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Pubblicazione semestrale fondata da
E TTORE PARATORE · CIRO G IAN N E LL I · GU STAVO VINAY
Diretta da
Liana Lomiento, Università di Urbino Carlo Bo
Redazione
Luigi Bravi, Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara
Maria Colantonio, Università di Urbino Carlo Bo
Giovanna Pace, Università di Salerno
Comitato scientifico
Simona Antolini, Università di Roma “Tor Vergata”
Federica Bessone, Università di Torino
Frank Bezner, University of Berkeley
Umberto Bultrighini, Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara
Emanuela Colombi, Università di Udine
Roberto M. Danese, Università di Urbino Carlo Bo
Tommaso di Carpegna Falconieri, Università di Urbino Carlo Bo
Massimo Gioseffi, Università di Milano
Benoît Grévin, Centre National de la Recherche Scientifique (cnrs),
Laboratoire de Médiévistique Occidental de Paris
Mark Humphries, Swansea University
Jürgen Leonhardt, Universität Tübingen
Pauline Le Ven, University of Yale
Roberto Mercuri, Università di Roma “La Sapienza”
Gernot Michael Müller, Katholische Universität Eichstätt-Ingolstadt
Bruna M. Palumbo, Università di Roma “La Sapienza”
Christine Walde, Johannes Gutenberg Universität Mainz
Clemens Weidmann, Universität Wien
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pe r bru n o gentili
S OM M AR I O
poesia greca
Luigi De Cristofaro, L’episodio iliadico di Glauco e Diomede: mito, elementi dialettali e motivi interculturali (Iliade, 6, 152-155; 167-177)
Bruna M. Palumbo Stracca, I canti di questua nella Grecia antica (i ):
il Canto della rondine (PMG 848)
13
57
storia antica
Umberto Bultrighini, Platone e la vox populi
81
Nicola Biffi, Un’epistola di Augusto a Gaio Cesare
99
Roberto Pedrotti, Casi di solidarietà tra milites in età triumvirale: una
forza politica emergente
109
storia del cristianesimo
Francesco Corsaro, Un martire cristiano dell’impero bizantino nel vii
secolo: il pontefice Martino I
145
cultura medioevale
Emanuele Piazza, Tracce di Sicilia in Gregorio di Tours
163
note di lettura
Francesco Berti, Unità e poesia in Marziale
175
Maurilio Felici, Tacito e il sistema giuspenalistico del primo principato:
una nota di lettura
179
recensioni
Nicola Muzalone, Carme apologetico, Introduzione, testo critico, traduzione e note a cura di Gioacchino Strano (Francesco Corsaro)
Iohannis Pascoli e pago S. Mauri Leucothoe, primum edidit Vincenzo Fera
(Roberto M. Danese)
Sergio Audano, Classici lettori di classici (Giampietro Marconi)
Antonino Grillone, Gromatica militare: lo ps. Igino (Giampietro Marconi)
187
191
195
197
10
sommario
Umberto La Torraca, Lo studio del greco a Napoli nel Settecento (Giampietro Marconi)
200
Giovanni D’Anna, Studi oraziani, a cura di Annamaria Taliercio (Giampietro Marconi)
203
Angela Bellia, Il canto delle vergini locresi. La musica a Locri Epizefirii
nelle fonti scritte e nella documentazione archeologica (secoli vi-iii a.C.)
(Gianfranco Mosconi)
205
Norme redazionali
213
L’EP I S O D I O IL IADIC O DI GLAUCO E DI O ME DE :
MI TO, EL EM ENTI DIAL E T TALI E MOT I VI
I N T ERCU LTU R AL I (IL IADE , 6, 152-155; 167-177)
L uig i De C ristofa ro
Dedicato alla Professoressa Amalia Margherita Cirio
Abstract
This article remarks on two passages from the Iliad famous episode about Glaucos
and Diomedes (6, 119-236). The Bellerophon’s genealogy was examined and its connections with pre-dorian Corinth compared to epic and mythographic traditions
about the Aiolos offspring. Linguistic data, showing features of the Aeolic dialects,
were also considered in the analysis. References to Aeolic personages, places and environments, as well as the aeolic linguistic components in the Homer’s Kunstsprache,
at least suggest that ‘Aeolic’ could indicate very probabily the antiquity of epic matters, corresponding to the ‘Heroic Age’, or, in historical terms, to the Mycenaean Age.
The second passage allows to highlight some items (dispatching or extradition of disagreeable personalities, sending of messengers and written missives, inter-dynastic
marriages, hospitality or shelter, exchanges of gifts) which find correspondence in
the Hittite Ahhiyawa Texts. The above mentioned elements, regarding political and
military Greek experiences in the Anatolian lands from the Late Bronze Age, may
contribute to outline the historical context in which these traditions took shape and
subsequently merged to form the Homeric epos throughout the Archaic Age.
Keywords: Homer, Bellerophon, Aeolic, Aeolians, Ahhiyawa Texts.
L
’ ampia sezione di Iliade 6, 119-236, dedicata all’incontro sul campo di battaglia tra Diomede e Glauco, offre molteplici spunti di riflessione. Essa
presenta due digressioni mitiche: la prima viene esposta da Diomede nel discorso iniziale e di sfida che egli rivolge a Glauco (6, 130-140), dove si fa menzione dell’episodio in cui Licurgo figlio di Driante si macchia di empietà nei
confronti di Dioniso; l’altra viene pronunciata dal principe licio in risposta all’eroe argivo (6, 145-211). In essa Glauco espone la propria genealogia (figlio di
Ippoloco, figlio di Bellerofonte discendente di Eolo eponimo della stirpe eolica) e narra le avventure di Bellerofonte: la sua origine dalla città di Ephyra;
il fallito tentativo di seduzione operato ai suoi danni da parte di Anteia, sposa
del re di Argo Proitos; l’invio di Bellerofonte in Licia da parte di quest’ultimo
presso il suocero, sovrano di tale regione microasiatica, accompagnato da un
messaggio scritto in cui era stabilita la condanna a morte dell’inconsapevole
latore della missiva; le quattro ‘fatiche’ di Bellerofonte: l’uccisione della Chi«rivista di cultura classica e medioevale» · 1 · 2014
14
luigi de cristofaro
mera, la lotta contro il misterioso popolo dei Solimi e contro le Amazzoni,
l’imboscata da parte dei più valenti guerrieri lici. Il superamento vittorioso di
queste prove merita all’eroe il riconoscimento della stirpe divina, la metà del
regno di Licia e il matrimonio con una delle figlie del re. Diomede, al termine del discorso di Glauco, si riconosce legato con quest’ultimo dal vincolo
dell’ospitalità; la scena termina con lo scambio delle armature tra i due che
sancisce il rinnovo di tale vincolo (6, 212-236).
Tutti questi elementi, ed altri problemi ad essi correlati (come ad es. l’assenza di Pegaso nel racconto di Omero, a differenza di Esiodo in Th., 325 e fr.
43a, 84 M.-W., quale sistema scrittorio si possa eventualmente celare sotto i
Û‹Ì·Ù· Ï˘ÁÚ¿, ecc.),1 sono stati oggetto di esame da parte degli studiosi dall’antichità ai giorni nostri, e per tali argomenti si rimanda agli autori ed alle
opere principali che ne hanno trattato. Interessa qui, piuttosto, porre in evidenza alcuni particolari che potrebbero costituire altrettanti indizi per una
parziale ricostruzione del quadro storico nel contesto del quale vanno collocate le origini delle tradizioni che sono confluite nei poemi omerici durante
il corso della loro gestazione.2 A questo proposito sembra opportuno soffermarsi su due aspetti specifici, uno suggerito dai vv. 152-155, l’altro proposto
dalla lettura dai vv. 167-177. Il primo dei due brani considerati fa, infatti, riferimento ad una presenza ‘eolica’ nel Peloponneso pre-dorico, in particolare
nell’area dell’Istmo e nell’Argolide, che trova corrispondenza, ad esempio,
con le ascendenze ‘eoliche’ di Nestore, re di Pilo in Messenia, mentre il secondo, come si vedrà nel dettaglio infra, sembrerebbe fornire indicazioni circa la qualità di quelle che potrebbero essere state le relazioni tra regni micenei e potentati anatolici nel Tardo Bronzo. Entrambi gli elementi rimandano,
dunque, integrandosi tra loro, alla genesi delle tradizioni omeriche, sia per
quanto riguarda i dati genealogici e linguistici (basti pensare all’origine di
Achille da Ftia in Tessaglia ed alle forme non ioniche costitutive della lingua
dell’epos), sia per quanto riguarda il dato relativo all’ambientazione, sia geografica che temporale, dell’Iliade stessa, il cui teatro d’azione è, appunto,
l’Asia Minore nell’età degli eroi, antecedente il ‘ritorno degli Eraclidi’.
1. Il ., 6, 152-155
öÛÙÈ fiÏȘ \EʇÚË Ì˘¯áÈ òAÚÁÂÔ˜ îÔ‚fiÙÔÈÔ,
öÓı· ‰b ™›Û˘ÊÔ˜ öÛÎÂÓ, n ΤډÈÛÙÔ˜ Á¤ÓÂÙ\ àÓ‰ÚáÓ,
1 Eust., ad Il., 6, 168-170: 632, 35 sgg. (= ii, pp. 271-278 van der Valk); Kirk 1990, pp. 170-191; Diop
2003, pp. 57-70 in part. 61-63 e 69; cfr. anche, ad es., Bouvier 2008, pp. 9-30; Mastrocinque 2007,
pp. 197-217; Perna 2007, pp. 225-229; Hadzis 1997, pp. 1-14; Musti 1996, pp. 627-629 e 636-637; Hutter 1995, pp. 79-97.
2 Montanari 2012, pp. 1-10; Wiener 2007, pp. 3-33; cfr. Finkelberg 2012a, pp. 73-81; Kulmann
2012, pp. 13-25; Nagy 2012, pp. 27-30, 33-34, 36-38, 39-46.
l’ episodio iliadico di glauco e diomede
15
™›Û˘ÊÔ˜ AåÔÏ›‰Ë˜Ø ï ‰’ ôÚ· °Ï·ÜÎÔÓ Ù¤ÎÂı\ ˘îfiÓ,
·éÙaÚ °Ï·ÜÎÔ˜ ÙÈÎÙÂÓ à̇ÌÔÓ· BÂÏÏÂÚÔÊfiÓÙËÓ.
Questi pochi versi indicano la presenza di uno dei figli Aiolos, Sisifo, da cui discende Bellerofonte,1 dal quale a sua volta discende il licio Glauco,2 in una città chiamata Ephyra,3 situata «nei recessi di Argo che nutre cavalli». Nello scolio ad Il., 6, 152, dipendente da Aristonico, a proposito di tale epiteto viene
fatta menzione, oltre che di Argo nel Peloponneso, anche di Argo Pelasgica
1 Sch., Il., 6, 155a-b (= i, p. 158 Erbse); Kirk 1990, p. 178; cfr. Pi., O., 13, 46-69; nei vv. 50-55 Pindaro, inoltre, menziona una versione del mito che pone in relazione Corinto, Sisifo e Medea, collegando in qualche modo la saga degli Eolidi, cui Giasone appartiene, con il Ciclo degli Argonauti, del quale Medea è protagonista (sch., Pi., O., 13, 74a-f = i, pp. 372-374 Drachmann). Per il
significato del nome di Bellerofonte vedi Chantraine 1999, p. 173, sub voce BÂÏÏÂÚÔÊfiÓÙ˘; Frisk
1960, p. 231: «‚ÂÏÏÂÚfi˜ zu ‚ÂÏÙ›ˆÓ»; a sua volta ‚ÂÏÙ›ˆÓ dovrebbe derivare da una radice indoeuropea *bel- (Pokorny 1959, p. 96: «Stark»). Non si può escludere a priori una parentela con i vocaboli ‚ÂÏfiÓË, ‚¤ÏÔ˜, ç‚ÂÏfi˜ formati su una radice indoeuropea *gwel (ibidem, p. 470); per gli esiti possibili della labiovelare davanti a -e- breve vedi Lejeune 1972, pp. 47-49; cfr. Buck 1968, p. 147;
Parker 2008, p. 445. Un’origine dalla stessa radice indoeuropea del latino duellum/bellum appare
suggestiva ma poco probabile: cfr. Pokorny 1959, pp. 179-180. Per la possibilità del passaggio da
dentale a labiale nei dialetti ‘eolici’, pur non esito di labiovelare, vedi Buck 1968, p. 62: cfr. tess.
ÛfiÏÔ˜; cfr. anche ÛÙ¤Ïψ/Û¤Ïψ, fut. <η>ÛÔϤˆ in Sapph., fr. 46, 2 V. (vedi Hsch. Î 983 Latte: ηÛÔϤˆØ ñÔÛÙÔÚ¤Ûˆ [Seidler: ñÔÛÙڤʈ cod.]). Cfr. ηÛ¤ÏÏÂÈ [Ahrens: ηÛ¤ÏË cod.]Ø
ÛÙÔÚÓ‡ÂÈ (Hsch. Î 978 Latte); ÛÂÏÏ¿ÌÂÓ·ÈØ ÛÙÂÈÏ¿ÌÂÓ·È (Hsch. Û 1453 Hansen); ÛÔÏÂÖÛ·Ø ÛÙ·ÏÂÖÛ· (Hsch. Û 1544 Hansen); vedi le osservazioni di Chantraine 1999, p. 1050, sub voce ÛÙ¤Ïψ. Il
nome di Bellerofonte, qualunque sia l’etimologia precisa, sembra stia ad indicare qualcuno che ha
ucciso un nemico o, in ogni caso, qualcuno o qualcosa, uomo o bestia, che doveva rappresentare
una grave calamità per la comunità di parlanti che ha creato questa sorta di cognomen ex ea virtute,
tanto da serbare, anche se in maniera confusa, la memoria di tale significato nel corso dei secoli:
cfr. ·ıÔÎÙfiÓÔ˜, Eust., ad Il., 6, 183: 635, 5 sgg. (= ii, p. 283 van der Valk), dove Eustazio riporta questa interpretazione: \EÏÏÂÚÔÊfiÓÙ˘, õÙÔÈ ÊÔÓÂf˜ ηΛ·˜. - òEÏÏÂÚ· Á¿Ú, Ê·Û›, ηÙa ‰È¿ÏÂÎÙÔÓ Ù·
ηٿ; cfr. Eust., ad Il., 2, 569-80: 289, 38 (= i, p. 446 van der Valk).
2 L’antroponimo Glaukos è documentato a Pilo (PY Cn 285, 70; PY Jn 706, 8; Jn 832, 5) e, forse,
Micene: Bennett, Olivier 1973, pp. 70, 172, 176; cfr. Aura-Jorro, Arados 1985, i, p. 323, sub voce
Ka-ra-u-ko.
3 Apollod., 1, 9, 3 (85); Paus., 2, 1, 1, 6: Ephyra figlia di Oceano. Il nome Ephyra potrebbe derivare dalla composizione di â› + ïÚ¿ˆ, mediante un procedimento analogo a quello che ha portato
alla formazione del sostantivo öÊÔÚÔ˜, del quale il toponimo \EʇÚË / òEÊ˘Ú· potrebbe avere un
significato simile, che ben si adatterebbe ad un sito posto sull’Istmo. L’oscuramento della vocale
di timbro -o- in timbro -u- è documentato in greco miceneo, ma solo in sillaba finale, mentre nel
Tessalico e nel Lesbio tale oscuramento avviene anche in sillaba iniziale della parola, sia in posizione precedente che seguente consonante: ≈ÌÔÈÔÓ / ¬ÌÔÈÔÓ, ≈ÌÌÔ˜ / ¬ÌÌÔ˜, Ûه̷ÙÔ˜ /
ÛÙfiÌ·ÙÔ˜; cfr. Lejeune 1972, p. 234 e nota 2; cfr. ivi, p. 238 (confronto con l’Arcado-Ciprota); Longo 1989, p. 89; Parker 2008 pp. 443 e 451. Tale oscuramento può avvenire anche in posizione mediana e in posizione interna alla parola nei composti: Buck 1968, p. 27: «ùÓ˘Ì· is common to nearly all, perhaps all, dialects except Attic-Ionic. Cf. the compounds àÓÒÓ˘ÌÔ˜ etc., which are
universal»; per i composti cfr. anche l’arcadico à˘ÙÂÈÛ¿Ùˆ, ivi, p. 62. Pindaro menziona una Ephyra in Epiro, in relazione con Neottolemo in N., 7, 37, e abitanti di una Ephyra in Tessaglia, antico
nome di Crannone, in P., 10, 55.
16
luigi de cristofaro
in Tessaglia.1 L’identificazione di Ephyra con Corinto è, comunque, quella
proposta dagli interpreti antichi di Omero,2 il quale fa riferimento in altri luoghi ad almeno due o tre città che portano questo nome, mentre con Argo e
Argivi identifica spesso tutto il Peloponneso o la Grecia e gli stessi Greci, combattenti a Troia o reduci dalla guerra.3 Il particolare che interessa qui porre
in evidenza è quello relativo alla genealogia di Bellerofonte e l’eventuale corrispondenza con dati storici e linguistici circa la presenza di elementi ‘eolici’
in una regione del Peloponneso in ‘età eroica’.
Lo stemma genealogico elaborato dai Greci riguardo se stessi, come entità etnica, è, nelle sue linee principali, coerente per quanto riguarda le prime
origini, da Esiodo ad Apollodoro. Esiodo, intorno al 700 a.C., espone la discendenza di Elleno, figlio di Deucalione:4
≠EÏÏËÓÔ˜ ‰’ âÁ¤ÓÔÓÙÔ ÊÈÏÔÙÔϤÌÔ˘ ‚·ÛÈÏÉÔ˜
¢áÚfi˜ Ù •ÔÜÙfi˜ Ù ηd AúÔÏÔ˜5 îÈÔ¯¿ÚÌ˘.
Il dato interessante, già evidenziato in maniera convincente da M. Finkelberg,
consiste nella circostanza per cui l’unico dei tre figli di Elleno, dal quale dipende una genealogia operante a livello dei cicli epici, è Aiolos.6 Ricordiamo
1 Sch., Il., 6, 152b (= i, pp. 156-157 Erbse): ¬ÙÈ \EʇÚËÓ ÙcÓ KfiÚÈÓıÔÓ âÍ ìÚˆ˚ÎÔÜ ÚÔÛÒÔ˘
ÂrÂÓ. öÛÙÈ ‰b η› ÙȘ £ÂÛÚˆÙ›·˜ òEÊ˘Ú· fiÏȘ. òAÚÁÔ˜ ‰b îfi‚ÔÙÔÓ ÙcÓ ¶ËÏÔfiÓÓËÛÔÓ Î·ÏÂÖ,
ÙcÓ ‰b £ÂÙÙ·Ï›·Ó òAÚÁÔ˜ ¶ËÏ·ÛÁÈÎfiÓ.
2 Sch., Il., 6, 152b-c 1-2 (= i, pp. 156-157 Erbse); Eust., ad Il., 6, 152 sg.: 631, 14 sgg. (= ii, p. 266
van der Valk): ≠OÙÈ ‰b ηd ôÏÏ·È ÂåÛdÓ òEÊ˘Ú·È, ‰ËÏÔÜÙ·È ÌbÓ Î·d âÓ ÙÔÖ˜ Âå˜ ÙcÓ \O‰‡ÛÛÂÈ·Ó,
ÂúÚËÙ·È ‰b ηd âÓ ÙÉÈ BÔȈٛ·È. òAÚÁÔ˜ ‰b ηd z‰Â ì ¶ËÏÔfiÓÓËÛÔ˜, Ôy ì KfiÚÈÓıÔ˜ âÓ Ì˘¯áÈ,
ÙÔ˘Ù¤ÛÙÈ öÓ‰ÔÓ, Ôé ÌcÓ Ì˘¯·ÈÙ¿ÙˆÈ Î·d âÓ‰ÔٿوÈ. Cfr. Eumen., FGrH 451 F1a-b; F2a; cfr. Kirk
1990, pp. 177-178.
3 Cfr., ad es., Od., 4, 273. 279, ecc.; Od., 11, 485 (Odisseo dice ad Achille «noi Argivi»); Od., 24, 37.
54 (dove vengono identificati Argivi e «figli degli Achei»); cfr. anche il brano di Eustazio citato nella nota precedente (òAÚÁÔ˜ ‰b ηd z‰Â ì ¶ËÏÔfiÓÓËÛÔ˜)
4 Hes., fr. 9 M.-W.; cfr. Apollod., 1, 7, 3. Deucalione, figlio di Prometeo, prima del diluvio
regnava su Ftia in Tessaglia (Apollod., 1, 7, 2). Nel primo libro della Biblioteca di Apollodoro, dal
capitolo 7 (7, 2) a tutto il capitolo 9 (che conclude il primo libro) viene esposta la genealogia dei
Deucaliondi, in particolare dei discendenti da Eolo. Non è possibile in questa sede, per ovvi motivi, una disamina di tutti i personaggi e dei testi relativi, per i quali si rimanda alle voci su di essi
nella Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft ed al commento di P. Scarpi in Scarpi,
Ciani 1996, pp. 455-482.
5 Chantraine 1999, p. 37, sub voce ·åfiÏÔ˜; cfr. Aura-Jorro, Arados 1985, i, p. 141 sub voce ]a3wo-re-u-si documentato a Cnosso; García Ramon 2011, p. 229 («[…] /Aiwans/ … in Corinth;
perhaps a ‘short’ form for /Aiwolos/»). Cfr. Rose 2008, p. 401.
6 Finkelberg 1999, pp. 31-35; cfr. ivi, p. 32: «[…] the tribal reckoning as used in Greek genealogies seems to imply that only one of the genealogical stems they preserve, that of the descendants
of Hellen, can be considered ‘Hellenic’ in the proper sense of the world». Ivi, p. 33: «This seems to
indicate that this whole initial group is hardly more than a product of genealogical speculation
meant to account for historical divisions among the Greeks of later periods. Note also that nei-
l’ episodio iliadico di glauco e diomede
17
che Elleno era figlio di Deucalione, che a sua volta regnava su Ftia in Tessaglia.1 I discendenti, nelle generazioni successive, sono protagonisti di spostamenti all’interno della Grecia che li portano ad occupare, attraverso alleanze
matrimoniali, praticamente tutti i luoghi della Grecia ‘eroica’, ovvero dell’età
micenea, cantata nell’epos, partendo dalla stessa Tessaglia (cfr. ad esempio la
linea di discendenza Aiolos-Creteo-Esione-Giasone, nella città di Iolco), arrivando fino ad Argo e Sicione, con Admeto e Anfiarao che combattono sotto
le mura di Tebe, ed a Pilo in Messenia con Nestore figlio di Neleo.2 Per quanto riguarda Corinto, Tucidide rammenta che i Corinzi erano originariamente Eoli3 e Pausania che due discendenti di Aiolos, Sisifo ed il già menzionato
Neleo, padre di Nestore e ‘fondatore’ della dinastia di Pilo, erano sepolti pres-
ther Doros nor the descendants of Xouthos are provided with genealogical stems worthy of mention. The reason for this seems to be that Doros is no more than e genealogical abstract purporting to account for the emergence of the Dorians at the end of the Bronze Age, while the stem of
Xoutos with his descendants Ion and Achaios obviously aimed to do the same for the Ionians of
Athens and Asia Minor. As a result, it is only Aiolos’ stem that is really productive and rich in genealogical material relating to the Heroic Age».
1 Sempre Esiodo, nel fr. 10 M.-W., appartenente alle Eoiai, ricorda Aiolos ed i suoi figli Ktretheus,
Athamas, Sisyphos, Salmoneus e Perieres; in Apollodoro (1, 7, 3) i figli di Aiolos sono sette maschi e
cinque femmine, dodici in tutto, tutti collegati in qualche modo con la Tessaglia; cfr. Hdt., 7, 176,
4-5; Kirk 1990, p. 178. Cfr., inoltre, Th., 1, 2, 3-4; 1, 3, 2: ≠EÏÏËÓÔ˜ ‰b ηd ÙáÓ ·›‰ˆÓ ·éÙÔÜ âÓ ÙÉÈ
ºıÈÒÙÈ‰È åÛ¯˘Û¿ÓÙˆÓ, ηd â·ÁÔÌ¤ÓˆÓ ·éÙÔf˜ â\ èÊÂÏ›·È ☠Ùa˜ ôÏÏ·˜ fiÏÂȘ, ηı\ ëοÛÙÔ˘˜
ÌbÓ õ‰Â ÙÉÈ ïÌÈÏ›·È ÌÄÏÏÔÓ Î·ÏÂÖÛı·È ≠EÏÏËÓ·˜, Ôé ̤ÓÙÔÈ ÔÏÏÔÜ Á ¯ÚfiÓÔ˘ [≇ӷÙÔ] ηÈ
±·ÛÈÓ âÓÈÎÉÛ·È.
2 Atamante, re della Beozia, genera Frisso, collegato col ciclo degli Argonauti per via del vello
d’oro che dona a Eeta (Apollod., 1, 9, 1); Sisifo fonda Efira e da lui discendono Bellerofonte e Glauco (Apollod., 1, 9, 3); Deione re della Focide sposa la figlia di Xouthos e genera, tra gli altri, Attore,
uno degli Argonauti (1, 9, 4); Periere si impadronisce della Messenia e sposa la figlia di Perseo,
Gorgofone (1, 9, 5); Magnete sposa una ninfa Naide e si stabilisce a Serifo (1, 9, 6); Salmoneo in
Tessaglia poi in Elide (1, 9, 7) e da sua figlia Tiro nascono Neleo, che fonda Pilo in Messenia, e Pelia,
che si stabilisce in Tessaglia (1, 9, 8-10); Creteo fonda Iolco in Tessaglia: cfr. Th., 1, 2, 3-4; 1, 3, 1-5. La
genealogia di Cadmo e dei suoi discendenti, le relazioni con quella di Minosse e con personaggi
dalla saga argiva, le implicazioni con l’Egitto ed il Vicino Oriente, meriterebbe un discorso più
approfondito ed a sé stante, da rimandare ad altra sede (cfr. Apollod., 3, 1 sgg.; Hellanic., FGrH 4 F
51; Oed. arg. p. 18 Bernabé). Per Tebe micenea cfr. Aravantinos 2010, pp. 51-72; Sacconi 2007,
pp. 237-240.
3 Th., 4, 42, 2: ϤÔÓÙ˜ ‰b ±Ì· ≤ˆÈ öÛ¯ÔÓ ÌÂÙ·Íf XÂÚÛÔÓ‹ÛÔ˘ Ù ηd ^P›ÙÔ˘ ☠ÙeÓ ·åÁÈ·ÏeÓ
ÙÔÜ ¯ˆÚ›Ô˘ ñbÚ Ôy ï ™ÔχÁÂÈÔ˜ ÏfiÊÔ˜ âÛÙ›Ó, âÊ’ nÓ ¢ˆÚÈɘ Ùe ¿Ï·È î‰Ú˘ı¤ÓÙ˜ ÙÔÖ˜ âÓ ÙÉÈ fiÏÂÈ
KÔÚÈÓı›ÔȘ âÔϤÌÔ˘Ó ÔsÛÈÓ AåÔÏÂÜÛÈÓ. A proposito della questione relativa al cosiddetto protoeolico, della ipotetica comunità eolo-dorica e della situazione dialettale nella Grecia micenea, vedi Méndez Dosuna 1985, pp. 279-293; cfr. Th., 1, 9, 2; 1, 12, 1-4. Per la documentazione in Lineare
B cfr. PY Eb 347, 1; En 74, 18. 24; Eo 160, 4 (?); Eo 247, 3; Ep 212, 4 (ko-ri-si-ja); Bennett, Olivier
1973, pp. 94, 111, 117 (?), 118, 123; PY An 207, 15; An 209, 1 (ko-ri-si-jo); ibidem, p. 47; PY Ad 921 (ko-rito), ibidem, p. 35. Aura-Jorro, Arados 1985, i, p. 383 ss.vv. ko-ri-si-ja, ko-ri-si-jo, ko-ri-to; tali vocaboli sono documentati solo in tavolette provenienti da Pilo. Cfr. Sergent 1981, pp. 35-66; di differente opinione Chadwick 1988, pp. 43-93 in part. 59 e 86; cfr. Bennet 2011, pp. 144-145 e 157.
18
luigi de cristofaro
so l’Istmo;1 ricordiamo, infine, che Corinto ed i Corinzi fanno parte del contingente di Agamennone nel Catalogo delle navi.2
Il quadro d’insieme, fornito dalla tradizione epica e da quella delle genealogie di vi-v sec. a.C. fino ad Apollodoro, all’interno del quale si inscrive questa presenza ‘eolica’ nel Peloponneso, appare, dunque, per alcuni aspetti poco conforme con il contesto formulato dalla dialettologia greca nel secolo
scorso.3 Essa tendeva, infatti, ad una distinzione piuttosto netta tra i ceppi
principali, ionico, dorico e, appunto, eolico, mentre la situazione mostrata
dalla documentazione letteraria, in particolare proprio anche dalla lingua dell’epos e dalle testimonianze di autori antichi, come Tucidide,4 sembra presentarsi assai più fluida. Tale fluidità sembra confermata, ad esempio, anche
dallo studio dei dialetti dorici, che ha presentato nel corso della sua evoluzione una discreta, appunto, fluidità di situazioni linguistiche, tra doris mitior
e doris severior, dialetti dorici in senso stretto e dialetti di Nord-Ovest.5 La decifrazione del miceneo, poi, ha aperto uno sguardo assai più ampio, insieme
ai progressi nel campo dell’epigrafia a della papirologia, rispetto alla forse
troppo meccanicistica classificazione di origine ottocentesca, condizionata,
oltre che da una minore quantità e qualità dei dati a disposizione, anche dalle due principali correnti di pensiero dell’epoca, ovvero il positivismo da una
parte ed il romanticismo dall’altra.
Le conclusioni, inoltre, cui sono giunti pochi anni or sono alcuni studiosi,
sembrano rimettere in gioco proprio le teorie circa i dialetti ‘eolici’. L’analisi
delle fonti letterarie su Aiolos e gli Eoli,6 delle fonti archeologiche dell’età del
Bronzo e dell’età arcaica a proposito della ‘migrazione eolica’,7 svolta da
Brian Rose nel 2008, fornisce un quadro storico abbastanza coerente con
1 Paus., 2, 2, 2-4; cfr. Kirk 1990, p. 178; Morgan 1999, pp. 349-355 e 414; Forsén 2010, pp. 58-59.
2 Il., 2, 569-580; Corinto viene menzionata subito dopo Micene nel v. 570; cfr. Kirk 1985, pp. 211212. In Il., 13, 663-670, Euchenore di Corinto (KÔÚÈÓıfiıÈ ÔåΛ· Ó·›ˆÓ, v. 664) va a Troia con
Agamennone per evitare una gravosa multa da parte degli Achei: Ùá ®’ ±Ì· Ù’ àÚÁ·Ï¤ËÓ ıˆcÓ
àϤÂÈÓÂÓ \A¯·ÈáÓ (v. 669); cfr. Janko 1992, pp. 128-129; Echepolo di Sicione paga il prezzo di una
cavalla per non andare a Troia con Agamennone (Il., 23, 295-299); cfr. Voutsaki 2010, pp. 600-607
(bibliografia pp. 607-613); Marazzi 2008, pp. 485-492 (bibliografia pp. 493-495).
3 Cfr., ad es., Acusilao di Argo (FGrH 2 F 34-38); Ecateo di Mileto (FGrH 1 F 28); Ellanico di Lesbo
(FGrH 4 F 6-17, 74, 99, 125, 128); Eumelo di Corinto (FGrH 451 F 1a-b, 2a-c, 4, 6).
4 Th., 1, 2, 3-4; 1, 3, 1-5; 4, 42, 2: cfr. note 12 e 14.
5 Méndez Dosuna 2007a, pp. 444-459; Idem 1985; cfr. Idem 2007b, pp. 460-474.
6 Il., 9, 129. 271; 14, 544; Od., 4, 341-346; 17, 132-137; h. Hom. Ap., 37; Hes., Op., 635-638; Pi., N., 11, 45;
sch., Pi., O., 1, 164a (= i, p. 52 Drachmann); sch., Pi., N., 3, 136a-b (= iii, p. 61 Drachmann); sch., Pi.,
N., 11, 43a-b (= iii, pp. 189-190 Drachmann); Hellanic., FGrH 4 F 6-17, 32, 33-35, 52, 117-133; Hdt., 1,
149-151; 7, 176, 4; Th., 3, 102, 5; 4, 42, 2; D. S. 1, 3; 4, 67, 2; 5, 57, 2; Str., 13, 1, 3-4 (vedi in part. 13, 1, 3, 1416: Ù¤ÙÚ·ÛÈ ÁaÚ ‰c ÁÂÓ·֘ ÚÂÛ‚˘Ù¤Ú·Ó Ê·Ûd ÙcÓ AåÔÏÈÎcÓ àÔÈΛ·Ó Ùɘ \IÔÓÈÎɘ, ‰È·ÙÚÈ‚a˜ ‰b
Ï·‚ÂÖÓ Î·d ¯ÚfiÓÔ˘˜ Ì·ÎÚÔÙ¤ÚÔ˘˜); Paus., 3, 2, 10; 10, 8, 4; Tz., ad Lyc., 1374; sulla migrazione eolica
60 anni dopo la Guerra di Troia vedi Str., 13, 1, 3, 18; cfr. anche Str., 9, 2, 3; 13, 2, 1; 13, 3, 2-3; 13, 3, 5.
Cfr. Rose 2008, pp. 401-404.
7 Rose 2008, pp. 407-411 e 412-419.
l’ episodio iliadico di glauco e diomede
19
l’analisi linguistica esposta da Parker in un articolo che segue quello del Rose
nella medesima rivista statunitense. La disamina dei dati, dal punto di vista
fonologico, morfologico e lessicale,1 ha posto in rilievo quelle che sarebbero
le divisioni all’interno del gruppo ‘eolico’, evidenziando le differenze genetiche tra il Beotico da una parte (più vicino al greco occidentale) ed il Tessalico e il Lesbio dall’altra.2 Il Parker ha considerato, in particolare, alcuni fenomeni che mostrano esiti differenti,3 sottolineando, inoltre, che tali dialetti
non condividerebbero tra loro innovazioni dimostrabili, tranne quella relativa alla formazione del participio perfetto, ma che quest’ultima, documentata in Omero, è presente, sia pure rara, in altri dialetti.4 Nel presentare la propria disamina conclude: «In short, I find no good evidence for Lesbian,
Thessalian and Boiotian having any common ancestor higher on a stemma
then Proto-Greek itself».5
Nagy nel 2011 ha sottoposto, d’altra parte, ad una critica puntuale gli interventi del Rose e del Parker: egli difende l’unitarietà del gruppo eolico, giungendo a conclusioni differenti riguardo questo aspetto specifico. I dati e le
analisi forniti dal Nagy, sembrano, comunque, confermare, anche se indirettamente, le proposte cui perviene il presente studio, che non intende mettere in discussione l’esistenza o meno di una famiglia linguistica eolica, quanto
piuttosto interpretare la presenza di elementi ‘eolici’ dal punto di vista
genealogico e mitologico, oltre che linguistico, in Omero:6 «Even if Parker
1 Parker 2008, pp. 443-455.
2 Ivi, p. 450.
3 Ivi, pp. 450-455; cfr., ad es., ivi, p. 450: «The important fact to be borne in mind is that the forms
attested in Lesbian and Thessalian with double resonant (e.g., Lesbian) represent the original
Pan-Greek stage; all other dialects, including Boiotian, have undergone a later change, the First
Compensatory Lenghtening»; ivi, p. 455: «Again, there are no securely shared innovations, and I
see no evidence for Thessalian and Lesbian having any common ancestor than Proto-Greek itself».
4 Ivi, pp. 443-450, analisi fonologica, morfologica e lessicale; ivi, p. 450: «To sum up so far, Aiolic
appears to be a very conservative branch of Greek, distinguished primarily for the sound changes
it does not undergo. In fact, Aiolic under scrutiny appears less a subfamily than a relic area, and
Risch could find no sure isogloss separating Aiolic and West Greek before ca. 1200 BC» (cfr. Risch
1955, p. 71); pp. 455-459, analisi della posizione del Beotico e dei fenomeni linguistici ritenuti fino al
recente passato come elementi comuni nei dialetti eolici. In particolare, per la forma tematica del
participio perfetto vedi Parker 2008, p. 447-448; cfr. Nagy 2011, pp. 166-169.
5 Parker 2008, p. 443; ivi, p. 460: «Thessalians, Boiotians and Aiolans proper (i.e., the inabitants
of Lesbos and the adjacent part of Asia Minor) were not part of an Aiolic tribe or dialect; they
were simply various peoples who were seen to be neither Dorians nor Ionians. In the absence of
any archaeological or linguistic evidence for such group, we are better off avoiding the term
‘Aiolic’ altogether». Cfr. Finkelberg 2005, pp. 127-139; Chadwick 1986, p. 8 «[…] via via che retrocediamo nel tempo, le divisioni tra i tipi vanno scomparendo […]. Ne consegue che intorno al
1000 a.C., l’eolico e il dorico non dovevano essere molto diversi». A proposito degli Eoli di Tessaglia cfr. ivi, p. 10; cfr. Risch 1986, pp. 14-16, 23-27, 32, nota 1.
6 Nagy 2011, pp. 133-179, al quale si rimanda anche per la bibliografia; gli articoli del Rose e del
Parker vengono presi in esame rispettivamente nelle pp. 163-164 e 165-170; cfr. ivi, pp. 161-162, 163,
165, 167-169, 173-175.
20
luigi de cristofaro
were right in arguing that the Lesbian and the Thessalian and the Boeotian
dialects do not stem from a proto-Aeolic dialect as a common source, there
could still have existed in the evolution of the Homeric diction a dialectal phase that corresponds to what is called Aeolic»,1 […] «The integration of Thessalian forms in Homeric diction is parallel to the integration of Thessalian
myths in the overall framework of Homeric poetry».2
Come conseguenza sembrerebbe verosimile supporre che i riferimenti nell’epica arcaica a personaggi ed ambienti avvertiti come ‘eolici’ dalla tradizione posteriore starebbero ad indicare, piuttosto, uno stadio primigenio del materiale trattato nell’epica stessa, non solo dal punto di vista dei personaggi,
degli eventi e delle situazioni, ma, probabilmente, anche da quello della lingua.3 Non appare casuale, infatti, l’intimo legame che si nota in tutti e tre i
principali cicli epici con i discendenti di Aiolos: Achille è un ‘eolo’, appunto,
di Tessaglia come Giasone e altri eroi che compaiono tra i protagonisti del ciclo tebano, che sono anch’essi discendenti del medesimo Aiolos e traggono,
in ultima analisi, le proprie origini dalla medesima regione. Questo potrebbe
spiegare, inoltre, la netta preponderanza di contingenti ‘eolici’ nel Catalogo
delle navi: due dalla Beozia (i quali aprono il Catalogo) e ben nove dalla Tessaglia,4 regione cui è collegato in Omero il toponimo Hellas e l’etnico Hellenes
(oltre che quello Achaioi):
Ôî Ù’ Âr¯ÔÓ ºı›ËÓ ä‰’ ^EÏÏ¿‰· ηÏÏÈÁ‡Ó·Èη
M˘ÚÌȉfiÓ˜ ‰b ηÏÂÜÓÙÔ Î·d ≠EÏÏËÓ˜ ηd \A¯·ÈÔ›5
Alcune caratteristiche dei dialetti ‘eolici’, come appena esposto, in particolare il Lesbio e, appunto, il Tessalico, sembrerebbero rimandare anch’esse ad
una fase assai antica, quasi ancora indifferenziata e che, forse, per alcuni
aspetti potrebbe essere antecedente lo stadio linguistico documentato nelle
tavolette micenee.6 Gli stessi elementi considerati eolici nella lingua omerica
1 Ivi, p. 170.
2 Ivi, p. 171.
3 Cfr., in particolare, ivi, pp. 166-169.
4 Il., 2, 494-510 (Beozia). 511-516 (Orcomeno minia). 681-759 (i nove contingenti tessalici).
5 Il., 2, 683-684. Vedi anche Th., 1, 3, 3: ÙÂÎÌËÚÈÔÖ ‰b Ì¿ÏÈÛÙ· ≠OÌËÚÔ˜Ø ÔÏÏáÈ ÁaÚ ≈ÛÙÂÚÔÓ öÙÈ
ηd ÙáÓ TÚˆÈÎáÓ ÁÂÓfiÌÂÓÔ˜ Ô鉷ÌÔÜ ÙÔf˜ ͇Ì·ÓÙ·˜ èÓfiÌ·ÛÂÓ, Ô鉒 ôÏÏÔ˘˜ j ÙÔf˜ ÌÂÙ’
\A¯ÈÏϤˆ˜ âÎ Ùɘ ºıÈÒÙȉԘ, Ô¥ÂÚ Î·d ÚáÙÔÈ ≠EÏÏËÓ˜ qÛ·Ó, ¢·Ó·Ôf˜ ‰b âÓ ÙÔÖ˜ öÂÛÈ Î·d
\AÚÁ›Ԣ˜ ηd \A¯·ÈÔf˜ àӷηÏÂÖ. Cfr. Th., 1, 3, 2.
6 Cfr. Parker 2008, p. 450 (cit. supra nota 24); Rose 2008, p. 406: «The Aiolian migration is also frequently discussed with the development and transmission of the Homeric epics, especially
with regard to linguistic. Some words can be traced back to Linear B, and there are also Aiolic
forms in otherwise Ionic dialect»; Finkelberg 1999, p. 34: «We may infer that these dialects are no
more than fragments of a dialect continuum which had existed before the period of the great
migrations»; Eadem 2005, pp. 127-139; Eadem 1994, pp. 1-36. Cfr. Ruijgh 2011, pp. 253-295 in part.
258, 260-262, 291-295; Nagy 2011, pp. 165-175; Horrocks 1997, pp. 212-217. Cfr. anche Chantraine
1999, p. 503, sub voce ηۛÁÓËÙÔ˜: la forma tessalica ηٛÁÓÂÈÙÔ˜ sembrerebbe mostrare una fase
l’ episodio iliadico di glauco e diomede
21
(e costitutivi di essa) sono, nella maggior parte dei casi, elementi non esclusivi del tessalico, del lesbio e del beotico né tra essi interamente condivisi. Il
Nagy propone infatti, in riferimento alla «Homeric diction», il termine ‘eolicismi’ piuttosto che ‘eolismi’ tout court. Egli indica una serie esemplare di nove ‘eolicismi’: l’esito labiale della labiovelare indoeuropea, il participio perfetto con formazione tematica, il dativo in -ÂÛÛÈ, gli infiniti in -ÌÂÓ·È, le forme
pronominali ôÌÌÈ e ûÌÌÈ con baritonesi e psilosi, il femminile ı¿, il genitivo
in -ÔÈÔ, le forme ÔÙ› e ÚÔÙ› per ÚÔ˜, il genitivo in -·Ô (singolare) e -·ˆÓ (plurale) con alpha lunga: «My point of departure is a list of Aeolicism that we
can find embedded in Homeric diction. […] I am saying only Aeolicism, not
Aeolic forms, since some of these forms may turn out to be not exclusively
Aeolic (p. 136)». «[…] I emphasize here one thing that all nine of these posited Aeolicism of Homeric diction have in common: not one of these features is shared with the dialect we know as Ionic (p. 137)».1
Il dativo in -ÂÛÛÈ, infatti, è ben documentato nei dialetti di Nord-Ovest ed
in alcuni dialetti dorici, come l’infinito in -ÌÂÓ, la proposizione ÔÙ›, la particella modale ÎÂ(Ó); la desinenza di infinito in -ÌÂÓ·È è, invece, una particolarità lesbia; la forma femminile ı¿ presenta la conservazione di alpha lungo, come avviene praticamente in tutti i dialetti, compreso il miceneo, tranne che
nello ionico-attico; le forme genitivali in -ÔÈÔ e in -·Ô sono anch’esse documentate nei testi in Lineare B, come altri fenomeni ‘eolici’, ad esempio l’oscuramento della vocale -o- in -u-.2
2. Il ., 6, 167-177
ÎÙÂÖÓ·È Ì¤Ó ®\ àϤÂÈÓÂ, Û‚¿ÛÛ·ÙÔ ÁaÚ Ùfi Á ı˘ÌáÈ,
¤Ì ‰¤ ÌÈÓ §˘Î›ËÓ‰Â, fiÚÂÓ ‰\ ¬ Á ۋ̷ٷ Ï˘ÁÚ¿,
ÁÚ¿„·˜ âÓ ›Ó·ÎÈ Ù˘ÎÙáÈ ı˘ÌÔÊıfiÚ· ÔÏÏ¿,
‰ÂÖÍ·È ‰’ äÓÒÁÂÈÓ zÈ ÂÓıÂÚáÈ, ùÊÚ’ àfiÏÔÈÙÔ.
·éÙaÚ ï ‚É §˘Î›ËӉ ıÂáÓ ñ’ à̇ÌÔÓÈ ÔÌÉÈ.
àÏÏ’ ¬Ù ‰c §˘Î›ËÓ xÍ •¿ÓÙÔÓ Ù ®¤ÔÓÙ·,
ÚÔÊÚÔÓ¤ˆ˜ ÌÈÓ ÙÖÂÓ ôÓ·Í §˘Î›Ë˜ ÂéÚ›˘Ø
âÓÓÉÌ·Ú Í›ÓÈÛÛ ηd âÓÓ¤· ‚Ôܘ î¤Ú¢ÛÂÓØ
àÏÏ’ ¬Ù ‰c ‰ÂοÙË âÊ¿ÓË ®Ô‰Ô‰¿ÎÙ˘ÏÔ˜ \HÒ˜,
ηd ÙfiÙ ÌÈÓ âÚ¤ÂÈÓ ηd õÈÙ ÛÉÌ· 剤Ûı·È,
¬ÙÙÈ ®¿ Ôî Á·Ì‚ÚÔÖÔ ¿Ú· ¶ÚÔ›ÙÔÈÔ Ê¤ÚÔÈÙÔ.
antecedente al fenomeno della assibilazione, documentato già nel greco miceneo, contrariamente
alla forma lesbia e cipriota ηۛÁÓËÙÔ˜.
1 Nagy 2011, pp. 135-137; cfr. ivi, pp. 165-172.
2 Méndez Dosuna 1985, pp. 217-219, 238-242, 270, 277-293, 318, 473-487; cfr. Chantraine 1999,
pp. 507 (sub voce ÎÂ), 932 (sub voce ÔÙ›).
22
luigi de cristofaro
Dalla lettura dei versi qui presi in considerazione apprendiamo, come già accennato, che il re di Argo, il quale sembra controllare tutta la regione, compreso l’Istmo,1 invia Bellerofonte allo scopo di sbarazzarsene e farlo giustiziare in Asia Minore, in una regione situata nell’Occidente meridionale
dell’Anatolia. Lo invia al contempo utilizzando la stesso ‘condannato’ come
emissario per recapitare un messaggio scritto indirizzato al suocero, che è sovrano di tale regione (ôÓ·Í §˘Î›Ë˜ ÂéÚ›˘).2 Viene in tal modo indicata l’esistenza di un’attività ‘diplomatica’ reciproca, che prevedeva lo scambio di dispacci e missive scritte, tra un regno greco ed un potentato anatolico, nonché
quella di legami matrimoniali tra un’area della Grecia, in questo caso situata
nel Peloponneso, e un regno micrasiatico.3 Può essere interessante notare
l’insistenza con cui Omero menziona la Licia: ben quattro volte in soli sei
versi, le ultime tre in tre versi consecutivi.4 Appena giunto a destinazione Bellerofonte riceve un trattamento di riguardo: vengono svolti riti ospitali per
nove giorni; per l’ospite vengono ‘sacrificati’ nove buoi, uno per ogni giorno
per quanto durano tali riti e tale ospitalità appare fornita di una qualche connotazione religiosa (cfr. î¤Ú¢ÛÂÓ, v. 174).5 D’altra parte Bellerofonte era stato
detto pochi versi prima essere accompagnato dagli dèi.6 La visita di Bellerofonte doveva, però, essere percepita dal sovrano licio (ma evidentemente anche dall’uditorio di Omero) come una missione ‘diplomatica’, come di fatto,
in un certo senso, lo era. Lo straniero non si era recato presso la corte licia a
titolo personale, come invece, ad esempio, Telemaco presso Nestore a Pilo o
presso Menelao a Lacedemone, ma in quanto latore di un messaggio inviato
da una terza persona, in qualità di agente per conto del re di Argo.7
1 Il., 6, 158-159; cfr. sch., Il., 6, 152 b-c1-2, Eust., ad Il., 6, 152 sg.: 631, 14 sgg. (= ii, p. 266 van der
Valk) già menzionati nella n. 2 a p. 16; cfr. Kirk 1990, p. 177.
2 Il., 6, 173; Kirk 1990, pp. 180-181.
3 Il., 6, 170: ÂÓıÂÚáÈ; 4, 177: Á·Ì‚ÚÔÖÔ; cfr. 4, 178: Á·Ì‚ÚÔÜ; 4, 192: ‰›‰Ô˘ ‰’ ¬ Á ı˘Á·Ù¤Ú· ≥Ó.
4 Il., 6, 168. 171-173; a proposito dell’origine dei Lici, del nome con il quale essi stessi si identificavano e della loro fierezza nel combattere cfr. Hdt., 1, 171. 176; Bryce 2006, pp. 144-150; Laroche
1976, pp. 15-19; Bouvier 2008, pp. 12-15.
5 Il., 6, 174: âÓÓÉÌ·Ú Í›ÓÈÛÛ ηd âÓÓ¤· ‚Ôܘ î¤Ú¢ÛÂÓ. A proposito della presenza in Omero di
serie numeriche fornite di significato simbolico cfr. le osservazioni esposte dall’autore del presente studio in «RCCM», liv, 2, Roma, 2012, pp. 227-239 ed i riferimenti testuali e bibliografici ivi contenuti.
6 Il., 6, 171: ·éÙaÚ ï ‚É §˘Î›ËӉ ıÂáÓ ñ’ à̇ÌÔÓÈ ÔÌÉÈ.
7 Cfr. Od., 3, 69-74: Nestore interroga Telemaco a proposito della sua identità e dello scopo del
viaggio. La domanda viene formulata solo dopo avere fatto partecipare al banchetto sacro, già in
corso al loro arrivo, Telemaco e Atena, quest’ultima sotto le mentite spoglie di Mentore, facendoli partecipi delle carni e delle viscere dei nove tori sacrificati a Posidone, nonché del vino delle
libagioni, chiedendo a Mentore (in realtà Atena) di formulare una preghiera (3, 5-68). Nei vv. 375477 viene riportata la descrizione del sacrificio ad Atena di una giovenca, delle libagioni e del
banchetto sacro, cui vengono invitati anche gli uomini dell’equipaggio di Telemaco, eseguito da
Nestore e da tutti i suoi figli, figlie e nuore, in favore dell’ospite. Telemaco arriva, poi, nel corso di
l’ episodio iliadico di glauco e diomede
23
È possibile, dunque, al di là delle deformazioni dovute anche a processi di
idealizzazione simbolica di eventi, situazioni e personaggi del passato, operanti nel corso della lunga gestazione delle tradizioni epiche,1 porre in evidenza cinque punti da ricondurre a quelle che potrebbero effettivamente essere state le relazioni reciproche tra alcuni regni greci e alcuni regni dell’Asia
Minore durante l’età o le età in cui si svolgono i fatti cantati da Omero: invio
di personaggi sgraditi, invio di messaggeri, invio di missive, matrimoni interdinastici, ospitalità. L’invio di Bellerofonte, soggetto ‘estradato’, anche se
inconsapevole, da mettere a morte, nonché emissario del re di Argo in Licia,
riassume in sé tutti questi punti.2
A questi temi può esserne aggiunto un sesto, che può essere anche (ma non
solo) considerato in connessione con l’ultimo individuato, ovvero lo scambio
di doni. Questo tema è ben delineato nella parte seguente del racconto di
Glauco a proposito delle proprie origini, ovvero nella risposta pronunciata da
Diomede che si conclude con lo scambio delle armature tra i due eroi.3 Nei
vv. 215-220, in particolare, Diomede narra a Glauco dell’ospitalità della durata di venti giorni offerta a Bellerofonte dal proprio avo Oineo4 nel palazzo di
Calidone e dei doni scambiati tra essi: Í›ÓÈÛ’ âÓd ÌÂÁ¿ÚÔÈÛÈÓ â›ÎÔÛÈÓ õÌ·Ù’
âڇͷ˜;5 Oineo aveva donato a Bellerofonte una cintura di porpora, ricevendone in cambio una coppa d’oro;6 segue il rinnovamento dell’antico vincolo
tra i due discendenti e lo scambio delle armature.7 Tale vincolo viene avvertito come più forte degli stessi legami etnici e, quindi, di sangue (cfr. sch., Il.,
6, 218: ¬ÙÈ ÂÚÈÙÙe˜ ï ηd Û‡Ó‰ÂÛÌÔ˜)8 e fornito di una evidente connotazione
religiosa (Âé¯fiÌÂı’, v. 231):
un banchetto, questa volta nuziale (4, 3-14), a Lacedemone presso Menelao, in compagnia di Pisistrato figlio di Nestore. A proposito dell’ospitalità di Menelao cfr. Od., 4, 26-182. 216-623; sull’eventualità di un soggiorno prolungato cfr. v. 595, anche per un anno (Âå˜ âÓÈ·˘ÙeÓ), ma si tratta in questo caso di un’iperbole pronunciata da Telemaco per far intendere al Menelao quanto fosse
gradevole e gradita la sua ospitalità.
1 Musti 1996, p. 629: «[…] ma l’idealizzazione non è puro sogno. Essa presuppone (e perciò significa) una distanza reale dal passato idealizzato, e però comporta anche un movimento di riavvicinamento nostalgico; l’idealizzazione significa insomma la memoria, ma anche la sua capacità di
deformare e di rimodellare»; cfr. ivi, pp. 637-638.
2 2 Sam., 11, 14-17; cfr. Ge., 39, 7-39. Kirk 1985, pp. 179 e 181-182.
3 Il., 6, 212-236. Eust., ad Il., 6, 230-234: 638, 40-55 (= ii, pp. 297-298 van der Valk) spiega la differenza tra il valore delle armature scambiate adducendo il desiderio di Glauco di non essere da meno del suo antenato e di onorarne in tal modo la memoria; Eustazio indica, inoltre, il significato
simbolico di ‘cento buoi’, come anche di ‘novanta’ e ‘dodici’ buoi: Eust., ad Il., 6, 236: 639, 7-11 (=
ii, p. 299 Van der Valk); cfr. Il., 11, 778.
4 Anch’egli discendente di Aiolos, cfr. Apollod., 1, 7, 10.
5 Il., 6, 217.
6 Il., 6, 219-220.
7 Il., 6, 224-236.
8 Sch., Il., 6, 218 (= ii, p. 169 Erbse); cfr. sch., Il., 6, 226a (= ii, p. 170 Erbse); Eust., ad Il., 6, 218236: 638, 1 sgg. (= ii, pp. 295-299 van der Valk); cfr. Kirk 1990, pp. 187-191.
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luigi de cristofaro
ÔÏÏÔd ÌbÓ ÁaÚ âÌÔd TÚᘠÎÏÂÈÙÔ› Ù\â›ÎÔ˘ÚÔÈ,
ÎÙ›ÓÂÈÓ ¬Ó ΠıÂfi˜ Á fiÚËÈ Î·d ÔÛÛd Îȯ›ˆ,
ÔÏÏÔd ‰\ ·s ÛÔd \A¯·ÈÔd âÓ·ÈÚ¤ÌÂÓ ¬Ó Π‰‡ÓË·È.1
Lo scambio di doni viene preceduto da due gesti dal valore simbolico-religioso: piantare l’asta a terra (vv. 213, 226) e stringere l’uno la mano dell’altro
(v. 233).2 Ultimo, ma non meno rilevante, elemento è la circostanza per cui
Diomede sottolinea come il riconoscimento di tale vincolo privato debba
avere una valenza pubblica, oltre che sacra:
Ù‡¯Â· ‰’ àÏÏ‹ÏÔȘ â·Ì›„ÔÌÂÓ, ùÊÚ· ηd Ô¥‰Â
ÁÓáÛÈÓ ¬ÙÈ ÍÂÖÓÔÈ ·ÙÚÒ˚ÔÈ Âé¯fiÌÂı’ ÂrÓ·È.3
Di particolare interesse, a proposito del valore sacro dell’ospitalità e dei
relativi doni scambievoli, sembra la circostanza per cui a riconoscere
l’importanza e la sacralità di tale vincolo è un personaggio come Diomede,
il quale non esita a scagliarsi contro gli dèi sul campo di battaglia e la cui forza gli permette addirittura di sconfiggerli e ferirli, come accade con Afrodite
e Ares, ma senza che il testo mostri alcun biasimo morale o lasci trasparire
alcun indizio perché tale comportamento venga considerato come un atto di
empietà, ovvero di hybris.4
1 Il., 6, 227-229. Sull’importanza del concetto di Û˘ÁÁ¤ÓÂÈ· nel mondo greco cfr., ad es., Th., 1,
95, 1 (ηÙa Ùe ͢ÁÁÂÓb˜); 6, 6, 1-2 (‚ÔËıÂÖÓ ‰b ±Ì· ÂéÚÂᘠ‚Ô˘ÏfiÌÂÓÔÈ ÙÔÖ˜ ë·˘ÙáÓ Í˘ÁÁÂÓ¤ÛÈ
ηd ÙÔÖ˜ ÚÔÛÁÂÁÂÓË̤ÓÔȘ ͢ÌÌ¿¯ÔȘ […] ηÙa Ùe ͢ÁÁÂÓb˜); 7, 57, 1 (Ôé ηÙa ‰›ÎËÓ ÙÈ ÌÄÏÏÔÓ
Ôé‰b ηÙa ͢ÁÁ¤ÓÂÈ·Ó); cfr. anche Thuc., 5, 85-111; vedi Musti 2001, pp. 43-63; Idem 1986, pp. 41-42;
Piccirilli 2002, pp. 79-87; Sammartano 2008-2009, pp. 111-139. Per i rapporti tra mondo greco e
mondo semitico a proposito di tale concetto vedi Bremmer 2010, pp. 47-60 in part. 53-54; cfr. Ev.
Matt., 12, 49-50; Ev. Marc., 3, 34-35; Ev. Luc., 8, 21; 11, 28.
2 Cfr. Denny 1997, pp. 427-429; cfr., ad es., Il., 11, 777-778; a proposito di tale gesto documentato nella mitologia hittita vedi Hoffner 1998, pp. 50, 60, 63; cfr. Beckman 2011, pp. 107-109: «I
instructed him: “Go swear an oath for him, take him by the hand, and bring him before me” […]»;
«Then I made [Atpa] swear an oath [to me] and gave him a hand [saying to him]: “[…] [I will write
(?)] about it to [my] brother, the King of Ahhiyawa”. [But] he refused […]». Si tratta di un
documento che verrà considerato nella seconda parte del presente studio (AhT 4; cfr. infra).
Interessante appare la circostanza per cui in questi brevi passaggi, contenuti in un testo ufficiale
emanato dal re hittita, vengono posti in relazione il giuramento (dal valore sacro e posto sotto la
tutela e la testimonianza degli dèi) con l’azione dello stringere l’uno la mano dell’altro.
3 Il., 6, 230-231; cfr. Od., 4, 412-314: Menelao domanda a Telemaco se è giunto a Lacedemone
spinto da una necessità (¯ÚÂÈg, v. 312) pubblica o privata (v. 314: ‰‹ÌÈÔÓ q ú‰ÈÔÓ); per l’uso di Âû¯ÔÌ·È
e la valenza sacrale e religiosa dell’ospitalità cfr. Kitts 2011, p. 229; Chantraine 1999, p. 389.
4 Il., 5, 330-352. 835-863; Kirk 1990, pp. 95-97 e 146-149. Cfr. Kitts 2011, pp. 225-226, 232-233, 237240; vedi anche Hoffner 1998, p. 46.
l’ episodio iliadico di glauco e diomede
25
Diomede, ferito alla spalla destra con una freccia scagliata con l’arco da un guerriero licio figlio di Licaone (5, 95-105), curato da Stenelo (5, 106-113), dialoga con Atena
(5, 114-132), rivolgendole una preghiera in 5, 114-121 (cfr. äÚÄÙÔ, v. 114; Âé¯fiÌÂÓÔ˜, v. 121),
alla quale la dèa risponde, incitandolo a colpire Afrodite (5, 121-132). Appare, dunque,
un personaggio dotato in qualche modo del senso religioso, che viene espresso in
maniera compiuta dal rispetto delle norme dell’ospitalità, vincolanti, come già detto, in un grado superiore rispetto agli stessi legami di sangue, piuttosto che dalla devozione verso tutti gli dèi (vedi ÄÛÈ ıÂÔÖÛÈÓ, Il., 7, 412; 8, 346, ecc.; cfr. Duhoux 2008,
pp. 258, 260, 263; Ventris, Chadwick 1973, pp. 127-128). Se questo elemento è ‘sopravvissuto’ nel corso dei secoli di formazione del corpus omerico, doveva evidentemente essere recepito ed accettato dall’uditorio cui i Canti epici erano rivolti. E forse proprio quest’episodio del sesto canto dell’Iliade sembrerebbe costituire un indizio che
potrebbe consentire di ricondurre le motivazioni della guerra, almeno per quanto riguarda lo stadio originario dell’epos omerico, proprio al mancato rispetto dei vincoli sacri dell’ospitalità compiuto da Paride, per cui il ‘rapimento’ di Elena si configura come un autentico atto di hybris, anticipando quanto avverrà secoli dopo nel
teatro attico, dove è proprio l’atto di hybris che fa scattare inevitabile il meccanismo
della tragedia. In Omero, infatti, sono molteplici i riferimenti all’appropriazione violenta di donne, ragazze o spose altrui, e tutti visti in un ottica di legalità e tutt’altro
che in contrasto con le norme religiose: cfr., ad es., Il., 3, 298-301; 4, 162. 232-239; 8, 5559; 9, 590-596. 663-668; 11, 624-627, ecc.; se Paride avesse preso Elena durante una guerra o durante una scorreria piratesca, essa avrebbe fatto parte della legittima leis. Il
mancato rispetto delle regole a proposito della sacrosanta proprietà del bottino, di
cui fa parte Briseide, costituisce proprio la causa e la giustificazione ‘giuridico-religiosa’ del fatto puramente emotivo dell’ira di Achille: Il., 1, 121-171; 9, 334-345 (cfr. Kirk
1985, pp. 66-69; Hainswort 1993, pp. 106-108). In questo modo sembra esserci coerenza tra la causa prima dello scoppio della guerra in generale e quella in particolare del
dissidio ‘privato’, ma con forte valenza comunitaria, tra Achille e Agamennone. Cfr.
anche Il., 7, 350-353, in cui il discorso di Antenore si riferisce, con ogni probabilità, in
maniera diretta ai patti giurati in 3, 264-301 e subito disattesi in 4, 104 sgg. (vedi in part.
4, 157-159; cfr. Kirk 1990, p. 281), ma che lascia trasparire la consapevolezza di star
combattendo una guerra ingiusta fin dall’origine del conflitto:
‰ÂÜÙ\ ôÁÂÙ\, \AÚÁ›ËÓ ^EϤÓËÓ Î·d ÎÙ‹Ì·ı\ ±Ì\ ·éÙÉÈ
‰ÒÔÌÂÓ \AÙÚ½‰ËÈÛÈÓ ôÁÂÈÓØ ÓÜÓ ‰\ ¬ÚÎÈ· ÈÛÙa
„Â˘Û¿ÌÂÓÔÈ Ì·¯fiÌÂÛı·Ø Ùá Ôû Ó‡ ÙÈ Î¤Ú‰ÈÔÓ ìÌÖÓ
öÏÔÌ·È âÎÙÂϤÂÛı·È, ¥Ó· Ìc ®¤ÍÔÌÂÓ z‰Â.
Menelao, infatti, prima della celebrazione dei patti giurati (¬ÚÎÈ· ÈÛÙa), officiata in
seguito da Agamennone (3, 264-301), dichiara che i figli di Priamo sono ñÂÚÊ›·ÏÔÈ
ηd ôÈÛÙÔÈ (3, 106; cfr. Kirk 1985, p. 278): è verosimile che la apistia a cui Menelao fa
riferimento, considerato il contesto complessivo in cui viene pronunciato tale discorso, precedente alla violazione dei medesimi patti, non ancora celebrati, potrebbe essere proprio quella di cui si è macchiato Paride disattendendo e violando il legame di ospitalità (cfr. 13, 620-627).
26
luigi de cristofaro
3. Confronto tra l ’ episodio di Glauco e Diomede
e i documenti hittiti
Tutti i punti individuati nei vv. 167-177, nonché quello suggerito dai vv. 215-236,
trovano corrispondenza nei testi hittiti riguardanti il ‘Paese di Ahhiyawa’,1 datati tra il xv-xiv e la fine del xiii sec. a.C.;2 quest’ultimo termine è stato oggetto di un’aspra discussione fin dalle prime edizioni di tali documenti tra gli
anni Venti e Trenta del secolo scorso.3 Oggi la tendenza generalmente più diffusa negli studi è quella di accreditare l’ipotesi che tale nome possa effettivamente indicare un regno greco o una serie di regni greci che facevano capo,
come referente ‘internazionale’, al sovrano del centro di maggiore prestigio,
in una situazione analoga a quella descritta da Omero a proposito della coalizione achea sotto la guida di Agamennone. Alcuni di tali testi appaiono mostrare, se è esatta l’equazione Ahhiya(wa)/Achaia, i Greci della Tarda Età del
Bronzo attivi dal punto di vista politico e militare sulle coste occidentali della penisola anatolica.4 Verrà, dunque, proposta qui di seguito una rapida esposizione del contenuto di quei documenti hittiti, riguardanti il Paese di Ahhiyawa, nei quali si trova un riscontro con gli elementi enucleati nei versi omerici
presi in considerazione. Per comodità espositiva, per rendere anche più agevole un approfondimento e una verifica, verrà utilizzata in questa sede l’edizione offerta nel volume The Ahhiyawa Texts, Atlanta, 2011, a cura di Gary M.
Beckman (introduzione, traslitterazione e traduzione dei singoli testi), Trevor R. Bryce (commento ai testi), Eric H. Cline (introduzione al volume e
1 Marazzi 1992, pp. 365-377.
2 S. Heinhold-Kramer, in un intervento pubblicato nel 2007, aveva individuato, esaminando il
corpus degli Ahhijawa Urkunden (cfr. Sommer 1932), sei punti a proposito delle relazioni diplomatiche tra la corte hittita e il re del Paese di Ahhiyawa, ovvero trattative a proposito dell’estradizione di rifugiati, esilio di persone sgradite, matrimoni interdinastici, invio di specialisti di diverse
branche dell’artigianato, spedizione di immagini di divinità e oggetti di culto allo scopo di ottenere guarigioni, scambio di doni e di beni di prestigio: Heinhold-Kramer 2007, pp. 196-203. Di
tali argomenti due non sono stati trattati in questa sede, perché non è sembrato che trovassero riscontro nelle sezioni omeriche considerate: l’invio di simulacri di divinità (ma cfr. Il., 6, 171) e invio di specialisti in qualche professione. Nel brano di Glauco e Diomede sono stati individuati ulteriori due elementi, invio di missive e messaggeri, che comunque la Studiosa ha segnalato
commentando alcuni brani di un documento specifico, la cosiddetta Lettera di Tawagalawa: ivi, pp.
192 e 195-196. Cfr. Collins 2010, pp. 61-62.
3 Per la storia della questione e lo stato degli studi cfr. Cline 2011, pp. xiii e 1-6; Fischer 2010,
pp. 5-21.
4 Fischer 2010, pp. 31-39 e 54-66; Dickinson 2009, pp. 275-284; Wiener 2009, pp. 701-715; Idem
2007, pp. 12-19; Crouwel 2008, pp. 265-273; Rose 2008, pp. 407-411; Bryce 2005, pp. 57-60, 299, 304306, 309-310; Benzi 2002, pp. 343-385 (bibliografia pp. 387-405). Sul nome Ahhiya(wa) vedi Finkelberg 1988, pp. 127-134; vedi anche Fischer 2010 pp. 41-45; Heinhold-Kramer 2007, p. 191, nota 2
e pp. 193-194.
l’ episodio iliadico di glauco e diomede
27
conclusione), facendo riferimento ad altre precedenti edizioni solo quando
utile per gli scopi proposti nel presente studio; gli stessi testi verranno citati
secondo il criterio scelto dagli Autori, ovvero la sigla AhT seguita dal numero progressivo.1 Per una più approfondita bibliografia sui singoli argomenti
trattati si rimanda a quella offerta nella medesima opera.2
Non si intende certo entrare in questa sede in tematiche e problemi di
ordine squisitamente orientalistico e relativi alla filologia, storiografia e geografia anatoliche, che esulano senz’altro dalle competenze dello scrivente,
ma mettere a disposizione dello studioso del mondo classico i dati rilevati ed
esposti dagli specialisti della materia al fine di cercare di ottenere, come
accennato supra, un quadro parzialmente più completo degli ambienti storici in cui ebbero origine le tradizioni confluite nei poemi omerici. I documenti
di Hattuša forniscono scarni ma preziosi indizi sulla qualità dei rapporti
intrattenuti dal re di Ahhiyawa con regni e potentati dell’occidente dell’Asia
Minore, in particolare con quelli situati nei territori chiamati Arzawa e
Aššuwa.3 Vengono menzionati più volte anche il paese di Lukka, identificato
con il territorio della Licia, paese nativo di Glauco, e, in parte, della Licaonia
di età classica, ed alcune località e centri urbani che probabilmente ne
facevano parte.4
1 Gli autori del volume presentano i documenti seguendo l’ordine della catalogazione dei testi
hittiti fornito da Laroche nel Catalogues des textes hittites, citato con la sigla CTH (Laroche 1971),
che procede non in ordine cronologico ma per argomenti trattati nei testi. Le sigle KBo e KUB
indicano rispettivamente le serie Keilschrifttexte aus Boghazköi (Leipzig-Berlin, 1916-) e Keilschrift
Urkunden aus Boghazköi (Berlin, 1921-1990).
2 Per le edizioni precedenti dei documenti AhT 1A-B-AhT 28 cfr. nel medesimo volume le pp.
285-288; per la bibliografia le pp. 289-295.
3 Fischer 2010, pp. 22-30 e 46-53; cfr. Bryce 2005, pp. 73-74, 150-151, 212-214 (Arzawa), 124-127
(Aššuwa). Ahhiyawa viene posto in relazione con alcuni regni situati nella vasta regione di Arzawa: il Paese del Fiume Seha, a Sud di Wiluša, e di Mira, quest’ultimo situato immediatamente a
Nord di Millawanda, identificata con Mileto, che almeno nella prima metà del xiii sec. a.C. era
sotto il controllo del re di Ahhiyawa; Bryce 2011, p. 121. Cfr. AhT 1 A, pp. 24-27; AhT 1B, pp. 40-41
e 44-45; AhT 11, pp. 154-155 (Paese del Fiume Seha); AhT 1A, pp. 24-27; AhT 1B, pp. 28-29, 40-41, 4243, 44-45; AhT 13, pp. 162-163; AhT 17, p. 173; AhT 18, p. 174 (Mira).
4 AhT 4, pp. 102-103; Bryce 2011, p. 120; AhT 27A, pp. 256-257; AhT 27B, pp. 260-261; Bryce 2011,
pp. 261-262; cfr. AhT 1 A, pp. 10-11; AhT 1B, pp. 34-35; Bryce 2011, p. 46: «The Arzawan king Uhhaziti […] had defied the Hittite king by refusing to hand back to him refugees from Hittite authority, namely, from the the lands Attarimma, Huwarsanassa, and Suruda […]. These lands lay in
southwestern Anatolia, in or near the territory called Lukka or Lukka Lands in Hittite texts»; AhT
3, pp. 92-93 e 94-95; Bryce 2011, pp. 98-99 (ivi, p. 98: «sometimes he [Madduwatta, cfr. infra] refused to cede territories he had won by force of arms, including the lands Iyalanti, Zumarri, and
Wallarimma, which lay in or near the region of Lukka»); Idem 2006, pp. 144-150; Gander 2010, p.
205; cfr. ivi, pp. 38-39, 48-56, 79-82, 97-199; Niemeier 1999, pp.141-146.
28
luigi de cristofaro
3. 1. Invio o estradizione di personaggi sgraditi1
In almeno tre degli Ahhiyawa Texts si fa riferimento alla richiesta di estradizione di alcune persone ritenute ‘pericolose’, formulata da parte del sovrano
hittita; in una occasione, inoltre, sembra potersi configurare un caso di invio
in esilio, forse di un membro dalla casa reale di Hattuša, presso il Paese di
Ahhiyawa.
Nel primo di questi, AhT 1A, un brano degli Annali decennali del re hittita Muršili II
(1321-1295 a.C. circa), che fa riferimento al terzo ed al quarto anno di regno,2 si fa menzione di un personaggio di nome Piyama-Kurunta, figlio di Uhha-ziti, un principe di
uno stato dell’Anatolia occidentale, situato nella regione chiamata Arzawa, che aveva intrapreso una serie di operazioni militari tese a destabilizzare l’egemonia ed il
controllo hittita nei regni vassalli dell’Occidente anatolico, provocando l’intervento
armato di Muršili II. Da quanto si legge in un paragrafo Piyama-Kurunta si era rifugiato, in seguito ad una sconfitta, presso il paese di Ahhiyawa; la richiesta di estradizione da parte del re di Hatti, avvenuta mediante un messaggero inviato con la nave
in tale paese, sembra in questo caso avere avuto successo («and he was brought out»).3
Un secondo testo riferisce la richiesta di estradizione inoltrata da un re hittita, con
buona probabilità Hattušili III (1267-1237 a.C.). Si tratta di uno dei più noti e studiati
tra questi documenti, la c.d. Lettera di Tawagalawa, dal nome del fratello del re di
Ahhiyawa destinatario della missiva.4 Non è chiaro se egli fosse stato re prima dell’attuale sovrano o se si trattasse di un principe cadetto; la soluzione di questo problema è legata alla differente analisi del testo proposta dagli studiosi e in merito della quale non è opportuno trattare in questa sede.5 L’estradizione cui si fa riferimento
è relativa ad un personaggio di nome Piyamaradu, forse originario anch’esso, come
Piyama-Kurunta, del paese di Arzawa.6 Costui viene segnalato come autore di varie
1 Cfr. Heinhold-Kramer 2007, pp. 197 (per le trattative di estradizione) e 199 (per il caso di
personaggi esiliati).
2 Beckman 2011, p. 10; Bryce 2011, pp. 45 e 47-48.
3 AhT 1A, pp. 22-23: «He [came out] from the sea, [and he entered (into exile)] with the king of
Ahhiyawa [… And i, My Majesty], sent [a messenger to him] by ship, […] and he was brought out»
(cfr. KBo 3.4 + KUB 23.125 A iii 5-8); Bryce 2011, pp. 47-48. Piyama-Kurunta combatte contro
Mašuiliwa re di Mira, alleato del re hittita e viene sconfitto; Muršili II aveva attaccato Millawanda,
alleata con Uhha-ziti, signore di un regno in Arzawa (con capitale Apasa-Efeso), e, sembra, con
Ahhiyawa; cfr. AhT 1B, pp. 28-29 e 38-39; Bryce 2011, p. 46; vedi ibidem: «The term ‘Arzawa’ is applied in Hittite texts to a number of countries in western Anatolia, including Mira(-Kuwaliya), the
Seha River Land, Hapalla, and (sometimes) Wilusa»; cfr. Bryce 2005, pp. 192-197.
4 AhT 4, pp. 102-119 (testo traslitterato e traduzione); Bryce 2011, pp. 119-122; cfr. HeinholdKramer 2010, pp. 191-213; Miller 2010, pp.159-169; Bryce 2005, pp. 290-293.
5 AhT 4, pp. 105-106 (cfr. KUB 14.2 i 71-74); cfr. Hoffner 2009, p. 305 (cfr. ivi, pp. 300, 391 note
293-295); Miller 2006, pp. 243-244 e note 30-31; Idem 2010, pp. 164-168; cfr. De Martino 2010, pp.
44-49 (cfr. in part. pp. 44-45); Güterbock 1990, pp. 157-165.
6 Hoffner 2009, p. 300: «Nowhere is he given the title “prince” (DUMU.LUGAL), but noble,
perhaps royal, birth is presumed by the request for recognition by the Hittite sovereign as a vassal
l’ episodio iliadico di glauco e diomede
29
e ripetute scorrerie nei territori costieri dell’Occidente micrasiatico, che il confronto con ulteriori documenti mostra svolte nell’arco di più di trent’anni.1 La richiesta,
formulata in tono diplomatico e conciliatorio da parte di Hattušili III al re di Ahhiyawa, sembra non avere sortito effetto positivo, anche sulla scorta di altri testi che
menzionano Piyamaradu.2 Da questa Lettera si apprende, inoltre, che Millawanda,
identificata con la Mileto di età arcaica e classica, era in quel tempo sotto il controllo del sovrano di Ahhiyawa.3
Una terza testimonianza (AhT 15), una missiva inviata dal re di Hatti ad un altro
sovrano di pari rango,4 sembra riportare un’ulteriore richiesta formulata, forse dallo stesso Hattušili III, al re del paese di Ahhiyawa e sempre relativa a Piyamaradu.5
king»; egli doveva essere, comunque, di rango elevato, se il re hittita si dichiarava disposto ad
impegnare come salvacondotto per lo stesso Piyamaradu un membro di alto lignaggio della sua
corte: AhT 4, pp. 110-111. A proposito di Piyamaradu vedi Heinhold-Kramer 1983, pp. 81-97;
Eadem 1986, pp. 47-62; Eadem 2005, pp. 561-562; cfr. Bryce 2005, pp. 224-227.
1 Bryce 2011, pp. 251-252; cfr. AhT 4, pp. 104-105 e 114-117; AhT 5, pp. 126-127; AhT 7, pp. 140-143;
AhT 15, pp. 168-169; AhT 26, pp. 250-251.
2 Il tono conciliatorio della missiva, nonostante la collusione palese tra Piyamaradu e il re di
Ahhiyawa e le mancanze di riguardo o gaffes diplomatiche di quest’ultimo (AhT 4, pp. 104-105; cfr.
KUB 14.3 I 53-55), era verosimilmente dovuto alle particolari esigenze di Hattušili III, salito al trono dopo aver spodestato il sovrano legittimo, Hurhi-Teššup (nome dinastico Muršili (III), 1272-1267
a.C. circa), nipote dello stesso Hattušili, che era a sua volta fratello del padre di costui, Muwattalli II. Il nuovo sovrano aveva bisogno del riconoscimento degli altri sovrani di pari rango e dell’appoggio di dinasti e vassalli delle zone periferiche, come la fascia costiera dell’Anatolia occidentale, dove l’autorità del re di Hatti era mantenuta in uno stato di costante instabilità dall’azione di
personaggi come Piyamaradu o, in periodi precedenti, Uhha-ziti (AhT 1A-B) e Madduwatta (AhT
3). Bryce 2011, pp. 119-122; cfr. Heinhold-Kramer 2007, p. 194; Bryce 2003, pp. 67-70; a proposito del regno di Hattušili III, datato tra il 1267 ed il 1237 a.C. circa, vedi Idem 2005, pp. 266-294.
3 AhT 4, pp. 106-109; Bryce 2011, p. 121; Id. 2005, pp. 58 e 224; cfr. AhT 5, testo traslitterato e traduzione, pp. 123-131; Bryce 2011, pp. 131-133. Per l’identificazione Millawanda-Mileto cfr. Niemeier,
Niemeier 1997, pp. 189-248; Niemeier 2002, pp. 294-299; cfr. Cline 2011, pp. 278-279.
4 AhT 15, testo traslitterato e traduzione, pp. 168-171; Bryce 2011, p. 171. Anche in questo documento, come nell’appena considerato AhT 4, il re hittita si rivolge al destinatario della missiva chiamandolo «My Brother» (ŠEŠ-YA), AhT 15 pp. 168-170 (cfr. KUB 26.76 iii 3’, 8’); tale appellativo era
usato reciprocamente nella corrispondenza ufficiale dei sovrani vicino-orientali del Tardo Bronzo
cui spettava il titolo di ‘Grande Re’, che era a sua volta appannaggio dei re di Egitto, Babilonia,
Hatti, Mittanni e Assiria: Liverani 1994, pp. 39-43, 56-66, 178-182; cfr. Idem 1999, passim. Per quanto riguarda le eccezioni e l’uso di tale appellativo, in particolare insieme a quello di «mio fratello»
e «mio pari» riferiti al re di Ahhiyawa vedi Bryce 2003, pp. 65-71; cfr. Cline 2011, pp. 5-6, 275-278,
280, 282; Heinhold-Kramer 2007, pp. 194 e 196.
5 AhT 15, pp. 168-170; Bryce 2011, p. 171. Sono leggibili due menzioni del re del paese di Ahhiyawa in AhT 15, pp. 168-169 (cfr. KUB 26.76 ii 11’, iii 13’) e forse si fa riferimento alla richiesta di estradizione di Piyamaradu ancora in AhT 15 pp. 168-169 (cfr. KUB 26.76 ii 5’). Vengono nominati, inoltre, degli «dèi della terra» favorevoli al re di Ahhiyawa, pp. 168-169 (cfr. KUB 26.76 ii 10’-11’); alcuni
messaggeri da Karkemiš, stato siriano affidato a un principe hittita di sangue reale che svolgeva
mansioni di ‘vicerè’ per la Siria, pp. 168-169 (cfr. KUB 26.76 ii 3’); del re di Egitto, pp. 168-170 (cfr.
KUB 26.76 ii 6’., iii 14’). Questi ultimi elementi potrebbero fornire la cifra di quanto la questione
riguardo Piyamaradu fosse diventata di rilevante importanza per il re hittita e le implicazioni di
carattere internazionale ad essa relativa. Cfr. Heinhold-Kramer 2007, p. 197.
30
luigi de cristofaro
Quest’ultimo è fatto, inoltre, oggetto di una preghiera composta dalla sposa del re
hittita, in cui essa promette doni votivi in materiale prezioso al Mare se questi metterà lo stesso Piyamaradu in suo potere (AhT 26).1
AhT 12 (sul quale sarà opportuno ritornare nel paragrafo 3. 4, a proposito dei matrimoni interdinastici) mostra l’invio in esilio in Ahhiyawa, dunque in direzione inversa rispetto agli altri documenti menzionati, di un personaggio che sembra divenuto sgradito alla regina, sposa del sovrano hittita padre dell’autore del testo: «(s)he
[become hostile] to my mother».2 Non è possibile, a causa dello stato lacunoso del
testo, che impedisce di leggere in maniera completa le linee di scrittura in cui si fa
accenno a tale evento specifico,3 individuare con certezza se si tratti di un uomo o di
una donna. La maggior parte degli studiosi tende a preferire la seconda ipotesi, che
sembra supportata dal confronto con altri documenti.4
Due ulteriori testi potrebbero fare riferimento all’invio o all’estradizione di alcuni soggetti, ma si tratta di frammenti, per di più assai lacunosi. Il breve testo AhT 13
menziona il re di Ahhiyawa, che sembrerebbe avere inviato un messaggio (orale o
scritto) in precedenza al re hittita.5 Sembrano, inoltre, potersi leggere le forme
verbali tradotte dal Beckman «come (?)», «went (?)», «send (?)»,6 e si fa riferimento a
«one ritual», «hostages», «free persons».7 Non è possibile stabilire, proprio a causa
delle lacune, se tali forme verbali e tali riferimenti ad un rituale, ad ostaggi ed a persone libere siano da mettere in relazione a quanto comunicato dal re di Ahhiyawa al
re di Hatti o viceversa, ed in quale contesto: se invio o scambio di prigionieri o altro.8
Nel testo AhT 25, un frammento di lettera, si fa menzione di un viaggio in Ahhiyawa, oltre che ad uno scambio di missive.9
3. 2. Invio di messaggeri
Da quanto si legge nel corpus riguardante il Paese di Ahhiyawa si evince che
le relazioni diplomatiche tra i due regni e tra il re di Ahhiyawa e principi o
1 AhT 26, pp. 250-251; Bryce 2011, pp. 251-252; de Roos 2007, pp. 240-243; cfr. Archi 2010, pp.
50-51; Heinhold-Kramer 2007, p. 195.
2 AhT 12, testo traslitterato e traduzione, pp. 158-160 (cfr. KUB 14.2 verso 4); Bryce 2011, pp. 160-161.
3 AhT 12, pp. 158-160 (cfr. KUB 14.2 verso 3-6); Bryce 2011, p. 161.
4 Bryce 2011, pp. 160-161; cfr. Idem 2005, pp. 159-160; Heinhold-Kramer 2007, p. 198.
5 AhT 13, testo traslitterato e traduzione, pp. 162-163.
6 AhT 13, pp. 162-163: «[The king (?) of the Land] of Ahhiyawa [says (?)] as follows: “When they
come (?) […] went (?) […] sent (?) […]» (cfr. KUB 21.34 recto 1-5).
7 AhT 13, pp. 162-163 (cfr. KUB 21.34 verso 1’-2’, 4’).
8 Bryce 2011, p. 163.
9 AhT 25, testo traslitterato e traduzione pp. 244-247. Viene qui riportata la traduzione del Beckman del secondo e del quinto paragrafo. Paragrafo 2’, pp. 244-245: «[…] not (to?) me […] those
which […] now for us to […] we will set free. And to […] You wrote to me [… as follows:] “to go
to Ahhiyawa […” And] I wrote as follows […] to you: [… him] back, or send him off to me […], or
detain (?)] him for yourself in your house […]”. Thereupon [you wrote] back as follows concerning him (?): “[…] let him be there. If […] know that! Your […] they will transport (?), and […]»
(cfr. KBo 18.135 recto 5’-16’). Paragrafo 5’, pp. 246-247: […] «Then the ships came, and […]» (cfr. KBo
18.135 verso 8’).
l’ episodio iliadico di glauco e diomede
31
personaggi dotati comunque di un certo potenziale militare e politico, attivi
nell’area anatolica occidentale, dovevano essere state abbastanza intense e tali da comportare l’invio reciproco di emissari e l’uso di interpreti, incaricati
di trasmettere messaggi verbali.
AhT 3 è una lettera inviata dal re hittita Arnuwanda I, agli inizi del xiv sec. a.C., ad
un vassallo dell’Anatolia occidentale, di nome Madduwatta.1 Gli avvenimenti riferiti nella missiva si riferiscono in parte al periodo del regno del padre e predecessore
dello scrivente, in parte a fatti contemporanei.2 A Madduwatta era stato fatto divieto
di intrattenere rapporti diplomatici con Attariššiya, ‘uomo di Ahhiya’;3 se quest’ultimo avesse inviato emissari, egli li avrebbe dovuti sequestrare e trasferire presso il
re hittita.4 Il riferimento in negativo indica che, evidentemente, tra Madduwatta e
Attariššiya c’erano state relazioni diplomatiche o ce ne era l’effettiva possibilità,
evidentemente sgradita e temuta dal re hittita. Il contenuto della lettera conferma
l’esistenza di contatti in tal senso tra i due personaggi, prima avversari e poi alleati.5
1 AhT 3, testo traslitterato e traduzione, pp. 70-97; Bryce 2011, pp. 97-100. Vengono menzionate, come teatro d’azione, alcune località forse situate nel paese di Lukka, che Madduwatta conquista e rifiuta di cedere in AhT 3, pp. 92-93, Bryce 2011, p. 98: «[…] including the lands Iyalanti,
Zumarri, and Wallarimma, which lay in or near the region of Lukka» (cfr. KUB 14.1 + KBo 19.38
verso 57); cfr. Gander 2010, p. 186. La flotta di cui si servirà successivamente per i ripetuti attacchi
ad Alašiya poteva forse essere originaria del Paese di Lukka, i cui abitanti erano dediti alla pirateria: AhT 4 pp. 94-95; Bryce 2011, p. 99: «Madduwatta must had a fleet of ships at his disposal. Most
likely these ships were of Lukka origin. Lukka-men were notorious for their piratical activities –
their raids on Alasiyan coastal cities are attested several decades later in the reign of the pharaoh
Akhenaten» (cfr. KUB 14.1 + KBo 19.38 verso 84-90); cfr. Gander 2010, pp. 81-82, 104-105, 126-131-136;
Bryce 2005, pp. 129-137.
2 Tudhaliya I/II, tardo xv sec. a.C., Cline 2011, p. 8; Beckman 2011, pp. 69-70; Bryce 2011, p.
98; cfr. Niemeier 1999, pp. 146-147 e 149.
3 AhT 3, pp. 70-71 e 80-81 (cfr. KUB 14.1 + KBo 19.38 recto 1; KUB 14.1 + KBo 19.38 recto 60). Con
il sumerogramma LÚ (lett. ‘uomo’ seguito dal toponimo veniva indicato il principe o il capo di
un’entità politica; lo status di re era indicato con LUGAL (letteralmente ‘uomo grande’) mentre il
sommo grado di Grande Re poteva essere indicato con i segni LUGAL.GAL; Ahhiya è la forma
breve e più antica di Ahhiyawa, Bryce 2011, p. 97; cfr. Heinhold-Kramer 2007, p. 195. Tale forma è documentata, oltre che in AhT 3, pp. 70-71 e 80-81, nel testo oracolare AhT 22, pp. 224-225 (cfr.
KBo 16.97 + KBo 40.48 recto 38) datato tra la fine del xv e gli inizi del xiv sec. a.C.; per le datazioni cfr. Cline 2011, p. 7.
4 AhT 3, pp. 76-77: «If Attarissiya sends (someone) on mission to you, [you] seize that messenger and [send] him to the father [of My Majesty]. You shall not [conceal the matter about which]
he writes [to you], but write about it scrupulously to the father of My Majesty. You shall not dispatch [the messenger] back to [Attarissiya] on your own authority» (cfr. KUB 14.1 + KBo 19.38 recto 39-41).
5 Madduwatta subisce due attacchi a distanza di tempo da parte di Attariššiya, il primo menzionato in AhT 3, pp. 70-73; il secondo in AhT 3, pp. 80-81; in entrambi i casi viene salvato dall’intervento dell’esercito hittita. In seguito i due avversari si alleano tra loro e con «l’uomo/il capo di
Piggaya» per compiere scorrerie contro Alašiya-Cipro, che era un paese tributario del re di Hatti:
AhT 3, pp. 94-95: «Because [the land] of Alasiya belongs to My Majesty (lett. «al Mio Sole»), [and
the people of Alasiya] pay [me tribute…]»; «[…] The land of Alasiya is mine – recognize it as such!»
32
luigi de cristofaro
Nella già menzionata Lettera di Tawagalawa (AhT 4) si legge che un messaggero
del re di Ahhiyawa, verosimilmente inviato da quest’ultimo presso la corte hittita,
aveva recato una comunicazione verbale all’autore della lettera, cioè Hattušili III, il
quale si lamenta del mancato invio in tale occasione di doni da parte del suo interlocutore.1 Il messaggero riferisce che il re di Ahhiyawa, del quale non è conservato
il nome, si era impegnato per accontentare Hattušili nella richiesta di estradizione
del suo nemico Piyamaradu, scrivendo in tal senso ad un personaggio di nome Atpa,
più volte menzionato, «the local ruler of Millawanda at that time», soggetto all’autorità del re di Ahhiyawa.2 In luoghi successivi del documento si fa riferimento ad altri messaggi verbali scambiati tra il re di Ahhiyawa ed il re di Hatti, avvenuti
mediante l’invio di un emissario.3
Un ulteriore documento (AhT 6, che verrà poi ripreso in esame nel paragrafo 3.
4),4 potrebbe documentare l’invio di un messaggero da parte di un re di Ahhiyawa
ad un re di Hatti. Il testo in questione viene considerato da alcuni studiosi come una
lettera del re di Ahhiyawa,5 da altri come una lettera inviata dal re hittita;6 altri ancora ritengono che si tratti in realtà della traduzione hittita di un messaggio inviato
dal re di Ahhiyawa;7 altri, infine, ritengono che potrebbe anche trattarsi della trascrizione di una comunicazione verbale, avvenuta attraverso messaggeri bilingui in
una zona di confine tra il regno di Hatti e territori controllati dal re di Ahhiyawa.8
AhT 27A-B è costituito da due lettere scritte in accadico, inviate al re di Ugarit Ammurapi rispettivamente dal re Šuppiluliuma II (salito al trono nel 1207 a.C. circa) e
da un suo alto dignitario.9 In entrambe le missive si fa menzione di un emissario di
(cfr. KUB 14.1 + KBo 19.38 verso 85; KUB 14.1 + KBo 19.38 verso 88); vedi Bryce 2011, pp. 98-99 in
part. 99: «Such raids would be entirely consistent with the image presented in Homeric epics of
Mycenaean plundering enterprises conducted thorough the Aegean and Eastern Mediterranean
regions, and may well account for much of wealth that was accumulated in the Mycanaean palaces centers. On this occasion, a Mycanaean warlord called Attarissiya, a ruler of Ahhiya, extended
his military operations in western Anatolia to piratical raids off the southern Anatolian coast. Opportunistically, he appears to have coordinated his operations against the cities of Alasiya with his
former enemy Madduwatta. Both benefited from the partnership».
1 AhT 4, pp. 104-105: «But when [the messenger of] my brother met me, he did not bring me
[any greetings] or any gift» (cfr. KUB 14.3 i 53-55).
2 AhT 4, pp. 104-105: «He just spoke [as follows]: “He has written to Atpa: ‘Turn [Piyamaradu]
over the King of Hatti!» (cfr. KUB 14.3 i 55-56); Bryce 2011, p. 121.
3 Aht 4, pp. 106-107: «But when the messenger of my brother said to me […], or my brother
had spoken to me […]» (cfr. KUB 14.3 ii 9, 12); AhT 4, pp. 118-119: «But now the message [of my
brother that] came orally, came to the Great King» (cfr. KUB 14.3 iv 44-46); in tutto il paragrafo 15
(KUB 14.3 iv 32-57) si fa menzione di messaggeri incaricati di riportare verbalmente messaggi
reciproci tra i due re, ponendo attenzione sulla possibilità che venga alterato da parte degli inviati il contenuto delle comunicazioni orali e la conseguente pena da infliggere all’eventuale reo:
Beckman 2011, pp. 116-119.
4 AhT 6, pp. 134-137; Bryce 2011, pp. 137-139.
5 Bryce 2011, pp. 137-138.
6 Taracha 2001, pp. 418-419.
7 Beckman 2011, p. 134.
8 Hoffner 2009, pp. 290-291.
9 AhT 27A, testo traslitterato e traduzione, pp. 254-257; AhT 27B, testo traslitterato e traduzione, pp. 258-261; Bryce 2011, pp. 261-262; cfr. Idem 2010a, pp. 47-53; Cline 2011, p. 280; Gander 2010,
pp. 48-56; Singer 2006, pp. 242-246. Per la forma Hiyawa, con aferesi, cfr. Bryce 2011, p. 261; Gan-
l’ episodio iliadico di glauco e diomede
33
nome Šatalli incaricato di trasportare lingotti di rame da consegnare a uomini di
(Ah)hiyawa, forse dei mercenari, guidati da un ‘capo’(LÚ Hi-ya-a-ú, AhT 27A, verso
33) che è detto trovarsi nel paese di Lukka, nel primo caso con le navi,1 nel secondo
da recapitare, attraverso modalità non specificata, ancora nel paese di Lukka.2
3. 3. Invio di missive
L’invio di missive scritte è uno degli elementi meglio documentati; in più occasioni si fa riferimento, infatti, allo scambio epistolare tra i re dei due paesi,
Hatti e Ahhiyawa, e buona parte degli Ahhiyawa Texts si configura come appartenente al genere epistolare. Tutto ciò avrebbe verosimilmente dovuto
rendere necessaria la presenza in entrambe le corti di specialisti in grado di
tradurre per iscritto e leggere i testi da inviare o ricevuti.3
In AhT 4, Lettera di Tawagalawa, si trovano più riferimenti a scambi di messaggi scritti tra i due regni.4 Da quattro passaggi contenuti in tale testo, evidenziati da S. Heinhold-Kramer, si potrebbe ipotizzare che il re di Ahhiyawa avesse a disposizione scribi in grado di usare la scrittura cuneiforme.5 A proposito del testo AhT 6, come già
detto, non c’è accordo tra gli specialisti della materia: alcuni tendono a considerare
il documento come la trascrizione di una comunicazione orale; altri ritengono invece, che si tratti effettivamente di una lettera inviata dal re di Ahhiyawa al re hittita o viceversa. Viene, in ogni caso, menzionato in due occasioni lo scambio di misder 2010, pp. 53-55; Singer 2006, pp. 255-258; tale fenomeno si riscontra anche in alcune lingue anatoliche del primo millennio a.C., ad es. ‘Šura/i’ per ‘Ašura/i’ (Assira, Assur): cfr. Heinhold-Kramer 2007, p. 191, nota 2. La sigla RS indica Ras Shamra (Ugarit), ed è relativa al numero di inventario dei testi cuneiformi rinvenuti a Ugarit; per i testi di Ugarit cfr. Dietrich, Loretz, Sanmartín
1995. A proposito di un confronto tra AhT 27A-B e la documentazione archeologica fornita dal relitto di Uluburun vedi Cline, Yasur-Landau 2007, pp. 130-131; cfr. Pulak 2005, pp. 308-309; Burns
2010, p. 300; Gestoso-Singer 2010, pp. 265-272.
1 AhT 27A, pp. 256-257: «I have been told that the (Ah)hiyawan is tarrying in [the land] of Lukka, but there are no (copper) ingots for him. In this matter don’t tell me that there is no appropriate action. Give ships to Satalli, so that he may take the ingots to the (Ah)hiawans» (cfr. RS
94.2530 verso 33-38).
2 AhT 27B, pp. 260-261: «In respect to those owing a service obligation about whom you have
been appealing – on the first occasion you […] Satalli. Let him take (copper) ingots to the (Ah)hiyawan: he shall take (them) to the land of Lukka» (cfr. RS 94.2523 verso 34-37).
3 Cfr. Palaima 2011, pp. 95-127; vedi anche ivi, p. 103 Fig. 12.41.
4 AhT 4, pp. 104-105: «I, Great King, have sworn that these things about which I have written to
you (indeed) took place. May the Storm-God listen, [and] may [the (other) gods] listen to how
these things [happened]» (cfr. KUB 14.3 i 32-34); pp. 106-107: «But now my brother, a Great King,
my peer has written to me – should I not listen to the word of my [peer]?» (cfr. KUB 14.3 ii 13-15);
pp. 107-109: «[I will write(?)] about it to [my] brother, he King of Ahhiyawa» (cfr. KUB 14.3 ii 36-37);
pp. 110-111: «I will write about it to my brother» (cfr. KUB 14.3 ii 67). Cfr. Bryce 2011, p. 122.
5 Heinhold-Kramer 2007, p. 192; AhT 4, pp. 104-105 (cfr. KUB 14.3 i 55), 114-115 (cfr. KUB 14.3
iii 63), 116-117 (cfr. KUB 14.3 iv 18, iv 32); vedi anche ivi, pp. 110-111: «I will write about it to my
brother» (cfr. KUB 14.3 ii 67); cfr. Hoffner 2009, p. 299.
34
luigi de cristofaro
sive scritte tra i due sovrani: «L’anno precedente mio fratello mi ha scritto», «Io adesso ho scritto [a mio fratello]».1
AhT 9 è una lettera inviata dal re di Hatti, forse Hattušili III o Muršili II, al re di
Ahhiyawa2 e sembra documentare uno scambio reciproco di messaggi scritti abituale o comunque abbastanza frequente. Vengono menzionati, appunto, un messaggio scritto, forse inviato da Ahhiyawa, qualcuno o qualcosa portato (verosimilmente in Hatti) da quest’ultimo paese,3 una disputa legale, l’invio di una missiva su
tavoletta.4 Alcuni studiosi hanno proposto di considerare tale testo una delle parti
mancanti della Lettera di Tawagalawa; altri, invece, hanno proposto che potrebbe fare parte degli Annali decennali di Muršili II (AhT 1A, cfr. supra).5
In AhT 13, probabilmente un pro-memoria, sembra farsi menzione del re di
Ahhiyawa nell’atto di comunicare qualcosa, ma, come già segnalato supra (3. 1.) non
è possibile specificare se il messaggio al quale si fa riferimento sia stato inviato per
iscritto o se si tratti di una comunicazione orale.6 Un frammento di missiva, AhT 25,
menziona un viaggio in Ahhiyawa ed uno scambio di comunicazioni scritte («Tu mi
hai scritto … io ti ho scritto quanto segue», ecc.).7
3. 4. Matrimoni interdinastici8
La situazione delineata nella sezione omerica presa in considerazione, ovvero il matrimonio tra un dinasta greco ed una principessa originaria dalla Licia, trova corrispondenza in uno dei documenti hittiti in cui si fa menzione
del Paese di Ahhiyawa. Tale documento fa riferimento ad alcuni territori in1 AhT 6, pp. 134-135 (cfr. KUB 26.91 recto 5; KUB 26.91 recto 10-11).
2 Bryce 2011, p. 152: «AhT 9 is perhaps a fragment of one of the first two missing tablets of the
Tawagalawa Letter. But Sommer […] considered this unlikely. […] A further illustration of this is
a passage from Mursili II’s Ten-Year Annals (AhT 1A), which could indeed provide another possible context for the letter»; cfr. Sommer 1932, p. 264.
3 AhT 9, pp. 150-151: «The world from [your (?)] mouth […] You wrote [to me…] as follows:
“[…] they brought [from] Ahhiyawa» (cfr. KUB 23.95 iii 3’-5’; in iii 5’ KURAh-h]i-ya-u-wa); cfr. ibidem:
«[If (?)] he goes [up/forth], let them carry him away. […] let him see. But if not, let them bring
him […] the people not down […] But we the brothers for ourselves well […] Furthermore, another (?) […]» (cfr. KUB 23.95 iii 19’-23’).
4 AhT 9, pp. 150-151: «… And indeed a legal dispute again» (cfr. KUB 23.95 iii 13’); «[…] Furthermore I wrote to you […] I have now sent by means of a tablet» (cfr. KUB 23.95 iii 17’-18’).
5 AhT 1A, pp. 22-23 (cfr. KBo 3.4 + KUB 23.125 A iii 3-12); riferendosi a tale paragrafo il Bryce
scrive che esso «appears to refer to the Ahhiyawan king’s surrender to Hittite custody of the Arzawan prince Piyama-Kurunta and other Arzawans who had sought refuge in Ahhiyawa. This was
the response to a Hittite envoy sent by Muršili and arriving by ship, perhaps with documents on
tablets of the kind of referred to in AhT9» (Bryce 2011, p. 152).
6 AhT 13, pp. 162-163; «[The king (?) of the Land] of Ahhiyawa [says (?)] as follows» (cfr. KUB
21.34 recto 1-2).
7 AhT 25, pp. 244-245: «You wrote to me [as follows]: “To go to Ahhiyawa […” And] I wrote as
follows […] to you: “[… him] back or send him off to me […, or detain (?)] him for yourself in your
house […]”. Thereupon [you wrote] back as follows» (cfr. KUB 18.135 recto 9’-13’).
8 Heinhold-Kramer 2007, p. 198; cfr. Liverani 1994, pp. 251-260.
l’ episodio iliadico di glauco e diomede
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sulari rivendicati da entrambi i sovrani, ma che dovevano essere appartenuti,
almeno per un certo periodo, al re di Ahhiyawa, portati verosimilmente in
dote dalla figlia del re della regione dell’Anatolia occidentale chiamata
Aššuwa.1
AhT 6, cui si è fatta già menzione nei paragrafi 3. 2 e 3. 3, datato forse al regno di Muwattalli II, sembra documentare, per l’appunto, un matrimonio, avvenuto almeno
tre generazioni prima della stesura del testo, tra un re di Ahhiyawa e la figlia del re
di Aššuwa,2 che avrebbe portato in dote alcune isole, forse prospicienti tale regione
dell’Anatolia occidentale.3 Il testo, una missiva o una comunicazione orale trascrit1 Una traccia a proposito di imprese belliche greche su territori insulari, ma prospicienti la
Troade, può essere individuata in Iliade, 9, 664-668, in cui si fa menzione di Achille che giace con
una donna catturata a Lesbo e di Patroclo con una presa a Sciro. Cfr. anche Il., 9, 128-134. 270-276,
in cui Agamennone promette ad Achille, oltre a sette tripodi nuovi, dieci talenti d’oro venti lebeti e dodici cavalli (9, 122-123. 264-265), sette donne di Lesbo, più Briseide, per convincerlo a tornare a combattere; cfr. anche Il., 24, 543-546. In un testo oracolare, datato all’età di Muršili II, AhT 20,
pp. 192-193, si fa menzione della «divinità di Ahhiyawa e la divinità di Lazpa» inviate presso il re di
Hatti; cfr. Bryce 2011, p. 209; cfr. anche Il., 6, 171. I riferimenti alle imprese di Achille presso Tebe
sotto il Plakos, la presa della città di Eezione, la stessa cattura di Briseide (2, 691) e Criseide (1, 366)
in località differenti della costa anatolica, sembrerebbero indicare, insieme al passo appena menzionato, che nelle tradizioni sulla ‘guerra di Troia’ siano effettivamente confluite le memorie, più
o meno consapevoli, deformate o idealizzate proprio dalla lunga trasmissione orale dei testi, di varie esperienze belliche dei Greci del Tardo Bronzo nelle regioni litoranee dell’Asia Minore occidentale, dalla Troade fino alla Cilicia; vedi Cline 1997, pp. 189-210; Scafa 2005, pp. 315-326. Cfr. Il.,
1, 365-369; 2, 688-694; 6, 395-398. 414-428; 9, 186-189; 16, 152-154; 23, 826-829; cfr. anche Il., 8, 187; 22,
470-481.
2 AhT 6, pp. 134-135: «The king of Assuwa […] Kagamuna, [his (?)] great-grandfather, […] married previously» (cfr. KUB 26.91 recto 7-9); Hoffner 2009, p. 292 propone la seguente traduzione:
«so that my great grandfather, Kagamuna, … and had previously married his daughter». Kagamunaš può essere, dunque inteso sia come il nome del re di Aššuwa padre della principessa andata in sposa, sia come il nome del re di Ahhiyawa che con tale matrimonio aveva acquisito le isole
in questione. In AhT 6, pp. 134-135, vengono indicate tre generazioni precedenti ed alla prima di
queste viene associato il nome di Tudhaliya (cfr. KUB 26.91 recto 8-9), il quale in realtà rappresenta una generazione più antica, e non la terza, precedente a Muwattalli. Potrebbe dunque trattarsi
di un modo simbolico di indicare un antenato assai antico attraverso il conteggio di tre generazioni; cfr. Bryce 2011, p. 138; Cline 2011, p. 8.
3 Bryce 2011, pp. 137-138; Idem 2005, pp. 124-127; cfr. Niemeier 1999, pp. 148-150; Cline 1997, pp.
189-210. Interessanti due reperti archeologici rinvenuti a Hattuša ed all’incirca contemporanei dei
fatti menzionati in AhT 6 e AhT 3, ovvero la spada di tipo egeo con inscrizione in accadico di Tudhaliya I/II (seconda metà del xv sec. a.C. circa), che dichiara l’oggetto parte del bottino della
guerra vinta contro Aššuwa e dedicata al dio della Tempesta (Cline 1996, pp. 137-151), e il frammento di coppa in cui è rappresentato un guerriero con armatura di tipo miceneo, con elmo a zanne di cinghiale (Bittel 1976, pp. 9-14; Niemeier 1998, pp. 41-42); cfr. Schofield, Parkinson 1994,
pp. 157-170, relativamente ad una raffigurazione di guerrieri forniti di analoghi elmi in un papiro
dipinto di Tell-el-Amarna; a proposito delle rappresentazioni iconografiche dei guerrieri micenei
vedi Blakolmer 2007, pp. 213-224, Pl. lvii. T. Bryce ha notato alcune curiose analogie tra l’elenco
dei ventidue ‘stati’ membri della «Aššuwan Conferedacy» trascritto negli Annali di Tuthaliya I/II,
ed il Catalogo degli alleati dei Troiani nel canto secondo dell’Iliade, in particolare la circostanza per
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luigi de cristofaro
ta, documenta il reclamo della sovranità su queste isole sia da parte del mittente che
del destinatario della comunicazione: scritta o orale che sia stata e chiunque ne sia
stato l’autore,1 resta comunque la testimonianza relativa ad un matrimonio che potrebbe effettivamente essere avvenuto tra un re di Ahhiyawa ed una principessa originaria di una regione dell’Anatolia occidentale. Se si può dare credito all’identificazione di Ahhiyawa con un regno miceneo, il caso sarebbe analogo al matrimonio di
Proitos (e forse a quello di Bellerofonte) con una figlia del re di Licia menzionato in
Omero. Un ulteriore elemento interessante agli scopi del presente studio, a proposito della questione sui dialetti eolici, potrebbe essere costituito dalla circostanza per
cui alcuni studiosi ritengono che ci sia un qualche collegamento con eventi riferiti in
AhT 7, la cosiddetta Lettera di Manapa-Tarhunta, dinasta del Paese del Fiume Seha,
ovvero l’attacco sferrato a Lazpa/Lesbo da Piyamaradu.2
AhT 12 è una preghiera rivolta agli dèi da un re hittita, il quale invoca gli dèi e chiede di essere risparmiato dalla sciagura.3 Nel verso del testo, in tre linee di scrittura
consecutive, si fa menzione del padre dell’autore, della madre dello stesso e, infine,
cui il catalogo hittita comincia con la menzione del Paese di Lukka e termina con Wilušiya e Taruiša, mentre quello omerico, al contrario, inizia con i Troiani e i Dardani e termina con i Lici:
Bryce 2006, p. 129; Idem 2005, p. 125. Cfr. Il., 2, 816-877, dove i contingenti sono sedici; tenendo, però, in conto i toponimi e gli etnici menzionati per indicare la provenienza o l’origine dei singoli
gruppi di uomini il numero complessivo è, effettivamente, di ventidue unità; cfr. Kirk 1985, pp.
250-263.
1 Bryce 2011, p. 137: «This is one of the very few letters in the Ahhiyawa corpus that can be assigned to the authorship of one Ahhiyawan king»; Beckman 2011, p. 134: «This text represents a
translation into Hittite of a message sent to the Great King of Hatti by his peer, the king of Ahhiyawa»; Hoffner 2009, pp. 290-291: «This tablet is probably a translation into Hittite of a communication exchanged between trusted bilingual emissaries at the common border between
Ahhiyawan and Hittite territory. It is not a translation into Hittite made by a scribe at the court of
the Ahhiyawan king, but one made by the Hittite emissary and conveyed by him to the court of
Hattusa and delivered together with his oral recollections of the communication from the
Ahhiyawan emissary»; Taracha 2001: «This fragmentary text is a letter of a Hittite king to his
Ahhiyawan counterpart, whom he regards on equal terms as Great King, calling him “my brother” (obv. 1, rev. 14’, 15’)».
2 Bryce 2011, p. 138: «The letter may belong within the context of a number of negotiations
that, perhaps, Muwattalli conducted with his Ahhiyawan counterpart […]. Among the results of
these were perhaps the formal establishment of Ahhiyawan sovereignty over Milawata/Millawanda and the reaffirmation of Ahhiyawan control over islands off the western coast. This view
would be reinforced if the events referred to here can be linked to those of the Manapa-Tarhunta letter (AhT 7), […] in which Muwattalli was also the addressee»; cfr. AhT 7, pp. 140-141, in cui si
fa menzione anche di una spedizione hittita a Wiluša, precedente all’attacco rivolto verso Lazpa
da Piyamaradu (cfr. KUB 19.5 + KBo 19.79 recto 4; KUB 19.5 + KBo 19.79 recto 8); Bryce 2011, pp. 143144; ivi, p. 144: «Piyamaradu inflicted a humiliating defeat upon Manapa-Tarhunta, and then appointed his son-in-law Atpa as his superior, thus de facto ruler of his kingdom. He next proceeded
to attack the island of Lazpa (classical Lesbos), a dependency of the Seha River Land. […] Piyamaradu may have set his sights on Wilusa as well»; Hoffner 2009, p. 291; Taracha 2001, p. 419;
De Martino 1996, pp. 30-33.
3 AhT 12, pp. 158-159: «[…I] did [not] do anything […] Do not [abandon] me to the destruction;
[do not] abandon me [to…]» (cfr. KUB 14.2 recto 17’-verso 1-2).
l’ episodio iliadico di glauco e diomede
37
di un personaggio inviato nel paese di Ahhiyawa.1 Lo stato lacunoso, come già accennato in 3. 1, rende di difficile interpretazione il paragrafo in cui si fa riferimento
all’invio in Ahhiyawa del personaggio in questione e non è possibile individuare se
si tratti di un uomo o di una donna. La menzione della madre dell’autore ed il confronto con altri documenti ha indotto la maggior parte degli specialisti della materia a ritenere che la persona esiliata sia una donna, forse una regina hittita.2 L’invio,
comunque, in Ahhiyawa di un personaggio di rango elevato da parte di un re hittita doveva prevedere un accordo previo con il dinasta del paese oltremare.3 E. Forrer
aveva ipotizzato che la regina in questione fosse stata originaria di Ahhiyawa e per
questo motivo inviata in esilio proprio in tale regno, ma non sono conosciute regine hittite originarie di quest’ultimo Paese o indizi che possano farle ritenere tali.4
3. 5. Ospitalità
Un documento rende sicura testimonianza dell’ospitalità ricevuta da un principe o addirittura da un re, di Ahhiyawa presso la corte di Hattuša. Non
sappiamo, purtroppo, da altri documenti scritti se e quanto tale pratica fosse
1 AhT 12, pp. 158-159: «And while my father [was] (still) alive, [so-and-so …], and because (s)he
[became hostile] to my mother, […] he dispatched him/her to the Land of Ahhiyawa, beside [the
sea]» (cfr. KUB 14.2 verso 3-6; cfr. anche KUB 14.2 recto 10’-11’, dove sembrerebbe esserci un altro riferimento alla persona esiliata); cfr. Bryce 2011, p. 160.
2 Bryce 2011, pp. 160-161: potrebbe trattarsi a) della prima moglie di Šuppiluliuma I (1350-1322
a.C. circa) di nome Henti, madre di Muršili II, scomparsa improvvisamente nella documentazione, allontanata dallo stesso Šuppiluliuma in seguito alle sue seconde nozze; l’autore della preghiera sarebbe, in questo caso, Muršili II (1321-1295 a.C.); b) della seconda moglie di Šuppiluliuma
I, di nome (hittita, assunto dopo le nozze) Tawananna, principessa babilonese, esiliata dal figliastro Muršili II: l’autore sarebbe Muwattalli II (1295-1272 a.C.), figlio di Muršili II, che, a sua volta,
l’aveva accusata dell’omicidio della propria sposa; c) dell’ultima moglie di Muršili II, di nome Danuhepa, rimossa da Muwattalli II: l’autore sarebbe Urhi-Teššup (Muršili III, 1272-1267 a.C.). Alcuni studiosi propendono per la prima ipotesi, perché Henti scompare ex abrupto dalla documentazione e perché sembra leggersi, forse, che una donna era divenuta ostile verso la madre dell’autore
del testo (Bryce 2011, p. 160); ma tale interpretazione, come già sottolineato supra, è incerta: cfr.
Beckman 2011, pp. 158-159 (cfr. KUB 14.2 verso 4; Bryce 2011, p. 161). La seconda moglie di Šuppiluliuma I, Tawannana, in una preghiera di Muršili II (CTH 71) viene accusata da quest’ultimo della responsabilità dell’omicidio della propria sposa: «he stripped Tawananna of office, but did not
execute her, though the oracle had advised this too» (Bryce 2011, p. 160). Questo spiegherebbe meglio la prima parte del testo dove l’autore si rivolge agli dèi pregandoli di avere pietà di lui. Analogamente la seconda moglie di Muršili II, Danuhepa, fu accusata dopo la morte del padre da Muwattalli, il quale «put his stepmother on trial, ostensibly for acts of profanation. She was found
guilty, stripped of office, and apparently banished from the court and the city» (ivi, p. 160). Anche
in questo caso si spiegherebbe la prima parte del testo. La seconda regina, però, sembrerebbe l’unica di cui è documentato l’esilio in maniera esplicita (cfr. CTH 71). Cfr. Bryce 2005, pp. 159-160, 207211, 224; vedi anche Cammarosano 2010, pp. 56-57.
3 Bryce 2011, p. 161.
4 Forrer 1928, p. 54. Non ci sono indizi o elementi, comunque, per formulare fondate ipotesi
circa un’origine da Ahhiyawa di nessuna di queste tre regine, in particolare per quanto riguarda
proprio la seconda, Tawannana, che, come già detto, era una principessa babilonese; cfr. Heinhold-Kramer 2007, p. 198; Bryce 2005, p. 160.
38
luigi de cristofaro
stata frequente e reciproca. Si è già rilevato nei paragrafi precedenti, inoltre,
che dinasti o personaggi originari delle regioni più occidentali dell’Asia Minore si erano intrattenuti o recati per trovare rifugio presso il paese di Ahhiyawa, situato oltre mare, o in territori da questo controllati.
Un caso di ospitalità è, infatti, riferito nel documento AhT 4, in cui si legge che Tawagalawa, principe o predecessore sul trono di Ahhiyawa del destinatario della Lettera (cfr. 3.1), aveva soggiornato presso la corte hittita, per un periodo che non doveva essere strato breve, dal momento che viene detto che egli era solito montare sul
carro con Tapala-Tarhunta, un alto dignitario imparentato con la famiglia della regina hittita; questi aveva probabilmente istruito Tawagalawa e lo stesso Hattušili nella guida del carro da guerra.1 Viene proposto l’invio di Tapala-Tarhunta presso il re
di Ahhiyawa come garanzia per l’incolumità di Piyamaradu nel caso fosse avvenuta
l’estradizione di quest’ultimo.2 Anche questo particolare indica l’importanza che la
faccenda relativa a Piyamaradu aveva assunto dal punto di vista del re hittita.3
Nel testo AhT 25, gia menzionato nei paragrafi 3. 1 e 3. 3, si fa riferimento a qualcuno da ospitare, forse meglio da trattenere, nella casa del destinatario del discorso,
o da rimandare indietro, non si capisce se in Hatti o in Ahhiyawa, e da trasportare
con la nave, comunque oltremare.4 Negli Annali decennali di Muršili II (AhT 1A) si
legge di un principe dell’occidente anatolico, di una regione situata nel paese di Arzawa, che riceve ospitalità presso Ahhiyawa. In questo caso più che parlare di ospitalità strictu sensu va detto che il personaggio in questione, Piyama-Kurunta, trova
rifugio in seguito ad una sconfitta subita.5 Analoga sembra la vicenda di cui è protagonista Piyamaradu, esposta nella Lettera di Tawagalawa (AhT 4).6
1 AhT 4, pp. 110-111: «I have herewith sent Tapala-Tarhunta, the charioteer. Tapala-Tarhunta is
not a person of low rank: (even) in (my) youth he mounted the chariot with me, and as a charioteer he often mounted [the chariot] with your brother Tawagalawa» (cfr. KUB 14.4 ii 58-62); ibidem: «Who is the charioteer? Because he has married into the Queen’s family – and in Hatti the
family of the Queen is very important» (cfr. KUB 14.3 ii 73-75).
2 AhT 4, pp. 110-111 (cfr. KUB 14.3 ii 62-73).
3 Bryce 2011, p. 122; vedi anche AhT 15, pp. 168-171, e quanto esposto supra a proposito della
menzione in tale documento del faraone egiziano e dei messaggeri del regno di Karkemiš; cfr.
Bryce 2011, p. 171.
4 AhT 25, pp. 244-245; il testo, per quanto lacunoso, sembra comunque riferirsi più a persone
trattenute e forse ad uno scambio di prigionieri, come già notato supra (cfr. KBo 18.135 recto 9’-12’,
ibidem, verso 8’).
5 AhT 1A, p. 16 (testo traslitterato), p. 15 (traduzione): «He went across the sea to the islands
and remained there» (cfr. KBo 3.4 + KUB 23.125 A ii 31-32); questo avviene in occasione della presa
di Apasa da parte di Muršili II: «all the land of Arzawa fled», ibidem (cfr. KBo 3.4 + KUB 23.125 A ii
33); cfr. AhT 1B, pp. 34-35, 38-39; Bryce 2011, pp. 46-48. Viene fatta menzione di rifugiati presso
Uhha-ziti: di contingenti militari originari di tre città situate nel o vicino al paese di Lukka e di civili prigionieri dalle stesse città, dei quali Muršili chiede l’estradizione (AhT 1A, pp. 10-11; AhT 1B,
pp. 34-35); Bryce 2011, p. 46. Cfr. AhT 3, pp. 92-93; AhT 4, pp. 102-103.
6 AhT 4, pp. 110-111 (KUB 14.3 ii 67-73), 114-115 (cfr. KUB 14.2 iii 63-69); cfr. ivi, pp. 104-105 (cfr.
KUB 14.3 i 61-62): «Then Piyamaradu departed by ship», da Millawanda verosimilmente verso
Ahhiyawa: vedi Bryce 2011, p. 120; cfr. Hoffner 2009, p. 301.
l’ episodio iliadico di glauco e diomede
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3. 6. Scambio di doni1
Come visto supra (paragrafo 3. 2), nella Lettera di Tawagalawa (AhT 4) viene
menzionata la visita di un messaggero del re di Ahhiyawa, latore di una
comunicazione verbale presso il re hittita, il quale, a sua volta, espone nella
missiva indirizzata alla controparte la propria lamentela, perché l’invio
dell’emissario non è stato accompagnato con quello di doni, come ci si
sarebbe dovuto aspettare nella prassi ed il protocollo vigenti tra i Grandi Re
dell’epoca.2 Il testo AhT 8, in particolare, sembra interessante a proposito di
quest’ultimo punto.
AhT 8 è una lettera del xiii sec. a.C., scritta da un dignitario hittita con mansioni diplomatiche, indirizzata al proprio sovrano, verosimilmente ancora Hattušli III. Viene menzionato il re di Ahhiyawa e i doni che l’autore della missiva aveva provveduto a indirizzare al medesimo. Il funzionario hittita aveva mandato un rython
d’argento ed un rython d’oro, originariamente destinati al re di Egitto e chiedeva l’invio degli stessi materiali (argento e oro) nelle stesse quantità per fare riconfezionare
i doni per il faraone.3 L’invio di doni accompagnava regolarmente le missioni diplomatiche e il valore di questi era proporzionato e calcolato in base al valore di quelli
ricevuti ed all’importanza attribuita al destinatario.4 In questo caso sembra che al re
di Ahhiyawa venga riservato un trattamento addirittura analogo a quello del faraone. Si è già notato in precedenza che, nei documenti del xiii sec. a.C., al re di Ahhiyawa venivano indirizzati dal sovrano hittita il titolo di Grande Re e gli epiteti ‘Mio Fratello’ e ‘Mio Pari’, secondo l’uso della corrispondenza diplomatica tra i re di Hatti,
Mitanni, Assiria, Babilonia e dell’Egitto, come ben documentato dalle Lettere di Tell
el Amarna.5 Quest’ultimo aspetto, nel caso del re di Ahhiyawa, però non va enfatizzato troppo, dal momento che l’uso di tali epiteti potrebbe indicare, più che l’effettiva potenza di quest’ultimo, una concessione del re hittita in un periodo storico particolare, in cui aveva bisogno di appoggio politico, diplomatico e forse anche militare
per consolidare la propria posizione e gestire situazioni di latente attrito o di aperto
conflitto con i regni vassalli situati lungo le coste occidentali dell’Asia Minore.6
4. Conclusioni
Gli elementi posti in evidenza, contenuti nell’episodio relativo all’incontro
tra Diomede e Glauco, circa le ascendenze collegate alla stirpe degli Eolidi,
1 Heinhold-Kramer 2007, pp. 199-203; cfr. Liverani 1994, pp. 183-251.
2 AhT 4, pp. 104-105 (cfr. KUB 14.3 i 53-55); vedi Bryce 2011, p. 122; Idem 2005, pp. 266-268; Idem
2003, pp. 65-70.
3 AhT 8, pp. 146-147 (cfr. KBo 2.11, verso 11’-17’).
4 Bryce 2011, p. 149; cfr. Heinhold-Kramer 2007, pp. 199-201.
5 Moran 1992, pp. xxii-xxxiii e passim; le lettere di Tell el-Amarna sono edite in traduzione
italiana da M. Liverani (Liverani 1998; Idem 1999).
6 Bryce 2005, pp. 289-293.
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luigi de cristofaro
le eventuali relazioni diplomatiche tra corti micenee e anatoliche nel Tardo
Bronzo, trovano riscontro in vari riferimenti, intessuti tra le pieghe dei canti
iliadici.1 Gli accenni alle genealogie degli eroi principali nelle tradizioni omeriche, come il già menzionato Nestore, Aiace Telamonio o lo stesso Diomede, rimandano infatti alla discendenza di Aiolos mediante suggerimenti sottesi ed evocativi, che possono sfuggire immediatamente al lettore moderno,
ma che dovevano essere colti in pieno dall’uditorio antico,2 cui bastava, appunto, un accenno minimo per evocare tutta la storia di un personaggio, in
maniera analoga al pubblico dei ‘pupari’ siciliani, che conosceva a memoria
‘vita, morte e miracoli’ dei protagonisti della saga di Orlando, Rinaldo e della bella Angelica. I personaggi omerici appena menzionati presentano, come
altri del resto, tutti un’origine eolica, anche se matrilineare, al contrario di
Glauco, che attraverso Ippoloco possiede una linea di discendenza eolica paterna (Il., 6, 206).3 Dal punto di vista linguistico, connesso al dato genealogico, va segnalata a tale proposito quella che potrebbe essere una semplice coincidenza, ovvero gli ‘eolicismi’, seguendo la terminologia del Nagy, piuttosto
frequenti nei discorsi pronunciati proprio dal licio Sarpedonte, figlio di Zeus
e Laodamia, anch’egli discendente come Glauco, ma per linea materna, di Sisifo figlio di Aiolos (Il., 6, 198-199): in relazione al contesto culturale dell’area
geografica di provenienza, la Licia appunto, sarebbe lecito attendersi semmai
una più marcata coloritura ionica.4 Per quanto riguarda le relazioni tra prin1 Pi., N., 2, 2: ®·ÙáÓ â¤ˆÓ Ùa fiÏÏ\ àÔȉԛ; Hes., fr. 357, 2 M.-W.: ̤ÏÔÌÂÓ, âÓ Ó·ÚÔÖ˜ ≈ÌÓÔȘ ®¿„·ÓÙ˜ àÔȉ‹Ó; Od., 8, 429: ‰·ÈÙ› Ù ٤ÚËÙ·È Î·d àÔȉɘ ≈ÌÓÔÓ àÎÔ˘ˆÓ; cfr. Chantraine
1999, p. 967, sub voce ®¿Ùˆ; p. 969, sub voce ®·„ˆÈ‰fi˜; p. 1156, sub voce ≈ÌÓÔ˜; p. 1163, sub voce
ñÊ·›Óˆ; vedi Cassola 1994, pp. ix-xii.
2 Il., 2, 20-21; 8, 100; 10, 87. 555; 11, 511. 597. 618. 682-683. 692. 717; 14, 42; 15, 378 (Neleo, padre di
Nestore); 18, 433; 21, 189 (Eaco padre di Telamone, padre a sua volta di Aiace, re di Salamina); 7,
234; 8, 283; 11, 563. 591; 13, 67. 177; 17, 284. 293 (Telamone, padre di Aiace); 2, 641; 5, 813; 6, 219; 9, 535.
540. 543. 581; 14, 117 (Oineo, padre di Tideo); 2, 406; 4, 365. 370. 372. 384. 387. 396. 399; 5, 25. 126. 184.
235. 277. 335. 376. 406. 800. 801. 813. 881; 6, 96. 119. 222. 277. 437; 7, 179; 8, 118. 152; 10, 159. 285. 487. 494.
509; 11, 338; 14, 114; 23, 472 (Tideo padre di Diomede).
3 A proposito delle ascendenze eoliche dei tre personaggi menzionati, cfr., ad es., limitandosi
solo agli estremi diacronici costituiti da Esiodo ed Apollodoro, Hes., fr. 33a, 2. 6. 20 M.-W.; Hes.,
fr. 35, 6 M.-W.; Hes., fr. 37, 16 M.-W. (Neleo); Hes., fr. 201, 5 M.-W.; Hes., fr. 203, 1 M.-W.; Hes., fr.
211, 3. 7 M.-W. (Eaco; Eacidi; Eacide); Hes., fr. 10a, 52. 55. 57 M.-W.; Hes., fr. 25, 14 M.-W.; Hes., fr.
280, 10 M.-W. (Oineo). Cfr. Apollod., 1, 9, 8-10 (Neleo); 1, 9, 3; 3, 12, 6 (Eaco); 1, 7, 10 (Oineo; cfr. ivi,
1, 7, 3). Da Apollodoro si apprendono, inoltre, alcuni particolari che sembrano indicare alcune analogie tra la storia di Peleo e quella di Bellerofonte, simile ad altre cui si fa accenno nell’Iliade (cfr.
25, 432): Peleo è esule da Egina a Ftia per aver ucciso insieme a Tideo il fratello Foco (3, 12, 6); da
Ftia si reca a Iolco, ancora come esule a causa dell’omicidio, stavolta involontario, del suocero Eurizione (3, 13, 2); qui viene fatto oggetto delle attenzioni amorose di Astidamia, sposa di Acasto re
di Iolco, che egli rifiuta, provocandone però in questo caso il suicidio (3, 13, 3).
4 Il., 5, 472-492, discorso omiletico che il principe licio rivolge ad Ettore, in cui si contano ben
dieci ‘eolicismi’ in ventuno versi: ëͤÌÂÓ (5, 473), ηÛÈÁÓ‹ÔÈÛÈ (5, 474), ο‰ ‰¤ (5, 481), Î\ (5, 481), ÎÂÓ
l’ episodio iliadico di glauco e diomede
41
cipi e potentati, appartenenti al versante europeo ed asiatico dell’Egeo, alcune corrispondenze possono essere rilevate, ad esempio, nello scambio di doni che conclude il duello tra Ettore ed il Telamonio, anch’egli discendente di
Aiolos,1 oppure nell’accenno alla missione diplomatica svolta da Priamo in
gioventù presso la corte tracia, anche se quest’ultima regione era vista dai
Greci ancora in età classica come barbara e nell’Iliade i Traci figurano tra gli
alleati dei Troiani.2 Una traccia importante di tali relazioni, conservata nelle
tradizioni epiche è, in particolare, costituita dalla causa stessa della guerra,
ovvero la mancata ottemperanza e anzi la violazione delle sacrosante regole
della xenia.3 Il soggiorno di Paride, principe anatolico ospite di Menelao, presso la corte ‘micenea’ di Lacedemone era,4 evidentemente, avvertito come
una circostanza normale nell’ambito di rapporti che potevano contemplare
la visita di un personaggio della famiglia reale o di alto rango proveniente da
regni asiatici presso un regno greco, e viceversa.5 Paride, però, compie un gravissimo atto di hybris, tanto da giustificare presso la sensibilità dell’uditorio di
Omero, anche a distanza di secoli, una guerra lunga dieci anni.
(5, 484), ÌÂÓ¤ÌÂÓ (5, 488), àÌ˘Ó¤ÌÂÓ·È (5, 488) üÚÂÛÛÈ (5, 488), ‰˘ÛÌÂÓ¤ÂÛÛÈÓ (5, 488), ⯤ÌÂÓ (5, 492).
La sezione 12, 310-328 riporta un discorso anche in questo caso esortativo rivolto a Glauco (otto
‘eolicismi’ in diciannove versi): ‰Â¿ÂÛÛÈÓ (12, 311), •¿ÓıÔÈÔ (12, 313), ˘ÚÔÊfiÚÔÈÔ (12, 314), ëÛÙ¿ÌÂÓ
(12, 316), ıˆÚËÎÙ¿ˆÓ (12, 317), ÎÂÓ (12, 324), Π(12, 325), ı·Ó¿ÙÔÈÔ (12, 326); 16, 492-501, è il discorso
che Sarpedonte in punto di morte rivolge ancora a Glauco: öÌÂÓ·È (16, 493), âÛÛÈ (16, 494), öÛÛÔÌ·È
(16, 499), Τ (16, 499); a proposito di Sarpedonte cfr. Nagy 2012, pp. 61-69 e le osservazioni linguistiche ivi contenute.
1 Il., 7, 303-312; il brano chiude la sezione più ampia 7, 206-312, in cui viene descritto il duello tra
i due eroi, interrotto dall’intervento degli araldi Ideo e Taltibio (7, 273-282); Ettore dona ad Aiace
una spada a borchie d’argento (‰áΠ͛ÊÔ˜ àÚÁ˘ÚfiËÏÔÓ, 7, 303), completa di fodero e cinghia (ÛfÓ
ÎÔÏÂáÈ Ù ʤڈÓ, ηd â¸ÙÌ‹ÙˆÈ ÙÂÏ·ÌáÓÈ, 7, 304), mentre Aiace dona, come Oineo a Bellerofonte, una cintura di porpora (Aú·˜ ‰b ˙ˆÛÙÉÚ· ‰›‰Ô˘ ÊÔ›ÓÈÎÈ Ê·ÂÈÓfiÓ, 7, 305; cfr. 6, 219).
2 Il., 24, 234-235: âÎ ‰b ‰¤·˜ ÂÚÈηÏϤ˜, ¬ Ôî £ÚÉÈΘ fiÚÔÓ ôÓ‰Ú˜ / âÍÂÛ›ËÓ âÏıfiÓÙÈ, ̤Á·
ÎÙ¤Ú·˜ […]. A proposito dei Traci alleati dei Troiani cfr. Il., 3, 884-885; 4, 519. 533. 537; 5, 462; 6, 71;
10, 433-441. 469-475. 485-525; 13, 4; 14, 227; Bryce 2006, p. 138. La coppa chiude l’elenco dei doni che
Priamo prepara per Achille al fine di riscattare il corpo di Ettore: dodici pepli (24, 229), dodici mantelli e dodici coperte (24, 230), altrettanti panni e chitoni (24, 231), dieci talenti d’oro (24, 232), due
tripodi e quattro lebeti (24, 233); a proposito delle quantità elencate e del valore simbolico-ideologico dei alcune serie numerali in Omero cfr. quanto esposto dall’autore del presente saggio in
«RCCM», liv, 2, Roma, 2012, pp. 227-239.
3 A proposito della xenia e della rilevanza sacrale e religiosa di tale istituto cfr. quanto già esposto supra; per le cause della guerra vedi anche, ad es., Il., 3, 69-72. 91-94. 106; 7, 350-353; cfr. Il., 1, 152162; 3, 154-160. 171-180. 404; 9, 337-343. A proposito della sua durata del conflitto cfr. 12, 15; 24, 765-766.
4 Il nome di Lacedemone è, forse, documentato per l’età micenea in alcuni testi in Lineare B
di Micene, in forma di antroponimo o etnico; cfr. Aura-Jorro, Arados 1993, ii, pp. 216-217, sub
voce ra-ke-da-no: si dovrebbe, appunto, trattare di un antroponimo maschile, attestato in MY Ge
603, 4 ed in MY Ge 604, 3 (nella forma in dativo ra-ke-da-no-re), di cui è ammessa generalmente
l’interpretazione *§·Î‰¿ÓˆÚ (cfr. §¿ÎˆÓ, §·Î‰·›ÌˆÓ).
5 Cfr. AhT 4 (cfr. KUB 14.4 II 60-61), Beckman 2011, pp. 110-111; Bryce 2011, p. 120.
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luigi de cristofaro
Sulla scorta di quanto esposto sembra, dunque, possibile stabilire le seguenti conclusioni. Innanzitutto la questione relativa ad elementi da ricondurre dal punto di vista genealogico (dunque etnico) e linguistico ad un origine ‘eolica’, nella regione del Peloponneso, dorizzata in età storica, si
configura come un falso problema, come spesso accade quando ci si confronta con i testi di Omero.1 Si è già notato, infatti, che la divisione in tre stirpi dei discendenti di Elleno risulta essere una costruzione eziologica posteriore, in cui i Greci stessi fin dall’viii-vii sec. a.C. (età che corrisponde grosso
modo con la cronologia di Esiodo), fornivano anche una spiegazione circa il
dato di fatto relativo alla differenziazione delle parlate e dei dialetti coesistenti, documentata dai vari generi della lirica arcaica. Tutto ciò che era percepito come molto antico, in qualche misura rapportabile all’‘età degli eroi’,
veniva, probabilmente, immaginato come ‘eolico’, a livello di genealogie e
saghe mitologiche. Con tale termine venivano, forse, anche indicati quei modi di parlare (cfr. il termine ·åÔÏ›˙ÂÈÓ) che erano sentiti dagli stessi Greci di età
più tarda come originali e non imparentati con le due famiglie linguistiche
principali di età storica, lo ionico ed il dorico, e che venivano posti in qualche
relazione con l’elemento etnico-genetico della discendenza di Aiolos, l’unico,
come si è evidenziato, operante a livello dei cicli epici, collegato con ambienti
‘eolici’, in particolare con la Tessaglia.2
Questi dati potrebbero fornire, da una parte, una spiegazione della presenza di elementi ‘eolici’ sia dal punto di vista della lingua, probabilmente in realtà arcaismi, sia, soprattutto, riguardo ai personaggi protagonisti dei nuclei
originari dei vari mythoi che fornivano l’argomento del canto epico, dei quali essi starebbero, dunque, ad indicare l’antichità. L’ambientazione del ciclo
troiano, dall’altra, non a caso l’unico tramandato fin dall’età arcaica nella forma compiuta di un corpus letterario coerente, giustifica quasi fisiologicamente la forte base ionica della lingua dell’epica, ma i residui eolici nella
Kunstsprache di Omero ne rappresenterebbero, in maniera piuttosto verosimile, una fase antecedente. L’insieme dei canti omerici affonda, infatti, le proprie radici e origini nell’età micenea, ma si è sviluppato in seguito, nel corso
di almeno cinque o sei secoli, con ogni probabilità proprio nell’area della Ionia d’Asia.3 Allo stadio finale di tale processo, nell’viii-vii sec. a.C. circa, del
1 Ruijgh 2011, pp. 258, 260-262; Cfr. Musti 1986, pp. 37-71.
2 Parker 2008, pp. 432-435 e 439 sgg.; Rose 2008, pp. 402-403 e 419-422; cfr. Gschnitzer 2002,
col. 228; Meyer 1893, col. 1031.
3 Nagy 2004, pp. 25-39; vedi, in part., ivi, p. 27, in cui il Nagy individua cinque fasi di formazione del testo omerico: la prima, appunto, dal ii millennio a.C. alla metà dell’viii sec. a.C.: «a relatively most fluid period, with no written texts, extending from the early second millennium into
the middle of the eighth century in the first millennium BCE»; la seconda dalla metà dell’viii alla metà del vi sec. a.C.: «a more formative or “Panhellenic” period, still with no written texts, from
l’ episodio iliadico di glauco e diomede
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passato ‘eroico’, cui ricondurre gli elementi ‘eolici’ originari, era rimasta solo la percezione residuale di una memoria idealizzata ed idealizzante ma non
la cognizione storica. Tutto ciò si mostra coerente con quanto risulta dalle
evidenze archeologiche a proposito della presenza micenea in Asia Minore,
nonché dalle fonti letterarie prese in considerazione.
L’età degli eroi, l’età in cui si svolgono gli eventi cantati nell’epos, serba memoria delle relazioni con le civiltà del Vicino Oriente Antico durante la Tarda Età del Bronzo, il cui teatro principale furono le coste dell’area siro-anatolica e della siro-palestina, nonché dei primi contatti nell’area del Mar Nero.1
I documenti hittiti, se è da ritenersi valida l’identificazione tra Ahhiyawa e regni micenei, al di là delle difficoltà interpretative dovute allo stato di conservazione dei testi, confermano la presenza greca, tra i secoli xv e xiii a.C., sulle coste dell’Anatolia occidentale, attiva nella partecipazione alle vicende
politiche e militari in cui gli ‘stati’ di tale regione erano coinvolti.2
La mancanza di tracce a proposito degli Hittiti nella tradizione di età arcaica e classica, ma in particolare nell’epica di Omero, ambientata in Anatolia, potrebbe lasciare perplessi, considerato il ruolo egemone esercitato da
questi ultimi, in particolare tra il xiv e il xiii sec. a.C. in tale regione vicinoorientale, teatro, appunto, della guerra di Troia e delle gesta degli eroi omerici. Questa aporia sembra essere spiegata, oltre che dalla ‘scomparsa’ degli
Hittiti dopo la caduta di Hattuša (più o meno contemporanea alla caduta dei
Palazzi micenei) e la disgregazione dell’impero nel xii sec. a.C., dalle scarse
opportunità di contatti diretti, soprattutto sul piano commerciale, dovuti all’assenza di vie di comunicazioni soddisfacenti e sicure a sufficienza per l’invio reciproco di merci, che potevano essere più agevolmente procacciate attraverso altri canali e altri interlocutori; dalla difficoltà, inoltre, degli Hittiti di
the middle of the eighth century to the middle of the sixth BCE»; la terza: «a definitive period,
centralized in Athens, with potential texts in the sense of transcripts, at any or several points from
the middle of the sixth century to the later part of the fourth BCE; this period starts with the reform of Homeric performance traditions in Athens during the régime of the Peisistratidai»; la
quarta: «a standardizing period, with texts in the sense of transcripts or even scripts, from the later
part of the fourth century to the middle of the second BCE; this period starts with the reform of
Homeric performance traditions in Athens during the régime of Demetrius of Phalerum, which
lasted from 317 to 307 BCE»; la quinta ed ultima: «a relatively most rigid period, with texts as scripture, from the middle of the second century onward; this period starts with the completion of Aristarchus’ editorial work on the Homeric text, not long after 150 BCE or so, which is a date that also marks the general disappearance of the so-called “eccentric” papyri». Cfr. anche Idem 2010, in
part. i capitoli 6-7, nonché quello conclusivo (Epilegomena); Finkelberg 2011, pp. 197-208.
1 de Fidio 2008, pp. 96-102; cfr. Devecchi 2010, pp. 242-256; Dietrich, Loretz 2010, pp. 141159; Peev 2008, pp. 217-222; Scafa 2007, pp. 1-23; Singer 2006, pp. 242-262; Marazzi 2005, pp. 201219; Idem 1997, pp. 528-534; Benzi 2002, pp. 343-385; Niemeier 1999, pp. 141-155; Idem 1998, pp. 17-65.
2 Bryce 2011, p. 46; Popko 2010, pp. 284-289.
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luigi de cristofaro
andare per mare, sia per motivi mercantili che militari, i quali potevano servirsi di intermediari o di stati vassalli dotati di maggiore capacità marittima.1
In questo senso sembra avere avuto una notevole importanza la città di Ugarit, in cui era forte la presenza dell’elemento hurrita, come anche altre città
come Ura, nell’area della Cilicia classica, o il regno di Amurru in Siria.2 Le relazioni tra Micenei e Hittiti si svolsero, con ogni probabilità, soprattutto a livello di classe dirigente, mentre i due popoli non ebbero occasione di frequenti contatti diretti, tali da lasciare traccia nella memoria greca posteriore,
al contrario, invece, di quanto avvenuto con le popolazioni della costa anatolica e siro-palestinese, come quelle identificate in età successive, ad esempio,
come Lici o Fenici, entrambe documentate nelle tradizioni epiche. Fu verosimilmente attraverso i rapporti con i popoli che abitavano queste città portuali e le regioni marittime che vennero veicolati in Grecia alcuni modelli letterari di origine hurrito-hittita, confluiti poi nella tradizione greca come
mostra, ad esempio, il mito della regalità celeste nella Teogonia di Esiodo,3 ma
anche l’epica stessa di Omero, in particolare per quanto riguarda alcuni aspetti formali, oltre che di contenuto, come ad esempio le formule dei versi di introduzione (àÓ·‚ÔÏ·›) ai proemi o al discorso diretto.4 Le reminiscenze delle relazioni tra regni greci e potentati anatolici, testimoniate dal brano iliadico
che vede protagonisti Glauco e Diomede, che potrebbero essere confermate
dai documenti di Hattuša, devono avere contribuito a produrre una serie di
tradizioni in cui tutte le esperienze greche di varia natura sul suolo anatolico
sono poi confluite nel Ciclo troiano e preso corpo nell’evento bellico unitario
tramandato come ‘la guerra di Troia’5 nella coscienza collettiva greca, della
quale tale evento divenne fondante.6
1 Bryce 2003, pp. 61-63 (cfr. ivi, p. 62: «The Hittite had no sea-going capacity of their own, for
either military or commercial purposes»); Idem 2011, p. 99. Cfr. Vigo 2012, pp. 267-303.
2 Bryce 2005, pp. 163-166 e 311-312; Salvini 2000, pp. 103-109; a proposito del regno di Kizzuwatna, localizzato nella regione identificata all’incirca con la Cilicia di età classica, cfr. Miller
2013, pp. 3777-3778; Bryce 2005, pp. 104-106, 112-118, 139-145, 160; Trémouille 2001, pp. 57-78.
3 Bachvarova 2012, pp. 97-118; cfr. West 1997, pp. 278-280.
4 Haas 2006, pp. 126-129 e 288-308; ivi, pp. 177-192 e 287; cfr. Kitts 2013, pp. 86-112; Bachvarova
2009, pp. 23-45; Eadem 2008, pp. 93-106; Eadem 2005, pp. 131-154; Bryce 2008, pp. 85-92; vedi anche
Kitts 2011, pp. 221-246.
5 Bryce 2010b, pp. 475-482; Idem 2005, pp. 357-371; Idem 2003, pp. 59-72; De Martino 2006, pp.
166-167; Scafa 2005, pp. 315-326.
6 Finkelberg 2012b, pp. 15-28; Fowler 2011, pp. 65-66; Idem 2004, pp. 5-7; Wathelet 2008, pp.
233-257; Hunter 2004, pp. 235-253. Nei capitoli 2 e 3 della Archaiologhia di Tucidide, l’evento della
Guerra di Troia rappresenta il punto di cesura per quanto riguarda la creazione di un’identità comune; l’assunzione del toponimo Hellas e dell’etnico Hellenes, ad indicare tutta la Grecia e tutti i
Greci, segna parallelamente l’inizio di tale processo. In particolare nel capitolo 3 lo storico ateniese pone in evidenza questi due dati fondamentali per la formazione dell’identità greca, ponendoli in relazione tra loro: il processo per cui i discendenti di Elleno, gli Hellenes stanziati in Tessaglia,
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nella Ftiotide (cioè i discendenti di Aiolos figlio di Elleno, secondo la tradizione letteraria) divennero la stirpe egemone in Grecia (åÛ¯˘Û¿ÓÙˆÓ: 1, 3, 28) e l’importanza, appunto, centrale della
Guerra di Troia, sottolineando, infatti, che prima di tale evento la Grecia non avesse mai compiuto nessuna impresa comune e che non avesse neppure un nome (Thuc., 1, 2-3).
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com po sto i n c ar atte r e dant e m on oty pe da l la
fab r i z i o s e r r a e d i to r e, p i s a · rom a .
stampato e r i l e gato n e l la
tipo gr af i a d i ag nano, ag na n o p i s a n o ( p i s a ) .
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Maggio 2014
(cz 2 · fg 21)