i libri liturgici e la formazione di chi presiede

DAL «RITUS SERVANDUS»
AI «PRAENOTANDA»:
I LIBRI LITURGICI
E LA FORMAZIONE DI CHI PRESIEDE
Luigi Girardi
` DELLA FORMAZIONE
1. L’AUTORITA
Introdurre un ministro ordinato, o chi si prepara a diventarlo, all’esercizio del ministero di presidenza dell’assemblea liturgica e` compito delicato e complesso 1. Non si tratta infatti di trasmettere semplicemente un sapere, ma piu` propriamente un saper fare, e ultimamente
un saper essere. Questo implica una pluralita` di livelli di intervento
formativo e diverse forme di coinvolgimento personale. Normalmente
cio` si esprime anche con la partecipazione di diverse figure (o almeno
di diverse competenze) all’attuazione di tale compito formativo: il docente di liturgia, il cerimoniere (o chi guida le celebrazioni), l’educatore (o il padre spirituale). La fisionomia formativa del presidente integra questi diversi apporti e si manifesta nell’esercizio concreto della
presidenza, in connessione con gli altri compiti del ministero ordinato.
Alla complessita` del tema appartiene anche un altro aspetto, che
riguarda le fonti della formazione. Ci si potrebbe chiedere, infatti, chi
forma i formatori, o piu` direttamente quali fonti autorevoli illuminano
e indirizzano il ministero della presidenza liturgica nel suo esercizio. E`
chiaro, infatti, che il compito della presidenza non nasce per iniziativa
di chi lo assume o di chi lo insegna; allo stesso modo, il suo esercizio,
per quanto possa essere connotato con tratti eminentemente personali,
non puo` pero` essere sottoposto semplicemente alle scelte individuali
di chi lo interpreta. Anzi, per certi aspetti si puo` parlare della presidenza del ministro ordinato come di un munus trasmessogli con la sua
1
Anche se alcune celebrazioni liturgiche possono essere guidate da ministri non
ordinati, questo testo si limita a trattare della presidenza del ministro ordinato.
94/2(2007)
Rivista Liturgica
209-226
ordinazione. E` un dono e un compito, quindi, che viene ricevuto; non
assegna un’autorita` senza aver anzitutto collocato il ministro stesso
dentro una tradizione che lo precede e in una posizione ecclesiale che
lo definisce.
Sul fronte delle fonti della formazione, e` d’obbligo il riferimento ai
libri liturgici di cui la Chiesa si dota per le proprie celebrazioni. Il
riferimento ad essi, per quanto non sia esaustivo 2, e` senz’altro normativo: tali libri sono promulgati dalla Chiesa stessa e diventano cosı`
strumenti autorevoli della tradizione liturgica. Gli ordines, pur non
essendo direttamente elaborati per la formazione ma per l’attuazione
della celebrazione, sono termine di confronto indispensabile per chi
dev’essere a servizio della celebrazione anche come presidente.
Un’attenzione speciale, poi, dev’essere data alle premesse (i Praenotanda) che accompagnano oggi i libri liturgici, dal momento che
sono piu` direttamente connesse con un’intenzione formativa 3. Su questi ultimi testi, quindi, si concentra questo breve studio.
2. I LIBRI LITURGICI E I PRAENOTANDA
I libri liturgici, sia per quanto dicono sia per quanto omettono,
lasciano intravedere i tratti salienti del ministero di presidenza, cio`
che si ritiene importante salvaguardare e cio` che invece si puo` presupporre 4.
2.1. I libri liturgici di ieri
Se nella fase dell’oralita` bastava il libro delle Sacre Scritture per
guidare una celebrazione eucaristica, cio` significa che si poteva contare
su presidenti in grado di interpretare e rispettare sostanzialmente, nei
suoi aspetti centrali, la struttura rituale memoriale delle azioni e delle
preghiere. La loro formazione evidentemente avveniva per tradizionetrasmissione pratica e orale e non tramite lo scritto.
2
Ad essi bisogna aggiungere, ad esempio, il riferimento alla visione ecclesiologica elaborata dalla Chiesa nei suoi documenti recenti, visione all’interno della quale
si precisa anche il senso della ministerialita`. Inoltre, e` importante riferirsi agli obiettivi pastorali che una concreta Chiesa si e` data e che si esprimono anche all’interno
della vita liturgica.
3
Cf. l’editoriale I «Praenotanda», in «Notitiae» 26 (1990) 345-347.
4
Cf. J. ALDAZA´BAL, El libro litu´rgico como pedagogı´a de la celebracio´n, in
«Phase» 116 (1980) 111-124.
210 [42]
Luigi Girardi
La prima apparizione di testi scritti, poi, assume un valore piu`
documentario che prescrittivo: si trattava di fornire modelli di preghiere cui il presidente poteva ispirarsi. In questo modo il testo scritto
gia` cominciava a svolgere una funzione formativa. Certo, l’esigenza di
una graduale fissazione scritta dei formulari eucologici obbedisce anche al bisogno di esercitare una sorveglianza sull’ortodossia dei testi
«improvvisati» da parte dei presbiteri; cio` favorira` la conservazione
delle espressioni migliori tanto per qualita` quanto per ortodossia 5.
Progressivamente, lungo il corso del Medioevo, si vede crescere la
tendenza ad attribuire un carattere normativo ai formulari liturgici.
Questa oscillazione dal carattere descrittivo a quello prescrittivo vale
anche per gli ordines, che descrivono lo svolgimento di celebrazioni
sempre piu` complesse e articolate. Il testo eucologico fisso e la rubrica
diventano in modo crescente lo strumento che introduce i presidenti
delle assemblee all’esercizio del loro compito.
Nei libri liturgici della riforma tridentina sembra prevalere, almeno
per le celebrazioni dei sacramenti, l’esigenza di precisare la norma da
seguire. L’obiettivo di salvaguardare l’unita` della Chiesa tende cosı` a
esprimersi nella uniformita` dei libri liturgici e nella preoccupazione
che il presbitero sia in grado di osservarne fedelmente le prescrizioni,
a garanzia della validita` e della liceita` della celebrazione. I libri liturgici
sono accompagnati da introduzioni che ne indicano, sempre in tono
descrittivo-prescrittivo, il modo di interpretarli. Il Ritus servandus in
celebratione missae del Messale romano ne e` l’espressione piu` completa. In esso viene indicato un vero e proprio ethos del presbitero celebrante 6. Si descrive minuziosamente il comportamento da tenere e il
modo di eseguire i riti: dal modo di vestire i paramenti al portamento,
al modo di tenere le mani, di indirizzare lo sguardo, di pronunciare i
testi durante la celebrazione. Si determinano con precisione le norme
che decidono la scelta della messa nel tempo liturgico, i colori dei
paramenti, i formulari. Le determinazioni del Ritus servandus, accompagnate dal De defectibus in celebratione missarum occurrentibus,
sembrano non lasciare niente al caso e prevedere i modi di comportarsi in tutte le eventualita`. Si puo` inferire che l’accompagnare il libro
liturgico con tali introduzioni rivelasse da un lato l’intenzione di determinare univocamente e unitariamente la forma rituale da seguire,
Cf. E´. PALAZZO, Le Moyen Aˆge. Des origines au XIII e sie`cle, Beauchesne,
Paris 1993, pp. 60-61.
6
Cf. J.-Y HAMELINE, Une poe´tique du rituel, Cerf, Paris 1997, pp. 40-41.
5
I libri liturgici e la formazione di chi presiede
[43] 211
dall’altro l’intenzione di istruire rigorosamente un clero il cui livello
culturale era spesso lacunoso e sul quale occorreva anzitutto vigilare
perche´ fossero evitati determinati abusi.
Indubbiamente il protrarsi di un tale stile celebrativo al di la` delle
condizioni storiche che ne hanno favorito il nascere e senza il supporto di un’adeguata visione teologica, ha favorito quegli atteggiamenti
che sono stati denominati rubricismo e giuridismo, ossia una modalita`
di approccio alla celebrazione attenta primariamente alla valida e lecita
attuazione del rito prescritto, con facile deriva ritualistica. E` evidente il
cambio di direzione impresso dal movimento liturgico e raccolto dal
concilio Vaticano II, come appare da questo numero di Sacrosanctum
concilium (SC):
«Ad ottenere pero` questa piena efficacia [concernente la santificazione
degli uomini e la glorificazione di Dio in Cristo], e` necessario che i fedeli
si accostino alla sacra liturgia con disposizioni d’animo retto, conformino
la loro mente alle parole e cooperino con la grazia divina per non riceverla invano. Percio` i sacri pastori devono vigilare affinche´ nell’azione
liturgica non solo siano osservate le leggi per la valida e lecita celebrazione, ma che i fedeli vi prendano parte consapevolmente, attivamente e
fruttuosamente» (SC 11).
2.2. I libri liturgici di oggi
In effetti, in relazione alla tipologia dei Praenotanda (intendiamo
includervi anche le piu` ampie Institutiones generales che accompagnano il Messale e la Liturgia delle ore), i libri della riforma liturgica del
Vaticano II segnano un’evidente differenza. Previsti dalla Costituzione conciliare 7, si puo` dire che il loro apparire e la fisionomia che hanno via via acquistato sia stata sorprendente. Se il primo libro liturgico
della riforma ne era ancora privo (De ordinatione diaconi, presbyteri et
episcopi, del 1968), progressivamente i Praenotanda sono stati collocati in ogni libro, si sono sempre piu` accresciuti nella quantita` e affinati
nella qualita`. Si puo` dire che sono «una delle note caratteristiche dei
libri liturgici nati dalla riforma di Paolo VI» e che «servono a illuminare la celebrazione nel suo insieme e in ogni sua parte, a guidare la
celebrazione stessa, a trasformare la comunita` in un popolo spiritual-
7
Cosı` SC 63 b, a proposito della nuova edizione del Rituale Romano: «Nel
comporre questi rituali o speciali collezioni di riti non si omettono le istruzioni
poste all’inizio dei singoli riti nel Rituale Romano, sia quelle pastorali e rubricali,
sia quelle che hanno una speciale importanza sociale».
212 [44]
Luigi Girardi
mente cosciente e profondamente orante» 8. Di essi si puo` facilmente
riconoscere il carattere non tanto prescrittivo quanto orientativo. Non
significa che manchino norme e indicazioni concrete, ma che nel loro
insieme
«tendono [...] a indicare orientamenti, a proporre comportamenti, a suggerire opzioni relative a situazioni concrete, a stimolare un’autentica partecipazione e a indurre a uno stile di celebrazione inteso come espressione di una comunita` cristiana situata in un preciso contesto sociale e avente una concreta fisionomia che la caratterizza in modo peculiare» 9.
I Praenotanda mettono insieme, con dosaggi diversi, due distinti
generi letterari. Da una parte, presentano alcune note teologiche che
raccolgono i dati fondamentali della dottrina ecclesiale sul sacramento
o sull’azione liturgica propria di quel determinato libro. Dall’altra parte, offrono indicazioni su come attuare la celebrazione, esplicitando
cio` che il rituale chiede e consente di fare e, non di rado, richiamando
i suoi significati. S. Maggiani parla appunto di un codice teologico e di
un codice rubricale:
«Se, da una parte, il codice teologico e` indirizzato a comunicare, tramite
il testo, cio` che deve emergere e cio` che una celebrazione dovrebbe significare, dall’altra, il codice rubricale, indicando le norme rubricali, sottolinea come deve funzionare la celebrazione stessa perche´ si arrivi agli effetti
significati» 10.
Ma, come nota l’autore stesso, non sarebbe adeguato parlare di
codice rubricale se si pensasse a una codificazione delle rubriche come
era praticata nel Ritus servandus; si tratta, piuttosto, di una lettura
pastorale del rito, tesa a favorirne un’attuazione illuminata e a farne
emergere il significato. Un confronto tra il Ritus servandus e il nuovo
Ordinamento generale del Messale Romano (OGMR) puo` rendere
evidente tale differenza. A titolo puramente esemplificativo, si veda
come i due testi descrivono il momento iniziale dell’Eucaristia:
8
C. BRAGA, Punti qualificanti della Institutio generalis Missalis Romani, in R.
KACZYNSKI - G. PASQUALETTI - P. JOUNEL (edd.), Liturgia, opera divina e umana.
Studi sulla riforma liturgica, CLV-Ed. Liturgiche, Roma 1982, p. 243.
9
C. OGGIONI, I criteri della riforma liturgica e la loro traduzione nei libri
rinnovati: valutazioni e prospettive, in Mysterion. Nella celebrazione del mistero di
Cristo la vita della Chiesa. Miscellanea liturgica in occasione dei 70 anni dell’Abate
Salvatore Marsili, LDC, Leumann (To) 1981, p. 216.
10
S. MAGGIANI, Interpretare il libro liturgico, in Il mistero celebrato. Per una
metodologia dello studio della liturgia. Atti della XVII Settimana di studio dell’Associazione professori di liturgia. Assisi, 28 agosto - 1 settembre 1988, CLV-Ed. Liturgiche, Roma 1989, p. 171.
I libri liturgici e la formazione di chi presiede
[45] 213
Ritus servandus, III, 4
OGMR, 50
Stans igitur celebrans ante infimum gradum altaris, ut supra,
producens manu dextera a fronte
ad pectus signum crucis, dicit intellegibili voce: In no´mine Patris, et
Fı´lii, et Spı´ritus Sancti. Amen. Et
postquam id dixerit, non debet advertere quemcumque in alio altari
celebrantem, etiamsi Sacramentum
elevet, sed continuate prosegui
Missam suam usque ad finem.
Terminato il canto d’ingresso, il sacerdote, stando in piedi alla sede,
con tutta l’assemblea si segna col segno di croce. Poi il sacerdote con il
saluto annunzia alla comunita` radunata la presenza del Signore. Il
saluto sacerdotale e la risposta del
popolo manifestano il mistero della
Chiesa radunata. Salutato il popolo, il sacerdote, o il diacono o un ministro laico, puo` fare una brevissima
introduzione alla messa del giorno.
E` evidente che l’attenzione del nuovo Messale e` centrata non tanto
sull’individuo celebrante quanto sulla sua relazione con l’assemblea;
non anzitutto sulla descrizione dei dettagli esecutivi ma sui significati
legati ai riti; non solo su cio` che il rito prescrive di compiere ma anche
sulle scelte che esso consente di operare. E tali caratteristiche, alle quali
si possono aggiungere gli orientamenti di tipo pastorale che spesso
vengono forniti dai Praenotanda, sono facilmente rintracciabili anche
negli altri libri liturgici.
Se i libri liturgici tridentini erano destinati a formare i presidenti a
una corretta esecuzione dei riti (lasciando ad altri il compito di una
formazione teologica e spirituale al ministero), i libri liturgici del Vaticano II invece sembrano improntati a formare i presidenti a una lettura teologico-pastorale del rito e alla capacita` di interpretare la celebrazione favorendo la partecipazione della concreta comunita` celebrante. E` stato certamente ridimensionato lo spazio rubricale dato
alla descrizione puntuale del modo in cui si compiono i riti. Se l’attenzione totalizzante alle rubriche da parte dei libri tridentini ha dato
adito alla distorsione del rubricismo, si puo` gia` intuire che il privilegio
dato ai significati dei riti e l’attenzione posta sulle possibilita` di adattamento in relazione alla comunita` celebrante possono dar adito alle
derive di un approccio intellettualistico alle celebrazioni e di una certa
dispersione in modalita` celebrative trascurate e sciatte 11. In entrambi i
11
Giustamente, nota J.-Y. Hameline, la mancanza di un «modello» chiaramente
formulato nel libro, in favore della «pratica del modello» che viene messo in opera,
puo` favorire la produzione di altri modelli celebrativi non espliciti (ma altrettanto
rigidi e autoritari), prestando il fianco a un nuovo formalismo cerimoniale che fa
214 [46]
Luigi Girardi
casi si tratta di eccessi da cui guardarsi; a loro modo, rivelano che ogni
azione formativa e` contestualizzata e risponde ad alcune esigenze, lasciandone scoperte altre.
Prima di considerare piu` direttamente il contributo formativo dei
Praenotanda al ministero della presidenza, e` opportuno richiamare
che diversi libri liturgici attuali sono stati corredati da un’ulteriore
Presentazione elaborata dalla Conferenza episcopale. Per quanto riguarda l’Italia, questi testi devono certamente essere segnalati e considerati, essendo, pur nella brevita` e nella loro diversita`, di grande importanza. In essi non vi sono solo evidenti richiami piu` appropriati al
contesto dei destinatari del libro liturgico (il contesto italiano, appunto), ma anche vere e proprie indicazioni di strategie pastorali, che scaturiscono dal valore della celebrazione e valorizzano il libro liturgico
come valido strumento di formazione per la crescita nella fede, per il
nutrimento della spiritualita`, per il consolidamento della comunione
ecclesiale.
Si pensi all’introduzione del Rito dell’iniziazione cristiana degli
adulti (1978), nella quale si evidenziano il primato dell’evangelizzazione, il legame dell’iniziazione con la comunita` cristiana e la stretta interconnessione dei tre sacramenti di iniziazione, e si afferma che l’itinerario di questo Ordo ha «valore di forma tipica per la formazione
cristiana» e dovra` tradursi in «differenziati itinerari di fede».
In direzioni analoghe si muovono la Presentazione della seconda
edizione del Messale Romano (1983) e, piu` recentemente, quella del
Benedizionale (1992).
Una menzione speciale va fatta alla Presentazione della seconda
edizione del Rito del Matrimonio (2002). La sua ampiezza e la sua
articolazione ne fa quasi una duplicazione dei Praenotanda dell’editio
typica altera. Particolarmente efficace e` la rilettura delle varie dimensioni teologiche del sacramento del Matrimonio, con l’evidenziazione
di come tali dimensioni si ritrovino in alcune scelte rituali della celebrazione. Estremamente pertinente e promettente e` anche la Presentazione del Lezionario del Matrimonio, che contiene un’esposizione
sintetica dello sviluppo dell’istituto matrimoniale nella storia della salvezza e offre criteri per raggruppare le pericopi attorno ad alcune aree
tematiche, promuovendo cosı` una scelta piu` illuminata e unitaria delle
letture per ciascuna celebrazione. Questa forma di «Presentazione»
della Conferenza episcopale italiana (CEI), come appare in quest’ultileva sulle caratteristiche del celebrante. Cf. HAMELINE, Une poe´tique du rituel, cit.,
pp. 35-49.
I libri liturgici e la formazione di chi presiede
[47] 215
mo rituale, fa del libro liturgico, ancora di piu`, uno strumento prezioso ed essenziale per giungere a una realizzazione adeguata della celebrazione e quindi per formare all’esercizio piu` appropriato del loro
compito coloro che presiedono la celebrazione 12.
3. UNA PROPOSTA DI LETTURA
I libri liturgici attuali, come quelli antichi, presuppongono un certo modo di presiedere, a cui sono funzionali. Si puo` allora cercare di
evidenziare in quale direzione i nuovi Praenotanda spingono la formazione di coloro che presiedono l’assemblea liturgica. La loro struttura, nella forma piu` frequentemente utilizzata, offre normalmente
questi elementi: una presentazione teologica del valore della celebrazione in oggetto, una puntualizzazione sugli uffici e ministeri implicati
nella celebrazione (compiti e ambiti di competenza), una descrizione
generale della celebrazione nelle sue parti (tempo e luogo della celebrazione, sequenze rituali, gesti e segni da predisporre...) e infine una
precisazione sulle possibilita` di adattamento del rito che competono
alle Conferenze episcopali e al singolo ministro 13.
Si nota, oltre allo spazio dedicato alla teologia della celebrazione o
del sacramento, l’importanza riconosciuta alla loro dimensione ecclesiale: grande risalto e` dato alla comunita` intera, con la sua articolazione
ministeriale, e alla concreta assemblea celebrante, in favore della quale
il ministro puo` avere alcune possibilita` di adattamento della celebrazione. Non manca l’attenzione alla struttura rituale: le coordinate spaziali e temporali della celebrazione, le sequenze rituali, oltre ad altri
elementi particolari (formule, gesti, segni, con il loro significato). In
generale, prevale l’intento di non guardare semplicemente la celebrazione in se stessa (descrivendone minuziosamente il rito), ma di collocarla all’interno della comprensione di fede e del vissuto ecclesiale. Da
questi tratti potra` derivare un nuovo ethos di colui che presiede 14.
A determinati libri liturgici si possono affiancare altri testi di rilievo, come un
Direttorio liturgico-pastorale o un Sussidio per la celebrazione. In alcuni casi non si
puo` che auspicarne l’elaborazione (come, ad es., per il Rito delle esequie). A questo
genere di testi pero` non si fa riferimento in questo studio.
13
Cf. A. DONGHI, Significato dei Praenotanda dei nuovi libri liturgici, in ID.
` ncora, Milano 1991 2, pp. 13-15.
(ed.), I Praenotanda dei nuovi libri liturgici, A
14
Sviluppa una riflessione in questa direzione, coniugata con una considerazione attenta del contesto attuale, L.-M. CHAUVET, La pre´sidence liturgique en queˆte
d’un nouvel ethos, in «La Maison-Dieu» 230 (2/2002) 43-66.
12
216 [48]
Luigi Girardi
Prospettando ora una griglia di lettura trasversale del materiale offerto dai Praenotanda, si evidenziano quattro ambiti di attenzione e di
azione verso i quali viene indirizzato il presidente: due riguardano
direttamente la persona del celebrante (educazione e formazione),
due riguardano prevalentemente il rapporto del presidente con la celebrazione e l’assemblea dei fedeli (animazione e pastorale). Alla luce di
tale griglia si fara` un piccolo sondaggio tra i Praenotanda di alcuni
libri liturgici 15.
3.1. Educazione e formazione del presidente
L’ambito dell’educazione concerne la conoscenza e la capacita` di
realizzare correttamente la celebrazione, secondo il progetto rituale
dei libri liturgici. Da questo punto di vista, i Praenotanda svolgono
un ruolo discreto. Normalmente tutti, in misure diverse, offrono al
celebrante indicazioni concrete sui compiti dei vari ministri e sui ruoli
che debbono essere assegnati, sul luogo e sul tempo liturgico in cui si
deve celebrare un determinato rito, sulla possibilita` di scelta delle letture e dei formulari, sulla sequenza logica delle parti del rito. In qualche caso si aggiungono anche annotazioni sugli spazi e gli arredi, e
sulle «cose da preparare»: vesti, seggi, libri liturgici, ecc. (cf. OGMR
288-351; RC 19; DCA 47-51).
Tutti, poi, indicano quali possibilita` di adattamento spettano al
ministro che presiede (oltre a quelle che spettano alle Conferenze episcopali ed eventualmente al singolo vescovo). Si tratta di una liberta` i
cui limiti sono stabiliti dal rituale stesso e il cui fine sta nell’adattare il
rito alle circostanze e alle persone con cui lo si celebra, rivedendo
monizioni o introducendone di nuove, scegliendo i testi e le parti del
rito laddove si offrono diverse opzioni.
Un presidente di celebrazione ben educato dovrebbe essere messo
in grado di programmare e seguire il corretto svolgimento della celebrazione, secondo i generali criteri liturgici (relativi al tempo dell’anno
liturgico, ai luoghi della chiesa, all’articolazione ministeriale) e in base
alla tipologia concreta di assemblea che celebra. Meno spazio, com’e`
gia` stato notato, e` dato a un’esplicazione concreta e dettagliata del mo15
I libri citati verranno indicati con le sigle ormai consuete: RICA (Rito dell’Iniziazione cristiana degli adulti, 1978), RBB (Rito del Battesimo dei bambini, 1970),
RC (Rito della Confermazione, 1971), RP (Rito della Penitenza, 1974), SUCPI
(Sacramento dell’Unzione e cura pastorale degli infermi, 1974), RM (Rito del Matrimonio, 2004), DCA (Dedicazione della chiesa e dell’altare, 1980).
I libri liturgici e la formazione di chi presiede
[49] 217
do con cui si compiono i riti, presupponendo che cio` avvenga altrove 16.
Un secondo tipo di contributo offerto dai Praenotanda riguarda
quella che chiameremmo propriamente formazione, distinguendola
dall’educazione. Parlando di formazione si intende indicare per il presidente quella maturata identita` che gli consente non solo di saper
celebrare secondo i libri liturgici, ma anche di saper vivere nell’esercizio del suo ministero l’esperienza di fede propria della celebrazione,
insieme all’assemblea da lui presieduta 17. Per favorire tale formazione,
i Praenotanda presentano anzitutto una visione teologica della celebrazione collocandola all’interno della storia della salvezza e indicandone il valore per la vita cristiana. Si richiama in questo modo il contesto necessario a rendere significativa la celebrazione. Inoltre, i Praenotanda offrono abbastanza diffusamente delle chiarificazioni sui
significati dei riti, con l’intento di illuminare l’appropriazione consapevole di quanto si compie nella celebrazione. Le stesse indicazioni
date per porre in atto «educatamente» la celebrazione secondo il programma rituale del libro liturgico sono spesso accompagnate dal riferimento a un significato, una motivazione o un obiettivo che s’intende
debba essere il nucleo centrale di cio` che si sperimenta nella celebrazione.
In qualche caso emerge anche l’esortazione a coltivare determinati
atteggiamenti spirituali, che hanno a che fare sia con il modo di celebrare sia con il modo di prepararsi. Nel Rito del Battesimo dei bambini si legge:
«Chi battezza, compia il rito con impegno e con profondo senso religioso e si mostri affabile e cortese con tutti» (RBB 7).
E il Rito della Penitenza, che presenta una forma si presidenza
particolare, suggerisce:
«Per svolgere bene e fedelmente il suo ministero, il confessore deve saper
distinguere le malattie dell’anima per apportarvi i rimedi adatti, ed esercitare con saggezza il compito di giudice; deve inoltre con uno studio assi16
Evidentemente cio` puo` risolversi in un deficit di educazione rituale. In ogni
caso, una cattiva o scarsa educazione affiora nei presidenti quando non sanno preparare e compiere correttamente i riti, o quando assegnano ai ministri compiti che
non sono loro propri, o quando autorizzano per se stessi una liberta` che eccede i
limiti e il fine attribuiti dal rituale.
17
Cf. L. GIRARDI, Riforma, formazione, rinnovamento. Note per una precisazione del concetto di formazione liturgica, in A. GRILLO (ed.), La formazione liturgica. Atti della XXXIII Settimana di studio dell’Associazione professori di liturgia,
CLV-Ed. Liturgiche, Roma 2006, pp. 29-48.
218 [50]
Luigi Girardi
duo, sotto la guida del magistero della Chiesa, e soprattutto con la preghiera, procurarsi la scienza e la prudenza necessarie a questo scopo. Il
discernimento degli spiriti e` l’intima cognizione dell’opera di Dio nel cuore degli uomini: dono dello Spirito Santo e frutto della carita`» (RP 10 a).
Un presidente di celebrazione ben formato, quindi, dovrebbe essere in grado di richiamare e suscitare il contesto di fede nel quale si
colloca la celebrazione e di condurre se stesso e i fedeli a compiere
gesti significativi, capaci di generare i corrispondenti significati. Occorre evitare che cio` si traduca in un modo troppo didascalico o intellettualistico di vivere la celebrazione. Si potrebbe dire, allora, che un
presidente formato e` anzitutto un buon mistagogo, per se stesso e per
i fedeli. Tale formazione si traduce in attitudini e atteggiamenti concreti da coltivare con fedelta` anche al di la` della celebrazione; in ultima
istanza, coincide con la spiritualita` del presidente.
Va notato che lo sforzo educativo e formativo dei Praenotanda
delinea la figura di un presidente che e` strettamente connesso con l’intera assemblea e con la sua piu` ampia articolazione ministeriale. Questa visione propone decisamente il superamento di un certo individualismo del celebrante in favore del senso comunitario del suo ministero.
Emblematica e` l’indicazione data ai presbiteri per quanto riguarda
l’Eucaristia:
«Nel preparare la messa il sacerdote tenga presente piu` il bene spirituale
del popolo di Dio che la propria inclinazione» (OGMR 352).
A fondamento di cio` sta ultimamente il riconoscimento che la celebrazione e` azione della Chiesa (OGMR 91; cf. SC 26) e che l’esercizio del ministero di presidenza non e` un privilegio personale ma un
servizio per la Chiesa (OGMR 92).
3.2. Animazione e pastorale liturgica da parte del presidente
I Praenotanda fanno emergere altri due ambiti di attenzione necessari per abilitare al ministero della presidenza: l’animazione della
celebrazione e la pastorale liturgica. In essi viene messa a frutto l’educazione e la formazione del presidente.
L’animazione concerne tutto cio` che e` necessario attivare (ministeri, competenze...) per attuare concretamente una celebrazione che sia
espressione viva della fede della Chiesa e della concretezza della comunita` celebrante. Si tratta della gestione dell’evento celebrativo e quindi
del compito specifico del presidente rispetto ad esso. Con una certa
insistenza s’incontrano espressioni che ricordano il senso ecclesiale del
I libri liturgici e la formazione di chi presiede
[51] 219
ministero di presidenza e che orientano a dare il giusto spazio alla
comunita`, nel rispetto dei diversi ministeri.
Il ministro quindi appare esercitare il suo servizio nei confronti
dell’assemblea, e nello stesso tempo si trova a essere profondamente
legato a essa e ad agire insieme ai fedeli 18. Per la celebrazione dell’Eucaristia, cio` si traduce anzitutto in uno stile di comportamento 19, ma
diventa anche una precisa indicazione sul modo di organizzare l’animazione:
«La preparazione pratica di ogni celebrazione liturgica si faccia di comune e diligente intesa, secondo il Messale e gli altri libri liturgici, fra tutti
coloro che sono interessati rispettivamente alla parte rituale, pastorale e
musicale, sotto la direzione del rettore della chiesa e sentito anche il parere dei fedeli per quelle cose che li riguardano direttamente. Al sacerdote
che presiede la celebrazione spetta pero` sempre il diritto di disporre cio`
che a lui compete» (OGMR 111).
In altri libri liturgici, inoltre, affiorano indicazioni che indirizzano
sulla tonalita` che si deve dare alla celebrazione e sulla valorizzazione
della sua dimensione comunitaria. Il Rito della Confermazione ricorda
che «e` bene dare all’azione sacra un carattere festivo e solenne, come
lo esige l’importanza del suo significato per la Chiesa locale: a questo
carattere di solennita` contribuira` specialmente una celebrazione comune per tutti i cresimandi» (RC 4). Il Rito del Matrimonio, oltre a
richiamare il carattere comunitario della celebrazione (tale da consigliare la partecipazione della comunita` parrocchiale: RM 28), invita a
preparare insieme agli sposi la celebrazione (RM 29) e porta l’attenzione su alcuni linguaggi attraverso i quali si realizza la tonalita` festiva del
rito: parla dei canti, comprendendo tutto il programma musicale (RM
30), e dell’ornamento della chiesa (RM 31).
Anche per l’Unzione e la cura pastorale degli infermi si ricorda che
«hanno, come tutti gli altri sacramenti, un carattere comunitario, e tale
carattere deve risultare, per quanto e` possibile, nella loro celebrazione» (SUCPI 33); si invitano, inoltre, i sacerdoti, quando amministrano
questi sacramenti, a «rendere piu` salda la speranza e piu` viva la fede di
18
Ad es., si veda questa indicazione relativa al Battesimo dei bambini: «Durante
il rito la comunita` interviene esprimendo, insieme con il celebrante, il suo assenso
alla professione di fede fatta dai genitori e dai padrini. In tal modo appare chiaro che
la fede, nella quale i bambini sono battezzati, e` ricchezza non soltanto della famiglia,
ma di tutta la Chiesa» (RBB 4).
19
«Quando celebra l’Eucaristia, [il presbitero] deve servire Dio e il popolo con
dignita` e umilta`, e, nel modo di comportarsi e di pronunziare le parole divine, deve
far percepire ai fedeli la presenza viva di Cristo» (OGMR 93).
220 [52]
Luigi Girardi
tutti i presenti nel Cristo sofferente e glorificato» (SUCPI 35). Questa
attenzione alla comunita` si riflette anche in un riguardo particolare per
le persone per le quali si celebrano i sacramenti 20.
Si puo` dire che l’animazione della celebrazione chiede al presidente non solo di conoscere cio` che spetta a lui, ma anche di riconoscere e
di promuovere la partecipazione dei fedeli tutti e l’esercizio armonico
degli altri ministeri liturgici. Poiche´ il carattere comunitario e festivo
delle celebrazioni si esprime attraverso i molteplici linguaggi rituali, la
comunita` sotto la guida del presidente deve possedere una buona padronanza di tali linguaggi. Infine, per realizzare celebrazioni animate,
il presidente dovra` curare la preparazione di comune intesa con tutti
coloro che intervengono in essa e dovra`, per esercitare in modo illuminato il suo ministero, fare in modo di conoscere le persone che
parteciperanno (soprattutto quando si tratta di celebrazioni di sacramenti per situazioni particolari). Capacita` rituali e attitudini relazionali connotano fortemente l’ethos di chi presiede.
Importanti e rilevanti sono anche le indicazioni che i Praenotanda
offrono rispetto alla pastorale liturgica. Con essa intendiamo in senso
stretto cio` che concerne la cura per il percorso di vita cristiana in cui si
inserisce la celebrazione (il «prima» e il «dopo») e in cui potra` sviluppare il suo valore. Il suo ambito si estende dalle iniziative per suscitare
e accogliere la domanda dei sacramenti (evangelizzazione e catechesi)
a quelle per coltivare la vita e la spiritualita` cristiana che scaturiscono
dalla liturgia celebrata. I Praenotanda allargano volentieri l’attenzione
a questo campo di azione, quasi ricordando ai presidenti che la celebrazione si inserisce in un percorso globale di fede che e` essenziale
perche´ la celebrazione raggiunga pienamente il suo giusto senso. Emblematico e` il caso del Matrimonio, per il quale si richiama a grandi
linee il percorso della cura pastorale del sacramento: preparazione remota dei fedeli; preparazione personale dei fidanzati; celebrazione
fruttuosa del sacramento, aiuto offerto agli sposi per sviluppare la grazia ricevuta (RM 14) 21.
Per i sacramenti dell’iniziazione cristiana, viene richiamato il compito dell’intera comunita`, articolata in diversi ministeri, nel preparare
20
Cosı`, ad es., per il Battesimo: «E` pure compito dei parroci procurare che ogni
celebrazione del Battesimo si svolga con la dovuta dignita`; per quanto e` possibile,
tengano conto della situazione e dei giusti desideri delle famiglie» (RBB 7); si veda
anche SUCPI 37.
21
Su quest’ultimo aspetto, la Presentazione della CEI sottolinea la necessita` di
un «accompagnamento mistagogico» da offrire agli sposi (n. 9).
I libri liturgici e la formazione di chi presiede
[53] 221
alla celebrazione coloro che accedono ai sacramenti (cf. RICA 41;
RBB 4; RC 3). Per il Battesimo dei bambini, si sottolinea esplicitamente il compito dei parroci di preparare le famiglie al Battesimo, anche
con l’aiuto di diaconi e laici, e di sostenere i genitori nell’impegno di
educare alla fede i loro figli dopo il Battesimo (RBB 5; 7). Sia per il
Battesimo sia per la Cresima, si precisano alcuni criteri pastorali per
determinare, con opportuno discernimento, la data o l’eta` del conferimento del sacramento (RBB 8; RC 11-12). Analoghe attenzioni pastorali si riscontrano nel caso dell’Unzione dei malati, come pure negli
altri rituali di sacramenti e sacramentali. Di particolare rilievo puo` essere la forte proposta pastorale relativa al sacramento della Penitenza,
che prevede anche la preparazione di celebrazioni penitenziali per
educare e promuovere nei fedeli lo spirito di conversione e per preparali alla confessione stessa (RP 36-37).
In conclusione, si puo` sottolineare che la pastorale liturgica, oggi
necessaria per accompagnare adeguatamente le celebrazioni, allarga i
contorni del compito del presiedere. Dal momento che la liturgia e i
sacramenti si vedono come «culmine e fonte» (SC 10) dell’azione della
Chiesa, la cura per il rito e la sua animazione non puo` essere pensata
separatamente dalla cura per la comunita` e per coloro che vivono nel
rito una tappa significativa della loro vita cristiana 22. Tale compito investe il presidente senza farne un attore unico e assoluto, ma riconoscendogli un ruolo primario affinche´ la celebrazione sia luogo di convergenza e di avvio di itinerari di fede che la comunita` sviluppera` attraverso la sua molteplice ministerialita`.
4. ALCUNI RILIEVI
Questa presentazione, per quanto sommaria, ha potuto mostrare
la fisionomia che viene riconosciuta al ministero della presidenza e il
contesto pastorale piu` generale dentro il quale e` chiamato a svolgere il
suo servizio. A questo punto, si possono fare due rilievi per mettere in
luce pregi e limiti della proposta che emerge globalmente dai Praenotanda e per evidenziare alcuni rischi nei quali puo` incorrere chi esercita il ministero di presidenza.
22
Sul rapporto tra presidenza eucaristica e presidenza ecclesiale, fondato sull’unita` del ministero ordinato, cf. T. CITRINI, Rapporto tra Eucaristia e ministero ordinato. Senso e modi della presidenza, in G. SALDARINI (ed.), Eucaristia, presbiteri e
` ncora, Milano 1983, pp. 73-105.
comunita`, A
222 [54]
Luigi Girardi
4.1. Contesto pastorale e momento rituale
E` evidente che i Praenotanda degli attuali libri liturgici pongono
l’accento su un’attenzione complessiva alla celebrazione e al percorso
pastorale dentro il quale si inserisce. E` ritenuto importante l’orizzonte
di fede che la celebrazione esprime e nutre. Minore accento e` dato alla
descrizione dell’aspetto rituale. Appare chiara la volonta` di superare
un certo rubricismo e un certo automatismo sacramentale (tentazioni
peraltro sempre risorgenti). Complessivamente, al presidente, nell’esercizio del suo ministero, e` chiesto di aver cura della vita di fede
dell’assemblea celebrante. Indubbiamente cio` rivela il cambio di contesto pastorale rispetto ai libri usciti dalla riforma tridentina: essi avevano altre necessita` cui rispondere e potevano non evidenziare alcuni
aspetti del ministero di presidenza che il contesto assicurava in altro
modo o rendeva meno urgenti.
L’accentuazione attuale, giustificata da un contesto di fede che ha
bisogno di rimotivarsi alla radice, non e` pero` esente da rischi. Una
minore attenzione al dettaglio rituale o, peggio, una carente educazione liturgica potrebbe portare a una diminuita capacita` di percepire la
forza propria e specifica del momento rituale per la fede, qualora questo fosse correttamente e dignitosamente compiuto. Ne puo` derivare
una visione didascalica del rito, che tende a proporre il rito come semplice espressione esterna di significati predeterminati e non come luogo di esperienza della fede; oppure un uso strumentale del momento
celebrativo, tendente a farne appunto uno strumento di animazione
comunitaria che chi presiede utilizza con estrema liberta` senza la dovuta attenzione alla natura propria della liturgia.
Nel formare chi presiede occorre mettere in luce i valori che sono
da promuovere e le deformazioni che sono da prevenire, favorendo un
giusto rapporto tra l’investimento sulla proposta pastorale globale e la
tensione al rispetto e alla valorizzazione del momento rituale secondo
la logica che gli e` propria.
4.2. Introdurre al compito e formare allo stile della presidenza liturgica
Il secondo rilievo riguarda il compito e lo stile della presidenza. Il
compito deriva dall’identita` teologica del ministero di presidenza (scaturisce dall’ordinazione sacramentale) e dai riferimenti normativi che
la Chiesa offre, attraverso i libri liturgici e tutta la progettazione pastorale di una Chiesa particolare. Lo stile, invece, e` quell’insieme di
atteggiamenti, attenzioni e azioni che viene posto in atto secondo un
I libri liturgici e la formazione di chi presiede
[55] 223
modello che ciascun presidente ha maturato e che lo predispone a
interpretare in un determinato modo il compito della presidenza. Se
il compito evidenzia gli aspetti oggettivi del ministero di presidenza, lo
stile riguarda gli aspetti soggettivi del suo esercizio. La presentazione
della CEI del Messale Romano del 1983 affermava:
«Lo studio e la meditazione dei testi liturgici aiutera` ad acquisire uno stile
di celebrazione, semplice e decoroso, che non si esaurisce in una meccanica esecuzione di cerimoniale, ma penetra l’anima profonda del rito e ne
apre i tesori a tutto il popolo di Dio» (n. 7).
Si puo` dire che i Praenotanda delineano il compito della presidenza in senso teologico-pastorale: il presidente esercita il suo ministero
in ragione di un dono ricevuto (che gli attribuisce una competenza
sacramentale propria) e di una Chiesa da servire. L’essere presidente
non indica una posizione di privilegio personale (ogni privatizzazione
del modo di esercizio isola il ministero dalla sua destinazione ecclesiale), ma una correlazione all’assemblea e al mistero di Cristo, in nome
del quale si presiede. Lo stile che viene favorito ha una connotazione
eminentemente ecclesiale; e` guidato dall’obiettivo di favorire la partecipazione attiva delle assemblee che vivono la celebrazione 23. Ma si
tratta per lo piu` di uno stile da costruire. Molto e` lasciato alla sensibilita` del presidente e al suo rapporto con la comunita`. Cio` fa emergere
maggiormente i tratti personali di coloro che presiedono e si rifrange
di fatto in una certa varieta` di stili.
Questa varieta` di stili non e` necessariamente un limite, nella misura
in cui si coniuga anche con l’adattamento richiesto alla concretezza
dell’assemblea celebrante. Occorre pero` rilevare che, se i libri liturgici
tridentini tendevano a normare uno stile uniforme del presidente,
quelli del Vaticano II rischiano di lasciare troppo aperto questo campo. Se con i primi il presbitero rischiava di assolvere il compito di
presidenza senza uno stile personalizzato, con i secondi si rischia di
dissolvere il compito nello stile. Cio` accade in quei presidenti che a
ogni celebrazione cercano di far emergere soprattutto la propria originalita` e creativita`, lasciando spesso i fedeli in balia della loro iniziativa 24.
23
Cf. L. BRANDOLINI, Stili celebrativi, in D. SARTORE - A.M. TRIACCA - C.
CIBIEN (edd.), Liturgia, San Paolo, Cinisello B. 2001, pp. 1936-1944, la voce e` stata
rivista da C. Cibien.
24
Giustamente e` stato notato che questa forma di liberta` che il presidente si
riconosce diventa spesso un’imposizione che i fedeli subiscono. Si tratta di una
224 [56]
Luigi Girardi
La formazione di chi presiede dovra` saper mantenere sempre chiari gli obiettivi e le possibilita` che i libri liturgici intendono offrire,
favorendo una riappropriazione del compito di presidenza dentro la
realta` comunitaria in cui la si esercita. Si eviteranno cosı` facili scorciatoie verso travisamenti oggettivi del compito e forzature individualistiche dello stile liturgico della presidenza.
5. CONCLUSIONE
Il breve sondaggio fin qui condotto mostra a sufficienza la complessita` della formazione al ministero di presidenza. Lo studio dei
Praenotanda si rivela importante per comprendere quali esigenze vengono presentate oggi alle comunita` cristiane che celebrano e quindi a
coloro che le presiedono. Rimane il fatto che la presidenza liturgica e`
un ministero da esercitare nel vivo della celebrazione e coinvolge integralmente la persona del presidente (gli sono chiesti atteggiamenti,
sensibilita`, discernimento...) e il suo rapporto con l’assemblea (attenzione alla concretezza delle persone, promozione dei ministeri...). Ne
deriva che la formazione corrispondente deve essere pensata piu` in
termini di iniziazione che di istruzione o addestramento. Del resto,
«un libro liturgico trova la sua esistenza piena, la sua completa realta`
solo nell’atto stesso della celebrazione» 25; di conseguenza, anche la
formazione integrale di coloro che presiedono non puo` accontentarsi
di far conoscere i Praenotanda, ma deve compiersi come introduzione
all’esperienza viva del presiedere, per continuare come formazione
permanente di questi ministri. Una tale iniziazione non puo` che avvenire con il concorso di diversi soggetti formativi.
In particolare, occorre essere coscienti che, se nel passato l’insegnamento scolastico della liturgia consisteva in buona misura in una
scienza delle rubriche (diveniva percio` una buona scuola di cerimonie), arricchita da apporti prevalentemente di tipo giuridico e storico,
oggi (dopo gli impulsi e le acquisizioni del movimento liturgico) la
nuova forma di clericalismo, nella quale il compito viene modellato in funzione
dello stile personale, invece di elaborare uno stile in funzione del compito di presidenza.
25
J.-M. HUM, I libri liturgici, in J. GE´LINEAU (ed.), Assemblea santa. Manuale di
liturgia pastorale, EDB, Bologna 1990, p. 53. Giustamente osserva J. Aldaza´bal che
il libro liturgico non e` l’obiettivo fondamentale della docenza, ne´ della spiritualita`,
ne´ della vita cristiana; l’obiettivo principale e` la celebrazione, momento in cui si
compie l’esperienza della salvezza (cf. ALDAZA´BAL, El libro litu´rgico, cit., p. 112).
I libri liturgici e la formazione di chi presiede
[57] 225
scienza liturgica ha mutato il proprio statuto e si presenta sostanzialmente come una disciplina teologica, notevolmente arricchita di nuovi
contenuti 26.
A motivo di questa evoluzione della scienza liturgica, dal curriculum istituzionale ci si possono attendere nuove e diverse sottolineature
formative. Cio` porta a distinguere sempre piu` chiaramente il momento teologico della formazione scolastica dal momento educativo al
comportamento rituale e da quello pratico della formazione al ministero di presidenza.
Il contributo del docente di liturgia, in altre parole, riguarda solo
un aspetto del compito formativo, che deve necessariamente comporsi
con altri apporti e con altri luoghi formativi. Si intuisce, poi, che anche
l’esperienza liturgica nella quale si cresce quotidianamente e nella quale si e` stati introdotti con sapienza da altri presidenti-mistagoghi ha
una forte capacita` formativa. Cio` costituisce un motivo decisivo per
vigilare sulla correttezza del modo di celebrare e per cercare un confronto e una articolazione sintonica delle proposte formative che includano l’ambito della docenza, quello della vita liturgica delle comunita`, quello della spiritualita`.
L. G.
Via Bacilieri, 1
I-37139 Verona
[email protected]
26
Con la connotazione «teologica» della scienza liturgica si esprime la sua diversita` rispetto al metodo precedente, ma senza ignorare il dibattito epistemologico
che interessa questa disciplina, cf. E. CARR (ed.), Liturgia opus Trinitatis. Epistemologia liturgica, Studia Anselmiana, Roma 2002.
226 [58]
Luigi Girardi