Falsi documentali - Comune di Prato

PRATO 21 febbraio 2014
UFFICIO FALSI DOCUMENTALI
Polizia Municipale Genova
P.zza Ortiz n°. 8 – 16121 GENOVA
L’applicazione della norma nell’indagine sul falso documentale
Come sempre più spesso mi viene richiesto negli incontri di studio sul falso
documentale sono a relazionare sull’applicazione del codice penale e di procedura penale su
questo specifico filone d’indagine.
In vero non ci si può limitare ad una mera esposizione e dissertazione sui singoli articoli
di legge, bensì pare sempre più opportuno effettuare un’attenta analisi della zona d’azione della
Polizia Locale nei nostri Comuni.
Le amministrazioni decentrate, dalle quali noi tutti dipendiamo, sempre più versano in
un disavanzo finanziario determinato dalla politica economica nazionale, che spinge gli
amministratori a ricercare spasmodicamente le residue fonti d’introito per poter sopravvivere.
Ora è evidente che tra le primarie fonti di gettito per i Comuni vi siano gli interventi
contravvenzionali, quindi contestualmente vi è una forte spinta incentivante verso tali risorse,
parimenti si instaura una sensibilizzazione al decremento di tutti gli interventi che non portino
ne alla fruizione di servizi per i cittadini ne al reperimento di tali risorse.
La scarsa attenzione all’intervento penale produce una carenza di formazione ed una
scarsa tutela dell’Operatore quindi una vulnerabilità del nostro operato che si accentua in
maniera proporzionale all’ignoranza della norma.
Per correttezza intellettuale bisogna identificare anche gli altri fattori che entrano in
gioco in questo delicato equilibrio, mi posso limitare ad indicare i principali che sono:
l’indirizzo specifico (ancorché non rivesta valenza normativa) della locale Procura, il rapporto
con le (altre) forze di Polizia e l’indirizzo politico dell’Ufficio di appartenenza.
Pensiamo per un attimo ad un intervento analogo al nostro effettuato da una pattuglia
della P.S. in forza alla locale Questura o a quello effettuato da una pattuglia dell’Arma dei C.C.
N.O.R., gli Operatori sul territorio faranno il primo intervento, il capoturno si assumerà l’onere
della trasmissione/comunicazione all’A.G., un Ufficio di Polizia Scientifica effettuerà gli
accertamenti sui reperti in sequestro e l’identificazione del soggetto indagato/arrestato, l’ufficio
di P.G. porterà avanti eventuali indagini correlate, l’Ufficio Immigrazione effettuerà l’eventuale
trattazione dello straniero. Noi no, più il Comune sarà piccolo maggiori saranno gli oneri che
dovremo sobbarcarci, anche se ovviamente ciò non ci manleva in alcun modo dalle
responsabilità/obblighi penali dell’intervento.
Nuovamente noi paghiamo la diversificazione nella contrattazione, una parte avviene
centralmente (quando avviene) ed una più cocente è di carattere decentrato e quindi subisce la
forte influenza partitica del Comune di appartenenza. Ci basti pensare alla discrasia
rappresentata da una direttiva politica esattamente contraria rispetto alla norma giuridica, la
discrasia determina delle profonde rotture nel tessuto sociale, qui l’Agente di Polizia Locale
viene chiamato a rivestire quelle funzioni di frizione a volte veramente gravose, che permetto la
sopravvivenza delle città.
Possiamo trovarci di fronte ad una Procura che ritiene ad esempio di non effettuare
l’arresto ex art. 497 bis c.p., questo ovviamene non manleva l’Operatore dall’applicazione della
norma, l’autopreservazione è attuabile solamente comportandoci in maniera cristallina nella sua
applicazione, di fatto è questa l’unica tutela del nostro operato e non necessita nemmeno del
supporto del nostro Comando. Ipotizzando un intervento su di un episodio previsto e punito dal
prefato articolo, compilata correttamente la prevista modulistica notiziamo (non è previsto che
lo debba fare un U.P.G.) l’A.G. dei fatti e contestualmente dell’avvenuto arresto del soggetto,
con le motivazioni sintetiche che hanno determinato la nostra decisione e nessuno, e ribadisco
NESSUNO potrà mai contestarci qualcosa. E’ ovvio che il P.M. potrà disporre l’immediato
rilascio e noi dovremo semplicemente limitarci ad annotarlo nella C.N.R. senza alcuna
complicanza.
E’ necessario imparare anche questo, quando succedono eventi come quello sopra citato
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non sarà una sconfitta del nostro operato ma una vittoria, non si vince nel rinvio a giudizio o
peggio nella condanna del delinquente, si vince ogni qualvolta terminata la redazione degli atti
non avremo commesso errori, quando non forniremo al nemico, ed il concetto di nemico non è
così certo e definito, alcun appiglio per perseguirci penalmente, amministrativamente o
disciplinarmente.
Il nemico è subdolo, spesso si cela sotto mentite spoglie, può indossare la nostra stessa
divisa, o qualcuna simile o può essere il vicino di casa, il nostro concittadino, se entriamo nella
sfera del penale aumenta il nostro rischio quindi durante l’applicazione della norma giuridica
prestiamo attenzione anche alle sfumature, cerchiamo di comportarci sempre in maniera
corretta e civile anche con il peggior delinquente, non sempre sarà facile ma è necessario per la
nostra incolumità.
Potrebbero verificarsi incomprensioni operative con gli appartenenti ad altre forze di
Polizia, anche in questo caso atteniamoci scrupolosamente a quanto previsto normativamente e
qualora si presenti un problema di una certa rilevanza non esitiamo a comunicare
immediatamente, anche telefonicamente, all’Autorità Giudiziaria l’origine e la portata degli
eventi che ci stanno impedendo di portare a termine la nostra attività d’istituto.
Dopo queste premesse possiamo iniziare ad analizzare il primo e più importante articolo
che ci riguarda, l’art. 55 del c.p.p.. L’importanza di tale dettame è determinata dalle
imposizioni che esso prevede per la nostra figura giuridica, infatti ci è fatto obbligo di
preservare la scena del crimine, di assicurarne le prove mettendole nel più breve tempo
possibile a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, alla quale comunque andranno comunicate
senza indugio le notizie circa il crimine perseguito anche assunte d’iniziativa, nonché andrà
svolta quell’attività utile ad individuarne l’autore, identificandolo compiutamente. Si ribadisce
che tutto ciò è indicato come precipuo OBBLIGO dell’operatore. Da una superficiale analisi si
potrebbe affermare che, vista la triste situazione economica in cui noi tutti versiamo e visti i
rischi a cui andiamo incontro forse converrebbe …….. girarci dall’altra parte…. Quindi?
Commetteremo un bel reato di omissione di atti d’ufficio, a parer mio l’analisi degli eventi deve
essere il più accurata possibile prima di assumere decisioni di cui poi avremmo amaramente a
pentirci.
Trovandoci di pattuglia quante volte siamo stati inviati per i rilievi di un incidente
stradale con ferimento (di lieve entità) di persona e quanti dei coinvolti si sono rivelati
stranieri? Intanto, non perché lo abbiamo voluto, ma siamo già in presenza di un reato (art. 590
c.p.) e allora qui nasce il primo problema: vi è la perseguibilità solo a querela ed il soggetto
passivo ha già manifestato la volontà di non perseguire l’autore delle lesioni. Subito ci sentiamo
sollevati pensando che anche in questo caso non vi sarà nessun adempimento di carattere
penale! Ed invece no, rammentiamo che il nostro ruolo non è quello del leguleio, ne quello del
Giudice o dell’avvocato, noi siamo Agenti di Polizia Giudiziaria e quindi DOBBIAMO dare
notizia all’A.G. dei fatti costituenti reato di cui siamo venuti a conoscenza identificando
compiutamente gli attori, siano essi attivi che passivi del fatto.
Dall’esame dei documenti necessari alla guida e all’identificazione emergono gravi
indizi di falsità, noi allora ……poniamo in sequestro ex art. 354 c.p.p. i reperti dubbi
(OBBLIGO di garantire la prova). Ed ecco il secondo articolo di fondamentale importanza il
354 c.p.p. che ci permette di assicurare la prova di nostra iniziativa, ovviamente se opereremo
come soli Agenti, non alla presenza quindi di un Ufficiale di P.G., dovremo indicare anche
l’art. 113 del D. Lgs. n°. 271/89, resta evidente l’importanza di poter effettuare il sequestro in
autonomia per tutelare il nostro operato.
Direi che stiamo procedendo bene, rammentiamo che al momento operiamo in
emergenza, quindi su strada e probabilmente in avverse condizioni, ciò nonostante abbiamo
assicurato la prova ed ora non ci resta che identificare compiutamente gli attori del reato, ma
abbiamo manifestato dubbi circa i documenti esibiti, quindi?
Ai sensi dell’art. 349 c.p.p. non ci resta che accompagnare il o i soggetti presso il più
vicino ufficio abilitato ai rilievi foto dattiloscopici ove provvederemo a far effettuare i rilievi di
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rito. Bene allora abbiamo finito? Certamente no, la compiuta identificazione si avrà soltanto al
momento della disamina S.D.I. dell’esito delle comparazioni dei rilievi effettuati.
Se pur all’apparenza superfluo bisogna rammentare che a fronte dell’OBBLIGO della
compiuta identificazione il provvedimento dell’accompagnamento per l’identificazione ha
carattere coercitivo, dal momento del fermo dovremo essere come i famosi fidanzatini di
Peynet con il fermato, non dovrà mai essere lasciato privo di sorveglianza o peggio messo nella
condizione di darsi alla fuga.
Avuta contezza circa l’identificazione del soggetto non ci resta che compilare e
consegnargli copia del verbale di accompagnamento per l’identificazione e di perquisizione,
nonché, qualora egli sia l’indiziato del reato, copia del verbale di identificazione e di elezione di
domicilio.
Appare ovvio che se il reato sia uno di quelli perseguibili a querela della persona offesa
(es: art.li 485 e 590 c.p.) la querela potrà essere sporta nei tre mesi successivi alla presa di
coscienza del reato da parte della persona offesa, quindi comunque non potremo essere in grado
al momento del primo intervento di garantire il rispetto di tali termini temporali
nell’applicazione della volontà del soggetto passivo, avremo conseguentemente tutti gli
obblighi previsti e puniti dall’art. 55 c.p.p..
Se scoprissimo di esserci imbattuti in una patente di guida o in un permesso
internazionale di guida contraffatti, dovremo contestare gli art.li 477 e 482 c.p., ciò in quanto il
477 prevede la punizione del pubblico ufficiale che realizza un falso materiale mentre il 482
diminuisce la pena se il reato viene commesso dal privato. La domanda che spesso viene posta
è relativa alla contestazione del concorso nella falsificazione, l’indagato di fatto concorre nella
falsificazione inserendo il proprio fotogramma ed i dati anagrafici presunti. A fronte di un
confronto con alcuni Magistrati della Procura della Repubblica di Genova attenti a questa
particolare casistica, si recepiva il consiglio di contestare assieme agli art.li 477 e 482 c.p.
anche l’art. 489 c.p. (uso di atto falso) in quanto si è rilevato che in alcune occasioni, in sede di
giudizio, la difesa non contestava il compimento del reato bensì la sua realizzazione all’estero,
il Giudice quindi recependo tale obiezione si vedeva costretto al proscioglimento dell’indagato
in mora di depositata contestazione riferita al mero uso del documento falso.
Se invece il controllo portasse all’individuazione dell’uso di documentazione
assicurativa apocrifa si dovrà contestare l’infrazione all’art. 485 c.p., ATTENZIONE purtroppo
molto spesso ci siamo imbattuti in interpretazioni distorte della normativa dove Colleghi si
esponevano ad enormi rischi giuridici del tutto irrazionalmente. Noi dell’Ufficio Falsi della
Polizia Locale di Genova portiamo sempre ad esempio purtroppo due Colleghi anziani (del
concorso 1981) questi avevano realizzato una collezione privata di tagliandi assicurativi
contraffatti, mai sequestrati, nonostante ripetuti controlli eseguiti nominalmente mediante
l’accesso a svariate banche dati esterne al Corpo, a seguito dei quali, avuta chiara ed
inequivocabile contezza di trovarsi in presenza di un reato, avevano semplicemente sanzionato
amministrativamente quei conducenti ex art. 193 del c.d.s. salvo poi trattenere il corpo di reato
nel proprio borsello a titolo di mero collezionismo. Soltanto un folle può inanellare una serie
così lunga di comportamenti demenziali, noi non siamo Giudici ne tantomeno avvocati, siamo
in presenza di un reato, peraltro accertato inequivocabilmente mediante gli accessi registrati a
molteplici banche dati, quindi dobbiamo porre in sequestro la documentazione apocrifa ex art.
354 c.p., trasmettere l’annotazione afferente il fatto entro h. 48,00 alla Procura di competenza e
contestualmente comunicare alla Compagnia Assicuratrice il fatto costituente reato al fine di
permettere al loro ufficio legale di poter sporgere querela nei tempi previsti. Ovviamente a parte
resta corretta l’applicazione dell’art. 193 del c.d.s..
In tal senso non sempre è semplice far comprendere ai Colleghi l’esatta portanza
dell’iter giuridico, alcuni Agenti erano usi effettuare il ritiro di tagliandi per portatori di handi-
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cap già appurati contraffatti mediante accertamento telefonico presso l’ufficio che ne avrebbe
effettuato il rilascio ex art. 13 L. 689/81, quindi magari dopo un mese si vedevano costretti a
tramutare il ritiro in sequestro ex art. 354 c.p.p. per poter contestare l’infrazione ex art. 489 c.p.
(o ex art.li 477, 482 c.p.) andando a giustificare il ritardo con le più variegate scuse.
Analogamente altri Colleghi, pur avendo già rilevato la falsità del documento lo
ritiravano ex art. 13 L. 689/81 per l’errato timore che in caso di un loro errore essi non
sarebbero incorsi in alcuna complicanza. Succedeva invece che nel medesimo contesto gli stessi
andavano magari a sequestrare il veicolo applicando sanzioni di diverse migliaia di euro salvo
poi ricevere richieste di risarcimento certamente più pericolose per l’Operatore rispetto alla
corretta applicazione della norma penale. Giova precisare che non vi sono conseguenze nella
segnalazione di un’ipotesi di reato poi rigettata dalla Procura inquirente salvo la dimostrazione
di un dolo specifico nella contestazione da parte dell’operatore. Resta evidente che se denuncio
per uso di patente di guida falsa nonostante la medesima sia genuina, magari sequestrandogli
anche il veicolo, il mio vicino nigeriano, con il quale litigo giornalmente in quanto egli effettua
uno stillicidio scriteriato sulla mia biancheria, forse potrò incorrere in qualche spiacevole
inconveniente.
Prendendo a prestito da un AMICO che ci ha lasciato una frase a lui cara: noi non
possiamo scegliere se essere o non essere professionisti del controllo, questa scelta l’abbiamo
fatta all’atto dell’assunzione, ora possiamo solo scegliere se essere buoni o cattivi controllori.
Allora sarà opportuno valutare con molta attenzione gli art. 497 bis c.p. e l’art. 5
comma 8 bis del D. Lgs. 286/91, il 497 bis c.p è nato per punire il possesso e la fabbricazione
di documenti atti all’espatrio contraffatti, ma non solo, per la quantificazione della pena il reato
prevede l’arresto facoltativo. L’articolo è stato innovativo per entrambi i motivi, non
necessitando più la presunzione del concorso nella falsificazione andava a prevedere la
punizione anche per il solo possesso, inoltre la pena prevista faceva si che nella flagranza si
potesse ipotizzare l’arresto facoltativo, che diveniva una sorta di arresto obbligatorio visto che
il soggetto risulta di non certa identificazione e reperibilità.
In seguito diveniva evidente la lacuna normativa derivante dal fatto che era stata
prevista la sola punizione per chi avesse utilizzato o concorso nella realizzazione di documenti
atti all’espatrio contraffatti, ma nessuna punizione era comminata per l’uso e la falsificazione
dei titoli necessari al soggiorno. Tale lacuna era sanata dalla modifica della tristemente nota
Bossi/Fini, l’introduzione dell’art. 5 comma 8 bis (D. Lgs. 286/91), di fatto la nuova norma
andava a sanzionare con identica pena prevista per l’art. 497 c.p. chi venisse trovato in possesso
di un permesso di soggiorno, di un visto di ingresso o reingresso o di un titolo necessario
all’ottenimento di un visto o di un permesso di soggiorno contraffatti.
Pare utile precisare il senso di punire l’utilizzo di un titolo necessario all’ottenimento del
permesso di soggiorno contraffatto, evidente soltanto un pazzo potrebbe recarsi all’ufficio
immigrazione esibendo una richiesta di emersione apocrifa, però diverso è il controllo
effettuato su strada del cittadino straniero che esibisce un passaporto in corso di validità, magari
corredato di un visto, ma essendo sprovvisto di permesso di soggiorno esibisce una domanda di
emersione presentata magari ad un Ufficio del Governo di un’altra città. Se tale documento
fosse genuino di fatto garantirebbe la legalità di permanenza, e stiamo parlando di un
documento privo di sistemi di sicurezza realizzato su di un supporto cartaceo a bassa
grammatura, con procedimento di stampa digitale.
Quindi, anche se molto brevemente, abbiamo fatto un escursus sui principali articoli
afferenti il falso documentale, ma non esiste un’operazione matematica che ci doni certezze in
questo campo o il manuale dell’investigatore perfetto anzi è esattamente il contrario.
Agiamo in un mondo decisamente imperfetto, quasi sempre in situazioni di inferiorità,
sia numerica che operativa, spesso non abbiamo colpe ma semplicemente siamo il frutto di una
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società sempre più stereotipata e frenetica, sempre più priva di valori umani e materiali, ma anche questo non deve demotivarci, è l’etica della nostra professione, la nostra storia, sempre al
fianco dei nostri concittadini, reprimendo se del caso ma sempre con un occhio all’umanità che
ha sempre contraddistinto la nostra divisa.
Nonostante siano passati quasi trent’anni rammento il sollievo che provavo quando,
coinvolto in un’azione penale, mi veniva fornita la possibilità di rapportarmi con un Collega per
decidere al meglio come procedere, per avere almeno un conforto morale, per sentire una voce
amica.
Tutti noi che partecipiamo al progetto di NOIDEIFALSI.IT abbiamo scelto di metterci
in gioco, in un mondo dove tutto o quasi si coniuga con il verbo avere abbiamo scelto di
coniugare il verbo dare, di ascoltare le grida dei Colleghi di tutta Italia, che sempre più spesso
chiedono a gran voce di poter non essere lasciati soli nel momento del bisogno. Noi non
possiamo sostituirci alle istituzioni però possiamo affiancare i Colleghi, gratuitamente, tentando
di supportarli nell’investigazione e nell’azione penale che riguarda il falso documentale con la
speranza nel cuore di poter vedere la professionalità della Polizia Municipale sempre progredire
al fianco dei nostri concittadini e delle altre forze di Polizia. Buon lavoro e se avrete bisogno
non esitate a chiamarci.
Paolo ZOBOLI, Mauro POLESELLO e Roberto PANICO
Ufficio Falsi Documentali
Reparto Polizia Giudiziaria
Polizia Municipale di Genova
Tel. 010 – 5575608 e 609 Fax. 010 – 5575602
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