lampas ardens marzo-aprile 2014

Bimestrale dell’Opera e dell’Istituto Secolare Ancelle «Mater Misericordiae» - Macerata - ANNO LXV n. 2 - Marzo-Aprile 2014
Sede Generale: Via Don Minzoni, 25 - Tel. 0733.230661-0733.235782 - Fax 0733.236538 - www.matermisericordiae.org
TAB. C Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (Conv. in L 27/2/2004 n. 46) Art. 1 Comma 2 - DCB MACERATA
Autor. del 21.12.49 n. 14 del Trib. di Macerata - Dir. Resp. dott.ssa Maria Chiara Carulli - Tipografia San Giuseppe srl - Pollenza (MC)
Fate tutto il bene che potete
con tutti i mezzi che potete,
in tutti i modi che potete,
in tutti i luoghi che potete,
tutte le volte che potete,
a tutti quelli che potete,
sempre, finché potrete.
John Wesley
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Il Padre
Fondatore
ci parla ancora
La prima dolce catena dell’anima
consacrata nel secolo: la Castità
(2a puntata)
Lega il cuore, distaccandolo dalle creature
uona figliuola, il Voto di Castità esige dall’anima, che lo emette, una
perfetta e totale mortificazione e rinuncia delle soddisfazioni della
carne nei suoi bassi istinti. E su questo argomento non occorrono speciali spiegazioni, perché la coscienza d’ogni creatura onesta riconosce subito ciò
che è impuro e contrario alla bella virtù.
Però dobbiamo dire che la vera purezza e castità risiede nel cuore. Questo, in
armonia con la volontà, è il vero responsabile in questa sì delicata materia, poiché,
mentre il corpo non sempre è libero dei suoi movimenti e delle sue impressioni o
per forza esterna o per malattia o per squilibrio di passione, il cuore può sempre
comandare a se stesso e rifiutare qualsiasi azione e qualunque impressione debba
subire il suo corpo.
E Gesù dice nel S. Vangelo che non macchia l’uomo quello che entra per la
bocca, ma quello che esce da essa (cioè dal cuore): «…Ma quel che esce dalla bocca
viene dal cuore, e questo sì che contamina l’uomo. Ché dal cuore vengono i cattivi
pensieri, omicidi, adulterii, fornicazioni, furti, false testimonianze e gli oltraggi…»
(Matt. XV - 11, 18, 19, 20).
A questo naturalmente voleva Egli alludere, quando gridò al mondo: «Beati
i puri di cuore!» E difatti non esiste purezza se non esce essa dal cuore. Che vale
pertanto la purezza del corpo, la riservatezza esteriore, lo sguardo mortificato, se
nel cuore si escogita il modo di peccare, si pensa male, si ama immondamente, si
desidera ogni male ed ogni impurità?… Le macchie del corpo si possono coprire
e distruggere con la purezza del cuore, ma l’immondizia di questo non si può
cancellare con la purezza del corpo. Si può comparire santi,
immacolati ed innocenti ed essere invece sepolcri imbiancati,
veri e grandi ipocriti. Che vale se il corpo viene profanato
in qualsiasi maniera, se la volontà non cede, se il cuore si
ribella e si mantiene puro ed immacolato? Quante vergini o
in tempo di persecuzione o in tempo di guerra o d’invasione
barbarica sono state sacrificate e profanate senza subire
alcun detrimento nella loro purezza e verginità, che anzi
acquistando un merito maggiore!…
B
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Or dunque la vera essenza della purezza investe sì tutto l’essere umano, anima e
corpo, ma soprattutto l’anima, che per mezzo del cuore rende colpevole o meritorio ciò che nel corpo accade o per forza d’altri o per azione propria, a seconda del
consenso pieno o meno o del tutto assente della volontà.
Ed ecco allora la necessità di ben regolare gli affetti, i sentimenti del cuore verso
la creatura, che nella purezza occupa il posto principale, poiché non si potrebbe
quasi concepire impurità senza la creatura, a cui altra aderisca in modo e misura
proibita, sia col pensiero e sia con l’azione. È vero che son tante le maniere per
peccare d’impurità, ma quasi tutte convengono in altra creatura.
Pertanto il cuore potrà amare ed amare anche immensamente un altro cuore,
un altro essere, chiunque esso sia, ma nel momento stabilito da Dio e dalla Sua
legge. Il prossimo deve rappresentare uno scalino per andare a Dio, per raggiungere i fini messi da Dio nella natura della stessa creatura, per il bene della società
e per la Sua Gloria.
Naturalmente fuori del S. Matrimonio si potrà amare di amore santo di santa
amicizia, specie tra anime di una stessa idea, di una medesima Vocazione, dello
stesso sangue, di uno stesso luogo ecc., poiché Gesù stesso ha detto: «Chi ha trovato
un amico ha trovato un tesoro…» Ma deve essere una amicizia contratta e vissuta
per il Signore, per la propria elevazione spirituale, per la propria santificazione. E
se questi scopi non si raggiungono e poco alla volta scompaiono anche nell’intenzione, bisogna tutto troncare, tutto distruggere.
L’anima consacrata, se desidera veramente considerarsi superiore a persona
coniugata, deve assolutamente evitare tutto ciò che infiamma il suo cuore verso di
una creatura qualunque, ma soprattutto di diverso sesso, accendendo in se stessa
tendenze cattive e cattive soddisfazioni, o sensazioni, non regolate e non controllate
sia dalla mente e sia dal cuore, oltre che non combattute nei suoi sensi corporali.
È necessario insomma che il cuore si astenga dalle amicizie troppo sensibili, da
simpatie troppo forti se non sa dominarle e trasformarle poco alla volta in sentimenti
spirituali da utilizzare per il bene scambievole e per il Regno di Dio. Deve esso scansare decisamente tutto ciò che forma per sé un vero pericolo nel voler bene a certe
persone, verso delle quali senta un turbamento invincibile che gli metta rimorsi o
agitazioni, accompagnate da tendenze cattive e da sensazioni impure.
Concludendo quindi: l’anima consacrata a Dio nel Secolo, trovando maggiori
occasioni e pericoli tra le creature e d’altra parte, dovendoci vivere in mezzo come
una madre e sorella, sapendo che appartiene totalmente a Dio, deve amare sì e
grandemente le anime, per le quali rimane essa nel mondo, ma deve vivere col
cuore da esse distaccato, pronta ad allontanarsi da tutte quelle e da tutto ciò che
potrebbero formare per essa veri pericoli di peccato. Potrà soffrire da questo il suo
cuore sensibile, ma deve pensare che i palpiti principali di esso sono riservati per lo
Sposo Divino e non è bene che si rattristi più per gli altri che per Lui!
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Alle Sorgenti
A te che soffri
C
arissime, il periodo quaresimale, cioè il periodo di penitenza ci trovi
pronte e generose nel portare la croce e fare lieta compagnia al nostro
Sposo Divino. Qualcuna forse dirà che siamo sempre al solito ritornello:
croce, sofferenza; sempre quelle parole, sempre quelle stesse esortazioni. Avete
ragione mie care ed amatissime sorelle, ma vi dirò una cosa: «Dobbiamo arrivare a
saper soffrire bene, a soffrire con gioia, dando tutto a Gesù come un atto di amore;
quando saremo arrivate a queste cime ci fermeremo, va bene?».
Ma fino a quel momento dovrete avere la pazienza di ascoltare questa povera
sorella che desidera tanto per voi tutte e per essa perché giungano a cantare non
solo il fiat, ma l’Alleluia nella sofferenza.
Questo periodo di preparazione alla Pasqua ci invita al sacrificio, non ci tiriamo
indietro, a noi Gesù non chiede nulla di speciale; chiede solo di unirci a Lui, al Suo
soffrire ed accettare tutto dalle più piccole sofferenze alle più grandi. Ogni giorno
rinnoviamo la nostra offerta completa a Gesù, diciamo a Lui il nostro amore incondizionato senza se, senza ma, senza alcuna eccezione, quello che vuole Lui per noi
è legge di amore. Lo so, quando arrivano i momenti neri è duro dover accettare,
dovere sorridere, si piangerebbe tanto volentieri, ebbene anche qualche lacrima
non è condannata da Gesù, no, anche essa è un atto di amore. Gesù comprende
il nostro stato, nessuno può capirci come Lui, però non avviliamoci, anche tra le
lacrime diciamo: Gesù sia tutto per Te.
Anche se dentro di noi c’è la lotta, c’è un po’ di ribellione alla croce, resistiamo
all’attacco del demonio e con la volontà forte gridiamo il nostro Fiat. Tanto più il
demonio ci vorrà portare alla ribellione alla volontà di Dio, tanto più forte sia il
nostro Fiat. Gesù ci darà la vittoria.
Coraggio mie care, ho qui davanti a me alcune frasi dette da un giovane morto
circa un mese fa. Ecco come parlano i Santi: «In questi giorni ho fatto 23 anni
di malattia e 17 di immobilità assoluta (sono stecchito come un morto, l’unico
movimento che ho sono i gomiti e le mani), nel mio letto ho trovato la vera felicità, la più grande gioia: Gesù Eucaristia ogni mattina… Amo la sofferenza. Gesù
malgrado la mia indegnità, mi vuole vicino a Lui crocifisso… Ringrazio il Signore
che mi ha distaccato da tutto ciò che è terreno, felice solo di possedere Lui… La
volontà di Dio sempre».
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Potrei durare ancora a dire altre cose dette da
questo giovane, bastano però queste parole per farci
ripetere: «Perché lui e tanti altri hanno fatto così ed io
no?» Coraggio, se non sappiamo soffrire come tante
sorelle nostre ce ne hanno date l’esempio, significa che
il nostro amore verso Gesù è ancora fiacco.
Amiamo di più sorelle care e tutto sarà più facile,
chiediamo a Gesù questo amore, Egli che è venuto
sulla terra per portare questo fuoco divino non chiede
di meglio che riempirci di amore ed invadere l’anima
nostra.
La Madonna ci ottenga questa grazia.
Parole da custodire nel cuore
ltano
Beati coloro che asco
la Parola di Dio
a
e la mettono in pratic
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Lc 11, 28
Scintille d’amore
Giuseppina Carelli
Necessità della Meditazione
(continuazione)
N
ella puntata precedente abbiamo visto la necessità e l’utilità della meditazione, ma essendo l’argomento veramente basilare per chi vuole
ascendere a maggiori altezze spirituali, ho creduto bene dividere il
punto in due parti, per non renderlo arido ed infruttuoso, se l’avessi troppo ristretto.
È stato anche detto che per un’anima che aspira ad una vita veramente interiore,
la meditazione deve essere alla base di tutti gli altri esercizi di pietà, e come alla
parola «Meditazione», che ognuna deve scrivere in margine al proprio regolamento
di vita, debbono far seguito tre semplici parole, ma che sono tutto un programma:
«Fedeltà, Fervore, Generosità».
Fedeltà alla meditazione
Non lasciarla mai per nessun motivo: e non lasciarsi ingannare da uno zelo
poco illuminato, che suggerisce di lasciarla per un atto di carità, per un’opera di
apostolato, o per qualsiasi altro motivo anche buono. La meditazione può essere
fatta in qualunque ora del giorno e, se la giornata è stata troppo piena di attività,
anche la sera prima di andare a letto, si possono raccogliere le proprie facoltà
intellettuali e spirituali, e concentrarsi in un punto o letto, o pensato, che valga a
far riflettere, ed a far fare delle serie risoluzioni e dei santi propositi. È bene anche
non farsi dispensare dal proprio Direttore, adducendo futili motivi. Solo una grave
infermità o una impossibilità fisica, può dispensare dalla meditazione.
Fervore
Dicendo fervore, non intendo un fervore di sentimento, che non servirebbe
a nulla, ma alla ferma volontà di applicarsi a fare bene la
meditazione, a farla il meglio possibile. Il tempo che si passa
meditando non deve essere considerato tempo sprecato, ma
il meglio impiegato nella giornata. Non è necessario essere
presi da commozioni e da noti sentimentali, perché la meditazione sia fatta fruttuosamente, anzi, spesso questi sentimenti possono essere dannosi per il progresso spirituale;
per fervore di intende la convinzione, che ognuna deve
formarsi, della grande necessità, che l’anima si raccolga per
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pensare a quei misteri della nostra religione; alle virtù necessarie che ognuna deve
acquistare per una maggiore ascesa spirituale, e prendere quelle sante risoluzioni
che le vengono ispirate. Naturalmente la meditazione deve portare ad una vita di
preghiera più intensa, necessaria ed assai efficace.
Però è anche necessario ricordare, che chi vuole applicarsi ad una vera e seria
meditazione, deve fare uno sforzo non indifferente, e lottare per scacciare tutto
ciò che potrebbe compromettere l’efficacia della meditazione. Questi nemici della
nostra anima sono: distrazioni, apatie, fantasie, sonnolenza, sonno, e tante altre
manovre del demonio per impedire all’anima il raccoglimento necessario, per
poter ben meditare. La volontà ferma di voler perseverare, nonostante le impotenze, le aridità ed i disgusti, si chiama fervore, e questo è quel tale fervore, che
porta all’acquisto della virtù e della vera unione con Dio.
Generosità
L’anima generosa non teme mai di niente e quello che fa, tutto è poco, ed allora
sarà cosa ottima l’imporsi qualche volta un prolungamento al tempo stabilito alla
meditazione. Potrebbe essere nel giorno del ritiro mensile, o in qualche altra circostanza. Inoltre è cosa ottima dare un carattere meditativo a tutte le preghiere che
si fanno, S. Teresina del Bambino Gesù, rimase assorta ed in lunga meditazione
soltanto a pronunciare le prime parole del «Padre nostro». Anzi, per essere più
precisi, proprio su queste due parole si fermò a meditare lungamente.
Sappiamo anche noi trarre profitto da tante preghiere, che la Chiesa ci insegna e
propone, e non dimentichiamo che più la preghiera prende un carattere meditativo o
contemplativo, e più è atta a mantenere e sviluppare in noi la vita interiore. Perciò generosità grande nella preghiera, anche se qualche volta siamo prese da tedio e stanchezza.
Difficile ciò? Forse per qualcuna sì, ma se animata dal desiderio di voler fare, con la
ferma volontà di riuscire, anche se qualche volta sembra impossibile, con l’aiuto di Dio,
e con la Sua grazia che mai ci viene meno, tutto sarà più semplice e facile; basta volere.
Coraggio, allora e senza timore, perché se Dio è con noi, tutto andrà bene.
Parole da custodire nel cuore
Signore lo ascolta,
il
e
a
id
gr
ro
ve
po
o
st
Que
e angosce.
lo libera da tutte le su
Salmo 34,7
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Dal diario di
Anno 1956
Carla Ronci
C
ome sono diventata cattiva! È da un po’ di tempo, che non mi va
bene niente non sono mai contenta; mi sento così strana! Anche
oggi non ne avevo voglia di fare l’adunanza, poi mi son vinta e prima
ho preso le Vedette poi le Aspiranti e con l’aiuto di Dio sono arrivata fino alla
fine senza far conoscere alle bambine il mio stato d’animo. Anche stasera ero
stanca, avevo tanto freddo, ma c’era il cinema escluso, le bambine dovevano
divertirsi ugualmente… Sono contenta perché anche stasera col Tuo Santo
aiuto G. ho potuto aiutare qualcuno. La Zanni, mentre l’accompagnavo a
casa, mi ha chiesto tante cose, quando l’ho lasciata era tutta felice e mi ha
detto che forse domani verrà a messa. Grazie Gesù, per tutto ciò che hai fatto
e fai continuamente per noi, grazie tutto.
9 gennaio – lunedì
Ieri sera al cinema c’è andata solo una delle nostre Aspiranti e TI ringrazio
Gesù. Ti ringrazio pure per ciò che mi hai detto stamattina nella meditazione
ricordi? Mi dicevi: I Re Magi mi cercarono, con tanto amore, senza guardare
alle difficoltà agli ostacoli… non prima, ma dopo aver superato tante prove;
furono da Me premiati. Tu cos’hai fatto finora per meritarti un premio?
Quante volte sei stata generosa con me? Non puoi pretender tanto, dando
così poco. Hai ragione Gesù, sono proprio un’egoista; chiedo, chiedo sempre,
senza mai dare niente… Tu hai dato la vita per salvare le anime e Sei Dio. Io
che sono niente, nei Tuoi confronti, e ho la pretesa di chiederti la salvezza di
tante anime, che cosa devo offrirti? Cercherò di essere più generosa di sacrificarmi di più e di amarti di più, ma Tu aiutami sempre.
Grazie!!!
10 gennaio – martedì
Questa mattina mi sono confessata ho avuto tanti bei
consigli che mi hanno fatto tanto bene. Ho fatto tanti bei
propositi e spero col Tuo santo aiuto di metterli in pratica. Questa sera, sono andata a fare una visita in chiesa,
ero sola con Gesù; stavo così bene!…
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11 gennaio – mercoledì
Anche oggi non sono stata troppo generosa con Te Gesù; avrei potuto
offrirti di più… Mi è piaciuta molto anche la meditazione di questa mattina
e Ti chiedo Gesù la grazia di mettere in pratica e ricordare i bei propositi
formati stamattina, fa che ogni giorno col Tuo S. aiuto riesca ad offrirti il mio
incenso reale – mistico e odoroso. Aiutami ad essere generosa sempre.
12 gennaio – giovedì
Degnati cara Mammina Celeste di accettare questi primi tre giorni, che Ti
ho offerto, in aiuto dell’Anna Perez. So che è ben poco quel che ho fatto, ma Ti
chiedo di unirlo ai meriti infiniti di Gesù e offrirli al Padre Nostro che sta nei
cieli, affinché Egli si degni di aiutare le mie bambine. Questi tre primi giorni,
sono per l’Anna Perez i prossimi tre per la Rosangela e così via. Signora aiuta
le nostre bambine, che sono circondante da tanti pericoli, fa che non perdano
la loro purezza!…
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In cammino con
Papa Francesco
Lo sguardo della Madonna
Maria indica Gesù, ci invita a dar testimonianza di Gesù,
ci guida sempre a suo Figlio Gesù
M
i sento unito a tutti voi nella preghiera del Santo Rosario e dell’Adorazione Eucaristica sotto lo sguardo della Vergine Maria.
La Madonna ci sostiene nelle difficoltà
Lo sguardo! Quanto è importante! Quante cose si possono dire con uno
sguardo! Affetto, incoraggiamento, compassione, amore, ma anche rimprovero, invidia, superbia, perfino odio. Spesso lo sguardo dice più delle parole,
o dice ciò che le parole non riescono o non osano dire.
Chi guarda la Vergine Maria? Guarda tutti noi, ciascuno di noi. E come ci
guarda? Ci guarda come Madre, con tenerezza, con misericordia, con amore.
Così ha guardato il figlio Gesù, in tutti i momenti della sua vita, gioiosi, luminosi, dolorosi, gloriosi, come contempliamo nei Misteri del Santo Rosario,
semplicemente con amore.
Quando siamo stanchi, scoraggiati, schiacciati dai problemi, guardiamo
a Maria, sentiamo il suo sguardo che dice al nostro cuore: “Forza, figlio, ci
sono io che ti sostengo!”. La Madonna ci conosce bene, è mamma, sa bene
quali sono le nostre gioie e le nostre difficoltà, le nostre speranze e le nostre
delusioni. Quando sentiamo il peso delle nostre debolezze, dei nostri peccati, guardiamo a Maria, che dice al nostro cuore: “Rialzati, va’ da mio Figlio
Gesù, in Lui troverai accoglienza, misericordia e nuova forza per continuare
il cammino”.
Lo sguardo di Maria non si rivolge solamente verso di noi. Ai piedi della
croce, quando Gesù le affida l’Apostolo Giovanni, e con lui tutti noi, dicendo:
“Donna, ecco tuo figlio” (Gv 19,26), lo sguardo di Maria è fisso su Gesù. E
Maria ci dice, come alle nozze di Cana: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv
2,5). Maria indica Gesù, ci invita a testimoniare Gesù, ci guida sempre al suo
Figlio Gesù, perché solo in Lui c’è salvezza, solo Lui può trasformare l’acqua
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della solitudine, delle difficoltà, del peccato, nel vino dell’incontro, della gioia,
del perdono. Solo Lui.
Lei ci insegna a seguire e dare testimonianza di Gesù
“Beata perché hai creduto!”. Maria è beata per la sua fede in Dio, per la sua
fede, perché lo sguardo del suo cuore è sempre stato fisso su Dio, sul Figlio di
Dio che ha portato in grembo e ha contemplato sulla Croce. Nell’adorazione
del Santissimo Sacramento, Maria ci dice: “Guarda al mio Figlio Gesù, tieni lo
sguardo fisso su di Lui, ascoltalo, parla con Lui. Lui ti guarda con amore. Non
avere paura! Lui ti insegnerà a seguirlo per testimoniarlo nelle grandi e piccole azioni della tua vita, nei rapporti di famiglia, nel tuo lavoro, nei momenti
di festa; ti insegnerà ad uscire da te stesso, da te stessa, per guardare agli altri
con amore, come Lui che non a parole, ma con i fatti, ti ha amato e ti ama!”
O Maria, facci sentire il tuo sguardo di Madre, guidaci al tuo Figlio, fa’
che non siamo cristiani “di vetrina”, ma che sanno “sporcarsi le mani” per
costruire con il tuo Figlio Gesù, il suo Regno di amore, di gioia e di pace.
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Sentinelle
del mattino
Le Costituzioni: da ieri a oggi
(26a parte)
C
arissime/i continuiamo, anche sul nuovo Lampas Ardens il nostro
cammino di riflessione sulle Costituzioni, in compagnia dell’amato
Padre Fondatore e di don Pino.
L’articolo 30 così recita:
Art 31: I tempi della preghiera
Benché faccia suo l’invito dell’apostolo: “Pregate sempre” (Ef 6,18), l’Ancella sa che la sua vita di consacrata secolare non può prescindere da tempi
dedicati esclusivamente alla preghiera.
Convinta che questi sono momenti di conversione e di rinnovamento, di
crescita nella vocazione e nella comunione fraterna, l’Ancella s’impegna ad
essere fedele alle pratiche di pietà peculiari dell’Istituto:
➢ l’ora quotidiana di raccoglimento in spirito di adorazione;
➢ riparazione ed unione con le sorelle tutte sparse per il mondo;
➢ la giornata mensile di ritiro;
➢ gli Esercizi Spirituali annuali.
Ha particolarmente a cuore, in quanto sono feste di famiglia, alcune date
come:
➭ il 30 Ottobre anniversario di Fondazione;
➭ il 25 marzo, l’Annunciazione di Maria Vergine;
➭ la festa di Cristo Re;
➭ la prima domenica di settembre giorno dedicato alla Madonna della Misericordia;
➭ il 19 marzo solennità di S. Giuseppe, protettore dell’Istituto.
Ascoltiamo il Padre Fondatore che su Lampas di settembre 1976 così scriveva:
“Una vocazione (sacra) è di somma importanza, perché “impegna” l’anima
con Dio; un vero “fidanzamento” che deve concludersi con “vere mistiche nozze”
con il Figlio stesso di Dio”.
E su Lampas di dicembre così scrive: “Come l’amore ha necessità di manifestazioni affettuose, e come il fuoco la si identifica dalla fiamma, così la pietà
verso Dio deve essere manifestata anche esternamente con le pratiche di pietà a
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cui deve prendere parte anche il nostro corpo. Tutta la nostra persona nella sua
anima unita al corpo deve onorare Dio. La pietà quindi è “amore” è quell’amore
che ogni figlio deve nutrire e manifestare al genitore e la sposa allo sposo. E così
tanto più ogni Ancella allo Sposo suo Gesù. Gesù da vero uomo pregava sempre,
giorno e notte, usava verso il Padre la più grande, sentita, divina “Pietà”: il più
grande AMORE! Deve essere quell’Amore il più “delicato” che porta l’Ancella ad
“identificarsi” con Gesù stesso che è vissuto solo per amare e far amare il Padre
Suo. Pertanto solo con la più grande “pietà” nel senso d’amore ogni Ancella
saprà e potrà essere fedele al massimo al suo ideale.
Gli fa eco Don Pino su Lampas di luglio 1986: Il laico consacrato è chiamato ad imparare “l’arte” di estrarre la preghiera dalla fatica, dal lavoro, dal
contatto col mondo(Paolo VI). Imparare a vivere alla presenza di Dio: dentro di
se, dei fatti, degli avvenimenti, del mondo intero.
A guardare ogni cosa con “cuore puro” che vede Dio, per scoprire nei valori
degli uomini il valore supremo di Dio. Nel volto degli uomini il volto di Cristo.
Vivere così in uno stato di “adorazione permanente”. (Cfr. L. G.)
Il pregare sempre del Vangelo allora non significa mettere l’uno sull’altro i
vari esercizi di pietà, ma riguarda un orientamento dell’anima e di tutta la
vita dedicata a Dio.
Carissime sorelle, come vedete da queste poche righe dei nostri fratelli maggiori: P. Fondatore e don Pino possiamo comprendere meglio questo
articolo delle Costituzioni.
Difatti gli impegni: quotidiani; mensili; annuali hanno significato se trovano quella “passione” interiore che è descritta molto bene sopra.
Il ritagliare un’ora ti tempo nella nostra giornata, spesso tanto caotica, e
sottrarci mettendoci in disparte o semplicemente staccare la spina dalla confusione che ci circonda diventa salutare sia per l’anima, ma anche per il corpo.
Un giorno al mese sottrarci alla routine e ai bombardamenti polemici e
giudizi sempre negativi su avvenimenti o nei riguardi delle persone vicine o
lontane che siano. Tutto ciò diventa salutare, soprattutto per togliere la caligine che si incrosta nella nostra mente, quasi come un lavaggio al cervello,
la nostra mente si intorbidisce e l’occhio dell’anima si annebbia al punto da
divenire incapaci di interpretare gli avvenimenti e le azioni altrui con cuore
puro e libero.
Così anche il corso di Esercizi Spirituali, nei quali è richiesto silenzio,
deserto, distacco da tutto ciò che è umano per creare quella sintonia particolare con Dio ed identificarci con Gesù Cristo, il nostro amato, diventano una
necessità inderogabile.
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Ogni uomo, e quindi, ogni Ancella è tenuta a “custodire la Parola”, a custodirla in se stessa, nella sua mente, nel suo cuore, nella sua intelligenza.
Quando ci sarà piena sintonia tra la volontà, il cuore, l’intelligenza di Gesù
e quella umana, l’uomo, l’Ancella potrà ritenersi pienamente concorporeo con
Gesù benedetto, la Sapienza di Dio fattasi carne.
Ecco allora che custodire la Parola significa raggiungere una perfetta
identità con Gesù nei pensieri, nella volontà, nelle opere. In una parola nel
“pregare sempre” e divenire vere sentinelle del mattino che vigilano sempre
senza interruzione.
Vostra Maria Bertoni
Presidente Generale
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L’angolo
vocazionale
L’amore e… la felicità
U
na sera padre Gribomont accettò di andare a cena a casa di un
amico. Durante la cena il figlio più piccolo, vedendolo vestito in
quel modo, non gli toglieva gli occhi di dosso e gli chiese: “ Ma tu
chi sei?”. “ Sono un monaco “, rispose il padre. E il piccolo: “ E che fai? “. “ Mi
alzo alle quattro ogni mattina e…”. “ Alle quattro? Ma cosa fai alle quattro?”. “
Comincio ad essere felice!”, gli rispose subito il monaco.
E tu…a che ora cominci ad essere felice?
Come sarebbe bello se tu, io,tutti noi potessimo rispondere: “Comincio ad
essere felice appena mi sveglio! E poi continuo durante il giorno e proseguo
mentre dormo!”.
Sì, ogni uomo dovrebbe dire così perché tutti hanno diritto alla felicità.
Noi siamo stati creati proprio per questo: per essere felici.
Ma dovremmo metterci un po’ d’accordo nel definire cos’è la felicità.
Il vocabolario dice che “ la felicità è stato e sentimento di chi è felice”. Non
basta ancora…Chi è felice? Il dizionario spiega: “Colui che si sente pienamente soddisfatto nei propri desideri, che ha lo spirito sereno, non turbato da
dolori o preoccupazioni e gode di questo suo stato”.
Ma vedi, anche se la definizione sembra abbastanza soddisfacente, è
senz’altro più significativo chiederti che cos’è che ti fa considerare felice,
definizione a parte.
Allora, a questo punto sarebbe bene che tu ti chiedessi quali sono le
ragioni della tua felicità, cosa ti manca per esserlo e cos’hai per sentirti felice
davvero.
Da studi recenti condotti dal Censis sulla situazione sociale nel nostro
Paese è emersa l’esistenza di «un’unica, grande “generazione virtuale”
che condivide l’aspirazione ad una giovinezza biologica eterna e di una
potenza sociale molto ampia». Questo vuol dire che tutti sembrano desiderare la stessa cosa: la giovinezza intesa come salute, benessere e la ricchezza, la
posizione sociale, il potere il più vasto possibile. Sembra che se fosse possibile
avere questo, tutti sarebbero felici.
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Fai parte anche tu di questa generazione virtuale o hai qualcosa
da aggiungere, da togliere, da inventare, nella tua originalità?
Questa unica “generazione virtuale” avrebbe sostituito le distinte generazioni e gli specifici ingredienti della felicità individuati fino ad almeno un
decennio fa. “Giovinezza, bellezza ed entusiasmo per i giovani – responsabilità, progettualità, competenza per gli adulti – saggezza, solidità, generosità
per gli anziani”.
La tendenza attuale sembra dunque convergere verso un modello unico
di società nella quale, come sinonimo di felicità, c’è il mito del “bello/giovane/ricco e famoso”. In questo ambito unico per ogni età sarebbe possibile,
avendo tutto, sentirsi pienamente soddisfatti, non turbati da dolori o da
assenze, quindi appagati e felici.
Ma, come vedi, tutte queste caratteristiche sono giocate solo sull’individuo,
considerato al di fuori di ogni relazione.
Non si dice come lo possa diventare.
Bisogna diventarlo, per arrivare alla felicità. Ma non importa come!
Non è un panorama molto incoraggiante, ma è su questo che ti invito a
confrontarti, a vedere se tu sei così o se hai qualcosa di diverso, se punti a
qualcos’altro, se intravedi qualcosa di nuovo e di antico dentro di te.
Ma esiste la felicità? O la felicità è un mito?
Che esista non c’è dubbio e che si possa raggiungere pure, perché ogni
uomo ha in sé un anelito alla felicità e proprio questo è il segno e la certezza
che esiste ciò che può saziarlo e non solo per un attimo, ma per tutta la vita.
Poi comincerà una felicità nuova, che non finirà, ma di quella non sappiamo
ancora parlare. Sappiamo solo che ci aspetta!
Allora, se la felicità esiste, si può davvero essere sempre felici? Per
esserlo devi far attenzione a non confondere la felicità con il piacere, perché
la felicità può esistere senza il piacere così come il piacere senza la felicità.
Non è difficile da capire.
La Bibbia ci fa l’esempio della donna che partorisce. In quel momento
prova dolore, ma è felice perché ci sarà una nuova nascita e lei sta per vedere
per la prima volta suo figlio. In questo caso la felicità è contemporanea alla
sofferenza e la sofferenza alimenta la felicità, la precede, la prepara.
Però non attendere soltanto la felicità: ricercala, costruiscila, regalala e,
prima, verrà ad abitare da te.
Sulla mia scrivania ho un cartoncino disegnato e scritto a mano dalla bambina che me l’ha regalato. Dice così:
“Semina la felicità nel giardino del tuo fratello e la vedrai fiorire nel
tuo”. Questa è una chiave che apre la porta alla felicità.
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Tu oggi, quanta felicità hai seminato nei giardini di chi conosci?
Ma se per caso dicessi che non sei felice e perciò non hai semi da mettere in nessun giardino…allora non dimenticare che Dio, creandoti per farti
felice, ha messo nel tuo cuore il seme della felicità. È lui il primo a piantare…
poi insegna a te a fare lo stesso.
Questo seme che hai dentro di te fa parte della tua umanità, è il principio
della tua bellezza e va nutrito, coltivato e forse pure risuscitato se si fosse seccato o se, addirittura, fosse morto. Puoi prenderti cura di questo seme proprio
occupandoti di tanti semi nascosti nel cuore di chi fa parte della tua vita e ti
permette, per un privilegio speciale, di entrare nel suo giardino. Allora tu
ti metti a coltivare e a seminare ancora…e mentre il tuo giardino diventa
sempre più bello, tu cominci a scoprire cos’è davvero la felicità.
Se forse finora ha pensato che la felicità fosse un’utopia, probabilmente
è perché non hai cercato di rendere reali anche le utopie! Poi, in questo
caso, visto che di utopia non si tratta, tanto più devi rendere reale, il reale!
Tu puoi essere felice e puoi far felici gli altri, anche in mezzo alle cose che
richiedono impegno, a volte sforzo, dolore. Questo perché, se lo vuoi, se sai
guardare in altro e dentro di te, tutto coopera al tuo bene, alla tua felicità,
anche se subito non te ne accorgi.
Sappi aspettare allora, sappi gustare la prospettiva e in ogni attimo di vita
porgi l’orecchio alla musica di quel seme che cresce e di quei semi che semini,
che regali.
Tu hai il diritto, perché ti è stata promessa, ma anche il dovere alla felicità!
Devi far qualcosa per essere felice, anche tu!
Perché dalla felicità dipende la qualità della tua vita e anche di quella degli
altri. Chi non si prende cura della sua felicità e di quella di chi ha intorno, di
chi ha nel cuore, non vive che a metà, non dà frutti o ne dà pochi e di breve
durata e quindi può far male, non solo a se stesso. Ecco il dovere alla felicità:
non puoi rassegnarti a non essere felice e se sei felice, devi alimentare sempre
la tua felicità!
Il comandante di una pattuglia di Frecce Tricolori ha detto: “I miei
uomini, anche se addestrati e pronti, quando salgono sull’aereo devono essere
soprattutto sereni e felici. Tengo personalmente i contatti con le loro famiglie,
perché se tutto non è ok non li lascio partire”. Uno spettacolo di tecnica e
di bravura potrebbe trasformarsi in una tragedia se qualcuno ha la testa e il
cuore da un’altra parte. Del resto è sempre vero che senza la felicità non si
vola alto!
E allora vola alto anche tu!
Non è facoltativo, non hai il permesso di scegliere se essere felice o no:
devi essere felice! È un comando, è un ordine. Devi coltivare il tuo seme,
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devi essere pronto a seminare. “Siate sempre lieti…questa è la volontà di
Dio verso di voi”(1 Tess.), “ Rallegratevi nel Signore sempre, ve lo ripeto,
rallegratevi! “(Fil 4,41).
Mille arcobaleni
rni ma di persone!
Un anno non è fatto di gio
sugli abissi.
È l’operaio che lancia ponti
grano di frumento,
È l’agricoltore che in ogni
ra il sole.
in ogni acino di uva, cattu
o,
E i due, operaio e contadin
prodotti e solidarietà,
si incontrano, scambiano
e campagna.
rispetto e giustizia, tra città
e emisferi.
È l’educatore che dischiud
ove,
È il giovane che apre vie nu
come vene di sangue.
zo bianco
È il ragazzo nero e il ragaz
che camminano insieme
le stelle,
e di notte conversano con
è l’uomo e la donna
che costruiscono la casa
l miracolo dell’amore.
e ripetono la creazione ne
Quando Dio,
lo,
dalla veranda fiorita del cie
si affaccia per vedere
,
quest’angolo dell’universo
lio
sorride nel vedere suo Fig
rinascere nel pluriuniverso
di mille arcobaleni.
(CEM Mondialità)
…ed è felice
felice con te,
felice di te!
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Dio insiste… perché se tu non trovi le ragioni della tua felicità, non
trovi le ragioni per vivere e questo non solo quando tutto va liscio, ma sempre, anche quando la vita si fa in salita e salire pesa.
Ora fermati un poco, prendi un foglio e scrivi le ragioni della tua felicità,
dì a te stesso perché sei felice adesso. Dopo averne trovata una, vedrai che ne
troverai tante altre. Poi conserva questo foglio e aggiornalo spesso.
Sul ciglio della tua strada, tu puoi sempre fermarti a cogliere i fiori di felicità nati dal seme e dai semi lasciati scendere nella terra del tuo cuore. Questi
ti sosterranno fino a quando arriverai a camminare su pascoli erbosi e potrai
bere ad acque tranquille (cfr salmo 23).
E se su questi prati già ci sei arrivato, se conosci già la freschezza di
quest’acqua, invita altri a riposarsi e a bere con te…continua, cioè, a seminare…
Che tu sia felice, che tu sia felice tutti i giorni e, soprattutto, che tu sappia,
ogni giorno, far felice qualcuno!
- 20 -
Il mio Crocifisso
Il mio Crocifisso
io lo porto dappertutto
e lo preferisco a tutto.
Il mio Crocifisso:
quando sono debole, è la mia forza
quando languisco, mi rianima
quando cado, mi rialza
quando piango, mi consola
quando soffro, mi guarisce
quando tremo, mi rassicura
quando lo chiamo, sempre mi risponde.
Il mio Crocifisso
è la luce che mi rischiara,
il sole che mi riscalda,
il cibo che mi nutre,
la sorgente che mi rinfresca,
la bellezza d’amore infinito che mi incanta,
la solitudine che mi rafforza,
l’oceano di misericordia in cui mi immergo,
l’abisso umano-divino in cui mi perdo.
Nel mio Crocifisso
io trovo tutto.
Non voglio
niente desiderare,
niente cercare,
niente attendere,
niente ottenere,
niente ritenere,
se non ciò che mi dona e mi dice
il mio Crocifisso.
Sarà il mio Crocifisso
lo stile d’amore che mi guiderà nella vita
“ amatevi come Io vi ho amati…”.
Mi rassicurerà nella morte,
mi incoronerà nell’Eternità.
Nel tempo trascorso quaggiù e nell’eternità
tutta la mia beatitudine e la mia gioia
sarà in Colui che in croce
ha dato se stesso per me.
Amen.
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PREGHIERE VOCAZIONALI
Marzo
a
di chiamarmi sulla via strett
Signore, che ti sei degnato
i la grazia di non distrarmi,
che conduce alla vita, damm
non aver paura di Te,
di non cercare diversivi, di
ccarmi, di non resisterti,
di non difendermi, di non blo
pingerti. Ma di desiderare
di non oppormi, di non res
ene
tarne in ascolto, di lasciarm
res
di
e,
or
am
di
no
eg
dis
tuo
il
lo, di ottenerlo, di gioirne.
attrarre, di capirlo, di voler
alla fine,
a tutto, di desiderarlo sino
Di realizzarlo, di preferirlo
r l’eternità,
di essertene riconoscente pe
.
cella fedele. Fiat, fiat! Amen
insieme con Maria, la tua an
Aprile
O Signore Gesù,
che ci hai coman
dato di pregare il
perché mandi ope
padrone della m
esse
rai alla sua messe
, suscita molte e
sante vocazioni
per la salvezza de
lle anime.
Come un giorno
hai chiamato Mat
teo, Pietro, Giaco
fa ascoltare la tu
mo, Giovanni,
a voce a tanti gio
vani disposti ad ac
Concedi a coloro
cogliere la tua gr
che chiami alla tu
azia.
a sequela fedeltà
nella loro vocazi
one, santità di vi
ta, costanza nella
zelo per la tua gl
preghiera,
oria e per l’avven
to
de
l
tu
o
Regno.
Manda operai sa
nti alla tua Chies
a.
Te lo chiediamo
per amore di Mar
ia santissima
Madre tua e Mad
re della Chiesa.
- 22 -
La parola e la vita
Maria Chiara Carulli
“Non ti ho detto che se credi
vedrai la gloria di Dio?”
Gv. 11,1-45
E
cco qui una conseguenza della fede che crede anche senza vedere,
senza sentire, senza provare intense sensazioni. Gesù ti promette:
“Se credi così, allora anche tu vedrai la gloria di Dio”. Ma come?
Non sono beati quelli che credono senza vedere? E allora Gesù ci ripensa e
cambia stile? La gloria di Dio la vedremo, in tutto il suo splendore, quando, in
Cielo, potremo fissare su di Lui i nostri occhi. Lo vedremo, senza veli, e tutto
ciò che in terra avremo creduto, sperato e amato, sarà interamente realizzato
davanti a noi.
Allora nulla ci sarà più nascosto. Verranno svelati i segreti di molti cuori
e il Signore ci farà partecipi della sua gloria e della sua santità. Ma le parole
di Gesù non si riferiscono solo a questo. Tu puoi vedere la gloria di Dio già
qui, sulla terra, anche se ancora velata ed espressa in una dimensione umana.
Basta credere nell’amore di Dio per ogni uomo e per te personalmente.
Succede allora una cosa speciale: diventi capace di accorgerti dell’opera di
Dio nella storia del mondo e nella tua, in particolare. Diventi capace di riconoscere la sua presenza e di scoprirlo nelle piccole e nelle grandi cose che vivi.
Guardando dentro di te riesci a capire che non sei uno qualunque, fatto per
cose da poco, limitato nel tempo, protagonista di una storia che ha un’origine
e una fine. Ti scopri in viaggio da un’eternità ad un’eternità e intuisci che in
te c’è qualcosa che ti supera e che perciò puoi percepire appena… Ma questo
ti riempie già di gioia e ti basta per sapere il perché del tuo bisogno di cose
grandi, infinite, che non possono esaurirsi qui. Ti senti spinto ad uscire da
te per poi ritornarvi, ogni volta, perché è proprio lì, nel tuo cuore abitato da
Dio, che tu ritrovi te stesso e puoi vivere la tua dimensione più vera. “Ci hai
fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché in te non riposa” (S.
Agostino).
La gloria di Dio, allora, sei proprio tu: “La gloria di Dio è l’uomo vivente”
dice la Bibbia. Ed è questa la gloria che tu puoi contemplare fin d’ora, qui sulla
terra.
Se contempli la grandezza e la bellezza che è in te e quella che, manifesta
o nascosta, si trova in ogni uomo, allora tu vedi la gloria di Dio! Non hai
bisogno di cercarla lontano. Non si trova nei fenomeni straordinari: la gloria
- 23 -
di Dio è in ogni uomo. Nell’uomo puoi trovare la Sua impronta più evidente.
Ma a volte dovrai ricercarla con pazienza, dando a tutti fiducia, rispetto e
attenzione, a volte avrai la tentazione di pensare che in qualcuno la gloria
di Dio proprio non ci sia… dovrai andare più a fondo per vederla, allora,
ma la troverai. Altre volte, invece, ti apparirà chiara e splendente: negli occhi
di un bambino, nel sorriso di chi ama, nella carezza leggera e tremante di
un anziano, nel dolore accettato ed offerto, nella bellezza e nella forza della
natura, nelle ricerche e nelle scoperte dell’intelligenza umana, nel cuore di chi
sa perdonare per amore di Dio, nella solidarietà, nella pace costruita anche a
caro prezzo.
Vedrai la gloria di Dio nei miracoli di cui è piena la tua vita di ogni giorno
e in quelli che sostengono il mondo. Se credi, vedrai. Se credi! Perché per chi
non crede tutto è buio, anche se il sole continua a risplendere.
Preghiera
“Vedrai la gloria di Dio!”. Me lo dici tu, Gesù, ed io ci credo. Voglio vederla
anche oggi, allora, la tua gloria! Mi voglio accorgere di tutto ciò che finora ho
trascurato, di tutto ciò che ho dato per scontato o che non ho saputo riferire a
te. Quante volte ho attribuito ad altri i segni della tua gloria e perciò essi non
mi hanno avvicinato a te… Sono stato distratto e ho creduto poco, forse a volte
non ho creduto affatto…
Perdonami, Signore, e non stancarti di me! Sono la tua gloria eppure come
brillo poco… Quando qualcuno mi guarda può accorgersi di te, può lodarti,
ringraziarti, benedirti perché io ci sono, perché tu mi dai la vita?
Fa’ di me un segno della tua gloria in questo tempo, nell’ambiente in cui vivo
e aiutami a vedere la tua gloria negli altri, in tutto ciò che doni a me e al mondo,
in ogni cosa che hai creato per rendere più bella e più lieta la mia vita e quella
di tutti i tuoi figli.
Che la tua gloria splenda in me e intorno a me ed io me ne accorga, felice di
credere!
- 24 -
Preghiera a Maria,
Dolce Mamma Maria, Madre del Redentore, aiutaci,
ascoltaci, guariscici e benedicici.
Grazie per questa costante presenza di amore!
TU che sei la Madre del Redentore,
riempici di ogni materna benedizione.
Ascolta i cuori che si aprono a te
E ad ognuno dà la tua risposta di conforto e di
amore.
Siamo nati e cresciuti avvolti dal tuo amore,
Maria.
E a te sempre ricorriamo perché tu volga
il tuo dolce sguardo su di noi,
insieme a quello del tuo Figlio
Gesù.
Ti chiediamo di far gustare a
tutti, oggi e sempre, uno spicchio
di Paradiso.
O dolce Madre del Redentore,
accoglici tutti attorno a te,
presta ascolto alle nostre preghiere e
rendici secondo il tuo Cuore, simili
al tuo Figlio Gesù.
A te ci affidiamo, a te affidiamo i nostri
cari e tutto il mondo!
Amen
MCC
- 25 -
La parola di
Mons. Peppino
Montanaro
Le acrobazie di Dio
per salvare l’uomo
(Giona: 1, 4-6)
0. Introduzione
Giona, all’invito di Dio di andare a Ninive, risponde imbarcandosi su
una nave per raggiungere Tarsis, alla fine del mondo conosciuto dal popolo
ebraico. E per dimenticare il passato, per rompere completamente con il suo
passato, scende nel punto più basso della nave e si addormenta “tranquillo”. Il
suo programma sta per attuarsi, ha agito secondo i suoi disegni. Ma…
Leggiamo il testo:
[4] Ma il Signore scatenò sul mare un forte vento e ne venne in mare una
tempesta tale che la nave stava per sfasciarsi. [5] I marinai impauriti invocavano ciascuno il proprio dio e gettarono a mare quanto avevano sulla nave per
alleggerirla. Intanto Giona, sceso nel luogo più riposto della nave, si era coricato
e dormiva profondamente. [6] Gli si avvicinò il capo dell’equipaggio e gli disse:
«Che cos’hai così addormentato? Alzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà
pensiero di noi e non periremo».
Alla scena di Giona che dorme, fa da contrasto l’intervento di Dio, Colui
che l’aveva chiamato. Attraverso gli interventi che vengono descritti, l’autore
sacro ci offre un Dio che si rivela non proprio d’accordo con le decisioni di
Giona. Il contrasto è reso in modo forte ed evidente, è espresso con forza
con la congiunzione avversativa “ma”. Il testo fa intendere chiaramente che al
modo di agire di Giona si contrappone quello di Dio che, pur di raggiungere
il suo scopo, fa le “acrobazie”, perché il piano di salvezza arrivi a termine.
È la situazione di “sonno spirituale”1 che si sceglie per “non avventurarsi” là
dove si è chiamati. E di forme di sonno, la nostra vita interiore ne conosce diverse.2
1. Dio “vuole svegliarci”: gli interventi di Dio.
a. La tempesta. Il primo intervento citato nel testo è: “Dio scatena” un forte
vento… una tempesta. Il termine “scatenare” è molto più forte di “inviare, man-
ommenta san Girolamo: «Il sonno del profeta e il suo profondissimo torpore vogliono rappreC
sentare l’uomo intorpidito dalla sonnolenza della colpa» (Commento al libro di Giona, Città nuova
Editrice, p. 48.
2
Piccinini Filippo, Scritti, 1, nov. 1938, pagg. 196,197.
1
- 26 -
dare, suscitare”.3 Ciò che viene scatenato con gradualità e violenza è un segnale
che Dio vuole intervenire nella vita di Giona, è il segnale che c’è da chiarire qualche cosa nella vita di Giona. Non ci si pone come finalità di dare una spiegazione
religiosa e/o spirituale degli sconvolgimenti umani (terremoti, alluvioni, guerre,
malattie, morti,…), ma ribadire che Dio può “servirsi” (o si serve) di scompigli
o avvenimenti per porre domande ad una coscienza “tranquilla o distratta”4 (cfr
Luca torre che cade; Gv cieco nato). A volte, Egli utilizza quelle “tempeste interiori”, che imperversano nella vita dell’uomo per farsi sentire da una coscien­za
resa poco sensibile dall’indifferenza, per scuotere una coscienza segnata da una
religiosità edulcorata (“di pasticceria” direbbe papa Francesco5), e lo fa avendo
di mira un solo obiettivo: scuoterla e risvegliarla alla vita. Gli interventi “divini”
seguono una apparente gradualità: dal «forte vento» alla «tempesta».
Ma Giona non si sveglierà né per il forte vento, continuando a dormire
“tranquillamente, né sarà svegliato dalla tremenda tempesta: si sveglierà soltanto perché richiamato energicamente dai marinai. L’infuriare sempre più
forte della tempesta, pertanto, è “deciso” da Dio al fine di non permettere a
Giona di portare a termine la sua fuga. Come si intuisce dal testo, quindi, la
tempesta più che essere un castigo, è un richiamo, una “tirata d’orecchi” per
far cambiare idea a Giona, poco incline a fidarsi di Dio.
La metodologia divina la si rintraccia agevolmente nella vita di ogni
discepolo “sordo” ai richiami divini. Forse anche nella nostra? Quali sono le
tempeste interiori che Dio sta scatenando per svegliarmi/ci? Inoltre, Giona
non prende coscienza che il suo “sonno” (= il suo non rispondere all’invito
del suo Dio) sta fortemente mettendo a repentaglio la vita di altri, dei marinai
e di chi sta sulla nave. Cresce in me la consapevolezza che la mia secolarità, il
mio essere «Ancella di Dio-Misericordia», mi spinge concretamente sulle vie
della missionari età verso le periferie esistenziali6?
I verbi citati sono quelli che si leggono, rispettivamente, nelle traduzioni che si trovano nel commento di S. Girolamo (p. 46) e nella Bibbia interconfessionale.
4
Luca 13,2-5: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte?
No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?
No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Giovanni 9,1-3: “Passando vide
un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi
genitori, perché egli nascesse cieco?».Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così
perché si manifestassero in lui le opere di Dio”.
5
Espressione utilizzata durante l’INCONTRO CON I POVERI ASSISTITI DALLA CARITAS
il 04 ottobre 2013, nella Sala della Spoliazione del Vescovado, in Assisi: «Non possiamo fare un
cristianesimo un po’ più umano – dicono – senza croce, senza Gesù, senza spogliazione? In questo
modo diventeremo cristiani di pasticceria, come belle torte, come belle cose dolci! Bellissimo, ma
non cristiani davvero!»
6
«La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e dirigersi verso le periferie, non solo quelle geografiche
ma anche quelle esistenziali»: è un’affermazione del cardinale Jorge Bergoglio prima di diventare
Papa, durante una delle congregazioni pre-Conclave.
3
- 27 -
b. La nave sta per sfasciarsi. La nave è nel racconto il segno della sicurezza di Giona, è l’ambiente da lui cercato per allontanarsi per non sentire
più le pro-vocazioni di Dio, è l’ambiente che gli crea quel clima soporifero,
quella calma esteriore talmente efficace da “addormentarlo”. Anche qui si
coglie un contrasto: da un lato l’affannarsi dei marinai, che in ogni modo
cercano di riportare la nave in una condizione di sicurezza, e per questo si
agitano nello scaricare tutto il possibile per alleggerire la nave, e dall’altro il
sonno tranquillo di Giona, come se tutto ciò che sta avvenendo intorno non
lo riguardi per nulla.
È un contrasto stridente che fa emergere la condizione dell’uomo che
vive nel suo «egocentrismo», come se la vita degli altri non lo tocchi affatto.
Questa è la “sindrome di Giona” di cui parla il papa Francesco, è quel «continuare a vivere nella barca» disinteressandosi di ciò che accade intorno. È
gustoso e ironico il contrasto tra l’incalzare dei marinai che cercano in tutti
i modi di salvarsi, e l’apatia di chi conosce la via della salvezza ma non vuole
seguirla. Il Dio che ha cura di tutti, che vuole raggiungere la realizzazione
del suo progetto, si serve, per svegliarci, non soltanto di circostanze, ma
anche di coloro che vivono intorno a noi, ignari del progetto di vita sulla
loro vita, un progetto di misericordia e di speranza. Tutto è compiuto dal
Dio di misericordia, e soltanto “per svegliarci!”
c. Giona è svegliato. Sono proprio i marinai “pagani” a mettere Giona di
fronte alla sua «vigliaccheria», a costringerlo a reagire, a guardare in faccia
le conseguenze delle sue scelte. Proprio chi è ritenuto insensibile e senza
fede diventa, a volte, di stimolo per chi si dice credente! Spesso sono le
persone vicine a noi (quelle che subiscono le conseguenze del nostro fuggire) che ci aiutano ad aprire gli occhi, a reagire, a cambiare stili di vita. A
volte sono i “lontani” dal nostro modo di pensare, persone di cultura e di
religione diversa o non credenti, che ci stimolano ad essere coerenti con la
nostra fede.7
È da sottolineare che non è tanto la tempesta a scuote­re Giona dal sonno
in cui si è voluto calare, ma sono i ma­rinai e il comandante dell’equipaggio
a svegliarlo. I «lontani» da Dio, i pagani, riportano Giona, il pio ebreo religioso (v.9), all’incontro con il suo Dio!8
Anche in questo aspetto, il racconto mette in evidenza un altro contrasto
tra Giona ed i pagani: se da un lato Giona fugge lontano da Dio per non darGli ascolto, per non fare il volere di Lui, i pagani invece cercano il cammino
verso il loro Dio, quel Dio che non conoscono levando con forte angoscia la
7
8
Papa Francesco: «Anche le Chiese devono essere attente questi segni!». Anche Don Filippo Piccinini.
li interventi di papa Francesco sulle provocazioni della storia. Anche Piccinini: Le ancelle del futuro.
G
- 28 -
loro voce. Inoltre, Giona è raffigurato mentre dorme tranquillo; i marinai al
contrario sono “agitati”, sconvolti con tutte le loro forze per salvare se stessi
e la nave. Chi dovrebbe “intercedere” dorme, mentre i marinai, uomini di
azione, sono presentati in preghiera. Giona il profeta, l’uomo che parla a
Dio, non si sente per nulla portato alla preghiera, anzi fa altro: dorme (è un
anticipo del sonno della morte, che cercherà v.12), i marinai, al contrario,
con tutti loro sforzi immani cercano la vita.9
2. Per il nostro «OGGI»
Noi Ancelle siamo chiamate dal buon Dio, padre di Misericordia, a prendere coscienza del modo di come stiamo vivendo, testimoniando e annunciando la “vita buona” del Vangelo in questo tempo di “tempesta” globale.
Assomigliamo forse a Giona? Ci stiamo addormentando nella rassegnazione,
nell’indifferenza, mentre altri sono più svegli e attivi di noi nel voler perseguire la salvezza di questa società?
Anche oggi il Signore nella sua infinità bontà le sta “inventando” proprio
tutte per “svegliarci”, per farci prendere coscienza che “il tempo è compiuto”
(Mc 1,15), e che il vangelo di misericordia dovrà essere annunciato con le
opere e con la parola, anzi, dice papa Francesco più con le opere che con le
parole10. Ma, svegliarsi da cosa?
Svegliarsi dal sonno di una religiosità ad uso e consumo nostro. S. Paolo
scrive: «È ormai tempo di vegliarvi dal sonno» (Rom 13,11). La religiosità di
Giona appare tutta di facciata, perché se è in grado di parlare di Dio, a differenza dei marinai (cfr v. 14) non parla a Dio perché dorme, non Gli obbedisce
perché fugge da tutt’altra parte. Giona è, sì, un uomo religioso (cfr v.10), ma
nello stesso tempo cerca di non esser “disturbato” nella sua tranquilla indifferenza verso le condizioni di coloro che sono inquieti per la ricerca dei mezzi
necessari per sopravvivere. La preghiera è, forse, talmente “soporifera” da
farci addormentare? Forse, si continua a mettere in pratica le solite cose, che
ci fanno anche piacere, ma che creano una situazione soporifera nella quale
ci si trova talmente bene da diventare “sordi”, mentre i tanti “marinai”, coloro
che vivono intorno a noi, si industriano nello “scaricare” tutto ciò che è di
peso per loro e per i simili a loro affidati?
S i può leggere il passo del profeta Isaia in cui Dio afferma di essere cercato dai pagani: ”Io sono
stato ricercato da quelli che prima non chiedevano di me, sono stato trovato da quelli che prima
non mi cercavano” (65,1).
10
S. Antonio da Padova: «La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere.
Cessino, ve ne prego, le parole, parlino le opere. Purtroppo siamo ricchi di parole e vuoti di opere, e così siamo maledetti dal Signore, perché egli maledì il fico, in cui non trovò frutto, ma solo
foglie», Ufficio delle Letture della memoria, Liturgia delle Ore, vol. III.
9
- 29 -
Questa è proprio la “sindrome di Giona”, tipica, come denuncia il Santo
Padre, del credente del nostro tempo, modello di quella pochezza di una fede
che non si lascia inquietare dal grido dei tanti indigenti privi delle necessarie
sicurezze. È quel credente, è quel consacrato che ritiene di poter vivere fino
in fondo la chiamata di Dio senza prendersi cura degli altri, senza seguire
quella voce “divina” che lo spinge ad uscire, ad andare verso le “periferie
esistenziali”11.
Svegliarsi dal sonno di una realtà ovattata e sicura. Giona è sì un uomo
toccato dalla Parola di Dio (= è credente), ma vuole vivere nel suo “mondo
tranquillo”. Dorme indifferente e disinteressato mentre la nave, sulla quale
altri stanno vivendo la lotta contro il naufragio, sta per soccombere alla
forza del mare. Anche noi, forse, ci accorgiamo che la «tempesta» appesantisce (o sta appesantendo) la vita di tanti di noi e la vita della Chiesa,
e dell’Istituto: ma ci si sente pro-vocati? La mia consacrazione secolare
diventa ogni giorno quel lievito che fermenta la massa12? (cfr Mt 5,)
Proprio perché si è risposto, un giorno, entusiasticamente a Dio che
ci ha chiamate/i a vivere nella secolarità, una risposta di vita ad un Dio,
“ricco di misericordia”, oggi non si può non rilevare come la parola di
Gesù: «voi siete la luce del mondo, non può restare nascosta la candela
sotto il recipiente” (Mt 5,15), sia di grande spessore pro—vocatorio, che ci
interpella per diffondere “concretamente” la “misericordia”, che è nostra
vita13. Giona aveva sperato di nascondersi sottocoperta senza essere
disturbato. Così vivono molti cristiani, così, forse, molti consacrate/i che
vogliono vivere rimanendo “anonimi”. Dobbiamo renderci conto che la
modalità della risposta alla chiamata di Dio avrà OGGI delle ripercussioni sulla vita della gente che si trova attorno a noi. Tutte le relazioni
importanti della nostra vita saranno influenzate dal nostro essere o dal
non essere obbedienti agli interventi del Dio di Misericordia, che ci interpella OGGI. Credo sia particolarmente adatto in questo contesto quel
detto: “siamo tutti sulla stessa barca!” Sì, non è una coincidenza ma un
provvidenziale disegno per noi, Ancelle di Dio Misericordia. Il cristiano
sa che nulla accade per caso. Dio ha un piano. Perché Dio si dà da fare?
Perché è un Dio misericordioso! (cfr 4,10-11).
S crive il Fondatore: «Non devi concepire una pietà che si fossilizzi in Chiesa o in certe determinate pratiche di pietà, ma una pietà fattiva che ti conduca anche fuori della chiesa in cerca del bene
e delle anime da beneficare» (In ogni angolo della terra, p. 294).
12
È salutare per la propria meditazione riprendere, in tal senso, il fascicolo di don Pino Piccinini
“Vademecum dell’Ancella”.
13
Sono tantissimi i riferimenti dei testi donati all’Istituto da don Pino Piccinini.
11
- 30 -
Le mani della
Misericordia
Grazia Maria Costa
Non mi sento capace e fuggo
T
alvolta ciò che porta a fuggire, come appunto ha cercato di fuggire
Giona, è un sentimento di indegnità.
Se1 ti senti scelta da Gesù nella via e nella vita dell’amore, fa animo e và
a lui con la più grande fiducia. Il sentimento della indegnità non si tenga dentro,
ma permetti a Gesù di posarsi e rimanere tra le tue braccia e dentro il tuo cuore:
se ti ha scelto lo sa bene lui il perché. Apprezza questo tuo privilegio e servitene con
più fiducia e semplicità.
Un segno caratteristico dell’anima veramente umile è quando con naturalezza sente l’impressione di essere incerta se sbagliare o no quando parla o fa
qualche cosa; sa rendersi noiosa, antipatica e seccante con gli altri; compatisce
facilmente ogni errore, non si offende mai di nulla, si sente amica di tutti, ama
il silenzio e non sente la curiosità di sapere, vedere e conoscere.
■ Ma quando andiamo verso momenti di svalutazione di noi stessi, possiamo verificare la nostra misericordia verso di noi.
Noi2 nasciamo esseri incompiuti, limitati, radicalmente poveri. Ma non
per restare tali.Noi siamo chiamati a svilupparci e a realizzarci in pienezza.
Non solo siamo fatti “da” un Altro dal quale veniamo; ma anche “per” un Altro
verso il quale andiamo.
Riconoscere questa verità significa, in pratica, accettare la legge dello sviluppo progressivo del nostro essere, della nostra personalità: nel tempo e
nello spazio. A tutti i livelli. In tutte le dimensioni. Significa accettare la legge
della nostra crescita: sia come creature e sia come figli di Colui che ci ha
creati e ri-creati per una vita piena-definitiva.
Significa accettare anche il fatto che non si diviene se stessi se non attraverso
il raggiungimento di valori che non sono in noi.
Il dato biblico ci ricorda che il Signore distribuisce a ciascuno dei doni, dei
talenti, che vanno accolti, trafficati e sviluppati, mettendo in atto il massimo
d’intraprendenza e d’impegno personale (cfr. Mt 13, 1-8. 23; 25, 14-30; Mc 1-9;
Lc 8, 4-8; 19, 11-27).
1
2
Servo di Dio Can. Filippo Piccinini –Scritti – Vol 1° – Pensieri parte prima – pag. 141.
don Pino Piccinini, già Assistente Generale. La misericordia nostra vita – pagg. 174/180.
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Dei doni, dei talenti, che, una volta scoperti, non vanno, quindi, lasciati
ammuffire nel nascondiglio della propria indolenza e deresponsabilizzazione; nelle fughe della nostra falsa umiltà. Ma che non debbono nemmeno
essere sfruttati ad uno e consumo puramente privato (Rm 12, 3-8; 1 Cor 4-11).
Noi abbiamo dei doni, dei talenti.Ma questi sono soltanto dei “germi”, dei
“segnali”. Sono dei germi che vanno sviluppati.Sono dei segnali che ci indicano
la giusta direzione nella ricerca dei valori da incarnare e personalizzare.
Pertanto: l’attenzione e l’impegno in ordine allo sviluppo delle varie dimensioni della nostra personalità, secondo il particolare progetto di amore che Dio
ha riservato fin dall’eternità per ciascuno di noi, costituisce quella che potremmo
definire la “misericordia verso noi stessi”.
Parliamo di “misericordia verso noi stessi”, perché l’attenzione e l’impegno che dobbiamo mettere nei nostri confronti si muovono attorno ad una
“miseria” (la nostra), di cui non solo dobbiamo avere “compassione”, ma
anche e soprattutto “voglia di vincere e superare”.
In fondo: la “misericordia verso noi stessi” è essenzialmente:
Accettazione del vissuto di incompiutezza che ci portiamo fin dalla nascita;
e, nel contempo:
Tensione costante verso la compiutezza voluta da Dio: accogliendo e sviluppando quei doni che Egli ci offre, di volta in volta, in tutto l’arco della nostra
esistenza.
Il che significa che la “misericordia verso noi stessi” è la “condizione
fondamentale” per accogliere ed esercitare ogni altro tipo e intervento di
misericordia.
Infatti: la “Misericordia di Dio verso l’uomo” non darebbe i suoi frutti,
se l’uomo non avvertisse il suo limite e, nel contempo, non si impegnasse,
secondo la legge dell’Alleanza, a superarla.
Per cui: più ci lasciamo trasformare e plasmare della Misericordia di Dio,
collaborando attivamente, secondo la legge dell’Alleanza, allo sviluppo del
nostro essere, e più siamo in grado di attuare la misericordia verso gli altri.
Ci chiediamo, pertanto: “Quali sono i modi e le forme con cui si esercita la
misericordia verso se stessi, che predispone, non solo ad accogliere e sperimentare la misericordia all’interno della propria persona, ma anche a testimoniarla
e attuarla all’esterno, nei confronti dei fratelli e della stessa Divinità?”
A mio avviso, noi usiamo misericordia verso noi stessi, se e nella misura
in cui favoriamo i “processi fondamentali di maturazione della nostra personalità”, quali:
La capacità di percepirci in maniera non distorta e di avere, quindi, una
chiara consapevolezza della nostra realtà;
La capacità di saperci accettare in modo positivo; cioè: con grande serenità
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e senza invidie, ma anche con decisione, instancabilmente protesi a correggere
difetti, a colmare lacune, a superare limiti, a non cedere a debolezze e colpe;
La capacità di programmare, organizzare a gestire la nostra vita: alla luce
del progetto particolare di Dio sulla nostra persona; in base ai doni di natura e
di Grazia ricevuti; in ordine ai vari impegni socio-esistenziali;
La capacità di confrontarsi costruttivamente con gli altri;
La capacità di saperci donare in maniera sempre più qualificata e disinteressata, e, quindi, anche diversificati, a seconda delle circostanze e dei bisogni
delle persone.
5 – Il fiore della propria vita
Ma quando sembra che la propria vita abbia poco valore, si può riflettere
sul paragone dei fiori e della lampada dell’altare; essi, pure piccoli, sono
però un segnale del Tabernacolo.
Spesso3 potrà sembrarti che la tua vita abbia poco valore o potrà accaderti
che te lo dicano altri. Voglio allora darti un pensiero che faccia scomparire ogni
tuo dubbio. In ogni Chiesa, ove si conserva Gesù Sacramentato non mancano
quasi mai i fiori nel suo altare ed arde sempre la lampada ad olio; i fiori sono
la fede e l’amore di qualche anima devota, la lampada è la sentinella della fede
e dell’amore di tutte le anime.
Ebbene ormai avrai compreso quello che voglio dirti. Tu sei il fiore tutto e
solo per lui deposto nell’Altare del mondo ove egli abita e si sacrifica dimenticato, incompreso, in questa grande Chiesa, che è l’universo.
Tu sei questa lampada che segna la sua presenza in chi ti è vicino, in chi
ammira la tua virtù, in chi ha bisogno della tua opera, fra coloro che peccano
o che soffrono senza rassegnazione e senza grazia: sei una lampada accesa
sempre e solo per lui, che nessuno osi toccare e portare con sé, ma che illumini
chi ad essa si avvicina e gli dica che lì c’è il Tabernacolo del Dio buono, del
Divino vivente.
A questo semplice ufficio aggiungi tutto il bene che potrai e che cercherai
di fare; aggiungi tutta la carità di cui potrai e cercherai rivestirti ed allora ti
accorgerai di sentirti e di essere privilegiata, per virtù del tuo Sposo Gesù.
Arda la tua lampada dell’olio più puro della più intensa carità. Con la
purezza e con l’umiltà non potrai mai tanto bene rassomigliare al tuo e nostro
Signore, scelto e prediletto. Perché egli è Dio e tu non potrai mai scendere così
in basso come della sua altezza e mai salire così in alto dalla tua bassezza e
miseria. Ma con la carità, potendo come lui morire per il prossimo, amico o
nemico, potendo tutta spenderti nell’amore, nella preoccupazione e nella ricerca
3
Servo di Dio Can. Filippo Piccinini – Scritti vol. 1° – Pasqua 1938 – pagg. 173,174.
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del suo bene, comprendendolo, perdonandolo, difendendolo e compiacendolo,
così come fa tutti i giorni Gesù con te, tu potrai bene rassomigliare a lui.
6 – Là dove il Signore mi ha seminato, là io devo fiorire
L’invito di Carla Ronci non è solo a non fuggire, ma è quello di accettare
di fiorire dove ognuno è seminato.
Nel qui e ora4, nelle cose e negli avvenimenti semplici e quotidiani, nella
situazione in cui il Signore mi ha posto, ricerco il significato della mia esistenza, all’interno di un disegno di Dio che mi si svela a poco a poco. Là dove il
Signore mi ha seminato, là io devo fiorire.
Dio può fare tutto ciò che vuole e dico: sia fatta, o Signore, la tua volontà.La
mia vita, dai 14 anni in qua, ha avuto un unico scopo, un’unica attrattiva: fare
la volontà di Dio.
■ Una modalità positiva che ci può aiutare a non fuggire dalla situazioni
cui ci troviamo, è il guardare all’Incarnazione.
L’incarnazione5 è il modo inventato da Dio amore, per incontrarsi con
l’uomo in maniera radicale e permanente. Si spiega così perché ogni creatura
avverte il bisogno in risposta di donarsi interamente al suo Creatore.
Questa risposta è all’origine di qualsiasi Consacrazione, quale sia la forma in
cui si realizza. L’Incarnazione non è semplicemente l’unione, anche se radicale, del
Figlio di Dio con la natura umana, ma anche l’assunzione di ogni essere umano,
con tutte le sue esperienze, i suoi rapporti, le sue attività, il suo desiderio storico.
Tu sai allora che non fuggendo la situazione in cui ti trovi, ma rimanendo in essa, lo troverai e potrai tendere giorno dopo giorno all’unione con
lui. Il lavoro, la famiglia, la tua casa, gli altri, i vicini, la strada, la fabbrica, la
scuola, l’ospedale, la parrocchia o il tuo quartiere non impediranno né diminuiranno il valore della tua Consacrazione. Anzi quella Consacrazione e cui oggi
ti prepari e che domani vivrai, oppure già vivi, sarà realizzata grazie a queste
realtà concrete quotidiane, forse banali, accettandole, amandole, sforzandoti di
ordinarle secondo Dio.
È questa la forza vitale, il dinamismo interno del mistero dell’Incarnazione, fondamento preciso della nostra vocazione secolare.
austo Lanfranchi – Carla Ronci, una ragazza romagnola testimone del Vangelo – Ediz. Paoline
F
– pag. 44.
5
Romana Lanzoni, già Maestra Nazionale Italiana di Formazione – Circolare – 14-.12-.1997.
4
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Fra noi
A tutte le Ancelle e agli amici di Lampas giunge
un caloroso saluto da Beppu in Giappone.
Lì le Ancelle conducono una casa di accoglienza e un asilo per i bimbi che fanno arrivare fino a noi la loro allegria e gioia di vivere!
Care Ancelle giapponesi, anche se siamo lontane, la preghiera e l’affetto ci fa
sentire vicine, unite in un solo spirito. A tutte un abbraccio affettuoso!
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In Quaresima digiuniamo così…
CON LA MENTE
“Amerai il Signore, Dio tuo,
con tutta la tua mente”
(Mt 22,37)
- COLTIVA il pensiero di Dio e della sua bontà:
Il Signore sia al vertice dei tuoi pensieri e dei
tuoi progetti
- EVITA pensieri che ti fanno e fanno male
CON GLI OCCHI
“Se il tuo occhio è limpido,
tutto diventa trasparente”
(Mt 6,22)
-GUARDA il mondo, le cose e le persone con
occhio limpido e buono
- EVITA Sguardi senza amore e cura la bellezza
del tuo sguardo
CON LE ORECCHIE
“Israele, se tu mi ascoltassi!”
(Sl. 81,9)
- ASCOLTA la Parola del Signore e chi ti chiede
qualcosa o ha bisogno di sfogarsi… e
- NON ASCOLTARE pettegolezzi, maldicenze o
insinuazioni malevoli
CON LA BOCCA
“Effatà, apriti…”
(Mc. 7,34)
- APRITI alla lode di Dio e alla preghiera personale, in privato e con gli altri
- EVITA di parlare male di chi ti fa soffrire o
non sopporti
CON LA GOLA
“Quanto sono dolci le tue Parole,
o Signore!”
(Sl. 118)
- GUSTA la Parola di Dio e prendi il cibo con
sobrietà e gratitudine a Dio e a chi lo ha preparato
- SII PIÙ SOBRIO nel mangiare, nel bere, nel
tempo libero …Fa un po’ di “digiuno” di ciò
dal quale pensi di dipendere.
CON LE MANI
- AIUTA chi ti chiede un favore, compi il tuo
“Non amiamo a parole ma coi fatti lavoro con serietà, soccorri i poveri secondo le
e nella verità”
tue possibilità
(1Gv. 3,18)
- EVITA l’ozio, la perdita di tempo e le chiacchiere inutili
CON IL CUORE
“Amerai il Signore Dio tuo,
con tutto il tuo cuore
e il prossimo tuo come te stesso”
(Mt 22,37)
- DIMOSTRA il tuo affetto a chi ti sta vicino,
cominciando dai più vicini …Rispondi come
Maria: “Eccomi”!
“Allora la tua luce sorgerà come l’aurora e ogni
tua ferita si rimarginerà presto” (Isaia 58,8)
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A tutti i nostri lettori
un augurio per una
Santa Pasqua!
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Nella Casa del Padre
❦ È tornata al Signore l’Ancella Liberata Di Virgilio di Ortona (Ch). Ha
vissuto intensamente la sua vita di consacrata nell’Istituto al quale era
molto legata. Ha servito per anni la sua comunità parrocchiale anche come
Ministro Straordinario dell’Eucarestia e a tutti ha dato testimonianza di
grande carità. Ricordiamola nelle nostre preghiere.
❦ Giuseppina Santacroce è figlia di questa terra altamurana, aspra ma generosa, con gente semplice, devota e molto religiosa. Nata il 1921 e cresciuta
in una famiglia di sani principi, fin da giovane aveva sentito la chiamata
ad una vita spirituale, prima con l’abitino della B.V. Maria del Carmine,
poi aderendo al Terz’Ordine Francescano (ha una sua nipote Clarissa),
infine nell’incontro con la spiritualità del Can. D. Filippo Piccinini ha
potuto realizzare una consacrazione al Dio della Misericordia nell’Istituto
“Ancelle Mater Misericordiae” con la professione compiuta il 23 settembre
1965. Ha voluto parteciparvi più intensamente, facendo proprio l’invito
del Padre Fondatore, ora Servo di Dio, il quale fin dal 1950 esortava le
sue figlie spirituali a dedicarsi al servizio dei sacerdoti, come “Ancella
Sacerdotale”. Infatti, prima si rese disponibile presso il Monastero di “S.
Maria Annunziata di Picciano”, poi assistendo un sacerdote anziano nella
città di Turi, e negli ultimi anni presso Mons. Giovanni Frangipane nella
casa di S. Lorenzo ad Altamura. Grato di tali servigi D. Frangipane lasciò
scritto nel suo testamento che lei potesse vivere nella sua casa “vita natural
durante”. L’ultimo tratto della sua esistenza è stata perfezionata nella conformità a Cristo crocifisso con prove dolorose nel corpo e nello spirito. Il
giorno 14 gennaio 2014 il Signore la chiamava a sé, perché, “serva buona e
fedele” fosse ammessa “al banchetto del suo Signore”. Le eseque, presiedute
dall’Assistente del gruppo di Altamura, don Venturino, e celebrate nella
Parrocchia del Santo Sepolcro ad Altamura, ha visto la partecipazione dei
familiari, delle Ancelle e di persone di altri Istituti Secolari.
Facciamo “memoria” di queste Ancelle e di tutte quante hanno lasciato tra noi
esempi di simili esistenze dedite a Gesù e alla sua Chiesa.
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Il mio cuore arde dal desiderio di vedervi
tutte pronte al più generoso, costante e confidente amore per
Gesù, che tanto vi ama come pupilla degli occhi Suoi, come la
speranza più viva per il trionfo del suo amore.
Servo di Dio Can. Filippo Piccinini