventus Stadium.
Hanno già chiesto di partecipare all’evento Paul McCartney e Ringo Starr ma dopo
essersi consultati i nostri hanno preferito esibirsi in duo.
Luca è tifoso della Roma , Neri di Ascoli e Juve e già quest’ambiguità la dice lunga.
4 febbraio 2014 a Torino !!!
Siamo già dispiaciuti per chi non ci sarà.”
Attenti a quei due è lo spettacolo teatrale che Luca e Neri portarono in giro per i
teatri di tutta Italia nel 2009. Fu un successo eclatante, con teatri esauriti ovunque
e grande apprezzamento da parte del pubblico. La serata al FolkClub riprenderà,
in una forma molto più intima, quel discorso iniziato allora, e mai chiuso. A
differenza di allora
niente band di sostegno,
un palco ridotto ai
minimi termini, il
pubblico addosso.
Inevitabilmente la
libertà creativa dei
due sarà esaltata al
massimo, il cantautore
diventerà cabarettista
e il cabarettista
cantautore e alla
fine non si saprà più
chi è chi: le canzoni
intramontabili di Luca,
le imitazioni e le gag di Neri, ma anche le canzoni di Neri e le gag di Luca. Alla base
una grande voglia di divertirsi e di divertire con le armi del talento e della fantasia,
che di certo non mancano ai due.
“Ho ricordi bellissimi di concerti torinesi, ai Punti Verdi e al Colosseo. Ma quello a
cui sono più legato è un concerto fatto al FolkClub, c’era ancora Franco Lucà che poi
purtroppo è venuto a mancare. Un concerto acustico, una voce, un pianoforte e una
chitarra. Fu una serata perfetta in un luogo pieno di anima.” Luca Barbarossa
Luca Barbarossa
& Neri Marcoré
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Kalakan (paesi baschi)
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DI VOCI E PERCUSSION I
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Thierry Biscary “Ttirritt” / voce, percussioni
Xan Errotabehere / voce, fiati, percussioni
Jamiel Bereau / voce, percussioni, shrufi box
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Con la loro esperienza al fianco di Madonna, ma fieramente leali alle loro radici,
i Kalakan sviluppano una relazione intima con il pubblico scegliendo un ritorno
alle origini. Con una certa dose di rischio, lasciando spazio all’inaspettato e
alla spontaneità, i membri di Kalakan si affidano a una performance raffinata,
mettendo insieme ascoltatori e musicisti attorno alla musica e alle emozioni da
essa suscitate. Per tutto il concerto Thierry, Xan e Jamixel sono quasi nudi: solo
voci e percussioni. Cantano testi baschi del XVI secolo così come testi di poeti
contemporanei, a capella o accompagnandosi con i loro tamburi. La dolce voce di
una ninna nanna arriva con il fiero suono di una jota. Suonano dei tamburi dai
nomi esotici: txalaparta, ttun ttun, atabal, pandero... tutti strumenti tradizionali
oggi suonati nei Paesi Baschi. Il trio crea arrangiamenti che fanno viaggiare
l’ascoltatore dalle aride pianure di Herribera in Navarra alle isolate vallate di
Zuberoa, con qualche deviazione per città come Rio de Janeiro, New York, Londra,
Roma o Amsterdam. Figli della tradizione, Thierry, Xan e Jamixel sono, nondimeno,
delle anime ibride. Nonostante affermino con forza la loro identità basca, sono
anche consapevoli figli del rock, del mondo della TV, il risultato dei Paesi Baschi di
oggi e del mondo di domani. Cantano in Euskara (la lingua dei Paesi Baschi è la loro
madrelingua, con la quale hanno imparato a cantare; euskara è anche la lingua del
repertorio che hanno deciso di difendere e rivisitare: le canzoni tradizionali basche)
per esprimere le loro radici perché come dice il poeta portoghese Miguel Torga
l’universale è il locale senza muri. Quest’identità plurale si basa sui colori, il ritmo,
la diversità e la musicalità stessa dell’Euskara. I Kalakan (chiacchiera in lingua
basca) credono cha la prima musica sia la lingua; scelgono l’essenziale: percussioni
e voci, ritmo e melodia; dei punti di partenza che portano oltre, al futuro ed
eventualmente di nuovo a loro. Il loro incontro con Katia & Marielle Labèque è
stato fondamentale per la nascita del progetto e del loro primo album. Sempre
grazie alle sorelle Labèque hanno conosciuto Madonna che li ha poi voluti con sé
nel tour MDNA del 2012.
KA: le naturali e inflessibili assi di legno della Txalaparta; LA: la voce, una voce piena,
nasale come una gaita su una jota, dolce come una ninna nanna dopo un bacio,
e spesso densa, granulosa, fiera, generosa e sincera. I Kalakan sono soliti cantare
in acustico, alla ricerca di un contatto più diretto con il pubblico e di un rapporto
semplice e chiaro; KAN: il suono potente e tribale della batteria tradizionale (atabal,
ttunttun, pandero) o della batteria fatta da Remy Malher (danborrak).
“Trio di cantanti e percussionisti, i Kalakan sono i soli musicisti professionisti baschi
specializzati nella txalaparta. Ecco che, fra differenze essenziali sul piano musicale,
da un lato con l’ambasciatrice della musica pop internazionale e dall’altro con un
folk regionale molto particolare, si può godere di un mélange originale, uno choc
culturale che sfocia in un risultato assolutamente interessante.” (Il Corriere della sera)
“Pochi hanno parlato di quanto i Kalakan siano stati determinanti in questo MDNA
World Tour 2012. Madonna non rinuncia al pop, non rinuncia alla dance, ma non
rinuncia soprattutto alla musica folk di cui è cosi innamorata.” (Panorama)
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Ingresso 20 euro
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Ingresso 18 euro
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Stan Sulzmann / sassofono
Nikky Iles / pianoforte
Aldo Mella / contrabbasso
Enzo Zirilli / batteria
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Doppio ospite britannico per questa data speciale di RadioLondra, che festeggia
i 65 anni del grande Stan Sulzman. Oltre a lui ritorna sul palco del FolkClub la
straordinaria pianista e compositrice Nikky Iles, che apprezzammo in occasione del
concerto con Georgia Mancio del dicembre 2012.
Stan Sulzmann è senza dubbio uno dei musicisti contemporanei più stimati in
tutto il mondo, ammirato dai suoi colleghi musicisti e dal pubblico per il suo suono
immediatamente riconoscibile e per la sua sconfinata immaginazione creativa,
caratteristiche per cui è costante fonte di ispirazione e modello per molti dei
giovani musicisti emergenti della Gran Bretagna. La sua carriera affonda le radici
negli anni ’60 quando, con artisti del calibro di Graham Collier, John Taylor, Kenny
Wheeler, Gordon Beck, ha costituito l’avanguardia del giovane jazz inglese. Da
quel momento Stan è stato costantemente in prima linea nel jazz contemporaneo
e il suo stile unico, la sua immaginazione musicale senza limiti, il suo sound
particolare, sono stati richiesti e messi al servizio di mostri sacri quali Gil Evans,
Chet Baker, Kenny Clarke, Sir Paul McCartney, Michael Brecker, Mike Gibbs, Francy
Boland. Costantemente richiesto come ospite solista, si è esibito con band di tutta
Europa, tra cui l’Orchestra della Radio di Hilversum, NDR Big Band (insieme a Chet
Baker), Hannover Radio Symphony Orchestra e la New York Composers Orchestra e
ha affiancato l’acclamato pianista inglese Nikki Iles, il tastierista Marc Copland e il
trio Odersa, formazione priva di batteria con kenny Wheeler e John Parricelli. Stan
è anche compositore di talento, riconosciuto a livello internazionale. La sua musica
è stata descritta in termini entusiastici: “incantevole, delizioso, potente e diretto ...
meticolosamente scritto, a volte riecheggiando l’orchestra del fantasioso e compianto
Michael Gibbs” (The Guardian). “Sulzmann - il compositore di classe” (John Fordham).
Già ospite delle Radio Londra nel maggio 2012 con il progetto Caxanga, ci aveva
incantati con il suo suono.
Nikki Iles La pianista e compositrice inglese è uno dei talenti più brillanti del
jazz europeo. Come fondatrice della Creative Jazz Orchestra, Nikki ha lavorato con
Vince Mendoza, Anthony Braxton, Mike Gibbs, Bobby Previte e Mark Anthony
Turnage. Il 1996 è l’anno della svolta nella sua carriera: ottiene il prestigioso
Special BT British Jazz Award e registra il CD Treasure Trove, con Stan Sulzmann
(ospite di RadioLondra lo scorso anno), che riceve un’accoglienza entusiasta dalla
critica specializzata. Seguono le
collaborazioni con Tina May e
Martin Speake, altro importante
passaggio della sua carriera. Il suo
pianismo intenso e delicato è molto
richiesto e l’ha portata a collaborare
anche con The Julian Arguelles
Octet, Perfect Houseplants, Tony
Coe, The Kenny Wheeler Big Band.
Il suo gruppo, The Printmakers,
ha recentemente ottenuto una
nomination per il Parliamentary
Jazz. Le sue produzioni discografiche
più recenti sono Hush registrato a
New York con gli americani Rufus
Reid e Jeff Williams; e Mirrors con
Kenny Wheeler e Norma Winstone
in uscita a gennaio 2013. Da non
trascurare la sua attività come
compositrice per Creative Jazz
Orchestra, London Sinfonietta, The
London Philharmonic e la Northern
Underground Orchestra, che le ha
fruttato alcune nomination al prestigioso Paul Hamlyn Award.
“Formidabile presenza nel jazz britannico che sta salendo vertiginosamente verso le
altezze che le competono” (The Guardian).
Li accogliamo entusiasti, accompagnati dall’immancabile Enzo Zirilli e dal
raffinatissimo contrabbasso di Aldo Mella.
Stan Sulzmann
& Nikky Iles (uk)
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Pat r i z i a
Patrizia Laquidara, siciliana di nascita ma veneta di adozione, è cantante,
autrice, compositrice, e – occasionalmente – anche attrice. Spazia dalla canzone
d’autore alla musica popolare alla sperimentazione vocale. Poetessa di estrazione
maudit, cosi viene definita per la sua scrittura, è considerata una delle punte di
diamante tra le cantautrici italiane. La sua voce è stata descritta come una voce di
rottura, a tratti dolce e sinuosa, altrove impetuosa e dirompente, con una capacità
sbalorditiva di ammaliare e stregare.
Il suo talento eccentrico l’ha portata a esibirsi in diverse parti del mondo tra
cui Giappone, Stati Uniti, Marocco, Portogallo, Spagna, Ecuador, Lussemburgo
e Brasile, dove ha già portato tre lunghi tour, l’ultimo dei quali conclusosi
nell’agosto 2013. Premio Città di Recanati 2002, Premio della critica Festival
di Sanremo 2003 e Premio Cantante di Musica Popolare IMAIE 2007, Patrizia
ha collaborato con alcuni dei mostri sacri della musica mondiale come Ian
Anderson (Jethro Tull), che l’ha invitata a partecipare al suo tour italiano nel
2011, e Arto Lindsay, che Patrizia ha scelto come produttore artistico del suo
secondo album, Funambola (nella cinquina dei finalisti Targa Tenco 2007 come
Miglior Album). In questo live, dove l’artista non solo affascina per la voce,
straordinaria come intensità, ma anche per le doti di scrittura e per la totale
padronanza della scena, Patrizia mette in gioco il suo repertorio – da Indirizzo
Portoghese alle scorribande dentro la canzone popolare e d’autore, da Funambola
a composizioni non ancora incise, fino ad arrivare allo straordinario Il Canto
dell’Anguana (album vincitore della TargaTenco 2011 nella sezione dialettale, di
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Ingresso 20 euro
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Inizio Spettacolo ore 21.30
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Patrizia Laquidara / voce
Giancarlo Bianchetti / chitarre
Davide Garattoni / basso e contrabbasso
Nelide Bandello / batteria
cui è anche produttrice artistica oltre che compositrice). De Il Canto dell’Anguana
Patrizia dice: “È un disco realizzato anche per fare un dono cantato alla mia terra
d’adozione. Perché si sappia che in Veneto c’è anche questo. In questo disco si parla
di identità. Un’identità che non è fissa e immobile come vogliono farci credere. Ma,
anzi si sposta, viaggia. Perché le culture popolari sono bastarde, meticce, migranti,
impure, cacciatrici di miti. Viaggiano, si mischiano, si abbracciano e fanno
nascere nuove culture, a volte anche con violenza. La lingua e la musica davvero
contengono sempre e comunque le
tracce di altri popoli.”
Durate il concerto si alternano
momenti travolgenti ed elettrici con
parentesi di solo voce emozionanti
e intensi, gli ottimi musicisti
che l’affiancano alternano suoni
vigorosi e morbidi, l’esecuzione dal
vivo è al contempo impeccabile
e sanguigna. Un dialogo in cui la
musica – più che accompagnare
– entra in risonanza con la voce
potenziandone la limpidezza, la
forza espressiva e la qualità emotiva.
Giancarlo Bianchetti alle chitarre,
per dieci anni con Vinicio
Capossella sia in live che in studio,
ha collaborato – tra gli altri – con
Jack Walrath, Tony Castellano,
Steve Grossman, Tony Scott,
Marco Tamburini, Piero Odorici.
Attualmente è anche side man di
Gianmaria Testa nei suoi live e nei
suoi album.
Nelide Bandello, membro del collettivo El Gallo Rojo, batterista eclettico e
personale il cui stile riassume la formazione eterodossa in cui rientrano gli
esordi alternativi rock, new wave, hardcore, la tradizione jazzistica, la libera
improvvisazione e una lunga esperienza nell’ambito di spettacoli teatrali e
di cabaret. Davide Garattoni, basso e contrabbasso, ha collaborato tra gli altri
con Zeduardo Martins, Carlo Atti, Jaime Vasques, Carlo Maver, Pepo Bianucci e
Federico Poggipollini.
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Patrizia Laquidara
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Barber Mouse
STATIC – OLTRE LE CONVENZION I
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Isabel Sorling / voce
Fabrizio Rat / piano
Stefano Risso / contrabbasso
Mattia Barbieri / batteria
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interessanti della sua generazione, i Subsonica, è stata una sfida che ha permesso
una grande libertà: di trasformazione del modello iniziale e di improvvisazione.
Dodici pezzi quasi interamente ricostruiti dopo una meticolosa opera di intaglio,
di delicato raffinamento che mantiene la melodia originale. A ciascuna traccia
è affidata una temperatura musicale netta, evidente: ora aspra e calda, ora
straniante, svuotata, e poi ancora energica e nervosa e infine carezzevole, attraverso
accordi di basso corposi e spazi ampi, visionari, e stanze dall’eleganza ricercata e
limpida. Se la struttura melodica originale resta intatta, l’universo timbrico che
da questa si sviluppa è vasto e diversificato, e da forma completamente nuova a
qualcosa di conosciuto. Barber Mouse è un’avventura sonora tra rock, pop e musica
elettronica che non ha precedenti.
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B a r b e r
Suoni di sintetizzatori analogici, distorsioni, drum machine, loop station e
arpeggiatori senza un solo volt di corrente elettrica? Un trio acustico dove gli
strumenti si trasformano oltre le convenzioni a cui siamo abituati.
Questa l’idea alla base di Barber Mouse. Un’infinità di tempo passato da Castorama
e Leroy Merlin per modificare e preparare gli strumenti con materiali da bricolage.
Il trio Barber Mouse manipola i propri strumenti per ottenere suoni distorti,
metallici, vibranti, elettrici, con materiali non originariamente destinati alla
musica, quanto piuttosto alla ferramenta: cartavetro e alluminio, carta da parati,
carta assorbente e copiativa, chiavistelli, tenaglie, chiodi, catene, pinze e tutto ciò
che permetta a BM di raggiungere la sonorità voluta.
Il tutto per accompagnare Isabel Sorling -cantante svedese che utilizza le proprie
corde vocali all’estremo per emettere suoni difficilmente immaginabili- e suonare
insieme un pugno di canzoni ‘statiche’ scritte apposta dal gruppo (da cui il nome
del progetto: Static).
Melodie semplici che vedono il loro evolversi non nella variazione bensì nello
sviluppo della forma. Barber Mouse, che in questi ultimi anni è stato invitato in
importanti festival quali MiTo e Linguaggi Jazz, ha suonato in tour nel 2010 in molti
teatri del nord Italia e ha ottenuto passaggi radiofonici e interviste su prestigiose
radio italiane (RadioTre Alza il volume, DeeJay, Number One), ha presentato
nell’ottobre 2011 il suo disco d’esordio, Plays Subsonica, che vede la partecipazione
straordinaria di Samuel, voce solista dei Subsonica.
Il disco è stato ideato nel 2009 per la necessità della band di unire la ricerca
timbrica alla sperimentazione. La scelta di lavorare su un repertorio che è
amalgama di pop e rock, una selezione di canzoni di una delle band italiane più
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Ingresso 15 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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Foto di Krijn Van Noordwijk
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“Molta gente non capisce questo disco, perché non è jazz, né world music, né musica
classica, e ci sono un violoncello e un pianoforte ma c’è anche un musicista africano.
Viviamo in un’epoca in cui la gente vuol sapere che cosa ascolterà, prima ancora di
aver ascoltato. Per me è un enorme equivoco.” Ernst Reijseger
La citazione di Reijseger che abbiamo scelto come apertura della presentazione
di questo concerto mette subito le cose in chiaro: la proposta musicale di questo
meraviglioso trio rifiuta qualunque tipo di etichetta e una presentazione
inevitabilmente appiccica delle etichette, ne consegue che presentare questo
concerto è impossibile. Torna alla mente il famoso aforisma di Frank Zappa “parlare
di musica è come ballare di architettura”, mai come in questo caso appropriato.
Ma qualcosa dobbiamo dirvi di questo concerto che si preannuncia come uno dei
vertici assoluti di bellezza e godimento della stagione FolkClub 2013-14, e allora
ci proviamo e ci scusiamo in anticipo se le nostre parole non potranno essere
all’altezza della bellezza della musica che ci offrirà il trio.
Ernst Reijseger è violoncellista e compositore (sue alcune colonne sonore per
Herzog) dallo spirito geniale e irrequieto, è tra i pionieri dell’introduzione del
violoncello in ambito jazz, anche se definire jazz la sua musica è decisamente
riduttivo. Incontra Mola Sylla a fine anni ‘80, quando il cantante e strumentista
senegalese approda in Olanda, e rimane subito colpito dal suo modo di cantare. A
inizio anni ‘90, per l’improvviso forfait di Toumani Diabaté, lo chiama a partecipare
a un suo concerto. Nonostante la totale assenza di prove per il concerto i due
trovano immediatamente sul palco una sintonia musicale invidiabile.
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Ingresso 25 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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Ernst Reijseger / violoncello e voce
Harmen Fraanje / pianoforte
Mola Sylla / voce, m’bira, xalam, kongoma
Da allora suonano insieme a più riprese, in duo e con altri musicisti, e realizzano
insieme il CD Janna (2003). Dice Reijseger: “Mola quando canta improvvisa sempre,
come si fa nella tradizione africana. Le parole che usa cambiano di volta in volta, e
molte volte, più che il senso, conta il ritmo e il piazzamento delle parole sul tempo...
le parole sono lo strumento di Mola, il suo modo di esprimersi e di improvvisare.”
Anche il pianista Harmen Fraanje (ottimo jazzista, apprezzato in Olanda e docente
al Conservatorio di Amsterdam) era una vecchia conoscenza di Reijseger, è
Harmen stesso, dopo aver assistito a una esibizione del duo con Sylla, a insistere
con Reijseger che il duo si sarebbe dovuto trasformare in un trio. Ancora Reijseger
“Lo chiesi a Mola, dicendogli che Harmen era sicuro che la cosa avrebbe funzionato,
anche se il pianoforte non era certo lo strumento più logico da inserire in quel
contesto. Alla
fine decidemmo
di provarci e
tenemmo un
bellissimo concerto
a Tiburg, il gruppo
funzionò bene
fin dal primo
momento. Harmen
aveva avuto la
giusta intuizione.”
Dall’incontro
di questo trio
totalmente atipico
è nato il CD Down
deep, che sarà
presentato al
FolkClub, uscito
nel 2013. Un disco
che travalica
qualunque steccato stilistico, tra estatiche sequenze circolari, complessi pattern
ritmico-melodici di origine africana, fino a sfiorare il free jazz e a toccare la musica
lirica con la rilettura del pucciniano E lucevan le stelle.
“A volte suono il violoncello come una chitarra, tenendolo in orizzontale, perché
in questo modo posso applicare tecniche chitarristiche, come il barré, che mi
permettono di dare alla musica direzioni diverse.” (Ernst Reijseger)
Concerto di bellezza sopraffina, assolutamente da non perdere.
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U N FANTASTICO TRIO AL DI FUORI
DI QUALU NQU E SCH EMA
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Reijseger Fraanje
Sylla Trio (olanda-senegal)
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Ingresso 20 euro
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Inizio Spettacolo ore 21.30
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Jake McMurchie / sassofono
Pete Judge / tromba
Jim Barr / basso
Clive Deamer / batteria e voce
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È un altro dei “colpi” della stagione 2013-14 di cui andiamo particolarmente fieri.
I Get the Blessing sono oggi considerati “la band più originale ed eccitante della
scena britannica del momento” come ha scritto la rivista Jazzwise. Nati a Bristol
da un’idea del bassista Jim Barr e del batterista Clive Deamer, ovvero della sezione
ritmica dei Portishead, leggende del trip-hop, i GTB si completano con i fiati e
l’elettronica del sassofonista Jake McMurchie e del trombettista Pete Judge. La
loro cifra stilistica fondamentale è un perfetto connubio tra la libertà creativa
propria del jazz moderno e l’energia corale del rock più aggiornato; il risultato
è un sound personalissimo e inconfondibile, esplosivo e inclassificabile in facili
categorizzazioni. Il punto di partenza dei quattro è la comune passione per il genio
di Ornette Coleman (presenza che in qualche modo “torna” sul palco del FolkClub
per la seconda volta in stagione, dopo il concerto di Barbara Raimondi e Tony Kofi),
ma rinchiudere i GTB nel recinto del jazz è operazione assolutamente impossibile.
Al contrario: dall’ambiente jazz sono considerati degli outsider, lo dimostrano i
numerosi sopraccigli alzati in occasione della vittoria ai BBC Jazz Award del loro
primo CD All is yes (2008). D’altro canto sono anche decisamente troppo jazzy per
essere rinchiusi in quell’altro recinto, quello del cosiddetto post-rock. Ne consegue
che la cosa migliore da fare sia semplicemente ascoltarli, senza spaccarsi la testa
a cercare di definirli, e assaporare la qualità estetica di una band che riesce a fare
musica per nulla difficile, pur essendo tutt’altro che semplice. Anche se azzardare la
definizione “post-jazz” non pare totalmente fuori luogo.
Nel 2009 esce il secondo album Bug in amber, che conferma la formula magica
del primo: una base ritmica non solo straordinaria per solidità e precisione, ma
LA SEZION E RITMICA DEI PORTISH EAD PER U N
QUARTETTO JAZZ (E NON SOLO) STRATOSFERICO
/
stagione
anche pronta in qualunque momento a dialogare con i due fiati per contribuire
alla costruzione di melodie tanto complesse quanto godibili all’orecchio. La stampa
inglese va in visibilio: BBC Music Magazine prevede “questa uscita ricaricherà
certamente il mondo del jazz” l’Indipendent esclama “ I pesi massimi della scena
jazz contemporanea.” il Guardian, più britannicamente compassato, commenta “Un
esperimento di incrocio tra i generi davvero vario e inventivo.”
L’album più recente, OCDC uscito nel 2012, si avvale di due super ospiti come
il chitarrista dei Portishead Adrian Utley e l’immenso Robert Wyatt. Il disco,
che trasuda energia
e inventiva da ogni
traccia, viene acclamato
dalla critica come il loro
capolavoro. Perfino il
Guardian perde un po’ del
suo aplomb: “mischiano
rock bruciante con sax alla
Ornette Coleman e molto
altro ancora, l’effetto è
elettrizzante.”
Jim Barr (basso) è
uno dei principali
protagonisti della scena
trip hop di Bristol,
bassista dei Portishead,
e richiestissimo session
man, ha registrato, tra gli
altri, con Peter Gabriel.
Clive Deamer (batteria e voce) oltre a essere il batterista dei Portishead e dei
Reprazent di Roni Size, è stato in tour con Radiohead (vogliono copiare il sound dei
GTB commentò sorridendo Jim Barr quando Clive fu da loro chiamato), Jeff Beck,
Alison Moyet e Siouxsie. È stato membro degli Strange Sensation di Robert Plant.
Jake McMurchie (sassofono) è un musicista di formazione jazz attivo sia come
leader di suoi gruppi che come sideman. Ha registrato con Portishead e National
Youth Jazz Orchestra.
Pete Judge (tromba) è un compositore di colonne sonore oltre che jazzista e cultore
della musica sperimentale, fa parte del trio Three Cane Whale con Alex Vann degli
Spiro e Paul Bradley dei Me.
“I GTB imbrigliano rock e jazz con inflessibile forza” (Time Out)
Get The Blessing (uk)
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MALAMUSI K!
Foto di Annarita Esposito
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Pietra Montecorvino esordisce giovanissima nel cinema in un ruolo da
protagonista accanto a Renzo Arbore e Roberto Benigni nel film F.F.S.S. (1983),
nel quale interpreta la famosa canzone Sud, inno dello spirito e del carattere
meridionale. La sua attività prosegue nella musica con concerti in Italia e all’estero
(Argentina, Francia, Germania, Inghilterra Francia, Estremo Oriente) e con
interpretazioni di rilievo in altri film (tra i quali Cavalli si nasce di Sergio Staino
del 1989). Con la sua partecipazione al film Passione (2010) dell’americano John
Turturro riceve i premi del festival del Cinema di Salerno e di Capri-Hollywood.
Altro riconoscimento, ricevuto nel dicembre 2012: il Premio Carosone alla carriera.
Nel 2013 Pietra è stata la voce solista dell’opera moderna L’amore muove la luna di
Eugenio Bennato, con l’Orchestra e il Coro del Teatro San Carlo di Napoli. Pubblica
Malamusik, libro autobiografico in cui raccoglie pensieri personali toccando le
più svariate tematiche. Il film Passione di Turturro consacra definitivamente
Pietra Montecorvino quale massima interprete della musica napoletana di
respiro internazionale. Scrive Turturro nella presentazione di Malamusik: “Pietra
Montecorvino è una donna unica nel suo genere, una persona autentica che non si
lascia intimorire dal potere della realtà. È una narratrice, un’attrice.”
Tutto vero, la Montecorvino è una Donna, con la “D” maiuscola, proprio come
affermò Franco Lucà in una magnifica serata del 2003 in cui fu proprio Pietra
a cantare in occasione della Festa della Donna di un otto marzo sopra le righe.
“Se Donna deve essere, allora sia Donna Tosta!” scriveva Franco introducendo
quel suo concerto sul Folknotes. Sintesi naturale dell’evoluzione della canzone
napoletana che dallo swing degli anni ’40 attraversa il fenomeno Carosone, poi
quello della Nuova Compagnia di Canto Popolare di De Simone, esalta l’originale
f e b b r a i o
Ingresso 20 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
cantautorato dei Bennato, Pino Daniele e Enzo Gragnaniello, ritorna nei vicoli con
Sepe, Almamegretta e 99 Posse, riemerge a livello internazionale con la strepitosa
Taranta Power di Eugenio Bennato, Pietra è Targa Tenco 1988 e 1991. Ha cantato,
tra gli altri, con Mercedes
Sosa, Ute Lemper, Nina
Simone, Les Voix Bulgares,
Eugenio Bennato, Peppe Barra
e Enzo Gragnaniello. Artista
istintuale con la sfrontatezza
nel sangue, Pietra scrive di sé:
“Io, Pietra, una donna forte,
tanto forte, ma esile e piccola,
quasi a compensare l’esagerato
egocentrismo, mitomane come
pochi, libera come il vento e
senza nessuna paura di essere
giudicata. Nel bene e nel male
io sono io, non seguo mode,
non perdo tempo e quando
amo, amo davvero, sogno
l’impossibile anche se i sogni
sono vicini alla realtà e la vita è
tutta lì, negli spazi tra il cielo e
la terra.”
Nel suo concerto Pietra
interpreta brani originali e
classici napoletani in una
fusione creativa tra lo stile
tradizionale e le nuove
sonorità mediterranee.
Nel repertorio sono comprese anche escursioni ardite nel mondo della musica
popolare contemporanea, addirittura con qualche citazione di hit dell’universo
neomelodico. Il concerto, di grande presa ritmica e spettacolare, si avvale della
presenza di musicisti di grande spessore: il fantastico polistrumentista Erasmo
Petringa (già al FolkClub al fianco di Bennato e di Gragnaniello e nostro ospite
con un concerto tutto suo nel febbraio 2009) e il contrabbassista Daniele Brenca,
accompagnati dalle incredibili performance di Attilio Pastore, show man e maestro
delle percussioni a fiato (!!).
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Pietra Montecorvino / voce
Erasmo Petringa / mandola, mandoloncello
Daniele Brenca / contrabbasso
Attilio Pastore / percussioni a fiato
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Pietra Montecorvino
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Christian
Kjellvander Band (svezia)
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I L COWBOY SCAN DI NAVO PRESENTA I L SUO
U LTIMO STRAORDI NARIO CD
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Christian Kjellvander / chitarra acustica ed elettrica, basso e voce
Andreas Ejnarsson / basso, tastiere e cori
Tias Carlsson / chitarre e cori
Fredrik Normark / batteria
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Foto di Erik Undehn
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Il ‘cowboy scandinavo’ Chistian Kjellvander è il caposcuola di una scena musicale
in fermento con Nick Drake, Leonard Cohen, Bergman e Kaurismaki nel cuore.
Kjellvander è nato a Ystad, una città di porto sulla costa sud della Svezia; ha iniziato
giovanissimo a fare musica, prima con la band alt-country Losegoats e poi come
solista. Musica scarna, a volte desertica e notturna, capace di fotografare i contrasti
e chiaroscuri della sua terra, basata sulla sua voce, al tempo stesso calda e soffusa
e sugli strumenti acustici come le chitarre, il banjo, il cello e il violino. Paesaggi
lunari ai quali talvolta si aggiunge il controcanto di una voce femminile o di una
chitarra elettrica, con la capacità di svuotare improvvisamente la canzone nei suoi
momenti più drammatici. Storie di amori impossibili, promesse non mantenute,
di viaggi, partenze e ritorni dal porto di quella cittadina a sud della Svezia e a nord
di tutto il resto, cantate da una delle voci più autorevoli del panorama scandinavo
che ha influenzato, nonostante la sua giovane età, artisti come Bjorn Kleinhenz,
Thomas Jonsson, Kristofer Astrom, Tarantula Waltz, Lancaster Orchestra, Perishers
e Damien Jurado.
Christian Kjellvander, a dispetto dei suoi 35 anni, ha già realizzato ben 28 (!)
dischi e suonato al fianco di straordinari musicisti tra cui Leonard Cohen e Ryan
Adams, insieme al quale ha fatto un lungo tour negli States. Nelle composizioni di
Kjellvander emergono decisamente chiari riferimenti al songwriting americano.
Nick Drake ma anche Dylan, Pearl Jam, Neil Young, Townes Van Zandt.
L’America - in cui ha anche vissuto - ha sempre rappresentato una via di fuga
C h r i st i a n
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verso il west e il suo mito, ma Kjellvander non ha mai rinunciato all’amore per i
suoi luoghi d’infanzia. A distanza di 3 anni dall’ultimo, splendido disco I saw her
from here/I saw here from her, torna alla ribalta con un nuovo lavoro dal titolo
The rough and rynge che è un omaggio alle sue radici e alla poetica urbana dei
Velvet Underground. Un album registrato in cinque giorni dal vivo con una band
strepitosa che è l’ennesima testimonianza del valore di questo artista e delle sue
ballate, che sembrano fotografie in bianco e nero senza tempo, capaci di rivelare
continuamente nuovi segreti ad ogni ascolto.
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Foto di Guido Castagnoli
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Max Manfredi / voce e chitarra
Matteo Nahum / chitarre e glockenspiel
Fabrizio Ugas / chitarra classica e laud
Elisa Montaldo / tastiere, go-zhen, concertina, autoharp
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PRESENTA I L NUOVO ALBUM DREMONG
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migliore opera prima con Le parole del gatto. Nel 1994 pubblica il secondo album,
Max, a cui partecipa Fabrizio De Andrè (lapidario il giudizio del grande Faber su
Max “è il più bravo”) nel brano La Fiera della Maddalena. Nel 1999 va in scena con
successo lo spettacolo teatrale e musicale La Leggenda del Santo Cantautore al
Teatro Modena di Genova. Nel 2000 scrive Azulejos, cantata corale per la chiusura
della Festa della Musica di Genova e l’anno successivo pubblica il nuovo album
L’intagliatore di santi. A gennaio 2004, Max esordisce al FolkClub, in occasione di
un concerto di raccolta fondi a favore del condannato alla pena di morte John Alba
nello stato del Texas, vi ritorna alla fine dello stesso anno, nel 2006 e nel 2008,
quando partecipa anche al concerto del Teatro Regio per il Ventennale del club. Ed
è nello stesso 2008 che esce Luna Persa, l’album della sua definitiva consacrazione
nel pantheon della canzone d’autore, che ottiene nel 2009 la Targa Tenco come
miglior disco dell’anno. Quel successo è festeggiato in un memorabile concerto al
FolkClub nel gennaio 2010, con la partecipazione di numerosi artisti che rendono
così omaggio a Max. L’ultima sua apparizione al FolkClub risale al novembre 2011
per un acclamato progetto speciale con il trombettista torinese Giorgio Li Calzi.
Al FolkClub Max suonerà la sua nuovissima chitarra Zontini “Papier Maché”,
costruita in legno e cartapesta.
Max Manfredi
Il particolare rapporto di affetto e stima reciproca che lega Max e il FolkClub è noto
ai nostri soci. Siamo convinti da molti anni che Max rappresenti ciò che di meglio
la canzone d’autore italiana ha saputo esprimere negli ultimi vent’anni. Non
potevamo quindi, per nessun motivo, lasciarci sfuggire l’occasione di presentare il
nuovo CD di Max, che arriva a quasi 6 anni dal suo celebratissimo e meraviglioso
album della consacrazione, Luna persa.
Al momento in cui scriviamo il nuovo disco è ancora in lavorazione con il titolo
provvisorio di Max Manfredi e Dremong. Un nome esotico, potrebbe quasi essere
quello di un gruppo prog degli anni 70, e invece è l’orso tibetano che ha dato
origine alla leggenda dello yeti, totem e mascotte del disco, presenza atavica
minacciosa e pelouche. Aspetti contrastanti che corrispondono alla natura del
disco, sospeso tra la confidenza e la rabbia, echi tradizionali e prog, con repentine
sbandate verso tango, rebetiko, rock. Un disco che è al tempo stesso fuga (dal luogo
comune) e ritorno (a un artigianato lirico sorprendente), nella ostinata convinzione
che valga ancora la pena dire in musica e fare canzoni rare.
Per l’occasione Max è accompagnato da musicisti eccezionali per tecnica e
passione, una band innamorata dei suoni degli anni Settanta e di strumenti
tradizionali rari e preziosi, come il gu-qin cinese, l’autoharp, e il glockenspiel.
Genovese, cultore e ricercatore di musica tradizionale, particolarmente
appassionato alla canzone dei trovatori medievali, Max è un raro esempio di
produttore di canzone d’autore di qualità garantita, raffinato alchimista di
un’indovinata miscela di musica, poesia e fantasia, uno che ama curare liricamente
il linguaggio, insomma: un atipico della canzone contemporanea. Nel 1990 vince il
premio Città di Recanati con la canzone Via G.Byron, poeta e la Targa Tenco per la
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PRESENTA I N ANTEPRIMA NAZIONALE
I L CD MAIJN
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Il trio DinDùn, al debutto alla XVIII edizione del Festival Internazionale
Europa Cantat, propone una musica in equilibrio tra sonorità tradizionali e
contemporanee, che si prende cura di mantenere la purezza e l’incanto di voci
antiche. Storie di donne e uomini, dei loro affetti, tramandate dalle voci dei loro
protagonisti, modificate e rinnovate nel processo di continua creazione della
canzone popolare. Nel CD Maijn, che presenta in concerto al FolkClub, DinDùn
interpreta una selezione del repertorio tradizionale piemontese tratto dalle
raccolte di Costantino Nigra e Leone Sinigaglia, accanto ad alcuni brani originali.
Alessandra Patrucco e Angelo Conto rinnovano il loro sodalizio in questo secondo
lavoro su tradizione e contemporaneità, dopo Varda la lüna con il quintetto Sasà
(presentato al FolkClub nell’aprile 2009) del quale World Music Magazine scrisse:
“Tra le poche autentiche sorprese discografiche che il 2007 ci ha riservato”.
Alessandra Patrucco, cantante e compositrice, è attiva sulla scena europea in
ambito musicale e teatrale. Tra le varie esperienze da notare la collaborazione con
la ICP Orchestra (con cui pubblica il suo primo CD Circus), con Villa Sonora (gruppo
vincitore del Jur Naessens Music Award), con il musicista londinese Nitin Shawney
e con la compagnia ALDES-Roberto Castello. Partecipa con differenti progetti
a svariati festival: Marsatac, Festival Internazionale del Libro di Torino - Lingua
Madre, OperaEstate, Short Theatre, Dispositivo Campo Magnetico, Mostra Sonora i
Visual, Europa Cantat XVIII, MiTo, Tremplin Jazz. Insieme all’attrice e regista Lorena
Senestro ha preso parte alla stagione 2012-2013 del Teatro Stabile di Torino con lo
spettacolo Admurese.
Angelo Conto, pianista e compositore, ha lavorato in produzioni di musica, teatro
e danza. Si interessa di musica tradizionale (facendo anche parte del Cantovivo), di
improvvisazione e di elettronica, partecipando a festival e manifestazioni in Italia
e all’estero. Ha curato la sonorizzazione del progetto El ramat del so di Alessandra
Patrucco, presentato in diversi festival in Catalogna. Ha pubblicato come leader e
co-leader quattro lavori discografici, collaborando con, tra gli altri, Ernst Reijseger,
Michael Vatcher, Paul Van Kemenade, Wilbert de Joode, Simone Bosco, Andrea
Chenna, Stefano Risso, Simone Mauri, Antonio Borghini, Cristiano Calcagnile, Carlo
Actis Dato, Federico Marchesano, Dario Bruna e Zeno De Rossi. Il Giornale della
Musica scrive di lui: “È un musicista quanto mai completo, dalle notevoli capacità
tecniche ed espressive”.
Marc Egea, musicista e compositore di Barcellona. Studia filosofia, ghironda,
flabiol (flauto tradizionale catalano), chitarra e armonia. Inizia la sua carriera
professionale nel 1990 con il trio Mùsics di Safeu e con il gruppo Il Pont d’Arcalís.
Membro di gruppi di musica tradizionale come Il Pont d’Arcalís e il quartetto
Kaulakau (di cui è anche co-fondatore), collabora con numerose formazioni e con
artisti di rilievo internazionale. È co-fondatore di progetti artistici tra i quali il
Maram Trío e il Duo Marc Egea Peter Skuce. Lavora nel campo dell’improvvisazione
libera ed è membro della Banda d’Improvisadors of Barcelona, oltre a portare avanti
la sua ricerca come compositore e performer nei campi della danza, del teatro e
della poesia. Ha registrato più di 10 CD sia come solista che come sideman.
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Ingresso 15 euro
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Angelo Conto / pianoforte
Alessandra Patrucco / Voce
Marc Egea / ghironda, flabiol, chitarra
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Trio DinDùn
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U NA CH ITARRA PLAN ETARIA PER U N CONCERTO
IMPERDI BI LE
Foto di Tina Korhonen
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È considerato da tempo uno dei migliori chitarristi acustici del mondo.
È uno dei pochi musicisti francesi contemporanei che godano di una fama
planetaria, costruita in trenta e più anni di tenace sperimentazione, rigoroso studio
della tecnica, prestigiose collaborazioni internazionali, innovazione tecnologica,
più di 2.000 concerti in giro per il mondo e tante pubblicazioni di video e di metodi
per chitarra. Se la World Music è quel che rende omaggio allo spirito di un insieme
di esseri umani attraverso ritmiche particolari, strumenti tradizionali e coloriture
armoniche, possiamo definire il chitarrista francoalgerino, cantante e compositore
Pierre Bensusan uno dei più eloquenti e variegati musicisti world del nostro tempo.
Nato nel 1957 a Orano (Algeria) mentre la Francia stava smantellando il suo impero
coloniale, si sposta a Parigi con la famiglia all’età di quattro anni.
Inizia studi regolari di pianoforte all’età di sette e a undici è autodidatta alla
chitarra. Influenzato nei primi passi dalla fioritura del folk revival in Inghilterra,
Francia e America del Nord, Bensusan esplora prima di tutto il proprio particolare
retaggio musicale, per poi muoversi verso ulteriori orizzonti. A diciassette anni
firma il primo contratto discografico, e un anno dopo il suo primo album Pres de
Paris vince il Grand Prix du Disque al suo debutto al festival svizzero di Montreux.
Descritto dal L.A. Times come “Uno dei più straordinari e brillanti esperti della
chitarra acustica sulla scena attuale della world music”, Pierre Bensusan è votato
Miglior chitarrista World Music del 2008 dai lettori di Guitar Player. Il suo nome
diventa sinonimo di genio chitarristico dell’acustica contemporanea, prima
ancora che terminologie come New Age, New Acoustic o World Music fossero
coniate. Ha la capacità di fare suonare una singola chitarra come un’intera band,
accompagnando il pubblico in un viaggio musicale straordinario. E ancora,
Bensusan è molto di più di quanto ogni musicista o amante della musica si possa
aspettare da un chitarrista.
marzo
Ingresso 20 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
È compositore e ottimo improvvisatore vocale, combina fischio e risonanti note
basse con quella che è la sua particolare tecnica di scat. Nel suo lavoro si trova
al tempo stesso un senso di serietà e giocosità, un incomparabile sentimento di
libertà nelle sue composizioni e improvvisazioni. La sua stessa maniera di suonare
sfida le classificazioni - incrociando world, classica, jazz, tradizionale, folk e altro.
Nessun elemento può essere
isolato semplicemente
come brasiliano, arabo o
francese; piuttosto, questi
rappresentano il nostro
mondo per quello che è:
un pianeta che è possibile
condividere con la fusione
di culture diverse in modi di
cui non abbiamo mai fatto
esperienza. Pierre afferma
che la sua musica ha radici
sefardo-anglo-ibero-algeromarocco-alsaziane, ben
illustrando l’intreccio melodico che tesse nelle sue composizioni e che emerge nei
suoi tanti album pubblicati.
“L’ascolto di Pierre Bensusan è un’esperienza rigeneratrice. Oltre al tocco
straordinario, le note e le melodie richiamano direttamente il lato più tenero della
natura umana.” (Steve Vai)
“Posso contare sulle dita di una mano i chitarristi che mi hanno davvero affascinato
e Pierre è uno di questi.” (Tommy Emmanuel)
“Mi mette i brividi, ha gli stessi talenti di raffinatezza, accessibilità e gioiosità. Anche
nella sua complessità, la musica di Pierre ha solo bisogno di orecchie che godano ad
ascoltarla.” (Leo Kottke)
“La sua musica è delicata e complessa, in qualche modo familiare…. una voce davvero
unica capace di portarti in universi musicali del tutto nuovi.” (John Renbourn)
“Questo musicista è fantastico…mi ha conquistato.” (David Crosby)
Ventidue anni fa, per primo, Franco Lucà fece esordire Pierre a Torino, al
Conservatorio. Sei anni fa Pierre era al Teatro Regio tra i grandi artisti che rendevano
omaggio ai 20 anni del FolkClub e a Franco. Il suo ultimo -strepitoso- concerto nella
nostra cave è del 2011… Noi che il valore di Pierre lo conosciamo bene, gioiamo ad
ogni suo ritorno.
Bentornato Pierre! E con questa, al FolkClub sono 12 volte!!
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Pierre Bensusan / chitarra e voce
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Pierre Bensusan (francia)
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LO STRALU NATO SONGWRITER DA CU I EBBERO
ORIGI N E LE BUSCADERO N IGHTS
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Stones Magazine)
Le sue canzoni si muovono tra tormento e tenerezza, il suo stile parte dal folk per
spaziare tra country e blues. Un concerto da non perdere!
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Su sollecitazione di un nostro socio, che ci segnalò la sua bravura, lo ingaggiammo
al FolkClub nel 2010; lo portava in Italia l’amico Andrea Parodi. Inebriati da un
concerto che fu davvero splendido, ipotizzammo una rassegna da articolare
all’interno della stagione, dedicata a una certa musica americana.
marzo
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Malcolm Holcombe / chitarra e voce
Nacquero quindi proprio grazie a Malcolm le Buscadero Nights! Invitato nel 2012
per i 25 anni del Club, torna a furor di popolo per questa XXVI stagione.
Malcolm Holcombe cresce a Weaverville, un paesino dei Monti Appalachi, nella
Carolina del Nord, tra boscaioli e vicini che suonano la chitarra elettrica davanti a
casa. È un appassionato di programmi musicali televisivi, così la madre gli compra
al supermercato una chitarra e un libro di accordi. Dopo la morte di entrambi i
genitori, Malcolm, nella migliore tradizione americana, si mette “sulla strada”
con una rock band, i Redwing. E la strada lo porta a Nashville, dove trova lavoro
in una caffetteria. Tra la preparazione di un hamburger e l’altro, trova il tempo
per esibirsi per gli avventori che rimangono conquistati dal suo stile innovativo,
grezzo, carico di blues e di soul. Dopo il promettente esordio discografico con A
far cry from here (1994), nel ‘96 firma un contratto per la Geffen Records, e lavora
a un nuovo CD, sembra la svolta per la sua carriera, ma la situazione precipita.
Holcombe si lascia trascinare nel vortice dell’alcolismo, non riesce a tenere fede ai
suoi impegni e la Geffen rinuncia a pubblicare il suo disco (che uscirà soltanto nel
‘99 col titolo, significativo, di A hundred lies). Segue un periodo buio, tra sbronze
e depressione, in cui Malcolm tira a campare. Poi il ritorno in North Carolina e
il taglio netto con l’alcool lo rimettono in carreggiata. Autoproduce una serie di
dischi di ottima qualità (Another Wisdom nel 2003, I never heard you knocking nel
2005 e Not forgotten nel 2006) che lo rimettono all’onore del mondo musicale.
Con Gamblin’ house (2007) riceve finalmente l’apprezzamento e l’attenzione della
critica americana, con ottime recensioni su Rolling Stone, Wall Street Journal,
Billboard Magazine, e partecipazioni ai più importanti programmi radio e tv
americani. L’album rimane per ben 9 settimane nella Top 20 della American Music
Association. Segue For The Mission Baby (2009) che vede partecipazioni importanti
come Tim O’Brien, Mary Gauthier, Siobhan Maher.
Al FolkClub, con la sua chitarra suonata in un personalissimo fingerpicking, il
suo modo sghembo di stare in bilico sulla sedia, la sua voce calda, profonda e
‘masticata’, il suo smisurato talento….
“Non proprio country, da qualche parte oltre il folk, la musica di Holcombe è una
specie di blues in movimento, alla ricerca degli angoli più oscuri del cuore.” (Rolling
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Malcolm Holcombe (usa)
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PRESENTA I N ANTEPRIMA ASSOLUTA I L SUO
U LTIMO SPETTACOLO: I L MONUMENTO
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P e p p e Vo lta r e l l i
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Il monumento è il nuovo spettacolo di Peppe Voltarelli: tredici canzoni che
chiudono la “trilogia sull’identità”, iniziata con il suo esordio da solista nel 2007
con il CD Distratto ma però (tra i cinque finalisti per la Targa Tenco come Migliore
Opera Prima) e proseguita con il fortunato Ultima notte a Mala Strana, Targa Tenco
2010 come migliore Opera in Dialetto, mai assegnata in precedenza a un artista
calabrese. Linee guida dello spettacolo sono i legami tra le persone, le fughe, le
condivisioni, le separazioni, la consapevolezza che l’amore è un fatto comunitario,
un diario collettivo, un mare grande con sopra delle zattere che cercano
disperatamente di avvicinarsi tra loro. Il cantato è sospeso tra italiano e dialetto
calabrese, è un canto politico e di protesta, che racconta di uomini disarmati ma
maturi per nuove riflessioni. La canzone è una luce che rinfresca e che pretende di
essere seducente. La ‘santificazione dell’identità’ questa volta avviene attraverso
un monumento, una grande opera d’arte pubblica che celebra la terra d’origine.
Un monumento conteso, che dà origine a polemiche e discussioni che sottolineano
la forte necessità di avere simboli e riferimenti a cui guardare. Il bisogno della
comunità cantato da Voltarelli è laico, di ispirazione socialista meridionalista,
ma critico, amaro e appassionato, nel solco dei grandi maestri del novecento: da
Corrado Alvaro a Saverio Strati. La parte testuale del nuovo spettacolo è ispirata
a Il Caciocavallo di bronzo, nuovissimo romanzo autobiografico di Peppe edito da
Stampa Alternativa.
Il lavoro di Peppe sulla meridionalità e sull’impegno civile è più che ventennale.
Cantante e autore, nel 1990 fonda Il Parto Delle Nuvole Pesanti, gruppo che mescola
rock e musica popolare calabrese; con loro realizza sette dischi e nel 1999 prende
parte al progetto La Notte del Dio che balla, ideato da Teresa De Sio che, dopo la
realizzazione del disco (al quale partecipano tra gli altri Vinicio Capossela, Daniele
Sepe e Agricantus), porta la band in tournée, arrivando a calcare il prestigioso palco
del 1° maggio in Piazza San Giovanni a Roma. Del 2000 è l’incontro con i fratelli
Cauteruccio della compagnia teatrale Krypton con cui Peppe mette in scena Roccu
u Stortu, storia di un soldato calabrese che si ammutina sul fronte della Grande
Guerra. In seguito a un viaggio-tournèe negli Stati Uniti con l’attore e poeta
calabrese Totonno Chiappetta, nel 2001 nasce il recital su Domenico Modugno dal
titolo Voleva fare l’Artista. Dall’incontro con il regista calabrese Giuseppe Gagliardi
nasce Doichlanda, film-documentario nei luoghi dell’emigrazione italiana in
Germania, che vince il Premio della Giuria al Torino Film festival del 2003. Nel
novembre dello stesso anno Peppe è parte di una carovana di artisti italiani in
viaggio in Iraq per un concerto a favore della pace. Il viaggio diventa anche un filmdocumentario dal titolo Sotto il cielo di Bagdad.
Nel 2005 è attore protagonista nel film di Gagliardi La vera leggenda di Tony Vilar,
pellicola per la quale firma anche la colonna sonora originale. Il 2006 è l’anno della
svolta: Peppe esce da Il Parto Delle Nuvole Pesanti per intraprendere un percorso
artistico autonomo. Tantissime le collaborazioni prestigiose all’attivo per il
poliedrico Peppe, per citarne alcune, oltre alla già citata Teresa De Sio: Claudio Lolli
(con il quale nasce il progetto Ho visto degli zingari felici), Davide Van De Sfroos, Roy
Paci, Carlo Muratori e molti altri.
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Peppe Voltarelli / chitarra, voce e fisarmonica
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Ian Siegal / chitarra, voce
Mike Sponza / chitarra, voce
Mauro Tolot / basso
Moreno Buttinar / batteria
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Eccellente cantante, ottimo chitarrista e compositore originale, Ian Siegal è
unanimemente considerato uno dei migliori bluesman inglesi di tutti i tempi.
Musicalmente si forma giovanissimo, ascoltando Muddy Waters, Robert Johnson e
Robert Cray. La sua attitudine a essere il miglior blues singer inglese s’è incarnata
dopo migliaia di show a fianco dei Bill Wyman’s Rhythm Kings, Lee Sankey Group
e di tutte le band di spicco del nuovo british blues. Se fosse cresciuto nel panorama
musicale degli anni ‘60, oggi con tutta probabilità sarebbe considerato alla pari di
artisti come Joe Cocker ed Eric Clapton. Il giovane Ian, dopo aver abbandonato gli
studi all’Accademia di Belle Arti alla fine degli anni ‘80, inizia a suonare la chitarra
e a cantare lungo le strade della Germania fino ad arrivare ai club di Nottingham,
Londra e nei maggiori Festival Europei come Edimburgo, Lugano, Peer, North
Sea Jazz, affermandosi come uno dei talenti naturali più creativi, stravaganti e
accattivanti sulla scena blues (e non solo) odierna. La risonanza ottenuta dalle sue
apparizioni nei migliori festival europei lo ha reso un’autentica nuova attrazione
nei cartelloni delle kermesse più importanti. La stampa all’unisono parla di un
bluesman, come non se ne vedevano da tanti e molti anni, nemmeno negli Stati
Uniti. Nelle sue trascinanti performance si percepiscono chiaramente le influenze
dei suoi grandi ispiratori: Howlin’ Wolf e Tom Waits oltre al già citato Muddy
Waters. Poi Little Richard, James Brown, B. B. King, Jimmy Vaughan e Dr. John,
ma anche Willie Nelson, Son House, tracce di gospel, funky e reggae. Ian è anche
un ottimo solo-performer alla chitarra acustica: la sua classe emerge in pieno
LA PU NTA DI DIAMANTE DEL BLU ES
D’OLTREMAN ICA
/
stagione
nell’eccellente Hard as…, del 1999. Una delle prime registrazioni di Ian è il Live at the
navigation waterfront (1996), accompagnato alla chitarra da un giovane Aynsley
Lister. Questo fuoriclasse cantante-chitarrista ormai va collocato in mezzo a nomi
come Tom Waits, Bruce Springsteen, Dr. John, Eric Clapton, John Mayall, Jimmy
Page e Robert Plant, per non dire Van Morrison. Basta il commento di un certo
Jimmy Vaughan dopo un concerto in cui suonava Ian Siegal come gruppo spalla:
“...trascinava la folla! ...la prossima volta che vengo qui sarà come gruppo spalla di
questo talento!”
La sua band ha vinto il titolo
di Band of the Year nel 2010,
ai British Blues Awards.
Pluripremiato ai British
Blues Awards di quest’anno,
la prestigiosa rivista Mojo
lo ha definito “…uno dei più
dotati cantanti e autori del
blues contemporaneo”.
I suoi ultimi album The
skinny (2012) e Candy store
kids (2013, in compagnia dei
fratelli Dickinson dei North
Mississippi Allstars) hanno
ricevuto per due anni di fila
la nomination come Best
Contemporary Album ai WC
Handy Blues Music Awards
negli U.S.A. Al FolkClub
Ian è scortato dalla band
triestina di Mike Sponza:
trent’anni di esperienza
in giro per i più blasonati
festival internazionali del
blues, anima della European
Blues Convention, di recente
al fianco del leggendario Bob Margolin con cui ha inciso Blues around the world,
pubblicato negli USA da Vizztone Records.
Ian torna al FolkClub a 11 anni dal suo primo, straordinario, concerto, ed è un
ritorno imperdibile.
Ian Siegal (uk)
& Mike Sponza Band
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Foto di Blerta Kambo
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Elina Duni / voce
Colin Vallon / pianoforte
Patrice Moret / contrabbasso
Norbert Pfammatter / batteria
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TRA FOLK ALBAN ESE E JAZZ,
COL MARCH IO DI QUALITÀ ECM
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pastori, esilii e ritorni. Le canzoni tradizionali sono riproposte dal quartetto di
Elina con uno stile che integra gli elementi popolari a quelli jazz in modo fluido
e naturale. L’approccio improvvisativo del jazz la fa da padrone: “non sentiamo il
bisogno di suonare la stessa canzone due volte nello stesso modo”, ammicca Elina.
Il piano di Colin Vallon raccorda magistralmente le melodie della voce della Duni,
alla ritmica affiatata e comunicativa della batteria di Norbert Pfammatter e del
contrabbasso di Patrice Moret. “Non ho mai voluto essere una cantante con un trio
di supporto, fin dall’inizio i musicisti hanno avuto lo spazio per improvvisare ed
essere parte di una creatività di insieme. Siamo un quartetto” precisa la Duni.
Dopo i primi due album Baresha (2008) e Lume Lume (2010), è arrivata la chiamata
del mitico Manfred Eicher, che ha prodotto per ECM Matanë Malit, il disco che il
quartetto presenterà al FolkClub.
“Elina Duni e il suo gruppo hanno proposto un notevole amalgama di tradizione esteuropea e jazz moderno, una sensibilità di gruppo che va ben oltre la tipica formula
‘cantante e trio’; la sua voce è un vero e proprio strumento, con una musicalità rara.
Questa è bella musica ben fatta, eccellente!” (Grego Applegate Edwards, Cadence)
“Una delle più belle scoperte della scena jazz europea.” (Francisco Cruz, So Jazz)
“La voce scura della Duni, esotica, perfettamente controllata e incredibilmente
erotica colpisce direttamente il cuore e le budella. Allo stesso tempo la cantante è così
tranquilla e riservata sul palco che l’ascoltatore incontra la forza calma della sua
musica completamente impreparato.” (Sebastian Pantel, Südkurier)
Elina Duni
Quartet (albania/svizzera)
Il disco con cui Elina Duni ha esordito nel 2012 nella mitica ECM si chiama Matanë
Malit (“oltre la montagna” in albanese) è un vero e proprio omaggio all’Albania e
alla sua musica. Una voce matura, educata al jazz, che volge lo sguardo indietro,
verso le sue radici popolari, rivisitando le folk-song balcaniche con particolare
attenzione a ricrearne le atmosfere, la forma dei suoni, le strutture e le implicazioni
dei testi. Elina aveva solo 10 anni quando lasciò l’Albania nel 1991 per trasferirsi
in Svizzera con la sua famiglia, ed è ritornata alla tradizione popolare del suo
paese dopo un percorso musicale che, partito dalla classica, ha toccato il blues,
per approdare al jazz. Su sollecitazione del pianista Colin Vallon ha incominciato
a cantare in albanese nel loro duo formato nel 2004, quando entrambi erano
studenti alla scuola d’arte di Berna. Ricorda Elina “mi sono innamorata di quelle
vecchie canzoni e scoprii che non solo potevo cantarle e sentirle mie, ma che proprio
con quelle canzoni la mia voce emergeva nel modo più naturale possibile, come se
fossero dentro di me e aspettassero solo di essere scoperte.” Da bambina, a Tirana,
Elina non aveva avuto contatti con la musica popolare, appannaggio di una
pesante retorica di stato e quindi naturalmente rifiutata dagli spiriti più liberi
e ribelli come quelli degli ambienti intellettuali frequentati dalla sua famiglia.
Lontana da quella cappa ideologica, mentre il duo diventava prima trio e poi
quartetto, Elina Duni ha riscoperto la bellezza e l’intensità del repertorio folk
albanese che si celava sotto la patina di retorica e autocelebrazione.
Matanë Malit include canzoni che narrano di amori, imprese eroiche, lavoratori,
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PERCUSSION I SOLO: CONCERTO DI RARA
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Serata interamente dedicata alle percussioni nelle mille forme che hanno
assunto nei vari angoli del mondo: tablas, gong, hang, congas, tamburi e piatti
di ogni genere e forma. Ciccio Merolla si destreggia a meraviglia in questa selva
di strumenti, conducendo l’ascoltatore in un viaggio onirico che ha come centro
Napoli e come area di azione principalmente il bacino del Mediterraneo. L’intento
è quello di recuperare quella parte sopita dell’io, nascosta dal rumore delle
metropoli, che risale ai suoni più ancestrali dell’umanità e dell’individuo. Il battito
del cuore è il primo suono che un essere umano ascolta ancora prima di nascere:
come un tamburo racchiuso all’interno del petto, il cuore scandisce il ritmo della
vita. D’altro canto gli strumenti a percussione sono i primi strumenti musicali
conosciuti, presenti anche presso le culture più arcaiche e primitive. Ecco dunque
che un concerto di sole percussioni è il modo più diretto per recuperare la parte
più ancestrale dell’uomo, inteso come individuo e come specie biologica. Dai suoni
tibetani alle atmosfere arabe, dai ritmi ancestrali dell’Africa ai suoni tradizionali
del Sud Italia, Merolla dà vita a un linguaggio universale che, libero dalla parola, è
capace di raggiungere uomini di ogni tempo e ogni luogo.
Ciccio Merolla è musicista dal grande carisma e dal talento indiscutibile, uno dei
percussionisti più accreditati del panorama musicale italiano, attivo da ormai
vent’anni. Dopo l’esordio con i Panoramics nel 1989, è diventato il percussionista
di fiducia della scena partenopea, lo dimostrano le numerose e ripetute
collaborazioni con gli artisti partenopei di punta: Enzo Gragnaniello, in primis, e
poi Bennato, Senese, Zurzolo, Sepe, Osanna, Maria Nazionale, Nino D’angelo e tanti
altri. Con molti di questi è stato in concerto al FolkClub in numerose occasioni.
Dopo tante collaborazioni (ha partecipato alla registrazione di più di 50 dischi), nel
2004 pubblica il primo album solista Nun pressa ‘o sole, disco di sole percussioni
dove i ritmi etnici si sposano con funk, hip hop e techno.
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Nel 2008 esce il suo secondo album Kokoro dove Merolla si lascia andare anche al
canto rap. L’album ottiene un ottimo consenso sia da parte del pubblico che della
critica, tanto che viene premiato al Lunezia nella sezione etno-music.
Nel 2009 il videoclip realizzato dal regista Tony D’Angelo del brano Femmena Boss,
estratto da Kokoro, è premiato alla Vl edizione del Roma Video Clip Festival e viene
ripetutamente trasmesso da MTV. Nel 2011 esce il disco Fratammé, che risulta
uno dei più interessanti dischi dialettali dell’anno. Il 2012 è un anno di grandi
collaborazioni: Ciccio partecipa alle registrazioni dei nuovi album di Nino D’Angelo
e James Senese, inoltre è chiamato da Alessandro Gassman a interpretare una
parte nel film Roman e il suo cucciolo presentato poi al Festival del Cinema di
Roma nel 2013.
marzo
Ingresso 15 euro
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Inizio Spettacolo ore 21.30
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Ciccio Merolla / percussioni
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Ciccio Merolla
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GIOVAN E STELLA DEL PIANOFORTE JAZZ
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Ingresso 18 euro
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Frank Harrison / pianoforte
Dave Withford / contrabbasso
Enzo Zirilli / batteria
Frank Harrison è uno dei pianisti di punta della sua generazione. Approda al
FolkClub per presentare il suo nuovissimo CD, che è in lavorazione nel momento
in cui scriviamo, realizzato con il contrabbassista inglese Dave Withford e con
il nostro Enzo Zirilli. Il disco mescola sapientemente composizioni originali con
standard e folk song rilette in chiave jazz. Le atmosfere oscillano tra energico e
intenso swing e improvvisazioni introspettive influenzate da un particolare gusto
per la musica classica, fino a sfociare in ballad dal largo respiro.
Frank Harrison ha iniziato a suonare il piano a 11 anni e si esibisce in pubblico da
quando ne aveva 15. Ha vinto una borsa di studio alla Berklee School of Music di
Boston dove ha conseguito il diploma in pianoforte jazz.
Tornato a Londra è entrato a far parte dell’Orient House Ensemble, la band di Gilad
Atzmon, con il quale ha registrato sette CD, incluso Exile, album dell’anno 2003 per
la BBC. Con questa band ha partecipato ai maggiori festival europei di jazz e world
music. Con il suo primo trio (con il batterista Stephen Keogh e il bassista Aidan
O’Donnell), costituito nel 2006, Frank Harrison ha registrato tre album: First light
nel 2006, You’ve changed con il chitarrista Louis Stewart nel 2007 e il DVD dedicato
alla vocalist Tina May nel 2010. Nel 2012 dopo un cambio di formazione (Davide
Petrocca al basso e Stephen Keogh alla batteria) ha pubblicato il CD Sideways. Frank
ha inoltre collaborato con Peter King, Julian Arguelles, Julian Siegel, Don Weller,
Alan Barnes, John Etheridge e Iain Ballamy.
Completano il trio il nostro immancabile Enzo Zirilli e il contrabbassista originario
della Cornovaglia Dave Whitford. Dopo il diploma in contrabbasso alla Middlesex
University, Withford si è trasferito a Londra divenendo in breve tempo uno dei
giovani contrabbassisti più richiesti della scena jazz londinese. Si è esibito nei club
più prestigiosi della capitale britannica come il Ronnie Scott’s, il Vortex, il 606 e il
Jazz Cafe. Ha collaborato con artisti del calibro di Bill Frisell, Maceo Parker, Steve
Lacy, Paul Carrack, Marc Copland, John Taylor, Dave Liebman, BBC Big Band, Mike
Gibbs, Jack Bruce, Evan Parker, Kirk Lightsey, Ed Thigpen, Billy Hart, Kenny Wheeler,
Josh Roseman e Gilad Atzmon.
“Frank Harrison è uno dei giovani musicisti più talentuosi che abbia mai sentito.”
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Frank Harrison (uk)
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DU E FRATELLI, U NA PASSION E.
MUSICA CONTEMPORAN EA DALLA TU N ISIA
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Lontani dagli stereotipi musicali, Amine M’Raihi e Hamza M’Raihi brandiscono
i loro strumenti in segno di invito al viaggio e al sogno in un universo in cui le
frontiere e le barriere geografiche sono abolite. Tunisini, iniziati molto presto alla
musica classica araba che ha permesso loro di sviluppare una padronanza tecnica
straordinaria (entrambi sono diplomati in musica orientale e hanno ottenuto il
premio nazionale rispettivamente di oud, il liuto arabo, e kanoun, strumento a
corde pizzicate come il salterio), anche grazie al loro virtuosismo tecnico sono stati
in grado di sviluppare uno stile autonomo che incrocia in maniera dinamica e
personale la musica tradizionale del loro Paese con sfumature di musica classica
occidentale, jazz, flamenco, musica tradizionale indiana, persiana e di molte altre
tradizioni. Suonano sia composizioni classiche che originali, riferendosi alla musica
arabo-andalusa che nelle diverse aeree del Maghreb acquisisce differenti nomi e
particolarità espressive. In Tunisia e Libia si chiama maluf e le origini di questo
stile vanno ricercate nella lunga dominazione araba della penisola iberica. La loro
musica è una continua ricerca di nuove sonorità, ritmi e fusioni di varie influenze
musicali. Aprire il loro cuore e la loro mente a sonorità ‘altre’ ha permesso loro di
costruire un variegato universo musicale, ancorato alle specificità della musica
tradizionale araba (il maqam – l’approccio modale – e l’improvvisazione), arricchito
da una perfetta padronanza tecnica e dall’assoluto rigore esecutivo, al servizio
di una musica fortemente espressiva e meno stereotipata. Amine e Hamza sono
l’immagine di una nuova generazione di musicisti, fieri delle loro identità multiple,
aperti e tolleranti verso tutte le altre culture. Entrambi continuano a sfidare le leggi
cristallizzate del classicismo musicale delineando un percorso verso l’espressione
di una nuova, onesta e coraggiosa identità musicale. A dispetto della loro giovane
età (nati rispettivamente nel 1986 e 1987), grazie anche ai loro molteplici progetti
in collaborazione con musicisti di tutto il mondo, si sono già esibiti molte scene
prestigiose, tra cui il Kennedy Center a Washington, l’Istituto del Mondo Arabo
a Parigi, il Teatro della Médina a Beirut, l’Opéra del Cairo; sono stati invitati al
Festival Internazionale della Médina di Tunisi, al Festival di Jarach in Giordania, al
Festival di Hammamet e a quello di Cartagine, alla Fierra Mediteranea (Spagna) e
all’Oriental Music Festival (Danimarca). Sette le pubblicazioni discografiche al loro
attivo: Ala Mar Azaman (2002), Il a Hounak (2003), Asfar (2005), Things may change
(2006), Mani Nessi (2007), Tunifunk (2009) e Perpetual motion (di imminente
pubblicazione).
Per la prima volta al FolkClub.
marzo
Ingresso 20 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
26
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Amine m’Raihi / oud
Hamza m’Raihi / kanoun
Sebastien Baiju Bhatt / violino
stagione
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Amine & Hamza (tunisia)
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g i ove dì
Shshank Subramaniam
Trio (india)
3
I L PIÙ IMPORTANTE FLAUTISTA
N ELLA MUSICA KARNATACA
ap r i l e
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Shashank Subramaniam / flauto
Mysore Srikanth / violino
Patri Satish Kumar / mridangam
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Vent is e i
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Shashank identifica gli aspetti tecnici di tutte le 72 melakartas (scale modali) della
musica karnataca. È continuamente ospite delle più prestigiose sale e teatri del
mondo; ha suonato per l’UNESCO a Parigi, al cospetto del presidente indiano nel
palazzo presidenziale a Nuova Dehli, al Getty Center di Hollywood, al World Music
Institute di New York e alla World Flute Conference di Nashville. Le sue tournée
in USA e in Europa sono sempre esaltanti. La critica parla di questo trentaseienne
artista indiano come di un talento ai massimi livelli internazionali. Recentemente
la BBC gli ha dedicato un documentario dal titolo Destination music. Ha collaborato
con prestigiosi artisti intrnazionali, tra gli altri John McLaughlin, Zakir Hussain,
Ustad Sultan Khan. Shashank è stato tra i musicisti più giovani a ricevere la
classificazione “A Top” dall’ente radiotelevisivo indiano, una sorta di marchio di
qualità destinato solo ai migliori esecutori della musica tradizionale indiana. Ha
prodotto a suo nome più di 60 CD e numerosi DVD.
Il suo talento innato, associato a uno studio quasi maniacale dello strumento, ha
prodotto un musicista di livello assoluto, acclamato in tutto il mondo, che ha già,
nonostante la giovane età, un posto di riguardo nella storia della musica indiana.
Imperdibile!
1 1 9
S u b r ama n i am Tr i o
Il giovane maestro indiano Subramanyam è considerato il più importante flautista
della musica tradizionale del Karnataca, regione dell’India Meridionale. Figlio d’arte
e precocissimo talento, ha incominciato la sua carriera suonando il violino, per
poi passare al flauto sotto la guida del leggendario maestro Mahalingam. Dall’età
di undici anni tiene concerti in tutto il mondo, ospite dei più prestigiosi teatri e
istituzioni culturali. Vanta una nomination ai Grammy nel 2009.
Shashank nasce nel villaggio di Rudrupatna nel Karnataca, Sud dell’India, e vanta
antenati musicisti di importanza storica per tutta la musica tradizionale indiana.
Suo padre, all’età di nove mesi, lo inizia alla musica accanto all’insegnamento del
normale linguaggio e questo ne fa presto un enfant prodige. A sei anni sorprende
il suo insegnante di violino suonando sul flauto il raga kanada vernam; subito
viene avviato alla pratica più approfondita del flauto e affidato al grande maestro
e virtuoso Mahalingam. Questi lo costringe all’ascolto persistente degli anziani
cantori tradizionali indiani, proibendogli di ascoltare musicisti di flauto. Il talento
del ragazzo è però così straordinario che quando incomincia a praticare il flauto,
il maestro gli dona il suo strumento dicendo che non ha nulla da insegnarli che
già non sappia. A undici anni il primo trionfo nel primo concerto ufficiale in
Australia. A dodici anni partecipa al prestigioso concerto Sadas, nell’ambito del
Festival dell’Accademia Musicale di Madras: i giornali parlano di evento storico
della musica indiana, i critici dell’Accademia lo acclamano come l’ultimo prodigio
della musica karnataca, tutti i musicisti partecipanti al Festival, quattro volte più
anziani, lo riveriscono. Il suo bagaglio tecnico è sbalorditivo: dall’età di tre anni
S h s h a n k
Ingresso 20 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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Ingresso 18 euro
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Inizio Spettacolo ore 21.30
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Silvio Orlandi / voce, dulcimer e ghironda
Maurizio Rinaldi / voce e chitarra acustica
Sergio Caputo / violino e percussioni
sa bato
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DATA UNICA – PROGETTO SPECIALE PER IL FOLKCLUB
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Nel libro FolkClub, di Franco Lucà, ecco come Maurizio Rinaldi racconta la genesi
del gruppo: “I Giardini dell’Invenzione. Tutto comincia lì. […] Nella seconda metà
degli anni ’70 il Comune di Torino aveva intrapreso la lodevole iniziativa di lasciare
ai giovani, in giorni prestabiliti, i giardini di Piazza Cavour, perché ne facessero un
loro territorio in cui riversare idee e attività […] in quell’atmosfera effervescente
si esibì, mi pare nel maggio 1977, un gruppo eterogeneo di una mezza dozzina di
musicisti che in comune avevano, forse, una sola cosa: suonavano strumenti acustici
e alcuni di questi erano piuttosto inusuali. Accanto alle solite chitarre erano apparsi
mandole, mandolini, violini e uno strano aggeggio dal suono a tratti francamente
un po’ stridulo: la ghironda. […] A quell’epoca, all’acustico e al folk si associava
immediatamente l’idea del canto politico, stile Cantacronache, cioè molta voce e
strumenti unicamente d’accompagnamento. Invece questo gruppo mostrava un
impatto sonoro inedito con forte ritmicità e marcata strumentalità […] il repertorio
del gruppo si basava in gran parte su danze tradizionali di varia origine: irlandesi,
francesi, italiane e anche, in nuce, qualcosa di piemontese. Nessuno lo sapeva
allora, ma in quel gruppo si agitava l’embrione del nuovo folk revival piemontese
[…] Facevo anche io parte di quel gruppo e, macinando note, osservavo esterrefatto
l’incredibile successo che stava riscuotendo. […] si sciolse, dando vita a diverse
formazioni musicali, tra cui quella del vostro servitore: Prinsi Raimund. […] Eravamo i
primi musicisti folk del nord Italia a far saltare la gente sulle sedie.” E Franco chiosa:
“Appaiono all’improvviso, sospinti dal travolgente folk anglo-francese che da dieci
anni detta legge in Europa e, con la stessa fulmineità, scompaiono. A loro il merito
di aprire la strada al folk locale in luogo della canzone sociale e di protesta, sia
LA REU N ION DI U NA STORICA BAN D DEL FOLK
REVIVAL ITALIANO
/
stagione
concentrando l’attenzione sulle altre culture locali, sia sovvertendo completamente
il panorama della strumentazione musicale: in secondo piano appare la chitarra
acustica, primedonne sono invece dulcimer, ghironde, organetti, cornamuse, fiati.
[…]. La loro determinazione e una bravura innegabile non passano inosservati, anzi
ricevono consensi entusiastici […]”.
Il trio dei Prinsi Raimund, composto da Silvio Orlandi, Maurizio Rinaldi e Gianni
Vaccarino, ha tenuto il suo primo concerto ufficiale nel 1977 ai famosi Punti Verdi,
rassegna estiva di spettacoli nei parchi della città. Il repertorio inizialmente è
solo strumentale, composto da brani della tradizione irlandese, bretone e del
folk del nord Italia. I Prinsi Raimund tengono un applauditissimo concerto al
FolkStudio di Roma e successivamente accompagnano in tournée la cantante
francese Veronique Chalot. Le nuove esperienze convincono il trio a dedicarsi
esclusivamente al repertorio tradizionale piemontese con un occhio di riguardo
alla musica antica. Ai loro concerti prende parte attiva anche l’animatrice di danza
Marcella Manzini. Nella primavera ‘79 esce l’album autoprodotto Lo Stallaggio del
Leon d’Oro nel quale il trio
si completa, inserendo nella
track list anche brani cantati.
Prinsi Raimund hanno tenuto
numerosi concerti in Italia,
intervenendo anche ai primi
folk festival come Cantè i euv
a Bra e Fieste di Chenti -poi
Folkest- a San Daniele del
Friuli (1979 e 1980), Settimana
celtica a Milano (1979), Folk
Concertus 79 a Firenze, I suoni
della memoria in Sardegna e
Rassegna di Musica Popolare
Cisalpina a Reggio Emilia
(1981) e ai maggiori Festival
folk di Germania, Francia,
Svizzera e Olanda. Nei primi anni ‘80 la line-up del gruppo cambia varie volte, con
uscite e sostituzioni, fino allo scioglimento ufficiale nel 1985.
Al FolkClub, Prinsi Raimund si propone con Silvio Orlandi (voce, dulcimer e
ghironda, di cui da anni è stimato costruttore), Maurizio Rinaldi (voce e chitarra
acustica) e Sergio Caputo (violino e percussioni, in sostituzione di Gianni Vaccarino,
che ha appeso il violino al chiodo tanti anni fa).
Prinsi Raimund
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RA D I O LO N D RA p r e s e nta
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Leora Cashe (canada)
FEAT. Luigi Bonafede’s Full
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B o n a fe d e ’ s “F u l l”
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f e at. Lu i g i
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C as h e
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L e o r a
Fin dalla sua prima edizione, quattro anni fa, RadioLondra ha sempre dimostrato
una particolare attenzione per le vocalist: Liane Carroll, Sarah Gillespie, Barbara
Casini, Georgia Mancio, Barbara Raimondi sono andate via via a costituire una
specie di piccola “rassegna nella rassegna” del canto jazz al femminile. Questa bella
serie di voci si arricchisce ora con quella, meravigliosa, di Leora Cashe. L’occasione
ci è fornita dalla presentazione del nuovo CD di Luigi Bonafede e del suo quartetto
Full che vede la presenza della vocalist canadese come special guest in tutte le
tracce. Luigi Bonafede è oggi uno dei migliori pianisti jazz italiani, è stato leader
di formazioni che hanno visto avvicendarsi grandi solisti quali Massimo Urbani,
Larry Nocella, Pietro Tonolo, Flavio Boltro e molti altri, e ha deliziato il pubblico
del FolkClub recentemente accompagnando la grande voce di Rossana Casale.
Dice di Full: “Un’antica e sincera stima e amicizia reciproca, le diverse provenienze
e personalità, un grande rispetto e amore verso il Jazz e la Musica in generale, e
molti anni di concerti, tour, festival e incisioni. Queste sono le peculiarità all’interno
di questo gruppo che si è avvalso, per la registrazione dell’album, e si avvarrà, per il
prossimo tour di aprile della fantastica voce della cantante canadese Leora Cashe
che, dopo avere vissuto a Londra ed essere tornata a vivere in Canada, volerà in Italia
per noi e per voi, con mia grande gioia.”
Leora Cashe. Dotata di voce possente e ricca di soul, Leora ha mosso i primi passi
nel music business come cantante di gospel. Dopo il diploma all’Edmonton Mac
Ewan Jazz Program e lo studio con maestri del calibro di Kurt Elling, Nancy King
and Dee Daniels, il suo primo CD, Tears of joy (2001), ottiene il prestigioso West
Coast Music Award come album gospel dell’anno. Nel 2004 il suo secondo CD
gospel Inspiration bissa il successo del primo ricevendo l’unanime consenso
della critica canadese e statunitense. Nel 2005 Leora abbandona il gospel per
pubblicare il suo primo album jazz My heart stood still, che raccoglie alcuni brani
originali alternati a standard. Nel 2007 esce un disco interamente dedicato a una
rilettura jazz delle canzoni di Joni Mitchell Another side now. Realizzato con il Ross
Taggart Trio (vincitore di un Juno Award) il disco rende un giusto, appassionato e
musicalmente eccelso tributo alla grande songwriter canadese.
“Un magnifico talento vocale, fresco, passionale, unico... per farla breve: Cashe è una
delle migliori cantanti canadesi.” (David Dawes, BC Info News)
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Ingresso 18 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
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Luigi Bonafede / pianoforte
Leora Cashe / voce
Roberto Regis / sax alto e soprano
Stephan Schertler / contrabbasso
Enzo Zirilli / batteria e percussioni
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PRESENTANO I L DISCO “DEDICH E”
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T A B L A O D ’A U T O R E 2 0 1 4 p r e s e n t a
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Andres Peña,
Jesus Guerrero,
David Carpio
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TRE GIGANTI DEL FLAMENCO: SERATA STORICA
E IMPERDI BI LE
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A CURA DI ARTE Y FLAMENCO E FOLKCLUB
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C a r pi o
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G u e r r e r o, Davi d
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esponente significativo del baile jerezano, e come tale di indiscutibile autenticità;
direttore, coreografo e interprete di una propria Compagnia, ha danzato in tutti i
più importanti Festival di Flamenco (incluso Flamenca 2007), in patria e nel mondo.
La sua purezza, la gustosa fusione tra tecnica e forza espressiva, apprezzabile
in modo peculiare nelle sue improvvisazioni por Bulerìa, è leggendaria, ed è un
privilegio e un onore poterlo ospitare tra noi.
Alla chitarra Jesus Guerrero, del suo talento, del suo gusto e dei suoi virtuosismi già
si parla da tempo in quanto chitarrista che accompagna abitualmente il cantaòr
Miguel Poveda, numero 1 del cante Flamenco nel mondo. Guerrero, nonostante la
giovane età, sta senza dubbio entrando nel gotha dei musicos di Flamenco.
Al cante David Carpio, figlio d’arte del noto cantaòr jerezano “Carpio”; David è
riconosciuto come uno dei cantaores por el baile più esperti, e la sua voce di radici
autentiche ha accompagnato con flamencura grandi figure del baile.
P e ñ a , J e s u s
Arte y Flamenco e FolkClub sono stati i primi in Italia a pensare e organizzare
un festival di flamenco (Flamenca - 2003, 2004 e 2005): grandi palchi, presso il
Palazzo e i Giardini Reali, e grandi Compagnie, le più prestigiose in assoluto; una
manifestazione di livello mondiale, dove sono stati presentati lavori raffinati
e innovativi. Nel 2004 Arte y Flamenco dà vita alla Rassegna Tablao d’autore,
dedicata a quella particolare forma di spettacolo che prevede esibizioni in solitario
o in piccolissime formazioni di grandi nomi del Flamenco, in contesti diversi dal
grande teatro. L’idea è stata e rimane oggi quella di presentare i tre elementi
fondamentali del Flamenco, il toque, ossia la chitarra, il cante, il canto, e il baile,
la danza, in spazi particolari, offrendo agli aficionados performance autentiche,
“pure”, proprio perché scevre di tutte quelle sovrastrutture necessarie quando
invece si calcano i grandi palchi. L’evento, in costante crescita, ha portato nel 2009
alla realizzazione di un Festival/Concorso Internazionale con cadenza biennale,
“Flamenco Puro”, e nel 2013 all’organizzazione di una nuova versione “giovane”
della Rassegna, dal titolo “Tablao d’autore - Nuevas Generaciones”.
Ma lo spettacolo più atteso rimane “Tablao d’autore”, l’originale, al Folkclub, che fin
dagli esordi ha creduto nei progetti di AyF in merito al Flamenco. AyF & Folkclub
offrono al pubblico di appassionati una serata particolare, unica, in quanto riunisce
in palco artisti diversi, virtuosi l’uno del baile, l’altro del toque e il terzo del cante;
i tre, eccellendo ciascuno nella propria disciplina, hanno la capacità di creare sul
palco un equilibrio di raro livello.
Saranno dunque grandi nomi quelli che il 12 aprile calcheranno le tavole del
Folkclub: primo fra tutti Andres Peña, bailaòr ormai consacrato, riconosciuto come
A n d r e as
Ingresso 18 euro
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Inizio Spettacolo ore 21.30
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Kelly Joe Phelps (usa)
CH ITARRISTA VI RTUOSO, BLU ESMAN,
SONGWRITER: U N GIGANTE
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Kelly Joe Phelps / chitarra e voce
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Foto di James Rexroad
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P h e l ps
affiancato da una band e lo slide lascia il posto a un raffinato fingerpicking. Dopo
un EP con materiale proveniente dalle session del disco precedente, nel 2003 esce
Slingshot professionals che vede la partecipazione di un prestigiosissimo ospite: Bill
Frisell. Il live Tap the red cane whirlwind (2004) cattura su CD l’energia e l’intensità
delle sue performance live “chitarra e voce” e raggiunge l’11° posto nella classifica
di Billboard. Tunesmith retrofit, uscito nel 2006, è il suo lavoro di maggior successo
commerciale, raggiungendo il quinto posto nella classifica dei dischi blues più
venduti. Phelps è ormai riconosciuto nel gotha dei nuovi bluesmen acustici accanto
a nomi come Keb Mo’, Eric Bibb, Guy Davis, potrebbe vivere di rendita su questo
successo, invece fa qualcosa di assolutamente inatteso. Nel 2009 pubblica un disco
strumentale di sola chitarra, Western bell, scelta tanto anticommerciale quanto
rivelatrice della sua straordinaria tecnica chitarristica. Con Brother sinner and
the whale, il disco del 2012 che KJP presenta al FolkClub, giunge a maturazione
un percorso interiore che ha portato Kelly Joe ad abbracciare con convinzione la
religione cristiana. Il disco è una sorta di concept album basato sul Libro di Giona
della Bibbia, nel quale KJP approfondisce temi atavici come la fede, la colpa, la
rivelazione. La critica è unanime nel considerarlo il suo capolavoro: KJP ritorna alla
fortunata formula dei suoi primi dischi (chitarra e voce) con tutto il bagaglio di
esperienza di una carriera ormai ventennale, ne risulta un disco maturo, profondo,
vera e propria summa stilistica di un autore tra i migliori oggi in circolazione.
Chiudiamo una grande stagione con un grandissimo artista.
J o e
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K e l ly
Attendevamo con trepidazione lo scorso maggio l’annunciato concerto di Kelly
Joe Phelps. Purtroppo una fastidiosa neuropatia lo costrinse ad annullare il tour
europeo, rendendogli impossibile suonare. Non ci siamo persi d’animo e ci siamo
subito prenotati per una sua data non appena si fosse rimesso in forma, ed eccolo
qui a chiudere in modo più che degno la ventiseiesima stagione del FolkClub. Il
suo suono personalissimo, che coniuga magistralmente una notevole tecnica
fingerpicking e slide alla chitarra e al dobro, a una voce intensa ed espressiva, è
perfetto per rendere al meglio le sue composizioni in bilico tra roots blues e country
folk, tra Mississippi John Hurt e Bill Monroe.
Cresciuto in una cittadina rurale dello Stato di Washington dove la musica folk e
country va per la maggiore, KJP inizialmente si dedica al free jazz. I primi 10 anni
della sua carriera musicale li passa come apprezzato contrabbassista nella scena
jazz della West Coast. Ricorda Phelps “Ho passato tutti quegli anni a imparare la
musica d’improvvisazione, ma avevo sempre provato una forte attrazione per le
forme musicali basate sul folk. Così in quel periodo ascoltavo molto Chet Atkins,
Merle Travis, e qualcuno dei nuovi come Leo Kottke e John Fahey. La mia musica è
un riflesso di tutto quello che ho ascoltato e amato. C’è uno spazio e un’apertura
nella musica di origine rurale che ha sempre avuto un senso molto profondo per
me.” Incomincia quindi a comporre canzoni in stile delta blues e nel ‘94 esce il suo
primo disco Lead me on. L’accoglienza della critica è molto positiva: a Phelps viene
riconosciuta la capacità di riprendere gli stilemi del delta blues reinterpretandoli
con un approccio nuovo, che rende le sue composizioni attuali e originali. La
fortunata formula “chitarra (rigorosamente slide) e voce” viene ribadita nei
successivi Roll away the stone (1997) e Shine eyed mister Zen (1999); con Sky like a
broken clock dopo la critica conquista anche il pubblico e raggiunge l’ottavo posto
nella classifica di Billboard dei dischi blues più venduti. Per la prima volta KJP è
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Ingresso 20 euro
Prenotazioni www.folkclub.it +39.011.53.76.36
Inizio Spettacolo ore 21.30
c o lop hon
fondatore
Franco Lucà
condirettori artistici
Paolo Lucà e Davide Valfré
segreteria organizzativa e contabilità
Rossella Moretti
logistica
Pavel Sevcik
ricerche di archivio
Giulia Jonica Lucà
ufficio stampa
Cocchi Ballaira – adfarmandchicas
sito internet
Otto Editore
sponsor tecnico
Piatino
testi di
Paolo Lucà e Davide Valfrè
progetto grafico e impaginazione
Marco Lampis
distribuzione
Freecards
folkclub è sostenuto da
Regione Piemonte
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centro cultura popolare michele luigi straniero
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Ingresso riservato ai soci
Inizio concerti h. 21.30
Apertura al pubblico h. 20.40
Scadenza prenotazione posti h. 21.25
Sconto del 50% ai minori di 30 anni
(Iniziativa soggetta a restrizioni, dettagli sul sito)
info e prenotazione concerti
www.folkclub.it
[email protected]
uffici: via Rosta 23, 10098 Rivoli
telefono: 011. 53.76.36 / 011.956.17.82
fax: 011.955.45.46
t e s s e r a m e n to
Il FolkClub è il luogo in cui il CENTRO
CULTURA POPOLARE intitolato a Michele
Luigi Straniero organizza da 25 anni la
propria stagione annuale di concerti.
Il C.C.P. è un’Associazione Culturale senza
scopo di lucro, affiliata ACLI, fondata nel 1983
da Franco Lucà e Michele Luigi Straniero, che
conta oggi circa 43.000 iscritti.
Per poter accedere ai concerti al FolkClub
è indispensabile essere tesserati al C.C.P.
e la tessera deve essere in regola con il
rinnovo per l’anno in corso. La procedura per
l’iscrizione al C.C.P. è semplice e veloce e può
essere effettuata online sul nostro sito
www.folkclub.it. La gestione dell’indirizzario
dei nostri soci è davvero complessa: come
detto sono decine di migliaia e il loro numero
aumenta di circa 3.000 unità l’anno.
La spedizione di materiale cartaceo è
di anno in anno più onerosa, non solo
economicamente.
Quando un socio cambia casa o indirizzo
e-mail è per noi molto importante che ci
1 32
comunichi tempestivamente la variazione,
evitandoci di inviare a vuoto materiale
cartaceo o elettronico.
p r e n ota z i o n i
La prenotazione dei biglietti per un concerto
al FolkClub può essere effettuata in qualsiasi
momento attraverso il form di prenotazione
online del nostro sito internet www.folkclub.it
Chi non possiede un account internet può
eventualmente effettuare la prenotazione
telefonando presso i nostri uffici
(aperti dal lunedì al venerdì dalle 9.00
alle 18.00 con orario continuato ) al numero
telefonico 011 53.76.36
In tutti i casi verrà chiesto a chi effettua la
prenotazione di fornire i seguenti dati:
• Nome e cognome e generalità del referente
della prenotazione (se è già socio basterà
fornire il numero di tessera).
• Numero di telefono di reperibilità
e indirizzo e-mail del referente della
prenotazione
• Numero totale di posti prenotati
• Nomi e cognomi di tutti gli eventuali
non-soci tra i suddetti prenotati
Il richiedente riceve una conferma
contenente un codice di prenotazione,
via e-mail, all’indirizzo fornito in fase di
registrazione. Questo codice va custodito e
portato con se la sera del concerto.
È necessario a noi per verificare la reale
esistenza di una prenotazione ed è utile
ai soci per avere conferma della buona
riuscita della stessa. In caso di prenotazioni
per più di 6 persone verrà richiesta
ulteriore conferma della prenotazione
nell’imminenza del concerto. È importante
arrivare al FolkClub sempre con un buon
anticipo (ore 20.30/20.45) rispetto all’orario
di inizio del concerto, fissato sempre per le
21.30. Raramente può verificarsi un leggero
slittamento dell’orario di inizio, causato
generalmente da problemi tecnici. In ogni
caso le ore 21.25 sono il limite massimo per
avere diritto ai posti prenotati. Dopo questo
limite i posti prenotati rimasti vuoti in sala
sono occupabili dai presenti. Dalle 21.25 in poi,
quindi, la prenotazione non è più utilizzabile.
disdette
La prenotazione dei posti è gratuita e non
vincolante e comporta per il FolkClub un
onere di lavoro e di organizzazione. In virtù
di questa disponibilità il FolkClub si aspetta
che chi non onora una prenotazione la
disdica per tempo, considerando che altre
persone potrebbero beneficiare dei posti che
così vengono liberati.
Esistono due modi per disdire una
prenotazione per un concerto:
• Telefonicamente, chiamando gli uffici
aperti dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle
18.00 con orario continuato, al numero
telefonico 011.53.76.36
• Via internet, inviando un e-mail (in tempo
utile affinché sia leggibile da noi negli orari di
ufficio sopra indicati) a: [email protected]
A tutela dei soci, per poter effettuare
qualsiasi variazione di una prenotazione
(compresa la cancellazione) è necessario
chiamare in ufficio negli orari sopra indicati
e fornire il codice assegnato al momento
della conferma.
r i d u z i o n e u n d e r 30
Coerentemente con la politica di riduzione
dei prezzi dei biglietti di ingresso
espressamente rivolta ai giovani che
FolkClub pratica da anni (e totalmente a
proprio carico), presentando un documento
di identità valido alla cassa, tutti coloro
che non hanno ancora compiuto 30 anni
avranno una riduzione del biglietto di
ingresso del 50% (solo per biglietti di importo
da 15 euro in su). I biglietti “under 30”
1 3 3
sono contingentati a seconda del concerto
(minimo 15 biglietti) e non sono prenotabili.
i posti i n sala
L’assegnazione dei posti in sala è effettuata
dalla direzione del FolkClub subito prima
dell’orario di apertura della sala concerti
e rigorosamente in base all’ordine di
prenotazione. Prima si prenota, più alta è la
probabilità di avere posti nella zona centrale
fronte palco. Considerando che il FolkClub
ha decine di migliaia di soci e che alcuni
di essi sono assidui frequentatori, abituati
a prenotare anche con grande anticipo,
è naturale che chi non prenota più che
tempestivamente non si veda assegnati dei
posti fronte-palco, ma laterali (dove comunque
la visibilità è ottima). È quindi buona cosa
prenotarsi con larghissimo anticipo.
la sala
La sala concerti del FolkClub è piccola, intima,
e particolarmente suggestiva. L’acustica è
perfettamente studiata, non ci sono tavoli,
il bar è aperto solo prima dello spettacolo,
durante l’intervallo, e a fine concerto.
L’attenzione per l’artista è sempre massima.
Questo pathos è nettamente percepibile sia
dagli artisti sul palco che dal pubblico in sala
ed è una caratteristica peculiare del FolkClub
che preserviamo con grande cura.
Due persone che chiacchierano o qualcuno
che si alza non passano inosservate né agli
uni né agli altri. È importante rimanere in
silenzio durante il concerto, attendere un
applauso per alzarsi e uscire dalla sala o per
rientrare e sedersi.
Il bar del FolkClub è un complemento alla
sala concerti, non il contrario; non è fornito
e attrezzato come un pub perché il FolkClub
non è un pub.
In tutto il locale, scale d’accesso incluse, dal
1988 è vietato fumare.
f o l kc lu b
folkclub
via perrone 3 bis, 10122 torino
f o l kc lu b
Piatino, a Torino, è nel campo musicale dal 1900 ed ha costruito, messi
a punto e riparato pianoforti per oltre un secolo. Un secolo di Musica
a Torino accompagnata da veri intenditori, amanti della musica, che
trasmettono questa passione di generazione, rinnovando la tradizione.
Dallo scorso anno Piatino supporta il FolkClub, ecco i commenti di alcuni dei
pianisti che hanno suonato il pianoforte Boston fornito da Piatino:
Un piacere suonare su questo pianoforte, sinceramente – Enrico Pieranunzi
Estoy muy contento de haber tocado en esa oportunidad a Torino en el FolkClub
sobre el piano Boston de excelente sonido y dinamica – Juan Carlos Caceres
It was a great pleasure to play at the FolkClub and especially having an excellent
piano to work with – Andrew McCormack
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o acquistare un immobile.
Uno spartito che
da oltre vent’anni adeguiamo
alle vostre esigenze.
Ogni Pianoforte ha una sua identità, il suo carattere, la sua personalità.
Il pianoforte Boston che ho suonato recentemente al Folk Club ha tutte queste
caratteristiche in positivo. Grande suono, grande strumento – Roberto Cipelli
Ho fatto molti concerti al Folkclub e, nonostante il pianoforte fosse un po’
malconcio, ho provato le forti emozioni che quel locale e quel pubblico riescono a
dare. Ci sono tornato ad aprile, con Greg Cohen, e ho trovato la sorpresa che mi ha
reso ultra-felice: un magnifico piano Boston by Stenway che mi ha dato modo di
fare un concerto ispirato e sentito, direi quasi perfetto. Era ora! – Mimmo Locasciulli
CONCESSIONARIO PER L’ITALIA DEI MARCHI STEINWAY&SONS, STEINBACH E YAMAHA.
DEPOSITARIO ESCLUSIVISTA DEL MARCHIO DI PIANOFORTI STEINBACH.
FORNITORE ESCLUSIVO PER L’ITALIA PARTI DI RICAMBIO RENNER.
FORATURA E RIFELTRATURA MARTELLIERE, CORDE SINGOLE E CORDIERE COMPLETE,
ANCHE PER STRUMENTI D’EPOCA. REVISIONE TASTIERE.
VERNICIATURA A STOPPINO O A POLIESTERE. RESTAURI COMPLETI.
Via Botticelli 26, Torino | www.piatino.it | [email protected] | 011.246.48.26 011.267.39.28
Dal martedì al sabato 9,30-13,00 e 15,00-19,00. Lunedì su appuntamento. Chiuso domenica.
Pagamenti con contanti e assegni.
Corso Galileo Ferraris 142, 10129 TORINO | Tel. 011.30.40.825 | e-mail: [email protected]
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