il miele - isis "giulio natta"

ISIS Giulio Natta
Anno scolastico 2013/2014
TESI di MATURITÀ
IL MIELE
Candidato: Maria Ilaria Fustinoni
Classe: 5^A-ECOLOGICO
Foto di Ilaria Fustinoni
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Per iniziare, propongo questa simpatica immagine che fa riferimento alla memorabile citazione
che afferma: “Se le api scomparissero dalla terra, per l’uomo non resterebbero che 4
anni di vita”. Recentemente si è scoperto che non esiste alcuna prova che colleghi Albert
Einstein, il più grande fisico di tutti i tempi, a questa citazione; infatti questa frase viene citata per
la prima volta nel 1994, su un volantino distribuito a Bruxelles dall'Unione Nazionale Apicoltori
francesi, in rivolta a causa della concorrenza del miele d'importazione.
Sebbene questa frase sia priva di un autore certo, questa non risulta del tutto infondata in quanto
il destino dell’ape è strettamente legato a quello dell’uomo; questi insetti anche se vivono poche
settimane non producono solo miele ma hanno ruoli diversi e indispensabili per l’agricoltura, dalla
loro impollinazione dipende il 75% della frutta e della verdura che consumiamo. La loro scomparsa
avrebbe conseguenze catastrofiche per la popolazione mondiale.
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Introduzione
Il miele è il prodotto alimentare che le api producono dal nettare dei fiori o dalla melata, che esse
bottinano, trasformano, combinano con sostanze specifiche proprie e lasciano maturare nei favi
dell’alveare.
Il nettare è un liquido zuccherino prodotto dai fiori delle piante per attirare gli animali
impollinatori. È prodotto da ghiandole chiamate ghiandole nettarine, la cui posizione sulla pianta
varia da specie a specie: si possono trovare nei fiori o in parti non riproduttive della pianta.
Il nettare contiene zuccheri e in quantità minore, sciolte in acqua, sostanze aromatiche, sali
minerali, acidi organici, amminoacidi, enzimi.
La melata è la sostanza prodotta dal metabolismo degli afidi (o pidocchi delle piante), ed altri
piccoli insetti, che succhiano la linfa dalle foglie delle piante per nutrirsene, trattenendo le
sostanze azotate e eliminando il liquido in eccesso contenente zuccheri, che verrà poi raccolto
dalle api. Anche la melata è composta principalmente da zuccheri, ma a differenza del nettare,
contiene enzimi secreti dalle ghiandole salivari e dall’intestino dell’insetto che l’ha prodotta e che
determinano, ad esempio, la sintesi di
zuccheri assenti nella linfa delle piante.
Così nella melata è maggiore la
percentuale di zuccheri.
Quando l’ape bottinatrice raccoglie il
nettare dei fiori o la melata tramite la
porzione succhiante dell’apparato boccale,
questa sostanza viene immagazzinata nella
borsa melaria.
Il processo di formazione ha inizio quando
la bottinatrice, rientrando all’alveare,
passa a un’altra ape la goccia di materia
prima raccolta. La stessa goccia viene poi
rapidamente passata da un’ape all’altra e questo processo provoca la riduzione dell’elevato
contenuto iniziale di acqua, grazie all’aria relativamente calda e secca all’interno dell’alveare;
successivamente, quando la goccia viene depositata nelle celle, avviene una seconda fase di
evaporazione che porta a ottenere il miele maturo, cioè con un tenore di acqua sufficientemente
basso (inferiore a 18%): a questo punto la cella viene sigillata dalle api mediante un opercolo di
cera.
Contemporaneamente alla riduzione dell’acqua, avviene la trasformazione enzimatica del nettare
e della melata attraverso vari enzimi. Particolarmente importante è l’azione dell’invertasi, un
enzima contenuto nelle ghiandole salivari delle api, che trasforma quasi tutto il saccarosio
presente nel nettare e nella melata in glucosio e fruttosio.
I costituenti fondamentali di un miele sono strettamente legati alla composizione del nettare o
della melata da cui esso deriva, cioè alla sua origine botanica e sono inoltre condizionati dagli
interventi dell’apicoltore e dalle modalità di conservazione. Dunque la natura e l’origine stessa del
miele non consentono una standardizzazione dei suoi valori di composizione e giustificano
l’affermazione che non esistono due mieli identici.
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La storia del miele nei secoli
La storia del miele ha radici antichissime: le prime arnie rudimentali costruite dall’uomo risalgono
al neolitico, circa 7000-8000 anni fa. Tuttavia, non bisogna pensare
che prima di allora l’uomo non si cibasse di miele: esistono graffiti
nelle grotte, risalenti al paleolitico, in cui sono raffigurati uomini che
vanno “a caccia di miele”.
Nel 3000 a.C. in Egitto gli apicoltori si spostavano con le loro arnie
lungo il Nilo per seguire la fioritura delle piante. Gli Egizi
apprezzavano moltissimo il miele, tanto da depositarlo nelle tombe
dei faraoni ed era molto utilizzato in medicina per curare disturbi
digestivi e per creare unguenti da applicare su piaghe o ferite.
Una delle fonti principali che documenta l’alta considerazione di cui
godeva il miele nell’antichità è sicuramente la Bibbia, in cui sono
presenti numerose citazioni. Era molto popolare tra gli Ebrei, i quali
credevano che nella terra promessa scorressero fiumi di miele.
Nell’Islam il miele rivestiva un ruolo così importante da essere citato nel Corano: "... il tuo Signore
ha ispirato le api a costruire i loro alveari sulle colline, sugli alberi e nelle abitazioni degli uomini.
Dai loro corpi fuoriesce una bevanda di vari colori, in cui c'è la salute per il genere umano". Da
questo estratto si può dedurre che era utilizzato anche per scopi terapeutici.
I Babilonesi lo impiegavano molto in
medicina e in cucina. Nel famoso
“Codice di Hammurabi” (1792-1750
a.C.) tra i reati per i quali erano
previste pene severe era compreso il
furto di miele dalle arnie. Da ciò
possiamo dedurre che i babilonesi non
si limitavano alla ricerca del miele
selvatico, ma praticavano l’apicoltura.
Nello stesso periodo, gli Ittiti hanno
inciso su tavolette d’argilla
informazioni fondamentali sul miele,
giunte fino a noi. In particolare,
dobbiamo a loro il termine che
utilizziamo ancora oggi per definire il
miele, ovvero “melit”.
Per i Greci il miele ebbe molta
importanza, dato che era considerato “cibo degli dei”. Secondo la mitologia greca le divinità
olimpiche si nutrivano esclusivamente di “nettare e ambrosia”. Per questa ragione era essenziale
per compiere riti che prevedevano offerte agli dei. Perfino il poeta Omero, in alcune delle sue
opere, ci parla della raccolta e della conservazione in anfore del miele e Pitagora garantiva lunga
vita a chi se ne cibasse.
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Il popolo Romano utilizzava il miele come conservante alimentare, dolcificante e per la
preparazione di bevande alcoliche, quali la birra di miele o il vino di miele (più comunemente
conosciuto con il nome di idromele). Oltre che per uso alimentare, era utilizzato anche per curare
e prevenire malattie. Veniva utilizzato così abbondantemente che la domanda superava la
produzione; così i romani furono costretti ad importarne grandi quantità da Creta, Cipro, Spagna e
Malta (il cui nome originale “Meilat” significa “terra del miele”).
I Celti e i Merovingi si dedicarono molto all’apicoltura ed essa ebbe una grande importanza: in
molte tombe dei loro re sono stati trovati dolci fatti a base di miele e anfore contenenti il miele
che servivano, come vuole la tradizione, come merce di scambio per poter raggiungere l’aldilà.
In India il miele è molto apprezzato e viene perfino utilizzato nell'antichissima medicina
Ayurveda, che risale a più di tremila anni fa, secondo la quale il miele ha un’azione purificante,
afrodisiaca, vermifuga, antitossica, refrigerante, stomachica, cosmetica, tonica, e cicatrizzante.
Ogni sintomo viene curato con un tipo di miele differente, che può essere di cereali, di ortaggi, di
frutti o di fiori.
Con la scoperta del Nuovo Mondo arrivò sulle nostre tavole lo zucchero di canna. Esso era
ritenuto, un alimento con proprietà migliori rispetto a quelle del miele. Inizialmente era molto
costoso, ma con il clima favorevole la produzione aumentò, con una conseguente diminuzione del
prezzo e quindi aumentò anche la sua diffusione nel nostro continente. Con la scoperta della
possibilità di poter estrarre lo zucchero anche dalle barbabietole, il fascino del miele crollò
completamente. Solo recentemente il miele sta riacquistando considerazione: inizia ad essere
riutilizzato come ingrediente culinario, terapeutico ed è oggetto di diversi studi scientifici.
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Composizione chimica
I principali componenti del miele sono i seguenti: zuccheri, proteine, enzimi, acqua, acidi organici,
vitamine, sostanze minerali, e altre sostanze presenti in quantità minori.
Zuccheri
Definizione: Gli zuccheri sono dei composti chimici organici formati da atomi di carbonio,
idrogeno e ossigeno. Sono chiamati anche glucidi, carboidrati, saccaridi (solitamente divisi in
mono- e polisaccaridi). Hanno numerose funzioni biologiche, tra cui quella di riserva energetica e
trasporto dell'energia. Inoltre giocano un ruolo fondamentale nel sistema immunitario, nella
fertilità e nello sviluppo biologico. Le singole unità monomeriche dei glucidi, costituite da un solo
gruppo funzionale del carbonio, sono dette "monosaccaridi". Questi possono legarsi tra di loro in
moltissimi modi per formare i polisaccaridi o gli oligosaccaridi.
Il miele è composto principalmente da zuccheri (75-80%), che rappresentano più del 95% della
sostanza secca. Il loro elevato contenuto contribuisce in modo determinante a definire numerose
proprietà fisiche e alimentari del miele.
Gli zuccheri principali sono il glucosio, con una percentuale media del 30%, e il fruttosio, con
una percentuale del 40%. Essi derivano direttamente dal nettare e dalla melata e in parte si
formano in seguito all’azione dell’enzima invertasi, secreto dalle ghiandole ipofaringee dell’ape,
che idrolizza il saccarosio contenuto nel nettare o nella melata scindendolo nei suoi due
componenti: glucosio e fruttosio. Le diverse quantità di questi due zuccheri è un dato importante,
poiché il glucosio è relativamente poco solubile in acqua e, di conseguenza, un contenuto elevato
di questo zucchero determina una tendenza alla cristallizzazione, mentre una maggiore
concentrazione di fruttosio, molto solubile in acqua, conserva il miele allo stato liquido.
In quantità minori sono contenuti anche di-, tri- e oligosaccaridi (5-10%) di cui fino ad ora,
analizzando vari mieli, ne sono stati identificati oltre 20, anche se in genere non sono tutti presenti
contemporaneamente nello stesso miele.
La presenza del disaccaride saccarosio è da attribuire al fatto che non tutto il saccarosio presente
nel nettare o nella melata viene idrolizzato e una piccola quantità è sempre presente nel miele. Il
maltosio e l’isomaltosio sono altri due disaccaridi normalmente presenti nel miele.
Altri zuccheri, come il trisaccaride erlosio, non sono presenti nella melata o nel nettare, ma sono
il risultato di trasformazioni enzimatiche. Questi zuccheri non influiscono sulle proprietà fisiche e
organolettiche come il glucosio e il fruttosio, ma possono essere utili per determinare l’origine
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botanica del miele. Ad esempio, attraverso la presenza del polisaccaride melezitosio, si può
stabilire se un miele contenga della melata, se il valore è maggiore dello 0,5%.
GLUCOSIO
FRUTTOSIO
MALTOSIO
ISOMALTOSIO
SACCAROSIO
MELEZITOSIO
ERLOSIO
 Formule di struttura dei glucidi presenti nel miele
Amminoacidi e proteine
Definizione: Gli amminoacidi sono i monomeri delle proteine.
Tutti i 20 amminoacidi presenti nelle proteine sono amminoacidi.
Essi hanno un gruppo carbossilico e un gruppo amminico legati allo
stesso atomo di carbonio, e differiscono l’uno dall’altro per la catena
laterale, o gruppo R, che si differenzia per struttura, dimensioni e
carica, influenzandone la solubilità in acqua.
Formula generica di un amminoacido
Due molecole di amminoacidi possono unirsi covalentemente
mediante un legame peptidico, formando un dipeptide. Questo tipo di legame si genera per
eliminazione di una molecola di acqua dal gruppo carbossilico di un amminoacido e dal gruppo
amminico dell’altro. Le proteine, sono lunghe catene di amminoacidi legati fra loro tramite legami
peptidici.
Nel miele la presenza di sostanze azotate è minima (0,2 - 0,3%). Esse sono rappresentate da
amminoacidi liberi e da proteine di diversa origine, in gran parte già presenti nel nettare e nella
melata, in parte contenute nei granuli di polline che si trovano nel miele.
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L’amminoacido presente in maggior quantità è la prolina. Essa viene secreta da alcune
ghiandole delle api e perciò è presente in tutti i mieli. Fino ad oggi, nel miele sono stati identificati
altri amminoacidi oltre la prolina, tra cui arginina, istidina, leucina, lisina e metionina.
PROLINA
ARGININA
LEUCINA
LISINA
ISTIDINA
METIONINA
 Formule di struttura degli amminoacidi presenti nel miele
Le proteine contenute nel miele sono composte da tutti gli amminoacidi essenziali, ossia
amminoacidi che il nostro organismo non può sintetizzare e che quindi devono essere assunti con
il cibo. Alcune di esse sono: albumine, globulina, istoni e protamine.
Una particolare classe di sostanze proteiche, che pur essendo presente nel miele in quantità molto
ridotte riveste un’importanza particolare, è rappresentata dagli enzimi.
Enzimi
Definizione: Gli enzimi sono delle proteine altamente specializzare con attività catalitica,
accelerano le reazioni chimiche rimanendo inalterati al termine della reazione stessa. Il sito attivo
dell’enzima è un regione (estremamente piccola della molecola) a forma di fessura o di tasca che
instaura legami con il substrato, cioè la molecola su cui reagisce.
Gli enzimi vengono classificati in base alle reazioni che catalizzano.
Il miele contiene diversi enzimi che derivano dalla secrezione ghiandolari della api e in parte anche
dal nettare e dalla melata. Si tratta di alcuni dei componenti più studiati del miele perché
determinano la maggior parte delle reazioni che portano alla formazione del miele a partire dal
nettare e dalla melata. Gli enzimi principali del miele sono l’invertasi e il glucosio ossidasi, che
sono secreti da una specifica ghiandola delle api. Le amilasi, invece, sono di origine in parte
animale e in parte vegetale. Un altro enzima presente nel miele è la catalasi che deriva invece dal
nettare e dalla melata.
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Il glucosio ossidasi, in presenza di acqua, provoca l’ossidazione del glucosio con liberazione di
acido gluconico e acqua ossigenata:
+ H2O
+ H2O2
GLUCOSIO OSSIDASI
GLUCOSIO
ACIDO GLUCONICO
L’invertasi idrolizza il saccarosio in glucosio e fruttosio:
+ H2O
INVERTASI
SACCAROSIO
+
GLUCOSIO
FRUTTOSIO
La catalasi catalizza la conversione dell’acqua ossigenata in acqua e ossigeno:
CATALASI
2 H2O2
2H2O + O2
La diastasi, in presenza di acqua, scinde gli oligosaccaridi in composti più semplici.
La quantità di diastasi presente nel miele (indice diastasico) viene utilizzata come indice di
freschezza e per determinare se un miele ha subito trattamenti termici. Infatti, questo enzima si
degrada con il trascorrere del tempo o se viene sottoposto a temperature troppo elevate.
Acqua
Il contenuto di acqua è una delle caratteristiche più importanti del miele, in quanto ne condiziona
la conservabilità, contribuendo a definire anche la qualità. È legato a numerosi fattori: all’origine
botanica, alle condizioni atmosferiche e ambientali precedenti e successive all’estrazione, alla
stagione di produzione, alle modalità di intervento dell’apicoltore, alle condizioni di conservazione.
La quantità d’acqua può variare dal 15% al 20%, con un valore ottimale attorno al 18%.
Secondo l’articolo 2 della legge 753 del 1982, il tenore di acqua non deve essere superiore al 21%
poiché se il valore è troppo alto si verificano fenomeni fermentativi, se invece è troppo basso si
hanno problemi durante la lavorazione del miele, in particolare durante la centrifugazione per
l’estrazione dello stesso.
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Acidi organici
Definizione: Gli acidi carbossilici sono composti organici che contengono il gruppo carbossilico
o carbossile (-COOH), ovvero un gruppo ossidrilico (-OH) legato ad un gruppo carbonilico (C=O).
Sono molecole caratterizzate dalla formazione di legami a idrogeno, e per questo motivo
presentano punti di ebollizione elevati.
Tutti i mieli presentano un’acidità caratteristica, hanno infatti valori di pH compresi tra circa 3.5 e
4.5, ma si possono anche trovare mieli con pH inferiore o superiore: pH più bassi in genere nei
mieli di nettare e pH più elevati nei mieli di melata.
L’acidità del miele è dovuta alla presenza di numerosi acidi organici, che possono trovarsi in forma
libera e in forma legata (i cosiddetti lattoni). L’acido quantitativamente più importante è l’acido
gluconico, che si forma dal glucosio in seguito all’azione di un enzima, il glucosio ossidasi, con
liberazione di acqua ossigenata e contribuisce a determinare l’aroma del miele. Gli altri acidi
organici provengono dal nettare o dalla melata oppure si formano durante l’elaborazione del
miele per intervento delle api, per esempio: l’acido formico, piruvico, tartarico, lattico,
malico, succinico e butirrico.
L’acidità totale del miele si esprime in millequivalenti per chilo (meq/Kg) e può variare
notevolmente da un miele ad un altro, lungo una scala di valori compresi tra 10 e 60.
ACIDO FORMICO
ACIDO MALICO
ACIDO PIRUVICO
ACIDO TARTARICO
ACIDO SUCCINICO
ACIDO LATTICO
ACIDO BUTIRRICO
 Formule di struttura degli acidi carbossilici presenti nel miele
Vitamine
Definizione: Le vitamine sono sostanze organiche, assunte con gli alimenti, indispensabili ai
nostri organismi viventi. Esse sono incluse tra i micronutrienti che devono essere assunti con la
dieta quotidianamente poiché non vengono sintetizzati dall'organismo umano. Le vitamine, in
particolare quelle solubili in ambiente acquoso, regolano il metabolismo cellulare attraverso
l'attività degli enzimi di cui sono parte integrante, trasformandosi nella parte coniugata detta
coenzimatica.
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Il miele ha un contenuto in vitamine estremamente basso, in relazione alle esigenze di tipo
nutrizionale. Allo stato attuale delle conoscenze, è stata riscontrata la presenza, in quantità molto
ridotte, solo di vitamine idrosolubili: vitamina C, E ed alcune vitamine del gruppo B. La loro origine
è da attribuire fondamentalmente ai granuli di polline che si trovano nel miele, infatti le vitamine
riscontrabili nel miele sono presenti in concentrazioni ben più elevate anche nel polline.
Sostanze minerali
Il contenuto in sostanze minerali, definite anche ceneri in quanto rappresentano il residuo
inorganico, è complessivamente basso, anche se può variare notevolmente nei diversi tipi di miele,
da 0,02 a 1% circa.
Il minerale che si riscontra in maggior quantità è il potassio (costituisce circa la metà o i ¾ dei
minerali presenti), ma il miele contiene anche zolfo, sodio, calcio, fosforo, magnesio, silicio, ferro,
rame e manganese.
I minerali contenuti nel miele provengono dal terreno in cui vive la pianta: essi vengono assorbiti
dalla pianta stessa e, attraverso la linfa, raggiungono il nettare e la melata che l’ape raccoglie.
I sali minerali caratterizzano la colorazione del miele: i mieli scuri sono solitamente ricchi di sali
minerali, mentre quelli chiari ne sono poveri.
Altre sostanze
L’idrossimetilfurfurale (HMF) è indice di freschezza. È praticamente assente nel miele appena
estratto, aumenta proporzionalmente con l’invecchiare del miele e cresce molto rapidamente se il
miele è stato sottoposto a trattamenti termici a temperature elevate. Si forma in ambiente acido
per degradazione degli zuccheri, in particolare per l’ossidazione del fruttosio. Il limite massimo di
HMF è stato fissato a 40 mg/kg, anche se è un valore altissimo: mieli di buona qualità presentano
valori attorno ai 20 mg/kg.
Le sostanze volatili contribuiscono a definire l’aroma del miele, il quale subisce notevoli
variazioni con l’invecchiamento o a causa di trattamenti termici troppo drastici. Si tratta di
composti chimici diversi: alcoli, aldeidi, chetoni, esteri, eteri e altre sostanze ancora. Essendo
sostanze volatili e termolabili si degradano e si trasformano con facilità.
Per quanto riguarda i lipidi, la loro presenza nel miele è praticamente insignificante e
probabilmente collegata alle tracce di cera derivanti dall’estrazione del miele stesso o da granuli di
polline.
Tra i pigmenti vegetali contenuti nel miele si trovano, carotenoidi, flavonoidi, antociani e
xantofille. Sono componenti tuttora poco conosciuti, ma si è a conoscenza del fatto che
contribuiscono alla determinazione della colorazione del miele. Questi pigmenti sono prodotti
dalle piante e arrivano al miele tramite il nettare e la melata raccolti dalle api.
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Proprietà fisiche
Le proprietà fisiche del miele sono strettamente connesse con la sua composizione chimica.
Colore
Il colore varia naturalmente dalle tonalità più chiare alle più scure del giallo, dall’ambra fino
praticamente al marrone. La colorazione del miele è molto legata all’origine botanica: ad esempio,
il miele di robinia è di colorazione ambrato
chiaro, mentre quello di abete ha una
colorazione rosso-bruna.
Le sostanze responsabili del colore del miele
sono in parte ancora sconosciute. Tuttavia, si
sa che alla colorazione contribuiscono alcuni
derivati degli zuccheri, alcuni pigmenti
vegetali, amminoacidi e sali minerali. Con
l’invecchiamento solitamente il colore diventa
più scuro. Può anche variare a causa di
interventi dell’apicoltore (come la lavorazione
Miele di robinia non filtrato
a temperature troppo elevate) o per le
modalità di immagazzinamento (se esposto a luce o calore).
Cristallizzazione
La cristallizzazione è un processo naturale nel miele, in quanto il miele è una sostanza sovrasatura
di zuccheri, cioè ne contiene più di quelli che potrebbero stabilmente rimanere in soluzione.
I diversi mieli hanno diversa tendenza a cristallizzare a seconda della composizione, ma anche a
seconda della temperatura di conservazione. Avviene quindi che questi zuccheri in eccesso
(soprattutto il glucosio, essendo meno solubile in acqua) precipitano sotto forma di cristalli.
I cristalli tendono a formarsi dove trovano un “appiglio”, ossia un nucleo di condensazione da cui
far partire la reazione di cristallizzazione, come il fondo o le pareti del vaso, oppure una
piccolissima sostanza solida, come ad esempio un granello di polline o una minuscola bolla d’aria.
La velocità di formazione dei cristalli è massima a una temperatura che si colloca attorno a 14°C,
con variazioni di qualche grado a seconda del tipo di miele. Sopra a 25°C e sotto a 5°C la
cristallizzazione è in pratica completamente inibita.
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Indice di rifrazione
La rifrazione è il fenomeno per cui un raggio di luce, nel
passare da un mezzo a un altro subisce, in corrispondenza
della superficie di separazione dei due mezzi, una deviazione
e una variazione di velocità. Viene chiamato indice di
rifrazione il rapporto fra le due velocità. Nel miele liquido, a
parità di temperatura, varia in modo lineare a seconda del
contenuto di acqua: diminuisce con l’aumentare dell’acqua
contenuta, quindi è inversamente proporzionale alla
percentuale di acqua. Per questo motivo, l’indice di rifrazione
viene utilizzato per determinare la quantità di acqua presente
nel miele.
Viscosità
La viscosità, ossia l’attrito interno dei fluidi, nel miele è generalmente molto alta a causa
dell’elevata concentrazione zuccherina. Questa dipende invece principalmente dalla quantità di
acqua e dalla temperatura. Maggiore è la quantità d’acqua, più bassa è la viscosità; per quanto
riguarda la temperatura, la viscosità è elevata a bassa temperatura e diminuisce con
l’innalzamento di questa.
Densità
La densità rappresenta il rapporto tra la massa di una sostanza e il suo volume e solitamente si
esprime in g/cm3 (corrispondenti a kg/L). Nel miele è mediamente 1,422 g/cm3 a 20°C. Ciò significa
che un litro di miele a 20°C pesa circa 1,422 kg (da 1,39 a 1,44). Di questa caratteristica occorre
tenere conto nel predisporre i recipienti per il prodotto. Le variazioni sono legate al contenuto in
acqua del miele: più è elevato, minore è la densità. La misura della densità, infatti fornisce, con
una certa approssimazione, il tenore in acqua del miele.
Conducibilità elettrica
La conducibilità elettrica di un liquido, misurata in milli-Siemens per centimetro (mS/cm), è dovuta
alla presenza di sostanze ionizzabili, in grado di condurre la corrente elettrica. Tali sostanze, nel
miele, sono rappresentate essenzialmente dai sali minerali: per questo motivo la determinazione
della conducibilità elettrica del miele può essere usata in luogo di quella delle ceneri per la
valutazione del tenore in sali minerali.
Il valore di conducibilità elettrica del miele varia notevolmente a seconda dell’origine botanica,
approssimativamente tra 0,1 e 2 mS/cm.
I mieli di melata e quelli scuri in genere presentano i valori più elevati.
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Proprietà microbiologiche
Da millenni il miele è un elemento della medicina popolare e le sue virtù terapeutiche erano
considerate persino un dono degli dei.
Il miele è stato rinomato per le sue proprietà cicatrizzanti fin dai tempi antichi.
Almeno una parte della sua influenza positiva viene attribuita alle proprietà antibatteriche.
Con l'avvento degli antibiotici, l'applicazione clinica del miele è stata abbandonata nella medicina
occidentale moderna, anche se in molte culture è ancora usato.
L’azione antibatterica del miele è riconducibile a molteplici fattori.
Il miele è una soluzione zuccherina concentrata, il tenore di acqua varia tra il 15 e il 18%. Per
effetto osmotico, il miele sottrae agli agenti patogeni l’elemento vitale acqua. Inoltre, il miele
presenta un pH basso compreso tra 3 e 4, e in questo ambiente acido la riproduzione dei batteri è
nulla. Ma l’attività antibatterica non è riconducibile solo alla concentrazione zuccherina e al pH
acido, bensì a una serie di sostanze dette inibine.
Queste dipendono da un enzima aggiunto dalle api al nettare, con la funzione di proteggerlo dalla
proliferazione batterica nel periodo della sua trasformazione in miele.
Si tratta del glucosio ossidasi, che tramite una reazione tra glucosio e acqua, forma acido gluconico
e piccole quantità di acqua ossigenata, un disinfettante che in concentrazione alta può
danneggiare i tessuti, ma alla concentrazione in cui viene prodotta nelle condizioni di utilizzo
(1/1000 della concentrazione che compriamo in farmacia) ha un effetto terapeutico senza effetti
collaterali negativi.
Defensina-1
La defensina-1 è una proteina che si trova nel sistema immunitario delle api, a cui è attribuita la
maggior parte dell’attività antibatterica.
Il merito della scoperta di questa proteina va a uno studio condotto dai ricercatori del Centro
Medico Accademico di Amsterdam che ha mostrato la base molecolare dell’attività antibatterica
della defensina-1.
Il miele o suoi componenti isolati potrebbero essere di grande importanza per la prevenzione e il
trattamento di infezioni causate da batteri antibiotico-resistenti poiché i ricercatori hanno testato
in laboratorio l’attività antibatterica di ciascun componente del miele su un gruppo di batteri
antibiotico-resistenti, isolandoli selettivamente per determinare il loro contributo antibatterico
individuale.
Tutti i batteri testati, tra cui Bacillus subtilis, Staphylococcus aureus, Escherichia coli, Pseudomonas
aeruginosa, e Enterococcus faecium, sono stati uccisi da 10-20% (v/v) di miele, mentre è servito il
40% (v/v) di una soluzione di zucchero-miele per una attività simile.
Dopo la neutralizzazione enzimatica di acqua ossigenata, il miele ha mantenuto un'attività
sostanziale. Quindi si è passati, con l’utilizzo di Bacillus Subtilis, all’isolamento dei fattori
antimicrobici aggiuntivi e si è scoperta la defensina-1 nel miele.
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Dal miele preziosi prebiotici
Quando ingeriamo il miele, gli zuccheri che non vengono assorbiti, transitano nell’intestino e
vengono fermentati dalla flora batterica, che comprende Lattobacilli, Enterobacteriaceae e
Streptococchi, dando origine a acidi grassi a catena corta, che regolano il trofismo della stessa
flora intestinale. Processo, questo, che
assicura benessere all’intestino e
all’organismo in generale. Potremmo così
definire il miele, un prodotto funzionale.
Il fruttosio e il glucosio non assorbiti sono
fermentati e quindi si comportano come
sostanze prebiotiche. Probiotico, dal greco
“Probios”, vuol dire letteralmente “favorevole
alla vita”.
Le sostanze prebiotiche sono molecole
introdotte con gli alimenti che non sono assorbite e una volta passate nell’ultimo tratto intestinale
sono metabolizzate dalla flora batterica, dunque, sfuggendo al nostro nutrimento, diventano
nutrimento per i batteri.
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Ciclo produttivo del miele
1. Estrazione dei melari colmi di miele dalle arnie
Le api accumulano il miele nei favi
contenuti nei melari. Al momento
opportuno l’apicoltore decide di
rimuoverli dall’arnia con l’aiuto
dell’affumicatore, che producendo
fumo, aiuta a mantenere mansuete le
api.
2. Disopercolatura
Una volta portate le arnie
nell’apposito laboratorio, si inizia con
la disopercolatura. Consiste
nell’eliminare lo strato di cera che
richiude i favi colmi di miele. Viene
effettuata con appositi coltelli o
forchette disopercolatrici.
L’asportazione degli opercoli dai favi,
viene eseguita appoggiando il telaio
su un piano inclinato, posto sopra un
adatto recipiente a bacinella per
raccogliere la cera degli opercoli e il
miele che gocciola dal favo.
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3. Smielatura
Una volta disopercolate le celle, i telai
vengono posti nello smielatore che,
grazie alla forza centrifuga, fa fuoriuscire
il miele che viene raccolto sul fondo. Lo
smielatore è uno strumento costituito
da un recipiente cilindrico, entro il quale
ruota una gabbia, dove si collocano i
telai disopercolati.
Il miele, uscendo dallo smielatore,
passerà attraverso un filtro che tratterrà
i residui di cera e le api rimaste bloccate
nei melari. Questi filtri sono formati da
due maglie di diverse dimensioni per
ricavarne un’ottima filtrazione.
4. Decantazione
Il miele filtrato verrà raccolto nei secchi
appositi, i quali verranno svuotati nel
maturatore. Qui, il miele verrà
sottoposto ad un'ulteriore filtrazione
tramite un filtro a sacco di nylon.
Nel maturatore il miele decanta e l’aria,
acquistata durante la smielatura, viene a
galla sotto forma di bollicine che
formano una schiuma. Dopo circa 20
giorni si sarà formato un grosso strato di
schiuma che verrà poi rimossa.
Dopo la rimozione della schiuma il miele
potrà essere invasettato e poi venduto.
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La legge n. 753 del 1982 che recepisce la direttiva Cee n. 74/409 del 22 luglio 1974
riguardante l’armonizzazione della legislazione sul miele degli stati membri. La legge 753/82 segna
una tappa importante per la valorizzazione dell’apicoltura italiana in quanto definisce cos’è il
prodotto miele, la sua composizione chimico-fisica e la modalità con cui si attribuisce ad un miele
la denominazione particolare in funzione della sua provenienza.
Art.1. Ai sensi della presente legge per il miele si intende il prodotto alimentare che le api
domestiche producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o
che si trovano sulle stesse, che esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze specifiche
proprie, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell'alveare. Tale prodotto può essere fluido,
denso o cristallizzato. Il miele a seconda dell'origine e a seconda del metodo di estrazione.
Art. 2. Il miele può essere commercializzato solo se conforme alle definizioni ed alle norme
previste dalla seguente legge. Le caratteristiche di composizione del miele sono le seguenti:
a) Tenore di zuccheri riduttori, espresso in zucchero invertito: nel miele di nettare non deve
essere minore del 65%, nel miele di melata non meno del 60%
b) Tenore d’acqua non deve superare il 21%
c) Tenore apparente di saccarosio: Nel miele di nettare non più del 5%, e nel miele di melata
non più del 10%
d) Tenore di sostanze insolubili in acqua non superiore del 0.1%, nel miele torchiato non più
del 0.5%
e) Tenore di sostanze minerali (ceneri) non superiore dello 0.6%, e nel miele di melata non più
dell’0.1%
f) Acidità non più di mille equivalenti per chilo
Art.3. Al miele commercializzato come tale non può essere aggiunto nessun altro prodotto.
Un miele di produzione nazionale miscelato con miele di produzione straniera non può essere
commercializzato con la denominazione di miele italiano, ma con la denominazione di 'miscela di
mieli di origini diverse'. La miscela di mieli di origine di soli paesi extracomunitari deve essere
commercializzata con la denominazione di 'miscela di mieli di importazione'. I mieli di origine
extracomunitaria devono riportare oltre alle indicazioni di cui al successivo articolo 6, terzo
comma, anche l'indicazione del Paese di origine. Il miele italiano deve essere commercializzato
indicandone l'origine nazionale.
Art.4. Il miele commercializzato come tale o utilizzato in qualsiasi prodotto destinato alla
alimentazione umana non deve contenere materie organiche o inorganiche estranee alla sua
composizione; come muffe, insetti e parti di insetti, covate e granelli di sabbia.
In nessun caso il miele può contenere sostanze di qualsiasi natura in quantità tali da presentare un
pericolo per la salute umana. Il miele non deve:
a) Presentare sapore o odore estranei
b) Avere iniziato un processo di fermentazione o essere effervescente
c) Essere sottoposto a trattamento termico in modo che gli enzimi vengano distrutti o resi in
gran parte inattivi
d) Presentare un'acidità modificata artificialmente
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Art.5. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, saranno fissati i casi in cui le condizioni naturali di
produzione del miele per pasticceria, del miele per l'industria, del miele di Calluna e miele di
Arbutus possono giustificare un tenore massimo di acqua del 25 per cento.
Art.6. Il miele comunque destinato ad uso alimentare, disciplinato dalla presente legge, deve
essere commerciato e trasportato esclusivamente racchiuso in contenitori idonei ai sensi
dell'articolo 11 della legge 30 aprile 1962. Il miele destinato alla vendita al dettaglio per il consumo
diretto deve essere inoltre confezionato, a norma dell'articolo 8 della legge 30 aprile 1962, n. 283,
in contenitori recanti le indicazioni prescritte dal presente articolo.
Gli imballaggi, i contenitori o le etichette del miele confezionato devono riportare, a caratteri ben
visibili, chiaramente leggibili ed indelebili, le seguenti indicazioni:
a) La denominazione 'miele' o una delle denominazioni specifiche avviene secondo l'origine e
il metodo di estrazione del prodotto; tuttavia il 'miele in favo' ed il 'miele con pezzi di favo'
nonché il 'miele per pasticceria', il 'miele per l'industria' ed il 'miele di brughiera' devono
essere designati come tali
b) Il peso netto espresso in grammi o chilogrammi
c) Il nome o la ragione sociale e l'indirizzo o la sede sociale del produttore o del
confezionatore
d) L'anno di produzione.
La denominazione 'miele' o una delle denominazioni di cui all'articolo 1 può essere completata tra
l'altro da:
a) Un'indicazione inerente all'origine botanica, se il prodotto proviene soprattutto da tale
origine e ne possiede le caratteristiche organolettiche, fisico-chimiche e microscopiche
b) Un nome regionale, territoriale o topografico, se il prodotto proviene totalmente
dall'origine indicata
c) L'indicazione 'vergine integrale' per il prodotto di origine nazionale quando non sia stato
sottoposto ad alcun trattamento termico di conservazione e possegga i requisiti chimici,
chimico-fisici e biologici naturali definiti nel decreto di cui al successivo articolo 7. Per tale
miele è obbligatorio apporre sulle confezioni e sull'etichetta l'indicazione relativa alla data
di produzione ed alla data di scadenza.
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Sitografia
http://whatsupanddown.wordpress.com/2011/12/12/senza-api-lumanita-avrebbe-soltanto-4anni-di-vita-albert-einstein/
http://www.mieliditalia.it/legge753_82.htm
http://www.apicoltura2000.it/miele.htm
http://it.wikipedia.org/wiki
http://www.scuolegrosio.it/progetti/raccolta/gustoraccolta/miele_storia.htm
http://www.fasebj.org/content/24/7/2576.full?sid=a63699b0-baad-42fe-b84a-0c3830646abe
http://www.antichebonta.com/tesi2.html
Bibliografia
Apicoltura tecnica e pratica di Alessandro Pistoia
Introduzione alla biochimica di Lehninger di David L. Nelson e Michael M. Cox
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