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Losport
9
771660 968900
GAA 6600 LOCARNO –– N. 14
14
Copia in omaggio (in edicola Fr. 2.– / € 1,35)
In edicola Fr. 2.– / € 1,35
La finale
La gara
Il fenomeno
SCHIRA A PAGINA 14
MORO A PAGINA 15
A PAGINA 40
Domenica
13 aprile 2014
La salute
IL PRIMO ATTO
DEL “DERBY”
ALLO ZURIGO
PER MARQUEZ
IN TEXAS
È TUTTO FACILE
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
Per ogni voto
popolare serve
un piano B
Tassi sulle ipoteche
e nuove leggi sballano
il mercato della prima
e della seconda casa
CHANTAL TAUXE
ALLE PAGINE 2 e 3
I
n occasione delle votazioni
popolari, si è instaurata una
curiosa abitudine. Siamo
chiamati a rispondere a domande precise, ma quando si rivelano
delicate, emozionali, non “vinte
alla vigilia”, ci si pone il problema:
qual è il piano B? La nostra democrazia e le nostre istituzioni non
sono opzionali, non si basano su
varianti, obbligano a decidere. E
in caso di verdetto negativo - con
la costante necessità di legiferare
- di rimettersi al lavoro sul tema. È
stato così per l’assicurazione maternità, iscritta nella Costituzione
nel 1945, ma che ha dovuto attendere una maggioranza popolare
fino al 2004, dopo infiniti tentativi
di concretizzazione.
segue a pagina 11
“CARO PAPÀ…
ALLA MIA PARTITA
NON URLARE!”
La malattia
immaginaria
è una malattia
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L’analisi/1
Anno XVI • Numero 14
TORREFAZIONE
DI CAFFÈ
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ALLE PAGINE 18 e 19
Rischio
bolla
L’analisi/2
La Coca Cola
scende in... campo
LORETTA NAPOLEONI
L
Sport e ragazzi,
serve più rispetto
“Vi racconto
la mia verità
sullo scandalo
del Lumino’s”
PIERLUIGI TAMI
L
o slogan di Fifa e Uefa recita “Respect”, rispetto. Un
concetto che va ribadito,
ma anche chiarito alla luce dei
fatti successi sui campi giovanili
ticinesi e che hanno portato alla
sospensione di una giornata per
il campionato della categoria
D9. Il rispetto è un valore, ma è
un valore che, troppo spesso anche nel resto della Svizzera, non
viene… rispettato. In primo luogo gli scopi.
segue a pagina 14
Lastoria
Ti-Press
Berlusconi:
“Dell’Utri ha
capito male,
non ho detto
fuga...”
Lapolemica
Le accuse alla politica di Luigi Girardi,
l’ex direttore del locale a luci rosse
L’analisi/3
Ti-Press
Il pizzino
a febbre del calcio è già iniziata, i campionati mondiali
in Brasile sono dietro l’angolo e gli sponsor sono pronti per
questa nuova avventura commerciale. Tra questi c’è la Coca Cola,
che per i mondiali spenderà la
bellezza di 3,3 miliardi di dollari
in pubblicità per le sue tre bevande principali: Coca-Cola, Fanta e
Sprite.
Ma non è detto che questo investimento produrrà i frutti sperati:
da 13 anni gli americani bevono
sempre meno Coca-Cola ed ultimamente anche le vendite della
versione dietetica hanno iniziato
segue a pagina 13
a scemare.
La squadra dell’ex pugile
D’AGOSTINO A PAGINA 6
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Ruby Belge
prende a calci
il razzismo
RAVANI A PAGINA 8
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
3
“Sono quattro i punti critici
che rallenteranno le vendite”
Lo studio
L’immobiliare
Sballo da mattone,
l’immobiliare
tra bolla e... sboom
Sempre più netto il divario tra lusso e residenziale
U
na “forchetta” con il divario tra lusso e residenziale che si fa sempre più netto; una tendenza verso le periferie delle città; il rischio
di contraccolpi legato al voto contro la libera circolazione; gli effetti sul lungo periodo della legge Weber sulle residenze secondarie. Ecco i quattro punti
critici che racchiudono la “particolarità ticinese”
nell’immobiliare, messi a fuoco dall’ultimo rapporto dalla società Wüest & Partner che fotografa l’andamento del mercato dell’abitazione in Svizzera.
“Un mercato che connota il Ticino come caso a
parte, perché non rientra
negli schemi delle altre
aree nazionali”, spiega
Fabio Guerra, architetto
di Wüest & Partner che
segue in particolare la situazione della Svizzera
italiana. Secondo Guerra, il Ticino ha una forte
articolazione nell’offerta: “Ma è anche uno dei
cantoni dove la realtà
potrebbe modificarsi rapidamente”. E questo
perché dopo anni di grande euforia del mercato,
alimentata anche dagli stranieri, in particolare italiani, che si sono insediati nel cantone contribuendo alla crescita dei prezzi, con l’ultimo voto del 9
febbraio potrebbe esserci un contraccolpo. Una frenata. Wüest & Partner ne parla espressamente nel
suo rapporto. “Stiamo andando verso una fase di
incertezza - spiega Guerra - e quello che accadrà a
L’effetto
Per Wüest & Partner
uno degli effetti
del voto del 9 febbraio
potrebbe portare a una
perdita d’attrattività
Tassi bancari e nuove norme mettono a rischio
il mercato della prima e della seconda casa
vano tra le regioni più sensibili anche Lugano e
Locarno. Un dato confermato da uno studio del
Crédit Suisse che pur non ipotizzando una bolla,
avvertiva sul preoccupante fenomeno della “sopravvalutazione” dei prezzi. Sopravvalutazione
che, ricorda il recente rapporto della società
Wüest & Partner, segna in Ticino differenze di
prezzo sempre più marcate tra zona e zona. Gli
operatori immobiliari ticinesi escludono un
crash, ma prevedono un atterraggio duro, da fine pista, per il boom del mattone che durava da
troppi anni.
Ti-Press
I
primi richiami della Banca nazionale svizzera (Bns) e degli analisti sul rischio di una
bolla immobiliare risalgono addirittura al
2011. Da allora, più frequenti e intensi gli
allarmi si sono succeduti periodicamente.
A ribadire che il mercato del mattone si trova “in
una zona a rischio”, qualche mese fa è stato il vicepresidente della Bns Jean-Pierre Danthine, secondo cui non è da escludere una brusca correzione. Un timore poi sottolineato anche in due
analisi, quella del Politecnico di Zurigo per
comparis.ch, e l’altra di Ubs. Entrambe segnala-
DISTRETTI A RISCHIO BOLLA IMMOBILIARE
EVOLUZIONE PERCENTUALE DEL PREZZO PER APPARTAMENTI
EVOLUZIONE DEI PREZZI DEGLI APPARTAMENTI
PREZZI DI UN APPARTAMENTO IN TICINO
Andamento dell’indice immobiliare (Apex) all’interno delle principali regioni del Cantone
<1%
da sorvegliare
1 – 25 %
da monitorare
26 – 50 %
cambiamento
di stato
51 – 75 %
> 75 %
Andamento dell’indice immobiliare (Caex) all’interno delle principali regioni del Cantone
165-
Lugano
Bellinzona
Tre Valli
160-
Locarno
Mendrisio
150140135130125120-
> 740’000
670’000-740’000
600’000-670’000
530’000-600’000
460’000-530-000
390’000-460’000
<390’000
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
1151101051009590-
2013
2003
Fonte: Banca Stato
condizioni di una bolla che poi
non si è verificata. Di diverso dal
recente passato c’è che, probabilmente, nel 2014 i tassi aumenteranno e che le banche, chiamate
dalla Bns a tutelarsi attraverso un
accantonamento dell’1%, sono
più protette”. Banche che continuano ad accendere ipoteche anche se con più cautela. “Le ban-
che sono in una situazione difficile: a tassi bassi corrispondono
margini bassi. Grande è la tentazione di massimizzare i volumi”,
L’intervista
N
ha dichiarato Dhantine. “Va capito, però, se i tassi saliranno lentamente o velocemente - riprende
Rossi -. Non dobbiamo dimenticare che le bolle degli anni ‘70 e
‘80 sono scoppiate perché i prezzi
raddoppiavano. Oggi aumentano
a ritmi più lenti, tra il 7 e il 10%”.
Per molti analisti ci sono però i segnali di una potenziale esplosio-
ne del settore; Luganese e Locarnese sono considerati nei vari
rapporti zone a rischio in un cantone in cui nel 2013 le compravendite immobiliari hanno superato i 4 miliardi di franchi. Gli
operatori del settore seguono con
attenzione l’evoluzione della situazione. “Osservo che la votazione del marzo 2012 sulle residenze
secondarie, miete le prime vittime: meno vendite, meno contratti di compravendita dai notai e
meno crediti ipotecari da parte
delle banche per i piccoli clienti”,
nota Giancarlo Cotti, direttore
dell’agenzia Assofide: “Le conseguenze già si notano sugli artigiani: meno vendite di appartamenti
o case significano meno commes-
Il presidente della Catef Gianluigi Piazzini analizza l’evoluzione del comparto
on ha mai sottovalutato i segnali di
bolla immobiliare, ma adesso anche Gianluigi Piazzini, presidente
della Camera ticinese dell’economia fondiaria (Catef ) non parla più di “atterraggio mordido” per il settore immobiliare.
“No, sarà un atterraggio di fine pista - ammette -. Non sarà un impatto catastrofico,
ma qualche ruota sulla pista la lasciamo
di sicuro”.
Lei stesso, però, ha sempre parlato
di un mercato consapevole, che nel
momento opportuno avrebbe dovuto autoregolamentarsi.
“È vero, infatti gli operatori del settore
sanno benissimo che il mercato reale non
dico che sia fermo, ma certo subisce già
un forte rallentamento. Anzi, siamo nella
classica situazione in cui il peso più forte,
“Anziché un atterraggio soft
per il settore sarà un fine pista”
il coltello dalla parte del manico, ce l’ha
l’acquirente, non il venditore”.
Ma davvero ci si è illusi che questa
situazione positiva non avesse mai
fine?
“Onestamente anche noi siamo rimasti sorpresi da tassi tanto bassi per così
lungo tempo. Le stesse nostre previsioni,
sempre alimentate dalla cautela, si sono
rivelate spesso inesatte. Non s’era mai,
ma proprio mai, visto un periodo di tassi
così favorevoli lungo più di dieci anni”.
Ma non vuole parlare di speculazione...
“No, perché non s’è trattato di speculazione, ma di un’offerta che rispondeva
correttamente a una domanda. E con diversi cicli, l’ultimo dei quali mirato soprattutto sull’esigenza del ceto medio,
con domanda sull’immediata periferia o
per zone semi centrali. Ma adesso anche
quel filone temo sia agli sgoccioli”.
E il segnale più forte è un calo della
domanda?
“Mai sino ad oggi
si erano visti ‘interessi’ così
bassi e così a lungo”
“Macché, il segnale più forte lo leggo
negli interventi delle autorità finanziarie,
della Banca centrale, che gli squilibri sul
mercato ipotecario e immobiliare li calcolano a bilancio in tempo reale”.
E questi segnali lei come li legge?
“Nel modo più evidente, che le banche per anni hanno elargito molto dena-
ro, soprattutto agendo sul mercato interbancario con margini sempre più risicati
per essere concorrenziali e l’esposizione
non può che essere riequilibrata aumentando i tassi”.
Insomma,la cuccagna è finita?
“È finita nel momento stesso in cui le
autorità finanziarie hanno aumentato il
‘cuscinetto anticongiunturale’, la percentuale di mezzi propri che tutte le banche
devono mettere sul tavolo a fronte delle
loro valorizzazioni”.
Ed è bastato questo a fermare tutto?
“Era l’1%, poi il due e potrebbe essere
il 2,5% il conto diventa facile. Come è facile prevedere che i tassi ipotecari verranno
proposti a corto temine o di conseguenza
con interessi più elevati”.
e.r.b.
Locarno
Mendrisio
145-
2003
Ti-Press
S
i moltiplicano i segnali di
surriscaldamento del
settore
immobiliare.
Mentre gli analisti dibattono sul rischio o meno
di una bolla, il barometro di Comparis nei giorni scorsi ha registrato una nuova diminuzione dei
tassi ipotecari: dal 2,7 al 2,4%, nel
primo trimestre del 2014. Insomma, benzina sul fuoco di un indebitamento ipotecario che già nel
2012 aveva superato gli 800 miliardi di franchi, ossia oltre il 140%
del Pil. Tant’è che, secondo indiscrezioni di questi ultimi giorni, la
Finma, l’Autorità di vigilanza sul
mercato finanziario, vorrebbe
scongiurare il pericolo di una bolla immobiliare imponendo alle
banche di applicare ai clienti privati non più il tasso reale ma quello ipotetico che è attorno al 5%.
Del resto, pochi giorni fa proprio la Finma aveva avvertito: “La
situazione sul mercato ipotecario
è sempre tesa”, per cui servirebbero nuovi provvedimenti per scongiurare possili pericoli. Un avvertimento che fa eco all’allarme sul
rischio bolla lanciato nel febbraio
scorso da Jean-Pierre Dhantine,
vicepresidente di Banca nazionale, che aveva sottolineato “minacce reali per un mercato che si trova in una zona pericolosa e con
un forte rischio di correzione”.
Bolla o non bolla, si va davvero
verso uno sboom immobiliare?
“Difficile fare previsioni – afferma
l’economista Angelo Rossi -. Anch’io nel 2010 credevo vi fossero le
Lugano
Bellinzona
Tre Valli
155-
90-
GIORGIO CARRION
EVOLUZIONE DEI PREZZI DELLE CASE
se per le imprese, meno lavori da
piastrellista, elettricista, idraulico,
imbianchino. Ma fino a quando i
tassi tengono non dobbiamo temere una bolla”. Vittorino Anastasia, direttore della Società svizzera impresari costruttori, assicura
di non avere per ora alcun segnale
di variazioni nel flusso delle commesse: “Avvertiamo, invece, un
calo dei prezzi nei preventivi di
costruzione. Da un nostro sondaggio emergono i segni di un aumento della concorrenza interna”.
Dal settore immobiliare arrivano voci contraddittorie: “Prosegue l’atterraggio morbido di prezzi e produzione - nota Alberto
Montorfani, vicedirettore di Interfida -. Ritengo che il ciclo decennale di crescita stia andando verso la conclusione. I bassi tassi
d’interesse dovrebbero proseguire a sostenere l’economia, almeno
quella interna e l’esportazione,
mentre il contesto europeo sfavorevole economicamente continua ad esercitare una certa pressione, anch’essa in diminuzione,
sulla domanda di immobili in
Svizzera”.
Ma Cotti chiude con una nota
pessimistica: “La vera ecatombe
non sarà nella bolla immobiliare,
ma nei disoccupati che aumenteranno in tutti i rami collegati all’abitazione: con la conseguenza
che probabilmente si dovrà indire
un referendum per eliminare l’errore del marzo 2012, che addirittura è stato inserito nella costituzione!”.
[email protected]
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
Fonte: Banca Stato
Fonte: Banca Stato
Le agenzie
L’abitazione primaria sta frenando
1
BOLLA
2
IPOTECA
3
TASSO
4
LEX WEBER
Rapido aumento dei prezzi
degli immobili che
raggiungono livelli di
insostenibilità in rapporto
ai redditi medi dei lavoratori
o ad una serie di altri
parametri economici
Un bene mobile oppure
immobile viene posto a
garanzia per l’ottenimento
di un credito. Ciò comporta
la perdita (fino ad
estinzione) di proprietà da
parte del titolare
È il “costo” dell’ipoteca,
ossia il prezzo da pagare sul
debito residuo per la messa
in garanzia del bene da
parte del proprietario con
banche o altri istituti
Legge che impone ai
Comuni un limite del 20%
di residenze secondarie nel
rapporto con il numero
totale di abitazioni.
Approvata dal popolo nel
marzo del 2012
La saturazione potrebbe portare verso una riduzione del 5% dei prezzi
F
rena il mercato della prima
casa nelle zone calde. “A
Minusio, ma anche a Locarno, dove le residenze secondarie sono già molto elevate, si
rischia di vedere i prezzi marciare sul posto o anche calare. Non
è facile trovare acquirenti se si
deve vendere un immobile come alloggio primario”, sostiene
Beat Geiersberger del Centro
immobiliare di Locarno, che evidenzia le difficoltà del mercato
dopo la “lex Weber”. “Stiamo accusando - aggiunge - qualche
primo contraccolpo del limite
delle 20% per le residenze secondarie”. Non ci sarebbero però
avvisaglie di una bolla immobiliare in Ticino. Neanche per il
Locarnese. “Lavoro da 22 anni
nella regione di Locarno, gestisco un patrimonio di oltre 400
edifici solo in Ticino, e non ho
registrato alcuna allarmante restrizione del mercato, né calo
drastico di prezzi – aggiunge Geiersberger -. Certo se si continua
a costruire con questo ritmo si
può incorrere in qualche problema”.
L’INDICE
Il pericolo di
una bolla è a
quota 1,23.
Fra -1 e 0 è
una situazione
normale.
Fra 0 e1 è
boom edilizio.
Fra 1 e 2 è
zona rischio
Ti-Press
le aree
SENSIBILI
critici
17517016516015515014514013513012512011511010510095-
Ginevra sarà diverso da quello che succederà in Ticino. Perché sul mercato immobiliare una cosa è
l’effetto dei ricchi globalisti della Svizzera francese e
un altro quello di chi ha scelto il Ticino per vivere e
poi continua a lavorare in Italia. Resta il fatto, al di là
dei casi specifici, che la Svizzera rischia di perdere
attrattività”.
Una attrattività che ha premiato in particolar
modo la fascia alta, quella delle abitazioni di lusso,
quella con un grande margine di guadagno per i costruttori. “Questo segmento di mercato - precisaGuerra - ha sempre avuto un carattere internazionale, meno locale. Un’ evoluzione che si è mossa
con più rapidità e ha portato ad allargare la forbice
tra residenziale e lusso, in particolare a Lugano e
nel Locarnese”. Un fenomeno, questo, evidenziato
da Wüest & Partner che a livello nazionale ha studiato ben cinque milioni di situazioni locali. Calcolando anche che un tre locali a Lugano ha un
prezzo che varia da 424 mila franchi a un milione e
14 mila franchi. Cifre che riconcorrono quelle di
Locarno, le più care: da 436 mila franchi a un milione e 78 mila franchi. Prezzi che scendono drasticamente nelle Tre Valli, dove un tre locali si acquista
da 147 mila franchi a 455 mila franchi. Differente
ancora la situazione nel Mendriotto: qui, sempre
per la stessa tipologia di casa, si possono spendere
da 326 mila franchi a 665 mila franchi. Una quotazione simile a quella del Bellinzonese che varia da
336 mila franchi a 558 mila franchi. Sempre Lugano
figura, poi, tra le prime dieci città con la più forte attività di costruzioni. Dal 2007 al 2012 sono stati realizzati 2.142 alloggi che hanno portato il parco immobiliare totale a 37.871 unità.
m.sp.
Le ultime analisi mostrano
in Ticino però segnali di una sopravvalutazione nel Locarnese e
nel Luganese, dove i prezzi hanno segnato negli ultimi periodi
gli aumenti più sensibili.
Più complessa la situazione
nel Luganese, dove Marzio Mazzoleni della Fidinam Immobiliare osserva un mercato molto
frammentato: “Abbiamo il settore del lusso che ha dei prezzi parecchio elevati, ma anche una
forte clientela straniera, italiana
in particolare - spiega Mazzoleni-. Ma nel complesso mi pare
un settore che non ha rischi di
bolla”. Proprio la “lex Weber” ha
ridotto i pericoli di un mercato
surriscaldato. “Ce ne stiamo rendendo conto ora e ce ne renderemo conto nei prossimi anni,
quando gli artigiani si vedranno
ridurre le commesse - aggiunge
Mazzoleni -. C’è da augurarsi
una modifica dei limiti per le se-
conde case, che salga dal 20 al
40% per le regioni come le mostre”. La stima di un rallentamento nelle compravendite, che
coinvolgerebbe società immobiliari, notai e banche, per quanto
riguarda i crediti ipotecari, ipotizza una correzione verso il
basso del 5 %, dei prezzi di vendita soprattutto delle nuove costruzioni. Con forti ripercussioni
sul settore edile-artigianale.
Anche per Antonio Cannarozzo, titolare della Ge.co.roads
Immobiliare, da 35 anni a Lugano, il mercato non è così effervescente come anni fa, quando si
ristrutturava anche il vecchio
adeguandolo magari agli standard energetici e si vendeva tanto. “Adesso si vende bene il nuovo se è calibrato sul prezzo, altrimenti parecchio resta sul mercato - dice -. Non vedo però un rischio bolla immobiliare, non solo perché quello che è stato costruito è stato assorbito dal mercato. Ma anche perché le banche
hanno chiuso i rubinetti, sono
già molto più restrittive nel concedere le ipoteche”.
c.m.
4
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
Dell’Utri arrestato in Libano
Marcello Dell’Utri, 72 anni, ex senatore di Forza italia, è stato
arrestato in Libano. Contro di lui era stato spiccato un mandato di cattura internazionale. Condannato in primo grado e in appello per legami con la mafia, martedì sarà
giudicato in Cassazione. Storico braccio destro dell’ex
premier Silvio Berlusconi, l’ex senatore ha detto d’essere a Beirut per delle cure mediche.
mondo
L’analisi
IL PAESE
Popolazione
1.210.193.422
Pil
1.842 miliardi di dollari
Pil pro capite
1’501 dollari
Forza lavoro
516,3 milioni di persone
I PRINCIPALI PARTITI IN CORSA
Partito del Congresso
al potere in India
da dieci anni
Partito del popolo (Bjp)
opposizione indù
nazionalista
Leader
Rahul Gandhi
43 anni
Leader
Narendra Modi
63 anni
ELEZIONI MARATONA
Seggi aperti per le elezioni in
India che dureranno cinque
settimane e coinvolgendo 830
milioni di persone.
Sotto, manifesti elettorali
Reuters
La Grande India alla prova del voto
Tra enormi contraddizioni culturali, il rito elettorale di 830 milioni di persone
Parliamoci chiaro: non basta che 830 milioni di persone
vadano in 930.000 seggi a eleggere 543 deputati, avendo a disposizione 5 settimane di tempo, perché si possa dire che
l’India è un Paese democratico.
Il rito elettorale è un bene prezioso al quale non si dovrà mai
rinunciare, ma
facendo salve
determinate
condizioni. Ora,
nel caso indiano
dobbiamo mettere in fila
alcune fondamentali difficoltà
create dalle condizioni sociali
del Paese. La prima è certamente rappresentata dal tasso di
analfabetismo, che vede l’India
al 149° posto nel mondo. La seconda dalla scolarizzazione: riguarda il 61% della popolazione. La terza invece include il
70% della popolazione che vive
in zone rurali e non in megalopoli come Bombay (oggi Mumbay) o New Delhy.
Detto questo, c’è da aggiungere che un sistema elettorale
democratico necessita del funzionamento di cinghie di trasmissione che incanalino l’opinione politica in quei grandi recipienti, che sono i partiti politici. Ovvero i necessari strumenti della rappresentanza. Ma
perché questo meccanismo
funzioni è indispendabile che
prima ancora di andare a votare
i cittadini si siano fatti un’idea
su quale partito e quale rappresentante politico vorrebbero
mandare in Parlamento o al
Governo. Eccoci dunque al
punto-chiave: i partiti politici
indiani. Sono complessivamente 38, nell’insieme dei 28 Stati
che compongono la federazione indiana, ma pochi hanno
una copertura nazionale.
Oggi, in effetti, la partita
elettorale che si è avviata riguarda soltanto due o tre partiti. Innanzitutto, il Partito del
Congresso, quello dei tempi
dell’indipendenza, di Gandhi e
Nehru, a lungo dominante e ora
in forte declino. Poi, il Partito
del popolo indiano, guidato da
Narendra Modi, nazionalista, di
destra e in grande crescita. A
questi due schieramenti si aggiunge un terzo partito della
destra estrema (qualunquista)
guidato dal vegetariano Arvind
Kejriwal. La partita si giocherà
però in sostanza tra i primi due.
Anzi: forse non si svolgerà proprio, perché la vittoria di Modi è
data ormai per certa.
L’India è un grande Paese, il
settimo più esteso al mondo e il
secondo per popolazione. È,
inoltre, uno dei Brics, gli Stati
che ora registrano il maggior
sviluppo economico (Brasile,
Russia, India, Cina, Sud-Africa),
e la sua economia è al 14° posto
nella classifica internazionale.
Possiede, poi, la bomba atomica, condivide lunghissimi confini con Cina e Pakistan (al quale era unita prima dell'indipendenza). Aggiungiamo le grandissime contraddizioni storicoculturali: gli “intoccabili” esistono ancora, la malnutrizione
e le malattie colpiscono larghi
I partiti
I problemi
Il Partito del popolo
del leader nazionalista
Narendra Modi
è in vantaggio sul
Partito del congresso
Reuters
LUIGI BONANATE
Potenzialità immense,
ma ci sono vaste
sacche di arretratezza,
familismo politico e
corruzione diffusa
L’opinione
“Nuove Potenze con piccole democrazie”
L’ambiguità delle elezioni nei Paesi più importanti e popolati del pianeta
Se il test del voto in India coinvolge la voglia di riscatto di un Paese che non nasconde
le sue ambizioni sullo scacchiere politicoeconomico del pianeta, altrettanto non si
può dire del lento processo di democratizzazione del grande Stato asiatico. È l’opinione
di Fulvio Attinà, docente di Relazioni internazionali e cattedratico della Jean Monnet of
European Union Politics. “Il voto indiano fa
da cartina da tornasole per valutare le elezioni in tutte le nuove Grandi Potenze spiega Attinà -, distinte per culture: paritaria, gerarchica autoritaria. In realtà il processo di democratizzazione, come lo intendiamo noi occidentali, è lungo e incerto, anche perchè non
sappiamo che modello assumerà in futuro”.
È corretto, parlando di India, indicarla
come la più grande democrazia al voto?
“Formalmente è una repubblica democratica, con procedure regolate da leggi, ma
non basta ad assicurare la presenza di tutte le
libertà previste dalla democrazia. Potremmo
dire la stessa cosa per altre Grandi Potenze,
ma non è certo la possibilità di andare al voto
a certificarne la democrazia”.
A quali Grandi Potenze si riferisce?
“In Cina, ad esempio, quasi un miliardo
di persone va alle urne per le elezioni dirette
dei consigli di città e contee, ma è uno Stato a
partito unico. E anche in Russia non mi sembra che l’espressione democratica possa definirsi pienamente”.
È una questione di libertà d’espressione?
“Non solo, un’altra Grande Potenza che
“Manca il rapporto
tra le procedure elettorali
è il tessuto sociale”
non possiamo considerare non democratica
è, ad esempio, il Brasile. Non dobbiamo dimenticare, però, che il voto è lo strumento
che anche alle Grandi Potenze serve per ottenere una legittimazione popolare, ma non
possiamo trascurare le condizioni in cui si ottiene questa legittimazione. Va da sè che se
chi va alle urne lo fa per bisogno o per paura,
o addirittura costretto è difficile parlare di
elezioni pienamente democratiche”.
Cosa manca per considerarle tali?
“Il rapporto tra le procedure formali, leggi
e regolamenti elettorali, e la loro corrispondenza con la società. Ci deve essere un elemento fondamentale, cioè un tessuto sociale
aperto al dialogo, la cultura della partecipazione collettiva alla società. In una parola, il
pluralismo. Inoltre, il livello culturale, l’alfabetizzazione e la comunicazione devono essere garantiti ed accessibili, altrimenti è facile
trasformare il voto ‘democratico’ in una farsa”.
È anche vero che, ultimamente, assistiamo a molte espressioni di voto in
Paesi in cui la democrazia è stata
‘esportata’.
“È vero, come nel caso delle recenti elezioni in Afganistan. È evidente che, giusto o
sbagliato che sia, si sta tentando di impostare
processi democratici in Paesi che la democrazia non l’hanno mai vista. Ma è anche vero
che il processo di democratizzazione ha un
cammino lungo e dagli esiti non scontati”.
e.r.b.
strati di popolazione indifesa.
Poi c’è la violenza su donne e
bambine. Diffusissima. Ma
dall’altra parte c’è uno straordinario livello nella ricerca scientifica e nelle tecnologie d’avanguardia, che fanno degli indiani
scienziati e studiosi ricercatissimi .
L’India è un Paese immenso
il cui futuro riguarda tutto il
mondo. Tutto ciò andrà rielaborato attraverso i risultati della grande competizione elettorale in corso. Se l’esito specifico
riguarda soltanto gli indiani,
non possiamo tacerci che gli
orientamenti che ne usciranno
saranno destinati a influire non
soltanto sul sub-continente indiano, ma sul futuro dell’Asia e
sui destini del mondo.
Perché l’India fa parte di
quella porzione di pianeta a cui
toccherà verosimilmente di
guidare la società del futuro. Ma
anch’essa, come la Cina, ha un
bisogno vitale di risorse energetiche per lo sviluppo e nello
stesso tempo dispone ancora di
margini di progresso enormi.
Ma il Paese nasconde sacche di
arretratezza socio-politiche
molto vaste, come quelle legate
al familismo politico (i discendenti di Nehru hanno dominato
il Partito del Congresso per decenni) e finanziario (la corruzione raggiunge livelli estremi).
In sintesi: l’India diventerà
mai una grande potenza, lo può
desiderare? Oggi come oggi la
domanda sembra retorica. Gli
specialisti fanno le loro proiezioni, ma in generale l’India appare ancora un Paese marginale. Le sue potenzialità sono
enormi e una sua più attiva politica estera potrebbe diventare
rapidamente influente. Ma
quale politica estera? Non si
può nascondere che nel mondo
sta levandosi una nuova ondata
di conservatorismo: in Francia,
in Ungheria. Pure in Italia e in
Spagna. Come in Olanda, per
non dire della Russia...
Secondo l’indiano Amartya
Sen, premio Nobel dell’economia, l’India è la più grande democrazia al mondo: forse voleva dire la più “grossa”. Speriamo
che presto sappia diventare anche davvero la più grande.
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IL CAFFÈ
13 aprile 2014
6
attualità
I fatti
1 2 3 4
Ti-Press
Lo scandalo
LIBERO D’AGOSTINO
H
a fiducia nella magistratura, dice, ma non
ha alcuna intenzione
di aspettare il processo con le mani in mano. Vuole raccontare la sua verità
Luigi Girardi, l’ex direttore del locale a luci rosse Lumino’s, in carcere
con le accuse di tentata coazione ai
danni di Michele Barra (il ministro
del Territorio scomparso nell’ottobre del 2013), di sfruttamento della
prostituzione, violazione della sfera
privata per aver illegalmente registrato immagini e conversazioni,
nonchè di frode fiscale e sottrazioni
d’imposta. Una storia quella del postribolo di Lumino che lo scorso autunno ha aperto una falla nelle credibilità delle istituzioni. Dal carcere
Girardi batte e ribatte sulla sua tesi,
e dalle pagine del Caffè, dopo averlo
fatto da quelle del Corriere del Ticino, insiste per chiedere un’inchiesta
parlamentare, aggiunge altri inquietanti elementi alla sua versione
dei fatti. Pesanti politicamente, perché la vicenda tira in ballo, almeno
per quanto è dato di conoscere, solo
esponenti leghisti. Ai quali, parlando col Caffè, Girardi ne aggiunge un
altro, Attilio Bignasca, il coordinatore della Lega. “Dei problemi del Lu-
GLI INCONTRI
NELL’UFFICIO
IN PROCURA
L’ARRESTO
Nel luglio del
2013 il ministro
Barra incontra
in in un bar
il direttore
del Lumino’s.
Protestava per
la chiusura del
locale. Due
conversazioni
che Girardi
registra
Il 5 agosto,
Girardi è
nell’ufficio del
ministro a
Bellinzona. Gli fa
vedere un video
con un suo alto
funzionario
nel locale a luci
rosse in
compagnia di
una prostituta
Il 18 settembre,
il ministro Barra
è convocato in
Procura, sulla
base delle
registrazioni
fatte
illegalmente
da Girardi,
nel corso degli
incontri che
c’erano stati
L’8 ottobre Luigi
Girardi viene
arrestato. È
accusato anche
di aver tentato
di ricattare il
ministro del
Territorio
facendogli
vedere il video
col funzionario
al Lumino’s
“Non faccio il capro espiatorio
il parlamento deve intervenire”
L’ex direttore del Lumino’s lancia pesanti accuse alla politica
mino’s parlai più volte anche con
lui. Lo andavo a trovare in via Monte
Boglia”. Una novità mai emersa dal
riserbo delle indagini.
“Il procuratore Perugini é un
magistrato capace, ma questa é una
vicenda delicata che tocca equilibri
politici e partitici. Non so cosa sia
accaduto, ma ho la netta sensazione che mi abbiano voluto togliere di
mezzo”, afferma Girardi, ora libero
di comunicare con l’esterno, dato
che gli atti dell’inchiesta sono stati
depositati. Si ritiene una vittima sacrificale di un gioco più grande di
lui. “Un capro espiatorio”, dice proprio così, di una vicenda che getta
delle ombre anche sulla gestione
politica e amministrativa del caso.
Una storia semplice, per altro: dare
o non dare la licenza al postribolo
nonostante i precedenti dinieghi.
Girardi, secondo le tesi della magistratura, avrebbe tentato di ricattare
l’allora ministro Barra, mostrandogli un video registrato di nascosto in
una camera del Lumino’s. Ritraeva
un alto funzionario del Territorio
(licenziato nei mesi scorsi) in compagnia di una prostituta. “Il mio intento era quello di dimostrare al
consigliere di Stato l’agire scorretto
di quell’alto funzionario, proprio
quello con cui più volte avevo discusso del mio caso”. Lui non aveva
affatto, dice in sostanza Girardi,
l’idea di poter ricattare addirittura
un ministro: “Io, un semplice straniero con permesso B!”. Nella sua
difesa-accusa Girardi, parlando
con il Caffè, va oltre. E spiega: “Come è possibile che per 45 giorni
nessuno al Territorio abbia pensato
a quel video, che io ho mostrato il 5
agosto nell’ufficio stesso del ministro, come un tentativo di ricatto.
Come é possibile che solo il 18 e il
19 settembre - ovvero quando, prima Barra e poi il suo collaboratore
personale Cleto Ferrari, sono stati
chiamati in magistratura - il ministro e il suo assistente si siano ricordati di quell’episodio?”.
Le domande di Girardi trovano
origine nei fatti ormai chiari. Tramite il deputato leghista locarnese Silvano Bergonzoli, Girardi riuscì ad
avere alcuni incontri con il ministro
Michele Barra. Dapprima alcune
volte in un bar di Bellinzona, poi,
quel 5 agosto, nella residenza governativa. Spiega Girardi: “Bergonzoli aveva spiegato al ministro che
avevo delle prove da fargli vedere,
prove che dimostravano l’agire
scorretto di quel suo funzionario.
Quindi il ministro sapeva perfettamente che cosa sarei andato a fare il
5 agosto, nel suo studio”.
E allora, si chiede l’ex direttore
del Lumino’s, “come è possibile che
subito dopo quell’incontro e nem-
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meno nelle settimane successive,
né Barra né Cleto Ferrari, presente
nello studio, abbiano pensato di denunciarmi!? Lo hanno fatto solo dopo essere stati convocati in magistratura, a metà settembre, perchè
le loro voci erano state da me registrate durante due o tre incontri,
compreso quello di agosto”. Insomma, secondo Girardi, se quello era
un tentativo di ricatto per Barra e
Ferrari, avrebbe dovuto esserlo anche prima. Prima che la magistratura scoprisse quelle registrazioni audio. “No, aggiunge Girardi, io non ci
sto a prendermi tutte le colpe. La
politica, il parlamento - chiede - devono fare chiarezza”.
Tanto più, fa notare, che i politici convolti sono più d’uno. Ribadisce di aver parlato più volte dei problemi del Lumino’s pure con Attilio
Bignasca, mesi prima che scoppiasse il caso: “Mi aveva anche detto
che avrebbe parlato con Gobbi (il
ministro leghista delle Istituzioni,
ndr) perchè si ospitassero là dei richiedenti d’asilo, visto che in precedenza due funzionari del Cantone
erano venuti nel locale per fare un
sopralluogo. Ma poi non se ne fece
niente”.
[email protected]
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IL CAFFÈ
13 aprile 2014
attualità
La
storia
L’ex pugile Ruby Belge, Naser
Tavakoldust e Masoud Amircade.
Sono coordinatore, allenatore
e uno dei giocatori di “Sotto lo
stesso sole”. Una formazione
di calcio che raggruppa molti
richiedenti l’asilo. Il loro scopo
è integrarsi. E intanto vincono
pure altre vere partite
Ti-Press
Quella squadra
che batte gli avversari
e anche il razzismo
OMAR RAVANI
R
Ti-Press
Masoud e Naser,
il calciatore e il coach
Due storie differenti. Masoud
(in alto) è in Svizzera da un paio
d’anni e spera di rimanere.
Vorrebbe diventare come
Naser, fuggito dall’Iran nel
2000, che è riuscito a rifarsi
una vita, grazie alla sua forza
di volontà e alla passione
per lo sport.
uby Belge, dal ring al campo di
calcio. Il pugile ticinese, da anni
impegnato nel sociale, si sta cimentando con un’ appassionante avventura. Dopo avere conquistato cinque titoli nazionali e
una corona mondiale Ibc, a 34
anni ha deciso di abbracciare
una nuova causa. Adesso è il coordinatore della squadra di calcio “Sotto lo stesso sole”, che raggruppa un buon numero di richiedenti l’asilo. “Per una volta
posso evitare di occuparmi del
settore tecnico e dedicare tutte
le mie energie all’aspetto organizzativo - racconta
Belge -. Cerco di
mettere a disposizione tutta la mia
esperienza per coordinare gli spostamenti, le sedi degli
allenamenti, i tornei e tutto ciò che è
legato alla logistica”.
Il calcio come occasione per riuscire
anche a mettere in
contatto i ragazzi
della squadra con la
popolazione locale:
“In realtà lo scopo è
proprio quello. Vogliamo che da una
partita non si esca a
mani vuote e che, oltre all’aspetto agonistico, ci sia la possibilità di migliorare
la conoscenza reciproca”.
Pure Ruby è figlio di immigrati,
essendo di origini
aramaiche, e anche
grazie alla boxe ha
saputo farsi conoscere e apprezzare.
Come stanno facendo i ragazzi
della sua squadra.
“Lo sport è un formidabile canale
d’integrazione- dice-.
Questi giovani, quando arrivano
qui, non conoscono nessuno. Il
calcio dà loro la possibilità di interagire con la popolazione ticinese”. Un metodo efficace per
lottare contro pregiudizi: “Ogni
settimana leggiamo di stranieri
che commettono dei reati, assistiamo a campagne pubblicitarie che trasmettono un’immagine distorta degli immigrati - nota Belge -, noi proviamo a con-
UNITI PER LA VITTORIA
Ruby Belge, in ginocchio, e i
suoi calciatori, la maggior parte
di essi arriva dalla zona in guerra
tra Iran e Afghanistan
La vicenda
La “stella”
Le origini
L’obiettivo
Le vittorie
Le paure
IL PERSONAGGIO
IL TEAM
L’INTEGRAZIONE
TRIONFI VERI
IL RIMPATRIO
Ruby Belge, 34
anni e un passato
da pugile e da
campione del
mondo, si occupa
di coordinare le
attività sportive.
‘Sotto lo stesso
sole’ è il nome
scelto da Sopranzi
e Naser per una
formazione che
gareggia in tutta
Svizzera.
Non solo calcio,
ma anche momenti
conviviali al termine
degli incontri.
L’obiettivo è
cancellare gli
stereotipi negativi.
Naser, l’allenatore,
è sposato con una
donna nata e
cresciuta in Ticino.
E diventerà
svizzero 14 anni
dopo il suo arrivo.
Masoud non ha un
futuro in Iran. Da lì
lo hanno cacciato
perché afghano. Da
noi studia e fa
sport. E spera di
rimanere e lavorare.
trobattere con la forza del dialogo. Vogliamo mostrare la parte
positiva di questa immigrazione,
fatta da persone volonterose,
che desiderano dialogare con la
popolazione, dimostrando buona volontà e gratitudine al Paese
che li ospita”.
Sentimenti che prova anche
Massoud Amircade, giovane richiedente l’asilo e calciatore, che
racconta come ha dovuto lasciare la sua nazione d’origine: “Avevo 16 anni quando mi hanno
cacciato dall’Iran. Da cittadino
afghano non mi permettevano
di condurre una vita normale.
Dopo avere fatto terra bruciata
attorno a me, mi hanno chiaramente detto che là non c’era più
per me. E allora è cominciato il
mio peregrinare sino ad arrivare
in Svizzera, Paese che da due
anni mi ha permesso di ricominciare a sognare un futuro
“I ragazzi quando
arrivano qui non
conoscono nessuno:
lo sport è la chiave
per l’integrazione”
migliore”. Massoud fa molto
sport: oltre al calcio, il karaté. E
frequenta anche una scuola, dopo che in Iran era stato costretto
ad abbandonare pure gli studi.
“Andavo bene a scuola, ma alla
fine delle medie mi hanno detto
che non potevo più studiare. Per
questo qui in Ticino vorrei seguire un apprendistato per imparare un mestiere che mi permetta di mantenermi. Il pensiero di dovere tornare un giorno in
Iran mi fa paura”.
Naser Tavakoldust queste
paure invece non le prova più.
Più che mai integrato, l’allenatore della squadra è in Ticino da
quasi 15 anni. “Sono entrato in
Svizzera dopo la fuga dall’Iran,
dove sbarcavo il lunario insegnando il taekwondo, un’arte
marziale di origine coreana. Appena arrivato a Lugano ero completamente spaesato, ma ho subito cercato di fare qualcosa per
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IL RACCONTO
DELLA
REALTÀ
Anonymous
COME FU CHE UN
TUNISINO SPOSÒ
UNA TICINESE
Andrea Vitali
LE PAROLE
DEL 2013
Autori
vari
SAPORI
E MITI
Carolina
Cenni
APPUNTI
DI VIAGGIO
Giò
Rezzonico
rendermi utile -ricorda -. Allora
ho contattato Giovanni Sopranzi che a Lugano si occupava di
organizzare i programmi occupazionali per i richiedenti l’asilo.
Così è nata l’idea di creare una
squadra di calcio”. Nonostante
non abbia una formazione calcistica, Nasser riesce comunque
a fare un buon lavoro: “Qui ci sono ragazzi di qualità, che hanno
davvero talento, un bene universale. E sanno adattarsi a dipendenza dello sport che si pratica”.
La dimostrazione viene dai risultati, che il tecnico elenca con
grande soddisfazione “Abbiamo
vinto molti tornei in giro per la
Svizzera - dice Naser - e a volte
affrontiamo anche squadre di
buon livello. A metà marzo abbiamo giocato contro il Monte
Carasso, una squadra di terza divisione, e abbiamo vinto 3 a 1”.
I risultati calcistici sono però
un aspetto secondario dell’avventura di “Sotto lo stesso sole”.
“È un progetto che sta assumendo sempre più forza, anche grazie all’interesse che ha suscitato
l’entrata in gioco di Ruby. Lui continua Naser - è stato un grande dello sport ticinese ed è un
personaggio molto stimato. Ci
sta aiutando parecchio a fare conoscere la nostra squadra in tutto il Ticino”. Un cantone che a lui
ha regalato una nuova vita: “Ho
il permesso B, ma vorrei diventare cittadino svizzero”, dice Naser. “Ho sposato una ragazza nata e cresciuta in Ticino e abbiamo avuto due splendidi figli. Io
poi sono diventato un appassionato di calcio e vado spesso a vedere delle partite sui diversi
campi della regione”. Naser si
augura di avere presto la cittadinanza svizzera, intanto ha già assorbito qualche caratteristica
nazionale, come la precisione:
“L’aspetto che mi infastidisce di
più da allenatore è la mancanza
di puntualità. Succede che ci siano ragazzi che arrivano sul campo con parecchi minuti di ritardo. Devono capire che essere in
orario è fondamentale: un giorno che avranno un lavoro non
potranno presentarsi quando
vogliono”, afferma deciso l’allenatore.
Ruby, Massoud e Nasser: tre
uomini e una storia comune.
Una bella storia che si spera sia a
lieto fine. Anche se non per tutti
il futuro sarà magari “Sotto lo
stesso sole”. [email protected]
QOmarRavani
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
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Con i prezzi delle abitazioni che
continuano a salire nei centri
urbani, l’iniziativa del Municipio di
Cevio di promuovere il comune
valmaggese come alternativa è
molto apprezzabile. Anche
per l’obiettivo di rilanciare le valli
Nonostante le rassicurazioni di
recente sbandierate ai quattro venti,
la situazione finanziaria dell’Ambrì
Piotta è tutto fuorché chiara. Tanto
che il presidente non trova di meglio
che trincerarsi dietro un laconico
“I conti si fanno alla fine”.
9
Per mangiare più carne di vitello
i detenuti si convertono all’Islam
carcerarie. “Ma l’attenzione c’è –
precisa -. Il cuoco della Stampa,
ad esempio, ci ha spiegato che
per evitare problemi utilizza frequentemente carne di tacchino e
di pollo”.
Proprio sui menù della Stampa mesi fa era scoppiata una polemica. I detenuti si erano lamentati - con una lettera spedita al
Consiglio di Stato e al ministro
dele Istituzioni Norman Gobbi di non ricevere carne a sufficien-
L’imam di Viganello:
“A Lugano, a quanto
so io, di conversioni
facili sino ad oggi
non ce ne sono state”
za. Ma la segnalazione era parsa
una provocazione. “Dopo quella
lettera – racconta Beretta Piccoli siamo andati a verificare. Ma la
carne c’era. E a livello di apporto
di proteine abbiamo notato un
certo equilibrio. Il precedente direttore, d’altronde, aveva chiesto
la consulenza di chi lavora nelle
mense scolastiche. Poi aveva dovuto però far fronte ai tagli del
piano cantonale di risparmi, che
da quest’anno ha ridotto le spese
per gli alimenti nelle carceri di
quasi la metà: da un milione e
100 a 600 mila franchi”.
L’imam di Viganello, Jelassi
Radouan Samir ricorda che in
Svizzera la costituzione garantisce a tutti i cittadini la libertà e la
pratica religiosa e le specificità legate alle diverse fedi: “Non credo
che la richiesta di non mangiare
carne di maiale da parte dei detenuti musulmani sia un ostacolo.
Semmai il problema può nascere
dalla cattiva comunicazione”. Sono i fedeli, allora, chedevono
spiegare alle direzioni delle carceri se hanno dei problemi. “Per
il resto - dice Jelassi Radouan Sa-
IN SVIZZERA
A settembre in
Svizzera c’erano
7.072 detenuti
adulti, a fronte
di una capacità
delle carceri
di 7048 posti.
IN TICINO
Alla Stampa
nel 2013 erano
presenti fino
a 127 detenuti,
mentre
la capacità
è di 140 posti.
IL MENÙ TIPICO
NELLE CARCERI
Pranzo:
pasta o insalata,
carne o affettato,
frutta
Cena:
insalata o riso,
formaggio
e frutta
L’intervista
A GINEVRA
A Pöschwies i
detenuti islamici,
hanno superato
la soglia del
30%. A Ginevra
sono quasi
la maggioranza.
L’analisi dell’ex consigliere di Stato ed esperto dei servizi penitenziari cantonali
“Ma i problemi degli istituti sono ben altri”
ALEX
PEDRAZZINI
Ex direttore
della Stampa
e già responsabile del
servizio penitenziario
del canton Vaud
La polemica
Rischia di incagliarsi nuovamente
la legge sul rientro dei capitali in Italia.
Mentre scatta il conto alla rovescia, in
vista della tappa di giugno, quando il
nuovo disegno di legge dovrebbe assumere una versione definitiva, ritorna il
nodo dell’autoriciclaggio. Cioè la possibilità di colpire penalmente chi ha
portato capitali all’estero, sottraendoli
al fisco e dunque rendendoli di “provenienza illecita”, per poi rimpatriarli investendoli in nuove attività. Un’impostazione che a molti esponenti politici
italiani è parsa piuttosto restrittiva, ma
che è considerata indispensabile dal
procuratore di Milano Francesco Greco, coordinatore del gruppo di lavoro
che sta mettendo a punto il pacchetto
di norme.
Tre giorni fa a Roma, il magistrato
davanti la commissione Finanze della
Camera dei deputati, ha ricordato che
a chiedere barriere contro i “soldi sporchi” sono state anche la Banca d’Italia,
l’Agenzia delle entrate, la magistratura
e l’Ocse. Per Greco inserire il reato di
anticiclaggio è un segnale preciso: “Bisogna dimostrare - ha detto il procura-
“Posso capire che si discuta sui menù multietnici. Ma i problemi delle nostre carceri sono ben altri”,
dice l’ex consigliere di Stato e deputato ppd Alex Pedrazzini, che è stato direttore del carcere La Stampa
e già responsabile anche del servizio penitenziario
del canton Vaud.
A quali problemi si riferisce esattamente?
“Al problema numero uno, che si chiama sovraffollamento. Nel carcere di Champ-Dollon, a Ginevra, siamo al 200 per cento, ciò vuol dire che la popolazione carceraria è il doppio della capacità prevista”.
Dunque gli interventi da fare sono altri?
“C’è una scala di priorità. Va bene discutere, come è stato fatto anche in Ticino, della varietà o della
qualità del cibo, va bene porsi il problema dell’invecchiamento della popolazione carceraria, pensando
pure a celle per la terza età. Ma la precedenza va data
alle strutture. Perché quando si arriva a un sovraffol-
mir - le istituzioni possono rivolgersi a noi. Siamo pronti ad ascoltare, capire e proporre soluzioni
nel rispetto delle leggi che vigono
nel nostro Paese”. L’imam è stato
diverse volte alla Stampa: “Ma
non ho riscontrato problemi. Ho
parlato con i detenuti e in tutti è
emersa solo la volontà di migliorare e prepararsi a riprendere una
vita normale una volta fuori dal
carcere”. [email protected]
Q@maurospignesi
La situazione
IL MENÙ
ISLAMICO HALAL
Proibito il maiale
Altre carni sì ma
macellate
secondo un
rituale.No grassi
di origine animale
Niente alcolici.
Frutta e pesci
sono consentiti
lamento diventa poi drammatico gestire qualsiasi
istituto”.
Questo lo dice pr esperienza, ai suoi tempi
c’erano già questi problemi?
“No, la questione dei menù non esisteva. Ma non
esistevano neppure tante etnie, religioni e stili di vita
differenti fra i detenuti. Per esperienza, però, posso
dire che quando c’è sovraffollamento chi comanda
non sono più le guardie carcerarie ma i boss del crimine. Sono loro a dettare le regole, tanto che a Ginevra ci sono stati scontri”.
È un fatto che deve allarmare?
“Assolutamente. Ma che la situazione oggi sia
difficile e degradata, lo ha ribadito anche il Tribunale
federale, che ha poi aggiunto se non sia il caso di
pensare a una sorta di indennizzo simbolico per i detenuti costretti a vivere in strutture come quelle che
abbiamo oggi”.
I FEDELI
Secondo uno
studio federale
del 2010,
in Svizzera
vivono oltre 400
mila persone di
fede musulmana.
L’ORIGINE
La maggior parte
dei musulmani in
Svizzera arriva
dai Balcani (42
%); il 32% ha il
passaporto
rossocrociato.
IL DIALOGO
Gli imam sono
invitati
nelle carceri
per mantenere
il dialogo
con la comunità
islamica.
Dopo la falsa partenza della norma per la “voluntary disclosure” è scontro in Italia sulle responsabilità penali
Si è incagliata nell’autoriciclaggio
l’autodenuncia sul rientro di capitali
tore - che con la nuova legge non si sta
facendo né uno scudo, né un condono”.
L’iniziativa per il rientro dei capitali, che riguarda direttamente il Ticino,
visto che buona parte dei clienti di
banche e fiduciarie sono italiani, ha
avuto già una falsa partenza. Il decreto
legge varato dal precedende governo
italiano, quello guidato da Enrico Letta, sulla cosiddetta “voluntary disclosure”, la dichiarazione volontaria, era
stato in buona parte bloccato in sede di
conversione e rinviato nuovamente
all’esame della commissione. Era stato
tuttavia approvato un emendamento
per rendere valide le poche decine di
domande di rimpatrio già presentate. I
‘
Il magistrato
Bisogna dimostrare che con la
nuova legge non si sta facendo
né uno scudo, né un condono”
I CONTROLLI
Verifiche
alla frontiera
anche contro
l’esportazione
illegale
di capitali
Ti-Press
Alla Stampa hanno aggirato
l’ostacolo proponendo più spesso ai detenuti carne di pollo. O di
tacchino. Ed evitando, quando si
può, quella di maiale. Ma in altri
penitenziari il menù sta diventando un problema. Perché le
carceri, come la società svizzera,
da tempo sono mutate. Anche
dietro le sbarre la popolazione è
sempre più multietnica. Da Lugano a Ginevra. Così capita che il
cibo debba rispettare la fede religioso. Nessun obbligo, sia chiaro. Ma la
sensibilità
spesso
porta direzione e
cuochi a non inserire
nel menù per i detenuti musulmani la
carne di maiale. Eppure, come sempre,
davanti a certi oroblemi - affiorati pure
in Francia dove la
leader della destra
Marine Le Pen ha
proposto di reintrodurre nelle carceri la
carne di maiale - c’è
chi ne approfitta. Capita, allora, che in alcuni istituti di pena si
assista a singolari richieste. “Abbiamo
sempre più carcerati
che vogliono convertirsi all’Islam perché
così ricevono carne
di vitello, anziché di
maiale, che a loro
piace di più”, ha raccontato all’Ostschweiz am Sonntag Ernst
Scheiben, direttore del carcere
cantonale di Frauenfeld, nel Canton Turgovia,
Che il fenomeno non sia nuovo lo ha ammesso anche Ueli
Graf, ex direttore del carcere di
Pöschwies, Canton Zurigo. Proprio a Pöschwies i detenuti islamici hanno superato la soglia del
30 per cento. In altri istituti, come
Champ Dollon a Ginevra, sono
quasi la maggioranza. In molte
prigioni, poi, i detenuti islamici
possono acquistare dall’esterno
carne trattata secondo le direttive
del Corano.
“A noi qui in Ticino fatti come
quelli registrati a Pöschwies e
Frauenfeld, non sono mai stati
segnalati”, spiega Gerry Beretta
Piccoli, vicepresidente della
Commissione parlamentare di
sorveglianza sulle condizioni
Le carceri s’adeguano al menù multietnico e alla Stampa domina il pollo
Keystone
MAURO SPIGNESI
rappresentanti di diverse forze politiche avevano dubbi soprattutto su due
aspetti della nuova normativa. La prima riguardava le aliquote previste da
pagare per chi, autodenunciandosi,
decideva di riportare i capitali in Italia.
Nel testo non esisteva una aliquota
unica, ma era prevista una casistica articolata e piuttosto complessa. Il secondo scoglio era appunto il nuovo
reato di autoriciclaggio, su cui non tutti
sono d’accordo. Molti partiti vorrebbero chiudere in fretta per far incassare
all’Italia, come è stato calcolato dagli
esperti del precedente governo Letta,
un gettito di circa otto miliardi in un
biennio. Su un totale complessivo di
capitali detenuti dagli italiani all’estero, in gran parte in Svizzera, fra 180 e
200 miliardi di euro. Ma senza l’autoriciclaggio la “voluntary disclosure”
suonerebbe come una sorta di depenalizzazione, non solo della dichiarazione infedele dei redditi ma anche di
quella fraudolenta.
Della nuova legge si è discusso a
lungo anche in Ticino in incontri ai
quali hanno partecipato esperti fiscali
italiani. Dibattiti da cui sono emersi i
rischi e il ruolo di banche e fiduciarie
che saranno chiamate ad assistere i
clienti, tappa dopo tappa, nell’autodenuncia per i capitali custoditi in Svizzera.
m.sp.
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
10
politica
“Anche se stranieri entrino nei Municipi”
Il Giura, col sì dell’Udc, allarga le maglie dei diritti politici ai non naturalizzati
FRANCO ZANTONELLI
Il Canton Giura, che lo scorso 9 febbraio aveva respinto, con
il 55,9 per cento di no, l’iniziativa
popolare “Contro l’immigrazione di massa”, segna un altro significativo passo, verso l’apertura agli stranieri. Recentemente il
Gran Consiglio giurassiano ha
infatti accolto, a larghissima
maggioranza, e col voto favorevole anche dell’Udc, una revisione della legge sui diritti politici
che consentirà agli stranieri, di
entrare nei Municipi del cantone.
“Un passo in più verso l’integrazione, perché è un peccato
privarsi delle competenze di
persone perfettamente integrate”, ha spiegato il consigliere di
Stato liberale radicale, Michel
Probst, responsabile del Dipartimento dell’economia. Una voce
fuori dal coro, quella di Probst,
almeno tra i liberali, visto che illoro è stato l’unico partito ad opporsi all’ingresso degli stranieri,
negli esecutivi comunali.
Per il Plr, contrariamente a
quanto sostenuto dal suo consigliere di Stato, quelle cariche
spettano solo a chi è titolare della cittadinanza svizzera. “Privilegiamo la naturalizzazione, che è
diventata, ormai, una procedura
agile e, per nulla, costosa”, il leitmotiv con cui ha giustificato il
ALLE URNE
Un’immagine
di Delsberg,
capitale del
canton Giura
e, sotto, l’udc
Marco Chiesa
Le scelte
1
LA NUOVA LEGGE
Il Gran consiglio giurassiano ha
detto sì a larga maggioranza,
alla revisione della legge sui
diritti politici: gli stranieri
possono far parte dei Municipi.
2
DIRITTO DI VOTO
Nel canton Giura gli stranieri
residenti hanno il diritto di voto.
Un diritto che possono
esprimere sia a livello
comunale che cantonale.
3
ALTRI CANTONI
Oltre al Canton Giura anche
Neuchâtel ha accordato agli
stranieri residenti il diritto di
voto a livello cantonale e
comunale.
4
SOLO PER IL COMUNE
Ad Appenzello esterno, Basilea
Città, Friburgo, Ginevra,
Grigioni e Vaud gli stranieri
possono votare ma soltanto a
livello comunale.
tema esprimendo, in entrambi i
casi, un chiaro no. Ma la posizione dei suoi colleghi giurassiani
lascia allibito Marco Chiesa, capogruppo dell’Udc nel parlamento ticinese: “Se fossi un elettore di quel partito, nel Giura
non rieleggerei i deputati che
hanno votato in quel modo, privilegiando la linea di Eveline
Widmer-Schlumpf rispetto a
quella di Christoph Blocher”.
Tuttavia, il voto del Gran
Consiglio dovrà, ora, venire sottoposto a referendum e non è
detto che, in quell’occasione,
l’elettorato smentisca, un’altra
volta, i propri rappresentanti,
dando ragione a Marco Chiesa.
Comunque vada, vale la pena ricordare che il Giura, sin dalla
sua nascita, nel 1978, ha dimo-
Marco Chiesa: “Se fossi un elettore
di quel partito giurassiano
non eleggerei più quei deputati”
suo voto negativo. Ma l’opposizione liberale non cambia un
dato di fatto: il diverso atteggiamento, sui diritti degli stranieri,
dei politici del Giura.
Un atteggiamento che pare
lontano anni luce rispetto a
quello che domina nella maggioranza dei cantoni svizzero-tedeschi e in Ticino. A dimostrarlo
c’è la posizione dell’Udc, i cui
quattro rappresentanti nel legislativo cantonale giurassiano
hanno votato a favore dell’ingresso degli stranieri negli esecutivi comunali . “A patto che puntualizza il deputato democentrista Fréderic Juillerat - la
carica di sindaco possa venire ricoperta, unicamente, da qualcu-
no che possiede la nazionalità
svizzera”. Precisa ancora Juillerat: “Altra condizione è che la
decisione del Gran Consiglio
venga sottoposta a referendum
e, dunque, ottenga l’avallo popolare”. Al proposito, vale la pena
ricordare che già due volte, nel
1997 e nel 2007, il popolo giurassiano ha votato su questo stesso
strato una notevole apertura, nei
confronti degli immigrati. Agli
stranieri residenti è stato concesso il diritto di voto, sia a livello comunale che cantonale. Il
che avviene, peraltro, in altri 8
cantoni, la maggior parte dei
quali si trova nella Svizzera Romanda.
[email protected]
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11
Ti-Press
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
politica
IL
PUNTO
Il
2/ barometro
delle
promesse
CHANTAL
TAUXE
Ad ogni voto
popolare
serve sempre
un piano B
Il Paese delle riforme impossibili
La faticosa ricerca del compromesso frena le decisioni della politica
Detto, fatto. Dovrebbe essere lo slogan preferito
dalla politica per mostrare concretezza e capacità
decisionale, ma si scontra inevitabilmente con
lungaggini, resistenze, dietro-front e interessi
contrapposti. Così succede che certi temi, la revisione dei compiti dello Stato ad esempio, non faccia passi avanti. Neanche riducendola a “spending review” o “road map”. Come sempre i tempi
della politica si dilatano. Vale il proverbio: fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. È il destino dell’or-
ganizzazione dei corpi di polizia, delle sinergie
possibili fra la Cantonale e quelle comunali, che si
ipotizzano unite entro il 2021. Se succederà ci saranno voluti vent’anni. Così come la nuova legge
sugli orari dei negozi. Insomma, il Ticino sembra
il Paese delle riforme impossibili. Non hanno miglior fortuna gli sgravi fiscali. Meglio è andata con
la riforma turistica. Almeno sembra.
(2-fine. La puntata precedente
è stata pubblicata domenica 6 aprile)
Leggi sui negozi
Una svolta cruciale
per il rilancio turistico
L’annuncio “Il turismo, nel quale confluiscono
diverse attività concatenate, deve riuscire a sviluppare al suo interno maggiori sinergie, superando
barriere settoriali e localismi: la forte competizione sui mercati internazionali non ci permette il lusso di disperdere le energie” aveva detto nel 2009
Laura Sadis, ministro delle Finanze e dell’economa
(Dfe), preannunciando una revisione della Legge
sul turismo.
I compiti dello Stato
che nessuno vuol fare
L’annuncio Furono nel lontano 1996 il capogruppo plrt Giorgio Pellanda e quello del Ppd, Fulvio Pezzati, a lanciare la proposta di una “necessaria revisione dei compiti dello Stato”. Una proposta
volta non solo a contenere il deficit del preventivo
che per il 1997 si annunciava particolarmente pesante, ma a rivedere tutta la spesa pubblica.
Cosa è successo
Una prima revisione, effettuata dal Dipartimento Finanze ed economia (Dfe), retto allora da
Marina Masoni, fece emergere ben 153
compiti dello Stato. Di questi, il governo
ne evidenziò 53 “meritevoli” di attenzione che si sarebbero dovuti discutere
in una tavola rotonda nel 1999. Ma non
se ne fece niente, causa - si disse - l’avvicinarsi delle elezioni. La possibilità di
“revisionare” la macchina statale si ripresentò con il progetto Amministrazione 2000.
Anche questo senza esito. Né il successivo tentativo
nel 2004 del Dfe con un corposo documento dal titolo: “Offerta pubblica, proposte di correzione del
come e del cosa”, ebbe miglior fortuna. Nel 2013 la
proposta di rivedere i compiti dello Stato è stata ripresa con la “Road Map”, un programma di risanamento finanziario in corso d’opera. Nel frattempo
Sergio Morisoli (deputato di Arealiberale) ha presentato una mozione per la costituzione di una
commissione parlamento–governo per la revisione
dei compiti dello Stato. Al momento senza esito.
L’eterna telenovela
degli sgravi fiscali
L’annuncio “Sono convinta che il tema della fiscalità, non possa essere ignorato, come dimostra
inequivocabilmente l’analisi sulla concorrenza fiscale intercantonale”, disse Laura Sadis, ministro
dell’economia e delle finanze (Dfe) nel 2010, avanzando una proposta di riduzione della pressione
fiscale per i contribuenti più facoltosi, prendendo
come base uno studio della Supsi, unitamente all’amnistia cantonale.
Cosa è successo
La proposta di Sadis fu stoppata in
governo nel 2010 in vista delle elezioni.
Nel 2011 fu presentata solo l’amnistia
cantonale che, dopo un primo stop in
parlamento, fu approvata nel 2013 (ma
si voterà il prossimo 18 maggio). Nel
2011 la Lega dei ticinesi lanciava l’ennesima iniziativa per gli sgravi fiscali.
L’iniziativa, corroborata da 11 mila firme, è stata
però bocciata in votazione popolare nel marzo
2013. Nell’ottobre dello stesso anno il Plrt ha presentato una sua proposta per una serie di sgravi fiscali da articolare dal 2015 al 2018: diminuzione di
almeno il 3% per tutte le persone fisiche e la riduzione dell’imposta sulla sostanza e dell’imposizione sull’utile delle persone giuridiche dal 9% al
7,5%. In precedenza l’Udc aveva presentato un
"Progetto fiscale per il Ticino”; un’iniziativa che
prevede la riduzione di aliquote sia per le società
che per le persone.
Quella storia infinita
degli orari dei negozi
L’annuncio “La legge proposta é semplice,
chiara e trasparente, perché?mette fine a un regime
basato sulle deroghe che ha creato insicurezza del
diritto, con il pericolo di ingenerare disparità?di
trattamento e un ingente lavoro amministrativo”,
aveva detto Laura Sadis, ministro delle Finanze e
dell’economia (Dfe) nel presentare la bozza della
nuova normativa sugli orari di apertura dei negozi,
nell’ottobre del 2010.
Cosa è successo
Approvata dal governo nel marzo
del 2011, la nuova impostazione prevede la chiusura settimanale alle 19, il
giovedì alle 21 e il sabato alle 18, più tre
aperture domenicali annue. Tutto è però fermo nella sottocommissione della
Gestione nella faticosa ricerca di un
compromesso. Nel frattempo il problema si è intrecciato con altre iniziative a livello federale dei senatori Fabio Abate (Plr) e Filippo
Lombardi (Ppd) che prevedono un'estensione degli orari di apertura dei negozi. In particolare,
dando seguito alla mozione di Lombardi, il Consiglio federale ha messo in consultazione (fino al 30
maggio) la proposta di lasciar aperti tutti i negozi
della Svizzera dalle 6 del mattino fino alle 20 e il
sabato fino alle 19. La mozione di Abate, detta anche “Lex Fox town”, vuole invece allentare il divieto del lavoro domenicale nelle regioni turistiche.
Ti-Press
Sgravi fiscali
Riforma compiti dello Stato
Cosa è successo
Nel 2012 il governo ha dato mandato a due gruppi tecnici di elaborare una
riforma della vecchia legge del 1998.
Predisposta e messa in consultazione,
la nuova normativa è stata approvata
dal governo nel gennaio di quest’anno.
La nuova impostazione propone la riduzione dei 10 Enti turistici locali (Etl) a
sole quattro Organizzazioni turistiche regionali
(Otr). La trasformazione dell’Ente turistico ticinese
(Ett) in Agenzia turistica ticinese (Att) che si occuperà di sviluppo di progetti, ricerca di mercato e
promozione. Nei prossimi mesi è prevista l’approvazione del Gran Consiglio sia della nuova legge
sul turismo, che di un credito quadro di 24 milioni.
Entro l’anno dovrebbero essere costituite le nuove
Organizzazioni turistiche regionali. L’entrata in vigore della nuova legge sul turismo è prevista per il
primo gennaio del 2015. Se tutto va bene.
Riforma polizia
Turismo
CLEMENTE MAZZETTA
Una polizia unica
entro l’anno 2021
L’annuncio “La polizia fa il suo dovere, ora
tocca a noi politici fare il nostro nel dare strumenti
di legge che permettano a voi - signore e signori
ufficiali di polizia - e ai vostri subordinati di essere
efficaci e la giustizia conseguente nell'importante
lavoro di prevenzione a favore della sicurezza della
cittadinanza”, aveva dichiarato Norman Gobbi,
ministro delle Istituzioni, prendendo la parola nel
2012 all’assemblea degli ufficiali di polizia.
Cosa è successo
La legge sulla collaborazione fra le
polizie comunali e quella cantonale,
approvata nel 2012 è in fase di concretizzazione; le varie tappe si completeranno entro il 2015. Ma secondo il governo “risultano palesi le difficoltà?di
coordinamento generale”. In Ticino
operano parallelamente alla polizia
cantonale (682 persone, di cui 588 poliziotti) ben
281 agenti di polizia comunale suddivisi in 33 corpi. Ora il governo, rispondendo ad una mozione
del deputato plrt Giorgio Galusero che chiedeva la
creazione di un’unica struttura di polizia ha cambiato idea, ritenendo che la polizia unica sia il modello valido del futuro. Modello di cui si parlava
già all’inizio degli anni 2000 per una riforma che
non è mai decollata. Adesso è l’obiettivo di mediolungo termine da concretizzarsi entro il 2021. Previa approvazione nel 2016 di una nuova legge. Ma
già le polizie comunali protestano.
In occasione delle votazioni popolari, si è instaurata
una curiosa abitudine. Siamo
chiamati a rispondere a domande precise, ma quando si
rivelano delicate, emozionali,
non “vinte alla vigilia”, ci si pone il problema: qual è il piano
B? La nostra democrazia e le
nostre istituzioni non sono
opzionali, non si basano su
varianti, obbligano a decidere.
E in caso di verdetto negativo
- con la costante necessità di
legiferare - di rimettersi al lavoro sul tema. È stato così per
l’assicurazione maternità,
iscritta nella Costituzione nel
1945, ma che ha dovuto attendere una maggioranza popolare fino al 2004, dopo infiniti
tentativi di concretizzazione.
La votazione del 18 maggio sull’acquisto di 22 aerei da
combattimento Gripen è l’epilogo di una grande saga, di
quelle che solo il dipartimento della Difesa sa alimentare.
Non ci si ricorda acquisto di
aerei senza controversie per il
nostro esercito. La peggiore,
quella dei Mirages, è sfociata
nelle dimissioni del consigliere federale Paul Chaudet, nel
1966. I 22 Gripen
svedesi sono
lontani dall’aver
sedotto gli svizzeri.
Secondo i
sondaggi, il “no”
raccoglie il
62%. Ai tradizionali
pacifisti
che sognano una Svizzera
senza esercito, si sono aggiunti gli scettici a proposito delle
priorità della difesa e coloro
che avrebbero preferito l’acquisto di un altro velivolo. E
Ueli Maurer, ministro della
Difesa, fa fatica a convincere.
È in questo difficile contesto che si sono inserite le dichiarazioni del consigliere nazionale Thomas Hurter (Udc,
Sciaffusa). L’ex pilota suggerisce apertamente un piano B:
acquistare gli aerei direttamente attraverso il budget
corrente dell’esercito. La proposta ha suscitato polemiche
e non solo nel suo partito.
Ammettere di essere pronti ad
aggirare la volontà popolare,
prima ancora che essa sia
espressa, non è stata una
mossa molto abile. Inoltre,
poco democratica, soprattutto
perché arriva da un politico
eletto con i voti del partito che
santifica il rispetto della volontà popolare. È la prova di
un’etica politica a geometria
molto, molto variabile.
Un’altra soluzione “di ricambio” è stata sovente evocata: acquistare dei Rafale, assicurandosi così le grazie della
Francia nei contenziosi fiscali
in corso. Ma, anche in questo
caso, sulle speranze è arrivata
la doccia fredda da Parigi. La
Francia di Manuel Valls e Arnaud de Montebourg non
transigerà sulla morale fiscale
in cambio di qualche aereo.
Non siamo più nell’era dei
buoni affari tra amici, siamo
piuttosto in quella del regolamento di conti. Se gli svizzeri
abbatteranno i Gripen, dovranno assumersene le conseguenze. Anche se è pur vero
che, già oggi, subappaltiamo
parte della nostra politica dei
cieli ai nostri vicini. Almeno
fuori dagli orari d’ufficio…
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
12
economia
L’occupazione
La sida del lavoro
per far “ripartire”
giovani e anziani
MAURO SPIGNESI
F
anno parte delle fasce
più deboli della popolazione. Fragili, spesso incapaci di rialzarsi, di rimettersi in pista una
volta espulsi dal mondo del lavoro. Sono i giovani e gli anziani disoccupati. A loro è riservata la
grossa sfida che il dipartimento
delle Finanze e dell’economia sta
lanciando sulla base di uno studio mirato commissionato al professor Giuliano Bonoli dell’Università di Losanna specialista in
politiche sociali.
Si tratta di un pacchetto di misure
articolate per facilitare il reinserimento nel mondo del lavoro per i
più giovani o per chi ha superato
i 50 e non è ancora in età di pensione. “Stiamo pensando - aveva
anticipato al Caffè a metà marzo
la consigliera di Stato Laura Sadis
- a sostegni più mirati. Si tratta di
investire nuove risorse, ma anche
di razionalizzare e ottimizzare i
mezzi oggi a disposizione, perché
anche la disoccupazione è cambiata”. Le proposte, che nel detta-
Uno studio del
professore Giuliano
Bonoli con un piano
di sostegni specifici
al collocamento
glio saranno presentate ufficialmente nei prossimi giorni, sono
dirette a quasi tremila senza lavoro. Una quota consistente se vista
nel quadro generale tracciato
dall’Ufficio cantonale di statistica
che a marzo registrava in Ticino
complessivamente 10.870 perso-
Un pacchetto di misure mirate
del Cantone per agevolare
il reinserimento delle categorie
più deboli tra i disoccupati
ne alla ricerca di un’occupazione.
I disoccupati in senso stretto erano invece 7.314 (tasso del 4.5 per
cento); nel 2013 in questa situazione si trovavano in media 7.300
persone, di esse 800 erano a tempo parziale.
Ma è la disoccupazione giovanile, soprattutto, a preoccupare perché riguarda mediamente il
6,3 per cento degli attivi tra i 15 e i
24 anni. E i numeri svelano che
dietro questa percentuale ci sono
quasi mille persone. I dati di
marzo per la fascia fra i 15 e i 19
anni registrano 186 senza lavoro,
su una media annuale 2013 di
238, lievemente più alta rispetto a
quella del 2012 che era di 232.
Anche nella seconda fascia dei
disoccupati giovani, quelli con
un’età che oscilla fra i 20 e i 24 anni, la situazione non è allegra.
Qui, i disoccupati registrati, sono
Il fenomeno
1
2
3
I GIOVANI
Tra 15 e 19 anni in Ticino
ci sono 186 ragazzi in
cerca di lavoro. Sono
invece 759 quelli con
un’età tra i 20 e 24 anni.
GLI ANZIANI
Dai 50 anni ai 59 ci sono
1414 disoccupati. Il 20%
del totale cantonale.
Hanno 60 anni e oltre 442
persone senza lavoro.
SENZA INDENNITÀ
A dicembre 2013 erano
215 i senza lavoro che
avevano esaurito il diritto
alle indennità di
disoccupazione.
759 (media annua 755). Lugano è
il distretto più colpito dalla disoccupazione giovanile, seguito da
Locarno. C’è da dire, però, che secondo i dati dell’annuario statistico cantonale gli apprendisti sono
oltre seimila.
Capitolo diverso, ma non per
questo meno pressante, quello
dei disoccupati anziani. In questa
categoria rientrano le persone tra
i 50 e i 59 anni e quelle oltre i 60.
Nella prima fascia a marzo c’erano 1.414 disoccupati (quasi il 20
per cento del totale cantonale). E
anche osservando la media annuale si nota come le misure annunciate da Laura Sadis, secondo
cui bisogna andare “oltre la politica degli slogan sulla disoccupazione”, siano quanto mai necessarie. Perché la media dell’anno
scorso era di 1.352 “anziani” registrati presso gli Uffici di colloca-
mento, e cioè 56 in più rispetto al
2012. Sono invece 442 i sessantenni ed oltre disoccupati, leggeremente di più rispetto all’anno
scorso (433).
Un capitolo a parte, infine,
meritano i disoccupati di lunga
durata, quelli da oltre un anno a
caccia di un posto: a fine febbraio
erano 1513, con un tasso del 18.6
per cento, mentre nel dicembre
2013 erano 215 i senza lavoro che
avevano esaurito il diritto alle indennità di disoccupazione.
Sempre a febbraio di quest’anno, per offrire un altro dettaglio del fenomeno, 4.838 disoccupati erano alla ricerca di un lavoro da sei mesi, 1.778 da sei mesi
ad un anno. Questo a fronte di
circa 227mila occupati complessivamente nell’economia ticinese.
[email protected]
Q@maurospignesi
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IL CAFFÈ
13 aprile 2014
PRODUTTIVITÀ DEL LAVORO ALL’ORA
Svizzera
Francia
Italia
Finlandia
300-
economia
Gli orari di lavoro
ridotti aumentano la
produttività in Francia
250200150-
13
indice del 1975 = 100
Germania
Negli anni ‘70 la
produttività del lavoro
in Svizzera superava
del 60% quella degli
altri Paesi
I Paesi più produttivi
dell’Ocse hanno
superato la Svizzera
100501970 1973 1976
1982
1988
1994
2000
I
NUMERI
2009 2012
Fonte: Banca dati della produttività dell’Ocse
LORETTA
NAPOLEONI
Cala la produttività,
il lavoro rende meno
e la Svizzera rallenta
La Coca Cola
per il rilancio
punta miliardi
sui Mondiali
Tra la Confederazione e i Paesi vicini
divario sui rendimenti sempre più netto
“Contrariamente a quanto si
pensa, gli svizzeri non sono più
produttivi dei loro vicini”. La sorprendente valutazione viene da
Claude Maurer e Andreas Christen, analisti economici di Credit Suisse. Negli anni Settanta,
scrivono, “la produttività del lavoro in Svizzera superava del
60% quella degli altri Paesi; ma
negli ultimi trent’anni i Paesi più
produttivi dell’Ocse hanno ampiamente superato la Svizzera.
Nell’ordine: in Finlandia, Francia, Germania e perfino in Italia,
la produttività del lavoro è maggiore”. Fin qui l’analisi del CS.
“I problemi di produttività osserva l’economista Siegfried
Alberton responsabile del Centro competenze ‘Inno3’ della
Supsi - accomunano anche
l’Olanda, l’Austria e l’Inghilterra.
Per la Svizzera, la produttività
del lavoro è segnalata come problema pure dall’Ocse. Il miglioramento passa sicuramente da
un maggiore sfruttamento dell’innovazione e da una maggiore
agevolazione per la creazione
d’imprese”.
Maurer e Christen, però,
spezzano una lancia a favore dei
confederati: “La debolezza della
produttività è semplicemente il
rovescio della medaglia di una
politica occupazionale efficace:
nel mercato del lavoro sono integrate anche persone poco produttive”. Così come la bassa disoccupazione contribuisce a ridurla. Ma queste cause apparentemente “virtuose” non spiegano il fenomeno: in Norvegia e
nei Paesi Bassi la disoccupazione è bassa e l’integrazione molto
alta, ma la produttività è nettamente superiore. Come mai?
Una causa pare essere quella
dell’orario di lavoro realmente
effettuato, inferiore mediamente
ad altri Paesi. La produttività, soprattutto, sembra frenata dall’economia interna: i settori che
producono per l’esportazione,
sostengono i due esperti di CS,
sono altamente produttivi (alte
tecnologie, banche, farmaceutica…), i settori interni (agricoltura, sanità e assistenza, amministrazione, commercio…) marciano sul posto. Di più: tra il 1997
e il 2012 l’occupazione è aumentata principalmente in questi
settori a media e bassa produttività (30mila nuovi posti); nei primi tre trimestri del 2013 la crescita dei posti di lavoro nei settori ad alta produttività, invece, è
stata praticamente nulla.
Anche tra i cantoni la produttività è differenziata. Uno
studio dell’economista dell’Istituto di ricerche economiche
(Ire), Valentina Mini, segnalava
nel 2012 che la produttività dei
ticinesi è inferiore, seppure di
poco, alla media svizzera, ma
parecchio più bassa di quella di
cantoni come Basilea, Zurigo e
Ginevra. “Accanto ai numerosi
punti di forza della Svizzera – riprende Alberton – troviamo al-
cune debolezze, come la difficoltà ad avviare nuove iniziative
imprenditoriali, le spese nel settore educativo, la formazione superiore di persone nelle scienze,
nell'ingegneria e, appunto, la
produttività. Oltre, poi, ad un
miglior accesso alla formazione
terziaria, come pure ad un maggior sfruttamento del potenziale
economico delle donne”.
In termini di occupazione e,
in particolare di manodopera
qualificata, la Svizzera figura,
però, al primo posto delle classifiche internazionali. Nella classi-
fica denominata Global talent
Competitiveness Index, non è
molto distante da Olanda, Inghilterra, Austria o Irlanda. E
“Questo risultato è
soprattutto il rovescio
della medaglia di una
politica efficace
dell’occupazione”
non va dimenticato che è il Paese più competitivo del mondo.
Produttività e competitività, tuttavia, non sempre marciano in
parallelo. Sono ancora i due
esperti del CS a segnalare un altro dato sorprendente: “La Svizzera ha superato solo in apparenza la fase di debole crescita
degli anni ’90. Tra il 2000 e il
2013 il Pil è aumentato dell’1,9%
contro l’1,4% della Ue.
Ma se si raffronta la crescita
economica a quella demografica, il Pil pro capite non raggiunge l’1%, contro l’1,2% della Ue”.
Un tema di riflessione che investe il problema dell’immigrazione, qualificata e non.
[email protected]
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L’esperto
L’economista Amalia Mirante
“Ma restiamo
la nazione
maggiormente
competitiva”
“Si fa fatica a descrivere la
relazione particolare che legherebbe una bassa variazione della produttività del lavoro in
Svizzera con l’essere contemporaneamente la nazione più
competitiva al mondo”. Il primato economico elvetico, secondo l’economista Amalia Mirante, mal si concilia con l’ipotesi di bassa produttività del lavoro.
Eppure, ci sono studi che
dicono il contrario. Perché?
“In tema di produttività del
lavoro e competitività, sappiamo che nel medio termine il benessere dei Paesi avanzati si è
mosso verso una convergenza,
dettata anche dal fatto che la
produttività del lavoro è andata
via, via avvicinandosi. La tecnologia e la conoscenza più in generale si sono diffuse capillarmente, anche grazie ai processi
legati alla delocalizzazione della produzione e più in generale
alla globalizzazione”.
Lo studio Credit Suisse segnala la bassa produttività
degli svizzeri soprattutto
nei settori economici interni. È d’accordo?
“Di primo acchito, la produttività oraria del lavoro sembrerebbe una nozione di facile
definizione e riducibile al prodotto suddiviso per il numero di
ore lavorate, ma molte difficoltà
si nascondono dietro tali quantificazioni. Basti pensare alle diversità dei sistemi professionali.
O anche all’importanza che potrebbe giocare in questo contesto il lavoro nero, alle conseguenze sociali e sulla spesa
pubblica che potrebbero celarsi
dietro tassi di occupazione elevati, che tuttavia non possono
essere definiti solo attraverso il
numero di ore lavorate e il prodotto ad esso associato”.
Quindi, crede che la Svizzera sia sempre competitiva?
“Osservando l’indice di
competitività si vede come in
tutti i suoi dodici pilastri, che
considerano tra l’altro la stabilità economica, il sistema di formazione, l’efficienza e la trasparenza
dell’amministrazione
pubblica, ad eccezione del protezionismo del settore agricolo,
la Svizzera sia tra i primi della
classe”.
La febbre del calcio è
già iniziata, i campionati
mondiali in Brasile sono
dietro l’angolo e gli sponsor
sono pronti per questa
nuova avventura commerciale. Tra questi c’è la Coca
Cola, che durante i mondiali spenderà la bellezza di
3,3 miliardi di dollari in
pubblicità per le sue tre bevande principali: Coca-Cola, Fanta e Sprite.
Ma non è detto che
questo investimento produrrà i frutti sperati: da 13
anni gli americani bevono
sempre meno Coca-Cola
ed ultimamente anche le
vendite della versione dietetica hanno iniziato a scemare. A livello globale, poi,
da almeno cinque anni
scende il tasso di crescita
delle vendite di bevande
gassate a cause delle malattie, prima fra tutte l’obesità,
legate al loro eccessivo uso.
Questi cambiamenti sono
particolarmente pericolosi
per un’impresa come la
Coca Cola, che deriva circa
il 75 per cento delle proprie
entrate dalla vendita di bevande gassate.
Forse sarebbe
meglio seguire i
consigli di molti
analisti e diversificare orientandosi verso
quelle più
sane. Nel
2013, infatti, le vendite delle bevande non gassate di proprietà della Coca
Cola, tra cui l’acqua Dasani,
i succhi di frutta Minute
Maid e Powerade sono salite del 5 per cento. La Coca
Cola è già il più grande produttore di succhi al mondo
e non avrebbe problemi a
gestire la vendita di bevande a base di tè, caffe e latte.
In più il denaro per farlo
non manca: nel 2013 gli investimenti a breve in contanti ammontavano a 17
miliardi di dollari contro i
13 dell’anno prima.
La Coca, bisogna poi
aggiungere, già possiede 11
prodotti non gassati, che
generano complessivamente circa 1 miliardo di dollari
l’anno, e un sistema di distribuzione che non ha rivali perché operativo in tutto il mondo, fatta eccezione
per Cuba e la Corea del
Nord.
Perché allora non potenziare prodotti più sani
della Coca-Cola? La risposta è semplice, il management ancora crede che sia
la bevanda più buona al
mondo e sogna di poter aumentare le vendite al ritmo
del 3 o 4 per cento annuo.
Della stessa opinione è
il maggior azionista, Warren Buffet, che si è detto
convinto che le vendite torneranno a salire. Un ottimismo ingiustificato anche
dalla performance in borsa:
nel 2013 il prezzo delle
azioni della Coca Cola è
sceso del 2,7 per cento
(mentre l’indice Standard &
Poor è salito del 21 per cento), una flessione che le è
costata il primato di maggiore produttore di bevande in termini di capitalizzazione di mercato.
Federer e Wawrinka
sulla terra di Montecarlo
Alberto Contador vince
anche nei Paesi Baschi
All’esordio stagionale sulla terra, al
Master 1000 di Montecarlo, Roger Federer avrà come primo avversario al
2° turno, il vincente tra Stepanek e
Karlovic, per Stan Wawrinka, invece,
c’è il vincente tra Cilic e Verdasco.
Grande inizio stagione per Alberto
Contador. L’iberico si è infatti imposto
nel Giro dei Paesi Baschi per la terza
volta in carriera. Nella cronometro finale ha ceduto solo allo specialista Tony Martin per sette secondi.
losport
IN
TELE
VISIONE
domenica 13 aprile
14.00 LA2
Ciclismo: Parigi-Roubaix
mercoledì 16 aprile
20.25 LA2
Calcio: Basilea-Zurigo
Cinque nuovi convocati
verso i Mondiali di Minsk
Tom Sykes in superpole
in Superbike ad Aragon
Il Gc passa a Losanna
e si riporta al comando
domenica 13 aprile
18.00 LA2
Motomondiale: GP Americhe
giovedì 17 aprile
20.00 LA2
Hockey: Playoff. Finali. Gara 3
martedì 15 aprile
20.00 LA2
Hockey: Playoff. Finali. Gara 2
sabato 19 aprile
20.00 LA2
Hockey: Playoff. Finali. Gara 4
Sean Simpson ha diramato la seconda
selezione per l’avvicinamento della nazionale ai Mondiali di Minsk. Per le
due partite contro la Bielorussia sono
stati convocati Genoni, Huguenin, Kamerzin, Monnet e Benjamin Plüss.
Tom Sykes ha conquistato la superpole del Gran Premio di Aragon nella Superbike. Il pilota della Kawasaki ha
preceduto nelle prove il compagno di
squadra Loris Baz e il pilota dell’Aprilia
Silvain Guintoli.
Grazie al successo per 2-0 sul campo del
Losanna, il Grasshopper si riporta in testa
alla Super League, con due punti di vantaggio sul Basilea (una gara in meno).
Nell’altro anticipo del sabato, il Thun ha la
meglio sull’Aarau per 2-0.
L’appello
Domenica
13 aprile 2014
Il motociclismo
IL BIENNE
SI INCEPPA
Nella sfida contro
il Visp che vale un
posto in Serie A, il
Bienne si è
inceppato alla
Litterna Halle, con
i vallesani ad
imporsi per 5-2 e
a riportare in
parità la serie
“Caro papà…,
la mia partita
non è la guerra”
A PAGINA 40
Marquez domina ad Austin
sul suo tracciato preferito
L’hockey
FUORI
CAMPO
15
Lo spagnolo si diverte e fa sua la “pole” in Texas
PIERLUIGI
TAMI
co ad avere i mezzi per contrastare lo strapotere messo in mostra da campione del Mondo.
Un vero dominio targato
Honda quello andato in scena
sul tracciato di Austin, visto che
dietro le due moto ufficiali, si so-
MASSIMO MORO
dei
Lions
La finalissima del campionato
si apre con lo Zurigo vincente
MASSIMO SCHIRA
Una vera partita di playoff
apre la finalissima del campionato. Con i Lions di Zurigo ad
approfittare di una sola, micidiale, zampata. Quella che vale l’1-0
in gara-1 ieri, sabato, all’Hallenstadion e il primo vantaggio in
una serie che si annuncia già fin
d’ora nel segno di un grande
equilibrio in questo inedito derby tutto zurighese.
Oltre allo squalificato Trachsler, i Lions debuttano nella finale contro il Kloten orfani anche dell’infortunato Marc André
Bergeron, toccato duro nel finale
di gara-7 con il Ginevra. Un’assenza certamente pesante, che
lo staff di Marc Crawford cercherà ad ogni costo di far durare il
meno possibile (al suo posto Jan
Tabacek). E la stessa cosa farà
quello di “Fige” Hollenstein per
riavere quanto prima Peter Müller (al suo posto ancora Josh
Hennessy). Ma l’assenza di due
giocatori chiave per la sfida che
vale il titolo si sente solo in parte
nel terzo d’apertura, perché la
gara si gioca all’insegna dell’equilibrio. Le migliori occasioni, su entrambi i fronti, con l’uomo in più sul ghiaccio. Ma
l’esperto Gerber e il giovane
Flüeler si illustrano fin dall’avvio.
Ottimo hockey, alcune belle
occasioni, ma ancora nessuna
rete anche nel terzo centrale, dove lo Zurigo si trova costretto sulla difensiva sugli sviluppi di una
situazione di doppia inferiorità
numerica a cavallo di metà partita. Situazione peraltro gestita
bene, ma che ha fatto emergere
qualche “scoria” atletica della
lunga serie contro il Ginevra.
Con il Kloten pronto ad approfittarne con una maggior presenza
offensiva. Che però non trova lo
sbocco finale.
E, infatti, il primo a trovare la
zampata è proprio lo Zurigo, con
un’azione ad imbeccare libero
nello slot Patrick Bärtschi, che
non si fa pregare e fredda Gerber. Il gol è un vero toccasana
UN ILLUSTRE
“EX” STELLA
Roman Wick è
passato dalla
maglia del
Kloten proprio
a quella dei
“cugini”
zurighesi,
restando però
una vera e
propria stella
dell’hockey
elvetico
per gli uomini di Crawford, che
risalgono decisamente la china
anche sotto il profilo dell’intensità e della continuità nel loro
gioco. Si arriva quindi all’assalto
finale degli “aviatori”. Concitato,
generoso. Ma infruttuoso. E, in
fin dei conti, a pesare di più è
l’assenza di uno scorer di provata razza come Peter Müller. Perché la difesa orfana di Bergeron
di gol non ne subisce, mentre
l’attacco senza il suo leader non
riesce a segnare…
LO SPAREGGIO
La fase di adattamento alla
iprotagonisti
P. Bärtschi
Da fromboliere navigato si fa trovare
al posto giusto al
momento giusto e
non perdona
Flüeler
L’estremo difensore
dei Lions continua a
giocare su livelli
davvero molto alti...
Forse già da Nhl
Gerber
L’esperienza del
portierone del Kloten può essere
un’arma in più per
“Fige” Hollenstein
M.A. Bergeron
È il grande assente
di gara-1. Toccato
duro contro il Ginevra ha dovuto dichiarare forfait
SUGLISPALTI
MASSIMO SCHIRA
LA PAURA DI VINCERE MANDA “KO”
V
incere 3-0 la gara d’andata e perdere 5-0 quella di ritorno? Si può, si può. Per conferme, chiedere al Basilea di
Europa League. La sconfitta, per certi versi clamorosa,
subita al Mestalla di Valencia è figlia di diversi fattori. Il primo è l’atteggiamento. I renani sono scesi in campo per controllare il risultato, la peggior scelta possibile, che si è tramutata in zero occasioni da gol. Un secondo aspetto da tenere in
considerazione è il messaggio. Quello che un allenatore lancia effettuando soltanto cambi conservativi: fuori attaccanti e
dentro difensori a profusione. Un segnale che dice alla squadra: “Non ho fiducia di quelli che sono in campo”. E induce i
giocatori a non lottare su ogni pallone. C’è poi da considerare
che la panchina del Basilea è un po’ meno ricca di quella delle grandi avversarie e se a questo si aggiunge l’assenza di alcuni elementi dell’undici titolare, ecco che la coperta è subito corta. I molti infortuni muscolari nella squadra di Yakin
dovrebbero infine far riflettere sulla preparazione. Per evitare
che la paura di vincere torni a mandare il Basilea “ko”.
sfida con una squadra di categoria superiore è già terminata per
il Visp. I vallesani si sono infatti
riportati in parità nella serie che
vale un posto in Serie A battendo
il Bienne per 5-2 (un gol anche
per Roman Botta).
IN AMERICA
Mentre in Svizzera andava in
scena il primo atto della finale
del campionato, in Nordamerica
il “countdown” verso i playoff
della National Hockey League è
entrato nei suoi ultimi quattro
giorni. Con la definizione di tutte e 16 le elette a partecipare al
“post season”. Ultima franchigia
a staccare il prezioso biglietto,
Dallas, che grazie al successo
per 3-0 contro St. Louis ritrova la
fase decisiva del campionato,
dove mancava dal 2008. Restano
da definire gli abbinamenti del
primo turno, anche se si prospettano alcune sfide piuttosto
interessanti. Come quella possibile tra Detroit e Boston, con i
Bruins nel ruolo di grandi favoriti per la Stanley Cup, ma “sotto”
nel bilancio della regular season
per 3-1 nei confronti dei Red
Wings. Mancano però le ultime
sfide per avere gli accoppiamenti definitivi anche per i molti
svizzeri - tra cui Reto Berra, che
ha vissuto una serataccia nella
sconfitta di Colorado 5-1 contro
San José dove è stato sostituito
dopo pochi minuti e dopo aver
incassato 2 reti su 5 tiri - saranno
protagonisti della corsa al titolo.
[email protected]
Q@MassimoSchira
Marc Marquez domina dall’inizio alla fine prove e qualifiche nella MotoGp ad Austin,
quasi fosse un divertimento. E
agli avversari lascia solo polvere
e briciole. Il Texas sembra ormai
diventato terra di conquista per
il giovane talento di Cervera. Lo
spagnolo della Honda Hrc, sulla
pista dove l'anno scorso ha centrato il suo primo successo nella
classe regina, ha dimostrato, ieri, sabato, di non avere rivali sul
tracciato statunitense. Un vero
dominio quello fatto registrare
dal campione del Mondo che,
dopo aver stracciato tutti nelle
prove libere rifilando distacchi
abissali, ha conquistato senza
troppi patemi anche la pole position. “È uno dei miei circuiti
preferiti - ha sottolineato Marquez -, lo scorso anno qui ho
vinto e conservo un buon ricordo del mio primo successo nella
MotoGp. Ora dobbiamo vedere
cosa accadrà con le nuove regole
e restare concentrati sul nostro
lavoro. Fortunatamente la maggior parte delle curve impegna le
spalle e quindi questa pista è
molto più adatta per la mia gamba ferita, anche perché non sono
ancora al 100%”.
Un successo nel Gran Premio delle Americhe permetterebbe al pilota iberico di prendere già - dopo il trionfo ottenuto nella prima gara dell’anno che
si è disputata a Losail - un buon
vantaggio su tutti gli avversari alla testa della classifica della MotoGp.
Alle spalle di Marquez si è
piazzato il compagno di squadra, Daniel Pedrosa, che, dopo
aver sprecato l’occasione di conquistare lo scorso anno il titolo a
causa dei suoi molti capitomboli
con susseguenti infortuni, ha dimostrato in Texas di essere l’uni-
combinato nella passata stagione sul tracciato statunitense,
con Jorge Lorenzo che ha chiuso
le prove in quinta posizione,
proprio davanti al suo compagno di squadra Valentino Rossi.
[email protected]
Lealtreclassi
Nella Moto2
c’è la prima fila
per Aegerter
Una scivolata senza conseguenze nella Moto2 ha impedito a
Thomas Lüthi di andare oltre il tredicesimo posto sulla griglia di partenza ad Austin. Molto meglio di lui
ha fatto Dominique Aegerter che
scatta dalla prima fila accanto al
pole man Rabat e a Zarco.
Nelle ultime prove libere, che
si sono disputate in mattinata, il
bernese è comunque riuscito a trovare la messa a punto giusta, facendo segnare il miglior tempo.
Buona la costanza di prestazioni
fatta registrare anche da “Domi”
che, dopo esse stato uno tra i migliori in tutte le libere, si è confermato piazzandosi in sesta posizione. Buone notizie per la gara, insomma.
Nella Moto3, Jack Miller continua a rompere le uova nel paniere
alla pattuglia spagnola. L’australiano della Ktm, dopo la vittoria ottenuta nel Gran Premio del Qatar, ha
conquistato ad Austin la partenza
al palo, davanti alle Honda di Efren
Vasquez, Alex Rins e Alex Marquez.
Con la pole conquistata, Miller
sembra esser l’unico pilota che in
questa stagione potrebbe mettere
fine allo strapotere dimostrato negli ultimi anni dagli iberici.
MARC MARQUEZ
Sul tracciato statunitense di Austin
lo spagnolo della Honda ha
dominato le qualifiche, facendo
segnare la pole position
Il calcio
La pallavolo
La salvezza passa da Chiasso
Nella finale del campionato dominato lo Schönenwerd
Vince il Lugano, perde il Wohlen e il derby diventa “fratricida”
NOSTRO SERVIZIO
Alla vigilia di Wil-Lugano,
partita che - di per sé - aveva poco o nulla da dire al torneo cadetto, l’allenatore dei bianconeri ha parlato di partita
bella da giocare, contro
un’avversaria piuttosto in
forma. Ha avuto ragione,
perché la gara della Igp Arena è stata piacevole, con parecchie occasioni da rete, ribaltamenti di fronte e anche parecchio agonismo. Ma un solo
gol. E proprio quello del suo Lugano, realizzato di testa da Sabbatini in avvio di ripresa, che ha
così portato a casa tre punti e
una prestazione interessante per
il tecnico in ottica futura.
Gli occhi del calcio ticinese
di Challenge League sono però
già puntati sul “Riva IV” di
Chiasso, dove domani, lunedì, è
in cartellone un posticipo importantissimo e… fratricida.
Ospite dei rossoblù di Gianluca
Zambrotta, infatti, è il Locarno,
che battendo nel recupero infrasettimanale il Wohlen ha rilanciato le proprie
chance di salvezza.
La
classifica,
in questo senso, parla chiaro: i
bianchi di Maccoppi sono sì ultimi con 20 punti in 28 partite, ma
hanno ora un sol punto di ritardo sui chiassesi. E le notizie arrivate ieri, sabato, dal “fronte Wo-
OCCHI PUNTATI SUL “RIVA IV”
Dopo la vittoria del Lugano a Wil in una partita che
poco aveva da dire alla classifica, occhi puntati sul
posticipo di Chiasso, dove va in scena un autentico derby salvezza tra i rossoblù e il Locarno
Ti-Press
Lo slogan di Fifa e Uefa recita “Respect”, rispetto. Un concetto che va ribadito, ma anche
chiarito alla luce dei fatti successi sui campi giovanili ticinesi e
che hanno portato alla sospensione di una giornata per il campionato della categoria D9. Il rispetto è un valore, ma è un valore che, troppo spesso anche nel
resto della Svizzera, non viene…
rispettato.
In primo luogo gli scopi.
Non bisogna mai dimenticare di
definire gli scopi del calcio, soprattutto di quello giovanile.
Perché si parla di ragazzi tra i 10
e i 14 anni. L’obiettivo è di formarli allo sport, ma anche di
istruirli ad accettare ad esempio
le decisioni dell’arbitro, giuste o
sbagliate che siano. Oggi si arriva al paradosso di non accettare
una decisione corretta
solo per il fatto
che ci è sfavorevole. Figuriamoci le reazioni quando è
anche sbagliata.
Da accettare, però, ci sono anche
i limiti dei compagni. E da imparare, il rispetto
per gli avversari.
Gli allenatori in tutto questo
hanno un compito di grande responsabilità. E devono essere da
esempio in ogni momento,
dall’allenamento fino alla partita. Perché se un allenatore si lascia trasportare, se il rispetto
delle regole viene meno, ecco
che anche i genitori e i ragazzi
stessi si sentono, in qualche modo, legittimati a comportarsi allo
stesso modo. È un compito difficile, che però la maggioranza
delle molte persone che si impegnano nel calcio giovanile riesce
a svolgere in modo corretto. L’allenatore, in questo percorso,
non può poi nemmeno essere
lasciato solo. La famiglia è essenziale.
Una buona cosa da fare, per
tutti, prima di avvicinarsi ad una
partita, è quella di “rileggere”
mentalmente gli scopi della gara: permettere ai ragazzi di divertirsi, imparare uno sport di
squadra nel rispetto delle regole,
imparare ad accettare le decisioni (anche se appaiono ingiustizie, presunte o effettive).
In definitiva, le aspettative
degli allenatori e dei genitori
non sono prioritarie rispetto a
quelle dei ragazzi sul campo. La
decisione di sospendere il campionato è un segnale che capisco e trovo anche corretto. Mi
sarebbe però piaciuto che il pomeriggio fosse dedicato ai ragazzi, che - in fondo - sono quelli che in questa vicenda ci rimettono una giornata di sport e divertimento. Si sarebbe potuto
approfittare delle convocazioni
per un’ora e mezza di semplice
calcio libero. E con i genitori liberi di fare una passeggiata.
Primo atto
con zampata
Keystone
Le aspettative
di genitori
e allenatori
non contano
no piazzate quelle private del tedesco Stefan Bradl e dello spagnolo Aleix Espargaro.
Continua invece a faticare la
Yamaha ufficiale, anche se comunque c’è da segnalare un miglioramento rispetto al disastro
hlen” - l’altra squadra invischiata nella lotta per non finire in
Prima Lega Promotion - non
hanno fatto che mettere ulteriore pepe sulla sfida in posticipo al
Comunale. Impegnati in casa
contro il sempre grintoso Bienne, gli uomini di Ciriaco Sforza
sono usciti con tre gol sul groppone e nessun punto in più in
classifica. Gli argoviesi rimangono quindi appaiati al Chiasso e
direttamente nel mirino del Locarno.
I rossoblù al derby salvezza
arrivano con una sconfitta, comunque rimediata contro il lanciatissimo Vaduz dopo un periodo di alti e bassi, contraddistinto
da due pareggi. Uno convincente con il Winterthur, uno amaro
contro il Wohlen. Risultati che
hanno permesso al Locarno di
rifarsi sotto, in primis grazie al 20 rifilato allo stesso Wohlen in
una gara dove i bianchi sono stati bravi ad approfittare del calo di
ritmo degli avversari.
m.s.
Ecco il secondo trionfo
dei Dragoni di Lugano
Senza storia. Non c’è altra
definizione possibile per descrivere la finalissima del massimo
campionato di pallavolo tra Lugano e Schönenwerd. Una finale
vinta, dominata dai “Dragoni”,
che hanno conquistato il titolo
in tre gare, senza
concedere ai rivali nemmeno la
gioia di un set.
Netto, nettissimo, anche il 3-0
maturato ieri,
sabato, al Palamondo di Cadempino che ha
consegnato ai
ragazzi di Mario
Motta il punto
decisivo nella Ti-Press
serie. Basta leggere il parziale per capire la “piega” che hanno preso gli eventi:
25-22 in un primo set tutto sommato equilibrato, ma dove il Lugano ha fatto valere tutto il suo
peso; 25-15 in una seconda fra-
zione con i Dragoni in versione
rullo compressore; 25-20 in un
terzo set in cui i solettesi abbozzano un tentativo di reazione,
ma si scontrano contro lo strapotere luganese.
Per la formazione ticinese si
tratta del secondo titolo consecutivo, conquistato dopo una
stagione in cui
la squadra ha
trovato conferma delle proprie
potenzialità anche attraverso
l’avventura europea contro avversarie prestigiose.
Unica
“macchia” su
una nuova stagione trionfale, la
finale di Coppa persa nella classica “giornataccia” contro il Näfels. Ma in campionato i Dragoni
non hanno davvero trovato avversari.
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La musica
La casa
Il sesso
“VI RACCONTO IO
COM’È DAVVERO
LAURA PAUSINI”
RIORDINATO
E RINNOVATO,
L’ARMADIO 2.0
MIA FIGLIA, 18 ANNI,
CERCA SOLO
UOMINI PIÙ GRANDI
A PAGINA 27
A PAGINA 21
ROSSI A PAGINA 30
traparentesi
Animali
13 aprile 2014
ilcaffè
Ecco tutto ciò
che complica
la riproduzione
PASSIONI | BENESSERE | SPORT
PAUSA CAFFÈ
BOLTRI A PAGINA 20
Una persona
su dieci
ha un timore
incontrollato
di sentirsi male.
Valori patologici
sempre più bassi
e troppa
informazione
contribuiscono
a renderci tutti
potenziali pazienti
I
ROBERTA VILLA
malati immaginari sono malati
davvero. L’eccessiva preoccupazione per il proprio stato di salute
può diventare infatti un vero e
proprio disturbo mentale, che
condiziona la vita, toglie la serenità, costringe chi ne soffre a sottoporsi continuamente a visite ed
esami, senza mai convincersi di
stare davvero bene.
segue a pagina 18
N
PATRIZIA GUENZI
PERCOMINCIARE
PATRIZIA GUENZI
L’INDEGNA FINE DI “3” E “4”
M
a nessuno s’è messo nei panni della povera mamma
orsa a cui, in pochi giorni, hanno ucciso due piccoli? È
a dir poco vergognosa la vicenda del parco Dählhözli
di Berna dove sono stati uccisi gli orsetti “numero 3” e “numero
4” (tra l’altro, un nome no?): il primo soppresso dalla furia del
padre, il secondo dalla puntura di un veterinario.
Eppure, gli zoo esistono, almeno così pensavamo, per tutelare
gli animali, per garantire loro una vita dignitosa e favorirne la
riproduzione. Ragione di più per utilizzare ogni mezzo per tutelare la prole. Altrimenti tanto vale lasciarli dove stanno. I responsabili del parco bernese hanno spiegato che i due orsetti
erano trascurati dalla mamma, tutta presa dal maschio, e che i
rischi legati a quest’ultimo erano conosciuti. Ancora peggio!
Non ci si venga a dire che, magari anche intervenendo farmacologicamente, non v’era mezzo per evitarne la morte! E poi,
ok, passi il “numero 3”, ma perseverare con il “4” ci sembra davvero indegno. Facciamo così, allora: sopprimiamo tutti gli ospiti degli zoo, così almeno risolviamo il problema alla radice.
LA FINESTRA
SUL CORTILE
Storie
di quotidianità
familiare
LA CHIAVE COMBINATA
A PAGINA 48
on mi sento bene. Provo a inserire i miei sintomi su internet.
Inizia così il calvario di un ipocondriaco che oggi, contrariamente al passato, ha a disposizione una miriade di modi per
alimentare ansie e timori sulla
propria salute. Giornali, riviste
specializzate, libri, studi, ricerche e, naturalmente, la rete, luogo principe dove il malato immaginario trova pane per i propri denti.
segue a pagina 18
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
19
tra
parentesi
La salute
Le conseguenze
Prigionieri di un’inida paura
che provoca ansia e tanto stress
I
Ipocondria
La malattia
che non c’è
e fa star male
Viaggio tra le pieghe del dolore senza cura
A
volte basta sapere che un conoscente ha avuto un problema serio di salute, oppure essere
stati accanto ad un familiare ammalato. Ecco
che iniziamo ad avvertire certi segnali del nostro
corpo e ad esagerare di molto il rischio di avere proprio quella malattia. Altre volte, sono proprio le informazioni sulle malattie a contagiarci con la paura
di ammalarci, come capita quando sui giornali leggiamo di epidemie in arrivo o di possibili contaminazioni alimentari. Ma a renderci tutti più insicuri
sul nostro reale stato di salute, è anche il continuo
abbassamento delle soglie patologiche di alcune
malattie, come il colesterolo o la pressione. Ecco
perché chi è appena appena ipocondriaco troverà
di che alimentare le sue ansie. Tuttavia, i malati immaginari sono malati davvero e devono sentirsi
presi in seria considerazione. Nei casi più impegnativi può servire la psicoterapia cognitivo-comportamentale. Ma alcuni studi hanno dato risultati promettenti anche con certi farmaci antidepressivi.
Nessun’altra patologia è stata descritta e rappresentata come l’ipocondria sin dai tempi del “Malato
immaginario” di Molière. E un film, appena arrivato
nelle sale cinematografiche, “Supercondriaco”, ha
per sottotitolo, “ridere fa bene alla salute”, il che
vuol essere di buon auspicio.
p.g.
MANUALE DIAGNOSTICO
Il termine ipocondria
nell’ultima versione
del Dsm, radatto dagli
psichiatri americani,
è stato sostituito
da disturbo di ansia
di malattia e disturbo
da sintomi somatici
ROBERTA VILLA
I
malati immaginari sono
malati davvero. L’eccessiva
preoccupazione per il proprio stato di salute può diventare infatti un vero e
proprio disturbo mentale, che
condiziona la vita, toglie la serenità, costringe chi ne soffre a sottoporsi continuamente a visite
ed esami, senza mai convincersi
di stare davvero bene.
Nessun’altra patologia, dai
tempi del “Malato immaginario”
di Molière fino alle macchiette
autobiografiche di Woody Allen,
è stata descritta e rappresentata
come questa, con un taglio quasi
esclusivamente comico. Spesso
sono proprio i diretti interessati
a ridere per primi di questa loro
mania, comprendendo razionalmente che è infondata, come
nell’ultimo film “Supercondriaco”. Ma il dubbio resta sempre, e
scherzarci su non basta. Anzi,
rinchiude l’ipocondriaco sempre di più nell’idea di essere incompreso. E di solito non bastano a dargli tregua nemmeno i risultati degli esami e le spiegazioni del medico. Qualcosa può
sempre essere sfuggito. L’errore
è sempre in agguato.
Uno studio australiano pubblicato sul British Journal of Psychiatry ha stimato che poco meno di 6 persone su cento nel corso della loro vita hanno sofferto
di questo disturbo, ma la percentuale potrebbe anche essere
superiore, arrivando al 10%. Come per la maggior parte delle
forme d’ansia, infatti, non esiste
un chiaro confine che definisce
un comportamento veramente
patologico: il livello di gravità dei
sintomi si distribuisce su quello
L’allarme
LA MENTE
In letteratura
è possibile
riscontrare
che due terzi
dei pazienti
ipocondriaci
sono affetti
da un
disordine
psichiatrico
coesistente
Da sapere
%
40
dei casi
che gli esperti chiamano uno
“spettro”, ed è con questo criterio
che tutti i disturbi mentali sono
stati classificati nell’ultima versione del Manuale diagnostico e
statistico dei disturbi mentali, il
Dsm-5, redatto dalla principale
Associazione degli psichiatri
americani. Il termine “ipocondria” in quest’ultima edizione è
stato sostituito da due diversi di-
Depressione
maggiore
La sua presenza
viene suggerita
da sintomi come
dimagrimento,
anoressia e
perdita
della
libido
%
15
dei casi
sturbi: quando il paziente è solo
preoccupato in maniera anomala per la propria salute si parla di
disturbo da ansia di malattia,
quando invece si associa a sintomi si dice disturbo da sintomi
somatici. Per rientrare in questa
classificazione la situazione deve durare da almeno sei mesi.
Perché si diventa così? Le ragioni possono essere tante, na-
Attacchi
di panico
La presenza
è suggerita
dalla comparsa
di attacchi
acuti
e ricorrenti
di sintomi
cardiorespiratori.
%
10
dei casi
scoste nell’esperienza della nostra infanzia e giovinezza più
che nei geni, i quali possono comunque dare il loro contributo.
Ma è più probabile che un genitore ipocondriaco renda tale anche il figlio parlando spesso di
malattie e preoccupandosi in
maniera eccessiva per la sua salute. In altri casi, nella storia di
queste persone, è facile ritrovare
Dalla pressione alla glicemia e al colesterolo... Si abbassano le soglie diagnostiche
Ridurre costantemente i valori
ci rende tutti potenziali pazienti
S
e una quarantina di anni fa il valore
della pressione arteriosa, quella della
cosiddetta massima, doveva essere
100 più l’età, oggigiorno i parametri si sono
decisamente abbassati. “Va bene se è 120
su 80”, dicono i medici. Ma fra un po’ ci sentiremo dire che pure questi sono valori
quasi al limite, che devono, quindi, venire
rivisti verso il basso di un po’. Ecco solo un
esempio di come, in un attimo, ci si trasforma in malati, e ci si ritrova in mano la ricetta di un anti-ipertensivo.
L’abbassamento delle soglie patologiche fa impennare il numero di persone che
rientrano o potrebbero rientrare nell’esercito dei pazienti. E quello della pressione è
solo un esempio. Se la glicemia (lo zucchero nel sangue) è leggermente oltre la media
o il colesterolo (il grasso nel sangue) sfiora
il limite massimo, preparatevi ad ingoiare
altre due pasticchette al dì.
Ovvio, meglio prevenire che curare, ri-
petono i medici; ma senza esagerare, avvertono molti specialisti. Anche perché, se
una persona è appena appena ipocondriaca è finita. Da quel momento si sentirà malata grave, e la sua vita, e quella dei suoi familiari, diventerà un inferno. “Bè, i maligni
dicono che c’è lo zampino dell’industria
farmaceutica in questa continua diminu-
controindicazioni anche pesanti e sono
mal sopportate dai pazienti. Ecco perché
sarebbe meglio, nel limite del possibile,
prevenire attraverso un cambiamento dello stile di vita, che può fare solo il singolo:
un’alimentazione più sana, più movimento, un po’ di dieta, così da influenzare in
modo positivo eventuali valori un po’ oltre
“Secondo i più critici
l’industria farmaceutica
ci mette lo zampino”
Parecchie pasticche
hanno controindicazioni
anche molto pesanti
zione dei valori”, nota il medico Beppe Savary, spiegando però che il trend al ribasso
è dettato da un importante studio americano che va avanti da decenni su un ampio
campione di popolazione. “I nuovi valoririprende il medico - in realtà servono a ridurre i rischi per alcune categorie di persone. Tuttavia, va anche detto che a volte il
prezzo è molto alto. Molte pasticche hanno
la soglia limite”.
A contribuire a medicalizzare il pianeta
ci si mette a volte pure la psichiatria per cui
saremmo tutti malati e matti. E qui l’ipocondriaco ci va davvero a nozze! In Europa
quasi il 40 per cento della popolazione soffre di disturbi psichici e le previsioni per
l’immediato futuro non sono per niente incoraggianti. Soffriamo soprattutto di de-
pressione, sebbene i “disordini mentali”
siano centinaia, conclamati o solo potenziali. Non per niente, il nuovo Dsm (manuale diagnostico e statistico dei disturbi
mentali) dell’Associazione psichiatrica
americana, definita anche la “Bibbia degli
psichiatri”, contiene criteri diagnostici
spesso discutibili che potrebbero moltiplicare i pazienti psichiatrici.
Anche in questo caso, c’è stato l’abbassamento delle soglie diagnostiche (cioè si è
ridotto il numero di sintomi sufficienti per
stabilire che una persona è malata), col risultato di creare molti falsi positivi, un aumento nel consumo di farmaci e, ovviamente, maggiori costi sanitari.
Le malattie della psiche sono subdole,
una sorta di terreno minato. Come si fa a
sentirsene immuni? Potenzialmente riguardano tutti. E persino l’ipocondriaco ne
è perfettamente consapevole.
p.g.
Sindrome
ossessivocompulsiva
5%
dei casi
Sindrome
ansiosa
e altre
patologie
la perdita di una persona cara o
comunque l’esperienza di aver
vissuto da vicino l’infermità di
qualcuno.
Le conseguenze del disturbo
non si riflettono solo sul benessere psicologico e sul rapporto
con i familiari e gli amici, che
possono diventare intolleranti
nei confronti di questa mania,
un modo, in apparenza, per riportare sempre l’attenzione su di
sé. Tutto questo talvolta può
compromettere anche il rapporto tra medico e paziente, se il
professionista non è preparato a
comprendere che quello che ha
davanti non è un semplice rompiscatole, ma una persona che
ha bisogno di aiuto. Forse non
per le malattie che crede di avere
e che non ha, ma per l’unica che
non si accorge di avere.
Curarsi, comunque, è meno
difficile di quanto si creda. Se gli
antidepressivi spesso non risultano efficaci, uno studio pubblicato su The Lancet da ricercatori
inglesi ha dimostrato che per liberarsene bastano 5-10 sedute
di una terapia detta cognitivo
comportamentale. L’effetto è
stato verificato su oltre 400 ipocondriaci selezionati attraverso
un apposito questionario negli
ambulatori di cliniche e ospedali ed è durato per oltre due anni.
Con costi tutto sommato contenuti, visto che a guidare il trattamento era personale non particolarmente esperto, formato nel
corso di due soli workshop. Un
investimento per la sanità che
comporta sicuramente una spesa inferiore a quella indotta da
tutte le visite e gli esami cui i pazienti avrebbero continuato a
sottoporsi se non si fossero curati.
1
LA CONCENTRAZIONE
Non concentratevi
troppo
su un lieve
malessere, altrimenti
si amplificherà,
creando un perverso
circolo vizioso.
l brutto dell’ipocondria è
che si autoalimenta. L’eterna paura di ammalarsi infatti induce inevitabilmente
ansia e stress, fenomeni che di
per sé possono provocare una
lunga serie di disturbi: mal di
testa, palpitazioni, mal di stomaco, solo per
citare i più frequenti.
La paura di
ammalarsi può
provocare
crampi addominali, dolori
al petto, sintomi riconducibili alla cervicale. Non sono
simulazioni,
ma dolori reali,
per quanto indotti da un disagio psichico.
L’organismo infatti reagisce
alla minaccia
che il cervello
segnala come
se fosse reale. E
il medico accorto lo dovrebbe sapere.
La loro causa
va quindi indagata e trattata,
senza liquidare
il paziente con
una semplice
rassicurazione, che nella maggior parte dei casi risulta inefficace. Bisogna avere la pazienza di accompagnare il malato verso una maggiore consapevolezza, cercando eventualmente aiuto da uno specialista. Anche perché, se questi sono fenomeni di per sé innocui, se non si vuole tenere
conto del loro impatto sulla
qualità di vita e talvolta anche
sull’efficienza lavorativa del
paziente, l’ansia e lo stress con
Mal di testa,
palpitazioni, mal
di stomaco... quando
i disturbi fisici si
autoalimentano
Per alcuni avere a
disposizione un
computer è come per
un alcolista lavorare
in una cantina
il passare del tempo possono
provocare danni molto più
gravi, per esempio a livello del
sistema cardiocircolatorio.
Inoltre la paura ossessiva
di avere una malattia può
spingere a sottoporsi a esami
inutili, che innescano a loro
volta catene di ulteriori accertamenti non esenti da rischi,
per esempio, tanto per citarne
qualcuno, l’uso di raggi X. Oppure, al contrario, la paura del
verdetto di un’indagine di rou-
tine è tale da allontanare il paziente dai test di screening o
da fargli rifiutare quelli prescritti dal medico, per il timore
di scoprire “qualcosa di brutto”. O spingere il medico a sottovalutare segnali di allarme
che in altre persone prenderebbe sul serio.
L’idea di essere ammalati
porta inoltre a prendere più
medicine, anche quando non
servono, con il risultato di subirne gli inevitabili effetti col-
La curiosità/1
2
LA SENSIBILITÀ
Alcuni individui sono
più sensibili di altri
nel sentire ogni
minimo sintomo
fisico. Può dipendere
da alcune esperienze
infantili.
3
LO STRESS
Lo stress, fisico o
psichico, influenza il
sistema ormonale.
La conseguenza è
una psiche più
attenta a ogni
minimo malessere.
4
L’EMULAZIONE
Alcune persone
adottano uno stile di
vita simile a quello di
un malato cronico o
di un invalido ed
evitano attività che
richiedono sforzi.
5
LA GENETICA
Studi su gemelli
indicano che la
componente
genetica gioca un
ruolo modesto
nell’origine
dell’ipocondria.
laterali, che vengono interpretati, di nuovo, come segnali allarmanti di qualcosa che non
va. Insomma, un cane che si
morde la coda, in una girandola infinita di disturbi e malesseri.
Le nuove tecnologie, infine, non aiutano gli ipocondriaci. La facilità con cui oggi
si accede via internet a una
sconfinata massa di informazioni spinge il paziente a cercare subito online conferma
dei propri sospetti. È stato coniato anche un apposito termine per i casi in cui questa
modalità di esprimere l’ansia
diventa predominante: si parla in questi casi di “cibercondria”. Ormai non è un’eccezione, ma la norma. I temi legati
alla salute, infatti, sono secondi solo a quelli pornografici
come termini di ricerca su
Google. Per un ipocondriaco,
avere a disposizione un computer è come per un alcolista
lavorare in una cantina.
Purtroppo le risposte che
arrivano dal web non sono
sempre attendibili, e tanto
meno rassicuranti per chi soffre di questo disturbo. Se non
si fa attenzione a selezionare
tra i pochi e affidabili siti istituzionali, come quello dell’Ufficio federale per la sanità, è
facile restare invischiati nella
rete di pagine che possono
trarre in inganno. Ma il secondo effetto deleterio di internet
in questi pazienti è di minare
ulteriormente il loro rapporto,
spesso già difficile, con il loro
medico: invece di accettare la
sua rassicurazione, l’ipocondriaco tende a rispondere con
i risultati delle sue ricerche:
“Lei dice di no, ma su internet
ho letto che i miei disturbi
possono essere sintomi di un
cancro”. E si ricomincia.
r.v.
La curiosità/2
Troppa informazione “Supercondriaco”...
alimenta le angosce così sdrammatizzi
N
A
LA RETE
Soprattutto
in internet
le nostre
paure trovano
di che
alimentarsi
on mi sento bene. Provo a inserire i miei
sintomi su internet. Inizia così il calvario di
un ipocondriaco che oggi, contrariamente
al passato, ha a disposizione un’infinità di modi
per alimentare ansie e timori sulla propria salute.
Giornali, riviste specializzate, libri, studi, tv, ricerche e, naturalmente, la rete, luogo principe dove il
malato immaginario trova pane per i suoi denti.
Qui si scatena, e inizia una gara con amici e familiari a chi ha più malattie rare e mortali.
L’eccesso di informazioni
spesso nuoce. Avere a disposizione mille mezzi per trovare
risposte, e conferme, ad ansie
e paure, paradossalmente, è
più dannoso che utile. Una
strada senza uscita, un’eterna
rincorsa a verifiche, consulti e
diagnosi. Non solo in seguito
a piccoli sintomi reali, ma anche, e a volte soprattutto, in
loro assenza. E quando davvero non c’è scusa per quella
patologia temuta, l’ipocondriaco sposta i suoi fantasmi
su un altro disturbo. Ovviamente terribile: tumore, ictus,
infarto e via elencando.
Insomma, con la divulgazione televisiva e la
possibilità di ricerca su Internet, un malato immaginario ci va a nozze. Conosce i nomi di un’infinità di malattie, tanto da fissarsi pure su quelle più
rare, un tempo sconosciute, convinto che quel
suo sintomo coincida perfettamente con quel
quadro patologico. Agitato e in preda al panico
riesce a calmarsi solo con le rassicurazioni di un
medico di sua fiducia. Salvo, poco dopo, ricominciare.
p.g.
IL FILM
“Super
condriaco”,
film spassoso
che affronta
il tema
dell’ipocondria
nche il cinema ha più volte trattato il tema
dell’ipocondria. Chi non si è divertito con i
film di Carlo Verdone, in cui l’attore spesso
interpreta il ruolo di un malato immaginario con
tutto un corollario di spassosissime gag. Da “Maledetto il giorno in cui ti ho incontrata” al film “Sotto
una buona stella”, in cui un po’ tutti i personaggi
fanno ampio uso di pasticche. L’ultima pellicola in
tema, in ordine di tempo, è quella di Dany Boon, regista e attore di “Supercondriaco, ridere fa bene alla
salute”: protagonista, Romain
Faubert, quarantenne single e
senza figli. Fotografo per un dizionario medico online, soffre
da tempo di un’ipocondria che
segna la sua vita, facendo di lui
un nevrotico che vede germi e
microbi ovunque e che dà
spintoni e cazzotti a tutti quelli
che cercano di baciarlo. Il suo
unico, vero amico è il dottor
Dimitri Zvenka, la cui sola colpa è stata di prendere a cuore il
caso di Romain, per poi pentirsene amaramente.
Il malato immaginario, infatti, è un soggetto estremamente difficile da gestire, tant’è che Dimitri farebbe
qualsiasi cosa per sbarazzarsene definitivamente.
Ad un certo punto, però, pensa di aver trovato il rimedio che lo libererà per sempre, ma senza traumi,
da Romain Faubert: gli troverà la donna della sua
vita. A volte è proprio l’aiuto della persona amata, o
anche un altro pensiero che prende il posto di
quell’ossessione per la propria salute, che può ribaltare la situazione e togliere quel chiodo fisso
dalla testa dell’ipocondriaco.
p.g.
20
Leit motiv tra
animali
lamoda
parentesi
I pois declinati in infinite
versioni, colori e dimensioni
nella nuova collezione
di Sportmax.
Colorati
Uomo
Grandi, micro
e turchesi i pois
dei pantaloni attillati
di Emanuel Ungaro.
I pois neri creano
l’effetto optical nella
camicia di Burberry
Prorsum.
I vivaci pois degli anni‘80
sono il pallino dello stile
LINDA D’ADDIO
D
irettamente dagli anni ‘80 sono i cerchi, i bolli e i pallini di tutti i colori e di
tutte le dimensioni, la stampa più cool
della bella stagione. Da soli o in compagnia
delle righe contagiano ogni capo del guardaroba e conquistano gli accessori nel più classico dei binomi, il bianco e nero oppure il bianco e blu, ma anche nelle nuance che spaziano
dai colori accesi alle tinte pastello. I colori ricordano le biglie della nostra infanzia anche
se hanno ben poco di retrò. Mini e maxi rotolano sullo chiffon e si assestano su shopper e
colletti di plexi.
Non ci sono regole sulla dimensione, sul
colore e sulla spaziatura dei cerchi e sono molti gli stilisti che li hanno fatti sfilare sulle passerelle, da Ungaro a Sportmax passando per Moschino.
In primis è Sportmax che sperimenta tutte
le possibili declinazioni e combinazioni a cui
si prestano i pois. Sono loro il leit-motiv della
nuova collezione e risaltano sui materiali fluidi, sete e satin, e sulle linee scivolate. Pois di
seta trasparente sono applicati su abiti dai leggeri inserti see-trought. Pois ingigantiti fino al-
l’astrazione risaltano sui capi in pelle o sui pull
oversize. Maxi pois, bianco su bianco o stampati, compaiono su tuniche scivolate in crépe
o su morbidi pantaloni pijama. Prints a pois
anche per la “portfolio bag”, new cult Sportmax, dalle caratteristiche doppie zip laterali.
Optical la versione della stampa pois che
scivola sulla tuta lunga, in seta, super scollata
di Diane Von Furstenberg e sul long dress a
balze di Oscar De La Renta. Sempre bianchi e
Risaltano su materiali
fluidi, sete e satin
e sulle linee più scivolate
neri, ma in dimensione micro, i pois avvistati
sulla passerella di Dolce&Gabbana. Il puntinismo contagia anche Stella McCartney che lo
propone su una clutch. Sono rossi i pois dell’abito lungo senza spalline di Dior, turchesi
quelli avvistati sugli skinny pants di Emanuel
Ungaro. Rosa i bolli sulle pump di Moschino
Cheap&Chic, bianchi e micro quelli delle decolleté con cinturino di Jessie Randall. Versione casual per le sneakers di pelle a pois di Givenchy.
La fantasia a bolle non è comunque una
prerogativa femminile. Lo dimostra un affascinante e famoso
cinquantenne, George Clooney,
che ha posato per la cover di W
Magazine di dicembre in completo a
pois bianchi e neri. L’esempio è stato
immediatamente seguito dai grandi della moda internazione che li hanno fatti sfilare su
pantaloni, camicie, cravatte e giubbini, non
solo, anche su calze e costumi da bagno. Da
Alexander McQueen con il suo papillon a pois,
a Paul Smith e alla versione casual di Comme
des Garçons, passando Marni e Burberry i cerchi vestono anche l’uomo.
Ritornando alle donne i marchi low cost
hanno seguito l’esempio dei grandi, da Zara
che li ha adottati su bluse e gonne svasate a
H&M con la nuova linea di abitini a pois anni
’50.
Fra le combinazioni più riuscite ed inedite
del nuovo trend compare quella che associa le
bolle alle strisce. Un inedito di stagione. Uno
spunto superchic che vede accostati questi
due pattern viene da Burberry Prorsum che fa
sfilare una camicia a maxi bolle rosse su fondo
bianco abbinata ad una pencil skirt a strisce
bianche e nere.
Scrivete
Inviate le vostre domande al veterinario
del Caffè
[email protected]
Potete scrivergli anche entrando nella
pagina web del sito www.caffe.ch
cliccando sulla rubrica “Qua la zampa”
Estro, ovaie, infiammazioni
complicano la riproduzione
La domanda
La risposta di Stefano Boltri
E
uello della gestione dei calori, soprattutto in
un allevamento, grande o piccolo che sia, è
senza dubbio un problema importante. Dal
punto di vista clinico, si dovranno ricercare le cause
che sono rappresentate da: 1) estro non espresso o
non rilevato, a causa della inesperienza, di un ciclo
atipico o con manifestazioni estrali lievi. 2) funzione
ovarica inibita in genere legata a farmaci, od ormoni
endogeni prodotti in modo anomalo a causa di svariate patologie. 3) presenza di anomalie ovariche da
alterazione dello sviluppo dell’ovaio o da infiammazione ovarica autoimmune. 4) ovaie assenti.
L’iter diagnostico non è sempre breve, in quanto si
deve partire dal proprietario che deve essere in grado
di rilevare i calori; si dovrà verificare che le condizioni
dell’allevamento siano idonee. Il secondo passo sarà
quello di stabilire se si tratta di anaestro primario,
cioè non si è mai manifestato un calore oppure secondario e cioè che il soggetto ha già avuto uno o
più calori salvo poi interrompere i normali cicli.
gregio dottore, sono un allevatore
amatoriale di cani con solo due
fattrici in riproduzione e ho notato, col passare del tempo, e parlando
anche con altri allevatori, che un problema frequente è rappresentato da
problemi di estro. In particolare mi riferisco all’assenza prolungata o alla
tardiva comparsa.
Chiedo a lei quali sono le possibilità di diagnosi, magari precoce,
da effettuare sui soggetti più giovani; quali sono le possibilità terapeutiche o preventive per risolvere tale problema che mi
sembra assilli non solo gli
“amatori” ma anche gli allevatori professionisti.
La ringrazio per la sua
disponibilità.
Q
30.04
BIG OPE NING
WELCOME BACK SUMMER – FREE ENTRY
L IDO A S C ON A IN C OL L A BOR A Z IONE C ON RE T E T RE
V I I N V I T A A L L’A P E R T UR A UF F I CI A L E DE L L A S T A GION E 2014.
AF TER PART Y LOCATION:
Combinato
Le bolle
sposano
le strisce nel
look inedito e
glam di
Burberry
Prorsum.
Dopo la valutazione dell’ambiente, una buona raccolta di dati, un accurato esame clinico si può orientare
la diagnosi verso una causa ambientale; una causa iatrogena; un anomalo sviluppo genitale; una patologia
del tratto genitale, oppure una malattia sistemica.
Tutto ciò permette di approfondire poi con esami
specifici. Un esame ecografico è indispensabile per
verificare la presenza di molte patologie a livello di
apparato genitale; inoltre anche i dosaggi ormonali
risultano utili ai fini diagnostici, affiancati da strisci
vaginali da effettuarsi anche settimanalmente.
L’approccio terapeutico va ovviamente valutato
caso per caso, così ad esempio se ci troviamo di fronte
a “calori silenti”, si deve cercare di individuare le modificazioni indotte dall’estro eseguendo strisci vaginali accennati in precedenza ed eseguire dosaggi ormonali di progesterone associati ad ecografia ovarica.
Ovviamente in presenza di gravi patologie tipo cisti
ovariche o tumori, l’ovarioisterectomia rappresenta il
trattamento di elezione salvavita.
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
21
tra
parentesi
La casa
Pantaloni
Abiti nelle custodie
Le etichette di
viaggio accumulate
possono fare
comodo se riciclate
come portafoto per
gli abiti nelle
custodie. Basta fare
una foto del capo e
infilarla nell’etichetta
in modo che sia
subito visibile
Jeans e pantaloni
vanno appesi e sempre
ordinati per modello,
tipo, tessuto e colore,
così si risparmia tempo
nella scelta
Contro le tarme
La carta dei giornali
allontana le tarme,
quindi si consiglia di
avvolgere i maglioni
con le pagine dei
quotidiani durante i
mesi estivi. Oppure
disporre degli
antitarme naturali
come lavanda o alloro
Camicie
Una zona dell’armadio
è per le camicie:
all’inizio o alla fine
dell’asta. Usare le
grucce più sottili, ideali
sono quelle in ferro
delle lavanderie.
Appenderle,
abbottonare il 1°
bottone e procedere
a bottoni alterni per
evitare le pieghe
Scarpe
Fotografare le scarpe,
stampare le foto e
incollarle sulla scatola
dove si sistemano.
Per trovarle in un
attimo, e in ordine,
senza dover perdere
troppo tempo ogni
mattina
Grucce antiscivolo
Attaccare dei
gommini antiscivolo,
in silicone, feltro o
gomma sulle grucce.
A seconda delle
esigenze, si possono
sistemare sulla parte
superiore (giacche,
camicie, abiti) o
inferiore (pantaloni)
CAROLINA CENNI
S
e non siete tra i fortunati
possessori di un guardaroba “quattro stagioni” o di una cabina armadio come quella
dell’attrice Eva Longoria, ma siete invece costretti a fare quotidianamente i conti con la penuria di scaffali e cassetti, ogni autunno e primavera vi tocca affrontare il cambio armadio. Uno
stress, è vero, ma anche un’occasione per dare una rassettata all’interno di cassetti, scaffali e
spazi vari. Via libera dunque alla
pulizia approfondita del mobile,
guerra alle tarme ed eliminazione di tutto ciò che non s’indossa
più o degli acquisti sbagliati e
mai indossati. È arrivato il momento di spezzare i legami affettivi e di smetterla di sperare ancora di riuscire ad infilarsi nei jeans del liceo. Inoltre, dobbiamo
fare i conti con una dura realtà: i
nostri vestiti sono inversamente
proporzionali allo spazio che abbiamo. Dunque, eliminare! E un
aiuto arriva dalle App. Per un
guardaroba 2.0.
Sono tante le applicazioni
che ci permettono di tenere a
mente quello che abbiamo nel
nostro armadio e i siti fonte di
preziose dritte. Tranne alcuni
passi inderogabili, come svuotare l’armadio, pulirlo a fondo, lavare gli abiti da conservare, controllare le tasche e i risvolti, la
riorganizzazione può avere criteri diversi. Ad ognuno il proprio.
Ma i suggerimenti non mancano.
Carla Gozzi, autrice di “Guardaroba perfetto”, edito da Rizzoli,
e volto televisivo di Real Time, lo
chiama “wardrobe clearing”, perché il primo passo è la scelta di
che cosa tenere, aggiustare, regalare o dirottare verso uno swap
party. La stylist ed esperta d’im-
2.0
Armadio
Riordinare il guardaroba in sole tre mosse
magine spiega come riorganizzare l’armadio e rinnovarlo a costo zero, attraverso il suo metodo
che si sviluppa in tre semplici
step: individuare e separare i capi d’abbigliamento, suddividerli
a seconda delle occasioni d’uso e
creare gli outfit. Il risultato? Un
guardaroba perfetto, per essere sempre all’altezza di qualsiasi situazione, al lavoro e
nel tempo libero. Per aprire l’armadio e capire al
volo cosa indossare, che
si tratti di una riunione,
dell’aperitivo con le
amiche, della serata in
discoteca o del fine
settimana al mare. Ma i consigli
preziosi si sprecano. Titty D’Attoma e Flavia Alfano, esperte di
economia domestica, autrici del
seguitissimo sito “soluzionidicasa.com”, hanno elaborato un vero e proprio piano d’attacco. Ad
ogni cambio armadio, è necessario pulire, lucidare e mettere in
forma le scarpe. Per trovarle subito quando servono, fotografarle e incollare l’immagine sulla
scatola. Vale anche per le custodie di tessuto-non tessuto o di
plastica colorata: la foto del vestito inserita in un porta-etichette da valigia faciliterà la vostra ricerca. Le borse, invece, possono
Il primo
passo? Cosa
tenere, aggiustare,
regalare o dirottare
su uno swap party
Sul sito “Soluzioni
di casa”
si trova un vero
e proprio piano
d’attacco per agire
CLOTH
Permette di
digitalizzare
i look e
recuperarli
in qualsiasi
momento,
non prima di
aver catalogato
l’armadio
Le App
NETROBE
Un database
digitale di tutto
ciò che
s’indossa. Gli
abiti vanno
memorizzati
nelle categorie:
dresses, tops,
pants...
DRESSAPP
Per creare e
condividere
nuovi look.
Gli abiti si
organizzano
per stili,
marche
e stagioni
POSE
Per andare alla
scoperta dei
look degli altri
e prendere
spunto.
Partecipano
anche
modelle, stilisti
e trend setter
STYLEBOOK
Segnala i look
più indossati
e quelli meno.
Si possono
creare
bacheche in
base a ciò
che si ha nel
guardaroba
venire appese in bella vista ad
una barra di legno o metallo di
circa 40 centimetri fissata alla
parete della cabina armadio. Per
combattere le tarme una buona
soluzione è la carta di giornale,
in cui le due esperte suggeriscono di avvolgere i maglioni, pure
quelli di cachemire. Ma sanche il
rimedio della nonna funziona:
chiodi di garofano mischiati a
scorza essiccata di limone, o foglie di alloro. Insomma, perché
no?, un tocco vintage abbinato
alle nuove tecnologie.
A questo proposito, esistono
una serie di fashion-app per organizzare il guardaroba adatte a
chi non sa mai cosa indossare e
per coloro che ogni mattina non
trovano ciò che cercano nell’armadio. Basta svuotare il guardaroba fotografare gli abiti e taggarli a seconda del contesto più adeguato. “Cloth”, gettonatissima da
fashion blogger e fotografi col
pallino del mobile, permette di
digitalizzare i propri look quotidiani e recuperarli in qualsiasi
momento, non prima di aver catalogato l’intero armadio. Sei le
categorie a disposizione: everyday, event, evening, vacation,
work e, ovviamente, preferiti.
“NetRobe” è indicata per autentici maniaci dello shopping che
hanno da gestire montagne di
vestiti. Una bacheca permette di
mescolare e cercare nuove soluzioni perfette per l’ufficio, per
trascorrere un romantico weekend o per presentarsi a un barbecue. E poi ci sono “DressApp”,
“Pose” e “Stylebook”. E chissà
che qualcuno, prima o poi, non
ci spieghi anche quell’incomprensibile legge fisica per cui il
guardaroba invernale non entra
mai negli spazi dell’anno prima.
[email protected]
Q@simplypeperosa
www.vw-™utžfahržeuge.ch
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IL CAFFÈ
13 aprile 2014
leauto
N O
C I
I
T
LUGANO
SULLE STRADE DELLA VALLE DI MUGGIO
Tornanti sì, ma affrontati con grinta
tragitto
25,7 km
LATTECALDO
L’itinerario in salita diventa più dinamico e suggestivo
A
Renault non manca l’arte di adattarsi ad esigenze diverse come conferma questa versione della Clio. È originale e dinamica grazie anche ai cerchi da 17 pollici a
cinque razze sdoppiate e ai doppi scarichi. I 20 cm di lunghezza in più della normale Clio consentono di aumentare
in particolare la capacità del vano portabagagli da 300 a 430
litri. Abbassando completamente lo schienale posteriore lo
spazio a disposizione raggiunge i 1380 litri. Un modello che
si conferma discreto anche nella sua motorizzazione cui
non manca certamente la grinta nonostante la sua cilindrata
di 1,2 litri. Alla Clio Grandtour Gt piacciono anche i tornanti.
Salire verso la valle di Muggio, itinerario della nostra prova
su strada, è una soddisfazione per chi la guida e ha voglia di
visitare meglio alcune zone meno centrali del cantone.
La potenza arriva a 120 cavalli, con un tocco supplementare
di comodità dato dal cambio robotizzato a doppia frizione,
che si può gestire anche con le levette montate sul
volante. Discreto il magico pulsante che la rende un po’ più
sportiva in accelerazione. La nostra meta è Lattecaldo che si
può raggiungere comodamente in 45 minuti da Lugano. Da
Mendrisio si sale verso Morbio Superiore, si segue per la Val-
le di Muggio con una deviazione a destra per Sagno. Ancora
200 m e un cartello indica il ristorante Lattecaldo. La suggestiva regione offre immediatamente due interessanti opportunità, ideali anche per i più piccoli o gli amici a quatttrozampe. È infatti il punto di partenza per il sentiero didattico
“Sentée da l’Albur”. Un sentiero ricco di numerose piante di
La scheda
Renualt Clio Grandtour GT TCe
Motore
Cilindrata (cc)
Cambio
CV
Coppia max. (Nm)
0-100 km/h (s)
Velocità massima (km/h)
Consumi (l/100 km)
Prezzo base (Chf)
4 cilindri
1197
autiomatico a 6 marce
120
190 a 2’000 g/min.
9,4
199
7.0
25’600.–
castagne. Un patrimonio storico, che nel passato grazie alle
72 varietà di piante, aveva permesso alla gente di vivere. La
seconda opportunità è la visita all’interessante vivaio cantonale, con alberi, arbusti, semi, talee e piante che si possono
pure acquistare.
Ma la giornata merita di essere valorizzata con un buon
pranzetto al ristorante Lattecaldo. Una ghiotta occasione
per degustare specialità casalinghe con un equilibrato rapporto qualità-prezzo. Si può spaziare dai vari antipasti misti
alla polenta con la farina del Mulino di Bruzzella, dal brasato alla lunganighetta e mortadella cotta della macelleria Valsangiacomo di Mendrisio fino ai rinomati formaggi freschi
della Valle. Sia alla partenza che all’arrivo abbiamo avuto
modo di apparezzare la comodità del bagagliaio. Ideale anche per chi soffre di dolori alla schiena, grazie al bordo di carico particolarmente basso (60,4 cm) che favorisce la sistemazione di bagagli e altri oggetti. Inoltre, con la caratteristica, unica nel suo segmento, di poter ribaltare lo schienale
del sedile del passeggero anteriore per caricare persino un
oggetto lungo 2,48 m.
s.p.
GLI SPAZI
La capacità
dell’ampio bagagliaio
varia da 564 litri a
oltre 1.350 litri
quando i sedili
posteriori sono
abbassati. In aggiunta
è disponibile anche
un utile doppiofondo.
Il modello più venduto di casa Kia
rinnova il look accattivante e non solo
GLI INTERNI
La possibilità
di regolare in
modo ottimale
la posizione
del sedile,
permette
di apprezzare
la sua eccellente
comodità.
IN
BREVE
La Hyundai
Genesis è la nuova
berlina più avanzata
mai distribuita in
Europa: motore 3.8
litri V6 Gdi,
trasmissione
automatica a 8
marce, sedili anteriori
e posteriori
riscaldabili e ventilati
e innovativa
trazione 4x4. La Opel
STEFANO PESCIA
I
l Suv compatto della Kia si rifà il
trucco, nella parte anteriore e posteriore in particolare, arrotondando
gli spigoli. Un ritocco ben riuscito che
rende il veicolo più filante e sportivo.
Ancora una volta i designer lo confermano. Anche i dettagli sono importanti. Offrire dei cerchi in lega di grosso
diametro, 17 pollici quelli standard e
18” opzionale, rendono un veicolo ancora più attraente.
Realizzato in Europa è il modello
che nel nostro continente ha registrato
il maggior numero di vendite nel 2103
dei prodotti della gamma Kia. Un ritocco ben riuscito. Rispetto alla generazione precedente lo Sportage si allunga di 9
Il fuoristrada made in Korea
si concede un bel ritocchino
cm (4,44 m), si allarga di 5 cm (1,86 m) e
diventa più basso di 6 cm (1,64 m). Centimetri supplementari che offrono un
passo di 2,64 m con un vantaggio supplementare non solo nell’abitabilità per
gli occupanti seduti dietro. Un po’ di
spazio supplementare lo guadagna anche il bagagliaio. La sua capacità varia
da 564 litri a più di 1.350 litri quando i
sedili posteriori sono abbassati. In aggiunta è disponibile un utile doppiofondo, facilmente accessibile grazie all’ampia bocca di carico.
Anche nell’ambito dei dispositivi di
sicurezza la nuova Sportage si propone
più interessante. Tutte le versioni sono
equipaggiate di serie con poggiatesta
attivi, sei airbag, controllo elettronico
della trazione (Tcs), controllo elettronico della stabilità (Esc), sistema Hac
(Hillstart Assist Control) per facilitare le
partenze in salita e il Dbc (Downhill
La Sportage ora è più
ampia, più comoda
e solo a trazione Awd
Brake Control) che controlla la velocità
nelle discese ripide. Il pratico sistema
permette, senza dover intervenire su
acceleratore e freno, di mantenere la velocità a 3 km/h. Per il nostro mercato la
Kia Sportage viene proposta unicamente con la trazione integrale (Awd).
Quando le ruote anteriori perdono
l’aderenza ottimale con il terreno, il sistema di controllo elettronico invia la
coppia alle ruote posteriori. Per affrontare terreni difficili si può attivare il
blocco del differenziale centrale. Due
sono le motorizzazioni disponibili: un
benzina 2.0 che sviluppa 166 cavalli e
un turbodiesel 2.0 Crdi da 184 Cv (da
39’750 franchi). Entrambi si possono
scegliere con il cambio manuale a sei
marce (prezzo base versione Classic da
33’950 franchi) oppure con quello automatico sequenziale a sei marce (da
36’150 franchi).
Vi sono dei modelli che dopo pochi
chilometri permettono già di sentirsi
Dall’estate Opel
presenterà anche la
grintosa Adam Rocks,
con il telaio rialzato di
15 mm. Sarà proposta
anche con il tetto
apribile elettricamente
in tessuto e un motore
turbo tre cilindri
da 90 o 115 Cv.
perfettamente a proprio agio. La Sportage è un positivo esempio. Quando ci
siamo seduti alla guida, la possibilità di
regolare quasi “su misura” la posizione
del sedile, ci ha immediatamente fatto
apprezzare l’eccellente comodità. La
posizione rialzata di guida, la strumentazione con relativi comandi ben visibile e facilmente utilizzabile, la piacevole
insonorizzazione dell’abitacolo e le
equilibrate sospensioni confermano la
qualità del nuovo prodotto. Oltre ai tradizionali 7 anni di garanzia o un massimo di 150000 km, e il tasso di leasing allo 0,07%, anche la nuova Kia Sportage è
proposta con diverse offerte speciali
supplementari. IL CAFFÈ
13 aprile 2014
25
La curiosità
L’occhio di Google
fruga negli hotel
tra
parentesi
G
oogle Street View dalla strada passa alle stanze degli alberghi, dei negozi e dei
locali vari aperti al pubblico. Foto a 360
gradi per zoomare e farci vivere dall’interno
ambienti, sensazioni e servizi. Un’offerta sicuramente utile per chi vuole farsi un’idea, in
anteprima, dei luoghi di soggiorno, shopping
e ristorazione che andrà a frequentare. Un
modo, anche, per evitare brutte sorprese.
Accedere al servizio è semplicissimo, basta trascinare la famosa icona dell’omino di
street view su Google Maps e individuare nella mappa i locali dove la funzione è disponibile, contrassegnati solitamente da un cerchio color arancione. Dopodiché sarà possibile esplorare nel dettaglio il locale selezionato.
Funzionerà? I numeri ci sono tutti: Radisson,
Best Western, Omni e Marriot sono già approdati sulla nuova piattaforma e più di duemila
strutture alberghiere del Nord America vorrebbero essere presenti entro la fine del
2014.
Il fenomeno
Si sente odore di bruciato
nelle cucine di Tripadvisor
Pacchetti di finte recensioni vendute a ristoranti e alberghi
I GIUDIZI E I IL FATTURATO
CAROLINA CENNI
A
Fonte: La Repubblica
volte si presentano
sotto forma di offerte
di agenzie specializzate, altre volte assomigliano ad innocue
mail, altre ancora, invece, hanno
la faccia di un rappresentante.
Propongono pacchetti di recensioni, positive ovviamente, vendute ai ristoranti per iniziare
un’inarrestabile scalata verso la
vetta del sito di Tripadvisor. Proprio quelle che suonano come
“Numero x in classifica su 223 a
Lugano” (o Locarno, Zurigo, Ginevra, Basilea). Insomma, si sente odore di bruciato negli ambienti degli internauti che gravitano attorno alle cucine di Tripadvisor. Strani movimenti in giro al famoso sito di recensioni di
hotel, ristoranti e attrazioni turistiche più cliccato al mondo, di
cui si è occupata già la stampa internazionale.
Fantomatiche società o rappresentanti che spacciano il
marchio Tripadvisor offrendo
30
260
milioni
90
contributi
postati
sul sito
ogni minuto
%
Nelle località
turistiche le recensioni
su Tripadvisor
possono incidere
anche per il 30% del
fatturato di un
ristorante
i visitatori che ogni
mese vanno
su Trip Advisor
I CONSIGLI
150
Accedere a Tripadvisor attraverso Facebook. Ciò rende
visibili le recensioni dei propri amici e i loro locali preferiti
milioni
Non prenotare sulla base di una sola recensione
le recensioni su alberghi,
ristoranti o attrazioni turistiche
pacchetti, positivi o negativi, ma
anche e-mail di servizi di consulenza che assicurano, chiaramente dietro un profumato compenso, un’ascesa nelle classifiche di gradimento. Offerte proposte anche in Ticino: “Abbiamo
ricevuto delle mail – conferma
Prestate maggiore attenzione ai giudizi dei recensori
“top”, quelli con un maggiore numero di contributi
Carré -. Così ho fatto un test: fingendomi interessata e utilizzando una carta bloccata ho richiesto la prima prova, che era gratuita. Il sistema ha però tentato di
fare il prelievo. Non riuscendoci
sono stata contattata per avvertirmi che la carta non funzionava
Patricia Carré, proprietaria col
marito Francis del Ristorante Al
Portone a Lugano -. Con un abbonamento di 799 dollari mensili ci garantivano un pacchetto di
150 recensioni positive al mese”.
La mail proveniva da un indirizzo californiano. “Già - riprende
e quando ho ribattuto che la prima prova non dovevo pagarla
non ho più sentito nessuno”. Che
il business allettante lo si vede
dall’insistenza. Così, le e-mail arrivano più volte. All’inizio della
gestione e dopo qualche mese.
Insomma, il presunto vendi-
tore-recensore non molla. “C’è
gente che lucra su questo sistema – nota Lorenzo Albrici, proprietario e chef della Locanda
Orico a Bellinzona -. Persone che
in cambio di soldi ti scrivono recensioni. Lo trovo uno scandalo
e sono profondamente indigna-
to, perché così si mettono a repentaglio la nostra serietà e professionalità. Oltre a mettere a rischio, anche, posti di lavoro. Sono completamente contrario a
questo tipo di valutazioni on line”.
Ma i ristoratori sanno anche
che Tripadvisor è molto cliccato,
quindi resta sempre un’ottima
vetrina. “Questo è un altro modo
di fare marketing – sottolinea Letizia Gianora, sales and marketing manager del Gran Hotel Villa Castagnola au Lac -. Sinora
non ci sono mai arrivate mail con
offerte di pacchetti. I nostri ristoranti ricevono diversi commenti,
alcuni molto circostanziati e veritieri, altri decisamente meno.
Noi rispondiamo sempre”. E Albrici avverte: “Quando si possono comperare recensioni positive per sè, o negative per la concorrenza, tutto ciò non ha più
senso perché non è credibile. Il
sistema in sè non è sbagliato, ma
è fatto male. Non dovrebbe essere in forma anonima, ma con nome, cognome e foto. Ecco, solo in
questo caso mi fiderei, ma purtroppo non è così”.
E allora, i ristoratori chiedono più trasparenza: chiunque
pubblica una recensione deve
identificarsi o caricare una foto
dello scontrino che attesti l’effettivo pranzo/cena o pernotta-
L’opinione
L’uso del web secondo Carlo Fontana, manager del Dante di Lugano
“Per promuovere un’offerta
i giudizi online sono preziosi”
“L
mento. Tripadvisor però non
sembra disposta a mettere a rischio la privacy degli utenti,
mentre i ristoratori non mollano,
visto che le recensioni hanno
fatto la fortuna, ma pure la sfortuna, di molti di loro. I commenti
infatti, inciderebbero sino a quasi un terzo del fatturato. Mica poco! Inevitabile che attorno al sito
sia fiorito un vero e proprio mercato della consulenza. Ma un
conto è suggerire una strategia di
marketing di successo, un altro è
garantire pacchetti di recensioni
positive.
Intanto, i ristoranti o gli alberghi beccati a barare ricevono
prima un avvertimento da Tripadvisor e poi un bollino rosso,
marchio di infamia. Ma quante
volte sono stati smascherati?
Non spesso probabilmente. E così, di recente l’Asa, l’autorità inglese sugli standard pubblicitari,
ha persino vietato a Tripadvisor
di presentare le sue review come
“reali, oneste e verificate”.
[email protected]
Q@simplypeperosa
GLI INTERROGATIVI
I problemi riscontrati
dai ristoratori
sono gli stessi anche
per gli albergatori
e opinioni online, oggi, valgono tantissimo per qualsiasi struttura alberghiera – esordisce Carlo Fontana, general manager
dell’Hotel Lugano Dante Center -. La reputazione che un albergo ha sul web è il suo biglietto da visita. Il valore è alto. Attualmente
si fa ancora fatica a capire a quanto corrisponda, ma alcuni studi dimostrano che all’aumento della reputazione online di un punto su cinque
corrisponde a un 12 per cento di aumento di fatturato. Cifre molto importanti per un hotel”.
Il noto albergo luganese se ne intende eccome di nuove tecnologie e
dintorni, come dimostrano i tanti riconoscimenti ricevuti. “ Noi abbiamo scoperto Tripadvisor molto presto, agli albori, era il 2004
- ricorda Fontana -. Da allora abbiamo sempre avuto un rapporto di amore-odio. All’inizio ci ha aiutati a crescere, in fondo alcuni commenti duri fanno riflettere e portano
di conseguenza a migliorarti. Dall’altra parte, però, come la maggior parte degli alberghi in qualsiasi parte del mondo, subiamo
commenti anonimi, alcuni anche poco credibili. Diversi i casi di giudizi negativi, ma
anche estremamente offensivi che superano
i filtri di Tripadvisor, il quale non riesce a
controllare tutti i pareri postati”.
La questione dell’anonimato è ovviamente spinosa e più volte è già stata sollevata dai ristoratori: “Il commento non firmato
è un vero e proprio problema - continua il general manager -. In base
alla nostra esperienza, l’ideale sarebbe avere utenti che lasciano commenti con nome e cognome, ma anche con un documento ufficiale tipo
una fattura. Una sorta di identificazione digitale, insomma. Deve sparire
l’idea che scrivo quello che mi pare, in maniera offensiva, tanto nessuno
sa chi sono”.
Oltre all’anonimato, resta sempre l’interrogativo sulle e-mail che
propongono pacchetti di giudizi: “Fantomatiche società, che offrono la
possibilità, attraverso dei contratti, di assicurarsi commenti positivi provenienti un po’ da ogni parte del mondo - precisa Carlo Fontana -. È
chiaro che Tripadvisor cerca di contrastarli nel limite del possibile, ma
senza grandi risultati. Io, nel mio caso, li segnalavo al sito”. Segnalazioni
che spesso, però, sembrano perdersi nei flussi della grande Rete.
)#=; .8B?=;8*89/ 8; GJGG/ 9/ 3898(98@
!8.8/A !03(6=- (:?8=;/
=98:?8+= .8 .8B+/B( 98*/A(B+8 (9?8;=
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27
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
tra
parentesi
La musica
Il cartellone
di
Moon & Stars 2014
10 LUGLIO
LAURA
PAUSINI
11 LUGLIO
UDO
LINDENBERG
AMBASCIATRICE
I 70 milioni di
dischi venduti
fanno della star
romagnola
l’ambasciatrice
della musica
italiana nel mondo
OMAR RAVANI
G
iusto pochi mesi fa,
con quattro milioni
di follower, Laura
Pausini ha spodestato Vasco Rossi e
Eros Ramazzotti dal trono delle
celebrità italiane più popolari
sui social network, venendo subito ribattezzata “nostra signora
di Facebook”. Forse la rete non è
certo il metro giusto per misurare la popolarità dell’artista italiana più famosa al mondo, che
inaugurerà l’undicesima edizione di Moon and Stars e che ha
venduto più di 70 milioni di dischi. Ma anche internet ha fatto
la sua parte nel “costruire” l’immagine dell’ambasciatrice globale della musica italiana. E il ticinese Gian Piero Laloli, il primo
fan autorizzato dalla cantante a
registrare all’estero il dominio
“laurapausini.ch” non nasconde
il suo piccolo, ma significativo,
contributo.
“Laura è come la Coca Cola,
che piace a tutti anche se non ne
conosciamo esattamente la
composizione: l’essenza di un
successo deve rimanere un segreto ben custodito - dice Laloli,
che già nel 1999 aveva fondato il
fan club rossocrociato -. Fino al
2009 circa ho avuto centinaia di
migliaia di lettori, con contatti
da tutto il mondo, grazie allo
spazio che lei stessa mi ha invitato a gestire e che ora, ovviamente, vista la dimensione globale del fenomeno, non serve
più. Mi occupavo di tutto: seguivo i suoi spostamenti, segnalando le sue presenze ad eventi e le
sue apparizioni in tv. Per anni ho
fatto da cassa di risonanza, una
specie di messaggero che sapeva
di lei vita, morte e miracoli”.
Nel palmarès di Laloli una
quarantina di concerti seguiti in
prima fila, con un record personale, nel 2005, di ben 15 perfomances in un solo anno. Se non
l’intera tournée, quasi. “E spesso
Laura
Pausini
“Sono il fan numero uno
della grande artista italiana”
ho seguito quegli spettacoli anche dal backstage, come ospite
di Laura - ammette ricordando
un rapporto della star con la
Svizzera molto stretto, anche
perché nella Confederazione risiedono alcuni suoi parenti -. A
Sciaffusa, per la precisione, dove
Laura non manca mai di visitare
la zia, di cui adora i biscotti”. Privo di fondamento, invece, un
suo ventilato trasferimento in
terra elvetica che non è mai stato
veramente preso in considerazione dall’artista. “Se ne è parlato molto, ma la realtà è che voleva solo comprare un appartamento di vacanza”, precisa Gian
Gian Piero Laloli:
“Il primo sito
dedicato a lei fuori
dall’Italia l’ho
creato e gestito io”
Il singolare record
del ticinese che
ha seguito 45
concerti, di cui 15
in un solo anno
Piero anche se, con questa sua
quarta
apparizione
a
Moon&Stars, Laura è ormai di casa in Svizzera. E
tutti ricordano quella volta che dovette abdicare a
pochi minuti dall’inizio
del suo concerto. La voce
l’aveva abbandonata, e lei
stoicamente scelse di comunicare di persona alla
piazza gremita che il concerto
non si sarebbe tenuto. “Fu un incubo - il commento che l’artista
ha affidato al suo sito -. Andai
dal medico che mi prescrisse del
cortisone. Non servì a nulla. Allora dovetti salire sul palco e
spiegare il tutto ai miei fan, con
la paura che la prendessero malissimo. Invece mi applaudirono
a lungo e tornarono tutti quando recuperai la data. È un ricordo molto piacevole, uno dei più
belli della mia carriera”.
La ricetta del successo della
cantautrice romagnola è composta di più elementi: musicalità
semplice ma coinvolgente, romanticismo quanto basta,
amore declinato in tutti
suoi tempi e modi. Il tutto
condito con la forza di
duetti messi in scena con
alcuni dei più grandi interpreti della musica internazionale: Tiziano Ferro, Ray
Charles e Andrea Bocelli, per
non citare che i più celebri.
La pausa che Laura si è presa
un paio di anni fa, e che le ha
permesso di diventare mamma
della piccola Paola nel febbraio
dell’anno scorso, non ha scalfito
la sua popolarità, anzi. Con
l’uscita del suo greatest hits nel
2013, ha rilanciato così tanto le
sue quotazioni da ripartire per
un tour mondiale, il decimo dagli inizi della carriera, quando
esordì vincendo il Festival di
Sanremo con “La solitudine”.
Una solitudine che, attorniata da
milioni di fan, non ha più sofferto.
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LEGUIDE
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Festa della mamma
alla scoperta di luoghi
dal fascino indimenticabile
Viaggio in una terra di assoluta
bellezza, tra spiagge, mare,
montagne e il rifugio di Napoleone
Gli orizzonti infiniti
dell’isola d’Elba
Centoquarantasette chilometri di coste,
spiagge di una bellezza unica e la maestosa imponenza del Monte Capanne:
questi sono solo alcuni piccoli tratti distintivi dell’isola d’Elba, località turistica di fama mondiale, uno dei centri d’attrazione più conosciuti d’Italia. Vale la
pena, allora, andare alla scoperta di questa terra abitata già in epoca preistorica e
molto apprezzata per il clima mite e la
vegetazione tipica del Mediterraneo.
AutoPostale organizza un viaggio in
quest’isola dove il verde delle montagne
s’incontra con il blu del mare e le diverse tonalità di marrone delle spiagge, dove gli orizzonti sembrano infiniti e il desiderio di relax e di vacanza trova qui il
suo modo migliore di esprimersi.
Appuntamento dal 28 maggio al 1° giu-
gno con partenza dal Ticino e arrivo a
Piombino, in provincia di Livorno, per
l’imbarco sul traghetto e il trasferimento
a Portoferraio. Da qui si va subito a conoscere la parte più turistica e balneare
dell’isola, fermandosi a Marina di Campo, dove le spiagge dorate si alternano a
massicci granitici immersi nella mac-
Il programma
Isola d’Elba
Data: 28 maggio - 1° giugno 2014
Prezzo: Chf 995.- per persona
in camera doppia
Partenza:
06.00 Biasca Ffs, 06.00 Locarno Ffs,
06.30 Bellinzona Ffs, 07.00 Lugano Ffs (lato buffet)
07.30 Mendrisio Ffs, 07.40 Chiasso Ffs
chia. L’isola fu rifugio di Napoleone come testimoniano le due ville, quella di
San Martino, della quale è prevista la visita guidata, e quella dei Mulini che conservano arredi d’epoca e raccolte di
stampe ottocentesche.
Shopping nei negozi e nelle boutique,
attività balneari e relax sono le parole
d’ordine di un viaggio che comprende
anche la gita a bordo di una barca molto
particolare perché ha il fondo in vetro.
Si parte da Marciana Marina per seguire
la costa fino a Pomonte dove è possibile
ammirare il relitto di una nave mercantile affondata nel 1972.
Dell’Elba affascina il paesaggio ma anche l’ospitalità di una terra famosa per i
suoi vini e la cucina eccellente, oltre che
il clima mite che fa di quest’isola una lo-
calità di cura, soggiorno e turismo ideale
in tutte le stagioni, ma in particolare
quando la primavera s’avvicina all’estate e il tepore del sole non ha ancora toccato il limite dei mesi più caldi. Altro
elemento che colpisce è la multiformità
degli ambienti che s’incontrano in questa che è l’isola più grande dell’arcipelago toscano ed è divisa in otto comuni:
quello principale è Portoferraio. Gli altri
sono: Campo nell’Elba, Capoliveri,
Marciana, Marciana Marina, Porto Azzurro, Rio Marina e Rio nell’Elba, per
un totale di circa 32mila abitanti.
Dopo aver goduto della dolce atmosfera
di questa magica isola, si torna a Portoferraio per l’imbarco con traversata fino
a Piombino e ritorno in Ticino. L’arrivo
è previsto in tarda serata.
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Informazioni e prenotazioni:
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1 715 000 ' Lgqsp_ 37 ¤ 41 ' 94.90/AC9C:fl
1 715 012 ' Lgqsp_ 37 ¤ 41 ' 94.90/AC9C:fl
* Bmldpmlrm aml j_ amlamppclx_, mddcpr_ t_jgb_ b_j 7 _j 20.04.2014. Eglm _ cq_spgkclrm.
** @srmamkn_p_xgmlc, mddcpr_ t_jgb_ b_j 7 _j 20.04.2014. Eglm _ cq_spgkclrm.
Incastonata tra alte montagne e incantevoli scorci sulla
penisola di Bellagio, Villa Carlotta sorge sulla sponda
occidentale del Lago di Como e si offre ai visitatori come maestosa residenza d’epoca in cui capolavori d’arte convivono tra giardini e strutture museali. La costruzione della splendida residenza risale al 1690 e acquisì
il nome di Villa Carlotta quando la principessa Marianna
di Nassau nel 1843 la donò alla figlia - che così si chiamava - in occasione delle nozze con Giorgio di Sassonia-Meiningen. Colpisce, allora, l’eleganza dell’edificio
ma soprattutto la straordinaria ricchezza del giardino,
una sorta di museo a cielo aperto tra opere d’arte, vegetazione lussureggiante, grotte, sinuosi sentieri e punti panoramici. Per la festa della mamma, allora, questa
può essere la destinazione ideale di una gita che comprende anche il trasferimento in aliscafo e visita guidata a Bellagio, romantico approdo
con le sue botteghe
caratteristiche per
lo shopping. La Perla del Lario, così la
città viene soprannominata, spicca per la sua pittoresca posizione, proprio in mezzo ai due rami del lago. Ciò contribuisce a un
piccolo miracolo climatico: Bellagio conserva infatti un
microclima temperato paragonabile a quello della riviera ligure.
L’11 maggio, allora, non bisogna prendere altri impegni: c’è il viaggio a Villa Carlotta e a Bellagio con AutoPostale con rientro in serata in Ticino.
Il programma
Villa Carlotta
e la Perla del Lario
Data: 11 maggio 2014
Prezzo: Chf 145.- per persona
Partenza:
07.00 Biasca Ffs, 07.00 Locarno Ffs,
07.30 Bellinzona Ffs, 08.00 Lugano Ffs (lato buffet),
08.20 Mendrisio Ffs, 08.30 Chiasso Ffs
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
29
tra
parentesi
La società
Tutti segreti
della
lettura
veloce
Come visualizzare mille parole al minuto
“H
o preso lezioni di lettura veloce
e adesso sono capace di
leggere Guerra e Pace in venti
minuti. Parla della Russia”, sosteneva un Woody Allen che tentava
di adattarsi ai ritmi della vita moderna. Già, perché anche tempi e
modi della lettura sono cambiati
nell’era della sovrastimolazione.
Sempre meno tempo per leggere
attentamente, lentamente e con
calma. E si scherza dicendo che
nemmeno i dinosauri più intelligenti siano riusciti a leggere integralmente Guerra e Pace,
tant’è che si sono estinti
più o meno a metà della
seconda parte del libro.
Tuttavia, il rimedio c’è. La
tecnica della lettura veloce, che permette di sopravvivere ai giganti della
letteratura, ma utile anche a chi è costretto, per
lavoro o altro, a sorbirsi
chili di pagine. Pure in Ticino
pullulano corsi, lezioni e seminari vari per imparare a leggere
come Speedy Gonzales.
Si tratta di un insieme di tecniche che, attraverso l’allenamento dei muscoli oculari e della
mente, permettono di accelerare
moltissimo lo scorrimento del
testo e incrementare il livello di
comprensione e attenzione.
Niente di nuovo, intendiamoci,
la tecnica esiste da circa mezzo
secolo, ma in un mondo che vive
sempre più velocemente, e che
scrive più velocemente grazie a
computer, tablet e smartphone,
era inevitabile che riacquistasse
smalto. Così, l’insegnamento
della lettura veloce sta conoscendo un vero e proprio boom.
A Lugano, ad esempio, la scuola
Brain Up è sommersa dalle richieste (vedi articolo a lato).
Insomma, anche se non abbiamo più tanto tempo per leggere, non è detto che dobbiamo
leggere di meno: basta ottimizzare il tempo. Provate a digitare
“speed reading” su Google per
ottenere 439 milioni di suggerimenti e voci in materia: dai corsi
online offerti da Groupon, a par-
Molte le tecniche
che insegnano
a leggere righe,
pagine e libri a
tempo di record”
tire da pochi franchi, ai corsi veri
e propri sino alle App. Perché come spiega Nicoletta Todesco, insegnante di “speed reading”, è un
argomento così trasversale che
interessa davvero tutti: “Il target
è estremamente eterogeneo, anche se lo zoccolo duro restano
chiaramente i professionisti ”.
A inventare la lettura veloce
come disciplina fu l’americana
Evelyn Wood negli anni Sessanta
e, non a caso, la più avanzata
scuola odierna è negli Stati Uniti,
a Chicago: l’“Iris Reading Ltd”, riporta il Wall Street Journal, aveva
22 studenti nel 2007, 417mila nel
2012 e 2 milioni lo scorso anno.
Lo “speed reading” ha sempre
più allievi, visto che la tecnologia
è in continua evoluzione e la nostra società ama ottimizzare
qualsiasi tipo di attività. Rapidità
è la parola d’ordine del nostro
L’esperto
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CAROLINA CENNI
“Sprechiamo
l’80 per cento
delle facoltà
intellettuali”
“L
a lettura normale è
efficace per un
bambino di prima
e seconda elementare che ha la
necessità di leggere parola per
parola - spiega Nicoletta Todesco, psicologa e insegnante
della scuola Brain Up -. Per un
adulto non va bene. Un lettore
normale legge dalle 100 alle
200 parole al minuto, ma è inefficace perché per le capacità
che il nostro cervello ha potrebbe leggerne oltre mille al minuto! È come se l’80% del nostro
cervello, delle nostre facoltà intellettuali, facessero altro in
quel momento”. In poche parole, si tratta di un vero e proprio
spreco.
Ecco spiegata l’utilità di imparare la lettura veloce. “È una
rieducazione dei muscoli orbitali – prosegue l’insegnante di
‘speed reading’ -. L’occhio ha
bisogno di un tempo fisiologico,
circa un mese, per abituarsi al
nuovo movimento, ma il taglio
dei corsi è molto pratico e i risultati si vedono quasi subito”.
L’obiettivo è quello di offrire
un metodo veloce ed efficace a
tutti coloro che devono leggere
molto. “I corsi si svolgono all’Hotel Pestalozzi di Lugano –
continua Todesco -. Si tratta di
quattro incontri di due ore. Il
target è estremamente eterogeneo, anche se i professionisti
sono la maggior parte. A Berna
ho avuto una signora di 95 anni,
a Lugano un bimbo di sei. Ha
un’utilità talmente trasversale
che interessa davvero tutti”.
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Camera nell’Hotel “Bell Rock”
tempo. Il modo in cui leggiamo,
però, non è cambiato, o non per
tutti. Da sinistra a destra, dall’alto
al basso.
In aiuto anche le App. La start
up Spritz di Boston ha sviluppato
il programma “Speed Reading
Tecnology” che permetterà di
leggere i testi con una velocità
doppia rispetto a quella abituale. Leggere un testo in modo tradizionale ci fa perdere molto
tempo, se si considera che un lettore medio, a livello universitario, legge a un ritmo compreso
tra le 100 e le 200 parole al minuto. “Spritz” promette di farci leggere “Harry Potter e la pietra filosofale” in 77 minuti. Come? Manipolando il formato delle parole
per adeguarle a quelli che sono i
naturali movimenti dell’occhio
durante la lettura. Il cosiddetto
“optimal recognition point”, altresì detto “punto di fissaggio”, si
trova all’inizio di ciascuna parola. Normalmente, l’occhio, concentrandosi su questa parte del
vocabolo, riesce a decifrare e
comprendere di che parola si
tratta senza dover leggerla per
intero. Spritz ingrandisce l’“optimal recognition point” di ciascuna parola, lo evidenzia in rosso e
riposiziona la parola in modo tale che l’occhio debba muoversi il
meno possibile per seguire il
punto di fissaggio di ciascun vocabolo.
Leggere in fretta significa capire meno? No, se si seguono
queste tre tecniche. La prima
consiste nel tenere gli occhi sul
centro della pagina, immaginando che sia attraversata da
una linea verticale, sforzandosi
di leggere senza scostare lo
sguardo da lì. La seconda tecnica suggerisce di leggere seguendo ogni parola con un dito, o
con il cursore del mouse. Infine,
il “rapid serial visual presentation” consiste nell’indicare al
lettore, su uno schermo, una parola per volta a una determinata
velocità. Più diventi allenato ed
esperto, più la velocità aumenta.
E più potrai leggere rapidamente capendo tutto ciò che ti interessa. Insomma, leggere per credere.
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Hotel a tema “Bell Rock”
Spritz promette
di farci finire
“Harry Potter e la
pietra filosofale” in
un’ora e un quarto
30
Non saltare i pasti. Inizia con
una colazione sostanziosa
tra
parentesi
Aumenta il consumo
di frutta e legumi
BenEssere
Salute a rischio per partorienti
e neonati che tendono al sovrappeso,
anche a causa del cattivo riposo
Modera i grassi. Punta su
alimenti cotti a vapore o grigliati
Consuma 3 o 4 latticini
al giorno
Mangia farinacei ad almeno
uno dei due pasti
Se dormono poco
si allarga il girovita
di mamma e bebè
Mangia proteine ad ogni
pasto, per evitare carenze di ferro
Bevi molto, soprattutto se
allatti: acqua, tè caldo o freddo,...
CRISTINA GAVIRAGHI
P
uò una bella dormita aiutare a scongiurare un girovita abbondante? I numerosi studi apparsi negli ultimi
anni sembrerebbero dire di sì. Tante sono le ricerche
che legano il rischio di obesità a una cattiva qualità del
sonno, chi dorme poco e male tenderebbe al sovrappeso e
questo sembra valere anche per le neomamme e i loro piccoli. Uno dei fattori che contribuisce a far rimanere un po’
in carne una donna che ha partorito da poco, oltre a non
aver troppo tempo per andare a sudare in palestra, è dormire di meno. Ma anche se, quando il piccolo ha pochi mesi, le priorità sembrano essere altre, meglio non aspettare
troppo per rientrare nei jeans acquistati prima di rimanere
incinta. Uno studio del Mount Sinai Hospital di Toronto,
pubblicato su Diabetes Care, esorta a farlo entro un anno
di distanza dal parto per non creare pericoli per la salute.
La ricerca, guidata da Ravi Retnakaran, endocrinologo
all’istituto canadese, ha seguito 305 donne durante la gestazione e nei 12 mesi successivi. Chi non perdeva almeno
gran parte del peso accumulato in gravidanza, nel periodo
da tre mesi a un anno dopo il parto, si ritrovava con livelli
di pressione, colesterolo Ldl e resistenza insulinica più alti
rispetto a chi rientrava in forma entro 12 mesi dal lieto
evento. “I tre quarti delle mamme - precisa Retnakaran -
Questo
amore
nostro
La lettera
A mia iglia, 18 anni, bella e capace
interessano solo uomini dai 40 in su
H
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
SE FAI COSÌ PERDI DUE CHILI AL MESE
o quarantotto anni e una figlia di diciotto che mi sta preoccupando. È bella e intelligente, carina e solare, sta proseguendo brillantemente i suoi studi, ma da un po’ di
tempo mi sono accorta, anche perché non ne fa mistero, che cerca di sedurre uomini molto più grandi di lei. Della questione ho
provato a discutere insieme a lei, ma prontamente mi ha risposto
che i suoi coetanei non la interessano. Vuole già essere donna e dice
Scrivi a LINDA ROSSI
che le piacciono gli uomini dai qua- psicoterapeuta e sessuologa
ranta in su, senza badare se sono
sposati o fidanzati. Per quanto ne so Posta: Linda Rossi – Il Caffè
Via Luini 19 - 6600 Locarno
io, non ha ancora fatto niente, ma
temo che se non cambia queste sue
E-mail:
idee arriverà presto il giorno in cui
[email protected]
le metterà in pratica rischiando di
fare brutte esperienze e quindi di
soffrirne. Conosco un po’ gli uomini e sono certa che non si fermerebbero di fronte alle sue avances. D’altronde non c’è che da
guardarsi attorno per constatare quanti siano gli uomini di una
certa età che se ne vanno in giro con donne di venti o trent’anni
più giovani di loro. Suo padre non sembra farsene un problema,
ma lui è sempre stato distante, per non dire assente, durante gli
anni della sua crescita. Che cosa mi consiglia di fare?
perdevano abbastanza peso entro l’anno dal parto, ma il
restante quarto manteneva parte dei chili guadagnati nei
nove mesi o addirittura li incrementava”. A questo corrispondeva un aumento dei classici fattori di rischio cardiovascolare, innalzando la probabilità di sviluppare in futuro
diabete o patologie cardiache. Se prima i chili in più immagazzinati in gravidanza destavano timori se mantenuti per
anni, lo studio canadese restringe i tempi. “Fino a tre mesi
dal parto il sovrappeso non sembra influenzare i fattori di
“Un sonno ridotto potrebbe
interferire con la regolazione
ormonale dell’appettito”
rischio come ipertensione e colesterolo, ma dopo sì e, anche se le conseguenze non sono immediate, potrebbero
farsi sentire più in là nel tempo; entro l’anno occorre iniziare a dimagrire”, conclude l’endocrinologo. Improponibile
però per una neomamma, almeno all’inizio, seguire diete
drastiche o intensi allenamenti. Sì invece a ogni occasione
quotidiana per fare del moto, come una passeggiata anche
in compagnia del piccolo e a un’alimentazione bilanciata e
non sovraccarica di grassi. Chi invece non può scegliere
quanto mangiare è un bambino di poco più di un anno e
anche per lui il rischio obesità è più vicino se dorme poco.
Analizzando per cinque mesi abitudini alimentari e del
sonno di 1300 coppie di gemelli intorno ai 16 mesi, alcuni
ricercatori del University College London hanno rilevato
che chi riposava meno di dieci ore al giorno ingurgitava il
dieci per cento di calorie in più rispetto a un bambino che
dormiva quotidianamente per più di tredici ore. La ricerca,
apparsa sull’International Journal of Obesity, ribadisce il
legame tra poco riposo e un maggior rischio di obesità già
messo in luce in passato, ma per la prima volta si concentra
su bambini sotto i tre anni e tenta di tradurre tutto in calorie. “C’è ancora molto da studiare sull’argomento - spiega
Abi Fisher, ricercatrice e autrice dello studio - ma crediamo
che un sonno ridotto possa interferire con la regolazione
ormonale dell’appetito”. È stato visto che un adulto che
dorme male sembra cercare conforto nel cibo, nel caso di
bambini piccoli però sarebbero i genitori a nutrirli di più,
invece di migliorarne il sonno, nel tentativo di calmare
un’irritabilità dovuta a un cattivo riposo. “Meglio evitare
calorie e chili in più non necessari - conclude l’esperta- anche se al momento non sembrano creare disturbi, prima o
poi presenteranno il conto alla nostra salute”.
La risposta di Linda Rossi
Le permetta delle esperienze
pure gli sbagli fanno crescere
L
eggendo la sua testimonianza piena di inquietudini per la sua amata figlia, la
prima cosa che mi viene alla
mente è una frase che talvolta ripeto ai miei pazienti i quali, un
po’ come lei, vorrebbero ancora
intervenire nella vita dei loro ragazzi oramai cresciuti, alfine di
evitare loro esperienze di vita
che essi desiderano testare. Una
frase frase recita che noi (genitori) possiamo solo dare radici e ali
ai nostri figli. “Solo” si fa per dire,
poiché le radici consistono in
quella solida sicurezza di base
che dà loro il senso di appartenenza. Le ali invece sono la fiducia e la consapevolezza nelle loro capacità per sentirsi in grado
di seguire la propria curiosità
con entusiasmo e determinazione.
In particolare sull’età di sua
figlia, sulle sue attrazioni nei
confronti di un uomo conviene
darle fiducia mantenendo una
posizione di disponibilità all’ascolto. Ascolto che verrà sicuramente apprezzato dalla ragazza quando sentirà bisogno e desiderio di confidarsi con lei
mamma, nel bene e nel male. In
caso contrario sua figlia la vivrà
come una madre intrusiva nella
sua vita sentimentale ed eviterà
di raccontarle quanto le accade.
Se ci tiene a che sua figlia diventi
una donna consapevole non le
può impedire la sofferenza che
l’esperienza amorosa le può causare. A volte è proprio battendo il
naso contro il muro che si impara a fare attenzione a dove si va.
Se lei, mamma, la riconosce e le
dà fiducia, le permette di imparare a riconoscersi nei suoi bisogni e desideri e a fidarsi della
propria capacità di discernere se
un partner sia positivo per lei e
rappresenti un’occasione di crescita personale oltre che di coppia.
Assumendo un simile atteggiamento le permette di prendere distanza da lei (madre) e di costituire sempre più la sua personalità di giovane donna consapevole di quello che è bene per lei.
Sappia che tale atteggiamento materno consentirà anche a lei
come genitore di crescere osando staccarsi dalla propria ragazza
della quale può andare fiera, attribuendosi, a giusta ragione, la
sua parte di merito.
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Il futuro
L’esercito
L’incontro
TANTI MODELLI
MA NON ISPIRANO
CAMBIAMENTI
LA CONTRAEREA
POPOLARE
SUL GRIFONE
PETER HARTZ:
“LA MIA LOTTA
PER IL LAVORO”
ALLE PAGINE 34 e 35
SCHIRA A PAGINA 45
VASTANO A PAGINA 46
travirgolette
ilcaffè
13 aprile 2014
RIFLESSIONI D’AUTORE
SOCIETÀ | TENDENZE | PROTAGONISTI
UNA SETTIMANA
UNA PAROLA
Oltre il cibo
Il succo
della società
liquida
MORO A PAGINA 36
Piazza
Dall’agorà
della Grecia
alla Primavera
araba. Da luogo
di democrazia,
a spazio
simbolico
e mediatico.
Espressione
non più solo
di comunità
urbane,
ma planetarie
SANDRO CATTACIN
sociologo
“P
iazza, bella piazza, ci passò una lepre
pazza” - non è solo l’inizio di una filastrocca toscana, ma anche le parole che
intona Claudio Lolli quando racconta la
sua Piazza Maggiore, nella Bologna degli
anni 1970, diventata un luogo simbolo di lotte, di lutto dopo gli attentati e di protesta contro le autorità impregnate
da poteri occulti. Piazza Maggiore, la piazza nella quale il
potere e la società civile si incontrano in un contesto caratterizzato da un’architettura imponente, è l’esempio perfetto dell’importanza della piazza nella nostra storia.
Su quella piazza, nel Medioevo, è nato il mercato che
riforniva sia degli alimenti più noti, che delle spezie più ricercate. In effetti, l’alta concentrazione di venditori aumentava l’efficacia dello scambio economico e le possibilità di vendita di prodotti di nicchia. Si dice che al mercato
si trova di tutto, anche le informazioni sulle ultime novità
e gli ultimi eventi della città. Se vai in piazza, vai per farti
vedere, per sapere cosa è successo, raccontare cosa pensi
e cosa sai, per discutere e socializzare. Il mercato è un pretesto per trovarsi, senza cercarsi. Ogni domenica sera o lunedì mattina, per tanti anni, in Piazza Maggiore, si formavano dei gruppetti di persone che discutevano animatamente di quello che era successo nel fine settimana, in genere di calcio e di chi aveva vinto per merito o per fortuna,
essendo comunque, tutti quanti, vicini al destino di una
squadra, la loro squadra, che non procurava solo gioie.
Negli altri giorni, i “baretti” accoglievano ancora chi non
ne aveva dette o sentite abbastanza.
La piazza dello scambio economico è circondata da palazzi di grande importanza per l’apprendimento e l’avanzamento del capitalismo moderno, come il Palazzo dei Banchi (antica sede degli operatori di cambio), e il Palazzo dei
Notai (sede della società dei notai, professione fondamentale per la regolazione degli scambi più complessi e la concessione dei permessi legati alle varie attività economiche).
A poca distanza, si trovano anche la vecchia e la nuova sede
della Borsa di Bologna. Tutti palazzi che, nella storia della
democrazia liberale, si troveranno sempre al centro delle
sfide al potere politico e a quello religioso.
In effetti, nella nostra piazza, il potere religioso non
manca. San Petronio - il Duomo di Bologna - si appoggia
sulla piazza creando un ambiente spirituale, di rifugio, ma
evidenziando anche il fatto che la Chiesa si trova “al centro”. Ed è lì che deve stare per contrastare il potere politico
e lottare per la supremazia. Sulla piazza Maggiore, anche il
potere politico colloca il suo palazzo più importante, il Palazzo del Podestà, che rappresentava in passato il governo
della città. A Don Camillo basta attraversare la Piazza Matteotti di Brescello per arrivare in municipio, da Peppone.
L’importanza della piazza nella politica risale ai primi
esercizi della democrazia nell’agorà greca. La popolazione
veniva invitata ad esprimere le proprie preferenze creando
prima un luogo di dibattito e di scambio di idee per poi de-
Il potere ha continuato ad utilzzarla
in versione populista per parlare
alla gente e mobilizzare il consenso
cidere, secondo il principio delle maggioranze e delle minoranze, del destino politico della città. A parte qualche
esperienza folkloristica di Landsgemeinde in Svizzera, la
piazza della deliberazione diretta non esiste più; troppo
complesse sono le decisioni, troppa gente deve partecipare. Il potere però continua ad utilizzarla, in versione populista per parlare alla gente e mobilizzare il sostegno. Sono
le piazze che esaltano i grandi oratori, quando il discorso
cerca l’acclamazione. E, chiudendo gli occhi, ci appaiono
delle immagini che ci spaventano perché vediamo dei politici - Hitler, Mussolini, Lenin - che si oltrepassano e che
utilizzano l’effetto di massa che la piazza facilmente produce, per trasformare dei singoli individui in un unico corpo compatto, difeso dai palazzi che circondano la piazza e
che diventano muri in difesa del corpo. Ma la piazza può
anche contestare il potere. Ci si va, ci si parla, ci si arrabbia;
si condivide la rabbia, ci si organizza e ci si manifesta. La
massa può rivoltarsi contro il potere e proclamare la sua
forza in quel luogo di concentrazioni di tutti i poteri. La
manifestazione in piazza spaventa chi governa, perché i
manifestanti sono sotto casa e nessuno sembra poterli
bloccare e impedire loro di entrare e prendere possesso
dei luoghi. La massa diventa simbolo di protezione e sicurezza perché crea un sentimento (spesso però illusorio) di
invulnerabilità. Combattere la piazza significa agire davanti a tutti; tutti lo vedono e tutti possono apprezzare o
denigrare.
I sindacati, con le loro manifestazioni di piazza del Primo Maggio, ricordano ogni anno che la piazza può trasformarsi in luogo di protesta contro il potere. Anche se queste
piazze “sindacali” sono ormai eventi ritualizzati, la vera
piazza della contestazione non è un ricordo storico. Infatti,
nonostante la proliferazione di tanti mezzi di comunicazione virtuali – e magari proprio a causa di essi –, la piazza
mantiene la sua attrattività grazie alla sua morfologia e al
potere simbolico che rappresenta per chi protesta. Trovarsi in tanti su una piazza per contestare crea grande impressione e i media fanno, di questi momenti, degli eventi
mondiali. Il grande ritorno delle piazze della contestazione è proprio legato a questa capacità di visualizzare la critica e attribuirle un luogo, un simbolo, una forza.
In effetti, la sfida non è più solo sul terreno concreto
del potere simbolico rappresentato dalla piazza; le immagini di un evento trasmesse immediatamente nel mondo
intero creano quell’opinione pubblica critica che la contestazione cerca. I nomi di certe piazze sono diventati simboli di questo mondo della contestazione e, anche se non
li abbiamo mai visitati, li conosciamo e diamo loro un significato: Tienanmen, Majdan o Tahrir sono alcuni di questi nomi che oggi ricordano la protesta, la rivoluzione, la
festa e il dolore. La piazza, che sembrava solo ricordo dei
tempi passati, si è risvegliata, aggiungendo a tutto il potere
simbolico che aveva e che continua ad avere, anche quello
mediatico procurato dall’immagine che le permette di
non essere più solo espressione di una comunità urbana,
ma di una comunità mondiale.
DOMENICA
LIBERO D’AGOSTINO
PRONTI
ALLO SPINELLO
DI STATO
L
a cannabis come l’ alcol
e il tabacco. Produzione
e commercio regolamentati dallo Stato. Secondo il
“Coordinamento politico delle
dipendenze”, si eliminerebbe
così il mercato nero e si proteggerebbero meglio i giovani
dalla marijuana. Insomma, lo
spinello di Stato dal profilo
della prevenzione sarebbe più
efficace dei divieti oggi in vigore. Per estensione il ragionamento si potrebbe pure applicare ad altre, e più pesanti,
droghe. Nessuna fregola proibizionista. Con la sua salute
ciascuno può fare quello che
vuole. Ma pare alquanto paradossale che si voglia in qualche modo liberalizzare il consumo di canapa dopo le furenti campagne repressive degli
anni scorsi. Ancora più singolare il fatto che mentre si è sottoposti alla costante crociata
contro il tabacco si ammicchi
autorevolmente alla cannabis.
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
35
tra
virgolette
Gli scenari
Pompeo
Macaluso
Sandro
Cattacin
La diversità
è ormai determinata
più a livello
regionale che
nazionale. Si supera
il concetto di
frontiera dello Stato
I modelli di vita
finora vincenti
non valgono più
Federalismo e democrazia sotto stress
I pilastri istituzionali della Svizzera davanti alla sfida dei mutamenti globali
MASSIMO SCHIRA
Ignoriamo i sistemi sociali del futuro
e quelli del passato sono “scaduti”
F
ra dieci anni la popolazione mondiale sarà
un miliardo in più rispetto ad oggi. Un cittadino su tre avrà più di 60 anni. Informatica, ingegneria genetica e nanotecnologie
domineranno, ma non avremo più un modello sociale di riferimento. O meglio, ignoriamo gli
elementi che caratterizzeranno il sistema sociale
che si va profilando. E neanche sappiamo se ci sarà
un modello socioeconomico egemone, così come
nelle epoche passate lo sono stati l’agricoltura, il
mercato e l’industria con le loro grandi correnti religiose, culturali e ideologiche. Non sappiamo cosa
resterà dei quindici modelli “mappati” dal sociologo Domenico De Masi nel saggio “Mappa Mundi”,
i
MODELLI
IL BRASILIANO
La sfida (oltre ad analfabetismo,
violenza e disuguaglianza) è
ridistribuire la ricchezza puntando
a mantenere la miglior relazione tra
economia e felicità
L’INDUSTRIALE CAPITALISTA
Capace di generare un’impennata
della produzione, ma anche il
costante raggrumarsi della ricchezza
in poche mani e l'allargamento delle
povertà, vecchie e nuove
L’INDUSTRIALE COMUNISTA
L’automazione e la divisione
industriale del lavoro centuplicarono
la produttività, ma pochi artigiani
divennero “padroni” e la massa
fu sospinta nel proletariato
IL POSTINDUSTRIALE
Caratterizzato soprattutto dalla
prevalenza numerica dei lavoratori
addetti al settore terziario, con il
passaggio dalla produzione di beni
all’economia di servizi
I
n un panorama internazionale che vede
tramontare un modello dopo l’altro, resiste ancora il “modello svizzero”? I pilastri
fondanti del federalismo e della democrazia
diretta (o semi-diretta, per la precisione) rappresentano ancora basi solide su cui posare
le mura della società elvetica di domani? Domande certamente complesse, perché impongono sempre più spesso ragionamenti
che travalicano le frontiere geografiche del
Paese per un discorso che vale sia per l’unione federalistica dei 26 cantoni indipendenti
che formano la Svizzera, sia per il rapporto tra
la popolazione e la propria rappresentanza
istituzionale.
Il modello federalista, ad esempio, sta vivendo una fase di profonda mutazione. “In
un contesto internazionale in cui si osservano ormai milioni di capitalismi differenti, si
assiste ad una sorta di diversità tra regioni,
più che tra Paesi - nota il sociologo Sandro
Cattacin -. E questo vale anche per la Svizze-
che nella sua analisi sono in parte già superati. I
cambiamenti e la globalizzazione spingono anche
la Svizzera a chiedersi quali saranno i tratti distintivi
di un nuovo sistema politico e sociale. Perché pure
il federalismo, ad esempio, sta vivendo una fase di
mutazione. Fuori dai confini elvetici addirittura si
parla già di “post democrazia”. Forse non basterà un
solo modello centrale vincente, anzi è probabile che
uno dei tratti distintivi della futura organizzazione
sociale sarà il policentrismo. Un reticolo portante di
processi e di elementi nessuno dei quali, da solo,
potrebbe determinare la dinamica del tutto. Meglio
se, come suggerisce De Masi, frutto delle idee di un
team mondiale di esperti “illuminati”.
e.r.b.
DOMENICO DE MASI, sociologo
C
ome diceva Seneca “nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa dove vuole
andare”. Se oggi stesso, per incanto, la disoccupazione fosse debellata, il debito pubblico fosse
cancellato, lo spread fosse colmato, i conflitti sociali fossero sedati, tuttavia noi non sapremmo
dove puntare per la conquista della sperata felicità. Ci manca, cioè, un modello di convivenza e di
sviluppo adeguato ai nostri tempi.
Girando per il pianeta s’incontra pochissima
gente soddisfatta della società in cui vive. Non solo l’Occidente, ma l’intero pianeta vive in uno stato di disagio e disorientamento. Eppure, in pochi
decenni, l’umanità è riuscita ad allungare la durata della vita media, a decuplicare la popolazione
mondiale, a fare scoperte scientifiche inimmaginabili, a scrivere capolavori letterari e musicali, a
esplorare con uguale precisione atomi e pianeti.
Di fronte a questo paradosso si è costretti a riconoscere che non è in crisi la realtà ma è in crisi
il nostro modo di interpretarla, sono in crisi i no-
Non solo l’Occidente, ma è l’intero
pianeta che vive in uno stato
di disagio e disorientamento
stri modelli esplicativi: poiché le categorie mentali
mutuate dal passato non sono più capaci di spiegarci il presente, noi siamo indotti a diffidare del
futuro, proiettando un’ombra negativa anche sulle
prossime generazioni.
In ogni epoca e in ogni angolo del mondo gli
umani hanno dovuto affrontare le sfide perenni
che la natura si diverte a tendere: come vincere il
dolore, le malattie, la morte? come debellare la
miseria e la fatica? come eliminare l’ignoranza, la
noia, la solitudine? come liberarsi dai lacci della
tradizione e dalla violenza dell’autoritarismo? come ingentilire la rozzezza e abbellire la bruttezza?
Ognuna di queste sfide è stata affrontata ricorrendo a singoli strumenti; tutte insieme sono state
affrontate creando modelli di vita adottati da milioni di persone nell’arco di secoli o di millenni.
Ma ormai, sempre più spesso, in tutto il mondo e in tutte le classi sociali si sente dire: “Così non
si può andare avanti. Questo nostro modello di vita non funziona. Ne occorre uno nuovo”.
Questa esigenza è diventata evidente nell’attuale società postindustriale che, a differenza dei
sistemi precedenti, non è nata in base a un modello, a un progetto ma per successioni rapide di idee
geniali ma parziali, di tecnologie sorprendenti ma
anche di prodotti superflui, di riti noiosi, di comportamenti insensati, cresciuti uno accanto all’altro prima ancora che qualcuno li mettesse a sistema, teorizzandone, disegnandone, indirizzandone l’insieme.
Non fu così per molte società precedenti.
Quella medievale, ad esempio, nacque dal modello cristiano che ispirava la città dell’uomo alla città di Dio. Nel Settecento, in pieno assolutismo re-
gio e in piena inquisizione religiosa, poche decine
di intellettuali illuministi osarono elaborare e proporre un modello di società “borghese” basato
sulla ragione, sulla libertà, sulla laicità e sull’eguaglianza, affrontando le persecuzioni, il carcere e
persino la morte. Le socialdemocrazie sono nate
in base ai modelli anticipati da socialisti come
Owen e Bernstein. La società sovietica è nata sul
modello precedentemente concepito da Marx, da
Il libro
Il fenomeno
Se il mondo
ha smarrito
la bussola
della società
Tra il popolo
e il partito
un ambiguo
benessere
U
MAPPA MUNDI
Modelli di vita
per una
società senza
orientamento,
di Domenico
De Masi,
Rizzoli editore
L’abuso
degli strumenti
democratici rischia
di sfociare
nel populismo.
Serve più
equilibrio
n nuovo modello di vita probabilmente c’è,
ma è diventato una scommessa nel libro del
sociologo Domenico De Masi che, con
“Mappa Mundi”, non si limita ad offrire una sintesi
inedita dei grandi sistemi sociali elaborati finora
ad ogni latitudine, ma invita anche ad immaginare
altri mondi possibili. A corredo, come se si trattasse di una guida di viaggio, illustra con dovizia di
particolari tutti i valori e i disvalori della nostra e
delle altre culture. Al padre e strenuo sostenitore
dell’“ozio creativo”, non sfugge né l’attuale carenza
di lavoro, né il fatto che le uniche economie in
ascesa siano quelle dei Paesi dove si sono “delocalizzate” la produzione e la creazione di nuovi prodotti. Come non nasconde il rischio che, al declino
economico dell’Occidente, si accompagni anche
la fine della nostra cultura. L’invito ad elaborare un
nuovo stile di vita, però, non è rivolto a governi, industriali o magnati della finanza, ma agli intellettuali. Stimolando un insieme di pensieri in grado
di superare confini ed orizzonti culturali per ribaltare (costi quel che costi) l’esistente. Perché un
nuovo modello di riferimento, non può che essere
frutto dell’elaborazione di tante e concrete idee “illuministe”. E “Mappa Mundi” indica già le rotte che
sarebbe anacronistico ripercorrere.
e.r.b.
Engels e da Lenin.
L’attuale società postindustriale, invece, si è
formata sotto la spinta del progresso, senza un
modello predeterminato, per germinazione spontanea, come collage di modelli preesistenti e di circostanze estemporanee. Da qui, dalla mancanza
di una mappa capace di guidare il nostro percorso
di vita, deriva il disorientamento che affligge i nostri tempi.
Con il libro “Mappa Mundi. Modelli di vita per
una società senza orientamento” ho voluto contribuire alla costruzione di questa mappa, che può
avvenire in due tappe. La prima consiste nel cercare spunti e presagi nei modelli di vita che hanno
sorretto alcune società passate o attuali. Io ne ho
scelto quindici: il modello indiano, il cinese, il
giapponese, il greco-romano, il cristiano, il musulmano, il protestante, l’ebraico, l’illuminista, il liberale, il socialista, l’industriale capitalista, l’industriale comunista, il postindustriale, il brasiliano.
Alcuni di questi modelli hanno regolato la vita
di singoli Paesi o di singoli popoli, altri di interi
continenti e di molte etnie; quello romano ha co-
L’economia
L’economista Rossi spiega il successo della ricetta elvetica
IL CAPICOMUNISMO
La Cina, sfruttando i
vantaggi della
globalizzazione, ha
creato un modello
che non è né un
sistema capitalista,
né comunista in
senso classico: il
“capicomunismo”
perto quasi tutto il mondo allora conosciuto dai latini; quello ebraico riguarda un popolo ubìquo e
uno Stato circoscritto; quello musulmano e quello
postindustriale aspirano a essere planetari.
Per essere distillato, ognuno dei modelli prescelti ha richiesto secoli di sapienza collettiva,
esperienza, saggezza, creatività, riflessione, coraggio. Una volta consolidato, a seconda dei casi è diventato una forza protettiva, un motore dinamico,
un tessuto connettivo, una gabbia opprimente.
Fatto questo lavoro, individuati i punti di forza
e i punti di debolezza di ciascun modello, ora occorre costruire il nuovo modello, capace di orientarci nell’attuale società disorientata. Ma a chi tocca l’onere di elaborare questo nuovo modello? Chi
possiede l’esperienza, la saggezza, la genialità, il
coraggio per definirlo? Un compito così imponente non può essere portato a termine da uno solo
ma richiede l’apporto multidisciplinare di un team
di studiosi, disposti in tutto il mondo a impegnare
la loro intelligenza su questo obiettivo.
Sono certo che il desiderio di vincere il disorientamento supererà ogni ostacolo e che l’obiettivo salvifico sarà raggiunto perché, come diceva
Daniel Bell “l’immaginazione dell’uomo non rinunzierà mai a fare della società un’opera d’arte”.
quello svizzero, in cui la partecipazione della
gente è garantita istituzionalmente, mi sembra un surplus da valorizzare e da sottolineare”. Qualche problema, comunque, c’è. Soprattutto perché sia il modello federale che la
democrazia diretta qualche difetto mostrano
di averlo. “In un quadro di grandi regioni,
adeguare il federalismo alle necessità determinate dalle ridotte dimensioni dei cantoni
può rappresentare una sfida importante - aggiunge Cattacin -. Importante come la sfida
di democratizzazione a cui deve sottoporsi
l’Unione europea per entrare definitivamente in questa nuova dinamica regionale”.
Il tutto senza scadere nella “dittatura della maggioranza”, come avverte Macaluso:
“Abusando degli strumenti democratici si
sfocia nel populismo, non vanno insomma
ipostatizzati come unica forma di democrazia possibile. L’equilibrio tra parlamento e diritti popolari in Svizzera è importante. Romperlo farebbe andare incontro a rischi notevoli”.
[email protected]
Q@MassimoSchira
La finanza
Il riorientamento bancario visto dall’avvocato Bernasconi
“Welfare State e profitti “La piazza finanziaria
dosati con intelligenza” resta un settore leader”
L
Il compito è imponente, richiede
l’apporto multidisciplinare
di un team mondiale di studiosi
D
a un punto di vista economico l’unico modello che, negli anni recenti, inclusi gli ultimi tempi di crisi finanziaria globale, ha saputo raggiungere un Pil a doppia cifra è quello cinese. Il fenomeno del “Capicomunismo”, come l’ha
definito l’economista Loretta Napoleoni nel suo
“Maonomics”, come amara medicina cinese contro
gli scandali dell’economia occidentale. Un modello
difficilmente replicabile, e ancor più difficilmente
accettabile, perché basato sul singolare rapporto
tra la popolazione e il Partito comunista di Pechino.
Rapporto a sua volta basato su una rudimentale
forma di benessere: fintanto che l’economia cresce
e il benessere si diffonde, la popolazione sarà d’accordo con il sistema. Fatto sta che in trent’anni la
Cina è passata dall’essere un Paese in cui si moriva
di fame ad una superpotenza, in grado di sfidare gli
Stati Uniti per il primato economico. Un “miracolo
economico” che, secondo Napoleoni, è riuscito
sfruttando i vantaggi della globalizzazione, ma creando un modello che non è nè un sistema capitalista, nè comunista in senso classico. Un modello
ibrido, il “Capicomunismo” appunto. Sistema molto più flessibile del neoliberismo in Occidente, forse più utile a capire cosa da noi non ha funzionato
che a spingerci all’emulazione.
e.r.b.
ra, dove più che attraverso gli schemi classici
del federalismo, bisogna ragionare in termini
di cinque macro regioni, che vanno ben oltre
le frontiere della nazione. Pensiamo a Basilea
città: la macro regione comprende tre città,
disposte però in tre Paesi distinti. Il che porta
evidentemente a ragionare a livello di grandi
aree regionali, dimenticando le frontiere. Così come a Ginevra, dove metà della popolazione vive, di fatto, in Francia”.
Una situazione che, però, non sembra intaccare più di tanto la scelta di affidarsi ad
una democrazia in cui il ruolo dei cittadini resta cruciale. “Fuori dai confini elvetici si assiste all’avvento di quella che viene sempre più
sovente definita postdemocrazia, o democrazia pubblica - osserva lo storico Pompeo Macaluso -. Questo significa che dalla democrazia parlamentare di inizio Novecento si è passati a quella dei partiti dopo la Seconda Guerra mondiale, per arrivare all’attuale modello,
in cui ai partiti è stato preferito il leader. Si vota il leader, non i partiti. In questo contesto di
democrazia che si ‘asciuga’, un sistema come
Sergio
a stabilità anche al tempo della crisi, negli
ultimi anni ha certamente rafforzato la posizione economica della Svizzera sullo scacchiere internazionale. “A differenza di Germania
o Cina, l’economia elvetica non è orientata in modo preponderante sull’export, è più equilibrata spiega l’economista Sergio Rossi -. Le aziende
esportatrici sono ben bilanciate dal mercato interno, che sostiene il potere d’acquisto e la prosperità del Paese; attraverso guadagni, imposte e
assunzioni è un’economia orientata
anche a chi in Svizzera ci abita”. Una
situazione che gode anche di una base istituzionale solida, che svolge un
ruolo di promozione anche per il
mondo economico. “Il ruolo della
Confederazione e dei Cantoni a sostegno delle varie attività produttive
Rossi
è innegabile - prosegue Rossi -. Basti
pensare al ruolo pubblico in ambiti
come l’istruzione (anche nel terziario con le università, che solitamente
sono cantonali) o in grandi progetti
come le trasversali ferroviarie alpine.
Il tutto inserito in un contesto in cui
la prestazioni sociali sono importanti e sostenute attraverso la fiscalità.
Tutti elementi che contribuiscono
alla stabilità economica e alla coesione sociale”.
Un aspetto, quello sociale, che negli ultimi anni
viene spesso “messo all’indice”, soprattutto per i
costi elevati che genera. “È il modello neoliberista
che tende a mettere in discussione la funzione
dello Stato sociale - puntualizza Rossi -. Lo testimoniano anche le accese discussioni sulla suddivisione del reddito che hanno portato a votazioni
come quelle sull’iniziativa Minder, sul rapporto
1:12 o che, presto, porterà alle urne per il salario
minimo a 4mila franchi. Nonostante ciò è innegabile che la Svizzera se la sia cavata meglio di altri
Paesi negli ultimi tempi”.
m.s
“La giusta dinamica
tra esportazioni
e mercato interno
rende più solida
la congiuntura”
A
Paolo
d osservarlo senza prestare troppa attenzione ai dettagli, il modello finanziario svizzero
sembra continuamente sotto il fuoco incrociato delle bordate internazionali. Americane in
primo luogo. Ma agli occhi dello specialista la situazione appare almeno in parte diversa. “Il problema va ricondotto a due fattori - osserva l’avvocato Paolo Bernasconi, esperto in questioni finanziarie internazionali - il primo, il più appariscente,
è la battaglia commerciale sotto spoglie fiscali che
ha come locomotiva gli Stati Uniti
e come vagoni altre organizzazioni internazionali. Il secondo, il più
importante, è legato alla situazione economica negli altri Paesi. La
piazza svizzera resta leader, specialmente con la globalizzazione
Bernasconi dei mercati. Le democrazie non
occidentali che hanno bisogno di
una piazza sicura ed efficiente - e
penso ai Paesi ex Urss e del Brics
innanzitutto - sono in forte crescita. E in Europa, oltre a Londra, c’è
solo la Svizzera”.
Una situazione che ha portato
e continua a portare ad un afflusso
importante di patrimoni privati,
ma anche aziendali. “La Svizzera è
sotto tiro? Sì, ma solo per il private banking - precisa Bernasconi -, fortunatamente la piazza non si
basa però solo su questo settore. Anzi, prendiamo
l’esempio di Zugo: nel cantone hanno sede sette
delle dieci maggiori imprese al mondo per il trading di materie prime. Aziende che pagano le tasse, ma che si basano anche sui servizi delle banche
di Zugo e non solo. O pensiamo alla regione di Ginevra e Losanna dove dominano le società petrolifere. Oppure, ancora, al mercato dell’oro. No, la
piazza svizzera nel suo insieme va molto bene.
Certo, le monoculture bancarie, come è sucesso in
Ticino, non possono non avere problemi”
m.s.
“Il private banking
è stato bacchettato?
Vero, ma altri
servizi sono oggi
molto importanti”
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
36
tra
virgolette
OF
X
La società liquida
ruba alla natura
i suoi succhi vitali
L
a società liquida ama nutrirsi delle linfe vitali
della natura. Spreme agrumi, strizza radici,
centrifuga frutti di tutti i tipi. Per concentrare
essenze vegetali in bicchieroni di benessere. Dall’Europa naturista alle Americhe salutiste, fino a
quell’immenso emporio globale che è Dubai, spopolano i juice bar. Locali dove il pezzo forte sono
bevande a base di ogni genere di frutta e verdura.
Dalla maracuja al cocco, dallo zenzero all’açai, dalla papaya al mandarino. Per non parlare di finocchi, sedano, carote e spinaci. Il presupposto è che
da qualsiasi fibra si può estrarre un po’ di energia.
Fatta eccezione per le proverbiali rape, dalle quali
com’è noto, non si ricava nemmeno una goccia di
sangue.
Gli ingredienti di questi cocktail toccasana sono quasi sempre tre. Proprio come le fate delle fiabe. E riprendono inconsapevolmente il potere magico che questo numero ha avuto per secoli nell’immaginario russo ed europeo. I tre porcellini, le
tre civette, le tre melarance. Ma anche le prove iniziatiche dell’eroe di turno che erano sempre più di
due e meno di quattro. E tre erano anche le Grazie.
Perché la triade rappresenta la perfezione e la totalità.
Non a caso il più grande studioso della fiaba,
Vladimir Propp, che ha chiamato questo curioso
meccanismo “triplicazione”, lo considerava il vero algoritmo di ogni racconto a lieto fine. Qualcosa di simile sembra funzionare anche con i beveroni del salutismo globale. Avocado, mela e limone, è la triplice
alleanza anti-tossine. Spinaci, anguria e ananas per
ritrovare il pesoforma. Sambuco, mela, menta e il paradiso può attendere.
Insomma, i centrifugati sono i succhi primigeni
della madre terra alle cui fonti i cittadini globali corrono ad abbeverarsi per purificare il corpo e drenare
l’anima. Per decontaminare se stessi e l’ambiente,
dopo aver mandato giù ettolitri di spremute artificiali e bibite dagli aromi improbabili. È un atto di resipiscenza ecologica. E insieme la speranza che gli umori della natura diventino la nostra pozione di Asterix.
Un elisir di lunga vita che ci restituisca il vigore della
verde età. E ci faccia vivere felici e contenti.
di
CAROLINA
Ingredienti per 2 persone
- 1 arancia biologica
- 1 banana
matura biologica
- 1 pera biologica
Arancia, banana e pera
ELISABETTA MORO
LA RI ETTA
oltreilcibo
Altro che frullati. E non si spremono
più solo agrumi. Si strizzano
radici e si centrifuga frutta di ogni tipo
Sbucciare la banana e tagliarla a pezzi.
La polpa della banana è densa, quindi
quando viene spremuta dà più una
purea che non un succo. Per questo si
suggerisce di unirla ad altra frutta.
Passare nella centrifuga la banana per
prima e poi l'altra frutta con più sugo
per diluirne il succo. Lavare bene la pera
e tagliarla in 4 parti. Dividere a metà
l'arancia. Mettere la frutta nella
centrifuga e metterla in funzione
secondo le istruzioni. Niente zucchero:
la frutta usata per questo centrifugato è
già molto dolce.
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IL CAFFÈ
13 aprile 2014
37
tra
virgolette
Gli enigmi
SUDOKU
QUENTO
2048
La nuova versione della
700esca griglia di nove
celle per nove da 10 anni
appassiona milioni di
giocatori nel mondo.
Veloce e adrenalinico,
per la sua versatilità e
molteplicità di varianti è
considerato il “Ruzzle”
dei giochi matematici.
Il videogioco del
momento creato da un
19enne. Solo un
giocatore su cento finora
ha vinto la partita.
QUADRATO MAGICO
TRAINARITH
LITTLE SMILING MINDS
Costituito dai primi 9
numeri interi in modo che
sommati su 3 righe, 3
colonne e 2 diagonali il
risultato sia sempre 15.
Diabolica app per iPhone
che offre una serie di
calcoli sempre più difficili
da risolvere senza errori in
un tempo limite minimo.
Giochi matematici
realizzati da Focus per
bambini dai 3 anni in su:
ContaBosco, ContaMare
e ContaSavana.
La matematica
non è un’opinione
ma un... gioco
Dai concorsi internazionali alle app
sfidarsi con i numeri fa tendenza
EZIO ROCCHI BALBI
L
a matematica non è un opinione, è un gioco. E poco importa se la sfida coi numeri
avviene con un videogame,
con un’app su smartphone e
tablet, o ai banchi dei concorsi per novelli Pitagora. Nonostante l’apparente e
generale idiosincrasia per calcoli, radici quadrate e percentuali (per tacere
delle frazioni), la matematica sta spopolando in tutti i suoi aspetti più ludici.
Sul web, poi, sta diventando un fenomeno “virale” da quando è apparso
“2048”, un rompicapo ideato dal 19enne
friulano Gabriele Cirulli e che in due
settimane ha già visto cimentarsi più di
sette milioni di giocatori online. Sommando su un tavoliere sedici numeri
bisogna raggiungere, appunto, un totale di 2048. Solo uno su cento ce la fa.
Giocare con i numeri, comunque,
non è un piacere riservato solo alle più
brillanti menti scientifiche, che per “rilassarsi” affrontano i più grandi enigmi
matematici di tutti i tempi dall’indovinello della Sfinge ai ponti di Königsberg
di Eulero, fino alle torri di Hanoi di Lucas. E neanche si tratta di memorizzare
la successione di Fibonacci, che i più
hanno scoperto leggendo “Il codice Da
Vinci” o vedendone il film con Tom
Hanks. Basta pensare al successo planetario del “Sudoku” per capire quanto
i quiz matematici possono essere di
consumo popolare. Nonostante preveda 6.670.903.752.021.072.936.960 soluzioni, la griglia numerica di nove celle
per nove - inventata dal matematico
svizzero Eulero da Basilea - da quasi
L’idiosincrasia per calcoli,
radici quadrate e frazioni,
spesso è solo apparente
dieci anni paralizza milioni di giocatori
nella sua versione moderna. Naturalmente, anche se è più una sfida che un
gioco, esistono livelli ludici d’élite. Come, ad esempio, i “Campionati internazionali di giochi matematici” arrivati al-
L’intervista
la 28esima edizione mondiale e che
quest’anno vedranno la finale ad agosto
a Parigi. Basti dire che, in Italia, i campionati sono organizzati dal Centro Pristem dell’Università Bocconi, che ospita le finali nazionali. E se ci si vuol fare
un’idea della spremitura di meningi
necessaria, basta visitare il sito che
l’ateneo milanese dedica all’evento e
cliccare su “allenamenti”. Un incubo
peggiore dell’esame di maturità!
Eppure alla prima edizione parteci-
Il giudizio del coordinatore della competizione per gli scolari ticinesi
“Quando sono in gara al Rally
i ragazzi non si tirano indietro”
M
agari gli studenti ticinesi non rientrano
nell’hit parade dei punteggi Pisa, il Programma per la valutatione internazionale
che vede soprattutto nelle materie scientifiche la
bestia nera degli studi, ma se si tratta di gareggiare
in un “Rally” non si tirano certo indietro. Anche se il
Rally è matematico, come il concorso internazionale per i ragazzi dalla
MICHELE
terza elementare alla
TAMAGNI
quarta media, arrivaCoordinatore to alla sua 22esima
del Rally
edizione.
“Che
matematico
quest’anno coinvolge
internazionale ben 1600 studenti in Ticino
come ricorda Michele Tamagni, ispettore
scolastico del Cantone, pedagogista e coordinatore del Rally matematico -. E la gara non è
solo per le ottanta classi partecipanti, ma anche per
i loro docenti che, a loro volta, devono elaborare
quesiti da proporre alla commissione internazionale”.
Sono test impegnativi o in versione ludica?
“Non scherziamo, sono giochi matematici stimolanti e che richiedono logica e impegno, seguono gli schemi dell’Istituto di ricerche di Neuchâtel
che ha una tradizione didattica molto forte”.
Tra i ragazzi ticinesi capita qualche Fibonacci
in erba?
“Sicuramente ce ne sono, e sono quelli che contribuiscono a far vincere il gruppo. Il gioco, infatti, è
di squadra, i ragazzi vengono lasciati soli e devono
risolvere, confrontandosi in gruppo, i quesiti”.
La competizione, i calcoli hanno il sopravvento sull’aspetto divertente della gara?
“Il test ha una doppia valenza: sia per l’aspetto
matematico, l’elemento didattico di alta qualità con
équipe di elevato spessore, sia per la strategia adottata per risolvere una serie di problemi in 50 minuti”.
I risultati didattici sono positivi?
“Direi di sì. Non solo gli allievi risolvono problemi matematici in modo efficace, ma sviluppano la
capacità di lavorare in gruppo, affrontano le basi
elementari del ‘dibattito scientifico’ e poi, naturalmente, hanno l’occasione di confrontarsi agonisticamente con altri compagni e altre classi”.
Ma riescono a divertirsi?
“Il Rally è una sfida, una competizione dal carattere sportivo, certo che si divertono. È anche
un’occasione originale e stimolante per mettersi in
gioco. Non sono l’interlocutore adatto per commentare i programmi di matematica delle scuole
del cantone, ma da quello che ho visto nelle varie
edizioni i ragazzi delle classi in gara, dalle elementari alle medie, sono proprio in gamba”.
Una sfida anche per i loro docenti?
“Questo è poco ma sicuro. Infatti, abbiamo notato che, spesso, gli exploit si ripetono nelle classi
con diversi studenti, ma con lo stesso insegnante.
Vuol dire che nel corso degli studi li prepara non solo agli enigmi matematici, ma anche alla strategia
giusta per affrontarli”.
parono poco più di 400 “giochisti”, all’ultima oltre 45.000. Meglio puntare, certi
di essere comunque fuori età, al “Rally
matematico” organizzato in Ticino (vedi
articolo a fianco) e destinato agli studenti fino alla quarta media.
Resta il fatto che la matematica è un
gioco che richiede logica, intuizione,
fantasia e per questo è apprezzata anche dei più piccoli. Dedicati a loro “Little Smiling Minds”, un progetto e una
serie di app che sollecitano in modo allegro e intelligente la mente dei bambini coinvolgendo anche i genitori. Persino la rivista Focus, sul tema, ha sviluppato app aritmetiche dedicate ai bambini in età prescolare, dai tre anni in su:
ContaBosco, ContaMare e ContaSavana. Ma armati di smartphone o tablet
ognuno può scegliere l’applicazione
con cui confrontarsi, finendo per... dare i numeri. Nel mondo Ios ci si può rilassare con “Re della matematica” o
col diabolico meccanismo a tempo di
“TrainArith”. Sul versante Android, invece, si parte con “Math World” o “Bolle di matematica” fino a “Quento” che
è considerato il “Ruzzle” dell’universo
numerico.
Oppure si può ricorrere all’autarchico “quadrato magico”, già noto in
Cina nel quarto secolo avanti Cristo,
costituito dai primi nove numeri interi
disposti in modo tale che, sommati
sulle tre righe, sulle tre colonne e le
due diagonali, il risultato sia sempre
15. Basta un gesso e anche un tombino
stradale diventa un tavoliere da gioco
matematico.
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
Quiz e test impegnativi
che richiedono tanta logica,
intuizione e fantasia
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
39
tra
O
gnuno di noi ha due mestieri, il proprio e quello
di critico cinematografico. Parole di François Truffaut,
quando ancora esistevano le rivistine e il cineclub con dibattito. I blog su internet lo confermano. Non importa se vengono
letti da una manciata di persone, perlopiù amici e conoscenti.
Pagine e pagine di analisi, estese
alle serie tv da commentarsi episodio dopo episodio, che uniscono arroganza, dilettantismo,
battibecchi con i blog rivali.
Il crollo delle barriere d’entrata – non c’è più bisogno di un
giornale che ti dia spazio, di un
caporedattore che aggiusti il tiro e costringa un numero ragionevole di righe (la nostra attenzione su internet fa lo zapping,
mentre gli articoli sono sempre
più lunghi) – procura più danni
che vantaggi. Anche ai titolari
di blog: le porte chiuse in faccia
fanno male, ma aiutano a migliorarsi.
Le eccezioni sono rare e
preziose. Bisogna saper usare il
nuovo mezzo, come fa il misterioso “kogonada”. Tutto in minuscolo, anche su twitter, dove
la scarna biografia dice “I make
sushi” (le altre cose che si sanno di lui sono l’origine asiatica e
il trasferimento negli Usa). Su
Vimeo – che a differenza di
YouTube ospita filmati originali
schermi
MARIAROSA MANCUSO
Certi film famosi
vanno sfilettati
proprio come il sushi
e bandisce i gattini carini – pubblica splendidi videosaggi.
“Wes Anderson // Centered” è l’ultimo della serie. Un
montaggio di inquadrature tratte dai film del regista texano
che, senza bisogno di chiacchiere, in tre minuti certificano
una delle sue fissazioni visive:
la simmetria che posiziona il
personaggio al centro della scena. La riga di mezzeria taglia
perfettamente a metà il naso di
Bill Murray, di Adrian Brody, di
Owen Wilson, del volpacchiotto Mr.Fox. Esattamente quel
che i manuali di regia dicono di
evitare, raccomandando composizioni più sbilanciate e realistiche.
Conviene vederlo dopo essersi goduti al cinema “Grand
Budapest Hotel”. Fare il contrario distrae dalle avventure del
concierge Gustave e del fattori-
libri
virgolette
MARCO BAZZI
TAGLIO SIMMETRICO no Zero nell’immaginaria Re-
Il video “Wes
Anderson//
Centered”
mostra la
precisione del
regista
nell’inquadratura
pubblica di Zubrowska (siamo
negli anni Trenta, già si va alle
terme e già esistono i gigolò, il
killer somiglia a Dracula in cappotto di pelle Prada). E intanto
divertirsi con gli altri minisaggi
firmati kogonada.
Una riga in mezzo allo
schermo taglia a metà
il naso di Bill Murray
CON TOTALE
ABNEGAZIONE
Tristan Tzara
(Castelvecchi)
Stanley Kubrick preferisce le
fughe prospettiche, nei lunghi
corridoi dell’Overlook Hotel e
nell’astronave di “2001: Odissea
nello spazio”. Quentin Tarantino
ha la passione per i personaggi
ripresi dal basso. Terrence Malick per due elementi primari, il
fuoco e l’acqua. “I make sushi”,
appunto. Sfilettando i film e
senza darsi troppe arie.
PUBBLIREDAZIONALE
IN COLLABORAZIONE CON
ILCAFFÉ
Spetta alla cultura
liberare l’umanità
P
oesia e rivoluzione, e più in generale, arte e
rivoluzione, e ancora più in generale arte e
società. Il rapporto tra mondo immaginario e
mondo reale è stato al centro di un discorso che il
poeta Tristan Tzara (pseudonimo di Samuel Rosenstock) tenne nel 1947 alla Sorbona e che fu la
base per il saggio “Il surrealismo e il dopo guerra”,
tradotto in italiano con il titolo “Con totale abnegazione” (Castelvecchi).
Tzara, che fu tra i promotori del movimento dadaista a Zurigo (era il 1916) indaga un mondo, quello dell’arte, che oggi pare sempre più scollato dalla
società e sempre più legato a dinamiche e logiche
economiche, sia nella letteratura sia nell’arte figurativa. Infatti la poesia ha oggi ben poco “valore di
mercato”.
C’è una tesi che Tzara vuole smentire nel suo
saggio: che la poesia sia qualcosa di astratto e di
slegato dalla realtà. “La poesia è immersa nella
Storia fino al collo, se così possiamo dire”, scrive.
“Se le rivoluzioni sono opera dei popoli e se la
loro autenticità dipende dalla struttura delle società in ascesa, l’immagine di libertà che le guida
è una creazione dei singoli. Nella Storia sono sempre stati i poeti e gli scrittori a dare un contenuto
reale all’idea di libertà, sono stati gli intellettuali a
integrare i suoi simboli nelle coscienze nazionali”.
Poi Tzara amplia il discorso alla cultura in generale: “Per non essere statica o regressiva, dev’essere
diretta verso uno scopo: la liberazione dell’uomo.
Scienza, agi, benessere, arte, letteratura, non hanno
senso se, socialmente, non sono destinati ad aiutare
l’uomo a liberarsi dei vincoli materiali esterni e, in
via sussidiaria, dalle costrizioni morali più intime”.
Il poeta rumeno ripercorre l’evoluzione della
letteratura dal Romanticismo al Surrealismo, passando dai poeti maledetti, cita Cartesio e Rousseau… Poi scrive: “I bambini, prima di subire la tirannia dell’educazione, e i pazzi”, ci insegnano “che
l’esistenza poetica è una facoltà umana propria di
ogni individuo. Si tratta di conciliarla con il comportamento sociale, di integrarla, di coltivarla”. Si tratta
di diffondere nuovamente, in strada, al cinema, negli spettacoli, “l’amore per questa poesia della vita”.
PUBBLIREDAZIONALE
Porsche Macan Life Intensiied Tour
NEEL JANI – EROE
NEL TEST DRIVE
NEEL JANI, pilota professionista Porsche
«LO SPAZIO NELL’AUTO
È IMPORTANTE»
Quando viaggio nel mio tempo libero... utilizzo poco l’auto. Preferisco la moto, che nel trafico mi permette di arrivare a destinazione più
velocemente.
Chi desidera un’auto sportiva... dovrebbe assolutamente acquistare una Porsche 911, con
cui andare a Le Mans per sostenerci durante
la 24 Ore di Le Mans.
Un’auto per tutti i giorni deve... essere soprattutto pratica. Per me sono importanti i sensori
di parcheggio, GPS e tanto spazio. L’auto deve
però anche avere dinamica e caratteristiche
sportive.
Ciò che mi colpisce della Porsche Macan... il
fatto che riesca davvero a unire sportività ai vantaggi del SUV.
Scoprite la nuova
Porsche! Marc Pagliotti
ha vinto una giornata
a tutto gas con la
Macan e il pilota
professionista Neel Jani.
Foto: Adrian Bretscher
L a Porsche ha da poco presentato
la nuova Macan: quale occasione
migliore per regalare a undici
vincitori una giornata con l’auto
e la star dei loro sogni? Marc
Pagliotti (51) è uno dei fortunati: il banchiere
ha l’opportunità di testare la Macan sulla pista di prova di Lignières NE insieme a Neel Jani
(30), il primo svizzero dopo quasi 40 anni a
partecipare con il team Porsche al Campionato del Mondo Endurance.
Neel deve essere pronto a
tutto perché il suo fan vallesano è un appassionato guidatore di Porsche e conosce
bene questa disciplina sportiva: «Da anni nel tempo libero pratico le corse automobilistiche, sono la mia
passione!» In efetti, Marc è
inarrestabile nella prova di
forza su pista, al rilevamento cronometrico è
in ritardo di un solo decimo di secondo da
Jani! Il professionista è meravigliato: «Il ragazzo va veramente velocissimo!» Sorrisi radiosi in una stupenda giornata di sole: «Sono
onorato che Neel mi dedichi tutto questo
IN VIAGGIO CON LA POTENZA
DELLA PORSCHE:
Marc Pagliotti (a destra) trascorre una giornata con il pilota professionista Neel Jani.
Scoprite la
Macan:
la piccola
tigre per comfort
sportivo.
www.porsche.ch
NEL SUO TEMPO
LIBERO,
Marc Pagliotti pratica le
corse automobilistiche. Sulla
pista di Lignières Neel Jani
dà alcuni consigli al suo fan,
che gli dà filo da torcere.
tempo», aferma Marc. Neel risponde: «Ne approittiamo entrambi: io ti fornisco indicazioni su come
efettuare le curve e tu mi dai alcuni consigli
su come lirtare, una situazione win-win!»
Ridono, i due si capiscono alla grande. E sono
concordi: «La Macan è così sportiva che quasi ci si dimentica di essere in un SUV!»
LA PORSCHE CONQUISTA
NUOVE CLASSI
La Macan è il primo modello sportivo a entrare nel
segmento dei SUV compatti stabilendo nuovi standard su strada e fuoristrada. La Macan riunisce le
tipiche caratteristiche di guida che da sempre
contraddistinguono una Porsche: massimi valori di
accelerazione e frenata, potenza elevata, estrema
agilità e precisione di sterzata ottimale. Caratteristiche che si combinano a un elevato livello di comfort
e di idoneità all’uso quotidiano.
Per maggiori informazioni sulla Porsche Macan consultate il sito
www.porsche.ch.
40
1
2
tra
virgolette
Lo sport
MASSIMO SCHIRA
“L
o sai papà, che
quasi mi mettevo a piangere
dalla rabbia,
quando ti sei arrampicato sulla rete di recinzione, urlando contro l’arbitro? Io
non ti avevo mai visto così arrabbiato! Forse sarà anche vero che
lui (l’arbitro) ha sbagliato, ma
quante volte io ho fatto degli errori senza che tu mi dicessi niente…” Parole chiare quelle che rimarcate dalla campagna della
Federazione ticinese di calcio
con una “Lettera al mio papà”
contro la violenza (anche verbale) a bordo campo. Parole che
tornano con forza d’attualità dopo i recenti gravi episodi che
hanno spinto i vertici del calcio
cantonale a sospendere per una
giornata il torneo degli allievi D9
(età tra gli 11 e i 12 anni) a causa
delle intemperanze di alcuni genitori, addirittura contro arbitri
adolescenti e ancora in formazione.
L’appello nella “lettera” è circostanziato. “Anche se ho perso
la partita ‘per colpa dell’arbitro’,
come dici tu, io mi sono divertito
lo stesso. Ho ancora molte gare
da giocare e sono sicuro che, se
non griderai più, l’arbitro sbaglierà di meno”. D’altra parte, come sottolinea anche l’allenatore
ifatti
SEI O SETTE CASI DI INTEMPERANZE
MINACCE AD UN PICCOLO ARBITRO
Nelle ultime giornate del
campionato della categoria
D9, ragazzi tra 11 e 12 anni,
vengono alla luce diversi
episodi di intemperanze a
bordo campo da parte di adulti
L’episodio che fa traboccare
una situazione preoccupante
vede un genitore, che
invadendo il campo minaccia
di percosse un giovane arbitro
in formazione
3
IL CAMPIONATO È SOSPESO
La risposta della Federazione
ticinese è determinata e
decisa: tutti fermi per una
giornata. La riflessione si
impone per evitare il ripetersi
di episodi tanto incresciosi.
“Caro papà...,
il
Il divertimento
è prioritario!
TAMI A PAGINA 14
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buttassero giù me, quante parolacce diresti?”
I sei-sette casi di intemperanze a bordo campo emersi di
recente hanno indotto la Federazione alla drastica decisione di
sospendere per una giornata
l’intero campionato, anche come
occasione per una riflessione a
cui è chiamato tutto l’ambiente
del calcio giovanile. Riflessione a
cui la “lettera” fa chiaramente riferimento. “Scusami papà, ma di
ritorno dalla partita non dire alla
mamma ‘oggi ha vinto’ o ‘ha perso’; dille solo che mi sono divertito tanto e basta. E poi non raccontare ti prego che ho vinto perché ho fatto un gol bellissimo:
non è vero, papà! Ho buttato il
pallone dentro la porta perché il
mio compagno mi ha fatto un bel
passaggio, il mio portiere ha parato tutto e assieme agli altri
compagni ci siamo impegnati
moltissimo; per questo abbiamo
vinto (ce l’ha detto il mister)”.
Divertimento, rispetto delle
regole e apprendimento di un
gioco di squadra restano priorità
irrinunciabili. Aspetti a cui, anche secondo Tami, sarebbe opportuno che gli adulti ripensassero ogni volta prima di seguire i
figli alla partita.
[email protected]
Q@MassimoSchira
Il rapporto genitori e figli
s’infiamma a bordo campo
fuoricampo
LA LETTERA
L’appello della Federazione per un
calcio giovanile meno esasperato
dalle presenze a bordo campo
calcio
non è una guerra”
della nazionale Under 21, Pierlugi Tami, nella sua rubrica “Fuori
Campo” su questa edizione de Il
Caffè (a pagina 14), le aspettative
degli allenatori e dei genitori non
sono prioritarie rispetto a quelle
dei ragazzi sul campo. Con il divertimento che passa in primo
piano, nella speranza che i figli
non diventino la proiezione delle
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
ambizioni dei genitori. Ecco,
un’altra faccia del tifo violento che, oltre alle sue conseguenze immediate, è
anche pericolosamente diseducativo per i figli stessi dei tifosi. Per
questo la Federazione è
scesa in campo.
“Papà, capisci – prosegue
la lettera -, io voglio solo giocare,
ti prego, lasciamela questa gioia,
non darmi suggerimenti, che mi
fanno solo innervosire: ‘tira’,
‘passa’, ‘buttalo giù’… Mi hai sempre insegnato a rispettare tutti,
anche l’arbitro, e di essere
sempre educato… E se
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IL CAFFÈ
13 aprile 2014
41
tra
virgolette
Lo studio
3°
Monaco
1°
2°
Francoforte
Quali città
non
anglofone
parlano
il miglior
inglese
Zurigo è la città
al mondo dove
si parla il migliore
inglese,
e la Svizzera
svetta tra i Paesi in
classifica usandolo
per il business
Fonte: www.ef.com
Zurigo
Classifica
4°
Mosca
5°
Ginevra
6°
Berlino
7°
San Pietroburgo
8°
Tokyo
9°
Singapore
10°
Milano
L’economia si rivela vincente
ma solo se “speaking English”
I
l lavoro è diventato più delocalizzato, le informazioni più decentralizzate e, anno dopo anno, le
economie nazionali si sono sempre più globalizzate. In un mondo
in cui la comunicazione non è più connotata geograficamente, l’uso di una
lingua comune diventa uno strumento
di vitale importanza. E questo strumento è l’inglese, la lingua del mondo degli
affari, strettamente correlata allo sviluppo economico dei Paesi. Il passaggio
all’inglese come lingua aziendale ufficiale è un processo ancora in corso, ma
la Svizzera – nonostante le attuali difficoltà del suo multilinguismo – si piazza
ai piani alti del “do
you speak enTurchia
glish”, e Zurigo è la Kazakhistan
città dove per il Ungheria
business si parla il Brasile
miglior inglese al Russia
TENDENZA A
India
mondo.
La Banca mon- Cina MIGLIORARE
diale e la Società fi- TENDENZA A
nanziaria interna- PEGGIORARE
zionale (Ifc) hanno
Francia
classificato gli amArabia Saudita
bienti normativi
Guatemala
delle economie
mondiali, attraverso le loro facilitazioni all’ avviamento e all’ operatività
imprenditoriale. L’indice di conoscenza
dell’inglese, invece, è stato monitorato
per sei anni dall’Ef-Epi, l’English proficiency index che pubblica il più ampio
rapporto internazionale sulla competenza linguistica nel mondo. L’elaborazione dei dati incrociati mostra come la
Confederazione abbia fatto dell’inglese
un’arma della sua competitività. “Non
bisogna dimenticare che, se siamo campioni del mondo nell’innovazione, è
proprio grazie a chi viene a fare ricerca
da noi, professionisti stranieri che come
lingua franca usano l’inglese – ricorda
Angelo Geninazzi, direttore di Econo-
Geninazzi: “Il Ticino non
è a questo livello ed è senza
immigrati plurilingue”
Indice di conoscenza
dell’ inglese per Paese
5 60 6
Milioni
di adulti
Paesi
e territori
MOLTO EFFICIENTI
1
2
3
4
5
6
7
Svezia
Norvegia
Paesi Bassi
Estonia
Danimarca
Austria
Finlandia
EFFICIENTI
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
Polonia
Ungheria
Slovenia
Malesia
Singapore
Belgio
Germania
Lettonia
Svizzera
Portogallo
▲
M
➘

➘
▲
➚
▲
▲

▲
➚
➚
➚

▲
▲
MODERATAMENTE EFFICIENTI
18 Slovacchia
▲
19 Argentina
➚
20 Repubblica Ceca
▲
21 India
▲
22 Hong Kong
➘
23 Spagna
▲
24 Sud Corea
➘
25 Indonesia
▲
26 Giappone
➘
27 Ucraina

28 Vietnam
▲
POCO EFFICIENTI
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
Uruguay
Sri Lanka
Russia
Italia
Taiwan
Cina
Francia
Emirati arabi
Costa Rica
Brasile
Peru
Messico
Turchia
Iran
Egitto
SCARSAMENTE EFFICIENTI
44
45
46
47
48
49
50
51
miesuisse Ticino -. Non è ancora la lingua imprenditoriale ufficiale a livello
generale, ma se pensiamo a multinazionali come Nestlé o Novartis, o a tutto il
Anni
di test
Cile
Marocco
Colombia
Kuwait
Ecuador
Venezuela
Giordania
Qatar
LEGGENDA
▲ tendenza al rialzo
M tendenza al ribasso
➘➚ leggero cambiamento
 nuovi nel Ef Epi
➘

▲
➚
▲
▲
M
▲
➚
▲
▲
➘
▲
M
▲
▲
➘
▲
➘
▲
▲

M
Fonte: www.ef.com
EZIO ROCCHI BALBI
comparto farmaceutico che è il primo
settore dell’esportazione verso gli Stati
Uniti, è anche facile capire perché il
Paese ha un’ottima classifica nella co-
La cultura
Per la trasferta scientifica serve sempre un ottimo bagaglio linguistico
Il passaporto universale
per studenti e ricercatori
P
I DOCENTI
Carlo Catapano,
direttore dello Ior
e Massimo
Filippini,
economista
e docente
al Politecnico
federale di Zurigo
er i nativi digitali l’inglese è ormai naturale, per gli
studenti universitari e i ricercatori è una vera e propria lingua franca. Nessuna egemonia culturale, nessuna imposizione dettata da regolamenti o accordi internazionali, semplicemente l’inglese è stato unanimamente
adottato come forma di comunicazione universale nel “turismo” di maggior livello: quello professionale o di studio.
“È vero, anche se gli studenti frequentano corsi nelle varie
università d’Europa che prevedono l’uso di altre lingue per
le lezioni, l’inglese è la lingua da ‘trasferta’ – conferma Daiana Barilone, coordinatrice del Programma Erasmus alla
Supsi di Lugano -. È la lingua della socializzazione, perché
inevitabilmente gli studenti all’estero si ritrovano in gruppi
internazionali di coetanei, con cui dividere il campus e gli
alloggi oltre agli studi. E non sono solo studenti europei, visto che nei programmi universitari incontrano anche colleghi di ogni angolo del pianeta”.
Sempre in inglese, poi, si svolge il dialogo internazionale della ricerca, soprattutto quella scientifica. Per esempio, all’Istituto oncologico di ricerca (Ior), abbinato allo Iosi di Bellinzona, tutti i ricercatori devono avere una padronanza completa dell’inglese. Non a caso i progetti più ambiziosi nascono con la partnership di specialisti provenienti pure da atenei americani di primissimo livello. “Infatti quest’anno, per sviluppare un progetto, ha accettato di
trasferirsi da noi Jean-Philippe Theurillat dal Mit di Boston
- sottolinea il direttore dello Ior Carlo Catapano -. Un ricercatore di primo piano che, sempre a Boston, ha maturato le
sue esperienze in biomedicina sui genomi al Dana-Farber
Cancer Institute, con diverse pubblicazioni scientifiche internazionali”. Tutte, naturalmente, pubblicate in inglese.
Non deve quindi stupire se l’“importazione” di brillanti cervelli, in un Paese che da anni svetta nelle classifiche
dell’innovazione e della ricerca, non è più legata solo alla
capacità economica della Svizzera di ingaggiare studiosi
stranieri, ma anche all’eccellenza e alla fama dei suoi centri
scientifici. Non è, perciò, un caso che Zurigo, nella classifica mondiale pubblicata da Ef English Proficiency Index, figuri al primo posto tra le città dove l’inglese è parlato meglio. “In generale, le università svizzere sono attrattive sia
per ricercatori elvetici che per quelli di altri Paesi - osserva
l’economista Massimo Filippini, docente al Politecnico federale di Zurigo -. E questo rende i nostri atenei ancora più
interessanti, anche per ricercatori che lavorano negli Stati
Uniti”.
noscenza dell’inglese e perché Zurigo e
Ginevra sono nella top five delle città”. Il
rapporto Ef-Epi sottolinea come negli
ultimi vent’anni globalizzazione, urbanizzazione e web abbiano cambiato radicalmente il ruolo di una lingua che, da
tempo, non rappresenta più un segno
distintivo di alto livello sociale. Al contrario, si sta trasformando in un requisito base nella nuova economia della conoscenza. Soprattutto in Paesi, come la
Svizzera, dove la capacità e la qualità
dell’esportazione sono vitali. Un export
che richiede sì infrastrutture, regolamentazioni e agevolazioni governative,
ma che in piena globalizzazione non
può prescindere dall’inglese. “È innegabile che la padronanza dell’inglese accresce tutti gli elementi che contribuiscono a creare un ambiente favorevole
alle esportazioni - osserva Geninazzi -,
dall’innovazione alla comunicazione
con fornitori e clienti, e migliora, inoltre,
la competitività delle figure professionali.
La sensazione, però, è che il Ticino non
sia a questo livello, anche se non mancano le giustificazioni. Perché a differenza
delle grandi città la nostra è una regione
periferica, senza hub internazionali e
con meno multinazionali sul territorio.
Non voglio dire, poi, che prima dell’inglese ci si è preoccupati della conoscenza del tedesco, ma sicuramente la nostra immigrazione è meno plurilinguista rispetto agli altri cantoni”.
In altri Paesi l’inglese non è, comunque, al top come nella Confederazione.
In Italia, ad esempio, negli ultimi anni la
conoscenza della lingua è leggermente
migliorata. Ma il livello (vedi infografia)
non gli permette di lasciare il gruppo
con una bassa soglia di competenza, né
di progredire allo stesso ritmo di altri
Stati europei. Le competenze linguistiche degli italiani restano tra le più scarse
d’Europa, e peggio di loro fa la Francia,
che nella classifica Ef-Epi occupa l’ultimo posto tra i Paesi europei.
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
In piena globalizzazione
saper usare diversi idiomi
non è più un’eccezione
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
43
virgolette
tra
La salute
Respiriamo
un’aria
che uccide
come
il tabacco
inquinata
LO STUDIO
Il Dipartimento di ricerca
sull’ambiente della Banca
Mondiale ha rilevato i livelli
medi di Pm10 nelle zone
residenziali delle città con
più di 100mila abitanti,
Paese per Paese
Sono sette milioni
le vittime
delle polveri sottili
CONCENTRAZIONE EMISSIONI PM10 IN EUROPA
Olanda
30
Grecia
27
Austria
27
Spagna
Belgio
21
Italia
21
582
16
Norvegia
16
Danimarca
Americhe
Africa
227
Ripartizione, per tipo di malattia, dei decessi
attribuibili all’inquinamento dell’aria
Oulan-Bator Sud-est
Yasouj
408
Peshawar
2.885
Lahore
Ludhiana
Kanpur
Ahvaz Quetta
Kermanchah
Sanandaj
Europa
18
Germania
679
Infarto del
miocardio
Lesione
cerebrovascolare
36%
asiatico
Cancro del
polmone
Pacifico
occidentale
2.275
33%
6%
17%
8%
Broncopneumopatia
cronica ostruttiva
Patologia polmonare acuta
Ripartizione, per sesso ed età, dei decessi
attribuibili all’inquinamento dell’aria
15
Finlandia
15
Irlanda
13
Regno Unito
13
Svezia
Mediterraneo
orientale
20
Portogallo
Francia
Numero di decessi imputabili all’inquinamento dell’aria nel 2012 espresso in migliaia
24
Svizzera
Con la sigla
Pm10 si
intendono
le polveri sottili
e il particolato
in sospensione
di diametro
inferiore
ai 10 micron.
Dati medi
ponderati
in zone
residenziali
di città con
più di 100
mila abitanti
NEL MONDO
2000
500
200
Gaborone
12
Classifica delle dieci
città col più alto livello
di concentrazione di
particelle fini (Pm10)
Uomini con
più di 25 anni
49%
42%
Donne con
più di 25 anni
Bambini con
meno di 5 anni
9%
10
Fonte: Oms
Fonte: Dip. ricerca e sviluppo ambiente Banca Mondiale
EZIO ROCCHI BALBI
F
ino a ieri era solo un sospetto, ma ora è
una realtà: l’inquinamento atmosferico
uccide molto più del fumo, attivo o passivo che sia. Senza condonare nulla alla pericolosità del tabacco, l’ultimo rapporto
dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)
non lascia via di scampo: sette milioni di persone
all’anno muoiono per le sole conseguenze dell’esposizione all’aria sempre più inquinata. E prendendo in considerazione le zone residenziali delle
città con oltre centomila abitanti, si scopre che la
Svizzera - nonostante il polmone delle Alpi - ha la
stessa concentrazione di microgrammi di veleno
per metri cubi degli altri Paesi europei.
Il killer invisibile è nascosto nel “Pm10”, le polveri fini con meno di dieci micron di diametro che
non solo risultano nocive al nostro apparato respiratorio, ma - come spiega lo pneumologo Gianfranco Bolognini nell’intervista in basso - possono essere letali per cuore e cervello. Stando al rapporto
globale pubblicato pochi giorni fa dall’Oms, infatti,
queste forme di inquinamento già causano malattie a livello respiratorio con gravi esiti. Il 40 % degli
ictus , l’11% delle bronchiti croniche e il 6 % dei tumori al polmone sono dovuti all’ inquinamento
dell’aria esterna. I risultati del rapporto, eclatanti
per l’opinione pubblica mondiale, non sorprendono invece la comunità scientifica, che solo da pochi
anni ha ammesso la reale pericolosità delle polveri
sottili. L’Oms, per giustificare in qualche modo il
netto aumento del numero delle vittime da inquinamento atmosferico rispetto all’ultimo studio, del
2008, parla di “un cambiamento di metodologia”.
Solo che il vecchio rapporto addebitava alla polluzione dell’aria 3,2 milioni di vittime all’anno; oggi il
numero dei decessi per inquinamento atmosferico
risulta più che raddoppiato.
Resta il fatto che ora l’inquinamento dell’aria è
considerato, in assoluto, il più importante fattore
ambientale che coinvolge la salute generale. “E tutti
ne sono colpiti, sia nei Paesi ricchi sia in quelli poveri”, ha avvertito, presentando il rapporto, Maria
Neira, direttore del Dipartimento di sanità pubblica
dell’Oms. E sui sette milioni di persone che, nel
2012, sono state stimate vittime dell’inquinamento
atmosferico, 3,7 milioni di questi decessi sono dovuti agli effetti dell’aria esterna e gli altri anche all’inquinamento dell’aria interna alle abitazioni,
particolarmente legata a fumi e vapori di cottura o
da riscaldamento. Le regioni più colpite sono quelle asiatiche e l’area del Pacifico, ma fatte le debite
proporzioni anche i numeri che riguardano il continente europeo sono impressionanti. L’Oms parla
di circa 600mila morti, nel 2012, e solo un quinto di
questi imputabili all’aria interna.
Un pericolo quotidiano e invisibile, quindi, che
fino a ieri è stato sottovalutato o sottostimato. È solo
nell’ottobre dello scorso anno, infatti, che il Centro
internazionale di ricerca sul cancro (Circ) - che poi
è un’agenzia specializzata della stessa Oms - ha
L’esperto
classificato il mix di aria inquinata, polveri sottili e
“particolato” in sospensione nel “Gruppo 1”, quello
degli elementi cancerogeni per l’essere umano. Da
quel momento tutte le tabelle di misurazione del famigerato Pm10 hanno ottenuto ben altra valutazione e attenzione. Il Dipartimento di ricerca e svilup-
Raddoppiate, dal 2008 ad oggi,
le stime dei decessi provocati
dal particolato sospeso Pm10
po dell’ambiente della Banca mondiale, ad esempio, ha a sua volta aggiornato i livelli ponderati di
polveri sottili riscontrati Paese per Paese, prendendo in considerazione le città con più di 100mila abitanti. E la Svizzera, accreditata con 20 microgrammi
per metro cubo, scopre di avere l’aria più inquinata
della ben più industrializzata Germania (16 microgrammi), della Francia (12) e sullo stesso livello
d’inquinamento atmosferico dell’Italia (21).
Non a caso La Commissione federale d'igiene
dell’aria (Cfiar) proprio nel marzo scorso ha proposto l’adozione di un nuovo valore limite nell’immissione delle polveri fini, ponendo anche l’obiettivo
della riduzione della fuliggine cancerogena, per diminuire il relativo inquinamento dell’80% nei prossimi dieci anni. Va da sè che lo scopo è prevenire
malattie e decessi prematuri, causati dall'inquinamento atmosferico, che la Confederazione valuta in
diverse migliaia all’anno. La stima dell’Ufficio federale dell’ambiente, infatti, tenendo conto dei risultati più recenti della ricerca sanitaria in Europa, si
attesta tra le 3000 e le 4000 morti precoci all’anno.
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
I terribili effetti delle invisibili particelle descritti dallo pneumologo Gianfranco Bolognini
“È un veleno che raggiunge anche cuore e cervello”
T
ante campagne anti-fumo, con
toni da crociata, per poi scoprire che le polveri sottili dell’inquinamento atmosferico quotidiano
sono le più letali. Una sorpresa per
tutti, ma non per gli pneumologi come Gianfranco Bolognini che non s’è
mai nascosto la pericolosità delle polvere fini. “No, non posso certo dire di
essere sorpreso dalle nuove stime
dell’Oms - spiega al Caffè lo specialista in malattie dell' apparato respiratorio della clinica Moncucco di Lugano -. Bisogna però ammettere che fino a quattro, cinque anni fa si pensava che il particolato sospeso nuocesse
solo a bronchi e polmoni”.
Invece?
“Invece le concentrazioni di particolato sono così minuscole che,
quando sono inferiori ai dieci micron,
cioè dieci millesimi di millimetro, entrano come un veleno nel circuito cardiovascolare, nel sangue, raggiungendo così sia il cuore, sia il cervello”.
Quindi adesso la pericolosità
delle polveri sottili è accertata
scientificamente?
“Esatto. Gli studi più recenti dimostrano che l’inquinamento da polveri fini ha effetti sulla salute anche
in concentrazioni relativamente basse, come quelle misurate pure in
Svizzera”.
Ma gli ultimi dati indicano che
l’aria che respiriamo non è così
diversa da quella dei Paesi intorno a noi.
“Se parliamo dei centri urbani,
delle città la tendenza è quella. Sarebbe illusorio pensare che l’aria respirata nelle città svizzere sia diversa, migliore, di quella delle città francesi, tedesche o italiane”.
L’Ufam parla di migliaia di decessi prematuri provocati dall’inquinamento atmosferico
ogni anno.
“Purtroppo è così, più l’aria è inquinata, più aumentano i disturbi e le
malattie. E la gamma è molto ampia
visto che, solo nelle patologie delle vie
respiratorie, va dalle crisi di asma alle
allergie fino alla riduzione dell’aspettativa di vita in seguito a malattie cardiache e polmonari. Naturalmente
compreso il cancro ai polmoni che
non è certo imputabile solo alle sigarette”.
E questo solo per quanto riguarda le malattie che la riguardano
professionalmente.
“No, ci sarebbe anche il rischio di
una mortalità eccessiva dei lattanti, lo
sviluppo ritardato dei polmoni nei
bambini. Poi, come detto dalle vie respiratorie passiamo alle malattie cardiovascolari...”
Pagina a cura di
GastroSuisse
e GastroTicino
LARISTORAZIONE
& L’ALBERGHERIA
Nuova proposta gastronomica dell’Associazione Ristoratori del Monte San Giorgio per la Mangialonga 2014
L’Associazione Ristoratori del Monte
San Giorgio (Armsg) è da anni uno dei
partner della Mangialonga e ogni 1°
maggio partecipa attivamente all’atteso appuntamento, organizzando una
sosta. L’intento dell’Associazione è
quello di mettere in rilievo l’attività
dei propri soci e quindi la qualità delle
offerte che i ristoratori propongono nel
corso di tutto l’anno. Anche attraverso
la propria partecipazione a manifestazioni di qualità, quale la Mangialonga,
Armsg ritiene di perseguire coerentemente questo obiettivo e sarà presente
anche all’edizione 2014 proponendo,
alla sosta nr. 6, una deliziosa pasta alle
erbette. La qualità e l’attrattività della
Mangialonga, come anche gli apprezzamenti che i Ristoratori del Monte
San Giorgio hanno ricevuto in occa-
Quando il “contorno”
diventa piatto principale
sione delle precedenti edizioni, ma anche l’attaccamento ai prodotti del territorio, hanno ispirato il comitato di-
Antico, Arzo, menu con prelibatezze
del MsG con i vini della Cantina Giordano di Arzo; 26 aprile, Al Gaggio,
Novazzano, il capretto nostrano aromatizzato al pesto d’erbe spontanee
con i vini rossi della Cantina Fumagalli; 2 maggio, La Guana, Meride, serata
blues con i “One more blues”; 6 maggio, Serpiano, menu vegetariano a base di prodotti del MsG; 7 maggio, Caffè Sociale, Riva S. Vitale, il lucioperca
del Ceresio con i vini bianchi del
MsG; dal 15 aprile al 25 maggio,
Grotto Cercera, Rancate, mostra di
quadri d’artisti dilettanti del MsG. Per
ogni pasto consumato durante queste
serate in omaggio un bellissimo bicchiere loggato Mangialonga/Armsg
unico e imperdibile. Info: ristoratori.ch.
a.p.
rettivo a sviluppare un’ulteriore idea a
corollario di questa manifestazione.
Armsg ha deciso quindi di proporre al
pubblico un nuovo calendario d’appuntamenti che permette di giocare
spiritosamente anche sulla terminologia tipica dei menu, che da “contorno”
ambisce a diventare un “piatto principale”.
Ma ecco il calendario gastronomico: 16 aprile, Montalbano, San Pietro,
menu a base di aglio orsino ed erbe
spontanee del MsG; 21 aprile, Torchio
Capretto nero
Ecco i ristoratori
che hanno scelto
la razza vezaschese.
Sinergie
con l’Unione
Contadini Ticinesi
e Ticino a Tavola
Sorpresa di Pasqua
ALESSANDRO PESCE
Per il secondo anno consecutivo alcuni ristoranti ticinesi hanno promosso o promuovono il “capretto
nero di Verzasca” per il periodo pasquale. Un’iniziativa di Ticino a Tavola attraverso il Centro di Competenza Agroalimentare per valorizzare i prodotti ticinesi, in collaborazione con l’Unione Contadini Ticinesi
e l’Associazione Capra Ticino. La “nera di Verzasca”, unica razza
autoctona ticinese, è riconoscibile
per il pelo nero, corna robuste e portamento fiero. È la razza caprina ticinese per eccellenza. Per le sue caratteristiche di robustezza e rusticità si
presta molto bene a un allevamento
estensivo e si trova a suo agio nei
grandi pascoli alpestri, permettendo
la valorizzazione di zone discoste.
Trattandosi di una razza a duplice attitudine, produce carne e latte di ottima qualità. I capretti di Nera di
Verzasca si distinguono da quelli
delle altre razze per il maggior peso
alla nascita e la veloce crescita, che
in poche settimane li porta a 12-15
kg. Hanno, inoltre, un’ottima carno-
sità e la loro carne è molto saporita.
L’alimentazione è basata principalmente sul latte materno al quale si
aggiunge un po’ di fieno lasciato a
libera disposizione.
Oltre al capretto pasquale, in autunno sono disponibili prodotti a base di
capra tipici della tradizione ticinese:
salametti, cicitt, salmì, bollito e carne secca dal gusto saporito. Con
Scoprite
il sapore e la
carnosità
del capretto
nero
l’ottimo latte le aziende locali producono da Pasqua a fine settembre
formaggi freschi, tra cui robiole, büscion e Zincarlin, e formaggi a pasta
semidura come formaggelle e formaggio d’alpe (misto capra e mucca
tipico della Valmaggia e Verzasca).
Ecco i ristoranti che in questo periodo hanno proposto o proporranno il
capretto nero; visto il successo del-
l’iniziativa, è importante telefonare
per sapere se il capretto nero è ancora disponibile e quindi prenotare:
la Locanda degli Eventi di Novazzano ha proposto di recente una rassegna gastronomica di 15 giorni
(091 683 00 13); Ul Furmighin, Sagno (091 682 01 75); Osteria Bellavista, Gordemo-Gordola (091 745
13 95); Ristorante Curzutt, Monte
Carasso (091 835 57 23); Albergo
Ristorante Cereda, Sementina
(091 851 80 80); Grotto Mornera,
Monte Carasso (091 825 84
38); Grotto del Giuvan, Salorino
(091 646 11 61); Ristorante Al Lago, Magadino (091 795 17
98); Grotto la Baita, Magadino
(091 780 43 38); Grotto dell’Ortiga, Manno (091 629 22 21); Osteria
Malakoff, Bellinzona (091 825 49
40); Albergo Elvezia, Rivera (091
946 46 27); Ristorante Unione,
Gordevio (091 753 25 98). Quest’anno anche la Scuola Esercenti
di GastroTicino ha organizzato una
degustazione e presentazione del capretto nero per gli allievi. Un’iniziativa che ha valorizzato questo ottimo
prodotto locale!
Positive le misure di rinnovamento e riorganizzazione della Federazione ortofrutticola ticinese di Cadenazzo
Nell’orto ticinese crescono qualità e concretezza
Il nuovo logo TIOR in una veste
... a tutta verdura
strati dal presidente Marco Bassi, dal
direttore Paolo Bassetti e dal responsabile commerciale Marco Colombo,
Foto Garbani - Caseificio Agroval Airolo
Da anni la Federazione ortofrutticola ticinese (Foft) ha
avviato un processo di rinnovamento investendo mezzi e risorse importanti. L’obiettivo è stato
quello di definire e implementare
un’organizzazione e una centralizzazione che permettessero di migliorare la produttività, qualità, logistica,
vendita e fatturato. Obiettivi dettati
dalle esigenze di un mercato dai prezzi sempre più tirati che creano difficoltà ai produttori. I primi e incoraggianti risultati concreti sono stati illu-
durante la recente assemblea
dei soci. Oltre al consolidamento degli obiettivi raggiunti si tratta ora di promuovere una nuova immagine che comunichi l’impegno, passione e dinamismo che caratterizzano il lavoro quotidiano dei soci e del personale Foft. Lo
sviluppo della nuova immagine è stato
curato dalla ditta Madball.ch di Vezia.
Ma oltre la nuova veste grafica, la
svolta è anche il cambiamento di nome dell’attuale società commerciale
Foftpool Sa, in Tior Sa, per rafforzare
e diffondere a 360° il valore aggiunto
e la qualità delle verdure ticinesi. A livello di bilancio, nel 2013, malgrado le bizze meteo e l’altalenante
evoluzione del mercato, per la prima
volta il fatturato della Foft ha superato
i 30 milioni. Nonostante questo risultato di tutto rispetto, il buon andamento della cooperativa non sempre rispecchia una degna redditività delle
aziende produttrici, confrontate con
l’aumento dei costi di produzione e
l’enorme pressione sui prezzi.
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AgendaNews
Sezioni di GastroTicino
assemblee su internet
Aprile e maggio sono, come di consueto, i mesi durante i quali si svolgono le assemblee sezionali di
GastroTicino. La prima è stata quella di GastroBellinzona Alto Ticino convocata lunedì 7 aprile alle
ore 16.00 al Ristorante Stazione a Malvaglia. I resoconti di questa e delle prossime assemblee, si possono leggere sul sito www.gastroticino.ch.
Ricordiamo il calendario delle prossime assemblee:
> GastroMendrisiotto martedì 29 aprile al Ristorante Al Gaggio di Novazzano, alle ore 15.00
> GastroLugano lunedì 5 maggio alle ore 16.00
all’Hotel Delfino di Lugano
> GastroLagoMaggiore mercoledì 7 maggio alle
ore 14.30 alla Prodega di Quartino
Segnaliamo, infine, che l’assemblea dei delegati di
GastroTicino, avrà luogo lunedì 12 maggio al Centro Monte Verità di Ascona; assemblea aperta al pubblico alle ore 11.00.
presenta:
SCEF 045
HAPPY HOUR E APERITIVI DI TENDENZA (NUOVO)
Obiettivi
saper organizzare un happy hour, essere in grado
di gestire la parte finanziaria e promozionale dell'offerta dell'aperitivo, saper creare nuovi aperitivi
alcolici e analcolici, acquisire nuove tecniche di
lavoro, di servizio e di vendita dell'aperitivo, conoscere nuovi materiali e attrezzature per l’esposizione del buffet.
Insegnante
Davide Giglio, esercente, barman
Data e orario
28 aprile 2014, 17.30-21.30
Costo
Chf 90.00 soci / Chf 140.00 non soci
WEB MARKETING LOCALIZZATO
(NUOVO)
Obiettivi
imparare come ottimizzare la presenza online del
proprio ristorante, essere in grado di posizionarsi
con efficacia nei motori di ricerca, scoprire le formule vincenti di web marketing localizzato per
fidelizzare la propria clientela e incrementare le
prenotazioni.
Insegnante
Nigel Casey, New World Media (www.comunicazione-aziendale.ch)
Data e orario
28 aprile 2014, 14.00-18.00
Costo
Chf 110.00 soci / Chf 160.00 non soci
GESTIONE STIPENDI
Obiettivi
saper gestire e calcolare gli stipendi mensili dei collaboratori rispettando le regole del vigente Ccnl.
Insegnante
Mario Regusci, gerente GastroSocial Ticino
Date e orari
30 aprile, 7, 14 e 21 maggio 2014 (sera 17.3020.00)
Costo
Chf 250.00 soci / Chf 300.00 non soci
FOOD & BEVERAGE (NUOVO)
Obiettivi
essere in grado di pianificare e organizzare eventi
e banchetti, conoscere le nozioni di base per una
corretta pianificazione finanziaria, acquisire alcune conoscenze e competenze relative alla gestione
del personale, conoscere e saper applicare un sistema di controllo dell’intera gestione ristorativa
(personale, sicurezza sul lavoro, costi, qualità,…).
Insegnante
Amilcare Battisti, maître d’hôtel dipl. fed. e formatore
Date e orario
5, 12, 19, 26 maggio 2014, 8.30-12.00
Costo
Chf 300.00 soci / Chf 350.00 non soci
IGIENE E SICUREZZA ALIMENTARE:
LE NUOVE LINEE GUIDA (NUOVO)
Obiettivi
conoscere le novità apportate dalle nuove linee
guida buona prassi procedurale nell'industria alberghiera e della ristorazione (Bpiar) e saperle
applicare per una corretta e ottimale gestione
aziendale.
Insegnanti
Aleardo Zaccheo e Luca Bordoli, ingegneri alimentari
Data e orario
5 maggio 2014, 13.30-17.30
Costo
Chf 80.00 soci / Chf 130.00 non soci
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
45
tra
virgolette
L’esercito
Il volo del “grifone”
affronta la contraerea
del voto popolare
MASSIMO SCHIRA
D
i gran lunga troppo cari e superflui per
gli uni, indispensabili per gli altri. Tra
il decollo sui cieli svizzeri e l’essere
definitivamente ancorati al suolo, per
i nuovi Gripen ci sono di mezzo una
votazione popolare e mille polemiche. Come accaduto quasi sempre nella centenaria storia dell’aviazione militare elvetica, l’acquisto di nuovi aerei da
combattimento divide la politica e il Paese. Divide
oggi come alla fine degli anni Cinquanta, all’avvento degli inglesi Hunter che soppiantarono l’idea di
creare un jet tutto “Swiss made”. Come all’inizio
degli anni Sessanta, quando il superamento del
budget previsto per l’acquisto di cento Mirage III,
portò la Confederazione ad accontentarsi di “soli”
57 caccia. E per restare alla storia più recente, nel
1993, il popolo venne anche chiamato a decidere
sulla spesa per assicurarsi i servizi degli americani
FA/18 Hornet.
Una storia fatta anche di continue ristrettezze
di bilancio, che hanno portato l’aviazione miltare
addirittura ad essere operativa nel controllo dello
spazio aereo nazionale soltanto durante gli orari
d’ufficio. E il dibattito già assai acceso, si ripete ora
da fronti contrapposti. Tra chi ritiene che la spesa
di oltre tre miliardi per sostituire i 54 “veterani” Tiger F5 - in volo da oltre trent’anni - con 22 moderni
caccia della svedese Saab, siano una specie di pazzia. E chi, invece, sottolinea le interessanti ricadute
economiche dell’operazione per tutto il Paese , assieme al fatto che dotarsi degli ultimi ritrovati della
tecnologia sia un passo, magari oneroso, ma irrinunciabile. “L’argomento più importante contro
l’acquisto è certamente quello economico - spiega
al Caffè Michael Sorg, portavoce del Ps e del fronte
degli oppositori -. Perché è troppo oneroso. I tre
miliardi non rimarranno tali e il costo totale salirà
a dieci miliardi calcolando gli anni di attività. In
questo momento, economicamente delicato, sono
francamente troppi”.
Il governo e i favorevoli alla spesa ricordano,
però, che l’attivazione delle clausole “offset” permetteranno a molte aziende svizzere di essere
coinvolte nella produzione dei Gripen e di altre
componenti in collaborazione con Saab. Per una
cifra totale calcolata in 2,5 miliardi. “È una procedura che funziona e già applicata per gli Hornet –
precisa il consigliere nazionale del Ppd Fabio Regazzi, membro del comitato a favore dei Gripen -.
Circa il 5% delle commesse che arriveranno da Saab, non solo per l’aereo, ricadranno sul Ticino. È
un’opportunità interessante, uno stimolo per le
aziende. Perché si parla di competenze avanzate,
che potrebbero portare nel cantone cento milioni
di investimenti alle società in grado di partecipare
agli appalti. Commesse di alto livello, per cui saranno necessarie certificazioni particolari, ma le
competenze ci sono”.
Altro capitolo importante della disputa sulla
necessità o meno di dotarsi di nuovi jet da combat-
Ti-Press
Indispensabili, superflui... i Gripen dividono
Fabio Regazzi
Le ricadute economiche saranno
buone, come lo sono già state
con l’acquisto degli FA/18
Michael Sorg
Questo aereo costa troppo,
perché ci vorranno in totale
almeno 10 miliardi
GLI SCAMBI DEI PRIMI 10 ESPORTATORI E DEI 10 PRIMI IMPORTATORI DI ARMI (2009-2013, in percentuale)
1. Stati Uniti
29.2
Primo
esportatore
di aerei
2. Russia
Il mercato
L’export della Svizzera corrisponde all’1% a livello globale
e si rivolge principalmente agli Stati Uniti e alla Cina
EXPORT
27.1
Primo
esportatore
navale
IMPORT
1%
13.9
1. India
4.9
2. Cina
4.8
3. Pakistan
4.3
4. Emirati arabi uniti
3.9
5. Arabia saudita
3.8
6. Stati Uniti
3.8
7. Australia
3.5
3.3
3.2
8. Corea del Sud
9. Singapore
10. Algeria
5.5
5. Francia
5.4
6. Regno Unito
4.1
7. Spagna
8. Ucraina
9. Italia
10. Israele
3.0
2.6
2.6
2.4
45 altri Paesi
esportatori
11.6
Usa e Russia esportano armi,
India, Asia e arabi comprano
T
ra Stati Uniti e Russia è sempre “derby” per le
esportazioni di armi pesanti a livello mondiale, mentre tra gli importatori più importanti continua l’avanzata di India, Cina, Pakistan,
Paesi arabi e asiatici. È la fotografia tracciata dallo
“Stockholm International Peace Research Institute” (Sipri) che si occupa regolarmente del monitoraggio dell’import-export di armamenti, anche per
quanto riguarda le organizzazioni sottoposte a restrizioni o embargo per ragioni di sicurezza o terrorismo. Un istituto che piazza la Svizzera al quattordicesimo posto assoluto tra gli esportatori, con
una cifra d’affari totale, però, che raggiunge soltanto l’uno per cento a livello globale.
A fare la parte del leone, infatti, sono sempre
L’evoluzione della vendita e dell’acquisto
di armamenti pesanti mostra chiari trend,
con la Svizzera nella Top-15 dell’export
3. Germania
6.6
Primo esportatore sottomarini
4. Cina
timento, è quello legato alla sicurezza interna. Un
aspetto che, secondo i contrari, potrebbe essere
garantito anche solo gestendo gli attuali FA/18 in
modo più attento. “Almeno fino al 2025, anche solo
con gli aerei attuali, la sicurezza sarebbe garantita
– afferma Sorg -. Anche perché sono in corso aggiornamenti degli apparecchi per centinaia di milioni”. Una tesi respinta in modo deciso dai proGripen, che sostengono la necessità di adeguarsi
all’evoluzione tecnologica. “Nonostante gli aggiornamenti, gli FA/18 sono figli degli anni ‘90 – aggiunge Regazzi -, quindi di tecnologie con oltre
vent’anni di età. L’evoluzione tecnica nel frattempo
è stata enorme e rapidissima ed è necessario adeguare la nostra flotta. Non si possono pretendere
50 anni di attività per i caccia”.
“Siamo già ben assicurati, un’ulteriore polizza
assicurativa sarebbe un lusso che, in un momento
di ristrettezze per molti cantoni, non ci possiamo
permettere”, conclude Sorg, sintetizzando così la
posizione dei contrari alla spesa. Ma Regazzi aggiunge altre ragioni legate alla sicurezza: “A livello
strutturale, insistere sugli FA/18 troppo a lungo
comporta dei rischi. Gli esperti di aviazione evidenziano come l’impiego di questi apparecchi, su
un territorio limitato come quello svizzero, comporta maggiori sollecitazioni rispetto alla possibilità di volare su grandi spazi. Anche in questo senso,
insomma, vanno fatte attente valutazioni”.
[email protected]
Q@MassimoSchira
50.7
148 altri Paesi
importatori
di armamenti
Gli scambi tra
Paesi che non
appartengono né
ai 10 primi
esportatori né ai
10 primi
importatori non
appaioni nello
schema
Fonte: Sipri - Le Monde
I CLIENTI
Cina e Usa
sono i migliori
clienti per le
aziende
elvetiche che
producono
armamenti
Usa e Russia, che si spartiscono quasi il 60% dell’export (29,2% gli Usa e 27,1% la Russia), mentre il
13,9% sul totale delle importazioni raggiunto dall’India è di gran lunga il valore più elevato al mondo nel periodo 2009-2013 monitorato dal Sipri. Per
quanto riguarda i dettagli dell’esportazione Svizzera (che in attesa della decisione popolare sulla
commessa da oltre tre miliardi per i Gripen, non è
tra i Paesi che contano tra gli importatori) i migliori
clienti risultano essere Cina e Stati Uniti, che assieme si spartiscono metà della “torta” rossocrociata.
Emirati Arabi, Pakistan, Arabia Saudita e Singapore assorbono poi un altro 25%, mentre per l’Europa
il mercato di riferimento per l’industria degli armamenti elvetica, nel periodo analizzato, è diviso
tra Finlandia e Germania.
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
46
tra
l’incontro
virgolette
Chi è
Ex direttore delle
risorse umane di
Volkswagen, consigliere
del cancelliere Gerhard
Schröder dal 2002
al 2005, è il padre
delle riforme
del lavoro in Germania
“La mia lotta alla disoccupazione”
STEFANO VASTANO
I
capelli candidi come neve, la fronte spaziosa.
Con quegli occhialetti ovali e il suo modo così pacato di parlare Peter Hartz pare il classico professore tedesco. Invece questo distinto 72enne è il
manager più famoso, ma anche più contestato in
Germania, dato che circa sei milioni di persone vivono
oggi nel Paese della Merkel con i sussidi che portano il
suo nome. ‘Hartz IV’, vengono chiamati così gli assegni ai
disoccupati e quel grappolo di massicce riforme che
hanno trasformato il welfare in Germania.
“Sono passati dieci anni da allora e le mie riforme
hanno migliorato le Agenzie del Lavoro - osserva Hartz
nel suo ufficio a Saarbrücken, con la sua voce da baritono - e soprattutto cambiato la mentalità di chi cerca lavoro in Germania”. Certo, severi critici di quelle riforme allo
‘Stato sociale’ non sono mai mancati nella Repubblica
federale. Sia dal Dgb, la potente confederazione dei sindacati, che dalla Spd sono piovute le più acide maledizioni sulla testa di Hartz. Ma lui, questo testardo “manager socialista”, venuto al mondo in una famiglia operaia
in un villaggio della Saarland, ci tiene a mostrarci il tesserino della Ig-Metall, il sindacato del settore siderurgico. E a sfoderare poi anche la tessera della Spd. “Da una
vita sono nella Spd - rivela l’ex-manager della Volkswagen - e non ho nessuna intenzione di uscire dal partito”.
Tanto più che oggi in Germania il numero dei disoccupati, anche grazie a quelle ondate di riforme, è sulla soglia
dei tre milioni. “Per la precisione, 3 milioni e 100mila, e
ogni singolo disoccupato è una tragedia di troppo. Oggi i
5,7 milioni di giovani senza lavoro sono uno sfacelo per
la Ue. Ma sono un dramma risolvibile, come abbiamo dimostrato qui in Germania”.
È questa sua incrollabile convinzione di potere debellare la disoccupazione che lo ha reso famoso in Germania. Sin dal 1993, quando era il responsabile del personale alla Volkswagen di Wolfsburg. Le sue riforme al
welfare, infatti altro, non sono che un ampliamento dei
metodi che lui adottò per salvare i sei impianti tedeschi
della casa automobilistica, minacciati nei primi anni ‘90
- come tutto il settore delle auto made in Germany’ - da
una grave crisi. “Esatto, 15 anni fa ci trovavamo di fronte
all’alternativa di chiudere gli impianti o licenziare 30 mila dipendenti”. Hartz risolse il dilemma facendo risparmiare all’azienda, guidata allora da Ferdinand Piech,
due miliardi di marchi di liquidazione, di trattamento di
fine rapporto. “Abbiamo introdotto allora la settimana
corta di 28 ore, che ci ha consentito di mantenere il personale, ma riducendo i salari, con il consenso dei sindacati, del 20 per cento”.
Un modello di gestione della crisi, e di flessibilità, alla base delle riforme al welfare poi applicate in quattro
fasi - da cui il nome ‘Hartz ‘IV’ - anche ai sussidi per i disoccupati. “La mia idea principale era che il disoccupato
debba accettare il posto che il ‘Job Center’ gli offre”. Pare
una ideuzza, ma già questa novità capovolgeva il sistema
dei sussidi. “Prima delle riforme il disoccupato poteva rifiutare senza motivo le proposte dell’Agenzia, oggi chi
cerca lavoro deve motivare i rifiuti”. La filosofia di fondo,
sintetizza Hartz, “è che ogni lavoro sia meglio dei sussidi
statali”. E il paradigma ha rivoltato da cima a fondo il
Reuters
Il consigliere
Hartz al fianco
dell’ex cancelliere
socialdemocratico
Gerhard Schröder
PeterHartz
L’uomo del Welfare
mercato del lavoro tedesco. Oggi chi perde il lavoro in
Germania ha diritto solo per i primi dodici mesi (ma salgono a 18 per chi ha compiuto 55 anni) a un sussidio che
va dal 60 al 67% dell’ultimo stipendio. Dopo di che scatta, e per tutti, ‘Hartz IV’. Cioè, una base di 391 euro al mese a cui se ne aggiungono (per i single) 300 per l’affitto. E
per le famiglie sino a 500 per l’affitto, più altri 220 euro a
figlio.
“Inoltre abbiamo introdotto un sistema di diritti e
doveri per il disoccupato. Con riduzione degli assegni e
sanzioni per chi non rispetta gli appuntamenti o le proposte del Job Center”. Suonerà duro, ma la realtà è che
oggi non solo la disoccupazione si è assestata sui tre milioni, ma anche quella giovanile è scesa in Germania al
sei per cento, tra le più basse in Europa. Ma economisti
stimati, come Michael Hüthen dell’Istituto di Colonia,
dubitano che sia solo merito di questi interventi sul welfare se la locomotiva tedesca ha ripreso a trainare l’Europa. “Il successo attuale delle imprese tedesche - scrive
Hüthen - si basa sul fatto che, sin dagli anni ‘90, hanno
spostato altrove la produzione”. Esercitando poi, insieme
al dislocamento degli impianti, una pressione molto forte sui salari agli operai tedeschi. “Ma queste non sono
critiche alle mie riforme - ribatte Hartz - outsourcing e
salari contenuti sono passati in Germania perché qui i
sindacati sanno che il successo dell’impresa è una garanzia per i dipendenti. La responsabilità dei sindacati e
la cogestione sono i due pilastri dell’Azienda Germania”.
Sono allora esportabili in Francia, in Italia o Spagna
le riforme del welfare che in Germania hanno dato frutti
così notevoli? È un segreto di Pulcinella che a Parigi
François Hollande ha chiesto lumi a Hartz per sbloccare
il mercato in crisi francese. Scatenando il putiferio in una
certa sinistra parigina e in tutti i sindacati francesi. Reazioni che nel suo quieto ufficio a Saarbrücken il 72enne
Hartz ha difficoltà a digerire. È vero, anche in Germania
sia la crisi della Spd (crollata nei consensi sotto al 30%)
che la vittoria della Merkel alle elezioni del 2005 si attribuiscono all’ex-manager Volkswagen. Ma lui non le può
più sentire queste critiche. “Il lavoro è la dignità e libertà
di ognuno di noi. Le riforme del welfare non sono di destra né di sinistra, e i disoccupati non sono di Renzi in
Italia, né di Schröder o della Merkel in Germania o del
presidente Hollande. Ma il problema più urgente che la
politica di ogni colore e di ogni Stato deve affrontare”.
Certo, anche Hartz, nonostante l’aspetto professorale, sa che quel suo pacchetto di riforme non è la panacea
universale. E che anzi i tedeschi, quando si incaponiscono su certe norme, ottengono spesso il contrario. “Non è
compito di noi tedeschi salire sul piedistallo e impartire
dall’alto a nazioni come l’Italia o Francia chissà che ricette”. Ma è un fatto che il socialista Hollande (e prima di lui
il socialdemocratico Schröder) si sia rivolto ad Hartz per
riformare il mercato francese con quel ‘Pacte de responsabilité’, per molti versi affine alla famosa ‘Agenda 2010’
dell’era-Schröder. “Le mie riforme hanno contribuito a
rendere più moderno il welfare, a dare impulsi al mercato del lavoro e al sistema di produzione risollevando
quel ‘gigante malato’ che era la Germania alla fine degli
anni ‘90”. Forse l’abbiamo già dimenticato, ma in quegli
anni c’erano oltre cinque milioni di senza lavoro in Germania. Ancora nel 2005, all’inizio cioè delle riforme
Hartz IV, la disoccupazione viaggiava sul 12%. “Ci sono
due classi di manager - conclude Hartz-: i primi sostengono che nelle nostre società industriali resta sempre
uno zoccolo duro di disoccupazione. Io invece che la disoccupazione sia una piaga guaribile, qui e ora”. Anche
per questa sua inestinguibile dose di (sano) ottimismo
tutti in Germania sanno chi è Peter Hartz.
IL CAFFÈ
13 aprile 2014
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leopinioni
“Con lui è come se avessi fatto un
sei al lotto! Mai un ritardo, mai un attrito e prestazioni impeccabili”. È il giudizio di Renato Schröder, titolare di una
panetteria a Chiggiogna, sull’operato di
Rasul Rebaz, un richiedente l’asilo proveniente dall’Iraq che da sette anni risiede in Ticino. Racconto la sua storia,
che potrebbe essere a lieto fine – manca
solo un ok da Berna – e che illustra l’altra faccia di una medaglia di cui spesso
mi vergogno come cittadino svizzero e
ticinese. Mi riferisco al nostro atteggiamento verso gli stranieri in generale e
in particolare verso chi chiede ospitalità
per scappare da realtà da incubo. È proprio per sfuggire a una situazione del
genere, in cui vedeva solo morte attorno a sé, che Rasul è scappato dal suo
Paese ed è arrivato in Svizzera. In Iraq
lavorava nella polizia e ha visto diversi
colleghi morire vittime di attentati. Durante la sua fuga per allontanarsi da
FUORI
DAL
CORO
GIÒ
REZZONICO
quell’inferno ha assistito compagni di
avventura che hanno perso la vita sotto
i suoi occhi.
Ma iniziamo il nostro racconto alla
rovescia, dal presente per andare indietro nel tempo. La fortuna di Rasul è sta-
ta quella di trovare un cittadino aperto
e senza preconcetti, Renato Schröder,
che gli ha offerto un posto di lavoro al
termine del suo periodo di apprendistato conclusosi con l’ottenimento del
diploma di panettiere. Ho incontrato
Rasul al centro di Soccorso Operaio
Svizzero (Sos) a Lugano, che ha trattato
e tuttora si occupa del suo caso. È un
uomo mite, molto dolce, “una persona
di gentilezza d’altri tempi”, come titola
la rivista “Panissimo” dell’associazione
dei panettieri ticinesi che ha dedicato
un articolo al suo caso. “Tanto sul lavo-
ro che a Trevano dove ha compiuto gli
studi di apprendistato – si legge nel servizio – Rasul si è sempre comportato in
modo educato, come sanno fare i medio-orientali cresciuti in cerchie familiari dove il rispetto – mai manieroso – è
regola fissa. Questo comportamento gli
ha attirato simpatie e senso di solidarietà e a fine tirocinio i suoi formatori si
sono impegnati a trovargli una sistemazione adeguata”. La ricetta di Rasul è
molto semplice, sfiora la banalità: “Se
tu sei gentile, corretto, dimostri di avere
voglia di lavorare e l’intenzione di inte-
RENATO
MARTINONI
LIDO CONTEMORI
Il capolavoro del Luini
e i cassonetti dei rifiuti
Gli arbitri della scuola
non sono mai i genitori
È già suonato il campanello e i ragazzi di una scuola media siedono dietro i loro banchi. La docente sta per chiudere
la porta quando si accorge che una mamma occupa il suo
posto e sta telefonando con il cellulare. La docente vorrebbe
dirle che la lezione è cominciata ma la mamma fa un gesto
di impazienza: aspetti (anzi, gli dà del tu: “aspetta”). Prima
deve finire la chiamata. Poi alzerà le chiappe. Sembra l’avvio
di una storiella di Gianni Rodari. E invece è la cronaca vera
di un’idiozia annunciata. Una delle tante che si potrebbero
raccontare intorno alle incursioni dei genitori dentro lo spazio sacro, e per loro vietato, della scuola.
Perché, se non è certo che tutti sanno fare il loro dovere
all’interno della famiglia, è invece assodato che c’è chi, sapendola più lunga di Noè, si considera in grado di sostituirsi
ai docenti. E allora si danno consigli, si suggeriscono percorsi pedagogici, si prendono decisioni, sul cortile della scuola
o al caffè, si progettano provvedimenti disciplinari. E a volte
si arriva perfino alle minacce e alle vie di fatto. Insomma ci
sono dei genitori che si comportano come se fossero stati
delegati, dalla società, o forse direttamente da Dio, a gestire
quello che, non certo Dio, ma almeno la società, ha invece
deciso di delegare ai docenti. La questione, è noto, si allarga
poi agli spazi del tempo libero. Perché oramai c’è anche chi,
mentre il pargolo si affanna a rincorrere il pallone, disserta
come Mourinho intorno agli schemi e alle tattiche da adottare. I più esperti arrivano anche a prendersela con gli arbitri che, quando giocano i bimbetti, sono il più delle volte dei
ragazzi che imparano un mestiere ben poco invidiabile. E se
il bambèla fischia per sbaglio, o decide diversamente dalle
visioni del genitore-allenatore-manager, allora sono guai.
Per bene che vada incassa una marea di insulti. Se gli va
male qualche spintone educativo. Tutto questo è il risultato
di una società che sposa l’ignoranza alla presunzione, sempre più incapace di ogni forma di rispetto e di autocritica,
fatta di tuttologi che si illudono di dover insegnare a Cristiano Ronaldo come si fanno i goal. E vengono alla mente due
detti popolari. Il primo, “ofeléé fa’ al tò mestee”, consigliava
al pasticciere di fare bene il proprio lavoro, senza mettere il
becco in quello degli altri. L’altro (“quando la merda la munta in scagn, o che la spüzza o la fa dagn”: quando la emme
monta in cattedra, o puzza o è destinata a fare danni) è trasparente quanto basta per essere capita anche da chi vende
aria fritta.
Caro Diario,
per una volta dedichiamo un po’ di righe all’importanza
di valorizzare al meglio il patrimonio d’arte che c’è nel Ticino,
considerando anche le notevoli possibili ricadute d’interesse
in termini economici, oltre al valore identitario di una terra e
di un popolo. Lo spunto viene dalla grande mostra organizzata a Milano, a Palazzo Reale, dedicata a Bernardino Luini
(10 aprile-13 luglio 2014). C’è una grande attenzione per questo pittore, nome maiuscolo del Cinquecento: si parla dell’appuntamento come di uno degli eventi dell’anno. Luini
seppe fondere la tradizione lombarda con il vento di rinnovamento portato a Milano da Leonardo da Vinci.
A LUGANO abbiamo la chiesa di S. Maria degli Angioli,
piccolo gioiello accanto all’imponente colosso dell’ex-Palace,
ristrutturato dalle fondamenta. Qui si può ammirare la monumentale Crocifissione, uno dei capolavori del Luini. Sulla
“Guida d’arte” di Bernhard Anderes è definito “il più famoso
affresco della Svizzera”. La chiesa fu iniziata nel 1499 e consacrata nel 1515. Nel 1848 il convento fu soppresso e sul suo sedime fu costruito un albergo (1852-54), poi rialzato - come
già non bastasse la pesante volumetria - di due piani. Il colpo
d’occhio è lì da vedere in tutto lo stridente contrasto. In Consiglio comunale, a Lugano, si è parlato spesso degli Angioli e
del Luini. Ricordo sedute di forte animazione, 1985 e dintorni, con una difesa appassionata fatta dall’allora municipale
Benedetto Bonaglia. Obiettivo nobile e alto: salvaguardare
questo gioiello, richiamo per migliaia di visitatori ogni anno.
ULTIMAMENTE, è stato il consigliere Peter Rossi a sollevare la questione, legata agli Angioli, al Luini e all’ambiente
tutto, complesso Lac compreso. Quei contenitori interrati per
i rifiuti, collocati tra la chiesa e il lungolago, non fanno proprio un bel vedere davanti ad uno dei più significativi biglietti
da visita di Lugano e del Cantone. (Purtroppo, produciamo
tutti abbondanza di rifiuti, ma nessuno li vuole nel suo giardino). Lì, però, quei cassonetti sono quanto di più antiestetico si possa immaginare e, sgombrando il campo da ogni e
qualsiasi polemica, una diversa soluzione può essere studiata e trovata. In genere le per le perle più preziose si cerca di
creare la migliore vetrina. E questo ora, francamente, non è il
caso, pur comprendendo tutte le difficoltà di mettere a punto
un’alternativa (i contenitori dei rifiuti sono lì dal 2002). Si noti, di transenna, che il rapporto tra investimento e resa nel
campo della promozione turistica è di 1 a 7.
Preziose testimonianze
sulla fede e le tradizioni
UNA
DOMENICA
IN
MOSTRA
CLAUDIO
GUARDA
ilcaffè
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
de e di storia, prendendosi poi carico di
radunarle, quando possibile, e farle conoscere e apprezzare al pubblico.
Il titolo della mostra, “La nube dei
testimoni”, prende spunto dalle parole
di San Paolo che, nella Lettera agli
Ebrei, immagina una folla di santi e
martiri, testimoni di Cristo, che dagli
spalti celesti, seguono e pregano per il
cristiano che laggiù è ancora nel guado
della vita, incoraggiandolo ed esortandolo a proseguire con fede e perseveranza. Sono quegli stessi santi che, dalle pareti delle nostre chiese o dall’alto
degli altari, in pitture, affreschi, stucchi
e sculture, hanno accompagnato gene-
Direttore responsabile Lillo Alaimo
Libero D’Agostino
Caposervizio grafico Ricky Petrozzi
grarti rispettando la cultura locale, vieni
accettato. Mi trovo molto bene in Ticino. Il mio datore di lavoro è buono e
quando ho un problema mi aiuta. Sono
molto grato anche ai miei insegnanti di
tirocinio, al Laboratorio La Fonte dove
ho lavorato durante l’apprendistato e a
Soccorso Operaio Svizzero che si occupa del mio caso”. Già, perché il caso non
è ancora chiuso. Mentre seguiva la formazione di panettiere Rasul era stato
colpito da un “ordine di partenza immediata” emanato da Berna. Decisione
poi sospesa, grazie all’assistenza di Sos,
perché stava seguendo una formazione.
Da quando è autosufficiente e non riceve più sovvenzioni, il Cantone gli ha comunicato di essere pronto a concedergli un permesso di dimora, a condizione che anche Berna sia d’accordo. Affinché la storia sia a lieto fine – come dicevamo – manca dunque solo l’ok di
Berna, che speriamo giunga presto.
FOGLI
IN
LIBERTÀ
COLPI
DI
TESTA
GIUSEPPE
ZOIS
Vicedirettore
virgolette
Storia quasi a lieto fine
per un rifugiato iracheno
IL
DIARIO
A Mendrisio il Museo cittadino offre, in concomitanza con le rituali processioni del Venerdì Santo, una mostra
intensa e pregevolissima. Una rassegna
che, se per il cristiano può rientrare appieno nello spirito del sacrificio pasquale e del culto dei santi, per coloro
che invece non lo sono - ma hanno comunque il senso della storia e del bello
- è degna di un grande museo.
E ancora una volta se ne deve render merito soprattutto alla sollecitudine e dedizione del curatore della mostra, il parroco don Angelo Crivelli, che
da anni batte il territorio alle ricerca
delle sue preziose testimonianze di fe-
tra
razioni e generazioni di fedeli. Un patrimonio immenso. Anche di storia e di
arte.
Mi limiterò qui a sottolineare tre
aspetti di merito che emergono dalla
rassegna. Come si entra, la grande e
bella sala sugli altari ad ante di origine
tedesca presenti nel nostro territorio è
la testimonianza eloquente che, non
solo in tempi recenti ma per secoli, il
nostro Cantone è stato punto di congiunzione, passaggio e scambio, anche
culturale e artistico, tra Nord e Sud, tra
Est ed Ovest. Un intricato sistema di fili
che ha saputo mettere in relazione culture e tradizioni diverse, linguaggi di-
Società editrice
2R Media
Presidente consiglio d’amministrazione Marco Blaser
Direttore editoriale
Giò Rezzonico
DIREZIONE, REDAZIONE E IMPAGINAZIONE
Centro Editoriale Rezzonico Editore
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LA NUBE DEI TESTIMONI.
SANTI IN TICINO
ARTE, FEDE E ICONOGRAFIA.
Museo d’arte, Mendrisio
Fino al 22 giugno
versi, fatto da generazioni di nostri migranti a testimonianza della loro apertura culturale e dei fitti scambi sia artistici che commerciali che, in tempi anche più difficili e senza preclusioni,
hanno marcato il nostro passato.
Il secondo aspetto – e basterebbe
anche solo limitarsi alla stessa sala – è
senz’altro la qualità dei singoli pezzi:
non solo perché generalmente molto
ben conservati, ma che qui si vedono
in tutta la loro bellezza e singolarità
grazie all’ottimo allestimento. Si tratta
di opere che al più noi vediamo di fretta nelle varie chiese, ma con l’occhio
che scappa dall’una all’altra, talvolta
RESPONSABILE MARKETING
Maurizio Jolli
Tel. 091 756 24 00 – Fax 091 756 24 97
DISTRIBUZIONE
Maribel Arranz
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Tel. 091 756 24 08
Fax 091 756 24 97
collocate in parti poco accessibili o luminose, o che neppure si vedono perché (giustamente) custodite negli armadi delle sagrestie o depositate in canonica. Contribuire alla conoscenza
del nostro territorio e del suo patrimonio disperso (o ignorato), tirarlo fuori
dagli armadi, radunarlo, esporlo, farlo
conoscere è fondamentale per incrementare nel cittadino la coscienza della propria identità e storia; ed è tra i
compiti irrinunciabili della politica e
della cultura, alla base di ogni civiltà.
Questo il merito della rassegna mendrisiense e della ricca monografia che
l’accompagna.
STAMPA
Ringier Print - Adligenswil AG - Druckzentrum Adligenswil
6043 Adligenswil - Tel. 041 375 11 11 - Fax 041 375 16 55
Tiratura (dati Remp ‘12)
56’545
Lettori (dati Mach ‘12-’13)
106’000
Abbonamento annuo Fr. 59.– (prezzo promozionale)
Capita che manchino le parole. Non
quando le abbiamo “sulla punta della
lingua”, senza riuscire però a ricordare il
nome della persona con cui stiamo conversando a una festa, e che ci ha salutati
con piglio da amico fraterno. Una delle
regole che vigono fuori dalle sale cinematografiche festivaliere recita: “Se non
faccio le presentazioni, è perché il nome
mi sfugge, anche se abbiamo più volte
spettegolato mentre apettavamo in fila,
o fatto amicizia mentre uscivamo sbuffando dallo stesso film portoghese”.
Capita di non trovare le parole per
certe parentele (“l’ex marito della mia
seconda moglie mi è più amico di mio
cognato” faceva notare un conoscente
dalla vita complicata “ma non esiste
una formula breve per definirlo”). O per
certi momenti della giornata, perfino
della condizione umana – se vogliamo
concederci un parolone – che speri-
Compilation di neologismi
per quando non ci sono parole
CITOFONARE
MANCUSO
MARIAROSA
MANCUSO
mentiamo senza riuscire a dar loro un
nome.
Colma la lacuna Ben Schott, raccoglitore di curiosità diventato famoso
con “L’originale miscellanea di Schott”.
Una compilation di notizie e dati non
strettamente necessari, che provocano
dipendenza appena cominciamo a leggere. Le morti premature delle popstar,
il gergo degli omosessuali inglesi negli
anni ‘50, le tecniche per predire il futuro osservando il volo degli uccelli (“augurio”, da qui viene “malaugurio”),
l’elenco delle fobie, la lista delle parole
tedesche di cui non possiamo fare a
meno, da Kitsch a Weltanschauung.
Nel suo ultimo libro “Schottenfreude” (esce da Blue Rider Press in inglese,
già disponibile la traduzione tedesca, in
italiano finora non ci sono notizie)
compone parole tedesche sulla scia di
“Schadenfreude”. La contentezza che,
ahimé, ci coglie quando sappiamo delle
disgrazie altrui: termine che non ha
equivalenti in altre lingue, quindi come
Zeitgeist viene preso a prestito ovunque.
Nell’elenco delle parole nuove di zecca –
come abbiamo potuto farne a meno finora? - troviamo “Mahlneid”, si potrebbe tradurre con “invidia dell’ordinazione”. Il momento di sconforto che coglie
quando vediamo il piatto scelto dal
nostro commensale, più appetitoso del
nostro.
“Herbslaubtrittvergnügen” indica il
calcio dato ai mucchi di foglie cadute
dagli alberi sul far dell’autunno.
“Schmutzwortsuche” sta per la ricerca
di parole proibite nel dizionario (lo si
faceva da ragazzini, non ancora sottoposti alle lezioni obbigatorie di educazione sessuale). “Leertretung” torna
utile tutte le volte che capita di inciampare in uno scalino inesistente. “Baggerspion” rivela il pensionato che è in noi,
voglioso di sbirciare attraverso buchi e
fessure in ogni cantiere nascosto alla vista. “Tageslichtspielschock” significa
“restare abbagliati uscendo dal cinema
di pomeriggio”. L’avessimo saputo,
quando gli amici rifiutavano di vedere i
film prima che calasse il buio, avremmo
fatto una gran bella figura.
13 aprile 2014
Il Paese nel racconto popolare
www.caffe.ch
[email protected]
Il romanzo della realtà
Gli eBook del Caffè
La finestra sul cortile
31 / Storie di quotidianità familiare
ANONYMOUS
Ragazza madre svizzero
tedesca. Precisa e
rispettosa di ogni norma.
Trentacinquenne, impiegata
in un’agenzia immobiliare.
Suo figlio Gabriel ha 11anni.
Pensionato, vedovo
e piacione. Ama le
enciclopedie. Sua figlia,
Giulia, divorziata, ha un
bimbo di 6 anni, Nathan.
Non ama gli stranieri.
I fatti
e le persone
narrati in
queste storie
sono di pura
invenzione.
Anche le cose pensate
o sottintese
non hanno
alcun legame
con la realtà.
Ma così non
sempre è per
i luoghi, le
circostanze
e gli episodi
da cui prendono
le mosse
i racconti.
La chiave combinata
I
Quarantacinquenne,
divorziata da un medico.
Impiegata in un grande
magazzino. Bella, elegante
e... con molti amanti.
Maestro elementare. Sua
moglie, in casa tutto il
giorno, è una patita di
music pop. S’è ingrassata
a dismisura.
Il figlio Nick ha 6 anni.
Arrivano dalla Croazia.
Fanno tutti e due gli
assistenti di cura. Lei è
disoccupata, oltre che
molto sexi.
ONLINE
La raccolta
dei racconti
caffe.ch/citofoni
l Lüis guardava imbambolato. La paura e il freddo l’avevano reso una statua di ghiaccio. Il corpo
steso a terra supino era illuminato dalla luce
biancastra del lampione. Un mocassino grigio
di usura più che nero, con una suolona consumata, era lontano mezzo metro dal piede destro
infilato in un calzino spesso di un colore indefinibile. La camicia di flanella a scacchi usciva da
una lato dei pantaloni e da sotto una maglia bordeaux coperta da un giubbino scuro. Sporco di
fango. Dalla bocca era uscito sangue. Dalla testa
mezza fracassata pure. Non c’era dubbio: morte
violenta!
Il Lüis era immobile. Incapace anche di
emettere un urlo di paura e di aiuto. Si guardò
intorno. Solo freddo e nebbia tagliata a stento
dalla luce del lampione che stava sopra la sua
testa. Per il momento intatta, pensò, mentre lo
stava assalendo l’idea che da qualche parte un
assassino (o degli assassini) fossero pronti a far
fuori anche lui.
Accanto alla testa dell'uomo c’era un sacchetto di quelli trasparenti uscito da una borsa.
C’erano alcune brugole e delle viti con la testa
incava. Lì vicino, insaguinata, una chiave inglese. Chiave combinata, per la precisione. Una
parte a stella, era quella coperta di sangue, una
parte a becco. Il Lüis ne aveva una uguale fra i
suoi attrezzi.
Man mano che i secondi passavano, il terrore cresceva. Il Lüis Vosti era uscito dalla casa di
ringhiera per fare due passi, in tele non c’erano
che giochi a premi a quell’ora. Aveva svoltato
l'angolo sino alla piazzetta sul retro del supermercato e tra i cassonetti e gli scatoloni, con intorno tre gatti, aveva visto quel... Ma sì, non aveva dubbi! Quel uomo a terra era il Silvio Bergamaschi. Un vecchio idraulico che, dopo aver fatto per trent’anni il frontaliere, s’era ritirato in
pensione. Ma da almeno un anno, o forse un po’
meno?, due volte alla settimana veniva in Svizzera. Sempre con quella borsa di attrezzi e viti
appresso. Ma in verità era una borsa più... da ragioniere che da idraulico. Dicevano facesse
qualche lavoretto di nascosto, in nero.
Da quando era montata la polemica sui
“padroncini” italiani che fregano il lavoro agli
artigiani svizzeri, le cose s’erano messe un po’
male per il Silvio. Era guardato da tutti con sospetto. Sebbene nessuno, ma proprio nessuno
lo avesse mai visto uscire o entrare da una casa.
Non aveva nemmeno gli abiti da lavoro. Ma
questo, va beh!, non vuol dire!
Addirittura qualcuno lo aveva segnalato alla
polizia, che lo aveva a sua volta segnalato alle
guardie di frontiera. Ma non era mai stato fermato. Una volta entrava con la corriera, la chiamava così il Silvio, un’altra chiedeva un passaggio a qualche conoscente, in estate ogni tanto
attraversava la frontiera via lago. Con un battellino turistico di un amico, mischiato tra i tedeschi in vacanza. Non che fosse privo di documenti! Il suo era un problema economico. I soldi del biglietto per la corriera preferiva non
spenderli. Ammesso li avesse, perché negli ultimi mesi s’era ridotto veramente male.
Era rimasto vedovo come il Lüis, di figli non
ne aveva. E i soldi risparmiati se li era mangiati
una lunga malattia della moglie. La pensione
svizzera gli bastava per l’affitto e le spese fisse. Il
secondo pilastro se ne era andato per le cure sanitarie e, anni prima, per metter su un negozio di
sanitari. Andato in poco tempo a gambe per aria.
Il Lüis tutte ’ste cose le sapeva perché il Silvio
era anni che frequentava quei posti. Prima da
frontaliere, poi da pensionato. Forse da “padron-
Il Silvio era morto. Forse,
come scrivono i giornali,
non dava segni di vita
cino”. Fatto è, pensava il Lüis che da statua di
ghiaccio ritornava un essere pensante, fatto è, ora
che mi viene in mente, che il Silvio lo vedo solo nei
giorni di mercato. Il martedì e il giovedì. Strano!
«Madonna», riuscì a dire il Lüis. Il freddo si
stava sciogliendo. Si piegò e avvicinò la testa a
quel corpo inerme. «Silvio, Silvio», disse tenendo le mani dentro al giubbino. Il Silvio era morto. O magari, come scrivono i giornali, semplicemente non dava segni di vita, ma la sua vita
era semplicemente, si fa per dire, in pericolo di
vita, o come caspita scrivono negli articoli...
Ma qui..., ma qui, pensò, il Lüis, siamo difronte a un omicidio bell’e buono.
L’Armando Spiess stava decidendo che fare.
Un solitario on line. Andare a rompere le scatole
alla biondina che iniziava il turno delle otto. Telefonare con il cellulare alla morosa. Chiudere
gli occhi. Non fece nulla perché squillò il telefono. E in trenta secondi diede l’ordine di uscire
alla pattuglia della “comunale”che si stava preparando, quella della biondina a cui non era an-
dato a rompere le scatole. In centro, nella piazzetta del mercato, c’era una cadavere tra i cassonetti e gli scatoloni.
Quando le due pattuglie arrivarono, quella
della biondina, e quella che sarebbe dovuta
rientrare finito il turno alle otto, il Lüis era come
inginocchiato accanto al cadavere. Ormai, che
“la sua vita (quella del Silvio) fosse in pericolo di
vita”, l’aveva capito anche il Lüis. Al Bergamaschi
Silvio avevano fracassato il cranio con una chiave inglese combinata. Lo avevano colpito dalla
parte della stella.
Un giornale - erano passati due, tre giorni scrisse che i sospetti si stavano concentrando
sul mondo degli idraulici della regione (ma
quanti saranno mai stati!?). Che era una vicenda maturata nel mondo degli artigiani locali e
dei “padroncini” italiani. Ma dimmi te!, si trovò
a pensare il Lüis, se possono mai essere arrivati
a tanto! Figuriamoci che concorrenza avrà mai
potuto fare con un sacchetto di brugole e viti e
una chiave inglese combinata in una borsa da
ragioniere!
Il martedì e il giovedì, i giorni di mercato, il
Lüis si mise alla ricerca di qualche indizio. Non
voleva crederci che il Bergamaschi Silvio fosse
stato assassinato da un misterioso idraulico.
C’era altro. Dopo tre settimane di passeggiate al
freddo, si accorse che quando il supermercato
chiudeva e i cassonetti si riempivano di generi
alimentari ormai vecchi... Arrivano in tre o
quattro e iniziavano a frugare. Prendevano foglie di insalata. Un finocchio ancora intero incastrato tra una ruota del cassonetto e il muro. Tiravano fuori dalle tasche delle buste e... Eliminate le foglie esterne il finocchio, era bianco e
carnoso. Ottimo!
L’Armando Spiess aveva scartato, tra le opzioni per ingannare il tempo, la telefonata col
cellulare alla morosa. E aveva deciso di andare a
rompere le scatole alla biondina del turno delle
otto. Ma suonò, porca vacca, il telefono. Questa
volta sul retro del supermercato, l’Armando diresse solo la pattuglia della biondina. Non c’era
un cadavere. Solo un sospettato.
Il Lüis aveva origliato. Un etiope, Akil vattelapesca, stava raccontando di quel pensionato
che ogni sera si prendeva i torsoli di lattuga migliore. «Io rabbia. Lui preso chiave da borsa. Ma
io più forte...».