Ideait. n.2 / settembre - Alleanza Evangelica Italiana

Ideaitalia
Notizie e comunicazioni dall’Alleanza Evangelica Italiana
Anno XVIII • n. 2 • sett. 2014
Poste Italiane S.p.A. • Spedizione in abbonamento postale • D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 • DCB Caserta
Sì, sì e no, no
Non càpita tutti i giorni che
l’Evangelismo italiano faccia
notizia all’estero e catalizzi
l’attenzione internazionale,
suscitando interesse e dibattiti. E non per uno scandalo o
per qualche inutile quisquilia,
ma per aver affermato l’esigenza della fede evangelica di
dire “sì” all’Evangelo e “no”
a tutto ciò che si oppone alla
conoscenza di Dio. Il comunicato che è stato sottoscritto
il 19 luglio 2014 da importanti sigle della famiglia evangelica italiana ha avuto questa
duplice funzione: da un lato
ribadire l’impegno evangelico a onorare, ubbidire,
testimoniare e vivere tutto
l’Evangelo. Un “sì” incondizionato all’Evangelo
biblico. Dall’altro, dire
con fermezza che nel Cattolicesimo romano contemporaneo permangono
dei “no” strutturali all’Evangelo, che non possono
essere sottaciuti in ragione
della diplomazia ecumenica, ma vanno denunciati con profetica lucidità.
Prendendo a prestito il
linguaggio della 2 Corinzi
1, si può dire che il Cattolicesimo sia la religione del
contestuale “sì” e “no” alla
verità di Dio, della compresenza dell'affermazione e della negazione del messaggio
biblico, della coabitazione
dell'adesione e del rigetto della Parola di Dio. Il “sì” viene
giustapposto al “no” così da
produrre un effetto di elisione, di controbilanciamento o
di reciproco annullamento. In
che modo ciò si verifica?
Per esempio, a Cristo viene detto “sì” ma anche “no”
perché, nella visione cattolica, le prerogative della chiesa finiscono per usurpare ciò
che spetta in modo esclusivo
a Gesù Cristo in quanto Signore e Salvatore. Alla grazia viene detto “sì” ma anche
“no” in quanto, per il Cattolicesimo, la natura ha in sé
stessa le capacità per elevarsi,
e il peccato non le ha inficiate del tutto. Alla fede viene
detto “sì” ma anche “no” perché, secondo il Cattolicesimo, c'è la necessità di fruire
della grazia di Dio attraverso
l'impianto sacramentale della chiesa senza che la fede
sia sufficiente. Alla Parola di
Dio viene detto “sì” ma anche
“no” in quanto alla Scrittura
Cattolicesimo
“ Nel
si verifica,
non tanto un
rinnegamento
della verità,
quanto piuttosto
un’aggiunta alla
verità, che diventa
di fatto un
allontanamento
da essa
”
vengono affiancati la tradizione della chiesa cattolica
e il magistero, che finiscono
per primeggiare sulla Bibbia.
Al culto reso a Dio viene detto “sì” ma anche “no” perché
si incoraggia la venerazione
di Maria e di un universo di
altre figure che distolgono dal
culto dell'unico e vero Dio.
Ciò determina la coesistenza nel Cattolicesimo di
motivi biblici e di motivi non
biblici. Come disse il grande
predicatore gallese del XX
secolo, Martyn Lloyd-Jones,
“nel Cattolicesimo si verifica,
non tanto un rinnegamento
della verità, quanto piuttosto
un’aggiunta alla verità, che
diventa di fatto un allontanamento da essa”. Il sistema
così congegnato è in continua
oscillazione, in continuo sviluppo, si fa forte della possibilità continua di fluttuazione
tra questi due poli e di spostamenti di accenti.
La fede evangelica è, invece, la fede del “sì” deciso,
convinto,
inequivocabile,
esclusivo, chiaro, alla verità
di Dio; è “l’amen alla gloria
di Dio”, il riconoscimento,
l’adesione, la conformazione
a essa. In continuità con
il messaggio biblico e con
l'insegnamento della Riforma protestante, la fede
evangelica proclama i famosi sola che affermano
una verità, ma, allo stesso
tempo, ne riconoscono l’esclusività: solo Cristo, sola
Scrittura, sola grazia, sola
fede, al solo Dio la gloria.
La differenza tra fede
evangelica e Cattolicesimo
sta tutta qui. Il Cattolicesimo può essere pensato
come una superba “sapienza carnale”, una maestosa cattedrale del pensiero
umano, un grandioso e affascinante impianto ideologicoreligioso in continua espansione; la fede evangelica aspira
invece a rimanere un semplice
e sincero “amen” alla Parola
di Dio. Papa Francesco può
suscitare umana simpatia e
finanche ammirazione. Ma resta al vertice di un’istituzione
che ha teologizzato, anzi dogmatizzato, un sistema religioso strutturalmente fondato sul
“sì” e sul “no” all’Evangelo.
Fintantoché non ci sia una riforma nel senso biblico, che
rompa questo sistema spurio,
 Sommario
Dall'Italia
2Evangelici Italiani
sul Cattolicesimo
contemporaneo
Scuse papali: per cosa
e per chi?
Inserto
Appuntamenti
istituzionali
3La Domenica della
Memoria
4La Giornata
Internazionale di
Preghiera per la
Chiesa Perseguitata
(IDOP)
5La Settimana
di Preghiera
dell'Alleanza
Evangelica
 Appuntamenti
In vista della prossima Assemblea federale che si terrà il prossimo aprile 2015,
a Roma, si ricorda a tutti
i soci di rinnovare le proprie quote associative al c/c
Banco Poste avente IBAN:
IT 64 N 07601 03200
000046728002.
la fede evangelica non potrà
che dire e ridire le esigenze
dell’Evangelo: sì alla verità
di Dio, no all’arroganza umana. Come ha fatto il 19 luglio
2014.
L.D.C.
Ideaitalia
2 Dall'Italia

Evangelici Italiani sul
Cattolicesimo contemporaneo
A seguito della tavola rotonda
promossa da Alleanza Evangelica Italiana, Federazione delle
Chiese Pentecostali, Assemblee di Dio in Italia, Chiesa
Apostolica in Italia e Congregazioni Cristiane Pentecostali,
e svoltasi il 19 luglio 2014 ad
Aversa, presso la Facoltà Pentecostale di Scienze Religiose,
sul tema “Il Cattolicesimo contemporaneo: una prospettiva
evangelica”, le organizzazioni
sopra citate, a seguito di aperture ecumeniche da parte di ambienti evangelici e pentecostali
internazionali e nazionali nei
confronti della Chiesa cattolica
romana e del suo attuale pontefice, senza esprimere un giudizio sulla fede dei singoli fedeli,
ritengono incompatibile con
l’insegnamento della Scrittura
una chiesa che si sente mediatrice di salvezza e che presenta
altre figure come mediatrici di
grazia, dal momento che la grazia di Dio viene a noi soltanto
per mezzo della fede in Cristo
Gesù senza le opere (Efesini
2:8) e senza l’intervento di altri mediatori (1 Timoteo 2:5).
assunta la responsabilità di aggiungere dogmi (come quelli
mariani) alla fede una volta e
per sempre trasmessa ai santi
(Giuda 3; Apocalisse 22:18).
Infine, ritengono incompatibile con l’insegnamento della
Scrittura una chiesa che ha il
suo cuore in uno stato politico, retaggio di una chiesa
“imperiale” da cui ha assunto
titoli e prerogative. Le chiese
cristiane devono infatti guardarsi dall’imitare i “principi
delle nazioni” e seguire l’esempio di Gesù, che è venuto
per servire e non per essere
servito (Marco 10:42-45).
Inoltre, ritengono incompatibile con l’insegnamento della
Scrittura una chiesa che si è
Pertanto, ritengono che le apparenti somiglianze con la fede
e la spiritualità evangeliche di
A proposito della richiesta di perdono di papa Bergoglio ai pentecostali
mere i pentecostali non avesse
riguardato anche i vertici.
Quale che sia il nostro punto
di osservazione, la questione
imprescindibile per una valutazione è stabilire se scuse poste
seriamente possono omettere oppure no le responsabilità
dell’ufficio che si rappresenta,
per stigmatizzare i soli comportamenti di altri - indicati come “i
colpevoli” - e conseguentemente
chiedere scusa per loro soltanto.
Una richiesta di perdono secondo i dettami di Cristo partirebbe proprio dalle proprie
responsabilità (Luca 6:42), per
coinvolgere eventualmente altri
solo in seguito, seppure appartenenti alla medesima famiglia
religiosa. L’essenza di tutta la
Scrittura ci spinge a un ampio e
aperto atteggiamento di perdono, ma verso coloro che manifestano un serio ravvedimento
per le proprie responsabilità.
Ma come vedremo in questo
caso le responsabilità sono ap-

Scuse papali: per cosa e
per chi?
Sono passate già diverse settimane dall’incontro di Caserta del 28
luglio 2014 che è stato presentato all’attenzione dell’opinione
pubblica come un’occasione di
storica riconciliazione. Infatti i
media nazionali e internazionali
hanno dato particolare risalto alle
“scuse” che il papa ha pronunciato nei confronti dei pentecostali.
A tal proposito il passaggio
interessante del discorso di Caserta è quello in cui, riferendosi
indirettamente alla circolare Buffarini Guidi, il pontefice romano
afferma che “alcuni di quelli che
hanno fatto questa legge e alcuni
di quelli che hanno perseguitato,
denunciato i fratelli pentecostali
perché erano ‘entusiasti’, quasi
‘pazzi’, che rovinavano la razza,
alcuni erano cattolici”. Subito
dopo ha aggiunto: “Io sono il
pastore dei cattolici: io vi chiedo
perdono per questo! Io vi chiedo
perdono per quei fratelli e sorelle
cattolici che non hanno capito e
che sono stati tentati dal diavolo
e hanno fatto la stessa cosa dei
fratelli di Giuseppe”. In sostanza, quindi, papa Bergoglio chiede scusa per i cattolici che hanno
promulgato quella “legge” (intendendo la circolare dell’aprile
1935) e per quei singoli cattolici
che hanno perseguitato o denunciato i pentecostali perché non
hanno capito e sono stati tentati
dal diavolo.
Il papa ha taciuto sulle responsabilità dirette del Vaticano
del tempo. Come se il peccato
di “alcuni” cattolici non avesse
sfiorato le gerarchie della Chiesa
di Roma e come se la “tentazione del diavolo” nel voler repri-
settembre ’14
settori del Cattolicesimo non
siano di per sé motivi di speranza di un vero cambiamento.
Considerato che permangono
tuttora differenze teologiche ed
etiche inconciliabili e assolutamente divergenti, non ritengono di poter dare inizio e corso
ad alcuna iniziativa o apertura
ecumenica nei confronti della
Chiesa cattolica romana invitando tutti gli evangelici a livello nazionale e internazionale
a esercitare un sano discernimento biblico (1 Giovanni 4:1),
senza cedere ad ansie unioniste
contrarie alla Scrittura, ma anzi
rinnovando l’impegno a portare
l’Evangelo di Gesù Cristo in tutto il mondo (Matteo 28:18-20).
Aversa (CE), 19 luglio 2014
paltate all’esterno!
È vero: José Bergoglio nacque solo un anno dopo la circolare e fu partorito - come
direbbe lui - “quasi alla fine
del mondo” rispetto alla Roma
del fascismo. Egli dunque non
ha responsabilità personali sui
fatti in questione. Certo che no!
Ma l’ufficio che ha assunto, per
come è congegnato, per quello
che rappresenta, per la continuità che rivendica attraverso l'idea
della successione apostolica,
assolutamente sì.
Qualcuno obietterà: “Ma chi
ci dice che ci siano state precise
responsabilità della Chiesa cattolica sulle persecuzioni degli anni
’30 e ’40?”. Brevemente, quindi,
credo sia utile per la nostra piena
comprensione rammentare alcuni fatti storici che aiutano a fare
piena luce sulla vicenda. Faremo
riferimento solo a quattro accadimenti accertati, tralasciando gli
elementi di ordine indiziario.
(continua a pagina 12)
Domenica della Memoria 
Inserto a cura dell’IFED
26 ottobre 2014
Il 31 ottobre 1517 Lutero affisse le 95 tesi a Wittenberg. Questa data ha un forte valore simbolico, perché ritenuta, se non
proprio l’inizio della Riforma protestante, almeno un suo passaggio fondamentale. Sta di fatto che, dopo l’affissione delle
95 tesi, la Riforma assunse un profilo pubblico e di popolo. La Domenica della Memoria (in molti Paesi chiamata “Domenica della Riforma”) è dunque un’occasione per ricordare la riscoperta dell’Evangelo imperniata sul riconoscimento dell’autorità della Scrittura, la centralità di Gesù Cristo, la gratuità della salvezza, l’esigenza che tutta la vita sia vissuta per la gloria di Dio. Oltre a sentirsi erede spirituale della Riforma protestante, l’Alleanza Evangelica è consapevole del fatto che
l’identità evangelica possa e debba collegarsi a tutte le epoche della storia del popolo di Dio che hanno contribuito alla testimonianza fedele all’Evangelo, partendo dall’età dei Padri della chiesa sino ai Risvegli dell’età moderna e contemporanea.
Domenica 26 ottobre 2014, la Domenica della Memoria sarà incentrata sul ricordo di George Whitefield (1714-1770) e sul Patto
di Losanna (1974).
George Whitefield
(1714-1770)
Nel 1964, in occasione del 250°
anniversario della nascita di George Whitefield, Martin Lloyd-Jones lo definì “il più grande predicatore inglese mai esistito e, allo
stesso tempo – paradossalmente
– quello più negletto”. Per gli
evangelici italiani, però, permane
una generalizzata ignoranza, non
solo nei riguardi di una figura che
ha letteralmente segnato una delle
epoche più gloriose dell’Evangelicalismo “risvegliato”, ma anche
verso un uomo di grande caratura
spirituale che, ancora oggi, avreb-
mente devoti o religiosi. Quindi,
benché la madre si fosse scrupolosamente occupata della sua
istruzione, George da ragazzo
non ricevette dalla famiglia una
precoce formazione spirituale né
un sano modello cui fare riferimento. Suo padre morì quando
egli aveva solo due anni e la sua
infanzia fu contrassegnata da
una condotta da discolo, ribelle
e dall’assenza del timore di Dio.
Ciononostante, George mostrò
di avere un carattere sensibile e,
pur non essendo ancora convertito, fin da piccolo vagheggiava di
divenire un ministro della Chiesa
anglicana. La sua formazione si
volse dunque in questo senso.
Giunto a Oxford nel 1732, l’anno
dopo cominciò a frequentare le
riunioni di un gruppo di studenti
cui era stato affibbiato il nome
di “The Holy Club” (Il club dei
santi), perché i partecipanti erano
tacciati di essere bigotti e legalisti. A causa della severa disciplina spirituale alla quale erano
dediti e al rigido metodo cui si
attenevano per regolare il proprio
servizio, furono chiamati anche
“metodisti”. Fu lì che Whitefield
conobbe i fratelli John e Charles
Wesley, con cui stabilì un’amicizia che, seppure tra alterne vicende, sarebbe durata tutta la vita.
Sempre in quel periodo, all’età di
19 anni, George ebbe un’intensa
crisi spirituale in cui, alla profonda convinzione di peccato, seguì
la consapevolezza che, per essere
salvati, sia necessario sperimentare la rigenerazione (la “nuova
nascita”), che introduce l’anima
del credente all’unione con Cri-
be moltissimo da insegnare a gran
parte di noi.
George Whitefield era l’ultimo dei sette figli di Thomas ed
Elizabeth, proprietari e gestori
della Bell Inn, una locanda di
Gloucester (G.B.), che costituiva la fonte del loro reddito.
Sebbene fossero membri della
chiesa d’Inghilterra e avessero
battezzato anche il loro ultimogenito nella locale cappella – la
stessa dove, ventunenne, George
avrebbe predicato il suo primo
sermone – non erano particolar-
3
sto e a una comunione intimamente provata e consapevolmente goduta. Whitefield predicherà
molto spesso della realtà e della
potenza del “peccato originale”,
della necessità della nuova nascita, della giustificazione mediante
la sola fede. Sottolineerà quanto
sia necessario che un autentico predicatore parli di un felt
Christ, ovvero abbia l’esperienza del Salvatore, non solo come
“realtà oggettiva”, ma come una
persona la cui presenza sia avvertita e goduta da parte di chi Lo
annuncia. Questi insegnamenti,
su cui insisteva con grande serietà e diligenza, gli procurarono
purtroppo l’inimicizia di molti
ministri anglicani, che gli chiusero le porte delle loro parrocchie.
Anche per questa ragione, ma
soprattutto per suggerimento ed
emulazione di Howell Harris,
uno straordinario predicatore
gallese con cui George intrattenne una copiosa corrispondenza,
Whitefield cominciò a predicare all’aperto e non smise più di
farlo, fino al giorno della propria morte, che lo colse all’eta
di 55 anni, il 30 settembre 1770.
Nel corso del suo ministero,
Whitefield, oltre a vere e proprie
persecuzioni fisiche, dovette sostenere molti attacchi personali.
A parte coloro che lo criticavano
per la sua convinta ed esplicita
predicazione della grazia sovrana di Dio (celebre, al riguardo,
la sua controversia con John
Wesley), vi erano quelli che
sospettavano un suo interesse
personale nell’attività di evangelizzazione, poiché, alla fine delle
INSERTO

Domenica della Memoria 2014
INSERTO
sue predicazioni, venivano raccolte delle collette che confluivano in un fondo per la costruzione
di un orfanotrofio in Georgia e in
favore di altre “opere di misericordia”. Altre critiche vennero
suscitate dalla pubblicazione di
un suo diario da parte di persone
che lo consideravano un fanatico
e un orgoglioso. Altri ancora pare
non gradissero lo stile delle sue
predicazioni, perché lo consideravano eccessivamente teatrale
e “affettatamente drammatico”.
Eppure, benché rattristato da
queste e altre prove, Whitefield
perseverò indefessamente e con
grande successo nella sua attività di evangelista e predicatore
itinerante; mostrò pure di essere
dotato di una straordinaria abilità ed eloquenza e di una grande
efficacia. I suoi contemporanei,
appartenenti alla chiesa e no,
non poterono che riconoscerne
le doti e, soprattutto, una forza
straordinaria nella predicazione
del Vangelo di Cristo. La celebre tesi di Martin Lloyd-Jones,
secondo cui il messaggio sta alla
predicazione come il contenuto
[ciò che si dice] sta allo stile
dell’esposizione [come lo si
dice], è particolarmente evidente nella predicazione di Whitefield che, a volte, poteva essere
un po’ difettosa nel contenuto,
ma era pur sempre eccezionale
e straordinariamente efficace
per il modo in cui veniva porta.
Si consideri che, mediamente,
Whitefield predicava 10 sermoni a settimana, e non è raro
trovare nel suo diario l’annotazione di quattro o cinque occasioni di predicazioni in luoghi
diversi nello stesso giorno. Pare
che, nei 34 anni di servizio attivo, egli abbia predicato circa
18.000 sermoni (e chi ha fatto
questi calcoli, assicura che la cifra è approssimata per difetto)!
Altro tratto caratteristico di
George Whitefield fu la trasversalità intraevangelica del suo
servizio. In un’epoca caratterizzata da un numero assai limitato
di denominazioni evangeliche,
ma anche da animose polemiche
e fiere controversie, la personalità irenica e la semplice e fervente predicazione evangelica
di Whitefield giovarono a tutti e
conquistarono il cuore di pastori
e credenti di ogni denominazione. Luterani, episcopali, riformati, congregazionalisti, battisti,
e perfino Moravi e Quaccheri
gli furono amici e collaborarono
con lui, rallegrandosi quando a
migliaia (e, spesso, a decine di
migliaia!) accorrevano ad ascoltarlo, e raccogliendone i frutti.
Infine, sarà bene ricordare (con
buona pace dei suoi delatori) che,
anche se non privo di criticità
e di debolezze, il suo ministero
fu contraddistinto dall’umiltà. A
un suo amico che gli chiedeva
quale frase volesse come epitaffio, rispose: “Scrivete così: «Qui
giace G.W. Che genere di uomo
sia stato, lo si saprà nel giorno del
giudizio»”. E a un altro, che lo
esortava a fondare una denominazione, come aveva fatto il suo
amico John Wesley, rifiutandosi,
Whitefield rispose: “Lasciate che
il nome di Whitefield perisca e
che il solo nome di Cristo sia glorificato”. Giustamente, J.C. Ryle
scrive a tal proposito: “Whitefield
non fondò alcuna nuova denominazione la cui fede fosse fondata
sui suoi scritti o coltivasse attentamente solamente la memoria dei
Patto di Losanna
(1974)
Ci sono eventi che, nel tempo,
si caricano di uno spessore simbolico maggiore del loro mero
dato storico. Per la Chiesa cattolica, ad esempio, il Concilio
Vaticano II (1962-1965) è il riferimento in assoluto più importante del XX secolo, e non solo.
Per il movimento ecumenico,
la costituzione del Consiglio
Ecumenico delle Chiese ad Amsterdam (1948) è un passaggio
miliare nell’istituzionalizzazione dell’ideale conciliare. Per il
mondo evangelico, il Congresso di Losanna per l’evangelizzazione del mondo (1974) e il
Patto di Losanna, venuto fuori
da quell’assise, sono come stelle
polari nel firmamento evangelicale. Questa galassia di chiese, agenzie missionarie, opere
diaconali, ecc., che risponde al
nome di Evangelicalismo, pur
essendo fortemente convergente
sulla sostanza della visione teologica, a causa della sua stessa
conformazione movimentista e
na unitaria nel popolo evangelicale. Da un lato, l’Alleanza
Evangelica (nata nel 1846) è
un’istituzione “leggera” che è
diventata un riferimento spirituale di importanti settori
dell’Evangelicalismo. Dall’altro, Losanna è un richiamo alla
visione evangelica comune:
una visione fortemente ancorata all’eredità biblica della Riforma protestante (autorità della Scrittura, unicità di Cristo),
alle enfasi dei Risvegli evangelici (necessità della conversione e opera dello Spirito Santo),
posta di fronte alle sfide della
contemporaneità (pluralismo,
globalizzazione, ingiustizia sistemica), in una combinazione
missionaria e collaborativa.
Nel linguaggio evangelico,
Losanna evoca un congresso
per l’evangelizzazione (1974)
che ha dato una svolta nella
vita dell’Evangelismo contemporaneo. Evoca anche un
movimento che si è sviluppato
ed è proseguito in numerosi
convegni, documenti e in due
(continua a pagina 11)
trasversale, non possiede molti
riferimenti simbolici comuni
nel proprio immaginario. Così,
l’idea che spesso se ne ricava
all’esterno è quella di un coacervo molto frastagliato e
frammentato di chiese, gruppi,
individualità, tutti procedenti in
ordine prevalentemente sparso. La medesima percezione è
molto spesso interiorizzata dagli stessi evangelicali, che non
riescono ad aprire la propria
visuale alla realtà storica e globale della Chiesa, e coltivano
un’identità micro-tribale più che
nutrita dall’appartenenza al popolo di Dio.
Questa
rappresentazione
delle cose è però solo in parte
rispondente alla realtà. È vero
che l’Evangelicalismo, per certi versi, è sfuggente e fluido.
Tuttavia, oltre all’unità sostanziale nell’Evangelo, vi sono
per lo meno due poli aggreganti che hanno storicamente
provato a intessere una filigra-
4
suoi atti migliori e dei suoi pregi.
Oggi ci sono luterani e wesleyani, ma non ci sono whitefieldiani”. Il più grande evangelista del
XVIII secolo era una persona
semplice, estremamente sincera,
che viveva con il solo scopo di
predicare il Cristo crocifisso. Sicuramente, a 300 anni dalla sua
nascita, il suo esempio potrebbe
essere ottimo sotto molti aspetti,
ma in special modo lo è come
rimedio al culto della personalità,
così diffuso nella nostra epoca!
Per approfondire
G. Whitefield, Una raccolta di
sermoni predicati da George
Whitefield, Caltanissetta, Alfa
& Omega 1997;
J.H. Armstrong, Cinque grandi evangelisti, Aversa (CE),
EPA Media 2004;
“Metodismo calvinista” in Dizionario di Teologia Evangelica, a cura di P. Bolognesi, L.
De Chirico, A. Ferrari, Marchirolo (VA), EUN 2007, pp.
442-443.
Come usare il materiale
di questo inserto
Il seguente è un modo in
cui può essere organizzato
l'incontro o il culto della
Domenica della Memoria.
Si tratta evidentemente di
un suggerimento che può
essere utilizzato con una
certa elasticità.
Benvenuto. Si rievoca
il senso dell'incontro,
che mira a sottolineare
il valore della fedeltà di
Dio nel tempo.
Canto
Lettura biblica
Preghiera
Rievocazione storica di
George Whitefield e del
congresso di Losanna
Canto
Alla presentazione
storica può seguire una
riflessione biblica sulla
fedeltà di Dio nella
storia
Preghiera
Inno di consacrazione
Benedizione
- Domenica 9 o 16 novembre
Nella prima metà di novembre, l’Alleanza Evangelica sponsorizza la Giornata internazionale di preghiera per la chiesa perseguitata (International Day of Prayer for the Persecuted Church: www.idop.org). Una parte consistente della famiglia evangelicale si trova a fronteggiare situazioni di privazione della libertà religiosa in zone diverse del mondo. La persecuzione, nelle sue molteplici forme, è la realtà entro la quale molti cristiani devono sopravvivere e avanzare. La Giornata
di Preghiera per la Chiesa Perseguitata è promossa in collaborazione con agenzie evangeliche che si occupano in modo specifico di sostenere la chiesa perseguitata (per esempio, Porte Aperte). Insieme alla preghiera per bisogni specifici, sono incoraggiate azioni di appoggio alla causa della libertà religiosa tramite l’invio di petizioni e appelli alle autorità che la negano.
La Giornata di Preghiera viene organizzata in numerose città all’interno di una cornice di collaborazione tra le chiese locali.

La World Watch List
La World Watch List elenca
50 Paesi secondo l’intensità
della persecuzione che i cristiani affrontano per il solo
fatto di confessare e praticare attivamente la propria
fede. La “lista” è compilata
da analisti di Porte Aperte,
specialisti della persecuzione, ricercatori ed esperti
sul campo operativo e indipendenti, all’interno dei
vari Paesi. I livelli assegnati
sono basati su vari aspetti
della libertà religiosa; nella
fattispecie, viene identifica-
• La Corea del Nord è al
1° posto per il 12° anno consecutivo. Si stima che tra
50.000 e 70.000 cristiani soffrano negli orribili campi di
prigionia nord-coreani. Coloro che sono trovati in possesso di una Bibbia affrontano
lunghe detenzioni o addirittura la morte.
• Nella Top 10 della Lista,
oltre alla Corea del Nord,
troviamo la Somalia, la Siria,
l'Iraq, l'Afghanistan, l'Arabia
Saudita, le Maldive, il Pakistan, l'Iran e lo Yemen: 9 di
queste 10 nazioni sono a maggioranza islamica. L’estremismo islamico è il motore della
persecuzione in 36 dei 50 stati
della WWList. Tutto ciò riflette un’intensificazione del
trend, che negli ultimi 15 anni
ha reso l’estremismo islamico la fonte principale di persecuzione dei cristiani.
• Per la prima volta la Siria
(dall’11° al 3° posto) e il Pakistan (dalla 14° all’8°) entrano
nella Top 10. La terribile guerra civile in atto in Siria è un’ovvia ragione di questa scalata.
Il Pakistan, invece, diventa
sempre di più per i cristiani un
posto dove è difficile vivere.
Gli islamici più radicali hanno
ampio margine di manovra e
spesso commettono crimini e
discriminazioni contro i cristiani, rimanendo impuniti; il
governo non sembra in grado
di garantire la sicurezza della
minoranza cristiana.
to principalmente il grado
di libertà dei cristiani nel
vivere apertamente la propria fede in 5 aree della vita
quotidiana: il privato, la famiglia, la comunità in cui
risiedono, la chiesa che frequentano e la vita pubblica
del Paese in cui vivono, cui
si aggiunge una sesta area,
che serve a misurare l’e-
ventuale grado di violenze
subite.
Vi proponiamo una sintesi dei cambiamenti avvenuti
nella WWList 2014 rispetto a
quella dell’anno precedente, ricordandovi che il periodo coperto dalla WWList
va dal 1° Novembre 2012
al 31 Ottobre 2013.
• La Colombia fa un enorme salto nella WWList: dal
46° al 25° posto, dimostrando come sia possibile in una
nazione cristiana parlare in
molte aree di persecuzione
dei cristiani.
• Per la prima volta una
nazione sub-sahariana, la Somalia, raggiunge la seconda
posizione. Sempre in Africa,
il Sudan è all’11°. I paesi africani assumono un ruolo determinante nella WWList. La Repubblica Centrafricana è la
nuova new entry, direttamente
al 16° posto: violenze orribili
sono state dirette contro i cristiani dai ribelli Seleka nel periodo preso in esame.
• I paesi con il più elevato
numero di violenze contro i cristiani (assassinî, rapimenti, stupri, distruzioni di chiese) sono:
la Repubblica Centrafricana, la
Siria, il Pakistan, l'Egitto, l'Iraq,
il Myanmar, la Nigeria, la Colombia, l'Eritrea e il Sudan.
• La violenza contro i cristiani è stata più visibile nei
cosiddetti Paesi “in crisi” o in
via di dissoluzione. Basti pensare a stati come la Somalia, la
Siria, l'Iraq, l'Afghanistan, il
Pakistan, lo Yemen e la Repubblica Centrafricana, per capire
di che cosa si tratta, senza dimenticare la Libia e la Nigeria.
• In ben 34 nazioni la persecuzione è aumentata rispetto all’anno precedente
(64%). In 5 nazioni la persecuzione è diminuita, ossia
la situazione per i cristiani è
migliorata (10%). Nel resto
delle nazioni la situazione è
rimasta più o meno la stessa
(26%).
5
• Le nazioni uscite dai primi 50 Stati dove esiste la persecuzione, e quindi dalla WWList 2014, sono l’Azerbaigian
(al 38° posto l’anno scorso),
il Kirghizistan (49°) e l’Uganda (47°), che rimangono
“sorvegliati speciali”. Oltre
alla Repubblica Centrafricana, entrano lo Sri Lanka,
direttamente al 29° posto, e il
Bangladesh, al 48°.
Da www.porteaperteitalia.org
(continua a pag. 11)
INSERTO
IDOP
INSERTO
Settimana di Preghiera
dell'Alleanza Evangelica 2015
A partire dal 1861, l’Alleanza promuove la Settimana di Preghiera (SP) a metà del mese di gennaio. All’inizio fu qualcosa di rivoluzionario, perché i suoi ideatori erano convinti che, senza dover rinunciare alla propria specifica identità, fosse possibile a credenti di diverse chiese, uniti dalla stessa fede nel Gesù presentato nelle Scritture, fraternizzare attraverso la preghiera. Si trattava, non di pregare per ritrovare un’unità perduta, ma piuttosto di rallegrarsi perché si era uniti in
Cristo, nonostante diversità secondarie. L’Alleanza non nacque sotto la spinta di sollecitazioni burocratiche o del bisogno di
visibilità, o della possibilità di sentirsi più forti. Prese origine, invece, da un autentico fervore spirituale e dottrinale. Fin dal
suo sorgere, l’Alleanza ha sostenuto la necessità del reciproco riconoscimento tra credenti sulla base di una comune piattaforma dottrinale. Essa non ha mai dato per acquisito il consenso né ha fatto conto che esso esista, ma ha piuttosto cercato di testimoniarlo1. In genere, ogni anno un’Alleanza Evangelica di un Paese diverso provvede a fornire i materiali per la preghiera. Sono incoraggiati incontri tra credenti di chiese diverse e momenti speciali di preghiera all’interno delle singole chiese.
Il Padre nostro
Introduzione alla Settimana di Preghiera 2015
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
rendiamo grazie a Dio che ci ispira ad adempiere il Suo comandamento di pregare, come mezzo per godere della Sua bontà paterna e delle Sue
benedizioni.
La preghiera è il comandamento di Dio al Suo popolo perché tutte le suppliche siano portate a Lui (2 Cr 7,14). Gesù ha seguito Lui stesso e insegnato
la pratica della preghiera (Mc 6,46, Lc 6,12; Lc 11,1). La preghiera è una delle pratiche cui la Chiesa primitiva si dedicò con fervore (At 2,42).
Per vivere e agire secondo la volontà di Dio, dobbiamo comunicare con il nostro Padre celeste.
Gli eventi degli ultimi tempi ci spingono a mettere in pratica questo insegnamento, come il Signore stesso ha detto: “Vegliate dunque, pregando
in ogni momento, affinché siate in grado di scampare a tutte queste cose che stanno per venire, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo”
(Lc 21,36).
Il Padre nostro è un esempio di preghiera ‘a tutto tondo’, perché abbraccia tutti i nostri desideri, e noi siamo lieti di usarlo come ispirazione per
questi giorni di preghiera.
Giovanni Calvino, uno dei Riformatori, ha descritto la preghiera come il mezzo primario di fede grazie a cui un cristiano riceve quotidianamente
la benedizione di Dio.
Con la preghiera noi cerchiamo la grazia di Dio per tutta l’umanità (1 Ts 5,17; Col 1,9; Gc 4,2; Gc 5,16) e il Suo intervento nelle circostanze che
affliggono la nostra vita, la nostra famiglia, la nostra nazione, il nostro mondo. Questo grido proveniente dal cuore di Dio e trasmesso da Ezechiele,
vale oggi più che mai: “Io ho cercato fra loro qualcuno che riparasse il muro e stesse sulla breccia davanti a me in favore del paese, perché io
non lo distruggessi; ma non l’ho trovato” (Ez 22,30). La Chiesa e il mondo hanno bisogno di persone come Abraamo, Mosè, Daniele, Neemia
ecc., che si mettano davanti a Dio per supplicarLo in favore del popolo. Impegnandoci in questa Settimana di Preghiera, noi ci offriamo a Dio
come guardiani, per cercare il bene dell’intera umanità, nella nostra città, nei vari continenti e in tutto il mondo.
Che l’unico vero Dio (Gv 17,3), l’onnipotente Signore, porga orecchio e guardi con favore a tutto ciò che diciamo e facciamo in questi momenti
in cui cerchiamo la Sua presenza e il Suo intervento!
Past. Samuel Yameogo
Presidente dell’African Evangelical Alliance
Temi per la giornata - Avere uno spirito diverso
Testi biblici
1o giorno
Padre nostro che sei nei cieli...
Giovanni 17,1-26, 1 Giovanni 3,1-24
2 giorno
Sia santificato il tuo nome...
Salmo 8,1-1, Salmo 19,1-14
3 giorno
Venga il tuo regno...
Geremia 33,14-26, Matteo 22,1-14
4 giorno
Sia fatta la tua volontà, come in cielo, anche in terra...
Matteo 26,36-46
5o giorno
Dacci oggi il nostro pane quotidiano...
Deuteronomio 8,6-1, Matteo 6,25-34
6 giorno
Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori...
Matteo 18,21-35, Luca 15,11-32
7 giorno
Non ci esporre alla tentazione...
Genesi 39,1-23, Matteo 4,1-10
8o giorno
Ma liberaci dal maligno!
1 Timoteo 6,1-21
o
o
o
o
o
I passi citati sono tratti dalla Bibbia versione Nuova Riveduta
1
La «Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani», patrocinata dal CEC e dalla Chiesa cattolica romana, è nata molto più tardi (1958) per iniziativa del «Centro
ecumenico per l’unità cristiana» di Lione. Le due iniziative hanno visioni dell’unità cristiana profondamente diverse e non devono essere confuse. La Settimana
dell’Alleanza Evangelica si basa sull’unità tra i nati di nuovi, quella ecumenica sull’unità tra i battezzati delle chiese.
6
Settimana di Preghiera dell'Alleanza Evangelica – 11-18 gennaio 2015
do le Scritture, Dio è anche il Padre dei non credenti, ma solamente nel
senso che Egli è loro creatore. Spiritualmente, i non credenti hanno un
padre diverso, e Gesù Cristo disse chiaramente che tale padre è il diavolo
(Gv 8,44). Chiamare Dio ‘Padre nostro’ significa dunque affermare che
accettiamo la Sua autorità assoluta sulla nostra vita. Di conseguenza, Gli
dobbiamo obbedienza assoluta, onore e timore (Mal 1,6).
Pertanto, quando preghiamo, Gesù Cristo ci insegna a riconoscere
che Dio è nostro Padre. Egli è il Creatore sovrano della nostra vita. Egli
è esaltato e il Suo nome è al di sopra di ogni altro nome. Egli è degno
della nostra adorazione, del nostro rispetto, del nostro amore e della
nostra fiducia. ‘Padre nostro’, infine, significa anche che, oltre al nostro rapporto verso il cielo, dobbiamo tener conto delle nostre relazioni
terrene. Siamo tutti figli appartenenti allo stesso Padre, anche se siamo
diversi per colore, sesso, stato sociale, ecc.
“Padre Nostro che sei nei cieli...” (Mt 6,9 b)
Letture bibliche: Gv 7,1-26; 1 Gv 3,1-24
Con queste brevi parole di apertura Gesù ci insegna che la nostra preghiera dev’essere focalizzata su Dio e cominciare sempre dal riconoscimento che Egli è il ‘Padre nostro’ che è nei cieli. Il termine ‘padre’ è
espresso anche come ‘abbà’ nella Parola (Mc 14,36, Rm 8,15, Gal 4,6),
cioè ‘papà’ nel linguaggio comune.
Nel contesto africano, i bambini non sono autorizzati a chiamare il
loro papà con il nome proprio. Propendono per chiamarlo ‘papà’, che
è l’equivalente di ‘padre’ e che sta a indicare l’esistenza di un rapporto
profondo e unico tra di loro. Dalla nostra esperienza in Africa, rivolgersi
a Dio come ‘Padre’ o ‘Papà’ significa che, fin da subito, affermiamo la
nostra fiducia in Lui, la quale, in quanto figli Suoi, è un nostro diritto.
Alcuni padri terreni trascurano, respingono, o addirittura dimenticano i
propri figli – non è questo il caso del nostro Padre celeste. Anche se è in
cielo, Egli è sempre presente e disponibile per noi Suoi figli. Si occupa
di ogni dettaglio della nostra vita. Conosce molto bene i nostri bisogni
quotidiani e se ne prende cura. Rivolgersi a Dio come ‘Padre nostro’ significa anche riconoscerLo come sorgente fisica e spirituale della nostra
vita. Egli è il nostro Creatore (Gn 1,26-27; Mal 2,10); ma anche, e soprattutto, noi siamo Suoi figli (Gv 1,12-13): è per mezzo della fede in Cristo
Gesù che diventiamo Suoi figli e figlie. Ed è questo che ci dà il coraggio
e l’audacia, non soltanto di avvicinarci a Lui come figli diletti, ma anche
di vivere la nostra vita in maniera piena e con un senso di fiducia. Secon-
Versetto del giorno:
Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli
di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito di servitù per ricadere
nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito di adozione, mediante il
quale gridiamo: «Abbà! Padre!» Lo Spirito stesso attesta insieme
con il nostro spirito che siamo figli di Dio. Se siamo figli, siamo
anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo ... (Rm 8,14-17)
Spunti per la preghiera:
•Prega che la tua conoscenza di Dio come Padre possa fare la differenza nella tua vita.
Lunedì 12 gennaio 2015
ogni parte della nostra vita, pubblica o privata, e di chiedere la Sua grazia per riuscire a glorificarLo in tutti i modi. A questo punto, per onestà
dovremmo esaminare le nostre motivazioni nella vita e chiederci perché facciamo quello che facciamo. È nostro crescente desiderio dare a
Lui la gloria in ogni cosa, senza eccezioni? In caso contrario, vorrebbe
dire che il nome del Padre nostro non è santificato, ma è disonorato.
Questa era, fra l’altro, la preoccupazione di Daniele. Egli confessò i
peccati di tutto il popolo e implorò Dio di perdonare e di ristabilire, in
quanto l’onore del Suo nome era a rischio (Dan 9,17-19).
In pratica, ‘santificare’ il nome di Dio significa dare testimonianza di ciò che Egli ha fatto, e glorificarLo, in segno di profonda gratitudine e sincero apprezzamento (Sal 34:1-3). Ciò significa attribuire a Dio quello che Egli merita, sia direttamente (esprimendoGli
le nostre lodi e adorandoLo) sia indirettamente (annunciando ad
altri ciò che Egli ha fatto per noi). Ma si può santificare il nome di
Dio anche con un cammino fatto secondo la Sua volontà. Per noi
credenti, vivere disubbidendo a Dio significa usare invano il Suo
nome e pretendere di chiamare ‘Signore’ qualcuno che non stiamo
seguendo come degno di tale nome (Mt 7,21).
Infine, santificare il nome di Dio significa attirare altre persone a Lui,
impegnandoci a vivere in modo che la ‘[nostra] luce’ risplenda davanti
agli altri, perché ‘vedano le [nostre] opere buone e glorifichino il
Padre [nostro] che è nei cieli’ (Mt 5,16).
“Sia santificato il tuo nome..” (Mt 6,9b)
Letture bibliche: Sal 8,1-10; Sal 19,1-14
Quando preghiamo, Gesù ci insegna a glorificare Dio. Egli solo, in
tutto l’universo, è degno di essere glorificato. Dio deve avere la priorità
in ogni aspetto della nostra vita, e sicuramente durante i nostri momenti di profonda comunione con Lui. Come ha osservato un teologo
contemporaneo, ‘la preghiera non dev’essere un’abitudine che offre un
riconoscimento casuale di Dio, ma dovrebbe aprire la strada a vaste
dimensioni di riverenza, ammirazione, apprezzamento, onore e adorazione’. Il Padre ha creato il mondo proprio a questo scopo. Allo stesso
modo, l’intero piano di salvezza è progettato per essere a lode della Sua
gloria (Rm 11,33-36; Ef 1,4-6). Se la gloria viene data a qualche altra
persona o cosa, ciò rovina quello che è dovuto a Dio solo.
Santificare il nome di Dio significa ‘distinguerlo come santo e speciale’. Ricordiamo che in tutto l’Antico Testamento il nome di Dio è
infinitamente superiore ai Suoi titoli o appellativi. Il Suo nome rappresenta tutto ciò che Egli è: riflette il Suo carattere, il Suo piano, la
Sua volontà, la Sua autorità. Prendiamo, ad esempio, l’esperienza di
Mosè: “Il Signore discese nella nuvola, si fermò con lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, e gridò: «Il
Signore! Il Signore! Il Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in bontà e fedeltà, che conserva la sua bontà fino alla
millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e
il peccato ma non terrà il colpevole per innocente; che punisce
l’iniquità dei padri sopra i figli e sopra i figli dei figli, fino alla
terza e alla quarta generazione!” (Es 34,5-7). Le caratteristiche di
Padre nei versetti 6-7 sono uguali al ‘nome del Signore’ del versetto 5.
Il ‘nome’ di Dio può essere inteso come equivalente della Sua ‘reputazione’ (Sal 23,3; Is 48,9). Così, all’inizio di questa preghiera, Gesù
Cristo ci insegna a lodare Dio per quello che Egli è. Tale lode dovrebbe
esprimere la nostra convinzione che questo nostro Padre è diverso da
tutti gli altri nella Sua eccellenza e santità, nel Suo amore e nella Sua
grazia. Il che dà a noi, in quanto credenti, l’opportunità di esaminare
Versetto del giorno:
Io mi glorierò nel SIGNORE; gli umili l'udranno e si rallegreranno.
Celebrate con me il SIGNORE, esaltiamo il suo nome tutti insieme. Ho
cercato il SIGNORE, ed egli m'ha risposto; m'ha liberato da tutto ciò
che m'incuteva terrore. (Sal 34,2-4)
Spunti per la preghiera:
•Preghiamo che il nome del ‘Padre nostro’ che è nei cieli sia santificato dovunque sulla terra.
•Prega che il Suo nome sia santificato in particolare nella tua vita,
così che tu sia uno strumento della Sua santità.
7
INSERTO
Domenica 11 gennaio 2015
Settimana di Preghiera dell'Alleanza Evangelica – 11-18 gennaio 2015
INSERTO
Martedì 13 gennaio 2015
zione nel mondo in cui viviamo, un mondo dominato dal regno di Satana, la
cui caratteristica principale è l’opposizione al Regno di Dio e al Suo popolo.
Pregare ‘Venga il Tuo Regno!’ significa pregare che la presenza del Signore Gesù Cristo si riveli nella vita di ognuno dei Suoi figli. Questo ha
inizio alla conversione, quando essi diventano nuovi cittadini del Regno.
La conversione richiede che vi sia un invito (Mt 22,1-14), seguito dal pentimento (Mc 1,14-15) e da una risposta affermativa (Mc 12,28-34).
Al momento, questo Regno sulla terra esiste ‘interiormente’; in altre parole, si trova nel cuore e nei pensieri di tutti coloro che appartengono a Gesù
Cristo, il Re. Dobbiamo pregare che il loro numero aumenti. Il Regno per il
quale preghiamo oggi, e che stiamo già pregustando, è di immenso valore (Mt
13,44-46). L’uomo della parabola vendette tutto ciò che aveva per comprare
la salvezza. Questo Regno spirituale, che inizialmente è stato annunciato ad
Abraamo (Lc 8,11; 13,28), sarà completo solo quando il male sarà distrutto e
Dio avrà stabilito un nuovo cielo e una nuova terra (Ap 21,1). Così, pregando ‘Venga il Tuo Regno!’, si fa anche un riferimento alla seconda venuta del
Signore, come conferma l’apostolo Giovanni in Apocalisse 22,20: ‘Colui che
attesta queste cose dice: «Sì, vengo presto». Amen! Vieni, Signore Gesù’. Soltanto allora le nostre preghiere saranno finalmente e completamente esaudite.
“Venga il tuo regno...” (Mt 6,10a)
Letture bibliche: Geremia 33,14-26; Mt 22,1-14
Nel corso delle prime due giornate della nostra Settimana di Preghiera,
ci siamo concentrati sulla persona del ‘Padre nostro’ che è nei cieli. Nell’avvicinarci a Dio, Gesù ci insegna a riconoscere che Egli è il Padre ‘nostro’
e che dobbiamo ‘santificare’ il Suo nome con la nostra lode e adorazione
ogni volta che preghiamo. Queste affermazioni sono seguite da ciò che il
Padre vorrebbe che Gli dicessimo: ‘Venga il Tuo Regno!’. Pregando in
questo modo, si prega per il Regno di Dio, un Regno di cui Lui e Lui solo
è Signore e Re. Si tratta di un Regno che è sulla terra (Mt 6,10 a), ma non è
di questo mondo con tutti i suoi sistemi. Gesù Cristo stesso lo ha affermato
davanti a Pilato (Gv 18,36). Pregare ‘Venga il Tuo Regno!’ significa pregare affinché i piani del nostro Padre celeste si realizzino. Il Suo proposito
è che Gesù Cristo venga a regnare come Re dei re e Signore dei signori. I
Suoi piani dovrebbero essere la preoccupazione di tutta la nostra vita e delle
nostre preghiere. Ma le nostre preghiere sono spesso egocentriche. Si concentrano sui nostri bisogni, sui nostri progetti, sulle nostre aspirazioni. Spesso non siamo molto diversi dai bambini, che non conoscono altro modo
che i propri sentimenti e le proprie esigenze. Nella vita cristiana, è una vera
sfida quella di lottare contro vecchie abitudini peccaminose che nascono dal
nostro profondo egoismo. Perciò, quando preghiamo per noi stessi o per
gli altri, preghiamo perché sia fatta la volontà di Dio. Qualcuno disse una
volta che la preghiera non è preghiera se non menziona il Regno di Dio. Il
Suo nome è glorificato quando il Suo Regno viene. E il Suo Regno viene
quando Egli prende a regnare nel cuore di uomini e donne, e questo regno
ha inizio quando essi sentono il Vangelo e ricevono personalmente Gesù
Cristo come loro Salvatore e Signore. È per questo che possiamo dire che il
Regno è presente nel cuore dei credenti (Lc 17,21). Dobbiamo però essere
coscienti del fatto che il Regno di Dio e la vita cristiana affrontano l’opposi-
Versetto del giorno:
Perché il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è
giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo. (Rm 14,17)
Spunti per la preghiera:
•Prega che il Regno di Dio sia stabilito oggi nel cuore e nella
vita di coloro che non Lo conoscono ancora.
•Preghiamo che il Suo Regno venga nei nostri cuori, secondo
quanto Egli merita.
•Preghiamo anche che un giorno Egli venga a rompere la tirannia
del peccato e a ristabilire questo mondo.
Mercoledì 14 gennaio 2015
comunità del ‘popolo del cielo’ sulla terra. Questo è ciò che possiamo
descrivere come prova tangibile del lavoro dello Spirito Santo nel cuore
delle persone. Quando preghiamo ‘sia fatta la tua volontà, come in cielo,
anche in terra’, stiamo innanzi tutto pregando che la volontà del Padre nostro che è nei cieli possa diventare la nostra volontà. Non il contrario. Poi,
preghiamo anche che la Sua volontà conquisti e si realizzi nel Suo mondo,
così come in tutto il mondo a venire. Quando preghiamo, dobbiamo riconoscere che Dio sa ciò che è buono, e dobbiamo sempre sottomettere la
nostra volontà alla Sua. La Parola di Dio ci ricorda che la volontà di Dio è
buona, gradevole e perfetta (Rm 12,2). Quando preghiamo che sia fatta la
volontà di Dio, dobbiamo però essere consapevoli che l’orgoglio è il grande nemico di questa volontà. L’orgoglio incitò Satana a ribellarsi contro
Dio, e oggi l’orgoglio conduce i non credenti a rifiutare Dio e i credenti a
disubbidirGli. Per accettare la volontà di Dio (sempre che siamo sinceri in
questo tipo di preghiera), l’egocentrismo ovviamente deve sparire. Il che
non è facile, umanamente parlando; tuttavia, è possibile, per grazia dello
Spirito Santo. Il nostro Signore e Salvatore ci ha dato l’esempio quando,
in una notte buia, pregò nel giardino del Getsemani. E questo, poco prima
del Suo arresto! Per ben tre volte chiese che la volontà di Suo (e nostro)
Padre fosse fatta nei cieli (Mt 26,39-44).
“Sia fatta la tua volontà come in cielo, anche in terra... ”
(Mt 6,10b)
Letture bibliche: Mt 26,36-46
Finora, Gesù Cristo ci ha insegnato che il punto focale di ogni preghiera
dovrebbe essere ‘il Tuo nome... il Tuo regno... la Tua volontà...’; il che ci
fa capire cos’è che dovrebbe avere la priorità nella nostra vita di preghiera. Oggi, quando ci avvicineremo a nostro Padre in preghiera, cerchiamo
di essere consapevoli del fatto che stiamo entrando alla presenza di un
Padre che è sovrano. Eppure questa Sua sovranità solleva una serie di
interrogativi. Ad esempio, come facciamo a collegare la sovranità di Dio
alla preghiera: ‘Sia fatta la tua volontà, come in cielo, anche in terra’? O
ancora: se il Padre nostro è sovrano, ciò significa che la Sua volontà venga comunque fatta inevitabilmente? Potrebbe la nostra volontà annullare
quella del Padre nostro che è nei cieli, quando preghiamo con serietà e
sincerità? Ecco uno dei paradossi della Bibbia.
Dobbiamo ricordare che il nostro Padre nei cieli è sovrano, ma permette alle persone di agire secondo la propria volontà in determinate circostanze. Dio non è un Padre-dittatore. Il contesto africano è pieno di esempi
di padri che impongono la propria volontà ai figli. Il fatto che Gesù Cristo
ci insegni a pregare: ‘Sia fatta la tua volontà, come in cielo, anche in terra’, indica che la volontà di Dio, nostro Padre, non sempre è fatta sulla
terra. La nostra preghiera a Dio dev’essere che ogni persona e ogni cosa
sulla terra si pongano in allineamento con la Sua perfetta volontà. Pregare
‘sia fatta la tua volontà, come in cielo, anche in terra’ è una sorta di protesta contro le idee e i sistemi del nostro tempo, caratterizzato dal regno
del diavolo. Si tratta di pregare affinché la volontà di Satana sia totalmente
sconfitta. Si tratta anche di pregare perché ciò che sta a cuore al Padre
sia prioritario anche nella nostra mente. E ciò può verificarsi solamente
quando il Vangelo comincia a fare effetto nella vita delle persone. Infatti,
seguirà il desiderio di fare la Sua volontà, e si arriverà quindi a essere una
Versetto del giorno:
Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano
Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno. (Rm 8,28)
Spunti per la preghiera:
•Prega che Dio ti dia saggezza spirituale per imparare la Sua
volontà (Sal 119,27, 33).
•Prega di avere una propensione spirituale verso la Sua volontà
(Sal 119,32; 36).
•Prega perché la volontà di Dio vinca sempre là dove ci sono
conflitti d’interesse.
8
Settimana di Preghiera dell'Alleanza Evangelica – 11-18 gennaio 2015
doni della vita, quando preghiamo, dovremmo riconoscere che tutto ciò
che abbiamo viene da Dio e che dipendiamo da Lui per tutto ciò che ci
necessita. Nella Sua generosità, Dio provvede ai bisogni dei Suoi figli,
e lo ha fatto fin dall’inizio del mondo. Dopo aver benedetto Adamo ed
Eva, Dio disse: ‘Ecco, io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di
tutta la terra, e ogni albero fruttifero che fa seme; questo vi servirà di
nutrimento’ (Gn 1,29).
Ricordiamo, inoltre, che questa richiesta al Padre nostro per i nostri
bisogni personali ci coinvolge anche nei bisogni degli altri. Cioè, quando preghiamo: ‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano’, la nostra richiesta
deve comprendere anche le necessità materiali, fisiche e spirituali dei nostri amici e, soprattutto, di tutti i bisognosi in tutto il mondo.
‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano’ significa riconoscere che Dio è
la nostra fonte di approvvigionamento. Dobbiamo sbarazzarci dell’idea
che siamo noi a provvedere a tutti i nostri bisogni. Dobbiamo affidare i
nostri bisogni al Padre nostro, che sa benissimo ciò di cui abbiamo bisogno e non mancherà di provvedercelo.
Letture bibliche: Dt 8,6-18; Mt 6,25-34
Dopo esserci concentrati sulla persona di Dio, il ‘Padre nostro che [è]
nei cieli’, e sull’adempimento della Sua volontà ‘come in cielo, anche
in terra’, veniamo alla richiesta: ‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano’.
Durante il mio ministero con un’organizzazione missionaria in Africa, ho
avuto occasione di visitare molte chiese in città europee, soprattutto in
Germania. Era il 2000. Una domenica, dopo il culto, sono stato invitato
a pranzo presso una famiglia. Seduti intorno al tavolo, abbiamo parlato
delle nostre opinioni su vari argomenti. A un certo punto, ho fatto una
domanda per sapere quale fosse il parere degli occidentali sulla frase di
Gesù: ‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano’. La risposta del mio ospite mi ha scioccato: ‘Questa preghiera non ha posto nella vita quotidiana
degli occidentali di oggi. Perché chiedere a Dio ciò che già abbiamo in
abbondanza? Penso che la richiesta avrebbe più senso in Africa e in altri
Paesi in via di sviluppo, dove è difficile trovare un pasto al giorno. Penso
che lei abbia già notato, durante il suo soggiorno qui, che ciò che le sto
dicendo è vero’. E tuttavia, dopotutto, non è Dio la fonte di tutto quello
che abbiamo (Dt 8,18)?
Cosa significa ‘il nostro pane quotidiano’? Certo, rappresenta il pane
di cui abbiamo bisogno per vivere. Potrebbe indicare il pane per oggi,
ma anche il pane per il giorno a venire. Entrambe le possibilità sottolineano il fatto che, ogni giorno, dipendiamo dal nostro Padre celeste per
soddisfare tutti i nostri bisogni fondamentali, siano essi materiali o spirituali. Naturalmente, ciò include le necessità quotidiane. Certo, possiamo
desiderare molte altre cose, ma, se siamo onesti, i nostri bisogni reali
sono pochi. Gesù Cristo ci insegna a concentrarci su ciò di cui abbiamo
veramente bisogno, e ad affidarci poi a Dio, che nella Sua onniscienza
conosce tutti i nostri bisogni prima ancora che Glieli sottoponiamo. A
differenza di coloro che non sono figli di Dio e che danno per scontati i
Versetto del giorno:
Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto;
perché chiunque chiede riceve; chi cerca trova, e sarà aperto a chi bussa.
Qual è l'uomo tra di voi, il quale, se il figlio gli chiede un pane, gli dia
una pietra? Oppure se gli chiede un pesce, gli dia un serpente? Se dunque
voi, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il
Padre vostro, che è nei cieli, darà cose buone a quelli che gliele domandano! (Mt 7,7-11)
Spunti per la preghiera:
•Esprimi la tua gratitudine a Dio perché si prende cura delle tue necessità fisiche, e ringraziaLo perché continui a far sì che il Suo nome sia
glorificato.
•Prenditi del tempo per pregare per le necessità altrui come per le tue.
Venerdì 16 gennaio 2015
le o azioni, con l’atteggiamento o il pensiero. Quindi, sapendo come
dobbiamo mantenere il nostro rapporto con il Padre, questa richiesta
(‘Rimetti a noi i nostri debiti’) è di vitale importanza. L'invocazione
del perdono implica che dobbiamo confessare al Padre tutti i nostri
peccati, sia quelli conosciuti sia quelli sconosciuti. Secondo la Sua
Parola, ‘Egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da
ogni iniquità’ (1 Gv 1,9).
Ma ricordiamoci che Gesù Cristo non ci insegna solamente a chiedere al Padre nostro di perdonare noi; ma aggiunge che anche noi dobbiamo perdonare chi ci ha offesi. ‘Perdonare’ significa semplicemente
‘lasciar andare’, ‘sciogliere’ o ‘liberare’. Il perdono, per il figlio di Dio,
non è un’opzione: è un comandamento nella Parola di Dio (Ef 4,32).
Se perdoniamo chi ci ha offesi, quanto più il Padre celeste ci perdonerà
quando chiederemo il Suo perdono! Ora, il canto del re Davide diventa una realtà nella nostra vita: ‘Beato l’uomo a cui la trasgressione è
perdonata,e il cui peccato è coperto! Beato l’uomo a cui il Signore non
imputa l’iniquità e nel cui spirito non c’è inganno!’ (Sal 32,1-2).
“Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi
ai nostri debitori…” (Mt 6,12)
Letture bibliche: Mt 18,21-35; Lc 15,11-32
Oggi ci concentreremo sui bisogni spirituali. Posso immaginare quanto si sia desiderosi di entrare alla presenza di un Padre che è santo.
Senza voler frenare il tuo entusiasmo, mi permetto di chiedere un momento di silenzio e d’introspezione. Una verità inevitabile è che l’ingresso alla presenza del Padre celeste è bloccato, perché c’è un problema grave che deve essere risolto: il problema del peccato. Questo
è ciò che ci separa dal Padre nostro e rende qualsiasi comunicazione
con Lui impossibile. Siamo tutti contaminati dal peccato e privi della
gloria di Dio (Rm 3,23). Non solo contaminati, ma anche, e soprattutto, condannati a morte eterna. Abbiamo ereditato questo peccato dai
nostri progenitori (Rm 5,12). Questa è la cattiva notizia. Tuttavia, questa cattiva notizia è seguita da una buona notizia... e c’è speranza! Dal
momento che il grande problema dell’umanità è quello del peccato, il
bisogno maggiore è quello del perdono. Ed è questo ciò che il Padre
nostro che è nei cieli offre a chi Glielo chiede. La Parola di Dio ci ricorda che, per tutti coloro che sono in Cristo, i loro peccati commessi
da credenti non potranno in alcun modo farli sprofondare nuovamente
nella condanna e nel giudizio eterni (Rm 8,1). Ma attenzione! Mentre
ci rallegriamo per questa buona notizia, cerchiamo di non perdere di
vista il fatto che dovremmo sempre essere consapevoli delle nostre
mancanze e debolezze quotidiane, in quanto che esse influiscono sul
nostro rapporto con il Padre nostro che è nei cieli. Abbiamo sempre
bisogno di chiedere al nostro Padre celeste il perdono dei peccati che
continuiamo a commettere, consciamente o inconsciamente, in paro-
Versetti del giorno:
Perché se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro
celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe. (Mt 6,14-15)
Spunti per la preghiera:
•Dedica del tempo a confessare i tuoi peccati al tuo Padre celeste.
•Pensa alle persone che non hai ancora perdonato, e chiedi a Dio di darti
la grazia di perdonarle, liberandole così dalla schiavitù del peccato.
•Prega per avere luce, perché tu sia in grado di smascherare le macchinazioni di Satana (2 Cor 2,11) e di potergli resistere (1 Pt 5,8,9).
9
INSERTO
Giovedì 15 gennaio 2015
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano... ” (Mt 6,11)
Settimana di Preghiera dell'Alleanza Evangelica – 11-18 gennaio 2015
INSERTO
Sabato 17 gennaio 2015
eseguire altri compiti altrove. Questa strategia era stata attentamente
calcolata dalla moglie del suo padrone per intrappolarlo. Lei lo voleva
nel suo letto, a qualunque costo. Il diavolo è astuto: sa come impostare
la sua trappola e catturare la preda. Giuseppe, un giovane fisicamente
di bell’aspetto, dovette confrontarsi con questa trappola. Anche Gesù
Cristo, molto vulnerabile dopo quaranta giorni di digiuno nel deserto,
combatté le tentazioni volte ai Suoi bisogni della carne, degli occhi e
del Suo amor proprio. Di nuovo, la stessa domanda sorge spontanea:
perché Dio permette che i Suoi cari figli siano tentati? Dio, nel permettere tali esperienze nella vita dei suoi figli, ha una buona ragione
(Gc 1,2-3). Questo non significa che Dio sia assente e inattivo. Egli è
onnipresente ed è anche onnisciente. Nulla sfugge alla Sua attenzione.
Inoltre, Egli è più grande di tutte le circostanze e ha promesso che non
ci permetterà di essere tentati oltre il limite che possiamo sopportare
(1 Cor 10,13). Quando preghiamo ‘non ci indurre in tentazione’, dobbiamo semplicemente riconoscere la nostra debolezza e vulnerabilità e
affermare la nostra totale dipendenza da Lui per la nostra salvaguardia
da qualsiasi peccato, quando siamo tentati.
“Non ci esporre alla tentazione...” (Mt 6,13a)
Letture bibliche: Gn 39,1-23; Mt 4,1-10
Oggi affronteremo un aspetto spirituale molto importante dei nostri
bisogni: la preghiera per la nostra protezione spirituale. Come esseri
umani, tutti i giorni affrontiamo svariate situazioni che ci mettono alla
prova e ci tentano, e che sono a volte molto difficili. I figli di Dio non
ne sono esenti. La Parola di Dio contiene molti esempi al riguardo. I
nostri antenati, Adamo ed Eva, furono tentati nel giardino dell’Eden. Il
giovane Giuseppe, schiavo in Egitto, fu tentato più volte dalla moglie
del suo padrone, Potifar. Giobbe, descritto come ‘integro e retto; temeva Dio e fuggiva il male’ (Gb 1,1), fisicamente soffrì terribili prove
per mano del diavolo. Il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, Dio
incarnato, fu tentato dal diavolo nel deserto per quaranta giorni.
Siamo circondati da situazioni che ci espongono alla tentazione. Potremmo chiederci perché il nostro Padre celeste permetta ai Suoi figli
di affrontare tali circostanze, o perché alcuni di loro finiscano effettivamente per cadere in tentazione. Ricordiamoci che il nostro Padre
celeste non tenta nessuno (Gc 1,13); eppure Egli permette ai Suoi figli
di attraversare prove e difficoltà spesso molto difficili, come abbiamo
visto negli esempi precedenti. A volte, queste tentazioni ci affliggono
quando siamo soli e molto vulnerabili. Giuseppe, nell'Antico Testamento, è un buon esempio di questo: fu tentato quando era stato lasciato solo a lavorare in casa, mentre altri lavoratori erano stati mandati a
Versetti del giorno:
Nessuno, quand'è tentato, dica: “Sono tentato da Dio”; perché Dio
non può essere tentato dal male, ed egli stesso non tenta nessuno; invece ognuno è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo
seduce. Poi la concupiscenza, quando ha concepito, partorisce il peccato; e il peccato, quando è compiuto, produce la morte... (Gc 1,13-15)
Domenica 19 gennaio 2014
mostrazione di coraggio e di saggezza. E, soprattutto, è un atteggiamento
biblico (2 Tm 2,22). La nostra parte è quella di resistere al diavolo. E per
farlo al meglio, occorre che ci sottomettiamo a Dio. Sottometterci a Dio
significa sottometterci alla Sua Parola, come fece Gesù, ogni volta che il
diavolo lo tentò nel deserto. La risposta di Gesù a ogni tentazione fu: ‘Sta
scritto...’. Noi dobbiamo sapere che cosa è scritto nella Parola di Dio,
per attingere da essa nel momento del bisogno (Sal 119,11). Una cosa
interessante del diavolo è che egli ama una discussione accanita, come
con Gesù Cristo, ma ciò che non tollera è la resistenza. Quando gli resisti,
egli fuggirà (Mt 4,10; Gc 4,7). Lui, però, non demorde. Può travestirsi e
tornare sotto altre forme. Ecco perché, ogni giorno e in ogni occasione,
dobbiamo fare questa richiesta prima che l’evento si presenti. Quando
siamo assaliti da tentazioni e da altri momenti di avversità, è difficile pensare obiettivamente. Quindi, è bene pregare così continuamente, prima
che sopraggiunga la tentazione. Questa preghiera è, naturalmente, la nostra preghiera di santificazione, ed è perciò gradita al Padre (1 Ts 4,3-4).
Possa il nostro uso di ‘noi’ e ‘nostro’ nella preghiera ricordarci spesso
che tutto ciò che chiediamo per noi stessi in preghiera dovrebbe anche
includere i nostri fratelli e sorelle in Cristo, dovunque siano. Questo è ciò
che dava peso alle preghiere dell’apostolo Paolo (Ef 3,14-21; Col 1,9-14).
“Ma liberaci dal maligno …” (Mt 6,13b)
Letture bibliche: Gios 14,6-15; Sal 91; Eb 12,12-15
Oggi, quando parliamo al Padre nostro, vogliamo chiederGli di proteggerci dal male. Il diavolo è un angelo caduto. È una persona reale. Non è
un simbolo, come molte persone (e addirittura anche alcuni cristiani) credono. Come se non bastasse, egli viene minimizzato, e la sua esistenza è
semplicemente ignorata. Tutto, invece, indica che il diavolo è molto attivo,
in particolare in questi ultimi giorni! È furioso e alimentato da una rabbia
profonda. Sapendo di essere condannato a morte, e intuendo di avere ancora poco tempo a disposizione, deve agire in fretta. Questo è il motivo
per cui la Parola di Dio ci mette in guardia: ‘Siate sobri, vegliate; il vostro
avversario, il diavolo, gira come un leone ruggente cercando chi possa divorare’. (1 Pt 5,8). Il suo unico scopo è quello di rubare, uccidere e distruggere (Gv 10,10). Vorrebbe essere sicuro, quando andrà nel luogo del suo
giudizio, di portare con sé quante più persone possibile. Fa quindi di tutto
per farci inciampare e distruggere la nostra vita cristiana. E noi abbiamo un
disperato bisogno della forza e della protezione del nostro Padre celeste.
A volte, quando inciampiamo, pensiamo che il diavolo abbia ottenuto una
grande vittoria, ma sappiamo che il Padre nostro è in grado di liberarci.
Quando preghiamo ‘... ma liberaci dal maligno’, non significa che ce
ne restiamo passivi ad aspettare che la liberazione ci arrivi servita su un
piatto. No! Dio ci chiede di collaborare con Lui nel processo di liberazione. La nostra cooperazione comincia già nel fare tutto il possibile per
evitare di cadere in tentazione. Il diavolo può spingerci fino al punto di
farci inciampare, ma non può costringerci a peccare: la decisione finale è
nostra! La vicenda di Giuseppe in Egitto ci dimostra che è possibile, anche se difficile, non cadere. Giuseppe non guardò la bellezza fisica della
moglie del suo padrone. Invece di cedere alla tentazione, scappò, letteralmente. Fuggire, come fece Giuseppe, di fronte alla tentazione potrebbe
essere considerato un'azione da codardi. In realtà, non è affatto così. È di-
Versetti del giorno:
Nessuna tentazione vi ha còlti, che non sia stata umana; però Dio
è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma
con la tentazione vi darà anche la via di uscirne, affinché la possiate sopportare. (1 Cor 10,13)
Spunti per la preghiera:
•Prega che Dio ti dia la grazia di resistere alla tentazione di Satana.
•Prega per la liberazione di quelli che sono caduti nella tentazione di Satana.
•Loda e ringrazia Dio per una vita trasformata, quando preghiamo
come Gesù Cristo ci ha insegnato.
10
Ideaitalia
11 IDOP e Domenica della Memoria
settembre ’14
Sua Eccellenza
Lettera al Prefetto

Iraq
I cristiani in Iraq stanno affrontando una dura persecuzione,
alla quale si aggiungono le migrazioni di massa che stanno
avvenendo in tutte quelle città
dove l’ISIS sta aumentando
il proprio controllo, in special
modo nel Nord e nel Nordovest del Paese. L’obiettivo di
questo gruppo è molto chiaro:
rendere l’Iraq uno stato islamico governato dalla Sharia.
Non ci sono più cristiani a
Mossul, al momento; le case
dei cristiani sono marcate
con il simbolo ‫( ن‬che sta per
“Nasrani”, che significa appunto cristiano in arabo). È
stato detto ai cristiani di partire, o di convertirsi all’Islam, o
di pagare una tassa per ricevere protezione, oppure di essere
uccisi. L’8 agosto, Qaraqosh,
la città irachena con il più alto
numero di abitanti cristiani, è
caduta sotto il controllo dell’ISIS e moltissimi cristiani hanno dovuto abbandonare le proprie case e fuggire.
Adesso, in queste intense
ore di bisogno, vogliamo continuare a pregare e a stare dalla
parte dei nostri fratelli iracheni e mediorientali. L’Alleanza
Evangelica Italiana, in collaborazione con Porte Aperte,
ha organizzato varie iniziative di preghiera pubblica per
le minoranze perseguitate. A
seguito del sit-in di preghiera
tenuto a Roma il 23 agosto
2014, è stata inviata la seguente lettera al Prefetto di Roma.
Simili iniziative possono essere svolte in altre città, in modo
da sensibilizzare le Autorità a
prendere iniziative a sostegno
di chi è minacciato.
(segue da pagina 3)
successivi Congressi (Manila 1989 e Città del Capo
2010). Evoca uno spirito
contrassegnato da una visione della missione olistica e
collaborativa. Di fatto, dopo
Losanna, “l’Evangelicalismo
non è stato più come prima”.
Quindi, siamo in presenza di
una “eredità” di grande rilievo. Infatti, il “secolo breve”
dell’Evangelicalismo si era
aperto con il Risveglio pentecostale (1904) e il Fondamentalismo (1909-1915) e
si è chiuso con l’inizio del
Movimento di Losanna (1974sino ai nostri giorni). I primi
due eventi hanno provato ad
animare il movimento evangelico secondo la guida dello
Spirito Santo (contro l’antisoprannaturalismo e il razionalismo) e a incardinarlo sulla fedeltà alla Parola di Dio
scritta (contro il liberalismo).
Questi due binari, Spirito e
Parola biblica, hanno avuto
talvolta la tendenza a essere
vissuti in modo divaricato o
tangente. Losanna li ha riuniti, fecondati e fatti germogliare, riuscendo a costruire
una piattaforma tanto biblicamente fondata quanto pneumatologicamente dinamica.
Interrogarsi sull’eredità di
Losanna a quarant’anni dal
Congresso e dal Patto significa, dunque, fare i conti con
uno dei pochi eventi e simboli
che hanno coagulato e compattato il movimento evangelicale sulla base di un’identità
teologica votata a una visione
missionaria locale e globale.
Cosa fare di una simile
“eredità”? La Parabola dei
talenti (Matteo 25,14-29) ci
ricorda che, nei confronti dei
doni di Dio (qual è Losanna), ci sono due possibilità:
sotterrarli per nasconderli
o investirli per farli frutta-
Le milizie islamiste dell’ISIS seminano terrore e morte segnando le case dei cristiani di Mosul, Karkakosh e di altre città
dell’Iraq del nord con la lettera ‫ن‬, iniziale della parola Nasrani
(seguaci del Nazareno) che è il modo per chiamare i cristiani.
L’obiettivo dell’ISIS è molto chiaro: rendere l’Iraq uno stato
islamico governato dalla Sharia. Per questo i cristiani e le altre
minoranze religiose hanno davanti tre possibilità: convertirsi
all’Islam, scappare o essere uccisi. Decine di migliaia di persone hanno dovuto abbandonare le loro case. Negli ultimi anni la
popolazione cristiana è diminuita della metà.
I drammatici sviluppi della situazione irachena impongono di
fare qualsiasi sforzo in favore di tutte le vittime di persecuzione.
Come Alto Rappresentante del Governo Italiano, Le chiediamo
di farsi portavoce presso il Governo stesso affinché ogni possibile sforzo sia fatto per la protezione delle minoranze religiose
in Iraq.
La ringraziamo per la Sua attenzione e Le assicuriamo le nostre preghiere per l’alto incarico che svolge per il bene della
Nazione.
Per approfondire
“Dichiarazione di Bad Urach (2010). Verso una teologia evangelica
della sofferenza, della persecuzione e del martirio per la chiesa globale in missione”, Studi di teologia N. 51 (2014).
re. L’impressione è che gran
parte del mondo evangelico
italiano debba ancora prendere coscienza dell’esistenza di
una simile eredità! Per questo,
occorre fare un lavoro di capillare “alfabetizzazione” su
Losanna. La scoperta di una
“ricchezza” straordinaria non
potrà che sollevare cuori spenti e incoraggiare chiese appesantite. Bisogna dissotterrare
Losanna dall’oblio evangelico, farle posto in mezzo a tanta “chincaglieria evangelica”
che luccica assai ed è ingombrante, ma che spesso si rivela
essere una misera e deludente
patacca. Losanna è un vero
“talento”. Bisogna imparare
a valorizzarla quale evento
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e, a livello internazionale, all’Alleanza Evangelica Mondiale
(WEA), la quale raggruppa circa 420 milioni di evangelici.
topico, forse il più alto, della
storia evangelica contemporanea, familiarizzarsi con la
sua visione, impratichirsi con
i suoi documenti, assimilarne
lo spirito e viverlo con coraggio e umiltà. Solo facendo
così, si potrà far fruttare questa eredità preziosa vivendola
nelle chiese e nella società.
Per approfondire
Dichiarazioni evangeliche.
Il movimento evangelicale 1966-1996, a cura di P.
Bolognesi, Bologna, EDB
1997;
L’Impegno di Città del Capo,
Roma-Chieti, GBU 2010;
Av.Vv., “Lo spirito di Losanna quarant’anni dopo”, Certezze 1 (2014);
Av.Vv., “L’eredità di Losanna
(1974-2014)”, Studi di teologia N. 52 (2014).
settembre ’14
(segue da pagina 2)
Preliminarmente
dobbiamo
considerare che prima del regime fascista le condizioni politiche dell’Italia postunitaria e
liberale avevano permesso una
certa libertà religiosa. Successivamente le esigenze di un regime totalitario come quello di
Mussolini, che si accingeva ad
eseguire politiche di aggressione in Africa, richiesero quanto
più ampio consenso da parte dei
maggiori attori sociali, compresa la chiesa cattolica. A tal fine il
regime fascista utilizzò il disgelo e i Patti Lateranensi dell’11
febbraio del 1929 per aumentare il consenso in un momento
cruciale.
Ne fu principale protagonista
da parte cattolica, il cardinale
Pietro Gasparri, Segretario di
Stato vaticano, che solo due anni
prima nella sua lettera ai vescovi
invitava a “sorvegliare e contenere la presenza protestante con
i più solleciti ed efficaci rimedi
per allontanare la minaccia di
una tanto grave e dolorosa iattura”. Colui che apporrà la firma
insieme a Mussolini nel palazzo
laterano riferendosi alla “propaganda protestante promossa da
varie sette, sotto diversi titoli e
speciosi pretesti” la considerava una “offesa al più sacro
patrimonio del nostro popolo,
quello delle tradizioni religiose”
e foriera di “gravissimo pericolo che ne deriva per le anime”.
Pertanto sollecitava all’azione
“la Signoria Vostra Illustrissima
e Reverendissima […] partecipe
del ministero augusteo del Capo
della Chiesa e pastore universale dei fedeli, che è difendere ad
ogni costo e a prezzo di qualsiasi sacrificio il gregge”.
Dopo i patti del 1929, e la
susseguente Legge sui Culti
Ammessi (sempre del 1929, a
noi evangelici molto nota nostro
malgrado), nel 1930 l’ambasciatore italiano presso la Santa
Sede trasmetteva al governo una
“Situazione degli enti di culto
evangelici” con una dovizie di
particolari allarmistici. In essa si
affermava che “la Santa Sede va
manifestando […] serie appren-
Ideaitalia
sioni sulla ripresa del movimento protestante in Italia” e “preoccupata della situazione che in
base a ciò va creandosi, studia
attivamente i mezzi per opporsi
a questa rinnovata attività protestante, e va raccogliendo anche
elementi che comproverebbero
come tale propaganda viene alimentata ora, più che per il passato, da fonti estere di equivoca
finalità, in quanto che sotto la
propaganda religiosa si nasconderebbero scopi politici non certamente in armonia con lo spirito del Regime”. L’ambasciatore
in conclusione indicava che gli
interessi della Chiesa e quelli del
Regime fossero convergenti.
Il solo incontro che ebbe con
Mussolini il predecessore di Bergoglio - papa Pio XI - fu quello
tenuto in occasione del terzo
anniversario dei patti Lateranensi (febbraio 1932). Nonostante
l’eccezionalità dell’incontro la
discussione non poté non toccare anche la questione protestante. Mussolini rendiconta del
compiacimento per la condanna
inflitta a un protestante, della
preoccupazione del papa per la
crescente propaganda protestante e la sua espressa richiesta di
vigilare. Alla domanda del duce
su quali fossero i punti più dolenti della situazione papa Ratti citò
Firenze, La Spezia, Piazza Armerina, e consegnò un apposito
memoriale dettagliato.
Nel 1934 - siamo ormai a
pochi mesi dalla famigerata circolare - il Vaticano tornò letteralmente alla carica trasmettendo al
governo italiano il fascicolo “Il
proselitismo dei protestanti in
Italia” che conteneva un esplicito riferimento alla repressione
per i pericoli rappresentato dal
protestantesimo. Tra questi pericoli si annoverava che “il loro
principio è che ogni individuo è
interprete della rivelazione divina e quindi è libero di formarsi
un suo credo con la sola lettura
della Bibbia. Questo principio è
la base di ogni errore democratico”. Ma poi il rapporto della
Santa Sede si concentrava proprio sui pentecostali: “Particolare segnalazione meritano i pen-
Dall'Italia 12
tecostali o tremolanti. Nelle loro
adunanze gli adepti sono eccitati
fino al parossismo, con grande
pericolo per le donne e i bambini. Per accertarsi basterà inviare un medico psichiatra a fare,
senza preavviso e cautamente,
un sopralluogo nella loro sede
di Via Adige 20 in Roma” e si
concludeva affermando in modo
lapidario che “non si comprende
come il culto pentecostale continui ad essere ammesso in Italia”.
Questi quattro semplici casi
interrogano se sulle scuse si
volesse essere seri. Se il papa
ha chiesto scusa per le persone cattoliche che sotto il regime fascista perseguitarono gli
evangelici pentecostali, è stato
reticente sulle scelte della chiesa romana che - come abbiamo
visto - resero possibili proprio
quegli atteggiamenti.
La chiesa cattolica deve sapere che i pentecostali italiani che
hanno patito la circolare Buffarini Guidi del 1935 conoscono
a memoria come quella violenta persecuzione fu cagionata.
Il papa dovrebbe riferirsi alle
azioni che riguardano il suo predecessore e il suo ufficio. A differenza di quanto ha affermato a
Caserta, purtroppo quei cattolici
che perseguitarono, avevano capito - anzi avevano capito molto
bene - quali fossero le indicazioni che arrivavano dall’alto.
Infine se Bergoglio volesse
fare seriamente autocritica per
il ruolo oggi da lui rappresentato dovrebbe approfittare del
150° anniversario dell’enciclica Quanta Cura e del Syllabus (1864) per disapprovare
pronunciamenti che sono ingiusti nella sostanza e contrari
all’amore espresso dal Vangelo di Cristo. In ultima analisi
dovrebbe, in favore di Cristo e
come si chiede indistintamente
a ciascuno di noi, essere capace di riesaminare alla luce della
Parola di Dio le proprie convinzioni dottrinali, sapendo quindi
rinunciare alle pretese che il
Vaticano ha costruito attraverso dogmi come quelli mariani
e dell’infallibilità. In questo
modo, anziché scuse ecume-
niche di circostanza potrebbe
indicare la strada di una sana
riconciliazione evangelica.
G.C.
Per approfondire:
G. Rochat, Regime fascista e
chiese evangeliche, Torino
1990
R. De Felice, Mussolini il duce.
Gli anni del consenso 19291935, Torino 1974
G. Peyrot, La circolare Buffarini-Guidi e i pentecostali,
Roma 1955
G. Rosapepe, Inquisizione addomesticata, Bari 1960
R. Bracco, Persecuzione in Italia, Roma 1960
U. Delle Donne, Verso la libertà …, Altamura 1978
M. Piacentini, I culti ammessi
nello Stato italiano, Milano
1934
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