Corriere della sera - 11.09.2014

GIOVEDÌ 11 SETTEMBRE 2014 ANNO 139 - N. 215
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CRISI DELLA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA
Il dibattito
La medicina tra umanità
e forza della tecnologia
Rock e nostalgia
L’album degli U2
gratis su iTunes
Su Sette
La vendemmia 2014
sarà una sfida alla crisi
di Claudio Magris
alle pagine 34 e 35
di Andrea Laffranchi
a pagina 43
Domani il magazine
in edicola con il Corriere
Giannelli
Svolta
LA SOLITUDINE
AL POTERE
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano
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L’ad di Fiat-Chrysler nuovo presidente: l’azienda resterà italiana
Si consuma il divorzio
tra la Ferrari e Luca Cordero di Montezemolo, che dice addio al Cavallino dopo
23 anni, con la conquista di
19 titoli mondiali. Avrà
una liquidazione da 27 milioni di euro. L’amministratore delegato di FiatChrysler Sergio Marchionne, nuovo presidente: «Lascia un’azienda in salute,
che resterà italiana».
La strategia
Alonso
e i motori
Così cambierà
la Scuderia
di ARIANNA RAVELLI
DA PAGINA 2 A PAGINA 6
Basso, Carretto, Chiesa
Massaro, Sideri
A PAGINA 6
Scenari
La spinta di Marchionne:
si deve tornare a vincere
di SERGIO BOCCONI
«S
i deve tornare a vincere perché è nel
nostro Dna»: è la spinta di Sergio
Marchionne, nuovo presidente della
Ferrari, durante la conferenza stampa
con Luca Cordero di Montezemolo.
A PAGINA 3
Milano: oltre all’amministratore delegato del gruppo, coinvolti anche Scaroni e Bisignani
Il voto in Emilia
Eni, Descalzi sotto inchiesta
TRA INDAGINI
E GARANTISMO
PD PRIGIONIERO
DI SE STESSO
I pm: mega tangente in Nigeria. Londra sequestra 190 milioni
di LUIGI FERRARELLA
e GIUSEPPE GUASTELLA
Presentata la Commissione
ALLE PAGINE 10 E 11 Bianconi, Martirano
CONTINUA A PAGINA 39
A PAGINA 13
una parola che difficilmente comparirà
SOTTO IL SEGNO
Ssaràesullec’è«deroga».
agende di questa Commissione europea
Quella che si è insediata a Bruxelles
DELLA CANCELLIERA sembra «die Kommission»: un organismo
filotedesco e di centrodestra.
di LUIGI OFFEDDU
A PAGINA 17
Veti incrociati per le nomine
Legnini dal governo
verso i vertici del Csm
Lite sulla Consulta
Il delitto Bossetti vuole un altro prelievo sugli abiti della vittima. I legali: va liberato
Yara, 90 giorni dopo si riparte dal Dna
di GIULIANA UBBIALI
D
opo quasi novanta giorni trascorsi in carcere, in isolamento, Massimo Giuseppe Bossetti, accusato di essere l’assassino di Yara
Gambirasio, continua a professarsi
innocente. Eppure, secondo le analisi disposte dal pm, c’è il suo Dna
sugli slip e sui leggings della giovane. I difensori sanno che questo è il
pilastro dell’inchiesta, così hanno
presentato al gip un’istanza di scarcerazione dell’imputato chiedendo
un nuovo prelievo sugli indumenti.
A PAGINA 20
Fiorentina-Napoli
Coalizione di 40 Paesi
L’ultima perizia:
quando De Santis
sparò al tifoso
era a terra ferito
Parla Obama:
bombardamenti
anche sulla Siria
per sradicare l’Isis
di FULVIO FIANO
di MASSIMO GAGGI
A PAGINA 21
F
Ennesima giornata di veti incrociati sul
pacchetto di nomine per la Corte costituzionale e il Consiglio superiore della magistratura. Nuova «fumata nera» per la Consulta, mentre per il Csm hanno raggiunto il
quorum solo le new entry del Pd: il sottosegretario Giovanni Legnini (524 voti) e il
sindaco di Arezzo Giuseppe Fanfani (499
voti). Legnini è ora favorito per la poltrona
di vice di Giorgio Napolitano al Csm.
La guida dell’Europa al partito del rigore I
Presentato dal presidente Juncker (a sinistra) il nuovo governo della Ue. ALLE PAGINE 16 E 17 Caizzi, Montefiori
di ANTONIO POLITO
orse, col senno di poi,
sarebbe stato meglio per
Renzi se i magistrati di
Bologna avessero fatto
qualche giorno di ferie in
più. Invece «la Procura ha
lavorato anche in agosto»,
ha spiegato implacabile il
vicecapo dell’ufficio.
Risultato: primarie emiliane
nel caos, direzione del
partito rinviata, festa
dell’Unità rovinata. Per
quanto di modesta entità
giudiziaria, l’inchiesta di
Bologna è una bella tegola
per il Pd renziano.
Innanzitutto perché ricorda
che il nuovo gruppo
dirigente non è così vergine
da non avere un passato, in
cui viaggiò in auto blu e fu
esposto agli incerti del
mestiere (soprattutto nei
consigli regionali con «nota
spese selvaggia»); né è così
fraternamente unito da non
conoscere le notti dei lunghi
coltelli, come quella che si
sta consumando nella
roccaforte emiliana e che
solo i nuovi cremlinologi del
renzismo sanno spiegare.
l nuovo amministratore delegato dell’Eni,
Claudio Descalzi, è indagato dalla Procura
di Milano per l’ipotesi di «corruzione internazionale» di politici in Nigeria in relazione
a una concessione petrolifera da 1 miliardo
di dollari. Inquisiti anche Paolo Scaroni e
Luigi Bisignani. E la Corte di Londra sequestra 190 milioni a mediatori nigeriani.
LAPRESSE / AP / GEERT VANDEN WIJNGAERT
E allora viva le istituzioni
monocratiche, abbasso la
democrazia rappresentativa.
Come sostituirla? Con un
tweet, nuova fonte oracolare
del diritto. O con una fonte
orale: ne ha appena fatto uso
il ministro Orlando, annunziando un emendamento al
decreto sulla giustizia. Anche se quel testo nessuno lo
conosce, anche se Napolitano non l’ha ancora timbrato,
anche se la competenza ad
emendarlo spetterebbe
semmai all’intero Consiglio
dei ministri. Ma quest’ultimo è l’ennesimo organismo
collegiale caduto ormai in
disgrazia, sicché ciascun ministro fa come gli pare. Sempre che sia d’accordo poi il
primo ministro, dinanzi al
quale tutti gli altri non sono
che sottoministri.
E lui, l’uomo solo al comando, come comanda?
Berlusconi seguiva l’onda
dei sondaggi, a costo di
cambiare idea tre volte al
giorno, se gli piovevano sul
tavolo tre rilevazioni differenti; Renzi non sonda, consulta. Il 15 settembre s’aprirà
la grande consultazione sulla scuola, dopo quella sullo
sblocca Italia, sulla giustizia,
sulla burocrazia, sul Terzo
settore. Anche la riforma costituzionale (art. 71) fa spazio a nuove «forme di consultazione».
Nel 1992 fu l’utopia di
Ross Perot, outsider alle presidenziali americane: una
società atomistica, in cui
ciascuno potesse promuovere o bocciare qualunque decisione di governo, schiacciando un tasto sul computer mentre fa colazione. Non
è l’utopia di Renzi, anche
perché in Italia i consultati
non decidono alcunché. Ma
la consultazione è diventata
lo strumento per stabilire un
rapporto verticale con il leader, nel vuoto di rapporti
che segue l’eclissi di ogni aggregazione collettiva. Il risultato? Parafrasando Gaber: l’incontro di due solitudini, in un Paese solo.
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Ferrari, l’addio di Montezemolo
Una liquidazione da 27 milioni
di MICHELE AINIS
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Fondato nel 1876
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a democrazia è un
ca n t i e re s e m p re
aperto. Ogni giorno
si forma e si trasforma, anche se per lo più non
ci facciamo caso. La folla dei
muratori nasconde l’opificio, la polvere di calcinacci ci
impedisce di vedere. Eppure
sta cambiando, qui, adesso.
E la cifra della sua metamorfosi si riassume in una parola: solitudine. Dei leader, dei
cittadini, delle istituzioni.
Ne è prova il confronto tra
l’uomo che ha segnato gli ultimi vent’anni e quello che
forse dominerà il prossimo
ventennio. Berlusconi inventò il partito personale,
schiacciato e soggiogato dal
suo capo. Ma un partito
c’era, con i suoi gonfaloni,
con i suoi colonnelli. Invece
Renzi è un leader apartitico,
senza partito. Ha successo
nonostante il Pd, talvolta
contro il Pd. Il suo colore è il
bianco, come la camicia
sfoggiata a Bologna insieme
agli altri leader della sinistra
europea. E il bianco è un
non colore, non esprime alcuna appartenenza.
D’altronde tutti i soggetti
associativi sono in crisi, perciò sarebbe folle legarsi mani e piedi alle loro sventure.
La fiducia nei partiti vola rasoterra dagli anni Novanta;
adesso è sottoterra, al 6,5%.
Nelle associazioni degli imprenditori credono ancora 3
italiani su 10, e appena 2 nei
sindacati. È in difficoltà pure
la Chiesa, ma papa Francesco
riscuote il 91% delle simpatie
popolari. Come peraltro
Renzi, che surclassa la popolarità del suo governo (64%).
Perché contano i singoli,
non gli organismi collettivi.
Contano i sindaci, non i consigli comunali. Conta il governatore, non l’assemblea
della Regione: se il primo inciampa, cadono tutti i consiglieri. Mentre il Parlamento
nazionale è già caduto, è un
fantasma senza linfa: per Eurispes, se ne fida il 16% degli
italiani. Invece il presidente
della Repubblica, sia pure in
calo, rispetto al Parlamento
triplica i consensi.
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A PAGINA 18
2
Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
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Primo Piano
Il divorzio La scelta
Il cambio
Sono arrivati
assieme alla
conferenza
stampa,
a bordo di una
Rossa guidata
dall’ex
numero uno
di Maranello
Marchionne
(a sinistra)
e Montezemolo
ieri a Maranello
«La nuova Ferrari resterà italiana»
Marchionne: mancanza di convergenze. Montezemolo: lascio un gruppo forte
Accordo per una liquidazione da 27 milioni di euro al presidente uscente
La vicenda
A Cernobbio
L’affondo:
«Nessuno è
indispensabile»
«Nessuno è indispensabile».
Con questa frase,
pronunciata domenica scorsa
al forum di Cernobbio,
Sergio Marchionne mette
implicitamente in
discussione la permanenza
di Luca Cordero di
Montezemolo in Ferrari
L’incontro a due
Il faccia a faccia
martedì scorso
a Maranello
Martedì scorso Sergio
Marchionne è stato a
Maranello (Modena), nel
quartier generale della Ferrari,
dove ha avuto un incontro a
due con Luca Cordero di
Montezemolo. Le voci
sull’avvicendamento sono
così diventate più concrete
I conti
Oggi i risultati
del primo
semestre
Oggi la Ferrari presenterà
i risultati del primo semestre
2014. In un primo tempo era
parso che il cambio nella
governance e il cambio alla
presidenza sarebbe stata
annunciata in
quest’occasione, invece
l’annuncio è arrivato ieri
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
MARANELLO — Arrivano
insieme alla conferenza stampa, Sergio Marchionne e Luca
Cordero di Montezemolo, a
bordo di una Ferrari guidata
proprio dal presidente dimissionario. Montezemolo ha
appena lasciato la società di
cui è stato numero uno per 23
anni e nella quale era entrato
oltre quarant’anni fa: «La prima volta che venni a Fiorano
era il gennaio 1973, Enzo Ferrari mi disse: “Ho bisogno di
un giovane come lei, sono
troppi anni che non vinciamo
in formula 1”», ricorda allungando una pacca sulla spalla a
Marchionne, che sta al gioco e
sorride. Domenica scorsa
proprio una battuta critica di
Marchionne sui risultati non
lusinghieri in F1 negli ultimi
sei anni è stata l’elemento che
accelerato il passaggio di consegne. «Con Sergio ci siamo
parlati molto, ci sono state incomprensioni nel weekend e
anche il motore rotto da Alonso a Monza non ha giovato»,
ha sorriso Montezemolo.
L’immagine offerta dai due
manager è comunque di ami-
cizia, così come le dichiarazioni, sia pure tra frecciate benevole. Marchionne: «Voglio
ringraziarlo per l’amicizia,
per il fatto che ci siamo sopportati bene per 10 anni». E
Montezemolo: «Abbiamo cominciato a polemizzare nel
2002 al cda del Lingotto». Ma
c’è anche diversità sul futuro
del Cavallino. Su una cosa sono comunque d’accordo: la
Ferrari deve tornare a vincere.
«Luca lascia un’azienda in
L’uscita
Il presidente delle Rosse
lascerà il 13 ottobre dopo
i festeggiamenti per i 60
anni del Cavallino
stato di salute ottima», riconosce Marchionne. «Ma la gestione sportiva, Luca lo sa
meglio di me, continua ad essere un elemento essenziale,
perché vincere in pista fa parte del Dna, e lavoreremo come
dannati per cercare di riconquistare posizioni». E Montezemolo chiosa: «Il mercato
più in crescita sono gli Usa,
dove la F1 non esiste, ma le
vittoria sono in funzione della
credibilità e della forza del
marchio».
Ora si guarda al futuro, alla
prossima quotazione a Wall
Street dell’azionista (al 90%)
Fiat-Chrysler sotto il nuovo
marchio Fca: «È un momento
storico», dice Montezemolo,
«bisogna vedere da dove si è
partiti, nel 2004 siamo stati
chiamati (ai vertici Fiat, ndr)
in un periodo in cui solo Sergio e io sappiamo quanto era
difficile, con un’azienda con
molte più gambe nel baratro
che non nel futuro. Prevedevo
di andare via a fine 2015 ma
siamo di fronte a una svolta
epocale. Oggi è giusto che
Ferrari contribuisca a un’operazione» come la quotazione
americana, «ed è giusto che la
conduca Marchionne, c’è bisogno di un unico regista».
Il giorno atteso per lo sbarco a Wall Street è il 13 ottobre,
e fino a quella data Montezemolo resterà al vertice della
casa di Maranello, da cui si
congeda con una buonuscita
di 27 milioni di euro (la metà
da erogare in 20 anni). «Vedere che la Ferrari darà un contributo importante all’operazione che apre un ciclo nuovo
mi riempie d’orgoglio. La Ferrari insieme alla mia famiglia
ha rappresentato e rappresenta la cosa più importante
della mia vita», dice commosso. «Ora avrò più tempo e meno stress, potrò andare a
prendere a scuola mio figlio
di 4 anni». E rivolto ai giornalisti, ridendo: «Mi mancheranno le cazzate che spesso
avete scritto».
Al Museo Ferrari comincia
dunque l’era Marchionne, che
«resterà a lungo» al vertice. E
promette: «Ferrari non sarà
mai integrata in Fca, non la faremo inquinare da un sistema
automobilistico di mass
market. In Ferrari hanno avuto una libertà strategica e
operativa che vogliamo continuare ad avere». E c’è un motivo: «Preservare l’esclusività
del marchio». È un altro punto di accordo con Montezemolo: «Non sono tanti gli
azionisti che vogliono vendere meno macchine», riconosce il 67enne presidente
uscente parlando del limite
delle 7 mila Rosse prodotte
ogni anno, «noi abbiamo
venduto meno macchine e
portato più utili. Da quest’anno in poi ci sarà un piccolo fi-
siologico aumento, perché
non possiamo avere liste di
attesa che favoriscono solo i
concorrenti». La difesa del
marchio passa anche dalla
italianità del Cavallino, dice
Marchionne: «Sarebbe osceno, inconcepibile produrla in
America o fuori dall’Italia. La
Ferrari è e resterà a Maranello, non bisogna scherzare sulla realtà produttiva dell’azienda». La continuità è garantita anche dall’ammini-
Il consiglio
Oggi a Maranello
il consiglio esaminerà
i conti semestrali
del gruppo
stratore delegato, Amedeo
Felisa.
La distinzione tra i due è
sul passaggio generazionale
chiesto da Marchionne. «Luca
ha fatto un grandissimo lavoro nel ristabilire i conti di
questa azienda. Negli ultimi
sette mesi tra noi si sono intensificati i confronti su
quanto sarebbe durato il suo
impegno in Ferrari perché c’è
esigenza di un passaggio generazionale. È stata una questione di convergenza su alcuni punti e mancanza su altre, e la tempistica ha creato le
condizioni per il cambiamento. Io ho sempre insistito sulla
governance e sulla prevedibilità delle successioni». In questo, spiega, il consiglio di amministrazione di Fca è sovrano: «Io penso a una serie di
successori che possono rimpiazzarmi in ogni momento.
Il consiglio sa qual è quell’elenco e qual è la mia preferenza in caso di successione».
La gestione unitaria di Ferrari in Fca non comporterà
comunque cambi di strategia.
La quotazione del Cavallino
«non è nei piani adesso»,
chiarisce Marchionne, «non è
né esclusa né inclusa». E in
ogni caso «la responsabilità
di Ipo Ferrari o di un aumento
di capitale non è una scelta
mia. Tutte le scelte strategiche
dipendono dal cda». Escluso
anche il famoso «polo del lusso» con Alfa Romeo e Maserati: «La Ferrari ha un segmento
per se stessa».
Fabrizio Massaro
fabriziomassar0
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L’accordo Entro gennaio versati 13,2 milioni, gli altri entro il 2035
Tutte le clausole del contratto
e il vitalizio a rate per 20 anni
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
MARANELLO — «Mettete una
buona parola», scherza l’ormai ex
presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo rivolto ai giornalisti che gli chiedono della sua buonuscita. E aggiunge: «La Fiat sappia
che è sempre troppo poco». È il siparietto con l’amministratore delegato di Fiat Chrysler, Sergio Marchionne, durante la conferenza
stampa che sancisce il divorzio di
Montezemolo dal Cavallino Rampante dopo 23 anni alla guida della
casa di Maranello.
Sui compensi non scherza invece
Marchionne che rinvia la risposta a
una nota ufficiale: «La Fiat dirà
quello che deve dire entro i tempi
previsti dai regolamenti di Borsa»,
ha tagliato corto. E così, a mercati
chiusi, è arrivato il comunicato. In
sintesi, come buonuscita Luca Cordero di Montezemolo incasserà circa 27 milioni. Un accordo su cui la
Fiat e l’ex presidente della Ferrari
stavano lavorando da tempo. Del resto era ormai da mesi, ha spiegato
Gli extra
A Montezemolo resterà il diritto
di acquistare prodotti Fiat con
facilitazioni e di utilizzare alcuni
servizi di sicurezza
Marchionne, che l’avvicendamento
a Maranello era sul tavolo del gruppo. Difficile credere che l’intesa sia
stata trovata tra domenica, giorno
delle critiche pubbliche dell’amministratore delegato di Fca alla gestione Ferrari di Montezemolo, e ieri.
I 27 milioni sono una cifra ben al
di sotto di quello che si vociferava
nei giorni scorsi. E forse da qui nasce la stoccata di Montezemolo alla
Fiat durante la conferenza stampa:
«Sappia che è sempre troppo poco».
L’ex presidente del Cavallino percepirà «l’indennità di fine mandato attribuitagli sin dal 2003 e già descritta nella Relazione sulla Remunerazione pubblicata dalla società, pari a
cinque volte la componente fissa
Compensi La nota ufficiale della Fiat
della remunerazione annua di 2,7
m i l i o n i e q u i n d i i n to t a l e d i
13.710.000, pagabile nell’arco di
vent’anni». A questa si sommano
13,2 milioni a fronte anche dell’impegno di Montezemolo di non svolgere attività in concorrenza con il
gruppo Fiat sino al marzo 2017. «Sarà corrisposta la componente fissa e
variabile della remunerazione dovuta sino a tale momento – spiega la
nota – che corrisponde alla originaria scadenza del mandato in Ferrari,
complessivamente pari a 13,2 milioni da erogare entro il 31 gennaio
2015». Infine «Montezemolo conserverà in via temporanea il diritto
di acquistare prodotti del gruppo
Fiat con alcune facilitazioni nonché
di usufruire di taluni servizi attinenti la sicurezza».
La buonuscita si va ad aggiungere
agli emolumenti passati. Montezemolo negli ultimi dieci anni, tra stipendi, stock option e bonus ha già
incassato dalla Ferrari compensi per
circa 112 milioni complessivi. L’attenzione sull’indennità che Fiat
avrebbe versato a Montezemolo
aveva acceso due giorni fa l’attenzione della Consob, che ha chiesto al
Lingotto di fornire informazioni all’Authority della Borsa (non al mercato). L’annuncio di ieri ha chiuso la
pratica.
Francesca Basso
@BassoFbasso
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Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
90
italia: 51575551575557
Dieci anni (vissuti) in bilico
Ricordi e consigli inascoltati
6.922
La Sergio Pininfarina
La concept car Sergio Pininfarina
presentata a Ginevra nel 2013
4
Miliardi. Il valore attribuito
al brand Ferrari, che
secondo la classifica
Global 500 di Fortune è il
più noto al mondo, davanti
a Google
246
La FF
La Ferrari FF al salone di Ginevra
a marzo del 2011
Miliardi. Il fatturato
realizzato nel 2013 dalla
Ferrari. Nel primo
semestre di quest’anno
i ricavi ammontano
a 1,35 miliardi
La 458
La 458 Speciale presentata al salone
di Francoforte nel settembre 2013
203
I concessionari nel
mondo. Di questi, 82 sono
in Europa 44 sono in Nord
America, 40 nel Sud-est
asiatico e 12 in Medio
Oriente
Forse era inevitabile: tante frasi, battute, «spallatine», ammiccamenti e ricordi spesi ieri nella conferenza stampa
comune di Sergio Marchionne e Luca
Cordero di Montezemolo hanno rivelato
una distanza che sembra avere radici
prima ancora nei caratteri diversi che nei
fatti, recenti e non, che hanno portato alla rottura e alla «fine di un’epoca».
Sorride e si lascia «sballottare» Marchionne quando Montezemolo sottolinea che è stato Enzo Ferrari a chiamarlo
nel 1973: «Mi dice: avrei bisogno di un
giovane come lei perché sono troppi anni che non vinciamo in Formula 1. Molti
di più che dal 2008 a oggi», rimarca facendo riferimento alle dichiarazioni di
Marchionne a Cernobbio. «Sono i corsi e
ricorsi della storia», aggiunge, come a
voler ribadire che lui la «sua vicenda
professionale» non l’avrebbe chiusa ieri.
E sorride pure Montezemolo quando
l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler si sofferma sui «consigli»: «Luca me
ne dà da quando lo conosco, dal tipo di
macchina che devo guidare, consigli che
ho seguito, al vestito da indossare, che
siamo stati nominati lo stesso giorno
consiglieri di amministrazione della
Fiat. Un anno dopo siamo diventati presidente lui e io amministratore delegato.
Abbiamo lavorato insieme nei primi anni condividendo preoccupazioni, problemi e successi». All’inizio vivono fianco a fianco comunque uno dei momenti
più «neri» del gruppo del Lingotto. La
morte di Umberto Agnelli, i conti in forte
rosso, l’uscita di Giuseppe Morchio. Maranello e la Ferrari, dove Montezemolo è
diventato presidente e amministratore
delegato nel 1991, rappresentano in ogni
caso un «mondo a parte». Uno dei brand
più famosi al mondo, dal Duemila torna-
miliardi e l’utile è pari a 246 milioni.
Il decennio concluso con la «rivoluzione americana», che comunque sarà
dai due condivisa nella giornata «clou»
del 13 ottobre, sebbene con significati e
prospettive diverse, segna simmetrie
(come la volontà di giocare le proprie
partite da protagonisti) e distanze nei
caratteri che in alcuni momenti si rivelano anche pubblicamente. Come nell’ottobre 2007, per esempio, quando il Lingotto di Marchionne e di Montezemolo,
presidente dalla primavera 2004 anche
di Confindustria, anticipa ai dipendenti
un aumento su un contratto nazionale
bloccato da aspetti normativi. E l’annun-
Al vertice
Nominati insieme al vertice
del Lingotto nel 2004.
«I suggerimenti di Luca?
Qualcuno l’ho seguito, altri no»
Milioni. L’utile netto di
Ferrari registrato nel
2013, in aumento rispetto
ai 227 milioni di profitti del
2012 e ai 176 milioni del
2011
2,335
3
La storia Dalla nomina nel consiglio Fiat nel 2003
Le Rosse
Per cento. La quota del
capitale sociale di Ferrari
detenuta dalla Fiat.
Il restante 10% è in mano
a Piero Ferrari, figlio del
fondatore Enzo
Le Ferrari consegnate nel
2013, il 5% in meno
rispetto al 2012 non per
un calo di richieste ma per
l’esigenza di preservare
l’esclusività del brand
Primo Piano
La California
La Ferrari California T presentata
al salone di Ginevra a marzo 2014
non ho seguito, fino ad altri dettagli che
non vi riferisco». E Luca: «Anche in quelli non mi ha seguito». Però ritorna sul
capitolo auto: «Quando ho conosciuto
Sergio gli ho fatto vedere una bellissima
Ferrari e lui mi ha risposto “io ho un’Audi quattro ruote motrici...”, poi ha cambiato idea». E Marchionne questa volta
ride: «Completamente convertito». È serio invece l’amministratore delegato di
Fiat-Chrysler quando si parla della buonuscita: fa riferimento al comunicato,
diffuso in serata. Mentre Montezemolo
non si lascia scappare l’occasione per
una battuta, anch’essa per la verità più
seria che umoristica: «Fiat sappia che è
sempre troppo poco». E ancora: sulla
«americanizzazione» della Ferrari, frasesfogo riferita a Montezemolo. Marchionne ha ribadito che «Ferrari è nata e morirà italiana». E Montezemolo ironizza»:
«La vera americanizzazione» è il modello in 10 esemplari per il mercato Usa che
sarà presentato proprio il 13 ottobre,
giorno della quotazione di Fca a Wall
Street e dell’addio del presidente Ferrari,
supercar e che costerà 2,5 milioni.
Scambi e battute che raccontano molto del «decennio comune». «Nel 2003»,
lo ha ricordato Marchionne, «Luca e io
Nel 2004
Luca Cordero di Montezemolo
(a destra), allora presidente
di Confindustria, con
l’amministratore della Fiat, Sergio
Marchionne, in una foto del 2004,
l’anno in cui Montezemolo
diventò presidente del Lingotto
ta Campione del mondo di Formula 1
con Michael Schumacher, la Rossa è il
«regno» di Montezemolo («assieme alla
famiglia la cosa più importante della mia
vita» ha detto ieri). Il bilancio che nel ‘91,
anno del suo arrivo al vertice, si chiude
con 329 milioni di ricavi e 12,1 di utile
lievita: nel 2008 il fatturato è a quota 1,94
miliardi e i profitti sono a 230 milioni;
nel 2013 le vendite sono cresciute a 2,3
L’autonomia
La questione dell’indipendenza
e dell’autonomia del Cavallino
rampante e la strada della
fusione in America
cio, coincidenza storica vuole, viene dato proprio a Maranello dove, sede insolita, si svolge il consiglio di amministrazione del gruppo, con John Elkann vicepresidente.
Ma l’aspetto che forse più caratterizza
il percorso comune è la consolidata autonomia di Maranello. Montezemolo
«è» la Ferrari, nel carattere, nei modi glamour, nel look e nel suo modo di rappresentarne il brand worldwide. La distanza è sempre più evidente dalla «severità»
del capo-aziende che persegue la fusione in America e che sa bene che il Cavallino Rampante, fiore all’occhiello, gioiello della corona, contributore significativo ai ratio di redditività, non può presentarsi «opaco» in pista. «Si deve
tornare a vincere — ha detto il neo presidente Marchionne — perché è nel nostro Dna, siamo capaci di farlo». Le «incomprensioni» , come diplomaticamente vengono definite le divergenze, esplodono. Lo dice Montezemolo: «il ritiro di
Alonso a Monza con l’unico motore rotto
nella stagione non ha aiutato». Anzi: ha
chiuso il decennio comune e per la Rossa
l’epoca di Re Luca.
Sergio Bocconi
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Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
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Primo Piano
Il divorzio Le reazioni
Il piano industriale e la strategia dietro la svolta
Il neopresidente: sarà la bandiera del gruppo. Esclusa la quotazione delle Rosse sul mercato
MILANO — Che cosa cambia da oggi in Ferrari? Tutto e
niente. E’ vero c’è un nuovo
presidente, Sergio Marchionne che ne sostituisce
un altro, altrettanto carismatico e famoso, Luca Cordero
di Montezemolo. La passione, l’impegno, la determinazione, le motivazioni saranno le stesse, perché lo spirito
di squadra rimane identico.
Alle spalle delle vetture di
Maranello rimane una formula vincente, in ogni settore di attività dell’azienda,
perché la Ferrari supera ogni
individualismo, è un’azienda che costruisce tutto da
sola in assoluta autonomia.
Circa 3.000 persone lavorano nelle fabbriche di Maranello e di Modena, di età
media intorno ai 40 anni,
con livello di istruzione elevato e l’inserimento di un
25%, tra operai ed impiegati,
che proviene da una trentina
di Paesi del mondo. A Maranello, vicino allo stabilimento, l’ingegner Enzo Ferrari
aveva, con lungimiranza,
fatto costruire, all’inizio degli anni Quaranta, un istituto
di perfezionamento professionale. Diventato nel tempo
pubblico, rappresenta il
punto di riferimento per gli
studenti promossi che vengono assunti in Ferrari. Questo è il patrimonio vero della
Ferrari che rimarrà più italiana di prima, la capofila di
una scuola, la bandiera per
tutti i marchi di Fca a cui appartiene. E’ in atto un movimento in cui arte ed industria si mescolano, segnando
nuove strade in cui non tutti
possono accedere. L’industria è al centro di un nuovo
modello di crescita che raf-
Le Rosse nel mondo
Svezia
1
2
EUROPA
2,335
miliardi
Fatturato 2013
246
milioni
Utile netto 2013
2
2
75
Canada
17
Usa
9
5
6.922 le auto consegnate nel 2013
2
4
miliardi
il valore del brand Ferrari, che secondo
la classifica Global 500 è il più noto al mondo
I CONCESSIONARI
Panama 1
2
1
10%
90%
8
Paesi del Golfo
1 Filippine
Venezuela
Malesia e Singapore
2
Indonesia
Ferrari World
Abu Dhabi
1
quota in mano a
Piero Ferrari figlio
del fondatore Enzo
scritto» ha detto Montezemolo, ieri a Maranello, senza
dover «integrare Ferrari in
Fiat Chrysler» ha precisato
Marchionne, sottolineando
che «la Ferrari è nata e resterà sempre italiana». Nulla
potrà essere prodotto fuori
dai nostri confini, proprio
per il ruolo che questo marchio copre nel mondo, qualsiasi evento che potrà succedere nei prossimi mesi non
andrà a intaccare lo svolgimento di un programma
che, per il nuovo presidente,
vede solo il ritorno alla vittoria in pista «il mio impegno è
duraturo». Possiamo credere
che si butterà, a capofitto,
per ritornare sul gradino più
alto del podio, per ridare credibilità al potenziale umano
e tecnico del brand, perché
«vincere sui circuiti non è
un’opzione negoziabile,
conservare un’integrità stra-
1
Cile
Australia
Brasile
1
1
3
Argentina
4
Sudafrica
Il controllo
Quanto
vale il marchio
Il gruppo Fiat Chrysler
controlla il 90 per cento
della Ferrari, mentre il
restante 10 per cento del
capitale appartiene a
Piero Ferrari.
Attualmente il gruppo di
Maranello viene valutato
intorno ai 4-5 miliardi di
euro. In passato si era
ragionato su un suo
possibile collocamento in
Borsa, progetto poi
sfumato. Sarà uno dei
punti chiave della
quotazione di Fca a Wall
Street
tegica è determinante per
andare avanti». L’innovazione svolge una funzione di
volano per stimolare le imprese ad arrivare per prime
sui mercati globali, parti di
una stessa catena che ha il
compito di coadiuvare il
passaggio a una gestione ancora più efficace. Amedeo
Felisa resterà l’amministratore delegato della Ferrari,
ma anche in questo caso,
una sostituzione non avrebbe il significato di un ribaltamento. E’ vero, l’uscita di
Montezemolo può essere
considerata come la fine di
Lo sbarco
Il 13 ottobre la
quotazione della FiatChrysler alla Borsa
americana
un’epoca, ma Fiat ha attraversato molte altre tempeste,
profondamente dolorose.
Rimane l’aspetto umano, le
lacrime, la commozione di
Montezemolo nel percepire
l’irreversibilità della situazione che stava vivendo, non
possono lasciare insensibili.
La ragione delle divergenze
degli ultimi giorni si trova in
una visione totalmente diversa sul ruolo che la Ferrari
dovrà ricoprire all’interno
del nuovo gruppo. Se Montezemolo ha sempre considerato il Cavallino un’entità
distaccata, autonoma, diversa da tutte le altre, Marchionne lo vede come un
tassello, il più importante,
del suo grande disegno industriale, pur escludendo,
per il momento, qualsiasi
ipotesi di Ipo indipendente.
Bianca Carretto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La famiglia, l’assetto per la fusione
e quella spinta delle nuove generazioni
A Wall Street
Negli Stati Uniti, patria del
marketing, la Fca ha bisogno
del pedigree Ferrari e del
podio in Formula Uno
l’epilogo del caso Ferrari con l’uscita
accelerata del presidente Luca Cordero di Montezemolo. È il fattore «generazionale». La guida della galassia
Agnelli, da John Elkann ad Andrea
Agnelli, è in mano a under 40. Montezemolo è considerato una persona di
famiglia e tutti ricordano che alla
scomparsa di Umberto Agnelli la famiglia si affidò proprio a lui. Anche
nel «divorzio» il sentimento che si respirava ieri nell’ambiente torinese era
quello della riconoscenza.
Eppure, il tempo passa e anche la
prossima quotazione a Wall Street
Giappone
29
Cina
Il retroscena La telefonata con il presidente di Fca John Elkann. Il riconoscimento al manager uscente
Le vittorie, certo, quelle del Cavallino che da troppo tempo non ci sono
(la contabilità è crudele: non vince il
mondiale dal 2008). L’argomentazione l’ha messa sul piatto, fin dal primo
minuto, lo stesso Sergio Marchionne
e in casa Agnelli - anche se la Ferrari
non è una religione come la Juventus
- ne sono tutti convinti. Squadra che
vince non si cambia. E il corollario inverso è facile da declinare. Ma c’è un
altro fattore, meno sportivo e forse
anche più sottile, che ha influenzato
5
3
4
1
quota
detenuta
da Fca
Il marchio
Il progetto è di valorizzare
il marchio senza
l’integrazione in
Fiat Chrysler del Cavallino
Corea del Sud
Medio Oriente
1
Rep. Domenicana
Porto Rico
IL CAPITALE SOCIALE
forzerà la concorrenza, assicurando, contemporaneamente, nuovi posti di lavoro.
Un mondo globalizzato che
non ha più confini, sia dal
punto di vista economico
che finanziario, i mercati sono interdipendenti uno dall’altro, la crisi di una nazione
può innescare reazioni imprevedibili in tutto il globo.
Questa è la svolta che deve
affrontare Fca, sospinta dai
valori del Cavallino. La svolta
che affronterà Marchionne
nel momento in cui la nuova
società verrà quotata a New
York. «Un nuovo ciclo va ri-
1 Ucraina
Marocco
5
Messico
Stabilimento
di Maranello
Russia
deve avere accelerato percorsi legati
al bisogno del cambiamento. Forse è
stato un fattore anche inconscio,
emerso con chiarezza solo all’ultimo,
nel weekend del doppio appuntamento Cernobbio-Gran premio di
Monza quando le affermazioni del
presidente uscente della Ferrari hanno scatenato o anticipato delle reazioni.
D’altra parte è un fatto che il termine «generazionale», che sia un incontro o uno scontro, ha sempre più peso
in Italia, dopo essere stato trasformato in ingrediente da campagna politica dal premier Matteo Renzi.
Se c’è stato qualche screzio, comunque, si è trattato di questioni legate agli affari. Lo stesso Montezemolo ieri ci ha tenuto a fare sapere
della telefonata, non la prima in questi giorni, con John Elkann. Come a
dire che sui sentimenti non si scherza. Inoltre, se è vero che l’implosione
è stata recente, la famiglia torinese
insieme al management del Lingotto
Gli Agnelli
La famiglia In alto il presidente di Fiat Chrysler John Elkann,
figlio di Margherita Agnelli. A destra in alto Maria Sole Agnelli,
sorella dell’Avvocato e zia di John. Sotto il presidente della
Juventus Andrea Agnelli, figlio di Umberto
aveva già aperto la questione della
presidenza futura della Ferrari. Il
brand - il più famoso al mondo come
certificato da una ricerca del 2013 che
lo vedeva avanti anche alla Apple - diventerà sempre più centrale nell’ecosistema di una Fca quotata nel Nuovo
mondo. Gli Stati Uniti sono la patria
del marketing e la battaglia si gioca
anche sull’immagine. Dunque, in soldoni, servono vittorie per il pedigree
di tutta la galassia, anche se la Ferrari
e la direzione sportiva, ci tengono a
sottolineare, rimane indipendente.
Piuttosto, a questo punto, essendo
stato utilizzato come argomento forte
del passaggio di consegne, ancora di
più tutti attenderanno le Ferrari davanti alle bandiere a scacchi.
Resta un fatto: le cose cambiano o,
meglio, sono cambiate. E con l’uscita
di Montezemolo anche dalla Fiat viene archiviato tutto un lungo pezzo di
storia iniziato quando lo stesso manager insieme a Cristiano Rattazzi, il
terzo figlio di Susanna Agnelli, correva su una 500 modificata Giannini
con i soprannomi goliardici di «Virgilio» e «Nerone». Montezemolo conobbe l’Avvocato Gianni Agnelli all’Argentario quando i due, «Virgilio»
e «Nerone», erano ancora dei sedi-
Gli aneddoti
L’amicizia con Cristiano
Rattazzi, figlio di Susanna
Agnelli, e le corse in 500 con i
soprannomi Virgilio e Nerone
cenni. Sono episodi e aneddoti come
questo che danno il polso del legame
forte tra la famiglia e Montezemolo.
Ma allo stesso tempo sono anche l’indicatore di un cambio storico.
Chissà se solo un anno fa, nel 2013,
quando per la prima volta l’Accomandita di famiglia si riunì proprio a Maranello con tanto di visita alla fabbrica del Cavallino e al museo, qualcuno
aveva potuto prevedere che sarebbe
arrivato anche alla Ferrari il momento
del dopo-Montezemolo.
Massimo Sideri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nuova Zelanda
1
Piazza Affari
La Fiat in
rialzo in Borsa,
guadagna
l’1,88%
Non esiste un «borsino»
dei tifosi, ma la Borsa ha
sicuramente apprezzato
il cambio alla presidenza
della Ferrari. Il titolo Fiat
è salito dell’1,88%
chiudendo a 7,84 euro ad
azione. Evidentemente i
mercati credono che una
Ferrari più interna al
gruppo Fiat, così come
accade per la
Lamborghini alla
Volkswagen, possa
valorizzare il titolo.
L’arrivo di Sergio
Marchionne alla guida
della Ferrari, che è il
brand più noto al mondo
in base alla classifica
Global 500 di Fortune,
potrebbe quindi anche
favorire il collocamento
delle azioni di Fiat
Chrysler a Wall Street
quando il 13 ottobre il
titolo Fca sbarcherà a
New York. Se, come dice
Marchionne parlando di
Formula1, quello che
conta è il risultato,
l’obiettivo del Lingotto
nelle ultime settimane è
stato raggiunto: il titolo
Fiat, crollato a 6,26 euro
dopo l’assemblea
straordinaria del primo
agosto, è tornato sopra i
7,7 euro, il corrispettivo
che sarà pagato ai soci
che hanno deciso di
lasciare la società perché
contrari ai mutamenti
decisi dal board (fusione
con Chrysler,
trasferimento della sede
legale nei Paesi Bassi),
esercitando il diritto di
recesso.
Ora, per la controllante
Exor, collocare le azioni
provenienti dal recesso
non sarà un problema.
Le azioni recedute
devono essere vendute a
7,7 euro mentre ormai
per acquistarle sul
mercato bisogna
spendere di più.
Fausta Chiesa
[email protected]
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Primo Piano
Il divorzio Il futuro
Perplesso
La diaspora Quante partenze
Fernando Alonso, 33 anni,
a Monza si è ritirato. Kimi
Raikkonen ha chiuso 9° (Epa)
Il dream team
si è sparpagliato
tra vacanze
e altre scuderie
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
MARANELLO — Per Sergio sono stati
l’arma più affilata per colpire, o — se si preferisce — il pretesto per spiegare un addio già
scritto, ma per altri motivi. Per Luca restano
una ragione d’orgoglio, fonte di ricordi indimenticabili («Quella volta che l’avvocato
Agnelli pianse al telefono»), al massimo fonte
di qualche rammarico («Sarei un pazzo se
non ne avessi. Per esempio abbiamo sottovalutato la complessità dei nuovi motori»). I risultati della Ferrari in pista: tu chiamale, se
vuoi, «incomprensioni». Perché nel cuore di
un passaggio epocale, tra la quotazione a Wall
Street e la necessità di gestire una successione
«pianificata», «Sergio e Luca» (come si chiamano tra loro) si sono ritrovati a parlare del
motore di Alonso rotto a Monza («Non succedeva dal 2009 e di sicuro non ha aiutato», il
commento di Montezemolo), e di titoli che al
Cavallino mancano da sei anni. E che andranno rivinti al più presto. Già, ma come?
Sergio Marchionne fa sì l’applauso per i 19
Mondiali e i 137 Gp vinti da Luca di Montezemolo, ma poi ribadisce (appena più velatamente) quanto detto a Cernobbio: «Bisogna
dare credibilità alla Ferrari in pista, sono fissato. Bisogna tornare lì. Questo darebbe un
sostegno al resto della Ferrari, e va oltre ad
ogni tipo di vettura che possiamo fare. Vincere in pista non è negoziabile. Ma non ho il minimo dubbio che ci riusciremo. Arrivare secondi non fa bene alla Ferrari». E quindi, visto
che in F1 si va veloci, bisogna già pensare a
come cambierà la Scuderia nell’era Mar-
MARANELLO — Ora che è uscito anche il numero 1, il presidente che è succeduto al fondatore
Enzo Ferrari, si chiude davvero una storia. Quella
del dream team, quella dei Mondiali vinti in successione da Michael Schumacher (che ora lotta
per riprendersi la vita inchiodato a un letto), e da
Jean Todt, dal 2009 presidente della Federazione.
Certo è che, per una squadra come la Ferrari che
aveva fatto della «stabilità» (per quanto «dinamica») la sua cifra, i cambiamenti negli ultimi anni
sono stati moltissimi. Un po’ è stato un fenomeno
fisiologico, un po’ si è applicata una logica troppo
«calcistica». Il primo a lasciare è stato il mitico d.t.
Ross Brawn: nel 2006, dopo l’addio di Schumi, si
prende un anno sabbatico. In Ferrari sarebbe
rientrato solo da team principal (ma era già stato
scelto Domenicali), così rileva la Honda e vince un
Mondiale con la Brawn Gp. Nei mesi scorsi Maranello lo ha ricercato allettandolo con una mega offerta, ma Ross per ora preferisce restare a pescare.
Luca Baldisserri (colui che nel 2004 si inventò
le quattro soste a Magny Cours) nel 2009 è il primo sacrificato sull’altare dell’impazienza. Rimane
a Maranello e comincia un nuovo progetto, l’Accademia Ferrari (che chissà ora che fine farà…). In
Alonso e un nuovo motore
i primi nodi da risolvere
Mattiacci resta team principal, in attesa di novità
chionne. Intanto, la considerazione in cui
l’a.d. di Fiat-Chrysler tiene la F1 fa pensare
che non mancheranno gli investimenti: ieri è
apparsa la consapevolezza che, negli ultimi
anni, sarebbero stati necessari sforzi maggiori: «Faremo tutto quello che è necessario, anche a livello di risorse, per tornare a vincere».
Per adesso non sono previsti ribaltoni. «Per la
gestione sportiva — ha chiarito Marchionne
— c’è Marco Mattiacci. Non mettiamo in
dubbio i ruoli, queste non sono le elezioni.
Mattiacci è il capo, basta». Però il nuovo team
principal siede su una poltrona davvero scomoda: è stato scelto da Montezemolo e, anche
se è gradito a John Elkann, per i nuovi responsabili cambiare non significherebbe
sconfessarsi. Marchionne sa bene che «questa non è una grande stagione e bisognerà
mettersi l’animo in pace», perché «c’è un
problema di motore, c’è un cantiere aperto»,
ma ha tutta l’aria di non essere uno che aspetterà a lungo di vedere risultati. «Se ci saranno
novità le comunicheremo» è poi una frase
che fa sempre alzare le antenne.
Il vero nodo da risolvere si chiama Fernando Alonso, anche se forse si risolverà da solo
grazie ai vincoli del contratto che lega lo spagnolo, fino al 2016 compreso, al Cavallino:
Fernando è da tempo scontento per l’assenza
di risultati, ma per liberarsi deve essere d’accordo anche la Ferrari, oppure deve smettere
di correre. Però, non a caso, ha smesso di par-
Contratto fino al 2016
Il pilota è vincolato
da un contratto fino al 2016:
è scontento, ma per liberarsi
gli serve il consenso della Ferrari
Vincere in fretta
La ricerca di risultati in pista
obiettivo immediato del team
di Maranello: «Arrivare secondi
non fa bene alla Ferrari»
lare di rinnovo: la trattativa (aveva chiesto un
adeguamento di stipendio da 18 a 30 milioni)
si è arenata e ora lo spagnolo è confuso. Anche perché gli viene a mancare un altro punto
di riferimento: Emilio Botin, il presidente di
Santander scomparso ieri, l’uomo che sponsorizzò il suo arrivo alla Ferrari (a medio-lungo termine, la morte di Botin potrebbe avere
effetti anche sul rapporto commerciale con il
team, anche se la figlia Ana, nominata a succedere al padre, resta vicina alla famiglia: tanto che era presente all’anniversario di matrimonio di John). Insomma, Marchionne dovrà subito «riconquistare» Alonso perché lo
spagnolo non può rimanere due anni da
scontento; in caso contrario, a Maranello
punterebbero su Sebastian Vettel.
Ma chi conosce bene la F1 sa che l’instabilità non aiuta una squadra che ha bisogno di
tornare sul mercato: vale per i piloti, vale anche per i tecnici. Mesi fa, qualche importante
trasferimento già fatto è sfumato (Andy
Cowell, area motori Mercedes) o si è reso più
difficile (Adrian Newey, genio dell’aerodinamica) con l’uscita di scena dell’ex team principal Stefano Domenicali. Lo stesso potrebbe
accadere ora. Infine, la F1 è lo sport più politico che esista: Mattiacci, arrivato solo ad aprile, era seguito da vicino da Montezemolo. Ora
è vero che Marchionne ha chiarito che «non è
che mi preoccupi tanto trattare con Ecclestone o Todt, ne ho avute di trattative difficili»,
però è impensabile che sia altrettanto presente. Insomma, le sfide non mancano.
Arianna Ravelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Vincente
Ross Brawn,
59 anni, è
stato direttore
tecnico
della Ferrari
per 10 anni:
dal 1996
al 2006
(Epa)
Sostituito
Dopo 23 anni
in Ferrari,
Stefano
Domenicali
si è dimesso
il 14 aprile.
Al suo posto
Marco
Mattiacci
Licenziato
Aldo Costa,
53 anni,
è stato
allontanato
dalla Ferrari
dopo 5 Gp
nel 2011.
Oggi è
in Mercedes
quell’anno salta anche Mario Almondo, perché si
decide di far crescere Aldo Costa come d.t. L’anno
successivo, dopo il suicidio sportivo di Abu Dhabi, viene sostituito Chris Dyer, responsabile della
strategia errata, un po’ perché ci vuole il sangue,
molto perché Alonso non ha più fiducia. Costa lo
segue pochi mesi dopo, maggio 2011, in un altro
annus horribilis: è la scelta forse più rimpianta a
Maranello (Costa ora disegna le Mercedes vincenti), però l’ex d.t. paga alcune decisioni sbagliate
(quando gli mostrano gli scarichi Toro Rosso a
gennaio, quelli soffiati, li snobba, mentre un mese
dopo parte il piano d’emergenza per copiarli).
Forse l’errore è stato il ruolo: Costa in Mercedes è
capo progettista (quello che faceva in Ferrari prima), non il direttore tecnico. L’arrivo di Pat Fry
(dalla McLaren) nel 2010 innesca la partenza o lo
spostamento in Gestione industriale di diversi
tecnici che non condividono l’impostazione dell’inglese. Ora è stata messa in dubbio la capacità
di leadership di Fry, infatti sopra a tutti c’è James
Allison. Si arriva a quest’anno con le uscite clamorose del team principal Stefano Domenicali e del
capo motorista Luca Marmorini (a Maranello,
hanno ribadito anche ieri, è tutto un problema di
motore: Marmorini ha idee diverse). Ora si ricomincia con un nuovo presidente, e (forse) un altro
giro di valzer.
a. rav.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Primo Piano
Democratici Il caso
Emilia, Bonaccini non si ritira
Contestate spese per 4 mila euro
Il candidato renziano porta gli scontrini in Procura
e «scommette» sulla possibilità di uscire dall’inchiesta
L’intervista Dopo l’uscita di scena
Richetti: l’indagine
c’entra solo in parte
Io sollecitato da Roma
Ma non dal premier
BOLOGNA — «Matteo Renzi non mi ha mai chiesto di ritirarmi dalle primarie ma certo da Roma e in Emilia ho ricevuto
sollecitazioni a fare un po’ di ordine nel quadro che si era creato». Il deputato modenese del Pd e renziano della prima ora,
Matteo Richetti, il giorno dopo il suo drammatico abbandono
della corsa per la scelta del candidato del centrosinistra a governatore dell’Emilia-Romagna, dà la sua versione definitiva
dei fatti. Nella serata di ieri ha anche tentato di fare chiarezza
sul terremoto politico-giudiziario delle ultime ore che ha
messo a rischio lo svolgimento delle primarie per la scelta del
successore di Errani pubblicando un video sui social network.
Perché si è ritirato all’ultimo momento a poche ore dalla
presentazione delle firme necessarie per la candidatura e
dopo che Renzi aveva dato il via libera alla competizione.
«Ho scelto di fermarmi — spiega Richetti — per semplificare il quadro e per evitare ogni possibile strumentalizzazione
e divisione, ho cercato di fare una scelta che rafforzasse il lavoro del Pd».
Lei ha comunicato la
sua decisione ai fedelissimi prima di sapere dell’indagine. Difficile però
pensare che l’inchiesta
non abbia influito sulla
sua scelta.
«La mia decisione ha
coinciso con le informazioni che poi mi sono arrivate sull’indagine e per
questo ho ritenuto ancora
più opportuno ritirarmi.
Posso dire che le motivazioni che mi hanno portato a fermarmi dalla corsa si
sono sommate».
La Procura l’ha iscritta
Le spese
registro degli indagaIn questo mandato nel
ti per peculato nell’ambito dell’inchiesta avviata
sono stati aboliti
due anni fa sulle spese
vitalizi, auto blu
dei consiglieri. Se l’aspete spese di
tava? Come ha vissuto
rappresentanza, non queste ultime ventiquattro ore?
si può dimenticare
«Io sono assolutamente
sereno, anzi sono serenistutto questo
simo. I magistrati stanno
facendo un lavoro rigoroso, spiegherò punto su punto l’operato di questi anni. In questo mandato sono state abolite le auto blu, i vitalizi e le spese
di rappresentanza, non si può dimenticare tutto questo. La
nostra corsa va avanti, non ci lasciamo fermare e intimidire,
andiamo avanti a testa alta».
È vero che lei ha ricevuto forti pressioni politiche da Roma perché si ritirasse dalle primarie del centrosinistra?
«Io non ho mai parlato di pressioni politiche da Roma, ho
solo raccontato di aver avuto da più parti sollecitazioni per fare un po’ di ordine nel quadro delle primarie».
Non è la stessa cosa detta con parole diverse?
«Ma questo ragionamento non me l’hanno fatto solo da
Roma, molti amministratori mi hanno detto le stesse cose anche qui in Emilia».
Renzi le ha mai chiesto esplicitamente di non correre per
la successione a Vasco Errani?
«Matteo Renzi non mi ha mai chiesto di fare o non fare
qualcosa».
Il suo principale competitore, il segretario regionale del
Pd Stefano Bonaccini, anche lui indagato per peculato nella
stessa inchiesta, sembra intenzionato a rimanere in campo. Lei cosa pensa che debba fare?
«Bonaccini farà le sue valutazioni. La mia decisione non ha
riguardato solo l’indagine e naturalmente non basta essere
iscritti nel registro degli indagati per essere colpevoli di qualche cosa. Però ognuno, compreso Bonaccini, su queste cose
deve fare una scelta che parte da una riflessione personale».
❜❜
Olivio Romanini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
BOLOGNA — Cercasi rovesciata acrobatica alla «Bonimba», al secolo (scorso) Roberto
Boninsegna, mitico bomber di
cui Stefano Bonaccini, 47 anni,
segretario del Pd emiliano,
nonché renziano della seconda
ora e responsabile nazionale
degli enti locali, ha ereditato,
vogliamo credere per meriti
calcistici, il prestigioso soprannome nella cerchia degli amici
modenesi. Solo una prodezza
politica da figurina Panini potrà
infatti tirare fuori dalle secche il
«Bonimba» del Pd, la cui corsa
tramite primarie alla successione dell’ex governatore Vasco Errani sta rischiando di impantanarsi tra gli avvisi di garanzia
per peculato di quella maxi inchiesta sulle «spese allegre» in
Regione che lievita da 2 anni,
che dall’ottobre scorso vede indagati i 9 capigruppo di tutti i
partiti e che ora, con un’ulteriore accelerazione, ha già messo
sotto inchiesta 8 consiglieri del
Pd e altri (di vari schieramenti)
presto arriveranno. Perso lo sfidante principale alle primarie
— Matteo Richetti, 40 anni,
modenese, renziano e pure lui
indagato per peculato, che ha
deciso di ritirarsi dalla tenzone
sotto il peso delle pressioni romane, non certo per un’inchiesta di cui anche i bambini sapevano l’esistenza — Bonaccini
ieri ha fatto esattamente il contrario di quello che una buona
fetta del popolo web — qualcuno in rima, altri in modo più
rozzo — gli ha chiesto per ore
sul suo profilo Facebook: «Fatti
da parte, dimettiti».
Giammai. «Sono onesto e
determinato a proseguire la
campagna per le primarie. Non
ho nulla da nascondere e penso
di aver dato spiegazioni per
qualsiasi addebito». A testa
bassa come il Bonimba, il segretario emiliano del Pd così si
è presentato ieri pomeriggio
dopo aver affrontato per quasi 3
ore, affiancato dall’avvocato
Vittorio Manes, la squadra degli
inquirenti al gran completo (i
La vicenda
L’addio di Errani
dopo la condanna
A luglio, dopo la
condanna in Appello
per falso ideologico,
Errani si dimette dalla
presidenza della
Regione. Guidava la
giunta dell’EmiliaRomagna da 15 anni
Il mancato accordo
e le primarie
Il Pd non trova l’accordo
su un candidato, per le
Regionali di novembre,
che metta d’accordo tutti
(salta l’intesa sul nome di
Daniele Manca, sindaco di
Imola). Fissate le primarie
per il 28 settembre
Il via libera
alla corsa a tre
In tre si fanno avanti:
Roberto Balzani, Matteo
Richetti e Stefano
Bonaccini. Due big,
questi ultimi, del campo
renziano. Il premier non
gradisce le primarie, ma
alla fine dà il via libera
I due big indagati
Il deputato si ritira
Richetti e Bonaccini, i
due big in corsa,
entrambi renziani, sono
indagati per peculato. Il
primo si ritira dalle
primarie: «Serve unità,
non c’entra l’inchiesta».
L’altro va avanti
pm titolari dell’indagine, Morena Plazzi e Antonella Scandellari, il procuratore aggiunto Valter Giovannini e il procuratore
capo Roberto Alfonso). A Bonaccini, a detta del suo legale,
vengono contestate spese,
pranzi e rimborsi benzina «che
ammontano a meno di 4 mila
euro in 19 mesi, qualcosa come
200 euro al mese». Soldi del
gruppo (quindi pubblici) non
usati per fini personali (niente a
che vedere con le imprese di
Fiorito, «Er Batman»), ma che
sarebbero privi di pezze d’appoggio in grado di dimostrare
che si tratti di spese fatte nell’ambito dei propri compiti istituzionali e non per attività di
partito. «Sono state date tutte le
spiegazioni» ha affermato l’avvocato Manes, che, a quanto
trapelato, avrebbe consegnato
agli inquirenti scontrini e alcune ricevute a parziale giustificazione di alcune voci. Basterà? Lo
si capirà presto, visto che il legale di Bonaccini ha intenzione
di uscire di corsa dall’inchiesta:
«Chiederemo di stralciare la
posizione per arrivare a un’archiviazione». Anche Richetti
dovrà rispondere di qualche
migliaio di euro (poco più di 5
mila), soprattutto cene e rimborsi chilometrici, oltre a due
notti in un albergo a Riva del
Garda per 500 euro.
Ma è su Bonaccini che i fari
sono puntati. Restare in campo
significa esporsi al rischio di ritrovarsi addosso, magari da governatore eletto, un rinvio a
giudizio. Forse ringalluzzito dal
confronto in Procura, che secondo alcuni avrebbe contribuito ad alleggerire la sua posizione, il segretario regionale ha
sfidato ieri sera gli umori della
I rilievi
I soldi non sarebbero stati
usati per fini personali
ma per attività di partito
invece che istituzionali
Nulla da nascondere
«Sono onesto
e determinato
a proseguire. Non ho
nulla da nascondere»
base alla Festa provinciale dell’Unità. «Ci metto la faccia, ci
sono le condizioni per restare in
campo» ha ribadito ai pochi (e
silenziosi) militanti presenti.
Ha anche aggiunto «di sentire
l’appoggio del partito». E qui
qualche dubbio è lecito, almeno
stando alla sbrigativa risposta
del vicesegretario Guerini sull’ipotesi di sue dimissioni: «Valuterà lui…». Babele interminabile, le radici di queste primarie, oggi più che mai a rischio,
affondano in un’inchiesta che,
macchiando la presunta «diversità emiliana», ha portato alla
luce in Regione una creativa teoria di «spese allegre» con soldi
pubblici. Cene per 220 mila euro targate Pdl, a seguire il Pd
con 145 mila. Dimissioni dell’ex
capogruppo dem, Marco Monari, a cui vengono attribuiti pasti
al ristorante per 30 mila euro
più weekend a Venezia per lo
Sposalizio del Mare. E un bazar
di acquisti: asciugacapelli, forno microonde, profumi, medicine, bottiglie di vino. Pure un
rimborso da 70 cent per l’uso di
bagni pubblici.
Francesco Alberti
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A Bologna Da Parisi a Pasquino: consultazione necessaria o sarà conflitto permanente. I tanti «caduti» per i veti locali
La crisi irreversibile
del vecchio apparato
e c’è il terrore
dei gazebo deserti
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
BOLOGNA — «Siamo sempre qui, a
metà strada tra camicia bianca e colbacco». La signora Marisa del ristorante Bertoldo è un’anima divisa tra fornelli e disincanto, con prevalenza della seconda. I
volontari della Festa dell’Unità sono abituati alla loro funzione di termometro, in
qualche modo sono ormai una categoria
dello spirito, l’incarnazione degli umori
della sempre citata e poco ascoltata base
democratica. «Meglio stare a casa, così le
primarie non servono a nulla. Ci vuole
un partito che decide». Alla fine la pre-
sunta giustizia a orologeria potrebbe diventare il grande alibi. Tana libera tutti,
dalle colpe di un pasticcio che è sabbia in
un motore che vale il 12 per cento del Pil
nazionale e maneggia più fondi europei
di qualunque altra Regione. La crisi politica è arrivata ben prima di quella giudiziaria. Il Pd emiliano è un corpaccione
che ha compiuto la sua transizione attraverso le varie sigle, in assoluta continuità
di uomini e idee. Le dimissioni di Vasco
Errani e la chiusura forzata di un’epoca
hanno proiettato il pezzo di Pd più immobile e pesante d’Italia nell’era di Renzi
e del suo cambiare verso con gli uomini
di sempre, fino a quel momento abbracL’infermeria della politica emiliana è
ciati in un matrimonio di convenienza.
piena di feriti sul campo di questa battaLa mutazione non è ancora compiuta. glia a bassa intensità. Non è passato il
L’addio di Errani ha reso inevitabile la re- candidato degli amministratori locali,
sa dei conti. Ancora pochi giorni fa, tra quel Daniele Manca sindaco di Imola stigli stand del Parco Nord, uno degli am- mato da tutti ma troppo bersaniano per
ministratori locali più in
vista aveva avvisato il premier. «Matteo, se lasci fare Il cambiamento
a noi qui succede un casi- L’addio di Errani ha chiuso un’epoca,
no epocale». Come non
detto. Qui le primarie so- proiettando gli uomini del «corpaccione»
no sempre state una litur- emiliano del Pd nell’era renziana
gia molto partecipata ma
senza sorprese. Ma ora
l’anomalia di una superiorità senza con- passare senza lasciare il segno di una vitcorrenti rischia di diventare un’arma a toria netta del vecchio apparato della ditdoppio taglio. «Qualcuno vorrebbe far ta. All’ultimo chilometro prima del tracredere che sono le primarie la causa del- guardo è caduto anche Matteo Richetti,
la divisione, quando invece sono soltan- per le stesse ragioni di cui sopra, il suo
to l’unica soluzione». Arturo Parisi, ex renzismo spinto e il profilo ipercattolico
ministro, ma soprattutto inventore delle erano boccone indigeribile per una clasprimarie, vede fortemente a rischio la sua se dirigente figlia del vecchio partito.
creatura. «Questo è un Pd strano», dice. L’unico prodotto di una sintesi precaria
«Il solido primato del quale ha goduto tra l’anima di un Pd che si sente ancora
nella società emiliana, lo obbliga a tra- Pds e un renzismo solo di facciata era il
sferire al suo interno sia la funzione di placido Stefano Bonaccini, il segretario
governo che quella di opposizione. Una regionale nato come uomo della ditta e
dialettica compressa, se non occultata. divenuto sostenitore dell’attuale premier
Ma senza primarie, è destinata a tramu- dopo i rovesci del 2013. Alla fine doveva
tarsi in conflitto permanente».
rimanere soltanto lui, ultimo Highlander
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
italia: 51575551575557
Primo Piano
9
Bologna Stefano Bonaccini, 47 anni, candidato alle primarie del
Pd, ieri dopo essere stato ascoltato in Procura
(Fotogramma)
Il retroscena Bersani: per me questa regione è come la mamma, ma ho già dato. Anche Prodi si chiama fuori
Stallo pd, Renzi rinvia le nomine
Slitta la direzione sui nuovi equilibri in segreteria
E il leader (per ora) va avanti sulla strada delle primarie
L’apertura dell’anno in classe
Palazzo Chigi invita i ministri:
visitate la vostra vecchia scuola
Ministri, tornate a scuola. È stata la richiesta del presidente
del Consiglio Matteo Renzi a tutta la squadra di governo:
quella di ritornare, in occasione dell’inizio dell’anno
scolastico di lunedì prossimo, nella scuola da loro
frequentata da studenti. Va detto che la ministra Maria Elena
Boschi aveva anticipato di gran lunga la richiesta del
premier. Nello scorso aprile aveva infatti visitato, già
responsabile delle Riforme istituzionali, il liceo Francesco
Petrarca di Arezzo, dove nel 2000 aveva conseguito la
maturità classica. Un fuori programma rispetto all’agenda
della ministra che, tra l’altro, aveva ottenuto un’ottima
copertura mediatica. Matteo Renzi, invece, non sarà in una
delle scuole da lui frequentate in giovinezza. Sarà invece a
Palermo, nel quartiere Brancaccio, sempre in occasione del
via all’anno scolastico. Il presidente del Consiglio martedì
scorso, ospite di Porta a Porta, aveva annunciato che
commemorerà Don Pino Puglisi con una visita nel
capoluogo siciliano. Il premier arriverà nell’istituto
comprensivo dedicato alla memoria del sacerdote che fu
ucciso dalla mafia proprio il 15 settembre, nel 1993. La visita
nasce dall’invito rivolto al capo del governo dagli insegnanti
della scuola Puglisi attraverso la vicesegretario del Partito
democratico in Sicilia, Mila Spicola.
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sotto mentite spoglie della centralità di
una classe dirigente che si sente in via
d’estinzione. La selezione non è stata indolore. Ne sono prova i molti silenzi dei
parlamentari d’area e le poche parole di
Virginio Merola, sindaco di una Bologna
ROMA — Il Pd si è «incartato» e non sa
come uscirne. Lo ammettono i parlamentari che sciamano tra l’Aula e la buvette di
Montecitorio, angosciati per gli incerti
sviluppi dell’inchiesta bolognese. Le primarie si faranno o verranno azzerate?
Davvero Bonaccini può restare in campo,
dopo che l’indagine sulle «spese pazze»
ha investito anche lui? Renzi calerà dall’alto il «briscolone» Delrio, o la «briscoletta»
Poletti? Né l’uno, né l’altro, per adesso:
Palazzo Chigi non sembra intenzionato a
buttare una carta sul tavolo, sottosegretario o ministro che sia.
In Emilia-Romagna il partito è nel caos.
«Una Regione governata dalle procure»
azzarda Stefano Menichini su Europa in
difesa del Pd. I problemi del territorio fanno tremare il Nazareno, che impone una
pausa di riflessione. La direzione è rinviata da oggi a martedì e quindi salta, per ora,
anche la nuova segreteria. Renzi l’avrebbe
voluta unitaria, ma l’accordo non c’è e la
parola d’ordine è stata derubricata a «plurale». Roberto Speranza, che ieri sera ha
riunito i suoi in un hotel del centro, vuole
tenersi (almeno in parte) le mani libere.
Amendola, Leva, Campana o chi per loro
entreranno nel «team» del leader del partito e però non avranno ruoli di grande visibilità. Questa l’intesa dimezzata che si va
profilando, mentre Bologna insegna che
urgono decisioni per raddrizzare il timone
del partito. Lo dicono tutti, oppositori interni e renziani della prima ora. Tanto che
il premier avrebbe deciso di rafforzare il
ruolo di guida di Lorenzo Guerini come
reggente. Con il «capo» impegnato in
Consiglio dei ministri tocca al vice dare la
linea, tranquillizzare i colleghi in ansia e
rispondere ai giornalisti: «Le primarie
non le abbiamo disdette... Le dimissioni
di Bonaccini? È una valutazione che farà
lui». Come dire che il passo indietro non è
affatto escluso. E i gazebo? «È un percorso
che è stato avviato e ci sono candidature
presentate. Ascolteremo le riflessioni del
partito in Emilia, poi decideremo con
grande serenità. Abbiamo persone, figure,
storie di prima grandezza da presentare ai
cittadini». Ascoltare il partito emiliano, è
la linea dettata dall’emergenza. Il problema è che, in Emilia, mezzo partito almeno
si riconosce in Bonaccini. Il segretario
uscente non molla, sicuro com’è di godere
ancora della piena fiducia di Renzi. Ma ieri
il premier non si è fatto sentire, il che rivela qualcosa sullo stato d’animo del leader.
Richetti ha lasciato il campo a Bonaccini e Balzani. E adesso questa è la sfida che
si profila, per quanto in Parlamento molti
si mostrino scettici sulla «sostenibilità»
sempre più marginale nel potere locale e
vano sponsor della candidatura di Manca. «È possibile risolvere la situazione solo se c’è una volontà vera. Quel che avevo
da dire, l’ho già detto a chi di dovere».
Matteo Renzi ha preso nota ma forse
Su «Europa»
L’editoriale
Ieri su Europa, giornale di area
Pd, il direttore Stefano Menichini
ha pubblicato la sua analisi del
caso Emilia-Romagna
nell’editoriale «Una Regione
governata dalle procure».
Partendo dalla condanna in
Appello che ha portato alle
dimissioni dell’ex governatore
Vasco Errani e arrivando
all’inchiesta su Matteo Richetti e
Stefano Bonaccini — «politici
sulla cui onestà chiunque
sarebbe disposto a giurare» —
Menichini scrive che i pm di
Bologna hanno «di nuovo
terremotato la vita politica in
Regione»
Le conclusioni
Per Menichini i politici sono
«esposti alla discrezionalità
spinta» di pm «sul piede di
guerra contro il governo non per
questioni di alta politica bensì in
difesa di livelli di stipendio e
durata delle ferie. Pare avverarsi
la cupa profezia berlusconiana
sull’impossibilità di tornare a
tempi normali dei rapporti fra
politica e giustizia»
non ha capito che quell’Emilia Romagna
a lui quasi sconosciuta, poteva diventare
la prima, vera grana della sua carriera da
segretario nazionale. «Da queste parti»
dice Paolo Pombeni, politologo e docente universitario, ex socialista, «permane
Toscana, il caso dell’Asl di Massa
FdI porta in Consiglio maschere Verdini/Renzi
Rossi: mi ricandido a governatore
anche in caso di processo
La protesta contro il «Toscanellum»
FIRENZE (M. Gasp.) — Il primo a fare la domanda ad Enrico
Rossi su un possibile ritiro della candidatura al secondo
mandato di governatore della Toscana nel caso di un rinvio a
giudizio nell’inchiesta sul buco milionario dell’Asl di Massa
(nella quale è indagato) è stato Giovanni Donzelli, capogruppo
di FdI, durante il consiglio regionale di ieri. Poi, ai margini
della seduta, ci hanno pensato i giornalisti. Il presidente ha
risposto che anche con un rinvio a giudizio non avrebbe avuto
alcun problema a ricandidarsi: «L’inchiesta non influisce sulla
mia ricandidatura. Sono state fatte tutte le verifiche e noi
siamo in una botte di ferro». E ha ricordato di essere stato lui a
sollevare la vicenda davanti alla magistratura: «Io stesso ho
denunciato la questione alla Procura, all’opinione pubblica e
alla Corte dei conti e le indagini svolte hanno dimostrato che i
© RIPRODUZIONE RISERVATA
nostri bilanci sono sani».
Firenze, la protesta del gruppo di Fratelli d’Italia contro la
riforma elettorale frutto dell’accordo tra Pd e FI sulla quale si è
votato nella tarda serata di ieri nel Consiglio regionale della
Toscana: una maschera con metà volto di Renzi e metà di Verdini
lasciata sui banchi dei consiglieri e tolte dai commessi
(Ansa)
di una simile scelta. «Fare le primarie in
queste condizioni mi sembra complicato», ammette l’emiliano Enzo Lattuca. E
mentre Massimo D’Alema da Sesto San
Giovanni si rifiuta di commentare «vicende giudiziarie assolutamente irrilevanti», Walter Verini guarda già oltre la
competizione: «Dobbiamo trovare una figura autorevole legata al territorio, che
rappresenti un po’ tutti». Sembra facile...
Prodi? «Ipotesi destituita di fondamento», smentisce lo staff dell’ex premier.
Bersani? «Ho l’Emilia nel cuore, per me è
come la mamma. Ma io ho già dato, sono
stato presidente per 16 anni». Come se ne
esce? «Io avevo un’idea di come entrarci,
ora è tutto più complicato». L’idea di Bersani aveva un nome e un cognome, quello
di Daniele Manca.
Ieri mattina in un Transatlantico gremito per il Csm crescevano le quotazioni
di Poletti e Delrio, ma nel pomeriggio Palazzo Chigi fa filtrare che la soluzione al
rebus non verrà da Roma. Il sottosegretario alla presidenza avrebbe declinato l’offerta di Renzi già alcuni giorni fa. E il ministro del Lavoro,
quasi tentato dalla
sfida, non sembra
godere di una stima
unanime tra i
«dem». Beppe Fioroni pensa invece che
«alla fine il candidato verrà da Imola». E
qui i nomi sono due.
Se non è Poletti si
t r a t ta d i M a n ca ,
molto gradito a Bersani, Errani e anche
al capo del governo.
Avanti,
Avant dunque. Renzi ha
dato il via libera alle
all primarie dal palco
della Festa dell’Unità e non vorrebbe cambiare idea rispetto alla strategia che il Pd
ha perseguito sin dal primo momento. Se
invece le spiegazioni di Bonaccini non dovessero convincere, per non mettere a rischio la vittoria elettorale il leader potrebbe vedersi costretto a calare l’asso. Lo stesso segretario regionale uscente ha garantito a Guerini che si farà da parte, per il
bene della ditta, qualora il Pd dovesse fiutare una cattiva aria sotto alle due Torri: le
primarie si fanno per vincere le elezioni,
non per rischiare di perderle... E qui torna
il «briscolone». Nel tam tam dei parlamentari il nome che più ricorre è quello di
Delrio, da molti invocato come «il salvatore della patria».
Monica Guerzoni
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ancora il vecchio riflesso condizionato
della perpetuazione della specie a scapito
delle infiltrazioni esterne». La prova vivente della teoria sarebbe Roberto Balzani, l’ex sindaco di Forlì che combatte una
battaglia tutta sua contro il presunto
consociativismo eletto a sistema di Errani e al momento rimane l’unico candidato senza ammaccature evidenti di questa
corsa surreale. «Non gli perdonano il fatto di essere contro l’apparato».
Anche Gianfranco Pasquino, politologo di area Mulino, si associa ai timori.
«Le primarie si devono fare, perché un
partito che vuole essere democratico non
deve mai stravolgere le sue regole a scapito di un candidato indesiderato come
Balzani. Tutto il resto è vecchia politica e
bruttissima politica». A questo porta il
vicolo cieco emiliano. A primarie da salvaguardare come Panda ma che rischiano di avere così poca gente da sembrare
ridicole. La logica e il sapere degli studiosi della politica, che a Bologna non sono
mai mancati, spinge per il salvataggio
della «creatura». Il nostro sondaggio
personale alla Festa dell’Unità si conclude con dodici volontari su 12 intenzionati a disertare gli eventuali gazebo.
Marco Imarisio
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L’intervista/2 Sandra Zampa
«Lasciamo stare
la magistratura
e chiediamo
scusa agli elettori»
ROMA — «Matteo Renzi è venuto a Bologna a
commentare “avete fatto un bel casino”; ma a me
sembra che il “casino” lo abbiano fatto in parecchi... Adesso chiediamo scusa agli elettori: lo facciano il segretario e i vertici locali, che avrebbero
dovuto dire “qui decidiamo noi”. Scusiamoci tutti». Sandra Zampa, prodiana doc, deputata e vicepresidente del Pd, addossa ai vertici del partito la
responsabilità del «pasticcio» delle primarie in
Emilia Romagna.
«Ci sono state troppe interferenze, continui
tentativi di definire un
candidato unitario. Ma
l’unitarietà o c’è, come è
Chi è
stato sul nome di Chiamparino in Piemonte, oppure è una chimera. Si è
perso un mese e mezzo
per capire se Roma permetteva o non permetteva; o se avrebbe mandato
un nome “importante” a
correre per la presidenza
regionale, come se ci fosLa carriera
sero candidati di serie A
Sandra Zampa,
e di serie B: una mancan58 anni, laurea
za di rispetto. E si è perso
in Scienze
tempo, soprattutto, per
politiche,
provare a nascondere le
giornalista, dal
divisioni interne alla
2007 al 2008 è
corrente renziana, che
stata capo
esprimeva due candidaufficio stampa
ti».
della presidenza
Ma questo che cosa
del Consiglio nel
c’entra con le indagini a
Prodi II. Eletta
carico di Matteo Richetalla Camera dal
ti e Stefano Bonaccini?
2008, è
«C’entra perché la
vicepresidente
consultazione su chi cordel Pd
rerà a nostro nome per la
guida della Regione è
fissata il 28 di questo
mese: sono rimasti pochissimi giorni per la campagna elettorale, per parlare ai cittadini. Speravo
che non si provasse più a evitare le primarie».
Anche senza il «ritardo» la notizia delle indagini sarebbe arrivata con la stessa tempistica.
«L’inchiesta era già nota da tanto. Però, dopo
essersi candidati, Richetti e Bonaccini hanno
mandato i loro avvocati a verificare in Procura le
loro rispettive situazioni: perché non lo hanno fatto prima?»
Crede che ci sia un nesso tra il corso delle indagini in Emilia-Romagna e il lavoro del governo
sulla riforma della Giustizia?
«No. La Procura, come ha dichiarato, ha lavorato in agosto per arrivare al punto in cui è arrivata.
In questa serie incredibile di errori, l’unico che
non possiamo permetterci è di attaccare la magistratura: sarebbe l’ultima cosa che ci manca per
essere omologati a Forza Italia e Berlusconi. Possiamo solo chiedere a giudici di fare il prima possibile».
Richetti si è ritirato, mentre Bonaccini ha
confermato che andrà avanti con l’appoggio dei
vertici nazionali, e correrà contro l’altro candidato pd rimasto, Roberto Balzani.
«La decisione spettava soltanto a lui. E penso
che Bonaccini abbia scelto bene. Confido nel fatto
che, alla fine, l’imputazione che lo riguarda decadrà».
Lei e l’area prodiana lo avevate appoggiato,
affiancandogli il «vostro» Patrizio Bianchi come
responsabile del programma. Continuate a stare con lui?
«Sì».
Daria Gorodisky
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10 Primo Piano
Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
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Il Parlamento Le scelte
Csm, passano solo in due
Fumata nera sulla Consulta
No del centrodestra alla candidatura Catricalà
ROMA — L’ennesima giornata
di trattative, avvelenata da faide
interne ai partiti e da veti incrociati, non è bastata al Parlamento per
chiudere il pacchetto di nomine in
sospeso da mesi per la Corte costituzionale (due giudici) e il Consiglio superiore della magistratura
(otto membri laici). A mezzanotte,
alla Camera, si è concretizzata l’ottava «fumata nera» per la Consulta,
con Luciano Violante (in quota
maggioranza) lontano dal traguardo (quorum dei 3/5 degli aventi diritto: 570 voti) con 429 voti e Antonio Catricalà (opposizione) letteralmente impallinato (64 voti lui,
68 Donato Bruno) dagli azzurri di
Forza Italia. Mentre per il Csm hanno raggiunto il quorum (3/5 dei
votanti: 489 voti) solo le «new entry» del Pd: il potente sottosegretario chietino all’Economia Giovanni
Legnini (524 voti) e il sindaco di
Arezzo Giuseppe Fanfani (499 voti). Ora si apre la corsa alla poltrona di vice di Giorgio Napolitano al
Csm, che in partenza sembrava destinata a Massimo Brutti (18 voti),
con Fanfani che potrebbe anche
contendere la carica a Legnini.
Mentre la docente di Procedura penale Teresa Bene (485 voti) non ce
l’ha fatta per sole 4 schede, nonostante fosse stata in qualche modo
caldeggiata dal ministro della Giustizia Andrea Orlando di cui è stata
Il voto «dem»
Il Pd ha comunque
votato in blocco
Violante per la Corte
costituzionale
consulente all’Ambiente.
L’accordo tra Pd e FI stavolta ha
retto solo in minima parte. Fermati
non lontanissimi dal traguardo i
candidati azzurri Luigi Vitali (427)
ed Elisabetta Casellati (441) che
hanno sofferto anche la faida interna alimentata dai simpatizzanti di
Ciro Falanga (32) e Antonio Marotta (25). Non ce l’ha fatta, forse a
causa del «fuoco amico» di FI, il
candidato di Alfano, Antonio Leone (471), che una volta al Csm lascerebbe il suo scranno di deputato al primo dei non eletti nel Pdl
(Altieri) fedele a Fitto. Bloccato poi
anche l’ex ministro di Scelta civica
Renato Balduzzi (430), mentre i
due professori candidati dai grillini, Nicola Colaianni (217) e Alessio
Zaccaria (129) sono rimasti ostaggio di una sorta di voto strabico,
forse maturato in casa Pd.
Seduta
comune
I presidenti
di Senato
e Camera
Pietro Grasso
e Laura
Boldrini
durante il voto
per l’elezione
di due giudici
della Consulta
e di 8 membri
del Csm (Ansa)
Stamattina infatti, prima della
nuova votazione per i due giudici
costituzionali e i sei laici del Csm
ancora in ballo, il Pd potrebbe teoricamente fare una proposta ai
grillini: voi votate Violante alla
Corte (la somma di 429, più 150 del
M5S, più l’Ncd e SC supera quota
570) e noi votiamo compatti per
uno dei vostri candidati al Csm.
Ovviamente il fatto sarebbe politicamente rilevante perché in questo
modo la maggioranza si renderebbe autonoma da Forza Italia.
Ma potrebbe invece tenere l’accordo con gli azzurri anche se tra di
loro regna il caos. Oltre alla guerriglia interna (tutta campana e cosentiniana) per il Csm, il partito di
Berlusconi sconta una spaccatura
netta nel voto sulla Corte. Le due
fazioni hanno chiesto al Pd di non
interferire, per contarsi: Antonio
Catricalà, già capo dell’autorità per
le telecomunicazioni in era berlusconiana e sottosegretario a Palazzo Chigi con Mario Monti, è stato
sconfitto se pur di poco da un forzista di indubbia fede, l’avvocato
senatore Donato Bruno che ieri, a
Montecitorio, ha ricevuto molte
pacche sulle spalle («Tu sì che sei
La Nota
di Massimo Franco
La squadra del premier
costretta a misurare
una fragilità inattesa
l rinvio della Direzione del Pd alla prossima settimana e la ricerca affannosa di un nuovo candidato alla presidenza dell’Emilia Romagna descrivono un partito che si scopre di colpo
infragilito e sotto tiro. E il fatto che la magistratura abbia indagato due renziani che correvano per quella carica, coglie Matteo Renzi in un momento delicato per il governo. La regione non è
soltanto uno dei maggiori centri di potere del Pd e suo feudo elettorale. Nei mesi scorsi è diventata anche il laboratorio della metamorfosi nella direzione voluta dal presidente del Consiglio: quella dove
si gioca la sfida tra la vecchia guardia e seguaci del segretario.
Il trauma è visibile nei «no» scontati a candidarsi che arrivano da
personaggi storici come l’ex presidente della Commissione Ue, Romano Prodi, e dall’ex leader Pier Luigi Bersani. Ma lo è altrettanto
quando spuntano pareri contrari alle primarie, emblema di un’investitura diretta e popolare. Dalla Toscana il «governatore» Enrico
Rossi, dalemiano, ha dichiarato che «l’idea delle primarie non ha
funzionato», demolendo il mito della partecipazione e lodando le
vituperate preferenze. Il vicesegretario nazionale del Pd, Lorenzo
Guerini, ha dovuto precisare che in Emilia Romagna, dopo le dimissioni di Matteo Richetti e il rifiuto di darle da parte di Stefano Bonaccini, «le primarie non sono state disdette».
Sarebbe paradossale se accadesse. Mentre a Palazzo Chigi siede
un premier che ha costruito la sua ascesa proprio partendo da lì, verrebbe abbandonato lo strumento-principe della sua legittimazione.
Il sospetto è che non sia soltanto una
conseguenza delle inchieste della magistratura. Nel Pd, quanto è accaduto
negli ultimi mesi ha rimesso in discussione quasi tutto. E nello scetticidi alcuni verso le primarie si inDi fronte al caso smo
dovina implicitamente la freddezza
verso
il segretario-capo del governo; e
Emilia, Renzi
la voglia di vedere come Palazzo Chigi
obbligato
riuscirà a uscirne. Basta registrare le
davvero
nuove critiche di Massimo D’Alema
all’esecutivo.
alla velocità
Il tentativo di spingere verso l’Emilia Romagna il sottosegretario alla
presidenza del Consiglio, Graziano
Delrio, sta tramontando tra mille perplessità e resistenze anche dell’interessato. Il problema è che stavolta Renzi è davvero costretto alla velocità. Le elezioni sono tra poco più di due mesi. E la vicenda
promette di alimentare la competizione feroce di un Movimento 5
Stelle che ha subito rialzato la testa; e attaccando il Pd in modo strumentale si presenta come concorrente più ancora del centrodestra
berlusconiano, intrappolato nelle prove d’alleanza. «Ma un candidato non indagato e sconosciuto alle Procure non ce l’avete?», ironizza Beppe Grillo. E cita Vasco Errani, il governatore dimessosi per
motivi giudiziari.
In realtà, dalle voci che filtrano si capisce che a palazzo Chigi il
ritiro di Richetti è stato considerato un po’ affrettato, analizzando le
accuse: anche se si apprezza la sua volontà di non esporre il partito.
È «un guaio», nelle parole di Bersani, che spunta mentre si cerca di
decidere sui tagli alla spesa pubblica. Si era parlato di faccia a faccia
tra Renzi e i titolari dei dicasteri, ma l’ipotesi è stata accantonata. Ieri, durante il Consiglio dei ministri, Renzi ha chiesto invece a ognuno di loro di inviargli una nota con le possibili riduzioni di bilancio.
Si tratta di una procedura irrituale, che però risponde alla volontà di
rendere tutti più responsabili. E soprattutto, implica la possibilità
che, in assenza di risposte, alla fine decida il premier.
I
❜❜
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Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
Primo Piano 11
italia: 51575551575557
La rosa per il Csm
#
Giuseppe Fanfani 67 anni,
è sindaco di Arezzo (eletto)
uno dei nostri...») dai compagni di
partito.
Il risultato del passo indietro di
FI su Catricalà (che ancora ieri sarebbe stato sponsorizzato ad Arcore direttamente da Gianni Letta) ha
però bloccato l’elezione del candidato ufficiale del Pd, l’ex presidente della Camera Luciano Violante al
quale sono mancati i voti di Forza
Italia e (per ora) quelli dei grillini
che hanno votato per l’avvocato
Besostri (165) artefice del ricorso
vincente contro il Porcellum.
L’insediamento del nuovo Csm
cade in un momento di tensione
tra il governo e la magistratura.
Così, dopo lo strappo dell’Associazione nazionale magistrati che ha
Giovanni Legnini, 55 anni,
è sottosegretario (eletto)
Renato Balduzzi, 59 anni,
ex ministro alla Salute
sparato contro la riforma Renzi, il
Guardasigilli Andrea Orlando ha
incontrato i vertici del sindacato
delle toghe: un’ora di colloquio con
il presidente Rodolfo Sabelli che ha
prodotto dichiarazioni assai fredde
su entrambi i fronti. Orlando, pur
smussando i toni usati dal premier
(«Anm in rivolta? Brrrr...che paura») ha ribadito che il governo non
fa alcuna retromarcia. Gelida la reazione dell’Anm: «Passi indietro
non ne abbiamo fatti nemmeno
noi, sul tema delle ferie si è rotto
un metodo improntato al confronto. Non siamo stati noi a produrre
questa rottura».
Dino Martirano
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Il termine inviso al Movimento
Kermesse In un video Beppe Grillo mostra la mappa degli stand
Grillo lancia la sua piazza
E chiama i 5 Stelle «partito»
«Ci stiamo impegnando molto. Abbiamo un palco che i Rolling
Stones ci sono rimasti di gesso». È con entusiasmo che Beppe
Grillo lancia l’evento Italia 5 Stelle, in programma per il 10, 11 e
12 ottobre al Circo Massimo, a Roma. Tanto che, per definire il
Movimento, gli scappa anche la parola «partito», tanto invisa ai
Cinque Stelle: «Per la prima volta ci si riunisce tutti, un
Movimento, un partito che riunirà gli eletti, i non eletti, gli
attivisti, i cittadini normali, gli infiltrati di altri partiti, gli abusivi,
tutti. Ed è giusto che ci saranno tutti», dice il leader pentastellato
mentre, in un videomessaggio sul blog, mostra una mappa della
kermesse del Circo Massimo (la pianta ricalcherà la forma dello
Stivale: negli stand gli amministratori e i parlamentari). Grillo ha
lanciato anche la raccolta fondi per la kermesse, per cui manca
ancora l’autorizzazione del Comune di Roma. In ogni caso,
assicurano deputati e attivisti 5 Stelle, nessuno avrebbe
intenzione di disertare l’appuntamento, anche se dal sindaco
Ignazio Marino non dovesse arrivare il via libera ufficiale. Ieri,
intanto, sono state lanciate le consultazioni online per la scelta
dei candidati per le Regionali in Calabria ed Emilia Romagna: per
iscriversi c’è tempo fino alla mezzanotte di oggi.
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Teresa Bene È docente
universitaria a Napoli
Elisabetta Alberti Casellati
62 anni, è avvocato
Nicola Colaianni
62 anni, ex deputato
Antonio Leone 66 anni,
avvocato e deputato
Il personaggio Una scelta che arriva nel momento di maggior tensione tra esecutivo e giudici
Dal governo alla guida delle toghe
La carambola a sorpresa di Legnini
Designato alla vicepresidenza, i dubbi dei magistrati
ROMA — Dalla sera alla mattina l’onorevole Giovanni Legnini viene trasferito
dal governo del Paese all’autogoverno dei
giudici; da sottosegretario al ministero
dell’Economia con una lunga lista di deleghe importanti, a vicepresidente in pectore del Consiglio superiore della magistratura. Certo, la scelta finale toccherà al plenum del Csm e dunque alla sua maggioranza togata; tuttavia l’indicazione del Pd
tra gli otto componenti «laici» da eleggere
in Parlamento è arrivata insieme alla designazione per quella carica: vice del presidente della Repubblica nella guida dell’organismo che amministra le carriere dei
magistrati italiani.
Una decisione a sorpresa, spuntata all’ultimo momento utile — con due mesi
di ritardo rispetto alla scadenza iniziale,
tanto che Napolitano è voluto intervenire
personalmente per scongiurare ulteriori
rinvii, e senza riuscirci del tutto — in alternativa a nomi ben più conosciuti nel
mondo della giustizia, dall’ex parlamentare Massimo Brutti al professor Giovanni
Fiandaca. Con il primo dato quasi per certo fino a due giorni fa, non sgradito alla
maggioranza dei giudici. «Ma dobbiamo
aspettare che decida Matteo», avvertivano i democratici interpellati. E Brutti ha
un profilo poco renziano: settant’anni,
già membro del Csm tra il 1986 e il 1990
(quando il premier frequentava le scuole
medie), esponente del vecchio Pci e poi
dei Ds, stimato professore di Diritto ma
considerato uomo d’apparato; accoppiato
a Luciano Violante designato per la Corte
costituzionale, dev’essere sembrato un
po’ troppo a Renzi e al suo team.
Così nel pomeriggio di martedì Legnini
è stato convocato a Palazzo Chigi; non per
discutere di leggi e coperture finanziarie,
come probabilmente s’aspettava, ma per
prospettargli la novità: il suo titolo di avvocato penalista, prima della carriera politica che l’ha visto sindaco e poi parlamentare dedito per lo più alle questioni economiche, è tornato improvvisamente utile
per il nuovo incarico a palazzo dei Marescialli. E quando la novità s’è palesata, i
magistrati (soprattutto quelli eletti al
Csm, che da due mesi aspettano di entrare
nelle loro funzioni) hanno cominciato a
chiedersi chi fosse. Scoprendo il suo passaggio diretto dal potere esecutivo a una
branca del potere giudiziario; niente per
cui stracciarsi le vesti, per carità, ma in un
Consiglio dove ci sono già due togati
✒
E per la finanziaria
ora serve un regista
di ENRICO MARRO
È
un uomo che ha seguito da protagonista
diverse leggi finanziarie dell’ultimo
decennio. O come relatore di maggioranza o
come sottosegretario, della presidenza del
Consiglio, nell’esecutivo Letta. E adesso
avrebbe dovuto farlo come sottosegretario
dell’Economia, insieme con il viceministro
Enrico Morando. Il passaggio di Giovanni
Legnini al Consiglio superiore della
magistratura, apre un buco importante nel
ministero guidato da Pier Carlo Padoan. A
lui infatti il ministro ha assegnato una
serie di deleghe di peso: ricostruzione in
Abruzzo, Roma capitale, giochi, Agenzia
delle dogane, rapporti con il Parlamento,
dissesto degli enti locali, Cipe (Comitato
interministeriale per la politica
economica), fondi europei per la coesione.
Difficilmente tali deleghe potranno essere
distribuite tra gli altri due sottosegretari
(Pier Paolo Baretta ed Enrico Zanetti). Più
probabile che il premier Matteo Renzi
voglia mettere un suo fedelissimo anche in
questo posto chiave.
sponsorizzati da un sottosegretario alla
Giustizia che mantiene il ruolo di leader
riconosciuto di una corrente della magistratura, non sembra — almeno sul piano
dell’immagine — il massimo della separatezza dei ruoli.
Nessuno però vuole azzardare processi
alle intenzioni. Quando finalmente il plenum sarà completo, in Consiglio si comincerà a discutere di programmi e prospettive in vista del primo atto ufficiale:
l’elezione del vicepresidente, carica alla
quale, a questo punto, può teoricamente
aspirare anche l’altro «laico» già nominato, Giuseppe Fanfani; in attesa di capire
quali altri candidati della maggioranza
approderanno a palazzo dei Marescialli.
Un’eventuale bocciatura di Legnini suonerebbe come un atto di ribellione alla
scelta del Parlamento, un segnale d’insubordinazione a Renzi, al suo esecutivo e al
suo partito (nonostante Fanfani, rispetto a
Legnini, sia più politicamente vicino al
premier, e chissà che alla fine non sia questo l’obiettivo finale del governo). Difficile
da ipotizzare, al momento improbabile,
ma nemmeno da escludere con certezza,
considerato che tutto avviene in un clima
di grande confusione e tensione tra potere
politico e giudiziario, all’indomani della
sfida tra il presidente del Consiglio e l’Associazione magistrati.
Dopo il botta e risposta sulle ferie tagliate, il presidente del sindacato dei giudici è tornato a parlare delle famose leggi
ad personam che bisognerebbe «avere il
coraggio» di abrogare. Dovendo però constatare che tra gli otto «laici» del Csm indicati dalle forze politiche ce ne sono tre
(non eletti ma ancora in campo: Leone del
Ncd, Casellati e Vitali per Forza Italia) che
in passato sono stati accesi sponsor, in
Parlamento e nei dibattiti tv spesso degenerati in telerisse, di quelle stesse norme
pro Berlusconi tanto criticate dai giudici.
Un altro segnale di rigidità verso le toghe.
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Giovanni Bianconi
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Il caso L’esponente pd: l’aspetto fisico è un valore. Al pubblico femminile piacerebbe vedere i miei colleghi sui rotocalchi
Moretti: i belli in politica? C’è chi ha il suo seguito
L’eurodeputata: il Guardasigilli ha fascino
Ci sono pure Laforgia, Fratoianni e Lattuca
ROMA — «La bellezza è un valore,
anche in politica». Alessandra Moretti
rompe un tabù della sinistra e ammette che, nell’era di Matteo Renzi,
l’aspetto fisico è «un biglietto da visita». L’intervista dell’eurodeputata, nota per il suo fascino, al blog «La ventisettesima ora» di Corriere.it, scatena i
commenti della Rete e riaccende il dibattito sull’aspetto fisico delle donne
con ruoli al governo o in Parlamento.
Nel Pd se ne parla. E si litiga, anche.
Rosy Bindi aveva dichiarato che «alcune ministre» sono state scelte «non
solo perché brave, ma anche perché
giovani e belle» e martedì sera, in tv da
Lilli Gruber, Maria Elena Boschi ha replicato con durezza: «È triste che la
Luigi Vitali 59 anni,
avvocato ed ex deputato
Bindi utilizzi gli stessi argomenti usati
per anni contro di lei da Berlusconi e
Forza Italia». Invidia? «Sembra rancore...». Né invidia, né rancore, assicura
l’ex ministro della Sanità e sospetta
che Boschi la sua intervista nemmeno
l’abbia vista:« Mi aspettavo di essere
ringraziata, piuttosto. Alle ministre io
ho fatto tre complimenti in un colpo
solo. Ho detto che sono giovani, belle e
brave. A me una fortuna del genere
non è mai capitata». Se Boschi è triste,
Bindi è «amareggiata» e non solo per
non essere stata compresa dalle colleghe di partito: «A me la tristezza viene
nel vedere che il vizio più antico della
politica, l’ipocrisia, viene praticato
dalle giovani donne».
I volti
Francesco
Laforgia
36 anni, deputato
del Pd, docente
universitario
Nicola
Fratoianni
Capogruppo di
Sinistra e libertà,
41 anni
Enzo
Lattuca
È stato eletto alla
Camera con il Pd,
26 anni
In realtà le posizioni della Moretti
non sono poi così distanti da quelle
della Bindi, convinta che la scelta di
donne competenti quanto avvenenti
sia una precisa strategia comunicativa. «La bellezza in politica conta, anche per gli uomini» dice la deputata
europea. E poiché ha subìto quest’estate le incursioni dei fotografi
nella sua vita privata per lo scatto in
spiaggia con Massimo Giletti, sposta
l’attenzione sui «belli» del Parlamento: «Mi piacerebbe che i media, intenti a osservare e fotografare in maniera morbosa le donne, ritraendole
anche in bikini per poi commentarne
la forma fisica, si occupassero anche
degli uomini». Per la Moretti le copertine dei rotocalchi non dovrebbero essere dedicate solo alle ministre o
alle deputate, ma anche ai signori
ministri o ai parlamentari: «Capisco
che al pubblico maschile faccia pia-
cere vedere una bella ragazza in costume, ma immagino che il pubblico
femminile sarebbe contento di vedere anche i politici nei loro momenti
privati».
Chi è il bello del Parlamento, Richetti? «Matteo, sì — sta al gioco la
Moretti —. Andrea Orlando è un ministro con fascino. Tra le colleghe c’è
chi ha notato il giovane Enzo Lattuca,
poi sicuramente Francesco Laforgia è
un bel ragazzo. Anche Fratoianni, di
Sel, ha il suo seguito». E Alessandro
Di Battista, del M5S? «No comment».
Una provocazione spiritosa, per chiedere a fotografi e giornalisti di allentare l’attenzione sull’avvenenza delle
donne in politica: «Basta, smettiamola di vivisezionare le persone, offrendo magari consigli non richiesti
sulla dieta».
Monica Guerzoni
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Riforma della Rai
Il Tg3 contro
Gubitosi:
piano senza
pluralismo
ROMA — Il Tg3 boccia
clamorosamente il progetto
di riforma dell’informazione
immaginato dal direttore
generale della Rai, Luigi
Gubitosi (una Newsroom 1
che accorpi Tg1-Tg2-Rai
Parlamento e una Newsroom
2 che metta insieme Tg3Rainews 24-Tg2). I
giornalisti del tg diretto da
Bianca Berlinguer hanno
inviato una lettera aperta alla
commissione parlamentare
di Vigilanza Rai. I toni sono
molto duri: «Il piano più che
avere un obiettivo economico
sembra averne uno politico:
gli accorpamenti delle varie
testate, in assenza di una
riforma della governance,
consegnerebbero alla politica
un potere quasi assoluto
sull’informazione del
servizio pubblico che
rischierebbe di diventare
l’organo di propaganda del
governo di turno». Invece per
il Tg3 «il pluralismo è un
patrimonio che appartiene al
Paese e di cui oggi più che
mai l’Italia ha bisogno». In
quanto alla storia del Tg3 «i
giornalisti non sono disposti
a disperdere una tradizione
di informazione che da
sempre ha dato voce agli
strati più deboli della
popolazione, all’antimafia,
alla parità di genere, al
mondo del lavoro, ad una
visione alternativa della
politica estera». Fin qui
l’ufficialità della lettera. In
più ci sono le voci che si
raccolgono a Saxa Rubra: nel
disegno di Gubitosi (non
ancora sottoposto a un voto
formale in Consiglio di
amministrazione) la
Newsroom 2 di fatto
verrebbe guidata da Rainews
24, la testata condotta da
Monica Maggini. Il timore
del Tg3 è di finire «diluito» in
un altro telegiornale e sotto
un direttore diverso.
Bisognerà ora vedere come
reagirà la Vigilanza, anche
perché la lettera chiede
un’audizione formale del
Comitato di redazione del
Tg3, cioè il sindacato interno
della testata.
P. Co.
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12 Primo Piano
Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
I partiti Le strategie
Casse vuote, alleanze e malumori
I giorni difficili di Forza Italia
Raitre contro La7
Appello all’unità per le Regionali. Ma la Lega: no a intese con il Ncd
ROMA — Il momento è difficile.
Nel silenzio ostinato di Silvio Berlusconi — ancora ad Arcore alle prese
con l’uveite —, si incrociano grane e
ostacoli e malumori, interni ed esterni, che rendono molto difficile il
cammino degli azzurri. Tre i problemi immediati: le alleanze per le Regionali; le casse del partito, sempre
più vuote; la sensazione di scoramento di gruppi parlamentari che,
anche nell’elezione dei giudici della
Consulta, si sentono messi a margine
e ininfluenti. Sullo sfondo, resta la
difficoltà nell’accettare un ruolo di
opposizione molto defilato, con un
atteggiamento troppo benevolo verso Renzi che spunta le armi elettorali
e che porta pochi consensi.
Così, in attesa di capire quale via
voglia imboccare un Berlusconi che
ieri ha avuto un vertice con Verdini,
Ghedini e Letta e che entro il mese
vedrà Renzi, i big del partito si confrontano cercando di tessere intese e
serrare le fila, intanto con gli alleati
esistenti o possibili. Ieri il comitato
che si occuperà del tavolo per le Regionali — composto da Matteoli, Verdini, Toti, Brunetta e Romani — si è
riunito e ha lanciato l’appello a tutti i
partiti che si presentarono assieme al
voto nel 2013: «Le Regionali per FI
sono un fine per vincere sul territorio, ma sono anche un mezzo per cominciare un percorso che per noi non
si esaurisce con le elezioni locali:
l’obiettivo è ricostituire la coalizione
di centrodestra a livello nazionale»,
dice Toti. Che — confermando l’intenzione di FI di mediare fra le parti
— non si nasconde quanto la strada
per un nuovo patto sia impervia.
D’altra parte, è il leader leghista
Matteo Salvini a confermare che l’aria
che tira è pessima: «Un conto sono gli
accordi a livello locale ma a livello nazionale non se ne parla. Con il ministro Alfano che ha la delega all’invasione degli immigrati e che blocca gli
stipendi alle forze dell’ordine io non
Verso il voto
Il consigliere politico di Forza Italia
Giovanni Toti, 46 anni, alla conferenza
stampa sulle Regionali, nella sede
azzurra di San Lorenzo in Lucina, ieri,
dopo il vertice per fare il punto sulle
candidature
(Imagoeconomica)
ho niente a che fare». Il che significa
che non c’è apertura sulle Regionali:
«No, e visto che ci sono le elezioni in
Emilia fra poco, per quanto mi riguarda, evidentemente la Lega non
sarà alleata con Ncd».
Un problema grosso, visto che FI e
Ncd, che ormai dialogano alla luce
del sole, concordano sul fatto che
non si possano siglare alleanze a
macchia di leopardo: «Per noi — dice
Quagliariello — sarebbe inaccettabile un’intesa con FI in Calabria sì e altrove no. E finché la
L e g a c i u s a co m e
obiettivo quotidiano,
per noi non esiste
possibilità di accordo». Ma anche Toti è
duro: «Salvini dovrebbe spiegare come
mai in Lombardia, in
Veneto e ovunque governiamo con il Ncd
va tutto bene, e per le
altre Regioni non se
ne può parlare. Bisogna essere coerenti, o
si vogliono far cadere
le giunte esistenti...?».
Insomma, FI si trova di fronte a un
bivio che non è scontato sia aggirabile: scegliere l’alleanza con la Lega o
quella con il Ncd? Se il lavoro delle
prossime settimane sarà quello di
cercare un punto d’incontro (già oggi
a Frascati al convegno di Magna
Charta siederanno assieme Alfano,
Maroni e Toti), non c’è dubbio che
Berlusconi dovrà schierarsi in qualche modo. Il tutto mentre restano i
conflitti interni sulle primarie. Per
Matteoli restano una extrema ratio, e
Fitto non agisca in solitudine. Quest’ultimo contesta e rilancia, perché
sono l’unico modo a suo parere per
coinvolgere lo stordito popolo del
centrodestra.
In questo clima, si capisce come
venga vissuta male tra i gruppi azzurri la decisione dei vertici di indicare
Catricalà, non certo una bandiera del
partito, come giudice della Consulta:
«Non possiamo sparire, dobbiamo
rivendicare la nostra identità», è la
protesta diffusa di chi propone Donato Bruno. E a peggiorare il quadro
torna l’annoso problema dei conti in
rosso: la situazione illustrata ieri dalla tesoriera Rossi è «drammatica», 15
milioni il «buco» e 88 i debiti con le
banche, il rischio è di non riuscire a
pagare gli stipendi di settembre ai dipendenti. Le soluzioni, pure, sono
scarse: un nuovo duro ordine è stato
recapitato agli eletti morosi perché
versino le loro quote associative arretrate, e da ottobre si cercherà di reperire fondi attraverso il tesseramento
in congressi comunali e provinciali. E
a Otto e Mezzo Giovanni Toti ha comunque avvertito: «Berlusconi non
può mettere più di 100 mila euro per
legge».
Paola Di Caro
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Benigni ospite del nuovo Ballarò
Duello a distanza con Crozza
ROMA — Roberto Benigni contro
Maurizio Crozza. Il duello La7-Raitre
di martedì 16 settembre in prima
serata si arricchisce di altri due
protagonisti, oltre ai conduttori
Giovanni Floris («Di Martedì») e
Massimo Giannini («Ballarò»).
Manca una formalizzazione ufficiale,
ma Roberto Benigni sarà l’ospite
principale dell’esordio di Massimo
Giannini alla guida della trasmissione
fondata dodici anni fa proprio da
Floris. Non si tratterà della
«copertina» (confermata invece per
Crozza su La7) ma di uno showintervista a tutto campo. Per la prima
volta dagli schermi Rai Benigni
parlerà di Matteo Renzi: la sua ultima
apparizione sul servizio pubblico
risale al dicembre 2012 (foto in alto). I
vertici di viale Mazzini stanno
trattando con Lucio Presta (l’agente di
Benigni) per un accordo quadro che
includa qualche presenza del comico
toscano per «Ballarò» e anche la
serata speciale sui «Dieci
Comandamenti» per Raiuno (data da
definirsi). Nessuna indiscrezione sul
compenso. Mentre Crozza sarà ospite
fisso di Floris, Giannini procederà a
una rotazione di vari comici, partendo
da Benigni. L’inizio di «Ballarò» verrà
affidato a un editoriale-riflessione di
Giannini.
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Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
Primo Piano 13
italia: 51575551575557
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L’inchiesta di Milano
«Tangenti Eni per il petrolio in Nigeria»
Il pm indaga l’amministratore Descalzi
te perché Eni non ricorre a intermediari, ma tratta esclusivamente con il governo nigeriano
che si offre poi di girare i soldi
alla società Malabu, regolando i
tanti aspri contenziosi locali. Ed
è quindi solo al governo che nell’aprile 2011 Eni paga il prezzo
di 1 miliardo e 90 milioni di dollari, mentre Shell ne versa altri
200. Il massimo della trasparenza? Una causa civile a Londra nel
2013 sembra farne dubitare.
Infatti il mediatore nigeriano
Obi, che con Di Capua era intervenuto nella prima negoziazione fallita, a Londra fa causa all’ex ministro del petrolio Etete
che non gli riconosce il compenso dovutogli per la mediazione che Obi e Di Capua sostengono di avere svolto in maniera
decisiva per l’affare concluso
dall’Eni. E nel 2013 Londra dà
ragione a Obi e costringe la Malabu a versare a Obi 110 milioni
(mentre di altri 80 Obi sostiene
che in parte siano per Di Capua).
Accuse anche a Scaroni e Bisignani. Londra sequestra 190 milioni ai mediatori africani
La vicenda
L’inchiesta
Le accuse
di corruzione
internazionale
Il nuovo amministratore
delegato dell’Eni Claudio
Descalzi e il nuovo capo della
divisione Esplorazioni
Roberto Casula sono indagati
dalla Procura di Milano per
l’ipotesi di reato di
«corruzione internazionale»
di politici e burocrati in
Nigeria. L’accusa riguarda
una presunta tangente per
l’acquisto nel 2011 della
concessione del campo di
esplorazione petrolifera Opl245 dalla società Malabu
Il decreto
Il sequestro
della presunta
tangente
La «Southwark Crown
Court» di Londra su richiesta
della Procura di Milano ha
sequestrato all’intermediario
nigeriano Emeka Obi due
depositi anglo-svizzeri di 110
e di 80 milioni di dollari: un
quinto del prezzo di 1
miliardo e 90 milioni di
dollari che l’Eni nel 2011 (con
Paolo Scaroni
amministratore delegato e
Descalzi capo della divisione
Oil) avrebbe pagato al
governo nigeriano
La difesa
La società:
«Trattato solo
con il governo»
A luglio, i pm Fabio De
Pasquale e Sergio Spadaro
avevano indagato Eni (per
responsabilità
amministrativa in base alla
legge 231) nell’inchiesta
sull’acquisto della
concessione. La società aveva
però escluso di aver fatto
ricorso a intermediari
ribadendo che «l’unico
interlocutore dell’operazione
era stato il governo
nigeriano, senza intervento
di alcun intermediario»
MILANO — La prima importante nomina pubblica dell’era
Renzi, quella del successore di
Paolo Scaroni al vertice di Eni, è
già investita da una pesante inchiesta giudiziaria tra Milano e
Londra: il nuovo amministratore delegato Claudio Descalzi è
indagato dalla Procura lombarda (insieme al nuovo capo della
divisione Esplorazioni del colosso petrolifero, Roberto Casula) per l’ipotesi di reato di «corruzione internazionale» di politici e burocrati in Nigeria.
Affiora dalle carte con le quali
ieri la «Southwark Crown
Court» di Londra, accogliendo
una indicazione che si ignorava
fosse stata rivolta nelle scorse
settimane dall’autorità inquirente italiana, ha sequestrato in
via preventiva all’intermediario
nigeriano Emeka Obi due depositi anglo-svizzeri di 110 e di 80
milioni di dollari: un quinto del
prezzo di 1 miliardo e 90 milioni
di dollari che l’Eni nel 2011 (con
Paolo Scaroni amministratore
delegato e Descalzi capo della
divisione Oil) pagò al governo
di Lagos per rilevare dalla società nigeriana Malabu la concessione di Opl-245, sigla del campo di esplorazione petrolifera la
cui concessione nel 1998 l’allora
ministro del Petrolio nigeriano
Dan Etete si era autoassegnato
(dietro prestanome della società
Malabu) al saldo di 20 milioni.
Il colpo di scena londinese
spariglia le carte che sembravano in tavola a Milano almeno fino a luglio, allorché i pm Fabio
De Pasquale e Sergio Spadaro
avevano notificato a Eni (per responsabilità amministrativa in
base alla legge 231) una informazione di garanzia che non
aveva granché allarmato il colosso dell’energia, sicuro nel rimarcare che «l’unico interlocutore dell’operazione era stato il
governo nigeriano, senza intervento di alcun intermediario».
Indagato a Milano era del resto
solo Gianluca Di Capua, procacciatore d’affari amico di Luigi
Bisignani, a sua volta ascoltato
solo come teste al pari di Scaroni. Adesso invece, sulla scorta di
sopraggiunti elementi, non solo
Udienza in Inghilterra
Fissata per lunedì
l’udienza sui soldi
bloccati aperta a chi
vanta diritti sui fondi
Tribunale La «Southwark Crown Court» di Londra che ieri ha disposto il sequestro di parte della presunta tangente (Epa /Deme)
1,09 19
Miliardi di dollari Quanto ha
pagato Eni al governo nigeriano, nel 2011 (con Paolo Scaroni amministratore delegato e
Claudio Descalzi capo della divisione Oil), per rilevare dalla
società Malabu la concessione
di un campo di esplorazione
sono stati indagati DescalziScaroni-Bisignani, ma la Corte
di Londra supporta il sequestro
dei 190 milioni nigeriani con
l’orientamento che davvero
possa esserci stata una corruzione Eni di pubblici ufficiali africani (come l’ex ministro Etete e
il figlio dell’ex presidente Abacha) tramite intermediari nigeriani (Obi), russi (Agaev) e italiani (Di Capua e Bisignani).
Sarebbe dunque una megatangente del 19% sul prezzo del
giacimento a sovrapporre nello
stesso «film» illecito due «fotogrammi» che invece la storia uf-
ficiale della negoziazione descriveva appartenere a due
«film» diversi e leciti. Nel primo, risalente al 2010, già si sapeva che Eni, per negoziare con
la Malabu (società nigeriana
senza alcuna struttura ma titolare del tesoro di concessione),
avesse tessuto contatti anche
con mediatori e consulenti. E lo
si sapeva per intercettazioni di 4
anni fa nell’inchiesta dei pm napoletani Curcio e Woodcock
sulla galassia-Bisignani (il quale
alla fine patteggerà per altre vicende 1 anno e 7 mesi per associazione a delinquere, favoreg-
Per cento La presunta megatangente che sarebbe stata
pagata per il giacimento Opl245, il campo di esplorazione
petrolifera la cui concessione,
nel 1998, si era autoassegnato l’allora ministro del Petrolio
nigeriano Dan Etete
giamento, corruzione e rivelazione di segreto): dalle spiegazioni di Bisignani e Scaroni era
infatti emerso che nel 2010 l’ex
ministro nigeriano Etete aveva
mobilitato un suo contatto italiano, Di Capua, per piazzare al
meglio la concessione petrolifera lucrata anni prima dietro lo
schermo della Malabu. Di Capua
aveva subito coinvolto Bisignani, sapendolo molto influente
su Scaroni. E Bisignani, attratto
dalla prospettiva di avere con Di
Capua un ritorno economico in
caso di successo, aveva davvero
interceduto con Scaroni, il quale
lo aveva introdotto a Descalzi,
allora capo divisione Oil. Le intercettazioni coglievano Descalzi preavvisare Bisignani che un
certo giorno l’affare in Nigeria
sembrava concluso, e Bisignani
subito avvisava Di Nardo. Ma
questo prima schema di trattativa diretta con la società nigeriana Malabu naufraga e l’affare
non va in porto, con grande irritazione (pure intercettata) di Di
Capua e Bisignani.
A novembre 2010 comincia
invece il secondo «tempo» ufficiale: la trattativa diventa indiretta e in teoria super trasparen-
Il mediatore nigeriano deposita
infatti copioso materiale per dimostrare di aver avuto il ruolo
che rivendica: e spuntano anche
moltissimi sms e email con Descalzi, nonché incontri come la
cena (Obi, Agaev, Etete e Descalzi all’Hotel Principe di Savoia di
Milano) che ad avviso dei giudici inglesi «rappresentava un
avanzamento significativo per
la società Malabu e dimostrava a
Etete quello che le entrature di
Obi dentro l’Eni potevano fare
ottenere alla Malabu».
Ora Londra ha convocato per
lunedì prossimo una udienza
alla quale potrà intervenire chi
ritenga di avere titolo sui 190
milioni in sequestro. Sinora la
posizione di Eni è quella cristallizzata nelle assemblee e in una
audizione di Scaroni in Senato:
«Totale correttezza» perché «come sempre non abbiamo dato
una lira a nessuno, non abbiamo usato intermediari, e abbiamo fatto la transazione solo con
lo Stato nigeriano».
Luigi Ferrarella
[email protected]
Giuseppe Guastella
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I precedenti Gli altri procedimenti aperti negli anni su presunti pagamenti illeciti per gli appalti dall’Algeria fino al Kazakistan
La prima volta a Lagos costò 360 milioni di multe
L’inchiesta milanese del 2009 e i patteggiamenti con il Dipartimento di Stato e la Borsa Usa
Comunque vada a finire, una cosa è
certa: la Nigeria non porta bene all’Eni. Già una volta, nel 2009, il colosso petrolifero è rimasto impigliato in
una indagine — sempre della Procura
di Milano e del pm Fabio De Pasquale
— sul consorzio Tskj formato da
Snamprogetti con l’americana Kbr, la
giapponese Jgc e la francese Technip
accusato di aver stanziato tra il 1994 e
il 2004 circa 182 milioni di dollari destinati a politici e burocrati nigeriani
per aggiudicarsi appalti da 6 miliardi
di euro per i sei impianti di estrazione
e stoccaggio del gas a Bonny Island.
Questa indagine, alla fine, in Italia è
giudiziariamente costata al cane a sei
zampe «soltanto» 600.000 euro di
sanzione pecuniaria e (sempre in base
alla legge sulla responsabilità amministrativa delle imprese) la confisca di
24 milioni di euro quali illecito, ma è
stata assai più indigesta negli Stati
Uniti: Snamprogetti Netherlands BV
ha infatti dovuto versare 240 milioni
di dollari per patteggiare con il Dipar-
timento di Stato (che aveva già raccolto più di un miliardo da altri soggetti
internazionali), mentre Snamprogetti
ed Eni ne hanno dovuti dare 125 alla
Sec, l’autorità Usa di vigilanza sulla
Borsa.
Un’altra inchiesta arriva in Algeria
per sette contratti, e per altrettanti appalti da circa 8 miliardi di euro, che
avrebbero fatto finire nelle casse della
Saipem, gruppo Eni, profitti per un
miliardo di euro. Solo che ad oliare il
percorso che fece ottenere gli appalti,
secondo la Procura, sarebbe stata una
tangente da 197 milioni di dollari.
Una mazzetta celata dietro le intermediazioni fittizie della società di Hong
Kong «Pearl Partners Limited» che era
gestita dall’algerino Ourayed Samyr,
ma che per gli investigatori apparteneva al suo ricco connazionale Farid
I protagonisti
Chakib Khelil È l’ex ministro algerino
dell’Energia e delle risorse minerarie
Paolo Scaroni Ha guidato l’Eni
fino alla primavera scorsa
Pietro Varone È l’ex direttore
operativo di Saipem
Bedjaoui, chiamato «Il giovane», che,
a sua volta, avrebbe fatto capo a «Il
vecchio», che altri non era che l’allora
potente ministro dell’Energia algerino Chekib Khelil. Ad agosto 2013 i pm
hanno chiesto a Singapore di bloccare
oltre cento milioni sui conti di Bedjaoui, ricercato con lo stesso mandato di
cattura internazionale che ha portato
in carcere l’ex manager Saipem Pietro
Varone. Un’inchiesta in cui sono indagati, tra gli altri, anche l’ex amministratore delegato di Saipem Pietro Tali
e l’allora ad di Eni Paolo Scaroni.
Ancora Eni nell’indagine su una
tangente per appalti petroliferi in Kazakhstan: 20 milioni di dollari che sarebbero serviti ad aprire la strada ad
un investimento di Agip Kco. La Procura aveva chiesto l’interdizione dell’Eni per 18 mesi dalle attività in Kazakhstan, ma si era vista dire di no dal
Gip e dalla Corte d’appello.
L. Fer.
G. Gua.
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14 Primo Piano
Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
I punti
Il governo Le misure
Compensazioni fiscali, arriva il decreto
ROMA — Decreti attuativi
lumaca. I tempi biblici per scrivere i provvedimenti che consentono di attuare le norme
non sono una novità. A riprova
dei ritardi accumulati dagli uffici ministeriali, ieri alla Camera, durante il question time, è
andato in scena l’ennesimo siparietto, che ricorda l’impossibilità di applicare un provvedimento in assenza del regolamento attuativo (al momento
sono quasi 700 i decreti in attesa di emanazione). I deputati
del Movimento 5 Stelle hanno
chiesto al ministro dello Sviluppo economico, Federica
Guidi, che fine avesse fatto il
decreto attuativo che permette
a imprese e professionisti di
compensare (ampliando l’applicazione alle somme iscritte a
ruolo fino al 31 marzo 2014) i
debiti fiscali con i crediti commerciali vantati nei confronti
della Pubblica amministrazione. A prevedere l’allargamento
Le rassicurazioni del ministro Guidi: «Pronto entro pochi giorni»
Il premier aspetta dai ministri le indicazioni sui risparmi possibili
della compensazione, del resto,
è il decreto Destinazione Italia
del governo Letta, pubblicato in
Gazzetta ufficiale lo scorso 20
febbraio. Il punto è che il termine per varare la norma di attuazione è slittato prima a maggio
e, poi, ad agosto.
Il ministro Guidi ieri ha spiegato che «entro pochissimi
giorni» sarà tutto pronto. Il ritardo è dovuto alla pausa estiva
e all’inevitabile ping pong tra
gli uffici del ministero dello
Sviluppo economico e quelli
del ministero dell’Economia,
dal quale dipende direttamente
il provvedimento. Se tutto fila
liscio, le aziende e i professionisti che vantano un credito nei
confronti dell’amministrazione
pubblica potranno, finalmente,
utilizzarlo per estinguere i de-
biti e le cartelle esattoriali, qualora questi ultimi risultino di
valore pari o inferiore ai primi.
Per beneficiare della compensazione sarà necessario utilizzare la delega unica di pagamento (modello F24) in versione telematica. L’operazione è a
somma zero e l’intento, a dispetto dell’attuale stallo, è di
accelerare la liquidazione dei
crediti accumulati dalle imprese nei confronti dello Stato.
La facoltà di compensazione
arriva nelle stesse ore in cui il
governo è impegnato a individuare la difficile strada per tagliare la spesa di 20 miliardi di
euro. Sebbene la spending review ministeriale sia una delle
priorità nell’agenda del premier, Matteo Renzi, gli incontri
tra lo stesso presidente del Consiglio e i suoi ministri ieri sono
stati nuovamente rimandati.
L’idea originaria di un breve
faccia a faccia di una decina di
minuti per una ricognizione ge-
L’attacco dei 5 Stelle
Grillini all’attacco sui tempi di
attuazione delle norme che consentono
di compensare debiti fiscali e crediti
verso la Pubblica amministrazione
nerale sui conti dei ministeri è
parsa impraticabile. Meglio stabilire un termine entro il quale
trasmettere a Palazzo Chigi le
indicazioni e le specifiche dei
risparmi che ciascun ministro
intende conseguire. La scadenza è fissata per domani.
Dopo di che Renzi deciderà
gli eventuali incontri individuali. Qualcuno, come il titolare della Salute, Beatrice Lorenzin, ha visto Renzi già ieri auspicando «che il Fondo sanita-
Le assunzioni di docenti
Il governo autorizza 30 mila assunzioni
all’Istruzione. L’obiettivo dei 20 miliardi
di tagli alla spesa e i paletti di Lorenzin:
«Non toccate il Fondo sanitario»
r i o n a z i o n a l e n o n ve n g a
toccato». Il timore è che le sforbiciate più importanti siano effettuate dove si concentrano le
spese maggiori. Motivo per cui
la Lorenzin sta piantando dei
paletti per scongiurare tagli sia
al Patto per la salute sia al Fondo sanitario. Quest’ultimo è finanziato dall’Irap (imposta sulle attività produttive), che il governo, dopo la riduzione del
10% di quest’anno, vorrebbe ulteriormente diminuire. Circostanza che non può essere stata
ignorata nel faccia a faccia tra
Renzi e Lorenzin. Un altro ministero sotto osservazione è quello di Guidi, poiché gestisce gli
incentivi alle imprese. Il bilancio del ministero dello Sviluppo
economico vale 12 miliardi, di
questi circa 7,5 miliardi riguardano la direzione politica industriale, e dunque sono nella disponibilità diretta del premier.
Nel mirino anche la Difesa, già
investita nei mesi scorsi da 400
milioni di euro di tagli per finanziare il bonus Irpef.
La caccia, insomma, è aperta.
Tanto più che ieri il Consiglio
dei ministri ha autorizzato il
ministero dell’Istruzione ad assumere 30 mila persone (tra cui
15 mila docenti).
Meno personale
e caserme
L’opposizione
della Difesa
Nessun taglio
al Fondo sanitario
Riorganizzazione
da 30-40 milioni
Razionalizzazione
degli incentivi
alle imprese
e più selezione
Risorse disponibili
per i salari
di carabinieri
e polizia
Andrea Ducci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il ruolo di Marco Fortis
L’economista industriale
critico con Berlino
neoconsigliere di Renzi
Il caso è interessante perché, al di là della persona,
indica che si fa strada una tendenza: la riscoperta
dell’economia industriale, decisiva per capire quali
tasti della pianola suonare per passare dalle parole ai
fatti creando le premesse per la ripresa degli
investimenti e il rilancio delle aziende. L’indicatore
della svolta è il ruolo che, ormai da qualche
settimana, sta avendo un economista, Marco Fortis
(nella foto sotto), come consigliere del presidente del
Consiglio, Matteo Renzi. Fortis, 58 anni, di Verbania,
sponda piemontese del Lago Maggiore, fa parte di una
scuola di pensiero, gli economisti industriali, che,
negli anni d’oro della finanza e in quelli successivi
delle compatibilità di bilancio, sembrava sul punto di
andare verso sicura estinzione. Da qualche tempo
invece, sotto la spinta
dell’emergenza recessione,
il tema dello sviluppo
economico è tornato una
priorità, unico, vero
antidoto contro il peso
schiacciante del debito
pubblico. Per questo le
riflessioni di Fortis,
vicepresidente della
Fondazione Edison e
professore di Economia
industriale e commercio
Docente alla Cattolica
internazionale
all’Università Cattolica di
Tecnico bipartisan, è
Milano, fanno comodo in
stato molto ascoltato da
quanto è un esperto dei
Tremonti pur essendo
temi dell’industria e dei
legato a Prodi (foto Ansa) distretti industriali, di cui
si occupa da sempre. E i
contatti con Renzi, spesso
via sms, sono sempre più frequenti. In passato Fortis,
tecnico bipartisan, è stato molto ascoltato dal
ministro dell’Economia, Giulio Tremonti (governo
Berlusconi), pur essendo legato da sempre a Romano
Prodi. I cavalli di battaglia, in particolare, sono due:
l’impossibilità di rientrare dal debito pubblico con i
soli sacrifici e le analisi critiche sulla Germania, che
ha fatto dell’austerità in Europa la leva per accumulare
ricchezza mentre altri Paesi, a partire dall’Italia, si
sono impoveriti. E non di poco.
Fabio Tamburini
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Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
Qualsiasi ipotesi di riduzioni ulteriori
viene accolta con un parere negativo
dal ministero della Difesa. Soprattutto
perché il bilancio è stato già alleggerito
di 400 milioni di euro per contribuire
agli 80 euro in più in busta paga.
Con la spending review il governo
vorrebbe intervenire sul personale
e sugli edifici delle forze dell’ordine
In ambito sanitario, la revisione della
spesa non dovrebbe riguardare tagli al
Fondo sanitario del 2014, mentre i
risparmi sul funzionamento del
dicastero (1 miliardo l’anno) si aggirano
attorno ai 30-40 milioni. Le riduzioni
incideranno soprattutto sui servizi
ministeriali d’ispettorato, la vigilanza e
il controllo sulla filiera degli alimenti
Il governo Renzi ha più volte ricordato
che non intende togliere soldi a chi
investe, ma soltanto riorganizzare
meglio il sistema degli incentivi alle
imprese. Il ministro dello Sviluppo
economico, Federica Guidi, ha parlato di
una «razionalizzazione degli incentivi»
alle aziende, affinché siano meno
polverizzati e usati in modo più efficace
ILLUSTRAZIONI DI ROBERTO PIROLA
Primo Piano 15
italia: 51575551575557
In sede di legge di Stabilità sarà
esaminato il blocco dei salari del
pubblico impiego. Dopo le forti proteste
dei sindacati il governo ha preso
tempo. Renzi ha però sostenuto che
secondo i ministri, per quanto riguarda
le forze dell’ordine, «i denari per
risolvere gli sblocchi dei salari
e gli scatti possono essere trovati»
Lo scenario Tecnici e politici a confronto da oggi. Le mosse del governatore della Bce
A Milano il vertice della crescita
La spinta di Draghi all’Eurogruppo
La definizione di tempi e obiettivi, il nodo della flessibilità
ROMA — Ministri, economisti, banchieri centrali, tutti
chiamati a discutere sul perché l’Europa non riesca a ritrovare la strada della crescita:
oggi a Milano prende avvio
una tre giorni di confronti, a
più livelli, tecnico e politico,
da cui si attendono indicazioni importanti sulla strategie
che saranno seguite nei prossimi mesi. Un grande convegno di Eurofi, il think tank
presieduto da Jacques de Larosière, quindi l’Eurogruppo
e a seguire il primo Ecofin informale a guida italiana saranno le tre diverse occasioni
di dibattito. Sullo sfondo, le
cifre, severe, su disoccupazione, inflazione e sviluppo e il
richiamo del presidente della
Bce, Mario Draghi, ai governi
a condividere l’urgenza di
agire.
Draghi interverrà stasera al
convegno di Eurofi ed il suo
sarà, ancora una volta, il discorso più atteso, peraltro il
primo dopo le decisioni della
Bce, di tagliare al «livello minimo» i tassi di interesse, portati allo 0,5%, ad un passo dallo zero, e di accelerare sulla
realizzazione del programma
di acquisti di Abs, cioè di titoli
bancari cartolarizzati rappresentativi di prestiti ad imprese e famiglie. Sarà quindi, per
lui, l’occasione per spiegare
tempi e obiettivi di tali iniziative che si aggiungono al piano di prestiti finalizzati ai finanziamenti di imprese e famiglie. Il numero uno dell’Eurotower, che sin da oggi avrà
contatti ed incontri bilaterali
nell’ambito delle riunioni
dell’Eurogruppo e dell’Ecofin,
avrà anche modo di ribadire e
chiarire, senza malintesi, le
sollecitazioni fatte nel discorso di metà agosto di Jackson
Hole in cui ha ribadito che la
politica monetaria non può
fare tutto da sola e che diventano sempre più necessarie e
urgenti le riforme strutturali e
la composizione, più favorevole alla crescita, delle voci di
bilancio. Ci vuole più flessibilità — aveva aggiunto nell’intervento americano — mantenendo ferme però le regole
previste e non retrocedendo
rispetto all’obiettivo di tenere
i conti a posto.
Ma sulla flessibilità — anche nell’interpretazione delle
regole — insiste la Francia,
Numero uno
Mario Draghi,
67 anni, è il
governatore
della Banca
centrale europea
dal 1° novembre
2011 dopo aver
guidato per
cinque anni la
Banca d’Italia
(foto Ap)
che ieri ha fatto sapere che
potrà rientrare entro il tetto
del 3% del rapporto deficit/Pil
solo nel 2017 e in qualche misura, in modo più articolato,
l’Italia, con la Germania invece arroccata nella difesa tout
court del rigore. È quindi
molto probabile che gran parte del confronto finisca per
svolgersi su questo tema. Anche se il ministro italiano, Pier
Carlo Padoan, padrone di casa
all’Ecofin, cercherà di portare
più avanti possibile la sua
agenda che insiste in modo
particolare sulla necessità di
sviluppare un’azione comune
per rilanciare gli investimenti. Non per nulla di investimenti e dell’Expo 2015 si parlerà nell’incontro dell’Asem. il
forum Asia-Europa, che si
svolgerà domani prima dell’Eurogruppo.
Nell’agenda della presidenza italiana dell’Ecofin, che
servirà un po’ da guida per la
nuova Commissione europea,
appena nominata, c’è anche la
discussione di una road map
degli strumenti finanziari per
sostenere la crescita. Tra questi ci sono le cartolarizzazioni,
che, per essere rilanciate,
hanno bisogno, come ha rilevato lo stesso Draghi giovedì
scorso a Francoforte, di nuove
regole.
Padoan comunque interverrà anche oggi all’Eurofi e
parlerà dei problemi della
crescita, un argomento che
tratterà anche, in apertura di
convegno, il governatore della
Banca d’Italia, Ignazio Visco
Stefania Tamburello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il caso Nuova poltrona per Marco Staderini alla Sogesid, controllata al 100% dal Tesoro: si occupa di rifiuti, acqua e bonifiche
La società pubblica da chiudere nel 2012?
È viva e ora la guida un uomo di Galletti
di SERGIO RIZZO
L
a pietosa sepoltura era pronta.
Questo almeno aveva promesso un
giorno di due anni fa l’allora ministro Corrado Clini ai deputati della
commissione Ambiente della Camera. La
data, 18 luglio 2012: «È nostra intenzione
prepararci a una chiusura dell’attività di
Sogesid per fare in modo che, come prevede il decreto legge sulla spending review,
le attività rientrino in procedure ordinarie
e trasparenti». Di quali attività si tratta?
Progettazione nel settore dei rifiuti, delle
acque e delle bonifiche. Compiti a cui la
Sogesid, una società per azioni controllata
al 100 per cento dal Tesoro e creata ven-
426
Milioni I fondi che dal ministero dell’Ambiente sono arrivati nelle casse della Sogesid tra il 2009 e il 2011. Malgrado la società svolga mansioni che potrebbero essere
trasferite proprio al ministero
t’anni fa con l’obiettivo di dare attuazione
alla legge Galli sui bacini idrici, era arrivata per consunzione della missione originaria: di fatto, mai iniziata. In un Paese
normale ne avrebbero preso atto, per
chiuderla subito. E qualcuno un pensierino doveva avercelo pure fatto, se a un certo punto era stata affidata all’Iged, ovvero
«Ispettorato generale degli enti disciolti»,
la struttura che aveva in carico i dossier
dei cosiddetti enti inutili. Invece, a dispetto degli uccelli del malaugurio, sono riusciti a tenerla in vita per due decenni. Con
relative poltrone. Soprattutto, le poltrone.
Che vita, poi. Dal 2009 al 2011 ha avuto
dal ministero dell’Ambiente qualcosa come 426 milioni per realizzare quei progetti di cui sopra: senza gare, ovviamente, visto che si tratta di una società cosiddetta
«in house» che svolge mansioni tipiche
ministeriali. Soltanto, con procedure singolari. E 143 dipendenti, collegio sindacale, consiglio di amministrazione di cinque
persone. Nonché presidente e amministratore delegato retribuito con 326 mila
euro annui: l’ex vicepresidente della Provincia di Siracusa, avvocato Vincenzo Assenza.
Mai cognome sarebbe stato più evocativo per una società pubblica priva di alcuna utilità, da chiudere seduta stante tra-
sferendo le competenze all’amministrazione di provenienza. Invece, mentre il
commissario alla spending review Carlo
Cottarelli ormai sulla porta consegnava a
Matteo Renzi il piano per risparmiare a regime tre miliardi l’anno eliminando analoghe inaccettabili situazioni, ecco la sorpresa di una resurrezione ancor prima del
decesso. Con sorpresa bis.
Perché non solo il decreto sblocca Italia
le assegna i compiti di appaltatore ed esecutore, di nuovo «in house», dei lavori
pubblici da finanziare con i 2 miliardi e
mezzo di fondi relativi agli interventi sul
dissesto idrogeologico. Ma il ministro
dell’Ambiente Gian Luca Galletti, bolognese e fedelissimo del bolognese leader
dell’Udc Pier Ferdinando Casini, piazza al
vertice dell’azienda un signore che si chiama Marco Staderini. Una vecchia conoscenza del mondo delle imprese pubbliche, degli enti di Stato e delle aziende locali da una dozzina d’anni a questa parte.
Ovunque toccasse un posto a Casini, era il
suo. La presidenza dell’Inpdap, l’ente di
previdenza dei dipendenti statali, a Staderini. La presidenza di Infratel, società del
gruppo pubblico Sviluppo Italia incaricata
di occuparsi della banda larga, a Staderini.
Il consiglio della Sogei, la delicatissima
azienda controllata dal ministero delle Finanze che gestisce l’anagrafe tributaria, a
Staderini. Al punto da costringerlo a ritrovarsi addirittura contemporaneamente
Lo spostamento
Reggi lascia l’Istruzione e va al Demanio
Missione: cedere gli immobili di Stato
ROMA — Dalla Scuola al Demanio. Roberto
Reggi, 53 anni, sottosegretario alla Pubblica
istruzione, già sindaco democratico di
Piacenza dal 2002 al 2012, sarà il nuovo
direttore dell’Agenzia del demanio,
succedendo a Stefano Scalera. Ieri il
Consiglio dei ministri, su proposta
dell’Economia, «ha dato avvio alla
procedura per il conferimento dell’incarico
ai fini dell’acquisizione del parere della
Conferenza Unificata». Diventa sua, dunque,
la difficile missione che la legge di Stabilità
assegnava al Demanio per il 2014: ricavare
dalla cessione di immobili pubblici 500
milioni. Ma ancora più corposa è la sfida
per il prossimo anno, visto che, in assenza
di interventi di ristrutturazione del debito
pubblico, è proprio dalla dismissione degli
immobili che dovranno arrivare le risorse
Chi è
Roberto
Reggi, 55
anni, già
sindaco di
Piacenza
(foto Imagoeconomica)
per abbatterlo. Reggi è un uomo di fiducia
di Renzi, avendone coordinato le primarie
nel 2012. Il suo curriculum è molto vario.
Laureato in Ingegneria elettrotecnica, ha
lavorato nel settore della produzione e della
vendita di energia elettrica per Eurogen. Si è
dato da fare nel mondo del volontariato,
con la Cooperativa Eureka. Poi il passaggio
in politica, con l’esperienza dal 1994 al
1998, da assessore alle Politiche sociali e
abitative di Piacenza, sotto il sindaco di
centrosinistra Giacomo Vaciago. Nel 2002
ne prese il posto, venendo eletto al secondo
turno con il 54,6% dei voti. Fu riconfermato
nel 2007, al secondo turno con il 55,7%.
Nello stesso anno Reggi collabora con
Enrico Letta nella sua campagna delle
primarie del Pd: proprio a Piacenza Letta
inaugurerà la candidatura, facendo il suo
primo comizio insieme con Reggi. Scaduto
il mandato amministrativo, nel 2012 Reggi
inizia a collaborare con Matteo Renzi per
organizzare la sua candidatura alle primarie
nazionali del centrosinistra e in seguito
viene nominato, insieme con Giorgio Gori,
coordinatore delle stesse. Renzi gli
conferma la fiducia da premier,
nominandolo all’Istruzione. Ora la nuova
sfida al Demanio.
A. Bac.
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nel consiglio di amministrazione della Rai
e delle Ferrovie. Una coesistenza tentata,
ma risultata impossibile. Succedeva nel
2005, ma una singolare sovrapposizione
di incarichi Staderini l’aveva sperimentata
anche tre anni prima, alla sua prima esperienza come consigliere della tivù di Stato,
quando era insieme presidente di Lottomatica, concessionaria di giochi e lotterie.
Va avanti così, a ritmi infernali, fino a
quando l’Udc sta al governo. Ma ci sono
sempre gli effetti collaterali. Per esempio
la presidenza del fondo immobiliare Idea
Fimit, nel quale sono stati conferiti immobili Inpdap. E poi i consigli di amministrazione di Mps Capital service e della
Banca Toscana del gruppo Montepaschi:
nel quale ha in quel momento interessi di
un certo rilievo Francesco Gaetano Caltagirone, incidentalmente suocero di Casini. Per non parlare del posto di amministratore delegato dell’Acea, la municipalizzata romana quotata in Borsa della quale è azionista insieme a Suez e al Comune
di Roma con Gianni Alemanno sindaco, il
2
Miliardi Il valore complessivo dei lavori pubblici per i
quali il decreto «sblocca Italia» assegna compiti di appaltatore unico ed esecutore
alla Sogesid. Il tutto con la
formula «in house», cioè
senza gare
medesimo Caltagirone.
Staderini lascia l’ultima poltrona pubblica nell’aprile del 2013, con il rinnovo
del consiglio di amministrazione della società capitolina. Mentre il suo sponsor Casini è tornato al governo, prima con Mario
Monti, poi con Enrico Letta, quindi con
Matteo Renzi. E si tratta solo di aspettare
l’occasione per occupare la poltrona giusta. Che puntualmente arriva. Senza però
cancellare il sospetto: che sia quello l’unico motivo di sopravvivenza di una società
inutile. Per la serie del nuovo che avanza.
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16
Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Esteri
La nuova Commissione
Governo Ue I commissari lavoreranno in team sui progetti, come l’economia
Juncker presenta la squadra
La morsa dei rigoristi del Nord
Posti chiave ai popolari. All’inglese Hill i dossier sulla City
Sette vicepresidenze, molte ai Paesi piccoli (ma non a Parigi)
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BRUXELLES — È stata battezzata ieri la nuova Commissione europea. Ha 28 componenti, uno per ogni Stato della
Ue, fra cui 9 donne. È guidata
da un presidente, Jean-Claude
Juncker, 7 vicepresidenti, e 4
leader di «project-team», gruppi di lavoro interni per seguire i
singoli temi. Ha nelle sue file 7
membri di precedenti Commissioni. Fra «vecchi» e nuovi,
volti già noti: Juncker, il finlandese Jyrki Katainen, il francese
Pierre Moscovici, l’italiana Federica Mogherini, l’olandese
Frans Timmermans. Altri, quasi sconosciuti: la belga Marianna Thyssen, la romena Corina
Cretu. Il dato principale è però
un altro: questa Commissione
promette di essere, se possibile, più complicata ancora della
stessa Ue. Avrà infatti portafogli o mandati «sdoppiati», e altri fusi fra loro, con quel che
potrà seguirne. Per esempio
Moscovici, neo-commissario
all’economia, annuncia per prima cosa che l’Europa salterà, se
non rispetterà «le prime e uniche priorità, la crescita e l’occu-
pazione»: temi assegnati però
di competenza al suo «superiore» Kaitanen, appunto neocommissario alla crescita e al
lavoro, ultra-rigorista merkeliano, nonché uno dei 7 vicepresidenti della stessa Commissione, seduto un gradino
più su di Moscovici. Entrambi,
il francese e il finlandese, staranno poi nel «project-team»
dedicato agli identici obiettivi,
con altri colleghi fra cui l’inglese anti-euro Jonathan Hill,
neo-commissario alla stabilità
finanziaria e ai mercati, cioè titolare di altre competenze in
quasi «condominio» con Katainen e Moscovici. Il dicastero o
dicasteri dell’economia potrebbero rivelarsi un alveare a più
piani. E Moscovici diventare un
«commissario commissariato», con Katainen supervisore
di tutto.
Nel complesso, nella nuova
Commissione sembra confermarsi il profilo del Nord-Euro-
A fine ottobre
Mogherini via dalla Farnesina
dopo il voto a Strasburgo
ROMA — Ancora un mese e mezzo alla Farnesina. Poi
le dimissioni dal governo italiano. Questa la decisione
di Federica Mogherini, designata Alto Rappresentante
dell’Unione europea e vicepresidente della
commissione guidata dal lussemburghese Juncker. Le
dimissioni dopo il voto di fiducia, previsto per il 21 o
22 ottobre, dell’Europarlamento alla nuova squadra.
L’assemblea di Strasburgo, infatti, comincerà i lavori
per dare l’imprimatur alla nuova commissione il 20
ottobre.
pa rigorista. A cominciare da
Juncker e dal suo primo vicepresidente e vicario, l’olandese
Franz Timmermans (incarico:
miglioramento norme europee, Carta dei diritti fondamentali, compresi quelli dei gay,
ecc.). Seguono gli altri 6 vicepresidenti: Kristalina Georgieva, bulgara, «bilancio e risorse
umane»; Alenka Bratusek, slovena, «Unione energetica»; Katainen; Valdis Dombrovskis,
Lettonia, «Euro e dialogo sociale», Andrus Ansip, Estonia,
«mercato unico digitale»; Federica Mogherini, «Affari Esteri e
politica per la sicurezza e difesa«.
La lista dei Commissari
«semplici» si apre con lo spagnolo Miguel Arias Canete, già
contestato dai Verdi, titolare di
due mandati in potenziale contrasto di interessi: clima ed
energia (industrie energetiche,
petrolio, ecc,). Non solo: Canete non ha mai nascosto di presiedere i consigli di amministrazione di due società petrolifere. La ceca Vera Jourova è la
nuova commissaria alla giustizia. Günther Oettinger, tedesco
di peso, si occuperà di econo-
Jean-Claude
Juncker
Presidente
Frans
Timmermans
Věra
Jourová
Giustizia,
diritti dei consumatori
e le pari opportunità
Jonathan
Hill
Stabilità
finanziaria
Tibor
Navracsics
Primo vicepresidente
per la migliore legislazione,
le relazioni internazionali
Günther
Oettinger
Economia
digitale e società
Kristalina
Georgieva
Vicepresidente
per il bilancio e le risorse
umane
Vicepresidente
per l’unione energetica
Elżbieta
Bieńkowska
Corina
Creţu
Politica
regionale
Miguel Arias
Cañete
Carlos
Moedas
Ricerca,
innovazione
e la scienza
Marianne
Thyssen
Lavoro
Azione per il clima
e l'energia
Istruzione
e cultura
Jyrki
Katainen
Vicepresidente
per il lavoro
Pierre
Moscovici
Affari
economici e monetari
Mercato
interno e l'industria
Alenka
Bratušek
Neven
Mimica
Cooperazione
interna
Phil
Hogan
Margrethe
Vestager
Concorrenza
Agricoltura
e sviluppo rurale
mia digitale; di Moscovici (economia) si è già detto; la belga
Thyssen seguirà il lavoro e gli
affari sociali (duplicato di Katainen?); la romena Corina Cretu, le politiche regionali;
Johannes Hahn, austriaco, l’allargamento della Ue; il greco
Dimitris Avramopoulos avrà
un dicastero importante, Immigrazione e affari interni; il lituano Vytenis Andriukaitis si
occuperà di Salute e sicurezza
alimentare; l’inglese Jonathan
Hill, uomo della «City», veglierà come detto sulla stabilità e i
mercati finanziari. Elzbieta
Bienkowska, polacca, sul Mercato interno e le piccole e medie
imprese, Neven Mimica sulla
Cooperazione internazionale.
E ancora: Margrethe Vetager,
danese, è commissaria alla
Concorrenza; Maros Sefcovic,
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
Esteri 17
italia: 51575551575557
POPOLARI
Personaggio Ex premier, 41 anni, ha spesso aperta la strada a Merkel nei vertici a Bruxelles
Federica
Mogherini
Andrus
Ansip
Vicepresidente
Alto Rappresentante
dell’Unione
Vicepresidente
per il mercato unico
digitale
Vytenis
Andriukaitis
SOCIALISTI
Valdis
Dombrovskis
Dimitris
Avramopoulos
A lui riporterà anche il titolare dell’Economia Moscovici
DAL NOSTRO INVIATO
8
Salute e sicurezza
alimentare
LIBERALI
Johannes
Hahn
Immigrazione
Karmenu
Vella
Politica di vicinato
e allargamento
5
Ambiente,
affari marittimi
e pesca
Cecilia
Malmström
Donne
Commercio
Christos
Stylianides
Trasporti
e spazio
9
19
Aiuti
umanitari
Uomini
CORRIERE DELLA SERA
slovacco, ai Trasporti e spazio;
Cecilia Malmström, svedese, al
Commercio; Karmenu Vella,
maltese, all’ambiente e pesca
(doppione di Canete?); Tibor
Navracsics, ungherese contestato per la sue idee nazionaliste, all’Educazione; Carlos Mo-
edas, portoghese, alla ricerca e
scienza; Phil Hogan, irlandese,
all’agricoltura; mentre Christos
Stylianides, cipriota, si occuperà di Aiuti umanitari.
L. Off.
[email protected]
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28
9
il numero dei componenti della Commissione europea. Uno per ogni Paese dell’Unione compreso il presidente (rispetto
alla squadra del portoghese Barroso si è
aggiunta la Croazia)
le donne presenti nella squadra di governo
dell’Unione europea guidata da Juncker. Le
quote rosa rappresentano quasi un terzo dei
commissari. Per la seconda volta sarà ancora
una donna l’Alto Rappresentante
BRUXELLES — La cancelliera tedesca
Angela Merkel ce l’ha fatta. Il suo fedele
alleato nella linea dell’austerità e del rigore nei vincoli di bilancio, l’ex premier
finlandese e attuale commissario Ue
temporaneo agli Affari economici Jyrki
Katainen, emerge come il principale responsabile di fatto nelle politiche per la
crescita e nel controllo sui conti pubblici dei Paesi membri. Il presidente entrante della Commissione europea e altro merkeliano di ferro, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, lo ha nominato suo vice con poteri di
coordinamento e di blocco dell’attività
dei commissari con i principali portafogli economici. In pratica Francia e Italia, insieme al partito eurosocialista,
sono riuscite ad avere come nuovo
commissario agli Affari economici il
francese Pierre Moscovici, sostenitore
della flessibilità nei vincoli di bilancio e
degli investimenti pubblici per il rilancio della crescita e dell’occupazione.
Ma se lo vedono depotenziato dal furbesco inserimento di super-vicepresidenti con vero e proprio diritto di veto.
Juncker ha tutelato ulteriormente
Katainen consentendogli di non esporsi sempre. L’altro suo vice sostenitore
dell’austerità e filo-Merkel, l’ex premier lettone Valdis Dombrovskis, in
quanto responsabile dell’euro e del dialogo sociale, potrà egualmente bloccare
le proposte di Moscovici.
Katainen, 41 anni, e Dombrovskis,
43 anni, entrambi del Ppe, si sono dimostrati a volte perfino più rigoristi di
Merkel. Da premier, applicando le misure di austerità in Finlandia e Lettonia,
hanno però provocato recessione e arretramenti. L’irritazione popolare li ha
convinti a dimettersi e ad accettare
l’aiuto della cancelliera per riciclarsi alla grande in Europa.
Katainen a 21 anni è già consigliere
comunale. A 27 anni entra in Parlamento. A 35 è ministro delle Finanze e
l’anno dopo il Financial Times di Londra lo dichiara «il migliore» tra i colleghi europei (prima della crisi internazionale). Il 22 giugno 2011 diventa premier e si schiera con Merkel negli scontri dei Paesi membri del Nord con quelli
del Sud. Nei summit apriva la strada alla cancelliera con azioni di sfondamen-
La biografia
Il maratoneta Jyrki
Katainen, 41 anni,
è stato primo
ministro finlandese
dal 2011 al 2014 e
commissario
europeo per gli
Affari economici
con Barroso da
giugno 2014. Viene
definito un «falco»
per le sue politiche
rigoriste in linea
con la posizione dei
Paesi dell’Europa
del Nord. Nel 2008
è stato eletto dal
Financial Times
miglior ministro
delle Finanze del
Continente. Quattro
anni dopo è riuscito
a scampare ad un
attentato a Turku. È
appassionato di
maratone
to. La più clamorosa avvenne nei giorni
caldi del salvataggio della Grecia. Per
concedere il «sì» della Finlandia ai prestiti Ue chiese in pegno ad Atene beni
immobili di adeguato valore. Fonti diplomatiche fecero trapelare che avrebbe proposto di ipotecare addirittura
l’Acropoli, il Partenone e varie isole dell’Egeo.
Per questo il presidente francese
François Hollande, il premier Matteo
Renzi e altri leader di centrosinistra
hanno detto «no» a Katainen mantenuto agli Affari economici. Merkel, dopo
aver imposto al vertice della Commissione e del Consiglio Ue già due del Ppe
suoi fedelissimi nelle misure di austerità, come Juncker e il polacco Donald
Tusk, non poteva dire no a Moscovici.
Ma Katainen e Dombrovskis li ha recuperati come vicepresidenti, annunciando tempi difficili per Italia, Francia e altri Paesi con difficoltà di bilancio. Katainen, appena insediandosi agli Affari
economici, ha ammonito Renzi a non
chiedere più flessibilità perché sono
possibili solo «soluzioni che non mettano in discussione il Patto di stabilità».
Ha poi esortato Roma a passare dalle
parole ai fatti perché «non basta comprare una medicina, bisogna ingerirla
perché aiuti». Domani è atteso al confronto con il responsabile dell’Economia Pier Carlo Padoan, che presiede
l’Ecofin a Milano: in attesa degli scontri
a Bruxelles Katainen-Moscovici.
Ivo Caizzi
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Finanze pubbliche La Francia non riuscirà a stare sotto la soglia del 3%. Crescita inferiore al previsto
E Parigi sforerà il tetto del deficit fino al 2017
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI — Due anni fa la
Francia aveva convinto Bruxelles a concederle più tempo per
rientrare sotto la soglia del 3
per cento nel rapporto tra deficit e Pil, ottenendo una dilazione al 2015. Ma ieri mattina il
ministro delle Finanze Michel
Sapin ha annunciato, con gravità, che neanche il nuovo termine sarà rispettato.
«Devo farvi un discorso di
verità», ha annunciato Sapin
mettendo le mani avanti durante una conferenza stampa
convocata in fretta a Bercy, sede del ministero. La crescita nel
2014 sarà inferiore al previsto,
e l’inflazione pure.
«La conseguenza di queste
evoluzioni è che la Francia
quest’anno non centrerà il suo
obiettivo di deficit pubblico».
Non lo farà neanche l’anno
prossimo, a dispetto dell’accordo con la Commissione, e
neppure nel 2016.
Il ritorno del rapporto defi-
cit/Pil al 3 per cento è spostato
ora al lontano 2017.
Un risultato grave per la presidenza Hollande, che oltretutto dal momento dell’elezione
nel maggio 2012 ripete di volere percorrere la strada della
«serietà» per risanare i conti
dello Stato. La fermezza sul no
a nuove spese pubbliche è costata al governo Valls la crisi di
fine estate e il rimpasto governativo, con la cacciata del ministro dell’Economia ribelle
Arnaud Montebourg, che
avrebbe preferito invece denunciare le politiche di austerità e rinnegare il rigore a suo dire imposto dalla Germania.
Eppure, nonostante tutti
questi sforzi, i dati sono scoraggianti. La crescita dell’economia francese si è fermata intorno allo zero nei primi due
trimestri, e non supererà lo
0,4% in tutto il 2014 (la previsione del governo, rinnovata
ancora a giugno, era di almeno
1%). Parigi poi sperava in
un’inflazione pari all’1,2% nel
2014, ma si fermerà invece allo
0,5% (nel 2015 salirà allo 0,9%
contro l’1,5% previsto).
Così, nel 2014, il deficit pubblico arriverà al 4,4 del prodotto interno lordo (aumentando
ancora rispetto al 2013), invece
del 3,8 previsto. E nel 2015 la
Finanze Il ministro delle Finanze francese, Michel Sapin, che
ha annunciato la
richiesta di una
deroga a Bruxelles sui parametri
situazione non migliorerà in
modo significativo (4,3).
In passato i richiami di Bruxelles al rientrare in uno dei
parametri fondamentali fissati
a Maastricht hanno irritato Parigi. Nel giugno 2013 Il presidente della Commissione
uscente José Manuel Barroso
aveva invitato la Francia a fare
finalmente le riforme profonde
necessarie, come l’innalzamento dell’età minima per la
pensione, ottenendo la risposta sovrana di Hollande: «Non
spetta alla Commissione dire
quel che la Francia deve fare».
Due anni sono passati, le riforme attese non sono state
compiute, la soglia del 3 per
cento è sempre più lontana. La
dilazione al 2015 era stata ottenuta dall’allora ministro delle
Finanze Pierre Moscovici grazie all’ottima intesa con Olli
Rehn, il finlandese commissario agli Affari economici. Oggi
Moscovici non è più al governo
francese ma sta per prendere il
posto di Rehn alla commissio-
ne. Una fonte di imbarazzo che
ieri Moscovici ha affrontato nel
corso di un’intervista a Les
Echos, dicendo ancora una volta che «le regole vanno applicate. È fuori questione acconsentire a una deroga, sospensione
o eccezione per la Francia».
E quindi? Sanzioni per Parigi? Non è a questo che pensa
Moscovici, anzi. «Quelle stesse
regole offrono capacità di interpretazione in funzione delle
circostanze economiche e degli
sforzi strutturali. Nel 2013 io
stesso avevo convinto il mio
predecessore, Olli Rehn, che la
Francia faceva gli sforzi necessari ma questi non erano sufficienti a rientrare sotto il 3%. E
lui aveva stimato che un ritardo
di due anni fosse appropriato».
Il governo francese torna
adesso a evocare «circostanze
eccezionali». E non sarà certo
Moscovici a battersi perché
vengano ignorate.
Stefano Montefiori
@Stef_Montefiori
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✒
Vicepresidente
per l’euro e il dialogo
sociale
Maroš
Šefčovič
15
Chi è il falco finlandese Katainen
che avrà il veto sull’economia
L'analisi
CHIAMATELA
(SE VOLETE)
LA KOMMISSION
di LUIGI OFFEDDU
T
utto può essere, ci
mancherebbe: ma se c’è una
parola che difficilmente
comparirà, sulle agende di questa
Commissione Europea, sarà
«deroga», o il suo plurale
«deroghe». In molti ci sperano —
per esempio a Parigi o a Roma —
e molti — chissà — dovranno
rassegnarsi. Deroghe al patto di
Stabilità, cioè più tempo per
rientrare dal buco del deficit, o
dalla voragine del debito
pubblico? La risposta spetterebbe
ad almeno 3 commissari sulla
carta competenti, più il
presidente Juncker. Fra loro, sarà
certo possibilista il francese
Pierre Moscovici, fautore della
flessibilità. Ma potrà forse dire di
sì Jyrki Katainen, l’ex premier
della Finlandia cui il premio
Nobel Paul Krugman rimproverò
di aver danneggiato il suo Paese a
colpi di austerità? Da oggi, a
Bruxelles, avrà potere di veto. E
ancora: potrà dire di sì, se da
Berlino dirà di no Angela Merkel,
quello stesso Junker di
centrodestra, che proprio alla
Merkel deve la sua elezione a
presidente della Commissione? E
che prima, per tanti anni, ha
guidato l’Eurogruppo con un
occhio (ovviamente) sempre
rivolto a Berlino? Forse i prossimi
mesi smentiranno l’impressione
della prima ora, ma sembra
proprio che a Bruxelles sieda oggi
«die Kommission», una
Commissione filo-tedesca, e
politicamente di centrodestra.
Del resto, entro certi limiti, non
c’è da meravigliarsene: la
Germania, anche se in frenata,
resta la prima potenza
manifatturiera del continente,
nonché l’unica in grado di
interloquire faccia a faccia con la
Russia di Putin. Produce da sola
un quinto del Pil europeo, ospita
un cittadino europeo su sei, è un
sistema politico ordinato e assai
più pulito di altri. E a Bruxelles,
anche negli staff del Consiglio
pullulano ai piani alti i dirigenti
tedeschi. Non sarà neppure un
caso se Frank-Walter Steinmeier,
già ministro degli Esteri a
Berlino, abbia lanciato in passato
dei corsi destinati proprio agli alti
funzionari tedeschi che
intendono far carriera nelle
istituzioni Ue.
Ma la Commissione Europea,
anche se diventa «die
Kommission», è per natura la
grande mediatrice fra 28 Paesi
diversissimi per culture, interessi
economici, passato storico,
obiettivi futuri. Non si basa, o
non si basa solo, su una sfida fra
Pil, prodotti interni lordi più o
meno muscolari.
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18 Esteri
Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
#
Lungo il fronte
Strategie
Il presidente
Barack Obama ha
illustrato il suo
nuovo piano
per contrastare i
jihadisti dell’Isis.
La Casa Bianca è
pronta a
intensificare i
bombardamenti
su Iraq e Siria e ad
allargare la
coalizione che
combatte i
terroristi a 40
Paesi
Riluttante a
intervenire
contro l’Isis, ha
negato agli Usa
di attaccare dalla
base di Incirlik
Homs
Mar Nero
Francia pronta a partecipare ai raid
sistematica campagna di bombardamenti non solo in Iraq ma
anche in Siria per «degradare e
alla fine distruggere l’Isis». Niente soldati americani impegnati in
combattimento sul suo straniero, su questo Obama è stato perentorio sottolineando la differenza dalle guerre combattute
nello scorso decennio in Iraq e
Afghanistan, ma un «continuo e
implacabile sforzo di stanare
l’Isis utilizzando la forza aerea e
supportando le forze di terra irachene» e quelle non governative
che combattono contro il califfato in Siria: aiuti militari, supporto
operativo e addestramento delle
forze di terra. Altri 475 consiglieri militari americani raggiungeranno in Iraq quelli già inviati
nelle scorse settimane. Più un
massiccio sforzo di intelligence
antiterrorismo simile a quello
sperimentato con successo in Yemen e in Somalia.
Obama ha comunque sottolineato che nel suo piano gli aspetti diplomatici sono importanti
quanto quelli militari: l’America
Erbil
Kirkuk
SIRIA
SIRIA
Tikrit
Falluja
Ramadi
Bagdad
Damasco
IRAQ
GIORDANIA
Obama: contro l’Isis
bombe anche sulla Siria
e coalizione di 40 Paesi
DAL NOSTRO INVIATO
Mosul
Aleppo
Mar
Caspio
Ankara
Minacciata
dall’Isis,
ha già schierato
migliaia
di nuove truppe
ai confini
con Siria e Iraq
Regione
autonoma
curda
Jarabulus
TURCHIA
Il discorso Il presidente presenta il piano antiterrorismo
NEW YORK — «L’America
guiderà una vasta coalizione di
Paesi per spazzare via la minaccia
terrorista dell’Isis». Nel discorso
alla nazione pronunciato nella
notte, Barack Obama ha avvertito
che d’ora in poi gli Usa saranno
all’offensiva per sradicare il califfato sorto a cavallo tra Siria e Iraq:
non più solo attacchi aerei con
l’obiettivo limitato di proteggere
i cittadini americani nella regione ed evitare genocidi, ma una
Aree sotto
controllo Isis
Teheran
SIRIA
Mar Mediterraneo
IRAQ
Amman
IRAN
Il Cairo
Già presente militarmente
in Iraq contro l’Isis ma «senza
coordinamento» con gli Usa
Abu Dhabi
Riad
EMIRATI
La voce più forte della regione
anti-jihadisti, la Federazione
è a favore di un’alleanza anti-Isis
Mar
Rosso
EGITTO
LEGA ARABA
A favore dell’azione
di Washington ma
disponibile a intervenire
solo con mandato Onu
Finora restia a intervenire,
ha annunciato vaghe
«misure necessarie
per fermare l’Isis»
ARABIA SAUDITA
Mare Arabico
Riad vuole la leadership politica
nella lotta anti-Isis: migliaia
di sauditi ne fanno però parte
CORRIERE DELLA SERA
non agirà da sola. E, infatti, ieri il
segretario di Stato Usa John Kerry
ha cominciato da Bagdad una
missione che mira a costruire
una coalizione di almeno 40 Paesi. Dieci sono quelli occidentali,
Italia compresa, che hanno già
dato la loro adesione al vertice
Nato della scorsa settimana. Ma
per battere i terroristi di questo
quasi-Stato sunnita a cavallo tra
Siria e Iraq è ovviamente necessario soprattutto l’impegno dello
stesso Iraq e quello dei Paesi arabi a maggioranza sunnita. So-
prattutto del più ricco e influente, l’Arabia Saudita.
Dopo Bagdad il capo della diplomazia Usa farà oggi tappa
proprio nella capitale saudita dove si terrà un summit di leader e
ministri degli Esteri di numerosi
Paesi mediorientali. Poi Kerry si
trasferirà in Giordania, uno storico alleato degli Usa. Il segretario
di Stato, che nei giorni scorsi aveva avuto un difficile confronto
con un altro alleato-chiave nella
regione, la Turchia, interessata a
sbarazzarsi dell’Isis ma anche
spaventata dalla possibilità che
un conflitto finisca per rafforzare
i ribelli curdi del Pkk, completerà
il suo tour diplomatico a Parigi.
Qui il suo collega francese Laurent Fabius ha organizzato per il
fine settimana una conferenza
internazionale alla quale parteciperanno i cinque Paesi membri
permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu: Russia, Cina e
Gran Bretagna, oltre agli Usa e alla stessa Francia. E, ieri, proprio
Parigi ha dato la sua disponibilità
a partecipare, se necessario, agli
attacchi aerei sull’Iraq.
Kerry è arrivato a Bagdad appena 48 ore dopo la formazione
del nuovo governo multietnico
guidato dallo sciita moderato
Haider al-Abadi al quale il ministro americano ha chiesto di non
commettere gli stessi errori del
suo predecessore al-Maliki che,
col suo comportamento settario,
si inimicò tanto la minoranza
sunnita quanto quella curda.
Apparentemente al-Abadi ha
preso gli impegni attesi da
Washington sia per quanto riguarda la cessione di poteri ai
sunniti, sia per lo sfruttamento
dei pozzi petroliferi del Kurdistan dai quali dipende la solidità
economica della regione amministrata dai curdi. Si è discusso
anche molto di come le forze armate irachene si riorganizzeranno per combattere contro l’Isis.
Qui si delinea la formazione di
Il summit
A Parigi, nel fine
settimana, summit con i
cinque Paesi del Consiglio
di sicurezza dell’Onu
una guardia nazionale, da affiancare all’esercito regolare, reclutata presso le tribù locali sul modello del cosiddetto «risveglio
sunnita» di qualche anno fa,
quando queste tribù dettero un
contributo importante per sconfiggere al Qaeda in Iraq. Questo
piano mira a ricostruire la capacità di combattimento di un esercito decimato dalle diserzioni nel
periodo dello sfaldamento dello
Stato iracheno. Dunque responsabilità per la sicurezza decentrate anche per ridurre le tensioni
Contro civili palestinesi
interetniche. Ma stavolta, per
non indebolire lo Stato centrale,
le milizie locali saranno comunque addestrate nelle basi dell’esercito e riceveranno stipendi e
pensioni da Bagdad.
Quella di Riad sarà, per Kerry,
una tappa importante quasi
quanto quella di Bagdad: l’Arabia
Saudita è lo Stato sunnita più ricco e potente della regione e ha un
apparato di sicurezza che conosce bene il terrorismo mediorientale avendo dovuto combattere in casa per anni contro la minaccia di Al Qaeda. Re Abdullah
ha chiesto da tempo la costituzione di una coalizione internazionale anti Isis e la casa regnante
ha rapporti importanti con le tribù sunnite tanto della Siria quanto dell’Iraq: se vorrà, Riad potrà
giocare un ruolo decisivo per
sconfiggere il califfato. Durante il
vertice Kerry cercherà di portare
nella coalizione anche gli Emirati
Arabi e il Qatar. Quest’ultimo ha
avuto comportamenti ambigui,
ma per diverse delle missioni di
bombardamento contro le postazioni dell’Isis gli americani hanno già utilizzato la base aerea di
al-Udeid che è in Qatar. Gli altri
attacchi sono partiti da aerei imbarcati sulla portaerei «USS George H.W. Bush» che ha la sua base in Bahrein, insieme al resto
della Quinta flotta Usa.
Massimo Gaggi
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Meno 24 per cento
Israele apre indagine Metano alla Polonia
su 2 attacchi a Gaza Mosca taglia forniture
L’esercito israeliano ha aperto un’indagine
sui due degli incidenti più controversi che
hanno provocato vittime civili nel corso
della recente offensiva nella Striscia di Gaza.
Le Forze armate dello Stato ebraico, ha
riferito una fonte militare, indagheranno in
particolare sull’uccisione di un gruppo di
bambini palestinesi su una spiaggia di Gaza
e sul bombardamento di una scuola gestita
dall’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni
Unite per i profughi palestinesi. L’apertura
dell’inchiesta sembra un tentativo da parte
di Israele di anticipare ed evitare eventuali
indagini internazionali (i palestinesi hanno
minacciato il ricorso alla Corte penale
internazionale) sulla condotta dell’esercito
durante l’ultimo conflitto a Gaza, in cui
hanno perso la vita oltre 2.100 palestinesi.
Nella guerra hanno perso la vita anche 66
soldati israeliani e sei civili, tra cui un
lavoratore thailandese. Secondo l’Onu e
fonti locali, palestinesi e internazionali, la
maggior parte delle vittime erano civili,
mentre Israele afferma che il numero di
militanti uccisi fosse molto più alto e accusa
Hamas di sfruttare i civili come scudi
umani.
VARSAVIA — La Russia taglia le forniture di
gas metano alla Polonia. «È stata constatata
una riduzione del 24 per cento in rapporto ai
regimi previsti» ha denunciato l’ente polacco
del gas di Varsavia, la Pgnig e da quella
ucraina Ukrtransgaz. Il gasdotto che avrebbe
chiuso i rubinetti è quello che passa per la
Bielorussia e l’Ucraina. Le autorità polacche si
sono attivate per capire se le ragioni del taglio
da parte del colosso energetico Gazprom
siano «di natura tecnica o commerciale». La
seconda ipotesi è avvalorata dalla posizione
anti russa che ha preso la Polonia nella crisi
ucraina. L’anno scorso la Polonia ha
acquistato circa 8,9 miliardi di metri cubi di
gas dalla Russia, coprendo il 60% circa del
proprio fabbisogno. Gazprom ha definito
«non corrette» le affermazioni su una
riduzione del 24% aggiungendo di effettuare
le proprie esportazioni «in funzione delle
risorse disponibili» e dei pompaggi di gas nei
depositi sotterranei russi. Lo ha precisato
Serghiei Kuprianov, portavoce della società
energetica russa, precisando che «alla
Polonia ora viene fornito lo stesso volume di
gas dei giorni precedenti, ossia 23 milioni di
metri cubi al giorno».
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
Esteri 19
italia: 51575551575557
Vademecum Le domande (e le risposte) suscitate dal referendum in programma per giovedì prossimo
?
Regina, moneta, petrolio e passaporti,
cosa accadrà alla Scozia sovrana
S
e vince il sì, dopo 307 anni la Gran
Bretagna cessa di esistere. Ecco cosa dovrebbe accadere alla nuova Scozia.
1
Quando sarà proclamata l’indipendenza?
La data prevista: marzo 2016. Dopo
due mesi si terranno le prime elezioni.
2
Quale sarà la moneta del nuovo
Stato?
Ci terremo la sterlina, dicono gli indipendentisti. Impossibile, ribattono gli unionisti. Anche la Banca
d’Inghilterra si è schierata: «Unione
monetaria incompatibile con la sovranità». Usare la sterlina senza una
propria unione monetaria vorrebbe
dire non avere un prestatore di ultima istanza a cui votarsi in caso di
gravi crisi. Altre due opzioni: battere nuova moneta, adottare l’euro. In
entrambi i casi, tempi lunghi e costosi.
3
Sarà il 29° Paese dell’Unione
Europea?
Sì, ma ci vorrà molto più tempo dei
18 mesi previsti dagli indipendentisti. Secondo Bruxelles almeno 5
anni: la nuova Scozia dovrà richiedere l’ammissione, per cui serve
l’ok di tutti i Paesi membri. Alcuni,
alle prese con la febbre separatista
Guida pratica per affrontare il giorno dopo la secessione
come Spagna e Belgio, potrebbero
puntare i piedi.
7
Dove andranno i sottomarini
nucleari?
La Scozia non li vuole alla base di
Faslane, così Londra dovrà scegliere: spostare i 4 sottomarini in un
porto inglese o ricollocarli in basi
comuni a Francia e Usa. Per spostare tutto l’arsenale ci vorranno un
decennio e miliardi di euro.
8
A chi andrà il petrolio?
I confini di pertinenza saranno tracciati con i principi usati per la pesca:
la Scozia dovrebbe avere il 91% dei
proventi. Le stime su riserve e nuovi
giacimenti variano (in base alla
convenienza politica).
9
Come si dividerà il debito pubblico?
Quei mille e trecento miliardi di sterline (il 75% del pil) si dovrebbero dividere in base alla popolazione: la
Scozia, che ha l’8% degli abitanti (il 9%
del pil), si accollerebbe 108 miliardi di
sterline (135 miliardi di euro).
Elisabetta ancora regina?
Sì, almeno fino a un successivo referendum costituzionale su monarchia o repubblica. Elisabetta II sarà
la terza Regina di Scozia della storia.
Prima di lei Maria Stuarda, decapitata per ordine di Elisabetta I.
4
5
Come sarà regolata la questione
passaporti e confini?
Gli scozzesi potranno tenere il vecchio passaporto (fino a scadenza) o
passare subito a quello scozzese.
6
Servirà il passaporto per attraversare i nuovi confini?
Questione dibattuta. Gli indipendentisti pensano a frontiere «invisibili» come quelle tra Repubblica
d’Irlanda e Regno Unito. Ma se, come pare, Edimburgo adotterà politiche più aperte sull’immigrazione,
Londra potrebbe imporre controlli
alla frontiera. Per evitare che i migranti che vogliono entrare in Inghilterra usino la Scozia come ponte.
terrebbe il seggio permanente al
Consiglio di Sicurezza solo se i governanti scozzesi non dichiareranno che i due Paesi sono due nuovi
Stati. Sembra un cavillo, ma potrebbe rivelarsi un’arma di scambio nelle mani di Edimburgo per strappare
concessioni da Londra per esempio
sulla moneta. Paesi come Brasile e
India sono pronti ad approfittare
delle debolezze British.
Medaglieri divisi alle Olimpiadi?
Per gli sport di squadra come calcio
e rugby l’indipendenza è già realtà.
La fuga della Scozia dalla squadra
GB si noterà alle prossime Olimpiadi (in tempo per Rio 2016): a
quelle di Londra gli atleti scozzesi
(il 10% del totale) hanno portato il
20% delle medaglie. Addio Andy
Murray: l’Inghilterra, come nota il
quotidiano The Guardian, dovrà
cercarsi un altro campione del tennis in grado di vincere Wimbledon.
11
La Scozia declasserà il Regno
Unito all’Onu?
Questione intricata. Londra man-
10
Michele Farina
mikele_farina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
✒
Il Partito
e il Dalai Lama:
decidiamo noi
chi si reincarna
di GUIDO SANTEVECCHI
L’
istituzione del Dalai
Lama ha fatto il suo
tempo». Parola del Dalai
Lama, che lo ha detto in
un’intervista in Germania.
Il leader spirituale buddista
invita il suo popolo a non
cercare, dopo la sua morte,
la Quindicesima
reincarnazione dell’autorità
religiosa tibetana: l’uomo
nato come Tenzin Gyatso nel
1935 è il quattordicesimo
Dalai Lama reincarnato in
una storia di quasi cinque
secoli. «Questa figura era
importante soprattutto per
il suo potere politico. Ma
come si sa io ho rinunciato
al potere nel 2011 quando
sono andato in pensione»,
ha concluso. Già in passato
il Premio Nobel aveva
annunciato che non sarebbe
rinato in Cina se il Tibet,
provincia cinese dal 1950,
non fosse stato libero e che
nessuno avrebbe avuto «il
diritto di scegliere il suo
successore per fini politici».
Libertà
Una copia della Statua
della Libertà
di New York,
battezzata «Libertà
per l’Indipendenza», è
stata piazzata davanti
alla sede
del Parlamento
scozzese a Edimburgo
dal capo della
campagna per il «sì»,
Alistair Blacky.
Inizialmente
sottovalutato dal
governo di Londra e
dalla maggior parte
degli inglesi, il
referendum
sull’indipendenza
che si terrà il 18
settembre rischia di
causare la spartizione
del Regno Unito dopo
tre secoli.
Nei sondaggi i due
fronti sono testa a
testa con piccole
oscillazioni quotidiane:
ieri secondo il Daily
Record gli unionisti
erano in vantaggio
con il 53% (Afp)
✒
L'analisi
UN PALAZZO PER IL SOGNO OTTOMANO DI ERDOGAN
di ANTONIO FERRARI
C
hi ha visto da vicino la reggia
del primo sultano
repubblicano, depositata in
mezzo al nulla di Sogutozu, landa
collinare fuori Ankara, isolata
come un nido delle aquile, è
rimasto sorpreso e turbato. Non
tanto perché il nuovo presidente
della repubblica turca Recep
Tayyip Erdogan ha deciso di
pensionare la storica residenza di
Cankaya, che fu di Kemal Ataturk,
cedendola al suo primo ministro
Ahmet Davutoglou. Ma perché il
nuovo palazzo presidenziale da
una parte è un inno ai fasti
imperiali del passato ottomano,
dall’altra è la concreta prova della
volontà di isolamento
dell’inquilino. Che dimostra la
solitudine e forse la paura
dell’uomo forte della Turchia. Così
forte da essere assai fragile.
Erdogan si allontana dalla gente
con il presuntuoso obiettivo di
osservarla dall’alto e di decidere i
destini di ciascuno. Non
immagina, come diceva una
vecchia massima, che vincere è
bello ma stravincere è peggio di
una sconfitta. Il presidentenarciso, che continua a
comportarsi come un Giano
bifronte, ha un obiettivo più
apparentato all’ego che al
benessere del popolo turco: essere
lassù, sulla collinetta alla periferia
di Ankara, e resistere al timone
fino al 2023, per il centenario della
repubblica, accostandosi e insieme
separandosi da Ataturk. E nel
frattempo interpretare il proprio
potere navigando tra le centinaia
di stanze che sembrano riproporre
la megalomania del dittatore
comunista romeno Nicolae
Ceausescu, che aveva fatto
costruire la sua gigantesca reggia
(inaugurata poco prima della sua
violenta destituzione) dopo aver
sventrato il cuore di Bucarest.
La maggioranza dei turchi ha
eletto direttamente Erdogan, ma il
giorno della sua incoronazione,
c’erano leader africani, asiatici,
caucasici, arabi, mentre l’Unione
europea, decidendo di prendere le
distanze, non era rappresentata al
più alto livello: l’Italia con un
sottosegretario, la Francia col
ministro della francofonia, la
Germania con il ministro
dell’Interno: per sottolineare che,
per Berlino, è comunque un
problema domestico, visto il
numero di immigrati turchi ormai
integrati nel Paese.
Eppure il Giano-Erdogan, che non
accetta critiche, nel discorso di
investitura ha citato più volte
l’Europa, sottintendendo che la
Turchia non cambia strada. E’ pur
Trasloco La nuova residenza, nei dintorni di Ankara, in cui si è trasferito Erdogan
vero che qualche passo sembra
incoraggiare la ripresa del
cammino verso Bruxelles: ministro
degli esteri è diventato il realista
Mevlut Kavusoglu, e responsabile
per i rapporti con la Ue un tecnico
assai apprezzato. Ma il primo
ministro Davutoglu, che andrà a
vivere a Cankaya, non è certo un
euro-entusiasta, e ovviamente
seguirà le altalenanti volontà del
nuovo sultano. C’è chi sostiene
che, dopo la «guerra delle scuole»,
che ha accentuato il conflitto tra il
presidente e il predicatore Fetullah
Gülen, che vive negli Stati Uniti,
Erdogan voglia tendere la mano
all’ex-amico, oggi nemico. Certo è
molto strano, anche perché ne ha
chiesto la consegna a Obama, ben
sapendo (almeno si spera) che il
presidente americano mai
accetterebbe baratti levantini. Ma
questo è Recep Tayyip Erdogan,
Giano-bifronte 2014.
aferrari @corriere.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pechino, che proclama la
libertà di fede e culto ma
vieta ai membri del partito
comunista di credere nella
religione e impone loro di
essere atei, non ha preso
bene la dichiarazione.
«Nella storia la
reincarnazione del Dalai
Lama non è mai stata una
questione puramente
religiosa; tanto meno una
questione personale. Il
buddismo tibetano non
appartiene al Dalai e la
tradizione ereditata per
cinque secoli non può essere
annullata dalla sua parola.
Le questioni sul Tibet in
ambito internazionale
hanno una importanza
sempre minore e il Dalai
Lama viene emarginato;
invecchia e si preoccupa per
il suo governo in esilio, per
questo cerca pubblicità con
il discorso sulla fine della
reincarnazione», ha scritto
la stampa statale. La
portavoce del ministero
degli Esteri ha aggiunto che
«il governo centrale rispetta
e protegge le regole
centenarie di reincarnazione
dei Buddha viventi e il titolo
di Dalai Lama è attribuito
da Pechino». Vietato
rinunciare alla
reincarnazione dunque.
Un nuovo motivo di conflitto
tra il capo tibetano in esilio
nel 1959 e la Repubblica
popolare cinese. Quasi a
sdrammatizzare, a diluire la
polemica, però, il Dalai
Lama ha ricordato: «Resto
al mio posto, ho 79 anni, i
medici dicono che arriverò a
cent’anni e i miei sogni
predicono i 113».
guidosant
20
Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Cronache
Roma L’aggressore, di origine tedesca, minacciava i passanti con un martello. «Arrestato senza sparare un colpo»
Clochard accoltella quattro carabinieri
Panico in strada. Ferito anche il comandante del Nucleo radiomobile
ROMA — «Non mi toccate,
non vi avvicinate, lasciatemi in
pace!». Le grida del clochard risuonano nei giardini di piazza
della Libertà, nel cuore di Prati.
Dieter Klaus Bogner, 62 anni, di
Passau (vicino Monaco), è un
personaggio conosciuto dagli
abitanti del quartiere. E anche
dai carabinieri. Ieri pomeriggio
lo hanno circondato per strappargli dalle mani un grosso martello con il quale aveva minacciato dei passanti, forse perché
lo avevano disturbato mentre
dormiva sulle panchine di marmo, sepolte da cumuli di immondizia in uno dei luoghi più
suggestivi del centro.
Quello dei militari dell’Arma
doveva essere un intervento di
Il caso
Il parco Il luogo dove sono stati aggrediti i militari (Proto)
routine, solo che il tedesco — alto quasi un metro e novanta, robusto e, soprattutto ubriaco e
fuori controllo — ha tirato fuori
anche un coltello con la lama di
una decina di centimetri. E la si-
tuazione è precipitata: quattro
carabinieri, fra i quali il tenente
colonnello Claudio Rubertà, comandante del Nucleo radiomobile, sono stati feriti dai fendenti. Il più grave è proprio l’alto uf-
ficiale, ricoverato al Santo Spirito per un colpo a un fianco. Gli
altri — il maresciallo Pasquale
Leone, il vice brigadiere Ciro
Russo e il carabiniere Natale Rutigliano — sono stati medicati
per tagli alle braccia e alle gambe
e poi dimessi. Bogner, immobilizzato e disarmato, è stato arrestato per tentato omicidio.
«Nessuno ha usato armi. I colleghi hanno cercato di tutelare le
numerose persone presenti in
strada per evitare ogni allarmismo», chiarisce subito il colonnello Salvatore Luongo, comandante provinciale dell’Arma, accorso in ospedale con il comand a n te ge n e r a l e L e o n a r d o
Gallitelli e il responsabile del Reparto operativo Lorenzo Sabati-
no. La tragedia di Napoli è ancora troppo fresca e nei primi momenti dopo il ferimento dei
quattro carabinieri c’era il timore di un’aggressione mirata alle
pattuglie. Non era così. «Abbiamo cercato di calmarlo, di farlo
ragionare. Aveva già ferito un carabiniere. La situazione era piuttosto critica e così sono andato
sul posto anch’io», racconta l’ufficiale ferito dall’ospedale dove i
I testimoni
«È stato il panico, con
tanto sangue», dice un
testimone. Un residente:
«Qui abbiamo paura»
medici lo hanno trattenuto in
osservazione: a mezzanotte è
stato sottoposto a una nuova Tac
perché la lama è andata in profondità, sfiorando il peritoneo.
Momenti drammatici, vissuti
poco prima dal marito di una
commerciante della zona. «Quel
tipo lo conosciamo da tempo,
dorme nei giardini — ricorda —.
È un violento e si ubriaca sempre. Ieri, dalla mattina al pomeriggio, è rimasto sdraiato sulla
panchina, diceva cose senza senso. Poi è passato il marito di mia
figlia e lui lo ha minacciato, quasi gli è saltato addosso». Qualcuno ha avvisato il 112 e una pattuglia è intervenuta subito. Ma il
tedesco ha ferito i due carabinieri che hanno chiesto rinforzi. Fra
i primi ad arrivare proprio il colonnello Rubertà, insieme con
un altro militare. Bogner ha cercato di sfuggire alla presa e ha
cominciato a scagliare fendenti.
«È stato il panico — racconta
un dipendente della farmacia di
fronte ai giardini dove, nel 1900,
è stata fondata la Lazio —, i carabinieri perdevano sangue, ma
l’hanno fermato lo stesso. Li ho
aiutati con garze e bende». «Qui
la gente ha paura di passare da
quelle parti, sono anni che ci
dormono gli sbandati. Spesso
molestano le ragazze e se la
prendono con chi porta a spasso
il cane», spiega un residente.
Molti gli attestati di stima e solidarietà ai carabinieri feriti. Anche dal ministro dell’Interno Angelino Alfano e della Difesa Roberta Pinotti che avverte: «Attenzione a non far montare un
clima d’odio contro le forze dell’ordine».
Rinaldo Frignani
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Non è sicuro che quantità e qualità dei frammenti permettano altri esami e comparazioni. Gli indizi controversi, gli interrogativi e le strategie
La difesa di Bossetti e la battaglia del Dna
Chiesti nuovi test a tre mesi dall’arresto
Istanza di scarcerazione per l’uomo accusato dell’omicidio di Yara
Ottantasette giorni di carcere, in
isolamento. Massimo Giuseppe Bossetti prega, conta le ore che lo separano dalle visite dei parenti e continua a
dire che non c’entra nulla con l’omicidio di Yara. Eppure, è l’esito delle analisi disposte dal pm, c’è il suo Dna sugli
slip e sui leggings della tredicenne,
proprio dove sono stati tagliati di netto
con una lama. I difensori sanno bene
che è l’elemento più forte della battaglia giudiziaria: è il pilastro dell’inchiesta, ma se riusciranno a minarlo
faranno traballare, se non crollare, il
castello accusatorio.
Allora nella giornata in cui hanno
presentato l’istanza di scarcerazione al
gip Ezia Maccora, che a giugno ha tenuto in cella Bossetti, l’annuncio che
chiederanno di estrapolare di nuovo il
Dna dagli indumenti di Yara prevale su
quella che hanno definito «rilettura
critica degli indizi»: la calce nei bronchi, sulle ferite e sugli indumenti della
bambina compatibile con il lavoro del
carpentiere, la stessa cella telefonica
agganciata dal cellulare della vittima e
dell’indagato, la testimonianza del fratellino di lei su «quel signore che la
guardava male quando tornava dalla
palestra». Per la difesa è una carta rischiosa da giocare, ma forse pure
l’unica: se il test si potrà ripetere e confermerà che il profilo genetico è di
Bossetti, l’accusa ne uscirà rafforzata.
A questo punto le domande sono due:
c’è materiale per un nuovo esame? E se
non c’è, che cosa accadrà a processo?
Il nuovo test
Gli avvocati chiedono che la prova
del Dna sia acquisita in contraddittorio, cioè con la loro partecipazione. Così non era stato fatto all’epoca dell’esame sugli indumenti della vittima
(aprile 2011), ma la procedura non fa
una piega perché allora non c’era nessun indagato. Il profilo estratto da
macchioline di sangue (si presume, vi-
sto l’esito negativo dei test per sperma
e saliva) misto a quello di Yara è stato
isolato in un punto di contatto tra leggings e slip. Quell’area di tessuto non
esiste più, perché deteriorata dalle
analisi effettuate nei laboratori del Ris.
Nelle provette è rimasto materiale a
sufficienza per ripetere il test? È ragionevole rispondere no, visto che non è
bastato al Centro di genomica traslazionale e bioinformatica dell’ospedale
San Raffaele di Milano per ripetere la
sequenza del Dna e scovare nuove informazioni su quello che allora si chiamava ancora Ignoto 1.
In altri punti sui leggings, però, ci
sono tracce più piccole ma identiche a
quelle già analizzate che sono rimaste
intatte e custodite. Bisognerà ora verificare quantità e qualità. Nell’ipotesi
che non ci sia materiale
adatto a una nuova analisi, il primo risultato non
sarà acquisibile a processo? Difficile, proprio perché la procedura è stata
rispettata, ma solo i giudici potranno deciderlo
alla luce di una valutazione complessiva degli elementi di accusa e difesa.
L’importanza del Dna
Quanto sia centrale emerge dalle 10
pagine scritte a giugno dal g--ip che
nei prossimi cinque giorni deciderà se
il quadro dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari è cambiato: «Secondo l’orientamento prevalente in giurisprudenza, gli esiti dell’indagine genetica, atteso l’elevatissimo numero delle ricorrenze statistiche
confermative tale da rendere infinite-
Le accuse
simale la possibilità d’errore, presentano natura di prova e non di mero indizio. A tale elemento probatorio si aggiungono ulteriori indizi che rafforzano, se valutati globalmente, il quadro
indiziario». Che il profilo genetico sia
del carpentiere viene indicato al termine di un excursus sulla pista genetica
che ha portato a Giuseppe Guerinoni,
il padre naturale dell’indagato, e alla
mamma Ester Arzuffi: «Ne discende
che sussistono gravi indizi per ritenere
che Bossetti è il soggetto che ha lasciato la traccia di sangue sugli indumenti
della vittima».
Il valore della traccia
Chi ha lasciato il proprio Dna è l’assassino? Perché, pur infierendo su
Yara, non ha lasciato sangue anche su
altre parti? Solo il tribunale potrà rispondere, ma già nelle indagini preliminari il valore del profilo genetico
viene messo in evidenza. Il gip cita la
relazione del Ris: «Non è dovuto solo
al fatto che è maschile, ma anche e soprattutto perché è stato isolato su
Le tracce genetiche
Le celle telefoniche, l’auto, i
dubbi sull’alibi: tanti gli indizi,
ma sono le tracce genetiche
ad avere il peso maggiore
un’area attigua a uno dei margini recisi
dell’indumento». Ne deriva che «è logico il percorso che ha portato a escludere che la presenza di Ignoto 1 sia dovuta a un fugace maneggiamento degli
indumenti».
Il giallo Yara Gambirasio e, a sinistra, Massimo Giuseppe Bossetti accusato dell’omicidio
Alghero
Uccide il marito mentre dorme dopo una lite
Dopo l’ennesimo litigio ha aspettato che il marito si
addormentasse in camera da letto per il sonnellino
pomeridiano, ha preso un coltello da cucina e lo ha
ucciso con almeno tre fendenti. È successo ad Alghero:
Roberta Gasperini, 44 anni, è stata arrestata dopo un
lungo interrogatorio per l’omicidio del marito, Pietro
Girardi, di 52 anni. I due, originari di Vergiate, in
provincia di Varese, da quattro anni avevano affittato una
villetta in città e negli ultimi mesi vi avevano passato
molto tempo con l’intenzione di trasferirsi in Sardegna.
Con loro anche la figlia di 22 anni. È stata lei, ieri intorno
alle 16, a chiedere l’intervento dei carabinieri. Sul posto
sono arrivati gli uomini del comando provinciale di
Sassari, della compagnia di Alghero e del nucleo
investigativo. Con loro il pm Corinna Carrara e il medico
legale Salvatore Lorenzoni. I due coniugi, che non
avevano una occupazione stabile, avevano un rapporto
difficile e anche di recente la donna era stata costretta a
rivolgersi ai medici a causa delle percosse subite.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gli indizi controversi
Nel mirino della difesa non c’è solo
il Dna. Gli avvocati mettono in discussione altri tre punti che per il gip, a
giugno, pesavano a sfavore di Bossetti.
La polvere di calce: Yara l’ha respirata
perché chiusa in un ambiente che ne
era saturo, oppure perché il suo assassino ne era impregnato, e l’indagato è
un carpentiere. Ma per la difesa l’edilizia è un settore talmente diffuso nella
Bergamasca da non essere rilevante. I
cellulari: quello di Yara ha agganciato
la cella di via Natta, a Mapello, alle
18.49, la stessa agganciata da Bossetti
alle 17.45. Per i difensori non deve sorprendere, dal momento che lui vive a
Mapello. Poi c’è il fratellino di Yara che
aveva raccontato ai carabinieri di quel
signore con la barbettina e l’auto lunga
grigia. Un elemento non decisivo, ma
nemmeno trascurabile secondo il Gip:
Bossetti aveva il pizzetto e una Volvo
V40. Solo che il bambino aveva descritto un uomo «cicciottello» e poi non ha
riconosciuto l’indagato.
Giuliana Ubbiali
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Il Dna
Gli inquirenti sui
leggings e sugli slip
di Yara Gambirasio,
di 13 anni, uccisa il
26 novembre 2010,
hanno trovato
materiale genetico.
Per l’accusa, le tracce
sono compatibili al
99,9 per cento con il
Dna di Massimo
Giuseppe Bossetti, in
carcere dal 16
giugno scorso
Il telefonino
Gli inquirenti hanno
analizzato 120 mila
comunicazioni
avvenute tramite
telefonini nell’area di
Brembate il 26
novembre 2010,
giorno in cui
scomparve Yara. Il
cellulare di Bossetti ha
agganciato una cella
di Mapello, alle 17.45.
Poi non avrebbe dato
segnali fino alle 7.34
Il materiale
edile
Nei vestiti
e nell’albero
bronchiale di Yara
Gambirasio gli
inquirenti hanno
riscontrato la
presenza di polvere
riconducibile a
materiali utilizzati
nel settore
dell’edilizia. Il suo
assassino o il mezzo
che ha usato ne
dovevano essere
impregnati
L’alibi
Gli investigatori
stanno verificando
l’alibi fornito da
Bossetti durante gli
interrogatori. Lui, si è
detto innocente e si è
descritto come un
uomo tutto casa e
lavoro. Dice di non
sapere il perché del
suo Dna fosse sui
vestiti di Yara e che il
26 novembre passava
da Brembate perché
sulla strada per la sua
casa a Mapello
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
Cronache 21
italia: 51575551575557
ILLUSTRAZIONI DI FRANCO PORTINARI
La nuova ricostruzione
Roma Delitto del tifoso napoletano, potrebbe cambiare il contesto dell’agguato. I legali dell’ex ultrà romanista ipotizzano la legittima difesa
L’assalto Un gruppetto romanista aggredisce un pullman di tifosi
del Napoli. Tra loro c’è Daniele De Santis, che poi verrà inseguito da
Ciro e Alfonso Esposito e Gennaro Fioretti, scesi da alcune auto
La fuga e gli spari De Santis corre in direzione di casa sua ma inciampa
mentre apre un cancelletto. Viene così «sopraffatto dai suoi aggressori», che
lo feriscono. A questo punto spara quattro colpi, uno dei quali ucciderà Ciro
Le coltellate Arrivano poi altri napoletani che colpiscono ancora De Santis. La perizia non stabilisce se le
coltellate gli siano state inferte prima o dopo gli spari
Il ferito spostato I napoletani
sollevano Ciro Esposito e lo riportano in Viale Tor di Quinto
«De Santis fu aggredito, poi sparò a Ciro»
La perizia dei carabinieri: quando impugnò la pistola era già ferito, forse a coltellate
ROMA — Una pozza di sangue può riscrivere in parte la
morte di Ciro Esposito. È la «traccia ematica G» nella perizia depositata dal Racis dei carabinieri,
ed è dovuta ad una ferita, forse da
coltello, subita da Daniele De
Santis prima che un suo colpo di
pistola uccidesse il tifoso napoletano. I difensori dell’ex ultrà romanista attaccano: «De Santis fu
vittima di un tentato omicidio, e
se venisse dimostrato che a sparare è stato lui, si tratterebbe di
legittima difesa».
Viale di Tor di Quinto, prepartita di Napoli-Fiorentina, finale
di coppa Italia. De Santis ha appena aggredito i pullman di tifosi
azzurri diretti all’Olimpico. Urlando minacce, battendo i pugni
contro i finestrini, impugnando
un fumogeno. Viene inseguito da
alcuni napoletani scesi dalle auto. Viene raggiunto pochi metri
dopo nei pressi del cancello del
Ciak Village. Tra gli inseguitori ci
sono Ciro Esposito, Gennaro Fioretti e Alfonso Esposito. I primi a
raggiungerlo. De Santis, pesante,
poco agile, cade, secondo un testimone placcato da Ciro come
un rugbista. Una ricostruzione
che il Reparto investigazioni
scientifiche dei carabinieri accoglie fin qui in pieno nelle 600 pagine fornite al gip Giacomo Ebner. Poi si apre la fase ancora
controversa.
La vicenda
Gli scontri fra ultrà
Il 3 maggio, a Roma, prima
della finale di Coppa Italia tra
Napoli e Fiorentina, Ciro
Esposito, tifoso partenopeo di
29 anni, viene ferito da colpi
di pistola durante gli scontri
pre partita fra ultrà romanisti
e napoletani. Ricoverato al
Gemelli, muore il 25 giugno
L’accusa
Accusato dell’omicidio è il
romanista Daniele De Santis
(foto). Per i pm, avrebbe
provocato con altri tre i tifosi
azzurri a bordo di un bus:
inseguito, avrebbe aperto il
fuoco contro di loro
La nuova perizia
Secondo la perizia dei
carabinieri del Racis, De
Santis avrebbe sparato
quando era già ferito a terra
«Si ritiene — si legge nel rapporto — che De Santis, sopraffatto dagli aggressori, ferito e sanguinante, con le mani sporche
del suo stesso sangue abbia impugnato l’arma ed abbia esploso i
quattro colpi ferendo i tifosi napoletani. Non si esclude che in
questa fase sia stato utilizzato il
coltello a serramanico per mano
di uno dei tifosi partenopei. Dopo avvengono gli spari in rapida
successione». La pozza ha forma
ovale, dimensioni di circa 10x8
centimetri ed è generata da una
lenta fuoriuscita di sangue. I colpi di pistola sono quattro, in rapida successione. «In tale situazione concitata — continua la
perizia — è probabile che gli aggressori abbiano anche tentato di
afferrare l’arma». I bossoli e un
quinto proiettile inesploso e
“scarrellato” dall’arma inceppata
— tutti Parabellum, Full Metal
Jacket, con polvere artigianale,
partiti da una Benelli 7,65 con
matricola trapanata — vengono
ritrovati in uno spazio molto circoscritto. La posizione è rilevante
anche per lo stub, l’esame delle
particelle di polvere da sparo. Un
dato risultato positivo sugli abiti
dei tre tifosi — che avrebbero
«schermato il deposito di gran
parte delle particelle» — e sui
guanti di De Santis, che però non
li indossava. Sarebbero stati altrimenti sporchi di sangue come
Il 17enne morto a Napoli
La conferma dall’autopsia su Davide
«Un colpo al petto, sparato dall’alto»
Minorenne
Davide Bifolco,
il ragazzo di 17
anni ucciso da
un carabiniere
una settimana
fa a Napoli al
termine di un
inseguimento
al Rione
Traiano
NAPOLI — È stata eseguita ieri
mattina presso l’Istituto di
medicina legale del Secondo
Policlinico l’autopsia sul corpo di
Davide Bifolco, il ragazzo di 17
anni ucciso da un carabiniere nella
notte tra il 4 e il 5 settembre scorsi
al termine di un inseguimento al
Rione Traiano. Secondo quanto
reso noto dall’avvocato Fabio
Anselmo, legale della famiglia
Bifolco, l’esame autoptico avrebbe
evidenziato che il proiettile che ha
colpito Davide è entrato dal petto
ed è uscito dalla schiena. «Su
questo punto concordano i
consulenti di entrambe le parti»,
ha detto l’avvocato. Tale
ricostruzione coincide con quella
fatta dai carabinieri e con il referto
stilato nella notte della tragedia dai
medici del Pronto soccorso
dell’ospedale San Paolo, dove
Davide Bifolco fu trasportato
giungendovi però già privo di vita.
L’esito dell’autopsia è stato
commentato anche dall’avvocato
Salvatore Pane, difensore del
carabiniere che esplose il colpo di
pistola e che è indagato per
omicidio colposo. Ha detto il
legale: «Non sono emersi elementi
che smentiscano la ricostruzione
che abbiamo fornito al magistrato.
La conferma che il colpo sia stato
esploso frontalmente smentisce
chi raccontava in tv di aver visto il
mio assistito sparare alle spalle del
giovane mentre questi scappava. Il
mio cliente è inciampato sul
marciapiedi e il colpo è partito
accidentalmente». Dopo
l’autopsia, al Rione Traiano è
iniziata l’attesa che il corpo di
Davide Bifolco tornasse nel
quartiere, dove nel pomeriggio di
ieri è stata allestita la camera
ardente nella sede di una
associazione cattolica poco
distante dal luogo della tragedia.
Ma fino a sera la salma non è stata
riconsegnata alla famiglia, e
nell’attesa le persone che
avrebbero voluto renderle
omaggio, hanno organizzato un
corteo che ha attraversato le strade
del quartiere per concludersi poi
con un sit in di preghiera.
F. B.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il video In un filmato inedito al vaglio degli inquirenti
si vedono i primi concitati soccorsi a Ciro Esposito e i
tentavi di rianimarlo dei supporter napoletani
la mano. Nessuna impronta digitale è stato però possibile isolare
sull’arma, perché in troppi l’hanno toccata. Dopo gli spari — oltre
a Ciro, feriti lievemente gli altri
due —, su De Santis arriva un secondo e più numeroso gruppo di
tifosi azzurri. «Gastone» riporta
fratture alle costole, a una gamba
(rischia l’amputazione), al naso,
ferite da taglio all’addome. Tracce
di sangue del romanista ci sono
su un manico di scopa «Pippo»,
su un collo di bottiglia, una bandiera azzurra, altre due aste di legno oltre che sul coltello a serramanico. Quando e da chi sono
stati usati questi oggetti?
«La dinamica è palesemente
incompatibile con le tesi dell’agguato di De Santis, si indaghi sui
suoi aggressori», dicono i legali
Tommaso Politi e Michele D’Urso.
Gli avvocati della famiglia Esposito, Angelo Pisani e Damiano De
Rosa definiscono invece «inverosimile ed azzardata la tesi della legittima difesa». Nessuno del secondo gruppo di napoletani è
stato identificato. Resta da chiarire il ruolo dei quattro romanisti
indagati per concorso morale nel
presunto omicidio volontario
compiuto da De Santis.
Fulvio Fiano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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italia: 51575551575557
Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
Cronache 23
italia: 51575551575557
Che non si possano concordare prestazioni a pagamento con persone che esercitano meretricio per strada,
ci sta. Che non ci si possa mostrare in pubblico con abiti
che offendano il comune senso del pudore, è già più discutibile da applicare (dipende anche dai gusti in materia
di abbigliamento). Che, però,
non si possano più affiggere
papiri di laurea e festeggiare il
neodottore con la tradizionale doccia di uova, farina o altri
liquidi, ha dell’incredibile se
l’interdizione si applica alla
culla della goliardia, che vanta 60 mila studenti universitari. Possibile che Padova sia
diventata la capitale dei divieti? «Ma lo sa quanti laureati ci
sono ogni giorno in città?
Trenta o quaranta...», chiosa
il sindaco leghista Massimo
Bitonci. «Mentre la nostra
ambizione è di far diventare
Padova la capitale culturale
ed economica del Veneto, e
può diventarlo solo se sarà
capace di offrire opportunità,
e le opportunità si creeranno
quando ci saranno regole per
tutti rispettate da tutti».
L’elenco dei divieti compare nel regolamento di polizia
urbana che entrerà in vigore
dopo il voto del consiglio comunale, previsto il
29 settembre. Ventiquattro articoli
ve c c h i e n u o v i
pensati per «assicurare la serena e
civile convivenza», e «tutelare la
tranquillità sociale, il decoro ambientale, la fruibilità e il corretto
uso del luogo pubblico e dei beni comuni».
Per esempio: il palo che
sorregge i cartelli stradali, gli
alberelli dai fusti sottili e le
inferriate, non nascono per
agganciarci la catena della bicicletta o del motorino. Alla
multa, per chi se ne dimentica, si somma la rimozione.
Non si potrà scrivere «Laura
ti amo» sul tronco di una
quercia (ed è un bene), ma
non si potranno nemmeno
stendere i panni alle finestre
del centro. Sedersi sull’asfalto
sarà punito con cento euro di
ILLUSTRAZIONE DI ALBERTO RUGGIERI
Il caso Non si può
stendere i panni
in centro, né stare
seduti per terra. È
vietato anche fare
le pulizie di casa
se si produce
troppo rumore
Stop a feste goliardiche e birre al parco
Padova diventa la città dei divieti
I nuovi comportamenti proibiti dall’ordinanza del sindaco Bitonci
Il caso
Il precedente
A fine agosto il sindaco
leghista di Padova Massimo
Bitonci (nella foto) annuncia
il divieto di accattonaggio
con sanzioni dai 25 ai 500
euro e la confisca della
questua. L’idea è combattere
il racket dell’elemosina
multa, lo stesso cogliere un
fiore da un’aiuola (anche se è
la festa della mamma e non si
ha un soldo in tasca) o trattenersi nei giardini pubblici recintati oltre l’orario di chiusura.
Si dovrà stare molto attenti
anche mentre si fanno le pulizie di casa. Chi cerca di farsi
piacere per forza la cera ai pavimenti cantando a squarcia-
gola «Insieme a te non ci sto
più guardo le nuvole lassù»
dovrà tenere conto dell’articolo 20, comma 1: «Tutte le
attività, anche domestiche,
devono essere svolte senza
creare disturbo al vicinato».
L’associazione Antigone ha
liquidato le indicazioni con
poche parole. «Ci auguriamo
che sia uno scherzo. Se così
non fosse saremmo tornati
all’epoca premoderna. Si tratta della tipica azione di governo contro i poveri, frutto di
un’idea della politica e della
giustizia illiberale e classista.
Sembrava essersi chiuso il
periodo delle ordinanze creative dei sindaci-sceriffi sulla
sicurezza». Ed è pronta a ricorrere alla Corte Costituzionale se davvero il provvedimento sarà approvato.
La protesta
L’associazione
Antigone: «Si torna alle
tipiche azioni di governo
contro i poveri»
L’editore: «Donne più attraenti con un vestito alla moda»
Murdoch contro il topless a pagina 3 del «Sun»
La Caritas
Il direttore della Caritas
padovana, don Luca Facco,
interviene per dire che
«dal punto di vista cristiano
la possibilità di dare o
chiedere l’elemosina è un
diritto sacrosanto che va
riconosciuto a qualsiasi
persona». L’importante,
aggiunge, «è non
alimentare le forme moleste,
ma questo vale per tutto ciò
che diventa pesante
o aggressivo»
Un anno dopo, Rupert Murdoch (foto a
destra) ci riprova. Con un tweet chiede
ai lettori del Sun, il tabloid britannico
da 2 milioni di copie di cui è editore dal
1969, se sono pronti a rinunciare alle
ragazze in topless che da sempre
compaiono a pagina 3. «Non sono le
giovani donne forse più attraenti se
indossano almeno qualche vestito
all’ultima moda? Le vostre opinioni,
grazie», ha scritto l’83enne Murdoch,
dando la parola ai lettori. Che, per sua
stessa ammissione, «non sembrano
pensarla allo stesso modo, anche se io
credo che (il topless ndr) sia all’antica».
Murdoch ne ha approfittato per un
affondo contro le femministe: «Se la
prendono da sempre con la pagina tre,
ma scommetto che il giornale non lo
comprano nemmeno». Ovviamente la
presa di posizione del tycoon dei media
australiano ha scatenato il dibattito.
Del resto, la tradizione che vuole una
ragazza seminuda sul Sun — il giornale
più letto del Paese — è stata più volte
oggetto di critiche e campagne di
sensibilizzazione, dagli scout l’anno
scorso a quella lanciata nel 2012 al
grido di «No more page 3» (basta
pagina 3 ndr). Per ora a bandire la
pagina della discordia è stata l’edizione
irlandese del tabloid per «differenze
culturali» tra la cattolica Irlanda e il
Regno Unito. Dalla redazione arrivano
indicazioni sibilline: «Sebbene tutti gli
aspetti del Sun siano sempre sotto
analisi, ribadiamo il nostro impegno ad
ascoltare i lettori e produrre il giornale
che vogliono leggere».
Ma il sindaco respinge le
accuse. «Non puniamo la povertà, ma chi se ne approfitta.
Vietare di chiedere l’elemosina all’aperto, o di farlo con
petulanza, è un modo per
porre un argine al racket che
c’è dietro: ci sono bande di
nomadi di diverse etnie che si
contendono a suon di bastonate le piazze della questua,
sfruttando la disabilità altrui». E non basta: «Impedire
che i cingalesi vendano abusivamente birra e alcolici o
che gli ambulanti smercino le
borse false davanti ai negozi
significa supportare i commercianti che con molti sacrifici assumono lavoratori,
pagano le tasse e subiscono
questa concorrenza sleale».
E che dire del comma 8, articolo 7? «È vietato dare alloggio nei locali ad uso abitazione a un numero superiore rispetto ai parametri indicati
dalla delibera della giunta».
Bitonci replica: «Ma lo sa che
una settimana fa sono stati
trovati settanta cinesi in un
attico vicino alla stazione?». E
il divieto di bere alcolici nei
parchi? «Il Prato della Valle è
una delle più grandi piazze
d’Europa, dove giovani, soprattutto sbandati ed extracomunitari, bivaccano ubriacandosi con alcolici acquistati
al supermercato. Da poco a
Padova abbiamo avuto un
quindicenne in coma etilico».
Non resta che consolarsi
per tanti veti leggendo un bel
libro sdraiati sulla panchina.
Anzi no! Articolo 9, comma
2-a: «È vietato sdraiarsi sulle
panchine... impedendone
l’uso ad altre persone». L’ammenda è di 100 euro.
Elvira Serra
@elvira_serra
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Lo studio
Prima e ultima sillaba, così i bimbi imparano le parole
di MASSIMO PIATTELLI
PALMARINI
H
a quasi del miracoloso come un
bimbo riesca a estrarre le singole parole dal flusso continuo
del linguaggio parlato. Infatti, in nessuna lingua, quando normalmente
parliamo, vi sono piccolissimi intervalli acustici tra una parola e la successiva. Mediante opportuni raffinati
strumenti di analisi delle onde acustiche prodotte da un parlante, molti infinitesimi intervalli cadono entro le
parole, non tra una parola e un’altra.
Un esempio (uno tra tantissimi), nella
frase inglese, normalmente pronunciata, «Where are the silences between
words?» (Dove sono i silenzi tra le parole?), un silenzio cade tra «s» e
«ilen», uno tra «word» e «s». Non stupisce, quindi, che da anni linguisti e
scienziati cognitivi si siano affannati a
identificare le strategie innate che il
bimbo mette inconsapevolmente in
azione per imparare le parole della
propria lingua materna.
Un certo numero di tali strategie è
stato identificato. Nessuna è infallibile, ma applicate insieme forniscono al
bimbo un buon successo in questo
formidabile compito. Nell’ultimo numero della rivista internazionale specializzata Child Development un decano delle scienze cognitive, Jacques
Mehler e la sua brillante collaboratrice
Silvia Bendes-Varela hanno pubblicato un importante risultato delle loro
ricerche, condotte a Trieste, alla Sissa
(Scuola Internazionale di Studi Scientifici Avanzati). In sostanza, bimbi di
sette mesi prestano speciale attenzione alle sillabe iniziali e finali delle parole multi-sillabiche e le memorizzano. Presentando acusticamente parole
inventate con normale pronuncia ita-
liana, per esempio «sotumavefi» e
«tusomafive», e abbinando questi stimoli linguistici alla presentazione di
pupazzi colorati, si è potuto verificare
dove, con lo sguardo, il bimbo si
aspetta di veder comparire un particolare pupazzo precedentemente abbinato a una particolare parola. Il trucco,
per così dire, consisteva nel variare, in
un caso, le sillabe al centro della parola, in un altro le sillabe all’inizio e alla
fine della parola. In tal modo, si è accertata la speciale importanza, nell’apprendimento e nella memorizzazione, dei «bordi» (edges) delle parole, cioè delle sillabe finali e iniziali,
mentre la variazione delle sillabe centrali ha minore importanza.
Presumibilmente, come altri studi
pubblicati suggeriscono, l’importanza
delle sillabe iniziali non è esattamente
la stessa di quella delle sillabe finali e
un abbinamento ricorrente tra iniziali
e finali può avere speciale importanza.
L’esperimento di Mehler e BenavidesVarela non consente di rivelare questa
differenza. Ci si è chiesti se contino
anche, seppur meno, le sillabe centrali
della parola. Conta la loro identità, o la
loro posizione, o ambedue? Ulteriori
esperimenti, riportati nel lavoro ora
pubblicato, mostrano una certa importanza anche della posizione delle
sillabe entro una parola. In sostanza,
le sillabe «estreme», ai bordi della parola, sono necessarie, ma non sufficienti. La loro conclusione è che la di-
visione tra le due componenti principali della memoria sequenziale, cioè
ordine e identità dei componenti,
emerge prestissimo nello sviluppo
cognitivo e cerebrale del bimbo, rivelando un tratto fondamentale delle
rappresentazioni mnemoniche. Il riconoscimento del contenuto verbale è
molto precoce, mentre quello dei dettagli dell’ordine seriale appare successivamente, quando maturano le strutture cerebrali deputate alla rappresentazione delle sequenze temporali.
Mehler e Benavides-Varela sottolinea-
Strategie innate
I bambini hanno un’innata ed
efficace strategia per estrarre
i singoli vocaboli dal flusso
di suoni della frase
Prefissi e suffissi
Anche per gli adulti i «bordi»
hanno importanza: il senso
si modifica aggiungendo
prefissi e suffissi
no che, non a caso, i «bordi» delle parole hanno speciale importanza nella
morfologia e nella semantica di moltissime lingue. Si modifica il significato delle parole aggiungendo prefissi e
suffissi (ri-conoscere, im-mangiabile,
gioca-ndo, sincer-ità e così via).
Quindi, la speciale attenzione del
bimbo all’inizio e alla fine delle parole
è una strategia efficace. Naturalmente,
si combina con numerose altre strategie innate, in parte già note, di segmentazione del flusso del parlato in
parole. Mi chiedo se simili esperimenti potranno essere anche effettuati con
bimbi che stanno imparando lingue
come l’arabo, dove i plurali si formano
aggiungendo infissi (kitab libro, kutub libri; kalb cane, kilab cani). Sarebbe interessante vedere se questo apprendimento avviene più tardi. Per
adesso, l’importanza dei bordi delle
parole mi ricorda una classica canzone napoletana che dice «a’primma e
l’ultima sarraie p’e mme’».
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24
italia: 51575551575557
Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
Cronache 25
italia: 51575551575557
L’anniversario
Oltre 132 milioni
di copie vendute
«Più collezionisti
e specificità
Nel tempo sono
cambiate
le sensibilità
e i gusti»
Acrobata
L’americana Nancy Siefker ha colpito con una freccia un bersaglio a
6,09 metri di distanza usando i
piedi. Il bersaglio
usato da Nancy
aveva un diametro
di 13,9 centimetri
L’iniziativa di Lidl
Rossi francesi
e champagne
arrivano
al discount
P
Abilità e stranezze
Il circo del mondo
compie 60 anni
Tra storie, manie e record mancati. Ecco il compleanno del libro dei primati
Il volume
La raccolta
Sarà in libreria in Italia dal
16 settembre «Guinness
world records»
(Mondadori, 256 pagine,
19,90 euro), l’edizione più
aggiornata che raccoglie
tutti i record mondiali in
decine di ambiti diversi dal
1955 a oggi
I capitoli
Nel volume (sopra la
copertina) si parte da tutto
quello che riguarda lo
Spazio per arrivare poi alle
nostre altezze passando
attraverso le montagne e
gli animali. La chiusura è
riservata agli sport
I numeri
Dal 1955 a oggi sono state
vendute 132 milioni di
copie (oltre a 3 milioni di ebook) in oltre 100 Paesi. I
volumi del Guinness dei
primati sono stati tradotti
in almeno 20 lingue e ogni
anno le sue trasmissioni
vengono viste in tv da più
di 750 milioni
di telespettatori
Ci sono la lingua di Gennaro Pelliccia,
assicurata per 14 milioni di dollari, e
quella di Nick «The Lick» Stoeberl, lunga
10,1 centimetri dalla punta al centro del
labbro chiuso. Uno yo-yo di oltre due
tonnellate e le Bugatti che valgono almeno un paio di milioni di euro. Silvio Sabba, di Pioltello (Milano) — uno dei primatisti più prolifici in imprese di vario
genere tutte della durata di 60 secondi —
e le unghie della mano sinistra dell’indiano Shridhar Chillal, mai più tagliate
dal 1952 fino al 2004 quando toccarono
una lunghezza di 7,05 metri complessivi.
Poi c’è Nancy Siefker in grado di centrare
con una freccia (scoccata con i piedi) un
bersaglio lontano 6,09 metri. O Karsten
Maas che s’è costruito una mazza da golf
lunga 4,37 metri con la quale è riuscito a
mandare una pallina a 165,46 metri di
distanza. Per non parlare della giapponese Akiko Obata e della sua raccolta di
8.083 riproduzioni di pietanze e magneti
a tema culinario.
Un po’ circo su scala globale, un po’ fenomenologia dell’uomo moderno, un
po’ elenco dei successi — e degli eccessi
— di Madre Natura. È il «Guinness world
records 2015». Giunto alla sua sessantesima edizione con un volume aggiornato
con i nuovi primati che il Corriere ha potuto sfogliare in anteprima nella sua versione italiana. Un volume con un occhio
sempre più dedicato anche al web. Che
se da un lato finisce per scoraggiare buona parte degli utenti della Rete — del resto è impossibile per l’uomo medio, in
un giorno, raccogliere più di un milione
di follower su Twitter com’è successo all’attore Robert Downey Jr —, dall’altro
sintetizza cosa si muove nello spazio virtuale in un solo minuto tra 204 milioni di
email inviate, 2 milioni di ricerche su
Google e 1,8 milioni di «mi piace» su Facebook.
Dietro ogni record, una storia. Ci sono
voluti dieci tentativi al lituano Antanas
Kontrimas per sollevare con la sola forza
della sua barba — nel 2013 — 63,8 chili
di peso. Mentre l’americana Lee Redmond, «campionessa» per la lunghezza
delle unghie (8,65 metri nel 2008), ha
dovuto dire addio a quel risultato l’anno
dopo quando, dopo un incidente stradale nello Utah, gliele hanno dovute tagliare. «Ma almeno ora è più semplice per
me fare le cose, anche le più banali», ha
raccontato in un’intervista.
«Ogni anno alla sede centrale, a Londra, arrivano cinquantamila richieste di
convalida dei primati: ma sono circa 5-6
mila quelli riconosciuti», calcola Marco
Frigatti, 44 anni, veneziano, direttore dei
servizi di omologazione a livello globale
di Guinness world records. Ma se lo spirito resta lo stesso di sessant’anni fa,
qualcosa è cambiato da allora. «Soprattutto per tenere conto della diversa sensibilità delle persone», continua Frigatti.
«Ci sono categorie che non consideriamo più, come l’ingordigia. Nell’edizione
del 1955 il californiano Edward Abraham
Miller era riconosciuto come il più grande “mangione” con le sue 25 mila calorie
al giorno. Dal 1990 non accettiamo più
questo tipo di record. Ora tutti i primati
che riguardano il cibo hanno un limite di
tempo, quantità o destrezza».
Esiste una «specificità» nazionale?
«Noi italiani siamo i migliori nei settori
che riguardano l’alimentazione. La Germania è bravissima nella riproduzione,
in grande o in piccolo, degli oggetti». Rispetto al passato «è aumentato il numero
dei collezionisti. Se nell’edizione 1955 ce
n’era uno solo (di francobolli), oggi ne
abbiamo oltre 400. Dai cartelli “Non disturbare” ai sacchetti degli aerei, dai cappelli della polizia agli gnomi». E la passione a volte spunta dal nulla. Com’è successo all’inglese Nick Bennett: un giorno,
nel ‘95, incrociò in tv uno dei film di 007.
Fu amore a prima vista: nel 2013 aveva
già raccolto 12.463 oggetti della serie.
Ci sono poi i record, «tantissimi», di
cui non c’è traccia. Realizzati ma non
omologati per un errore, magari banale.
E i pretendenti, come reagiscono? «Non
sempre con sportività — risponde Frigatti —, anzi a volte s’arrabbiano proprio».
Sull’erba
Il danese Karsten Maas ha
costruito una
mazza da
golf di 4,37
metri (quelle
normali sono
lunghe
1,1-1,2 metri)
con la quale
ha mandato
una palla a
165,46 metri
Multicolore
La giapponese Akiko
Obata ha
raccolto nel
giro di poco
tempo
qualcosa
come 8.083
riproduzioni
di pietanze
e oggetti
a tema culinario
In aria
Il 15 settembre
2012, Beth
Johnson ha
realizzato in
Ohio, Stati
Uniti, uno
yo-yo con
un diametro di 3,63
metri e un
peso di 2,09
tonnellate
iccoli lussi possibili al
discount: champagne
e rossi bordolesi a
prezzi contenuti. L’idea nasce dalla Lidl, colosso dal
cuore tedesco con diecimila
punti vendita in 26 Paesi
europei (in Italia i market
sono 570). Una campagna
che inizia lunedì prossimo e
prosegue fino all’esaurimento delle scorte. Sugli
scaffali ci saranno 41 etichette di vini francesi (con
certificazione AOP o AOC).
«Sì va da 3,99 a 17,99 euro, a
novembre replicheremo,
aumentando i vini per i
brindisi delle feste», spiega
Gianfranco Marc Brunetti,
responsabile della comunicazione di Lidl, che fa parte
del Gruppo Schwarz, fondato nel 1973, in Italia la sede è
ad Arcole, in provincia di
Verona: dà lavoro a 9.500
persone. Una selezione dei
41 vini è stata servita ieri al
Château Monfort, l’hotel a
cinque stelle di Milano. Tra
questi c’era il Vieux Château
Bourgneuf 2006, da Pomerol, a base di Merlot e Cabernet Franc, nella zona
dove nasce il vino del mito
mondiale, Petrus, che viene
venduto dai mille euro in
su. Il Pomerol di Lidl, color
rosso con punte granate,
profumi di more, terra e
tabacco, costa 17,99, e si è
abbinato bene, durante la
degustazione, al filetto di
manzo al sangue. Del 2006 è
anche il Vieux Château Perey da Saint Emilion, un
Grand Cru, 9,99 euro, al
punto giusto di affinamento, che profuma di vaniglia.
Dalla zona di Margaux, a
14,99 euro, lo Château
Deyrem Valentin 2008, color
rubino, un uvaggio di Cabernet Sauvignon, Cabernet
Franc e Merlot, odori di
frutta rossa con qualche
nota erbacea. Tra i bianchi il
Crémant d’Alsace di Ernest
Wein (a 6,99 euro), il Muscadet Fief Guérin (3,99
euro) e il Graves Les
Queyrats (4,99 euro). Infine
una selezione di rosati. «Vini che ovviamente non vogliono competere con i
grandi di Francia — dicono
alla Lidl — ma che saranno
utili a molti nostri clienti
per conoscere nuovi sapori.
Un evento che prosegue il
nostro percorso del gusto, le
cui ultime tappe sono state
con i prodotti gastronomici
asiatici e spagnoli». Tra i
vini proposti anche uno
champagne, il Bissinger
Premier cru Brut a 17,99
euro, con note di pesca e
fiori bianchi.
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Leonard Berberi
@leonard_berberi
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L’intervento
Sudoku Diabolico
La nave della Msc allungata di 24 metri
su delle rotaie. Il programma Rinascimento
prevede in futuro l’ ampliamento e il
potenziamento delle altre navi della Compagnia
(in totale sono quattro: Msc Armonia, Msc
Sinfonia, Msc Opera ed Msc Lirica). Il tutto per
un valore di circa 200 milioni di euro. Le
statistiche dicono che sono almeno 22 milioni le
persone che ogni anno trascorrono le loro
vacanze sul mare. Inserendo un nuovo troncone
nel vecchio corpo delle navi alla Msc Crociere
sono convinti «di dotare le nuove imbarcazioni
di comfort all’avanguardia per rispondere alle
esigenze dei moderni croceristi».
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Puzzles by Pappocom
C’è chi l’ha già definita un’impresa
ingegneristica straordinaria. Qualunque
valutazione si possa dare della cosa, di sicuro
non accade spesso di vedere una nave allungarsi
di 24 metri. Eppure è successo a Palermo, nei
cantieri siciliani della Fincantieri, sotto lo
sguardo incuriosito di molti giornalisti. Una
nave (di Msc Crociere, oggetto di un programma
dal nome Rinascimento) è stata segata in due
(come si vede nella foto) e al centro è stata
innestata una nuova costruzione lunga,
appunto, 24 metri e pari a 2.200 tonnellate.
Tecnicamente, il troncone di prua di 14.000
tonnellate è stato spostato in avanti di 30 metri
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Altri giochi su www.corriere.it
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Come si gioca
Bisogna riempire la
griglia in modo che ogni
riga, colonna e riquadro
contengano una sola
volta i numeri da 1 a 9
LA SOLUZIONE DI IERI
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Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
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Le sfilate
Collant di lattice per
Marc by Marc Jacobs
I bordi asimmetrici
e gli scolli olimpionici
di Narciso Rodriguez
Tacchi bassi, gonne Anni 50
Svolta romantica (anche per Diesel)
Il marchio di Renzo Rosso si «ammorbidisce». L’ottimismo di Kors
la dello cybersquatting (domini illegali
che vendono falsi): qui siamo arrivati a
far chiudere 83 siti! C’è sofferenza ma
c’è tanta energia».
Ti accoglie con un sorriso e con l’aria
di chi ha il vento in poppa anche Michael Kors. Che sarà un ottimista per
natura, come ci tiene a sottolineare
sempre lui, ma è pure vero che la griffe
sta andando a meraviglia. D’altronde
l’uomo sa bene interpretare il momento bilanciando stile e mercato. A questo giro ha scelto — rieccoli — gli anni Cinquanta, «ma quelli delle donne che cominciavano a lavorare,
dunque con l’esigenza di un abbigliamento più libero, alla Diane Vreeland insomma». Ecco, allora, gonnelloni midi, pantaloni cari, piccole
giacchette, bluse ad A, caban, picot,
camicie, come li portava la leggendaria direttrice di Vogue. Cinquanta, ma aggiornati in volumi
(più contenuti), tessuti (camoscio, organza, tecnico) e proporzioni (silhouette più sottile) e colori (blu, bianco, giallo) e ricami (di legno e di raffia). Il tocco, che è la firma di
Kors, le mani in tasca e i
sandali bassi: «Questa per
me è la vera modernità».
Collant di lattice e capelli alla Bjork chez
Marc by Marc Jacobs,
per tutti ormai MBMJ
(embiemgiei), disegnata
dal Luella Bartley e Katie
Hillier. Un volo nella cultura dei rave
party inglesi, delle ragazze ninja from
Japan, nel «New world system» insomma come sta scritto a carattere cubitali sulle t-shirt che sicuramente andranno come il pane fra quello che è
ormai in popolo di adepti del mondo
di Marc che è fatto tanto di piccoli pezzi ribelli e furbi. Per la prossima primavera estate lattice allora: calze ma pure
abiti e pantaloni e giacche nei colori
pastello. Forme over e sovrapposizioni. Difficile percepirla come una moda
donante però a piccole dosi, per una
ragazza un tantino spregiudicata, perché no?
Tutt’altra atmosfera da Narciso Rodriguez, uno degli ultimi poeti della
moda. Perché ci crede e continua a raccontare la storia di una femminilità
sussurrata in un mondo iper fisico e
tecnologico. Abiti scostati dal corpo
con zip «rubate» al mondo scuba, dai
bordi asimmetrici, gli scolli olimpionici e i ricami come le increspature del
mare. Sabot e tacchi a rocchetto. I colori di Narciso: blu, ghiaccio, petrolio.
Bravo.
DALLA NOSTRA INVIATA
NEW YORK — Sceglie di essere più
romantica e meno aggressiva, più femminile e meno boysh la nuova «girl» di
Diesel Black Gold di Andreas Melbostad. E non è poco per una tipa che era
abituata ad entrare in una stanza in stiletto killer e in pelle seconda pelle e
borchie e zip. Non che abbia perso la
sua grinta, questo mai: è pur sempre
una rockabilly nell’animo, solo che si è
arresa alla dolcezza della New Wave.
Ed è una gran bella svolta quella dello
stilista norvegese che porta la linea a
prendere la sua strada anche rispetto
alla Diesel di Formichetti, che è assai
tosta, offrendo più visioni di uno stesso mondo che resta quello del jeans
«couture», dalle lavorazione (per pesi e
morbidezze) e tonalità (i nuovi rossi e
grigi) decisamente molto sofisticate.
La vita alta per i pantaloni sottili (gli
anni Cinquanta di riferimento rocka-
Lo Smart Watch Samsung?
Una collaborazione di cui
siamo orgogliosi, presto
ci saranno novità
❜❜
Michael Kors
Mi piace quel periodo storico
perché le donne cominciano
a lavorare. I sandali
rasoterra, vera modernità
billy) e la linea ad A per le gonne (i Settanta della New Wave). Poi chiodi e
top, camicie e abiti sottovesti, canotte e
giacche di pelle; non manca insomma
nulla del patrimonio «genetico» solo
che zip e borchie sono più discrete.
Unica stampa che è anche ricamo o decoro è una pioggia di stelle «che sono
positive e danno allegria», sottolinea
lo stilista.
Renzo Rosso, il proprietario del
marchio e della holding da 7.500 dipendenti, gioca soddisfatto con lo
Smart Watch Samsung «vestito Diesel»
che indossa lui e le modelle in passerella: «Una collaborazione i cui andiamo orgogliosi. Per ora solo per lo show
ma presto ci saranno novità — anticipa —. La linea ci sta dando grandi soddisfazioni: solo qui a New York abbiamo segnato il 103 per cento. Non è un
periodo semplice quindi questi numeri sono strepitosi. Siamo anche impegnati in battaglie insidiose come quel-
NEW YORK
❜❜
Renzo Rosso
Stili a confronto
Narciso Rodriguez
Marc by Marc Jacobs
Paola Pollo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Michael Kors
La lunga gonna
in tulle sulla
camicia maschile
Diesel
Black Gold
Zip e borchie si
fanno più discrete
Le sfilate di New York
sul nuovo Canale Moda del Corriere
www.corriere.it/moda
Francesca Liberatore
David Beckham L’ex stella del calcio protagonista di un libro per Belstaff. «La moda per me è un episodio. Per ora»
«Victoria? Fantastica. Ma è mia figlia a darmi consigli»
«Io e i ragazzi siamo pronti a uscire in 5
minuti. Harper mi dice che scarpe mettere»
DALLA NOSTRA INVIATA
NEW YORK — «Non avevamo l’intenzione di pubblicare un libro («Off
Road» ndr) in edizione limitata, ma il
servizio fotografico era talmente incredibile, grazie a Peter Lindbergh, che ci
sembrava giusto crearne qualcosa di
speciale. Sono molto orgoglioso del lavoro fatto insieme», dice David Beckham nel raccontare di come sia diventato il protagonista appunto di un libro e lo stilista di una serie limitata di
biker per Belstaff, la storica marca inglese di abbigliamento da moto poi diventata moda. A New York, nella boutique in Madison, l’ex stella del calcio in-
glese si concede gentile ai microfoni e
taccuini che si susseguono uno via l’altro al ritmo, inflessibile e serrato, di cinque minuti. Lui, bello&beato, non si tira
indietro su nulla. E a spizzichi e bocconi
regala l’immagine dell’uomo, padre,
marito, imprenditore, suddito perfetto.
Ancora un Beckham nella moda,
ma Victoria (la moglie stilista) cosa
dice?
«Per lei, le collezioni sono il focus su
cui ha costruito la carriera, è la vita che
ha scelto. La strada che ha deciso di percorrere al meglio. Sono molto orgoglioso di quello che sta facendo. È una donna incredibile, da Spice Girl è diventata
una donna d’affari di successo e intanto
sta crescendo quattro figli. Io invece ho
tante cose per le mani. La moda per me
è un episodio». Pausa ad effetto, la fa
spesso il ragazzo. Poi aggiunge: «Per
ora».
Coppie
Sopra, Beckham alla
sfilata della moglie
seduto accanto ad
Anna Wintour.
A sinistra, l’ex
calciatore con
il fotografo
Peter Lindbergh
Chi l’avrebbe detto che Beckham
(David) avrebbe disegnato una piccola
collezione moda, anche se di giubbotti.
«A me piace la moda, la seguo. Sono
attento da sempre, io e i ragazzi siamo
pronti per uscire in cinque minuti. Harper, essendo una bambina, è seguita
più da Victoria che da me».
E chi sceglie cosa?
«Nonostante abbia tre anni sa già il
fatto suo quando si parla di stile, mi dà
consigli tipo “papà abbina queste scarpe a questi pantaloni”».
Famiglia di stile, un po’ come i principi William e Kate.
«Si, sono dei bravissimi genitori e ne
danno dimostrazione ogni giorno gestendo la famiglia, che resta la loro
priorità, e gli impegni reali al meglio».
Pa. Po
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Zac Posen
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Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
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Economia
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La lente
LE CASSE DEI
PROFESSIONISTI,
UN FONDO
INFRASTRUTTURE
Impieghi per quasi 100
miliardi di euro. Dalle
parti di Cassa depositi e
prestiti (Cdp) sono
convinti di alzare
l’asticella degli obiettivi
del piano industriale. Nel
decreto sblocca Italia è
prevista una norma che
amplia le garanzie statali
in favore dell’istituto di via
Goito. Tradotto vuol dire
che il Tesoro rafforzerà il
ruolo di garante di Cdp
negli investimenti ritenuti
di interesse pubblico. La
conseguenza, come
spiegato dal presidente di
Cdp, Franco Bassanini, è
che «la garanzia ci
consentirà di avvicinarci a
quota 100 miliardi (più
precisamente 95 miliardi,
ndr) nel triennio tra
investimenti e
finanziamenti». Un balzo
significativo rispetto al
piano industriale, che fino
ad oggi ha indicato un
obiettivo di 80 miliardi.
95
Miliardi. Gli impieghi
che la Cdp potrebbe
raggiungere grazie
all’ampliamento delle
garanzie statali
Una quota parte di questi
soldi, peraltro, potrebbe
finire nell’iniziativa
predisposta dalle casse di
previdenza di geometri,
periti industriali,
ingegneri e architetti. I tre
enti previdenziali hanno
costituito Arpinge, una
società ad hoc per
investire in infrastrutture
e nel mercato immobiliare.
La strategia è replicare in
dodicesimo uno sblocca
cantieri privato,
intervenendo in opere di
media dimensione (tra i 10
e i 45 milioni). Arpinge
avrebbe già individuato e
selezionato una
cinquantina di progetti,
che nel triennio 2014-2016
richiederanno circa 340
milioni. La società di
investimento potrebbe
partecipare, mettendo sul
piatto fino a 160 milioni.
Gli ambiti su cui intende
operare Arpinge sono
energia, reti gas, residenze
sanitarie, logistica,
parcheggi e immobili in via
di privatizzazione. La
speranza è che Cdp decida
di metterci un cip.
Andrea Ducci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Telecomunicazioni Dopo l’ingresso con l’8,7% la quota Vivendi nell’operatore tlc potrebbe salire ancora
Telecom-Mediaset, l’ipotesi Premium
I contatti per un’intesa attraverso la pay-tv. Il ruolo di Tarak ben Ammar
È un percorso che si snoda su
due binari paralleli ma che, nonostante la geometria, a un certo punto potrebbe convergere.
E il punto di congiunzione sarebbe Telecom Italia. Almeno
così dicono le voci che ieri rilanciavano l’idea di un possibile incrocio tra Mediaset e Vivendi che coinvolgerebbe direttamente l’assetto del gruppo
telefonico. Un’alleanza tra i tre
gruppi che avverrebbe sotto la
regia del patron di Vivendi,
Vincent Bolloré. Il quale ha appena ceduto a Telefonica la controllata brasiliana Gvt ottenendo in cambio cash, denari, e un
corrispettivo in azioni rappresentato dall’8,7% di Telecom
Italia. E dunque ha già (quasi)
un piede dentro il gruppo telefonico. Lo snodo che porta fino
a Mediaset passa anch’esso per
Vivendi, la cui controllata
CanalPlus sta valutando già da
qualche tempo il dossier Mediaset Premium. Bolloré potrebbe quindi avere buon gioco
su due tavoli.
Sembra un gioco dell’oca in
cui alla fine del percorso potrebbe esserci un nuovo polo
della pay-tv, il primo in cui telefonia e media non solo convergono ma si integrano. Un disegno tutt’altro che facile da realizzare, sul quale tuttavia secondo l’agenzia «Bloomberg»
sarebbero al lavoro i consulenti. Non è certo la prima volta
che si parla di Mediaset-Telecom. E la presenza di Tarak Ben
Ammar a bordo del Paloma, la
barca di Bollorè, nel giorno in
cui vertici del gruppo telefonico
hanno presentato al finanziere
francese il loro piano per Gvt,
ha rilanciato i rumors.
Più semplice sarebbe un accordo commerciale aperto ai
contenuti di Vivendi e di Mediaset Plus, con Telecom che
D’ARCO
In Borsa negli ultimi tre mesi
+0,55%
Ieri
0,97
0,92 euro
0,94
0,90
0,86
0,83
0,79
23 giugno
7 luglio
fornirebbe la piattaforma per
trasmetterli. Sul modello dell’intesa che il gruppo telefonico
ha già fatto con Sky. Fonti che
conoscono bene le società
coinvolte escludono che sia allo
studio un progetto per mettere
insieme Telecom e Mediaset.
Non sarebbe nemmeno così
semplice da realizzare. Bollorè
è presidente di Vivendi di cui
possiede il 5%, ma non ha un
21 luglio
controllo pieno sul consiglio il
quale, dopo aver incassato 5
miliardi da Telefonica in Brasile
e dismesso le attività nella telefonia, potrebbe anche non avere interesse a investire in Telecom Italia. Quell’8,7% che gli
arriverà da Telefonica è la contropartita per incassare i 5 miliardi cash.
Più logico sarebbe invece un
investimento in Mediaset Pre-
4 agosto
18 agosto
Il passaggio
L’eventuale
ingresso potrebbe
avvenire anche
direttamente senza
passare attraverso
Telefonica
Il sito americano di news
Politico.com sbarca in Europa
Joint venture con Axel Springer
Il sito web specializzato nella politica americana, Politico.com, sbarca
in Europa grazie all’accordo con l’editore tedesco Axel Springer.
Si tratta di una joint venture controllata al 50% da ciascun partner e
riguarderà non solo Bruxelles, dove avrà sede la redazione principale,
ma la politica europea più in generale. Politico è stato fondato nel
2007 da John Harris, nella foto, attuale direttore del sito, e Jim
VandeHei, entrambi ex giornalisti del Washington Post.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
1 settembre
mium, ossia la pay-tv, che è il
core business di Vivendi e dove
indubbiamente il mercato italiano offre ancora importanti
margini di crescita. Un rafforzamento in questo ambito sarebbe vantaggioso per entrambi.
Tant’è che tra CanalPlus e Segrate i colloqui sono in corso da
tempo. E, secondo alcune voci,
l’interesse dei francesi sarebbe
per una quota piuttosto rotonda della pay-tv del Biscione.
I tasselli del puzzle sul tavolo
di Vivendi, insomma, sono tanti e devono essere ancora incastrati. Per cui il gruppo francese
per adesso sta percorrendo i
due binari: il primo per entrare
in Telecom, l’altro, forse, in Mediaset Premium. Si incroceranno? Una convergenza industriale, tra rete e contenuti, tra Telecom Mediaset e Vivendi, sembrerebbe più facile. E non
richiederebbe un incrocio azionario. Che non è escluso possa
arrivare successivamente.
Federico De Rosa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Business «genico» Fondata da Naldini, lo scienziato che ha «addomesticato» l’Hiv, e Paracchi, finanziatore di Eos
Genenta Science, il San Raffaele lancia
la start up delle biotecnologie
«Suona come una fiction scientifica»
aveva scritto l’Economist parlando anche del suo lavoro solo lo scorso febbraio. Una sorta di House of Cards della genetica. «Ma sta diventando un fatto»
conveniva lo stesso articolo. Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San RaffaeleTelethon per la terapia genica, il Tiget, è
lo scienziato che ha «addomesticato» il
virus responsabile dell’Aids, l’Hiv, per
trasformarlo, dopo averlo reso innocuo,
in un potente veicolo per intervenire sulle malattie. Il motivo è semplice: sfruttare l’incredibile capacità infettiva del virus in questo caso a fin di cura. Ora i suoi
lavori stanno diventando una start up
biotech. Il nome è Genenta Science, società fondata dal San Raffaele, l’ospedale
guidato da Nicola Bedin, lo stesso Naldini, Pierluigi Paracchi, fondatore di
Quantica e investitore di Eos, altra start
up milanese del biotech venduta a una
società quotata al Nasdaq per mezzo miliardo di dollari nel 2013, e l’ematologo
Bernhard Gentner. La prudenza in questi
campi è d’obbligo. L’obiettivo di Genenta Science è arrivare alla fase di sperimentazione clinica sull’uomo del protocollo terapeutico per la cura dei tumori
in due anni. Ma la squadra promette bene e, soprattutto, è il segnale che anche
in Italia, in particolare a Milano, l’eccellenza scientifica sta testando il modello
molto americano della start up biotech,
dove si «impacchetta» la ricerca promettente per renderla anche appetibile finanziariamente. Ogni fase che può durare anche anni e che in caso di progresso permette di avvicinarsi sempre di più
a un farmaco commercializzabile sul
Luigi Naldini, direttore dell’Istituto
San Raffaele Telethon: pronta la
nuova start up Genenta
mercato, si trasforma difatti in multipli
significativi del valore dell’azienda. «Nel
solo ultimo anno — tira le somme Paracchi — le start up biotech italiane hanno generato un valore di oltre 8 miliardi:
Eos, Okairos, Intercept e Gentium».
Gli studi sulle applicazioni della terapia genica per l’inibizione dei tumori sono stati pubblicati recentemente anche
su varie riviste scientifiche internazionali come Science Translational Medicine e Oncoimmunology. In termini tecnici
si tratta dell’inserimento di un gene terapeutico nelle cellule staminali del midollo osseo. In termini di business è tutto da scoprire. «Lo scopo di Genenta
Science — sintetizza lo stesso Naldini —
è quello di portare rapidamente alla sperimentazione clinica, quindi sul paziente, il risultato di anni di attività di ricerca», «mantenendo sempre come primo
obiettivo il rigore scientifico e la sicurezza dei pazienti».
Massimo Sideri
smarteconomy.corriere.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Moda
La decisione
di Cavalli:
vendo ai russi
Roberto Cavalli parlerà russo.
L’ufficialità ci sarà il 20
settembre, giorno della sfilata
della griffe fiorentina e
dell’ingresso in passerella dei
nuovi soci di Vtb. Lo stilista
fiorentino, 73 anni, ha preso una
decisione: passerà il timone e
circa il 60% delle sue azioni a Vtb
Capital, braccio per gli
investimenti di Vtb bank, una
delle più grandi conglomerate
della Russia, controllata al 40%
dal Cremlino. Si è impegnato,
con un contratto pressoché
finalizzato, a vendere a Tim
Demchenco, a capo delle attività
di private equity. Adesso la palla
è nel campo di Mosca che ha
posto giovedì 25 settembre
come data termine del
negoziato. Un’idea concorde sul
prezzo che verrà corrisposto al
designer c’è già: tra 200 e 250
milioni, al netto di eventuali
pagamenti futuri in base ai
Pacchetto del 60%
Lo stilista fiorentino
passerà il timone e circa
il 60% delle sue azioni
a Vtb Capital
risultati. Ma il vero tema di
Demchenco è trovare top
manager in grado di trasformare
la griffe in un’azienda
strutturata, in grado di andare
in Borsa tra cinque anni. La
ricerca verte anche sui nuovi
stilisti che avranno le redini
delle collezioni sotto la
direzione creativa di Cavalli. Il
modello è quanto fatto da
Mayhoola con Valentino. Sono
giorni frenetici per la squadra di
Vtb a Milano che sonda manager
e designer di gruppi italiani e
francesi (in particolare di Lvmh
e Givenchy). Cambierà anche il
board, fatto che sancirà il passo
indietro della famiglia, la moglie
di Cavalli, Eva Duringer, e i tre
figli. Il fondatore sarà presidente
e il suo capoazienda Daniele
Corvasce aiuterà la transizione.
Intanto Vtb cerca coinvestitori
tra fondi pensione Usa e asset
manager per diluire la presenza
russa in un momento in cui le
sanzioni (che pur in questo caso
non si applicano) sono ancora
vive.
Daniela Polizzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
Economia 31
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La dinastia Dal 1986 alla guida del gruppo, ha costruito il primo istituto di credito dell’eurozona
L’operazione
Addio a Botin, Ana guiderà il Santander
Conad rileva
50 negozi Billa
e 1.200 addetti
Il banchiere spagnolo aveva 79 anni, la figlia nominata subito al suo posto
Ntv, vertice
coi sindacati
sui risparmi
I servizi ferroviari di ItaloNtv non dovrebbero essere
ridotti, ma appaiono
inevitabili gli interventi
sul «modello di esercizio»,
cioè i tagli sul personale
viaggiante e di terra.
Numeri ufficiali nel nuovo
business plan, che verrà
presentato il 24 settembre
nel Cda, non ce ne sono,
ma le indiscrezioni
circolate nei giorni corsi
(300 esuberi su mille
dipendenti) preoccupano
molto i sindacati che ieri si
sono incontrati con il
responsabile del
personale, Adriano
Tomaro, e il direttore
operation, Paolo Ripa,
affiancati dall’advisor e
consulente di Ntv,
Francesco Garello. Dopo
quasi due ore di riunione,
Alessandro Rocchi della
Filt Cgil fa il punto: «Ci
hanno detto che “la
situazione è impegnativa”:
per questo sono in corso
azioni per la
ristrutturazione del debito
(781 milioni ndr) e la
ricapitalizzazione». Il
piano industriale «non
conterrà la revisione della
rete dei servizi —
aggiunge Rocchi
riportando la precisazione
fornita da Ntv — ma
siamo preoccupati per gli
incombenti tagli al
personale». Salvatore
Pellecchia della Fit Cisl
aggiunge: «Ci hanno
confermato le difficoltà
che conoscevamo:
vedremo tra due settimane
che cosa prevede il piano
industriale».
Francesco Di Frischia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MILANO — Succede così, di solito, nelle monarchie: la morte del
sovrano e, il giorno stesso, l’ascesa
al trono dell’erede. Come Elisabetta II d’Inghilterra, in visita in Kenya, il 6 febbraio del 1952, anche
Ana Patricia Botin era all’estero, a
Londra, l’altro ieri, quando il padre, Emilio Botin, quasi ottantenne, ha percepito le avvisaglie dell’infarto che se lo sarebbe rapidamente portato via nella notte, a
Madrid. Meno di ventiquattr’ore
dopo, alle 16 di ieri, il consiglio
d’amministrazione del Banco Santander, all’unanimità, ha incoronato presidente la primogenita del
banchiere della Cantabria che, in
Spagna, spesso ha contato davvero
più del re.
Ora tocca a lei che, dal papà, ha
preso molto, a cominciare dalla
data di nascita, continuare nel solco famigliare: lui avrebbe compiuto 80 anni il primo ottobre, lei ne
avrà 54 tre giorni più tardi. In comune, la passione per il golf e per
la caccia, un’irriducibile riservatezza di carattere, un consapevole
ascendente politico anche al di
fuori del gotha bancario, ma soprattutto dei confini iberici. Se ne
accorse il Financial Times fin dal
2004, collocandola al secondo posto fra le donne più influenti d’Europa. Proprio mentre lei, già presidente di Banesto, entrava nel consiglio d’amministrazione delle Assicurazioni Generali, e nella
scacchiera del potere economico
italiano, per restarci fino al 2011.
Non è così né ora che la figlia
del monarca avrebbe voluto prendere il posto del padre, ma di sicuro la sua candidatura alla successione era l’unica, tra i sei discendenti, ed era stata decisa da tempo.
Sebbene il vecchio “don Emilio”
negasse con ardore di essere pronto al passaggio dello scettro: «Sono in forma, ho l’appoggio di tutto
il consiglio, perché bisognerebbe
parlarne?». Preferiva parlare di
Formula 1 da quando era diventato sponsor della Ferrari e nel 2010
aveva assicurato alla scuderia Fernando Alonso. Dopo Emilio I,
Emilio II ed Emilio III, che si sono
tramandati la guida dell’impero
Santander per 157 anni, dunque
tocca ad Ana Patricia I, capo finora
del ramo britannico, e da ieri prima donna al vertice di una delle
più importanti banche (la prima,
A 88 anni
Scomparsa Franca Segre
signora della finanza torinese
e prima banchiera italiana
È morta a Torino Franca Bruna Segre, 88 anni, considerata la
signora delle banche, figura storica della finanza piemontese. Per
anni alla guida della Banca Intermobiliare, e professionista di
fiducia di Carlo De Benedetti, è stata l’unica presidente donna tra le
banche quotate in Italia, prima ragioniera di Torino. I funerali si
svolgeranno stamattina nel capoluogo piemontese, nella
parrocchia della Beata Vergine delle Grazie. Dopo il funerale Franca
Segre verrà seppellita a Strevi, Comune in provincia di Alessandria
di cui era cittadina onoraria. Una
persona «di grande e raffinata
intelligenza — ha detto il sindaco di
Torino, Piero Fassino — acuta
personalità della finanza, non solo
torinese, e capace di analisi attente.
Discreta, riservata, secondo le regole di
uno stile antico». Poco incline ai
riflettori mediatici, era partita da zero
costituendo con il marito Giulio Segre,
scomparso nel 1995, uno strettissimo
legame di affetto e lavoro. I due si erano
lanciati nel settore della finanza nel
Franca Bruna Segre
1981 con una commissionaria di borsa,
diventata in seguito prima sim (e fu la prima ad essere quotata) poi
istituto di credito nel 1997. Agli inizi di agosto la sua famiglia con
altri investitori piemontesi ha riacquistato la Banca Intermobiliare.
Negli Anni 70 Segre aveva rilanciato la Marxer di Loranzè di Ivrea,
azienda chimico farmaceutica, fino a farla diventare leader europeo
nella produzione di aminoacidi mentre negli Anni 80 aveva rilevato
il Caffè San Carlo, salotto culturale della città della Mole.
C.D.C.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Padre e figlia
Emilio Botin, morto
per infarto a 79
anni, era
considerato l’uomo
più potente della
finanza spagnola.
Ha assunto la
La successione Ana Patricia Botin, 53 anni, nuovo presidente Santander
per autodefinizione) dell’eurozona, con 102 milioni di clienti in
tutto il mondo, dettare le strategie
che hanno fatto della cittadella finanziaria di Boadilla del Monte,
appena fuori Madrid, un pentagono dell’alta finanza internazionale.
Dal suo quartier generale Emilio III aveva concepito e diretto le
presidenza del
Santander nell’86,
a 52 anni,
succedendo al
padre. Ora il
testimone passa
alla figlia Ana
Patricia, 53 anni
sue manovre espansionistiche:
l’Italia, quindici anni fa, fu uno dei
suoi territori di conquista, poco
dopo la fusione (che per lui si leggeva piuttosto come acquisizione)
con il Central Hispano. Prima l’incrocio azionario con SanpaoloImi, poi il ben più azzardato incrocio di Opa (Unicredit sulla Comit e
Sanpaolo-Imi sulla Banca di Roma) che lo portò faccia a faccia con
Enrico Cuccia. Mediobanca tentò
un’alleanza tattica, in difesa della
Comit, ma l’energico spagnolo
chiarì la sua legge: «Primero, ganar dinero». Primo, guadagnare
soldi.
La applicò in una delle operazioni più controverse degli ultimi
anni: l’acquisizione al 100% della
Banca Antonveneta.
Quando fiutò la crisi in
arrivo, riuscì a rivenderla
nel 2007 al Monte dei Paschi che sborsò ben 9 miliardi preparandosi la via
alla richiesta di aiuti statali. Nello stesso anno il
Santander ebbe un ruolo
anche nella vendita, a caro prezzo del gruppo editoriale
spagnolo Recoletos alla Rcs, editrice del Corriere della Sera.
Quali fossero i suoi piani per il
futuro forse lo sa meglio di tutti
Ana Patricia, che non lo ha mai deluso: il re è morto, viva la regina.
Il cooperativismo emiliano (di
Conad) mette uno, anzi due piedi
in Veneto — dove la sua presenza
è sempre stata storicamente bassa
— rilevando gli ultimi cinquanta
punti vendita dell’insegna Billa
del gruppo tedesco della grande
distribuzione Rewe. Sancendo di
fatto l’uscita della multinazionale
dal nostro Paese, al netto di
qualche discount Penny Market.
La cessione — in attesa
dell’approvazione dell’Antitrust
— arriva dopo una trattativa
infinita tra i due retailer durata
oltre un anno e fa il paio con
quella del dicembre 2011 in cui
Conad era sempre acquirente e
Rewe era ancora venditore, in
quel caso di 43 negozi di cui sette
ipermercati e 36 supermercati tra
Sardegna, Lazio e Toscana. La
nota positiva è che questa
operazione prevede il
trasferimento dei circa 1.200
collaboratori Billa all’interno del
perimetro Conad.
Fabio Savelli
Elisabetta Rosaspina
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In caso di vendita, il prezzo delle obbligazioni potrebbe essere inferiore al prezzo di acquisto e l’investitore potrebbe subire una perdita, anche significativa, sul capitale investito. Non vi è alcuna garanzia che venga ad esistenza un
mercato secondario liquido. Alla data del 08.09.2014 il rating assegnato a Banca IMI da S&P è BBB, da Moody’s Baa2, da Fitch BBB+.
MESSAGGIO PUBBLICITARIO. Il presente annuncio è un messaggio pubblicitario con finalità promozionale e non costituisce offerta o sollecitazione all’investimento nelle obbligazioni Collezione Tasso Fisso Dollaro Australiano Opera IV e Collezione Tasso Fisso Dollaro
Neozelandese I (le “Obbligazioni”) né consulenza finanziaria o raccomandazione d’investimento. Prima di procedere all’acquisto delle Obbligazioni leggere attentamente il Prospetto di Base relativo al Programma di offerta e/o quotazione di Obbligazioni Plain Vanilla
depositato presso CONSOB in data 15 aprile 2014 a seguito dell’approvazione comunicata con nota n. 0028165/14 del 4 aprile 2014, come modificato mediante supplemento depositato presso la CONSOB in data 06.06.2014 a seguito di approvazione comunicata con
nota n. 0046979/14 del 05.06.2014 (il prospetto di base come modificato dal supplemento il “Prospetto di Base”) e le relative Condizioni Definitive con in allegato la Nota di Sintesi della Singola Emissione depositate in Borsa Italiana e in Consob in data 08.09.2014,
con particolare riguardo ai costi e ai fattori di rischio, nonché ogni altra documentazione che l’intermediario sia tenuto a mettere a disposizione degli investitori ai sensi della vigente normativa applicabile. Il Prospetto di Base e le Condizioni Definitive sono disponibili sul sito
internet www.bancaimi.com/retailhub e presso la sede di Banca IMI S.p.A. in Largo Mattioli 3 Milano. Le Obbligazioni non sono un investimento adatto a tutti gli investitori. Prima di procedere all’acquisto è necessario valutare l’adeguatezza dell’investimento, anche tramite i propri consulenti
finanziari, nonché comprenderne le caratteristiche, tutti i fattori di rischio riportati nell’omonima sezione del Prospetto di Base e nella Nota di Sintesi della Singola Emissione e i relativi costi anche attraverso i propri consulenti fiscali, legali e finanziari. Le Obbligazioni non sono assistite dalla
garanzia del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. Nel caso in cui l’emittente sia inadempiente o soggetto ad insolvenza, l’investitore potrebbe perdere in tutto o in parte il proprio investimento. Le obbligazioni non sono state né saranno registrate ai sensi del Securities Act del 1933, e
successive modifiche, (il “Securities Act”) vigente negli Stati Uniti d’America né ai sensi delle corrispondenti normative in vigore in Canada, Giappone, Australia o in qualunque altro paese nel quale l’offerta, l’invito ad offrire o l’attività promozionale relativa alle obbligazioni non siano consentiti
in assenza di esenzione o autorizzazione da parte delle autorità competenti (gli “Altri Paesi”) e non potranno conseguentemente essere offerte, vendute o comunque consegnate, direttamente o indirettamente, negli Stati Uniti d’America, in Canada, in Giappone, in Australia o negli Altri Paesi.
32
Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
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Si precisa che ai sensi dell’Art. 1, Legge 903 del
9/12/1977 le inserzioni di ricerca di personale
inserite in queste pagine devono sempre intendersi rivolte ad entrambi i sessi ed in osservanza
della Legge sulla privacy (L.196/03).
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AcomeA Breve Termine (A1)
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AcomeA ETF Attivo (A1)
09/09 EUR
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AcomeA Europa (A2)
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09/09 EUR
12,428
AcomeA Globale (A2)
09/09 EUR
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AcomeA Italia (A1)
09/09 EUR
20,707
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09/09 EUR
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AcomeA Liquidità (A1)
09/09 EUR
8,940
AcomeA Liquidità (A2)
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AcomeA Paesi Emergenti (A1)
09/09 EUR
7,444
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09/09
4,036
AcomeA Patrimonio Aggressivo (A1)
EUR
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AcomeA Patrimonia Aggressivo (A2) 09/09 EUR
5,390
AcomeA Patrimonio Dinamico (A1) 09/09 EUR
5,512
AcomeA Patrimonio Dinamico (A2) 09/09 EUR
6,401
AcomeA Patrimonio Prudente (A1) 09/09 EUR
6,555
AcomeA Patrimonio Prudente (A2) 09/09 EUR
09/09 EUR
22,477
AcomeA Performance (A1)
09/09 EUR
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AcomeA Performance (A2)
Invictus Global Bond Fd
Invictus Macro Fd
Sol Invictus Absolute Return
09/09 EUR
03/09 EUR
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103,528
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
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EUR
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EUR
EUR
EUR
EUR
26,802
7,246
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7,056
6,817
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12,374
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12,074
10,441
10,441
17,729
6,348
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9,138
6,488
13,633
13,675
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08/09
08/09
08/09
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EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
5,461
5,463
5,080
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5,185
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14,931
4,800
4,930
17,419
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12,480
20,159
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8,943
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11,989
12,002
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5,460
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5,479
5,184
3,807
3,492
4,965
5,590
5,547
5,014
5,428
Nome
Data Valuta
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AZ F. Best Cedola DIS
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AZ F. Bond Target 2017 Eq Op DIS
AZ F. Bond Target Giugno 2016 ACC
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AZ F. Bond TargetSettem.2016 ACC
AZ F. Bond TargetSettem.2016 DIS
AZ F. Cash 12 Mesi
AZ F. Cash Overnight
AZ F. Carry Strategy ACC
AZ F. Carry Strategy DIS
AZ F. Cat Bond ACC
AZ F. Cat Bond DIS
AZ F. CGM Opport Corp Bd
AZ F. CGM Opport European
AZ F. CGM Opport Global
AZ F. CGM Opport Gov Bd
AZ F. Commodity Trading
AZ F. Conservative
AZ F. Core Brands ACC
AZ F. Core Brands DIS
AZ F. Corporate Premium ACC
AZ F. Corporate Premium DIS
AZ F. Dividend Premium ACC
AZ F. Dividend Premium DIS
AZ F. Emer. Mkt Asia
AZ F. Emer. Mkt Europe
AZ F. Emer. Mkt Lat. Am.
AZ F. European Dynamic ACC
AZ F. European Dynamic DIS
AZ F. European Trend
AZ F. Formula 1 Absolute ACC
AZ F. Formula 1 Absolute DIS
AZ F. Formula 1 Alpha Plus ACC
AZ F. Formula 1 Alpha Plus DIS
AZ F. Formula Target 2014
AZ F. Formula Target 2015 ACC
AZ F. Formula Target 2015 DIS
AZ F. Formula 1 Conserv.
AZ F. Global Curr&Rates ACC
AZ F. Global Curr&Rates DIS
AZ F. Global Sukuk ACC
AZ F. Global Sukuk DIS
AZ F. Hybrid Bonds ACC
AZ F. Hybrid Bonds DIS
AZ F. Income ACC
AZ F. Income DIS
AZ F. Int. Bd Targ. Giugno 2016 ACC
AZ F. Int. Bd Targ. Giugno 2016 DIS
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AZ F. Lira Plus DIS
AZ F. Macro Dynamic
AZ F. Opportunities
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AZ F. Patriot ACC
AZ F. Patriot DIS
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AZ F. QProtection
AZ F. Qtrend
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29/08
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29/08
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08/09
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Quota/od.
Quota/pre.
5,720
5,122
5,267
6,056
5,506
5,541
5,229
5,249
5,164
5,707
5,230
5,930
5,535
5,373
5,272
5,034
5,034
5,317
5,280
6,172
6,745
6,561
5,691
4,090
6,632
5,643
5,640
5,723
5,383
5,831
5,107
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3,392
5,642
5,259
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3,409
5,425
5,420
5,598
5,524
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5,645
5,018
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5,250
6,393
5,862
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5,574
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6,241
5,090
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5,765
6,044
5,183
5,183
6,602
5,704
Nome
Data Valuta
ATTIVITÀ da cedere/acquistare artigianali, industriali, turistico alberghiere, commerciali, bar, aziende
agricole, immobili. Ricerca soci. Business Services 02.29.51.80.14
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Comm Euro R1C A
Currency Returns Plus R1C
DB Platinum IV
Croci Euro R1C B
Croci Japan R1C B
Croci US R1C B
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Sovereign Plus R1C A
Systematic Alpha R1C A
Fondi Unit Linked
Quota/od.
Quota/pre.
Nome
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1241,642
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09/09 EUR
09/09 EUR
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Euro Corp. Bond A-Dis M
Euro Short Term Bond A
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Glob. Targeted Ret. A
Glob. Tot. Ret. (EUR) Bond A
Glob. Tot. Ret. (EUR) Bond E-Dis
Greater China Eq. A
India Equity E
Japanese Eq. Advantage A
Pan European Eq. A
Pan European Eq. A-Dis
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Renminbi Fix. Inc. EUR A-Dis
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09/09
09/09
03/09
09/09
03/09
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Maximum
Progress
Quality
03/09
03/09
03/09
03/09
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31/07
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EUR
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EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
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Kairos Multi-Str. B
Kairos Multi-Str. I
Kairos Multi-Str. P
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Kairos Selection
MALIZIOSAMENTE
insieme
899.842.411. Viziosa 899.842.473.
Euro 1,30min/ivato. VM18. Futura
Madama31 Torino
ARGENTO
ACQUISTIAMO:
•ARGENTI D'ANTIQUARIATO .
•ARGENTO USATO:
Euro 270,00/kg.
•MONETE ARGENTO .
•GIOIELLERIA CURTINI
via Unione 6 - 02.72.02.27.36
335.64.82.765
MM Duomo-Missori
52,870
62,910
59,840
62,620
61,090
63,750
61,500
58,020
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60,510
49,720
Data Valuta
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
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60,600
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EUR
EUR
EUR
USD
USD
USD
USD
USD
EUR
EUR
EUR
USD
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33,330
31,860
12,885
11,054
5,837
5,753
60,800
15,130
11,563
43,900
10,651
13,115
11,903
50,330
36,280
3210,000
18,110
16,340
11,890
19,220
13,830
14,750
14,030
10,869
10,186
14,430
11,841
10,553
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09/09 EUR
6,818
09/09 EUR
10,467
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KIS - America P
KIS - America X
KIS - Bond A-USD
KIS - Bond D
KIS - Bond P
KIS - Bond Plus A Dist
KIS - Bond Plus D
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KIS - Multi-Str. UCITS D
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KIS - Target 2014 X
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
08/09
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08/09
08/09
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99,080
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100,300
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1531,802
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09/09 EUR
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09/09 EUR
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1399,032
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09/09 EUR
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Asia Balanced A
Asia Balanced A-Dis
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09/09
09/09
09/09
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USD
USD
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USD
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USD
USD
USD
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SELECTED BOND CAP RET EUR
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09/09
09/09
09/09
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09/09
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EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
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116,165
117,653
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5,790
121,222
9254,887
Nome
Data Valuta
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103,890
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Sparta Agressive A
WM Biotech A
WM Biotech I
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Distributore Principale: Banca Finnat Euramerica - Tel: 06/69933475
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106,850
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PS - Global Dynamic Opp B
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PS - Inter. Equity Quant B
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203,930
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175,190
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124,220
135,420
133,400
126,720
129,300
130,030
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103,760
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134,120
133,230
140,150
143,140
155,280
114,010
117,030
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123,660
125,900
125,720
99,460
104,450
100,290
13,274
109,378
116,253
117,949
24,904
5,796
121,333
9255,021
AUGUSTUM EQUITY EUROPE I
AUGUSTUM G.A.M.E.S. A
AUGUSTUM G.A.M.E.S. I
09/09 EUR
09/09 EUR
09/09 EUR
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111,550
116,490
155,110
Numero verde 800 124811
[email protected]
09/09 EUR
7,134
Nextam Bilanciato
09/09 EUR
7,699
Nextam Obblig. Misto
09/09 EUR
6,346
BInver International A
09/09 EUR
5,807
Cap. Int. Abs. Inc. Grower D
09/09 EUR
6,039
CITIC Securities China Fd A
09/09 EUR
5,460
Fidela A
09/09 EUR
5,780
Income A
09/09 EUR
7,529
International Equity A
09/09 EUR
6,773
Italian Selection A
09/09 EUR
5,341
Liquidity A
09/09 EUR
5,259
Multimanager American Eq.A
09/09 EUR
5,017
Multimanager Asia Pacific Eq.A
09/09 EUR
4,735
Multimanager Emerg.Mkts Eq.A
09/09 EUR
4,609
Multimanager European Eq.A
09/09 EUR
5,353
Strategic A
09/09 EUR
6,302
Usa Value Fund A
09/09 EUR
5,563
Ver Capital Credit Fd A
Tel: 0041916403780
www.pharusfunds.com [email protected]
09/09 EUR
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PS - Absolute Return A
09/09 EUR
121,810
PS - Absolute Return B
09/09 EUR
110,960
PS - Algo Flex A
09/09 EUR
106,150
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09/09 EUR
87,470
PS - BeFlexible A
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85,980
PS - BeFlexible C
09/09 EUR
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09/09 EUR
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09/09 EUR
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PS - Best Gl Managers Flex Eq A
09/09 EUR
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09/09 EUR
123,050
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09/09 USD
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09/09 EUR
123,090
PS - EOS A
09/09 EUR
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PS - Equilibrium A
7,148
7,712
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5,823
6,085
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5,791
7,552
6,806
5,342
5,272
5,020
4,760
4,618
5,363
6,339
5,578
115,400
121,860
110,930
106,110
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85,930
102,510
106,560
112,600
164,830
123,030
102,680
123,820
95,130
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
03/06
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
USD
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
USD
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
USD
Quota/od.
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102,530
103,050
118,240
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109,480
104,810
www.pegasocapitalsicav.com
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
09/09
Strategic Bond Inst. C
Strategic Bond Inst. C hdg
Strategic Bond Retail C
Strategic Bond Retail C hdg
Strategic Trend Inst. C
Strategic Trend Retail C
881868,830
576066,607
594784,667
541259,625
6,818
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4864,339
EUR
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03/09 EUR
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09/09 EUR
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Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
Sussurri & Grida
Piazza Affari
GIÙ FERRAGAMO E YOOX
IL RIMBALZO DI MPS
Giochi Preziosi alla cinese Ocean, Clessidra fa i conti
di GIACOMO FERRARI
La cautela continua a dominare in
Europa, dove i timori per il
referendum sull’indipendenza
della Scozia frenano le iniziative,
mentre negli Usa gli indici si
mantengono sui massimi. Clima
di attesa anche a Piazza Affari,
dove ieri è sceso il controvalore degli scambi. L’indice
Ftse-Mib è rimasto sostanzialmente in parità (-0,04%)
e lo spread Bund-Btp è leggermente risalito,
chiudendo a 141 punti base. Nelle sale operative ha
tenuto banco per il secondo giorno consecutivo la
vicenda dell’avvicendamento al vertice della Ferrari.
Mentre a Maranello Sergio Marchionne e Luca di
Montezemolo hanno smorzato i toni della polemica, il
titolo Fiat ha proseguito la corsa, terminando in
progresso dell’1,88%, migliore performance nel
paniere delle blue-chips. È rimbalzata inoltre Monte
Paschi (+1,8%), seguita da Cnh Industrial (+1,42%).
Più contenuti i rialzi di Saipem (+0,59%) e Telecom
Italia (+0,55%). Sul fronte delle variazioni negative
spicca invece la frenata di Mediaset (-2,77%), mentre
nel comparto del lusso Ferragamo ha ceduto il 2,22%,
seguita da Yoox (-1,96%). Flessioni significative, infine,
per Banca Popolare Milano (-1,69%) e StM (-1,57%).
(d.pol.) Conto alla rovescia in casa Giochi Preziosi per
il passaggio di proprietà del 38% del capitale del gruppo
di giocattoli ai cinesi di Ocean Gold Global, conglomerata attiva nelle materie prime ma anche nella produzione di giochi. Il gruppo dell’imprenditore Michael Lee
sta ancora negoziando prezzo e condizioni del subentro
a Lauro 22 che custodisce appunto il 38% della realtà
fondata da Enrico Preziosi che rimarrebbe nella compagine. Un veicolo del quale sono soci il fondo Clessidra
con il 57,6%, Hvb capital (24,2%) e al 18,2% il fondo Hamilton Lane. Le condizioni poste dal gruppo cinese sono la liquidazione dei soci di Lauro 22 con una cifra attorno ai 50 milioni (di cui appunto circa 25 milioni finirebbero a Clessidra) e l’impegno però a sottoscrivere
subito dopo un aumento di capitale di 40 milioni per
rafforzare le finanze aziendali e consentirle di crescere
ancora. Una buona notizia per il gruppo dei giocattoli
che deve farsi strada nella battaglia sui prezzi con i concorrenti Usa e asiatici. Meno buona per Lauro 22 che entrò a valutazioni elevate (800 milioni per l’intera società), visto che quella quota è in carico per 112 milioni, e
appena sei mesi fa ha sottoscritto con gli altri soci
un’iniezione di liquidità di 37,5 milioni a sostegno di un
piano di ristrutturazione siglato con le banche. Ocean
Gold è una vecchia conoscenza di Preziosi. È stato a lungo partner commerciale della società e ha contribuito al
suo sviluppo in Asia.
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Economia/Mercati Finanziari 33
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Trevi, dalle trivelle alle case vacanze
Boston consulting, sede sul Duomo
(f.ch.) Nel loro gruppo — Trevi — è appena entrato
con 100 milioni di euro il Fondo Strategico Italiano, mentre loro — la famiglia Trevisani di Cesena — hanno deciso di entrare in un business lontano da ciò di cui si occupa la quotata, cioè trivelle e fondazioni, dandosi anche alle case vacanza. La famiglia Trevi, alla guida di un’azienda
leader mondiale nell’ingegneria del sottosuolo, ha investito a titolo personale in Solo Affitti Vacanze, spa creata
recentemente da un’altra azienda cesenate, il gruppo Solo
Affitti, terzo franchising immobiliare italiano con 350
agenzie in Italia e Spagna e specializzato nel business degli affitti. La famiglia Spronelli nel 2010 aveva avviato un
ramo d’azienda di Solo Affitti specifico per gli affitti turistici e dall’inizio di quest’anno ha lanciato sul mercato
una piattaforma e-commerce per prenotare e pagare
online l’affitto di immobili turistici, selezionati e di qualità. Nei giorni scorsi ha portato a termine un’operazione
di finanza straordinaria che aumenta il capitale sociale di
Solo Affitti Vacanze a 4 milioni di euro e allarga l’azionariato con quota complessiva del 17% ai Trevi e al Gruppo
Sistema, altra azienda cesenate specializzata nell’ICT e
nei servizi di implementazione delle tecnologie per le
aziende. L’alleanza punta a sfruttare le competenze internazionali dei due nuovi partner per spingere l’acceleratore sulle case vacanze, in crescita nel mercato turistico.
( f.mas.) Un trasloco per molti versi storico, quello di
Boston Consulting Group: la sede italiana della società
di consulenza strategica lascia gli uffici di Milano in
Piazzetta Bossi, alle spalle di Mediobanca, contribuendo a modificare ancora una volta quello che è stato il
cuore della city milanese, pochi metri quadrati in cui
ancora si concentrano firme prestigiose della finanza
come Goldman Sachs o lo studio legale Clifford Chance, e dove prima aveva sede legale la Montedison. Bcg
si sposta di qualche centinaio di metri e si trasferisce in
Piazza del Duomo, accanto alla Galleria Vittorio Emanuele, occupando i locali di quello che una volta era
l’Hotel Duomo, edificato nel 1860 insieme con la Galleria. Cambia anche il locatore: Piazzetta Bossi, gia palazzo storico della Cariplo, è del gruppo Statuto, mentre i
6 mila metri quadrati distribuiti su 7 piani (più terrazze vista Duomo) presi in affitto dalla società di consulenza guidata da Giuseppe Falco, amministratore delegato per Italia, Grecia e Turchia, appartengono a Generali Real Estate. L’immobile — scelto da Bcg con l’advisor Cbre con l’intenzione di farne la vetrina del gruppo
durante l’Expo — è previsto che sia consegnato a metà
2015, in contemporanea con la fine dei lavori di riqualificazione dell’angolo della piazza tra via Foscolo e via
Berchet.
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Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
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Cultura
ilClassico
Romanzo scandalo di culto, definito un Bonjour tristesse
americano, viene ora riproposto da Mondadori; si tratta del
libro Cioccolata a colazione (pp. 280, 13) di Pamela Moore
(nella foto), l’inquieta autrice che morì suicida nel 1964. Il
romanzo è la storia drammatica di una adolescente fragile,
Courtney, e della sua difficile e conflittuale famiglia.
Dialoghi Incontro con il cardiologo Gianfranco Sinagra dell’Università di Trieste
Medicina specchio della vita
Mette ogni individuo
davanti a limiti e possibilità
Tra esigenze di umanità e potere della tecnologia
di CLAUDIO MAGRIS
F
orse la Medicina è la
scienza più completa e
non solo perché prima
o dopo chiunque ha a
che fare con essa, ma anche e
soprattutto perché mai come
quando si trova davanti alla
malattia l’individuo è totalmente se stesso, implicato — direttamente o
indirettamente — in tutta la realtà della sua
persona, non solo fisicamente ma anche negli
affetti e nel lavoro, nella possibilità e difficoltà
di vivere la propria vita. Come altre scienze —
specialmente quelle dure, della natura — la
medicina è sempre più legata alla tecnologia,
nella cui crescente potenza e invadenza molti
vedono un pericolo di disumanizzazione. L’Occidente, culla della tecnica, è anche la culla della sua critica più accanita.
Tecnica e medicina. Ne parlo con Gianfranco Sinagra, cardiologo di fama internazionale,
che ha costantemente unito tecnica e umanesimo, notevolissima competenza scientifica e
calda attenzione a tutte le sfumature del rapporto col paziente, alla complessiva qualità
della sua vita. Un medico per il quale non esistono i pazienti, ma ogni volta il paziente. Professore di cardiologia e direttore del Dipartimento cardiovascolare e della Scuola di specializzazione dell’Università di Trieste, coordinatore del Centro clinico-sperimentale di
cardiologia molecolare e traslazionale, collaboratore delle più importanti riviste internazionali e autore di lavori premiati, Sinagra si è
occupato di scompenso cardiaco e cardiomiopatie, biopsia endomiocardica e terapia rigenerativa. Continua la gloriosa tradizione triestina di cardiologia, costruita dai suoi predecessori quali Klugmann e Camerini. Negli ultimi cinque anni presso la Cardiochirurgia di
Trieste sono stati operati 2.800 pazienti, con
una mortalità del 4% (comprensiva dei casi di
estrema gravità), ampiamente inferiore alla
media. Molti pazienti, pure di età avanzata, sono tornati a una vita normale. Naturalmente
anche quel 4% ha un tragico peso, perché la vita di un individuo è un assoluto non quantificabile, ma quelle cifre rivelano l’eccellenza generale dell’istituzione, eccellenza il cui merito
va a tutta l’équipe di medici, infermieri, operatori sanitari. La storia di un malato e della sua
malattia non finisce con la sua dimissione dall’ospedale, dopo la quale inizia un’altra fase
Biografia
Gianfranco Sinagra (Palermo,
1964; sotto nella foto),
cardiologo, dirige il
Dipartimento Cardiovascolare
degli Ospedali Riuniti di
Trieste. Professore di
Cardiologia, è direttore della
Scuola di Specializzazione in
malattie dell’apparato
cardiovascolare della
Università degli Studi di
Trieste e coordinatore del
Centro Clinico-Sperimentale
di Cardiologia molecolare e
traslazionale. Sinagra è,
inoltre, autore (con la collega
Francesca Brun) del volume
divulgativo Pianeta
cuore.
Istruzioni
per conoscerlo e
mantenerlo
sano
(Biancaev
olta, pp.
220, 9): è un vademecum
per la corretta conoscenza e
la prevenzione delle malattie
cardiovascolari nato a partire
dalle domande più ricorrenti
che pazienti e familiari
pongono sulle cardiopatie.
Sinagra è, inoltre, autore di
diverse centinaia di
pubblicazioni, tra interventi
su riviste scientifiche e
contributi a volumi. Ad
agosto è uscito da Springer il
volume specialistico, curato
da Sinagra e Bruno
Pinamonti, Clinical
Echocardiography and Other
Imaging Techniques in
Cardiomyopathies
della tutela della sua qualità di vita, in cui s’intrecciano tecnologia e attenzione umana.
«Molti — gli dico incontrandolo nel suo studio triestino — esaltano e molti deplorano il
crescente ruolo della tecnica nella Medicina,
quasi essa sostituisse la macchina all’uomo e
dunque indebolisse quel rapporto diretto, personale fra medico e paziente che è fondamentale per la guarigione e il ritorno alla vita normale...».
Sinagra – La tecnologia ha contribuito grandemente a migliorare la qualità e la durata della vita degli uomini, ma rivela pure limiti, di
conoscenza e di intervento. Non conosciamo
certo tutto delle malattie, non riusciamo a curarle tutte e talora nemmeno a identificarle.
Ma questi sono limiti di tutto ciò che è umano.
La Medicina non ha bisogno di essere «anche»
arte, perché essendo governata dagli uomini
ha in sé il germe della creatività nelle relazioni
e nelle azioni. La Medicina autentica pone realmente, non demagogicamente, al centro il paziente e anche il sano, perché Medicina significa pure prevenzione e creazione di un ambiente adatto alla vita degli uomini. Naturalmente
ci può essere la deformazione tecnocratica,
l’idolatria statistica dimentica dell’individuo,
l’interesse per la malattia che dimentica il malato. Forse anche la letteratura, espressione per
eccellenza dell’umano, corre rischi diversi ma
analoghi...
Magris – Certo. Un grande poeta, Milosz, ha
detto che «spesso i poeti hanno un cuore freddo»; se scrivono una poesia per un bambino
che muore, corrono il rischio di concentrarsi e
commuoversi più sull’armonia dei loro versi
che sulla sofferenza del bambino. La storia letteraria è costellata di sentimenti di colpa per
tale mancanza di umanità nell’arte; si pensi a
Thomas Mann, che ne era dolorosamente consapevole. Ma perché Lei dice «non demagogicamente»?
Sinagra – Perché spesso noi medici parliamo di relazionalità, empatia, ascolto, senza poi
metterli in atto e creando invece un paternalismo che guarda al paziente dall’alto in basso,
rendendolo mero oggetto delle decisioni cliniche oppure affidandolo astrattamente alla
standardizzazione dei percorsi, agli algoritmi,
perdendo di vista l’individuo concreto e il suo
vissuto, sempre unico e irripetibile. E qui l’arte
e la letteratura hanno molto da dire, quando si
parla del singolo...
Magris – Certo, nella letteratura — ma in
ogni arte e nella vita stessa — non esistono tur-
bercolotici o cardiopatici come non esistono
europei, innamorati o obesi, bensì esiste l’uno
o l’altro individuo, che può essere nato in Europa, grasso o magro, soffrire di tisi o di pene
d’amore, ma è sempre una singolarità irriducibile a una generica categoria. Ci sono grandissimi malati nella letteratura da cui un medico
può imparare anche nel concreto esercizio della sua professione; la letteratura ha pure affrontato il carattere epocale, storico e simbolico, di alcune malattie, dalla peste alla tubercolosi, dalla sifilide al cancro o all’Aids. Si parla
spesso di «fisiologia dell’esistenza», di rapporto e contatto umano. Ma come si fa a metterli
Pieve di Soligo
Il Premio Zanzotto a Marzio Breda
La prima edizione del premio dedicato ad
Andrea Zanzotto (nella foto) è stata assegnata
a Marzio Breda, inviato del «Corriere della
Sera», cui il poeta scomparso nel 2011 affidò il
proprio testamento civile raccolto nel volume
edito da Garzanti In questo progresso scorsoio.
Il riconoscimento sarà consegnato durante il
convegno internazionale di tre giorni (10, 11,
12 ottobre) che si svolgerà tra Pieve di Soligo e
Cison di Valmarino, Treviso. Organizzato da
Francesco Carbognin del dipartimento di
Filologia classica e Italianistica dell’Università
di Bologna, l’incontro di studio, che prevede
relazioni, dibattiti e concerti,
coinvolge 11 atenei italiani e
l’università francese di
Lorraine, gli Istituti italiani di
cultura di Parigi e Bruxelles e
diverse case editrici. Il
comitato scientifico (Stefano
Agosti, Carbognin, Michele
Cortelazzo, Silvana Tamiozzo Goldmann,
Maria Antonietta Grignani, Niva Lorenzini)
consegnerà anche un riconoscimento a tre
scuole distintesi nella tutela dell’ambiente
attraverso l’attività didattica.
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
IN PAGINA
✒
L’eterno (effimero) di Voronoff
di MATTEO COLLURA
La celebrità per gli esseri umani può durare una breve stagione, dopo
la quale non ci sarà che silenzio, rotto qua e là da altre glorie effimere.
È il caso del chirurgo ebreo franco-russo Serge Voronoff (1866-1951),
Strategia
Il rapporto diretto, personale
fra medico e paziente risulta
fondamentale per la guarigione
e il ritorno alla vita normale
con casa (una sontuosa villa simile a un castello) a Grimaldi di
Ventimiglia, sui Balzi Rossi, a poche centinaia di metri da Mentone.
Nei ruggenti anni Venti e Trenta, il dottor Voronoff concepì il sogno
dell’eterna giovinezza, la vecchiaia sconfitta con trapianti di testicoli
dalle scimmie agli uomini. Un’illusione (se non un’impostura) che gli
diede fama e ricchezza. La sua storia è ora raccontata in forma
autobiografica da Enzo Barnabà, con l’artificio del manoscritto
ritrovato: Il sogno dell’eterna giovinezza — vita e misteri di Serge
Voronoff (Infinito edizioni, pp. 203, 15). «Non sono un mago»,
scrisse di sé Voronoff, «sono uno studioso che cerca di giovare
all’umanità. Non c’è bisogno ch’io venga esaltato per questo, ma
neppure che venga oltraggiato. L’errore degli uomini è di chiedermi
troppo».
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Riviste Un intervento sul «Mulino» denuncia i rischi ambientali e politici
«Lezione di anatomia
del dottor Frederik Ruysch»
di Jan van Neck. Al dottor
Ruysch è dedicata
una delle Operette morali
di Giacomo Leopardi
concretamente in atto nei casi di gravità acuta
estrema?
Sinagra – Nella fase acuta — nell’infarto,
nell’ictus, nel politrauma, nello shock — lo
spazio e il tempo per una vera relazione sono
esigui e la salvezza della persona dipende dalla
capacità del medico di risolvere il problema
acuto in tempi rapidi e da un contesto organizzativo adeguato. Eppure anche in queste fasi
convulse il valore di pochi minuti o anche secondi di colloquio, sguardi, umana comprensione nel rapporto col paziente o i familiari è
fondamentale. Nel percorso successivo — cronicità, domiciliarizzazione delle cure — è essenziale il ruolo dell’infermiere oggi centrale
nella Medicina, come quello di altri professionisti sanitari. Nel percorso globale di vita del
paziente restituito, dopo gli interventi urgenti,
a una vita normale con una lunga prospettiva
di sopravvivenza, sono importantissimi l’ascol-
Cultura 35
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La vera bomba demografica
è il dislivello tra Nord e Sud
to, l’aiuto a elaborare psicologicamente la malattia, la correzione dei fattori di rischio. Questo è scientificamente dimostrato.
Magris – Anche in Medicina, come in ogni
campo dell’esistenza e della scienza, c’è l’errore. Un errore che può avere gravissime conseguenze — causare la morte — mentre un errore nel mio campo non fa morire nessuno, neanche se dicessi che Dante ha scritto I Promessi Sposi. Come vive l’errore in medicina?
Sinagra – Come la misura della fallibilità degli uomini, dell’estrema eterogeneità e imprevedibilità degli scenari, dell’incompletezza delle conoscenze. Ovviamente va distinta la negligenza o l’ignoranza dall’errore inatteso. Tutti
compiamo errori; l’importante è «imparare da
essi», diceva Popper. La sfida della complessità
ci può inibire o vederci attivi nell’agire e perciò
stesso esposti all’errore, che va contenuto al
massimo con l’impegno di studio, la solidità
dell’organizzazione, l’educazione medica permanente, la continua revisione critica. Lavoro
difficile, cui non sempre siamo preparati.
Magris – La qualità della vita è fondamentale, ma, per una diffusa distorsione di questo
concetto, può diventare un principio pericoloso, l’arroganza di decidere per gli altri quale sia
il livello di tale qualità al quale la vita inizia a
essere degna di venir vissuta. In tal modo si è
giunti alla discriminazione, anche all’eliminazione di persone prive o considerate prive di
tale livello. L’eutanasia nei confronti dei minorati, dei disabili...
Sinagra – Concordo: la qualità di vita non è
una variabile assoluta, oggettiva, standardizzabile. Spesso questa argomentazione è uno scudo. Particolarmente quando ci si riferisce agli
anziani o a patologie croniche o degenerative:
la valutazione del livello di qualità di vita dovrebbe essere parte di una valutazione condivisa, umanamente intensa, che sappia avere attenzione a entrambi gli estremi dello spettro:
evitare di intensificare le cure oltre un limite
che configurerebbe inutile accanimento terapeutico, ma anche evitare di precludere trattamenti raccomandati ed efficaci sulla base di
pregiudizi, discriminazioni economiche o razziali, emotività, ideologie.
Magris – Non le sembra che l’eutanasia, in
generale, stia diventando una parola d’ordine
obbligata per dimostrarsi aperti e progressisti,
una nuova forma di essere benpensanti?
Sinagra – Rifiuto l’idea di provocare la morte. La vita è per me dono, con la sua straordinaria ricchezza e generosità di esperienze, incluse la sofferenza e la malattia. La Medicina deve
avere attenzione ad alleviare le sofferenze con i
numerosi strumenti di cui dispone. C’è una
bellissima pagina del Diario di Etty Hillesum,
che mi viene spesso in mente: «La vita non può
esser colta in poche formule... è infinitamente
ricca di sfumature, non può essere imprigionata né semplificata».
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Livi Bacci: troppe nascite in Africa, poche in Europa
di ANTONIO CARIOTI
L
a bomba demografica non appare più pericolosa come un tempo,
ma sarebbe irrealistico e irresponsabile pensare che il problema sia superato o comunque avviato
verso un felice assestamento spontaneo.
È il messaggio contenuto nell’intervento
di Massimo Livi Bacci che apre il numero del «Mulino» in uscita domani. Come
al solito la rivista diretta da Michele Salvati riserva ampio spazio ai problemi
mondiali, ma preferisce non inseguire
l’attualità immediata. Per esempio analizza le difficoltà e gli arretramenti della
democrazia in tre Paesi importanti, ma
che al momento non si trovano direttamente sotto il raggio dei riflettori mediatici: Egitto, India e Serbia.
Qualcosa di analogo può dirsi della
questione demografica, che è decisiva
per le prospettive del pianeta, ma ha un
andamento che procede sottotraccia rispetto agli eventi che polarizzano l’attenzione del grande pubblico. Tanto più
che, osserva Livi Bacci, in fatto di natalità si sono diffuse convinzioni illusorie.
Dato che il ritmo di crescita della popolazione nei Paesi poveri è molto rallentato, si spera in una convergenza che porti
il mondo intero ad avere «un’alta speranza di vita», con una media di procreazione «intorno ai due figli per donna»
e un conseguente decremento delle
spinte migratorie.
Uno scenario che appare senza dubbio desiderabile, scrive Livi Bacci, ma è
tuttora ben lontano da quanto sta realmente accadendo. Per esempio la fecondità dell’Africa subsahariana rimane intorno ai 5,4 figli per donna: anche se
scendesse a 2,7 verso la metà di questo
secolo, secondo la stima più ottimistica,
nel 2050 la popolazione di quella zona
del globo raddoppierebbe rispetto ad
oggi. E si farebbe macroscopico il divario con il declino dell’Europa, che attualmente è «ben sotto la soglia di rimpiazzo della popolazione».
Ne consegue che la natalità va scendendo ovunque, ma gli squilibri tra le
diverse aree geografiche non sono mai
stati così profondi. Bisognerebbe quindi
intensificare il controllo delle nascite
nei Paesi poveri e incentivare la fecondità in quelli avanzati, la cui popolazione
tende a diminuire e invecchiare in maniera preoccupante. Ma se promuovere
il declino demografico appare relativa-
Un’opera del pittore mozambicano Malangatana Valente Ngwenya (1936-2011)
mente semplice, assai più arduo è agire
per contrastarlo e invertirlo là dove si è
consolidato e avanza. Livi Bacci suggerisce di adottare un cocktail «di sostegno
alla famiglia, di strategie fiscali e di misure normative», ma non sembra molto
convinto che si possano ottenere risultati incisivi.
Di certo tuttavia non si può rimanere
inerti, perché ci sono due grossi scogli
all’orizzonte. Da un lato si acuiscono i
problemi di sostenibilità ambientale
Gli argomenti
Disagio della scuola
e sfide riformatrici
Demografia, problemi della
scuola, prospettive delle riforme
istituzionali, governance europea
sono tra i temi affrontati nel
numero della rivista «Il Mulino»,
diretta da Michele Salvati, che
esce domani in libreria. Da
segnalare una discussione a più
voci sulla questione meridionale
e una ricerca dell’Istituto
Cattaneo sui voti di preferenza
nelle recenti prove elettorali.
causati dall’aumento della popolazione
in Paesi la cui economia resta caratterizzata da un intenso consumo di risorse
naturali, a partire dai combustibili fossili. Dall’altro salgono le tensioni causate
da crescenti flussi migratori, che suscitano reazioni di rigetto nelle popolazioni autoctone, con la forte ascese di movimenti xenofobi, fino a determinare autentiche crisi di «sostenibilità politica».
Qui però si apre un interrogativo: è
possibile sottoporre a un controllo politico razionale fenomeni così complessi,
che riguardano la sfera intima delle persone e vanno a toccare corde identitarie
ad alta intensità emotiva? Nello stesso
numero del «Mulino» Gian Enrico Rusconi ricorda l’esito catastrofico che ebbe l’illusione di programmare razionalmente la guerra un secolo fa, nel 1914.
Mentre Mauro Bonazzi s’interroga sulle
origini e sulla plausibilità culturale della
tesi, cara al pontefice emerito Joseph Ratzinger, che la filosofia greca di Platone
e Aristotele, coniugata al cristianesimo,
costituisca il fondamento razionale irrinunciabile della civiltà europea. Affrontare con realismo i problemi del nostro
tempo significa probabilmente anche
prendere atto dei limiti della ragione
umana, senza naturalmente rinunciare
al suo esercizio.
@A_Carioti
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Maestri Si apre oggi al Martin Gropius Bau una mostra sul legame tra lo scrittore e Roma, mentre Wagenbach pubblica una scelta di testi e racconti
Il mito Pasolini non tramonta mai: le sue idee piacciono in Germania
dal nostro corrispondente
PAOLO LEPRI
BERLINO — Sono passati trentacinque anni dalla pubblicazione in tedesco di Scritti corsari, ma la Germania non dimentica Pier Paolo Pasolini. Lo scrittore, il regista, e soprattutto, ma non solo, l’intellettuale le cui
battaglie contro il consumismo,
l’omologazione e la perenne auto-assoluzione del Potere hanno alimentato l’anima critica anche di questo Paese spesso diviso tra consenso e alternativa. È lui e nessun altro, in fondo,
l’uomo che pochi mesi dopo l’attentato di Berlino al leader del movimento
studentesco Rudi Dutschke, gli scrisse (in una poesia raccolta poi in Trasumanar e organizzar) di essergli
«padre» e di guardarlo anche «con
l’occhio del figlio». «La borghesia
dalle cui viscere misteriosamente sei
nato,/ l’ho vista coi miei occhi, ha visi
bianchi come lapidi:/ non lasciarti
ingannare dalla loro buona volontà…». Un appello, insomma, contro
«l’odio della ragione» che veniva dal
passato.
Era il novembre del 1968. Altri tempi, si potrebbe dire, «ma la provocazione è un bene, perché la società così capisce meglio», dice lo storico del
cinema Jordi Ballò, uno dei curatori
della mostra Pasolini - Roma, che si
apre oggi al Martin Gropius Bau, una
delle roccaforti della produzione culturale nella capitale tedesca. Anche
se farà meno biglietti dell’omaggio
multimediale a David Bowie che ha
messo per settimane in coda i berlinesi, si tratta sicuramente di uno dei
momenti più importanti di questo
autunno che sta iniziando. Non è un
caso che sia affiancata, inoltre, da una
retrospettiva cinematografica che è
Sentimenti
Pier Paolo Pasolini e la madre,
nell’appartamento dell’Eur in via
Eufrate 9 ( Mario ed Elisa Dondero)
un esempio di cura e di attenzione.
Non sono solo però la mostra (arrivata dal Palazzo delle Esposizioni di
Roma dopo essere stata anche a Parigi e Barcellona) e la retrospettiva a dimostrare quanto l’opera di Pasolini
continui a vivere in Germania di una
fortuna lunga. È appena uscita una
scelta di testi e racconti Rom, Rom,
pubblicata da Wagenbach, la casa
editrice che ha fatto conoscere gli
Scritti corsari e mandato alle stampe,
tra l’altro, la biografia dell’autore delle Ceneri di Gramsci scritta da Nico
Naldini. Negli scaffali delle librerie i
testi del grande avversario del «Palazzo» non mancano mai, e gli studi critici non diminuiscono con il passare
degli anni. Ma era comunque atteso
un salto di qualità.
«Con queste iniziative verrà dato
sicuramente un nuovo contributo alla
conoscenza sistematica della figura
di Pasolini in Germania», dice Aldo
Venturelli, il direttore dell’Istituto italiano di cultura, che ha collaborato alla realizzazione degli eventi. Di attualità dello scrittore e regista friulano
parla anche il direttore del Martin
Gropius Bau, Gereon Sievernich.
«Quello che ha scritto vale ancora oggi», non ha dubbi l’altro curatore, il
critico Alan Bergala, secondo cui è
stato un bene non attendere il quarantesimo anniversario della morte.
«Non abbiamo bisogno — aggiunge
— di nessuna ricorrenza triste».
Valutazioni
Lo storico del cinema Jordi
Ballò: «La provocazione
è un bene, perché la società
così capisce meglio»
Certo, quella terribile notte all’Idroscalo di Ostia, a cui è dedicata
l’ultima sala, rimane comunque una
fonte di interrogativi e di misteri. Fu
Ninetto Davoli, l’ex ragazzo del borghetto Prenestino diventato attore in
nove film di Pasolini, «a riconoscere,
nel cadavere bocconi sullo sterrato,
Pier Paolo morto», come ha raccontato Enzo Siciliano nella biografia del
regista di Accattone. Invitato a Berlino per l’apertura della mostra, il protagonista, con Totò, di Uccellacci e uccellini, sostiene di non credere che
sia stata «la politica o il potere» a eliminare Pasolini. «È stato un agguato
— aggiunge Ninetto — compiuto da
tre o quattro persone, in una serata
sbagliata e sfortunata. Era un uomo
amato-odiato, forse più odiato che
amato». L’emozione è ancora forte, le
parole sono limpide.
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Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
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UN INCONTRO ECCEZIONALE
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di questo pontefice si misura
nel suo rapporto con gli altri,
nella sua ostinazione a continuare
a voler fare il prete, di persona,
al telefono, in tutti i modi.”
FERRUCCIO DE BORTOLI
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
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Le iniziative del Corriere
I capolavori dell’arte
Atmosfere Anche nei nudi femminili conservò una purezza che nasceva dall’amore per l’antico. E nelle vesti delle donne cercò una seconda pelle
Camille Monet
mentre legge
1872-1874
Le bagnanti
1918-1919
L'altalena
1876
CORRIERE DELLA SERA
Il tatto di Renoir per la pittura
di ROBERTA SCORRANESE
Considerava le figure dei dipinti cose da toccare
La luce uno strumento per dare corpo agli oggetti
GIORGIO DE CHIRICO, «DONNA BIONDA» DI SPALLE, 1930
«L
a pittura non si racconta, si guarda. A cosa servirebbe, se anche ti
dicessi che le cortigiane di Tiziano fanno venire voglia di accarezzarle? Un giorno ti capiterà di vedere quei quadri, e se non ti faranno né caldo né freddo vorrà dire che di pittura tu non capisci niente».
Così Pierre-Auguste Renoir si rivolgeva al figlio Jean, il quale aveva preferito il cinema e
che diventerà il regista «più francese dei francesi», come disse Georges Sadoul. Per il vecchio Renoir a cavallo tra Otto e Novecento, però
(già segnato dall’artrosi e da una strana malinconia rassegnata), l’arte non era sguardo. L’arte
era senso, tattilità. Voglia di toccare, letteralmente, quelle donne dai ventri prominenti che
Tiziano o Giorgione seppero rappresentare.
Questa «concretezza delle impressioni» è il
cardine di tutte le sue opere, anche di Ballo al
Moulin de la Galette (1876) che segna la terza
uscita della collana «I capolavori dell’arte».
Perché il corpo è il fuoco delle tele di Renoir,
anche quando rappresenta una Colazione dei
canottieri (1882) o un paesaggio. Dell’esperienza en plein air nelle campagne di Fontainebleau, dove andava con l’amico Monet, colse la
consistenza dei colori, la pienezza delle forme.
E disse: «Quando si tratta di un paesaggio, io
amo quei quadri che mi fanno venir voglia di
penetrarvi per andarci a spasso». Persino i
grandi nudi dell’ultimo periodo, come le famosissime Bagnanti (che terminò nell’anno
della morte, il 1919, con i pennelli legati alle
mani deturpate dall’artrite), alludono a una
malizia che non si compie mai, che resta cristallizzata in qualcosa di materno, di caldo, di
«mammario». I nudi di Renoir sono vestiti.
Pierre-Auguste era figlio di sarti. Da bambino imparò il senso della vestibilità, della misura, dell’impertinente imperfezione di una piega che cade su un fianco o la leggiadria di una
ragazza che si inclina vezzosa da un lato, la veste che si solleva, ricade, si muove. Drappeggi.
Come le carni delle sue modelle, paffute, rosee, senza pensieri. Ecco perché quando, durante il viaggio in Italia, nel 1881, la gioia serena
nelle donne di Raffaello (disse: «Lui non cercava, come me, le cose impossibili, ma è bello»)
e la voluttuosa pacatezza di quelle di Tiziano
gli parvero l’abito adatto per le donne che aveva
in testa. Abito, appunto. Quella leggerezza
spensierata che si coglie in tutti i suoi quadri,
che siano una donna in procinto di distendersi
o un bambino intento al gioco o un gruppo di
amici intorno al tavolo di un locale sulla Senna,
quella leggerezza è un velo, un tessuto che on-
deggia, una piega che non va mai a posto.
È per questo che i corpi nudi delle Bagnanti
non destarono lo stesso scandalo che, nel 1863,
aveva provocato Le déjeuner sur l’herbe di
Édouard Manet: il corpo nudo della donna seduta sul prato tra gli uomini aveva una luce serica, forte, scontornata, provocante. Era un taglio moderno, sfrontato, un lucore quasi pornografico. Al contrario, le bagnanti di Renoir
sono prive di angoli, rotonde, dalle pose che si
richiamano alla classicità, al quel nudo fatto
d’antico e soffuso dalla luce della Senna e della
Marna. È un nudo altrove, lontano, avulso da
ogni tentazione. Certo, la critica trovò altri motivi di biasimo. Albert Wolff, di «Le Figaro»,
scrisse: «Qualcuno spieghi al signor Renoir
che il torso non è un ammasso di carne in stato
di decomposizione». Eppure, di quei nudi all’epoca c’era bisogno. C’era bisogno di un ritorno alle origini del corpo e del mondo per passare sopra a i massacri dei Comunardi del 1871.
C’era bisogno di quell’atmosfera acquatica,
la stessa che dava sapore ai racconti di Maupassant. Masse dense, curve che nulla concedevano alla modernità fisica di Cézanne, un altro che, più o meno negli stessi anni, rappresentava bagnanti. Ma Les grandes baigneuses
(1906) era stato un esercizio cerebrale: strati
sovrapposti di colore, corpi assimilabili a solidi, contorni scuri per rendere le donne simili a
sculture. L’anno successivo Picasso dipingerà
Les demoiselles d’Avignon, sintesi di una poetica ancor più lontana dalle veneri barocche o
dalle cortigiane rinascimentali. No, l’imperativo di Renoir era l’opposto: smussare.
Lo faceva davvero, in casa: non ammetteva
spigoli né rasoi in bella vista — anche per un
innato senso di protezione nei confronti dei
suoi tre figli. E lo faceva metaforicamente in
pittura, attraverso il recupero dei volumi con la
luce (ormai lontanissimo dalla poetica dell’Impressionismo), attraverso le fossette sulle anche delle donne (infantili, più che sensuali),
attraverso le vesti. Più tardi, Giorgio de Chirico
riprenderà queste atmosfere innocue, le sfu-
mature color carne che virano all’azzurro, la
pienezza dei corpi in quadri come Donna bionda di spalle (1930). Ma Renoir va oltre.
Come ha scritto John Berger, lui «dipingeva i
sogni di abbigliamento come nessun altro artista, eccetto Watteau, ha mai fatto. A volte lo immagino davanti al cavalletto, col fiato quasi sospeso, gli occhi strizzati, degli spilli tra le labbra come la madre». Nel Ballo in campagna e
nel corrispettivo Ballo in città (entrambi del
1883) sembra non esserci confine tra il corpo e
gli abiti. Qui la stoffa è una pelle che partecipa
psicologicamente delle emozioni, così come
ne la Baigneuse assise (1892) la vegetazione
sullo sfondo sembra fondersi con il nudo della
ragazza. Una donna fatta di foglie e fiori, che sa
di natura. Stessa fusione nel ritratto di Camille
Monet: la ricchezza dell’abbigliamento è parte
di una sensualità segreta e allusiva.
Nel 1876 Renoir dipinge il Ballo al Moulin de
la Galette e anche L’altalena, tela in cui una
donna riccamente vestita gioca con altri uomini, dondolandosi pigramente, mentre un bimbo osserva. Entrambi i quadri sono una partitura di vibrazioni luminose, distillati di mondi
evanescenti. La critica non apprezzò nessuno
dei due dipinti, che vennero acquistati dal pittore Gustave Caillebotte. Ma, d’altra parte, Renoir lo diceva sempre: «È difficile credere che
un dipinto possa appartenere alla grandissima
pittura pur rimanendo allegro».
[email protected]
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Le uscite In edicola il volume sul francese, il prossimo sarà Michelangelo
I
ost
stoo
1 dal 28 agosto
Sandro Botticelli
lli
La Nascita di Venere
2 4 settembree
Caravaggio
Canestra di frutta
3 Oggi
Pierre-Auguste Renoi
Renoir
ir
Ballo al Moulin de la Galette
ree
4 18 settembre
Michelangelo
Tondo Doni
ree
5 25 settembre
Vincent van Gogh
Girasoli
6 2 ottobre
Jan Vermeer
La merlettaia
re
7 9 ottobre
Gustav Klimt
imt
Le tre età
ree
8 16 ottobre
La festa (elegante) dei colori impressionisti
n edicola oggi con il «Corriere della
Sera» il terzo volume della collana
«I capolavori dell’arte», le monografie
dedicate a opere straordinarie: oggi
esce infatti il libro che illustra il celebre
dipinto di Pierre Auguste Renoir, Ballo
al Moulin de la Galette, in vendita a
5,90 (più il prezzo del quotidiano).
Ogni volume, introdotto dal critico
Philippe Daverio, parte dall’analisi del
capolavoro (in questo caso, uno dei
dipinti più rappresentativi
dell’Impressionismo francese) per
risalire all’intera produzione
I primi dieci titoli
dell’artista, ricostruendone la carriera,
l’ambiente e la fortuna: tra gli apparati,
da segnalare anche un’antologia
storico critica con i contributi di noti
critici e storici dell’arte, come Roberto
Longhi, Giulio Carlo Argan, Bernard
Berenson.
La prossima settimana, il 18 settembre,
in edicola il volume dedicato a uno dei
capolavori dell’arte mondiale, firmato
dal più importante maestro del nostro
Rinascimento: il Tondo Doni di
Michelangelo Buonarroti. (ida bozzi)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Piero della Francesca
Sacra Conversazione
ree
9 23 ottobre
Claude Monet
et
Impression, Soleil
oleil levant
10 30 ottobre
Leonardo da Vinci
La Gioconda
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Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
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italia: 51575551575557
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L’11 SETTEMBRE
✒
La novità è interessante ed
emerge da una ricerca condotta
dal consiglio nazionale degli ingegneri
su un campione di oltre 13 mila professionisti: la propensione ad associarsi è
in grande rialzo. Lo studio individuale
resta la modalità organizzativa prevalente (58%) degli ingegneri ma circa il
13% svolge la propria attività in forma
associata e guadagna in media tre volte
di più. Ma anche chi lavora da solo ha
sviluppato ormai una tendenza ad adottare strategie di network, anche informali tanto che più dell’80% opera in rete
con altri professionisti e imprese. Cresce anche la propensione a collaborare
con colleghi appartenenti a discipline
una volta lontane come giurisprudenza,
Ict ed economia.
Dietro questi mutamenti c’è sicuramente la pressione della concorrenza
delle strutture associate, spesso straniere che rischiano di fare l’en plein dei lavori più pregiati. Purtroppo non sta funzionando a dovere lo strumento delle
nuove società tra professionisti (Stp),
che sono ancora un numero ristretto,
nessuna di esse è interdisciplinare e
presentano gravi lacune normative. La
seconda novità della ricerca riguarda il
rapporto, in profonda evoluzione, che
lega gli ingegneri all’ordine professionale. Più della metà degli intervistati
chiede che l’Ordine si impegni a fornire
servizi di supporto all’attività professionale ovvero informazioni sulle opportunità di business, strumenti per l’organizzazione e la gestione degli studi e anche per l’avvio di partnership con altri
soggetti professionali. L’Ordine è chiamato in causa anche per favorire l’accesso e la partecipazione ai programmi e ai
finanziamenti europei. È forse la prima
volta che così nettamente si segnala una
ritrovata capacità del professionalismo
italiano di rimettersi in marcia dopo le
mille polemiche con la politica e i colpi
subiti dalla crisi. Niente è automatico e
di conseguenza queste tendenze vanno
evidentemente monitorate e incoraggiate, colmando i vuoti laddove sono segnalati (Stp) e sviluppando nel mondo
associativo un dibattito meno provinciale e più orientato all’innovazione.
Non è troppo tardi ma non va perso comunque dell’altro tempo.
Dario Di Vico
© RIPRODUZIONE RISERVATA
UNA STRATEGIA PER IL DIGITALE IN EUROPA
NON BASTANO DUE COMMISSARI
✒
Il tedesco Günther Oettinger,
esponente politico della Cdu e attuale commissario per l’energia, è il nuovo
titolare europeo dell’Agenda digitale: d’ora
in poi si occuperà dei programmi per l’innovazione. Dovrà però condividere la sua
responsabilità con l’ex primo ministro
estone Andrus Ansip, che avrà la competenza del Mercato unico digitale. Ma come
funzionerà il coordinamento tra i due? L’esperienza del passato insegna che
questo tipo di collaborazioni non ha mai avuto vita facile a Bruxelles, perché
ogni commissario tende a
gestire autonomamente il
proprio orto. Starà probabilmente al presidente della Commissione Jean-Claude Juncker fare in modo
che il «coordinamento» non porti paralisi
decisionali. E forse sarà solo il numero uno
lussemburghese a trarre il maggior giovamento, in termini di potere, da questa bislacca suddivisione di responsabilità.
Una cosa è certa: la struttura che si occupa di Agenda digitale ha scampato l’ipotesi
smantellamento, che da tempo circolava.
Ma la domanda più interessante è se il duo
Oettinger/Ansip sia una buona scelta per il
mercato e per la crescita. L’Europa ha accumulato grandi ritardi verso l’America e
l’Asia, a causa dell’eccessiva frammentazione dei mercati, del numero troppo alto di
operatori e di una politica della concorrenza che punta troppo a far scendere i prezzi
e troppo poco a far salire gli investimenti. Il
vero test, per Oettinger e Ansip, sarà la capacità di avviare la correzione della rotta
fin qui seguita, contribuendo a creare le condizioni
per un consolidamento dei
mercati. Solo maggiori dimensioni potranno infatti
liberare risorse per il nuovo
ecosistema digitale.
Nel settembre 2011, alcune uscite di Oettinger suscitarono un mare di polemiche, quando il commissario dichiarò che le bandiere degli Stati membri dell’Ue con
eccessivo deficit di bilancio pubblico
avrebbero dovuto essere esposte a mezz’asta. Speriamo che nel nuovo ruolo sia
più sobrio: nell’innovazione tecnologica è
tutta l’Europa a rischiare di dover esporre
la bandiera multistellata a mezz’asta.
Edoardo Segantini
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
NAPOLI PARALIZZATA DALLE PROTESTE
I SENSI DI COLPA DI UNO STATO IMPOTENTE
✒
Tutte le strade della rivolta portano a Napoli. Basta leggere i titoli e i
commenti di questi giorni per capire che
l’acqua in pentola è tornata a bollire. Come
negli anni Settanta con i senzatetto in piazza e i disoccupati organizzati ad assediare
le sedi dei partiti; come negli anni Ottanta
con i terroristi alleati ai camorristi; come
all’inizio del nuovo secolo con i boss approfittanti delle proteste per i rifiuti. Napoli ricorda ora Ferguson e la rivolta razziale,
ora Atene nei mesi della bancarotta nazionale, ora le banlieue parigine. E nel frattempo c’è chi confonde Rione Traiano, dove un carabiniere ha ucciso il diciassettenne Davide Bifolco, con il Parco Gezi di
Istanbul; e chi intravede i tratti di Antigone
nella madre di Ciro Esposito, il tifoso azzurro ammazzato a Roma.
Tutto è utile ad alimentare la tensione.
Da tre giorni, Napoli è paralizzata dai cortei
non autorizzati che ostruiscono le gallerie
e occupano gli incroci. In strada ci sono gli
amici e i familiari di Davide, inseguito dai
carabinieri perché in compagnia di un latitante, e il loro manifestare fa impazzire il
traffico, senza che nessuno in divisa muova un dito. Uno Stato devastato dal senso di
colpa lascia fare e guarda impotente.
Un’apparente egemonia del dolore ha messo nell’angolo politica e istituzioni. In realtà, coperti dal dolore delle famiglie, molti
ne approfittano. Sono tornati a protestare i
dipendenti dei bacini ecologici, quelli del
blitz a Sanremo. Protestano gli operatori
sanitari che hanno terminato i loro corsi di
formazione. Protestano i disoccupati storici. E già si mobilitano gli antagonisti che
inneggiano ai black bloc. A Napoli, il 2 ottobre, è in calendario un summit della Bce
e il comitato di accoglienza è in piena attività sui siti e nelle aule universitarie. I «signori dell’austerità» sono avvertiti.
Mai come questa volta, poi, storia e cronaca si saldano. Singolare la polemica a La
zanzara di Radio 24 tra il sudista Pasquale
Squitieri e il leghista Mario Borghezio. Con
il primo a ricordare che i bersaglieri di Cavour sgozzavano come gli jihadisti di oggi
e il secondo a inveire contro le madri urlanti di Rione Traiano. Entrambi ignari di
avere nei briganti antiunitari i loro esaltanti eroi comuni.
Marco Demarco
@mdemarco55
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I laici smarriti di fronte ai conflitti
e la via per la pace indicata dal Papa
di GOFFREDO BUCCINI
l sonno della ragione, si sa, genera
mostri. Ma, tredici anni dopo l’11
settembre — quell’11 settembre —, al
tempo dell’Isis, pare produrre anche
qualche paradosso. Di fronte
all’orrore causato via web dai macellai
fondamentalisti, che si mescola a un
terrore lungamente sedimentato in questi
tredici anni, il pensiero laico sembra
arretrare. Politici e intellettuali
abbandonano antiche categorie di lettura
della realtà, l’analisi razionale del divario
tra mondo industrializzato e non (alcuni
persino la vecchia differenza fra struttura e
sovrastruttura a loro cara) per abbracciare
la mistica dello scontro di religioni e
culture. La ciambella che Samuel
Huntington, con fosca preveggenza, aveva
lanciato all’Occidente cinque anni prima
dell’attacco alle Torri, sembrerebbe più
che mai la sola salvezza nell’angoscia
ancestrale sgorgata dall’immagine dei neri
tagliagole del Califfato. Il paradosso sta
nel fatto che l’unico leader a non seguire
affatto questa via, e anzi a muoversi su un
terreno che, ci fosse concesso, potrebbe
quasi definirsi strutturale in senso
marxista, è anche il solo che invece
sarebbe davvero intitolato a tenere la
questione in un perimetro strettamente
religioso e mistico: il Papa.
Francesco si richiama alla povertà, «il
cuore del Vangelo», ma alla povertà dà
battaglia, sui barconi che arrivano a
Lampedusa come nelle favelas del
mondo. Tanto da dover spiegare l’ovvio a
cinque ragazzi fiamminghi che lo
intervistavano: di non essere comunista.
«La povertà è una bandiera senza
ideologia». Da antico e saggio prete di
strada il Santo Padre pare perfino
divertirsi con i superstiti seguaci del
materialismo storico: «Ci hanno rubato la
bandiera dei poveri. Parlando con loro si
potrebbe dire: ma voi siete cristiani!». E
tuttavia la paradossale modernità di un
Papa così attento alla sofferenza materiale,
di fronte al crepuscolare smarrimento di
laici che credettero di cambiare la Storia, è
esaltata da questi mesi tanto travagliati
per tutti. Il Pil pro capite racconta la parte
del mondo che ci terrorizza molto meglio
delle farneticazioni di John, il boia
dell’Isis. Se in America è di 48 mila dollari
e in Italia di 29 mila dollari l’anno, in Iraq
scende a 2.500 dollari, che diventano 1.700
in Siria, 806 in Pakistan, 424 in
Afghanistan e 600 in quel Burundi dove tre
suore italiane sono appena state
martirizzate. Ci sono Paesi arabi in cui il
tasso di analfabetismo è del 60 per cento a
fronte del 3 per cento dell’Occidente.
Due giorni dopo l’11 settembre 2001, i
pachistani fuggirono da New York sotto gli
occhi di noi cronisti. Studenti, ragazzi,
I
CONC
GLI INGEGNERI NON FANNO PIÙ DA SOLI
BENE ASSOCIARSI, MA L’INNOVAZIONE?
famiglie attraversavano verso nord il
confine dello Stato, diretti in Canada: la
vita, nella città un tempo open space, era
diventata semplicemente impossibile per
loro. Osama aveva vinto, un ponte si
spezzava. Noi attiravamo la loro meglio
gioventù col benessere e la ricerca della
felicità. I loro ragazzi spesso tornavano in
patria occidentalizzati, portatori di una
modernità insopportabile per gli islamisti
radicali.
Tutto finì l’11 settembre e venne cancellato
dalla stagione teocon. Bush, recordman di
condanne capitali in Texas, apriva le
riunioni di governo con una preghiera al
Padreterno misericordioso. Come i mullah
che combatteva. Il multiculturalismo è
probabilmente una chimera e può essere
un grave equivoco se pretende di
rimpiazzare le leggi del Paese ospitante. Il
proselitismo fondamentalista va
stroncato, da noi e ovunque si manifesti.
Ma è difficile negare che libertà dalla fame
e dalla paura, dignità e integrità della
persona siano i soli valori universali a tutti
comprensibili. Che una ragazza afghana
preferirà di gran lunga togliere il burqa e
❜❜
Il Santo Padre si
richiama alla povertà,
«il cuore del Vangelo»,
ma alla povertà dà
battaglia
sciogliere i capelli sul prato di un campus
se solo avrà la possibilità di scegliere. Che
un piccolo martire palestinese indosserà
più volentieri una maglietta del Barcellona
che una cintura di dinamite se sarà libero
di optare. Libero davvero: dal bisogno e
dall’ignoranza. Si diventa fondamentalisti
per vuoto d’anima o di stomaco. Non
esistono culture o religioni superiori, solo
stagioni diverse. Fino a trecento anni fa
torturavamo gli innocenti in nome di
quello stesso Dio che adesso Francesco
rende accogliente persino ai non credenti
con la sua voce teneramente paterna. Il
Malleus Maleficarum, il codice di
procedura penale contro le streghe scritto
da due domenicani nel 1487, è in effetti
una buona prova dell’esistenza del
demonio solo se assumiamo che il
demonio, in quel periodo lungo più di due
secoli, trovò un comodo cantuccio in seno
alla Chiesa.
Nulla è semplice. E l’idea di leggere la
geopolitica con Feuerbach (siamo ciò che
mangiamo) può essere naif. Ma ricostruire
il ponte che Osama distrusse e che Obama
non ha la forza di progettare daccapo sarà
alla fine l’unica strada. Faticosa, ma la sola.
Per ora ce la indica un prete venuto
dall’altra parte del mondo, per dirci che
non esiste un Cristianesimo identitario e
senza Gesù: e per prendere a scapaccioni
(amorevoli) noi laici smarriti, rifluiti nelle
guerre di civiltà, immemori di quanto ci
sia costato scoprire che l’unica civiltà è la
pace.
@GoffredoB
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IL VOTO IN EMILIA
Il Pd stretto fra indagini e garantismo
di ANTONIO POLITO
SEGUE DALLA PRIMA
Una macchia fastidiosa, insomma, per
la generazione Dash, con la camicia bianca
che più bianco non si può.
Ma la cosa peggiore è che ripiomba il
partito nuovo in una questione antica, tipica dell’era che sperava di essersi ormai
gettata alle spalle: come dotarsi di una
moderna cultura garantista dopo una così
lunga pedagogia moralista e, dunque, che
fare quando uno dei tuoi è sotto inchiesta.
Al momento, la situazione è kafkiana.
Richetti si è ritirato dalle primarie perché
è indagato, ma senza averlo detto. Bonaccini l’ha detto ma non si è ritirato, confida
come al solito di dimostrare ecc. ecc. (ma
già deve sfuggire ai militanti inferociti sul
suo blog: quanto potrà resistere?). Il terzo
candidato, che non è indagato, rischia invece di essere eliminato se saltano le primarie. Il problema è che il governatore
che sono chiamati a sostituire, Errani, si
era dimesso dopo una sentenza di primo
grado nonostante Renzi gliel’avesse scon-
sigliato, poiché viene dal Pci e sta ancora
elaborando il lutto della diversità come
perfezione morale; mentre Enrico Rossi,
anche lui ex Pci, si ricandida a governatore
della Toscana nonostante sia indagato.
Nel frattempo nessuno obietta che in
Campania Vincenzo De Luca, due volte
rinviato a giudizio, si prepari a correre per
le primarie regionali. Né che al governo ci
siano quattro sottosegretari a loro volta
indagati, ma confermati.
Così il nuovo Pd si trova tra due fuochi.
Se dice, come in molti sussurrano, che
❜❜
Il partito ripiomba in
una vecchia questione:
cosa fare se uno dei suoi
finisce sotto la lente
della magistratura
l’indagine è una vendetta della magistratura per le ferie tagliate, dà ragione in un
solo colpo a vent’anni di agitazione berlusconiana contro le toghe rosse e la giustizia a orologeria. Se dice, come molti vorrebbero, che lascerà decidere ai suoi elettori e non alle Procure chi deve essere candidato e chi no, dà torto in un colpo solo a
vent’anni di antiberlusconismo, che ha
fatto strame di molti principi di garanzia e
che è stato a lungo usato come un surrogato della politica per cibare il popolo di sinistra.
Bisognerebbe che il nuovo partito-guida
avviasse dunque una riflessione: su come
essere più severi, prima che arrivino le
Procure, con chi sale sul taxi solo per arricchirsi, e meno bigotti con chi viene fatto
scendere ogni volta che fischia un pm. Bisognerebbe che Renzi ci pensasse e ne
parlasse, visto che è anche il segretario del
partito e non ha mai pensato neanche per
un nanosecondo di lasciare la carica. Ma
Renzi, per altro loquace, per ora ne tace.
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italia: 51575551575557
Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
41
italia: 51575551575557
Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a:
«Lettere al Corriere» Corriere della Sera
via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79
Lettere al Corriere
LE GUERRE DEGLI STATI UNITI
DAL VIETNAM ALL’IRAQ
Risponde
Sergio Romano
In un articolo di fondo sul
Corriere lei ci ha ricordato che
con la presidenza Obama gli
Stati Uniti non possono e non
vogliono essere un poliziotto
globale. Ritengo che lei abbia
inteso riferirsi al modo di fare
polizia «su strada», ovvero,
pattugliando il mondo 24 ore
con uomini, armi, mezzi e
intelligence. D’altro canto,
tenere di riserva in casa
armamenti e truppe pronte a
catapultarsi fuori
all’occorrenza (almeno per
salvare il salvabile) penso che
ciò sia un sistema strategico
per fare polizia di sicurezza
globale che gli Usa abbiano
ormai adottato e accettato
come vocazione nazionale.
Penso anche che molti Paesi,
fra i quali l’Italia, tengano
ONU E UNIONE EUROPEA
Giudizi sulle istituzioni
Caro Romano, guardiamoci
intorno. E alla luce di quanto
sta succedendo nel mondo e in
Europa non viene da chiedersi:
a che servono l’ Onu e l’Unione
Europea? Di che si occupano?
Che poteri hanno? Riflettendo
ancora: e se le abolissimo
entrambe, che succederebbe ?
detto sistema in costante
incontrovertibile
considerazione ai fini di
tranquillità propria. È stato
questo il senso del suo dire?
Alessandro Prandi
alessandro.prandi51@
gmail.com
tro queste richieste insoddisfatte vi è ormai da molto tempo un patto tacito: l’America
paga molto più degli altri, ma
questa generosità le garantisce
una leadership pressoché indiscussa. Resta da vedere, tuttavia, se le guerre dovute a
questa leadership abbiano
davvero giovato alla scurezza
delle democrazie occidentali.
Quella del Vietnam ha suscitato l’opposizione dell’opinione
pubblica europea e si è conclusa con una ritirata strategica
che ha lasciato l’intero Paese
nelle mani dei Vietcong. Quel-
Caro Prandi,
alleanza con gli Stati
Uniti ha certamente
permesso a molti membri della Nato di spendere per
la loro sicurezza internazionale somme modeste. Gli americani ci chiedono regolarmente
di aumentare la percentuale
del Pil (Prodotto interno lordo) destinata al bilancio della
Difesa; e ora, in particolare, sostengono che non dovrebbe
essere inferiore al 2%. Ma die-
L’
possono evitare casi di
peculato, corruzioni e
concussioni, perché non vi è
l’opportunità di radicarsi sul
territorio in modo perenne e
tessere le varie reti. Sarebbe
auspicabile, inoltre, che i
politici condannati per questi
reati non debbano avere sconti
di pena.
lavoratori. L’abitudine a un
privilegio è molto difficile da
eradicare, ma ognuno dovrebbe
valutare attentamente i
privilegi di cui gode e chiederne
l’abolizione.
Annibale Antonelli
[email protected]
Sergio Guadagnolo
[email protected]
Antonio Massioni , Milano
La società vede soprattutto il
problema che maggiormente la
concerne in un particolare momento e giudica le pubbliche
istituzioni dal modo in cui lo
affrontano. Quando le istituzioni scompaiono, travolte dalla rabbia popolare, l’opinione
pubblica si accorge che facevano molte altre cose e comincia a
rimpiangerle.
POLITICI
Accuse di peculato
Sono balzati agli onori della
cronaca i nomi di altri politici
indagati per peculato. A
prescindere da nome e dal
partito di appartenenza,
ritengo che sia opportuna e
urgente una legge che
stabilisca che un cittadino non
possa accedere al parlamento
centrale (o periferico) per più
di due mandati: solo così si
DICHIARAZIONI DEI REDDITI
italiana Giuoco Calcio incarichi
un musicista per insegnare,
come si deve, agli ‘azzurri’, il
Canto di Goffredo Mameli!
SOLO PER QUELLI DEGLI ALTRI
Mariella Mercalli, Milano
Tagli dei privilegi
BUROCRAZIA
In questa fase di spending
review, ogni categoria indica i
tagli da effettuare in ambiti
diversi dal proprio, lo stesso
accade per i privilegi: tutti a
indicare i privilegi di altre
categorie e nessuno si sofferma
sui propri. Nel corso degli anni
lotte sindacali fatte per
costruire facile consenso hanno
fornito privilegi unici in ambito
europeo a tante categorie di
Nel 1997 il ministro Bersani
abrogò una legge razziale del
1939, ma la legge restò in
vigore perché non vennero
redatti i decreti attuativi. Non
è ammissibile che la burocrazia
blocchi una legge: chi non fa il
proprio dovere deve essere
messo nella condizione di non
nuocere!
La tua opinione su
sonar.corriere.it
Secondo l’Ocse, la
scuola italiana ha troppi
insegnanti e si studia
poca matematica. Siete
d’accordo?
INNO DI MAMELI
Quella legge bloccata
Mario Bocci, Milano
Calciatori impreparati
C’è da impallidire nel sentire
cantare i calciatori. Nella
serata di Norvegia-Italia, tutti,
nessuno escluso, sono andati
fuori tempo. Nessuno ha
seguito la musica, ma ha
continuato, imperterrito, a
urlare la prima strofa, secondo
i suoi ritmi. Forse è venuta
l’ora che la Federazione
SUL WEB Risposte alle 19 di ieri
Sì
80
No
di Beppe Severgnini
del 2011 perché Obama fu trascinato nel conflitto da due
potenze europee, Francia e
Gran Bretagna, che ancora
sembrano non rendersi conto
dei danni provocati dalla loro
iniziativa alla stabilità di una
intera regione, dal Mediterraneo ai Paesi africani del Sahel.
Gli Stati Uniti sono una potenza vitale e dinamica, aperta
a sperimentazioni e innovazioni di ogni genere, dotata di
u n o s t r a o rd i n a r i o « s o f t
power», un termine utilizzato
da uno studioso di Harvard,
Joseph S. Nye, per definire un
potere benevolo e intelligente.
Peccato che ricorrano troppo
frequentemente al potere muscoloso (hard power) degli arsenali militari.
Ci voleva Andrea Bocelli per
ricordare agli italiani una
vergogna nazionale: credo
infatti che la gente debba
sapere che in Italia nella
dichiarazione dei redditi si
scarica di più donando soldi ai
partiti, anche al più piccolo,
piuttosto che a fondazioni
benefiche.
20
La domanda
di oggi
In una proposta di
legge sull’eterologa è
previsto di vietarla alle
donne over 35. Siete
d’accordo?
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Claudio Villa,Vanzago (MI)
NUOVI CALCOLI DEL PIL / 1
Attività illegali
Ma il Pil misura davvero la
ricchezza prodotta da un Paese
in un anno? Questo dubbio mi
viene quando si afferma, in
sede europea, che anche il
profitto delle attività illegali va
a comporlo. Come a dire:
«pecunia non olet»,
l’importante è che il danaro
circoli. Questa concezione
non soltanto è immorale e
pericolosa, ma anche arcaica.
La vera ricchezza nazionale è
fatta da produzioni veramente
utili per la comunità,
Alberto Voltaggio, Roma
NUOVI CALCOLI DEL PIL / 2
Paradosso pericoloso
Sommerso e illegale entrano
nel conteggio del Pil: questo
significa che quando viene
sequestrato un carico di droga
si danneggia la credibilità
economica del Paese? Fermate
il mondo, voglio scendere!
Ferruccio Guida
ferruccio.geremia@
cheapnet.it
Interventi & Repliche
Docenti e lamentele per gli stipendi
Tutti i giorni si legge che gli insegnanti
percepiscono uno stipendio basso in
rapporto al ruolo che svolgono. Non viene
detto, però, che le ore di insegnamento
sono 18 ore settimanali più qualche ora
per le riunioni scolastiche. È pur vero che
hanno i compiti da correggere e i
programmi da preparare (non tutti lo
fanno), ma queste attività vengono svolte
nelle proprie abitazioni con la possibilità,
comunque, di accudire i figli e dare
una occhiata alla «pentola che bolle sul
fuoco». Poi, vacanze natalizie, pasquali e
altro. Ci sono persone, laureate, che
escono di casa alle 8 del mattino e
rientrano alla sera tardi con uno stipendio
anche inferiore a quello degli insegnanti.
Basta lamentarsi: sono privilegiati rispetto
agli altri lavoratori.
Gloria Roti, Milano
Napoli: le proteste contro la mafia
In riferimento alla lettera «Napoli: la rivolta
di un quartiere» (Corriere di ieri)
ricordo che 100.000 persone
manifestarono contro le ecomafie a piazza
del Plebiscito, a Napoli, nel novembre
2013; solo un anno prima (ottobre 2012)
circa 3.000 persone scesero in strada a
Chiaiano e Marianella, quartieri «limite» di
Napoli, contro la camorra e l’uccisione, per
errore da parte di quella, di Lino Romano e
la fiaccolata per Andrea Nollino, vittima di
camorra, a Casoria (Na) nel giugno 2012;
quella per il sindaco di Pollica (Sa) Angelo
Vassallo, a settembre del 2010 e tante
altre manifestazioni e l’attività di
associazioni, anche legate a Libera, e
comitati. Tutto colpa di quello che,
recentemente in Italia, è diventato uno
sport nazionale: denigrare Napoli.
Alfredo Forte, Salerno
Unificazione delle forze dell’ordine
A proposito della lettera sulla difficoltà di
unificare le differenti forze dell’ordine
(Corriere di ieri), il premier Renzi ha
ricordato che il costo eccessivo è dato
dalla duplicazione delle strutture. Si
potrebbe, per esempio, fare assorbire la
polizia dai carabinieri, le 5 forze navali
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DIRETTORE GENERALE DIVISIONE MEDIA
Alessandro Bompieri
Fame e disperazione
fanno miracoli
l seminario Ambrosetti di Cernobbio, lontano dalla logorrea di Roberto Casaleggio e dai fantasmi di Matteo
Renzi, sedeva una coppia di Los Angeles. Sembrava
uscire dal film «The Social Network». Lei si chiama
Nanxi Liu, e ha co-fondato Enplug Inc., una società che
ha creato una rete di grandi schermi pubblici interattivi (per aeroporti, stazioni, impianti sportivi). Lui è Daniel Rudyak e ha fondato
Cortex Composites. Ha brevettato un nuovo cemento leggero che si
vende a rulli, come un tappeto, e s’indurisce quand’è idratato. Hanno decine di milioni di dollari di fatturato e quarantasei anni: in
due. Daniel racconta che l’idea del cemento portatile gli è venuta
nel traffico, bloccato per due ore dietro una betoniera (se non è vera, è ben trovata). Nanxi spiega, con candore impressionante, come si butta per conoscere persone che le sembrano importanti. Le
avvicina in pubblico, si presenta. «Si comincia con una chiacchierata» dice con un sorriso radioso «poi finiscono a investire nella
società». Nanxi spiega che ogni business, in qualche modo, copia
altri business, ma non è un problema. Non c’è neppure bisogno di
diventare perfetti: basta essere il 10% migliori dei concorrenti. Daniel ricorda tutti i «no» che ha raccolto prima di trovare investitori
(«Non è un problema, basta continuare a chiamare») e afferma: «I
brevetti servono solo a guadagnare un po’ di tempo». Li ascoltavamo. Si può conoscere il gusto del futuro dell’America, ma fa impressione vederlo stampato in due
occhi asiatici e in un sorriso esteuropeo. La buona notizia è: quei ragazzi non sono più soli. Sul palco,
di fianco a Nanxi e Daniel, c’erano
Molti giovani
un inglese e tre italiani. Il veneto
preferiscono
Francesco Nazari Fusetti, classe
rischiare piuttosto 1987, fondatore di Charity Stars
(aiuta le organizzazioni non profit
che elemosinare
a raccogliere fondi attraverso aste
di beneficenza, trattenendo il 15%).
un lavoro
Il triestino Beniamino Pagliaro, anche lui 27 anni, che con cinque coetanei ha creato Good Morning Italia, la migliore rassegna-stampa
in circolazione (da poco a pagamento, con successo). Il bresciano
Davide Dattoli, inventore di Talent Garden: luoghi di lavoro condivisi in diverse città d’Italia («un ecosistema dove menti brillanti e
creative possano aiutarsi e competere allo stesso tempo, svilupparsi e diventare grandi»).
Casi isolati? Non più. Questa giovane imprenditoria, fantasiosa e
ammirevole, sta sfondando. Non grazie a leggi lungimiranti, a investitori intelligenti, a coraggiose associazioni industriali. I maestri dei nuovissimi imprenditori sono altri: internet e disperazione. Uno e l’altra mettono idee in testa e ali ai piedi. Invece di elemosinare un lavoro che non c’è, ragionano molti ragazzi, tanto vale rischiare.
Ce la faranno? Sono convinto di sì. Una generazione così non si
vedeva dagli anni Sessanta: fame e freni, oggi come allora, fanno
miracoli. Se dovesse andar bene, vedrete: affamatori e frenatori in
politica, nell’amministrazione, nelle organizzazioni di categoria
proveranno a prendersi il merito. Ma noi non gli crederemo, stavolta. Il merito delle scoperte è solo degli esploratori.
@beppesevergnini
A
❜❜
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Vauro
FONDATO NEL 1876
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Italians
la per procura, combattuta in
Afghanistan accanto ai
mujaheddin contro l’Armata
Rossa, dopo l’invasione sovietica del dicembre 1979, ha
avuto per effetto la nascita di
un movimento talebano che
sopravvive tenacemente in
molte province del Paese all’apparente vittoria di George
W. Bush nell’ottobre del 2001.
L’operazione umanitaria di
George H. W. Bush in Somalia,
alla fine del 1990, è rimasta incompiuta da quando Bill Clinton ha rinunciato a mettere ordine nel Paese. Quella di Bush
junior contro l’Iraq di Saddam
Hussein si è lasciata alle spalle
un Paese devastato da una
guerra civile e religiosa che ne
minaccia l’integrità. Tralascio
l’operazione contro Gheddafi
Fondi ai partiti
@
PUBBLICITÀ
RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano - Tel. 02-25846543 - www.rcspubblicita.it
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3,00; CH Tic. Fr. 3,00 (quando pubblicato con Style Magazine Fr. 3,50);Cipro € 2,20; Croazia Hrk 17; CZ Czk. 64; Francia € 2,20; Germania € 2,20; Grecia €
2,50; Irlanda € 2,20; Lux € 2,20; Malta € 2,20; Monaco P. € 2,20; Olanda € 2,20; Portogallo/Isole € 2,50; SK Slov. € 2,20; Slovenia € 2,20; Spagna/Isole € 2,50;
dalla Guardia costiera. Negli Usa la Coast
Guard fa tutto e l’Irs (internal revenue
service) persegue i reati finanziari.
Franco Delle Piane, Genova
Il problema deflazione
Sul Corriere del 1° settembre una lettera
parlava di pericolo deflazione. Ormai
abbiamo cominciato a conoscere anche
questo termine! Finalmente i prezzi
indietreggiano. Ma ormai siamo al
paradosso: ci siamo sempre crucciati
dell’aumento dei prezzi (per anni e anni in
crescita) e ora che calano, ci si lamenta
ancora!
Massimo Furian
[email protected]
EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago
- Via R. Luxemburg - Tel. 02-95.74.35.85 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma - Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • RCS Produzioni Padova S.p.A. 35100 Padova - Corso
Stati Uniti 23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) - Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana
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La tiratura di mercoledì 10 settembre è stata di 408.630 copie
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italia: 51575551575557
Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
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Spettacoli
Il direttore d’orchestra morto a 92 anni
La Scala ricorda Orizio, una vita per la musica
La Scala «si unisce al cordoglio per la
scomparsa del maestro Agostino
Orizio», morto a Brescia a 92 anni. In
una nota il Teatro ricorda la sua vita per
«Songs of Innocence» L’album gratis su iTunes fino al 13 ottobre per 500 milioni di fan
la musica: pianista, organizzatore,
direttore d’orchestra. Orizio ha fondato
nel 1964 il Festival Pianistico intitolato
ad Arturo Benedetti Michelangeli.
I palinsesti
Sky punta su grandi serial,
talent e fiction italiane
Torna Corrado Guzzanti
Sorrisi
L’amministratore
delegato di Apple, Tim Cook (53
anni), con il leader degli U2 Bono
(54) alla presentazione dell’iPhone 6. Alle loro
spalle The Edge e
il batterista Larry
Mullen jr. In alto,
la copertina
del nuovo disco
I nuovi U2, viaggi e nostalgie rock
«Disco per un miliardo di orecchie»
La famiglia, l’Irlanda violenta: un diario personale di Bono
L’
album che ha ucciso l’album. Potrebbe
passare alla storia così «Songs of Innocence», il nuovo disco degli U2. Il ritorno di Bono e soci dopo 5 anni da «No Line on
the Horizon» guarda al futuro e straccia le regole del passato. Non per i suoni, ma per la
strategia che ha portato alla pubblicazione. È
un disco che non si compra. Chiunque abbia
un account su iTunes se lo è ritrovato pronto da
scaricare gratuitamente martedì dopo l’evento
di lancio dell’iPhone 6. Cinquecento milioni di
potenziali ascoltatori, «un miliardo di orecchie» per dirla con le parole di Bono. Numeri
che non entreranno nei record (le copie regalate non si contano nelle classifiche), ma che
nessuno ha mai potuto raggiungere. «Songs of
Innocence» uscirà poi il 13 ottobre, ma chissà
se allora ancora qualcuno — esclusi i fan dell’oggetto fisico e i collezionisti — se lo comprerà.
Nessuna svendita. Nessun tradimento della
missione del rock spiega il cantante in una lettera aperta: «Nel Dna di questa band c’è da
sempre il desiderio di portare la propria musica a quanta più gente possibile. Oltre mezzo
miliardo di persone potrà avere “Songs of Innocence” se solo lo vorrà. Gente che non ha mai
sentito la nostra musica. Che situazione mitica,
da perdere la testa, roba da 21esimo secolo».
Non è la prima volta che una band regala un
La curiosità
Apple dice addio
al «vecchio» iPod
Nel giorno in cui Apple
ha annunciato la
rivoluzione di Watch,
ha — senza saluti
ufficiali — chiuso
quella dell’iPod classic,
il lettore digitale che,
13 anni fa, aveva
cambiato il modo in
cui si ascolta la musica.
Con la versione classic
(l’unica a sparire)
muore anche l’iconica
rotella, il meccanismo
voluto da Steve Jobs
per poter comandare
iPod in modo semplice.
Ironicamente, l’addio è
avvenuto con gli U2 sul
palco: quegli stessi U2
che nel 2004 firmarono
una «special edition»
del lettore.
album. Nel 2007 i Radiohead misero in rete «In
Rainbows» chiedendo ai fan un’offerta libera.
Nello stesso anno Prince allegò a una rivista inglese «Planet Earth». I quattro hanno alzato
l’asticella. L’operazione fa bene agli U2 che
sembravano in fase di stallo (l’ultimo disco si
era «fermato» a 5 milioni di copie) e che tornano a presidiare la frontiera dell’innovazione.
Ma fa bene anche a Apple per recuperare terreno nei confronti dei servizi streaming che hanno superato per fatturato il download di cui è
leader con iTunes.
Un disco gratis cambia però il rapporto fra
artista e pubblico. La musica registrata diventa
un biglietto da visita. Gli U2 se lo possono permettere: il loro conto in banca dipende più dai
concerti che dai dischi. Difficile che un esordiente possa sostenere lo stesso sforzo. Bono la
vede diversamente. «Apple ha comprato il disco per fare un regalo ai propri clienti. È gratis,
ma è stato pagato. Se nessuno paga non esiste
musica gratis veramente gratis (o libera, visto
che Bono usa il termine free ndr). Questo
avrebbe gravi conseguenze, non per noi U2, ma
per i musicisti del futuro e la loro musica».
E le canzoni? Gli U2 sono rimasti fedeli alla
loro miscela di rock epico. Con qualche sporcatura e ruvidezza in più (e qualche inno da stadio in meno). Nei testi degli 11 brani Bono non
alza lo sguardo al futuro, ma si guarda alle spal-
le. «The Miracle (Of Joey Ramone)» è il ricordo
di un concerto dei Ramones che ispirò i quattro dubliners a mettere su una band. «This Is
Where You Can Reach Me Now» omaggia Joe
Strummer dei Clash. «California (There Is No
End to Love)» racconta la solitudine di una star
e pesca nelle memorie del primo viaggio negli
Usa. Bono ci ha messo anche tanto di personale: la strada dove è cresciuto («Cedarwood
Road»), la mamma scomparsa quando era un
teenager in «Iris (Hold Me Close)», le bombe
Altri casi
I Radiohead misero in Rete «In
Rainbows» con offerta libera, Prince
allegò «Planet Earth» a una rivista
nella Dublino degli anni di piombo in «Raised
by Wolves». Il progetto non finisce qui. «Stiamo collaborando con Apple per i prossimi due
anni — scrive Bono —. Innovazioni che cambieranno il modo di ascoltare e vedere la musica. E se vi piace “Songs of Innocence”, state
pronti a “Songs of Experience”. Sarà pronto a
breve». La rivoluzione parte 2 è in arrivo.
Andrea Laffranchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MILANO — «Ogni città rappresenta un labirinto e anche la
mente umana può diventare un labirinto in cui rimanere
intrappolati». Così Matt Dillon presenta «Wayward Pines», il
primo progetto televisivo firmato dal regista M. Night
Shyamalan, dove il titolo è il nome della città in cui il
protagonista rimane imprigionato. Una serie tv che — atmosfere
alla «Twin Peaks» — gioca sul registro del surreale (la parola più
ripetuta dall’attore americano) e che rimane sul filo del dubbio:
quello che sta vivendo Matt Dillon è reale o è solo il parto della
sua mente ormai andata? In arrivo su Fox la prossima primavera
«Wayward Pines» è una delle tante serie che puntellano il
palinsesto dei canali Fox e Sky. Un genere su cui la pay tv punta
con decisione nonostante il mercato abbia a che vedere con il
fenomeno crescente dei download illegali, perché spesso il vero
appassionato è anche uno scaricatore ben connesso. «Sky oggi è
una media company che opera su più piattaforme, con
l’ambizione di stimolare, creare mercato» spiega Andrea Zappia,
amministratore delegato
Sky. Aggiunge Andrea
Scrosati, vice president
Programming e News:
«“Gomorra” è un esempio
di talento italiano
esportato nel mondo, è già
in 70 Paesi. Proprio l’altro
ieri in Spagna ha
raddoppiato gli ascolti
della Sexta. Continuiamo a
investire». E così oltre a
«Gomorra 2», arriveranno
anche «1992» (Accorsi su
Tangentopoli) e Sorrentino
Giudice
con «Young Pope». L’effetto
A destra,
elenco è inevitabile,
Littizzetto
dunque meglio scegliere. E
giudice di
vanno segnalate su Sky
«Italia’s Got
Atlantic «House of Cards
Talent». So2» e «True Detective». La
pra, Dillon in
prima in onda dal 23
«Wayward
settembre si concentra sui
Pines»
nuovi maneggi dello
spietato lupo di Washington Kevin Spacey e della sua non meno
avvelenata moglie Robin Wright. «True Detective» in onda dal 3
ottobre invece è la storia della caccia lunga 17 anni a un serial
killer in Louisiana, ma la partita è soprattutto tra i due
fenomenali detective protagonisti, il cinico, colto quanto
nichilista, Matthew McConaughey e Woody Harrelson, meno
cerebrale del collega, traditore seriale della moglie, altrettanto
compulsivo amante di bottiglie alcoliche. Quanto
all’intrattenimento «X Factor» torna dal 18 su Sky Uno e la
novità, già annunciata, è nella giuria con i nuovi arrivi di Victoria
Cabello e del rapper Fedez. Confermati Mika e Morgan, quello
che ogni anno dice che il prossimo non ci sarà. Per la versione
Sky di «Italia’s Got Talent» bisogna aspettare marzo: in giuria
Bisio, Littizzetto, Matano e Nina Zilli. E torna Corrado Guzzanti,
che sta preparando un progetto da lui concepito e scritto: «Una
serie comica in sei puntate sulla crisi dell’intellettuale nell’era
Renzi» annuncia. Potrebbe arrivare a fine 2015, ma con Guzzanti
non si sa mai. Del resto il genio non si fa intrappolare in tristi
questioni temporali.
Renato Franco
© RIPRODUZIONE RISERVATA
44 Spettacoli
Festival A Stresa
La novità di Noseda
è l’Orfeo di Stravinskij
animato dai mimi
di ENRICO GIRARDI
Podio Noseda dirige con l’animazione dei mimi
R
iunire in un programma da concerto il Concerto
in re per archi di Stravinskij, l’Ottava di
Beethoven e la musica del Balletto Orpheus ancora di
Stravinskij è come annunciare un teorema. È come
dire che due mondi lontani lontani si possono dire
tante cose. Che la n.8, spigolosetta e «mancina» a
dispetto del suo numero di catalogo, è stravinskiana
ante litteram; che il gusto classico del sommo
musicista del Novecento è più autentico di ogni
moda neoclassica, un fatto di spirito prima che di
lettera. Autore della bellissima e, per una volta, non
banale impaginazione del concerto, uno degli
avvenimenti più significativi dell’edizione 2014 dello
Stresa Festival, è Gianandrea Noseda, che della
rassegna del Lago Maggiore è direttore artistico.
Nella fattispecie, anche il direttore musicale.
Fortunatamente però, non dirige la Stresa Festival
Orchestra in modo dimostrativo. Cerca piuttosto di
ricreare in sala quella chiarezza di disegno che le
partiture in questione rivelano anche solo a chi ne
osservi la «grafica». Sa che per questo sono
difficilissime, che non c’è linea che non sia scoperta.
Ed è encomiabile nel suo sforzo di spingere sul
tempo fino al punto massimo di non rottura, fino a
quel punto oltre il quale cioè verrebbe meno la
trasparenza del disegno formale. Il risultato non è
perfetto, specie nel primo Stravinskij, ma comunque
molto buono. Tale da far arrivare al pubblico che
bella è questa musica.
Al Palazzo dei Congressi di Stresa non c’è spazio per
realizzare l’azione coreografica di Orpheus, che tale
azione chiede però a gran voce. Ecco perché si è
deciso di rappresentare il mito di Orfeo attraverso le
immagini del Teatro di figura curate da Stefano
Monti e Monique Arnaud, animate da un manipolo
di mimi-studenti della Università Iuav di Venezia:
una soluzione godibilissima, capace nella sua
essenzialità tra simbolismo e minimalismo di andare
al cuore dell’azione mitologica. Lunghi applausi a
tutti ma soprattutto a Gianandrea Noseda,
protagonista quest’estate di una vertenza con la
dirigenza del Teatro Regio di Torino che sarà bene
risolvere positivamente, e al più presto. Per il bene di
uno dei pochi teatri d’opera italiani che naviga in
acque meno burrascose di quelle che fu costretto a
navigare Orfeo.
teatro e musica
In Platea
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voto
7
LIRICA Elektra
La profondità di Strauss
senza l’adeguata potenza
È stato uno dei dischi più
pubblicizzati dell’estate, perché è
raro riproporre titoli che godono
di ampia discografia (è
un’incisione live ma registrata
alla Philharmonie di Berlino
come fosse in studio), perché
vanta un cast (Herlitzius,
Schwanewilms, Meier, Pape) che migliore non si
riesce neanche a immaginare. Anche perché la
Statskapelle Dresden è il top per la musica di
Richard Strauss. Eppure questa Elektra diretta da
Christian Thielemann per DG sembra meno di quel
che avrebbe potuto essere. Non sfrutta tutti i
cavalli del suo motore, non si distingue per profondità
e pienezza di suono, non riesce a ricreare le
atmosfere lancinanti del dramma. Risulta in qualche
maniera attutita dala continua ricerca di trasparenza
che non guasta certo ma che finisce per togliere
slancio, come se chiarezza e potenza non potessero
convivere. (E. Gir.)
dischi
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voto
6,5
ODIN TEATRET 50 ANNI
Festa Spettacoli: Memoria con
Winther, Laukvik (foto) di Eugenio
Barba; Bianca come il gelsomino di I.
N. Rasmussen; seminari (dal 15,
Cantieri Koreja, Lecce)
7 giorni
sul palco
di CLAUDIA PROVVEDINI
TORINODANZA
Carolyn Carlson E Eva Yerbabuena:
Incontri; Zingaro di Bartabas:
Golgota, amore morte; The best of
Circa (in scena, Carignano, Fonderie)
INTERVISTA IMPOSSIBILE
Io, Nessuno e Polifemo Di e con
Emma Dante, D’Onofrio, Maringola:
apre il 67mo Ciclo Spettacoli Classici
(dal 17, Olimpico, Vicenza)
Riletture Commuove la tragedia messa in scena da D’Ambrosi con i ragazzi del Teatro Patologico
Quei terribili misteri di Medea
di FRANCO CORDELLI
R
iapertura della stagione. Ancora
festival, ce ne sono troppi, pochi hanno un senso, pochissimi
un progetto. È crescente l’impressione
che gli spettacoli vengano invitati senza che nessuno li abbia visti: è di questi giorni tale impressione per il romano Short Theatre. Del Festival di Castel
dei Mondi sono un veterano, ma da
quando i direttori si sono moltiplicati
il gioiello di Andria è un ex gioiello.
C’è di tutto, non c’è più uno spettacolo
di punta. Dove sono i fratelli Forman
di una volta? L’anno scorso, Anagoor
fu un’eccezione. Il pezzo forte del 2014
non è uno spettacolo di teatro, è
un’istallazione, si chiama Tapis magiques – L’origine du monde.
Il suo bello è che si svolge nel castello di Federico II, un topos del turismo
internazionale da quando alla fine del
secolo scorso fu dichiarato patrimonio dell’umanità. Perfino le storie della letteratura partono da questo castello, prima non ci pensava nessuno, si
cominciava con San Francesco, con il
Cantico delle Creature. Ho scritto che
il «bello» di Tapis magiques è che si
svolge proprio qui, ma è una (mia) forzatura. L’opera ovviamente va da sé. Il
francese di origine messicana Miguel
Chevalier è di fatto un video-artista.
Sul pavimento della corte ottagonale
del castello si susseguono una quantità inverosimile di immagini che attingono alla biologia, alla geometria, alla
psichedelia. Sono figure stupefacenti,
lo stupore dipende anche dalla velocità con cui si susseguono l’una all’altra.
Gli spettatori si siedono per terra e
se ne stanno lì, a rimirare, a sprofondare in un’oretta di yoga o di pura contemplazione. Non credo vi siano significati particolari sfuggiti alla mia
attenzione. Il motivo per cui anche
quest’anno sono venuto ad Andria è
però tutt’altro: perché ero contento vi
fosse un gruppo di attori che mi è
molto caro. Sono i ragazzi disabili del
Teatro Patologico.
Questo luogo eletto si trova a poche
centinaia di metri da casa mia, a Roma, sulla via Cassia. Avrei potuto vedere la Medea del regista Dario D’Ambrosi andando in teatro a piedi. Ho
preferito fare i mille chilometri di andata e ritorno per toccare con mano la
reazione di un pubblico nuovo. Anche
l’idea di Medea, benché di Medee ce
ne siano troppe, mi piaceva: mi piaceva di ritrovarvi come protagonista Almerica Schiavo, che è l’attrice che è
(accanto a lei recita il possente Mauro
Cardinali), e non posso non segnalare
Maschere Un momento di «Medea», rappresentata dai ragazzi del Teatro Patologico al festival di Castel dei Mondi ad Andria
come Medea nel nostro immaginario
abbia sostituito Le Troiane. Le Troiane
era per dire dell’umiliazione della
donna. Medea è perché registriamo
tante uccisioni di bambini. Perché ciò
accade? Non erano i ragazzi del Patologico a dover dare una risposta, loro
hanno fatto ciò che dovevano e il pubblico si è giustamente commosso e li
ha salutati con un applauso interminabile. Un buon applauso hanno ricevuto anche i due autori e interpreti di
Morsi a vuoto, la siciliana Luciana Maniaci e il pugliese Francesco D’Amore.
Sono nati come scrittori alla Holden di Torino; più tardi hanno continuato con il teatro diventando interpreti di se stessi — come accade a tante altre giovani formazioni nostre contemporanee. Ci parlano (sintetizzo al
massimo) della difficoltà a esistere di
Simona/Luciana, prima in visita da
uno psicanalista, poi visitata in casa
da un ladro. Morsi a vuoto è una com-
media che versa ironia e citazioni (anche musicali) su un che di amaro e
profondamente dolente. Più che mai
qui l’ironia è uno schermo, un tentativo di smussare. Se si pensa che, con
un intento simile, Zombitudine di
Timpano-Frosini è nel programma di
Romaeuropa, Morsi a vuoto è nell’eccellenza.
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voto
7
All Ways A Bassano del Grappa lo spettacolo del teatro delle Briciole
Giovani da frontiera sulla linea di partenza
di MAGDA POLI
M
olta attenzione al territorio, uno
sguardo sulla realtà in incroci di
linguaggi espressivi tra loro differenti, il vitalissimo Festival Operaestate
di Bassano del Grappa è stato e continua a essere una fucina per il fiorire
di nuove realtà teatrali e per la formazione del pubblico condotto a letture
critiche.
Così in spettacoli tra loro diversissimi, si è parlato dell’oggi. Si va dalla
tragedia del vivere all’ironia bonaria e
divertita di All Ways delle Briciole,
interpretato da under 25. Tutti sulla
linea di partenza e via. Individuati i
«segni» con i quali l’uomo ha disegnato il mondo, senza parole, in un
fluire d’azioni e musiche, con bastoni
di un metro si ricreano simboli e la li-
Al via Una scena di «All Ways»
nea Maginot si trasforma in quella di
fuga o di successione, o di frontiera o
in un rompete le righe. Le linee creano le situazioni che creano a loro volta altre linee e altri significati. Di peso
specifico diverso Ce ne andiamo per
non darvi altre preoccupazioni (in
stagione ai Filodrammatici di Milano) di Daria Deflorian e Antonio Ta-
gliarini, interpretato dai due e da Monica Piseddu e Valentino Villa. Un fatto di cronaca, quattro pensionate
greche decidono di suicidarsi per togliere ogni disturbo alla società in affanno per la crisi.
Un fatto e la necessità di narrarlo
in uno spettacolo che nasce dalla dichiarazione di non riuscire a fare lo
spettacolo e negando continuamente
se stesso offre, nella continua dialettica tra attori e personaggi, stratificazioni di psicologie e di sentire, cuciti
nel grigio di sensi di inadeguatezza,
di sconfitta, di inutilità e nel rimpianto di non essere riusciti a dire no. Distanza critica e immedesimazione in
uno spettacolo intenso e empatico.
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voto
8
JAZZ Brownie Speaks
AUTORI In Cile Veritas
L’incandescente concerto
del trombettista Clifford
Stile da rapper per cantare Grignani, gli alibi e la voglia
troppi amori finiti male
di una «vita spericolata»
Le celebrazioni per i 75 anni
della gloriosa etichetta Blue
Note riportano all’attenzione il
suo catalogo da varie
prospettive: ristampe che
riproducono (anche in vinile) gli
storici album originali,
valorizzazione di nuovi musicisti,
sillogi retrospettive. A queste ultime appartiene
l’eccellente «Brownie Speaks», che in 3 cd racchiude
tutto ciò che per l’etichetta ha realizzato il grande
trombettista Clifford Brown. Scomparso in un
incidente d’auto nel 1956 a 25 anni, «Brownie»
influisce ancor oggi sul linguaggio trombettistico; e
ciò basti a dichiararne la maestria. La raccolta ce lo
mostra, fra 1953 e 1954, con J.J. Johnson (questi
sono alcuni capolavori dell’epoca), Lou Donaldson e
un proprio sestetto; inoltre nell’incandescente,
famoso concerto del 22 febbraio 1954 al Birdland che
segnò in pratica la nascita dei Jazz Messengers.
Piazzare una Lupo, vettura fine
anni 90 poco azzeccata e presto
dimenticata, in una canzone.
Quella del Cile non è fantasia. È
oggettività da cronista. La
ragazza di cui canta in «Sapevi
di me» l’aveva veramente. E
aveva pure il citato padre con
l’hobby della pittura. I testi del Cile, al secondo album
con «In Cile Veritas» (Universal), hanno una lucidità
da rapper. Lontani dai cliché intimisti della nuova leva
cantautorale o da quelli del pop dei cieli sereni e dei
prati in fiore. Sono scatti a fuoco (nonostante l’alcol)
di vita, momentacci di amori finiti male (anche se alla
fine «Un’altra aurora» lascia speranza). «Sapevi di
me» è una perla per intensità. «Ascoltando i tuoi
passi» è amara ma con piglio rock. In «Liberi di
vivere» esce il ritratto di una generazione che vive di
«speranze ad orologeria». «Maryjane», la musica non
la distruttiva protagonista, è spensierata e brit.
Grignani torna sulla scena con «A
volte esagero» (Sony), album che
sa di arringa difensiva nel
tentativo di trovare degli alibi agli
eccessi comportamentali di questi
anni. «Non voglio essere un
fenomeno» è un rock in cui
rivendica il suo diritto a essere se
stesso: testo debolino e tappeto sonoro molto rumoroso.
«A volte esagero», che parte lenta con uno sviluppo rock
melodico alla Vasco, è un inno all’irresponsabilità e a
uno stato «apatico-simpatico». «L’uomo di sabbia»
ragiona sulla (sua) fragilità. Chiassosa e confusa «Il
mostro» con gran chitarra di Alberto Radius. Curiosa
nella melodia ma banale nel testo «L’amore che non
sai», «Rivoluzione serena» è un manifesto di
aspettative. E poi la copertina: faccia da compiaciuto
«maledetto» per cavalcare, con un qualche decennio di
ritardo, la «vita spericolata» in un disco sostanzialmente
inutile, dove riluce solo la sua bellissima timbrica vocale.
Claudio Sessa
Andrea Laffranchi
Mario Luzzatto Fegiz
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
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9 1111111111
POP A volte esagero
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8 1111r
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4,5
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
CANZONE DEI LUOGHI COMUNI
Il giocatore Rovina, vita. M.Martinelli,
E.Montanari, cantanti dello
Sperimentale, musiche di Carrara,
dirige Scogna (dal 12, Spoleto)
cinema
SINFONIA D’AUTUNNO
Di Bergman Solitudine. Con
Annamaria Guarnieri, Nigrelli, Milillo,
Salvatori; regia Lavia. In Chiesa:
Haendel, Frescobaldi, Bach (fino al
13, T. Cucinelli, Solomeo)
SPERIMENTALE
Transart Dopo Jan Lauwers, Song da
Ginsberg coreografia di Kjartansson;
Enthropy Symphony di Mitterer; i
Chromosom (in scena, Bolzano)
STELLE
di Josh Boone
1.697.936
2
N
I MERCENARI 3
dI Patrick
Hughes
1.530.618
Classifica
Cinetel relativa
all’ultimo
weekend
LEGENDA
in discesaU in salitaW
novità N stabile =
Redenzione e perdono
visti da Firth-Kidman
Siamo vicini al ponte sul
fiume Kwai: ex ufficiale inglese scopre il carnefice
giapponese che lo torturò
in guerra ma incontra pure
un grande amore. Sentimenti primari in match secondo le linee del libro biografico di guerra e pace di
Lomax (Vallardi) ridotto nel film d’attesa su redenzione e perdono. Ping pong temporale e cotta tra Firth sempre bravo e la Kidman cui spetta
il non facile compito rieducativo. (m. po.)
voto
6
Colpa delle stelle
Finta patina moderna
in un furbo melodramma
Fazzoletti già aperti, successo del libro di Green
(Rizzoli) e del melò di Boone con la giovane coppia
carina, innamorata (qui
molto malata) di Divergent. Il tentativo di addolcire il «cancer movie» con
giovanilismo e humour
(ma dove?), dà una finta patina moderna al molto lacrimoso polpettone con una sciolta narrazione che cede ai ricatti sentimentali e al furbo
brio narrativo. (m. po.)
11111
11111r
CITTA’ SPETTACOLO
Da Shakespeare Don’t say that
name da Macbeth, Wrong play (foto)
da Amleto, di L. Rambelli; Napoli
nella Tempesta da Eduardo, con M.
Rigillo (13-14, Benevento)
KING ARTHUR
Motus Parole e canto, umani e spiriti.
Di Dryden, musiche Purcell; con Glen
çaçi, Silvia Calderoni; Casagrande in
video (16-17, Sagra malatestiana,
Rimini)
FRA MILANO E TORINO
MITO Spaces Tour: Nils Frahm piano
elettrico, synthesizer; 2cellos Luka
Šulic e Stjepan Hauser per Michael
Frances Ha Una ballerina tra problemi di sesso e intermittenze del cuore
Le due vie del destino
Box
office
1
W 1111111111
COLPA DELLE
Spettacoli 45
italia: 51575551575557
voto
5,5
Jackson; Yuval Avital concerto di voci
(fino al 21)
A PORDENONELEGGE
La paura Di Federico De Roberto,
racconto di trincea. Regia D. Nicosia,
con M. Salvianti, Arca Azzurra (18,
Comunale, Pordenone)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
The Giver - Il mondo di Jonas
il nuovo fantasy
La leggera incoscienza di Greta Delude
da modello orwelliano
in una New York senza colori
Sulla falsariga delle allarmanti saghe fantasy
da teenager, ecco un futuribile mondo tecnologico, scolorito e omologato al peggio in cui un
16enne deve raccogliere
da Jeff Bridges la memoria del Mondo, colpa della perfida Meryl
Streep. La banalità del bene, del male, soprattutto di questo cinema orwelliano che ci
avverte sulla scomparsa delle specifiche
qualità. (m. po.)
di MAURIZIO PORRO
S
e c’è una storia d’amore in questo pulsante piccolo grande
film che restituisce ossigeno alle immagini è quella tra la 27enne
Frances Ha (come Haliday, ma nella
targhetta della posta ci sta solo Ha) e
New York, non la Manhattan di Woody, ma quella più giovane meno
mondana di chi non ha ancora firmato il patto di dare e avere con il
mondo.
La sua storia di ballerina di teatro
danza alla Bausch è divisa in capitoli
seguendo i traslochi di casa e degli
affetti, sognando Tribeca ma scendendo a Brooklyn. La grande mela
piena di morsi a metà. Vive con la
migliore amica Sophie, affetto forse
lesbico, chissà, continuamente messo in forse da incontri con uomini
poco interessanti fra cui Michael
Esper e Adam Driver, coppa Volpi a
Venezia. L’autore Noah Baumbach (Il
calamaro e la balena) riprendendo
nello splendore bianco e nero di
Sam Levy una città al neon come nell’immaginario anni 60, lancia con la
compagna e sceneggiatrice Greta
Gerwig la coppia di fatto del cinema
indipendente americano. Il film paga allegro un grosso debito con la
nouvelle vague (da Godard a Truf-
1111111111
voto
5
Sex Tape - Finiti in rete
Il filmino con Cameron
riesce solo ad annoiare
Intensa Greta Gerwig (31 anni) è la protagonista del film diretto da Noah Baumbach
faut, da Varda fino a Carax) non solo
con un viaggio lampo e premio a Parigi, ma per la scrittura emotiva che
ci rende complici di questa attrice
sensibilissima (è anche in rotta di
collisione con Al Pacino in The humbling) e capace di assumersi le indecisioni di una generazione.
Frances ha problemi col sesso e la
mastercard, non ha fissa dimora non
solo per la casa, ma perché vive e
sente le intermittenze del cuore e del
reale vede il lato nascosto: una ragaz-
za carina, intelligente, un poco ingombra dal suo ego, portatrice sana
di un disagio comune, cui gli amici
hanno coniato addosso l’aggettivo
«infrequentabile». Cammina sul filo
come quegli equilibristi che si esibiscono a New York tra i grattacieli, ma
lei saltella al ritmo di David Bowie e
la sua malinconica voglia di esserci
ci regala un’incoscienza leggera.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
1111111111
voto
Una coppietta filma tre
ore di sesso, mandando
poi il materiale per sbaglio in rete ad amici e parenti, come si immagina
già prima di entrare: peggio del trailer. A parte due
battute perdute e una corsa col cane, il film (con Jason Segel) è tremendamente molesto, noioso e volgare non per il
sesso ma per ciò che sottintende. E Cameron
Diaz continua a distruggere una già non memorabile carriera. (m. po.)
8 1111111111
voto
3
46
Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Eventi
STRADIVARI
FESTIVAL
La rassegna Oltre 40 appuntamenti fra concerti, mostre e incontri a un anno dalla nascita
A
l Museo del Violino
non poteva bastare un
concerto per festeggiare il suo primo compleanno; ha voluto sette serate con
le stelle dell’archetto, altri nove
concerti di cui tre specificamente
per i bambini, tre mostre, incontri e tanto altro ancora, per un totale di 40 eventi disseminati da
questa domenica al 12 ottobre.
Lo Stradivari Festival non è nato
per megalomania, ma come
espressione di un Museo che
non si concepisce come un reliquiario di strumenti: la musica è
l’arte che esiste nell’istante in cui
accade e ogni giornata di questo
luogo ferve di percorsi didattici e
mostre, di ricerche sull’acustica
e la conservazione del legno, sui
concerti e su momenti educational rivolti al pubblico, generico
come specifico, dai più piccoli ai
tassisti e ai poliziotti.
«La liuteria è stata inserita
dall’Unesco tra i beni immateriali
dell’umanità, e Cremona ne è la
patria — principia Virginia Villa,
direttore del Museo, sostenuto
principalmente dal Comune di
Cremona e dalla Fondazione Arvedi-Buschini —. Eravamo partiti guardinghi, pensando soprattutto alla città e alla Lombardia, ma i risultati di questo primo anno ci hanno spinto ad
ambire già a una dimensione più
ampia: 58 mila visitatori, 10 mila
spettatori alle audizioni e altrettanti ai concerti ospitati nell’Auditorium Giovanni Arvedi, un
gioiello di acustica concepito per
gustare al meglio la voce degli
otto Stradivari e degli altri archi
che conserviamo». Domenica, a
un anno esatto dall’apertura del
Museo, Pavel Vernikov inaugurerà il Festival col Trio Ciajkovskij: «Ma noi non vogliamo che
gli artisti si limitino a suonare, il
concerto deve essere solo il momento clou di un incontro più
ampio col publico — puntualizza
Villa —. Vernikov, tre ore prima
La storia
Teca preziosa
Un violino di Nicolò
Amati ex «Collin»
(1669), tra quelli
custoditi nella sala
«Lo scrigno dei tesori»
del museo di Cremona
Le corde
del cuore
Cremona, nel regno della grande liuteria
per il museo un compleanno pieno di stelle
La scultura e
il convegno
L’esterno del
museo con
«Suono d’acciaio» di Helidon Xhixha
Sabato 4 ottobre alle 11
si parlerà del
valore economico del violino con esperti economici e
di aste
(Sotheby’s)
di suonare, dialogherà in pubblico col liutaio Primo Pistoni. Abbiamo visto come l’offrire più di
una semplice esibizione attiri sia
un pubblico inesperto, che finalmente si vede introdotto ed educato a capire i fascinosi ma spesso oscuri misteri della classica,
sia il pubblico molto preparato
che raramente può incontrare gli
Un’attrazione di successo
In 12 mesi sono stati 58 mila i visitatori,
molti dall’estero: 10 mila gli spettatori
alle audizioni e altrettanti ai concerti
nell’Auditorium Giovanni Arvedi
artisti e sentirli parlare».
Sempre per intercettare un
pubblico più ampio il cartellone,
disegnato da Francesca Colombo, si apre a generi diversi: «Viktoria Mullova imbraccerà lo Stradivari Julius Falk del 1723 prima
per un Partita di Bach poi, assieme a chitarra e percussioni, per
uno scoppiettante “Stradivarius
in Rio” sulle note di Nucci, Azevedo, Veloso e Misha, il figlio che
Viktoria ha avuto da Abbado. Anche lei incontrerà il pubblico assieme al liutaio Marcello Ive». Dal
samba a un doppio tango: Richard Galliano incrocerà la sua
fisarmonica col violino di Guido
Rimonda, accompagnati dalla
Camerata Ducale tra Vivaldi, Bach, Piazzolla e lo stesso Galliano;
Sonig Tchakerian e l’Orchestra di
Padova e del Veneto confronteranno le Quattro Stagioni di Vivaldi e Piazzolla. Poi il violino
jazz di Regina Carter e quello
classicissimo di Salvatore Accardo, solista in Bach con l’Orchestra da camera italiana. «Meno
altisonanti ma per me ugualmente importanti sono i tre appuntamenti per i bambini, la domenica pomeriggio — sottolinea
Villa, citando — “L’Oca Rina alla
scoperta della musica” o “Quante
storie per un violino!”, nonché le
matinée domenicali con i quartetti Stradivari, Matamoe e di
Cremona. E le tre mostre: “Cremona 1937”, per ricordare la nascita del Museo di liuteria moderna; “Maestri”, per omaggiare
quattro grandi liutai, Bissolotti,
Guicciardi, Morassi e Scrollavezza, che sono stati i maestri di tutti
gli artigiani oggi attivi: incontrarli sarà incontrare la tradizione; “Liutai italiani del XXI secolo”, con gli strumenti di oltre 160
artisti: sarà un patrimonio immateriale, ma oggi la liuteria è viva e vegeta, qui lo si può vedere e
toccare con mano».
Enrico Parola
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nella bottega del grande artigiano, uno dei maestri mondiali insieme con Francesco Bissolotti, Giancarlo Guicciardi e Renato Scrollavezza
«Qui dentro nasce un violino al mese. Da 60 anni»
Gio Batta Morassi: «Ma quest’anno
nessun italiano è iscritto alla mia scuola»
G
li artisti non hanno orari. Nel bar di
fronte al laboratorio (che vanta
una sua «testa» di violino di fianco alla
cassa) c’è anche un fotografo inglese di
un’università giapponese. Gio Batta
Morassi, leva liutaria classe 1934, affonda lo scalpello nel legno come lama
nel burro. Tecnica pura. Il Maestro ha
sempre lavorato in giacca e cravatta.
Ancora oggi il grembiule da lavoro lo
mette controvoglia. Dai tempi in cui la
moglie lo malediva per ogni camicia
che portava a casa da buttare la sera. La
polvere si lava, la vernice molto meno.
È cresciuto al riparo tra le montagne
della Carnia, dove il violino nessuno
sapeva cosa fosse. A 15 anni, una borsa
di studio gli è valsa un biglietto di sola
andata per Cremona. In treno, la scoperta della sua America. La prima volta
in cui è salito in cattedra alla Scuola di
Cremona era il ’58 e con lui tornava a
insegnare la grande tradizione italiana.
Oltre la vetrina del laboratorio, passano due ragazze svedesi con il loro violino sottobraccio come una baguette.
Alla scuola di liuteria, su 50 iscritti,
quest’anno non c’è un italiano. Arrivano tutti dal Giappone, Cina, Taiwan.
Magari Bulgaria, Romania. «Troppi
italiani oggi sono lavativi: è un lavoro
dove ci vuole molta testa e tante mani.
Ma questa è un’arte che non morirà
mai, è il simbolo di un artigianato che
funziona senza bisogno di macchine»
racconta Morassi. Uno che per diventare «il maestro», come tutti lo salutano
per strada, ha imparato a lavorare con
entrambe le mani per non tradire la vena del legno. «La liuteria è una scienza
simmetrica» spiega. Così è diventato il
liutaio più veloce del mondo, senza
tradire una briciola di qualità. «Sono
riuscito a fare in tre giorni un violino
per cui altri impiegavano due mesi. È la
mia natura, sono sempre andato veloce. Anche oggi vado avanti indietro con
il mio Friuli, Vienna, Budapest, Praga,
quando posso in macchina».
Simeone Morassi, 48 anni, porta
avanti il laboratorio di papà. Un violino
al mese, tutti pezzi numerati, già prenotati per i prossimi tre anni. Suo figlio
ha 17 anni e nessuna intenzione di tradire l’albero musicale di famiglia.
«D’estate viene a dare una mano in laboratorio: non è facile ma mi sembra
convinto, si è scottato, affettato dita, ha
capito che gli piace» racconta Simeone.
La prima cosa che colpisce in un laboratorio di liuteria è il rumore. Vecchi
suoni dimenticati. Fresa, lime. La polvere del legno che cade lasciando una
scia musicale. Ci sono le stanze di costruzione, la sala di verniciatura con
vasetti di sottaceti e gusci di capesante
prestati alla causa («una cosa bella va
utilizzata ovunque arrivi»). Poi un piccolo studio fotografico per immortala-
re i modelli finiti e la stanza acustica,
dove i musicisti si chiudono per ore per
provare gli strumenti. Un liutaio difficilmente sarà anche un artista. «Abbiamo la mano dura, ma l’orecchio abbastanza morbido per convincere il musicista a fidarsi di noi. Dopo aver scavato e limato il legno, difficile avere la
seta nelle dita per suonarlo» spiega Gio
Batta. Racconta del legno, che spesso è
andato a tagliare di persona, intorno a
Francesco
Bissolotti (1929)
Giancarlo
Guicciardi (1940)
I colori del suono Gio Batta Morassi (1934) nel suo laboratorio (M. Scarpa/Skorpionpress)
Renato
Scrollavezza (1927)
Sarajevo. Abete, lo stesso dell’albero di
Natale. «Ci sono pezzi di legno che devi
saper aspettare 40 anni: a volte lo si
sceglie insieme al musicista in modo
che possa anche andare incontro al suo
gusto estetico». È capitato poi che
qualcuno azzardasse troppo sulla richiesta. «Io al violino di Hello Kitty ho
sempre detto no» ripete con una faccia
che suona 60 anni di onorata carriera.
Gio Batta Morassi ha appena compiuto 80 anni. In Carnia l’hanno eletto
cittadino onorario. In Giappone lo invitano trattandolo da re («viaggi in business, cene con ministri che non parlano inglese e si vive di sguardi»). A
Cremona, alla grande festa organizzata
dal figlio c’erano tutti gli ex allievi. Il
più giovane aveva 70 anni. Venuti dall’America come dalla Georgia. Ancora
oggi i giovani che frequentano la Scuola passano di qui a trovarlo. «Da me vogliono una critica che possa farli crescere». Cammina nel laboratorio e a distanza di metri vede imperfezioni di un
millimetro. Sfoglia vecchie riviste con
sue interviste rilasciate alla Pravda come al New York Times. In un angolo il
figlio Simeone sta accordando uno degli ultimi pezzi costruiti. Con la coda
dell’orecchio, Gio Batta non perde una
nota. «Io non suono, non ho mai avuto
il tempo. Però, so ascoltare».
Stefano Landi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
La guida Le biglietterie del Museo del Violino e del Teatro Ponchielli
sono su www.stradivarifestival.it. Ingresso al Museo, prezzi: intero 10
euro, ridotto 7 euro. L’ingresso alle mostre e agli incontri è incluso nel
biglietto del Museo. Info: 0372/080.809 e www.stradivarifestival.it.
Aggiornamenti sulle pagine Facebook del Museo e su Twitter con
l’hashtag #stradivarifestival. Facebook: https://www.facebook.com
/museodelviolino. Twitter: @museodelviolino
Eventi 47
italia: 51575551575557
L’altro appuntamento Restando in tema, dal 26 al 28 settembre
CremonaFiere ospita la 27a edizione di Cremona Mondomusica,
salone internazionale degli strumenti musicali d’artigianato (senza
dimenticare le ultime novità dal mondo digitale), e la quarta edizione
di Cremona Pianoforte – The Piano Experience, fiera dedicata a
professionisti e appassionati dei tasti d’avorio. Info: tel. 0372/598011,
www.cremonamondomusica.it, www.cremonapianoforte.it
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l’«app»
Eventi
Informazione, approfondimenti,
gallery fotografiche e la mappa degli
appuntamenti più importanti in Italia.
È disponibile sull’App Store
di Apple la nuova applicazione
culturale del «Corriere della
Sera Eventi».
È gratis per 7 giorni.
L’intervista La celebre violinista russa, in scena il 27 settembre, e la musica senza confini
Tra Bach e le sonorità del Brasile
scopro un nuovo talento, mio figlio
Viktoria Mullova e il brano di Misha, nato dal legame con Abbado
B
ach e Brazil. Johann Sebastian e Caetano Veloso, il barocco e la bossanova, musica per meditare e musica per
ballare... Bisogna saper osare per
accostare mondi così lontani, separati da un oceano geografico e 400
anni di storia. Viktoria Mullova osa.
La celebre violinista russa promette
di lasciare senza fiato chi assisterà
al suo concerto cremonese il 27 settembre. Bach nella prima parte da
sola (dalla Partita n.1 in si minore),
Veloso, Chico Buarque, Antonio
Carlos Jobin e molti altri nella seconda, stavolta insieme con l’ensemble che vede suo marito Matthew Barley al violoncello, Paul
Clarvis e Luis Guello alle percussioni, Carioca Freitas alla chitarra.
Quanto a lei, visto che siamo nel regno del violino, ne suonerà non
uno ma due.
«Il mio Guadagnini del 1750, il
cui archetto barocco è perfetto per
la musica di Bach, mentre per la
parte brasilera userò il mio Stradivari “Jules Falk” del 1723», precisa
l’artista che mai si separa da suoi
«gioielli». Due «solitari» della liuteria a confronto in repertori molto
diversi. «Sono molto curiosa di
sentire il loro suono in questo nuovo Auditorium sorto dentro il Museo del Violino, la cui acustica mi
dicono straordinaria».
Ma la scorribanda carioca nasconde una sorpresa. Tra i brani che
Viktoria e la sua band eseguiranno
ce n’è uno firmato da un compositore per nulla brasiliano il cui nome, Misha Mullov-Abbado, racchiude i talenti di due genitori fuori
dal comune. Un bel ragazzo, nato
dal suo legame con Claudio Abbado, votato per la musica in modo
La seduzione
Dialogo generazionale
La violinista russa Viktoria Mullova
(1959) con il suo Stradivari e, sopra,
il figlio Misha Mullov-Abbado, 23
anni: diplomato alla Royal Academy
di Londra è contrabbassista e
compositore jazz. Ha vinto
recentemente il Kenny Wheeler Prize
straordinario. A 23 anni Misha è già
un affermato contrabassista, diplomato alla Royal Academy of Music
di Londra, adora la «classica» e
compone jazz. Premiato qualche
mese fa con il Kenny Wheeler Prize
come miglior artista giovane.
«Misha ha scritto una versione jazz
di “Brazil”. Mi è molto piaciuta, si
intona bene con le atmosfere e sonorità di un Paese che mi emoziona
e che ho voluto celebrare nel mio
ultimo cd,“Stradivarius in Rio”».
Con Misha finora non si è mai
esibita in pubblico: «A casa però
suoniamo molto spesso insieme. E
ci divertiamo moltissimo». Coinvolte nel «sound of music» familiare anche le sue due figlie, Katia e
Nadia. «Che ha 16 anni e frequenta
la Royal Ballet School. Sono felice
delle loro passioni. Ma mai ho fatto
❜❜
In famiglia
A casa suoniamo spesso
insieme e coinvolgiamo
anche le altre due mie
figlie, Katia e Nadia
Protagonisti
pressioni di sorta. Mai avrei spinto i
miei figli in una direzione piuttosto
che in un’altra. Libertà, è la parola
chiave della mia vita. E spero anche
delle loro».
Una libertà che Viktoria ha dovuto conquistarsi con coraggio e determinazione. La stessa con cui a 5
anni iniziò a studiare violino al
Conservatorio di Mosca. Ma crescere nell’Unione Sovietica dell’era
Breznev non era facile. Tanto più
per un’artista ribelle come lei. Così
a 23 anni Viktoria approfitta di una
tournée in Finlandia per sottrarsi ai
controlli feroci del Kgb, fuggire in
Svezia e, nascosta sotto una parrucca bionda, raggiungere l’ambasciata americana per chiedere asilo politico. «No, non ho mai provato nostalgia o rimpianti per il mio Paese.
Vivo a Londra da 23 anni, la mia casa e le mie radici sono lì. A Mosca
non ho lasciato amici né affetti. Andarmene mi ha dato solo un senso
di sollievo. Una smisurata felicità
all’idea di non doverci più tornare».
La Russia di adesso è molto cambiata. «Di sicuro è molto cambiata
Mosca. Ma non in meglio. Rispetto
allora ci sono tantissimi ricchi.
Tanto ricchi che nessuno può immaginare quanto. Denaro che chissà da dove arriva. Meglio non saperlo. D’altra parte invece c’è una
povertà tremenda. E ora l’Ucraina...
È spaventoso quello che sta accadendo».
Ingiustizie, costrizioni, barriere.
L’impegno di Viktoria è continuare
a scavalcarle. Come donna e come
artista lei non accetta confini né divisioni. In piena libertà ha vissuto il
suo privato, in piena libertà vive la
musica. «La mia gioia più grande.
Pari solo a quella che mi danno la
natura, i miei figli, mio marito. Tutto è sempre questione di armonia,
di ritmo, d’intesa. Bach o i Pink
Floyd, Brahms o Miles Davies... Antica o contemporanea. Classica,
rock o pop. Purché sia bella, la musica è musica».
Giuseppina Manin
Natalia Gutman La violoncellista
suonerà Bach e Beethoven il 4
ottobre alle 21, accompagnata
da S. Moroz e D. Hoffmann
Avi Avital Al mandolino si
esibirà l’11 ottobre alle 16, al
Museo Civico, con musiche di
Bach, Sauli, Bloch e Kuwahara
Salvatore Accardo Suonerà
Bach e Dvorak l’11 ottobre
alle 21, in qualità di direttore
e violino solista
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La lunga sequenza di furti, mirati o casuali. Dall’avventura dello strumento di Amoyal all’ultimo caso del gennaio scorso
Solisti e ladri, quella sfida tra «virtuosi»
Per gli Stradivari e i suoi «fratelli»
un’infinita passione criminale
P
eggio che con un figlio piccolo.
Neanche un istante si può lasciare da solo un violino, e non c’è bisogno che sia uno Stradivari costato
milioni e milioni. I ladri di strumenti
più o meno preziosi sono sempre in
agguato. Furti «mirati» e furti casuali. Pensiamo a quello dello Stradivari
Lipinski 1715 (valore: 3,5 milioni di
dollari) rubato nel gennaio di quest’anno a Frank Almond, primo violino della Milwaukee Symphony Orchestra, aggredito con uno storditore
elettrico mentre tornava alla macchina dopo un concerto. L’anno scorso è
stato ritrovato uno Stradivari 1696,
dopo tre anni di «sparizione»: la sua
proprietaria, la violinista coreana
Min-Jin Kym era a Londra, alla stazione di Euston, mangiava un panino
a un chiosco, ha guardato un attimo
il telefonino e...
Neanche in chiesa si può star tranquilli: lo scorso aprile, un solido Hornsteiner 1804, plasmato con i legni di
Mittenwald, è stato rubato al violinista Damiano Bordoni nel Duomo di
Novara. Il maestro aveva appena concluso la «Passione secondo Giovan-
ni» e aveva appoggiato lo strumento
in una sala della Cattedrale...
Il colmo della sfortuna è toccato a
un virtuoso eclettico come Luigi Alberto Bianchi: nel 1980 gli rubano
una viola Amati 1595, la «Medicea»,
rompendogli il finestrino della macchina, lasciata in piazza Scala a Milano (happy end: i Carabinieri l’hanno
recuperata nel 2006); nel ‘98, i ladri
gli svaligiano anche la casa a Roma,
trafugando uno Stradivari, il «Colossus» 1716...
Lo Stradivari Gibson 1713 oggi
suonato dal giovane statunitense Joshua Bell ha una storia curiosa: rubato nel 1936 in un camerino della Carnegie Hall (il proprietario, il violinista Bronisław Huberman era in scena
e stava suonando... un altro violino,
un Guarneri 1731), è riemerso solo
nel 1985, riconsegnato alla polizia
dalla vedova del ladro, violinista di
strada...
Ma il caso più avventuroso è quello occorso al francese Pierre Amoyal e
al suo Stradivari Kochanski 1717, appartenuto allo Zar Nicola II. È il 15
aprile 1987. Amoyal si trova a Saluzzo
per una masterclass. «Arrivo davanti
all’hotel con la mia macchina, — racconta nel suo libro «Pour l’amour
d’un Stradivarius» —. Non trovo parcheggio, mi metto in seconda fila. Col
mio violino in mano corro nella hall,
dove mi aspettano le mie valigie. Appoggio il giubbotto su una sacca, e
sopra le chiavi dell’auto. Non lascio il
violino neanche per un istante. Ho
tante borse da sistemare, ma per primo mi occupo del mio amico Kochanski, che adagio sul sedile poste-
Attenzione morbosa Pierre
Amoyal con il suo Stradivari
del 1717. Sopra il ritrovamento dello strumento nel ‘91
riore. Torno nella hall, prendo il
giubbotto, cerco le chiavi, corro verso la macchina, credendo di averle lasciate dentro. Il ladro è già al volante,
il motore ruggisce, la Porsche schizza
via»... Il ladro voleva solo il bolide?
«On a volé non âme», «Mi hanno
rubato l’anima», piange Amoyal nelle
interviste di quei mesi. È così: per un
violinista lo strumento non è solo
«strumento», non è soltanto la carriera, è la sua voce, una parte di sé, e
la sua perdita è come un’amputazione. «Come se avessero rapito mia figlia», dice il maestro. Salvatore Accardo, con grande nobiltà, gli presta
uno dei suoi violini, lo Stradivari
«Uccello di Fuoco». Ma Amoyal non
si rassegna. Si trasferisce in Italia, ingaggia investigatori privati. Dopo
due anni di silenzio, i «rapitori»
emergono dall’ombra e chiedono tre
miliardi di lire di riscatto (lo riporta
«Le nouvel observateur»). Intanto, il
ladro della Porsche viene trovato torturato e ucciso, forse dai complici.
Altri mesi di indagini, la traccia di
una fotografia e poi il colpo finale: l’8
aprile 1991, un blitz dei Carabinieri
blocca la Mercedes dei rapitori mentre stanno trasferendo l’ostaggio in
un altro nascondiglio. Lo Stradivari è
salvo, Amoyal ritrova la sua anima...
Gian Mario Benzing
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Quartetto di Cremona
Eseguirà musiche di
Lachenmann e Beethoven
il 28 settembre alle 11
Richard Galliano Alla
fisarmonica si esibirà con
Guido Rimonda al violino il 2
ottobre alle 21 (foto Greppi)
48
Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Sport
Serie B, solo un pari per il Latina Infortuni, Pato attacca il Milan
Si è chiuso sullo 0-0 (rigore sbagliato dal laziale Paolucci) il recupero della 1ª giornata di serie B tra Vicenza e Latina. Classifica: Perugia p.
6; V. Lanciano, Cittadella, Ternana, Livorno, Trapani, Carpi e Latina 4;
Bari, Pro Vercelli, Spezia, Frosinone e Avellino 3; Varese (-1) e Pescara
2; Catania, Bologna, Entella, Modena e Vicenza 1; Brescia e Crotone 0.
«Sono tornato in Brasile per guarire. In Italia non mi hanno saputo curare». Pato, che nei suoi anni rossoneri ha fronteggiato decine di infortuni muscolari, attraverso l’«Estado de S.Paulo», attacca il Milan. «Ho girato il mondo
per curarmi ma hanno sempre fatto tutto in fretta rimandandomi in campo
troppo presto. Da due anni non ho infortuni, il problema non ero io».
La Nazionale Dopo due vittorie è tornato
l’entusiasmo. Il c.t. frena e invia un messaggio
a Balotelli: «Chi verrà dovrà lavorare forte»
MILANO — «Questo gruppo
mi ha conquistato», confessa Antonio Conte dopo due vittorie,
quattro gol segnati e neppure
uno subito. Sono stati sufficienti
nove giorni di lavoro per far scattare il feeling con la Nazionale.
Perché anche la squadra è innamorata del nuovo allenatore.
«Con lui sappiamo cosa dobbiamo fare», spiega Daniele De
Rossi, il secondo azzurro per
presenze (la prossima sarà la
centesima in azzurro). «Ci
fa lavorare tanto sul piano
tattico», aggiunge il romanista. Però funziona.
L’Italia ha già un’identità precisa: «Di certo
non ci affideremo al
tiki-taka», dice Conte, che chiude definitivamente con il
passato. Non siamo
spettacolari, forse,
o almeno non ancora. Ma compatti,
solidi, rabbiosi,
determinati. Una
squadra con
l’anima. L’anima
di Conte. «Ora
andrò in giro a
cercare altri gio-
Assente
Rivelazione
Mario Balotelli, 24 anni, non è stato chiamato da Antonio Conte
(a sinistra) per le due gare contro Olanda e Norvegia (Ansa)
Simone Zaza, 23 anni, in gol contro la Norvegia. Aveva
debuttato nell’amichevole contro l’Olanda (Getty Images)
Conte accende
il fuoco sacro
La squadra
C’è il nodo Pirlo: con lui
De Rossi fa il difensore
o rischia di perdere il
posto. Verratti indietro
catori senza preclusioni, ma chi
verrà in Nazionale dovrà lavorare
come hanno fatto questi ragazzi».
Un messaggio sin troppo chiaro a
Mario Balotelli, il grande assente
di questa ripartenza e al tempo
stesso il grande sconfitto. Se prima Mario era al centro del progetto, ora è marginale. Dopo aver
visto all’opera Zaza e Immobile e
considerando che il c.t. intende
recuperare gli indisponibili
Osvaldo e Pazzini, per Balo c’è
una sola strada percorribile: mettersi in mostra sul campo. Quando sarà pronto, Conte gli concederà un’opportunità, una sola,
senza sconti, né condizionamenti: o entra nei meccanismi del
gruppo e si comporta come gli altri o resta a casa. Si può fare a me-
Il tecnico: «Conquistato dal gruppo
e niente tiki-taka». SuperMario rischia
Ora l’incontro per la pace con la Juve
no di lui. Non basta la fama, ci
vuole fame. «E io sono il primo ad
averne. Come Buffon, Bonucci,
De Rossi. Con gente così mi auguro che la voglia di vincere rimanga in tutto il gruppo. Voglio giocatori che abbiano il fuoco dentro». Non è solo il pensiero di
Conte. Anche gli azzurri, soprat-
tutto i vecchi, vogliono cavalcare
l’idea del tecnico: faticare per vincere. Senza risparmiarsi e senza
cali di tensione.
L’Italia è partita forte. Ma sarebbe sbagliato illudersi che la
crisi del calcio italiano sia stata
superata solo perché abbiamo
messo sotto Olanda e la tenera
Norvegia. E Conte è il primo a saperlo. «Non sono un taumaturgo
e non faccio miracoli», avverte. E
perché in Nazionale manca la
continuità del lavoro. «Ogni volta
si riparte da zero», avvisa Fabio
Capello, c.t. della Russia. E poi se
è vero che il nuovo allenatore ha
già dato un’impronta alla squa-
dra, è altrettanto vero che la qualità del gruppo è piuttosto bassa e
non sarà facile migliorare da questo punto di vista.
Il gruppo, più o meno, è questo. Conte lo ha promosso. Facile
immaginare che rientreranno
Barzagli e Chiellini in difesa e i già
citati Pazzini e Osvaldo in attacco.
A centrocampo c’è curiosità per
Pirlo, che dovrebbe tornare in
gioco a ottobre, ma potrebbe pestarsi i piedi con De Rossi. Nella
filosofia di gioco del nuovo tecnico gli interni devono essere bravi
ad attaccare la profondità. Di conseguenza se sarà Pirlo a guidare il
centrocampo, De Rossi può giocare in difesa (ma è difficile togliere il posto a Bonucci) oppure
darsi il cambio con lo juventino.
Verratti, invece, rischia di essere
chiuso. Staremo a vedere. Conte
va oltre. «Abbiamo messo in moto la macchina, ora bisogna centrare la qualificazione all’Europeo». Il tecnico, in compagnia di
Oriali, a stretto giro di posta (forse già oggi) farà visita alla Juve
per chiudere il caso Chiellini.
«Sentirò presto Marotta per chiarire ogni cosa», garantisce il team
manager. Perché, come dice Conte, solo uniti possiamo tornare a
vincere.
Alessandro Bocci
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Antirazzismo Alla conferenza Respect Diversity, assente il presidente della Figc, il numero 1 dell’Uefa ritorna sul caso. «Non è più tempo di un calcio bianco e machista»
«Stupore e riprovazione», Platini non perdona Tavecchio
ROMA — «Sono frasi che
hanno provocato stupore e riprovazione». Le parole di Michel Platini, presidente della
Uefa, introducendo la quarta
conferenza Respect Diversity,
sulla lotta a razzismo, discriminazione e intolleranza nel
calcio, sono chiare. Ed è una
scelta non fare il nome di chi
ha pronunciato quelle frasi
sui «mangiatori di banane»
— e cioè Carlo Tavecchio —,
che da Platini viene citato come «colui che è recentemente
diventato presidente Figc».
La Uefa ha aperto un’indagine sul caso Optì Pobà: «C’è
chi deciderà in merito e non
tocca a me pronunciarmi». Il
finale arriverà entro fine mese — forse prima — perché la
Uefa si è presa il tempo per
tradurre le carte dell’archiviazione italiana.
L’assenza del presidente federale della nazione che ospita l’evento è clamorosa. Solo il
presidente della Lega di serie
A e vicepresidente federale vicario, Maurizio Beretta, per
ovvi motivi, non vede nelle
parole di Platini «un attacco a
Tavecchio, semmai un elemento che ha ricordato un
dato di cronaca». Per due deputati del Pd, Khalid Chaouki
L’inchiesta Uefa
Le Roi sul caso Optì
Pobà: «C’è chi deciderà
in merito e non tocca
a me pronunciarmi»
e Laura Coccia, «l’imbarazzante assenza del presidente
della Figc costituisce un’umiliazione per l’Italia e per il calcio italiano ed è di per sé una
sconfitta in tema di lotta al
razzismo».
Platini ha affermato che
non è più tempo per un calcio
«bianco e machista, ma non
possiamo essere orgogliosi di
questa quarta edizione di Respect Diversity negli ultimi
undici anni perché è la constatazione di un fallimento».
Il razzismo è ancora ben presente nel calcio, megafono
per chi vuole fare passare certi messaggi. Per questo è importante combatterli con leggi efficaci — sportive e non
—, ma lo è altrettanto aprire il
dibattito a 360 gradi per evi-
Parodia
L’ultima
imitazione
di Crozza
Maurizio Crozza
(nella foto) imita
Carlo Tavecchio.
Il comico ha
preso di mira
il presidente
della Figc dopo
l’infelice frase
su «Opti Pobà
e le banane».
Il video si può
vedere sul sito
corriere.it
tare ogni tipo di intolleranza
(genere, colore e orientamento sessuale), ma anche, come
ha detto acutamente un delegato croato, dell’ultimo grado
di discriminazione: la povertà. Sarebbe stato bello parlarne con Platini, «integrando»
tutti i mass media presenti,
ma nessuno è perfetto, nemmeno Le Roi. Lo erano, semmai, i suoi calci di punizione.
In questo senso, con lo
spettacolo e con i comportamenti, il calcio può dare una
mano alla crescita sociale sui
temi antirazzisti. Per questo,
tra i relatori, c’era il presidente della Juve, Andrea Agnelli,
che ha parlato della partnership con l’Unesco, chiamata
«Gioca con me», che «è incentrata sull’educazione co-
me chiave per combattere
tutte le forme di discriminazione e promuovere l’integrazione. L’Italia sta prendendo
coscienza solo adesso della
portata dell’immigrazione di
massa. Le nostre squadre sono diventate laboratori multiculturali. I nostri tifosi non
sono interessati alla provenienza dei calciatori, l’unica
cosa che conta è che siano
una squadra. Nella Germania
campione del mondo Miroslav Klose, che è nato in Polonia, è diventato un’icona. Se
l’Italia raggiungesse un livello
di integrazione sociale e sportiva pari a quello tedesco ne
trarrebbe vantaggio sia dentro che fuori dal campo».
Luca Valdiserri
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Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
Sport 49
italia: 51575551575557
Suarez in campo contro il Real Coppa Davis, oggi il sorteggio
Basket, la Serbia in semifinale
Luis Suarez sarà in campo in Real Madrid-Barcellona, in programma
al Santiago Bernabeu il 25 ottobre (ore 18). L’attaccante finirà di scontare i quattro mesi di squalifica per il morso a Chiellini (a Natal, 24 giugno) proprio il giorno prima del «Clasico». Lo ha confermato il Tribunale Arbitrale dello Sport: lo stop va dal 25 giugno al 24 ottobre.
La Serbia raggiunge Lituania e Usa nelle semifinali del Mondiale di basket
in Spagna: la squadra di Djordjevic ha travolto il Brasile (84-56) delle stelle
Nba Varejao e Splitter. La Serbia, che l’anno scorso negò all’Italia l’ultimo posto per il Mondiale, è decollata nel 3°quarto (29-12) con un grande Teodosic
(23 punti): adesso affronterà la vincente della sfida tra Spagna e Francia.
Oggi alle 12 alla Victoria Hall di Ginevra il sorteggio-conferenza stampa
per la semifinale di Coppa Davis Svizzera-Italia in programma da domani
nella hall 6 del Palexpo, seconda arena più grande del mondo (18.500 posti),
dopo l’Arthur Ashe Stadium di New York (23.200). Svizzera favorita con Federer (3 del mondo) e Wawrinka (4) contro i nostri Fognini (17) e Seppi (48).
Trasformazione Il rilancio di Giaccherini e la scommessa Florenzi
Zaza, Immobile & c.
Quelli con la fame
che piacciono al c.t.
Il nuovo Verbo: applicazione e intensità
Certezza
Ciro Immobile, 24 anni, è l’unico degli attaccanti chiamati da
Antonio Conte ad aver giocato il Mondiale (Getty Images)
✒
E adesso
chi si ricorda
di Balo?
di ALBERTO COSTA
N
on è la prima volta, nel
passato prossimo della
nazionale, che un c.t. parte
sparato, con due vittorie
consecutive. Nel ’98 Dino Zoff,
se possibile, fece addirittura
meglio di Antonio Conte,
spezzando le reni al Galles (a
Liverpool) e poi alla Svizzera,
anch’egli con un doppio 2-0: in
entrambi i casi si trattava di
impegni ufficiali, per le
qualificazioni a Euro 2000. I
peana all’indirizzo del nuovo
c.t. che hanno caratterizzato il
successo di Oslo lasciano quindi
il tempo che trovano, nel senso
che, pure legittimi, tradiscono la
nostra atavica mancanza di
senso della misura. Anche con
Prandelli per un bel po’ fu amore
sviscerato, grazie a un’Italia che
giocava come nessuna squadra
di club era in grado di fare: poi
sappiamo com’è andata, con il
c.t. spernacchiato da tutti,
incluso il nonno di Pepito Rossi.
Dunque, al di là del senso di
appartenenza e di un evidente
filo conduttore espressi dagli
azzurri in Norvegia, a noi pare
che il vero grande merito di
Conte sia soprattutto quello di
avere azzerato la memoria di
Balotelli. Come se SuperMario
non fosse mai esistito, come se
le sue 33 presenze azzurre (e i
suoi 13 gol) appartenessero a un
mondo distante anni luce. La
nuova Italia ha lottato e vinto
con una coppia di attaccanti che
non è affetta da twittite acuta e
che non è funzionale al gioco
perverso degli eccessi mediatici.
Nelle 54 apparizioni ufficiali da
milanista Balo aveva segnato
soltanto 2 dei suoi 30 gol
complessivi a formazioni
cosiddette di vertice (Napoli e
Fiorentina), entrambi peraltro
non decisivi: eppure lo avevamo
collocato al centro del nostro
universo calcistico. Conte è
riuscito a rovesciare il mondo:
Balotelli chi?
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13
cross effettuati
dagli azzurri con la
Norvegia contro i 6 fatti
in tutto il Mondiale
MILANO — La fame è tornata
anche perché Antonio Conte ha
rimesso il boccone al centro del
tavolo e ha spiegato agli azzurri
qual è la strada più breve per addentarlo. Fuor di metafora: contro la Norvegia, l’Italia ad esempio ha crossato 13 volte, più del
doppio delle tre partite del
Mondiale brasiliano (6). Un gioco più profondo, più veloce, in
cui l’applicazione e l’intensità
devono essere sempre al massimo: da Zaza a Immobile, da
Giaccherini a Florenzi, passando per De Sciglio, ma anche Poli
o Darmian. Tutti citati da Conte
come esempio di giocatori con
la fame, in contrapposizione a
Balotelli a cui è rimasta solo la
«fama». Tutti con ampi margini
di crescita, da colmare con una
totale dedizione alla causa.
L’ultimo arrivato e il più appariscente di questa piccola co-
vata di mastini da sguinzagliare
è Simone Zaza, il ragazzo lucano
che vuole di più dalla sua vita
calcistica, ma senza fretta: a 15
anni ha detto di no al Milan (per
l’Atalanta) a 20 ha respinto il Psg
che gli proponeva un quinquennale, per restare ad Ascoli con il
cartellino di proprietà della
Samp. E quest’estate, come Berardi, Zaza ha preferito crescere
ancora in Emilia. La Juve ha il diritto di ricomprare l’attaccante a
14 milioni nel 2015 o a 18 nel
2016, ma intanto con i soldi dell’operazione Zaza ha finanziato
parte dell’acquisto esoso (21 milioni) di Morata, via Madrid, di
un anno più giovane: «I motivi
ve li spiego in privato…» ha svicolato ad Oslo Antonio Conte.
Per il ruolo che occupano e
per i gol e le occasioni che hanno creato contro Olanda e Norvegia, Zaza e Immobile rappre-
sentano l’avanguardia dei giocatori a stomaco vuoto tanto cari
al c.t.: anche nella Juve dei tre
scudetti si è visto di rado un
moto perpetuo di questo tipo da
parte delle due punte. I due azzurri hanno meno soluzioni tecniche nel loro prontuario da attaccanti rispetto a Tevez e Llorente, ma compensano con un
grande dinamismo, sfruttando
tutta la loro energia giovanile.
Soprattutto Immobile, che si è
pure fatto male all’anca nel finale (niente di grave) ha fatto il
pendolare tra centrocampo e at-
Il metodo Conte
Giaccherini: «Cassano
parlava dei soldatini della
Juve? Ben vengano
se sono questi qua»
Juventus
tacco: Ciro ha un anno in più di
Zaza, ha firmato un contratto
milionario col Borussia Dortmund dopo aver vinto la classifica marcatori col Torino, ma ciò
non toglie che la scelta della Juve di non riscattarne l’altra metà
dai granata ma di venderla ai tedeschi possa rappresentare per
il giocatore un ulteriore stimolo
ad esplodere con la maglia azzurra. Per dimostrare che anche
l’infallibile Conte a volte può
sbagliarsi.
Di sicuro il c.t. non si sbaglia
su Giaccherini: se la vetrina nel
negozio degli affamati è per gli
attaccanti, nel retrobottega c’è il
Giacche a controllare che tutto
sia a posto. Il giocatore del Sunderland ha fatto capire come
stanno le cose: «Cassano parlava
dei soldatini di Conte alla Juve?
Se sono questi qua, ben vengano
i soldatini…». Pochi giorni dopo, il tuttocampista sbucato nel
Cesena dal nulla calcistico ed
esploso nella Juve, aveva attaccato Prandelli per averlo lasciato
a casa dal Mondiale. In due partite si è confermato un giocatore
difficilmente sostituibile per intensità di gioco e conoscenza
dei movimenti del nuovo c.t.:
quando Conte fece una piazzata
per la sua cessione al Sunderland (comunque 7 milioni di
euro) fu preso per matto. Sarà
stato solo un attacco di fame
nervosa?
Paolo Tomaselli
Vidal e Tevez
si bloccano
Ansia Allegri
TORINO — Sono guai per
Allegri. La Juventus perde
Arturo Vidal per una «lieve
distrazione muscolare
a carico del semitendinoso della
coscia destra» e Carlitos Tevez,
anche lui bloccato da un
problema muscolare al flessore.
Il centrocampista cileno salterà
l’anticipo di campionato
con l’Udinese e il debutto
in Champions con il Malmoe
di martedì ed effettuerà ulteriori
controlli all’inizio della
prossima settimana. La speranza
è di un recupero lampo
per la sfida con il Milan del 20
settembre. Anche Tevez rischia
di saltare Udinese e Malmoe.
Emergenza per Allegri: sabato
mancheranno anche Pirlo,
Barzagli, Chiellini e Morata.
f. bon.
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La polemica
Lotito incassa anche l’ironia
della Roma e del suo d.g.
«Sono più di un dirigente Figc»
MILANO — La presenza di Claudio Lotito al seguito della
Nazionale continua a far discutere. Ce n’è per tutti i gusti. Ad
esempio, è stato divertente assistere ai tentativi del presidente
della Lazio di dribblare le regole legate ai controlli di sicurezza
dell’aeroporto di Oslo, mentre gli addetti alla sicurezza
insistevano perché buttasse via due bottiglie di acqua minerale,
prima di passare dal metal detector. «È l’acqua dello sponsor», ha
ripetuto Lotito, che però non è riuscito a commuovere i
controllori norvegesi. Il tutto due ore dopo che Daniele De Rossi
aveva detto, a proposito della presenza azzurra di Lotito: «Se ci
sono fastidi miei personali, non è detto che siano di tutto il
gruppo. Preferisco avere intorno meno gente possibile; dicono
che i consiglieri federali siano 21, speriamo non vengano tutti». Il
team manager, Lele Oriali, ha spiegato: «Se i risultati sono questi,
ben vengano le polemiche. Quella di Daniele è un’esternazione
personale, il presidente Lotito è stato sia a Bari sia a Oslo, ma sa
anche che all’interno dello spogliatoio non può venire, quella è
una zona franca e non si è mai visto. Poi, visto che è stato lui con
noi, vorrà dire che per par
condicio inviteremo anche gli
altri consiglieri». La presenza di
Lotito in azzurro ha dato vita a
una nuova puntata del derby
romano, con intervento del d. g.
giallorosso, Mauro Baldissoni:
«Non credo che in Nazionale ci
sia una querelle tra De Rossi e
Lotito. Lui è al seguito dell’Italia,
secondo molti in maniera forse
un po’ troppo ingombrante, ma
evidentemente non ha di meglio
di cui occuparsi. E quindi si
occupa della Nazionale». Alla
fine della giornata, ecco la
Presente Claudio Lotito (Ansa) puntualizzazione del presidente
della Lazio (il club è stato
deferito in queste ore per il contratto di Onazi), consigliere
federale e componente del comitato di presidenza della Figc (con
delega alle riforme): «Non sono solo consigliere federale, ma
molto di più». La controprova arriverà nel Cf di domani, dove si
parlerà di multiproprietà per i club, di format dei campionati (A e
B a 18), di rose bloccate a 25, di 8 giocatori in lista provenienti dai
vivai. Così Lotito in una nota: «È necessario avviare un processo
di riforme che ci restituisca competitività in ambito
internazionale. Serve un nuovo corso, dove i fatti superino
l’immobilismo mostrato fino a oggi e il contributo di tutte le
componenti sarà fondamentale. Farò il possibile perché il nostro
Paese possa misurarsi con realtà più concrete ed efficienti».
f. mo.
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Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
Sport 51
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Il caso L’avvocato dell’atleta: «Clima da caccia alle streghe, l’unica debolezza di Alex è del 2012»
Investigatori in marcia su Schwazer
ombre anche sull’oro di Pechino
L’accusa: «Doping provato dal 2010, gravi indizi prima del 2008»
La vicenda
La confessione
Mi sono dopato
radiatemi
L’8 agosto 2012, alla vigilia
delle Olimpiadi di Londra, in
una drammatica conferenza
stampa Alex Schwazer
riconosce il doping: «Sono
dopato e merito di essere
radiato. Ho fatto tutto da solo»
L’antidoping
Squalifica
fino al 2016
Il Tribunale nazionale
antidoping squalifica
Schwazer per tre anni e
mezzo, fino al 30 gennaio
del 2016. Nel frattempo sulla
vicenda indaga la procura
di Bolzano
La procura
Indagati medici
e dirigente Fidal
La procura di Bolzano chiude
l’inchiesta penale. Ci sono
quattro indagati: Schwazer, i
due medici federali Giuseppe
Fischetto e Pierluigi Fiorella e
l’ex dirigente tecnico Fidal
Rita Bottiglieri
La novità
«Il doping risulta provato dal
2010, pur sussistendo gravi indizi riconducibili fino al 2008,
prima delle Olimpiadi di Pechino». È la sorprendente conclusione a cui sono arrivati gli investigatori che hanno indagato sul
caso del marciatore azzurro Alex
Schwazer. Sorprendente perché, al di là degli effetti penali
dell’inchiesta da poco conclusa
dalla procura di Bolzano, allunga un’ombra su uno dei successi
più prestigiosi della storia dell’atletica azzurra: l’oro nella 50
chilometri di marcia alle Olimpiadi di Pechino, coronato dall’atleta altoatesino con il record
olimpico.
Il documento fa parte del faldone depositato dagli inquirenti
con l’avviso di conclusione delle
indagini, nel quale vengono riportati nel dettaglio i capi d’accusa. Al di là delle certezze sul
doping confessato dallo stesso
Schwazer alla vigilia delle Olimpiadi di Londra del 2012 e al di là
dei sospetti sugli europei di Barcellona, dove il marciatore ha
paradossalmente conquistato
l’oro dopo la squalifica per doping del russo Stanislav Emelyanov, il pm si sofferma su due
periodi: dal 10 al 23 giugno 2008
e dal 6 al 27 luglio dello stesso
anno (i Giochi di Pechino sono
dell’agosto successivo). E scrive
che «al fine di alterare le proprie
prestazioni agonistiche ha fatto
uso di una tenda ipossica in grado di replicare la ridotta disponibilità di ossigeno tipica dell’alta quota, abbassando la percentuale di ossigeno nell’aria.
L’uso della tenda è vietato in Italia, in quanto inserita nella “Lista dei metodi proibiti” pubblicata dal ministero della Sanità».
Così, l’accusa. Che tuttavia sembra non avere alcuna intenzione
di affondare troppo il colpo e
non esclude l’ipotesi di giungere
Volley
con l’ex marciatore a una sorta
di patteggiamento, la cosiddetta
«messa alla prova», con sospensione del processo e cancellazione di ogni macchia penale sul
passato. «Non accetto che si dubiti sulla regolarità dell’oro
olimpico di Pechino del mio
cliente — ha replicato deciso
l’avvocato Gerhard Brandstätter, difensore di Schwazer con il
suo collega Domenico Aiello —
C’è un clima di caccia alle streghe che allontana dalla verità e
la verità è una sola, quella che lo
stesso Alex ha confessato: la sua
è stata una debolezza circoscritta al 2012. I valori sballati che
emergono dal 2010, solo un paio, rientrano nella media e si
tratta di valori di allenamento.
Documenteremo la regolarità
anche di questi». Aiello ha voluto sottolineare come «in Italia
un certo tipo di onestà e di sincerità non paghi mai, specie
nelle aule di giustizia».
Con Schwazer sono indagati
per favoreggiamento i due ex
medici federali Pierluigi Fiorella
e Giuseppe Fischietto e l’ex velocista e dirigente Fidal Rita
Bottiglieri. «Da parte della Federazione vi era da anni la consa-
Patteggiamento
Il pm si prepara a una
sorta di patteggiamento
con sospensione
del processo
Gioia olimpica Alex Schwazer, 29 anni, esulta sul traguardo di Pechino dopo l’oro nella 50 km (Reuters)
Una nuova consulenza medica e nuovi interrogatori: il caso
Pantani è ufficialmente riaperto. Lo ha confermato il
procuratore di Rimini, Paolo Giovagnoli, che ha così deciso
di indagare nuovamente sulla morte del Pirata (foto) del 24
luglio 2004 al residence Le Rose di Rimini. L’inchiesta prende
vita dall’esposto presentato dall’avvocato Antonio De Rensis a
nome della famiglia del Pirata lo scorso 24 luglio, in cui viene
contestata «l’unilaterale attività investigativa», che avrebbe
tralasciato «logici approfondimenti e consueti rilevamenti».
E ipotizza l’omicidio volontario. «Marco stammi vicino, ci
siamo», ha scritto ieri su Facebook mamma Tonina.
pevolezza che il comportamento
di Schwazer era da considerarsi
sospetto e che per Fischetto,
Fiorella e Bottiglieri rasentava la
certezza», scrivono gli investigatori. Mentre il pm precisa:
«Prima nel 2008 e poi nel marzo
2012 il tecnico federale Vittorio
Visini manifestava i propri dubbi al dottor Fischetto che però
ometteva di informare l’antidoping del Coni». E lo stesso
avrebbe fatto il suo collega Fiorella «pur avendo a disposizione
i dati ematici oltre la norma nella primavera del 2010, nella primavera del 2011 e nel febbraio
2012». La difesa dei due medici
è netta: «Non sapevamo del doping».
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Andrea Pasqualetto
Vittoria della famiglia
La Procura: verrà riaperto il caso Pantani
Nuovi interrogatori e consulenza medica
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Sabato a Pechino la prima gara: anche DiCaprio patron di un team. Jarno Trulli proprietario e pilota: Michela Cerruti corre con lui
Formula E, adesso si corre con le pile
Via al Mondiale delle auto elettriche: al pit stop si cambia macchina
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PECHINO — Le batterie sono cariche. E
se qualcuno ha lasciato Monza deluso dal
rumore ibrido dei motori Mercedes, che
effetto faranno a Pechino le monoposto
completamente elettriche della nuova Formula E (come Electric)? Il primo campionato «a pila» parte sabato nella capitale
della Cina, diventata il più grande mercato
mondiale dell’automobile, appassionata di
velocità ed eccessi a quattro ruote.
Dietro questa nuova «electric series»
ecologica ci sono piloti, ingegneri e sponsor transfughi dalla F1. Il patron è lo spagnolo Alejandro Agag, genero dell’ex premier Aznar, amico di Flavio Briatore. Ancora un anno fa lo consideravano un illuso,
ma oggi quaranta vetture sono sbarcate a
Pechino: e al Parco Olimpico, intorno allo
stadio Nido d’Uccello, stanno finendo di
montare barriere e tribune per l’«ePrix» di
dopodomani, sabato 13 settembre. Uno a
uno arrivano i piloti e i proprietari delle
scuderie, nomi del jet-set: Alain Prost ha
fondato una squadra e affidato il volante al
figlio Nicolas; Nelson Piquet jr guida per
China Racing; Bruno Senna è sulla indiana
Mahindra; Leonardo DiCaprio è dietro il
team Venturi; sir Richard Branson ha lanciato un Virgin Racing team. C’è anche parecchia Italia in questa avventura: Jarno
Trulli, l’abruzzese con 256 Grand Prix alle
spalle ha una scuderia, corre e fa correre
anche la giovane Michela Cerruti.
Agag può esultare, tra le dieci città che
hanno aperto le loro strade urbane al ca-
Calendario
In parata Le auto elettriche in parata a Londra, dove si concluderà il campionato
lendario del suo mondiale ci sono Berlino,
Buenos Aires, Miami, Long Beach, Montecarlo e per finire Londra. «Siamo entrati in
questo progetto concentrandoci su Cina e
Stati Uniti che saranno i due principali
mercati dello sviluppo delle auto elettriche; vogliamo mostrare correndo che i nostri motori sono la soluzione all’inquinamento delle metropoli come Pechino». In
effetti, anche in questi giorni che dovrebbero essere di sole, la capitale è avvolta
nella solita nuvola di foschia formata dal
PM 2,5.
Le dieci scuderie però, sono venute a Pe-
chino per gareggiare e vincere. Più o meno
ad armi pari, perché per questo primo anno le vetture hanno lo stesso motore, per
economizzare. La velocità massima è sui
225 km orari, più bassa di quella in F1, ma
l’accelerazione da zero a cento avviene in
tre secondi e sui circuiti cittadini la velocità sarà comunque da brivido. Tutto in un
quasi silenzio futuristico: «A tratti si sente
solo il vento», dice Jaime Alguersuari, prima guida della Virgin. A noi questi motori
hanno ricordato un frullatore di banane
spinto al massimo, fuso con un effetto speciale da film. Sebastian Vettel è meno poe-
Questo il
calendario delle
gare di Formula
E: la gara
del 14 febbraio
dovrebbe tenersi
a Los Angeles,
nel 2015
toccherà
anche a Roma
13/9 Cina
Pechino
22/11 Malesia
Putrayaja
13/12 Uruguay
Punta del Este
10/1 Argentina
Buenos Aires
14/2 da ass.
14/3 Usa
Miami
4/4 Usa
Long Beach
9/5 Monaco
Monte Carlo
30/5 Germania
Monaco
27/6 G.Bretagna
Londra
tico: «Roba morbida come il formaggio»,
ha sentenziato. Sta di fatto che ai box sono
scomparse le cuffie protettive per il rumore assordante e per avvisare i meccanici del
rientro di un’auto si suonano le sirene.
Proprio i box e la pit lane promettono di
essere uno dei punti di forza dell’ePrix.
A Pechino la pit lane è disegnata a U, con
le tribune sopra per consentire al pubblico
di vedere i piloti che a metà gara scendono
e cambiano monoposto, perché questi
motori elettrici hanno un’autonomia in
corsa di circa mezz’ora e la Fia ha giudicato
ancora troppo pericoloso ricaricare al pit
stop le batterie da 700 volt. Il cambio di
vettura risale ai tempi eroici della Formula
1: Stirling Moss vinse nel 1957 ad Aintree
con la Vanwall cedutagli a metà gara dal
generoso compagno Tony Brooks. Il regolamento prevede un minuto per scendere
dalla monoposto scarica e ripartire con
quella che servirà a completare la gara:
nessun cambio gomme, a meno di foratura. Quindi, a Pechino vedremo quaranta
vetture in tutto per le dieci scuderie: le
consegnano gli aerei di Dhl. Viene dalla F1
anche Tag Heuer, cronometrista ufficiale e
founding partner della Formula E, che a
suo tempo era stato al fianco di Enzo Ferrari e ora cerca nuove sfide d’avanguardia.
Gara di un’ora, prove libere e di qualifica
concentrate nella stessa giornata di sabato.
Tutto si consuma rapidamente, perché il
pubblico al quale si rivolge la formula E è
quello giovane, dei social network. E sul
web si può votare per i piloti: chi ha più
consensi ottiene 5 secondi di «boost», può
aumentare la potenza del motore. In questo X Factor pechinese ho cliccato sulla nostra Michela Cerruti del team Trulli.
Guido Santevecchi
@guidosant
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Deluso Il c.t. Mauro Berruto
Italia murata
dalla Serbia
Il Mondiale
ormai la boccia
Ce n’è abbastanza per metterli
in discussione tutti, nessuno
escluso. L’Italia del volley,
nonostante abbia ancora
davanti tre partite, è fuori dal
Mondiale. Fuori da posizioni
minimamente accettabili,
detto che non si parla
nemmeno di arrivare a
giocare per le medaglie. Così,
a Lodz, l’ennesima sconfitta
con la Serbia (3-0: 25-19, 2927, 25-22), serve solo a
certificare che da certi buchi
neri, in questa vita, non è
stata capace di uscirne. Perché
nella precedente c’era riuscita
e come. E allora la spiegazione
potrebbe essere molto meno
teatrale di dissensi interni e
prese di posizione, potrebbe
essere che questi ragazzi fino
ad oggi hanno giocato al
massimo del loro potenziale e
che ora siano lontanissimi da
quei livelli. Tecnicamente,
perché hanno giocato peggio
dei loro avversari (in attacco
prima di tutto), perdendo in
modo impietoso il confronto
con il resto del mondo.
Caratterialmente, perché
manca un leader che nei
momenti bui si carichi la
squadra sulle spalle. Anche ai
Giochi di Londra erano partiti
male; poi però era arrivato il
bronzo, ma Savani e
Mastrangelo non sono
diventati Savani e
Mastrangelo a caso. E invece
dopo Londra il gruppo è
cambiato ancora e non ha
retto il ritornello di essere la
squadra «destinata solo a
vincere». Mauro Berruto, il
c.t. che in quattro stagioni ha
trasformato dei buoni
giocatori in uomini da
medaglia, forse è il primo che
ha subito la stessa pressione.
Sono caduti tutti,
rovinosamente. «Ora
chiudiamo il Mondiale con
dignità — commenta il ct —,
poi valuteremo perché i
meccanismi che ci hanno
portato a vincere prima, si
sono rivelati così fragili oggi.
Siamo tutti sotto esame, lo so,
ma il mio obiettivo resta Rio
2016: ho delle idee e vado
avanti». Parlare, resettare e
condividere. Dove sta scritto
che è troppo tardi?
Eleonora Cozzari
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Gruppo E
Così ieri
ITALIA-Serbia
0-3
Argentina-Francia
1-3
Australia-Iran
1-3
Polonia-Usa
1-3
Classifica
Francia 10; Polonia e Serbia 9;
Iran 8; Usa 7; Argentina 3;
ITALIA 2; Australia 0
Così oggi
ore 16.40: Argentina-Iran
ore 16.40: Serbia-Usa
ore 20.25: Polonia-ITALIA
Tv: diretta RaiSport1
ore 20.25: Australia-Francia
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Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
È mancato all’affetto dei suoi cari il
Luigi Sella
grande uomo di Fede, legato ai valori della famiglia.- I funerali si svolgeranno venerdì 12 settembre alle ore 10 nella chiesa di Caltignaga
(No) e proseguiranno con la tumulazione al cimitero di Oropa nella cappella di famiglia.
- Roma, 10 settembre 2014.
Giorgio Malberti
- Cinisello Balsamo, 10 settembre 2014.
La Direzione e i dipendenti delle società Gecofin e Geico Group profondamente commossi partecipano al lutto della famiglia Malberti per la
perdita di
Partecipano al lutto:
– Silvana, Lorenzo e Stefano.
Giorgio Malberti
Sandro e Roberta, con Federica, Luca e Sveva
si stringono affettuosamente a Liliana, Paolo e
Roberta nel dolore per la scomparsa del
Lodovico e Sandra Sella sono vicini con grande
affetto a Imara, figli, nipoti e a Elena nel ricordo
del carissimo
- Cinisello Balsamo, 10 settembre 2014.
Anna, Franco, Irina e Giuseppe Altamura addolorati per la sua scomparsa ricordano
Dott. Prof. Giorgio Fossati
Magda Olivero
già docente dell’istituto Verri, studioso insigne.
- Milano, 10 settembre 2014.
Luigi
- San Gerolamo, 11 settembre 2014.
celebre soprano e donna esemplare.
- Milano, 10 settembre 2014.
Partecipano al lutto:
– Concetta Malcangi.
– Laura Fabris.
– La Dottoressa Ornella Marelli.
Nicolò e Indoo addolorati per la scomparsa di
Luigi Sella
ricordano in lui il cugino affettuoso e saggio.
- Sella di Mosso, 11 settembre 2014.
Magda
non c’è più ma la stella luminosissima del suo
canto brillerà per sempre.- Maria Chiara.
- Oderzo, 10 settembre 2014.
Sentite condoglianze alla famiglia per la scomparsa del caro
Cesare, Daniele, Domitilla, Flaminia, Francesco, Gian Mario, Luigi, Stefano, Teo, Vito sono
vicini a Maurizio con grande affetto per la perdita
del suo indimenticabile papà
Dott. Giorgio Fossati
Giovanni (Nino) Frare
I condomini di viale Piave 15.
- Milano, 10 settembre 2014.
N.H.
Amore della mia vita non ci sei più.- Ringrazio
insieme ai miei figli Claudia e Silvio il personale
San Gerardo di Monza e dell’Istituto dei Tumori
di Milano per la loro professionalità ed umanità.Tua moglie, Serafina.
- Lesmo, 9 settembre 2014.
Il giorno 9 settembre è mancata all’affetto dei
suoi cari
Luigi Sella
- Roma, 9 settembre 2014.
Maria Fabris Puggina
Addolorati ne danno il triste annuncio il marito
Marino, i figli Cristina, Massimo con Monica, Antonio con Alessandra e Antonella con Massimo
ed i nipoti.- I funerali avranno luogo sabato 13
settembre alle ore 10.30 nella chiesa parrocchiale di Rubano (PD).
- Rubano - Padova, 11 settembre 2014.
Il Presidente Cavaliere del Lavoro Antonio
D’Amato, unitamente ai componenti del Consiglio Direttivo e ai Past President Cavalieri del Lavoro Alfredo Diana e Benito Benedini della Federazione Nazionale dei Cavalieri dei Lavoro,
partecipa con profondo cordoglio al dolore del
Vice Direttore Generale Carlo Quintino Sella e
della sua famiglia per la perdita del caro papà
Massimo e Milly Moratti abbracciano con affetto Gabriele nel dolore per la perdita del padre
Renato Salvatores
- Milano, 10 settembre 2014.
11 settembre 1964 - 11 settembre 2014
La Real Casa di Savoia si stringe attorno alla
famiglia del Commendatore Marino Puggina per
la perdita della Dama della Croce Rossa
Dott. Luigi Sella
- Roma, 10 settembre 2014.
Antonino Giuffrè
Caro papà, vicini a mamma, Peppino con Paola,
Maria Teresa, Gaetano con Roberta e Isabella
con Roberto ti ricordano con affetto immutato a
cinquant’anni dalla tua scomparsa.- Ti indicano
ai nipoti e pronipoti come esempio di vita e ti
ricordano a quanti ti hanno stimato e voluto bene. - Milano, 11 settembre 2014.
Maria Fabris Puggina
Il Direttore Generale Franco Caramazza e tutto
il personale della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro partecipano con affetto e amicizia al dolore del collega Carlo Quintino Sella e
della sua famiglia per la scomparsa del caro papà
- Ginevra, 10 settembre 2014.
Stefano e Monica Boccadoro porgono le più
sentite condoglianze alla famiglia del Presidente
Don Emilio Botín
Dott. Luigi Sella
La Confraternita della Gastronomia Lombarda, nel trigesimo della tragica scomparsa
dell’amico
per la grande perdita umana e professionale.
- Milano, 10 settembre 2014.
- Roma, 10 settembre 2014.
Il Signore ha chiamato a sé l’anima buona di
Evaldo Bianchi
Santander Private Banking con il Consiglio di
Amministrazione, il Collegio Sindacale e tutti i dipendenti si unisce al dolore della famiglia per la
perdita del suo stimato Presidente
Agostino Orizio
ringraziandolo per la gioia che ci ha dato con la
sua musica e il suo profondo affetto, lo piangono
con infinita nostalgia la moglie Luciana Babini e
i figli Pier Carlo, Alessandro, Marco e Paolo con
le loro famiglie.- Le esequie avranno luogo nella
chiesa parrocchiale di Cazzago San Martino giovedì 11 settembre alle ore 15.
- Brescia, 11 settembre 2014.
Cavaliere fondatore, è vicina nel dolore alla moglie Mariangela e ai figli Simona e Alessio con
profonda, sincera commozione.
- Milano, 11 settembre 2014.
Don Emilio Botín
Sarà per noi fonte di grande orgoglio il poter perseguire l’ambizioso progetto assieme condiviso.
- Milano, 10 settembre 2014.
Nell’ottavo anniversario della scomparsa la famiglia ricorda
E’ venuta a mancare all’affetto dei suoi cari
Una Santa Messa sarà celebrata oggi alle 18.30
nella chiesa di San Marco.
- Milano, 11 settembre 2014.
Aldo De Martino
Domenica Figini Messina
Partecipa al lutto:
– Furcht Pianoforti - Milano.
di
Reza, Laura, Daryush e Irene Arabnia sono affettuosamente vicini alla famiglia Malberti per la
scomparsa del caro
dott. Giorgio Fossati
Ne danno l’annuncio la moglie Liliana, i figli Roberta con Alfonso e Paolo con Monica, i nipoti
Edoardo, Giaime, Ingris e Leo.- I funerali avranno luogo giovedì 11 settembre alle ore 14.45
presso la parrocchia di San Vincenzo de’ Paoli,
via Pisacane 32. - Milano, 10 settembre 2014.
Ne danno il triste annuncio il figlio Edoardo con
Laura, le nipoti Elisabetta, Anna e Francesca con
Fabio, Giorgio e i pronipoti.
- Milano, 9 settembre 2014.
La Filarmonica della Scala è vicina alla famiglia
Agostino Orizio
11 settembre 2008 - 11 settembre 2014
Avv. Francesco Paola
Sei sempre nei nostri cuori e nei nostri pensieri.La tua affezionata famiglia.
- Milano, 11 settembre 2014.
Ci mancherai tanto
per la perdita di un musicista che ha lasciato una
traccia indelebile nella storia musicale del nostro
paese. - Milano, 10 settembre 2014.
nonna Ninni
I tuoi nipoti Elisabetta, Anna, Francesca, Enrico,
Susanna e Giacomo.
- Milano, 9 settembre 2014.
Alberto Moro Visconti a nome degli "amici del
venerdì" esprime profondo cordoglio ad Umberto
per la scomparsa della cara sorella
RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli,8 - 20132 Milano
Angelo con Mariagrazia, Gianni con Cristina e
Peppo sono vicini a Raffaele e Fabrizio per la prematura perdita di
Franca Veronesi Lazzarini
- Milano, 11 settembre 2014.
SERVIZIO
ACQUISIZIONE NECROLOGIE
Renata
La famiglia Vannucci partecipa al dolore del
Professor Umberto e della sua famiglia per la
scomparsa dell’adorata sorella
ATTIVO DA LUNEDI A DOMENICA 13.30-19.30
- Muggiò, 9 settembre 2014.
CON SUPPLEMENTO 20% SULLA TARIFFA BASE
Tel. 02 50984519 - Fax 02 25846003
www.necrologi.corriere.it
e-mail: [email protected]
Presidente e soci del Lions Club Desio piangono con Raffaele e Fabrizio la prematura scomparsa della cara amica
Franca
- Milano, 11 settembre 2014.
Renata Gaiotto Siano
Sergio Dompé con particolare affetto si stringe
a Umberto e Susy in questo dolorosissimo momento ricordando con grandissima ammirazione
e stima la dolce
SI ACCETTANO RICHIESTE VIA WEB, E-MAIL E CHIAMATE DA
CELLULARI SOLO DIETRO PAGAMENTO CON CARTA DI CREDITO
L’INVIO DI UN FAX DEVE ESSERE ACCOMPAGNATO
DA COPIA DI UN DOCUMENTO DI IDENTITA’
- Desio, 11 settembre 2014.
È mancata all’affetto dei suoi cari
TARIFFE BASE IVA ESCLUSA:
Lidia Faverio Nazzarri
Franca
L’annuncia il figlio Luca con Gabriella, Roberta,
Federica, Barbara.
- Milano, 9 settembre 2014.
- Milano, 10 settembre 2014.
Franca Veronesi Lazzarini
PER
PAROLA:
A
MODULO:
Partecipano al lutto:
– Aldo Brielli e famiglia.
– Filippo Rocca e famiglia.
Partecipano al lutto:
– Grazia e Paola Coppi.
fondazionecorriere.it
Servizio fatturazione necrologie:
tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30
fax 02 25886632 - e-mail: [email protected]
Lucio Esposito
Mario Orsenigo
- Bergamo, 9 settembre 2014.
- Milano, 10 settembre 2014.
Gazzetta dello Sport
Necrologie: € 1,90
Adesioni
al lutto: € 3,70
Solo anniversari,
trigesimi e
ringraziamenti: € 258,00
Diritto di trasmissione: pagamento anticipato € 1,67
pagamento differito € 5,00
L’accettazione delle adesioni è subordinata
al pagamento con carta di credito
Il Centro Sociologico Italiano - GLDI Delegazione Regionale Lombardia partecipa al dolore
della signora Anna per la scomparsa e il passaggio all’Oriente Eterno del caro
Nicoletta e Francesca Orsenigo partecipano
con affetto e rimpianto al lutto di Leda e dei suoi
figli per la dipartita di
Corriere della Sera
Necrologie: € 5,00
Adesioni
al lutto: € 10,00
Solo anniversari,
trigesimi e
ringraziamenti:€ 540,00
Design A+G
La moglie Imara Nasalli Rocca, la sorella Elena, i figli Immacolata, Carlo Quintino, Maurizio
con Ondine, i nipoti Clotilde con Giuseppe, Marco, Carolina con Walid, Francesca, Pietro Quintino, Camilla, Carlotta, Stanislao, i pronipoti Angelica e Omar annunciano la scomparsa di
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Il Tempo
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Tv in chiaro
Teleraccomando
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di Maria Volpe
PER DISTRARSI
PER CAPIRE
La strana storia
del prof. Bryan
Pericolo-guerra:
se ne parla da Porro
Dopo il grande successo agli
Emmy Awards 2014 (due
statuette alla miglior serie
drama, 4 al protagonista
Bryan Cranston, tre alla sua
spalla Aaron Paul e due alla
coprotagonista femminile
Anna Gunn; oltre a un premio
alla miglior sceneggiatura e
tre al miglior montaggio) in
prima visione free arriva la
quinta stagione di questa
serie crime che racconta la
crisi della provincia
americana, portando in scena
la parabola di Walter White
(foto) un tranquillo professore
di chimica, spinto dalla
necessità economica a tentare
la via della produzione e dello
spaccio di droghe sintetiche.
«Siamo in pericolo». È
questo il titolo della prima
puntata del nuovo ciclo del
programma condotto da
Nicola Porro ( foto).Lo
stesso papa Francesco
parla di «Terzo conflitto
mondiale». Se ne discute
con Magdi Cristiano Allam,
il filosofo Gianni Vattimo,
la giornalista di Al Jazeera
Barbara Serra,
l’editorialista de Il Corriere
della sera, Pierluigi
Battista. Torna anche la
rubrica di Sgarbi «Il
contagio geniale».
L’intervista finale è con
l’imprenditore Gianluca
Vacchi, il re dei Social
Network
Breaking Bad
Rai4, ore 23.25
Virus
Rai2, ore 21.10
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Film e programmi
Un problema morale Vanessa Incontrada
per Kevin Spacey
cambia la sua vita
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Sam Rogers (Kevin Spacey,
foto), broker a Wall Street, si
trova davanti a un problema
morale: che fare se i vertici della
sua azienda pensano un piano
non troppo legale per salvarla?
Margin Call
Rai3, ore 21.05
Emma (Vanessa Incontrada,
foto), dopo che il marito viene
coinvolto in un pesante
scandalo, decide di lasciare la
sua casa e di andare a vivere
con le sue tre figlie a Ponza.
Un’altra vita
Rai1, ore 21.15
Torna Telese
Simona Ventura
e si occupa di Napoli e le miss selezionate
Torna Luca Telese e si occupa di
legalità e illegalità dopo i fatti di
Napoli; dell’allarme sicurezza
dopo lo sciopero della polizia e
delle riforme degli statali
auspicate da Matteo Renzi.
Matrix
Canale 5, ore 23.30
Stasera e domani di scena
Simona Ventura e le 60
ragazze (diventate poi 24)
che hanno partecipato alla
prima parte delle finali di Miss
Italia a Jesolo
Le selezioni
La7, 23.10
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Corriere della Sera Giovedì 11 Settembre 2014
55
italia: 51575551575557
Pay Tv
Film
e programmi
Keri Rusell
fan di Jane Austen
Una fan di Jane Austen (Keri
Rusell, foto) decide di
soggiornare nella villa dove
alcuni attori decidono di mettere
in scena «Orgoglio e pregiudizio».
Lì qualcosa per lei cambierà.
Alla ricerca di Jane
Sky Cinema 1, ore 19.20
Allievi speciali
per Antonio Banderas
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di Aldo Grasso
«La vita in diretta»
sembra «Verissimo»
opo aver lasciato Canale 5, dopo il flop su La7, Cristina Parodi conduce con Marco Liorni il pomeriggio di Rai1, «La vita in diretta» (dal lunedì al venerdì, ore 16). La first lady orobica, la prima dòna
de Bèrghem ha voluto come capo progetto il suo
vecchio sodale Gregorio Paolini. Una scelta interessante, una
marca stilistica che ci dice molto del programma. Dalle prime
puntate si può dire che «La vita in diretta» assomiglia molto a
«Verissimo», edizione ParodiPaolini (nove edizioni dal 1996).
Vincitori e vinti
È la tv degli anni 90, elegante,
non povera (basta contare il nuAntonio
mero degli autori), fatalmente
Conte
rivolta a un pubblico che, nel
Il calcio vince
frattempo, è invecchiato. Lo sti(abbondante
le è quello del rotocalco: intermente) la
vista di Cristina a una star canoserata. Rai1: l’esordio
ra (Al Bano, Bocelli…), il martidegli azzurri guidati
rio delle tre suore in Burundi, le
da Antonio Conte alle
novità sul delitto di Garlasco, la
qualificazioni
rubrica di Gianfranco Vissani
per gli Europei,
(ma paga lui la Rai per la réclacontro la Norvegia,
me che si fa o è pagato?), i serviè visto da 8.105.000
zi «spiritosi» di Gianfranco
spettatori,
Agus sulle nozze di George Clo33,33% di share
oney, la storia di una madre che
sparisce abbandonando il figlio
Leonardo
disabile (e qui Cristina può fiPieraccioni
nalmente dire «lo dico da
Canale 5
mamma»), il medico che ha
risponde
confessato di aver ucciso una
a Rai1
paziente, qualche giornalista
con un film diretto
della «carta stampata» ospite in
e interpretato
studio e cose del genere.
Leonardo Pieraccioni,
Intanto su Canale 5 va in on«Finalmente
da «Pomeriggio Cinque» e il
la felicità» del 2011,
confronto
è davvero molto intema convince solo
ressante. Da un po’ di tempo, le
2.593.000 spettatori,
scelte
delle
due ammiraglie sopari al 10,87%
no inequivocabili: Rai1 si rivoldi share
ge al pubblico femminile più attempato, Canale 5 con la D’Urso, la serialità spagnola, i tronisti di Maria, e la fiction di Tarallo-Losito a un target femminile più gentesco, abbassando
di molto il livello di scrittura (giudizio tecnico non morale).
L’impressione è che la tv generalista non progetti più, non
sia più capace di interrogarsi sul suo futuro e si accontenti invece di lisciare il pelo ai suoi affezionati clienti (come l’Italia?).
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Pierre Dulaine (Antonio Banderas,
foto) è un ballerino che insegna
ballo da sala in una scuola privata.
Nel doposcuola va insegnare però
in una scuola disagiata, con
ragazzi problematici.
Ti va di ballare?
Sky Cinema Passion, ore 22.55
Il prof Riz Ahmed
e le sue ideologie
Un giovane professore
universitario di Lahore (Riz Ahmed,
foto) intrattiene una conversazione
con un giornalista americano di
passaggio e gli spiega come l’11
settembre l’abbia cambiato.
Il fondamentalista riluttante
Sky Cinema Hits, ore 21.10
L’agente Scamarcio
sogna di recitare
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Nel 1968, nel periodo della
nascita del movimento
studentesco, si intrecciano le
vicende di alcune persone tra cui
Nicola (Riccardo Scamarcio), un
giovane poliziotto aspirante attore.
Il grande sogno
Cinema Emotion, ore 21.15
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Giovedì 11 Settembre 2014 Corriere della Sera