Linee guida - Portale Pubblica Accoglienza

pubblica accoglienza
Rafforzamento delle Capacità istituzionali
nell’erogazione dei servizi per l’integrazione degli immigrati
Fondi FEI - 2012 - Az.7 “Capacity building”
Linee guida per la riorganizzazione
dei servizi in chiave interculturale
Ambito sanitario
A cura di
Cidis Onlus
Giugno 2014
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PRESENTAZIONE
Le recenti migrazioni hanno profondamente e velocemente cambiato
l’aspetto delle società europee che sono sempre più connotate dalla
coesistenza di una pluralità di culture e di pluralismi sociali, culturali
e politici. Davanti a un pubblico che si va trasformando, i Servizi sono
chiamati ad affrontare la sfida di una propria riorganizzazione in chiave
interculturale, per assicurare agli stranieri quell’accesso su un piede di
parità ed in modo non discriminatorio con i cittadini nazionali, che è
elemento essenziale dell’integrazione ed è l’essenza stessa dell'esistenza
dei Servizi Pubblici.
Essi rappresentano infatti l’infrastrutturazione sociale che realizza sul
territorio la rete di sostegno e di risposta ai bisogni, dai più elementari
a quelli che sostanziano il percorso di cittadinanza, fondamentale
soprattutto per le fasce deboli e marginali della popolazione, sia essa
autoctona o immigrata.
Questo opuscolo raccoglie sotto forma di Linee guida, i suggerimenti
emersi da un lavoro di collaborazione e confronto tra medici, infermieri,
operatori sanitari, mediatori culturali, immigrati ed esperti interculturali
del Privato Sociale, condotto nell’ambito del progetto FEI Pubblica
Accoglienza, un intervento teso a migliorare i livelli di gestione ed
erogazione dei Servizi Pubblici rivolti alla popolazione immigrata della
Regione Calabria nei delicati settori penitenziario e sanitario. Vuole
essere una guida fatta di suggerimenti pratici, che si rivolge a tutti coloro
i quali operano, seppure in territori e con funzioni diverse, nella Sanità
e affrontano, quotidianamente, le molteplici sfide per costruire servizi
accoglienti e inclusivi nei confronti dei diversi soggetti che compongono
la società italiana, consapevoli che questo sia l’unico modo per costruire
cittadinanza e coesione sociale.
CIDIS ONLUS
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INTRODUZIONE
Gelem… gelem… camminando… camminando… E’ il ritornello di un
canto tradizionale della gente rom che testimonia come l’incrociarsi di
passi è per gli umani ineludibile oltre che evolutivo.
La storia, la nostra storia, ce lo insegna, ma per alcuni, la conoscenza
e la memoria sono categorie del pensiero che a volte possono rivelarsi
fastidiose. Chi accoglie l’altro in difficoltà, accoglie se stesso, se è vero
quello che affermano le neuroscienze, che siamo cioè tutti connessi, al
di là della nostra volontà e consapevolezza. Il Cidis ci ha dato il kairos,
l’occasione, il momento, per riflettere sulla qualità dei percorsi nella
sanità pubblica da garantire agli immigrati che si rivolgono ai nostri
servizi in cerca di un aiuto competente e umano.
Queste Linee guida, accurate, semplici e chiare oltre che di facile
consultazione, avranno il compito di informare e aggiornare su una
problematica tanto complessa per i molteplici aspetti da considerare
(culturali, di genere, di età e condizioni socio-economiche, normativi,
etc.). Tuttavia è anche semplice affrontare tanta complessità: noi prima
che operatori sanitari e sociali, siamo esseri umani, e sappiamo quanto
sia necessario e giusto fare il bene e farlo bene, perché il bene genera
altro bene e favorisce l’adozione di un modus ponens professionale,
che deve essere sì competente, ma soprattutto accogliente, premuroso,
gentile, scevro da paure e diffidenze, più indotte che reali. Assicurare
agli immigrati, per quanto la normativa prevede (e consente), percorsi
d’accoglienza di qualità, dall’informazione allo sportello, all’erogazione
della vera e propria prestazione sanitaria e sociale, è un compito a cui i
nostri servizi e i nostri operatori, non si sono mai sottratti e che continuano
svolgere nel migliore dei modi. Promuovendo questo strumento,
assumiamo un impegno e stringiamo un patto/legame idealmente con i
nostri utenti immigrati e col Cidis, che così proficuamente ha sollecitato
in tanti di noi una riflessione sul senso del nostro lavoro d’aiuto e di cura.
D.ssa Loredana Nigri
Direzione Sanitaria/ASP Cosenza
Resp. Servizio Sociale Professionale
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INDICE
Capitolo I
IL PROGETTO9
Capitolo II
IL CONTESTO11
Capitolo III
LINEE GUIDA PER SERVIZI SANITARI INTERCULTURALI14
3.1. Mediazione culturale16
3.2. Modificare le attitudini17
3.3.Aggiornare18
3.4. Coinvolgere e valorizzare il personale19
3.5. Promuovere l’informazione19
3.6. Accogliere i beneficiari20
3.7. Rendere gli utenti promotori dei servizi22
3.8. Creare occasioni di coinvolgimento dei pazienti23
Capitolo IV
PICCOLA BUSSOLA NELL’OCEANO NORMATIVO24
Ringraziamenti27
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Capitolo I
IL PROGETTO
“l’accesso alle Istituzioni, così come ai beni e Servizi Pubblici e privati
del territorio, su base egualitaria rispetto ai cittadini italiani e in
maniera non discriminatoria, è un elemento fondamentale per una
migliore integrazione”
(VI Principio di Base Comune sull’Integrazione dei Paesi Europei)
Conoscere ed accedere in maniera corretta ai Servizi del territorio,
rappresenta un elemento imprescindibile del processo di inclusione.
Diventa perciò fondamentale mettere in grado i servizi di accogliere e
dare risposta adeguata alla popolazione immigrata. Sono questi, infatti,
ad avere il primo contatto con il cittadino straniero e ad essere per molti
versi insostituibili. Da questa consapevolezza è nato il progetto Pubblica
Accoglienza, un intervento di capacity building, realizzato dal Comune
di Cassano All’Ionio, Provincia di Cosenza e Cidis Onlus, grazie al cofinanziamento del Ministero dell’Interno (Fondi FEI - 2012 - Az.7).
Pubblica Accoglienza ha agito in un contesto regionale del tutto
particolare, la Calabria: una terra in cui l’incontro tra culture e identità
diverse è inevitabile e dove l’immigrazione assume i volti dei braccianti,
dei rifugiati giunti dal mare, degli stranieri che vivono nelle città. Dal
proprio canto, la Regione vive lo sforzo di ripensare le proprie politiche
di accoglienza. E’ dunque inevitabile che, nel confrontarsi con una realtà
complessa e in continua evoluzione, si incontrino difficoltà, ci siano
momenti di rallentamento, si avvertano maggiormente le carenze in
termini di coordinamento e collaborazione.
Il progetto ha voluto agire su diversi piani, attraverso un’azione sistemica,
scegliendo due ambiti strategici di intervento: i settori socio-sanitario e
penitenziario, nei quali operare per potenziare i livelli di gestione ed
erogazione dei Servizi Pubblici rivolti alla popolazione migrante, facendo
leva sul miglioramento delle competenze interculturali degli operatori
dei Servizi Pubblici.
L’intervento si è articolato in una pluralità di azioni, in maniera da rispondere
ai differenti bisogni emergenti. Questo approccio ha rappresentato una
modalità innovativa per l’ambito regionale, offrendo così l’occasione di
sperimentare, condividere e valutare tecniche di comunicazione.
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interculturale e nuove modalità di accoglienza. Soprattutto, il progetto ha
consentito di rilevare i bisogni nel loro formarsi, attraverso un confronto
continuativo con gli operatori dei servizi.
In particolare in ambito sanitario sono stati realizzati tre corsi di
aggiornamento presso l’U.O.C. Ser.T. di Cosenza, il C.A.P.T. di Trebisacce
e l’Azienda Ospedaliera Spoke di Castrovillari che hanno coinvolto quasi
un centinaio di partecipanti tra operatori sanitari, dirigenti ASP, medici,
infermieri professionali, rappresentanti del privato sociale, mediatori
culturali.
E’ assieme ad essi che sono stati costruiti e realizzati percorsi di
collaborazione, che hanno consentito uno scambio di know how e la
condivisione di esperienze professionali, sperimentazioni sul campo e
momenti di follow-up. Sono state approfondite le conoscenze sulle culture
di provenienza dei migranti, sperimentate tecniche di comunicazione
interculturale e nuove modalità di accoglienza.
Pubblica Accoglienza ha inoltre affiancato gli operatori con un innovativo
servizio di InfoPoint, che ha risposto a dubbi su questioni normative/
legislative in materia di immigrazione e fornito consulenza su come
prevenire fraintendimenti e conflitti per favorire la corretta gestione del
rapporto con lo straniero. Gli operatori pubblici hanno potuto prenotare
interventi di mediazione per la facilitazione linguistica e culturale presso
il proprio servizio, potenziando così le dinamiche dell’accoglienza. Il
confronto e lo scambio tra operatori e stakeholders locali è stato incoraggiato
e continuamente alimentato grazie alla realizzazione di tavoli pubblici
tematici e all’implementazione di una piattaforma virtuale che ha reso
fruibili contenuti multimediali di aggiornamento, un archivio legislativo e la
possibilità di scaricare strumenti di supporto all’aggiornamento professionale.
Pubblica Accoglienza ha quindi rappresentato uno spazio di incontro,
un punto di mediazione, un’occasione per mettere in moto un processo
di miglioramento continuo su più livelli: individuale, associativo, ma
soprattutto istituzionale, per il sostegno a reali politiche pubbliche di
accoglienza.
Queste Linee guida testimoniano il lavoro svolto, proponendo dei
suggerimenti a coloro che, nel loro operare quotidiano, si confrontano
con le sfide di una società a tutti gli effetti multiculturale, con il fine di
promuovere processi di cambiamento e rinnovare il legame sociale tra
migranti e società di accoglienza.
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Capitolo II
IL CONTESTO
Il diritto universale che ad ognuno debbano essere riconosciute pari
opportunità di accesso alle prestazioni mediche, come derivato di
un principio più generale che deve essere riconosciuto ad ogni essere
umano indipendentemente da status giuridico, colore, etnia, cultura o
religione, si fonda nel nostro ordinamento nazionale sugli artt. 3 e 32
della Costituzione. Su questi poggia anche il diritto alla salute. Questa
universalità si ritrova in tutte le Convenzioni internazionali. La necessità del
legislatore nazionale di intervenire per dirimere dubbi e interpretazioni,
fino al pronunciamento della stessa Corte Costituzionale, testimonia
però come il cammino verso l'affermarsi di un diritto fondamentale,
quello alla salute, sia ancora pieno di ostacoli.
L’idea che sostiene il progetto Pubblica Accoglienza include nei suoi
risultati il voler rovesciare ogni azione, pregiudizio, stereotipo o luogo
comune che possa frapporsi tra la possibilità reale di forme di relazione
e cooperazione tra parti della società civile e il resto della comunità.
La Calabria, in questo scenario, assume sempre più il ruolo di porta di
ingresso per migliaia di uomini, donne e bambini che dalle regioni in
crisi politica e economica tentano, in ogni modo, di entrare in Italia e nei
confini territoriali dell’Unione Europea.
E’ utile, dunque, comprendere chi sono i circa 75.000 migranti presenti
in Calabria, per capire quali siano i loro bisogni, anche inespressi, e in che
termini si ponga la questione del godimento dei diritti universali.
La comunità straniera più numerosa è quella proveniente dalla Romania,
alla quale appartengono il 32,2% di tutti gli stranieri presenti sul
territorio, seguita dal Marocco (16,1%) e dall'Ucraina (8,3%). Considerati
gli stranieri provenienti dall'Unione Europea, in Calabria i comunitari
sono (percentualmente) più che nel resto d'Italia: circa il 50% rispetto
ad una media nazionale di poco superiore al 30%.
Se si considerano però i migranti provenienti dai principali paesi non
comunitari - Marocco, Ucraina, Albania e Cina - pari al 31,8 % del totale
dei soggiornanti, emerge l’esigenza di confrontarsi e calibrare i servizi
da erogare a favore di nazionalità per cultura, tradizioni e religioni
profondamente eterogenee.
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La ripartizione territoriale degli stranieri in Calabria mostra che la
Provincia che conta la presenza maggiore di uomini e donne migranti è
Cosenza (34%) seguita da Reggio Calabria (31%) e che, in linea con il
dato nazionale, la femminilizzazione del processo migratorio va sempre
più strutturandosi.
Proprio la femminilizzazione della presenza migratoria rinvia ad un’ampia
gamma di servizi, per esempio materno-infantili, che solo fino a qualche
anno fa erano residuali rispetto al peso e alla struttura demografica della
presenza immigrata. In effetti, la popolazione straniera è per lo più
giovane, con un’età media di 33 anni rispetto agli oltre 42 del totale
dei residenti in Calabria. Tuttavia, lo scarto consistente è soprattutto
in termini di nascite e di anziani. Hanno più di 64 anni il 2,4% degli
immigrati, rispetto ad un dato regionale del 19,6%. Le donne immigrate,
poi, sono più anziane degli uomini. Il 71,7% si trova nella fascia di età
compresa tra i 25 e i 64 anni (lavoratori adulti), rispetto 66,2% dei
maschi. In sintesi, l’identikit del migrante che si rivolge ai servizi sanitari
è soprattutto quello della donna comunitaria con più di 25 anni. Si
tratta di un profilo che esprime bisogni sanitari del tutto particolari,
poiché investe la salute riproduttiva e incontra un’utenza che spesso vive
confinata nella propria dimensione lavorativa, limitandosi a ricorrere ai
servizi socio-territoriali solo nei casi di urgenza.
Più complessivamente, i bisogni di salute della popolazione immigrata
sono diversificati. La prossimità territoriale e l’innalzamento dell’età
media hanno consistentemente ridotto il cosiddetto “effetto migrante
sano”. Si parte anche quando le condizioni di salute non sono ottimali
e, talvolta, ci si muove verso l’Europa occidentale proprio per avere
la possibilità di ricorrere a servizi sanitari migliori. Tuttavia, i migranti
scontano una condizione lavorativa difficile. Lavoro nero significa anche
non avere permessi per malattie e rinunciare alle cure, poiché ogni ora
di assenza significa minore retribuzione. Così, i migranti si rivolgono
prevalentemente ai servizi di emergenza e quando le patologie sono
divenute croniche o sono, comunque, in uno stadio avanzato. Sempre
alle condizioni lavorative sono da ricondurre gli infortuni, che colpiscono
i lavoratori immigrati in misura maggiore rispetto agli italiani, sia a
causa dell’impiego in settori occupazionali maggiormente a rischio, sia
a causa delle condizioni di lavoro e del mancato rispetto delle norme
antiinfortunistiche.
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Infine, c’è tutto l’ampio ambito delle malattie “della migrazione”. Con
questa espressione si ricomprendono tutte le alterazioni delle condizioni
psicofisiche dovute al cambio di clima, di alimentazione, al venire meno
delle relazioni sociali, al maggiore isolamento, alle pessime condizioni
abitative e, più in generale, allo stress dell’esperienza migratoria.
A livello regionale, l’infrastruttura sanitaria è stata messa a dura prova
negli ultimi anni dal commissariamento della sanità calabrese. Gli effetti
del Piano di rientro dal disavanzo finanziario del 2009 hanno aggravato
enormemente lo stato di salute dei servizi sanitari del territorio.
Nella sola provincia di Cosenza la chiusura di 7 ospedali, la carenza
di personale, la non uniformità territoriale dei servizi hanno ridotto
consistentemente il grado di erogazione delle prestazioni essenziali di
assistenza, ostacolandone l’accesso soprattutto agli immigrati, in quanto
ricadenti nelle fasce più deboli e marginali della popolazione.
A queste carenze infrastrutturali, si aggiungono una serie di ostacoli di
varia natura, a volte di entità tale da risultare vere e proprie disuguaglianze
nell’accesso ai servizi. Si tratta di disparità riconducibili allo status
giuridico dei migranti, all’incerto quadro normativo-assistenziale, alle
peggiori condizioni economiche. Non ultime, poi, ci sono le peculiarità
morfologiche della Calabria, regione in cui gli spostamenti sono
difficoltosi a causa della disposizione dei rilievi, e dove non disporre
di mezzi di trasporto autonomi (come nel caso di molti migranti) può
rappresentare un discrimine decisivo nell’accesso ai servizi socio-sanitari.
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Capitolo III
LINEE GUIDA PER SERVIZI SANITARI INTERCULTURALI
Le presenti Linee guida sono il prodotto del progetto Pubblica Accoglienza,
nate sulla scorta delle riflessioni avvenute durante lo svolgimento
delle attività e dalle sollecitazioni degli operatori dei servizi coinvolti.
Evidentemente, sebbene siano Linee guida, cioè uno strumento generale,
focalizzano la propria attenzione su determinati aspetti, risultati i più
rilevanti durante lo svolgimento del progetto. Pertanto, non intendono
essere esaustive, ma esprimono uno stile di azione che ha improntato
Pubblica Accoglienza fin dall'inizio. Quattro parole-chiave spiegano
compiutamente la strategia di intervento e sintetizzano il senso delle
Linee guida: flessibilità, valorizzazione, complessità, coordinamento.
Flessibilità: i Servizi Pubblici non possono più concepirsi come semplici
erogatori di prestazioni all’interno di una gamma limitata e prestabilita,
sono piuttosto chiamati a fornire servizi che siano rispettosi delle
specificità e dei bisogni di ciascuno. Questo, perché essi si collocano in un
contesto profondamente mutato: l'Unione Europea con 28 Stati, mezzo
miliardo di abitanti e il mondo globalizzato. Sotto il profilo normativo,
è importante ricordare che l’Italia recepisce le direttive comunitarie,
inclusa quella relativa al contrasto alla discriminazione (DIR 2000/42/
CE) che, nell’affrontare la questione della discriminazione indiretta,
contesta l’approccio di standard uguali per tutti. L’uguaglianza deve
essere in termini di risultati e non di processo. Pertanto, a bisogni uguali
per soggetti diversi corrispondono risposte diversificate. Tale principio,
trova conferma all’interno della riforma del titolo V della Costituzione
(Legge costituzionale n. 3/2001) che introduce, tra l’altro, il concetto dei
Livelli Essenziali di Prestazione (LEP).
In questo scenario, la flessibilità si traduce in soluzioni organizzative che
ciascuna struttura territoriale di erogazione dei servizi (nella fattispecie
sanitari) adotta per rispondere in maniera efficace e efficiente ai bisogni.
Valorizzazione: un sistema di erogazione dei servizi che intenda essere
flessibile nelle risposte deve investire nelle risorse umane che, di fatto, sono
quelle che esprimono il maggiore grado di flessibilità e adattamento. La
valorizzazione delle risorse umane, tuttavia, non avviene solo attraverso
azioni di aggiornamento, ma offrendo, sempre all’interno di un contesto
di strategie e obiettivi condivisi, diversi ambiti e opportunità di azione.
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pubblica accoglienza
Tutti i moderni sociologi dell’organizzazione sottolineano come sia
necessario modificare la relazione con l’utenza, che deve progressivamente
passare dalla condizione di semplice beneficiaria dei servizi, a risorsa del
sistema. Informare e coinvolgere gli utenti significa, infatti, amplificare
l’azione e godere della stima dei destinatari che, proprio perché informati,
hanno la possibilità di condividere le finalità e il modo di agire del servizio
divenendone promotori.
Infine, valorizzare significa anche intercettare le domande, trasformarle
in riflessione e metacognizione. Le Linee guida, in questo senso, sono
un’occasione preziosa per non disperdere il lavoro di monitoraggio,
riflessione, valutazione e autovalutazione che ha accompagnato il
dipanarsi del progetto.
Complessità: è la forma con la quale si presentano oggi molte problematiche. La capacità di erogare risposte efficaci e coerenti con i bisogni rilevati
dipende dalla capacità di comprendere che, nella sanità, il benessere non
dipende semplicemente dalla terapia, ma da come si è accolti e dal grado
di comprensione del contesto culturale di provenienza. Salute, malattia,
cura, fine vita sono concetti per i quali tutte le culture hanno elaborato una
profonda riflessione e non possono essere ridotti a formule stereotipate. D’altronde, è noto che la compliance, ovvero l’adesione del paziente ai
protocolli terapeutici consigliati, dipende fortemente da una dimensione
psicologica che, se trascurata, può condurre al fallimento dell’azione medica.
Un contesto multiculturale, dunque, significa anche un problema salute
complesso. La complessità, però, può essere una valida sfida per la ricerca
di soluzioni sempre più efficaci e capaci di prendere in carico le diverse
dimensioni del concetto di salute e benessere, traducendosi in un approccio
olistico al paziente e non nel semplice fronteggiamento della malattia.
Coordinamento: è l’altra faccia della complessità. A problematiche
complesse è necessario rispondere con una maggiore capacità di
coordinamento, nella consapevolezza che ad una pluralità di cause si
può rispondere solo con una pluralità di interventi coordinati. Spesso, il
coordinamento all’interno delle amministrazioni pubbliche è limitato a
forme di comunicazione interna formali e inefficaci. Oltre a migliorare la
comunicazione interna, è necessario giungere attraverso il coordinamento
alla costituzione di reti capaci di unire i diversi servizi (si pensi alle
problematiche sanitarie dei detenuti stranieri o alle cure maternoinfantili) e connetterli con le associazioni del terzo settore presenti sul
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territorio che, spesso, vantano un’ottima conoscenza “sul campo” delle
problematiche, e canali privilegiati di coinvolgimento delle comunità
immigrate. Da questo approccio strategico derivano alcune indicazioni
per l’agire: mediazione culturale, modificare le attitudini, aggiornare,
coinvolgere e valorizzare il personale, promuovere l’informazione,
accogliere i beneficiari, rendere gli utenti promotori dei servizi, creare
occasioni di coinvolgimento dei pazienti.
3.1. Mediazione culturale
La mediazione culturale, o interculturale, è molto più ampia di
quella esclusivamente linguistica. L’idea di fondo è che il processo di
integrazione sia bidirezionale, interessi tanto la società di accoglienza,
quanto l’immigrato.
Nel caso della società di accoglienza, si tratta di un cambiamento di
attitudini e comportamenti che coinvolge sia la dimensione della vita
individuale, sia quella della vita sociale e organizzata.
La mediazione culturale, dunque, è tipica di uno stato democratico e
di un contesto globale, nel quale c’è bisogno di trovare giorno dopo
giorno soluzioni a problematiche nuove, nella salvaguardia delle identità
individuali. Anche in ambito comunitario, il concetto di “mediazione”
sembra trovare una sua definizione nei Principi di Base Comuni
sull’Integrazione dei Paesi Europei, dove si precisa che “l’integrazione è un
processo dinamico bidirezionale di reciproco adattamento da parte di
tutti gli immigrati e dei residenti degli Stati membri”.
In questa prospettiva, la mediazione culturale è lo strumento strategico
che consente di mettere in rete servizi e destinatari, in un processo di
scambio e di confronto che consente di individuare e interpretare i
bisogni e formulare risposte adeguate all’identità e all’individualità di
ciascuno attraverso un migliore utilizzo delle risorse già esistenti.
Il mediatore culturale è una figura di supporto che, per quanto importante
e definita da competenze e compiti, non può esistere svincolata da un
sistema di servizi. Le competenze linguistiche del mediatore culturale
sono solo un aspetto, nemmeno tra i più importanti, del suo agire.
Occorre, infatti, considerare che in Italia i paesi rappresentati sono circa
190 e ancora di più sono, ovviamente, le lingue parlate. Non avrebbe
senso cercare di intervenire esclusivamente con azioni di interpretariato
o con la traduzione dei documenti in tutte le lingue. Allo stesso modo,
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pubblica accoglienza
non è necessario costringere il personale a corsi di formazione linguistica.
Apprendere una lingua straniera richiede tempo e pratica. E' improbabile
riuscire ad apprendere in poco tempo una lingua straniera e, per di più,
conoscerla in maniera talmente approfondita da controllarne il lessico
specialistico. D’altronde, in determinate situazioni in cui il disagio
psicologico è marcato e la terminologia è specialistica (come nel caso
dei bisogni di salute) l’uso di una lingua terza risulta poco efficace. Per
questo, il mediatore più che un traduttore è un comunicatore. E’ capace
di mettersi nei panni del migrante, ma conosce bene il sistema dei servizi
del paese di accoglienza. Comprende le difficoltà di approccio culturale
e trova i canali e le forme per una comunicazione efficace.
Il mediatore culturale è inoltre fondamentale nel suggerire le strategie
migliori per affrontare una o più fasi della presa in carico degli utenti
stranieri. In questo senso, non è detto che debba necessariamente lavorare
a contatto con i migranti, ma svolge un ruolo prezioso nel migliorare la
qualità e l’efficienza dei servizi prestati.
Il mediatore non può nemmeno essere un esperto della normativa in
materia di immigrazione, sebbene ne debba conoscere i principi generali
e debba tenersi aggiornato sulle modifiche. Sarebbe illusorio pensare
che si possa essere esperti di tutta la legislazione sociale rinvenibile nella
giungla normativa italiana.
Mediatore e mediazione non sono la medesima cosa. La mediazione
implica un’azione consapevole e il coinvolgimento dei vari livelli
del sistema dei servizi nell’assumere coscientemente una strategia di
intervento capace di abbassare la soglia di accesso ai servizi e garantire
pari condizioni di accesso ai medesimi. Il mediatore è una risorsa
preziosa per implementare tale strategia, è uno dei principali agenti
del cambiamento, anche se non l’esclusivo, e interviene tanto nella fase
di progettazione, poiché riesce a porsi da due differenti punti di vista,
quanto nella fase di accoglienza ed erogazione dei servizi.
3.2. Modificare le attitudini
Agire sulle attitudini personali significa apprendere nuove modalità di
relazione. E’ importante sapere decodificare gli stereotipi e i pregiudizi
che spesso precedono e segnano la vita dei migranti ancor prima che
giungano tra di noi, anche per prevenire forme di discriminazione
istituzionale.
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In campo sanitario, ad esempio, è da rilevare come spesso sia diffusa
la credenza che i migranti siano portatori di malattie, spesso letali e
sconosciute. Questo preconcetto pesa nel determinare talune difficoltà
che i migranti incontrano nell’accesso alle cure mediche e alle prestazioni
sanitarie. Basti pensare ai Rom di etnia albanese, macedone o serba che,
sebbene rappresentino una piccola minoranza, subiscono lo stigma di
“untori”.
Lo stereotipo dell’immigrato ammalato si somma poi ad altre
rappresentazioni, secondo le quali i migranti non vorrebbero curarsi
e sarebbero un peso per la sanità pubblica regionale. In realtà, nella
regione non sono mai stati accertati focolai di particolari malattie di
cui siano portatori gli stranieri. Il paradosso è che la maggioranza degli
stranieri tra noi presenti giunge sana e si ammala in Italia, spesso a causa
delle condizioni in cui è costretta a vivere.
Se poi si sposta la riflessione all’ambito socio-sanitario, scopriamo come
molte pensioni sociali, prestazioni di invalidità civile o da lavoro, siano
erogate proprio grazie ai contributi pagati dai lavoratori stranieri.
È il diritto alla salute, dunque, che genera evidenti contraddizioni
normative, risolte solo attraverso prassi e consuetudini che superano i
vincoli burocratici. L’importanza allora di una “pubblica accoglienza” è
proprio quella di garantire il rispetto di un diritto universale, traducendolo
in pratiche e comportamenti diffusi.
Saper interpretare le informazioni in maniera corretta è fondamentale
per costruire nuovi percorsi verso l’altro. Pubblica accoglienza, in questo
senso, non è solo garantire il rispetto di normative, talvolta confliggenti.
Attraverso una rigorosa lettura delle evidenze storiche, il progetto si
rivela capace di trasformarsi in “Accoglienza Pubblica”, dove accoglienza
pubblica è sinonimo di bene comune pubblico da difendere.
3.3.Aggiornare
Gli operatori del sistema sociosanitario sono, ovviamente, i soggetti
privilegiati. Accrescere i livelli di efficacia e autostima è decisivo per
l’efficienza dell’intero sistema sanitario. E’ dunque importante agire per
migliorare le conoscenze e le competenze, in maniera da modificare
anche attitudini e comportamenti individuali. Ognuno, infatti, agisce
in base a idee semplificate e a conoscenze limitate che, soprattutto in
condizioni di emergenza e di scarsità di tempo a disposizione, orientano
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le scelte. Acquistare un senso comune del proprio agire, prendere
consapevolezza dell’importanza del ruolo rivestito, perché si è parte di
una squadra, sono tutte dimensioni da promuovere e coltivare. Uno
degli interventi fondamentali è, dunque, l’aggiornamento. Questo non
deve limitarsi alla sterile informazione normativa, ma deve investire tutti
i piani che attengono la sfera della corporeità e della salute: sociale,
antropologico, psicologico. Lo scopo è quello di ridefinire i confini della
deontologia professionale, per evitare che questa si traduca in una sterile
dichiarazione di principi.
3.4. Coinvolgere e valorizzare il personale
Spesso, la mancanza di comunicazione interna scaturisce da una
concezione che separa chi eroga i servizi per la salute (medici e personale
infermieristico) da chi invece si occupa dei servizi di supporto (per lo
più impiegati). E’ importante, invece, che tutti condividano gli stessi
obiettivi. Quella che può sembrare sterile burocrazia spesso rappresenta
il sistema che garantisce l’accesso ai diritti di cittadinanza. Il pagamento
del ticket, le prenotazioni, la documentazione necessaria devono essere
compresi dagli utenti come sistemi e percorsi che garantiscono a tutti un
trattamento imparziale e assicurano che tutti contribuiscano in misura
equa al mantenimento del servizio.
Spesso, il personale amministrativo non è pienamente informato delle
norme e degli aspetti sociali e relazionali che derivano dal confrontarsi
con un’utenza straniera. Ciò determina una sorta di schizofrenia. Da un
lato si ricevono accoglienza e cure, dall’altro l’incertezza delle procedure
burocratiche sembra frapporre continui ostacoli. E’ invece necessario
condividere informazioni e procedure e sottolineare l’importanza di
tutti gli operatori.
3.5. Promuovere l'informazione
Il sistema dei servizi include tutti gli operatori, in particolare il personale
direttivo e amministrativo che ha il delicato compito di garantire la
circolazione delle informazioni, la gestione delle risorse, il coordinamento
interno e esterno. Bisogna prendere coscienza che il lavoro di ciascuno è
parte di un'attività più ampia, che non coinvolge semplicemente l’unità
presso la quale si svolgono le proprie mansioni, ma l’intero sistema
dei servizi locale e nazionale. E’ un compito difficile, perché richiede
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grande cura per l’informazione e la comunicazione e un’azione di
coordinamento efficace e lungimirante, capace di vedere i momenti di
confronto non come una perdita di tempo, ma come la manutenzione
dell’efficienza del sistema.
Interventi fondamentali a livello sistemico sono dunque la programmazione
e la verifica di quanto svolto, la messa a punto di metodi di comunicazione,
la predisposizione di tutti quei materiali e quei protocolli operativi che
facilitano il lavoro degli operatori e l’accesso all’utenza.
Il personale, ma anche la struttura sanitaria territoriale, devono essere
adeguati alle necessità dei pazienti stranieri. Non si tratta di grandi spese,
ma di semplici accorgimenti che possono semplificare l’accoglienza, la
presa in carico, la visita e la terapia. Innanzitutto, bisogna dotare le
strutture di indicazioni efficaci, facendo largo uso di disegni facilmente
comprensibili e che non si ispirino a simboli tipici della biomedicina
occidentale (es. il caduceo di Mercurio).
E’ poi utile avere a disposizione guide multilingue per le procedure di
iscrizione e fruizione del Servizio Sanitario Nazionale. La modulistica
deve essere tradotta nelle lingue più diffuse. Soprattutto, è utile
avere a disposizione moduli e strumenti che consentono di effettuare
rapidamente l’anamnesi, traducendo nelle lingue più diffuse domande
come: ha allergie a medicinali? Soffre di patologie cardiache?
Infine, sarebbe utile durante le visite avere a disposizione disegni del
corpo umano, in modo che il paziente migrante, semplicemente
indicando, possa comunicare quali sono i punti dolenti o quelli dove
avverte dei fastidi.
3.6. Accogliere i beneficiari
La riflessione sulla figura del mediatore porta alla conclusione che non
necessariamente il mediatore deve essere una risorsa interna al sistema.
E' tuttavia necessario avvalersene soprattutto in alcune fasi, come ad
esempio quella di accoglienza. Spesso le risorse risultano insufficienti per
svolgere dettagliatamente questa attività. Può risultare quidi utile che i
mediatori culturali moltiplichino la propria azione dando suggerimenti e
indicazioni al personale interno.
Ad esempio, è molto utile spiegare la struttura nella quale il paziente è
accolto e quali ne siano funzionamento, regole e competenze. E’ anche
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importante spiegare con voce calma quanto sta per accadere, utilizzando
espressioni standard e senza mai cercare di semplificare inutilmente le
frasi in italiano. Non c’è bisogno, insomma, di alzare il tono della voce,
di rivolgersi utilizzando il “TU”, oppure di utilizzare i verbi all’infinito,
al participio passato senza ausiliare o, ancora, abolire gli articoli e le
preposizioni. Nella maggior parte dei casi queste variazioni linguistiche
sono avvertite anche da chi non conosce bene la lingua italiana e
interpretate, a seconda delle circostanze, come fastidio e/o aggressività
da parte dell’operatore, come concitazione e incapacità nell’affrontare il
disagio, la malattia, l’emergenza.
Anche nel chiedere documenti o certificazioni o eventuali referti medici
bisogna mantenere sempre un’estrema calma, restare sorridenti e tenere
un tono della voce adeguato. In tale maniera, anche l’impossibilità
di effettuare la prestazione, a causa della mancanza di una corretta
prescrizione o per qualunque altro serio impedimento burocratico,
sarà facilmente interpretata come una procedura standard del servizio.
L’improvvisazione, la concitazione, l’approssimazione, viceversa,
trasmettono l’idea che siano possibili trattamenti differenziati e di favore.
Ovviamente, l’operatore addetto all’accoglienza deve avere ben chiare
tutte le fasi e controllare un repertorio di domande semplificate, del
tipo: “Buongiorno, io sono … Questo è il centro/servizio/ospedale/
ambulatorio. Come si chiama?”
“Ho bisogno di farle alcune domande per il modulo di accettazione”
“E’ la prima volta che viene qui?”
In caso di bisogno, ci si può rivolgere al mediatore culturale/linguistico.
Anche in questo caso è importante ricordare che, nel caso di un paziente
che presenta una problematica sanitaria, è importante instaurare un
rapporto di fiducia. La presenza di altri, non interessati direttamente alla
soluzione del problema, può essere percepita come un’invasione della
privacy (perfino qualora si tratti del mediatore) e pertanto può rendere
più difficoltosa la comunicazione.
Alla fase di accoglienza deve sempre seguire un accompagnamento del
paziente migrante. Ogni fase, ogni momento, deve essere illustrato.
Inizialmente può apparire una faticosa e inutile perdita di tempo, in
realtà ha una funzione rassicurante. Anche il fatto che ci si rivolga
ripetutamente al paziente in lingua italiana diventerà uno stimolo
alla comprensione e all’apprendimento della lingua italiana, inoltre la
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ripetizione di alcune formule (es. “Adesso la sottoponiamo a … / la
accompagno in”) consentirà all’utente di capire che il servizio sta agendo
e che ad una fase ne succede un’altra.
3.7. Rendere gli utenti promotori dei servizi
Una delle indicazioni più utili della sociologia delle organizzazioni
dei servizi è quella che, nella prospettiva di superare ogni potenziale
conflitto tra utente e operatore, propone di integrare all'interno dei
servizi gli utenti, muovendo dalla considerazione che hanno con questi
un rapporto continuativo di lunga durata (es. scuola) o particolarmente
significativo (es. presidio ospedaliero).
Gli utenti dei servizi per la salute devono essere considerati parti del
sistema. Informare un singolo, soprattutto se immigrato, significa
informare l’intera comunità. All’inizio, occorrono tempo e pazienza, ma
i risultati nel lungo periodo sono rilevanti. Bisogna passare dalla logica
degli utenti a quella degli “attivisti”, di persone, cioè, che promuovono
il servizio sanitario, che ne riconoscono e ne trasmettono il senso,
consolidando le relazioni tra servizio e comunità territoriale favorendo
la diffusione di comportamenti utili alla conservazione e alla crescita
della salute e del benessere.
E’ importante non dare niente per scontato. Tanti migranti, infatti,
provengono da sistemi sanitari diversi da quello italiano. Per questo,
determinate procedure possono sembrare strane e persino suscitare il
sospetto che siano discriminanti. Bisogna illustrare le ragioni della fase
di anamnesi e della diagnosi e anche il perché dei protocolli terapeutici
adottati. E’ esperienza comune, ad esempio, che il paziente straniero
si attenda la somministrazione di medicine e non comprenda il perché
di tante domande. E’ rassicurante spiegare che, nel sistema sanitario
italiano, la cura del paziente è massima. Per questo si preferisce evitare la
somministrazione di farmaci che possono risultare dannosi per la salute,
in mancanza di una diagnosi precisa.
La fase di accoglienza dei pazienti immigrati, dunque, è quella più importante. I materiali informativi e la modulistica tradotti nelle lingue maggiormente
diffuse, se non consentono di raggiungere tutti i pazienti comunicano
comunque interesse per la condizione di chi è straniero e disponibilità al
dialogo. Il coinvolgimento dei destinatari, insomma, è un campo dove
assumono grande importanza anche i significati impliciti delle azioni svolte.
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pubblica accoglienza
3.8. Creare occasioni di coinvolgimento dei pazienti
In alcuni sistemi sanitari (es. USA) gli utenti sono invitati a momenti di
confronto, discussione e aggiornamento sulle novità del servizio. E’ un
modo per rendere il servizio più efficiente e coinvolgente e per abbassare
la soglia di accesso ai servizi sanitari. Non bisogna dimenticare, infatti,
che il disagio degli utenti stranieri non deriva semplicemente dalle
differenze linguistiche e culturali, ma dall’oggettiva fragilità psicologica di
chi si avvicina ai servizi sanitari lamentando un malessere. La condizione
di paziente, ovviamente, è comune tanto agli stranieri quanto agli
italiani. Il coinvolgimento dei pazienti, dunque, è utile al servizio nel
suo complesso.
Promuovere la nascita di gruppi di informazione o di auto-aiuto
(selfhelp) è un modo per consentire al sistema sanitario di acquisire una
dimensione domiciliare con costi ridotti, sfruttando la rete amicale e di
condivisione che unisce gli ammalati. Inoltre, questo tipo di intervento
rimuove lo stigma che spesso accompagna la condizione di chi è infermo.
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Capitolo IV
PICCOLA BUSSOLA NELL’OCEANO NORMATIVO
In questi mesi di lavoro fianco a fianco con il personale dei presidi medici
e ospedalieri e dei servizi sociosanitari ci si è resi conto che una delle
difficoltà principali è rappresentata dal timore di infrangere le normative
che disciplinano il soggiorno dei migranti in Italia. Il tema, in effetti, è
molto complesso. Comunitari e non comunitari hanno canali differenziati
di inserimento e accesso al servizio sanitario nazionale. Ulteriori
differenze, poi, sono stabilite per i titolari di un regolare permesso di
soggiorno rispetto a chi ne è sprovvisto, e in base alle motivazioni di
rilascio del permesso di soggiorno. A tale riguardo si riporta di seguito
una tabella esemplificativa.
Status giuridico
Modalità di accesso alle cure
Straniero regolare (con permesso
di soggiorno rilasciato per motivi
di lavoro, famiglia, gravidanza,
disoccupazione, protezione sociale,
motivi umanitari, asilo o minori)
ISCRIZIONE OBBLIGATORIA SSN
(Rilascio della tessera sanitaria e
scelta del medico)
Straniero regolare (con permesso
di soggiorno rilasciato per motivi
di studio, religioso, personale delle
organizzazione internazionali)
ISCRIZIONE VOLONTARIA
(dietro pagamento di un contributo)
NON E’ OBBLIGATORIA
L’ISCRIZIONE
(Lo straniero è tenuto al pagamento
delle prestazioni, o a sottoscrivere
un’assicurazione e comunque deve
attenersi alle norme stabilite da
accordi bilaterali o multilaterali)
Straniero regolare (con visto e
permesso di soggiorno per turismo)
Straniero irregolare (privo di permesso
di soggiorno o con permesso scaduto)
Permesso per cure mediche (ottenuto
con visto di ingresso per cure
mediche)
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RILASCIO DEL TESSERINO STP
(ha diritto alle cure urgenti, essenziali
e continuative)
PAGA LE PRESTAZIONI
Capita, talvolta, che i servizi fraintendano i compiti assegnati e cerchino
quasi di sostituirsi alle autorità di pubblica sicurezza. Tali circostanze
sono comprensibili soprattutto in ragione di una pluralità di canali di
comunicazione, tra i quali i mass media, che spesso alimentano timori
e dubbi. Basti pensare agli effetti che ebbe, all’epoca, il cosiddetto
“pacchetto sicurezza” che cercò di imporre ai medici l’obbligo di
denunciare i pazienti migranti sprovvisti di permesso di soggiorno.
A tale riguardo è bene precisare che non è compito degli operatori
dei servizi sanitari l’accertamento di tali condizioni. E’ invece buona
prassi indirizzare i migranti all’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale,
ricordando che l’iscrizione va effettuata nella ASL del luogo di residenza
o di effettiva dimora del richiedente, attraverso l’esibizione del permesso
stesso e di autocertificazione del codice fiscale. Ogni altra richiesta è
da considerarsi illegittima. L’iscrizione al SSN nazionale, peraltro, è un
obbligo di legge, che resta tale anche per i detenuti (regolari e irregolari),
sia internati, che in semilibertà o sottoposti ad altre forme di pena.
In poche righe abbiamo dunque cercato di riassumere quando e cosa si può,
e si deve, fare sempre e in ogni caso. Sono informazioni e comportamenti
utili da tenere soprattutto qualora ci si trovi a intervenire in casi di urgenza
sanitaria o con pazienti particolarmente tutelati, come le madri e i minori.
La legge prevede che siano garantite a tutti i pazienti, indipendentemente
dallo status giuridico e dalla condizione (anche agli irregolari e ai
clandestini, insomma), le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti
ed essenziali, ancorché continuative, per malattia o infortunio. Sono
inoltre garantiti: la tutela della gravidanza e della maternità, la salute
del minore, le vaccinazioni, gli interventi di profilassi internazionale e la
profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive.
Con il termine “urgente” la legge intende l’erogazione obbligatoria di
quelle cure che, se differite, possono mettere a rischio la vita del paziente
o causare danni alla salute della persona. In questi casi la mancanza
dei documenti non può assolutamente impedire l’erogazione della
prestazione sanitaria. Per “essenziali”, le note ministeriali hanno chiarito che sono da intendersi
le prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, relative a patologie
non pericolose nell’immediato e nel breve termine, ma che nel tempo
potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita
(complicanze, cronicizzazioni o aggravamenti).
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Allo stesso modo, la legge ha affermato il diritto alla continuità delle
cure urgenti ed essenziali, e dunque la necessità “di assicurare all’infermo
il ciclo terapeutico e riabilitativo completo riguardo alla possibile
risoluzione dell’evento morboso” (CM n. 5/2000, Ministero della
Sanità).
L’intervento dell’operatore sanitario, dunque, prescinde dalle
certificazioni in possesso del paziente migrante. L’eventuale avviamento
delle procedure per l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale e/o il
rilascio di attestazioni e permessi di vario genere spetta ai servizi sociali,
che devono essere opportunamente allertati.
La madre e il nascituro o il neonato sono oggetto di una speciale tutela di
legge. L’Italia, in particolare, aderisce alla “Convenzione internazionale
sui diritti del fanciullo e dell’adolescente” sin dal 1991. Ciò significa che
tale convenzione è divenuta una legge attraverso la quale la Repubblica
Italiana si impegna a garantire il miglior stato di salute possibile al minore
e alla madre e a garantire l’accesso alle terapie che assicurano la salute
della madre e del bambino (art. 24).
Ovviamente, per i minori e per le madri valgono a maggior ragione le
osservazioni precedenti relative alle cure urgenti, essenziali e continuative.
In generale, anche qualora ci si trovi di fronte a minori non accompagnati
o accompagnati da persone di cui non è possibile accertare se abbiano
o meno la patria potestà, compito primario dell’operatore sanitario è
quello di intervenire a tutela della salute. Solo in un secondo momento,
è possibile ricorrere ai servizi sociali affinché accertino la condizione del
minore.
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Ringraziamenti
Le Linee guida sono state realizzate da Cidis Onlus nell’ambito del
Progetto Pubblica Accoglienza e curate da Dario Spagnuolo con il
significativo contributo di Maurizio Alfano.
Il nostro ringraziamento va alle istituzioni che hanno partecipato alle
attività promosse dal progetto: l’ASP di Cosenza e in particolare i distretti
di Cosenza-Savuto, Valle Crati, Esaro-Pollino, Jonio-Nord, Jonio-Sud,
l’U.O.C. SERT di Cosenza, l’Ospedale CAPT di Trebisaccee e Spoke di
Castrovillari.
Un grazie particolare a Loredana Nigri, responsabile del Servizio Sociale
Professionale della Direzione Sanitaria/ASP di Cosenza; a Francesca
Santagata dell’Ospedale CAPT di Trebisacce ed ai Dottori Anna Salatino
e Raffaele Cirone dell’Ospedale Spoke di Castrovillari.
Un riconoscimento speciale va a tutti gli operatori e i mediatori coinvolti.
Sono loro il volto della Pubblica Accoglienza!
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