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GAA 6600 LOCARNO –– N. 47
47
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La gara
La corsa
Pietilae vince
lo slalom
ma a sorridere
è Tina Maze
A Davos
Dario Cologna
ritrova il podio
nel “classico”
A PAGINA 27
Reuters
SportMagazine
Un vero
e proprio
giornale
su computer,
smartphone
e tablet
A PAGINA 29
Keystone
Anno XVII • Numero 47
Domenica
14 dicembre 2014
Un numero
da collezione
TORREFAZIONE
DI CAFFÈ
50 firme
per raccontare
il futuro
Domenica
21 dicembre 2014
www.caffe.ch
[email protected]
L’EDITORIALE
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
Buchi in banca
UNA POLITICA
CHE GALLEGGIA
COME L’OLIO
Pesanti
ammanchi
tra i conti
dei clienti
italiani
LILLO ALAIMO
L
D’AGOSTINO e SPIGNESI
A PAGINA 8
Da sempre l’ex sindaco plrt di
Lugano, Giorgio Giudici, l’ha considerata poco più di una pedina
d’intralcio. La ragazza con la valigia, la definiva. Un minaccioso
messaggio? Sia pronta ad andarsene! E mai tra Sadis e il presidente
Cattaneo è scoppiato il fuoco dell’intesa politica. Solo scintille, ma
d’attrito. E la responsabilità, a
guardare dall’esterno quanto accaduto, non parrebbe tutta da addebitare a Cattaneo. Lui ha provato a
cambiar verso al Plrt, a dargli un
peso specifico più adeguato e capace di miscelare il partito con la
nuova realtà del Paese. Ma forse è
stato ostaggio di stantii veti incrociati. Nei rapporti con Sadis è parso
vittima di una sorta di presidenza
ombra, quella di Fulvio Pelli. Uno
dei “maggiorenti” a cui Sadis non
si è inchinata?
Il Plrt nell’ultimo anno ha scelto di rincorrere il populismo della
nuova destra in materia economica
e finanziaria. Soprattutto per le politiche sul lavoro. Quasi a voler far
credere ai cittadini - tanto per fare
un esempio - che rifatto l’accordo
con l’Italia sui frontalieri (un ritornello intonato da mesi), tutti i nodi
presenti e futuri di questo cantone
sarebbero stati sciolti. Abuso di
credulità popolare! Ed è stato certamente più facile che ragionare
sulla debolezza del tessuto produttivo locale incapace, in alcuni settori, di offrire salari adeguati e attrarre dall’estero imprese robuste.
Più facile che analizzare i mutamenti del mercato del lavoro e trovare nuovi meccanismi di controllo
sui contratti.
segue a pagina 16
L’inchiesta Così si costruisce e si ristruttura ignorando le leggi
L’intervento
Sono il ministro,
ma da genitore
io,vi dico che...
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Il pizzino
a storia, anche quella recente, ha sempre un peso. A volte anche un profilo. E quella
dell’ultimo anno del Plrt ha il volto
del presidente Rocco Cattaneo e il
peso di scelte che, le si guardi da
una prospettiva o dall’altra, non
hanno marcato positivamente i
tratti del partito. È un storia leggera. Quasi galleggiante come l’olio
nella liquida realtà ticinese. Una
politica con un peso specifico non
sufficiente.
Oggi per il Plrt è un sogno pensare al recupero del secondo seggio in governo. Anzi! La scorsa primavera la rinuncia del ministro
Laura Sadis a ricandidarsi, ha reso
molto ma molto più difficile la corsa e la resistenza del partito che da
“sempre” ha tra le mani il timone
delle finanze e dell’economia del
cantone. Sadis è stata messa all’angolo dal suo stesso partito. Lei
stessa lo ha fatto capire più d’una
volta. Annunciando la decisione di
non più candidarsi e spiegando la
sua, come dire?, marginalizzazione, ha detto di aver avuto la colpa
- dal punto di vista dei suoi avversari interni - di non essersi inchinata ai maggiorenti del partito. Si è
espressa proprio così.
Rocco
Cattaneo:
“Potrei
candidarmi io...
Ehi! ho detto
che potrei
candidarmi...
Sono qua...
Avete sentito?
Yuhuuu... Da
questa parte...
Ehi!... Sono
Rocco. No,
non Laura”.
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Super attici,ville e case abusive
il volto del Ticino fuori norma
ALLE PAGINE 2 e 3
ome tanti genitori, mi
aspetto che la scuola
sia in grado di accogliere adeguatamente i miei
figli, che sappia concorrere
alla loro educazione assieme
a noi, che sia impegnata a
trasmettere loro conoscenze,
abilità, curiosità per il sapere, ma anche che sia in grado
di capire i loro momenti di
debolezza e le loro qualità intrinseche. segue a pagina 33
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IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
2 PRIMO PIANO
3
Il territorio violato
Abusi edilizi e ferite del territorio nel nuovo Ticino fuori norma
Dai super attici in centro storico alle megaville tra il verde,così gli eccessi stanno stravolgendo la legalità
Si costruisce,
e si ristruttura
ignorando spesso
vincoli paesaggistici
e persino i rischi
idrogeologici
LIBERO D’AGOSTINO
L
a dove c’era un tetto a falde, c’è
oggi un super attico; al posto
della vecchia masseria ecco una
grande villa. E ancora, le case a
schiera nel parco di Hermann
Hesse a Montagnola, un complesso residenziale a ridosso del nucleo di Gandria o
la villa sulla collina di Daro che sfregerà
lo skyline dei Castelli di Bellinzona. Dal
Locarnese al Luganese continua l’ordinaria storia di un Ticino fuori norma, di abusi edilizi, tentati o consumati, che deturpano il territorio. Si costruisce, si amplia,
e si ristruttura, ignorando spesso i vincoli
paesaggistici e persino i rischi idrogeologici, come hanno purtroppo dimostrato le
tragedie del rustico di Bombinasco e della
palazzina di Davesco spazzate via da due
frane che sono costate la vita a quattro
persone.
“Quello che oggi si vede, dalle rive dei laghi alla collina, dagli agglomerati urbani
alle periferie spesso è il risultato della diversità di regolamenti tra un Comune e
l’altro, che impedisce una visione condivisa nel costruire”, nota l’architetto Michele Arnaboldi, docente all’Accademia
di Mendrisio. Ma nemmeno i vecchi nuclei urbani vengono risparmiati. Per il caso del super attico al posto del tetto a fal-
de, in un palazzo nel centro storico di
Ascona, del tutto irregolare, secondo il
municipio, il Cantone ha parlato senza
mezzi termini d’intervento “deturpante”
(vedi articolo in basso). Per restare sempre nel Locarnese, che dire degli interrogativi sulle quattro palazzine, una cinquantina di appartamenti, del progetto
Delta Resort, accanto all’omonimo albergo, su cui il municipio di Locarno avrebbe
già dato un primo preavviso negativo,
perché mancherebbe la “connessione
funzionale” degli appartamenti con la
struttura dell’hotel. Dunque, più che
aparthotel sarebbero delle residenze secondarie in un’area che il piano regolato-
re qualifica come alberghiera.
Per la Società ticinese per l’arte e la
natura, soprattutto il rispetto delle norme
per la protezione dei nuclei storici è un
vero campo di battaglia. “Ogni anno inoltriamo decine di opposizioni a domande
di costruzione - dice Paolo Camillo Minotti, segretario della Stan -. C’è sempre una
forte pressione edilizia, ma per fortuna,
grazie alla nuova legge sulla pianificazione territoriale, c’è oggi una maggiore attenzione da parte del Cantone”. La Stan è
riuscita a bloccare il progetto immobiliare
di Gandria e ha fatto ricorso per il complesso residenziale nel Parco di Hermann
Hess, come pure contro la residenza pre-
vista sulla collina di Daro, appellandosi
ad un articolo della legge sullo sviluppo
del territorio che impone alle nuove costruzioni di inserirsi armoniosamente nel
paesaggio. Oggi c’è però anche una maggiore sensibilità tra la popolazione, come
dimostrano le 14mila firme per due iniziative a difesa delle aree verdi non urbanizzate e per la tutela dei beni culturali
nei nuclei comunali, promosse dal gruppo
Cittadini per il territorio, dalle associazioni agricole e dalla Stan.
Per Minotti resta sempre il problema
di molti piani regolatori sovradimensionati, approvati in tempi in cui non ci si
rendeva conto dell’impatto che avrebbero
avuto taluni indici di costruzione. E c’è
poi l’accavallarsi di norme comunali, cantonali e federali, in cui è facile sgusciare
come è successo per la villa di Davesco,
sorta al posto di una masseria, su un terreno agricolo e in una zona classificata “a
rischio di scivolamenti profondi”, e segnalata a Berna dalla Stan. “Sia per le
valli che per gli agglomerati urbani - dice
Arnaboldi - quello che manca è un piano
per i comprensori, che faccia da cinghia di
trasmissione tra il piano direttore cantonale e i piani regolatori dei Comuni, offrendo a questi ultimi dei modelli che valgono per tutti”.
[email protected]
Q@LiberoDagostino
“La diversità di
regolamenti tra un
Comune e l’altro
impedisce una
visione condivisa
nell’edificare”
I progetti
IL COMPLESSO RESIDENZIALE
Bloccato con un ricorso
il progetto per un
complesso immobiliare a
ridosso del nucleo storico
di Gandria, contro cui si
erano mobilitati cittadini e
la Società ticinese per
l’arte e la natura
1
2
NEL PARCO DI HESSE
Con un ricorso si tenta
di scongiurare la
costruzione di un
complesso di villette a
schiera, preavvisata favorevolmente dal Cantone,
nel parco di Hermann
Hesse a Montagnola
3
4
LA CASA IN COLLINA
Una costruzione sulla
collina di Daro, secondo
la Stan, rovinerebbe
anche l’immagine dei
Castelli di Bellinzona.
Inoltrato ricorso contro la
costruzione; la procedura
è ancora in corso
Ti-Press
AL POSTO DELLA MASSERIA
Ha fatto molto discutere
nelle ultime settimane la
villa costruita a Davesco
al posto di una masseria,
su un terreno agricolo e
per di più su un’area
classificata a rischio di
scivolamenti
Il caso/1
La sopraelevazione del palazzo di un municipale nel nucleo di Ascona bocciata come “deturpante” dal Cantone
Quel tetto a falde
trasformato
in una penthouse
E
LA PRESSIONE EDILIZIA
SULLA PIANIFICAZIONE
Nella foto al centro, tre casi
emblematici: il superattico di
Ascona, la villa di Davesco e
la frana che ha travolto una
pallazzina sempre a Davesco
mblematico il caso del super
attico di Ascona, nel palazzo
del centro storico che ospita
anche il cinema Otello, con una
sopraelavazione del tutto irregolare, secondo il municipio e il Cantone che l’ha giudicata “deturpante”. E con l’aggravante che il proprietario, l’avvocato Gianfrancesco Beltrami, è anche municipale
ppd, responsabile del dicastero
pianificazione, culto e contenzioso. Ma nel contenzioso da quasi tre
anni ci è rimasto impigliato l’avvocato stesso con una vertenza amministrativa che si trascina dall’estate del 2011.
Il copione, come accade dappertutto in questi casi, è sempre lo
stesso: regolare domanda di co-
struzione nel 2007 per ristrutturare l’ultimo piano dello stabile, interventi che vanno oltre all’autorizzazione, lavori bloccati, richiesta di sanatoria e intervento del
Cantone che boccia l’aggiornamento della domanda di costruzione. Intanto, però, tra un ricorso e
l’altro, al posto del tetto a falde c’è
un magnifico attico terrazzato, che
va ben oltre i limiti dell’ingombro
del vecchio solaio, con un locale
idromassaggio anche fuori misura,
strutture in metallo per le protezioni solari delle terrazze esterne
e un parapetto vetrato ben visibile
dal basso. Un intervento contro cui
ha fatto ricorso anche un privato.
Qualche mese fa sul caso si è pronunciato il Tribunale cantonale
amministrativo che, respingendo
il ricorso di Beltrami, ha rimarcato
il giudizio negativo del municipio
e del dipartimento del Territorio
sulla domanda di sanatoria: “L’insieme disordinato di elementi posati sul tetto dello stabile, contribuiscono ad un’immagine complessiva che si configura come un
intervento deturpante nel comparto paesaggistico di pregio interessato”. Un comparto qualificato a
come “sito pittoresco”.
Difatti, come ricordavano già
nel 2011 servizi generali del dipartimento del Territorio che si
erano opposti al rilascio della licenza in sanatoria, “l’edificio interessato si affaccia lungo la strada
principale che dà accesso al nucleo
“Gli organi competenti
dovrebbero vigilare sin
dall’inizio dei lavori”
storico, in un quartiere peraltro
caratterizzato dalla presenza di
edifici importanti, quali ad esempio il complesso del Papio...”.
Insomma, un pugno in un occhio, tant’è che che la Commissione del paesaggio- sottolineava ancora il dipartimento del Teritoriodefiniva “il coronamento del tetto
decisamente squalificante”.
“Come avviene in molti altri
casi il problema è sempre il solito.
Una volta concessa la licenza edilizia gli organi competenti dovrebbero vigilare sin dall’inizio dei lavori, e in ogni fase del loro avanzamento, affinché siano rispettati i
parametri fissati nella licenza
stessa - spiega un avvocato specializzato in procedure ricorsuali
in materia edilizia -. Dunque, bisogna vigilare sui potenziali abusi,
prima che si arrivi alla fine della
costruzione. Altrimenti poi la frittata è fatta. La sanatoria può anche andare bene se l’abuso è stato
consumato in buona fede, il più
delle volte, però, lo si fa intenzionalmente con la convinzione che
poi si risolve tutto con la sanatoria
e il pagamento di una multa. Perciò il gioco vale la candela”.
La patata bollente del super attico dopo la decisione del Tribunale cantonale aministrativo è ritornata di nuovo sul tavolo del municipio di Ascona che, ponderando
legge ed interessi in gioco, dovrà
decidere se imporre eventuali misure di ripristino, ossia demolizione, oppure sanare il tutto con una
multa adeguata”.
r.c.
Il caso/2 A Davesco tecnici al lavoro sulle cause dello smottamento e per garantire la sicurezza
“È a rischio demolizione
l’edificio pericolante
sopra la frana della morte”
A
l momento non è la prima
opzione, “perché da buoni costruttori, preferiamo
costruire piuttosto che distruggere - afferma il geologo Urs Lüchinger -, tuttavia tra le diverse
ipotesi che stiamo valutando, vi
è anche quella, remota ma esiste, di demolire lo stabile in bilico”.
Quasi un mese è passato dalla notte, tra il 15 e il 16 novembre, quando una frana e un muraglione crollato hanno travolto
la palazzina di tre piani a Davesco, provocando due morti (una
terza persona è ancora all’ospedale Civico di Lugano). L’inchiesta è alle battute finali: il rapporto preliminare del perito giu-
diziario, l’ingegner Rinaldo Passera, è da tempo nelle mani del
procuratore Nicola Respini. Ma
prima di pronunciarsi il magistrato attende l’esame geologico
su cui sta lavorando lo stesso
Lüchinger: “Stiamo acquisendo
ancora informazioni sul terreno
tramite carotaggi e prove sismiche. Alla fine allestiremo un modello, il più realistico possibile,
della situazione prima dell’incidente. Non disponiamo ancora
di tutti i dati, anche se il modello
è già ora abbastanza raffinato”.
A lavoro ultimato, si parla di
due-tre settimane, “l’ingegnere
civile incaricato (Passera, ndr)
potrà fare tutte le sue verifiche
tecniche e determinare quali
siano state le varie concause che
hanno contribuito all’evento disastroso”. Concause, perché si
dovrà anche chiarire se il muro
crollato era costruito ad arte.
Al momento l’insicurezza
aumenta più ci si avvicina al
margine della frana. “Il nostro
primo compito è stato quello di
mettere in sicurezza il traffico
sulla strada cantonale. Una fase
superata con i due semafori collegati a un sistema che ogni 1015 minuti rileva le misurazioni
del pendio e degli stabili monitorati. Se viene superata una determinata soglia scatta il rosso e
riceviamo un messaggio d’allarme sullo smartphone”. Ciò che
finora non è mai avvenuto, spie-
ga Lüchinger. Anche perché il
terreno, “è rimasto abbastanza
stabile”. A monte invece si cammina, per così dire, sulle uova.
Oltre al compito di collaborare
con la Procura, i tecnici hanno
ricevuto dalla Città “l’incarico di
stabilire il grado di sicurezza
presente e futuro della zona. Al
momento gli stabili evacuati sono tre, due in basso e quello in
alto, al cui interno stiamo eseguendo i carotaggi”. È l’edificio
che, per usare le parole dello
stesso geologo, “sembra incombere in modo spettrale sul pendio”. Alla fine, spiega Lüchinger,
“proporremo degli interventi
per ripristinare la sicurezza sufficiente per riprendere l’attività
nei magazzini per ora fermi.
Stiamo valutando due o tre ipotesi. Ma non mi sbilancio”. In bilico è pure lo stabile “incombente”: “L’esecuzione dei carotaggi
è un po’ più lunga del previsto.
Usiamo una macchina leggerissima, ma è molto delicata. Dobbiamo stabilire lo spessore della
soletta, la lunghezza dei plinti
che sostengono il magazzino.
Perché i piani di progetto sono
andati distrutti nelle macerie
della palazzina”.
s.pi.
L’analisi
Le minacce
su un fragile
equilibrio
MATTEO VEGETTI
Architetto
L
a difesa del territorio, a lungo trascurata, è divenuta, negli
ultimi anni, un tema di
grande attualità. Il diffondersi di una nuova sensibilità ecologica e un maggior senso di responsabilità ci inducono a individuare e segnalare i pericoli che minacciano il nostro fragile equilibrio ambientale. Le variabili che
concorrono al degrado sono molte: l’incremento
della popolazione inurbata, la speculazione edilizia, l’incuria degli amministratori locali, la brama
di un profitto veloce e irresponsabile.
A questo elenco potremmo aggiungere gli investimenti speculativi di
capitali stranieri e soprattutto lo “sprawl”: l’informe crescita del territorio
edificato che erode i confini tra un insediamento e
l’altro.
Contro questi fenomeni va affermato il principio che territorio è, per
sua natura, un patrimonio
che appartiene a tutti: è
paesaggio, sistema ecologico, sedimento vivo di
memorie storiche, configurazione identitaria. Come tale mette in gioco la
democrazia, la legislazione e la politica. Oltre
al presente, secondo il filosofo Hans
Jonas, la responsabilità verso il territorio e l’ambiente
deve rispondere
persino a coloro
che ancora non ci
sono, alle generazioni future. Per
comprendere la radicalità di questa proposta
basterebbe ricordare una
battuta di Groucho Marx:
“Perché dovrei preoccuparmi dei posteri? Cos’hanno mai fatto i posteri
per me?”. In effetti è difficile accettare un principio
di responsabilità che, essendo asimmetrico, non
contempla la reciprocità
ma solo la lealtà.
Per non essere eccessivamente idealisti, dobbiamo però riconoscere
che la tutela del territorio
coinvolge valori che possono entrare in contraddizione tra loro. Sono valori
l’equilibrio ecologico e
l’estetica del paesaggio.
Ma lo è anche il soddisfacimento dei bisogni sociali. Da una parte pannelli
solari e pale eoliche, pur
vantaggiosi economicamente, possono turbare
l’estetica dei luoghi.
Dall’altra, l’incondizionata
conservazione del paesaggio può ostacolare lo sviluppo locale. È indubbio
che l’attuale sistema della
mobilità e i vituperati
Mall rispondano, nonostante il negativo impatto
ambientale, a reali esigenze economiche e sociali. Pertanto la difesa
dell’integrità del territorio
non va mai confusa con
atteggiamenti “integralisti”. Occorre mediare, in
nome del bene comune,
tra valori contrastanti e finalità divergenti. Un equilibrio difficile, che non
può mai essere disgiunto
dal metodo: la discussione
democratica sulle priorità
e il riconoscimento delle
responsabilità pubbliche e
personali.
rosa
&
cactus
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
4
Attualità
OFFERTI DA
Piazza Muraccio, Locarno
Tel. 091 751 72 31
Fax 091 751 15 73
una rosa a...
un cactus a...
Piero
Martinoli
Renzo
Respini
L’obiettivo è quello di portare
in Ticino il Master di
medicina nella nuova facoltà
di scienze biomediche. Per
questo Martinoli rimarrà alla
presidenza dell’Università
della Svizzera italiana fino al
2016. Buon lavoro!
Il vice primario delle fatture
false alla Carità di Locarno
ha già ritrovato lavoro. Alla
Moncucco, presieduta da
Respini. Che sottolinea
come valga la presunzione
d’innocenza. Anche per chi
ha ammesso i fatti?
Come cambia la truffa delle finte“anime
gemelle” dopo il tramonto delle agenzie
matrimoniali soppiantate dai siti online
Tutti i risparmi dei“cuori solitari”
spillati in un raggiro sentimentale
MAURO SPIGNESI
nianza di un “cuore solitario”,
avrebbe preteso l’iscrizione e il
versamento anticipato per poter
inviargli i contatti con quattro
profili di donne. Ma poi i contatti
non sono arrivati. “Ho insistito ha raccontato l’uomo - sino a capire che era una fregatura e ho
perso mille franchi”. E in effetti
chiamando il numero di telefono
indicato dall’agenzia si scopre
che non è più in funzione. Se-
S
IL TRANELLO
La truffa dei
falsi “cuori
solitari” oggi
parte spesso
dalle rubriche
su internet
1
2
3
4
2010 -
2005 -
2000 -
1995 -
1990 -
1985 -
1980 -
1975 -
1970 -
1965 -
1960 -
1955 -
1950 -
1945 -
1940 -
1935 -
oli, soli e truffati. Soli,
soli e delusi. Delusi
perché si erano fidati e
avevano affidato i propri soldi, spesso i risparmi di tanti anni, a “un’anima gemella” di cui pensavano di
potersi fidare. Invece sono finiti
raggirati. Succede spesso. Anche in Ticino, dove il fenomeno
non sarà diffuso
ma è presente, I MATRIMONI IN TICINO, DAL 1935
Bevnat, Ufficio federale di statistica
visto che l’anno
scorso i casi se- 2.000 gnalati, quelli
emersi ufficialmente dunque,
sono stati due, 1.000 come indica la
polizia cantonale. Il problema,
0e ciò accade frequentemente, è
che non sempre
scattano le denunce, perché MATRIMONI SECONDO LO STATO CIVILE DEGLI SPOSI, %
le vittime sono
celibe/nubile
celibe-divorziata/nubile-divorziato
divorziati
altro
anziane o hanno
66.5
vergogna.
A 66.4
64.5
63.6
Berna, ad esempio, va peggio:
solo dall’inizio
dell’anno sono
22.6
22.2
stati imbrogliati
22
21
undici “cuori
11.9
10.8
10.2
10
solitari” ai quali
2.5
2.3
1.9
1.7
è stato portato
via in tutto
2010
2011
2012
2013
mezzo milione
di franchi. Soldi
inviati per anticipare i biglietti
I rischi
dei viaggi, per pagare spese mediche, per saldare debiti e dunL’IMBROGLIO
que essere più liberi magari da
In Ticino l’anno scorso la polizia cantonale
ex mogli o mariti, comunque
ha seguito due casi legati alla truffa dei
precedenti partner, e cominciare
“cuori solitari”. Ma il problema è che molte
una nuova relazione.
vittime, soprattutto anziane, non
Sino a pochi anni fa chi cerdenunciano per la vergogna
cava una “anima gemella” - come racconta la titolare dell’uniLE VITTIME
co servizio rimasto sulla piazza Dall’inizio dell’anno a oggi nel Canton Berna
si affidava con discrezione alle
a undici cuori solitari è strato sottratto oltre
agenzie matrimoniali, che rapmezzo milione di franchi. Le vittime sono sia
presentavano una sorta di gauomini che donne
ranzia. In Ticino sino alla fine
degli anni Novanta ne esistevaL’ORIGINE
no una decina, ma sono state
Gli esperti spiegano che le truffe
progressivamente chiuse con
cominciano online e che è bene non inviare
l’avvento dei siti internet per
mai soldi a persone conosciute nella Rete
“cuori solitari”. Oggi ne sono riche si rivelano falsi “cuori solitari”
maste appena due, anzi una, che
sta a Lugano, perché l’altra con
IL BOTTINO
uffici a Bellinzona fa riferimento
Arrivare ai truffatori non è facile perché
a una società con sede a Lucerbisogna risalire lentamente alle loro identità.
na. Sino a un anno fa erano tre,
E spesso muovere agenti e polizie di diversi
c’era un’altra agenzia matrimoPaesi costa più del “bottino”
niale sempre con sede a Lugano,
che tuttavia secondo la testimo-
condo informazioni de Il Caffè è
durata qualche mese, proprio all’inizio di ottobre, con iscrizione
ai primi di dicembre, la Pretura
del Distretto di Lugano ha emanato lo scioglimento della società e ordinato la liquidazione in
via di fallimento.
“Le truffe, come quella capitata nel canton Berna, non so se
siano in crescita, certamente sono presenti da tempo in tutto il
nostro territorio e io personalmente ne ho osservato diverse”,
spiega Mauro Vignati, esperto
informatico e per molti anni
analista di Melani, la Centrale
d’analisi per la sicurezza dell’informazione creata a Berna dalla
Confederazione per combattere
abusi e rischi su internet. “Arrivare agli autori delle truffe - aggiunge - è complicato ma non
impossibile, bisogna essere pazienti e svolgere un lungo lavoro”. Ma soprattutto bisogna capire se ne vale la pena. Perché
sovente si tratta di recuperare quando è possibile - piccole
somme attraverso un impegno
lungo e costoso, dato che i truffatori si trovano spesso in Asia o
nei Paesi dell’est. “Si tratta - aggiunge Vignati - di quella che
viene definita criminalità dolce,
perché i truffatori non portano
via grandi cifre, ma giocano sulla quantità”.
[email protected]
Q@MauroSpignesi
I pericoli La titolare dell’unica società ancora aperta racconta come è cambiato il business
“La vera garanzia per i clienti
sono i miei 15 anni d’attività”
Q
uando ha cominciato, ormai 15
anni fa, le agenzie matrimoniali in Ticino erano una decina. Poi è cominciato il lento, irreversibile e progressivo declino. “E non soltanto per colpa della rapida diffusione
di internet e dei siti per incontri online, ma perché molti titolari di agenzie
erano persone improvvisate, incapaci.
Tanto che hanno fatto fallimento”,
racconta Eleni Mandilas, la titolare
dell’unica agenzia sulla piazza ticinese, la New Life. A lei si rivolgono ancora persone di mezza età che si sentono
sole e provano anche questa strada
per trovare una compagna o un compagno. “Ed evidentemente lo trovano,
visto - aggiunge Mandilas - che sino a
oggi la mia azienda ha resistito. Loro si
sono fidati di me, della mia professionalità. E d’altronde io sono qui, vivo
qui, lavoro qui sin dal 2000. Altri che
hanno aperto agenzie in questi anni
sono venuti da lontano, hanno chiuso
nel giro di pochi mesi. E sono andati
via. Io invece posso uscire di casa a testa alta e dunque evidentemente vuol
dire che sino a oggi ho lavorato bene”.
Le agenzie matrimoniali un tempo
erano un argine alle truffe. Chi pagava aveva una ricevuta, firmava un
contratto, aveva una persona di riferimento. Poi piano piano c’è chi ha visto
il business facile. E sono spuntati personaggi senza scrupoli, che si fanno
pagare e poi spariscono. La cronaca
negli anni ha registrato più di un caso.
“Molte vittime poi sono venute da me
e mi hanno raccontato come erano
state trattate”, aggiunge Eleni Mandilas: “In molti casi sono persone anziane, dunque fragili, gente che non va
su internet, che ha bisogno d’essere
seguita. Io poi passo molto tempo a
controllare se tutto va bene, se sorgono problemi. Cerco di capire le persone prima di metterle in contatto fra
loro. L’altra sera, ad esempio, ero a
cena con un cliente. Con alcuni, dopo
un primo periodo di distacco profes-
“Molti hanno chiuso non
solo perché è arrivato il
Web ma per incapacità”
sionale che ci deve essere, si diventa
anche amici”. E come succede spesso
il miglior marketing diventano i clienti soddisfatti.
Da cinque anni a questa parte invece sono spuntati sulla rete decine e
decine di siti per la ricerca dell’anima
gemella. Si va da quelli specializzati in
ragazze e uomini dei Paesi dell’est, a
quelli che propongono donne asiatiche. Conoscenze a distanza, scambi di
foto e chat e poi, quando si riesce, si organizzano viaggi per vedersi di persona. Però può capitare, come è accaduto
a una donna ticinese qualche anno fa,
di finire nella trappola di un falso spasimante che le aveva persino inviato la
fotocopia del passaporto, un uomo che
si spacciava per ingegnere e che alla fine è riuscito, una scusa dietro l’altra,
una richiesta dietro l’altra, a farle versare sino a 10mila franchi.
“Il problema - spiega Eleni Mandilas - è che se ti affidi a un’agenzia matrimoniale o comunque a un sito per
la ricerca dell’anima gemella, non sai
mai chi c’è dall’altra parte. E 99 volte
su 100 prendi una fregatura. Bisogna
dire che quando le agenzie sono andate su internet, attirando molte persone perché la ricerca di un partner costa meno ed è più rapida, l’effetto novità è trainante davvero. Poi con il
tempo i buoni propositi sono stati
messi da parte e oggi il web è diventata una autentica jungla”. Basta
scorrere i motori di ricerca e, lasciando stare social network o email di proposte audaci, ma andando proprio nei
siti di società specializzate, si trovano
profili, foto, identikit di potenziali
partner che spiegano persino che
piatti preferiscono. Molte volte però si
tratta di falsi. E si cade nella morsa
dei truffatori. Che fanno leva, come
ha raccontato la polizia cantonale,
sulla solitudine delle persone. Vanno
a pescare tra chi vorrebbe accanto un
compagno o una compagna ed è esposto a sbandate sentimentali. Si fida,
ed è la fine.
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IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
6 ATTUALITÀ
Il caso
Il Canton Vaud proibisce le “ore felici” dopo il lavoro ed è polemica
Sos da Casa al Cedro
per abusi sessuali
e la procura indaga
“Basta happy hours,
no a due aperitivi
al prezzo di uno,
si beve a dismisura”
Il Foyer della Fondazione San Gottardo
al centro di una segnalazione ai magistrati
Ti-Press
Cosa succede tra le mura
rosso mattone di Casa al Cedro?
Dalla struttura d’accoglienza per
adulti con vari tipi di patologie,
soprattutto psichiche, che la
Fondazione San Gottardo gestisce in via Tasso a Lugano, trapelano allarmanti indiscrezioni su
presunti abusi sessuali. Indiscrezioni confermate dal Ministero
pubblico, cui è giunta una segnalazione tutt’ora al vaglio degli inquirenti, e di cui è a conoscenza
anche l’Ufficio invalidi del Cantone. L’ex direttrice della Fondazione Mimi Lepori Bonetti minimizza:“Non si tratta di abusi sessuali, ma di manifestazioni di affetto sopra le righe
tra ospiti” (vedi dichiarazioni a fianco).
Una situazione
delicata di cui si
stanno occupando
l’autorità cantonale e la magistratura. “Diciamo che...
la questione è conosciuta”, afferma
Christian Leoni,
responsabile
dell’Ufficio cantonale degli invalidi. Che aggiunge: “Noi, come
autorità di vigilanza, ci siamo
premurati della messa in sicurezza della situazione”. In concreto, precisa il capoufficio, “la
questione attualmente non è di
nostra competenza. Nel senso
che le autorità preposte stanno
procedendo ad accertamenti”.
Accertamenti confermati dalla
stessa Procura: “Recentemente è
giunta una segnalazione per
abusi che è tutt’ora è al vaglio
degli inquirenti”. Ma sulla natura di questi abusi dal Ministero
non filtrano informazioni.
Che sia importante far chia-
Il Ministero Pubblico
Si tratta di una
segnalazione che ci è
pervenuta recentemente
e che è tutt’ora al vaglio
degli inquirenti
rezza è pacifico poiché il Cedro
dovrebbe rappresentare un rifugio sicuro per persone fragili.
Aperta per 365 giorni all’anno,
la casa dal 1998 accoglie quattordici ospiti di età compresa tra
i 19 e i 71 anni. Ospiti che, come
si legge sul sito della Fondazione, “presentano vari tipi di patologie, con livelli di autonomia
non omogenei (ritardo mentale,
disturbi della personalità, disagio psichico, conseguenze di incidenti fisici e cardiocircolatori,
epilessia)”. L’edificio, a causa
delle barriere architettoniche
presenti, non è invece adatto per
le persone con gravi problemi
motori e, d’altra parte, nei prossimi anni è già previsto il trasloco in una sede più idonea e attrezzata.
Impossibile avere altri dettagli dal Cantone sui presunti abusi: “Per ora non vogliamo comunicare nulla. Ma, come autorità
di vigilanza, al momento non abbiamo particolari preoccupazioni. Aspettiamo l’esito degli accertamenti. Il mio obiettivo è di
non creare allarmismi”, sottolinea Leoni. Poche preoccupazioni
potrebbe significare che qualcuno è già intervenuto? La risposta
è sibillina: “Normalmente in casi
del genere sono le stesse direzioni degli istituti che possono
prendere dei provvedimenti”.
Normalmente, perché invece
le informazioni arrivate al Caffè
parlano di una tendenza all’”insabbiamnento sistematico”. Accuse gravi che abbiamo girato
direttamente a Patrizia Solari,
che fino a giugno è stata la responsabile del Cedro e ora è in
pensione: “Casa al Cedro? Fondazione San Gottardo? A Lugano? Guardi sinceramente non
sono al corrente di niente. Ho lavorato per quindici anni alla Fondazione San Gottardo, ma non
B
asta happy hours, quelle ore
felici trascorse, nei locali
pubblici, a sbevazzare, dopo
il lavoro. Le autorizzazioni,
agli esercenti, per quelle
consumazioni a costo ridotto stanno, infatti, cadendo come birilli. Ultimo, in ordine di tempo, a seguire l’onda proibizionista, è stato il Canton Vaud, il cui
Gran consiglio ha accolto le ragioni di
chi ritiene che offrire due aperitivi, al
prezzo di uno, non faccia altro che incitare la gente a bere a dismisura.
È comunque paradossale il fatto che
gli stessi deputati che hanno sbarrato la
porta agli “happy hours” abbiano, al
contempo, bocciato, nel nome della “libertà del commercio”, la proposta dei
Verdi di obbligare i ristoranti, presso cui
si consuma un pasto, a rendere gratuito
il consumo di una caraffa d’acqua. Cosa
c’è, in effetti, maggiormente antitetico
all’alcol dell’acqua? Tornando al bicchiere di vino o di birra offerto in più in
Ti-Press
I fatti
1
2
3
4
LA CASA E LA FONDAZIONE
Casa al Cedro a Lugano, assieme
al don Orione, fa parte delle
strutture gestite dalla Fondazione
San Gottardo, diretta fino al mese
scorso da Mimi Lepori Bonetti
IL GRIDO D’ALLARME
Dalla casa d’accoglienza filtrano
alcune indiscrezioni su presunti
abusi sessuali tra alcuni ospiti
della struttura che accoglie 14
persone adulte con handicap
LA PROCURA CONFERMA
Al Ministero Pubblico è giunta, in
tempi molto recenti, una
segnalazione e i magistrati sono al
lavoro per chiarire cosa sia
avvenuto nel Foyer di via Tasso
LA PROTESTA
Ad infiammare ulteriormente la
situazione c’è maretta tra il
personale per l’intenzione della
direzione di abbassare la classe
salariale per chi vigila la notte
mi risulta una cosa di questo tipo
nella Casa al Cedro. C’è stata, in
passato, in un’altra struttura una
situazione che è stata trattata
con i dovuti modi anche a livello
di magistratura. Non penso di
cadere dalle nuvole perché ho
sempre avuto un rapporto di fiducia con i miei collaboratori”.
Così Patrizia Solari, che congedandosi aggiunge: ”Però, scusi,
se una cosa del genere è in magistratura, lasciatela in magistratura”.
Mimi Lepori Bonetti, ci tiene
a precisare che è stata la stessa
Fondazione a fare la segnalazione alla magistratura. Per la
struttura l’ex politica del Ppd è
una figura di riferimento sin dalla sua istituzione. La Fondazione,
nata nel 1996 come associazione
in ricordo del defunto vescovo
Eugenio Corecco (1931-1995),
trae origine dall’amicizia di alcune persone cresciute in un’esperienza comune di fede. In altre
parole, la Fondazione, nella cui
orbita rientrano anche la Casa
don Orione a Lopagno - dove la
direzione ha la propria sede - e
l’Orto al Gelso a Melano, mette
a frutto l’esperienza maturata
dai suoi principali membri all’interno di Comunione e Liberazione.
Ma non c’è croce, verrebbe
da dire, senza spine: la situazione al Cedro risulterebbe ulteriormente inasprita da una
“querelle” tra il personale di vigilanza notturna e la direzione.
Il primo si oppone a un taglio
del salario, la seconda sostiene
che si sia pagato troppo in passato: “Questo personale per due
anni ha beneficiato di soldi che
per contratto non competevano
ad esso” sostiene Lepori Bonetti. Ma questa è un’altra storia.
[email protected]
Q@StefanoPianca
LA CASA
AL CEDRO
E L’EX
DIRETTRICE
Una
segnalazione
da Casa al
Cedro, qui
sopra; ma
per l’ex
direttrice
Mimi Lepori
Bonetti, 65
anni, a
sinistra, sono
stati solo
“atteggiament
i affettivi
inadeguati”
Ti-Press
STEFANO PIANCA
FRANCO ZANTONELLI
L’ex direttrice Lepori Bonetti
occasione degli aperitivi, inutilmente i
giovani liberali radicali hanno tentato di
opporsi al divieto, con una petizione che
ha raccolto più di 1000 firme. “Cosi facendo - hanno protestato - si va contro
la libertà individuale”. “È una vera e
propria punizione collettiva”, ha rincarato, sulle colonne del quotidiano Le
Matin, Maxim Würsch, esponente della
gioventù liberale vodese. La pensa diversamente Corine Kibora-Follonie,
portavoce dell’associazione Dipendenze
Svizzera. “Non siamo di fronte - dice ad una misura che limita la nostra libertà, piuttosto a un’azione di solidarietà
nei confronti delle persone più fragili di
fronte al consumo di alcol”.
E, a questo riguardo, i dati a livello
nazionale parlano chiaro. Ogni giorno,
nel nostro Paese, sei giovani vengono ricoverati in coma etilico, mentre 1600
persone muoiono, annualmente, per
problemi legati all’alcool. Non a caso,
mentre a Ginevra, e da qualche mese
anche nel Canton Vaud, tentano di arginare il fenomeno proibendo, a partire
dalle 9 di sera, la vendita per asporto di
superalcolici, a Zurigo hanno creato delle celle, nella sede del comando della
polizia comunale, dove vengono rinchiusi gli ubriachi problematici, fino allo smaltimento della sbornia. “Un’iniziatica che condivido, in quanto contribuisce a sgravare gli ospedali da quel tipo di pazienti, anche se chi finisce in
quelle celle può vivere l’esperienza in
termini negativi”, l’opinione di Jann
Schumacher, presidente di Ticino Addiction.
“Io, però, rimango convinto che faccia più danni uno spinello di una birra”,
dice Marco Vigliarolo, del Bar Böcc di
Lugano. “Intendiamoci - aggiunge - non
intendo sottovalutare il problema che,
soprattutto per i giovani, costituisce
l’alcol, tuttavia visto che uno spinello
costa, all’incirca, come una birra servita
in un locale pubblico, allora mi fa meno
paura la birra”. E del divieto degli happy hours, cosa pensa? “Che per quanto
mi riguarda, ormai, mi sono tolto il pensiero, visto che la polizia mi ha invitato
7
a non usare quel termine, in quanto istiga al consumo di alcol”.
“In effetti - spiega Jann Schumacher
- gli happy hours sono esplicitamente
vietati, in Ticino, dalla legge cantonale”. Pure nel Regno Unito, terra d’origine dell’ora felice, gli stessi produttori di
birra e l’associazione dei proprietari di
pub hanno deciso di rinunciare a quella
consuetudine, proprio per il suo stimolo
ad eccedere nel bere. A tutela, a quanto
pare, soprattutto dei giovani. “In effetti
il consumo di alcol, da parte dei giovani,
è sempre più finalizzato all’eccesso, con
le conseguenze che si possono immaginare”, afferma l’esperto Schumacher. A
chi sostiene che una birra è meno dannosa di uno spinello come replica? “Ribatto ricordando che gli studi effettuati
al riguardo dimostrano, senza ombra di
dubbio, come alcool e tabacco siano più
dannosi, per la collettività. Per quanto
riguarda, invece, il singolo, la pericolosità è conseguente al quantitativo di alcolici o di droga consumati”.
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“Non molestie,
solo condotta
inadeguata”
Smessi da poco i panni di direttrice della Fondazione San
Gottardo, Mimi Lepori Bonetti
ribadisce decisa: “Non c’è stato
abuso sessuale, nessuno ha violentato o stuprato chicchessia dichiara al Caffè -. Sono state
manifestazioni d’affetto sopra le
righe tra utenti”. In altre parole,
continua, “c’è stata semplicemente una segnalazione che ha
messo in evidenza atteggiamenti inadeguati nella sfera affettiva”. Ma perché allora coinvolgere la magistratura? “Perché secondo la procedura voluta dal
dipartimento Sanità e socialitàrisponde Lepori Bonetti- qualsiasi presunto sospetto di...
dev’essere segnalato con un
rapporto”.
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IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
8 ATTUALITÀ
9
Tra malafinanza e criminalità
Proteste da oltreconfine
per la chiusura notturna
dei valichi secondari
La stretta fiscale di Roma ha
portato a galla buchi
clamorosi. Paolo Bernasconi:
“Parecchie persone che
avevano trasferito qui i loro
patrimoni, da un anno a
questa parte lamentano
sottrazioni nei loro depositi”
La reazione del delegato insubrico Baruffini:
“È un passo indietro per la sicurezza di tutti”
L
Ti-Press
R
a “voluntary disclosure”, la dichiarazione spontanea per capitali depositati all’estero, non è ancora
entrata in vigore in Italia, ma
sulla piazza finanziaria ticinese
si sentono già i primi duri contraccolpi. Alcuni clienti italiani
chiedendo il rendiconto sui depositi, per regolarizzare la loro
posizione col fisco, hanno avuto la brutta sorpresa di scoprire
pesanti ammanchi sui loro conti bancari in Svizzera. Perdite
che non sempre sarebbero giustificate dall’andamento dei
mercati azionari e valutari.
“Sulla piazza se ne parla da
qualche mese, del resto la stessa cosa era avvenuta anni fa ai
tempi dei vari scudi fiscali che
avevano portato allo scoperto
anche una gestione a dir poco
spregiudicata dei depositi dei
clienti italiani. Con casi clamorosi su cui avevano pure indagato la magistratura svizzera e
italiana”, dice Paolo Bernasconi, docente di diritto penale
dell’economia e autore del saggio “Avvocato, dove vado?”, di
cui in questi giorni è in vendita
una seconda edizione completamente aggiornata alla luce
della più recente normativa internazionale. Dai nuovi standard Ocse sullo scambio automatico d’informazioni alla retroattività delle norme penali e
fiscali fissate dagli accordi di
cooperazione tra gli Stati. Temi
ad alta sensibilità per i clienti
stranieri di banche e fiduciarie,
che sino a qualche anno fa vedevano ancora la Svizzera come il Paese più sicuro per la custodia e la gestione dei loro patrimoni non dichiarati fiscalmente. Non manca, ovviamente, un aggiornamento sulla
“voluntary disclosure” che tanti patemi d’animo sta creando
ai facoltosi clienti italiani della
piazza ticinese.
Assilli, comunque, meno
angoscianti dei problemi di chi
in queste settimane ha scoperto che il suo conto bancario si
era “inspiegabilmente” assottigliato. “La storia si ripete nota Bernasconi -. Come già
capitato all’epoca degli scudi
fiscali del ministro Tremonti,
con la voluntary disclosure
vengono alla luce ammanchi
dovuti a vere e proprie sottrazioni, oppure frutto d’investimenti arrischiati, per cui si
preleva da un conto per cercare
di tappare un buco in qualche
altro conto, ma alla fine la catena si spezza. È come succede
con l’alta marea: sino a che
l’acqua è alta, e c’è sulla piazza
tanta ‘liquidità’, tutto va bene,
quando però l’acqua si abbassa
si vedono fango, detriti e rifiuti”.
Ma questi sono giorni amari
non solo per chi sta cercando di
regolarizzare la sua posizione
patrimoniale con il fisco italiano, lo sono ancora di più per gli
evasori fiscali irriducibili.
Quelli che non sentendosi più
al sicuro in Ticino hanno trasferito i capitali dagli istituti di
credito locali alle banche di
Pesanti ammanchi nelle banche
tra i conti della clientela italiana
Dubai, con i buoni uffici dei loro consulenti ticinesi. Del resto, come annotava ironicamente qualcuno sino a non
molto tempo fa, sui voli Milano
Ti-Press
Malpensa-Dubai si sentiva parlare il dialetto ticinese. Evasori
che nell’Emirato si sentivano
più protetti, ma che oggi si leccano le ferite. “Parecchi clienti
italiani - precisa Bernasconi che avevano trasferito là i loro
patrimoni, ma anche alcune fiduciarie ticinesi, da un anno a
questa parte lamentano truffe
e appropriazioni indebite”. Cosa è successo? È presto detto.
Sia questi evasori che i loro
consulenti avevano poca dimestichezza dei meccanismi di si-
curezza che andavano usati in
Paesi che hanno una cultura
bancaria e societaria molto diversa da quella europea.
l.d.a.
I contraccolpi
La spiacevole sorpresa
di molti evasori che
volevano regolarizzare
i loro patrimoni con
la “voluntary disclosure”
Il precedente
Si ripete la storia degli
Scudi del ministro
Tremonti, con l’evasione
erano emerse anche
truffe e malversazioni
ispetto le decisioni della Svizzera, ma è un passo indietro
che renderà il territorio meno
protetto e meno sicuro - dice al Caffè
Mirko Baruffini, consigliere provinciale alla Regio Insubrica, la comunità di lavoro transfrontaliera, alla
notizia che i valichi secondari verranno chiusi la notte -. Come hanno
dimostrato le ultime operazioni di
polizia, gli arresti eseguiti, l’Italia
faceva da ‘filtro’ alla criminalità di
frontiera”. Diamentralmente opposto, invece, il parere a Berna, che ha
accolto la mozione proposta dalla
consigliera nazionale leghista Roberta Pantani finalizzata, appunto,
alla chiusura notturna dei valichi
minori sulla frontiera tra Italia e
Svizzera.
Ci vorrà tempo affinché la misura diventi completamente operativa,
ma già la chiusura di valichi come
Drezzo-Pedrinate e i due di Ronago,
Marcetto e Ponte Faloppia, hanno
avuto eco a Roma. Il deputato Enrico
Borghi del Pd, eletto nella circoscri-
zione Verbania-Cusio-Ossola, ha subito inoltrato un’interrogazione parlamentare all’attenzione del ministro degli Affari Esteri e a quello degli Interni chiedendo di prendere
immediatamente posizione su “una
misura che non ha ragione di esistere, soprattutto perché danneggia
gravemente le migliaia di onesti lavoratori frontalieri che quotidianamente si recano nel territorio elvetico”.
Resta il fatto che, negli ultimi
mesi quella che viene definita “criminalità transfrontaliera”, agevolata
dal libero ingresso in Svizzera di rapinatori, ladri e scippatori prove-
nienti dall’Italia, è stata constatata
dalle stesse forze dell’ordine italiane. Con l’ultimo arresto, ad esempio, di “Mister slot machine”, un
37enne luinese, che con due complici ha messo a segno una serie di furti, tra cui quelli a due chioschi di
benzina a Ponte Cremenaga, uno dei
valichi dove le guardie di confine sono assenti. E i casi dei “frontalieri
della rapina” finiti in manette oltreconfine non sono certo una rarità
nelle pagine di cronaca.
I punti ritenuti “caldi” dalle stesse autorità italiane, solo prendendo
in considerazione i trenta valichi con
la Lombardia, sono ben noti. A par-
La criminalità
I frontalieri
Lo spostamento delle
pattuglie in retrovalico
garantiva un “filtro” e
assicurava un migliore
controllo del territorio
Una misura che non ha
ragione di esistere e che
danneggia gravemente
migliaia di onesti
lavoratori italiani
tire da Zenna-Dirinella e Clivio Ligornetto da cui sono passate almeno
due grandi inchieste sul traffico
d’armi gestito da affiliati della
‘ndrangheta. Oppure Porto Ceresio,
lo stesso utilizzato dal varesino Filadelfio Vasi e la sua banda per le sue
scorrerie in territorio elvetico.
Il problema della sicurezza, oltre
agli effetti sulla libera circolazione,
vale per lo stesso Mirko Baruffini:
“L’apertura totale dei cancelli doganali ha consentito di spostare in retrovalico gli agenti della Guardia di
Finanza e della Polizia, recuperando
risorse mobili, importanti, per il
controllo del territorio giorno e notte - spiega al Caffè -. Se vengono di
nuovo chiusi la notte, il rischio è che
non vengano più disposte pattuglie
notturne dalle nostre parti. Un rischio che non credo aumenterebbe
la sicurezza dei ticinesi. E che sicuramente provoca danni, nei due sensi, anche al traffico dei frontalieri,
alla viabilità con code nei valichi
aperti”.
e.r.b.
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Due parole
La Terra di mezzo
che ammorba
la piazza ticinese
LIBERO D’AGOSTINO
G
li inquirenti che indagano
sullo scandalo della Carige, la
banca genovese, non sembrano intenzionati a mollare facilmente
Davide Enderlin. Vogliono precise
garanzie affinché il consulente luganese, tutt’ora in carcere a Como,
una volta estradato anche temporaneamente in Ticino, non si sottragga
alla Giustizia italiana.
Non si può dare loro torto, viste
le protezioni e le connivenze di cui
Enderlin ha beneficiato per lungo
tempo in Ticino. Se le eventuali responsabilità penali sono del tutto
personali, non si può tacere l’irresponsabilità di quanti erano istituzionalmente chiamati a vigilare sulla sua attività di amministratore di
ben 142 società. Di un consulente
che, di fatto, agiva come un fiduciario pur non essendo iscritto all’Ordine professionale, che operava anche
dietro lo schermo dello studio legale
e notarile ereditato dal padre, pur
non avendo conseguito lui il brevetto di avvocato né quello di notaio.
Non ha soprattutto vigilato il Consiglio di vigilanza per l’esercizio della
professione di fiduciario, il cui presidente, l’avvocato Luca Marcellini,
per una singolare coincidenza è anche difensore di Enderlin per i reati
che gli sono contestati in Ticino. Al
proposito è stata presentata dal Ps
un’interrogazione parlamentare. Basta guardare la mappa delle società
che condivideva con personaggi come Francesco Riva, Ginta Baku o
Sandro Maria Calloni per ripercorrere il tracciato dei reati di cui Enderlin è oggi accusato. Il Plrt luganese, dopo tanti tentannamenti, per
sgravarsi della presenza di Enderlin
in Consiglio comunale ha dovuto
usare il forcipe, però la sua figura
resta sempre ingombrante sulla
piazza politica e finanziaria ticinese.
Ma il consulente plurinquisito è solo
un magnifico esemplare di quella
Terra di mezzo tra affari e malaffare
criminale che purtroppo inquina ancora il cantone.
SOCIETÀ DOVE
SONO STATI,
O SONO PRESENTI,
ANCHE
IN RUOLI DIFFERENTI…
Forties Fortune Sa
Forties Fortune Sa
Fashion Style Lugano
Cricò&pe Sa
Casanuova Sa
Alibi Beauty home Sa
8iTrading Lugano Sa
Csi Logistic Sa
Davide Enderlin
e Gintare Kubiliute
Callcom Sa
Terapy Laser X Sa
Davide Enderlin,
Francesco Riva
e Gintare Kubiliute
Sebastian Suisse Sa
Medhimex Sa
Davide Enderlin
e Sandro Maria Calloni
Davide Enderlin
e Francesco Riva
Gintare Kubiliute
Il personaggio
Alpha Fisioterapik Canceling Sa
Eb. I. General Sa
Sasco Equipment Sa
Enhance Sa
Baywind Sa
Ch4 power Engineering Consulting
Conew Sa
Atelier Record Sa
Behavioral Traiding Company Sa
Cafè a Porter Sagl
Il socio
del legale
ticinese è
accusato
d’essere il
prestanome
dello stesso
presidente
di Carige
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La controversa storia di un imprenditore con residenza Lugano
Ecco chi è Sandro Maria Calloni
braccio destro di Davide Enderlin
S
L’inchiesta
AÈ]
] (42
ino a quest’estate risultava gerente dell’Albergo Admiral Sagl, la società di via Geretta,
a Paradiso, dove si trova l’ex hotel Holiday.
Sandro Maria Calloni, ad agosto, è stato l’ultimo
degli indagati dello scandalo Carige a finire agli arresti domiciliari. Con obbligo di braccialetto elettronico, che in questi mesi ha monitorato la sua
presenza nel perimetro di una casa milanese dove
abitano alcuni suoi familiari. Per i magistrati italiani c’era il pericolo di fuga. Dove? A Lanzarote, dove Calloni ha una villa, o magari a Lugano dove risulta residente. Calloni, 61 anni, è accusato dai
magistrati di Genova d’essere stato, attraverso le
sue varie società, una sorta di schermo, un prestanome per gli affari dei vertici della banca Carige, a
cominciare dal presidente Giovanni Berneschi. E,
come risulta dalle carte della prima tranche di indagini chiuse recentemente dalla Procura di Genova, che ha addebitato i reati agli indagati, Calloni
è stato parte attiva nell’operazione di compravendita delle quote dell’Holiday Inn. Operazione che
ha messo nei guai e portato agli arresti il consulente d’affari luganese Davide Enderlin. I due, tra
l’altro, sono stati amministratori, a livelli e con responsabilità diverse, di una società, la Casanuova
Sa, capitale sociale tre milioni di franchi, che tuttavia non è entrata nell’inchiesta. Calloni era pre-
sidente, Enderlin membro del Consiglio d’amministrazione. Ma l’ombra di Calloni, che a Lugano ora
pochi nell’ambiente della finanza dicono di avere
conosciuto, è presente da tempo in Ticino. Qui
l’imprenditore tirava i fili di diverse società, spuntate nell’inchiesta Carige a Genova. E proprio attraverso una di queste società con base legale in
un paradiso fiscale Calloni e Berneschi avrebbero
architettato, ma non realizzato secondo i magistrati italiani, un artificio per giustificare passaggi
di soldi che servivano per comprare le quote dell’hotel di Lugano. Ovvero una finta compravendita
di una villa a Lanzarote, in Spagna, seguita da un
contenzioso con risarcimento “camuffato” e dunque difficilmente rintracciabile.
Il 10 dicembre i magistrati hanno chiuso la prima tranche dell’inchiesta. E per gli ex soci di Enderlin e Calloni l’accusa è la medesima: associazione a delinquere finalizzata alla truffa o all’appropriazione indebita nonché riciclaggio e reinvestimento dei proventi illeciti. Enderlin ha sempre
detto che non conosceva l’origine dei soldi serviti
per acquistare l’hotel. Ora è atteso in Ticino,ma
per un’altra vicenda, quella del presunto ammanco sui conti di una maga, nel frattempo morta. Inchiesta che ha portato all’arresto della cantante
Ginta Biku e del socio Francesco Riva.
m.sp.
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IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
ATTUALITÀ
11
La nuova malavita
Le rotte del business per il grande crimine
Dalle prostitute alle armi, la Svizzera nella mappa Onu sulla delinquenza
a violenza è ovunque. Non si riesce a fermarla, né con la repressione, né con leggi
molto dure. Basta pensare che l’omicidio
è la terza causa di morte al mondo. E
dunque bisognerà farci i conti nei prossimi anni. Ovunque, anche in Svizzera, dove pure
esistono zone d’ombra all’interno di un quadro
sulla sicurezza tutto sommato non disperato come
in altri Paesi. Lo dice il Global report 2014 che
mette insieme le ricerche a livello internazionale
dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms),
del Programma di sviluppo dell’Onu (Undp) e
dell’Ufficio dell’Onu contro il crimine (Unodc). Proprio quest’ultimo ente ha elaborato un grafico, una
ragnatela sulla criminalità dove la Svizzera compare spesso. In particolare, quando si parla di tratta di esseri umani, di armi, di droga. Segno che resta alto l’interesse di bande e organizzazioni criminali verso la Confederazione.
Bande e organizzazioni che negli anni si sono insediati in molti cantoni, come dimostrano le inchieste di polizia e magistratura. Un salto di qualità comune a molti Paesi industrializzati. “Il problema è
che la diffusione del crimine ha bisogno di punti di
riferimento precisi”, spiega a Il Caffè Federico Varese, docente di criminologia a Oxford: “E allora la
differenza tra la criminalità normale, e quella organizzata e che quest’ultima per continuare a vivere ha necessità non soltanto di delinquere, di far
soldi e affari sporchi, ma anche di penetrare nel
L
territorio, di insediarsi in maniera permanente”.
Quella del gruppo di studio di esperti coordinati dall’Onu è una radiografia che restituisce una situazione sfaccettata su temi scottanti. Come il
consumo di droga, dove le rotte e i traffici di cocaina ed eroina fanno tappa nella Confederazione, per
il quale si segnala che, globalmente, fra 172 e 250
milioni di persone fanno uso di sostenze stupefacenti. Che molti traffici portino in Svizzera era peraltro emerso dai dati dell’Osservatorio europeo di
L’analisi
Il presidente dell’Osservatorio
sulla criminalità di Ginevra
“Ormai è riduttivo parlare
soltanto di mafia e mafiosi”
do in particolare dal Sud America verso l’Europa,
con un percorso che ha come capolinea anche la
Svizzera. Una realtà conosciuta, perché è la situazione dei locali a luci rosse che si sta provando ad
arginare e a controllare meglio con nuove norme
che Berna sta mettendo a punto e che il Ticino attende per vedere che effetti potrebbero avere nella
nuova legge cantonale che, per ora, è stata congelata. Nel rapporto, tuttavia, la Svizzera viene messa insieme ad altri Paesi come Spagna e Svezia per
quanto riguarda i luoghi dove vengono offerte
prestrazioni sessuali a pagamento.
La Confederazione riemerge tra i dati degli
studi dell’Onu sul fronte delle armi. Esattamente
nel grafico sul possesso di pistole e fucili da parte
dei privati. E stavolta, secondo i numeri, è terza,
dietro, rispettivamente, Stati Uniti e Yemen. C’è
però da tener conto che nel calcolo, inserito all’interno dello studio, rientrano molto probabilmente
anche le armi d’ordinanza dell’esercito custodite
nelle abitazioni. A livello nazionale si stima che ci
siano in circolazione qualcosa come 2,3 milioni di
armi da fuoco, e di queste 1,7 milioni militari. Un
piccolo arsenale che resta comunque una minaccia, visto che non bisogna dimenticare le conclusioni di uno studio del criminologo Martin Killias
che ha stabilito come in media ogni anno in Svizzera circa 300 persone - quindi quasi una al giorno
- muoiono, tra omicidi e suicidi, sotto i colpi di
m.sp.
un’arma d’ordinanza.
Ti-Press
droghe e tossicomanie che mette Zurigo, con circa
1,6 chilogrammi solo di cocaina consumati quotidianamente ogni 1000 abitanti, in cima alla classifica, dietro solo a Anversa e Amsterdam. E a seguire le altre città, come Basilea al nono posto, Ginevra al decimo, San Gallo al dodicesimo e Berna al
quindicesimo. Ma è sulla tratta di donne, nel capitolo dedicato alla prostituzione, che i grafici fanno
emergere una realtà drammatica. Perché si racconta come sempre più ragazze si stiano spostan-
I
l crimine sfrutta una ragnatela che
avvolge i Paesi industrializzati e
quelli poveri, in un intreccio di
scambi, corruzione, soldi e controllo del
territorio. Il tutto in una dimensione
sempre più transazionale, come mettono in evidenza gli ultimi “Global report”
dell’Onu. Una criminalità, hanno calcolato gli esperti, capace di generare globalmente affari sporchi per un totale di
870 miliardi di dollari l’anno, una cifra
gigantesca perché è sei volte più grande
dell’intero aiuto pubblico allo sviluppo
messo in campo dai diversi governi.
Una criminalità mafiosa che per comandare ha necessità di dotarsi di una
struttura, modificarsi continuamente,
di mimetizzarsi per sfuggire alle maglie
della giustizia.
“Eppure dire semplicemente che le mafie prosperano grazie al controllo del
territorio per me è riduttivo”, spiega Nicolas Giannakopoulos, criminologo e
presidente dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata di Ginevra. “Perché è pur vero che resiste un forte lega-
me con il territorio, ma non bisogna fare l’errore di pensare ancora alla mafia
o alle mafie riempendo questo termine
con una connotazione tradizionale. E
cioè ancorandolo alla mafia siciliana, o
comunque con radici nel sud Italia. Perché si focalizzerebbe l’attenzione su un
particolare senza considerare la dimensione reale del fenomeno che è globale
e soprattutto ha metodi moderni per
crescere”.
Secondo Giannakopoulos, bande o organizzazioni ormai sono transnazionali,
si spostano da un continente all’altro,
dove hanno precisi punti di riferimento.
“In questo senso dico che la definizione
“mafia” è riduttiva, perché bisogna ormai parlare di criminalità organizzata
“tout cout”, cioè di un’ organizzazione
avvolgente, con una grande capacità di
insediarsi nel territorio, come avviene e
come è avvenuto qui in Svizzera. Per
questo quando si va a fare una analisi
dobbiamo comprendere e mettere in
conto tutte le organizzazioni criminali,
rumene, bulgare, albanesi, sudameri-
L’esperto
“Le minacce arrivano
da bande rumene,
albanesi... non solo da
quelle più tradizionali”
cane. Gruppi capaci di abbinare alla loro
attività delinquenziale la conquista e
dopo il controllo di intere parti del territorio”.
Un’analisi, quella di Giannakopoulos, che si riallaccia ai rapporti dell’Onu,
dove vengono tratteggiati i flussi di
bande e organizzazioni che spostano
dalle zone povere del mondo uomini e
business criminali e che arrivano in
quelle più ricche e avanzate, soprattutto europee. E la Svizzera, all’interno di
questo quadro, non fa eccezione.
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+ '+$ " IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
13 ATTUALITÀ
La storia
Magda Buzzini. Mamma di
quattro figli, uno adottato, famiglia
affidataria, oggi 60enne e nonna di
sette nipoti, continua la sua lotta col
Municipio di Brione Verzasca per
ottenere dossi antivelocità, limiti orari
e uno spazio per giocare ben recintato. Per proteggere
i bambini, ma anche gli anziani e tutti gli abitanti.
Ecco come lei, la“züchina”, si è inimicata l’intero paese
“Non mollerò mai,
la strada e il parco
diventeranno sicuri”
L
Ti-Press
DOSSI INUTILI
È evidente la
pericolosità della
strada che scorre a
pochi centimetri dal
suolo privato delle
abitazioni. Magda,
sul bordo del suo
terreno, mette dei
“fantocci” di cartone,
per far rallentare le
auto, visto che i
dossi sono così
bassi da risultare
completamente
inefficaci. Intanto,
molte auto
sfrecciano, incuranti
dei pericoli
PATRIZIA GUENZI
La vicenda
a goccia che ha fatto traboccare
il vaso, già colmo di ripicche, dispetti e più o meno velate minacce è stato quel cartello a due
passi dalla casa di sua figlia:
“Volontario 30 km/h pensateci!!” (sì, proprio con due punti
esclamativi) scritto in rosso su
sfondo giallo. L’ha mandata in
bestia. Così come la limatura di
quei piccoli dossi, appena fatti,
perché un abitante ha reclamato che graffiavano la “pancia”
dell’auto. Senza dire del decennale braccio di ferro per far recintare il parco giochi. Insomma, solo l’ennesima presa in giro del Municipio per Magda
Buzzini, 60 anni, di Brione Verzasca, 5 figli, 7 nipoti, che ha
voluto raccontare al Caffè una
storia dai risvolti kafkiani. “Ah
certo, bisogna pensarci per non
sfrecciare a 50 km all’ora nell’abitato! Eppure, sono riuscita
a sapere che esiste un progetto,
già approvato dal Municipio, di
una ‘zona di incontro’ che però
non fanno - reagisce Magda,
che in un grosso classificatore
ha raccolto lettere, documenti e
atti -. A questo
punto penso sia
per non darmela vinta. Ma li
avverto,
non
mollerò mai, un
giorno questa
strada e il parco
giochi diventeranno sicuri”.
Da
anni
questa donna
lotta per quello
che reputa essere un sacrosanto diritto di tutti i cittadini:
più sicurezza sulle strade comunali, quindi dossi e limiti di
velocità, e un parco giochi recintato per scongiurare a tutti i
costi una tragedia come quella
che due anni fa ha colpito la sua
famiglia. “Questo però è un altro discorso - taglia corto -.
Quel drammatico episodio ci ha
resi tutti più sensibili, ma ciò
non toglie che in questo comune non s’è mai fatto nulla per
rendere più sicura una strada,
senza marciapiede, che attraversa una serie di abitazioni familiari”.
Per capire bene la dinamica
di questa vicenda bisogna fare
30 ANNI DI LOTTE
Sono 30 anni che
nonna Magda lotta
per una strada più
sicura, non solo per
i suoi figli ma per
tutti i bambini, e
sono tanti, che
vivono a Brione.
Ti-Press
UNA VOLONTÀ DI FERRO
Cinque figli, sette nipoti, nonna
Magda, 60 anni, ancora attiva
nell’azienda del marito, non si fa
certo abbattere dalle difficoltà o
dalle critiche. Qui, all’interno del
parco, a due passi dalla strada
LE RICHIESTE
Numerose le
richieste al Municipio
di dossi sulla strada
per frenare la
velocità o coni per
evitare lo scambio di
due veicoli nella
stradina, tutte inutili.
un balzo indietro di una quarantina di anni. Magda, allora
poco più che ventenne, da Olten arriva in Ticino per imparare l’italiano. Incontra il suo futuro marito e va a vivere a Brione Verzasca. A metter su famiglia la coppia ci mette poco. E
che famiglia! Cinque figli, tra
cui uno adottato, e sempre un
altro paio di ragazzini in affido.
“Quella strada in cui abitavamo, a pochi passi dalla scuola,
mi metteva ansia, sebbene fossero altri tempi e di auto ne giravano ben poche. Poche anche
le famiglie attorno. C’era quella
del sindaco, e la moglie per
IL DRAMMA
Nel 2012 un
gravissimo
incidente stradale
alla nipote rende
ancora più sensibile
nonna Magda che
chiede di recintare
il parco giochi.
IL MUNICIPIO
È un braccio di
forza tra Magda e il
Municipio, che ad
ogni richiesta
risponde picche.
No al 30 all’ora, no
ai dossi, no alla
recinzione del parco.
ostacolare il traffico metteva
sul ciglio della via i tricicli. Io
non arrivavo a tanto, ma posavo
dei coni o le biciclettine sul mio
posteggio per far rallentare le
auto e non permettere loro di
scambiarsi sul suolo privato”.
Poi, nel giro di poco la situazione migliora. “Il nostro vicino
di casa riesce a far posare dei
dossi antivelocità - riprende
Magda -, ma solo nella parte finale della strada. Mentre io torno alla carica e chiedo al Municipio di metterli anche nella prima parte della via. Solo per un
certo periodo sono comparsi
quelli di gomma, che venivano
LE DENUNCE
Magda ha pure
denunciato agli Enti
locali il
comportamento del
Municipio che si è
sempre rifiiutato di
consegnarle i
documenti.
tolti in autunno e rimessi, non
sempre però, ad inizio estate”.
E veniamo al parco giochi,
costruito una trentina di anni fa
su un ampio prato che costeggia la strada. Mamme contente,
bimbi felici. Ma... “Pericolosissimo - sbotta Magda -. Non c’è
mai stata una recinzione, solo
dei legni lungo il perimetro,
sotto cui i bimbi più piccoli passano facilmente senza abbassarsi. Per non dire dei cani, che
entrano liberamente a fare i loro bisogni. Ma no!, ci ha detto il
Municipio, il parco non si può
recintare. E sapete perché? Perché è antiestetico. Ma se esisto-
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LA FINESTRA
SUL CORTILE
Anonymous
IL RACCONTO
DELLA
REALTÀ
Anonymous
COME FU CHE UN
TUNISINO SPOSÒ
UNA TICINESE
Andrea Vitali
LE PAROLE
DEL 2013
Autori
vari
SAPORI
E MITI
Cenni
Moro
no dei parchi in cui addirittura
non si può fumare!”.
La battaglia di Buzzini è tutto sommato quella di un guerriero solitario. La figlia la affianca, qualche altra mamma, ma è
soprattutto lei, Magda, da sempre in prima fila. Dapprima per
la sicurezza dei suoi figli e quelli dei vicini, ora dei suoi nipoti.
“Ma anche di anziani, mamme
con la carrozzina, di qualsiasi
persona si trovi a percorrere
questa strada che, ripeto, è
troppo pericolosa. E chi oggi
sfreccia a 50 e passa km all’ora
si ricordi che ho combattuto anche per la loro incolumità,
quando erano bimbi. Coloro che
oggi passano via, sghignazzando e buttandoci all’aria i coni
che mettiamo per farli rallentare, sappiano che è anche per loro se mi sono inimicata mezzo
paese. Tra minacce e ritorsioni,
anche nei confronti di mio marito. Ma ci sono abituata, non
mi fa né caldo né freddo”.
Abituata eccome Magda alle
chiacchiere e alle occhiate di
sbieco. Dapprima quando è arrivata lì, giovane sposa in quel
paesino, che oggi conta poco
più di 150 anime, la “züchina”
la chiamavano. Poi quando ha
avuto addirittura 4 figli, tutte
femmine. Poi quando è arrivato
Luis, un piccolo brasiliano di 5
anni, adottato 23 anni fa. “Così
scuro non passava certo inosservato - ricorda Magda -. A
Brione non si parlava d’altro,
tutti a dirci ‘ma non ne avete
abbastanza di figli?’, ‘Ma volevate per forza il maschio?’. Insomma, erano di questo livello i
commenti di alcuni abitanti del
paese”. Un paese in cui parentele e interessi privati, inevitabilmente, rischiano maggiormente di intersecarsi. “Molti
hanno un favore da rendere o
qualcosa da nascondere - spiega la donna -, non dico di grave;
anche ‘solo’ un permesso di costruzione ottenuto non si sa bene come, o una riattazione fatta
perché chi doveva verificare ha
chiuso un occhio…”.
Ma qualcuno in paese comincia forse a capire. I più coraggiosi dicono apertamente
“qui c’è sotto ben altro”. “Già…
- conclude Magda -, ma questa
è un’altra storia”.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
6,2 mio
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
14
I conti annuali 2013
dell’Ente ospedaliero
cantonale (Eoc) si sono
chiusi con un risultato
d’esercizio positivo di
6.2 milioni di franchi
ilDossier
1. Il futuro sanitario. Prove iniziali
di “alleanza”sanitaria nel Locarnese.
Così La Carità e la Santa Chiara collaboreranno
Ospedale
LA CARITÀ
Clinica
S. CHIARA
Collaboratori
710
260
Posti letto pazienti degenti
163
100
Posti letto pazienti ambulatoriali
30
10
Milioni di franchi di costi
90
38
Ricoveri
7700
3750
Giornate di cura
55.000
24.300
Pazienti ambulatoriali
44.000
19.400
Visite in pronto soccorso
25.000
9500
Interventi chirurgici
5100
3665
Giorni di degenza media
7.1
6.5
Tasso medio di occupazione letti
92%
67%
D
alla Hildebrand alla
Clinica Santa Chiara. La collaborazione tra ospedale
pubblico e sanità
privata, cardine della nuova
pianificazione ospedaliera, alla
Carità di Locarno è da tempo già
realtà. Un nuovo e significativo
test di questa strategia operativa si è avuto nel novembre
scorso, quando con l’esondazione del Verbano i pazienti acuti
della clinica Santa Chiara, sono
stati ricoverati per due settimane alla Carità. “I media hanno
dato molta risonanza a questa
collaborazione ‘forzata’ - spiega
Chiara Canonica, responsabile
del servizio infermieristico
dell’ospedale di Locarno -. Ma
non si è parlato di un aspetto
importante, cioè la presenza in
ospedale di una sessantina di
collaboratori della clinica che
hanno lavorato assieme a noi
con risultati positivi per tutti.
Da entrambe le parti ci si è resi
conto di poter contare su colleghi professionali e preparati,
con cui scambiarsi anche utili
consigli”. Intanto, La Carità,
conta due nuovi nuovi primari
nominati da poco, il dottor Franco Salsano per ginecologia, e
Michele Arigoni, per chirurgia,
che prenderà il posto del primario rimasto coinvolto nello scandalo delle fatturazioni fasulle.
“La nuova squadra di chirurgia
è pronta – precisa il direttore
dell’ospedale Luca Merlini -. Il
nuovo primario comincerà la
sua attività nel luglio 2015, ma
nel frattempo abbiamo già intensificato le collaborazioni. In
particolare, da inizio dicembre,
possiamo contare sul dottor Luca Giovannacci, viceprimario
del Civico, che ha ripreso la responsabilità della chirurgia vascolare anche per Locarno”.
La Carità è stata al centro di
un recente studio dell’Universi-
PREMESSE PROGETTUALI CONDIVISE
Alta specialità
Consiglio
d’amministrazione DIREZIONE
La Carità/S. Chiara
Ospedale
Clinica
tà della Svizzera italiana (Usi)
per uno dei progetti strategici
dell’Ente ospedaliero cantonale
( Eoc), “Promuovere la continuità delle cure con i partner sociosanitari”. Per l’ospedale, i risultati sono stati lusinghieri. “La
Carità è un esempio di ospedale
permeabile, integrato, improntato alle relazioni. Ciò facilita la
Specialità
Base
continuità delle cure, dentro e
fuori dall’ospedale - spiega Andrea Trombin Valente, referente dello studio Usi e responsabile del servizio risorse umane
della Carità -. Tramite dei focus
group, delle interviste qualitative e un questionario inviato a
tutti i partner socio-sanitari in
Ticino, abbiamo delineato un
Il direttore dell’ospedale
Ti-Press
S
LE DUE
STRUTTURE
Qui accanto,
l’ingresso
dell’ospedale
La Carità a
Locarno; a
destra, la
clinica Santa
Chiara
IL TIMING ENTRO DICEMBRE 2014
1. Identificare criticità e soluzioni
per governo clinico, logistica, finanze
2. Proposta forme societarie
3. Sondaggio a popolazione e partner
1 o 2 per il Ticino
1 per regione
2015? Comunque dopo ratifica Gran Consiglio
1. Test maternità, neonatologia e ginecologia
2. Verifica
Tutti
profilo piuttosto preciso di quali
sono gli aspetti positivi e quali
sono invece le opportunità di
miglioramento. In particolare,
ciò che sembra mancare è la conoscenza reciproca: capire meglio cosa fa l’altro e, soprattutto, sapere con chi parlare quando si ha bisogno di un’informazione”.
Da questo punto di vista, il
progetto di compartecipazione
pubblico-privata con la Clinica
Santa Chiara sembra essere una
continuazione ideale di quanto
intrapreso negli ultimi dieci anni dalla direzione dell’ospedale
locarnese. “Quando nel 2003
abbiamo cominciato la collaborazione con la Clinica Hilde-
Ti-Press
Ti-Press
GIORGIO
PELLANDA
57 anni, dal
2011 è direttore
generale
dell’Eoc, l’Ente
ospedaliero
cantonale
FINE 2015? Secondo messaggio del dipartimento
Sanità
Creazione società di esercizio
SVILUPPO PER 1-2 ANNI
Integrazione di tutti i servizi ospedalieri
brand di Brissago, si erano levate voci di disapprovazione, come se pubblico e privato non
potessero o non dovessero lavorare insieme - ricorda il direttore Merlini - . Oggi possiamo vedere i risultati di questo partenariato che è positivo a tutti i livelli e che tutti riconoscono essere al 100% nell’interesse dei
pazienti. Nell’ospedale abbiamo
il personale specializzato della
Hildebrand che interviene sui
pazienti quando sono ancora in
fase acuta. La letteratura scientifica ha dimostrato che prima
comincia la riabilitazione, maggiori saranno i progressi nella
fase di recupero”.
Il fermento di attività del-
Luca Merlini spiega gli scenari del rapporto con l’istituto privato e come si assicureranno ai pazienti cure mediche e infermieristiche
“Il nostro è un nosocomio pluripremiato,
ma questa cooperazione ci rafforzerà”
Q
Le dimensioni
“Le dimensioni contano.
Nel caso non si faccia
nulla, la Carità sarà
sempre un istituto acuto
e parte dell’Ente”
15
“Locarno resterà
un polo sanitario
forte e di qualità”
IL PERCHÈ DEL PROGETTO
Intensità di cura
NOSTRO SERVIZIO
A CONFRONTO
l’Ente ospedaliero cantonale. Una collaborazione che dovrebbe sfociare in una società per azioni, mista pubblico-privato,
che avrebbe un peso maggiore nella nuova configurazione della sanità prevista
dall’Eoc. Quattro ospedali di prossimità:
Lugano, Bellinzona, Mendrisio e Locarno
in grado di garantire tutte le cure adeguate per i pazienti vicino al loro domicilio, e con i primi due nosocomi, complementari di riferimento, per gli interventi
specializzati. In questa panoramica ecco
quello che potrebbe essere il futuro polo
ospedaliero del Locarnese. Sul prossimo
numero si metterà invece a fuoco il nuovo
scenario previsto per l’ospedale di Mendrisio.
1 - continua
Primariato
P
er il futuro della sanità nel Locarnese, si
profilano tre scenari. Un polo ospedaliero
forte che potrebbe nascere dalla collaborazione pubblico-privato tra la La Carità e
la clinica Santa Chiara; la tormentosa
strada dei ricorsi contro questa collaborazione o di un eventuale referendum; il
mantenimento della situazione odierna
con due strutture in concorrenza, ma con
il rischio di una progressiva marginalizzazione della regione sulla scena sanitaria
del cantone alla luce della pianificazione
ospedaliera. A ragionare sulla base delle
possibilità concrete, la prima opzione pare la migliore, come del resto si evidenzia
negli articoli in queste pagine con le interviste a Luca Merlini, direttore della Carità, e a Giorgio Pellanda, direttore del-
Le giornate di presenza
di persone in
formazione, nel 2013
all’Eoc, che hanno
frequentato corsi in vari
ambiti sanitari e tecnici
Il direttore dell’Eoc
Un ospedale e una clinica
con un futuro prossimo
da costruire spalla spalla
A cura di LIBERO D’AGOSTINO
e PATRIZIA GUENZI
60.000
uesta nuova esperienza è stimolante. Il bilancio, tra pro e contro, è positivo, malgrado le evidenti diversità strutturali e qualitative tra i due partner. Eppure, la liaison con la
Santa Chiara, anche per Luca Merlini, direttore
della Carità, s’ha da fare assolutamente. “Questa
cooperazione ci rafforzerà - sottolinea -. Ma non è
certo l’unica possibilità di sopravvivenza per noi,
come hanno detto i vertici della clinica. Mi sembra
un po’ sensazionalistico riferito ad un ospedale
pluripremiato com’è il nostro”.
Quindi, direttore, non la spaventa la collaborazione tra istituti di natura così diversa?
“Il finanziamento agli istituti sanitari, in vigore dal gennaio 2012, ha di fatto assottigliato la differenza tra servizio pubblico e clinica privata. La
pianificazione ospedaliera distribuisce i servizi su
tutti gli istituti del cantone, che sono tenuti a prestare le migliori cure possibili al paziente. Ed è
questo il punto di partenza per ogni possibile e futura collaborazione”.
Quale apporto reale la clinica può dare a garanzia del futuro dell’ospedale di Locarno?
“Se usciamo dai giochi politici e dagli interessi
di parte, e ci concentriamo solo su ciò che è meglio
per i pazienti della regione, il progetto di compartecipazione pubblico-privato attualmente allo studio rappresenta la soluzione più equilibrata”.
Le dimensioni dei due istituti sono però molto
diverse.
“Sì le dimensioni contano. Nel caso in cui questa collaborazione non si faccia, la Carità continuerà ad assicurare in modo indipendente le cure
di prossimità, in qualità di istituto acuto e parte
dell’Ente ospedaliero cantonale”.
È concreto il sospetto in ambienti politico sanitari che l’ipotesi di declassare i pronto soccorso e le cure intensive di Locarno (due anni
fa messa nero su bianco dai vertici dell’Ente)
non sia stata messa del tutto da parte dall’Eoc? Se ciò accadesse che significato avrebbe
una collaborazione con la Santa Chiara?
“Molte persone e istituzioni sono
coinvolte nel disegnare la sanità
di domani nel nostro Cantone.
Per questo motivo, gli scenari
sono molteplici e prendono
in considerazione diverse
ipotesi. L’obiettivo resta
comunque quello di continuare a fornire le migliori
cure possibili ai nostri pazienti
e in quest’ottica il modello attuale, con il pronto soccorso di
tipo A e con le cure intensive,
risponde a queste necessità”.
Avreste voluto avere
anche voi un mandato per un’alta
specialità?
Solo il 20% dell’attività concerne le alte
specialità, concentrate a Bellinzona e a Lugano. Gli ospedali di
prossimità giocano un
ruolo importante sia
per la presa a carico
dei pazienti che come ‘porta di entrata’
della struttura multi-sito dell’Eoc”.
LUCA MERLINI
49 anni,
direttore
dell’ospedale
regionale
La Carità
di Locarno
l’ospedale sembra andare in
controtendenza rispetto alle decisioni dell’Eoc che ha recentemente “promosso” Bellinzona e
Lugano a poli di valenza cantonali. “Concentrare le specialità
non va a discapito delle cure di
prossimità - osserva Luca Gabutti, direttore sanitario della
Carità -. Nella proposta dell’Eoc
ci sono quattro ospedali di riferimento, tra cui Locarno. La valenza di un ospedale non è legata ai singoli individui, è necessario un approccio polispecialistico che permetta una presa a
carico adeguata del paziente.
Come promuoviamo il lavorare
insieme in seno alla rete sanitaria del Locarnese, così sosteniamo la collaborazione con gli altri istituti dell’Ospedale multisito dell’Eoc, e in particolare
con quelli in cui sono state concentrate alcune specialità multidisciplinari e complesse”.
Le osservazioni del direttore
Gabutti sembrano trovare riscontro in alcuni investimenti
che l’Eoc sta portando avanti
nel nosocomio locarnese. Dopo
l’inaugurazione delle nuove cure intense, sono stati implementati alcuni progetti importanti come, ad esempio, il Cmu,
il Consultorio di medicina di urgenza. Un servizio attivo nei
weekend e nei giorni festivi, in
cui una ventina di medici accreditati, di altrettanti studi privati
del Locarnese, a turno sono a
disposizione dei pazienti che ricorrono al pronto soccorso della
Carità. “Per ridurre i tempi di
attesa, abbiamo attivato questa
‘corsia preferenziale’ per i casi
meno gravi, che vengono accolti in ospedale dai colleghi attivi
sul territorio”, spiega Marilù
Guigli Poretti, caposervizio di
medicina d’urgenza della Carità. Un’esperienza che ci permette di lavorare insieme, confrontarci sui problemi clinici e
di conoscerci meglio tra colleghi”.
olo l’unione fa la forza. Un concetto
più volte ribadito dal direttore generale dell’Ente ospedaliero cantonale (Eoc) Giorgio Pellanda che guarda
con ottimismo alla futura collaborazione
tra La Carità e la Santa Chiara. Ma prima
fughiamo i timori su un eventuale declassamento dei reparti di pronto soccorso e cure intensive alla Carità: “È escluso,
significherebbe rinunciare a moltissimi
interventi chirurgici; Locarno resterà un
polo sanitario forte e di qualità”, assicura
Pellanda.
E allora, direttore, quali saranno i
tempi per questa collaborazione?
“In primavera dovremmo riuscire a
partire con la fase di test, che durerà dai
sei ai nove mesi, inizialmente sui mandati di maternità, neonatologia e ginecologia”.
Se tutto funziona bene?
“Allargheremo la collaborazione ad
altri mandati e andremo avanti per altri
due anni”.
Bene, ma avete pensato a come conciliare due interessi diversi, quello
privato più improntato all’utile, e
quello no profit del pubblico?
“L’obiettivo principale anche del privato è quello di svolgere un compito
nell’interesse della popolazione. Se poi ci
sono utili, si decide di redistribuirli o
reinvestirli, questo è affare del singolo.
L’importante è garantire prestazioni di
qualità”.
Prestazioni di qualità che hanno bisogno anche di strutture di qualità.
“Inizialmente sarà una collaborazione trasversale, mantenendo le due strutture. Ma è ovvio che in futuro bisognerà
concentrare anche le risorse e valutare
quindi la logistica. Un solo ospedale è anche l’obiettivo politico per il futuro del
Locarnese”.
La Carità è stato definito un ospedale
di prossimità. Cosa significa?
“Non un ospedale di serie B. È una
struttura con oltre 700 collaboratori e
200 medici, tra interni ed esterni, che assicura prestazioni di base, sia di medicina
che di chirurgia, dotato di un ospedale di
giorno e di un efficiente pronto soccorso.
Non solo...”.
Cos’altro?
“La prossimità è nelle visite, nella
diagnostica perché lo specialista si sposta
e si avvicina al paziente, ma anche nel
pronto soccorso e nella degenza. Ovvia-
Le rassicurazioni
Pellanda:“Non ci sarà nessun
declassamento del pronto
soccorso e cure intensive”
mente non per le patologie complesse”.
Se la collaborazione non funziona?
“Il governo elaborerà una nuova proposta di ripartizione dei mandati”.
Uscendo da Locarno, cosa ne è stato
dell’ospedale unico cantonale?
“Inizialmente si pensava ad un’unica
struttura dove inserire le specialità, in
seguito abbiamo preferito splittarle a
Bellinzona e a Lugano”.
Infine, un accenno alla Clinica Luganese. L’Eoc non è sembrato granché
interessato all’acquisto.
“Bè, della vendita l’abbiamo saputo
dai media. Abbiamo dato la nostra disponibilità, chiedendo una serie di informazioni. Ma sappiamo tutti come è andata”.
Le strutture a confronto
Due realtà differenti,
due modelli diversi
lavoreranno assieme
C
erto, le cifre nude e crude divergono tantissimo. Dai collaboratori alle visite nel pronto soccorso, dagli
interventi chirurgici ai posti letto per pazienti ambulatoriali (vedi grafico a sinistra). Difficile immaginare che due realtà
così diverse, con culture professionali differenti, entro breve dovranno affiancarsi,
collaborare e crescere insieme. Eppure, il
progetto della pianificazione ospedaliera
per una sanità del Locarnese più efficiente, di qualità e meno costosa questo prevede. L’ospedale La Carità e la Clinica
Santa Chiara, pubblico e privato alleati al
fronte, per assicurare le cure di prossimi-
I primi passi
Dapprima saranno condivisi soltanto
i mandati di maternità, neonatologia
e ginecologia, attraverso un test pilota
tà ai cittadini dell’intera regione, garantendo loro una sanità di qualità, dalla diagnostica al pronto soccorso.
Ecco perché, ospedale e clinica si
stanno già impegnando attraverso una
precisa tabella di marcia per riuscire in
breve tempo ad essere operativi. Intanto,
le premesse progettuali sono già state
condivise. I due istituti dovranno avere
un’alleanza trasversale, dapprima in due
stabili in futuro in uno solo, per quanto riguarda il primariato e l’intensità di cura.
Ovvero, l’organizzazione medica e la distribuzione delle specializzazioni. Più facile a dirsi che da mettere in pratica, visto
che alla Santa Chiara c’è un pool di medi-
ci-proprietari della struttura che non è
detto vogliano rivendicare la loro specializzazione e non “cederla”, quindi, ai due
ospedali di riferimento, il Civico di Lugano e il San Giovanni di Bellinzona.
Inoltre, La Carità ha al suo interno
una struttura con una gerarchia ben definita, in cui ogni caso viene discusso e la
presa a carico del paziente è completa e
continuativa da parte di un team con a capo un primario. Certo, pure Locarno si appoggia a dei professionisti esterni, ma
questi, comunque, si adeguano e collaborano con l’equipe interna. Il privato, la clinica in questo caso, dovrà quindi fare il
passo più lungo per cambiare organizzazione, ma a tutto vantaggio suo anche dal
punto di vista della formazione del personale, favorita dallo scambio di esperienze.
E allora, dopo la costituzione di una
società d’esercizio - la cui forma è allo
studio dell’Usi - e l’approvazione dei rispettivi consigli di amministrazione e direzione del Dipartimento sanità e socialità, si partirà con una collaborazione solo
per i mandati di maternità, neonatologia
e ginecologia, attraverso un test pilota.
Sette i gruppi di lavoro già attivi: medicina e oncologia, chirurgia, maternità, neonatologia e ginecologia, anestesiologia e
blocco operatorio, radiologia, area critica
e management (gruppo di coordinamento). Verrà anche coinvolta la popolazione,
che dovrà dire cosa si aspetta da questa
collaborazione. Sulla carta il progetto c’è.
Bisognerà vedere alla prova dei fatti se
davvero pubblico e privato potranno proficuamente collaborare.
1983
1987
41.376
1991
42.575
1995
38.101
1999
36.581
2003
29.042
27.155
2007
2011
17
Le finanze Solo quattro bilanci sono risultati in attivo nelle ultime tre legislature e il parlamento s’appresta a discutere l’ennesimo “rosso”
Si ripresenta
il ministro uscente.
Si candida
l’imprenditore al
vertice del partito.
Si trova un terzo
nome per riempire
il vuoto lasciato nella
corsa all’esecutivo
da Antonini.
Su queste
tre eventualità
si giocheranno
i prossimi mesi
del “partitone”.
Mentre“pro Laura”
sono gia state
raccolte 300 firme
Dalle“simmetrie”alla“Road map”
il Cantone ha fatto 2 miliardi di debiti
Dai bilanci di Marina Masopassando da 200 a 20 Comuni.
ni a quelli di Laura Sadis, dal
Concetto fatto proprio anni do2004 al 2014, lo Stato è andapo dal ministro Gobbi. Per Peto... in rosso. Con preventivi
lin Kandemir, Ps, quello fu “un
sempre in deficit, come quello
preventivo ponte”. Previsto in
che si discuterà domani, lunerosso di 160 milioni, a consundì, in parlamento con un disativo registrò un utile di 16.
vanzo “ballerino” - fra i 112 e
Il resto è cronaca recente.
i 125 milioni - e dall’esito inIl preventivo 2012 (-220 micerto. Già quello del 2014, con
lioni), che aveva registrato
148 milioni di deficit (saliti ora
l’accordo di Lega,Plrt e Ppd, via 200) era a rischio. Il capode Giuliano Bignasca salire a
gruppo ppd Fiorenzo Dadò
Bellinzona per far saltare il
avrebbe voluto bocciarlo: “Non
banco chiedendo le dimissioni
abbiamo nessuna intenzione
di entrare nella storia per aver
‘tenuto su il sacco’ alla classe Pubblicità
politica più inconcludente del
dopoguerra”. Poi tutto rientrò.
Tranne il debito pubblico, che
veleggia ormai attorno ai due
miliardi di franchi.
Da quello dei “tagli” del
2004 a quello del “tarallucci e
ammortamenti” del 2014, secondo la definizione di Marco
Chiesa dell’Udc, ogni preventivo ha fatto storia a sè. Si va
dalla “simmetria dei sacrifici”
del 2005 al preventivo “taroccato” del 2006. Da quello del
“respiro” del 2007 a quello
“ponte” del 2008, Da quello
della “Road map” del 2013 a
quello “ballerino” del 2015.
Nel 2005 si parlò di preventivo
della “simmetria di sacrifici”:
imposte da una parte e tagli
dall’altra. Un’operazione “poco
simmetrica” per l’Udc che lanciò un referendum contro
l’inasprimento fiscale. L’Mps,
con l’iniziativa “i soldi ci sono”, chiese invece di tassare di
più le società. Si votò l’anno
dopo e la “simmetria” tenne.
Giovanni Merlini, Plrt, in parlamento sostenne l’importanza “di aprire subito il cantiere,
£_TÈ ˘uèfl/ª ˛ı /_MuªÂŁ
impegnativo ma indispensabiBŁ_uªflBªTŁè .BÞèŁ__Ł) /T flèªB_
le, della revisione dei compiti
dello Stato, senza la quale non
sarà possibile un risanamento
in tempi ragionevoli delle finanze”. Fu però solo grazie
all’oro della Banca nazionale,
che il bilancio chiuse con un
avanzo di 54 milioni.
La situazione peggiorò con
il preventivo 2006, in rosso di
/_T i ':b¶ /T/T/ŁÈ ˘b
quasi 200 milioni. Il leghista
Attilio Bignasca lo definì un
nflª TèB/ £Å/»»Â_M £)_u
preventivo “taroccato”: “Gon_uuÞflè »Þ »Å/»»Â_M{Â)˛TªŁªBè
fiato con i soldi della Bns e dal
maquillage contabile”. L’allora
deputato Norman Gobbi preannunciò il voto contrario della Lega chiedendo un taglio
della spesa di 150 milioni e lamentandosi per la mancata revisione dei compiti dello Stato:
“Questo è un governo privo di
visioni e di concordanza. Non
si tratta di un team, ma di una
riunione di cinque capidipartimento. È un governo disunito
con il solo obiettivo di arrivare
a fine legislatura il più presto
possibile”.
Anche il preventivo 2007
si presentò in rosso, meno 170
milioni, contenuti ad una trentina a consuntivo. Fu sostenuto dal Plrt e Ppd, si astenne il
Ps, votarono contro Lega, Udc,
Verdi e Pdl. Sempre Merlini
parlò di “Preventivo del respiro, anche se lo si potrebbe
chiamare il preventivo della
grande incertezza sugli scenari futuri e sulle strategie di
fondo per raggiungere nei
prossimi anni il pareggio di bilancio”. Lo scomparso Rodolfo
Pantani (Lega) fu caustico:
“Più di respiro, io parlerei di
rantolo pre-elettorale”.
Nel 2008, 2009 e 2011 i bilanci andarono meglio. Presentati in deficit chiusero in
attivo. Raoul Ghisletta giustificò l’adesione del Ps ai conti
del 2008 con la necessità di
“razionalizzare sempre più il
funzionamento dello Stato”
Ti-Press
del ministro plrt Laura Sadis.
Tanto rumore per nulla. Le
astensioni di deputati leghisti
e del Ps fecero tirare un respiro
di sollievo. Quello del 2013 è
invece passato alla cronaca come frutto dell’accordo di Medeglia, “dell’ultimatum” intimato dai presidenti di Plrt, Ppd
e Lega al governo. “O tagliate
50 milioni, o lo rimandiamo al
mittente”. Un bluff. Per salvare capra e cavoli si inventò
all’ultimo minuto la road map,
un piano di rientro che presupponeva il pareggio di bilancio
entro il 2015. Il preventivo
2014 fu rinviato a gennaio - fu
approvato grazie a manovre
sugli ammortamenti - proprio
per discutere della road map.
Intervenne Walter Gianora,
Plrt: “Sull’obiettivo che ci si
era posti, il pareggio dei conti
entro il 2015, che dire? In gergo militare si potrebbe dire:
“Nicht erfüllt”, esercizio non
riuscito”.
c.m.
{fl_TŁ/ uèfl /B iªŁªBè{
Tre scenari possibili nella crisi plrt
con Sadis,con Cattaneo oppure...
Le ipotesi
1
LA RICANDIDATURA
Laura Sadis si lascia
convincere e si
ripresenta per
recuperare due seggi.
Difficoltà per Vitta ma
anche per Cattaneo
Il futuro del presidente liberale radicale appeso alla lista per il governo
CLEMENTE MAZZETTA
E ora toccherà davvero a
Rocco Cattaneo metterci la faccia? L’uscita di scena di Mauro
Antonini ha mandato in tilt l’ex
”partitone” che si trova a dover
cambiar cavallo in corsa. Il problema non è solo trovare all’ultimo minuto un quinto candidato. Il presidente del Plrt deve anche controbattere agli attacchi
interni e giustificare la scelta, rivelatasi infausta, di aver avviato
con troppo anticipo la corsa elettorale sull’onda del rinnovamento “n’importe quoi”. Ora per
il partito si aprono tre scenari: la
candidatura di Sadis; quella di
Cattaneo oppure quella di un
nome nuovo. E nel caso in cui
fosse la prima fra le tre ipotesi a
concretizzarsi, per Cattaneo la
strada, da presidente, sarebbe in
salita.
Sul tavolo della presidenza
del Plrt il primo nodo da sciogliere sarà quello di Laura Sadis, chiamata a gran voce – con
un appello firmato da 300 cittadini – a riconsiderare la sua scelta di non ripresentasi per un terzo mandato. Eletta nel 2007 dopo uno scontro durissimo fra
l’ala liberale pro Marina Masoni
e quella radicale, è sempre stata
contestata, a volte in modo palese a volte in modo sotterrano, da
frange del partito luganese. Si
ricorderà quel “zitta e prepara la
valigia”, con cui l’apostrofò l’ex
sindaco di Lugano Giorgio Giudici. Rieletta nel 2011, non era
mai entrata in sintonia con il
nuovo presidente Cattaneo, che
in più occasioni nè criticò l’operato.
“Una vera e propria azione di
mobbing”, ha commentato recentemente Attilio Bignasca
della Lega. L’ex consigliere di
Stato Gabriele Gendotti sostenne che “era stata fatta fuori in
modo poco elegante” dal suo
stesso partito. Le tensioni, visto
i baci e gli abbracci dell’ultimo
congresso, sembrerebbero appianate. Ma perché Sadis riconsideri la sua scelta sarebbe necessario che la presidenza facesse proprio l’appello firmato danumerosi cittadini, da Dick Marty a Giovanni Merlini, ma anche
da Alex Pedrazzini Roberto Malacrida, da Augusto Gallino a
Christian Marazzi, secondo i
quali “L’esperienza di Sadis, la
sua serietà, il rispetto di cui gode
a livello federale e presso gli altri
cantoni assicurerebbero al Consiglio di Stato non solo la conti-
nuità di una presenza di una
persona integra e capace, ma
aumenterebbero le possibilità di
rovesciare l’attuale maggioranza leghista in governo”. A favore
di una sua candidatura anche la
necessità di controbattere alla
“forte” lista del Ppd, che con
Beltraminelli, Regazzi, Dadò può
calamitare ampie fette di elettorato. Nell’ipotesi che Sadis ritorni sui suoi passi e si ricandidi,
tutti vivrebbero felici e contenti,
soltanto se si raddoppiassero i
seggi. Altrimenti, in questo sce-
nario a rischiare non sarebbe
solo Vitta, che verrebbe escluso.
Anche Cattaneo non avrebbe vita facile. Dopo aver puntato tutto sul rinnovamento, si ritroverebbe Sadis in governo.
Se per Vitta, anche in caso di
mancato raddoppio, potrebbe
essere possibile un ripescaggio
magari con una staffetta a metà
legislatura con Sadis (che si dice
aspiri a Berna guardando magari
al mitico seggio ticinese nel
Consiglio federale) , per Cattaneo la situazione si compliche-
L’editoriale
Una politica che galleggia come l’olio
LILLO ALAIMO
segue dalla prima pagina
C
ontratti, detto in senso lato, che necessariamente non possono più essere quelli
dei decenni passati. La globalizzazione ci
confronta con nuove dinamiche.
E sì, è più facile far credere che le difficoltà del
mercato possano essere risolte rivedendo un
accordo internazionale e cambiando i criteri di
una tassazione! Ma i frontalieri (come i politici
avveduti sanno) non sono la “causa”, sono la
“conseguenza” di problemi radicati e complessi.
Che arrivano anche alla necessità di rivedere la
formazione scolastica e professionale, perché
sia più rispondente alle esigenze del mercato.
È a questa politica - “sempliciotta”, “gridata” e “pop” dalle facili risposte - che Laura Sadis non ha voluto inchinarsi. E ora, ora che con
l’improvvisa rinuncia di Mauro Antonini alla
corsa di aprile per il governo si è aperta una
falla nella cinquina scelta, si assiste a ciò che,
francamente, ci si sarebbe atteso la scorsa primavera. Lettere aperte, accorati appelli pubblici
(dal Plrt e addirittura da sinistra) affinché Sadis
ritorni sulle proprie decisioni.
Ma come?! Fare oggi questi appelli - a noi
pare, in ritardo di sei mesi - non è come dire
che Sadis non vale un Antonini!? Di fatto, la si
guardi da destra o da manca, la sostanza appare
questa. Sebbene la verità stia altrove. E cioè a
dire nelle scelte di non sufficiente peso specifico fatte in quest’ultimo anno dal partito. Nella
rincorsa, come tutti ma proprio tutti i partiti, a
dare risposte facili facili a problemi non semplici. E la cinquina per il governo presentata mesi
fa dal Plrt rientra in questa logica. Che ci stava
a fare Antonini?
Occasioni gettate al vento, perché - tanto
per dire - l’accoppiata in lista Sadis-Vitta, il capo gruppo plr in parlamento, avrebbe certamente dato (o darebbe, nel caso in cui in queste
ore Sadis dovesse ritornare sui propri passi)
maggiore consistenza, linea, luce al profilo del
partito. Avrebbe certamente aperto (o aprirebbe) una realistica speranza per la riconquista
del secondo seggio. Sadis e Vitta sono politici
seri e preparati, al di là delle vecchie, stantie,
odorose divisioni fra liberali e radicali, Sopraceneri e Sottoceneri. E chissà, forse farebbe da argine all’imperante populismo di marca neo conservatrice ormai trasversale a tutte le forze in
campo.
La storia recente del Plrt non è stata sufficientemente di peso. Come l’olio nell’acqua di
questa realtà liquida, il Plrt è rimasto in superficie. Non si è affatto miscelato. Nè col suo elettorato, nè col Paese. Si è limitato a galleggiare.
Perché altro, con simili scelte, non poteva accadere.
[email protected]
Q@lilloalaimo
rebbe, anche perché nel Plrt riprenderebbe la faida fra liberali
e radicali.Altra soluzione a questo punto è che sia lo stesso Cattaneo a metterci la faccia. A proporsi in lista. Una scelta difficile
sul piano personale: se eletto
dovrebbe abbandonare le sue
molteplici attività di imprenditore. Perdipiù, in caso di mancata elezione, se il risultato personale non fosse più che soddisfacente, dovrebbe essere lui a fare
le valigie. Inevitabilmente la sua
candidatura si trasformerebbe
in un referendum sulla sua politica, con l’ala radicale che non
esiterebbe a ricambiargli il trattamento effettuato a Sadis, con
gli interessi.
La quadratura del cerchio si
otterrebbe più facilmente su un
nuovo nome. Che si voglia andare in questa direzione lo si intuisce dalle dichiarazioni del vicepresidente Michele Morisoli, che
su Opinione liberale scrive:
“Continuando su questa linea
di cambiamento rivolta al futuro
del Ticino, insieme a Rocco e
d’intesa con la nostra consigliera di Stato completeremo la
squadra”. Una linea di cambiamento che esclude Sadis e Cattaneo e presuppone un personaggio nuovo del Luganese.
Ripescando Roberto Badaracco, arrivato ad un palmo dalla
lista nel giugno scorso. O qualcun altro già in lista per il Gran
Consiglio. O meglio, puntando
su giovani, come il municipale di
Lugano Michele Bertini, 29 anni,
o il sindaco di Cureglia Paolo Pagnamenta, 36 anni. Candidati in
perfetta linea con l’idea di rinnovamento impostata da Cattaneo e da Morisoli nel giugno
scorso. Anche se un giovane,
poco conosciuto offre minori
chance per riacciuffare il secondo seggio, obiettivo di Cattaneo,
il cui futuro è sempre più che
mai appeso al destino di una lista.
[email protected]
Q@clem_mazzetta
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2
LA DISCESA IN CAMPO
Cattaneo rompe gli
indugi e si candida. Un
voto che sarà un vero
e proprio referendum
interno sul presidente
del Plrt
3
IL QUINTO NOME
Si riprende a cercare
fra i possibili candidati.
Si fanno i nomi di
Roberto Badaracco,
Michele Bertini, Paolo
Pagnamenta
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¼
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A Berna vige ormai una
nuova tradizione: il presidente
della Confederazione appena
eletto pronuncia un breve discorso davanti all’Assemblea
federale. Fatto che aggiunge un
po’ di solennità ai nostri usi politici, al solito molto spartani.
La prima ad affrontare l’esercizio, Simonetta Sommaruga, ha
sviluppato un bel discorso sulla
democrazia diretta, che andrebbe letto anche nelle scuole quale lezione di civica. Cosa ha detto? In primo luogo: “Ogni cittadina ed ogni cittadino sono importanti. In nessun altro Paese
al mondo i cittadini hanno tanto
potere e responsabilità quanto
in Svizzera”. Poi: “La nostra
cultura politica deve essere basata sul rispetto di chi professa
un’opinione diversa dalla nostra
e sulla convinzione comune che
l’apertura al compromesso è
espressione di forza e non di
debolezza”.
L’attitudine al compromesso, dunque, come forza per il
Paese e non come debolezza.
Trovare una via mediana con
gli avversari è nobile, non è
una capitolazione. Ed è in questo modo che la Svizzera ha
sempre progredito, trovando il
cammino della prosperità. In
una frastornante molteplicità di
votazioni, nessuno vince sempre, ma nessuno è sistematicamente nel campo dei perdenti.
Coloro che coltivano l’arte del
compromesso
sono veri eroi e
autentici motori della Confederazione. Ma
quest’arte di
intendersi
malgrado le nostre diversità è
in pericolo. La politica spettacolo, la personalizzazione eccessiva della posta in gioco e un populismo semplificatore, che asseconda la volgarità, hanno rovinato il nostro prezioso “savoir
faire”.
Appena qualche giorno dopo il discorso di Simonetta
Sommaruga, il Consiglio nazionale ha deciso l’uscita dal nucleare. Un gioiello del compromesso, da ascrivere ai buoni uffici dei socialisti e dei democratici cristiani, che hanno operato
di concerto per trovare soluzioni praticabili. Vivremo con le
centrali nucleari esistenti, ma
non ne costruiremo di nuove e
quelle che continueranno a funzionare saranno sorvegliate più
attentamente.
Appena approvato da una
netta maggioranza al Nazionale, il compromesso si vede minacciato da una doppia opposizione; i favorevoli al nucleare
vogliono lanciare un referendum perché non credono nel
potenziale delle energie rinnovabili, mentre alcuni tra i Verdi
trovano che il processo di spegnimento non sarà sufficientemente rapido. Se sarà lanciato
un referendum, si accumuleranno due volontà totalmente
antagoniste. Trovasse la maggioranza popolare, non ci saremmo mossi di una virgola
dalla dipendenza dall’atomo e
ci illuderemmo fino al prossimo
voto sulla possibilità di costruire nuove centrali. Avremo quindi perso molto tempo per mancanza di rispetto nei confronti
del compromesso appena trovato. È uno stupido autogol.
Bisogna veramente augurarsi che l’arte del compromesso evocata da Simonetta Sommaruga ritrovi i suoi tratti di
nobiltà sotto la Cupola e nel
cuore degli svizzeri.
1979
40.980
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Una forza
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1975
41.209
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Politica
40.078
Fonte: Ustat
16
38.557
Ti-Press
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
I VOTI RICEVUTI DAL PARTITO
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
18 POLITICA
19
1/Il confronto
Cari cittadini ticinesi e cari stranieri,noi candidati vi diciamo che...
Dal lavoro alla polizia,dalla scuola alla finanza,lettere aperte al Paese da chi si appresta a chiedere un voto per le elezioni cantonali del 2015
se su cui costruirla. Dicevamo, la libertà. L’istruzione e la formazione consentono all’individuo di
essere padrone di se stesso, di essere il soggetto
della propria vita e non l’oggetto, di essere libero
e autonomo nelle proprie scelte. I ragazzi che si
stanno formando gettano le basi per dire “Voglio
essere qualcuno libero di scegliere”. La formazione, ci consente di poter scegliere il nostro lavoro,
ci consente di poter scegliere il nostro futuro, la
nostra vita.
Anche nei momenti in cui il mercato del lavoro è
in difficoltà, le persone che sono formate sono in
grado di affrontarle, di utilizzare tutti gli strumenti e i metodi per superarle, sono in grado di
crearsi della alternative tra cui scegliere. Insomma, se avrò alle spalle una formazione solida sarò
padrone di me stesso e del mio futuro. La seconda cosa che mi dà una formazione è la sicurezza:
Stimati
collaboratori
dello Stato...
Occorre una polizia forte,
la sicurezza è prioritaria
ho iniziato così, lo scorso 15 ottobre in occasione
della mia partenza dal Ministero pubblico, la lettera di congedo che ho inviato agli agenti di polizia e di custodia e alle Guardie di confine. A quello scritto avevo affidato i miei ringraziamenti per
il comune lavoro svolto, prendendo al tempo
stesso l’impegno di testimoniare la necessità di
potenziare e ottimizzare le risorse a disposizione.
Il tema della sicurezza non fa solo parte del mio
passato come procuratrice pubblica, ma è parte
integrante del mio presente. Vivo a Stabio, alla
“ramina”, parlo con la gente, sento il disagio di
un sentimento di insicurezza che cresce e che
conduce, a volte, a posizioni estreme.
Non è compito dei cittadini presidiare i valichi
e fare ronde notturne nei quartieri di confine o di
periferia, anche se le segnalazioni dei privati sono
importanti per fermare ladri, truffatori e passato-
ri. È compito della politica farsi carico delle preoccupazioni e trovare, attraverso le istituzioni, le
risposte adeguate. Il Plrt nel suo programma dedica un intero capitolo alla sicurezza, con proposte chiare, concise e, soprattutto, concrete. Non
promettiamo di far sparire la criminalità, ma ci
impegniamo a combatterla sul serio, fornendo gli
strumenti necessari a chi opera al fronte.
La sicurezza è e deve rimanere uno dei compiti principali dello Stato, che si tratti dei disordini in occasione dei derby, rapine ai benzinai o casi
di criminalità finanziaria, la sua tutela è aspetto
fondante di una comunità. Senza le regole e il loro rispetto, i cittadini, la coesione sociale e lo sviluppo sono a rischio. In altre parole, se manca la
sicurezza, ogni altro valore è pregiudicato. La sicurezza è la vera salute collettiva.Questa missione fondamentale per lo Stato non deve però giu-
stificare un uso incauto delle risorse pubbliche.
La legittimità della sicurezza non può fare da scudo a spese evitabili e razionalizzabili.
Una maggiore presenza di agenti nei nostri
centri urbani ma anche nelle periferie, passa non
solo da un organico completo ed efficace, ma, e la
polizia lo sa bene, anche da un impiego ottimizzato delle risorse. È per questo che, anche a causa delle conseguenze dell’entrata in vigore del
nuovo Codice di procedura penale nel 2011, è il
momento di sciogliere i nodi inutili che incollano
gli agenti alla scrivania. Impieghiamo personale
amministrativo, sfruttiamo l’informatica per snellire le procedure, perché, anche nell’era dei crimini online, c’è sempre più bisogno di forze dell’ordine presenti sul territorio, con maggiore coordinamento e con strumenti tecnologici adeguati (piattaforma di raccolta e condivisione dati, si-
statistiche e cercare le professioni meglio retribuite buttandosi su quelle formazioni, al contrario! Se avete la possibilità di scegliere quello che
volete fare da grandi, impegnatevi anima e corpo
per realizzare il vostro sogno, le vostre ambizioni
cercando di ottenere la migliore formazione possibile. Se il tentativo non va a buon fine, allora,
solo in quel momento, interrogatevi sulle professioni che vi assicureranno un impiego e su ciò
che vuole il cosiddetto “mercato”.
Ma anche in questo secondo caso, cercate di valorizzare al meglio le vostre conoscenze e di arricchire il vostro sapere, perché è grazie ad essi che
riuscirete ad aprire un portone, nel caso in cui vi
si dovessero chiudere delle porte… Ecco perché il
mio invito è quello di sfruttare tutte le opportunità per imparare e perché no, rubare il sapere a
quella noiosa della nostra “soressa”…
Ti-Press
la sicurezza di avere delle competenze, di poterle
offrire sul mercato del lavoro, la sicurezza di sapere. Dal momento che io so, possiedo gli strumenti per poter fare. Dal momento che io sono
formato, posso offrire ad altri le mie capacità. E
come la mettiamo con il benessere materiale?
Anche se oggi il mercato del lavoro ticinese mostra delle difficoltà, non dobbiamo fare l’errore di
attribuire colpe che non ha alla formazione. Tutte
le statistiche ci dicono che tanto più è alto il livello di formazione, tanto maggiore sarà il livello salariale e tanto minori saranno i problemo socioeconomici. I dati ci mostrano che le persone che
soffrono maggiormente della disoccupazione, che
hanno problemi legati all’indebitamento oppure
che sono povere o a rischio di povertà e che necessitano dell’aiuto sociale sono quelle meno formate. Ma quanto detto, non significa prendere le
che noia imparare! Perché fare sacrifici e formarsi? Perché trascorrere una buona fetta del tempo
e della vita seduti dietro a un banco di scuola ad
ascoltare quella noiosa della nostra “soressa”,
mentre fuori c’è tutto un mondo che va avanti e
sembra non aspettarci? Semplice, perché il piccolo sacrificio che faremo oggi ci consentirà di non
doverne fare di più grandi tra qualche anno. E
non lo dico io: sono la storia dell’umanità e, un
po’ meno importanti, ma comunque rilevanti, le
statistiche a confermarcelo.
Che cosa mi darà in più quel famoso pezzo di carta che oggi è quasi ridicolizzato? Quel pezzo di
carta, che sia il risultato di una certificazione scolastica oppure di una formazione professionale,
mi darà almeno tre cose: la libertà, la sicurezza e
il benessere materiale. Certo, non saranno sinonimi di felicità, ma possiamo ritenerli una bella ba-
stema di allerta coordinato, lettori targhe, telecamere termiche, videosorveglianza). Il punto oggi
non è la polizia unica, è la polizia forte. La forza
della polizia, però, viene anche dal rispetto verso
le forze dell’ordine da parte della cittadinanza.
Riconosciamo la polizia per tutto ciò che fa, non
solo per la divisa che indossa.
Molti agenti mi hanno scritto nell’ultimo mese, chiedendosi anche perché sul mio sito web
pubblico di tutto ma non la lettera a loro indirizzata, e trovando curioso che in un mondo dove
molte sono le notizie che fuggono, questa sia rimasta ben custodita. Ho deciso dunque di mettere online quella lettera, insieme a quella indirizzata alle autorità giudiziarie, perché è fondamentale ringraziare chi tutela la nostra sicurezza. A
volte la giustizia deve togliere la libertà, ma,
sempre, senza giustizia non c’è libertà.
mai a totemico responsabile di
quanto di peggio sta capitando
in questi ultimi anni sul mercato del lavoro ticinese. Un “caro
frontaliere” ti scrivo per mano di
Pierre Rusconi dell’Udc, il partito che anni fa con la campagna “
Bala i ratt” ha dato la stura a
quell’ondata di populismo anti-
taliano di cui si è appropriata soprattutto la Lega, ma che non ha
mancato di contagiare anche altri partiti, con una progressiva
deriva inasprita sempre più da
forti accenti di antitalianità.
Quattro lettere aperte che
toccano i nervi scoperti della politica e della sensibilità dell’opi-
nione pubblica. Un primo giro di
opinioni tra i nuovi candidati al
governo, a cui seguiranno sul
prossimo numero quelli di altri
nomi in lista sui personaggi che
ritengono dei modelli a cui ispirarsi nella loro azione politica e
civile.
l.d.a.
(1 - continua)
Gendotti
“Ticino sicuro” il ciclo d’incontri
che affronta il tema sicurezza a
360 gradi, dalla pedofilia alla
criminalità comune ed economica, dal disagio sociale ai reati
contro il patrimonio.
Non poteva mancare, ovviamente, una lettera aperta al lavoratore fontaliere, assurto or-
Acquisite nuove competenze,
Cari bancari, specializzatevi in più ambiti
ti di family office. Il private banking resterà comunque il nostro fiore all’occhiello e non è detto
che non riusciremo a conquistare nuovi mercati in
cui insediarci, come quello asiatico, dell’America
Latina, Medio Oriente e dell’ Europa dell’est. Il ridimensionamento della piazza finanziaria, dovuto
alla crisi dei mercati, come pure all’introduzione
di normative internazionali, ha comportato una
notevole diminuzione dei posti di lavoro. Questa
erosione dovrebbe però stabilizzarsi nei prossimi
anni. Ciò non toglie che per garantire un futuro al
settore bancario, mantenendo per lo meno lo status quo attuale, è indispensabile che i politici
coinvolgano gli addetti ai lavori, i quali, toccando
quotidianamente con mano i problemi del settore,
saprebbero indicare la direzione da seguire.
Per quanto concerne il segreto bancario, ormai
praticamente annientato per gli stranieri con l’ac-
cettazione dello scambio automatico d’informazioni, ritengo che dovrà essere mantenuto per i residenti. Seppur vi sarebbe una disparità di trattamento nei confronti degli stranieri, a mio modo di
vedere relativa, deve prevalere il nostro diritto interno anche perché il nostro sistema fiscale funziona piuttosto bene e non siamo confrontati, come altre nazioni a noi vicine, con l’emorragia
dell’evasione fiscale. A questo proposito, è stata
presentata l’iniziativa denominata “Sì alla protezione della sfera privata”, che vuole inserire nell’articolo 13 della Costituzione federale il principio
che “senza il consenso della persona interessata”
possono essere fornite “alle autorità informazioni
concernenti le imposte dirette prelevate dai Cantoni” soltanto nell’ambito di un procedimento penale ed esclusivamente in due casi. Spero che
questa iniziativa vada a buon fine.
corrono tempi grami: la Svizzera fa gola e i Paesi
più forti ci fanno la guerra! Oltre alla sottoscrizione del Fatca con gli Usa, in novembre il Consiglio
federale ha approvato una dichiarazione sulla partecipazione della Svizzera all’accordo multilaterale
per lo scambio automatico di informazioni in ambito fiscale. Questo accordo, elaborato nel quadro
dell’Ocse, costituisce una delle basi per la futura
introduzione del menzionato scambio che dovrebbe avvenire a partire dal 2018. Tale accordo, comporta delle ripercussioni nelle trattative tuttora in
corso con l’Italia.
Queste trattative concernono vari dossier, tra cui
la ridiscussione dell’accordo sui frontalieri - per il
quale è stata presentata un’iniziativa cantonale
per disdirlo - e della convenzione di doppia imposizione, nonché l’entrata in vigore - non si sa ancora quando - della voluntary disclosure. La Sviz-
zera, volendo fare la prima della classe, ed accettando subito di adottare lo standard Ocse, ha così
perso, forse in modo irreparabile, la possibilità di
negoziare ad armi pari con l’Italia. A livello ticinese è dunque difficile poter tutelare la piazza finanziaria. Un blocco dei ristorni, misura già adottata
in passato, non credo riuscirebbe a incutere pressione, timore, all’Italia.
Il sistema finanziario elvetico, per sopravvivere in
questo contesto sempre più internazionalizzato,
dovrà riorientarsi e per farlo le persone attive nel
terziario devono acquisire nuove competenze, come, ad esempio, nell’internazionalizzazione delle
aziende e specializzarsi in altri ambiti, come il
commercio di materie prime. L’attività finanziaria
dovrà pure diversificarsi, preparando alle nuove
professioni di hedge fund manager, private equity
manager, fund manager nonché dirigenti e addet-
Cari
frontalieri,
“Bala i ratt”é acqua passata,
prendetevela coi vostri politici
alcuni anni fa, all’Ikea che si apprestava ad aprire
una filiale a San Giuliano Milanese, le autorità del
Comune lombardo fecero una richiesta semplice,
ma tassativa. O date la precedenza ai residenti
nei dintorni, o non se ne fa niente. L’Ikea non ci
pensò due volte e acconsentì. Insomma, gli amministratori di San Giuliano Milanese fecero - e
prima di noi ticinesi - quello che ogni politico dovrebbe fare per onorare il mandato: il bene dei
propri cittadini.
L’ho presa un po’ alla larga per cercare di
spiegare perché l’Udc, persegue la diminuzione
del numero dei frontalieri e, a parità di requisiti,
la precedenza ai residenti (tra i quali ci sono peraltro molti cittadini italiani) nell’assegnazione di
posti di lavoro. Intendiamoci, nessuno nega che
la figura del frontaliere non sia importante per
l’economia di questo cantone e il suo benessere.
E che se, ogni mattina, oltre 63 mila persone varcano il confine per mettere a disposizione le proprie competenze professionali, qualcuno dei nostri che li chiama, c’è. Ma non credi anche tu che
ci debba essere un limite? Che per un ticinese assistere, ogni mese, ad un incremento del frontalierato, possa far nascere qualche timore per il
proprio futuro? Per il proprio territorio, messo
sotto pressione da decine di migliaia di auto?
Sii sincero… Anche perché, forse questo non
te l’hanno detto, in Ticino i disoccupati non sono
affatto il 4%, come ci hanno raccontato anche recentemente i mass media. Ma esattamente il
doppio. Ovvero l’8%. Sì, hai letto bene. Perché il
4% rappresenta “solo” chi è iscritto agli Uffici regionali di collocamento. Ma i soliti furbi (li abbiamo anche noi) si dimenticano sempre di inserire
chi è a carico dell’assistenza sociale. Ovvero chi è
disoccupato da oltre un anno e mezzo, non riceve
più il sussidio e deve vivere di assistenza sociale.
Bel quadretto, vero?
Converrai con me che, come politico, ho non
solo il diritto, ma anche il dovere di preoccuparmi
per una situazione del genere. Intendiamoci, se
fossi al tuo posto, farei esattamente come te. In
mancanza di lavoro, cercherei un posto dove il lavoro c’è. Specie se con uno stipendio doppio rispetto a quello che percepiscono i miei connazionali. Ma non mi stupirei se la classe politica decidesse di aumentarmi un po’ le tasse, visto che i
miei concittadini pagano comunque molto di più
in Italia, che ci sono persino ticinesi che sborsano
più di me e che i Comuni italiani, grazie a questo
aumento, riceveranno 7,8 milioni di franchi in più
all’anno. Credimi, nessuno ce l’ha con te in quanto frontaliere o italiano. Ma sentirsi rispondere,
Rusconi
Realizzate tutti i vostri sogni,
Cari studenti, rubate il sapere alla“soressa”
avvertono sulla propria pelle
quel senso di sicurezza perduto
in un mondo sempre più aperto,
ma che non si potrà di certo restaurare costruendo muri alle
frontiere o militarizzando il territorio. A scrivere in questo caso
è l’ex procuratrice pubblica Micocci che è anche consulente di
Ti-Press
domanda, magari, a che serve
studiare se poi non trova un lavoro, il bancario, oggi più che
mai preoccupato per una piazza
finanziaria che si è assottigliata
per numero di impieghi e presenza d’istituti, sotto la pressione degli accordi internazionali.
Al cittadino e al poliziotto che
Mirante
sero quattro candidati, dei diversi partiti, al Consiglio di Stato: Amalia Mirante, Ps; Sabrina
Gendotti, Ppd, Natalia Micocci,
Plrt, Pierre Rusconi, Udc.
Un intervento nella forma
molto personalizzata di una lettera aperta ad un interlocutore
ben preciso: lo studente che si
Micocci
ticinesi. Problemi che andrebbero discussi e affrontati senza gli
allarmi isterici del ricorrente populismo che tende a falsare la
percezione della realtà senza però minimamente contribuire a
risolverli.
Ecco perchè il Caffè ha voluto che su questi temi intervenis-
Ti-Press
F
ormazione e lavoro per
i giovani, riconversione della piazza finanziaria, sicurezza e polizia, frontalieri e disoccupazione. Sono i temi, che dominano l’agenda politica e il
confronto tra i partiti, ma anche
i problemi che più preoccupano i
come capita spesso a molti ticinesi, che il posto di
lavoro è stato assegnato a chi è disposto ad accettare condizioni che qui non possiamo francamente accettare, fa male. Certo, la difficile situazione
può portare ad alzare i toni.
Però, lo dico a costo di sembrare antipatico,
ho la coscienza a posto. Il manifesto “Bala i ratt”,
che ha fatto tanto discutere, poteva sembrare aggressivo. Ma sappiamo tutti che i messaggi, specie quelli politici, per farsi spazio devono essere
un po’ urlati… Spero sia acqua passata. Mi permetti un suggerimento? Fossi in te, più che con il
sottoscritto, me la prenderei con quei politici italiani che non sono in grado di creare le condizioni
per darti un lavoro. Qualcosa di decente, che ti
eviti di alzarti ad orari impossibili, sobbarcarti colonne snervanti e toglierti un sacco di tempo che
potresti dedicare alla tua famiglia. O no?
Reuters
20
I
NUMERI
LORETTA
NAPOLEONI
Agli Usa
la Cia
è costata
53 miliardi
Gli anni bui che hanno
fatto seguito all’attacco alla Torri Gemelle sono stati
caratterizzati dall’uso della
tortura. È quanto si legge
nel rapporto presentato al
Congresso americano questa settimana, 6.000 pagine - di cui solo il 10 per
cento è stato divulgato dove si racconta una storia
densa di barbarie che sembra appartenere più al Medio Evo che ai tempi moderni. E che ha avuto costi
notevoli. Secondo il rapporto del senato, infatti, il
programma di detenzione
illegale della Cia è costato,
solo per gli “interrogatori
tecnici”, 1.800 dollari al
giorno. Briciole rispetto al
costo del rapporto: 50 milioni di dollari. Che a sua
volta sono ancora briciole
rispetto ai 53 miliardi di
dollari di budget “in nero”
che invece è costato l’intero programma della Cia.
Un programma che
spesso sconfinava nella
tortura. E colpisce che gli
psicologi che hanno lavorato con la Cia non abbiano spiegato ai torturatori
ed ai loro mandanti, e cioè
la Casa Bianca di Bush junior, che sotto tortura i prigionieri
non dicono la verità ma ciò che il
torturatore vuole
che questi confessino. È quanto ha anche
dichiarato
al Congresso il senatore repubblicano John
McCain, che è stato torturato in Vietnam.
Nelle conclusioni del
rapporto si legge che non
solo le informazioni ottenute sotto tortura non
hanno portato ad alcun risultato positivo ma hanno
fornito prove false al governo. Forse l’obiettivo era
proprio questo: usare le
confessioni dei jihadisti come prove inconfutabili che
tra Saddam Hussein ed
Osama bin Laden esisteva
un legame e sulla base di
questa menzogna invadere
l’Iraq, dal momento che
nessuno aveva trovato le
famigerate armi nucleari
del dittatore.
Tra le vittime dell’uso
della tortura c’è Abu Zubaida, che aveva conosciuto al Zarqawi in Pakistan. È
molto probabile che nell’agosto del 2012 quando
gli americani cercavano
prove per dimostrare che il
legame fittizio tra Saddam
e bin Laden era proprio al
Zarqawi, Zubaida sotto
tortura abbia loro fornito
le informazioni che volevano coinvolgendo il giordano in alcuni atti terroristi
nel suo Paese d’origine
quali il Millennium Plot una serie di attacchi simultanei a vari siti storici
durante la notte di capodanno del 1999 -, e l’uccisione di due diplomatici.
Quando fu arrestato
Zubaida venne presentato
come una figura chiave di
al Qaeda, in realtà non faceva neppure parte di questa organizzazione ed in
Pakistan lavorava in un
centro di ricovero per i
mujaheddin feriti in combattimento.
Economia
21
Le cifre
1 2 3 4
IL VOLUME TOTALE
Il volume del commercio
elettronico in Svizzera è
calcolato in 8,1 miliardi di
franchi, con una quota
superiore ai 400 milioni
per quanto riguarda il
canton Ticino.
LA DIGITALIZZAZIONE
Le recenti ricerche
condotte da NetComm,
associazione che si
occupa di commercio
elettronico, mostrano
come la Svizzera sia
“digitalizzata” all’81%.
GLI E-SHOPPERS
Il 73% della popolazione
elvetica che fa uso di
internet in modo
abbastanza regolare
dichiara di acquistare in
rete. Un dato secondo
solo al 77% britannico.
I SETTORI
Abiti e accessori di moda
sono i più acquistati sulla
rete, con il 52%, mentre
l’acquisto di biglietti per
trasporti, libri, biglietti per
eventi e vacanze
seguono attorno al 30%.
Le vendite“online”
sempre più beffate
dai pacchi rispediti
Invii gratuti,merce maltrattata e usata…
Al rialzo le spese per i ritorni al mittente
MASSIMO SCHIRA
Le abitudini
Il cliente via internet
non può toccare con
mano quello che
compra e quindi
pretende costi bassi
Le scelte
Esiste la categoria degli
acquirenti opportunisti,
che utilizzano, ad
esempio, gli abiti e poi
rinunciano a comprarli
Il mercato generato dal commercio elettronico ha un valore,
in Svizzera, di oltre 8 miliardi di
franchi, con il Ticino a quota 400
milioni di franchi, tra i cantoni
maggiormente presenti per
questa modalità di acquisto. Ed
è un settore in continua evoluzione, perché – come dimostrano i recenti dati pubblicati da
NetComm, l’associazione svizzera dell’e-commerce – la quota
di popolazione “digitalizzata”
che sfrutta lo shopping online
sta crescendo verso il livello di
Paesi come il Regno Unito, che
sono leader nel settore sul piano
internazionale. Ma non è tutto
oro quello che luccica. Con la
crescita dei clienti, aumentano –
in branche come quella della
moda – anche alcuni problemi.
Su tutti quello della merce rispedita al mittente e dei costi
generati dal fenomeno.
“Uno dei difetti dell’e-commerce è che il cliente non può
toccare con mano quello che acquista fino al momento in cui la
merce non viene consegnata –
osserva Carlo Terreni, direttore
generale di NetComm -. E questo porta il cliente ad interrogarsi già in anticipo su metodi e costi per rispedire al mittente
quanto acquistato. E tra le
aziende emerge un dato comune: chi offre il servizio di rispedizione gratuito
sta vedendo aumentare clienti e
vendite. Se vengono fatturati
dei costi, invece,
gli affari calano”.
Se n’è accorto
anche il colosso
Zalando, accolto
in borsa con meno entusiasmo
del previsto, anche perché dopo
aver offerto ai clienti la rispedizione gratuita si è spesso trovato
confrontato con merce maltrattata prima di essere rifiutata.
Usata, ma in fin dei conti non
pagata.
“I cosiddetti clienti opportunisti sono sempre più una realtà
– conferma Terreni -. Soprattutto in Paesi in cui l’e-commerce è
molto diffuso e principalmente
nel settore della moda. Molte
aziende hanno analizzato la situazione, accorgendosi della
crescita dei clienti che ordinano,
usano (magari per una serata
speciale) e rispediscono la merce per non pagarla. Succede anche a marchi prestigiosi”.
Una situazione che rischia di
mitigare molto l’effetto del prez-
zo concorrenziale di cui spesso
si beneficia con l’acquisto online. Aspetto che – associato ad
un’offerta più vasta e completa e
all’indipendenza dagli orari
d’apertura dei negozi – è risultato finora decisivo nelle scelte dei
clienti. “Seguendo un comportamento opportunistico gli acquirenti non fanno che far aumentare i prezzi – precisa Terreni -.
Perché chi vende si tutela dalle
inefficienze del sistema. Il consiglio è quindi quello di evitare
questi comportamenti, perché
hanno conseguenze dirette su
tutti i clienti”.
D’altra parte, i costi sono in
crescita anche perché gli attori
principali dell’e-commerce nel
Il caso
600
20% 3
Le tredicesime
immettono nel circuito
economico ticinese un
flusso extra di circa
600 milioni di franchi
Solo il 20 per cento del
totale dei lavoratori che
ne hanno diritto non
incassa la tredicesima
come tutti a dicembre
A dicembre, o a metà
dicembre; a metà
giugno; distribuita in 12
mensilità: sono le forme
più diffuse di 13esima
I numeri
Keystone
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
settore della moda hanno iniziato a tutelarsi maggiormente. Ad
esempio utilizzando nuove soluzioni nel “packaging”, che permettono di capire se il capo è
stato indossato oltre il tempo
necessario per la consueta prova. “Nel capo d’abbigliamento si
inseriscono etichette o cartoncini che diventano scomodi nel
portare l’indumento oltre qualche minuto – conferma ancora
Carlo Terreni -. Purtroppo è una
soluzione necessaria. Se queste
etichette vengono tolte o rotte,
la merce non può più essere restituita”.
Allo studio ci sono poi anche
sistemi con chip elettronici che
si attivano dopo che gli abiti so-
no indossati da 30 minuti o con
etichette speciali che cambiano
colore a contatto con il calore
corporeo dopo un tempo determinato. Soluzioni tecnologiche
che, però, comporteranno, almeno in fase iniziale, dei costi.
“Senza dimenticare le spese che
la merce rispedita genera comunque – conclude Terreni -.
Come quelle per la rimessa in
ordine del prodotto, ad esempio
la stiratura o il piegamento corretto degli abiti per poi poterli
rimettere sul mercato. Sono costi che vanno tenuti in considerazione e peggio si tratta la merce, maggiori diventano”.
[email protected]
Q@MassimoSchira
UN MERCATO MILIARDARIO
Il mercato del commercio
elettronico ha un valore, in
Svizzera, di oltre 8 miliardi
C’è chi la prende in anticipo,
a fine novembre o agli inizi di dicembre, per avere già un budget
per gli acquisti o per programmare una vacanza. Diversi chiedono, e ottengono dai datori di
lavoro, la tredicesima in anticipo. O la incassano così da contratto. “È vero che gran parte
del salario extra si spende per le
imposte, ma chi lo ha prima stimola i consumi e muove l’economia interna”, spiega Paolo Locatelli, vicesegretario cantonale
Ocst. E a prendere la tredicesima fuori dal classico periodo di
fine dicembre sono circa il 20
per cento dei lavoratori del totale sul mercato ticinese.
“Questo perché - prosegue
Locatelli - ci sono datori di lavoro che propongono delle varianti, soprattutto frammentando i
versamenti mese per mese. E
raggiungono poi un accordo con
i propri dipendenti, che tuttavia
pur ottenendo un salario leggermente più alto rispetto alla media, a fine anno non si ritrovano
soldi preziosi per pagare imposte e conguagli vari”. Insomma,
la rata extra dello stipendio è
una riserva importante. Non sol-
“La tredicesima anticipata
stimola i consumi
e fa muovere l’economia”
tanto per le economie familiari,
ma anche per l’intera economia
cantonale visto che il salario pagato extra porta circa 600 milioni di franchi in più rispetto ai
mesi normali.
Ci sono però anche imprenditori, fra i proprietari delle oltre
33 mila aziende che costituiscono il tessuto industriale ticinese,
che anticipano la tredicesima a
novembre perché appunto sin
da subito vogliono stimolare i
consumi. Si tratta in particolare
di aziende svizzero tedesche. “È
una pratica rara - spiega Loca-
telli - perché il nostro è un cantone ancorato alle tradizioni”.
Al sindacato Unia, invece,
hanno riscontrato tre forme differenti di pagamento: quella
classica di dicembre; una seconda che spezza in due la mensilità
extra, metà a giugno e metà a
dicembre; una terza legata a
contratti onnicomprensivi. “In
quest’ultima forma - spiegano
all’Unia - il datore di lavoro fissa
una cifra annua e poi la divide
per un certo numero di mensilità, tanto per lui non fa differenza
dividere per 12 o 13”. Il proble-
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In quattro anni “eroso” oltre un miliardo a favore dell’e-commerce
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Il settore abbigliamento e moda
oggi è fortemente sotto pressione
Anche se con qualche eccezione, il
mercato della moda in Svizzera è fortemente messo sotto pressione dalla crescita delle vendite online. Negli ultimi quattro anni, secondo uno studio dell’istituto
Gfk, il settore avrebbe perso un miliardo
nella cifra d’affari globale, passando da
11 a 10 miliardi l’anno.
Un’autentica “stangata”,
soprattutto considerando
che non è certo un mistero che questi acquisti si
siano nel frattempo trasferiti sulla rete, andando
a rifocillare le casse di
aziende che - molto spesso - operano fuori dai
confini nazionali: l’ecommerce nella branche
“moda”, lo scorso anno ha fatto registrare
una cifra globale di 1,25 miliardi. Guarda
caso una cifra molto vicina alla perdita
sul mercato interno.
Tanto per fare un esempio a proposito
del peso assunto dagli acquisti online, il
solo sito di e-commerce di abiti, scarpe e
accessori di moda Zalando, in Svizzera ha
fatto registrare nel 2013 una cifra d’affari
di 250 milioni di franchi, con una crescita
calcolata attorno al 50% rispetto all’anno
precedente. Prezzi concorrenziali, ampia
gamma di scelta e spedizione a casa sono
diventati “atout” assolutamente irrinunciabili.
Da una ricerca pubblicata dall’osservatorio NetComm Suisse, emerge anche
un sostanziale identikit di chi acquista
online e, nello specifico, da chi sceglie internet per comprare merce legata al settore “moda”. Che rimane ampiamente il
più citato, con il 52% degli e-shoppers ad
Garanzie
e offerta
L’identikit di
chi sceglie
attraverso il
web mostra
che il tempo
risparmiato
è il motivo
principale
indicarlo come principale “branche” che
spinge agli acquisti online.
Innanzitutto partendo dai motivi che
spingono gli svizzeri a far crescere a ritmi
vertiginosi questo settore. Ebbene, le ragioni principali sono legate all’utilizzo del
tempo. Al primo posto tra le motivazioni
indicate dal campione intervistato, tra i 16 e i 65
anni, infatti, c’è il risparmio di tempo, seguito da
vicino dal fatto di poter
fare i propri acquisti in
qualsiasi momento. Staccandosi, insomma, dalla
classica scansione della
giornata di shopping dettata dagli orari d’apertura dei negozi.
È poi interessante notare come la possibilità di confrontare i prezzi e l’ampiezza della scelta siano ritenuti maggiormente importanti anche rispetto al costo
effettivo della merce acquistata. Preceduta nelle preferenze del pubblico anche
dalla possibilità di reperire più facilmente
il prodotto che si cerca rispetto a quanto
non accade rivolgendosi ai tradizionali
negozi. Importanze è poi data anche alla
varietà nella scelta del metodo di pagamento.
Un motivo più specificamente legato
alla Svizzera nella crescita del commercio
elettronico è quello della garanzia della
consegna. Mentre negli altri Paesi europei la scarsa certezza di ricevere la merce
è spesso indicata come motivo per non
acquistare su internet, l’efficienza logistica dei principali operatori elvetici (il 7080% passa attraverso la Posta), fa sì che
questo problema non sia avvertito.
ma è che spesso non viene raggiunto un salario extra.
In teoria in Ticino quasi tutti,
a parte tre, quattro categorie del
terziario - impiegati di fiduciarie
e studi di consulenza legale o fiscale, e diversi addetti alla vendita nel commercio - hanno la
tredicesima. E questo perché il
mercato del lavoro cantonale è
sbilanciato sul settore statale o
parastatale, comunque pubblico, articolato tra ospedali, amministrazioni cantonale o comunali, scuole, università ed enti
vari. “A livello nazionale, invece,
la situazione è differente - spiegano a Unia - perché il 60 per
cento dei lavoratori non ricade
dentro i contratti collettivi, e di
questi circa il 30 per cento non
prende la tredicesima, ma solo
gratifiche o premi, che dipendono dal datore di lavoro e non si
trasformano in una certezza”.
“Poi - osserva ancora Paolo
Locatelli - c’è quella galassia,
quella matassa difficile da sbrogliare fatta di contratti anomali,
come quellidei lavori in affitto, a
chiamata e così via, o gli impieghi a percentuale del 20 o 30 per
cento. Contratti che vengono
sfruttati soprattutto dalle aziende di settori come l’edilizia e il
commercio”. E qui, in una specie
di terra di nessuno, dove spesso
tutto sfugge ai controlli, la tredicesima viene pagata, quando
viene pagata, in proporzione alle
ore prestate. E i versamenti avvengono quasi sempre a chiusura di rapporto di lavoro, o a fine
anno. C’è da dire che da due anni circa le agenzie interinali sono disciplinate con una normativa precisa che assegna obblighi
e regole. Tredicesima compresa.
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IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
22 ECONOMIA
I consumi
Nel mercato mondiale
degli alimenti per animali
lo scorso anno un giro
d’affari di oltre 65 miliardi
Le cifre
2,9 180 1%
È stato il giro
d’affari milionario in
Svizzera nel 2012
solo per gli alimenti
destinati a cani
e gatti
È il ribasso subito in
questi ultimi anni
dagli alimenti per
animali, grazie
all’arrivo sul mercato
di Aldi e Lidl
Reuters
Sono i milioni di
animali domestici che
fanno compagnia agli
svizzeri. Tale cifra è
composta soprattutto
da cani e gatti
Per cani e gatti in soli dodici mesi
si sono spesi 199 milioni di franchi
S
aranno solo crocchette per
cani e gatti, ma costano come
fettine di pregiato vitello.
Piccole pepite d’oro che fanno lievitare gli incassi delle
aziende produttrici di alimenti per animali sino a raggiungere cifre a sei zeri.
Un bell’affare per Nestlé e compagnia,
se consideriamo solo i numeri della
Confederazione, dove vivono almeno
2,9 milioni di animali, tra cani e gatti.
Tanto per dare qualche altra cifra significativa, in Italia, ad esempio, sono oltre 29 milioni gli animali domestici, 14
milioni in Spagna, 28 in Francia e altrettanti in Germania. Facile immaginare il giro d’affari in ballo. E anche se
il cibo meno costoso si porta via soltanto a 1 franco al chilo, gli amanti degli
animali non stanno certo lì a fare economia. Per Fido e Fufi si cerca il meglio,
e il più costoso: crocchette bio, senza
conservanti, né additivi, né antiossidanti, nitriti, nitrati, coloranti… Al chilo possono costare anche 20 franchi. Si
capisce così perché il giro d’affari in
Svizzera, dal novembre 2013 al novembre 2014, abbia sfiorato i 199 mi-
Crocchette “dorate” che
fanno lievitare gli incassi
delle aziende produttrici
lioni di franchi (180 milioni nel 2012).
Insomma, crisi o non crisi, il ricco
business del mercato mondiale dei cibi
per animali domestici lievita di anno in
anno. Solo per i prodotti industriali, tra
crocchette, bocconcini, paté, riso soffiato e altri mix di cereali, nel 2013 in
tutto mondo si sono spesi 54 miliardi di
euro, oltre 65 miliardi di franchi.
Le vendite sono stabili, mentre i
prezzi hanno subito un ribasso dell’1%.
Si spiega con l’avvento delle grandi catene discount, come Aldi e Lidl. “Anche
se i consumatori, di fatto, optano o per
il prodotto super conveniente o per
quello di lusso; la via di mezzo non piace. Soprattutto per l’alimentazione del
cane, i nostri clienti scelgono la qualità”, ha spiegato alla Nzz am Sonntag
Rolf Boffa, fondatore di Qualipet, colosso che vende tutto il necessario per
animali, una scelta infinita di alimenti,
e che fattura in un anno 165 milioni di
franchi. Addirittura, in questi punti
vendita il cliente può preparare menu
su misura, dosando a piacimento cibo
secco e prodotti freschi.
Gli amanti degli animali non si ri-
volgono alla rete. Per niente attratti
dall’infinita offerta virtuale di scatolette, snack vari e mix assortiti; preferiscono invece comperare in un negozio
specializzato o in un grande magazzino. Attraverso internet viene acquistato solo il 5% degli alimenti. Eppure,
Zooplus, marchio solo
online, ha aumentato
il suo capitale in borsa
Zooplus, marchio esclusivamente online, è ottimista visto che qualche settimana fa ha pensato di aumentare il
proprio capitale in borsa. D’altro canto
non c’è solo il cibo, pure collarini, ciotole, cucce, cuscini, shampoo, giocattoli…. Cifre da capogiro. Infatti, gli sviz-
zeri nel 2012, stando all’Ufficio di statistica, per tutte le esigenze dei loro
animali domestici hanno sborsato 900
milioni di franchi.
Insomma, finiti i tempi in cui il cane
doveva lavorare, a caccia, con le pecore
o fare la guardia, e il gatto serviva a tenere lontani i topi, per cui il loro menu
era composto solo dagli avanzi. Non
esistevano ancora i cibi industriali. Nella ciotola di Fido e Fufi finiva un po’ di
tutto: pasta, riso, patate, minestra, croste, ossa, pane secco. Ed era normale
così. Nessuno si domandava cosa davvero dovessero mangiare i nostri cani o
gatti. E, tanto meno, se il menù era di
loro gradimento. Anche perché altro
non c’era, sarebbe arrivato sul mercato
parecchi anni dopo. E poi, diciamocelo
chiaramente, chi avrebbe mai speso
tanti soldi per sfamarli?
p.g.
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IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
ECONOMIA
Lo scontro
Il presidente dell’Assea denuncia gli effetti del balzello del ministro Zali sulle famiglie e i dipendenti delle grandi imprese
23
“Macché ricchi, solo i consumatori
pagheranno la tassa sul posteggio”
EZIO ROCCHI BALBI
“Non saranno le grandi aziende, i centri commerciali a pagare una tassa iniqua, ma tutti i
consumatori e i dipendenti delle imprese con più di 50 posteggi”. Le parole dell’economista Michele Dedini, presidente dell’Associazione economia e ambiente (Assea), suonano come un’ultima avvertenza,
dopo che le polemiche sulla
modifica del Regolamento cantonale sui posteggi privati
(Rcpp), caldeggiata dal ministro del Territorio Claudio Zali,
hanno portato ad una rottura
che ha diviso anche la commissione della Gestione. Da una
parte Plrt e Ppd che vorrebbero
innanzitutto scorporare la cosiddetta “tassa di collegamento” dal bilancio preventivo
2015, per poi fucilarla magari
in separata sede, dall’altra Ps,
Verdi e Lega che invece la sostengono. In mezzo, a fare
l’ago della bilancia, l’Udc i cui
voti sono determinanti per rispedire al mittente la nuova
tassa sui posteggi.
Sinora tra Assea e governo
è stato un dialogo tra sordi. Un
dialogo, anzi mai esistito, visto
che, dalla proposta di modifica
del regolamento, in aprile, non
si sono mai trovati allo stesso
tavolo. Uno scontro che, nel
“Per i grandi centri commerciali il rischio, elevato, è
che il ticinese medio abituato a
non pagare il posteggio abbia
un motivo in più per andare a
fare la spesa oltre confine. A
pagare saranno i dipendenti,
che secondo le nostre stime
sborseranno minimo 300 franchi in più per il loro posteggio,
e i consumatori che si ritroveranno il carrello della spesa annuale più caro di 120 franchi”.
Non potrebbe essere l’occasione per disincentivare
l’uso dell’auto e promuovere i trasporti pubblici?
MICHELE
DEDINI
Economista,
46 anni,
presidente
dell’Associazione
economia
e ambiente
(Assea)
“Questa tassa è rimasta nel
cassetto dal 1994, e anche allora prevedeva un miglioramento dei trasporti pubblici e un
conguaglio, versato dalle
aziende, per integrare eventuali carenze nei costi di gestione”.
E invece?
“Invece, viene rispolverata
adesso, con 80mila auto in più
sul territorio, le stesse strade e
la percentuale di automobili
per abitante più alta del Paese”.
E i mezzi pubblici?
“Lo sanno tutti che il tra-
sporto pubblico è insufficiente,
ed è largamente carente anche
per il traffico transfrontaliero,
di cui ci si lamenta sempre, ma
per il quale non si è mai fatto
nulla per agevolarlo e ridurlo
con delle valide alternative”.
Pensa a servizi navetta,
corse speciali?
“Anche. Potremmo valutare
pure il ‘car pooling’ per le
aziende, e potremmo collaborare per fare un censimento
che valuti le aree, gli orari, il
numero delle auto coinvolte.
Censimento che non è mai [email protected]
to fatto”.
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La produzione Anche esportazioni e settore pubblico all’origine dei buoni risultati
La sanità è il motore
dell’economia svizzera,
una vera locomotiva
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frattempo, sembra assumere
anche contorni ideologici. “Ma
non è così, anzi sfatiamo questa idea, diffusa, che ad essere
colpiti saranno i ‘grandi generatori di traffico’, le aziende
che possono permettersi di pagare - sbotta Dedini, -. Si fa
credere di tassare i ‘ricchi’, ma
non è vero: alla fine a pagare il
conto saranno i consumatori e i
dipendenti delle aziende”.
Finora avete opposto un
“no” su tutta la linea contro questa tassa; non avete
una proposta per un compromesso accettabile?
“Non è un no secco, ma è un
no alla tassa come è stata proposta, perché la si è voluta per
non far scattare il moltiplicatore cantonale d’imposta, semplicemente per fare cassa, non
c’è nulla che possiamo controproporre”.
E se l’intento fosse realmente quello di ridurre i
pesanti flussi di traffico?
“E allora incontriamoci,
parliamone e troviamo una soluzione condivisibile. Ma resta
il fatto che da aprile, con l’annuncio della modifica del regolamento, senza peraltro le consultazioni previste dalla legge,
alla decisione di tassare i parcheggi, non c’è stato nessun
contatto”.
Eppure si tratta di un provvedimento non da poco, visto che si parla di 12 milioni per le casse del Cantone.
“È una cifra buttata lì per
far quadrare il bilancio e non si
capisce come, visto che un regolamento specifico non c’è ancora”.
Avranno pur fatto i loro
calcoli...
“Certo, presto fatto, hanno
calcolato da 1 a 2,5 franchi per
ogni giorno lavorativo e, se non
basta, più 0,50 dai Comuni ”.
Anche voi, però, con gli
stessi criteri, avete fatto il
calcolo di quanto costerà
alle aziende.
Ti-Press
“Così i ticinesi si
ritroveranno con il
carrello della spesa
più caro di centoventi
franchi ogni anno”
Il settore della salute è la locomotiva della La sorpresa
crescita svizzera. A rivelarlo sono le cifre pubblicate recentemente dalla Segreteria di Stato Il Pil del Paese tra
dell’economia (Seco). A dire il vero per il terzo luglio e settembre
trimestre 2014 nessuno si aspettava un risultato
così favorevole. Infatti il Pil è cresciuto dello è salito dello 0,6%
0,6% rispetto ai tre mesi precedenti, quando gli sorprendendo
esperti erano unanimi nell’affermare che si sarebbe registrata una stagnazione, con al massi- tutti per il suo
mo variazioni di pochissimo conto. Tra luglio e grande vigore
settembre la progressione è stata doppia rispetto al periodo precedente. Tra aprile a maggio era
stata dello 0,3%. I settori che hanno trascinato
l’economia rossocrociata verso questo dato di
tutto rispetto sono stati in misura
minore quello dei trasporti e, so- EVOLUZIONE DEL PIL, %
prattutto, quello della salute.
Non si tratta però di un dato 2.5 nuovo, anzi. In questo periodo
2post-crisi, come segnalano molti
analisti, la crescita elvetica è stata assicurata in particolare dalla 1.5 domanda interna. Con il consu1mo di servizi legati alla salute a
farla da assoluto padrone. E visto
che buona parte dei prodotti le- 0.5 gati alla medicina vengono stu0diati, sviluppati e prodotti nella
1° trim. 2011
Confederazione, il fenomeno è
presto spiegato. È ormai una quindicina d’anni per altro che questa tendenza si fa
sentire sull’andamento dell’economia, alla luce
pure della crescita demografica e dell’invecchiamento della popolazione. Basti pensare che nel
1990 la partecipazione al Pil del comparto della
salute era del 7,5%, mentre nel 2012 è salita fino al 10,9%, come riferisce l’Ufficio federale della salute (Ofs).
E non è tutto. Questa spinta si è fatta sentire
in maniera tangibile anche sull’occupazione.
Quest’anno dei 180mila posti di lavoro creati fi-
nora, ben 27.000 sono da ricollegare alla sanità.
Cifre così ragguardevoli sono paragonabili solo a
quanto ottenuto dal settore dei servizi alle imprese, che ha dato lavoro a circa 25000 fra architetti, ingegneri, eccetera.
L’andamento così sorprendentemente favorevole è però anche legato alle esportazioni, che
hanno fatto meglio del previsto, con un aumento
del 2,8% nello stesso periodo estivo. E questo
grazie alla chimica, alla farmaceutica e, anche se
in misura meno importante ma lo stesso tangibile, agli strumenti di precisione, all’oreficeria e
all’orologeria. L’esportazione di servizi ha registrato invece un incremento dell’1,1%.
Leggermente meno netta per
contro l’evoluzione su base annua. Rispetto allo stesso periodo
del 2013, l’aumento del Pil ha
raggiunto l’1,9%. Ciò significa in
ogni caso che la Confederazione
potrebbe chiudere l’anno in corso
in un ottimo stato di salute, addirittura migliore di quello che le
stime finora ipotizzavano. Ed è
anche per questo che il Credit
Suisse ha immediatamente rivisto verso l’alto le sue previsioni di
crescita. Inizialmente la seconda
3° trim. 2014
banca svizzera più importante al
mondo aveva pensato ad un 1,4%,
ritoccato poi all’1,8%. Scenari a parte, l’economia elvetica dovrebbe conoscere un leggero riequilibrio, con la domanda esterna in accelerazione e quella interna in calo.
Finora ad essere più generosa nei suoi calcoli
era stata la Seco, che già nel mese di ottobre
aveva anticipato il dato fornito qualche giorno fa
da Credit Suisse, parlando anch’essa di un più
1,8%. Per contro rimane scettico il Fondo monetario internazionale, per il quale l’economia
svizzera avanzerà solo dell’1,3% nel 2014. o.r.
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IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
Mondo
25
LE
MAPPE
LUIGI
BONANATE
Il bilancio.
È resa dei conti
dentro il Pd
tra i sostenitori
del governo
e i suoi oppositori,
intanto si apre
la partita
per il Quirinale
I torturatori
americani
uno schiaffo
alla civiltà
C’è un solo caso dove la
sensibilità morale internazionale è (o era) disposta a
tollerare il ricorso a forme
di investigazione che sconfinano nella tortura: quando
le rivelazioni estorte servono a salvare delle vite umane. E questo, quando un
terrorista arrestato sa dove
scoppierà una bomba, o dove sia nascosto un bambino
che è stato rapito. Ebbene,
oggi, di fronte alle rivelazioni contenute nel rapporto di 500 pagine che sintetizza i risultati dell’inchiesta parlamentale (che è di
6700 pagine) in Usa, anche
questa giustificazione cade.
Perché una delle scoperte
principali fatte a Washington è proprio che nella
maggior parte dei casi le
confessioni estorte con le
pratiche che sono state rese
note sono troppo carenti.
Sbagliate, se non sovente
fuorvianti. Cosicché anche
il più crudele o insensibile
torturatore si accorgerebbe
di aver sprecato il tempo
causando nella sua vittima
sofferenze del tutto inutili.
Non solo dunque neppure le esigenze investigative giustificano la tortura,
ma si fa strada
in un modo
davvero
sconvolgente
la questione
della
qualità
morale
di un
Paese
che ammette comportamenti come quelli scoperti.
O meglio: è dal 2003 che le
notizie essenziali erano note. Ci sono voluti 10 anni
per verificarle, mentre il
nostro giudizio doveva già
essersi formato. Nei giorni
scorsi in Usa si è molto discusso se sia corretto che
un governo divulghi dati e
informazioni così gravi: che
ne sarà dell’immagine americana nel mondo? Come
accettare che le torture siano state effettuate sulla base di una autorizzazione governativa e addirittura alla
luce di un programma di
torture commissionato a
due psicologi?
Si dirà che comunque si
tratta di episodi limitati
che, in qualche modo, capitano dovunque. Ma quello
che sconcerta in questo caso è che lo Stato con la tradizione democratica più
lunga e solida al mondo
non riesca a elevare i suoi
standard di comportamento. La prigione di Guantanamo è lì, nonostante le
promesse di Obama. E poi,
che tanta brutalità possa
essere stata esercitata liberamente suona come vendetta per l’insulto subito
l’11 settembre. Ma il fatto è
che i grandi problemi politico internazionali che l’attacco alle Twin Towers sintetizzava non si possono risolvere torturando gratuitamente 39 persone, la maggior parte delle quali colpevoli semplicemente di essere islamiche. Spiace constatare che Obama, Hillary
Clinton, nonché i candidati
presidenziali repubblicani
abbiano taciuto evitando
ogni coinvolgimento. La
violenza è sempre male, da
qualunque parte provenga.
Keystone
In Italia prove di divorzio a sinistra
S’infiamma lo scontro in piazza e nel partito del premier Renzi
LA
SETTIM
ANA
Piazze calde, scontri e l’area politica
della sinistra divisa, tra chi è pronto a
virare all’opposizione e chi invece riafferma il suo sostegno al governo del
premier Matteo Renzi. In Italia è protagonista la politica, che apre e chiude la
settimana. E mentre i consumi delle famiglie tornano ai livelli del 1999, arrancano dietro una crisi che sembra
non mollare la morsa, nonostante il governo abbia annunciato lo stop all’aumento delle tasse anche per il 2015, lo
scontro all’interno del Partito democratico (Pd) registra un nuovo sobbalzo.
Uno scontro, quello nel Pd, che in questo fine settimana si è fatto più duro,
quando la minoranza del partito ha annunciato d’essere pronta ad andare via
dalla Commissione affari costituzionali
della Camera dei deputati.
Sullo sfondo del dibattito, come si spiega nell’analisi qui sotto, le piazze calde
per gli scioperi di due dei tre maggiori
sindacati del Paese, Cgil e Uil, contro la
legge di stabilità, la riforma del lavoro
(jobs act) quella della pubblica amministrazione. Ma non solo. Sullo sfondo anche il malaffare con l’emergere di nuovi, impressionanti particolari dell’inchiesta sulla banda che a Roma tirava i
fili di appalti e lavori pubblici sconfinando persino nell’area del volontariato
sociale. Il segnale di una “fronda” contro il premier Renzi, che ieri, sabato, è
andato in visita da papa Francesco con
la famiglia.
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L’analisi
La delusione dell’Europa
e lo scontento sociale
portano dritti alle elezioni
RITANNA ARMENI
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888.*(&1,2."’3 25
Gli italiani hanno avuto una grande fiducia in Matteo Renzi e
molti continuano a nutrirla. Eppure per il governo italiano l’anno
non si conclude all’insegna dell’ottimismo. L’instabilità politica e sociale è aumentata, la speranza rappresentata dal giovane leader del
Pd si è visibilmente ridotta, mentre è cresciuto lo scetticismo sulla
possibilità che Renzi mantenga le sue promesse . La prima ragione
di scetticismo viene proprio dalla società e, in particolare, dal mondo
del lavoro. I dati economici: pil, consumi, debito pubblico, continuano ad essere negativi, il disagio sociale si è approfondito e il recente
sciopero ha confermato una frattura fra una parte consistente dei lavoratori e il segretario del maggior partito della sinistra nonché presidente del Consiglio. Lo scontro è diventato pericoloso se lo stesso
Renzi dopo gli attacchi e le parole dure indirizzate nelle scorse settimane al sindacato, ha ritenuto opportuno cambiare tono, ritirare
l’ordinanza di precettazione dei ferrovieri emanata da un ministro
del suo governo e usare per la prima volta parole concilianti.
Al presidente del Consiglio italiano in questi ultimi giorni non sono arrivate buone notizie neppure dall’Europa. Il braccio di ferro ingaggiato con i vertici europei per ottenere un po’ di flessibilità e una
politica di sviluppo ha dato finora risultati a dir poco deludenti. Se il
premier puntava ad un ammorbidimento della politica rigorista oggi
deve constatare un fallimento. Il presidente della Commissione Junker ha detto a chiare lettere che “non ci sono soldi freschi”, non ci
sono quindi quelle risorse per gli investimenti in cui il governo italiano aveva sperato per la ripresa. Il semestre italiano su cui molto
si era puntato per portare l’Europa a più miti consigli si concluderà
a gennaio con un nulla di fatto.
La delusione sociale e lo smacco europeo rendono più aspra la
battaglia su un altro fronte, quello interno nei confronti della minoranza del Pd. Questa, che si oppone a Renzi sia sulla politica del lavoro, il Job’s Act, sia sulle riforme costituzionali ed elettorali, è sicuramente minoritaria e divisa, ma lo scontento sociale e la rigidità
dell’Europa le hanno fatto alzare la testa. E come è già avvenuto in
queste settimane in Parlamento possono moltiplicarsi le imboscate,
le situazioni a rischio, le alleanze inedite che impediscono o ritardano l’attuazione delle riforme. Ci sono molti punti della riforma elettorale o di quella del Senato su cui si sono create convergenze trasversali che hanno già frenato l’azione del governo e ridimensionato
di molto la velocità di approvazione prevista da Renzi. Infine un altro
colpo al programma del governo verrà proprio da chi l’ha aiutato e
protetto con convinzione. La decisione di Giorgio Napolitano di lasciare la presidenza della Repubblica nei primi giorni del 2015 costituisce un oggettivo freno alle riforme. Il nome del nuovo capo dello
Stato sarà inevitabilmente oggetto di trattativa. Silvio Berlusconi
darà il suo appoggio alle riforme solo se potrà contare sulla scelta del
nuovo capo dello Stato. E questa avrà la sua influenza anche nella
trattativa con le minoranze del Pd. Per Renzi il terreno si presenta
accidentato e rischioso. Non sono solo in gioco le riforme, le promesse di ripresa economica e sociale, la lotta alla corruzione e il rinnovamento della politica. A rischio è la sua immagine di leader capace
di rovesciare le vecchie logiche. È questo il mito e la speranza che
nei prossimi mesi potrebbero svanire. Ed è di fronte a questo pericolo che diventa concreto il rischio di elezioni anticipate.
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
26
Il periscopio
Di recente si è parlato nuovamente di
coesione nazionale. La questione di fondo
è sempre la stessa: cosa lega, in fin dei
conti, le varie parti linguistiche e culturali
di questo Paese? Cosa succederebbe se la
Svizzera fosse meno ricca? Il dibattito
s’infiamma, in particolare quando si discute quale lingua straniera – inglese oppure francese - sia meglio imparare come
prima lingua nelle scuole della Svizzera
tedesca. Il confronto sembrava chiuso dopo il compromesso trovato con il concordato intercantonale HarmoS. Eppure la
volontà di abbandonare il francese nelle
scuole elementari in qualche cantone
svizzero tedesco ha messo in allerta pure
il ministro della cultura e consigliere federale Alain Berset. Intanto il Ticino cerca
di difendere la lingua italiana
negli istituti di oltre Gottardo,
messa sempre più all’angolo.
Personalmente però sono
convinto che la coesione nazionale non dipenda in primo
luogo dalla scelta della prima lingua straniera nella scuola
dell’obbligo. La coesione dipende piuttosto dalla volontà delle diverse componenti della Svizzera di mantenere vivo un
interesse reciproco per le altre regioni. E
questo vale per tutta la popolazione.
Proprio in quest’ottica si dovrebbe fare molto di più per favorire gli scambi fra
le realtà linguistiche. Non solo per gli studenti (scambi scolastici), ma anche per il
mondo degli adulti. Come pure per le associazioni sportive, cori parrocchiali, e via
dicendo. Esiste, ad esempio, uno strumento molto utile per favorire questi
scambi: il gemellaggio fra comuni, purtroppo poco utilizzato in Ticino. Eppure
sarebbe importante che ogni comune ticinese avesse almeno un comune “gemello” nella Svizzera tedesca o nella Svizzera
francese.
In Ticino si sono creati vari delegati,
un delegato del Cantone per i rapporti
con la Confederazione e un altro per i rapporti transfrontalieri, la Camera di commercio dispone di un delegato per le relazioni esterne a Berna e Milano. Sono funzioni importanti, ma molto istituzionali.
Sarebbe auspicabile, invece, avere un
delegato che si occupasse dei gemellaggi
e aiutasse i comuni ad intraprendere queste relazioni. La Svizzera, Paese multiculturale con quattro lingue ufficiali, in questo caso potrebbe competere con gli Stati
vicini: Germania, Francia e anche Italia.
Perché in questi Paesi i gemellaggi comunali hanno una lunga tradizione. Un
esempio? Verbania, sul Lago Maggiore, è
gemellata con ben nove comuni europei,
fra questi anche due italiani, uno in sud
Italia e l’altro nell’Alto Adige.
La “Giungla” era nel cuore
della Silicon Valley: 250mila
metri quadrati, il più vasto accampamento di homeless degli
Stati Uniti, smantellato nel
cuore di una notte sotto i flash
dei fotografi. La baraccopoli
californiana inquinava, ha detto il sindaco di San Jose, spiegando l’intervento dei bulldozer, camion della spazzatura e
di personale in tuta “hazmat”,
materiali pericolosi, ma intanto oltre metà dei 300 ex residenti non ha più dove ripararsi.
Sulla West Coast in questi
giorni piove a torrenti, la tempesta peggiore degli ultimi
cinque anni. Lo sfratto di mas-
sa nella mecca dell’industria
dei computer ha seguito una
lunga ricerca da parte della
città per trovare casa al numero più alto possibile di residenti della “Giungla”. Impresa
non facile: case a prezzo politico in quella zona semplicemente non esistono. “Sto cercando di decidere cosa è veramente importante”, ha detto
di fronte alle ruspe Grace Hil-
dall’Europa
LORENZO ROBUSTELLI
Bruxelles
Lavorare per le istituzioni dell’Unione
europea è un sacrificio, se non addirittura
una disgrazia, e chi sente il dovere civile di
farlo ha poi diritto ad essere assistito economicamente per anni, per potersi reinserire nel mondo del lavoro. Questi “eroi” del
progetto europeo sono i commissari e il
presidente del Consiglio europeo, che vengono indennizzati con centinaia di migliaia
di euro quando lasciano le loro poltrone
(hanno guadagnato 20mila/25mila euro al
mese).
Lo scandalo è scoppiato quando si è
scoperto che l’ex presidente del Consiglio
europeo, il belga Herman Van Rompuy
(nella foto), che da inizio dicembre è tornato ad essere un semplice nonno, continuerà
a ricevere dall’Ue cifre da capogiro. Per i
prossimi tre anni, van Rompuy intascherà
poco meno di 350mila euro di “indennità
transitoria”, un aiuto a “reinserirsi nel
dall’Asia
ANTONIO FATIGUSO
Tokyo
La Corea del Sud dichiara
guerra al tabacco e approva un
rialzo medio dell’80% dei prezzi
del pacchetto di sigarette.
Obiettivo: tagliare i consumi in
un Paese che vanta il record di
percentuale più alta di fumatori
tra la popolazione maschile nell’ambito Ocse: il 44%, sufficiente a staccare Turchia, Grecia,
Estonia e Giappone.
La misura ha trovato il voto
bipartisan in parlamento (malgrado le critiche delle opposizioni sull’onere finanziario destinato a pesare sulle persone a
basso reddito) e prevede l’aumento unitario dagli attuali
2.500 won (circa 2,25 dollari) ai
4.500 fissati a partire dal primo
gennaio. Il ministero della Sa-
Reuters
Unità e coesione
da sviluppare
con i gemellaggi
Gli sfratti
americani
dei ricchi
e dei poveri
Ai burocrati dell’Ue
anche 350mila euro
per “reinserirsi”
liard, residente di 15 anni della Giungla e una dei fortunati:
problemi di salute cronica le
hanno garantito il letto all’ospizio.
Due Americhe, i troppo ricchi e i troppo poveri. Non una
sorpresa nella Valle del Silicio,
ma è un problema anche per
altre città degli Usa che cercano di rispondere con troppi bastoni - lo sfratto - e troppe poche carote. “La cacciata degli
homeless funziona quando ci
sono tetti sotto cui mettere chi
non ha casa”, ha suggerito il
New York Times, ma dove gli
affitti sono alti, l’occupazione
è in crisi e manca il sostegno
del governo, la condizione del
senza tetto diventa cronica:
tollerata solo fino a che le municipalità, come è successo a
San Jose, non perdono la pazienza.
mondo del lavoro” dopo la fine del proprio
incarico (tralasciando di considerare che,
avendo 67 anni, van Rompuy ha da tempo
superato l’età della pensione).
Il belga riceverà 9mila euro al mese fino
al 2017, quando l’indennità cesserà di essere versata. Ma neppure lì l’ex presidente
verrà lasciato solo dall’Ue, che gli verserà
una pensione di 4’700 euro al mese. In più
il caro vecchietto prenderà la pensione da
premier belga, da presidente della Camera
belga, da ministro e da parlamentare. Bisogna motivarli i politici europei!
Il bello è che questo aiuto, che ricevono
tutti gli ex commissari, spetta anche se si è
eletti al Parlamento europeo, dove non si riceve uno “stipendio” per un “lavoro”, ma
un’indennità. Unico a rinunciare, per quanto si sa, è stato l’italiano Antonio Tajani,
che ha lasciato a Bruxelles circa 450mila
euro.
Stop al fumo
e Seul rincara
dell’80%
le sigarette
nità di Seul spera di ridurre al
35% la quota di fumatori entro
fine 2016, contando di centrare
l’ambizioso target anche con
iniziative di contorno quali il divieto di accendere la sigaretta
in luoghi pubblici, l’indicazione
sui pacchetti dei danni provocati alla salute con tanto di
“immagini forti” e lo stop alla
pubblicità nelle rivendite.
Il fumo e l’impatto sulla salute pubblica sono da anni ar-
Reuters
ALESSANDRA BALDINI
New York
Reuters
dalleAmeriche
VIZI
E VIRTÙ
GERHARD LOB
gomento di dibattito pubblico e
di aspre controversie (soprattutto legali) in Corea del Sud.
La Corte suprema, ad esempio,
ha bocciato lo scorso aprile la
richiesta di indennizzi presentata da 30 pazienti affetti da
cancro ai polmoni contro Ktgg,
il colosso che controlla oltre il
60% del mercato del tabacco
nazionale il cui valore annuo è
stimato in oltre 9 miliardi di
dollari. Le assicurazioni sanitarie statali, a loro volta, hanno
promosso azioni legali contro
tre produttori di tabacchi domestici ed esteri chiedendo (almeno per ora) risarcimenti per
53,7 miliardi di won a compensazione delle spese sostenute
per curare le patologie legate al
fumo. Le stime di settore quantificano in ben 1.700 miliardi di
won all’anno gli oneri legati al
trattamento delle patologie del
tabagismo.
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Via: ......................................................................................................
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L’estrazione dei tagliandi inviati avverrà
la sera del 31 dicembre 2014 a Locarno
sulla pista di ghiaccio in Piazza Grande
Cap ...................... Località ................................................................
La VW Polo è nascosta a pagina ...........................
de “il Caffè” del ...........................
Da imbucare
nelle urne all’interno
di “Locarno on Ice”
oppure inviare a:
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via Luini 19
6600 Locarno
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
27
Lugano e Ambrì a braccetto in cerca della continuità
Dario Cologna a Davos ritrova forma e gioia del podio
Tra le “big” in Europa, Bayern e Chelsea non sbagliano
SUGLI SPALTI
DOPPI SENSI
NEI MESSAGGI
FIRMATI“UCI”
MASSIMO SCHIRA
L
a scorsa settimana, la decisione dell’Unione ciclistica internazionale (Uci) di
negare la licenza “World Tour”
- quella per correre le gare che
più contano - alla formazione
kazaka Astana, coinvolta in cinque casi di doping praticamente
consecutivi, era parsa interessante in prospettiva. E, invece,
nemmeno sette giorni dopo ecco l’annuncio di Alexander Vinokourov, che della squadra è
general manager, del dietrofront da parte della Commissione licenze: la formazione in maglia azzurra nel 2015 sarà presente. Il messaggio lanciato
dall’Uci non poteva essere più
nebbioso. Delle due, l’una. O la
Astana è coinvolta in un sistema di doping organizzato, oppure i suoi cinque atleti caduti
nella rete hanno fatto tutto da
soli. L’improvviso “chiarimento”
della situazione, però, qualche
dubbio lo lascia. Anche perché
dal kazakistan entrano nel ciclismo molti soldi, non soltanto
attraverso i contratti dei corridori. L’Uci, insomma, prima di
avventarsi in voli pindarici come quello di negare in prima
istanza una licenza, farebbe
meglio ad avere le idee chiare.
In primo luogo perché se il ciclismo ha bisogno di una qualità, questa è la trasparenza. Proprio quella che è crassamente
mancata in questa contorta vicenda, di cui ancora si attendono i dettagli. Intanto Vinokourov assicura che i risultati ottenuti dai suoi atleti sono limpidi.
Dice che la squadra è più che
disposta a sottoporsi a controlli
supplementari da parte di un
laboratorio specializzato dell’Università Losanna. Solo parole? Forse. Anche perché l’universo doping ci ha insegnato
che le rassicurazioni sono buone solo a muovere l’aria.
Reuters
Pietilae vince e Tina Maze se la ride
Due svizzere
tra le prime 10
Buon risultato quello
offenuto da Wendy
Holdener e Michelle Gisin
nello slalom speciale di
Are, conquistando
rispettivamente l’ottavo e
il nono posto
Reuters
Hirscher attacca
Kjetil Jansrud
Marcel Hirscher cerca
nello slalom speciale di
Are di spodestare dalla
testa della classifica della
generale di Coppa del
Mondo il norvegese Kjetil
Jansrud
MASSIMO MORO
Maria Pietilae-Holmner vince e Tina Maze se la
ride. La svedese e la slovena sono state, ieri, sabato, le grandi protagoniste dello slalom speciale di
Are. Una prova praticamente perfetta quella messa a segno dalla padrona di casa che, dopo aver
fatto segnare il miglior tempo sul primo tracciato,
è riuscita a mantenere sei centesimi di vantaggio
sull’assalto lanciato da una scatenata Maze. La
slovena, dopo la flessione accusata nella passata
stagione - Olimpiadi di Sochi a parte - ha sferrato
in terra svedese un vero proprio assalto alla Coppa
del Mondo generale (detenuta dall’austriaca Anna
Fenninger) vincendo il gigante e piazzandosi in seconda posizione nello speciale. Due prestazioni da
incorniciare per la sciatrice di Gradec che può, infatti, vantare un vantaggio di ben 257 punti sull’austriaca, che ha rinunciato a prendere parte allo
slalom. A fine gara la slovena ha subito inviato un
tweet di giubilo: “Woooouuuu! 2 giorni e 180 punti! Grazie mille Are. È così emozionante che potrei
piangere! Qui l’inverno è veramente stupendo!
Adesso due giorni di completo relax”.
Una giornata comunque da ricordare anche
per la squadra svedese, che ha piazzato al terzo
posto Frida Hansdotter, relegando ai pedi del podio la detentrice della Coppa di specialità, la statunitense Mikaela Shiffrin.
Una buona gara quella messa a segno dalla
compagine rossocrociata che, dopo anni senza una
vera e propria squadra in speciale, ha piazzato due
SportMagazine
SUI TABLET
Sui sistemi Apple e su
Android il meglio dello
sport da sfogliare
Il successo ad Are è
svedese,ma la slovena
si piazza seconda anche
nello speciale,allungando
nella generale di Coppa
sciatrici tra le prime dieci. Peccato per il podio
mancato da Wendy Holdener, che nella prima
manche ha dimostrato di aver ritrovato una sciata
fluida e senza errori, che le ha permesso di issarsi
in quarta posizione con un solo centesimo di ritardo dalla Hansdotter. Un risultato purtroppo svanito sul secondo tracciato per la svittese, che si è dovuta accontentare dell’ottavo rango, perdendo così quattro posizioni. Se per Holdener la seconda
manche non si è rivelata positiva, c’è invece da segnalare l’ottima prova offerta da Michelle Gisin.
L’obwaldese, dopo aver ottenuto il dodicesimo
tempo nella prima manche, è risalita in nona posizione. Una gara all’attacco da parte della Gisin
che, dopo aver commesso un paio di sbavature
nella parte alta, accusando un ritardo i quasi mezzo secondo, ha dato tutto nella parte finale, riuscendo ad issarsi in testa alla gara. Con questo risultato Gisin è riuscita ad eguagliare il suo secondo miglior piazzamento in Coppa del Mondo, visto
SUGLI SMARTPHONE
Pagine di eventi
sportivi sia su Apple
che su Android
CAFFE.CH
SportMagazine, un
pdf da sfogliare dalla
home page del Caffé
che nona era già risultata nel gennaio 2013 nello
speciale di Flachau, sfiorando anche il suo miglior
piazzamento, conquistato in questo inizio di stagione nella prova di Levi, dove aveva concluso
all’ottavo posto.
Se per Holdener e Gisin si può sorridere, tutt’altro discorso è legato alla prestazione offerta soprattutto da Denise Feierabend. Un’altra prova
anonima quella della sciatrice di Engelberg che,
come a Levi, non è andata oltre la venticinquesima
posizione. Nadja Vogel non è invece riuscita a ripetere il buon risultato ottenuto in Finlandia, mancando la qualifica per la seconda manche.
Dopo il rinvio forzato per mancanza di neve
delle gare previste in Francia al rientro dalla tournée nordamericana, le donne dopo Are tornano in
pista in Val d’Isère, dove le condizioni che avevano
imposto l’annullamento delle gare maschili sono
nel frattempo molto migliorate. Il programma prevede una discesa e un SuperG, con le prove inserite nelle giornate di giovedì e venerdì.
Subito in pista in Val Gardena, invece, gli uomini, impegnati venerdì nel SuperG sulla Saslong,
dove sabato si correrà la discesa libera. Domenica,
invece, tutti in Alta Badia per l’attesissimo e tradizionale gigante, neve permettendo. Tornando alle
donne, ovvia l’attesa per le prestazioni di Lara Gut
dopo il brillante successo in SuperG a Lake Louise,
ma motivi d’interesse anche nella reazione attesa
da Dominique Gisin. Tra gli uomini, stessa situazione, con Beat Feuz in cerca di conferme e Patrick
Küng in cerca di riscatto.
[email protected]
I RISULTATI DELLE ULTIME PARTITE DI IERI,
SABATO, SONO ON LINE SU SPORTMAGAZINE
VISIBILI SU TABLET, SMARTPHONE E COMPUTER
28
CS
affè
Le vittorie di Tom Kristensen alla 24 ore di Le Mans (giri effettuati)
La straordinaria
carriera del pilota
361
danese Tom
Kristensen si è
appena conclusa.
Ecco un riassunto dei
9 trionfi a Le Mans
port
377
375
368
379
370
IN
TELE
VISIONE
381
348
321
1997 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2008 2013
domenica 14 dicembre
18.45 LA2
Hockey: Lugano-Zugo
sabato 20 dicembre
10.15 LA2
Sci: discesa f.emminile
mercoledì 17 dicembre
18.55 LA2
Volley: Lugano-Piacenza
sabato 20 dicembre
16.10 LA2
Hockey: Svizzera-Slovacchia
venerdì 19 dicembre
16.10 LA2
Hockey: Svizzera-Norvegia
sabato 20 dicembre
20.25 LA2
Calcio: Mondiale per club. Finale
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
29
Ti-Press
FUORI
CAMPO
PIERLUIGI
TAMI
Lo sci nordico
Cologna ritrova il podio a Davos
con un terzo posto nel“classico”
La crescita
continua
per i club
in Europa
gli assist forniti da Mikael
Johansson (Rapperswil) e Linus
Klasen (Lugano) in 25 partite,
migliori suggeritori del campionato
48
871
111
i gol realizzati dal Davos
in 29 partite, miglior
attacco del campionato
69
i punti ottenuti in 28 partite
da Fredrik Pettersson
(Lugano), miglior
marcatore del campionato
i punti ottenuti finora dal terzetto Hall,
Giroux, Aucoin, i migliori tre marcatori
dell’Ambrì Piotta (30 gol, 39 assist)
i tiri nella porta di Leonardo
Genoni (Davos) in 29
partite, il portiere più
sollecitato della stagione
60
60
i gol subiti dallo Zsc Lions
in 30 partite, miglior
difesa del campionato
109
i minuti di penalità inflitti
nelle prime 31 partite a Timo
Helbling (Friborgo), il più
penalizzato del campionato
i punti ottenuti finora dal terzetto Pettersson
(nella foto), Klasen, Filppula, i migliori tre
marcatori del Lugano (48 gol, 61 assist)
15.949
94,4
la media spettatori del
Berna nelle prime 15 partite
disputate in casa, la più
elevata della Lega
la percentuale di parate di Lukas
Flüeler (Zsc Lions) in 25 partite, il
miglior portiere tra quelli che hanno
giocato almeno 1.000 minuti
Il calcio
27
La pausa di campionato per
dar spazio alla Arosa Challenge
(19 e 20 dicembre) , secondo appuntamento per la nazionale di
Glen Hanlon dopo la Deutschland Cup, rappresenta un’ottima occasione per tentare un
primo bilancio per Lugano e
Ambrì Piotta in campionato dopo una trentina di partite giocate. Entrambe le ticinesi, infatti,
in un certo senso vanno a braccetto. Non tanto a livello di classifica - dove i bianconeri veleggiano piuttosto tranquilli verso i
playoff, mentre i leventinesi
stanno tentando in tutti i modi
di riemeregere sopra la riga quanto nella ricerca della continuità. Nei risultati. Ma soprattutto nelle prestazioni.
Sì perché anche l’Ambrì nella sua scomoda penultima posizione della classifica ha finora
sofferto soprattutto per le sue
prestazioni altalenanti. Vedere i
leventinesi ancora aggrappati
alla linea che vale i playoff, infatti, ha quasi dell’incredibile
considerando tutto quello che è
successo dalle parti della Valascia. Tra infortuni, pasticci nella
gestione dei portieri, errori arbitrali e punti, tanti punti, persi
proprio sul filo di lana, i tifosi
biancoblù arrivano a Natale
avendone già viste di tutti i colori.
La sensazione è quella che
l’Ambrì è una squadra che può
battere qualsiasi avversario se
riesce a mettere sul ghiaccio le
emozioni. Quelle che portano i
giocatori a lottare su ogni disco,
come successo ad esempio nei
derby (2-2 per ora il parziale
nelle sfide stracantonali), dove
la squadra di Serge Pelletier ha
sempre mostrato grinta, veloci-
tà e presenza fisica. I grattacapi,
invece, iniziano quando le avversarie portano nomi come
Rapperswil, Bienne o Losanna.
Ai leventinesi sembra spegnersi
la luce. Inspiegabilmente. Così
come si spengono troppo spesso
i tre stranieri d’attacco. Con l’eccezione di Adam Hall, per ora
nettamente il migliore tra i giocatori d’importazione in maglia
biancoblù.
Risalendo la classifica fino a
ritrovare il Lugano, installato attualmente ad un quarto posto
piuttosto comodo, ma su cui non
è opportuno “sedersi”, ci si rende conto di come il rendimento
dei bianconeri sia fortemente legato a quello dei suoi quattro
stranieri d’attacco. Pettersson,
Klasen, Filppula e McLean hanno finora collezionato qualcosa
come 127 punti, segnando 54
degli 91 gol totali realizzati dalla
squadra (ossia circa il 60%). Una
LA Bianconeri battuti dal Losanna 5-3 in una partita a tratti inguardabile
PART
ITA
Ritrovato Klasen,manca il gioco
In attesa del debutto di Damian
Brunner il 22 dicembre a Davos, il Lugano a Losanna ritrova Klasen, ma non
il gioco. Perché a Malley finisce 5-3 per
i vodesi in una partita a tratti inguardabile. È il quarto ko di fila! A trovare
il punto del vantaggio sono proprio i
bianconeri. Hytönen e Pesonen trovano il modo di farsi espellere contemporaneamente e a 5 contro 3 Pettersson
porta a 27 il proprio bottino personale.
Non a caso, l’assist è del rientrante
Klasen. Ed è, in pratica, l’unica cosa
che capita in un primo tempo brutto
da vedere, come spesso accade quando in pista scende il Losanna. Avvio di
periodo centrale quindi di marca luganese, ma la pressione degli uomini di
Fischer non porta frutti. Anzi. Proprio
nel momento migliore del Lugano arriva il pareggio del Losanna, grazie a
Conz. I ticinesi pasticciano sempre più
col passare dei minuti e, a cavallo di
metà periodo, incassano anche il 2-1,
con Pesonen lesto a sfruttare una respinta di Merzlikins. Finale di tempo
tutto in sofferenza per i bianconeri,
anche a causa di qualche penalità di
troppo, ma senza gol. Quando le cose
sembrano davvero mettersi male, però, ecco che la grinta esuberante di
Chiesa e il ritrovato fiuto del gol di
Murray riportano avanti il Lugano. Ma
non basta, perché Louhivaara trova
due gol che stendono i bianconeri e Pesonen chiude i conti a porta vuota.
situazione certamente poco “sana”, di cui si è accorto anche Patrick Fischer, parecchio arrabbiato soprattutto con gli svizzeri
dopo il derby perso la scorsa settimana alla Valascia.
Il forfait per infortunio nelle
ultime gare da parte di Klasen,
poi, ha scoperto anche il nervo
del power play, che da arma implacabile si è trasformato in una
lancia spuntata quasi all’improvviso. Al punto da far pensare che le ragioni non siano tutte
da ascrivere all’assenza del geniale attaccante svedese. In prospettiva, poi, gli acciacchi che
terranno lontano Julien Vauclair
per qualche tempo e la salute
cagionevole di Steve Hirschi potrebbero rivelarsi un problema
per un pacchetto difensivo non
sempre convincente al 100%.
Positivo, per contro, l’inserimento proprio in difesa del giovane Calle Andersson che, non a
caso, è già il difensore più produttivo della squadra malgrado
non abbia giocato che 10 partite
con la sua nuova maglia.
Patrick Fischer, insomma, ha
del lavoro da svolgere. Ma ha
anche la base su cui poggiare la
ricerca di risultati più costanti.
Molto più, ad esempio, di quanto
non possa fare Pelletier. E adesso con un Damien Brunner nel
motore…
DARIO COLOGNA
RITROVA IL PODIO
Il fondista grigionese,
28 anni, ritrova il podio
proprio a Davos dopo
qualche problema
si è piazzata la finlandese Kerttu Niskanen. Un punticino è andato anche
alla Svizzera, con Nathalie Von Siebenthal a chiudere in trentesima posizione.
Intanto per gli
organizzatori delle
gare di Davos il lavoro continua, visto
che la Fis ha deciso
di rimanere nei Grigioni anche per le
gare della prossima
settimana, inizialmente previste a
LaClusaz, dove però
la neve si fa attendere. Programma
speculare a quello
di questo week end:
10 km femminile,
15 km maschile e,
in seguito, prove
sprint. Un
programma che piace
anche a Dario Cologna. “Per me è ovviamente una soluzione perfetta - ha precisato il campione rossocrociato -, prima di tutto perché rappresenta una seconda chance
per cogliere la mia prima vittoria in casa”.
m.s.
In Germania e Inghilterra inarrestabili Chelsea e Bayern Monaco. Perdono ancora Aston Villa e Dortmund
Barcellona fermato a Getafe,vola il Real
le reti realizzate in 29
partite da Fredrik
Pettersson (Lugano),
miglior scorer del
campionato
Nella Liga i“blancos”a +4 tentano la prima fuga della stagione
Lugano e Ambrì a braccetto
alla ricerca della continuità
MASSIMO SCHIRA
via - ha sottolineato il grigionese -.
Quando ho notato che Northug non
era più lento degli altri”.
Tornando alla 15 km, poca gloria
per il resto della nutrita pattuglia rossocrociata, con 13
atleti al via. Toni Livers si è infatti
piazzato in venticinquesima posizione, mentre gli altri
atleti sono finiti
molto lontani.
Quest’oggi, domenica, sono invece in programma le
prove sprint, sia in
campo maschile,
sia in campo femminile. Tra gli uomini, Cologna spera
di superare la prima
fase e poi puntare
tutto sulle batterie.
Nella 10 km a Keystone
stile classico femminile che ha aperto
le prove grigionesi, Therese Johaug ha
confermato di essere attualmente su
un altro pianeta. La norvegese ha infatti rifilato oltre 42 secondi alla connazionale Marit Bjørgen, mentre terza
Non fa nemmeno più notizia
l’ennesimo netto successo del
Bayern Monaco in Bundesliga.
Anche ieri, sabato, i bavaresi si
sono sbarazzati con facilità
dell’Augsburg con un rotondo 40, frutto di un quarto d’ora di
fuoco ad inizio ripresa. E allora è
il fondo classifica a fornire gli
spunti più interessanti, con il
Borussia Dortmund, che subisce
la sua nona sconfitta stagionale
nello scontro diretto con l’Hertha Berlino per 1-0. Con i gialloneri a tribolare parecchio sono
anche il Werder, 3-3 interno con
l’Hannover, e lo Stoccarda, 1-1 a
Magonza.Amburgo e Freiburg si
sono lasciati sullo 0-0, così che
la situazione sul fondo rimane
ancora molto fluida, quando alla
fine dell’andata mancano 180
minuti.
In Inghilterra le prime due
hanno vinto i rispettivi impegni.
Il Chelsea si è sbarazzato dell’Hull City con un chiaro 2-0,
mentre il Manchester City è andato ad imporsi sul campo del
Leicester per 1-0. Oggi domenica, avversario ostico per il Manchester United, che ospita il Liverpool.Sul fondo preziosa affermazione del Wba, che ha avuto
la meglio sull’Aston Villa per 10, mentre il Crystal Palace non è
andato oltre il pareggio in casa
per 1-1 contro lo Stoke. Il Burnley ha invece sconfitto il Southampton per 1-0, issandosi sopra la riga. Finisse oggi il campionato, ad essere relegate sarebbero Qpr, Hull e Leicester.
In Spagna c’è da registrare il
mezzo passo falso del Barcellona, che non è riuscito a bucare
DIEGO COSTA
Il portoghese
del Chelsea si
appresta a
segnare il
raddoppio
contro l’Hull.
Ancora
decisivo il suo
apporto
nemmeno una volta la munitissima difesa del Getafe, perdendo così un punto importante nella corsa al titolo. Il Real Madrid
può ora contare su 4 lunghezze
di vantaggio in vetta, dopo che
già venerdì aveva liquidato l’Almeria con un perentorio 4-1.
Domani, domenica, l’Atletico
Madrid potrebbe agganciare i
catalani al secondo posto se dovesse battere il pericoloso Villar-
Reuters
23
Dopo un avvio di stagione alla ricerca della forma migliore, Dario Cologna sulle nevi di casa torna a mostrare
i muscoli, ritrovando il podio con un
terzo posto che indica a chiare lettere
la crescita del campione della Val Monastero. Nella 15 km a stile classico disputata ieri, sabato, ad imporsi è stato
una volta ancora il dominatore della
prima parte della stagione e leader di
Coppa del Mondo, Martin Johnsrud
Sundby, che ha superato il connazionale Didrik Toenseth di 6 secondi e 6
decimi, mentre a Cologna il secondo
gradino del podio è sfuggito per appena sette decimi.
La prova grigionese ha anche permesso a Cologna di risalire la china in
classifica generale, visto che ora il tre
volte campione olimpico è terzo, direttamente alle spalle della coppia norvegese Sundby-Toenseth. “Sono davvero
molto contento - ha spiegato Dario dopo la prova -. Le prime prove della stagione non sono andate come volevo e
ritornare sul podio è veramente soddisfacente”. Il fondista ha poi spiegato
anche alcune scelte tattiche che lo
hanno portato al risultato, ad iniziare
dalla doppia spinta con cui ha affrontato la prova. “Ho deciso di puntare su
questa scelta cinque minuti prima del
Ti-Press
L’Europa conferma il
trend di crescita del calcio
svizzero a livello internazionale. Ed è una crescita non da
poco. Al di là dei risultati in
senso stretto, che sono sotto
gli occhi di tutti, anche il modo con cui sono ottenuti va
sottolineato. Ovviamente nel
calcio ad essere ricordati sono
i risultati, ma il messaggio
lanciato nelle Coppe europee
è importante anche in ottica
futura e si basa su quanto
successo negli anni passati.
Andiamo però con ordine,
iniziando dallo Zurigo, che
delle tre squadre impegnate
in Europa è quella che il primo risultato - la qualifica al
turno successvo - non l’ha ottenuto. Le ragioni dell’eliminazione degli zurighesi non
sono tanto legate alla qualità
del gioco, quanto ad un calo
riscontrato anche in campionato e da far risalire alle molte assenze e all’impossibilità
di ruotare con costanza i giocatori. Lo Zurigo ha comunque fatto il suo dovere, andando a giocarsi la qualifica
all’ultima giornata in un girone che comprendeva pur
sempre due squadre protagoniste nei due migliori campionati del continente: Spagna
e Germania.
E sempre dimostrando di
essere all’altezza della situazione.
La crescita
in Super League è invece
stata positiva per lo Young
Boys, che ha ottenuto un risultato di assoluto livello superando il turno. Perché anche lo Sparta Praga si è dimostrato squadra di elevata qualità, tutt’altro che facile da affrontare. I bernesi hanno approfittato del buon momento
psicofisico per vincere la partita più importante. Non va
però dimenticato che una
qualifica si costruisce sulle
prestazioni di più mesi, non
in una partita secca. E questo
dimostra ancora di più come
il risultato dell’Yb è tutto
fuorché estemporaneo.
“Last, but not least”, ovviamente, il Basilea, promosso agli ottavi di Champion’s
League in un girone dove il
secondo posto sembrava già
assegnato al Liverpool per il
prestigio, l’esperienza e il blasone degli inglesi. E, invece,
soprattutto nella partita giocata in Inghilterra il Basilea
ha lanciato un segnale fortissimo a tutto il calcio svizzero,
dimostrandosi superiore al Liverpool tecnicamente e tatticamente. Dominando la gara,
pur ammettendo le attuali
difficoltà dei “Reds”, manifeste anche in campionato.
Risultati come quelli ottenuti dal Basilea e dallo Young
Boys devono far bene a tutto
il nostro movimento. Perché
aumentano il rispetto nei
confronti del nostro calcio anche dall’estero, cosa che in
passato non succedeva. Questi risultati devono aiutare il
calcio svizzero a superare
quel senso di inferiorità latente, pensando un po’ più in
grande. Non con arroganza,
ma con umiltà. Ma anche con
la consapevoleza che risultati
di questa qualità non sono
più frutto di un exploit
estemporaneo.
La forma migliora per il grigionese,battuto solo dai big norvegesi
real. Anche il Siviglia ha la
ghiotta occasione di tornare in
corsa. Gli andalusi ospitano infatti i neopromosso Eibar e possono così portarsi a -3 dal Barcellona.
In attesa degli impegni delle
prime in programma oggi, domenica, la 18a giornata di Ligue
1 ha proposto un interessante
Nantes-Bordeaux, con le due
squadre in lotta per un posto in
Europa League. I padroni di casa
si sono imposti 2-1, avvicinandosi ulteriormente alle zone alte
della graduatoria. Oggi, domenica, il Psg ospita il Guingamp e
il Marsiglia il Monaco, per due
impegni che dovrebbero permettere loro di mantenere le rispettive posizioni nei piani alti
della classifica.
In Italia Juventus e Roma affrontano le due squadre genovesi. I campioni d’Italia in carica
ospitano la Sampdoria, mentre i
giallorossi rendono vista al Genoa. In uno dei due anticipi del
sabato intanto, il Palermo ha
avuto la meglio sul Sassuolo per
2-1 al termine di una sfida tirata
e dal finale convulso e molto
nervoso.
o.r.
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L’educazione
L’incontro
Sesso e amore
Così nostri figli
impareranno
nella scuola
prossima futura
Walter Siti:
“La verità
nella magia
delle parole”
“Ho 54 anni,
sono nubile
e ora ho scoperto
altri piaceri
ALLE PAGINE 32 e 33
ALLE PAGINE 58 e 59
ROSSI A PAGINA 54
14 dicembre 2014
Link
SOCIETÀ | STILI | CULTURA
Inutili.Gergali.
Tormentoni
politici.
Ridondanti
e insopportabili.
Usati tutti
i giorni da tutti.
E che vorremmo
tanto cancellare
nel 2015
Q
EZIO ROCCHI BALBI
uante parole vorremmo proprio
non sentire più il prossimo anno. E non ci riferiamo a parole
importanti, da esorcizzare, come guerra, fame, terrorismo,
razzismo, pedofilia... Come se
cancellandole potessimo eliminare quanto ad esse collegato.
Più umilmente vorremmo depennare le tanti frasi fatte, i termini usati a sproposito, quelli riportati come un tormentone,
quelle di moda, virali, trasmesse
da spot e tv.
segue a pagina 44
PER COMINCIARE
MENO CHIACCHIERE E PIÙ FATTI
U
L
PATRIZIA GUENZI
n po’ come a parlare troppo di sesso ci si dimentica di farlo, così a furia di vedere programmi tv di cucina viene a
noia anche prendere in mano una pentola. Figuriamoci
preparare un menu completo per eventuali ospiti. Macché. Molto
meglio fare un salto in rosticceria e portarsi a casa tutto l’occorrente. In fondo è la compagnia che conta no? Chi ancora ha voglia di trascorrere un po’ di tempo ai fornelli sono le donne innamorate che per conquistare cuore e palato del loro amato farebbero di tutto. All’inizio. Poi, quando l’amore cala, evaporano anche soffritti, intingoli e sughi vari. Eppure… Eppure in tv è tutto
un fiorire di programmi, gare, fiction e intrattenimenti a carattere culinario. Seguitissimi. Come tutti quanti guardiamo con interesse al tema dell’Expo internazionale 2015 a Milano che si intitola “Nutrire il pianeta - energia per la vita”, tra un mondo sempre più affamato e un altro, il nostro, dove anche i bimbi sono a
rischio obesità.
Tuttavia, più che nuove ricette o piatti elaborati dovremmo
imparare l’abc di una sana alimentazione. Concetto tutt’altro che
nuovo. Da anni medici ed esperti sottolineano l’importanza di un
consumo ragionato di grassi, zucchero e sale. Ma, forse, anche in
questo caso, a giocare contro è proprio il troppo parlarne.
NOSTRO SERVIZIO
Vacanze
invernali
1958
Racconto di
LAURA PARIANI
Illustrazioni di
Marco Scuto
Racconti di lago
e di montagna
Una nuova serie inedita
di storie brevi d’autore
A pagina 60
La parola “femminista” non
avrebbe dovuto essere inclusa
nell’elenco delle parole da depennare proposte dal settimanale Time nel sondaggio destinato ai suoi lettori online.
Sì, perché alla fine, probabilmente più per provocazione
che per misoginia, è stata proprio “feminist” la parola più
cliccata tra quelle da cancellare.
segue a pagina 45
Diego Erba
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
32
Gabriele Gendotti
Daniele Bianchetti
Silvio Tarchini
67 ANNI, EX DIRETTORE DIVISIONE DELLA SCUOLA
60 ANNI, EX MINISTRO DELL’EDUCAZIONE
59 ANNI,DIRETTORE DI SCUOLA MEDIA
70 ANNI, IMPRENDITORE
In passato si sono sempre impostate le
riforme sui singoli settori, dalle elementari
alle medie. Si è proceduto piano, a tappe.
Stavolta mi pare si tratti di una riforma più
complessiva. E avrà un forte impatto sulle
scuole superiori che seguono.
L’obiettivo della riforma è una scuola per
tutti. Sono d’accordo su questo concetto
se si fissa un obiettivo. Ovvero far arrivare
tutti i ragazzi, creando moderni strumenti
educativi, sino al traguardo delle medie.
Oltre, ci deve poi essere una selezione.
La riforma comporterà un differente metodo
di lavoro per gli insegnanti, che dovranno
affrontare i loro compiti in modo più
concertato. Sono però sicuro che il nuovo
sistema vada visto come un’opportunità
e non come un ostacolo.
È l’ennesimo abbassamento della selettività
della scuola. L’abolizione dei livelli porterà
ad ulteriori difficoltà nel momento del
passaggio nel mondo del lavoro. Ma
soprattutto saranno guai per coloro che
vorrano continuare a studiare.
L’educazione. Si apre il dibattito
sulla riforma scolastica.Opportunità per tutti
e selettività,i temi per un acceso confronto
La politica
Sono il ministro
ma da genitore
io,vi dico che...
Dal vecchio al nuovo
l’insegnamento cambia,
ecco come i nostri figli
impareranno a scuola
U
na scuola davvero per tutti. Inclusione e integrazione per ogni allievo. Ecco il traguardo finale
della riforma della scuola dell’obbligo, presentata
giovedì scorso dal ministro Manuele Bertoli, che
si muove su una strada già imboccata da tempo
per offrire a tutti i ragazzi le stesse opportunità.
Abolizione del sistema dei livelli, insegnamento a
misura del singolo studente, eliminazione delle
medie numeriche finali per i giudizi, accesso facilitato ai gradi superiori d’istruzione abolendo anche la licenza elementare. Ecco come cambierà
l’insegnamento per i nostri figli con la riforma che
MANUELE BERTOLI,
direttore del dipartimento dell’Educazione,
della cultura e dello sport
C
Le critiche del Ppd e Liberali-radicali
La svolta formativa
non piace al centro
L
dovrebbe concretizzarsi entro il 2020. Una scuola
più equa e meno selettiva, saranno questi i temi
del confronto politico sulla riforma. L’assetto complessivo, a parte qualche tardivo accento sessantottino, convince per lo sforzo di adattamento ad
una società completamente mutata. Sullo sfondo
resta una delle principali conseguenze di questo
mutamento. Ossia, i rapporti tra scuola e famiglie, con queste ultime che troppo spesso in affanno educativo tendono a scaricare sulla prima
problemi e difficoltà che non riescono più a gestire da sole.
I numeri del 2014-2015
Scuole dell’infanzia
ed elementari
passano da 23.083
a 23.100 allievi
Il docente/1
-174allievi +102allievi
Scuole
medie
passano da 12.179
a 12.005 studenti
Docenti
impegnati
in tutte le categorie
dell’insegnamento
L’opinione di Waldemar Wiczynski insegnante in pensione di scienze
“È una virata salutare
per professori e allievi
e renderà tutti più liberi”
OMAR RAVANI
I
Scuole
medie superiori
passano da 4976
a 5078 ragazzi
5.026
nsegnante di scienze e geografia
alle scuole medie per più di trent’anni e in pensione da un paio,
Waldemar Wiczynski nella sua carriera
ha vissuto più di un cambiamento. “La
storia della scuola secondaria è stata
costellata da piccole e grandi rivoluzioni - dice -. Ricordo nei miei primi
anni il passaggio dalla divisione tra
ginnasio e Maggiori alla media unica.
Poi l’introduzione delle sezioni e quella
dei livelli in alcune materie. Nessuna
riforma ha in realtà causato dei grossi
problemi nel mio lavoro”.
L’insegnante sa benissimo che il
suo impegno per aggiornarsi non cambia per nulla. “Ogni docente deve tenere il passo con l’evoluzione della sua
materia - continua Wiczynski -, e quindi predisporsi ad ogni piccolo e grande
cambiamento. E quello proposto qualche giorno fa è molto interessante. Sono contento che la scuola miri ad essere più a misura di allievo. La svolta era
già da qualche anno nell’aria e finalmente si è realizzata”.
La scuola dell’obbligo diventerà un
blocco unico. Nessuna licenza elementare, ma un diploma che verrà consegnato alla fine dell’iter obbligatorio.
“Un’ottima idea, che permetterà una
visione più a largo raggio - osserva
l’insegnante -. Anche l’allievo avrà
meno difficoltà di adattamento quando arriverà alle scuole secondarie. E
sono contento che per accedere alle
superiori non ci sarà più bisogno della
media”.
Per molti è questa la vera rivoluzione. Non più una selezione basata
sui freddi numeri, ma legata anche ad
altri aspetti. “L’allievo sarà più responsabilizzato nella sua scelta - sottolinea
Wiczynski-. Non sarà più sufficiente
avere il fatidico 4,65. Il lasciapassare
per le superiori se lo conquisterà, al di
là delle buone valutazioni, con un impegno costante che deve essere riconosciuto dai suoi docenti”. Chi era
chiamato a giudicare con un freddo
numero il rendimento di un allievo, un
domani lo potrà fare col cuore un po’
più leggero: “Diciamo che le note saranno più veritiere. A volte dare un
mezzo punto in meno sul libretto significa sbarrare al giovane diverse
possibilità. Con la riforma si sarà più
liberi anche in quel delicato impegno
che è la valutazione dei ragazzi”.
[email protected]
Q@OmarRavani
Ti-Press
+17allievi
L’analisi
I principi della riforma
L’offerta
Lezioni, atelier, laboratori per diversificare il
più possibile l’offerta didattica e una scelta di
materie opzionali per promuovere inclinazioni,
interessi, bisogni e potenzialità degli allievi
Gli orari
La griglia oraria è più flessibile e modulare per
facilitare un insegnamento in base alle competenze. Ma nessun incremento delle ore
scolastiche per non sovraccaricare gli allievi
Le note
Le valutazioni numeriche saranno accompagnate da una descrizione delle competenze.
Abolita la licenza di scuola elementare; una
sola al termine della scuola dell’obbligo.
Le differenze
Generalizzazione di una pedagogia differenziata
per gestire l’eterogeneità degli allievi. Introduzione del profilo dell’allievo e della classe
per facilitare la differenziazione
I docenti
Più importanza al docente di classe anche
nelle scelte orientative per gli allievi. Incoraggiamento della collaborazione tra docenti per
una miglior condivisione del lavoro
Il docente/2
a riforma scolastica presentata dal ministro
Manuele Bertoli segna un solco fra i partiti.
Già designato il fronte pro e quello “critico”,
rappresentato dai partiti di centro. Per Franco Celio, deputato Plrt, alcune misure come l’abolizione
della media finale, rischiano di svalutare la funzione primaria della scuola “che non è rilasciare, comunque sia, dei certificati”. Celio non esclude delle modifiche “sostanziali” ed eventualmente anche un referendum su questa riforma “non sgombra da considerazioni elettorali”.
Non da meno Giovanni Jelmini, presidente del
Ppd, sottolinea i rischi di una scuola che presuppone una minor rigidità nell’accesso alla formazione
medio-superiore: “La preoccupazione che abbiamo è di evitare un appiattimento della qualità
dell’istruzione, una formazione al ribasso non gioverà ai nostri ragazzi”. Il fronte “pro” invece registra l’arrivo convinto della Lega. Michele Guerra,
deputato leghista, già presidente della Commissione scolastica, è infatti decisamente a favore delle proposte “a misura d’allievo” che di fatto aboliscono i livelli nelle medie: “Una rivoluzione era ed
è necessaria per una scuola che non funziona più
come dimostrano i test Pisa e il quasi 40% di bocciature in prima liceo. Sulle singole misure ci
esprimeremo in commissione”.
c.m.
Pro e contro secondo Manuel Notari, giovane maestro elementare
“Fondamentali i concetti
di inclusione ed equità,
ma una selezione ci vuole”
PATRIZIA GUENZI
I
l concetto di inclusione è quello che
più lo entusiasma, da due anni nella sua classe studia un bambino
con un disturbo autistico. Manuel Notari, 29 anni, docente da sei all’Istituto
scolastico di Serravalle, non ha dubbi
sull’efficacia di questo obiettivo, sottolineato con forza dal ministro dell’Educazione Bertoli durante la presentazione della riforma scolastica. “È fondamentale, sia per l’allievo che per l’intera classe - spiega Notari -. Si prefigge di dare delle competenze sociali che
altrimenti i bambini non riceverebbero. Fa parte di quegli obiettivi che la
scuola da un po’ si è già data, che non
riguardano più solo l’aspetto nozionistico”. Qualche dubbio, il docente lo
avanza sul passaggio “automatico”,
senza la necessità di una media numerica di voti, a qualsiasi formazione successiva dopo la scuola dell’obbligo.
“Una selezione è necessaria prima del
liceo, per responsabilizzare il ragazzo
e non fargli prendere una strada magara non adatta a lui”, nota il docente.
Tutto sommato, la riforma scolastica soddisfa Notari, già abituato, ad
esempio, ai giudizi al posto dei voti.
“Certo, una difficoltà in più per noi insegnanti - sottolinea -. Più semplice,
in fondo, apporre una nota e basta. In
questo caso dobbiamo riuscire a parole a spiegare e l’attività scolastica e il
rendimento del ragazzo”. E le difficoltà aumenteranno. “Un insegnamento
più personalizzato impone più impegno da parte del docente - riprende -,
riuscire a portare avanti tutti gli allievi, tenendo conto di chi è più debole e
di chi è più forte, senza togliere a nessuno… bè, è sicuramente interessante, ma è anche molto faticoso”. Eppure, questo è il concetto di equità, altro
pilastro su cui si fonda la riforma.
“Certo, la scuola deve offrire ad ogni
allievo le stesse opportunità formative, ci mancherebbe - osserva -. Tuttavia, speriamo che agli insegnanti venga dato un ulteriore sostegno. Già oggi
abbiamo il supporto di docenti specializzati quando in classe vi sono allievi
con difficoltà di apprendimento, così
da poter portare avanti il programma
senza penalizzare nessuno. Ma visto
che si andrà verso una maggior personalizzazione dei percorsi formativi, si
renderanno necessarie ulteriori figure
di accompagnamento”.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
ome tanti genitori, mi aspetto che
la scuola sia in grado di accogliere
adeguatamente i miei figli, che
sappia concorrere alla loro educazione
assieme a noi, che sia impegnata a trasmettere loro conoscenze, abilità, curiosità per il sapere, ma anche che sia in
grado di capire i loro momenti di debolezza e le loro qualità intrinseche.
La mia esperienza mi dice che lo sta
facendo egregiamente, soprattutto attraverso il gran lavoro dei docenti, ma anche che gestire le dinamiche delle classi,
seguire tutti i ragazzi e le ragazze con le
loro proprie peculiarità è molto impegnativo. Lo so, non è l’esperienza di tutti
i genitori, anch’io ho avuto qualche
confronto meno positivo durante
parte della mia formazione personale, ma pure questo mi permette di apprezzare globalmente il lavoro che l’istituzione scolastica sta svolgendo.
È comunque interesse di tutta la collettività che la scuola riveda periodicamente i
suoi contenuti e le sue modalità di funzionamento, il “cosa” e il “come”, con
l’obiettivo di essere sempre migliore.
Questi sono anni importanti per la scuola dell’obbligo ticinese. L’anno prossimo
avrà a disposizione dei piani di studio
nuovi, quelli che una volta si chiamavano “programmi” e che definiranno il
”cosa”, e da giovedì con il progetto “La
scuola che verrà” sono noti i primi orientamenti sul ripensamento del “come”.
Lasciamo che la discussione attorno
all’organizzazione della scuola e alle modalità pedagogiche sia condotta prima di
tutto dentro gli istituti scolastici, perché
sono gli insegnanti, i direttori e le varie
figure della scuola i primi a volersi confrontare su queste cose. In questi anni
ho visitato molti istituti ed ho sempre
trovato persone motivate, che tengono
al loro lavoro, che sanno arrabbiarsi
quando hanno l’impressione che esso
non sia considerato e che sanno esprimere orgoglio per i risultati positivi ottenuti.
Anche noi genitori abbiamo la nostra
parte da fare, anch’essa piuttosto impegnativa, che naturalmente dipende molto pure dalle condizioni nelle quali si
trovano le nostre singole famiglie. A volte le cose vanno bene, a volte meno, ma
quel che è importante è che tra noi e gli
insegnanti si possa costruire un solido
patto educativo a favore dei nostri figli,
senza scaricabarile, con un dialogo franco e diretto, cooperando per raggiungere
gli obiettivi che non possono che essere
comuni.
Se la scuola sa stare al passo con i
tempi, mobilitando la professionalità di
chi vi lavora attorno a progetti volti a
migliorarsi, noi genitori non possiamo
che guardare con interesse e favore a
questo processo. I primi a trarne profitto
saranno le nostre ragazze e i nostri ragazzi, che per noi rappresentano qualcosa di importantissimo, fondato su legami
emotivi indissolubili, ma che per la nostra società nel suo complesso rappresentano addirittura la sostanza del suo
futuro.
33
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
34
leamichedelladomenica
P
aris è una Ville Lumière un po’ al buio
per le feste di Natale. Tradizionalmente, quando su Parigi calavano le luci
della sera, Place de la Concorde si illuminava di decine di lampioni. Oggi si
illumina ancora, ma di luce fioca. Ecologia e risparmio obligent. Eppure nel periodo prenatalizio si attendeva l’accendersi delle luminarie.
E per fortuna il nuovo sindaco, Madame Hidalgo, ci ha restituito le lucine tradizionali
che l’ex primo cittadino
Bertrand Delanöe aveva
sostituito sui Champs
Elysées con anelli ultramoderni viola e rosa.
Come ogni anno il pronti via all’illuminazione
natalizia è avvenuto in
diretta ed al suono di
“Let it snow”.
Lasciandoci alle spalle Montparnasse ed il
Quartiere Latino (ormai ridotti al lume di candela) le luci natalizie le ritroviamo lungo i grandi
magazzini, fino all’apoteosi di place de la Madeleine con Hediard e Fauchon che rivaleggiano in
prodotti extralusso. Da Fauchon ci possiamo togliere lo sfizio di 180 grammi di fois gras a “soli”
90 euro, lasciando a chi può meravigliose ceste,
di leccornie, champagne incluso. Ma la sublimazione del trendy, per i più snob, sono le carrube
di Hediard. Il massimo della raffinatezza, se si
pensa che dai semi dell’antiestetico legume ha
origine il carato, l’unità di misura dei diamanti e
dell’oro... Legume che, per il Natale 2015, merita
come colonna sonora la canzone di Mina: “Ma
che bontà… ma che cos’è questa robina
qua?”. Sì, perché le carrube costano 47
euro al chilo!
Protagonosta natalizio anche il topolino buongustaio, colto sul fatto nella vetrina di Hediard mentre degustava carissimi dolcetti. Anche se citato da
tutti i giornali, non ha rilasciato interviste nonostante la garanzia di
anonimato. Altrimenti avrebbe
giustificato la sua presenza come
il topo Rémy nel film “Ratatouille”, anche lui clandestino in un
ristorante stellato: “Perché qui?
Perché ora? Quale posto migliore di Parigi per sognare?”.
È
Le carrube da oreficeria
e il topolino buongustaio
“Non risuscitatemi,grazie
Non ho abbastanza soldi
LUISA PACE
ELVIRA DONES
daParigi
daSan Francisco
I
n Egitto il divario ricchipoveri è una larga forbice
arrugginita che la nuova
giunta militare, fan di sfrenate politiche neo-liberiste,
non sembra aver intenzione di
smuovere.
Essere egiziano oggi, infatti, significa fare parte di quella maggioranza che non ha un salario minimo,
una protezione sul lavoro, e non può
esprimere la propria opinione politica in
un bar. Significa fare la fila per i sussidi
per il pane - un pezzo di simil cartone prodotto dalle industrie militari - e stringere la
cinghia di fronte ad un’inflazione galoppante
che non sembra arrestarsi.
Essere egiziana significa tutto questo, e anche
molto di più.
Proprio in settimana si è conclusa la
campagna internazionale di sedici giorni
di attivismo contro la violenza di genere,
e vale la pena ricordare che il 47% delle
donne egiziane riporta di aver subito
violenze domestiche, quasi il 100%
(dati Onu) ha subito molestie sessuali
e l’80% mutilazioni genitali ( dati
Unicef).
Si aggiungono gli stupri, un
fenomeno non quantificabile
(visto che denunciarli è pericoloso oltre che “sconveniente”) e
che raggiunge i suoi apici più bestiali negli stupri di
gruppo verificatisi nelle
manifestazioni degli ultimi tre anni.
Ma è bene ricordare
che le egiziane sono anche quel 62% che contribuisce almeno per la
metà al reddito famigliare. E sono quelle donne che, manifestando
per i propri diritti di cittadine, rischiano di finire
in carcere. Come Yara Sallam, 28 anni, attivista
per i diritti delle donne, arrestata lo scorso giugno nel quartiere di Heliopolis al Cairo mentre
comprava una bottiglietta d’acqua a poca distanza da una manifestazione. Accusata senza uno
straccio di prova di “vandalismo e manifestazione
non autorizzata”, lo scorso 26 ottobre è stata
condannata a tre anni di carcere.
un venerdì di meraviglioso sole e
allegri pensieri, e nel giardino di
casa vengo punta da una zecca.
Riesco a strapparla via dal dorso
del piede; l’arto si gonfia che sembra un tubero pieno di anabolizzanti. Chiamo il
medico: lo studio è chiuso, sono passate le sedici
di venerdì e fuori sono 24 gradi. In farmacia mi
dicono che mi serve un antibiotico, ma ci vuole
la ricetta. Passo una notte quasi insonne e il sabato vado al pronto
soccorso: io e il mio
piede ci sistemiamo
sulla tristissima sedia
in plastica, mio marito
va a sbrigare la burocrazia. C’è poca gente,
mi dico, finiamo in un
attimo.
Dopo un’ora arriva la dottoressa, guarda il
piede, scrive la ricetta per l’antibiotico, tre minuti scarsi in tutto.
Qualche giorno dopo, la fattura: più di 1’400
dollari; 350 per la “visita medica” e 1.080 “per
essere stata visitata nella nostra struttura”, come
precisa la signorina al telefono, da noi interpellata per vederci più chiaro in questa follia. Franchigia alta, paghiamo noi.
A Megan Rothbauer, una donna trentenne
dello Stato del Wisconsin, è andata molto peggio.
Un giorno di settembre finisce in coma per un
arresto cardiaco. Arriva l’ambulanza e trasporta la paziente al più vicino ospedale, il Saint
Mary (non convenzionato con l’assicurazione sanitaria della donna). Dopo dieci giorni Megan esce dal coma e riceve una
fattura di 254’000 dollari. Dopo vari
tira e molla riesce a ridurre il debito
a 50’000. Se l’ambulanza l’avesse
scaricata mezzo miglio più avanti,
al prossimo ospedale (convenzionato con la sua assicurazione) Megan avrebbe dovuto
scucire solo 1’500 dollari.
Megan sta pensando di dichiarare fallimento.
Morale: negli Usa,
sempre tenere addosso un
biglietto con scritto “In
caso di problemi, non risuscitatemi: non me lo
posso permettere.”
S
La difesa delle egiziane
è costata cara aYara
iamo al 14 di dicembre, ossia a
dieci giorni dalla vigilia di Natale e non ho
ancora né sentito, né letto,
né visto “Gesù”. I supermercati hanno lanciato le
festività ormai quasi da due
mesi, le boutiques sono decorate, ma non c’è traccia di una
mangiatoia, di un bimbo infagottato, nemmeno nella versione di
plastica su qualche bancarella, neanche un angelo Gabriele inghirlandato.
Devo abituarmi a questa idea: il consumismo e il materialismo hanno liquidato i Nazareth. Una volta per tutte. Esiliati non so dove. Cerco. In Francia, di recente, alcuni
presepi hanno dovuto essere ritirati da
luoghi pubblici, su ordine dello Stato, in
nome della laicità. Per non turbare quelli
che non credono al “figlio di Dio”. Musulmani intolleranti o semplici atei, di sinistra
o di destra. Pensavo che il mio Salvatore
fosse più fortunato.
Per dieci anni, un presepe vivente ha animato il cuore delle serate illuminate a Losanna, durante le tre serate dedicate allo
shopping “notturno”. Finito: l’accampamento del bambin Gesù è stato abbandonato in fretta e furia. Lo spettacolo della
natività dal costo di 140mila franchi non
ha più luogo. Troppo caro. I tre dromedari portati da Bienne costavano, da soli, 15mila franchi. Il budget per le manifestazioni si è sciolto,
e con lui quello per Gesù
bambino. In più, mi
spiffera un’organizzatrice, l’evento non appassionava le folle. So che non
lo incrocerò. Terre protestanti poco luccicanti.
Ogni sera dell’avvento, nel mio villaggio da 2.200
abitanti, le finestre di una casa si illuminano su
aperitivi copiosi, vino caldo, raclette, minestra, per
tutti. Una festa dell’ospitalità inabituale. Ma nessuna traccia di decorazioni cristiane. Torno quindi
ai veri valori. L’acquisto di un gadget inutile. Il
presepe giocattolo Playmobil mi tende le braccia
da pagina 58 del catalogo. Signore, perdonami...
Il laicismo modernista
ha scacciato il presepe
COSTANZA SPOCCI
FLORENCE DUARTE
daIl Cairo
daLosanna
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
ilcaffèLink 35
L’intervista. La presidente della Confederazione
Simonetta Sommaruga tesse le lodi della democrazia diretta.
Un potere delicato che riguarda tutti e che impone una
costante discussione.Ha perso
battaglie importanti,come
quella sull’immigrazione
di massa, ma non l’ultimo
GIOVANE E IMPEGNATA
Sommaruga, 21enne,
esame.Con il popolo che
con alcuni amici musicisti;
a destra, la presidente
ha respinto ampiamente
adolescente, quando la
musica e la lettura erano
l’iniziativa di Ecopop
le sue passioni
DR
DR
Sedrik Nemeth
“Dalle altre nazioni
la Svizzera è vista
come un barometro”
CATHERINE BELLINI, L’Hebdo
L
L’ELEZIONE
Simonetta Sommaruga lo
scorso 3 dicembre è stata
eletta dal Parlamento
federale presidente della
Confederazione per il 2015
a democrazia diretta è la sua vita. Appena eletta in Consiglio federale, si batte contro l’iniziativa dell’Udc per l’espulsione degli stranieri criminali. Da allora affronta campagne per votazioni importanti, come quella contro l’inasprimento della legge sull’asilo o l’iniziativa Minder, entrambe osteggiate dal suo partito. Poi la sua prova più
grande, il sì all’iniziativa contro l’immigrazione di massa. Un terremoto politico che la mette a dura prova. Tocca infatti a lei la missione quasi impossibile di rendere
compatibile l’applicabilità della decisione con l’accordo
sulla libera circolazione delle persone. Infine l’ultimo
esame, con il popolo che respinge a larghissima maggioranza l’iniziativa Ecopop.
È a causa di questo “percorso di guerra”, o forse per
merito dello stesso, che Simonetta Sommaruga ha scelto
di parlare di democrazia diretta per tutto il prossimo anno. Così facendo vuole mandare un messaggio al parlamento e al popolo: assumetevi le vostre responsabilità
con serietà. Da voi dipende il nostro futuro, quello dei
nostri figli. Ne discutiamo con lei, nel suo ufficio a Palazzo federale.
Nel suo discorso davanti all’Assemblea federale ha
parlato di rispetto. Ma durante i dibattiti spesso il rispetto manca. Vorrebbe un confronto più civile?
“Non ho nulla contro le discussioni animate e i confronti a muso duro. Fanno parte del nostro sistema. Ma
ci deve sempre essere il rispetto. È l’essenza stessa della
concordanza. Mi impegnerò durante quest’anno presidenziale affinché il Consiglio federale possa funzionare
così”.
Vorrebbe dire che ora ciò non accade?
“No. Ma la concordanza non è scontata in un governo
che comprende cinque partiti differenti. È un caso unico
al mondo. Bisogna prendersene cura e coltivare l’arte del
compromesso. Perché fare un passo verso l’avversario è
una forza, non una debolezza. Soprattutto in una democrazia diretta. Dobbiamo riflettere molto presto, a mon-
te, su come potremmo ottenere l’avallo del parlamento
su un progetto. Solo dopo dovremmo pensare alle possibilità di ottenere una maggioranza di voti in votazione
popolare”.
Un esempio?
“La riforma delle pensioni. Abbiamo dibattuto a lungo in Consiglio federale e anche rivisto il progetto dopo
la consultazione. Siamo consci della necessità e dell’importanza cruciale di questa riforma. Procediamo alla
stessa maniera per tutti i progetti, come, ad esempio, la
svolta energetica o la politica economica”.
È proprio la democrazia diretta che rischia di bloccare le riforme…
“Ecco perché è importantissimo che il Consiglio federale e il
parlamento si prendano le loro responsabilità affinché questo non
succeda. Ci si deve accordare per
proporre un pacchetto equilibrato
e accettabile per i cittadini”.
Per la prima volta da quando è
Consigliere federale, per un
anno intero non dovrà difendere alcun oggetto in votazione
popolare. Ed ecco che vuole
parlare dei diritti d’iniziativa e Reuters
referendum. È masochista?
“Al contrario. Me ne rallegro. Il nostro sistema è fantastico. La democrazia diretta non riguarda solo i diritti
popolari. Tutte le componenti, governo, parlamento ed
elettorato, hanno un’importanza fondamentale. E delle
precise responsabilità. Tutti i giorni mi rendo conto che
questo argomento interessa il popolo. Quando prendo il
bus, il sabato al mercato o al bar, la gente mi domanda
della vita politica. E mi parlano anche dei loro problemi”.
Quali sono le preoccupazioni più frequenti?
“La paura dei cittadini di perdere il lavoro. E mi chiedono quali saranno le conseguenze del voto del 9 febbraio sull’immigrazione”.
Il suo amore per la democrazia diretta non è sempre
corrisposto. Ha perso battaglie importanti, come
quella sull’immigrazione di massa. Cosa prova
quando arrivano queste sconfitte?
“Fanno parte della democrazia. In parlamento ero
spesso in minoranza. In Svizzera ognuno vive, prima o
poi, questa esperienza. Una volta si vince, l’altra si perde. E grazie a ciò siamo più sensibili verso le minoranze.
Chi vince è felice, ma chi perde sa che sarà trattato con
rispetto. Nella nostra cultura politica non applichiamo il
principio di “The winner takes it all” (il vincitore arraffa
tutto, ndt). Teniamo conto di tutte le preoccupazioni
espresse, anche se non vengono dalla maggioranza”.
Quali sono i toni da usare in una campagna? Johann
Schneider-Ammann prima di Ecopop ha detto di
avere paura. E ha vinto. Prima del 9 febbraio non
avrebbe dovuto usare toni più incisivi?
“Si tratta sempre di trovare una via di mezzo. Credo
che dobbiamo informare chiaramente sulle conseguenze
di un’iniziativa, non allarmare. Evidentemente il 9 febbraio, la preoccupazione per l’immigrazione è stata più
forte delle nostre racomandazioni. L’avevamo scritto anche sul volantino informativo che si sarebbe aperto un
periodo d’incertezza in molti campi. Per Ecopop è stato
invece decisivo l’impegno del mondo economico”.
Con un solo voto, quello del 9 febbraio, si è rischiato
di cancellare anni di trattative con l’Ue...
“La democrazia diretta a volte è severa. Ma ammiro
il coraggio di un sistema che scuote regolarmente il Paese. Siamo sempre sotto esame per trovare soluzioni ai
problemi, come quelli del mercato del lavoro e della concorrenza della manodopera estera. Un politico tedesco
mi ha detto che osserva con attenzione le votazioni in
Svizzera, perché specchio di problemi presenti anche in
Germania. La Svizzera è vista come un barometro al di
fuori dei suoi confini. Ogni decisione suscita reazioni. È
la democrazia diretta, dove il popolo ha sempre l’ultima
parola”.
Salvo quando si scontra con il diritto internazionale,
come nel caso dell’espulsione dei criminali stranieri. Ecco perché l’Udc vuole lanciare un’iniziativa
per privilegiare il diritto elvetico a quello internazionale.
“Ci sono dei limiti. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo non ci è stata imposta. E, anzi, la libertà
d’espressione e il divieto di tortura sono diritti fondamentali applicati anche in Svizzera”.
Parlamento e governo non dovrebbero mostrarsi più
coraggiosi e dichiarare nulle iniziative che vanno
contro il diritto internazionale?
“La Costituzione elvetica è chiara: non tocca alla politica deciderlo, ma alla giustizia. Si può però discutere di
riforme. Ma credo molto nella nostra cultura politica, dove ciascuno conosce il ruolo che deve ricoprire”.
E aggiungere una domanda supplementare in caso
di dubbio? Ossia: se l’iniziativa è accettata la Svizzera può denunciare l’accordo toccato? E cosa dice
di chi vuole rivotare sul 9 febbraio?
“È bello veder emergere tutte queste idee. Dimostra
la vitalità del nostro sistema, in continua evoluzione. Voglio che il popolo continui ad esprimersi su queste questioni e sulla nostra cultura politica. Perché ha un immenso potere e una grossa responsabilità in Svizzera”.
Spesso il cittadino incontra il politico solo quando è
in corso una raccolta di firme...
“Io stessa sono spesso scesa in strada per raccogliere
adesioni per un’iniziativa. Si sviluppano grandi discussioni. È l’occasione per molti di avvicinarsi alla politica e
confrontarsi con chi non la pensa come loro. È uno scambio di opinioni equo. I passanti dicono quel che pensano
e perché. È affascinante. Una grande forza del nostro
Paese. Potersi esprimere tre-quattro volte l’anno è tutt’altra cosa che poterlo fare solo
una volta ogni quadriennio, come
succede altrove”.
Il diritto d’iniziativa è diventato
uno strumento di marketing dei
partiti. Non c’è un abuso di democrazia?
“Non credo. Non è la prima volta che ci sono tante raccolte di firme in ballo. Tra il 1995 e il 2000
abbiamo votato 105 volte. Rinunciare al lancio di iniziative sarebbbe un errore. Il governo deve chiedersi perché ci sono così tanti referendum e iniziative e
quali sono i messaggi che vogliono inviarci”.
I cittadini votano troppo “di pancia”? Molte iniziative hanno avuto successo ultimamente.
“Quando vota un’iniziativa, il popolo la inserisce nella Costituzione. È una grande responsabilità. E lo deve
fare con senno, perché le sue decisioni concernono persone che non hanno voce in capitolo, come bambini o
stranieri. Non è facile. È la stesso compito che incombe
ai politici. Se la volontà popolare non sarà stata sufficientemente esaudita, ci sarà un referendum. E una nuova
votazione”.
Traduzione e adattamento
a cura di Omar Ravani
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
36
ilcaffèLink 37
Il reportage. Una scuola di danza a Rio
finanziata da Berna e da aziende elvetiche.
Un’ operazione di marketing per attirare turisti
Il progetto
MUSICA E COLORI
Il console generale
Giancarlo Fenini, 60 anni, di
Cevio, mostra costumi e
bozzetti al direttore di
Svizzera Turismo Jürg
Schmid, durante la visita alla
scuola di samba Unidos da
Tijuca, finanziata dalla
Confederazione
1
L’ACCORDO
Da circa un anno tra la Svizzera e
il Brasile è stato firmato un
accordo. Berna sostiene Unidos
da Tijuca, la nota scuola di samba
carioca nell’ambito di un progetto
di marketing turistico.
Samba e trasgressione,
il ballo della Svizzera
al Carnevale brasiliano
GIUSEPPE BIZZARRI
da Rio de Janeiro
S
wissamba è un nome seducente. È stato dato alla singolare relazione “carnevalesca”
nata da circa un anno tra la
Svizzera e il Brasile, dove il
governo elvetico sostiene Unidos da Tijuca, la nota scuola di samba carioca, la
quale celebrerà la cultura Svizzera nella
sua parata di Carnevale che realizzerà a
febbraio nel sambodromo della Marquês
de Sapucai a Rio de Janeiro. Swissamba
non è solo un’intelligente operazione di
marketing del governo per promuovere
Pubblicità
investimenti commerciali e il turismo
svizzero in Brasile, ma sarà un’animata
piattaforma per rimuovere preconcetti
culturali che persistono ancora oggi tra
i due Paesi.
“Non vogliamo promuovere l’idea
stereotipata delle mulatte, sesso e capirinha, quello cui siamo interessati è dare un’idea di cultura e di un carnevale in
cui ci saranno un esercito di persone a
lavorare in questo baraccone”, spiega al
Caffè, il ticinese Giancarlo Fenini, console generale della Svizzera a Rio de Janeiro. Il concetto è ribadito anche da
Jürg Schmid, il direttore di Svizzera Turismo in visita con la delegazione elveti-
2
3
4
LA SCUOLA
La cultura svizzera sarà presente
con la sua scuola nella parata di
Carnevale di febbraio nel
sambodromo della Marquês de
Sapucai a Rio de Janeiro.
GLI INVESTIMENTI
ca alla Cidade do Samba, dove Unidos
da Tijuca costruisce i carri allegorici e i
fiammeggianti costumi per i partecipanti alla parata che dovranno ricordare la
cultura elvetica ai brasiliani e al mondo.
“Credo che in Svizzera - afferma Schmid
- siano in molti a non avere ancora realizzato le potenzialità del Brasile, un
grande Paese con 200 milioni di abitanti, ricco di risorse e con una classe media emergente. Tutto questo fa del turismo un aspetto interessante e importante”. La Svizzera, dove l’irriverenza
nei confronti della normalità vive nel
carnevale di Basilea, trasgredirà il quotidiano al tropico del Capricorno con
Unidos da Tijuca, la scuola di samba
scelta accuratamente dagli svizzeri per
portare la cultura dei cantoni nella Sapucai; e lo farà ricordando Clóvis Bornay, il creativo carnevalesco brasiliano
figlio di un noto gioielliere svizzero, che
è stato uno degli emigranti più noti della
colonia elvetica brasiliana di Nova Friburgo.
La scuola di Samba presenterà, attraverso gli occhi di Bornay, la storia, la
cultura e le invenzioni create dal popolo
rossocrociato attraverso la fantasmagorica visione di carri a forma di drago di
Lucerna, o di orologi, e persino coltelli
che rammentano l’inconfondibile tem-
perino rosso “Made in Switzerland”. “Il
governo ha colto l’opportunità dei megaeventi sportivi, i Mondiali di calcio e
le Olimpiadi, per fare una campagna di
divulgazione sulla Svizzera in Brasile.
Abbiamo però pensato che, tra le due
manifestazioni, avremmo avuto bisogno
di un’altra opportunità per fare sì che le
imprese nazionali potessero avere una
grande piattaforma per mostrare i loro
prodotti. Le piattaforme possibili erano
due, le novela e il carnevale. Abbiamo
scelto quest’ultima”, spiega l’ambasciatore svizzero in Brasile, André Regli.
L’ambasciatore non ha mai visto nel
mondo un Paese in cui le “imprese sviz-
zere abbiano investito nell’arco di un
anno, tanto quanto in Brasile”. L’insaziabile interesse elvetico verso il gigante sudamericano cresce sempre più,
tanto che, ricorda Regli, è stata costituita una task force specializzata, presso
cui le aziende possono informarsi su come agire e comportarsi per insediarsi in
Brasile. Oltre alle imprese storiche già
presenti da un secolo nel Paese sudamericano, ve ne sono altre che premono
per accedervi. “Siamo già presenti in
Brasile con circa 300 società, ma ve ne
sono altre legate ai settori di alta tecnologia, ambiente e turismo, che sono attratti dal Brasile, che consideriamo il
mercato più importante in America Latina”, dichiara Regli. Ma gli operatori
commerciali elvetici hanno gli occhi
puntati anche sul turismo brasiliano in
Svizzera. I ricchi brasiliani che risiedono e trascorrono le vacanze nella Confederazione elvetica sono numerosi, e il
governo, secondo Schmid, lavora anche
per incrementare la relazione turistica
con la classe media emergente brasiliana.
“Ogni anno, arrivano sempre più
brasiliani in Svizzera. Il Carnevale è uno
dei tasselli di una strategia di comunicazione che abbiamo in atto in questo Paese, dove la Svizzera è poco conosciuta,
come non lo è il Brasile da noi. La mentalità deve cambiare. Questo è il punto
iniziale della questione”, sostiene
Schmid. Nel 2013, 86.529 turisti brasiliani hanno visitato la Svizzera, per un
totale di 206.378 pernottamenti.
L’obiettivo è raggiungere entro il 2016,
100 mila ospiti provenienti dal Brasile.
Unidos da Tijuca riceverà in minima
parte fondi da Berna, ma la scuola sarà
soprattutto patrocinata da organi pubblici brasiliani e imprese svizzere. In
media la scuola di samba spenderà tra i
12 e i 14 milioni di reais (circa 6 milioni
di franchi) per potere realizzare la sfilata
che tutti attendono.
L’operazione è stata coordinata
dal ticinese Giancarlo Fenini,
console generale della Svizzera a
Rio de Janeiro che sta cercando
di attirare investimenti svizzeri.
LE AZIENDE
Le aziende rossocrociate in Brasile
sono circa 300, ma ve ne sono
altre - legate al settore di alta
tecnologia, ambiente, turismo che vogliono insediarsi.
Pubblicità
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IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
ilcaffèLink 39
L’iniziativa. Da aprile
è aperta a Lugano una struttura
per accogliere chi è stato
denunciato e allontanato da casa
Cento mariti violenti
ricominciano la vita
in un centro d’aiuto
Ti-Press
MAURO SPIGNESI
S
I casi
1
2
3
4
5
LE DENUNCE
A livello nazionale nel 2013 sono
state 16.495 le segnalazioni alla
polizia o alla magistratura.
Con un aumento del 5,8 per cento
delle denunce, che in gran parte
sono finite con un allontanamento
LE VITTIME
L’anno scorso in tutta la
Confederazione sono state
ufficialmente 9.381 le vittime
di violenza familiare. Oltre il 70 per
cento dei casi denunciati riguarda
donne o ragazze
LA STRUTTURA
L’Ufficio di patronato, dal 2009,
segue annualmente da 80 a 100
autori di violenza. Ma solo nove,
appunto, hanno usato il centro di
Molino nuovo che in sette mesi ha
registrato 254 pernottamenti
GLI INTERVENTI
Ogni giorno in Ticino le pattuglie
della polizia cantonale o delle
comunali intervengono in media
due volte per casi di violenza
domestica. Le persone segnalate
al Patronato sono da 80 a 100
I REATI
Oltre la metà delle denunce che
scattano d’ufficio, e non più di
parte, vengono poi bloccate dalle
vittime con una richiesta, come
prevede la legge, al magistrato.
E le inchieste si chiudono
Perché è pur vero che adesso la
polizia può intervenire senza la
denuncia di parte, ma le vittime
possono comunque chiedere al
magistrato di bloccare la proce-
ino a oggi in nove hanno trascorso qui almeno una notte. E ognuno s’è portato dietro la
sua storia di sofferente
L’ospitalità
carnefice, il suo peso di colpe, la
In sette mesi abbiamo
sua voglia di ricominciare. Comospitato nove uomini
pagni, mariti violenti, da aprile
hanno a disposizione una strut“cacciati” dalle
tura con due camere. Un “rifufamiglie e offerto
gio” nei locali dell’Ufficio assicomplessivamente
stenza riabilitativa a Lugano, in
254 pernottamenti
piazza Molino Nuovo, destinato
agli autori di pestaggi, di convivenze diventate impossibili. Persone che sono state allontanate
da casa dal pretore o, in prima Pubblicità
battuta, dalla polizia, come prevede la legge. “E che qui - spiega la responsabile dell’Ufficio di
patronato, Luisella De Martini trovano professionisti che sanno
ascoltarli, che li affiancano in un
percorso di recupero, che cercano intanto di capire dove affondano le radici dell’incomprensione, quelle che hanno prodotto
la violenza”.
L’Ufficio di patronato, dal
2009, segue annualmente da 80
a 100 autori di violenza. Ma solo
nove, appunto, hanno usato il
centro di Molino Nuovo che in
sette mesi ha registrato 254
pernottamenti. Perché ogni
giorno in Ticino, secondo i dati
della polizia cantonale, gli agenti in media devono intervenire
ogni 12 ore per bloccare un marito o un compagno che picchia
la moglie o la compagna. E alla
fine dell’intervento scatta, come
vuole la legge, la misura dell’accompagnamento. Nella maggior
parte dei casi chi ha sbagliato si
trova da un momento all’altro
fuori casa, smarrito, con il suo
drammatico carico di rimorso e
colpe.
“La polizia - spiega ancora
Luisella De Martini - chiede agli
autori di violenza se consentono
l’invio delle loro generalità nei
nostri uffici, poi siamo noi che ci
facciamo carico di incontrarli”.
Si tratta di persone di ogni strato
sociale, con bassa e alta scolarizzazione. Stranieri e svizzeri.
Gente che ha agito sotto l’effetto
di alcol o droghe, o altri che invece hanno problemi psichici,
oppure forti difficoltà relazionali
o non riescono a superare la
quotidianità della vita di coppia.
“Perché quello della violenza è
un fenomeno assolutamente
trasversale”, precisa De Martini.
Così insieme all’aiuto alle
vittime, è stato creato quello per
il “carnefice”. O anche per chi
pensa d’avere raggiunto un
punto di rottura e prima di commettere una sciocchezza, rischiando di compromettere la
propria vita e quella del proprio
partner, decide di fermarsi. “Nel
percorso di riabilitazione - aggiunge la responsabile del Patronato - è molto importante la
motivazione. Se non c’è, nei casi
di rigore, quelli più gravi, dovrebbe intervenire l’autorità”.
Ma oggi è difficile. Come è difficile portare avanti le denunce.
dura. Ed è quello che accade
spesso. Perché poi quello che affiora nella violenza domestica è
una minima parte, il resto viaggia sottotraccia, nella paura. Le
L’assistenza
Ogni anno seguiamo
da ottanta sino
a cento persone
che hanno
commesso reati tra
le mura domestiche
denunce rappresentano appena
il 20 per cento di tutte le violenze familiari, che a livello nazionale nel 2013 hanno portato a
16.495 segnalazioni alla polizia
Il percorso
Chi si rivolge a noi,
spesso attraverso
la polizia, è motivato
ma altri protagonisti
spesso di casi gravi
invece non lo fanno
o alla magistratura. Con 9.381
vittime registrate, per il 70 per
cento donne o ragazze, e un aumento delle denunce del 5,8 per
cento rispetto al 2012. E che, secondo stime definite prudenti
dall’Ufficio per l’eguaglianza
tra uomo e donna (Ufu) di Berna, portano a una spesa attorno
a 164 milioni di costi pubblici
all’anno. Perché, come è emerso in una recente conferenza a
Berna, la violenza domestica
ha conseguenze pesanti sulla
[email protected]
salute.
Q@maurospignesi
L’esperta
La delegata del Cantone
“Fondamentale
farsi carico pure
di chi sbaglia”
C
hi viene picchiato subisce un profondo
trauma, che si porta
dietro per tutta la vita. Ma
anche chi picchia, quando si
rende conto di quello che ha
fatto, spesso finisce sotto
shock, a macerarsi dentro i
sensi di colpa. “Per questo è
importante che la società si
faccia carico di tutti, indistintamente”, spiega Cristiana Finzi, delegata cantonale per l’aiuto alle vittime:
“Le strutture come quella di
Lugano, in quest’ottica, sono fondamentali. Solo con
operatori specializzati e programmi precisi si può offrire
un serio sostegno agli autori
di reati”.
I progetti di recupero sono, dunque, una parte complementare nella presa a carico delle vittime. “È chiaro
- spiega ancora Finzi - che
noi diamo la priorità a chi
viene picchiato, molestato.
Ma bisogna avere la consapevolezza che il nostro compito va oltre. Dobbiamo aiutare pure chi sta dall’altra
parte, perché altrimenti non
si fa un lavoro completo”.
Coinvolgere nel recupero
sociale chi ha problemi è anche un modo per aiutare le
vittime. “Perché - aggiunge
la delegata cantonale - la
violenza, soprattutto quella
familiare o di coppia che è il
fenomeno più diffuso, nasce
da difficoltà relazionali complicate. E va dunque affrontata con particolare sensibilità”.
E questo soprattutto
quando nei drammi tra le
mura domestiche finiscono
anche i bambini. “Ma qui si
scivola nella violenza a cui si
assiste, ossia quando i piccoli vedono, sentono e restano traumatizzati. Un
dramma ancora sottovalutato”.
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
ilcaffèLink 41
Il confronto. Dialogo tra un regista,una sceneggiatrice e un’antropologa
sul poeta Giacomo Leopardi oggi amato pure dal grande pubblico grazie ad
un film che ha eliminato la distanza scolastica tra alto linguaggio e sentimenti
La riscoperta della malinconia
U
n po’ antipatico, non fosse altro per quelle
lunghe poesie così intrise di tristezza da
mandare giù a memoria. A volte reso difficile da docenti che lo innalzavano sul piedistallo del suo pessimismo cosmico, trascurandone invece quel sentire moderno, quella carica di
rivolta mimetizzata dalla nostalgia di un futuro che non
riusciva a padroneggiare. Se generazioni di insegnanti
non sono quasi mai riusciti a far amare Giacomo Leopardi, a generazioni di ragazzi, ci è invece riuscito un
regista napoletano, Mario Martone. Che col film “Il giovane favoloso” ha riavvicinato i giovani, ma anche i
meno giovani, al grande poeta e filosofo di Recanati.
Proprio nel momento in cui con la prima pubblicazione
in inglese delle migliaia di pagine dello Zibaldone, Leopardi verrà ora letto in tutto il mondo, Martone col suo
film l’ha fatto scoprire, o riscoprire, al grande pubblico
italiano. Potenza del cinema, del modo di “maneggiare”
e narrare una figura che ha profondamente segnato la
letteratura. Martone si è innamorato di Leopardi insieme alla sceneggiatrice Ippolita di Majo e ne hanno tradotto vita e poesia in immagini suggestive e dai tratti
struggenti. Una doppia poetica che ha restituito un
Leopardi capace di far innamorare pure la gente comu-
ne. I turbamenti amorosi giovanili, la tormentata educazione sentimentale, la gabbia della famiglia, la sua
fame di vita, l’anticonformismo e la sottile ironia. Un
Leopardi per immagini, il cui successo ha le dimensione di un inaspettato fenomeno culturale. Martone prima di dedicarsi ai classici per farli amare, è stato un artista di rottura, uno di quei giovani che negli anni 80
hanno dato una scossa al teatro e che poi hanno segnato, con attori come Toni Servillo, il cosiddetto Rinascimento napoletano. Del loro Leopardi, Martone e Ippolita di Majo, ne discutono, nella conversazione proposta
dal Caffè, con l’antropologa Elisabetta Moro.
“Abbiamo solo raccontato
un giovane favoloso
tra solitudine e felicità”
Dialogo tra
ELISABETTA MORO, MARIO MARTONE
e IPPOLITA DI MAJO
e Leopardi diventa un blockbuster allora vuol dire che non tutto è perduto. “Il giovane favoloso”, lo splendido film di Mario
Martone sul poeta di Recanati,
ha sbancato i botteghini con oltre cinque
milioni di incasso in poche settimane. Il
merito è della favolosa regia di Martone,
che firma anche la sceneggiatura con la
bravissima Ippolita di Majo. Insieme sono
riusciti a cancellare la distanza scolastica
tra l’altezza del linguaggio e la prossimità
del cuore. Mentre l’interpretazione superlativa di Elio Germano dà letteralmente
corpo a un’astrazione come la poesia, facendo sembrare addirittura la metrica un
fatto naturale, un ritmo fisiologico del sentimento. Eppure il fatto che una pellicola
non facile, lontana anni luce dal cinema
commerciale, stacchi più biglietti di un cinepanettone resta sorprendente.
Moro: Vi aspettavate tanto successo?
“Siamo entusiasti e al tempo stesso increduli”, rispondono all’unisono il regista
e la cosceneggiatrice.
Martone: Volevamo avvicinare il grande pubblico al pensiero di questo immenso
poeta e filosofo italiano. Di sbancare al
botteghino però non ce lo aspettavamo.
Moro: Il giovane favoloso ha un enorme successo di critica e appassiona un po’
tutte le generazioni, ma in modo particolare i ragazzi, comunemente considerati dei
bamboccioni superficiali, come si spiega?
Di Majo: Spesso ce lo dimentichiamo,
ma Leopardi è un ragazzo. Alle prese con
tutti i problemi che si hanno a quell’età,
l’amore per la famiglia, che però è anche
S
Martone
Oggi lui direbbe:
“Ottimismo, pessimismo.
Ma che parole vuote!
Chi conosce i limiti
delle possibilità?”
Di Majo
“Fa come i napoletani,
che nel bagliore di una
lucciola, nel movimento
dei rami di una ginestra,
riafferrano la vita”
una gabbia, il desiderio di gloria, la voglia
di andar via, i turbamenti amorosi. Sentimenti che raggiungono temperature emotive incontenibili.
Moro: In effetti l’educazione sentimentale di tutti noi è avvenuta proprio
grazie al Passero solitario, La quiete dopo
la tempesta, A Silvia, Il primo amore.
Di Majo: Credo che ogni adolescente
possa riconoscersi in Leopardi. Anche se è
nato nel 1798, i suoi turbamenti sono propri della giovinezza. Ecco perché ci identifichiamo con quella sua frase ‘Non vivono
fino alla morte se non quei molti che restano fanciulli tutta la vita’. A chi vibra quella
corda lì risulta facile immedesimarsi con
Leopardi.
Moro: Eppure i ragazzi oggi non vivono la cattività di Recanati, non sono degli
osservati speciali nel palazzo di famiglia,
perennemente immersi nelle sudate carte.
Martone: Certo l’adolescenza di Leopardi, chiusa nella biblioteca del padre
Monaldo, è una sorta di prigione borgesiana. Ma quella fase della vita è di per sé una
‘dipinta gabbia’”.
Moro: I più giovani forse sono attratti
anche dalla sua fame di vita. Quella che
sgorga rabbiosa quando scrive ‘Odio la vile
prudenza che ci agghiaccia e lega e rende
incapaci di ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz’altro pensiero’. E che traspare
in filigrana negli scritti più colti, ma anche
nelle sue lettere e negli appunti rapsodici.
Martone: Tutto quello che Leopardi ha
scritto è autobiografico. È come se ci avesse lasciato la sceneggiatura della sua esistenza. Noi non abbiamo fatto altro che
cercarlo.
Moro: Un po’ come lui cerca l’amore?
Di Majo: Abbiamo immaginato un
Leopardi un po’ alla Cyrano, che vive le
passioni amorose attraverso l’amico di
bell’aspetto, al quale scrive le battute per
conquistare le donne. Così il suo compagno del cuore, Antonio Ranieri, seduce
Fanny Targioni Tozzetti. Mentre Giacomo
ne soffre e si rifugia in amori trasfigurati,
poetici.
Moro: Nel film, ma anche nel vostro
bel libro ‘Il giovane favoloso. La vita di
Giacomo Leopardi’ (Mondadori Electa), insistete sulla sua ironia, l’anticonformismo,
il sarcasmo. Ma come la mettiamo con il
tormentone sul suo pessimismo?
Martone: Giacomo risponderebbe ‘Ottimismo, pessimismo. Ma che parole vuote! Chi conosce i limiti delle possibilità?’.
Naturalmente senza malinconia e infelicità Leopardi non sarebbe Leopardi. Ma al
tempo stesso la sua disperazione esprime
un rapporto speciale con la vita e una straordinaria intelligenza delle cose.
Moro: La nostra epoca crede ciecamente nelle “magnifiche sorti e progressive”, invece Giacomo nel film dice che “la
ragione umana non potrà mai spogliarsi
dello scetticismo, perché contiene il vero”.
E quando la sorella Paolina gli chiede che
cosa sia il vero, lui risponde che consiste
nel dubbio. Questo è un pensiero bruciante. Insomma non fate sconti agli spettatori.
Martone: Quel passaggio, tratto dallo
Zibaldone, ad un certo punto ci era parso
troppo complesso, tanto che l’avevamo tagliato, poi invece sul set Elio Germano ci
ha detto che quella battuta la voleva dire.
L’ha recitata con un tono colloquiale, intimista e solo allora è stato chiaro che quel
pensiero era necessario e poteva arrivare a
tutti. Non è uno slogan, ma pensiero che
vuole generare pensiero.
Moro: La lingua di Leopardi non è facile, eppure voi la rendete immediata. Senza
mai cedere alla tentazione di attualizzarla.
È stata una scelta rischiosa, ma necessaria?
Di Majo: Per lo spettacolo sulle Operette Morali avevamo già lavorato a fondo
sul linguaggio leopardiano, che è più difficile da leggere che da dire e ascoltare. Perché è una scrittura assolutamente moderna, che rompe con il canone retorico e ampolloso dell’epoca. Noi abbiamo solo sfrondato i periodi rendendoli più lineari e diretti. Ma non c’è una parola nel film che
non sia sua.
Martone: Parte del merito va a Elio
Germano che è abitato da una emotività
sottile, che lo rende capace di essere in
presa diretta con i sentimenti. Germano
ha saputo entrare in contatto con l’anima
di Leopardi.
Moro: Le grandi poesie che avete scelto – L’Infinito, La Ginestra, La sera del dì di
festa – conservano nel film la loro intima
potenza, come le avete inserite nel copione?
Martone: Quello è stato il nostro tarlo
per tutto il tempo delle riprese. Temevamo
che diventassero didascaliche. Le abbiamo
fatte recitare in molti momenti diversi,
pensando che solo durante il montaggio
sarebbe stato chiaro dove e soprattutto come inserirle. Fatta eccezione per L’Infinito,
che nasce dalla frustrazione della fuga fallita da Recanati. È dunque la sublimazione
della ribellione. Così la sua collocazione
nella storia è stata quasi naturale.
Moro: Ma c’è anche una poesia come Il
sabato del villaggio - La donzelletta vien
dalla campagna… - che si posa come un
velo sulle tue inquadrature e che diventa
la cifra segreta, alla Henry James, degli affacci al mondo del poeta. Dalla finestra che
incastona la sua scrivania di bambino, passando per quella del suo misero alloggio a
Firenze, fino allo splendore folgorante della balconata della villa alle pendici del Vesuvio.
Martone: È vero. Lui spesso assiste alla vita, la ascolta, la osserva. Quando arriva a Napoli però comincia a viverla intensamente. Lì lui si abbandona ai sensi, perché a Firenze ha perso tutte le partite.
Quella dell’amore con Fanny. E quella della
gloria, perché i letterati del suo tempo non
lo capiscono. Niccolò Tommaseo arriva a
dire che Leopardi è un mediocre arrogante
e che nel Novecento di lui non sarebbe rimasta nemmeno la gobba. Invece è rimasta tutta la sua poetica genialità. Ma paradossalmente tutto quel disprezzo lo libera.
Credo che così si spieghi anche la sua passione irrefrenabile per i dolci, i gelati, i taralli che mangiava infischiandosene delle
proibizioni dei medici.
Di Majo: All’ombra del vulcano Giacomo trova una sorta di rivelazione, al tempo
stesso disperata e vitale. L’“apparir del vero” sotto l’esuberanza del teatro, del colore, del canto. In fondo lui fa proprio come
i napoletani, che nel bagliore intermittente di una lucciola o nel semplice movimento dei rami di una ginestra, ritrovano il
senso della vita.
Moro: Forse non è un caso nemmeno
che quando muore, a 39 anni, viene sepolto proprio a Napoli, accanto ad un altro
poeta insuperabile come Virgilio. E ogni
anno migliaia di studenti vanno lì a rendergli omaggio.
Martone: La sua tomba è un’oasi poetica ai piedi di Posillipo. La prima volta ci
siamo andati dopo aver letto un bellissimo
racconto di Anna Maria Ortese, Pellegrinaggio alla tomba di Leopardi, dove parla
di una grotta “in fondo alla quale in un
paese di luce dorme da cento anni il giovane favoloso”.
Pagina a cura di
GastroSuisse
e GastroTicino
LARISTORAZIONE
L’ALBERGHERIA
GastroDiritto
Invito al controllo prima della ristampa
Guida Ticino a Tavola, è tutto giusto? La “limitazione” degli statuti
La nuova guida di Ticino a Tavola è
stata distribuita ai ristoranti
che partecipano al progetto
e si presenta in modo accattivante. Un pratico e tascabile volumetto da 150 pagine in quattro lingue e con fotografie a colori - curato dal
giornalista Alessandro Pesce,
con il concetto grafico della
KeyDesign Sa di Cadenazzo.
La guida è stampata in due fasi. La prima prevede la distribuzione di 7mila copie (in corso).
La seconda la distribuzione di
13 mila copie a fine gennaio. Questo
anche per dare ai ristoranti e ai partner la possibilità di aderire a Ticino
a Tavola o di fare inserzioni pubblicitarie.
Ma abbiamo anche adottato questo
sistema, per un altro motivo. Purtroppo è possibile che vi siano alcune imprecisioni o mancanze. I ristoranti o i partner che sono in guida
controllino i propri dati.
In caso di errori o modifiche, mandino entro il 31 dicembre un e-mail
a [email protected] (Alessandro Pesce - 091 961 83 11).
Abbiamo già spiegato che gli statuti costituiscono il fondamento dell’organizzazione e del funzionamento di un’associazione. GastroTicino ha proposto una revisione degli statuti
in modo da doverli adeguare a quelli di GastroSuisse. Infatti,
nel 2012 i delegati federali (quindi con i rappresentanti di GastroTicino e delle sezioni regionali) hanno approvato i nuovi
statuti di GastroSuisse. Questo ha comportato di conseguenza un adeguamento di quelli cantonali (e sezionali): gli statuti
cantonali (e sezionali) non possono prevedere delle norme interne che siano in urto con quelle federali. Così, per esempio,
le nuove disposizioni prevedono requisiti più precisi volti a determinare la nozione di socio e dei suoi diritti. I nuovi statuti
di GastroSuisse hanno, per così dire, avvicinato la situazione
associativa di tutti i soci della Svizzera. Di qui la necessità di
revisione degli statuti cantonali e di quelli sezionali.
m.g.
Il presidente Massimo Suter ripercorre un anno in chiaro scuro e conferma l’impegno di GastroTicino Buone
Feste
DECORAZIONI
INCANTEVOLI
Uno scorcio
del Ristorante
Corona a
Locarno.
Complimenti
Sandra!
a soci e clienti!
Gli auguri di “Buone Feste” del presidente di GastroTicino,
Massimo Suter, sono occasione per confermare la vicinanza
della Federazione aegli esercenti e albergatori del nostro
Cantone. Ma sono anche spunto per ripercorrere alcune tappe di un anno non facile. “Cari Soci, il 2014 si chiude con un bilancio in chiaro scuro.
A preoccuparci - sottolinea Massimo Suter - è la situazione
economicamente difficile della ristorazione ticinese, che ha
vissuto una delle estate peggiori degli ultimi decenni. Condizioni meteorologiche proibitive, soprattutto in luglio, hanno inciso in modo estremamente negativo sui bilanci di molti associati, specie per chi ha gestito grotti, locali con terrazze e,
in generale, esercizi pubblici nelle Valli. Nel resto del Cantone
i risultati sono a macchia di leopardo, ma anche chi ha lavorato bene ha comunque dovuto fare i conti con problemi di di-
versa natura che dovremo cercare di risolvere”.
Su alcuni, come la crisi economica che non mostra incoraggianti segnali di ripresa - sottolinea ancora il presidente di
GastroTicino - “non abbiamo grandi possibilità di intervento.
Su altri, abbiamo dimostrato di poterci impegnare e raccogliere risultati anche positivi. Penso alle votazioni vinte sul
“salario minimo” o su “Ecopop”, o alla crescente considerazione che diversi politici nutrono verso il nostro settore. E il
nostro impegno non mancherà. Non mancherà, per esempio,
sul dossier IVA; anche se abbiamo perso la votazione sull’iniziativa popolare lanciata da GastroSuisse, Basta con l’IVA discriminatoria per la ristorazione, i rappresentanti delle diverse
Sezioni cantonali di GastroSuisse, si impegneranno a fondo
per portare la nostra voce e lottare, all’interno dei vari Parlamenti cantonali”. Un impegno che anche in Ticino troverà
pronto il presidente; presidente che si candiderà al Gran Consiglio forte del sostegno di una Federazione che si è rinnovata
“e ha voglia di battersi ogni giorno per i vostri diritti”.
In effetti, GastroTicino con le proprie Sezioni regionali, offre ai
1.600 soci molti servizi: oltre a un Segretariato efficiente ed
efficace con la supervisione del direttore Gabriele Beltrami,
ricordiamo il Servizio Giuridico, l’Ufficio per la formazione professionale e l’Ufficio Stampa & PR. Servizi che si possono
scoprire sui nuovi siti gastroticino.ch, gastroformazione.ch e
ristoranti.ch, che saranno molto presto in rete. Un impegno importante e preciso: “Saremo al vostro fianco conclude Massimo Suter - per scelta e convinzione, non per
caso! Con questa promessa auguro a tutti voi, alle vostre famiglie e a tutti i nostri affezionati clienti, Buone Feste e tanta
salute”.
a.p.
Gilda Ticino In Piazza Grande gli chef hanno raccolto fondi per la Società svizzera sclerosi multipla
Settimana dopo settimana l’analisi
di tutti i temi, gli studi, gli argomenti,
i problemi e le norme dell’offerta
di ristoranti e alberghi. Una pagina
indispensabile per gli operatori del settore
&
GastroNews
Qr-Code
Per dare risalto alle notizie dei soci e a quelle che possono incuriosire clienti e lettori, ecco un nuovo sistema di comunicazione. Scaricando con un qualsiasi smartphone un’applicazione
per la lettura dei Qr-code e facendo la scansione del Qr-code
che vedete in questo articolo, sarete indirizzati sul sito di GastroTicino. Troverete il simbolo del Qr-code e potrete cliccare sulla notizia per leggere questa settimana:
> Raccolta fondi alla “Laureus Charity Night“
con il Merlot Quattromani
> Le stelle ticinesi della Guida Michelin Svizzera
> I presepi all’Hotel Ristorante I Grappoli di Sessa
> Mozione Passalia per una maggior tutela dei clienti
> “A tutto mondo“, rassegna cinematografica in hotel sui temi
dell’intercutluralità
“A tutto mondo”, rassegna
di film sull’interculturalità
Ognuno di noi è come un regista: guarda e descrive il mondo
che lo circonda attraverso alcune inquadrature, selezionando
immagini, creando delle sequenze che per lui hanno senso. Il
mondo è dunque pieno di questi “registi”, ciascuno portatore
delle proprie idee e delle proprie regie. Il loro incontro può diventare talvolta scontro oppure generare equivoci e incomprensioni, a meno che ciascuno di noi non provi a smontare
il proprio film per capire come l’ha costruito e sintonizzarsi sul
modo di fare cinema dell’altro. La competenza interculturale
consiste in questa capacità di sintonizzazione. La rassegna,
progettata da Fulvia Vimercati, Founder di ILC International
Language Consulting, vuole adottare questa metafora e approfondire attraverso i film proposti alcune tematiche legate
al rapporto tra culture e mondi diversi. La scelta è caduta su
una serie di commedie, perché anche con il sorriso è possibile esplorare nuovi mondi. La rassegna, organizzata da GastroTicino e hotelleriesuisse Ticino, inizierà in gennaio. Le date, i nomi degli hotel dove saranno proiettati i film e tutte le
altre informazioni, si possono trovare nella rubrica in alto “GastroNews”. Le pellicole in cartellone sono: “Marigold Hotel”,
“The Terminal”, “Gung Ho arrivano i giapponesi”, “Un bacio
appassionato”, “Le donne del sesto piano”, “Giù al nord”.
Natale insieme
in Valle Leventina
Un gruppo di giovani, assieme alle loro famiglie, organizzerà
il 25 dicembre un pranzo per condividere una giornata di festa. Sono invitate tutte le persone residenti in Leventina (ma
anche le coppie sole) che non hanno la possibilità di trascorrere il Natale in compagnia, perché vivono sole al proprio domicilio oppure perché la loro famiglia è lontana, Il pranzo si
terrà nella sala multiuso di Mairengo a partire dalle 12.00. La
giornata sarà allietata da musica e da una mini tombola. Costo simbolico di 5 franchi.
Iscrizioni al numero 079 781 21 93 (Federica) o via e-mail all'indirizzo [email protected]. Per chi fosse impossibilitato a recarsi al pranzo con mezzi propri, è a disposizione,
su richiesta, un servizio di trasporto.
A Locarno un risotto al gusto di “solidarietà”
La Gilda svizzera dei ristoratori cuochi si
è messa ai fornelli per la 20esima volta
a favore delle persone affette da sclerosi
multipla. Lo ha fatto il 6 settembre in 45
località svizzere, dando la possibilità ai
buongustai di assaggiare il “risotto della
solidarietà” e nello stesso tempo di dimostrare la propria generosità a favore
della Società svizzera sclerosi multipla. E
il Ticino non poteva mancare all’appello.
Domenica 7 dicembre, infatti, Locarno
ha ospitato diversi cuochi ticinesi della
Gilda che hanno preparato risotto e luganighetta in occasione di “Locarno on
Ice”.
Sotto ai gazebo gli operatori ticinesi della
Società svizzera sclerosi multipla e gli
chef dei ristoranti Da Valentino (Locarno), Stazione da Adriana e Agnese (Intragna), Roccobello (Gerra Gambarogno),
Villa Epoca (Ronchini Vallemaggia), Cereda (Sementina). Alla bella iniziativa sostenuta da diversi partner - ha partecipato Ticino a Tavola con il partner Riseria di Taverne.
A complimentarsi con il simpatico team
della Gilda, anche il presidente di GastroTicino, Massimo Suter, presente con
il responsabile dell’Ufficio Stampa e PR,
Alessandro Pesce.
GT18122014
Vendesi occasione
FORNO RATIONAL PROFESSIONAL a gas
20 teglie, carrelli, coperte. CHF 15'000.--.
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cinquecentesco abilmente restaurato.
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comprovata da referenze, che sappia soddisfare le esigenze di una clientela amante
della cucina di qualità. Predisposizione ad assumere funzioni direttive e
organizzative nella struttura.
Verrà data la preferenza, a parità di qualifiche, a candidati
con buona conoscenza del tedesco.
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comprendente recapiti e fotografia a:
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Obiettivi
sviluppare, approfondire e perfezionare le conoscenze di base
della lingua tedesca per utilizzarle nel contesto professionale
alberghiero e dell'accoglienza, costruendo un lessico tecnico
idoneo appropriato con l'obiettivo di relazionarsi al meglio nel
proprio ambito professionale ed aumentare la qualità dell'accoglienza e il servizio verso il cliente.
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Insegnante
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dal 5 gennaio 2015 al 16 novembre 2015 (calendario
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Costo
Chf 950.00 soci / Chf 1’250.00 (possibilità di sovvenzioni per
i soci GastroTicino)
GESTIONE STIPENDI
Obiettivi
saper gestire e calcolare gli stipendi mensili dei collaboratori
nel settore della ristorazione rispettando le regole del vigente
Ccnl.
Programma
spiegazione delle condizioni quadro e delle calcolazioni per i
contributi sociali, le deduzioni, la gestione del quaderno salari,
l’assicurazione disoccupazione, gli assegni familiari, l’assicurazione malattia e infortuni, il 2° pilastro.
Insegnante
Mario Regusci, gerente GastroSocial Ticino
Date e orari
7, 15 e 22 gennaio 2015, 8.30-12.00
Costo
Chf 250.00 soci / Chf 300.00 non soci
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AutoPostale Svizzera SA
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nel Canton Grigioni con AutoPostale solo su MyPlus
Arosa e Lenzerheide,
una immensa
distesa bianca di neve
Il sole scalda, illumina e fa stare bene. Quando
inonda di calore un intero comprensorio sciistico
il suo effetto si moltiplica, per la gioia di chi si trova su quelle immense distese di neve. Ecco, è più
o meno questo che succede in quella vasta area
tra Lenzerheide e Arosa, il paradiso per gli appassionati di sport invernali e per tutti coloro che
trovano in montagna l’habitat ideale dove rilassarsi, divertirsi ed essere finalmente in sintonia
con la natura e con l’ambiente circostante.
Il 18 gennaio e l’1 febbraio 2015 sarà una festa
per tutti grazie alle speciali giornate promozionali
lanciate da AutoPostale, un modo per trascorrere
ore indimenticabili a un prezzo super conveniente. L’occasione, dunque, non può sfuggire, basta
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ordinarla su MyPlus. Il comprensorio di ArosaLenzerheide, infatti, è una tra le più grandi regioni
sciistiche della Svizzera, con 225 chilometri di piste e più di 40 modernissimi impianti di risalita.
Tuffatevi in questo stupendo ambiente che offre
attrattive per tutti i gusti, immersi in un panorama
che non ha eguali.
Arosa è situata a 1.739 metri di quota, ed è una
delle località turistiche di punta del Canton Grigioni. Impianti moderni e veloci salgono dal paese fino ai 2.653 metri del Weisshorn dove ci sono
le piste panoramiche, apprezzate in particolare
dagli snowboarder. Non a caso qui si trova lo
snowpark, ampio e attrezzato, che nella stagione
2006/07 ha ospitato i Mondiali della specialità.
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Dal 2013, poi, è attivo il collegamento con Lenzerheide, attraverso l’espansione della zona
dell’Hornli, in modo da creare un comprensorio
completo e ricco di proposte di ogni genere.
Lenzerheide mostra il suo volto migliore insieme
ad Arosa, formando un vasto comprensorio che
piace tanto agli appassionati di montagna. Solo a
Lenzerheide ci sono 155 km di piste perfettamente battute, tra i 1.230 e i 2.865 metri di altitudine. Non solo sci, però, gli amanti della montagna che giungono fino a qui hanno la possibilità
di cimentarsi anche in altre discipline, o, più semplicemente, di provare il piacere di trascorrere
con i parenti o gli amici una giornata stupenda in
uno scenario unico, magari approfittando di una
baita o di un rifugio per rifocillarsi in allegria.
Fiore all’occhiello dell’intero carosello è l'impegnativa pista, lunga oltre tre chilometri, intitolata
allo sfortunato discesista svizzero Silvano Beltrametti, su cui si sono svolte le finali di Coppa del
Mondo. Sullo stesso versante si può sciare fino ai
2.865 metri del Rothorn, punto panoramico
d’immensa emozione da dove si può godere della vista sull’intera vallata. Le piste sul lato orientale della valle sono meno impegnative, ma comunque varie, con diversi skilift adatti ai principianti e alcuni interessanti tracciati di media difficoltà. Tutto è possibile a Lenzerheide visto che
è presente un tracciato permanente di slalom
dove studiare le migliori traiettorie tra i pali e
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pure l’illuminazione notturna su una pista di tre
chilometri.
Insomma, l’offerta di AutoPostale è più che allettante. Grazie a MyPlus, infatti, l’escursione
giornaliera per domenica 18 gennaio o domenica 1 febbraio 2015 costa CHF 46 per gli adulti
e CHF 36 per i ragazzi con età compresa tra 6 e
16 anni.
Al di sotto di tale soglia non si paga, è tutto gratuito. Ma è necessario affrettarsi in quanto i posti
sono limitati.
Cosa aspetti, allora, a prenotare? Il prezzo include: trasporto in autopostale e giornaliera per il
comprensorio Arosa-Lenzerheide. Una grande
occasione da prendere al volo.
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IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
44
ilDossier
45
La società. Inutili.Gergali.Tormentoni
di moda.Ridondanti e...insopportabili.
Termini usati tutti i giorni da tutti.Spesso
a sproposito.Che vorremmo cancellare
dalle conversazioni.E dalla memoria
La curiosità
Tutte quelle parole
che nel 2015
non voglio sentire
EZIO ROCCHI BALBI
M
a come parla? Come parla! Le parole sono importanti” urla Nanni Moretti nel film “Palombella rossa”, schiaffeggiando la povera intervistatrice, Mariella Valentini che aveva inanellato una serie di
frasi fatte, modi di dire, luoghi comuni. Senza arrivare
all’esasperazione di Moretti, in una scena che è rimasta
impressa a molti, effettivamente le parole sono importanti. O meglio, dovrebbero esserlo. Purtroppo non è così
nella vita reale dove, per quanto ogni termine, ogni vocabolo preso singolarmente goda di una certa neutralità,
può diventare insopportabile quando abusato, infilato in
ogni discorso, trasformato in un leit motiv al punto tale
L
René Bossi © ilcaffè
di aver perso il suo signficato originale. Per tacere delle
parole pronunciate abitudinariamente, per sentito dire,
magari ignorandone addirittura il significato.
Parole che meriterebbero una bella riga di matita
Alcune diventano lessico comune
perché martellate da uno slogan
pubblicitario o da un comico in tv
rossa, ma alle quali siamo così “affezionati” che, anziché
usarle, finiamo per essere “usati” da esse. L’esempio più
evidente è nelle cosiddette parole “di moda”, termini
che fino a ieri erano poco ricorrenti ma che, poi, condi-
zionati da chissà cosa, entrano in pianta stabile in tutte
le nostre conversazioni. Parole “sdoganate”, che usano
tutti e che diventano rassicuranti, ci fanno sentire in
qualche modo parte della società o, quantomeno, della
comunità intorno a noi.
È il caso delle parole che diventano lessico comune
perché ossessivamente ripetute da uno slogan pubblicitario, o perché parte di qualche famoso “tormentone”
che ha reso famoso un comico in tivu. E ce le ritroviamo
in bocca, con la convinzione che usandole susciteremmo
almeno una parte della stessa simpatia, dello stesso successo. Fortunatamente, come tutto quanto non ha la forza e il pregio di diventare “classico”, la stragrande maggioranza di questi termini si dissolve nel tempo di qual-
che stagione (televisiva). Ma devono avere una forza
d’attrazione enorme se diventano, temporanenamente,
sostituti di vocaboli sempre usati correttamente. Una
forza e un impatto tale che persino gli “addetti ai lavori”
ne finiscono infastiditi; come la presentatrice Rsi Clarissa Tami, che pur avendola pronunciata professionalmente innumerevoli volte, non sopporta più che le si replichi
“risposta esatta” per confermare una cosa giusta.
Ma se volessimo fare un elenco delle parole insopportabili la lista sarebbe sterminata. Anche perché
ognuno ha le sue “allergie” linguistiche. Molti, ad esempio, reagiscono con fastidio - e spesso giustamente quando s’imbattono in parole anglo-americane che
avrebbero un più che degno equivalente nella vecchia
lingua italiana.Altrettanti si trovano a disagio quando si
abusa di termini gergali, sia essi vengano mutuati dal
mondo tecnologico o da quello giovanile che, tra l’altro ,
ha anche la capacità di coniarne sempre di nuovi, gene-
Ognuno ha le sue allergie linguistiche.
E si reagisce con fastidio quando ci si
imbatte in superflui vocaboli inglesi
razione dopo generazione. Il guaio è che certe parole rimangono appiccicate addosso a lungo, e una volta sulla
lingua è difficile liberarsene. Come è successo con
“cioè”, che ha imperversato per anni; o “un minutino”.
Piano piano, però, sbiadiscono nel tempo e nell’uso,
pronte ad essere sostituite da altre che pure, fino al giorno prima, non rientravano proprio nel nostro vocabolario
abituale. E capita, spesso, in coincidenza con catastrofici
eventi naturali, che colpiscono la fantasia di tutti. Anche
quella linguistica. Così parole come “tsunami” si abbinano alla finanza o al commento da bar sport di una partita;
e a “tracimare” non sono più solo i flutti oltrepassando
gli argini o le barriere artificiali, ma anche i nostri discorsi. C’è da chiedersi come entrerà, ovviamente usato a
sproposito, nel nostro parlato quotidiano il recentissimo
“bomba d’acqua”. Fino a ieri erano semplicemente acquazzoni...
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
Paola
Matasci
53 ANNI, CONSIGLIERE
NAZIONALE PLR
42 ANNI, EX CALCIATORE, DIRIGE
LA FONDAZIONE GABBIANO
39 ANNI, DIRETTRICE
TARCHINI GROUP
36 ANNI,
SCRITTORE
31 ANNI, CONDUTTRICE TELEVISIVA
62 ANNI, SAGGISTA E DOCENTE
DI LETTERATURA ITALIANA
65 ANNI, CONSIGLIERE
NAZIONALE UDC
50 ANNI, RESPONSABILE
MARKETING MATASCI VINI
Non la sopporto più. È
tutto all’eccellenza, dagli
ospedali al centro studi,
alla start-up... E poi è
quasi sempre usata in
termini autoreferenziali.
Anche “frontalieri” e
“padroncini,” i termini più
abusati in Ticino...
possibile che non ci
siano altri problemi di cui
discutere? Segnalo inoltre
la scomparsa di parole,
giuste, come “tema” e
“problema”; ormai ci
sono solo “tematiche” e
“problematiche”.Via, una
bella riga rossa sopra.
Visto che non posso
cancellare la parola
“disoccupazione”, vorrei
fosse abolito il termine
“lazzarone”, almeno per
quanto riguarda i giovani.
Mi infastidiscono tutte le
definizioni negative usate
per definire una presunta
inadeguatezza, incapacità
dei giovani, soprattutto
quelli che vivono in un
disagio che, tra l’altro, non
hanno certo creato loro.
Invece i giovani d’oggi
sono dinamici, mobili,
parlano le lingue.
Insomma, meritano.
Abbiamo impiegato
decenni per rivalutare la
piccola imprenditoria,
l’artigiano specializzato, e
poi rispolveriamo dagli
anni ‘60 un brutto termine
come “padroncino”
appiattendo tutte le
professionalità. Non mi
illudo di eliminare “selfie”,
che temo ci terrà
compagnia per anni e anni,
ma posso rottamare
“salve”? Non vuol dire
niente, è per chi non ha il
coraggio di dire ciao o la
cortesia di un semplice
buongiorno o buonasera.
La vita è diventata “social”,
ma a furia di usarla, e
fraintenderla, c’è il rischio
che questa parola si riveli
inversamente
proporzionale al senso di
“sociale”. E ho paura che il
termine diventi, al contrario,
l’emblema della solitudine.
Spesso si confonde una
moltitudine di rapporti
virtuali con quelli reali,
quelli sociali appunto. Non
mi piace anche “risorse
umane”, mutuato da human
resources che ci porta a
dimenticare che si tratta pur
sempre di persone.
Praticamente, quindi, cioè...
tutte quelle parole usate
come intercalare a tal
punto da non farci più
caso. Al punto da farmi
innamorare, quando
spuntano termini aulici o
desueti, come “paraninfo”,
che mi costrigono a
consultare il vocabolario.
Una che non sopporto più
sentire è “risposta esatta” al
posto di un semplice sì.
Sarà deformazione
professionale, ma ritrovare
nella vita di tutti i giorni dei
termini così quizzaroli mi
dà un po’ la nausea.
Non si comprende come ci
si sia fatti contagiare da
questa moda
dell’“assolutamente sì” e
“assolutamente no”, come
se non ci si accontentasse
di un semplice, e più
corretto,“sì” o “no”. Ma che
bisogno c’è di aggiungere,
a sproposito poi, l’avverbio
rafforzativo? Anzi, per non
sbagliare, eliminiamo
dall’uso “assolutamente” e
non ci pensiamo più. E
potrei fare un lungo elenco
di parole figlie di mode
linguistiche, che sono tutte
parecchio stupide.
Continuo a non capire
cosa voglia dire
“quant’altro”, usato sempre
da chi parte deciso
elencando tutta una serie
di cose e si ferma a due
aggiungendo, appunto,
quant’altro. Poi, per favore,
abbiamo una lingua
bellissima, perchè usare
“road map”o“job act”?
Tagliare le spese,
evidentemente non fa figo,
non fa politico, se si
preferisce usare “spending
review”. Aspettando di
capire perché le spese non
vengono tagliate mai...
Marketing
Pierre
Rusconi
Quant’altro
Renato
Martinoni
Assolutamente
Clarissa
Tami
Praticamente
Andrea
Fazioli
Social
Giorgia
Tarchini
Lazzarone
Edo
Carrasco
Eccellenza
Ignazio
Cassis
Padroncino
Q
uante parole vorremmo proprio non sentire più il prossimo anno. E
non ci riferiamo a parole importanti, da esorcizzare, come guerra,
fame, terrorismo, razzismo, pedofilia... Come se cancellandole potessimo eliminare quanto di atroce ad esse collegato. Più umilmente vorremmo depennare le tanti frasi fatte, i termini usati a sproposito, quelli martellati come un tormentone, quelle di moda, virali,
trasmesse da spot e tv. Quelle che siamo stanchi di sentire. Ormai
sono tanti a non sopportarle più, come dimostrano gli otto testimonial scelti dal Caffè che non hanno avuto che l’imbarazzo della scelta nell’individuare le parole che vorrebbero sparissero. Anche subito. Da “social” ad “assolutamente” (peggio ancora se assolutamente sì o no), da “quant’altro” allo svalutato “eccellenza”, fino a “padroncino”, che dalla Brianza anni Sessanta ha trovato nuova linfa
soprattutto in Ticino. Sì, sono tante le parole che si dovrebbero rottamare. Anzi, forse è meglio rottamare anche “rottamare”.
Se il Time
(per errore)
depenna
‘femminista’
Può sembrare paradossale
detto da chi lo fa per
professione, ma vorrei
sparisse la parola
“marketing”. È così abusata
e millantata che ormai non
vale più niente: fanno tutti
marketing, da chi
distribuisce volantini a chi
spaccia decisioni frutto di
un indiscutibile studio. Di
marketing naturalmente. E
se potessi cancellerei tutte
le parole volgari. Mi
disturbano le parolacce
usate come intercalare,
inframezzate a casaccio in
qualsiasi discorso.
a parola “femminista” non avrebbe dovuto essere inclusa
nell’elenco delle parole da
depennare proposto dal
settimanale Time nel sondaggio destinato ai suoi
lettori online. Sì, perché
alla fine, probabilmente
più per provocazione che
per misoginia, è stata proprio “feminist” la parola
più cliccata tra quelle da
cancellare. E ne sono seguite così tante polemiche
che Time è stato costretto
a scusarsi pubblicamente.
Grazie all’iniziativa,
però, abbiamo scoperto
che anche gli americani
hanno le loro idiosincrasie
nei confronti di termini
che - a furia di sentirli,
spesso a sproposito - sono
diventati insopportabili.
Come “literally”, letteralmente, che è stato ormai
stravolto dal suo significato figurativo e viene usato
come il prezzemolo. Perché ribadire “sono letteralmente stanco”, quando
stanco non ha altro significato letterale?
Anche gli americani,
poi, soffrono i tormentoni.
Tra le parole più votate
“yaaasssss”, un sì strascicato all’infinito entrato
nell’uso corrente emulando la cantante pop Lady
Gaga, e che viene restituito al mittente. E persino la
patria dei termini tecnici,
quella che ha fatto valere
la sua egenomia linguistica dall’informatica al
mondo dello spettacolo,
comincia ad avere una crisi di rigetto per certi neologismi che caratterizzano
nuove professioni.
Come “influencer”,
colui che è in grado ormai
di influenzare tutto, da
una tendenza sul social
network Twitter all’orientamento produttivo di una
start-up, fino alla scelta
tra gli scaffali del supermercato.
E deve aver effettivamente choccato la metamorfosi della teenager
Hanna Montana, che è
passata dai telefilm di casa Disney alla versione
hot di Miley Cyrus. Al
punto che “twerk”, parola
usata per indicare un tipo
di ballo in cui la ballerina
scuote i fianchi su e giù
velocemente creando un
tremolio sulle natiche (famoso in un videoclip della
succitata Miley), è stata
depennata d’ufficio. Anche il gergale “om nom
nom”, termine onomatopeico che accompagna indifferentemente foto di
manicaretti, neonati, cuccioli postati in rete e ritenuti “gustosi” (simile al
nostro “gnam gnam”) è
uscito dagli occhi. O dalla
lingua, vedete voi.
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IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
ilcaffèLink 47
iStock
Il caso. Un bambino figlio di genitori divorziati può
scegliere liberamente il nome di famiglia. Lo ha stabilito
una recente sentenza del Tribunale federale, scatenando
la protesta delle associazioni che difendono i padri
“Ho 12 anni e decido io
tra mamma e papà
quale cognome voglio”
OMAR RAVANI
I
l cognome è il nostro marchio di
fabbrica. Ci accompagna per tutta
la vita. Sin da piccoli ci caratterizza
e ci differenzia, lo scriviamo sui
quaderni, sulla sacca sportiva, in
seguito sempre più spesso prenderà il
posto del nome di battesimo. Saremo il
signor Rossi o la signora Bianchi. Il cognome non lo possiamo scegliere, questo
è certo. Ma... lo possiamo cambiare. Ha
destato scalpore la recente decisione del
Tribunale federale di autorizzare un
12enne del canton Turgovia a cambiare il
suo cognome con quello da nubile della
madre. In sostanza, da quell’età, i figli di
genitori divorziati potranno chiedere di
cambiare il cognome se preferiscono
avere quello della madre, o del padre,
sempre che ci siano dei motivi legittimi
per questa rischiesta.
Una decisione che, inutile dirlo, ha
messo in agitazione soprattutto i padri.
“È un altro brutto colpo per noi – reagisce Gianfranco Scardamaglia, del Movimento Papageno -. Il vero problema è
che i giudici hanno troppo potere decisionale, con delle leggi che sono volutamente troppo vaghe. A 12-13 anni i figli si
trovano davanti ad un conflitto di lealtà e
sono troppo influenzabili nelle loro scelte”. Il rischio è che a conflitto si aggiunga
conflitto. Una ragione in più per creare
tensioni tra ex coniugi. Anche perché il
bimbo potrebbe pure benissimo scegliere il cognome del nuovo marito della
Le regole
1 2
12 ANNI
A quest’età un ragazzo
può decidere il
cognome che avrà.
Nel caso di affidamento
alla madre e se questa
si è risposata,
potrebbe scegliere il
cognome del patrigno
16 ANNI
È l’età in cui una
persona raggiunge,
per legge, la maturità
sessuale. Può avere
rapporti sessuali
consenzienti. E in più
può anche scegliere la
propria fede religiosa
mamma. “Già, se questa si risposa tra
qualche anno potrebbe accadere. Mio figlio avrebbe il cognome del patrigno.
Una vera pugnalata, che a nostro parere
fa scomparire completamente il padre
dalla vita del bambino”. Una situazione
che può anche avere effetti pesanti. Come sottolinea Ivan Battista, psicologo e
psicoterapeuta: “Alla persona che si vede
delegittimata dal proprio erede cade il
mondo addosso. In molti casi rischia anche la depressione”. Scardamaglia rinca-
Le norme La legge federale si basa sulla Convenzione dell’Onu
Nel caso di una separazione
il piccolo dev’essere ascoltato
I
I DIRITTI
I più piccoli
hanno diritto ad
essere sentiti,
soprattutto se
hanno capacità
di discernimento
figli sono coloro che più di tutti subiscono le conseguenze di
una separazione. E perciò devono poter essere ascoltati. È
scritto pure sulla Convenzione Onu dei diritti del fanciullo.
Naturalmente occorre che siano in grado di discernere, come
d’altronde ricorda anche la legge elvetica, modificata nel 1997
dopo un’altra importante decisione del Tribunale federale.
Ogni ragazzo in grado di capire la situazione va ascoltato e
la sua opinione tenuta in debita considerazione. Se in alcuni articoli di legge si conferma questo diritto fondamentale del minore in tutte le procedure che lo riguardano, in altri si specificano i casi per i quali il suo giudizio deve essere assolutamente
considerato. Senza se e senza ma. Ad esempio nei divorzi, separazioni, matrimoni dichiarati nulli e in tutte quelle situazioni
che causano l’interruzione del legame esistente fra la coppia
genitrice e il figlio.
L'audizione del minorenne, negli intenti del legislatore federale, ha una doppia finalità. Deve accertare i fatti importanti
da considerare nella sentenza e nello stesso tempo deve tutelare la personalità e l’interesse del ragazzo. Va in ogni momento rispettata l’integrità del figlio che deve quindi potere esprimere le proprie opinioni sulle conseguenze che lo riguardano
per il divorzio dei suoi genitori. Gli deve pure essere consentito
di esporre i suoi desideri e le sue necessità.
Tutto ciò serve anche per informare il figlio delle conseguenze che tale divorzio avrà per tutta la famiglia. Il giudice
deve chiarire con i genitori la loro posizione e le loro conclusioni e verificare se hanno già comunicato ai figli la loro decisione
di divorziare. Non spetta al giudice, infatti, informare il minorenne sostituendosi al padre e alla madre.
Secondo la legge federale, di regola fino ai 10 anni il bambino non viene ascoltato. Lo si fa solo in alcuni casi sol supporto
di psicologi o pedopsichiatri. Dagli 11 anni in su, invece, il ragazzo deve essere sistematicamente ascoltato, perché considerato in grado di esprimere un’opinione.
ra: “È in atto un vero e proprio annientamento del maschio e della paternità.
Sempre più spesso consigliamo agli uomini di non sposarsi e, soprattutto, di
non diventare genitori. ‘Paternità? No,
grazie!’ è infatti il titolo della nostra campagna di sensibilizzazione iniziata lo
scorso 19 marzo in occasione della Festa
del papà, un po’ come se intravvedessimo questi pessimi scenari”.
Insomma, dodici anni secondo molti
padri sono troppo pochi per poter decidere in totale autonomia. A quell’età un
pre-adolescente non sarebbe in grado di
capire esattamente la delicatezza del
problema.“Anche se non si può generalizzare - nota Battista -. È difficile che un
ragazzino possa capire quali sono le conseguenze delle sue scelte”. Il rischio, infatti, è quello di caricarlo di un fardello
troppo pesante. “È come se gli si chiedesse se preferisce la mamma o il papà nota lo psicologo -. Una domanda non
posta direttamente, ma che il figlio percepisce come tale. Dentro la mente del
ragazzo potrebbe sorgere una sorta di
conflitto difficile da superare”. Infatti, il
bambino diventa sia la vittima che l’artefice di tutti i conflitti. “È come se gli si rubasse la sua infanzia, è una violenza - riprende Battista -. Con la scusa di voler
ascoltare i suoi bisogni, lo si getta in
mezzo a procedure infinite”.
Ma non solo. Giustamente, c’è anche
chi si chiede su quali basi un giudice dirà
sì alla richiesta del bambino. Forse il fatto
che il cognome della madre non è straniero e quindi meno a rischio di discriminazione potrebbe essere un motivo sufficiente? “C’è soprattutto il pericolo di
strumentalizzare il bambino, che potrebbe voler condividere il cognome del nucleo familiare in cui vive - osserva Battista -. Un atteggiamento più che legittimo, considerando che a questa età ci si
costruisce l’identità ed è il momento in
cui il bambino cerca di capire chi è”.
Secondo Pro Juventute, associazione
che si occupa di bambini e giovani, il ragazzo ha il diritto di avere l’identità che
più sente vicina alla sua personalità e al
suo corpo. Certo, 12 anni sono pochi, ma
questa decisione fa sì che il bambino diventi un attore riconosciuto della procedura e non più solo una vittima.
[email protected]
Q@OmarRavani
3
18 ANNI
Si raggiunge la maggiore
età. Si ha, per esempio,
la possibilità di redigere
un testamento e si ha il
diritto di voto e di
eleggibilità. Per la legge
si è maggiorenni
a tutti gli effetti
facebook.com/aldoelivio
Visita la pagina
“Aldo e Livio”
Visita il canale
“Aldo Livio”
www.aldolivio.ch
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Qualcosa
non quadra
IL CAFFÈ
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49
La dieta.
Scatta una norma
europea che
tutela chi soffre
di intolleranze
alimentari. Più
chiarezza nelle
etichette e al
ristorante. Ma il
rabbocco...
Con il bugiardino
dentro il menu,
allergici avvertiti
PATRIZIA GUENZI
A
LA
CURIOS
ITÀ
In tutti i Paesi della
Comunità europea
sarà vietato presentare
sul tavolo le classiche
oliere. Dovranno
invece offrire ai clienti
solo bottiglie originali,
con un tappo
anti-rabbocco per
garantire la qualità
dell’olio contenuto
ndare al ristorante
per… leggere. Altro che entrare, accomodarsi, ordinare e mangiare. Bè,
non subito almeno. Prima, bisognerà armarsi di pazienza e,
per gli over 50, di occhiali per
visionare attentamente tutti
gli ingredienti utilizzati nei
piatti elencati sul menu e potenzialmente in grado di scatenare reazioni allergiche. Una
mano santa per chi soffre di orticaria, attacchi d’asma e intolleranze più o meno gravi e che
quindi non dovrà più chiedere
al cameriere se la tal pietanza
contiene aglio, lattosio, glutine, crostacei e mettere in piazza i propri problemi di salute.
Potrà verificarlo di persona, visionando l’intero elenco delle
sostanze contenute nelle varie pietanze. L’ha ordinato la Comunità europea. Dal 13 dicembre non ci sarà più ingrediente
segreto che tenga,
né nei cibi preconfezionati né nei
menu del ristorante.
Insomma, un
po’ come il bugiardino, il foglietto informativo dentro la confezione di un
farmaco che spiega composizione, posologia, controindicazioni ed eventuali reazioni, anche le imprese che operano
nell’alimentare, preconfezionato e non, devono indicare in
etichetta i componenti che potrebbero scatenare reazioni pericolose nei soggetti sensibili.
La Svizzera, ovviamente, è
esclusa da tale provvedimento.
Eppure, sono circa 300mila le
persone che soffrono di un’allergia alimentare, che vivono
l’uscita al ristorante come un
penoso interrogatorio a camerieri e cuochi. “Obbligare a dichiarare in carta tutti le componenti del piatto trasforme-
rebbe il menu in un’enciclopedia e obbligherebbe ogni cuoco
a diventare un esperto chimico”, commenta Alessandro Pesce, portavoce di GastroTicino.
Mentre l’Acsi, l’Associazione
delle consumatrici della Svizzera italiana aggiunge: “Ottima iniziativa, anche se c’è il rischio di scivolare nelle esagerazioni”.
In realtà, in Svizzera molti
supermercati hanno già una loro linea alimentare antiallergica in cui il consumatore può
verificare ogni singolo ingrediente. GastroSuisse, sul suo
sito, in un capitolo dedicato al
tema delle allergie e delle intolleranze, impone ai propri affiliati una dichiarazione affidabile degli ingredienti contenu-
I consumatori I consigli di Laura Regazzoni-Meli
ti, sia negli alimenti imballati
che nei piatti sfusi. E GastroTicino aggiunge: “Alcuni anni fa
abbiamo dato ai nostri soci alcune regole di comportamento,
consapevoli dell’importanza
per la salute dei consumatori”,
dice Pesce.
Intanto l’Europa stringe le
viti anche sulle tanto discusse
oliere. L'era di certi contenitori
per l’olio - quelli sulle tavole di
bar, mense e ristoranti metà
extravergine e l’altra metà “chi
lo sa” - è finita. Il problema risolto alla radice. Gli oli di oliva
vergine d’ora in poi dovranno
essere presentati in contenitori
etichettati a norma di legge e
forniti di un dispositivo di chiusura anti-rabbocco. L’obiettivo
è garantire trasparenza ai consumatori e tutelarne la salute.
E la salute dei consumatori,
si sa, passa soprattutto dal
piatto. Quindi, chi soffre di allergie e intolleranze deve sapere esattamente che cosa mangia e poter far capo a informazioni affidabili degli ingredienti
degli alimenti, preimballati e
Nel piatto
sfusi, come pure delle pietanze
servite nei ristoranti. L’esperienza insegna – si legge sul sito dell’Acsi che ha realizzato
un opuscolo per albergatori ed
esercenti su come servire le
persone affette da allergie alimentari - che per gli alimenti
offerti sfusi e i piatti serviti al
ristorante non sempre tale obbligo è rispettato.
Intanto, tornando al provvedimento europeo, la reazione non s’è fatta attendere. Chi
opera nell’alimentare s’è già rifiutato di vestire i panni del
chimico perché, ha spiegato,
codificare i piatti tipici significa
svilirli in una formula sempre
uguale neanche fossero dei
medicinali. Difficoltà evidenti
anche per chi si occupa di catering e buffet, costretti ad aggiornare più volte al giorno a
dipendenza delle forniture. Alcuni ristoratori poi, hanno minacciato di sostituire i prodotti
freschi con quelli dell’industria
alimentare già etichettati.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
I cibi da evitare possono essere molti
“Attenzione alle false Dalle noci ai crostacei
sicurezze,piuttosto...” ecco gli alimenti killer
È
sicuramente un passo avanti, ma attenzione alle esagerazioni e alle false sicurezze che si danno al consumatore”.
Questa la reazione di Laura Regazzoni-Meli dell’Acsi, l’Associazione delle consumatrici della Svizzera italiana, sulla decisione
della Comunità europea di mettere solo oliere anti-rabbocco sui
tavoli dei ristoranti. E Regazzoni sposta l’attenzione ad altri tipi di
rabbocco. “Penso ad esempio - spiega - ai liquori, quelli che finiscono nella tazzina per ‘correggere’ il caffè. Grappe, cognac e distillati di altro genere sono spesso mescolati da una bottiglia all’altra. Una pratica che ci risulta essere piuttosto comune e che
andrebbe assolutamente evitata”.
L’altra iniziativa a livello europeo, sempre a tutela della salute
del consumatore, ovvero l’elenco di tutti quegli ingredienti a rischio allergie, la segretaria
dell’Acsi osserva: “In Svizzera
non esiste alcuno obbligo in questo senso. Tuttavia, il ristoratore
deve sempre, su richiesta del
cliente, informarlo minuziosamente su tutti gli ingredienti
contenuti in una pietanza”.
Ma attenzione, anche in questo caso, a non finire nelle esagerazioni e trasformare la carta
di un ristorante in un infinito
elenco illeggibile ai più. “Cercare di mantenere sempre un buon
equilibrio tra informazione e presentazione, in modo tale che il
cliente non debba trascorrere mezz’ora a visionare il menu - riprende Regazzoni-Meli -. E allora, una proposta intelligente sarebbe quella di aggiungere ai piatti ‘a rischio’ un asterisco. Anche
se mi rendo conto che un problema potrebbe però porsi per tutti
quei piatti preparati al momento. Ma, ripeto, confidiamo nella
professionalità di camerieri, cuochi e ristoratori che si mettono a
completa disposizione del cliente per rispondere a tutte le sue richieste”.
o.r.
N
occiole, kiwi, sedano, mela, noci. Anche arachidi,
frutti di mare e sesamo. Ma anche quelli ricchi di
istamina, serotonina o tiramina (banane, vino, birra, tonno fresco e in scatola, gamberetti, crostacei, formaggi, pomodori e cioccolato), quelli contenenti il colorante E102, la tartrazina (dolci industriali, cracker, sciroppi, marmellate, caramelle e chewing-gum, aperitivi
colorati, sottolio e sottaceti) e quelli ricchi di acido acetilsalicilico (pomodori, pepe, mele, uva, vino, albicocche,
pesche, ciliegie, prugne e arance). Ecco i cibi che più frequentemente causano reazioni allergiche tra gli adulti. I
bambini invece tendono a sviluppare reazioni contro il
latte di mucca e le uova.
Le allergie nascono solitamente nella primissima infanzia, in seguito il corpo sviluppa delle “contromisure”
per cui nella maggior parte dei casi la persona riesce a
conviverci senza troppi danni. Chi soffre di un’allergia
conclamata deve però stare molto attento. Anche una
minima traccia dell’ingrediente indesiderato può provocare reazioni pericolose, si va dal prurito alla bocca e al
palato al gonfiore alle labbra e alla lingua. In alcuni casi
si aggiungono vomito, coliche gastriche, crampi addominali, diarrea e choc anafilattici. Sulla pelle possono anche
apparire eczemi e orticarie. Le persone a rischio devono
sapere che l’auto osservazione è fondamentale per capire
se davvero sussiste un problema con determinate sostanze. Per la diagnosi è sempre meglio rivolgersi ad uno
specialista che farà tutti gli esami necessari.
Ovviamente, quando un’allergia a un determinato
alimento è stata diagnosticata la soluzione migliore è evitarlo. Stando anche molto attenti a leggere la composizione di tutti i cibi che infiliamo nel carrello. Fortunatamente, in Svizzera tutti gli ingredienti allergenici devono
essere chiaramente indicati sugli imballaggi, anche se
presenti in parti molto minime.
o.r.
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
50
ilcaffèLink 51
Il caso Un vecchio gioco vive una seconda giovinezza, anche se diventa tecnologico e molto politically correct
La curiosità. Adolescenti
o poco più.Smanettando alla
console, hanno trasformato
la loro passione in professione.
Diventando autentici esperti
Ecco i soldatini del terzo millennio
I NUOVI
EROI
Personaggi come
Mario Bros sono
diventati delle
vere e proprie
icone mondiali
Da grande farò
il collaudatore
di videogiochi
LINDA D’ADDIO
C’
Gli specialisti
1
I TESTER “CONTENT”
Sono responsabili della revisione
di testi, dialoghi e firme che
appaiono nel gioco. Ruolo simile
al correttore di bozze, richiede
buone competenze linguistiche.
2
I COLLAUDATORI “FANS”
Lavorano da casa e comunicano
via internet. Fondamentalmente
ricevono il titolo da testare e poi
inviano un report di tutti gli errori
riscontrati durante il gioco.
3
I TESTER “PROFESSIONALS”
Testano videogiochi a tempo
pieno su una parte specifica del
videogioco e provano a forzare
situazioni che potrebbero portare
a errori di programmazione.
è chi, a furia di
smanettare coi
videogiochi, è
riuscito a trasformare la sua
passione in una professione.
Sono giovani, adolescenti o poco più, al massimo 35enni. Sono i “videogames tester”, i collaudatori
di videogiochi che
“provano” i nuovi titoli, ne verificano le
diverse applicazioni
e sviluppi e - indirettamente - contribuiscono al loro successo. A onor del vero il
nome corretto di
questo mestiere è
“usability tester per
videogames”, ed è
una grande opportunità per gli amanti
della console che vogliono convertire il
loro hobby preferito
in un lavoro, retribuito a tutti gli effetti.
Sono tante, infatti, le case produttrici
che si avvalgono di
questi giovani talenti del joy-stick per
collaudare livello dopo livello i nuovi games prima di immetterli sul mercato.
Dopo aver superato
tutti i test interni.
Infatti, sono proprio loro a dare
l’ultimo ok di verifica. E chi, effettivamente, potrebbe farlo
meglio di loro? Trascorrono ore
e ore a giocare, incollati al display. Sono loro, in fondo, i fruitori ideali del gioco. Protagonisti e destinatari finali di un settore in cui la tecnologia si sviluppa sempre di più e sempre
più rapidamente, in cui i titoli
in uscita si succedono con frequenze impressionanti.
Se queste sono le premesse
è implicito che le opportunità di
lavorare nel fantastico settore
dei videogiochi crescano a dismisura.
E i giovani “videogamer” non
possono chiedere di meglio:
non sono costretti a recarsi in
ufficio per svolgere il loro compito, lo possono fare comodamente in remoto, online, da casa. E vengono pure pagati - tra
l’altro bene - per fare ciò che
più li diverte.
Ai “beta tester”, i collaudatori
non professionisti, si chiede soprattutto di individuare, evidenziare e segnalare eventuali
anomalie o difetti del gioco.
Molti colossi storici del settore,
da Nintendo a Sony, da Ea a
King, nonché gruppi più recenti
esplosi grazie ai “giochini” per
smartphone e tablet, si avval-
gono di queste nuove figure
professionali, a cui s’è ricorso in
dose massiccia da quando venne lanciato “World of Warcraft”,
spesso abbreviato in WoW, il videogioco fantasy tridimensionale ambientato nell’universo
di Warcraft, più giocato al mondo.
La figura del “tester” viene co-
Q
munque utilizzata anche in altri
ambiti, che rientrano sempre
nel settore dei giochi. Lo conferma Filippo Gallizia, amministratore delegato di Geomagworld, azienda di Novazzano
che produce costruzioni magnetiche famose in tutto il
mondo: barre e sfere di metallo
che si calamitano a vicenda:
Sono ormai molte
le case produttrici
ad avvalersi di questi
giovani talenti per
testare le novità
“Ogni gioco in produzione viene sottoposto ad una serie di
controlli interni e di controlli
casuali aggiuntivi, affidati ai
‘tester’ appunto, che ne verificano la funzionalità”.
Geomagworld segue direttamente tutte le fasi di produzione, dall’idea iniziale al prodotto
finale, per essere certa della
qualità delle materie prime,
delle fasi di produzione e del livello di sicurezza dei giochi e
dei lavoratori. Ma l’aspetto più
interessante riguarda la possibilità di testare il prodotto ad
opera degli stessi fruitori: i
bambini. “È una fase del processo produttivo non obbligatoria, ma necessaria - sottolinea
Filippo Gallizia, ricordando che
ai “tester” in erba Geomag offre
l’opportunità di “collaudo”
nell’area gioco del suo negozio
all’interno del centro Foxtown a
Mendrisio -. In fondo è un test
in più, che va sicuramente oltre
i problemi di sicurezza e le
componenti tecniche del [email protected]
dotto”.
uando
ormai
tra
i
giocattoli
avevamo dato
per estinti i “soldatini” eccoli rispuntare nella loro
versione da terzo millennio,
più politically correct e sicuramente più tecnologici
visto che sono dotati di
supporto dati e pure interfacciabili con le
console da videogame. In realtà, in comune coi vecchi soldatini di almeno un
paio di generazioni
fa, hanno una cosa
sola: produrre scenari di gioco interminabili.
Se prima cowboy, indiani o marines in miniatura che fossero offrivano la possibilità
di creare, costruire con le proprie mani
l’ambientazione e la sceneggiatura della
storia che volevamo e spesso l’allestimento del tutto occupava più tempo del gioco
vero e proprio, oggi i nuovi soldatini, che
ora si chiamano “action figure”, hanno a
disposizione una memoria di fantasia
sterminata per interagire in maniera di-
namica con il software.
Coloratissimi gli “Amiibo” (così si chiamano i primi, messi in commercio giusto
per Natale dal colosso nipponico dei prodotti videoludici Nintendo) a modo loro
puntano sulla “tradizione”. I piccoli protagonisti, infatti, hanno le fattezze tridimensionali degli eroi animati, famosissimi, della casa: Mario, Link, Donkey Kong,
Peach, Pikachu, Fox e chi più ne ha più ne
metta. Facile prevedere che - proprio come i vecchi soldatini - diventeranno oggetto di collezione. E non solo dei più piccoli. Per giocarci basterà abbinarli a titoli
come “Super Smash Bros”, ad esempio, e
non seguiteranno solo a darsele di santa
ragione tra combo, mosse speciali e attacchi in coppia, ma aiuteranno gli eroi sul
display ad acquisire ulteriori poteri. “Ma
non solo, visto che l’amiibo, da ‘soldatino’
materiale si trasforma in personaggio virtuale entrando nel direttamente nel videogioco - spiega l’esperto d’informatica
Stefano Maccarinelli, creatore ticinese del
videogame “Segreti di Maggia” -. I soldatini hanno ancora il loro fascino, ma questi del terzo millennio sono tutta un’altra
cosa. Sarà inevitabile collezionarli, costano poco e aggiungono un’esperienza inedita in un settore, come quello dei videogame, che onestamente non si sapeva più
cosa fosse in grado di inventare di nuovo”.
Pubblicità
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Le novità Alla Milan Games Week tutti i leader dell’industria ludica digitale hanno presentato una quarantina di titoli
O
ggi il concetto di videogioco ha una
valenza molto diversa rispetto solo
a qualche anno fa. Il costante aumento dei giocatori, i continui sviluppi
tecnologici legati alle console e ai contenuti dei videogiochi, nonché l’espansione dei
clienti - non più solo bambini e teenager , ha dato origine a veri e propri eventi di
massa.
Milioni di appassionati, di target diversi
ma con una passione comune, che grazie
ad internet possono socializzare ed interagire sfidando altri appassionati alla console in ogni parte del mondo. Così, ogni anno
si ritrovano alle fiere di settore come la
Games Convention di Lipsia, la Tokyo Game Show o la Games Week di Milano.
Eventi sempre più diventati un appuntamento fisso per i “videogamer”, che vogliono essere costantemente informati e
conoscere tutte le novità in tema di titoli,
console e accessori, provare i nuovi giochi
e ritrovarsi con altri appassionati per discutere e valutare.
La passione si è potuta constatare anche durante il recente Milan Games Week
2014, alla sua quarta edizione. Alla kermesse, a cui hanno partecipato i principali
protagonisti dell’industria dei videogiochi,
Ora trionfano
multiplayer,
vite fantasy
e“sparatutto”
in tantissimi si sono ritrovati per conoscere e provare in anteprima i nuovi titoli, una
quarantina, che saranno sul mercato tra fine anno e l’inizio del prossimo. I parteci-
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&+ !7.2+3’ "#
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panti hanno potuto cimentarsi con i titoli
più nuovi ed incontrare gli sviluppatori dei
videogames. Per i più esperti, inoltre, sono
stati organizzati competizioni e tornei.
Fra le novità 2015 il multiplayer di
“Call of Duty” e il rivale “Battlefield Hardline”. E poi “Dead Island”, “Master Chief
Collection”, “Assassin’s Creed Unity” fino a
“Disney Infinity”. Sono solo alcuni dei titoli, che testimoniano l’enormità di generi
per un mercato in continua espansione e
sempre più diversificato, sia come target
che come età dei consumatori.
Ad esempio il videogioco “Call of Duty
Advanced Warfare”, sparatutto giunto
all’undicesimo capitolo, nella modalità
multi giocatore vede la partecipazione
straordinaria dell’attore vincitore dell’Academy Award Kevin Spacey. Il nuovo
capitolo della saga dà origine ad una nuova
era di combattimenti virtuali.
“Battlefield Hardline”, invece, combina gli intensi e inconfondibili momenti
multiplayer con una storia ricca di emozioni e un’ambientazione che ricorda le più
moderne serie tv-crime. Imperdibile, infine, per tutti gli appassionati del magico
universo disneyano, la sempre più psichedelica saga di Kingdom Hearts.
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Gadget destinati a fare tendenza, anche perché le nuove “active figure” sono
già state adottate da Disney per l’universo
Infinity e non solo. Prossimamente sui display da gioco, infatti, si uniranno i personaggi fantasy di “Legend of Zelda”, quelli
della variante da combattimento “Hyrule
Warriors”, del folle “Bayonetta 2” e i mecha combattenti di “Xenoblade Chronicles
X”. “Ed è solo l’inizio - riprende Maccarinelli -. Non bisogna dimenticare che Disney, acquistando la Marvel, si ritrova un
sacco di supereroi da Spiderman agli XMen, da Hulk ai Fantastici Quattro, Dare
Devil ed Elektra… Ci sarà da divertirsi”.
E, a quanto pare, non abbiamo ancora
visto nulla, visto che la stessa Nintendo,
per la console Wii U, ha già in programma
la distribuzione dell’inedito “Mario Maker”. Più difficile, a meno che il lettore
non sia un ingegnere elettronico o un nativo digitale, spiegare di cosa si tratta. La
sua presentazione, infatti, parla di un
“promettente editor/engine di livelli personalizzati, ambientati nel tradizionale
mondo 2D dei platform di Super Mario,
con la possibilità di scegliere se usare lo
stile grafico classico dell’era Nes o quello
delle console più evolute”. E pensare che
una volta bastava una scatola da scarpe
per i soldatini...
e.r.b.
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
52
ilcaffèLink
La casa. Accumulare oggetti non
solo crea disordine,fa pure ammalare.
Buttate,ma senza dir niente ai parenti
Fare ordine è zen
e riduce la pancia
ROSELINA SALEMI
S
e siamo sommersi dagli oggetti, se non troviamo mai niente, se
il costume da bagno
salta fuori ora e il cashmere a luglio, quando non
serve più, se il cambio guardaroba è stressante e soprattutto
se non riusciamo a buttar via
niente abbiamo bisogno di aiuto. Abbiamo bisogno di Marie
Kondo, che ha trasformato l’arte del riordino in un mestiere di
successo e senza andare in
Giappone dove i suoi corsi, anche per manager, sono frequentatissimi, possiamo cominciare
a leggere il suo best-seller da
due milioni di copie, tradotto in
italiano da Vallardi (Marie Kondo, “Il magico potere del riordino”).
La signora ha elaborato un
metodo che rovescia alcuni luoghi comuni. Pensiamo che l’ordine consista nel sistemare tutto in contenitori, cassetti e scatole. Falso. Il primo passo è buttar via, e occorrono sei mesi per
farlo come si deve. Pensiamo
che serva un’ora al giorno per
mantenere una buona organizzazione? Falsissimo. Senza il
Grande Riordino non facciamo
che cambiare posto agli oggetti.
Dopo sì, basteranno dieci minuti. Ma riordinare è anche un
esercizio zen: visualizzare l’ambiente dei nostri sogni, sbarazzarci del superfluo. Non basta
aprire l’armadio e decidere:
“Non mi piace più”. La domanda è: “Conservare questa maglia o questi libri mi rende felice?”.
Per Marie Kondo bisogna tenere “soltanto ciò che ci emoziona”. Il resto va nella spazzatura. Gli americani che
hanno dedicato una serie di trasmissioni agli
accumulatori seriali, lo
chiamano
“decluttering”. È faticoso. Internet trabocca di consigli
inascoltati su come separarsi da giochi, cd e
souvenir di viaggio. Cercando
con Google “economia domestica” c’è solo l’imbarazzo della
scelta. Ma forse non abbiamo
voglia di scoprire che una casa
disordinata corrisponde a
un approccio esistenziale discutibile.
Ogni comportamento ha un
significato, sostiene la psicoanalista Anna Maria Sepe. Un
esempio? Comprare contenitori
per riordinare è segno di ottimismo (il pensiero è rivolto al futuro). La mania di conservare
ogni genere di scatola è tipica
delle persone ansiose o introverse. Stivare oggetti inutili
può indicare un conflitto sentimentale. Selezionare le proprie
cose ci obbliga ad affrontare le
scelte fatte in passato. E rimediare.
E allora, i libretti delle istruzioni degli elettrodomestici in
sedici lingue? Via! Quando la
lavastoviglie smetterà di funzionare chiameremo un tecnico. Cavi e materiale elettrico?
Solo se sappiamo a che cosa
servono. Confezioni di cellulari
e computer? Dopo un tempo ragionevole è inutile tenerli. Elettrostimolatori, yogurtiere mai
usate? Facciamo spazio. Siamo
abituati a immagazzinare (in
caso di carestie, guerre, scioperi)? Trenta confezioni di pellicola da cucina, sessanta spazzolini da denti e ventimila cotton-
fioc (sarebbero bastati per 55
anni) sono i trofei di Marie Kondo, che è riuscita a far buttare
via agli “studenti “ dei suoi cor-
si un milione di oggetti. “Molti racconta - mi dicono che dopo il
Grande Riordino hanno perso
peso e ridotto la pancia. Potreb-
be sembrare un discorso strano, ma quando riduciamo le nostre cose e ‘disintossichiamo’ la
casa, anche il nostro corpo sta
meglio”. Effetti collaterali: si allenta l’ansia e aumenta l’autostima. Che cosa aspettiamo?
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Le regole
:::2"07!.+47&,,&2#)
È una singolare coincidenza che
esperti di neuroscienze e monaci
buddhisti siano arrivati alla stessa
conclusione. Gli oggetti ci invadono,
i rumori ci soffocano. Prendere le
distanze dalle “cose” è un esercizio
serio. E ha i suoi comandamenti.
1
Stop alle scorte
Due di tutto è già un
segno di ansia. Cinque è
preoccupante. Smaltitele
e ripartite con un nuovo
criterio: si compra
soltanto ciò che serve
non per stanza
2 Simaordina
per categoria
Non affrontate il
soggiorno, la cucina, la
camera da letto, ma la
tipologia. Libri, abiti, borse,
documenti, souvenir
*(/3.*-&.7/$ 3!##/,7!
09.7* &222 4* 0!37&’
ricordi vanno lasciati per
3 Iultimi
(l’impulso è sempre
quello di conservarli)
Per cominciare è meglio
affrontare i vestiti. Un buon
criterio può essere: non lo
metto da due anni, so che
posso farne a meno
borsa va svuotata
4 La
ogni giorno
54 1 .’4<’:<1)1 ’9<1)521
7,9 :759< 14@,94’21 +1 ">8
Dentro si stratifica di tutto:
merendine, monete
mentine, fazzoletti di
carta, biglietti
dell’autobus, volantini
promozionali. Buona
regola: buttar via ogni sera
quello che non serve
accatastare
5 Vietato
le cose una sull’altra
Vanno appoggiate in
verticale su un ripiano
e affrontate senza rinvii
accumulare gadget
6 Non
La penna promozionale
con il nome di un bar, i
post-it della casa
farmaceutica, il calendario
mai usato, occupano
spazio: fateli sparire
*./ !,
581
far mai vedere
7 Non
ai parenti quello che
avete eliminato
Potrebbero avere da ridire
e innescare sensi di colpa
perché ci sono abiti
nuovi, regali ricevuti dalla
zia, bomboniere
%* 4#/.7/
rifilare ad amici
8 Mai
e parenti ciò di cui
non avete bisogno
È una pratica comune: “Ti
posso dare il mio vecchio
frullatore, il portabottiglie,
lo shaker?”. Gli altri hanno
lo stesso problema di
sovraccarico
il bordo del lavabo
9 Liberare
e della vasca da bagno
C’è bisogno di mettere in
evidenza quattro flaconi di
shampoo, balsamo e
saponi? Basterà un
armadietto
pulizia del passato
10 Far
Diari scolastici, lettere
d’amore, regali di ex
fidanzati, fotografie. La
vita è nel presente: i
vecchi ricordi sono come
ragnatele. Rendono tutto
molto più triste
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IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
ilcaffèLink 53
Le auto.
La scheda
Maserati Ghibli Diesel
Con la sua ultima
nata la Maserati
punta su una
vettura sportiva
concepita
per garantire
pure la massima
comodità
Motore
6 cilindri turbodiesel
Cilindrata (ccm)
2986 cc
Cambio
automatico a 8 rapporti
CV
275
Coppia max. 600 Nm a 2000 g/min
0-100 km/h (s)
6,3
Velocità massima (km/h)
250
Consumi (l/100 km)
ca.6,5
Prezzo (base)
74’000.- Chf
Le strade del Moesano
col ruggito della Ghibli
L
e nuove esigenze commerciali e le aspettative della
clientela hanno influenzato anche la storia centenaria di Maserati. Con il suo nuovo modello Ghibli
è finalmente il turno di una vera anteprima pensata anche per chi utilizza la comoda vettura professionalmente
per dei lunghi viaggi. Infatti, per la prima volta, il marchio del Tridente offre, oltre al benzina, la scelta di una
motorizzazione a sei cilindri diesel sovralimentata da
due compressori. Nuovo anche l’abbinamento con tecnologia start-stop che spegne il motore ad ogni arresto
della vettura e lo riavvia automaticamente quando si riprende la marcia. Il sistema può essere disattivato con
dei pulsanti sul volante. Come abbiamo avuto modo di
provare con la nostra prova su strada, un propulsore
dall’insonorizzazione impeccabile e con la possibilità di
un abbinamento in una versione anche a trazione integrale Q4.
Un motore gioiello che, come la raffinata berlina, potrà
soddisfare chi non desidera spendere 100’000 franchi
per un modello familiare grintoso e di prestigio. Una
LA CORVETTE
La Z06 si aggiunge
alla gamma Corvette
2015 con un
nuovissimo motore V8
compresso da 6,2 l,
659 cavalli e una
coppia di 881 Nm.
LA VOLKSWAGEN
Sarà disponibile dal
secondo trimestre del 2015
anche la Golf R Variant:
Motore da 300 Cv, coppia
massima 380 Nm; cambio
Dsg a 6 rapporti e trazione
4Motion. Benzina o diesel, anche con le
4 ruote motrici, l’ammiraglia del
Tridente è più che convincente
dalla qualità dei materiali dello sfarzoso abitacolo, è
un’apprezzata certezza. Dai sedili, Poltrone Frau, alla
plancia e alla consolle, compresi i pannelli delle portiere,
sono in morbida pelle. Diverse sono anche le tipologie
delle finiture interne, come legno di vario tipo oppure fibra di carbonio, che valorizzano ulteriormente l’atmosfera degli interni.
La nostra prova inizia con la partenza da Noranco.
Per conoscere al meglio questa trazione posteriore scegliamo un tracciato misto, poco trafficato, che ci porta da
Noranco fino a Lostallo in autostrada. Poi le strade principali verso San Bernardino che percorriamo alcune volte, sia con la Ghibli a trazione posteriore, sia con la Q4 .
La Ghibli a due ruote scodinzola ben attaccata al fondo
stradale sul percorso ricco di curve, indicato anche per
premere la modalità “sport”. Nella versione Q4 l’aderenza al fondo stradale è perfetta. Preciso e veloce è il cambio automatico a otto rapporti con le levette al volante. Il
piacere per il conducente è assicurato con la nuova ammiraglia Maserati, non solo per il rombo sportivo della
Granturismo, simile a quello del V8 benzina, ma anche
perché i sistemi di sicurezza sono una presenza rassicurante. Sfogliando la documentazione troviamo un dato
importante quello della distanza di frenata, aspetto fondamentale ma che purtroppo viene spesso sottovalutato
a favore dell’accelerazione. La Ghibli turbodiesel si ferma da 100 a 0 km in soli 36 metri!
s.p.
La terza generazione
della Skoda Fabia
sfoggia stile e tecnica
EUGENIO SAPIA
S
LA LEXUS
La marca di lusso di Casa
Toyota ha presentato la
nuova Lexus Lf-C2 concept,
un prototipo capelli al vento a
quattro posti (2+2) che
anticipa il nuovo design del
marchio giapponese.
quattro porte ben calibrata anche nelle misure (lunghezza 4,97 m e passo 2,99 m) in grado di offrire spazio a sufficienza per i quattro paseggeri, con un bagagliaio predisposto per loro esigenze (500 l). La comodità, accentuata
anche dalla possibilità delle sospensioni a regolazione
elettronica, dalla perfetta isolazione del vano motore e
Molte e significative
le novità su cui punta
la piccola del gruppo
Volkswagen, dal
design ai consumi
ono diverse e significative
le novità che contraddistinguono la terza generazione della Skoda Fabia, che sarà in vendita sul marcato svizzero a partire da metà gennaio
2015, sia in versione berlina, sia
in versione combi. Anche questo modello di punta della casa
automobilistica ceca (dal suo
debutto nel 1999 in tutto il
mondo ne sono state vendute
3,5 milioni) incarna tutte le
qualità del marchio, ovvero spazi interni generosi (a fronte di
dimensioni compatte), diverse
soluzioni pratiche, consumi ridotti, tecnologia all’avanguardia e un interessante rapporto
qualità/prezzo.
Partiamo dal design, diventato decisamente più accattivante e sportivo, soprattutto
grazie a nuove proporzioni (più
equilibrate), che si traducono in
una riduzione della lunghezza
di 8 mm, in una maggiore lar-
ghezza (+ 90 mm) e in un’altezza ridotta di 31 mm rispetto alla
versione precedente. La maggiore larghezza rende dunque il
frontale e la parte posteriore più
imponenti, mentre al profilo i
designer hanno conferito più dinamicità. Sempre a livello di look, un’altra novità è rappresentata dall’opportunità di personalizzare sia l’esterno (a scelta
vi sono 4 colori per il tetto, per
la calotta, gli specchietti retrovisori e per i cerchioni), sia l’interno, grazie a molteplici combinazioni cromatiche.
Rispetto alla seconda generazione la nuova Skoda Fabia è
evoluta anche per l’assetto, mediante l’utilizzo di un nuovo telaio, appositamente studiato per
garantire maggiori stabilità e
comfort di marcia; il suo peso è
stato inoltre ridotto di 65 kg
(nella configurazione con l’equipaggiamento base).
Notevoli passi in avanti sono
stati compiuti pure per consumi
ed emissioni: nel primo caso i
valori minimi si attestano a 3,1
l/100 km, mentre il livello di
CO2 emesso è stato ridotto fino
a soli 82 g/km (è il caso della
versione “GreenLine”). A livello
tecnologico questa terza generazione propone i sistemi “MirrorLink” (sviluppato da Volkswagen) e SmartGate: collegando lo smartphone alla vettura si possono visualizzare sul display del sistema di “infotainment” diverse applicazioni presenti sul telefono, così come mediante l’applicazione Drive
Skoda - dati relativi al grado di
efficienza della vettura per ogni
tratto percorso (consumi, utilizzo dell’acceleratore, dei freni,
forza G,).
Per le motorizzazioni, sarà
possibile scegliere fra tre propulsori benzina (1,0 l Mpi da 75
cv, 1,2 l Tsi da 90 cv e 1,2 l TSI
da 110 cv, abbinati ad un cambio manuale a 6 rapporti, oppure al Dsg automatico a 7 rapporti) e tre diesel (1,4 Tdi da 75 cv,
1,4 l da 90 cv e 1,4 l Tdi da 105
UN PROFONDO
RESTYLING
Rispetto
alle versioni
precedenti, la
nuova Fabia si
presenta molto
migliorata anche
nel design e
nella comodità,
oltre che nelle
specifiche
tecniche
cv). Per gli equipaggiamenti sono previsti tre allestimenti: Active (base), Ambition (medio) e
Style (top), che sostituisce l’Elegance. Sempre fra le novità che
caratterizzano questo nuovo
modello, si segnala il sistema di
accesso alla vettura e accensione del motore “Kessy” (senza
chiave), l’utilizzo di un nuovo
servosterzo elettromeccanico e
l’ampio tetto panoramico.
La Fabia, malgrado sia diventata più compatta, offre più
spazio all’interno, sia per conducente e passeggeri, sia nel
bagagliaio, che raggiunge una
capacità di 330 litri (1’150 con i
sedili posteriori abbassati). Il
prezzo base parte da 14’490
franchi per la berlina e da
15’490 per la combi. La nuova
Skoda Fabbia diventa ancora più
concorrenziale. Non si rinnova
solo nello stile ma ha saputo pure applicare delle soluzioni intelligenti, come confermano le
vantaggiose sinergie offerte in
casa dal gruppo Volkswagen.
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
54
ilcaffèLink
BenEssere. Disfunzione
erettile e malattie cardiovascolari
spesso coesistono. Le due
patologie hanno origini simili
Animali.
Se l’impotenza cela un danno alle arterie
CRISTINA GAVIRAGHI
N
e soffre all’incirca un uomo su dieci, ma per chi ha più di 50 anni il
numero è destinato a salire. Si
tratta della disfunzione erettile, altrimenti detta impotenza, disturbo un tempo considerato quasi esclusivamente psicologico, ma che nella grande maggioranza dei casi ha cause fisiche. Ci sarebbero, però, dei segni premonitori, delle
spie biologiche che potrebbero indicare
una maggiore probabilità di soffrire di
questo disturbo.
Al congresso dell’American Heart
Association, alcuni ricercatori della
Johns Hopkins University hanno identificato nella condizione di salute delle arterie uno di questi segnali. Per dimostrarlo
hanno seguito oltre 1800 uomini senza
patologie cardiache per nove anni, valutando lo stato di salute dei loro vasi e la
loro attività sessuale. Dai dati rilevati è
emerso che la presenza di placche calcificate all’interno delle coronarie era legata a una maggiore probabilità di soffrire in seguito d’impotenza. Non solo,
un’analoga correlazione è stata riscontrata anche valutando lo stato delle carotidi, le arterie del collo che portano il
sangue al cervello. “Le nostre osservazioni - spiega David Feldman, principale
autore dello studio -, indicano che la presenza di placche nei vasi e una maggiore
rigidità delle pareti arteriose sono legate
a un rischio di disfunzione erettile più alto del 53% rispetto alla condizione in cui
non sono presenti tali fenomeni”. E questo si verificherebbe in uomini del tutto
asintomatici, in persone che mostrano
quindi solo un principio di alterazione
vascolare e non ancora una seria patologia. L’impotenza e le malattie cardiovascolari, in realtà, spesso coesitono. Molti
studi hanno anche rilevato, in chi presenta questo disturbo sessuale, una
maggiore probabilità di soffrire d’infarto
e ictus, tanto da far ritenere la disfunzione erettile un fattore di rischio cardiovascolare, specialmente negli uomini sotto
i 55 anni. Le due condizioni, però, non
sarebbero legate da un vero e proprio
rapporto di causa-effetto. Piuttosto,
avrebbero alla base delle origini simili
come, ad esempio, l’aterosclerosi. L’erezione dipende dall’afflusso di sangue nei
vasi del pene e non sorprende che una
cattiva salute delle arterie possa essere
legata all’impotenza. La presenza di
placche all’interno dei vasi, non solo ne
restringe la sezione ostacolando il flusso
sanguigno, ma interferisce negativamente anche con la produzione di ossido
nitrico, elemento importante per la vasodilatazione e il rilassamento muscolare,
condizioni fondamentali per l’instaurarsi
dell’erezione. Le cause dell’impotenza,
però, sono varie. A parte quelle psicologiche, da un punto di vista fisico, oltre a patologie vascolari, ne potrebbero essere responsabili disfunzioni ormonali, disturbi
neurologici, gli effetti collaterali di alcuni
farmaci, malattie croniche come l’insufficienza renale e l’abuso di droghe, fumo e
alcol. “C’è ancora molto da studiare sull’argomento - conclude Feldman- occorre
farlo perché la funzione erettile è come
una finestra sulla salute cardiovascolare,
e anche globale,
maschile”.
Occhi rossi
e prurito
ecco la cura
per l’uveite
La lettera
E
gregio dottore, sono
molto preoccupata per il
mio cane che nei giorni
scorsi ha presentato problemi
ad un occhio. Si grattava
spesso e l’occhio era di un
rosso acceso; inoltre sembrava avere un dolore molto intenso. Un suo collega ha diagnosticato una uveite acuta,
ma francamente ho capito poco delle spiegazioni che mi ha
fornito. La terapia, anche se
trattasi di colliri, è molto impegnativa perchè tali gocce
vanno instillate con molta frequenza; mi ha parlato anche
di ifema, di sinechie? La prego, mi aiuti un po’ lei!
Sesso e amore.
La risposta
di Stefano Boltri
“A 54 anni,nubile,
ho scoperto altri piaceri”
Il nostro corpo
ha tante zone erogene
n effetti l’uveite è una patologia molto dolorosa che può
anche portare a serie conseguenze per l’integrità dell’occhio. Col termine uveite, si intende una infiammazione della
tonaca media dell’occhio costituita da iride, corpo ciliare e coroide. L’infiammazione di questi
particolari tessuti causa la rottura delle barriere emato-oculari. Nel caso del suo cane siamo
in presenza di una uveite acuta,
cioè improvvisa e marcata.
L’uveite può essere classificata
in anteriore acuta, posteriore
acuta e panuveite acuta. Come
lei ha potuto notare i segni di
uveite anteriore acuta sono legati a manifestazioni dolorose
quali blefarospasmo, fotofobia,
procidenza della terza palpebra.
Può anche essere presente un
intenso prurito oculare con edema della congiuntiva e una iperemia intensa (occhio rosso).
Quello che il collega ha riferito
essere un ifema è in parole povere un versamento di sangue
nella camera anteriore dell’occhio che, insieme a precipitati
retrocorneali e ipopion, è una
presenza frequente in caso di
uveite. La presenza di questi
ospiti indesiderati prima citati,
favorisce la comparsa di “sinechie”, una frequente complicanza delle uveiti, ovvero aderenze che si creano tra iride e
cornea. Dai sintomi da lei descritti penso di potere escludere
trattarsi di uveite
posteriore, nella
quale il dolore è
meno marcato o
addirittura assente, mentre il
deficit visivo è
presente e marcato soprattutto
in caso di uveite
bilaterale.
Anche se mettere a fuoco l’agente
eziologico è abbastanza
difficile,
servono test spcifici quali esame del
fondo oculare, test
della fluorescina
ed eventualmente una ecografia oculare, oltre a vari esami
per escludere patologie quali
leishmaniosi e toxoplasmosi. È
importantissima la frequenza
della terapia locale, soprattutto
nei primi giorni. Tale terapia,
molto impegnativa, associata
ad una per via sistemica andrà
poi diradata a seconda del decorso della patologia.
La lettera
H
o cinquantaquattro anni
e sono nubile. Per grazia della natura sono
una donna molto piacente. Sono però anche una persona
molto conservatrice e per questo motivo non ho vissuto molte esperienze sessuali. Ma durante quest’ultimo anno ho
avuto un’esperienza che mi ha
lasciato sorpresa di me stessa.
Ho avuto il mio primo rapporto
sessuale anale ed è stata una
vera scoperta. Infatti ho provato un grandissimo piacere e intensi orgasmi. Mai mi sarei
aspettata di provarlo e ora non
faccio altro che pensarci. Mi
masturbo grazie alla stimolazione anale e non riesco a
smettere. Posso proprio dire
che questa scoperta ha fatto
esplodere tutte le mie fantasie.
Non mi sono mai sentita così
eccitata. La mia domanda: tutto questo le pare normale? Devo smettere? Che cosa devo fare adesso?
La risposta
di Linda Rossi
L
ei dimostra che il processo di sessualizzazione è
un processo di sviluppo
che procede per apprendimenti e che dura tutta la vita.
Lei racconta infatti che a cinquant’anni superati ha individuato una nuova zona erogena
del suo corpo, la zona anale,
che prima non aveva sperimentato.
La sua scoperta è anche la prova che, pur essendo “conservatrice”, come lei si definisce,
si può riuscire ad avere una
certa apertura mentale e una
curiosità che permettono anche di fare scoperte sorprendenti. Questo rappresenta pure la sua capacità di rompere,
e quindi di superare, certi tabù. Comunque l’impatto su di
lei è un po’ quello delle nuove
scoperte che all’inizio rubano
il posto a tutto il resto, poi pia-
La moda.
LINDA D’ADDIO
L
I
no piano vengono integrate tra
le esperienze della vita. Lei si
preoccupa se questo sia normale. Nella misura in cui la
norma viene definita dalla fre-
quenza di apparizione nella
nostra popolazione di questo
tipo di piacere nello stimolare
una certa zona erogena, le dirò
che non conosco le statistiche
L’eleganza perfetta
per le serate di festa
i abbiamo già ammirati sulle passerelle e
indossati dalle “celebrity” in occasione dei
red carpet e altri eventi mondani. Sono gli
abiti per le feste, quei capi che si riservano alle
occasioni speciali, luminosi, lunghi, scintillanti, colorati, arricchiti da ricami, paillettes e
glitter. Ora che si avvicina Natale con le occasioni di ritrovo nonché le serate mondane
che si susseguiranno a ritmi serrati, tornano grandi protagonisti. D’altro canto
quale occasione migliore per sfoggiarli?
Un cocktail, una cena tra amici, il cenone della vigilia, il giorno di Natale e per
concludere in bellezza la serata dell’ultimo. Tanti i party e le occasioni di ritrovo a suon di “bollicine”, brindisi, aperitivi, cocktail, cene e dopocena, appuntamenti in cui davvero si può osare
con il lungo e con il bagliore, in cui ci
si può sbizzarrire per quanto riguarda
il look, un’occasione unica da non
perdere per chi ama l’abito particolare, l’accessorio impegnativo, il tacco
12….
Sulle passerelle hanno sfilato abiti da
sera favolosi, abitini da cocktail seducenti e
un’abbondanza di ricami, paillette, piume,
oro e argento. E se vi sembra che le tendenze siano sempre le stesse vi sbagliate perché il “mood” cambia e di molto.
Molti gli abiti lunghi, bellissimi e sensuali, destinati sicuramente a pochi appuntamenti e serate speciali. Non mancano i minidress che scoprono ampiamente
il ginocchio, da cocktail, glam e sexy a
“modo loro”, ma soprattutto pratici in
quanto riutilizzabili in altre occasioni meno
speciali. E fra le novità spiccano i “look composti” da più pezzi, scombinati e sdrammatizzati,
adatti anche di giorno.
Abiti lunghi. Ricchi, ultra lavorati, ultra
raffinati, arrivano fino a terra, sottolineando le forme femminili oppure avvolgendo il
corpo come una nuvola con tessuti leggeri.
Superglitterato il longdress in voile di Roberto Cavalli. Rosso il modello di Donna Karan Collection.
Minidress. Neri, colorati, oro, argento, ricamati o scintillanti grazie a
paillettes e glitter, gli abitini corti rimangono un must delle serate di festa. Nero il minidress che segna la silhouette con bordi in pizzo di Marchesa. Gold il modello di Diane Von Furstenberg.
Look composti. È la vera novità di
questo fine anno: singoli capi che si
possono combinare in altri modi e
portare anche nel quotidiano. Comunque raffinati ed impeccabili, sono la soluzione “furba” per non limitarli ad una singola occasione, basta
“scombinarli” o più semplicemente
sdrammatizzarli accessoriandoli in
modo meno formale.
Abitini trasparenti con pantaloni
lunghi, abitini da cocktail con stivali
alti e completi tipo ‘tuta’ in materiali
glitterati o con paillette per seguire
l’ultima tendenza dello sportwear superchic. Minidress tunica con bordo
oro su gonna voile, tutto nero Frankie
Morello. Completo sport nero glitterato per Moschino.
precise e aggiornate sulla tematica, ma so che ci sono molte coppie che ricorrono a tale
pratica erotica. Posso solo dirle
che lei non è sola a gradirla.
Se invece la sua domanda è
rivolta a voler capire se provare e vivere questo tipo di piacere è qualcosa di patologico le
risponderò che no, purché rispetti la volontà di entrambi i
partner e la loro integrità fisica e psichica.
Tuttavia, ribadisco un concetto che ho già avanzato in altre occasioni e cioè che si deve
essere cauti con la pratica della penetrazione anale, poiché
va mantenuta la tonicità del
muscolo anale il quale ha la
funzione di evitare la perdita
delle feci, soprattutto mano
a mano che gli anni avanzano e che la muscolatura
è sempre meno tonica.
Quindi le raccomando, se
lo desidera, di pur ricorrere e beneficiare del
piacere che trae dalla
stimolazione anale, ma
provi di tanto in tanto
ad accontentarsi
delle sole
fantasie
in questo senso e non per forza
passare all’atto. Inoltre, senza
smettere di godersi questo
piacere, sappia che se lei continua nella sua esplorazione
corporea chissà che non riesca
a scoprire altre zone che ancora non conosce e che stanno
aspettando che lei le incontri
per farle capire il piacere che
le possono offrire.
Scrivi a LINDA ROSSI
psicoterapeuta e sessuologa
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IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
55
Oltre il cibo.
Il formaggio
d’alpeggio
nazionale vince
sul campo
onorificenze
internazionali
I paricolari
Reuters
LA MATERIA PRIMA
Ci vogliono circa 400 litri di latte
per ottenere una forma di 35
chilogrammi. Le forme del Gruyère
vengono fatte stagionare per un
tempo variabile tra i 4 e i 12 mesi
ELISABETTA MORO
S
ua maestà il Parmigiano Reggiano proclama Le Gruyère AOP
principe dei formaggi d’alpeggio. Il Premio Internazionale Parmigiano Reggiano 2014 è un riconoscimento che vale oro e non
un soldo di cacio. D’altra parte il neo investito i suoi galloni se li è
guadagnati sul campo, a coronamento di un cursus honorum secolare, documentato sin dal lontano 1115, quando un cronista medievale fa menzione della straordinaria arte casearia degli abitanti della
Le
Gruyère
Un“principato”riconosciuto
da sua maestà il Parmigiano
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splendida cittadella di Gruyères nel Canton Friburgo. Pasta dura, colore giallo paglierino, gusto dolce se consumato entro nove mesi dalla produzione, più saporito e aromatico se affinato in cantina dai dieci ai diciotto mesi. E per quelli che preferiscono le sensazioni strong,
non c’è niente di meglio del ventiquattro mesi. Bontà e duttilità sono
le proprietà di questa eccellenza che si produce anche nei Cantoni di
Vaud, Neuchâtel, Giura oltre che in alcuni comuni del Bernese. Nonché nella vicina Francia.
La fama del Gruyère è così diffusa da guadagnargli numerosi
tentativi di imitazione. E allora i casari elvetici hanno deciso di correre ai ripari per scongiurare il pericolo del plagio caseario. Perpetrato dai tanti gruyère che non sono Le Gruyère. Così da qualche secolo
le organizzazioni professionali cercano di distinguere il vero dal falso
ricorrendo alla marchiatura delle forme che, come un sigillo aristocratico, certifica origine e quarti di nobiltà di questo gioiello da mangiare. Il cui nome è stato iscritto per la prima volta in quell’almanacco della lingua che è il Dizionario dell’Académie française nel 1762.
E in fondo, proprio questa strenua difesa della denominazione d’origine è una delle ragioni principali del prestigioso riconoscimento assegnato dal Consorzio italiano al cugino d’oltralpe. Che nel 2013 ha
ottenuto la registrazione del marchio anche negli Usa. Centrando un
obiettivo prezioso per tutti gli artigiani europei del food che dell’eccellenza, della qualità e della tracciabilità cercano di fare un’arma
contro le imitazioni, evocando i gloriosi sapori della vecchia Europa.
Il resto tocca a noi consumatori.
IL GUSTO
Il gusto dipende dalla
stagionatura: cinque mesi
per il “Dolce”, otto per il
“Semisalato”, dieci per il salato
e dodici mesi di stagionatura
per il “Surchoix”, molto salato
I VALORI NUTRIZIONALI
Contiene buone quantità di sodio,
potassio e fosforo; dà un apporto
di proteine di qualità biologica,
calcio e vitamine B1, B2, PP ed A.
Calorie: 389 Kcal per 100 grammi
GLI ABBINAMENTI
Per il suo gusto si abbina a vini
rossi freschi anche lievemente
mossi, leggermente tannici, come
il Merlot, il Valpolicella. Si accosta
bene al miele di castagno.
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ragazzino timido con la passione
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Bellinzona
IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
ilcaffèLink 57
La mattina del 30 aprile 1982 il politico di sinistra Pio La Torre, su cui
pendeva una condanna a morte inflittagli dalla mafia, viene assassinato a
Palermo. Dalle rivelazioni di un collaboratore di giustizia si è appreso in seguito che tra i mandanti dell’omicidio
figuravano i nomi di noti boss mafiosi
come Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Pippo Calò e Antonio Geraci.
Pio La Torre aveva dedicato la sua vita
alle lotte dei braccianti in Sicilia, ma il
suo lavoro politico più importante fu
una proposta di legge, elaborata in
qualità di deputato alla Camera, per
l’inserimento nel codice penale italiano
del reato di associazione mafiosa, fino
a quel momento non passibile di condanna.
La proposta prevedeva inoltre la
confisca dei beni riconducibili alle atti-
FUORI
DAL
CORO
Un regalo enogastronomico
ad alto valore sociopolitico
vità illecite dei condannati. L’assassinio
di La Torre non riuscì a fermare la legge, che entrò in vigore l’anno seguente. Ma le stragi di mafia continuarono.
Nel 1992 le uccisioni di Falcone e Borsellino suscitarono in Sicilia e altrove
una forte ribellione contro la criminalità organizzata. Nel 1995, sulla base
della legge voluta da La Torre, don
Ciotti e Giancarlo Caselli promossero
una raccolta di firme in tutta Italia per
la riconversione dei beni confiscati alla
mafia. L’iniziativa ebbe successo: un
IL
DIARIO
milione d’adesioni. Nacque così l’Associazione Libera, che promuove l’effettiva applicazione della legge La Torre
sul riutilizzo sociale dei beni confiscati
alle mafie e prevede l’assegnazione dei
patrimoni e delle ricchezze di provenienza illecita a quei soggetti - associazioni, cooperative, comuni, provincie o regioni - in grado di restituirli alla cittadinanza tramite servizi, attività
di promozione sociale e lavoro.
Libera, però, non gestisce direttamente i beni confiscati. Per questo è
nata Libera Terra, che riunisce cooperative sociali attive su terreni sottratti
alle mafie in Sicilia, Puglia, Calabria e
Campania. L’obiettivo è di valorizzare
territori stupendi ma difficili, partendo
dal recupero sociale e produttivo delle
terre libere dalle mafie per ottenere
prodotti di alta qualità attraverso metodi rispettosi dell’ambiente e della dignità della persona.
I vini, la pasta secca, le lenticchie,
la “pommarola”, l’olio d’oliva, il miele,
le conserve e i paté (di rape, carciofi,
FOGLI
IN
LIBERTÀ
COLPI
DI
TESTA
GIUSEPPE
ZOIS
GIÒ
REZZONICO
LIDO CONTEMORI
La verità e il rispetto
per Loris e sua madre
RENATO
MARTINONI
Il cantone dei partiti
è meglio di Betlemme
Caro Diario,
l’uccisione del piccolo Loris, nel Ragusano, ha fatto partire la solita valanga mediatica attorno alla tragedia del bambino morto senza un perché, con la madre arrestata, una famiglia distrutta, un paese prima sbigottito poi rabbioso contro la presunta autrice. Scene che non si vorrebbero mai vedere e che si rincorrono in una cornice straziante: dal canalone vicino al vecchio mulino, dove è stato trovato il cadavere di Loris, a tutti i canali tv tracimanti di particolari. Alla
gente non è risparmiato niente, forse è la gente stessa che
chiede e i giornalisti rispondono a una domanda (ma dovrebbero pur essere mediatori tra il fatto e il racconto). Si
scandaglia con accanimento fino alla morbosità.
C’È DA INTERROGARSI su una fine così atroce e ancora
avvolta da troppe oscurità. Questo è certo ed è un compito
degli inquirenti, con l’auspicio che non cominci l’emorragia
di puntuali fughe di notizie. Ma occorre anche il coraggio di
risposte sul ruolo dei media, sulla cosiddetta deontologia e
sugli eccessi di un’informazione in fuga continua da se stessa, dai suoi compiti, dalle responsabilità che le incombono,
qui come in generale. Pensiamo soltanto ad alcuni titoli di
questi giorni sulle figlie di Obama malvestite e annoiate; su
frequentazioni, cene e mondanità di William&Kate negli
Usa; sul look dei vip alla Scala di Milano per S. Ambrogio, ticinesi fra questi. Con la giostra di internet, è un bombardamento costante di inutilità diffusa, condita di pettegolezzo e
sciocchezzaio interminabili.
FORSE sarebbe il caso di soffermarsi anche sulle conseguenze di certe raffiche di particolari e modalità per orrori
che non conoscono tregue e che ingenerano rischi di pericolose emulazioni messe in atto, sia a livello di branco sia negli
estremi e nelle derive di disperazioni e angosce individuali,
esplosioni di follia chiamate raptus anche quando sono a
lungo premeditate.
OGNI GIORNALISTA, davanti a un dramma, quale che
sia, dovrebbe porsi la prima e fondamentale domanda: e se
Caino o Abele fosse uno della mia famiglia, quale sarebbe il
comportamento? Quali il metro e la misura? Il registro sarebbe lo stesso che si applica agli altri? Chi opera nei media
è chiamato a rispettare la verità tutta intera, ma sempre e
prima di tutto la persona, anche quando sbaglia, e in parallelo l’opinione pubblica. E qui, se si vuole essere sinceri, c’è
abbondanza di domande (e rimorsi) per tutti, con un imperativo irrinunciabile: almeno la buona fede.
I CONTI
DELLA
DOMENICA
Grande festa due settimane fa al
Fevi di Locarno. Più di 400 studenti
della Supsi hanno ricevuto il loro diploma. Non sono mancati gli auguri di
docenti, politici e rappresentanti delle
associazioni economiche. Non sono
mancate, però, anche le espressioni di
preoccupazione. Preoccupazione naturalmente per il posto di lavoro di questi giovani. Circa un laureato ticinese
su tre deve infatti, oggi, lasciare il Ticino per trovare un’adeguata occupazione. La maggioranza di questi emigrati
trova sistemazione nella Svizzera interna. Ma anche il flusso degli accademici ticinesi che parte per l’estero continua a ingrossarsi. Non c’è da meravi-
ilcaffè
MELCHIORRE. Il re dei Giudei sta per nascere a Betlemme. Ma quanto è faticoso il cammino! Sostiamo un poco in questo angoletto di mondo che gli uomini chiamano
Ticino. Solo per bere un sorso d’acqua. E per far riposare le
cavalcature. Chissà quante cose ci sono da vedere. E quanto
da imparare. Che belle montagne! Che laghi stupendi! Peccato per quelle giungle di palazzine e di supermercati che
occupano le pianure, per le code infinite delle automobili,
per l’aria malata e per i rumori assordanti che inquinano le
ore del giorno e della notte. Ma tutto mi induce a credere
che sui giornali, alla radio e alla televisione passino notizie
di tale importanza da uscirne arricchiti per sempre nella
mente e nello spirito.
BALDASSARRE. Mentre tu davi refrigerio ai cammelli,
ho letto i giornali, ho ascoltato la radio e ho guardato la tivù. Non posso che darti ragione, compare Re Magio. In questo cantuccio del mondo non c’è proprio nulla che passi
inosservato. Anche la notizia più minuta squilla nell’aria come le trombe del giudizio universale. E intanto che in una
mangiatoia lontana sta per venire al mondo il figlio dell’immacolata concezione, colui che cambierà per sempre le sorti
della terra, e mentre i cherubini e i serafini stanno riempiendo il cielo di luci e di cori angelici, qui tutti parlano di
eventi che daranno un futuro radioso all’umanità e forse,
chissà?, metteranno il Salvatore in secondo piano. Pensa
che il capo delle guardie di confine si è ritirato da una corsa
elettorale! E che il presidente dell’ordine dei medici ha
cambiato partito. Riesci a immaginare la portata storica, anzi epocale, di questi eventi? Perciò, qui, giustamente, non si
parla d’altro.
GASPARE. Stiamo viaggiando da tanto tempo. Credevo
che la via da percorrere fosse ancora lunga. Non è che il
presepe che noi cerchiamo nel deserto sia magari nascosto
fra queste montagne e questi laghi? Mi sembra anzi di udire il suono delle pive e il belato delle greggi. La stella cometa si è fermata proprio sopra il monte San Salvatore, illuminandolo a giorno. Siamo giunti alla meta, fratelli di strada!
Alleluja! Non a Betlemme, ma qui è l’ombelico del mondo.
È qui che l’universo celebra la notte del Natale. Qui lasceremo l’oro, l’incenso e la mirra. Questo è un posto santo.
Questo è il luogo dei luoghi. Orsù, cantiamo insieme: “Noi
siamo i tre re venuti d’Oriente per adorar Gesù”. Alleluja! E
che nessuno venga a dirci che abbiamo preso un colpo di
sole!
Cari studenti ticinesi
laureatevi e poi partite!
ANGELO
ROSSI
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
olive) prodotti nelle tenute di Libera
Terra si possono acquistare in tutta la
Svizzera grazie alla distribuzione di un
giovane imprenditore idealista, Carlo
Crivelli, titolare della casa vinicola
Borgovecchio. “Il campo dell’ecologia,
del risparmio energetico e delle coltivazioni rispettose dell’ambiente - afferma Crivelli - sono tra le mie passioni e anche quando ero attivo nella politica comunale a Coldrerio ho sempre
lavorato in questa direzione, come
d’altra parte sto facendo adesso nell’azienda di famiglia”.
In Ticino i prodotti possono essere
acquistati nei punti vendita delle Botteghe del mondo o direttamente presso la Borgovecchio Sa (Via Sottobisio 5
a Balerna - Tel. 091 697 63 43). Una
buona proposta per un regalo di Natale
godereccio ma di alto valore politico!
Direttore responsabile
Vicedirettore
Caporedattore
Caposervizio grafico
gliarsi, né da gridare allo scandalo. Da
sempre il laureato ticinese ha fatto le
valigie per perseguire la sua carriera
fuori cantone.
Cinquant’anni fa, quando i laureati
erano ancora pochi, il rapporto tra
quelli che emigravano e quelli trovavano un lavoro in Ticino era addirittura superiore. Ora che il loro numero si
è moltiplicato quasi per venti è paradossalmente diventato per loro più facile trovare occupazione nel cantone.
Intanto perché in Ticino l’effettivo degli occupati è aumentato notevolmente. Poi perché il settore dei servizi, nel
quale sono attivi molti laureati, è diventato il settore di occupazione largaLillo Alaimo
Libero D’Agostino
Stefano Pianca
Ricky Petrozzi
mente dominante. Infine perché la
laurea è stata smitizzata e ha perso valore nei sistemi di valutazione del personale. Per quel che ne so, ancora non
siamo arrivati in Ticino a situazioni
nelle quali la cassiera del supermercato è laureata in scienze politiche e il
tassista ha appena concluso i suoi studi in psicologia. Molti dei nostri laureati in cerca di prima occupazione,
però, devono oggi accettare salari inferiori a quelli di un loro coetaneo che,
dopo aver terminato l’apprendistato,
lavora già da quattro o cinque anni in
ufficio, sul cantiere o in una fabbrica.
Si tratta di un’evoluzione comune a
molti Paesi. Ed è probabilmente a cau-
Società editrice
2R Media
Presidente consiglio d’amministrazione Marco Blaser
Direttore editoriale
Giò Rezzonico
DIREZIONE, REDAZIONE E IMPAGINAZIONE
Centro Editoriale Rezzonico Editore
Via B. Luini 19 - 6600 Locarno
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sa di questa evoluzione che il periodo
degli studi universitari è stato ridotto,
introducendo la possibilità di lasciare
l’università dopo tre anni con il bachelor. Ciò nonostante il tasso di disoccupazione tra i giovani laureati è alto e
per loro il periodo di ricerca del primo
impiego continua ad allungarsi. È,
quindi, comprensibile che molti oggi
cerchino di trovare un’occupazione
fuori cantone.
Condividono questo destino con gli
universitari dei cantoni di montagna e
del Giura che pure accorrono nelle
grandi città dell’Altipiano. I cervelli ticinesi in fuga li trovi proprio dappertutto. Qualche anno fa, con un paio di
RESPONSABILE MARKETING
Maurizio Jolli
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DISTRIBUZIONE
Maribel Arranz
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amici, ho percorso la parte meridionale
dell’Alsazia. Un giorno siamo saliti da
Ammerschwihr al monumento del
Galtz, una grande statua del Redentore che domina la regione di Colmar.
Arrivati sul posto abbiamo incontrato
una signora che passeggiava accompagnata da un cagnolino. Sentendoci
parlare dialetto, la signora ci ha chiesto se eravamo ticinesi. Dopo di che ci
ha spiegato che anche lei lo era. Dalla
fine degli studi, lavorava come giornalista a Basilea e viveva nei pressi di
Colmar, più per l’eccellente qualità
della vita del posto che per ragioni di
economia. E allora, cari studenti ticinesi, laureatevi e partite!
STAMPA
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IL CAFFÈ
14 dicembre 2014
58
ilcaffèLink 59
L’incontro. Ha insegnato letteratura a generazioni di studenti
sempre più lontani dalla lingua italiana,ha pubblicato il primo romanzo
solo a 47 anni. Uno stile difficile il suo, che una volta veniva definito
“impegnato”.Con“Resistere non serve a niente” ha vinto un Premio
Strega.Un libro che ha anticipato la deriva di Roma nel cinismo affaristico
Schermi. Il fumetto“Big Hero 6”,
inedito in Europa,si trasforma
nel fantascientifico 3D di casa Disney
Walter Siti visto
da Riccardo Mannelli
per il Caffè
Walter
Siti
Il supereroe gonfiabile
è carino ma sprecone
“È solo la magia delle parole
che fa credere nella verità”
MARIAROSA MANCUSO
Q
SDFGSDFG
dfsgdfsg
gdfs
gdfsdfgsdfgs
gdfsdfgs
dfgsdgf
Chi è
Il 67enne critico
letterario, saggista
e romanziere, ed ex
docente universitario.
Con il suo ultimo libro
lo scrittore modenese
si è affermato
definitivamente
sulla scena
della narrativa
ualcosa non torna, quando la Disney mette in cantiere un film
tratto da una serie di fumetti Marvel. D’accordo, la superpremiata ditta
fondata da Walt Disney ha acquisito la altrettanto premiata ditta di supereroi nel
2009, quindi l’investimento va messo a
frutto. D’accordo, il fumetto creato da
Steve T. Seagle e da Duncan Rouleau nel
1998 ha i suoi fan (non per gli spettatori
nostrani, visto che non è mai stato tradotto).
D’accordo, ci voleva un’idea geniale
per ripetere il successo di “Frozen”, il Disney movie dell’anno scorso con la principessa Elsa dal cuore caldo e le mani che
ghiacciano una città, se solo la fanno arrabbiare. D’accordo, agli spettatori dai
nove ai novant’anni pensa già la DisneyPixar, e magari c’è un pubblico di bambini (o di genitori) rimasti un po’ indietro,
che pretende la morale della favola spiattellata senza sfumature.
“Big Hero 6” non sembra la soluzione, a dispetto degli ottimi incassi americani. Ha un solo personaggio che fa battere il cuore, il morbido robottone-infermiere Baymax. Il fisico è da “Bibendum”,
l’omino Michelin, anche più panciuto. Gli
occhi sono due palline nere unite da un
trattino, se ne sta in una borsa rossa tipo
frigo finché un umano nei dintorni urla di
dolore. La borsa si apre, lui si gonfia e ti
cura fino a non poterne più (“son soddisfatto del servizio” è la formula magica
per farlo smettere).
Coccoloso e avvolgente – non di sole
medicine, radiografie, cerotti o Tac guarisce un malato - nel film diretto da Don
Hall e Chris Williams accompagna Hiro
Hamada, giovane esperto di robotica,
nelle strade di San Franskoyo. Gli spettatori asiatici contribuiscono in maniera
decisiva agli incassi dei blockbuster,
quindi le pagode di Tokyo sorgono accanto al Golden Gate. Insieme sconfiggono i
cattivi (ma no?), senza cedere alla tentazione della vendetta (ma va’?). A Baymax
serve un guscio un po’ più solido, non
può continuare a gonfiarsi e sgonfiarsi,
afflosciandosi quando ha le batterie scariche. La prima corazza verde ne fa una
Tartaruga Ninja, la seconda il fratellino di
Iron Man.
“Carino” è il massimo che viene da
dire. Carino e sprecone: i mini-bot inventati dall’orfanello Hiro, che si comandano
con la sola forza del pensiero e assumono
qualsiasi forma, sono benissimo animati,
in 3D. Eppure “Big Hero 6” non entusiasma, schiacciato dal peso della correttezza politica e da supereroi ragazzini che
paiono la brutta copia degli “Incredibili”:
il film targato Pixar capace di illustrare,
anche ai non filosofi, la Genealogia della
morale di Friedrich Nietzsche.
STEFANO VASTANO
B
erlino è una metropoli esagerata, con un’offerta di
eventi e musei da sfibrare ogni essere umano. Ma non
un Walter Siti. Lo scrittore, nato a Modena nel 1947, è
un concentrato d’energia. La mattina, convegno su
Pier Paolo Pasolini al Martin-Gropius-Bau; poi giro per
i musei, quindi conferenza col sottoscritto in una libreria. E a cena, in un locale vietnamita sulla Tor Strasse, ha ancora voglia di
stupirci con episodi della sua vita e la sua fucina di idee. “Ho insegnato letteratura a generazioni di studenti sempre più distanti
dalla lingua italiana“, attacca lui agli antipasti. I suoi primi libri
erano dei saggi da professore, solo più tardi, con “Scuola di nudo“, è approdato alla letteratura. Da allora, 1994, non ha più
smesso di scrivere romanzi duri, seri, un tempo si sarebbe detto
“impegnati”. Einaudi ne ha ora ripubblicato la prima trilogia: dopo il già citato, “Un dolore normale“ del ‘99 e “Troppi paradisi“
del 2006. Indimenticabile l’incipit di quest’ultima opera: “Mi
chiamo Walter Siti, come tutti. Campione di mediocrità“. Sono
densamente autobiografici i testi di questo astuto, colto cronista
dell’omosessualità ( ma, avvertono le copertine, la sua è “autobiografia contraffatta“). “Non credo in nessun neorealismo - precisa -, ma nella magia eterna della letteratura che, con l’aiuto
delle parole, fa credere ai lettori che ciò che leggono esiste veramente“.
Anche perché le storie più o meno “autobiografiche” da lui
narrate descrivono perfettamente lo sfascio d’Italia nell’era di
Silvio Berlusconi. In “Troppi paradisi“, ad esempio, vediamo un
certo Walter Siti - guarda caso, docente universitario - impelagarsi in amori disperati per Sergio e Marcello. Aspirante conduttore televisivo il primo, culturista-cocainomane nonché prostituto l’altro. Riemerge così quel mondo schiumoso anni ‘90, con
tutta la perdizione e seduzione di vari corpi: più anabolizzati
quelli dei bodybuilder, meno dopati quelli di ragazzi e conduttori
che si “prostituiscono” non solo nei palinsesti in tv ma, la sera,
nei salotti romani che Siti dipinge con fiamminga acribia. Lui la
conosce la meccanica di quei party e tv made in Italy, per anni ha
scritto per il Grande Fratello e reality vari. “Durante i casting ricorda -sentivo le ragazze che vi partecipavano parlare del proprio corpo come di ‘lui’, un oggetto da modellare o affittare“.
Anche Marcello, ex-Apollo dei tornei di culturismo che il suo
corpo-Xxl color argilla lo “affitta”davvero, ne parla così del suo
corpo. E Gabriella, irresistibile presentatrice tv ed eroina del romanzo “Resistere non serve a niente“, fa merce del suo sontuoso
L’attrazione
La tensione tra
desiderio ed infinito è
inscritta in molte forme
di attrazione sessuale
Il consumismo
Il desiderio si sfoga nel
consumo di prodotti
immateriali e glamour
sempre più assurdi
corpo, della Bellezza strumento e simulacro insieme di un Potere
sempre più evanescente e artificiale. Siamo tutti delle veline e
‘culturisti’, appesi a curve o muscoli all’alba del 21° secolo? In
che rapporto stanno corpo e desiderio, produzione capitalistica
ed apparizione in tv, con la valanga di emozioni, sentimenti e
amori che ci sommergono nell’universo infinito di internet? “La
tensione tra desiderio ed infinito è inscritta in molte forme di attrazione sessuale - risponde Siti -, è questa tensione che mi ha
occupato per molti anni e ancora oggi mi occupa“.
Non si tratta solo di descrivere la curva sempre più sballata
di amori e pulsioni (distruttive) nell’era digitale. Ma di provarsi
almeno a capire la “macchina” economica che ci sta dietro: “il fascino di quel cattivo infinito - avverte Siti -, del consumismo contemporaneo. Anche nella crisi economica, quando ai poveri vengono tolte le protezioni della casa o del lavoro, il desiderio si sfoga nel consumo di prodotti immateriali e glamour sempre più assurdi“. E giù la carrellata di smartphone, tablet e messaggerie
sempre più astrusi, “rigurgitanti di app inutilissime, e cibi e abiti
sempre più seduttivi“. Scivoliamo così nei capitoli sempre più
kitsch, tossici ed astratti insieme che, dopo un’infanzia nelle borgate romane, schizzano su ai matematici cieli del capitalismo finanziario di “Resistere non serve a niente“. È il romanzo con cui
Siti ha spuntato, nel 2013, il Premio Strega. “Non mi si dica che
i premi non servono a niente; i premi letterari sono utili perché
aiutano a vendere un libro, e se premiano libri buoni ma poco
commerciali fanno opera meritoria“.
Le 320 pagine di “Resistere“ meritano, perché narrano le spirali del nuovo capitalismo finanziario, ma immortalate nella Roma decrepita di oggi, che anticipa la deriva di quel generone capitolino travolto dall’inchiesta sui rapporti tra criminalità e amministrazione cittadina. In copertina dell’edizione Rizzoli un lenzuolo (o un sudario? ) avvolge (o soffoca?) un corpo. “Sotto quel
lenzuolo è Michele Rossi, il mio referente alla Rizzoli - confessa
Siti -. Sì, un simbolo dell’impossibilità di reagire a un sistema
economico-sociale che si vuole onnipotente, senza alternative“.
Come nella vita del protagonista Tommaso: da ragazzino fagocitava cibo sino a star male, ma a forza di smanettare sul suo primo
Commodore 64, eccolo trentenne - lui, figlio d’una portinaia e
d’un ladruncolo in carcere - tra gli analisti finanziari più richiesti
di Roma, cinico squalo della speculazione. Siti li ha pedinati a
lungo questi “bankster” dell’alta finanza. “Sono capaci di muovere due mouse dietro a selve di computer, compiere con un clic
Il poeta
A Pasolini come profeta
non ho mai creduto.
Alle sue poesie sì, quelle
sono ancora godibili
La storia
Nel libro al bambino
viene fatta una terribile
profezia: diventerai
come tuo padre!
uno sfruttamento al quadrato ed accumulare soldi scommettendo sui soldi del capitale. Uno sfruttamento tanto più efficace
quanto più astratto e legato a ‘leggi’ matematiche“. Formule e sigle in codice con cui questi acrobati si riempiono la bocca, spostando con un clic milioni su azioni che poi scatenano carestie in
Africa o guerre in Asia. E, la sera, eccoli strafarsi in quel mix di
orge spietate che abbondano nelle pagine (altrettanto spietate)
del romanzo.“Oggi pare sia caduto in disuso uno dei termini
marxisti indiscutibili per la mia generazione: il termine di sfruttamento“. Peccato che la mente diabolica, che nel libro incarna
lo ‘sfruttamento’, sia quella di Tommaso, un ex proletario il cui
corpo è dilaniato dalle cicatrici dell’obesità infantile.
Reincarnazione di quei “Ragazzi di vita“ in cui Pasolini credeva, finiti nelle pagine di Siti a specializzarsi in finanza per conto
di boss mafiosi, per riciclarne algebricamente i milioni sporchi. Il
circolo infernale di desiderio, sapere e denaro, di corpi, simboli e
fascino del potere si chiude e riapre qui. A Berlino Siti è venuto
a parlare di Pier Paolo Pasolini, a cui il museo Martin-Gropius
Bau ha dedicato una mostra. I tedeschi venerano lo scrittore (regista, saggista e poeta) friulano. Ma la prima cosa che Siti - che
per Meridiani ne ha curato le opere complete - fa notare è che
“Pasolini non può esser definito friulano, perché è nato ed ha vissuto i suoi primi 20 anni a Bologna“. L’altra è che lui alla santificazione di “Ppp” non partecipa. “A Pasolini come profeta non ho
mai creduto. A uno che nel 1974 scriveva: ‘Tra vent’anni la Russia sarà un Paese dove sarà magnifico vivere’, non puoi dare
granché credito per il futuro“. Alle poesie invece sì; quelle sono
ancora godibili, dotato com’era “di un ottimo orecchio per ciò che
succedeva nel presente, ad esempio nel corpo dei ragazzi, l’omologazione culturale, la scomparsa del mondo umanistico“.
L’italiano, ahimè, sta scomparendo dal lessico giovanile. Ma,
insieme a quella di “sfruttamento”, anche “omologazione” è una
parola che Siti non ha archiviato. Sono già omologatii ragazzi che
forgiano i corpi (e sentimenti) come un culturista i bicipiti? Tommaso, in ogni caso, tenta di sfuggire alla mafia, ma sperimenta
che resistere serve a poco. All’alba del 21° secolo dovremmo tornare ad ascoltare i Greci.“Il modello in ‘Resistere’, è antico e
classico - conclude Siti -. È la storia di un bambino a cui viene
fatta una terribile profezia: diventerai come tuo padre! E dopo
imprevedibili peripezie si trova a compiere ciò che l’oracolo aveva predetto. Insomma, ci troviamo davanti all’Edipo Re di Sofocle“. Alla tragedia, in versione monetaria e globale.
Libri.
Quel sogno surrealista
di una donna perfetta
MARCO BAZZI
M
AURORA
Michel Leiris
(Serra e riva)
ichel Leiris fu scrittore, etnologo e grande viaggiatore. Una figura forse secondaria nel grande calderone del surrealismo francese –
movimento a cui aderì per qualche tempo -, ma che ha lasciato un’opera di
grande valore, “Aurora”. Un romanzo
perfettamente surrealista – con forti radici autobiografiche - che ruota attorno
alla figura di una bellissima donna fatale, ritratto di tutto ciò che è perfetto, e
quindi irraggiungibile. Una donna
che compare e scompare.
Aurora richiama metaforicamente l’alba ma è anche una
figura femminile che, disse più
tardi Leiris, si situa “sotto il segno di Nerval”. Aurora contiene infatti i nomi di Aurélia
(“dove il sogno è la vita”) e Pandora, creature che popolarono
la mente e le opere di Nerval fino al punto da portarlo alla follia.
Nella prefazione alla sua opera, Leiris scrive: “Quello che mi
lega ad Aurora è l’anelito che vi è
espresso di una purezza inaccessibile”.
Non bisogna cercare in questo ro-
manzo una trama. La trama è il fluire
dei pensieri e delle immagini surreali
che nascono dalla scrittura…
“La finezza del miele è un colore più
dolce della patina del tempo – diceva
Aurora -, le cui pupille allargate guardano distrattamente la piramide accrescersi. Quando le strade si distendono
sotto il passo del viaggiatore come bestie abbattute e la febbre, caduta dalla
cima degli alberi, non è altro che un piccolo sonaglio liquido, le ossa salgono i
loro pendii crematori e gli oblii torridi
cancellano col ferro incandescente i tatuaggi dei crani…”.
È un romanzo che varca a volte i
confini della poesia e si fa poema. Evocativo, onirico…
“Il pessimismo è un grattacielo a ottanta piani che s’innalza alla periferia
dell’anima, al termine di un lungo viale
costeggiato da spiazzi abbandonati e da
qualche misero negozietto. Ci si inoltra
attraverso numerosi gradini ripidissimi
che lo attraversano, nel senso dell’altezza, dalle cantine fino alle terrazze”.
Ecco dove vive Aurora. “Perché in
questo edificio che, come un fallo osceno, gratta la vulva del cielo, si fa l’amore
furiosamente. Vi abita la più bella delle
donne, ma nessuno l’ha mai conosciuta
(…). Si chiama Aurora”.
14 dicembre 2014
ilcaffè
Il Paese tra cronaca e fantasia
Vacanze
invernali 1958
La finestra sul cortile
Gli eBook del Caffè
Racconto di LAURA PARIANI
illustrazioni di Marco Scuto
Nel mondo delle nuvolette
SECONDA PUNTATA
Racconti di lago
e di montagna
Una nuova serie inedita
di storie brevi d’autore
L’autrice
La 63enne scrittrice
italiana Laura Pariani,
tradotta in varie lingue, ha
iniziato a pubblicare
narrativa nel 1993 con “Di
corno o d’oro” (premio
letterario Grinzane Cavour
e Piero Chiara). Il suo
ultimo romanzo, edito da
Sellerio nel 2014, è “Nostra
Signora degli scorpioni”.
Scrive e vive a Orta.
caffe.ch/comedy
Tutte le puntate oline
Riassunto della 1. puntata
I freddi pomeriggi invernali,
con la nebbia ferma tra lago
e monti e la sera che arriva
prima, la piccola Lilia li
passa, nonna permettendo,
davanti alla tv. Per vedere i
telefilm preferiti, immersa
in un modo di fantasie tutto
suo, assieme a Gemma una
strana sorella gemella.
L’e-book
Tutte le puntate di “Vacanze
invernali 1958”, corredate
dalle illustazioni di Marco
Scuto, possono essere lette
online sul
sito caffè.ch nelle pagine
web dedicate alla serie.
Come tutti i racconti
pubblicati dal Caffè, anche
“Vacanze invernali 1958” alla
fine della serie diventerà un
e-book gratuito per tutti i
formati di lettura digitale.
T
ra i telefilm che la tv trasmette a quest’ora sciroppo di prugne, di quello che invasa ogni catturano. Lilia non si capacita che lo tengadel pomeriggio Rin Tin Tin è quello più av- estate... Io berlo? Fossi matta, pensa Lilia, no lì legato senza che a nessuno venga in
venturoso. Anche se certamente sono più mentre nonna Martina attacca a elogiare le mente di togliergli la maschera per scoprire
avvincenti i fumetti che Lilia riceve in presti- portentose proprietà lassative della bevan- che è Diego de la Vega, che fa sempre finta
to da suo cugino Aldo: Zorro, l’Uomo Ma- da: “Fa andare di corpo anche due volte al di essere un damerino pauroso, quasi vischerato, Tarzan... Tanto più che l’Aldo le ha giorno!”. Manco facesse cacare zecchini gliacco... Al posto loro, Lilia sì che gliela leinsegnato a leggere le vignette in tutte le d’oro, come succede all’asino delle favole. Lo verebbe sta maschera, anzi gliela strappesue parti - posizione dei personaggi, partico- sciroppo lo berrà sua sorella Gemma, Lilia rebbe con forza, insieme alla spada, al manlari dei paesaggi e delle facce - non solo i dia- manco morta... È comodo avere una gemella tello e al cappellone nero.
Mentre i fucili del tenente Rip Masters e
loghi racchiusi nelle nuvolette che escono invisibile che fa quello che tu non vuoi fare,
del sergente O’Hara fumano, una porta si
dalla bocca dei personaggi. Soprattutto le neh.
Due minuti. Lilia finalmente accende il apre. Uno spiffero gelato, odore dolciastro di
facce sono importanti, le ha spiegato l’Aldo:
quelle specie di rughette che circondano le televisore. Ecco la sigla, col piccolo Rusty alga, secchio del carbone che sbatte. Dall’albocche quando il protagonista è contento, che nonostante l’età è già caporale in zona di tra stanza la nonna chiede se manca ancora
oppure le linee aggrottate delle sopracciglia guerra: è la fortuna di essere orfani e vivere tanto alla fine della puntata, perché deve
mandare urgentemente
per significare che il perLilia dal salumaio a comsonaggio è arrabbiato o I protagonisti
prare un po’ di pancetta
infelice. Senza contare
quadra per il soffritto. Liche, anche se bisogna
lia si agita. No, per favoaspettare una settimana
re, non adesso che la diperché all’edicola della
ligenza con i forzieri del
sciura Pacifica si possa
banchiere panzuto sono
comprare il fascicolo di
in pericolo! Non ora che i
una nuova avventura, il
banditi sembrano prevavantaggio dei giornalini
lere! Certo che, povereta fumetti è dato dal fatto
Martina
Aldo
ti, i fuorilegge alla fine
che si possono rileggere Lilia
i numeri vecchi ogni vol- Ha sette anni, una sorella
La nonna ospita Lilia nelle
Il cugino di Lilia, poco più perdono sempre... A Lilia sti predoni balenghi
ta che se ne ha voglia.
immaginaria di nome
vacanze invernali. Non
grande di lei, le ha fatto
fanno un po’ compassioComunque nel gri- Gemma e il suo unico
gioca con lei, però le
conoscere i fumetti
ne: perché vivono in degiore di queste vacanze svago è la tv dei ragazzi
prepara sempre la merenda dell’Uomo mascherato
serti desolati, tra cactus
invernali - la mattina, i
e serpenti a sonagli, sencompiti e una poesia da
mandare a memoria; il pomeriggio, il dovere a Fort Apache, senza nonne che sommini- za la minima comodità. Forse, se riuscissero
di accompagnare la nonna a bere il caffè da strano orrendi beveroni, senza sorelle ge- a mettere a segno almeno un colpo, potrebquella noiosa della sciura Richetta o, in al- melle che non apprezzano l’avventura we- bero comprarsi qualche vestito migliore o
addirittura una casetta come si deve.
ternativa, la salita al cimitero per la visita ai stern.
“Aspetta e spera, cara mia» le ripete l’AlComincia il telefilm. Guarda, Gemma,
“poveri morti” - Rusty e Rin Tin Tin per Lilia
sono la manna... Fuori è ormai buio. Chissà come sparano. Adesso arriva il Settimo Ca- do quando discutono sull’argomento. «Non
cosa sta facendo la sua compagna di classe valleggeri... Perché sua sorella non prova i sai che sono i banchieri che pagano la serie
all’isola. Adesso che è inverno, lei e la Roby suoi stessi entusiasmi? C’è gente che non è di questi telefilm, per mettere paura ai lasi vedono poco. Poter essere un pesce e nuo- curiosa per niente. Come nelle avventure di dri?”
“Sul serio?”
Zorro, di cui Lilia è lettrice appassionata.
tare fin là...
Ma l’Aldo come fa a saperlo?
Quattro minuti. La nonna entra in salotto Quando, presèmpio, i soldati del perfido gocon la fetta di pane burro e un bicchiere di vernatore stringono in una morsa Zorro e lo
(2 - continua)