Corriere della sera

SABATO 18 OTTOBRE 2014
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Società
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Spese e sprechi delle Regioni
NON È UN DELITTO
TAGLIARE DEL 2%
di Sergio Rizzo
F
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano
Quelle nostre leggi
sui diritti civili
in (incivile) ritardo
di Caterina Ruggi
d’Aragona a pagina 31
di Pierluigi Battista
nel supplemento
www.abb.it
● RETROSCENA IL DIBATTITO TRA I VESCOVI CHE PREOCCUPA IL PAPA
Malumori e ostilità, il Sinodo imprevisto
U
n’imprudenza. Tale è stata
considerata la pubblicazione della relazione seguita alla
prima settimana di Sinodo:
quella che conteneva le aperture a divorziati risposati e omo-
sessuali. Quando ha visto i testi
su Osservatore romano e Avvenire, il Papa ha espresso subito
la sua preoccupazione per l’impatto che avrebbero avuto. Timore fondato. L’impressione
trasmessa a vescovi e cardinali
è stata che non si trattasse di un
documento da studiare e discutere, ma di un’anticipazione
dell’esito dell’assemblea. Il «Sinodo di carta» ha finito così per
allungare un’ipoteca sul «Sinodo reale», dandone un’immagine distorta. E sono scattate le
reazioni. L’idea che la riunione
straordinaria voluta da Jorge
Mario Bergoglio potesse concludersi con un referendum tra
«innovatori» e «conservatori»,
e con la vittoria dei primi, si è
rivelata velleitaria e fuorviante.
continua a pagina 21
a pagina 20 Accattoli, Vecchi
Il vertice Conclusi i due giorni di incontri all’Asem. Merkel al presidente russo: toccava a te fare un passo avanti
Ucraina, prima intesa a Milano
Putin annuncia la ripresa delle forniture di gas. Controlli con droni italiani alla frontiera
Europa 2019 Premiato il Sud
Il vertice Asia-Europa si chiude con una prima
intesa tra Mosca e Kiev: monitoraggio del cessate
il fuoco, anche grazie a tecnologia italiana, e via
libera a forniture di gas «almeno per l’inverno».
da pagina 2 a pagina 6
● SETTEGIORNI
di Francesco Verderami
La clausola di salvaguardia
che protegge il premier
L
a «clausola di salvaguardia» entra nel lessico politico. Non è più solo una regola di
finanza pubblica, è un concetto che Renzi usa
per spiegare il «paracadute» con cui protegge
il suo governo al Senato.
continua a pagina 6
LA TRATTATIVA OSTAGGI DI BOKO HARAM
Patto per liberare
le duecento liceali
rapite in Nigeria
I Sassi e Pasolini
Matera capitale
della cultura
di Paolo Conti
di Michele Farina
A
l termine di una discussione animata e incerta fino
all’ultimo, Matera è stata scelta come capitale europea
della cultura 2019. È la prima città italiana del Sud a ricevere
questo titolo. Il sindaco commenta: «Ora possiamo essere un
esempio». (Nella foto, Pier Paolo Pasolini ed Enrique Irazoqui
sul set de Il Vangelo secondo Matteo, a Matera, nel 1964)
a pagina 27 con un commento di Giovanni Russo
continua a pagina 9
LEGGE DI STABILITÀ
Quanto e a chi conviene
avere il Tfr in busta paga
di Antonella Baccaro
S
9 771120 498008
Le idee
Se l’Italia più povera
cancella i tradimenti
e riscopre la coppia
di Massimo Franco
acciamo davvero fatica, e tanta, a
comprendere il lamento delle
Regioni dopo che il governo di
Matteo Renzi ha chiesto loro di
tagliare 4 miliardi. Il sacrificio
equivale a circa il 2 per cento di una spesa
pubblica regionale che da quando nel 2001 è
stato approvato il nuovo Titolo V della
Costituzione è andata letteralmente in orbita.
In un solo decennio la crescita reale,
depurata cioè dell’inflazione, è stata di oltre
il 45 per cento. Con una qualità dei servizi
che certo non ha seguito lo stesso
andamento.
I presidenti delle Regioni minacciano
ripercussioni sulla Sanità. Argomento cui si
ricorre spesso quando viene paventato un
giro di vite, nella speranza di conquistare il
sostegno dei cittadini. I quali però avrebbero
anche diritto di conoscere le cifre.
Nel 2000, prima dell’entrata in vigore del
famoso Titolo V che ha esteso in modo
scriteriato le autonomie regionali, la spesa
sanitaria era di poco superiore a 70 miliardi.
Nel 2015 ammonterà invece a 112 miliardi.
L’aumento monetario è del 60 per cento,
che si traduce in un progresso reale del 22
per cento.
Si potrà giustamente sostenere che in
quindici anni sono cambiate molte cose: la
vita media si è allungata e la popolazione è
più anziana. Per giunta, la Sanità italiana è
considerata fra le migliori d’Europa, al netto
delle grandi differenze territoriali al suo
interno che si traducono in un abisso del
diritto fondamentale alla salute tra il Nord e
il Sud: altro effetto inaccettabile del nostro
regionalismo.
Resta il fatto che nel 2000 la spesa sanitaria
pro capite era di 1.215 euro e oggi è di 1.941,
con un aumento monetario del 59,7 per
cento e reale del 26,7. La differenza di qualità
del servizio è tale da giustificarlo?
Con un documento di qualche settimana
fa il presidente della Regione Lazio Nicola
Zingaretti ha spiegato che in un anno è
riuscito a ridurre di 181 milioni la bolletta
sanitaria senza colpo ferire: solo
razionalizzando acquisti e spesa
farmaceutica. Dal canto suo la Consip, la
società statale che gestisce gli acquisti della
pubblica amministrazione, ha fatto
risparmiare 100 milioni su 320 soltanto con
la fornitura centralizzata delle strisce per la
misurazione della glicemia, comprate a un
prezzo unitario di 19 centesimi mentre prima
si andava da un minimo di 45 centesimi a un
massimo di un euro e 10. Tanto basta per far
capire quanto grasso ci sia ancora nei conti
della Sanità.
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FONDATO NEL 1876
Tempi
liberi
● GIANNELLI
In Italia (con “IO Donna”) EURO 1,90
pingere i consumi, compensando il mancato
aumento del bonus di 80 euro che nella legge
di Stabilità 2015 si trasforma in credito d’imposta. È lo spirito con cui il governo ha dato il via
all’operazione Tfr in busta paga: la platea cui
l’anticipo conviene corrisponde a quella dei percettori del vecchio bonus, e cioè i titolari di redditi che non superino i 24-26 mila euro annui. La
richiesta di avere la quota del Tfr in busta paga è
volontaria e può essere fatta dal dipendente privato che sia stato assunto da almeno sei mesi.
a pagina 11 - da pagina 8 a pagina 11
Labate, L. Salvia, Sensini
con un intervento di Alberto Brambilla
L
e studentesse rilasciate in cambio di detenuti. Sarebbe questo l’accordo tra la Nigeria e il
gruppo terrorista di Boko Haram che rapì 200 ragazze più di sei mesi fa. Sarà una mossa di campagna elettorale del partito al potere a ridar la libertà alle giovani segregate nella foresta?
a pagina 15 con il commento di Viviana Mazza
Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
2
Primo piano Russia e Ucraina
Al vertice di Milano, Putin rassicura Kiev sulle forniture per l’inverno
Ma l’accordo non c’è. L’Italia invierà droni per sorvegliare il fronte
Riparte il dialogo su gas e confini
40
minuti, tanto è
durato il
colloquio
tra Putin e
Poroshenko
16
giugno, il
giorno in cui
Gazprom ha
sospeso le
forniture a Kiev
«Abbiamo finito il colloquio: non siamo riusciti a trovare alcun risultato pratico sul
gas, ma pensiamo che prima
del meeting a Bruxelles del 21
ottobre avremo una soluzione». Alle 18.30, dopo 40 minuti
di faccia a faccia con Vladimir
Putin, il presidente ucraino Pe-
Il primo passo
«Toccava a te il primo
passo», ha detto
Angela Merkel al
presidente russo
tro Poroshenko è deluso. Putin,
invece, si mostra più conciliante, annunciando in una conferenza stampa che «almeno per
l’inverno», Gazprom riprenderà le forniture sospese il 16 giugno scorso. Dopodiché, ha aggiunto il numero uno del
Cremlino, «toccherà alla Ue finanziare Kiev, la Russia non farà più credito».
La due giorni dell’Asem
(Asia-Europe Meeting) si chiude, dunque, con una mini-intesa e il capitolo gas in sospeso.
Il vertice di Milano non se-
gna la svolta decisiva nella crisi
Russia-Ucraina. All’attivo, però,
si possono segnare due risultati raggiunti con la mediazione
degli europei e, certamente, da
mettere alla prova. Primo: via
libera al controllo del cessate il
fuoco lungo la linea del conflitto nell’Ucraina orientale. L’Italia si impegna, insieme con
Francia e Germania, a fornire i
droni per sorvolare il fronte.
Secondo: un percorso concordato per tenere al più presto
elezioni locali nei distretti ribelli di Donetsk e Luhansk.
Eppure non si può dire che
siano mancati l’impegno e la
creatività delle diplomazie.
Protagonisti assoluti: Putin e la
cancelliera tedesca Angela Merkel. Sul tavolo praticamente
un solo documento, il protocollo di Minsk in dodici punti,
firmato da russi e ucraini il 5
settembre scorso e poi aggiornato il 26 settembre.
Il testo prevede, tra l’altro, la
creazione di una zona cuscinetto; la fine del sostegno da parte
di Mosca ai separatisti; la liberazione dei prigionieri; l’organizzazione di elezioni nelle regioni contese. Nulla di questo è
stato fatto. «Toccava a te il pri-
I 12 punti
● Il 5
settembre il
gruppo di
contatto
formato da
Osce, Russia,
Ucraina e
separatisti
filorussi ha
siglato a Minsk
un protocollo in
dodici punti
● Tra i punti
dell’intesa la
creazione di
una zona
cuscinetto,
la fine del
sostegno di
Mosca ai
separatisti, la
liberazione di
prigionieri
mo passo»: così Angela Merkel
ha iniziato il suo bilaterale con
Putin, nella serata di giovedì 16.
E su questo concetto si è avvitata la lunga tornata di incontri.
Ieri mattina si comincia alle
8, con la riunione organizzata
da Matteo Renzi in Prefettura.
Oltre a Putin e Poroshenko pre-
Intervista a Ewa Kopacz
Elezioni
Intesa per indire
elezioni nei distretti
ribelli di Donetsk
e Luhansk
senti Merkel, il premier britannico David Cameron, il presidente francese François Hollande, Herman Van Rompuy
(Consiglio europeo) e José Manuel Durão Barroso (Commissione). Poi quadrangolare con i
leader di Russia, Ucraina, più
Merkel e Hollande. Ancora un
pranzo Putin-Renzi, con il ministro degli Esteri Federica Mogherini. Infine l’inutile tentativo Putin-Poroshenko.
G.Sar.
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Benvenuto
Matteo Renzi,
39 anni, accoglie
la premier polacca
Ewa Kopacz, 57;
tra loro, il leader
uscente della
Commissione Ue
José Barroso, 58
(Ansa)
❞
Saremo con
Kiev nelle
riforme
economiche
e nella
lotta alla
corruzione
Avevamo
migliorato
i rapporti
con la
Russia, oggi
sono tornati
difficili
La premier
della Polonia:
«Alta tensione,
colpa di Mosca»
Al suo debutto internazionale la nuova premier Ewa Kopacz porta una Polonia ormai sicura
del proprio status in Europa e decisa a rilanciare
le relazioni con il mondo orientale, tanto vicino
ai tempi dell’Unione Sovietica e delle alleanze
strategiche tra Paesi comunisti ma perso di vista
nei 25 anni dedicati a consolidare il ruolo riconquistato nel continente unito.
Primo ministro dallo scorso 22 settembre,
Ewa Kopacz è subentrata al liberale Donald Tusk
(che il primo dicembre si insedierà come presidente del Consiglio Ue) annunciando un approccio meno assertivo e più pragmatico nei rapporti
con la Russia. Nella giornata conclusiva del vertice Asem di Milano, dopo il bilaterale con il britannico David Cameron, ha avuto un faccia a faccia con l’ucraino Petro Poroshenko. «Saremo al
fianco di Kiev nel risanamento economico — dice al Corriere nella prima intervista a un giornale
italiano — e siamo pronti a dare il nostro contributo al percorso di riforme anti-corruzione. Il
prossimo 26 ottobre il Paese andrà alle urne (per
il rinnovo del Parlamento, ndr), sarà l’occasione
per verificare la tenuta del processo democratico. Un voto importante non solo per il popolo
ucraino ma per l’intero continente».
Donald Tusk presidente del Consiglio, con
Federica Mogherini Alto rappresentante per
la politica estera e di sicurezza. La nuova
squadra Ue saprà superare le divergenze
emerse tra Stati occidentali e giovani democrazie del Centro-Est sulla linea da tenere con
il Cremlino?
«Le divisioni rendono deboli, l’Europa farà di
tutto per parlare con una voce sola. Non è sicuro
che riesca, sarà il prossimo grande test».
Come definirebbe le attuali relazioni tra
Varsavia e Mosca?
«Dopo la caduta del regime, la Polonia ha cercato la strada della normalizzazione dei rapporti
con la Russia. In questi anni ci siamo impegnati
a migliorare l’intesa ottenendo buoni risultati,
ma oggi il confronto è tornato problematico. Occorre essere molto chiari sulle responsabilità. Le
relazioni si sono deteriorate per il comportamento di Mosca. La precondizione di qualsiasi
sviluppo positivo ora è il rispetto delle leggi e dei
trattati internazionali, nel XXI secolo non sono
accettabili annessioni territoriali».
La politica non è mai un gioco a costo zero.
Per una donna è più difficile?
«Faccio politica da tredici anni, ho ricoperto
incarichi a livello sia regionale che nazionale e
difficoltà ne ho incontrate tante, ma non è una
questione di genere».
Maria Serena Natale
[email protected]
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Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
3
Lo scenario
di Giuseppe Sarcina
Di prima mattina, al tavolo
con i leader europei e al cospetto di un Vladimir Putin in gran
forma nonostante abbia fatto le
tre di notte in compagnia di Silvio Berlusconi, Angela Merkel
suona la sveglia per tutti. Comincia in inglese sventolando
un foglietto pieno di notazioni,
poi si rivolge direttamente a
Putin, in russo. «Quando ti deciderai ad applicare questo accordo? Devi smettere di appoggiare i separatisti in Ucraina...». «Un momento, un momento», interviene il premier
Matteo Renzi, «finché si parla
in inglese d’accordo, ma con il
russo proprio non ce la posso
fare». La tensione si scioglie: la
cancelliera è la prima a sorridere.
Assenti gli americani Putin
pensava di poter padroneggiare la dinamica del vertice di Milano. O meglio si era preparato
«all’ostilità» del britannico David Cameron. Contava, invece,
sull’aperturismo di Matteo
Renzi, il padrone di casa, e sulla scarsa incisività del presidente francese François Hollande, oltreché dei vertici della
Ue.
I calcoli del numero uno del
Cremlino si sono rivelati quasi
esatti. Nella riunione in Prefettura, Cameron è stato diretto,
incalzante, scorbutico. Putin
ha incassato impassibile, e subito dopo ha incaricato il suo
portavoce, Dmitry Peskov, di
regolare i conti, diffondendo
una nota in cui si accennava a
«certi partecipanti che hanno
tenuto un atteggiamento assolutamente prevenuto, non flessibile, non diplomatico». Al tavolo Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo,
e José Manuel Durão Barroso,
entrambi in uscita, non hanno
pronunciato parola. Due gatti
di marmo. Van Rompuy, però,
davanti ai giornalisti si è lanciato in un triplice e stupefacente «implementation, implementation, implementaion», invitando la Russia a
«implementare», cioè ad applicare fino in fondo l’accordo
sul cessate il fuoco, il cosiddetto «protocollo di Minsk».
Renzi ha provato a inserirsi,
spalleggiato il primo giorno
dal presidente Giorgio Napolitano. Il premier italiano ha cercato di lusingare Putin, dicendo che «non si può prescindere
Faccia
a faccia
L’incontro
a quattro
ieri al Centro
Congressi
di Milano:
a destra di profilo
il presidente
ucraino Petro
Poroshenko
punta il dito
contro il russo
Vladimir Putin,
che risponde con
atteggiamento
non meno
aggressivo;
di spalle in blu,
la cancelliera
tedesca Angela
Merkel, seduta
di fronte
al presidente
francese François
Hollande (Epa)
Merkel incalza lo Zar (in russo)
Lunga partita al tavolo dei sospetti
L’ostilità di Cameron, le accuse di Poroshenko. E Renzi sdrammatizza
La mappa della crisi
Sivers’kyi
Donets
Luhansk
Slovyansk
Area precedentemente
sotto il controllo
dei ribelli filorussi
Area attualmente
sotto il loro controllo
Artemivs’ke
Izvaryne
UCRAINA
Antratsyt
Donetsk
Torez
Ilyovaisk
RUSSIA
3.360
Le vittime dall'inizio
del conflitto
7 mesi
Il periodo trascorso
dal referendum in Crimea
Shcerbak
Mariupol
Novoazovsk
km
50
Corriere della Sera
dalla Russia» per affrontare le
emergenze mondiali. Ma fin
dalle prime battute si è capito
come erano distribuite le carte
del peso politico. Rapidamente
Angela Merkel si è impadronita
del confronto, citando a memoria gli articoli dei precedenti accordi, dimostrando di conoscere a fondo la materia. A
quel punto Putin ha cominciato, lentamente, ad arretrare.
Prima ha chiarito che Mosca
vuole rispettare «l’integrità territoriale dell’Ucraina», poi ha
detto di «non sapere se nel
Donbass combattano anche
dei russi» e, in ogni caso, lui
non sarebbe in grado «di controllarli».
All’ora di pranzo sembrava
finita lì. Il presidente ucraino
Petro Poroshenko andava ripetendo che Putin non aveva alcun interesse a risolvere davvero la crisi. I leader decidono di
proseguire comunque, spezzando la discussione e affidandola ai ministri degli Esteri. Un
gruppo più ristretto si sarebbe
dovuto occupare delle elezioni
locali da tenere a Donetsk e
Luhansk. L’altro, coordinato
dall’Italia, del controllo del
fronte utilizzando i droni.
Ma ancora una volta la cancelliera tedesca, assolutamente
indifferente alle regole della diplomazia, forza la mano, riproponendo il «quadrangolare»
già sperimentato a giugno in
Normandia: Merkel, Hollande,
Putin e Poroshenko. Qui il confronto diventa pragmatico: si
parla di gas, di contratti da rivedere.
Gli europei chiedono garanzie, Putin ondeggia, concede
una mezza apertura che Poroshenko scambia per un vero accordo.
Alla fine tutti capiscono che
la soluzione della crisi non è
matura. Certo non c’è stata la
rissa: nessuno ha pronunciato
la parola «sanzioni», né per
minacciare, né per recriminare. Putin lascia Milano («una
bella città») impegnandosi a rispettare l’intesa di Minsk firmata il 5 settembre scorso. Aveva fatto la stessa cosa il 17 aprile, partendo da Ginevra dopo
aver siglato un testo simile.
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
5
#
Primo piano La manovra
«Paghino le Regioni, non i cittadini»
Il premier tra il vertice di Milano e le polemiche sulla legge di Stabilità: hanno cose da farsi perdonare
❞
Siamo
pronti a
discutere
con la Ue
ma questa
manovra
deve andare
nella
direzione
del Paese
❞
Una cosa è
tagliare i
servizi
sanitari, che
non sarebbe
accettabile,
altro è dire
che si fa
qualche asl
in meno
Presiede la fine del vertice Asem, considera un successo l’aver contribuito ad avvicinare le posizioni fra Russia e
Ucraina, si chiude dopo pranzo
in un colloquio che dura oltre
un’ora e mezza con Putin. E alla
fine della giornata offre una cena al presidente della Corea, al
suo rientro a Roma, nei saloni
di villa Doria Pamphili.
La giornata di Matteo Renzi è
a dire poco piena di impegni e
in apparenza tutti internazionali. Poi però decide di trovare
tempo anche per un’intervista
con il Tg1. Le polemiche sulla
Legge di Stabilità, quelle con le
Regioni, valgono un intermezzo fra Poroshenko e il presidente russo, un motivo in più
per allontanarsi da una scena
in cui la Merkel sembra tenere
più di altri ad un ruolo di protagonista della mediazione.
Per Renzi l’importante del
resto sono «i passi avanti» che
a Milano si fanno, su più fronti,
fra Mosca e Kiev. Pazienza se
nel formato allargato a Cameron, che l’Italia ha voluto, il dialogo fra i contendenti sembra
duro e in salita, e poi invece a
sorpresa capace di frutti positivi, quando l’Italia cede il passo
a Parigi e Berlino. Al Tg1 il premier si concentra su quello che
a lui preme di più in questo
momento. Innanzitutto l’accoglienza che avrà la Finanziaria a
Bruxelles.
Su questo punto è netto come mai prima: «Escludo l’apertura di una procedura» di infrazione. «Se c’è da discutere
siamo pronti a farlo, ma questa
manovra deve andare nella direzione del Paese, con il rispetto delle procedure europee».
MILANO
Sull’Europa
«Escludo l’apertura
di una procedura
di infrazione. Abbiamo
rispettato le regole»
Anche Napolitano promuove la
manovra, ed è la prima volta
che il capo dello Stato parla
nella sua trasferta milanese,
dopo aver accompagnato a distanza, e nel modo più discreto
possibile, tutti gli sforzi del governo.
Ma c’è anche un altro messaggio, e come nel primo giorno del vertice è diretto alle Regioni, alle parole di rivolta contro la Legga di Stabilità: se «è
inaccettabile tagliare i servizi
sanitari», è invece naturale che
«paghino non solo le famiglie,
ma anche le Regioni», che debbono ridurre «gli sprechi», a
partire da «qualche primario o
viceprimario nelle Asl in meno,
o dai costi delle siringhe perché è giusto che anche le Regioni facciano la loro parte,
qualcosa da farsi perdonare ce
l’hanno, ma alla fine sono sicuro che prevarrà il buon senso».
Insomma c’è la volontà «a discutere con tutti», sembra che
il sottosegretario Delrio abbia
già convocato singolarmente
molti Governatori, ma «i saldi
non si cambiano», aggiunge
Renzi.
Se vogliamo le Regioni come
l’Europa: eventuali proteste si
fronteggeranno, chiarimenti
saranno discussi, ma la Legge
di Stabilità, nelle sue cifre di
massima, il governo non è diposto a cambiarla.
Marco Galluzzo
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La foto
di gruppo
Un momento
della visita di
giovedì notte di
Vladimir Putin
a casa di Silvio
Berlusconi.
Da sinistra, la
figlia Eleonora,
l’ex presidente
del Consiglio,
l’altra figlia
Marina, il
presidente
russo, e poi
ancora Luigi,
Barbara e Pier
Silvio
Berlusconi. Il
faccia a faccia
tra i leader si è
svolto nella
villa dell’ex
premier in via
Rovani, a
Milano, a due
passi dal parco
Sempione, ed è
finito alle 3.30
del mattino
Berlusconi, l’amico russo
e la cena notturna con i tartufi
Gli incontri
● Il primo
incontro tra
Berlusconi e
Putin si svolge
a Genova, nel
2001. Nei mesi
seguenti, i due
leader si
incontrano di
nuovo. In
ottobre,
Berlusconi è
ospite in
Russia.
● Nel 2002, a
Soci, sede dell’Olimpiade
invernale russa,
il rapporto si
consolida. In
maggio, a
Pratica di Mare,
nasce il
Consiglio
Russia-Nato.
● Nel 2008, la
crisi tra Georgia
e Russia
raggiunge il
punto di
massima
tensione. Nel
2010,
Berlusconi
rivendicherà un
ruolo nel
disinnesco
della crisi.
ROMA Tra un assaggio di taglio-
lini uova e tartufo, un abbraccio ai cinque figli di Silvio Berlusconi che lo hanno aspettato
fino quasi le due di notte per
salutarlo (Pascale non c’era e, a
differenza dell’ultimo incontro
di 11 mesi fa, neanche Dudù), i
complimenti al bouquet bianco-rosso-blu in onore della
bandiera russa che faceva bella
mostra di sé sulla tavola della
sala degli uffici di via Rovani, a
Milano, Vladimir Putin si è sen-
La strategia
L’ex premier: l’Italia
dovrebbe distinguersi,
evitando di applicare
le sanzioni
tito ancora una volta come «a
casa». E con il suo amico di
sempre — che lo capisce, lo sostiene e gli dà ragione quasi su
tutto — si è comprensibilmente un po’ lasciato andare. Parlando liberamente, sfogandosi,
dicendo quello che pensa davvero dell’«isolamento» al quale
l’Occidente sta sottoponendo
la sua Russia.
A tavola fino alle 3.30 del
mattino di venerdì grazie al
permesso accordatogli dai giu-
dici (l’obbligo normale è di
rientrare ad Arcore entro le 23),
Berlusconi e Putin — assistiti
da un interprete, da Valentino
Valentini e da Deborah Bergamini —, in un clima che definiscono «caldo, di vera amicizia», si sono infatti molto intrattenuti sugli scenari internazionali e soprattutto sulla crisi
Ucraina al centro anche del vertice Asem.
Il presidente russo difende
le sue ragioni, giudicando ingiusto l’atteggiamento dell’Europa e soprattutto dell’America
che ha molti interessi in ballo e
alla quale la Ue, è l’accusa, si sta
accodando: «Il colpo di Stato lo
hanno fatto loro, non noi, ma
l’Europa vede un solo colpevole. E il gas gli ucraini non ce
l’hanno mai pagato. Poi è assurdo che possano commerciare con l’Ue senza dazi, mentre per noi ci sono, e lo stesso
possano fare con noi, godendo
di due zone di libero scambio:
così loro comprano le merci a
un prezzo basso e ce le rivendono a noi maggiorate».
Berlusconi è d’accordo, e si
duole di un «trattamento che
danneggia tutto l’Occidente,
perché sospingere la Russia
lontano da noi, verso la Cina, in
un momento così delicato è fare un harakiri insensato. E questo dopo tutti i sacrifici che ho
fatto per far finire la guerra
fredda...». Sarebbe disposto
l’ex premier anche adesso a rifarli: se servisse, e se la sua situazione giudiziaria glielo permettesse, farebbe da mediatore in modo esplicito.
Ma non è possibile e il suo
apporto — dicono — è sotterraneo. Allora parla con Erdogan e riferisce, come l’altra notte, a Putin. Parla con Putin e fa
sapere in qualche modo a Renzi il senso della posizione del
suo amico. E soprattutto dice la
sua: «Dobbiamo cambiare strategia, non possiamo perdere la
Russia. La politica delle sanzioni è sbagliata: sarebbe bello
che l’Italia trovasse il modo di
distinguersi su questo terreno,
anche per prima, anche evitando di applicarle». Parole ripetute da settimane, a tutti gli interlocutori. Musica per le orecchie di Putin.
Paola Di Caro
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
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#
Primo piano La manovra
Settegiorni
La protesta Il leader Fiom: il governo dietro la reazione della polizia?
● Il commento
Il summit ha ottenuto
quel che poteva
L’Italia passa il test
di Danilo Taino
SEGUE DALLA PRIMA
È uno strumento che Renzi
ha già usato questa settimana a
Palazzo Madama, quando —
grazie all’ex grillino Orellana —
è passata la mozione che ha autorizzato il governo a rinviare il
pareggio di bilancio. Insomma,
all’antico gioco della transumanza il leader del Pd ha dato
una definizione più moderna,
ma il problema è sempre lo
stesso. E c’è un motivo se Renzi
monitora i numeri del Senato
con la stessa cura che riserva ai
conti pubblici: la «clausola di
salvaguardia» è una rete di protezione stesa per ripararsi dai
rischi di una scomposizione
del fronte destro della maggioranza, dov’è in corso il conflitto
tra Ncd e Forza Italia. Perciò
tutti gli uomini del presidente
tengono rapporti con i dissidenti di M5S e i senatori delle
Autonomie, e c’è la convinzione che il meccanismo — se fosse necessario — consentirebbe
al governo di reggere.
Certo, se la «clausola di salvaguardia» scattasse, vorrebbe
dire che è mutata la geografia
politica della maggioranza. Ed
è evidente che la trincea passa
sul territorio difeso da Ncd, a
cui Verdini vorrebbe sottrarre
dei parlamentari a Palazzo Madama per allestire un gruppo di
«lealisti», pronti ad appoggiare Renzi e al contempo decisivi
per stringere la tenaglia su Alfano. In tal caso, salterebbe il
progetto del ministro dell’Interno di formare i gruppi unici
con l’Udc, e il consigliere di
«Silvio» (e di «Matteo») avrebbe partita vinta. Così anche la
sfida delle elezioni in Calabria
diventa campo di battaglia per
le questioni nazionali. D’altronde è proprio da quella regione che viene una nutrita
pattuglia di senatori del Nuovo
centrodestra. Tra tutti c’è il coordinatore locale Gentile, che
ieri ha nuovamente smentito di
voler lasciare Ncd: «Non è dalle
trattative sul territorio che dipende un progetto politico. E
io non esco dal partito».
È chiaro che in questo scontro Renzi gioca un ruolo. Anche
la sua neutralità darebbe un
senso alla sfida che è in atto tra
gli ex Pdl. Ma non c’è dubbio
che il premier al momento sia
Scontri a Torino
Le accuse di Landini
Cariche della polizia contro il blitz degli antagonisti al corteo della Fiom durante il vertice
dei ministri europei del Lavoro che si svolge tra ieri e oggi a Torino. Tre i dimostranti
arrestati, ferito il vicequestore vicario del capoluogo piemontese. Molto duro il segretario
Fiom, Maurizio Landini: «Bisogna capire se questo eccesso di reazione è dovuto a una
inesperienza di chi era in piazza o se dietro ci sono indicazioni del governo». (LaPresse)
Il premier e la clausola
di salvaguardia
per proteggersi
sul «fianco destro»
I rischi del conflitto tra Ncd e Forza Italia,
i contatti con ex M5S e senatori delle Autonomie
407
parlamentari
sono gli eletti
del Partito
democratico.
Sono 298 alla
Camera e 109
al Senato
deciso a portare avanti la legislatura, sebbene le sue mosse
vengano monitorate con preoccupazione dai compagni di
partito: lo strappo con i sindacati sul Jobs act prima, e ora lo
scontro con le Regioni sui tagli
ai trasferimenti, sono interpretati da una parte del Pd come il
segnale che Renzi mira al voto
anticipato in primavera. E le
ombre si stendono su presunti
accordi stretti con Berlusconi
per andare alle urne con il Consultellum, dividersi il 70% dei
consensi e dar vita poi a un (altro) governo di larghe intese.
Ma davvero Renzi sarebbe
intenzionato a dividere Palazzo
Chigi con il Cavaliere, che si
presenterebbe in Parlamento
«Niente urne»
Bersani: fino
all’elezione del nuovo
capo dello Stato non ci
sarà un altro voto
dopo aver epurato la vecchia
guardia di Forza Italia? «Fino
all’elezione del nuovo presidente della Repubblica, non ci
sarà altro voto», ha spiegato
Bersani, tagliando di netto
queste discussioni con alcuni
esponenti della sua area. E quel
riferimento alla staffetta del
Quirinale non è stato casuale.
L’ex leader del Pd voleva avvisare che Napolitano, piuttosto di
firmare il decreto di scioglimento del Parlamento, firmerebbe prima le sue dimissioni.
«Lasciate stare quindi...».
La partita di Renzi è un’altra
e ha un timing diverso. Il premier ha bisogno di tempo per
radicare il suo consenso nel Paese. Chi gli sta accanto lo nota
dal modo in cui compulsa i
sondaggi, ma non quelli
«quantitativi», bensì quelli che
analizzano i dati sotto il profilo
«qualitativo». È sempre una
questione di numeri insomma,
nei conti pubblici come in Parlamento. La «clausola di salvaguardia» è per Renzi la garanzia per andare avanti, in un
senso o nell’altro. Anche perché — ammesso che davvero
volesse andare in primavera al
voto — non potrebbe reggere
un tour elettorale scandito dal
rialzo quotidiano dello spread.
Il premier è il primo a saperlo.
Francesco Verderami
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il voto
● Martedì
sera a Palazzo
Madama il voto
sulla variazione
del Def
ha tenuto
il governo
Renzi con
il fiato sospeso.
Il documento
— che prevede
tra l’altro
lo spostamento
al 2017 del
pareggio di
bilancio — ha
avuto il via
libera solo
grazie al sì
dell’ex
cinquestelle
Luis Alberto
Orellana.
● Il testo ha
ottenuto 161
voti, il minimo
necessario per
l’approvazione;
93 i contrari,
nessuno dei
senatori si è
astenuto
Non c’era un obiettivo
iniziale definito, sul quale
misurarne il successo o
l’insuccesso, al vertice
Asem che si è chiuso a
Milano. Si può però dire
che ha ottenuto quello che
poteva: per alcuni versi in
modo brillante. Che
Vladimir Putin chiedesse
scusa per avere invaso la
Crimea e annunciasse il
disinteresse per l’Ucraina
non ce lo si poteva
aspettare. Non è successo,
ma con lui grandi
discussioni: meglio parlare
che azzuffarsi. Sul versante
dell’economia, all’Europa fa
sicuramente bene esporsi
al contagio dell’Asia, area
dinamica a maggiore
crescita del pianeta.
All’Italia ancora di più. In
questo senso, l’Asia-Europe
Meeting è stato positivo: ha
ricordato agli asiatici che
l’Italia è un’economia
rilevante (fa bene
sottolinearglielo) e agli
italiani che vivono in un
mondo attraversato da
enormi sfide (ricordarlo ci
fa benissimo).
Di queste sfide ha parlato
il documento finale del
summit. Generico ma che
potrebbe rivelarsi utile se
diventasse la base sulla
quale dare impeto
all’apertura reciproca dei
due blocchi economici. Vi
si parla di occupazione, di
collaborazione nel
commercio internazionale
da liberalizzare, di lotta ai
cambiamenti climatici, di
impegno contro il
diffondersi di Ebola, di cibo
ed energia, di diritti umani,
di riforma del Fondo
monetario internazionale,
di connettività
infrastrutturale. La
collaborazione tra i due
continenti è obbligatoria:
se si riesce ad abbassare le
barriere che spesso la
ostacolano sarà un bene
per tutti. Anche per gli Stati
Uniti, assenti ma che
stanno negoziando con la
Ue e una parte dell’Asia due
grandi accordi
commerciali, separati.
@danilotaino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
7
Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
8
Primo piano La manovra
Legge di Stabilità,
Napolitano approva
Chiamparino tratta
Il capo dello Stato Corte costituzionale
Fassina: nel Pd c’è già la scissione degli iscritti
Il testo
● Il Consiglio
dei ministri ha
varato la legge
di Stabilità
mercoledì sera.
È divisa in 47
articoli e 119
pagine.
Tra le misure:
confermato il
bonus degli 80
euro, aiuti alle
partite Iva a
basso reddito e
taglio dell’Irap
per 6,5 miliardi
alle imprese
ROMA Mentre i governatori atte-
nuano i toni della polemica sui
tagli al bilancio delle Regioni, e
si apprestano, insieme ai sindaci, a negoziare con il governo, dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, arriva un convinto avallo della man ov r a d i b i l a n c i o e d e l l a
strategia del governo Renzi in
Europa. «Mi pare che nella legge di Stabilità ci siano misure
rilevanti per la crescita sia direttamente, con politiche di investimenti, sia indirettamente,
per quanto riguarda la riduzione della pressione fiscale, e che
questo sia riconosciuto» ha
detto il capo dello Stato.
Napolitano non si è limitato
al giudizio sui contenuti della
manovra, sottolineandone anche la valenza politica nel dibattito in corso in Europa sul
risanamento e sul rilancio dell’economia. «Mi pare che siamo in una situazione di passaggio in vista del Consiglio
europeo di fine ottobre. Penso
però che le posizioni prese con
notevole nettezza dal governo
italiano, ma non solo dall’Italia, vadano nel senso di un forte
36
miliardi
è l’importo
complessivo
della manovra
per il 2015
4
miliardi
è il taglio dei
trasferimenti
statali
alle Regioni
18
miliardi
è il taglio
delle tasse
annunciato
dal premier
Matteo Renzi
rilancio delle politiche per la
crescita». Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, a
«Otto e mezzo», su La7, è fiducioso: «Molti ministri delle Finanze europei dicono che il
modo in cui è stata disegnata la
manovra può essere un modello per la Ue».
Con i governatori delle Regioni, che sono pronti ad andare a Palazzo Chigi con nuove
proposte per ripartire i tagli
per 4 miliardi, potrebbe esserci
un incontro già la prossima
settimana. Il governatore del
Piemonte e presidente della
Conferenza dei governatori,
Sergio Chiamparino, ha sentito
ieri il sottosegretario alla Presidenza Graziano Del Rio, dicendosi convinto che le incomprensioni saranno superate.
«Siamo pronti con le proposte
per rimodulare il taglio dei 4
miliardi, ma ognuno deve scegliere dove farli» ha detto
Chiamparino. E a Renzi, che
chiede di eliminare gli sprechi
e non i servizi, replica sostenendo che di sprechi ce ne sono moltissimi, da attaccare, anche nei ministeri.
Il Quirinale e le nomine
per la Consulta:
avanti per conto mio
«Io vado avanti per conto mio: siamo in due e io non
so l’altro come si muove». Chi parla è il capo dello Stato
Giorgio Napolitano, mentre «l’altro» è il Parlamento. Il
presidente parla dell’elezione dei due giudici
costituzionali che in 20 votazioni le Camere non sono
riuscite a indicare. Nella foto Ansa, il capo dello Stato
italiano ieri con la presidente della Repubblica di Corea
Park Geun-hye.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La manovra continua a suscitare mal di pancia nella minoranza del Pd. Stefano Fassina, sostiene che si tenterà di
apportare miglioramenti in
Parlamento, ma avverte che «la
scissione tra gli iscritti del Pd è
in corso». Critico anche Pier
Luigi Bersani, che tuttavia riconosce la buona impostazione
della manovra: «Ci sono cose
buone e cose da aggiustare».
Mario Sensini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il vicesegretario dem
❞
È la prima
manovra
che sfida la
crisi e
abbatte il
costo del
lavoro
L’equilibrio
diverso si
può trovare
E si può fare
una sanità
migliore a
costi minori
Serracchiani:
noi governatori
dobbiamo ammettere
che ci sono sprechi
ROMA «Questo scontro frontale sa di ritorno al
passato. Non serve ai cittadini né al Paese. Ciascuno di noi governatori sa che amministrare
una regione non è facile. Ma ciascuno deve ammettere che si possono ancora ridurre gli sprechi, intervenire sulle società partecipate, riqualificare la spesa sanitaria…». Nello scontro governo-Regioni sulla legge di Stabilità, Debora Serracchiani — governatore del Friuli Venezia
Giulia e vicesegretario del Pd — sta col governo.
La critica di molti governatori è stata feroce. Lei difende la manovra?
«È una manovra straordinaria, la prima che
sfida davvero la crisi. E che punta su crescita e investimenti agendo sull’abbassamento delle tasse
e l’abbattimento del costo del lavoro».
Ce l’avrà un’idea sul perché i suoi colleghi
— a cominciare da Chiamparino, che è renziano — protestano?
«Io ho molto rispetto per i punti di vista degli
altri. Ma credo che, sebbene il momento storico
comporti non poche difficoltà, il nostro compito
sia quello di accettare la sfida che il governo ci fa
sul terreno degli sprechi. Il perché delle proteste? Temo che tra i miei colleghi sia prevalso un
senso di legittima preoccupazione e anche il timore per le poche informazioni finora avute. Ma
dobbiamo impegnarci per arrivare a un punto di
equilibrio diverso. È una missione collettiva dalla quale nessuno può chiamarsi fuori».
Significa che la manovra potrà cambiare?
«Il varo della legge di Stabilità è solo il primo
passo. Ciascuno porti proposte concrete al governo e un punto di equilibrio diverso sarà possibile».
Se il governo le chiedesse di tagliare ancora
le spese del Friuli Venezia Giulia, lei ce la farebbe?
«Non ho mai usato il verbo tagliare. Preferisco
parlare di riqualificazione della spesa. Con quali
risultati? Le cito il giudizio di Standard and Poor’s, secondo cui la mia Regione, “nonostante la
riduzione delle entrate”, manterrà i parametri di
crescita anche grazie al “controllo della spesa”».
Vale anche per la sanità?
«Certo. Si può fare una sanità migliore a costi
minori. Però devi mettere in conto che sfidi
qualche potere forte locale».
Molti militanti renziani hanno messo sotto
accusa Chiamparino…
«Penso che non abbiamo bisogno di farci un
nemico al giorno. Siamo tutti preoccupati ma
credo che troveremo un punto di equilibrio migliore per tutti. Tenendo conto che il punto di
partenza di questa manovra è il migliore possibile».
Tommaso Labate
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
9
Primo piano La manovra
Dipendenti
19.165
Il personale
Dipendenti per 1.000 abitanti (in %)
14.000
10.000
50%
I risparmi
La stima dei risparmi
possibili sul personale
delle amministrazioni
supera i due miliardi
Le conseguenze sono state
nefaste. Al Nord come al Sud. I
rigagnoli di spesa si sono moltiplicati, diventando fiumi in
piena. Gli organici sono stati
gonfiati a dismisura. Sul totale
di 78.679 dipendenti regionali
(Sanità esclusa), la Confartigianato ha calcolato esuberi teorici del 31 per cento: 24.396 unità. Ipotizzando un risparmio
annuo possibile di 2 miliardi e
468 milioni. Il record spetta al
Molise, con esuberi teorici del
75,4 per cento, seguito della
Valle D’Aosta (71,2).
Le cronache offrono casi formidabili. Nella Calabria dove ci
sarebbero 1.184 dipendenti di
troppo, l’ispettore spedito dal
Tesoro, come ha raccontato sul
Corriere di Calabria Antonio
Ricchio, ha scoperto cose turche. Per esempio 1.969 promozioni in un solo anno (il 2005
delle elezioni regionali) da lui
ritenute illegittime, al pari degli aumenti di stipendio retroattivi assegnati a 85 impiegati dei gruppi politici.
Nel Lazio, invece, per tutti gli
anni Duemila si è registrata
un’impennata pazzesca del
personale dei parchi: nel 2009
erano 1.271. Di cui 99 dirigenti.
Per non parlare delle società
controllate e partecipate. La
Corte dei conti ha appurato che
quelle della sola Regione Siciliana occupano 7.300 persone,
con una spesa di un miliardo e
89 milioni nel quadriennio
2009-2012 per le buste paga.
Nello stesso periodo la Regione
aveva versato nelle loro casse
un miliardo e 91 milioni, cifra
che secondo i giudici contabili
comprende anche «il ricorso
reiterato e improprio a inter-
30%
20%
2,5
10%
o to lia to te ria na he na ria zio zo ise lia ta ria nia ilia na
ia
ta
e
n u
a
g rc
b La ruz
os rd an n iu
ol Pug ilica lab pa Sic deg
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Ba
Sa
P
l
R
l
Ca
Fr
Va
v.a rov
ilia
o
P
Pr
Em
Fonte: Ufficio studi Confartigianato
Il numero totale
dei dipendenti
regionali
40%
4.108
1,3
0,6
3.195
0,7
1.123
0,7
3.074
0,7
1.454
0,9
2.698
0,7
1.992
1,5
3.460
0,6
1.511
1,1
902
2,8
3.191
0,8
985
1,7
2.581
1,3
2.941
4.777
3.167
2,6
0
9
4.332
2.000
0,3
Ma il grasso della Sanità è
niente rispetto al resto. Il fatto è
che la riforma del Titolo V ha
scatenato un terremoto molto
più dirompente di quanto non
fosse prevedibile a causa della
maggiore autonomia concessa
alle Regioni. Queste hanno cominciato subito a comportarsi
come piccoli Stati indipendenti i cui amministratori, ribattezzati pomposamente «governatori» con la colpevole complicità della stampa, non avevano però il dovere di rispondere
agli elettori, visto che i soldi venivano pressoché tutti distribuiti attraverso lo Stato centrale.
Una sindrome dagli effetti
sconcertanti, come dimostra la
costosissima proliferazione di
sedi estere, da Bruxelles al Sudamerica alla Cina: come se
ogni Regione dovesse avere
una sua politica internazionale. Si è arrivati perfino a creare
strutture come il Centro estero
per l’internazionalizzazione
piemontese che ha come obiettivo quello di «rafforzare il made in Piemonte». Mentre la vicina Regione Lombardia lanciava il progetto «made in
Lombardy».
8,5
4.000
3.321
6.000
7.501
60%
3.801
29,6
12.000
8.000
SEGUE DALLA PRIMA
78.679
70%
3,8
L’analisi
0
31%
i dipendenti
di troppo
secondo una
analisi di
Confartigianato.
Gli esuberi teorici
sarebbero pari
a 24.396 unità
Corriere della Sera
Le spese e gli organici lievitati
di venti piccoli Stati indipendenti
Con l’aumento dei poteri delle Regioni la spesa sanitaria è salita del 22%
venti di mero soccorso finanziario a società prive di valide
prospettive di risanamento».
E la politica? I consigli regionali, privati di ogni controllo
centrale, hanno rivendicato
prerogative pari a quelle del
Parlamento nazionale, cominciando dall’autodichìa. Ovvero,
l’insindacabilità assoluta su come spendono i soldi. Scandali
a parte, è potuto accadere così
che il consiglio regionale del
Lazio abbia sfornato in meno
di 40 anni 40 leggi locali ognuna delle quali ha accresciuto i
privilegi retributivi e pensionistici dei consiglieri.
Il risultato è che oggi un terzo del bilancio del consiglio laziale se ne va per pagare i vecchi vitalizi. Grazie alle antiche
regole mai cambiate c’è pure
chi continua a prendere l’assegno a cinquant’anni e dopo una
sola seduta.
I vitalizi
Un terzo dei bilanci dei
consigli regionali
è destinato al
pagamento dei vitalizi
● Il caso
I militari, le auto blu
e il divieto
di usare l’ombrello
ROMA «Se piove ci si
bagna», dicono gli alpini.
Se piove si prende l’auto
blu, hanno raccontato a
Carlo Cottarelli. È la dura
legge dell’ombrello, quella
che vieta ai militari di
ripararsi dalla pioggia come
il resto del mondo. Quella
che secondo il commissario
alla spending review è stata
usata come scudo per
resistere al taglio delle
macchine di servizio. Ma c’è
davvero una regola così?
Signorsì, è nel regolamento
sulle uniformi che ha ogni
forza armata. I carabinieri
sono espliciti. L’ombrello è
«sempre vietato», così
come «ingombrare tasche
con oggetti» o «portare
capi di vestiario
sbottonati». Esercito e
Marina sono più sottili: la
parola ombrello non
compare ma si puntualizza
Le Regioni spendono per i
vitalizi 173 milioni l’anno. Cifra
che sale in continuazione ma
che potrebbe essere ridotta di
almeno 50 milioni, dice il finora inascoltato rapporto sulla
spending review, senza gettare
sul lastrico nessuno. Ma su
questo, da chi si straccia le vesti
per i tagli chiesti dal governo,
neppure un sussurro.
Sergio Rizzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
che «in caso di condizioni
meteorologicamente
avverse viene indossato il
soprabito». Basta quello.
Ma perché? «È proprio la
logica dell’uniforme, la
necessità che i soldati
appaiano tutti uguali»,
spiega Virgilio Ilari,
presidente della società di
storia militare.
L’Aeronautica, però, fa
eccezione. Il 23 ottobre 2012
una direttiva del generale
Nicola Lanza de Cristoforis
ha comunicato a «tutto il
personale che è autorizzato,
in caso di tempo piovoso,
l’uso dell’ombrello
personale». Naturalmente
rispettando regole precise:
«Dovrà essere di colore
nero, con montatura
metallica argentata o nera,
fodero ed impugnatura di
colore nero, tenuto con la
mano sinistra...». Una fuga
in avanti persino rispetto
agli Usa, dove il divieto c’è e
Obama si è dovuto scusare
per aver chiesto a un
marine di ripararlo dalla
pioggia, facendogli violare
il regolamento. Anche lì,
però, c’è chi invoca la
libertà di ombrello. Nel
1988 la proposta venne fatta
proprio dal comandante
della Marina americana. In
Italia la palla venne presa al
balzo da un giovane
radicale, Francesco Rutelli,
con un’interrogazione al
ministro della Difesa
Valerio Zanone. Rutelli
chiedeva di consentire l’uso
del parapioggia ai militari
per «rendere più omogeneo
l’atteggiamento al riguardo
dei Paesi Nato». L’ombrello
atlantico, insomma.
Zanone disse di no. Forse ci
saremmo risparmiati
qualche auto blu.
Lorenzo Salvia
@lorenzosalvia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
10
Primo piano Previdenza
Fondi pensione, un errore (grave)
punire investitori e lavoratori
Funzionano come un «libretto di risparmio». La stangata delle imposte
di Alberto Brambilla*
Eravamo ben impressionati
da questo premier che pensa
sempre ai giovani; facevamo il
«tifo» per lui quando i media o
i politici lo incalzavano chiedendo meno promesse e più
fatti. Poi sono arrivati i «fatti»
in materia di previdenza e Tfr
nella legge di Stabilità e tutte le
speranze riposte nel «nuovo
corso» sono crollate. Ci siamo
trovati di fronte ai soliti provvedimenti.
Anzitutto gli 11 miliardi di
deficit aggiuntivo; panem et
circenses tanto poi qualcuno
pagherà il debito e quel qualcuno saranno sicuramente loro, i giovani a cui oggi diamo
pochi spicci da spendere che
poi dovranno restituire con interessi enormi. Successe così
anche nel 1979 quando il rapporto tra stock di debito e Pil
era all’incirca del 59% e in meno di 20 anni, abbiamo più che
raddoppiato il debito. Pensate
a quante cose oggi si potrebbero fare se anziché dover pagare
circa 85 miliardi di interessi sul
debito ne avessimo solo 70.
Peggio è la manovra sul Tfr,
diseducativa, ingannevole e
miope. Diseducativa perché
anziché informare i giovani
sulla loro posizione previdenziale e spiegare che occorre
pensare al futuro, si spinge al
consumo immediato. Crearsi
un piano previdenziale è indispensabile per integrare la
pensione pubblica ma è altrettanto indispensabile per far
fronte a problemi di salute, della casa o spese impreviste ma
anche per sopperire a momenti di inoccupazione. Infatti la
legge prevede che l’iscritto ad
Il confronto
Datore di lavoro
I contributi versati ai fondi pensione hanno un costo
del lavoro ridotto rispetto ad un aumento di stipendio
Aumento in busta paga
Versamento al fondo pensione
150.5
Costo del lavoro
Oneri sociali a carico
dell’azienda
Accantonamento T.f.r.
Aumento lordo in busta
versamento lordo al F.P.
Oneri sociali a carico
del dipendente
IRPEF (ad es. 40%)
Aumento netto in busta paga
versamento netto al F.P.
Il dipendente
La tassazione
dei fondi pensione
43
110
10
7,5
100
100
-
10
36
54
Fonte: Centro Studi di Itinerari Previdenziali
100
Anticipazioni*
15% gravi spese mediche
23% acquisto prima casa
23% altre esigenze
Cambio lavoro*
15% riscatto parziale
o totale per prolungata
inattività
23% adesione collettiva
Pensionamento*
15% capitale e rendita
* Con il Tfr in azienda
sul capitale aliquota media
degli ultimi 5 anni
Corriere della Sera
riamente mettere il Tfr nei fondi pensione o lasciarlo in
azienda. Se lo si investe nei fondi si pagherà una imposta sostitutiva tra il 15% e il 9% in base
agli anni di iscrizione. Se lo lascio in azienda (tassazione separata) tra il 23% e il 27% per i
redditi medio bassi. Se in busta
paga sarà assoggettato alla aliquota marginale che va dal 23
al 45% più le addizionali Irpef
comunali e regionali. Un bel
danno per il lavoratore; un vantaggio per il Fisco e per giunta
cash. Anche nel caso delle anticipazioni la tassazione va dal 9
al 15% per la salute e al 23% per
le altre ipotesi.
Non si dice che per quelli
❞
L’intervento
crea
l’effetto di
scoraggiare
il pilastro
previdenziale
che hanno iniziato a lavorare
da gennaio 1996 non ci saranno
più gli interventi assistenziali
dello Stato poiché la legge ha
cancellato le integrazioni al minimo e le maggiorazioni sociali
di cui beneficiano oggi quasi la
metà dei 16,5 milioni di pensionati. Chi farà fronte a questa
autentica «bomba sociale»?
È miope perché disincentivando il risparmio previdenziale carica tutto sulle fragili
gambe dello Stato che avrà
sempre meno soldi per far
fronte agli aumentati bisogni
di uno stato sociale caratterizzato da un vistoso invecchiamento della popolazione.
Che dire poi della frase «io
non aumenterò mai le tasse»?
Risultato: la tassazione sul rendimento del Tfr in azienda passa dall’11,5% al 17%. Quella sui
rendimenti dei contributi e del
Tfr versati ai fondi pensione
dall’11,5% al 20% e quella sui
rendimenti dei contributi previdenziali delle Casse dei liberi
professionisti (unico caso in
Europa addirittura di doppia
tassazione) dal 20 al 26%.
Tutto questo ha anche due
risvolti negativi: a) «uccide» 20
anni di sforzi per portare il nostro Paese da un sistema di welfare state (tutto a carico della
Stato) ad un welfare mix; b)
rompe il «patto di fiducia» tra i
lavoratori e lo Stato e quindi
mina pesantemente il «patto
intergenerazionale» sul quale
si basa il nostro sistema pensionistico.
Avevamo incentivato i lavoratori ad aderire ai fondi pensioni promettendo forti agevolazioni fiscali. Ora si cambiano
in corsa le regole e i lavoratori
non si fidano più. Chi garantisce loro che domani anche la
tassazione agevolata delle prestazioni finali in capitale o rendita non verrà aumentata dall’attuale 9-15%?
Ma questa manovra è subdola perché se il lavoratore non
Cambio in corsa
Si cambiano le regole
che finora hanno
incentivato i lavoratori
dipendenti ad aderire
ai fondi pensione
Il caso italiano
Nei Paesi Ocse
il rapporto tra
patrimonio dei fondi
pensione e Pil è 77%.
L’Italia è appena al 7%
un fondo pensione possa prelevare dalla sua posizione complessiva (Tfr, contributi e rendimenti) in qualsiasi momento
fino al 75% per gravi motivi di
salute per se e i suoi familiari;
decorsi 8 anni di iscrizione fino
al 75% per acquisto e ristrutturazione della casa per sé e per i
figli e fino al 30% per qualsiasi
altro motivo (istruzione, cambio mobili, auto ecc).
Non solo. In caso di disoccupazione fino a 48 mesi è possibile prelevare fino al 50% del
montante complessivo e fino al
100% se la disoccupazione è
maggiore dei 48 mesi. Come si
vede il fondo è un «libretto di
risparmio» che sopperisce a
molte esigenze della vita; inoltre le somme prelevate possono essere reinvestite ed in questo caso si recuperano le tasse
pagate.
La media dei Paesi Ocse presenta un rapporto tra patrimonio dei fondi pensione e Pil pari a 77%. L’Italia è a 7%. Ingannevole perché non dice la verità
nemmeno sulle opzioni fiscali
a disposizione dei lavoratori.
Già oggi tutti possono volonta-
perde il posto di lavoro non
può uscire per legge dai fondi
pensione e si dovrà prendere
per intero l’aumento della tassazione che si tradurrà in almeno un 10% in meno di pensione
e con più soldi in busta paga si
perderanno tante agevolazioni
(trasporti, coniuge a carico,
asili nido ecc). Tutta questa
complicazione per far avere a
un lavoratore medio (con 1.500
euro di reddito lordo l’anno)
meno di 80 euro al mese, creando forti problemi di liquidità
alle imprese, soprattutto alle
piccole (qual è la banca che rischia i soldi e costruisce la pratica per l’1,5% di interesse?) e
prevedendo un fondo di garanzia costoso e complesso per le
piccole e frazionate cifre in gioco, che era già fatto ed è stato
eliminato dal duo Prodi Visco.
A parte il modo in cui è scritta la legge (incomprensibile,
forse volutamente, e in burocratese), i contenuti sono davvero preoccupanti per il futuro
del nostro Paese.
*Direttore Master Università
Cattaneo - Castellanza
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
11
Primo piano Come scegliere
Guida alla scelta
Tassazione ordinaria
Retribuzione
annua
Aliquota TFR netto TFR netto
annuale mensile
10.000
15.000
20.000
25.000
28.000
28.650
33.000
35.000
40.000
45.000
50.000
55.000
58.000
63.000
23
23
27
27
27
27
38
38
38
38
38
38
41
41
532
798
1.008
1.261
1.412
1.445
1.413
1.499
1.713
1.927
2.141
2.355
2.364
2.567
44
66
84
105
118
120
118
125
143
161
178
196
197
214
Differenze annuali
separata/ordinaria
Tassazione separata
imposta Aliquota TFR netto TFR netto Annuali tra dal 03/2015di rifer.
in %
annuale mensile ord. e sep.
06/2018
1.906
2.860
3.876
4.995
5.666
5.812
6.785
7.344
8.919
10.494
12.069
13.644
14.589
16.164
23,00
23,00
23,38
24,10
24,41
24,47
24,81
25,32
26,90
28,13
29,12
29,93
30,35
30,95
532
798
1.058
1.311
1.462
1.495
1.714
1.806
2.020
2.234
2.448
2.662
2.791
3.005
44
66
88
109
122
125
143
150
168
186
204
222
233
250
0,00
0,00
-50,00
-50,00
-50,00
-50,00
-300,74
-306,67
-306,67
-306,67
-306,67
-306,67
-426,86
-437,22
0,00
0,00
-166,67
-166,67
-166,67
-166,67
-1.022,46
-1.022,22
-1.022,22
-1.022,22
-1.022,22
-1.022,22
-1.422,85
-1.457,39
Tassazione ordinaria
Retribuzione
annua
Aliquota TFR netto TFR netto
annuale mensile
65.000
70.000
75.000
83.000
85.000
90.000
95.000
100.000
110.000
125.000
135.000
150.000
175.000
200.000
41
41
41
43
43
43
43
43
43
43
43
43
43
43
2.649
2.853
3.057
3.268
3.347
3.544
3.740
3.937
4.331
4.922
5.315
5.906
6.890
7.874
221
238
255
272
279
295
312
328
361
410
443
492
574
656
Differenze annuali
separata/ordinaria
Tassazione separata
imposta Aliquota TFR netto TFR netto Annuali tra dal 03/2015di rifer.
in %
annuale mensile ord. e sep.
06/2018
16.794
18.459
20.158
22.877
23.557
25.256
27.030
28.812
32.376
37.723
41.287
46.633
55.544
64.454
31,17
31,81
32,43
33,25
33,43
33,86
34,33
34,76
35,51
36,41
36,90
37,51
38,29
38,88
3.090
3.297
3.501
3.827
3.908
4.112
4.310
4.506
4.900
5.491
5.884
6.475
7.459
8.444
258
275
292
319
326
343
359
376
408
458
490
540
622
704
Fonte: Fondazione studi dei consulenti del lavoro
-441,36
-444,17
-444,17
-558,83
-561,59
-568,50
-569,17
-569,17
-569,17
-569,17
-569,17
-569,17
-569,17
-569,17
-1.471,20
-1.480,56
-1.480,56
-1.862,77
-1.871,98
-1.895,00
-1.897,22
-1.897,22
-1.897,22
-1.897,22
-1.897,22
-1.897,22
-1.897,22
-1.897,22
Corriere della Sera
Tfr in busta paga, ecco a chi conviene
Meno tasse solo fino a 15 mila euro
Al salire del reddito aumenta il conto del Fisco: per 90 mila euro 568 euro di imposte
Le banche
● «Le banche
sono pronte a
fare la loro
parte», ha
affermato il
presidente Abi,
Antonio
Patuelli.
«Abbiamo
collaborato alla
costruzione di
questa norma
molto
complessa, che
io identifico in
una serie di
ruote dentate
di un orologio
di alta
precisione.
Questa novità
non è a danno
di qualcuno.
Vedo solo una
possibilità di
scelta in più per
il cittadino
lavoratore, un
passo in
avanti».
ROMA Una misura pensata per
spingere i consumi, compensando il mancato (e più volte
ventilato) aumento del bonus
di 80 euro che nella legge di
Stabilità 2015 si trasforma in
credito d’imposta. Questo è lo
spirito con cui il governo ha dato il via all’operazione del Tfr
(Trattamento di fine rapporto)
in busta paga: la platea cui questo anticipo conviene corrisponde non a caso a quella dei
percettori del bonus, cioè titolari di redditi che non superino
i 24-26 mila euro annui.
Chi. La richiesta di avere la
quota maturanda del Tfr in busta paga è volontaria e può essere fatta dal dipendente privato che sia stato assunto da almeno sei mesi. Sono esclusi i
collaboratori domestici, i lavoratori agricoli e i dipendenti di
aziende in crisi.
Quando. La misura è sperimentale: vale dal marzo prossimo, con effetto retroattivo a
gennaio, e termina nel giugno
2018. Effettuata la scelta, questa non può essere revocata per
tre anni.
Quanto. La quota del Tfr che
può essere anticipata in busta
paga è quella maturanda, anche se normalmente destinata
alla previdenza complementare: nel fondo di appartenenza
verranno versati solo i contri-
buti del dipendente e del datore di lavoro. L’anticipazione sarà mensile e non in un’unica
soluzione.
Come. Facciamo un esempio dell’effetto della norma
che, va detto, sarà accompagnata da un decreto attuativo
che ne spiegherà meglio i meccanismi. Per chi ha uno stipendio annuale di 24 mila euro lordi, che corrispondono a 1.500
euro netti mensili per 13 mensilità, la quota di Tfr accantonabile oggi è pari mensilmente a
poco più di 100 euro. Su questa
cifra andrà effettuato il prelievo
da parte del Fisco.
Tassazione. Il governo ha
deciso di tassare la quota di Tfr
in busta paga come se questa
andasse a integrare lo stipendio e dunque applicando le aliquote Irpef ordinarie. Di conseguenza l’anticipo del Tfr in bu-
Scelta volontaria
La misura è volontaria
e vale per i dipendenti
privati assunti
da almeno sei mesi
sta paga sarà conveniente per i
lavoratori con un reddito fino a
15 mila euro mentre subiranno
un aggravio fiscale quelli al di
sopra di questa soglia.
Fino a 15 mila euro lordi di
reddito — spiega Enzo De Fusco coordinatore scientifico
della Fondazione studi consulenti del lavoro — l’aliquota
con il quale verrebbe tassato il
Tfr in busta paga rispetto a
quello che si ottiene alla fine
del rapporto di lavoro sarebbe
la stessa: 23%. Per i redditi superiori, la tassazione separata è
vantaggiosa per il lavoratore ri-
Online
Tutti i
documenti
della manovra
sono sul canale
Economia del
Corriere
www.corriere.it
/economia/
Il caso
Snai: si torna indietro di 15 anni e si aiutano le scommesse illegali
ROMA Protestano le aziende che gestiscono i
giochi contro l’aumento della tassazione
prevista dalla legge di Stabilità. Per
l’amministratore delegato di Snai, Giorgio
Sandi, la «stretta» sugli apparecchi (che
dovranno essere cambiati) rischia di aiutare il
mercato illegale: «Si tratta di provvedimenti che
fanno comodo allo Stato che incasserà più
soldi, ma che alimentano il mercato grigio non
rimuovendo il problema della presenza di una
doppia rete per le scommesse. Lo Stato ha il
pieno diritto di cambiare idea — ammonisce
Sandi — ma così si torna indietro di 15 anni.
La Sogei ha già detto che non sarà possibile
certificare se non con tempi lunghi tutte le
140
le migliaia
di addetti delle
6.600 imprese
di Sistema
Gioco Italia
piattaforme ed i giochi e visto che parliamo di
un migliaio di giochi i tempi saranno molto
lunghi, anche due anni». Massimiliano Pucci,
vice presidente di Sistema Gioco Italia,
l’associazione aderente a Confindustria che
rappresenta i maggiori operatori del settore,
rileva come «qualunque inasprimento di
tassazione determinerebbe effetti devastanti
per l’intera filiera con la chiusura di molte
attività e, secondo una simulazione
prudenziale, la perdita di oltre 75 mila posti di
lavoro». Anche per Maurizio Ughi, di «Obiettivo
2016», le decisioni del governo in materia «non
rimuovono il problema » della doppia rete.
spetto a quella ordinaria. Se
per i redditi dai 15 mila euro
lordi ai 28.650 il divario di imposizione è ancora sostenibile
(50 euro in più di imposta l’anno se si chiede l’anticipo in busta paga) oltre questa soglia la
richiesta di anticipo non è più
conveniente perché sarebbe
tassata al 38% con oltre 300 euro di tasse in più l’anno. L’imposizione aumenta con la crescita del reddito e per chi guadagna 90 mila euro l’anno arriva a 568,50 euro in più di tasse.
In pratica si ricevono in busta
paga di Tfr netto 3.544 euro a
fronte dei 4.112 accantonati a
tassazione separata.
Dunque è chiaro che la fascia
cui la misura si rivolge sta sotto
i 24 mila euro. In particolare
per chi può contare su un reddito di 20 mila lordi l’anno, il
Tfr netto annuale sarebbe di
1.008 euro (84 euro al mese) a
fronte dei 1.058 di Tfr netto annuale accantonato. Il Tfr in busta paga non dovrebbe essere
conteggiato ai fini del bonus.
«Stiamo valutando come evitare che chi chieda il Tfr in busta
paga perda il bonus di 80 euro», ha detto ieri il ministro
dell’Economia Padoan in tv a
Otto e mezzo.
Antonella Baccaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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12
Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
13
Politica
Dietro
le quinte
Renzi-Della Valle
e i rumors
su un incontro
La telefonata, si sa, c’è stata.
Mercoledì scorso. E
nell’ultima puntata di
Piazza pulita i toni più soft
di Diego Della Valle nei
confronti di Matteo Renzi
si sono fatti notare. Segnali
che hanno fatto pensare a
un riavvicinamento tra i
due dopo le critiche del
patron di Tod’s al
presidente del Consiglio di
due settimane fa. Per ora da
Palazzo Chigi si conferma
solo la telefonata,
senz’altro aggiungere. E
dall’imprenditore arriva un
altrettanto, riservato, «no
comment». Ma nessuno
smentisce il cambiamento
di clima. Tanto che si parla
di un possibile incontro nei
prossimi giorni.
(Roberto Zuccolini)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La campagna
del premier
(su Mediaset)
Continua la
campagna
di Renzi su
Mediaset.
Dopo Paolo
Del Debbio,
a Rete 4,
domani il
premier andrà da Barbara
D’Urso. Un programma
nazionalpopolare, amato
da casalinghe e una fetta
dell’elettorato del
centrodestra. Una mossa,
l’ennesima, per conquistare
anche il popolo
berlusconiano, in rotta,
dopo la crisi di Forza Italia.
E probabilmente
caldeggiata dal suo spin
doctor, Filippo Sensi, che
da dietro le quinte ha un
ruolo importante nella sua
campagna mediatica. Del
resto, il premier non ha mai
fatto mistero di puntare a
un Partito democratico a
«vocazione maggioritaria,
in grado di prendere
voti a sinistra
come nel centrodestra».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I consigli del Cnel
per salvare
le indennità
La legge di Stabilità azzera
le indennità per il Cnel, il
Consiglio per l’economia e
il lavoro, che il governo
vuole chiudere. Una
forzatura, secondo un
gruppo di consiglieri che
ha fatto arrivare a Palazzo
Chigi le sue osservazioni:
dicono che la norma sarà
impugnata perché viola la
Costituzione, che si finirà
per trasformare un
risparmio in una spesa in
più. Dalla presidenza del
Consiglio la replica con un
documento firmato ad
aprile dai segretari di Cgil,
Cisl e Uil, che al Cnel hanno
diversi delegati: chiedevano
di non chiuderlo, abolendo
però ogni indennità fissa.
La pensano ancora così?
(Lorenzo Salvia)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il giudice che si è dimesso per il caso Ruby:
un fatto di coscienza, ci ho pensato tre mesi
«Non me la sento di decidere domani per un marocchino in modo diverso rispetto a Berlusconi»
MILANO Dai piani alti della Corte
d’appello di Milano, nella tarda
serata di giovedì, avevano provato a rivolgergli un ultimo
pressante appello a ripensarci,
o a prendersi almeno un altro
po’ di tempo per riflettere: «Ci
ho già riflettuto negli ultimi tre
mesi», si erano però sentiti rispondere dal giudice Enrico
Tranfa, con un riferimento cronologico (appunto i 90 giorni
per il deposito della motivazione della sentenza del processo
Ruby del 18 luglio scorso) che
legava esplicitamente e inequivocabilmente la sue clamorose
dimissioni dalla magistratura a
un insanabile contrasto in camera di consiglio con gli altri
due colleghi sull’assoluzione di
Silvio Berlusconi, e sulle motivazioni di questo ribaltone rispetto alla condanna di primo
grado a 7 anni per concussione
e prostituzione minorile.
E del resto ieri qualcosa di
analogo hanno sperimentato,
se possibile ancora più nitidamente, almeno una mezza dozzina di magistrati milanesi che
— per esprimere solidarietà e
apprezzamento a Tranfa o invece per manifestargli incredulità e disappunto —, dopo aver
letto la notizia delle dimissioni
del presidente di quel collegio
Chi è
● Presidente
Enrico Tranfa,
70 anni, in
magistratura
dal 1975.
Dal 2012
ha presieduto
la seconda
sezione penale
in Corte
d’appello.
Vicino alla
corrente
di centro dei
magistrati
«Unità per la
Costituzione»
e dell’intera seconda sezione
penale della Corte d’appello,
l’hanno chiamato al telefono
per capire che cosa lo avesse
spinto a un gesto così dirompente da non avere precedenti
nella storia giudiziaria italiana:
«La mia coscienza. Non me la
sento di giudicare domani un
marocchino in un modo diverso da quanto fatto con Berlusconi», riferiscono che Tranfa
abbia risposto loro. Segno che
il giudice, abbandonata la toga
giovedì immediatamente dopo
aver firmato le 330 pagine delle
motivazioni della sentenza di
assoluzione frutto della camera
di consiglio del 18 luglio scorso, dopo 39 anni di servizio ha
scelto di andare in pensione
con 15 mesi di anticipo sul previsto come protesta per quella
che, nella sua percezione, evidentemente sarebbe l’incompatibilità del metro di misura
quotidiano rispetto allo standard probatorio adoperato per
analizzare le prove a favore o
contro l’ex presidente del Consiglio.
Alle agenzie di stampa e tv
che gli domandavano delle dimissioni, Tranfa si è invece limitato a confermarle, ribadendo di non voler aggiungere altro se non il fatto che la sua sa-
rebbe stata «una decisione
molto meditata, perché in vita
mia non ho fatto niente di impulso. Tutti sono utili, nessuno
è indispensabile».
«Ne prendo atto e mi preoccupo di assicurare la funzionalità della sezione», è stato ieri
mattina il commento del presidente dell’intera Corte d’appello di Milano, Gianni Canzio,
mentre anche gli altri due giudici del collegio (la relatrice
delle motivazioni, Ketty Locurto, e il consigliere Alberto Puccinelli) sono stati presi completamente di sorpresa dalle
dimissioni del collega, che avevano salutato giovedì mattina
al momento del deposito e della firma della sentenza. Canzio
ha ugualmente chiesto a Tranfa (benché questi ormai non
indossi più la toga) un colloquio di persona nei prossimi
giorni; e, per non lasciare la seconda sezione senza guida, ha
intanto diramato un interpello
interno che già nel giro di pochi giorni dovrebbe riassicurarne la funzionalità con un
presidente supplente.
Sul caso, nel frattempo,
monta già la contrapposta lettura politica: «Solidarietà e un
profondo senso di vicinanza
nei riguardi del giudice Tranfa
Chi è
● Relatrice
Ketty Locurto,
51 anni,
in magistratura
dal 1990.
È stata giudice
al Tribunale
di Milano dal
1995 al 2013.
Poi il passaggio
in Corte
d’appello.
Vicina alla
corrente
di sinistra
«Magistratura
democratica»
che lascia la toga con un gesto
fermo e dignitoso» vengono ad
esempio espressi dalla vicepresidente del Partito democratico, l’onorevole Sandra Zampa
(ex portavoce di Prodi), e dalla
senatrice pd Donella Mattesini,
per la quale «il nostro sistema
giudiziario dimostra tutta la
sua debolezza quando si tratta
di garantire i diritti dei più indifesi, in questo caso minori
vittime di reati sessuali».
Da Forza Italia rispondono
l’onorevole Luca D’Alessandro
(«Uno così fazioso, da lasciare
la toga per non essere riuscito a
condannare Berlusconi in un
processo farsa e guardone come il processo Ruby, non
avrebbe mai dovuto fare il giudice e dovrebbe essere dimenticato»), e l’ex ministro della
Giustizia, Nitto Palma, secondo
il quale «il primo a non rispettare la sentenza è proprio il
presidente di quel collegio che
l’ha emessa: per certi versi mi
ricorda il bambino padrone
della palla, che se la portava via
ogni qualvolta gli veniva negato
un calcio di rigore».
Luigi Ferrarella
[email protected]
Giuseppe Guastella
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La coppia
Beniamino
Andreatta con
la moglie Giana
Petronio. La
coppia si è
conosciuta
all’Università
Cattolica di
Milano in cui il
futuro politico
dc era un
giovane
professore di
economia
mentre la
moglie, nata a
Trieste,
studiava lettere
Il ricordo
Pubblichiamo alcune
risposte di Giana Petronio
Andreatta — vedova di
Beniamino Andreatta (19282007), economista e politico,
più volte ministro per la Dc
e poi nel primo governo
Prodi, e tra i fondatori
dell’Ulivo —, intervistata
da Mariantonietta Colimberti
per il nuovo numero della
rivista dell’Arel, l’Agenzia
di ricerche e legislazione.
«Q
uando era al Tesoro,
Nino fu contattato
da Andreotti, che
cercò in ogni modo di convincerlo a salvare Sindona. È ormai storia la decisione con cui
Nino respinse quelle insistenze. Poi prese le note disposizioni sullo Ior, cosa che pesò sicuramente sui successivi mancati
incarichi ministeriali. Nonostante questo ostracismo del
suo partito e dei filo-andreottiani, Nino mantenne a lungo
un atteggiamento distaccato, e
quando qualcuno suggeriva
che forse Andreotti era colluso
coi mafiosi, negava che fosse
possibile, ritenendola una fanfaluca stravagante. Anni dopo,
tuttavia, stringendosi nelle
spalle diceva: Non so, non mi
sento più di escludere niente”».
(…) «Quella della seconda
stagione politica di Nino è una
bella storia. Nel 1992 fu convinto a candidarsi, per la prima
volta, nel suo Trentino per sostituire il suo amico Bruno Kessler, che era scomparso da poco. Non fu eletto (nemo profeta
in patria) ed era previsto che
tornasse all’Università, tanto
che si preparava all’insegnamento con scrupolo e direi
quasi con apprensione, come
Quei politici
nei giudizi
di Andreatta
alla moglie
❞
Nino
sentiva una
insuperabile distanza
antropologica da
Berlusconi
un giovane assistente. Si aspettava, senza recriminazioni di
sorta, che la sua esperienza
pubblica fosse terminata. Venne Tangentopoli e la Dc aveva
bisogno di ministri di specchiata moralità e fuori dal Parlamento, così tornò al governo
dopo un decennio. Rinacque.
Fu ministro del Bilancio e chiuse la Cassa del Mezzogiorno,
poi, nel Governo Ciampi, si
spostò agli Esteri e attuò molte
riforme importanti. Si impe-
gnò con totale dedizione. Ma
ribadisco che rimase sempre
presente in famiglia. Faceva di
tutto per riuscire a tornare a
Bologna anche per poche ore.
Agli Esteri lo accompagnai in
alcuni viaggi. Alcuni mi colpirono per gli aspetti propriamente turistici, altri per incontri con persone molto speciali.
Ad esempio, la famiglia imperiale del Giappone, Bill e Hillary Clinton, i Boutros-Ghali.
Mi colpì che in tutti i casi le
donne fossero di una levatura
superiore».
(…) «Poi venne Berlusconi.
Nino sentiva una insuperabile
distanza antropologica verso
quello che rappresentava. Un
modo e una motivazione per
fare politica incompatibile con
la sua. E un programma di governo un po’ gaglioffo che
avrebbe condotto l’Italia nella
crisi in cui si trova adesso. La
sera in cui Berlusconi vinse le
elezioni, si rivolse ai nostri figli
e disse tra lo scherzoso e il rassegnato: «Figlioli, la prossima
volta le elezioni le vincerà Pip-
La rivista
● L’intervista a
Giana Petronio
Andreatta, di
cui anticipiamo
un estratto, è
pubblicata nel
nuovo numero
della rivista
Arel, in uscita il
30 ottobre.
Fondata da
Beniamino
Andreatta nei
primi anni 80, è
diretta da
Mariantonietta
Colimberti
po Baudo, e sarà il nostro candidato». Si impegnò perché il
suo partito non venisse sedotto
dal berlusconismo, contrastando il segretario Buttiglione, e si adoperò per trovare
un’alternativa, convincendo
Romano Prodi a farsi avanti.
Quella dell’Ulivo fu una stagione breve ma intensa, che generò molti sogni, anche se molti
non si sono poi realizzati».
(…) «Dopo la crisi del governo Prodi ci fu però una breve
stagione di amarezze, durante
la quale Nino fu duramente attaccato per aver avanzato proposte (ad esempio, una più
stretta collaborazione tra i partiti del centrosinistra, una più
forte partecipazione dei cittadini tramite le primarie, una
più efficace azione contro il debito pubblico) che a posteriori
sono state adottate, ma che all’epoca parvero troppo radicali.
E invece a me pare che se fossero state approvate allora sarebbero state in tempo per fare la
differenza».
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
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Esteri
Tregua in Nigeria
«Le ragazze rapite
Il significato
di uno slogan
verso la libertà»
che diventa realtà
Diplomazie
di Viviana Mazza
Il governo: accordo fatto con Boko Haram
A
lla notizia che le oltre
200 studentesse
rapite da Boko
Haram potrebbero essere
presto rilasciate, un’ondata
di ottimismo si è diffusa in
Rete tra gli attivisti di
#BringBackOurGirls.
Lanciata su Twitter lo
scorso aprile, pochi giorni
dopo il rapimento, la
campagna ha avuto il
merito di sollevare
un’enorme attenzione
internazionale sul caso,
costringendo il governo
nigeriano (che all’inizio
aveva negato il rapimento)
a riconoscere il problema.
Questo è stato possibile
grazie anche all’appoggio
di celebrità come Michelle
Obama e Malala Yousafzai.
Ma forse il merito più
grande di questa campagna
è di essere autoctona: l’ha
creata non una ong
occidentale ma l’avvocato
nigeriano Ibrahim
Abdullahi, lanciando
quell’hashtag diventato
«virale» dopo aver tentato
altre combinazioni di
minor successo (come
#ChibokGirls). Sin
dall’inizio lui e altri attivisti
hanno avuto un obiettivo
chiaro: fare pressione sul
presidente Goodluck
Jonathan attraverso i social
media ma anche con marce
e sit-in in piazza. Qualche
giorno fa Abdullahi
sottolineava in un’intervista
che l’opinione pubblica
mondiale si era distratta,
concentrandosi su altre
questioni, ma che le
proteste continuavano ogni
giorno ad Abuja e ogni
settimana a Lagos, e che
un’attenzione costante è
vitale. Molti credono che
#BringBackOurGirls abba
costretto il governo
nigeriano ad agire, ma
molti hanno notato come
abbia dato enorme visibilità
a Boko Haram — visibilità
sfruttata nei video dal suo
leader Abubakar Shekau,
intenzionato a presentarsi
come Califfo del terrore.
L’attenzione globale sulla
Nigeria è stata poi piuttosto
selettiva: la storia dei
«terroristi che rapiscono
ragazze innocenti» ha fatto
«sensazione» ma, pochi
giorni dopo, un massacro
di 375 persone in un
villaggio poco lontano da
Chibok è passato sotto
silenzio. Negli ultimi mesi
era stata notata l’assenza di
risultati nonostante tanta
preoccupazione globale.
Abdullahi ieri commentava
che non bisogna
sottovalutare il potere di
Twitter. Ma nemmeno
sopravvalutarlo.
219
Le studentesse
della scuola
secondaria
di Chibok
che da sei
mesi sono
prigioniere di
Boko Haram
Le studentesse in cambio di
detenuti: sarebbe questo il nodo dell’accordo con Boko Haram annunciato dalle autorità
della Nigeria. La libertà delle
oltre 200 ragazze rapite 6 mesi
fa a Chibok potrebbe valere la
riconferma del presidente Goodluck Jonathan alle urne nel
febbraio 2015. Oltre alla campagna virale su Twitter conta la
campagna elettorale?
Giovedì il partito governativo
aveva accusato l’ala locale del
movimento «Bring back our
girls» di fare il gioco dell’oppo-
sizione. Ieri il capo delle forze
armate, generale Alex Badeh,
ha dato l’annuncio: con Boko
Haram tregua raggiunta. Il portavoce governativo Mike Omeri
ha aggiunto che il patto comprende «il rilascio delle ragazze rapite». Il gruppo «ha assicurato che sono vive e stanno
bene». Boko Haram «ha annunciato il cessate il fuoco come prova di un desiderio di pace — ha detto Omeri — Nello
stesso spirito il governo ha fatto altrettanto». Le autorità hanno sottolineato che «le condi-
zioni dell’accordo non saranno
rese note», smentendo concessioni territoriali al gruppo islamista che vuole la creazione di
un califfato nel Nord della Nigeria a maggioranza musulmana. In serata fonti della sicurezza hanno in parte smentito l’accordo: la liberazione delle ragazze andrebbe finalizzata la
settimana prossima.
La sospensione delle ostilità
varrebbe come una spartizione
territoriale. Da mesi Boko Haram controlla ampie zone del
Nord-Est. Da 5 anni tiene in
Lo scambio
Alcune delle
ragazze rapite,
nell’unico video
diffuso dai
terroristi. Per i
media nigeriani
Boko Haram
avrebbe
chiesto la
liberazione di
19 miliziani
scacco l’esercito, ha ucciso migliaia di civili e di militari, non
sembra in difficoltà. D’altra
parte era chiaro fin dai giorni
del sequestro che il capo Abubkar Shekau puntava a uno
scambio di prigionieri.
È arrivato il momento? Molti
dubbi rimangono. Danladi Ahmadu, il «segretario generale»
di Boko Haram che avrebbe dato luce verde all’accordo con la
mediazione della Croce Rossa
Internazionale (e ha rilasciato
un’intervista ieri a una radio locale) è una figura pressoché
sconosciuta. «Mai sentito nominare — ha detto Shehu Sani,
attivista dei diritti umani che in
passato ha trattato con Boko
Haram — Se volessero dichiarare una tregua sarebbe lo stesso Shekau a parlare». Non è la
prima volta che il governo annuncia tregue e liberazioni che
non si materializzano. Le donne che per mesi si sono ritrovate a presidiare una piazza della
capitale Abuja sotto lo striscione «Bring back our girls» hanno twittato ieri la loro «vigile
speranza». Più fonti hanno
confermato le trattative, avvenute in Chad. L’accordo avrebbe portato una settimana fa al
rilascio di 27 ostaggi, compresi
10 lavoratori cinesi rapiti in Camerun. Per i media nigeriani
Boko Haram ha fornito una lista di 19 detenuti di cui chiede
la liberazione: militanti di medio profilo, unica figura nota il
portavoce Abu Qaqa.
Perché ora? Perché la libertà
potrebbe essere vicina per le
giovani rapite dal collegio di
Chibok il 14 aprile, la notte prima degli esami? Prodigi da
campagna elettorale: il Partito
democratico del popolo per la
prima volta in 15 anni è incalzato dall’opposizione. Il ritorno
delle studentesse sarebbe un
bel colpo di scena per Goodluck, che avrebbe così in Boko
Haram una sorta di improbabile sponsor. E se le ragazze restano nella foresta, la colpa sarà dei terroristi inaffidabili.
Michele Farina
mikele_farina
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Dopo 6 mesi
Filippine, rilasciati
gli ostaggi tedeschi
I due ostaggi tedeschi, un
medico di 72 anni e la sua
compagna di 55, rapiti nelle
Filippine dal gruppo islamico
Abu Sayyaf, sono stati liberati
ieri poche ore dopo la
scadenza di un ultimatum.
A confermare che i due velisti
sequestrati ad aprile sono al
sicuro è stato il ministero degli
Esteri tedesco. Berlino avrebbe
pagato un riscatto di 5,6
milioni di dollari. I due
cittadini tedeschi hanno
trascorso 6 mesi nella giungla
in condizioni disumane.
L’ultimo appello risaliva a tre
giorni fa: «Mi uccideranno
venerdì. Hanno scavato una
fossa e me l’hanno mostrata»,
aveva detto il medico in radio.
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
ESTERI
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#
Il reportage
di Lorenzo Cremonesi
L'assedio
● Per oltre un
mese le milizie
dell’Isis hanno
assediato la
città di Kobane,
enclave curda
al confine tra
Siria e Turchia
● I guerriglieri
islamisti
stavano per
conquistarla,
dopo averla
bombardata
con i mortai. Di
fronte alla
certezza di un
imminente
massacro di
civili, gli Stati
Uniti, con i loro
alleati arabi e
occidentali,
hanno lanciato
una serie di
raid aerei
● Soltanto
nell’ultima
settimana, 60
blitz dal cielo
hanno colpito
le posizioni
dell’Isis,
costringendo i
terroristi ad
arretrare
L’Isis ha messo le mani su tre Mig
I terroristi in Siria si addestrano all’uso degli aerei grazie a ex piloti di Saddam
A Kobane i curdi, appoggiati dai raid Usa, hanno liberato quasi del tutto la città
DAL NOSTRO INVIATO
L’incontro
MURSITPINAR (FRONTIERA TURCOSIRIANA) È una vittoria fragile
Boldrini saluta
i musulmani
quella dei caccia alleati su Kobane. Dopo un mese di assedio, i raid aerei (quasi tutti
americani) sono riusciti a bloccare l’avanzata dello Stato Islamico contro la cittadina curda
nel settentrione siriano. Solo
otto giorni fa sembrava spacciata, si attendeva il massacro
dei suoi difensori assieme ai civili rimasti. E tutto ciò solo a
poche centinaia di metri dai
cannoni rimasti sempre muti
dei carri armati turchi.
La situazione è però mutata
da almeno tre giorni. «Grazie ai
bombardamenti alleati, abbiamo ripreso il controllo della
di Fabrizio Caccia
«Salam Aleikum...», saluta in
arabo la presidente della
Camera, Laura Boldrini, ieri
alla Grande Moschea di
Roma. La comunità
musulmana applaude: «Qui
mi sento a mio agio e non ho
paura», sottolinea lei,
pensando «ai tanti di voi
messi all’angolo» per colpa
della «propaganda» e «spero
che gli italiani sappiano
distinguere». Perchè l’Islam
non è l’Isis: «l’Islam è pace»
e «l’Isis è terrore, minaccia
per il mondo intero». E con
l’Imam del Centro Islamico
d’Italia, Muhammad Hassan
Abdulghaffar, conclude: «No
alla violenza in nome di Dio»
L’enclave curda
Obama non può
permettersi la caduta
della città di fronte agli
occhi del mondo
città», sostiene Idris Nassan,
del consiglio municipale di Kobane. I suoi compagni rivelano
che «finalmente» si è instaurato il contatto diretto tra guerriglia curda e comandi Usa. Come già avviene con i Peshmerga in Iraq, i curdi siriani trasmettono in tempo reale le
coordinate delle postazioni nemiche e subito i jet attaccano.
Da Washington specificano
che larga parte dei blitz su Iraq
e Siria sono stati deviati su Kobane, oltre 100, di cui almeno
60 nell’ultima settimana. Il motivo? Evidente: l’amministrazione Obama non può permettersi la caduta di Kobane di
fronte agli occhi del mondo,
sarebbe un colpo mortale per
la sua immagine, è a rischio la
solidità dell’intera operazione.
Dal punto di vita militare Kobane ha valore irrisorio. È una
piccola enclave civile, che non
100
I raid degli
aerei Usa sulla
città di Kobane,
60 nell’ultima
settimana
può reggersi da sola. Ma in
ogni conflitto la propaganda è
fondamentale. E sulle colline
turche di fronte alla cittadina
sono concentrati i maggiori
media internazionali. A costo
di spendere miliardi, gli americani dovevano salvarla.
Eppure, tornando ieri pomeriggio tra i campi coltivati di
fronte all’abitato, è subito saltata all’occhio la fragilità dei successi contro lo Stato Islamico. I
suoi militanti non si sono ritirati completamente da Kobane. Almeno due quartieri nei
settori sud-orientali restano
nelle loro mani. Verso le sedici
sono stati bombardati da due
jet alti nel cielo.
I jihadisti hanno allora appiccato nuovi incendi. Il fumo
li ha schermati impedendo ai
piloti di individuare le loro posizioni. Intanto, dall’abitato
giungevano a tratti il crepitio
dei mitra e i colpi sordi dei
mortai leggeri.
Meno intensa, la battaglia
continua. Le unità jihadiste si
sono ritirate nei villaggi tutto
attorno e sono pronte ad entrare in azione. «Se gli alleati
smettessero di attaccare, Kobane cadrebbe in poche ore»,
ammettono i curdi. Ma nel frattempo gli americani sono chiamati a difendere la zona di Bagdad, sempre più sotto pressione. Sono pronti ad operare
con intensità su più fronti? E
per quanto tempo? Nonostante
la caducità della situazione,
una notizia va comunque ridimensionata. Ieri faceva scalpore la nota rilanciata dalle agenzie stampa secondo cui lo Stato
Islamico disporrebbe di tre
Il nemico alle porte
Ma almeno due
quartieri nei settori
sud-orientali restano
nelle mani dei terroristi
Mig catturati dall’aviazione siriana con cui i piloti dell’ex
esercito di Saddam addestrerebbero i compagni.
La cosa non è nuova: i jihadisti mostrarono i caccia nelle
basi di Raqqa e Aleppo diversi
mesi orsono. La coalizione alleata dispone però delle armi
necessarie per abbatterli con
facilità nel caso provassero a
volare.
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
ESTERI
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● Il commento
La storia
● In seguito
alle riforme
promosse
all’inizio degli
anni Ottanta da
Deng Xiaoping,
anche il mondo
dell’arte
conobbe in
Cina un
momento di
grande
fermento
La Cina contro l’«arte degenerata»
Xi richiama al realismo socialista
Il leader di Pechino imita Mao e lancia un attacco alla «schiavitù del mercato»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
La parola d’ordine è
chiara: «Servire il popolo promuovendo il patriottismo e i valori morali del socialismo». I
destinatari del monito pronunciato dal presidente cinese Xi
Jinping questa volta non sono i
soliti quadri del partito, ma gli
artisti. Il leader ha convocato
una bella rappresentanza di
scrittori, poeti, sceneggiatori,
danzatori, pittori e ha detto che
non debbono essere schiavi del
mercato, non debbono cedere
alla tentazione di produrre opere «che puzzano di denaro».
Il discorso è stato ripreso dall’agenzia Xinhua, che in un
commento ispirato lo ha paragonato a uno celebre pronunciato da Mao Zedong nel 1942 a
Yan’an, la mitizzata base del
partito comunista ai tempi del
conflitto con i giapponesi e poi
della guerra civile contro i nazionalisti. In quell’accampamento remoto il padre della rivoluzione aveva osservato che
classe operaia e contadini, non
gli intellettuali, erano il pubblico della produzione artistica.
«Settantadue anni dopo, il segretario generale del partito comunista Xi Jinping si rivolge di
nuovo agli artisti e letterati per
chiedere che le loro opere incarnino i valori fondamentali
del socialismo, mantengano lo
spirito cinese e chiamino a raccolta la forza della Cina», commenta l’agenzia di Stato. Quindi, un altro passo di Xi per avvicinarsi al modello di Mao, imponendo la sottomissione della
cultura all’interesse del popolo,
vale a dire del partito.
Per la verità, l’editoriale della
Xinhua cade subito in una contraddizione, perché accusa il
mondo delle arti cinese di non
essere stato in grado di lanciare
nel mondo quel segnale di potenza che il Paese meriterebbe.
«Paragonate con la notevole
crescita dell’economia e della
potenza dello Stato, le opere letterarie e artistiche cinesi sono
meno impressionanti». L’agenzia cita come esempio virtuoso
la Corea del Sud «Paese vicino,
più piccolo e meno popoloso,
che si è saputo ben presentare
al mondo globalizzato... mentre
non c’è una sola canzone pop cinese che abbia avuto un successo internazionale come Gangnam Style». C’è da dubitare
che Xi Jinping, quando dice che
l’arte deve servire il popolo, abbia in mente proprio il tormentone musicale dell’imbrillanti-
PECHINO
nato sudcoreano Psy.
Xi dice che gli artisti non
debbono perdersi nell’ondata
dell’economia di mercato; la popolarità non dev’essere volgarità; «i lavori artistici debbono essere come raggi di sole che
spuntano dal cielo azzurro, come brezza in primavera che
ispira le menti, riscalda i cuori,
coltiva il buon gusto e pulisce
l’aria dagli stili indesiderati».
Insomma, gli artisti debbono
essere morali e soprattutto de-
Risata
Il dipinto
«Execution» di
Yue Minjun: si
ispira a Goya
(con il pensiero a
Tienanmen) ed è
stato battuto per
4,2 milioni di euro
voti al regime. La Cina è tutt’altro che povera di grandi artisti
contemporanei: basterebbe ricordare Ai Weiwei, che esporta
nel mondo le sue mostre, ma
non può seguirle perché è confinato a casa, visto che contesta
il primato del partito.
Il presidente Xi è tutt’altro
che una persona rozza. Quando
nel 1969 fu mandato in campagna a rieducarsi, durante la Rivoluzione Culturale, quel giovanotto magro, figlio di un rivolu-
zionario maoista incappato in
una purga, si era portato tanti libri nel bagaglio da suscitare
l’interesse dei contadini dello
Shaanxi. Uno che l’aveva aiutato
con le valigie in seguito ricordò
di aver pensato: «Quanto pesano, ci saranno lingotti d’oro».
Altri tempi, ora quel ragazzo è
diventato presidente, segretario
del partito e capo della commissione militare: il nuovo Mao.
Guido Santevecchi
● In un clima
di frequenti
repressioni,
decine di artisti
provarono stili
e ispirazioni
personali, con
grande
attenzione al
mondo
dell’arte
internazionale,
cercando di
evadere dalle
gabbie
ideologiche
imposte dal
regime
● Artisti come
Wang Guangyi,
Xu Bing, Ai
Weiwei, Yue
Minjun
provarono a
combinare il
«pop
americano»
con il «realismo
socialista» con
risultati a volte
paradossali
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L’eterna tentazione
dei regimi
di dettare l’estetica
di Pierluigi Battista
P
er i dittatori (non solo
quelli moderni) non è
una perdita di tempo
occuparsi d’arte, musica e
letteratura. Non sono
raffinati amanti della
cultura, ma pensano che i
loro regimi siano più
stabili se l’arte è
controllata, se il dissenso
dall’estetica ufficiale è
bandito, se gli artisti si
conformano alle direttive
del Partito.
Fu Stalin a decretare la
persecuzione per gli artisti
che non volevano
assoggettarsi agli
imperativi del «realismo
socialista». Fu Hitler a
bruciare le opere
«sovversive» e a voler
rinchiudere in un recinto
infetto l’«arte degenerata»
da cui avrebbe dovuto
purificarsi il Terzo Reich.
Fu Mao a scatenare con la
«Rivoluzione culturale»
un’offensiva contro l’«arte
decadente» e la
«letteratura piccolo
borghese» che costò la vita
a migliaia di poeti,
scrittori, artisti, musicisti.
Oggi incomincia in Cina la
battaglia contro l’estetica
non irreggimentata.
Una fatwa contro l’arte che
non segue i canoni fissati
da un’oligarchia di Partito.
Un inizio di persecuzione
che chiunque non voglia
celebrare con il pennello o
con la scrittura, con il
cinema e con il teatro i
fasti di un regime che
vuole solo panegirici,
sviolinate, consenso,
adulazione per i Capi,
ottimismo di Stato.
L’ombra, il dubbio,
l’incertezza, ma anche il
dolore esistenziale devono
essere messi al bando.
Considerati come un
sabotaggio ai danni
dell’integrità dello Stato,
alla salute pubblica, alla
coesione nazionale.
Malgrado le concessioni
capitalistiche e l’apertura
al mercato, i dirigenti
cinesi restano abbarbicati
a una visione
monopartitica della
società e dello Stato. A
questo punto anche mono
artistica, nel senso che lo
Stato si arroga il compito
di assegnare il titolo di arte
solo alle opere che si
adeguano all’estetica
dominante e a considerare
come «nemici» pubblici
tutti gli artisti che
recalcitrano agli ordini
estetici fissati dal Partito
secondo criteri
indiscutibili.
Nella storia del Novecento
i totalitarismi hanno
sempre propagandato una
visione quadrata, iper
classicistica,
monumentale dell’arte. In
Germania la mostra
dell’«arte degenerata»
venne allestita nello stesso
anno, il 1937, in cui
Kandinskij capì che non
era più possibile dipingere
opere d’arte sotto il tallone
di Stalin che detestava
l’avanguardia, le linee
sinuose, la decadenza, il
«formalismo». Nel
ventunesimo secolo, a
Pechino, la triste
tradizione continua. Con
lo Stato onnipotente,
anche nelle questioni
artistiche.
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
20
Cronache
Il cardinale Kasper
L’incontro
Papa Francesco,
seguito dal
prefetto della
Casa Pontificia
Georg
Gaenswein,
mentre da
Santa Marta si
dirige verso
l’aula Paolo VI
per incontrare
il presidente
della Repubblica
di Corea, Park
Geun-hye.
Bergoglio aveva
già incontrato
Park, la prima
donna a
diventare capo
di Stato della
Corea del Sud,
durante il suo
viaggio dello
scorso agosto
(Ansa)
«Sui divorziati
non dovevamo
dare risposte
definitive»
Le due anime del Sinodo al voto
Bagnasco: no al pensiero unico
Dalle commissioni i testi finali. In San Pietro la beatificazione di Paolo VI
CITTÀ DEL VATICANO «Per me è
impensabile dire a una persona omosessuale che non può
vivere il Vangelo» dice in un
briefing del Sinodo il cardinale
Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca: uno dei sostenitori del rinnovamento chiesto da papa
Francesco. «Il “pensiero unico”
in materia di sessualità è ormai
una dittatura che si vuole imporre dall’Occidente a tutte le
altre parti del mondo» dice in
un’intervista alla Radio Vatica-
na il cardinale Angelo Bagnasco presidente della Cei, la
Conferenza Episcopale Italiana. Due voci che possono essere prese a emblema delle due
anime, una audace e una prudente, che si sono fronteggiate
nell’assemblea.
Il Sinodo ieri era in pausa:
due commissioni preparavano
i testi finali che verranno votati
oggi (un messaggio e una relazione) e domani l’assemblea finirà in Gloria, con la beatificazione, in piazza San Pietro, di
Paolo VI che nel 1965 creò il Sinodo dei vescovi: uno strumento del governo collegiale
della Chiesa che era stato chiesto dal Vaticano II e che ora papa Francesco vuole potenziare.
Quanto al tentativo di diffondere «dai banchi di scuola» la
nuova cultura sessuale ispirata
alla teoria del gender, Bagnasco nell’intervista sui lavori sinodali ha detto che esso costituisce «un’offesa gravissima al
diritto naturale dei genitori di
offrire ai propri figli la visione
COMUNE DI BRINDISI
RIPARTIZIONE AA. GG. - Sezione Appalti
ESTRATTO AVVISO DI GARA
Progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori sulla base del progetto definitivo a base di
gara relativi agli interventi di messa in sicurezza e bonifica della falda del SIN di Brindisi 1° stralcio funzionale - Area Micorosa. Il bando
di gara è stato inviato in data 3/10/2014 alla Gazzetta Ufficiale della U.E. ed è stato pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Gli atti
di gara possono essere ritirati presso la Segreteria
Generale - Ufficio Appalti e sono stati pubblicati
sul sito internet www.comune.brindisi.it. Il termine di presentazione delle offerte è fissato alle
ore 13.00 20/11/2014.
IL DIRIGENTE - Dott. Costantino DEL CITERNA
TRIBUNALE DI AVELLINO
Richiesta di dichiarazione
di morte presunta
Il Tribunale di Avellino con decreto
1315/14 ordina le pubblicazioni per
la richiesta di morte presunta di
NATALINO Sebastiano nato a Cesinali (Av) il 01.03.1951 con ultima
residenza in Cesinali in via Roma
57, scomparso dal 21.10.2001 con
l’invito previsto dall’art. 727 c.p.c..
Avellino, lì 15 ottobre 2014
Avv. Roberto Vetrone
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Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
George’s Court Townsend Street
Dublin 2 - Ireland
Distribuzione dei Proventi relativi a diciotto classi di quote
del Fondo comune di investimento Fonditalia
Fideuram Asset Management (Ireland) Limited, sulla base del risultato
netto al 30/09/2014, ha deliberato la distribuzione dei Proventi, secondo
quanto indicato nell’art. 18 del Regolamento di Gestione del Fondo, a favore dei partecipanti delle classi di quote di seguito indicate:
• Fonditalia Euro Bond Long Term S: 0,06 Euro
• Fonditalia Bond US Plus S: 0,05 Euro
• Fonditalia Euro Bond S: 0,04 Euro
• Fonditalia Euro Corporate Bond S: 0,05 Euro
• Fonditalia Euro Bond Defensive S: 0,01 Euro
• Fonditalia Bond Global High Yield S: 0,17 Euro
• Fonditalia Equity Global High Dividend S: 0,08 Euro
• Fonditalia Bond Global Emerging Markets S: 0,10 Euro
• Fonditalia Flexible Bond S: 0,04 Euro
• Fonditalia Global Income S: 0,04 Euro
• Fonditalia Flexible Strategy S: 0,06 Euro
• Fonditalia Euro Yield Plus S: 0,02 Euro
• Fonditalia Core Bond S: 0,05 Euro
• Fonditalia Global Bond S: 0,05 Euro
• Fonditalia Global Convertibles S: 0,05 Euro
• Fonditalia Emerging Markets Local Currency Bond S: 0,09 Euro
• Fonditalia Diversified Real Asset S: 0,06 Euro
• Fonditalia Bond High Yield Short Duration S: 0,10 Euro
Il Provento sarà distribuito, al netto della ritenuta d’imposta, per ogni quota
in circolazione alla data del 15/10/2014.
A partire dal valore netto d’inventario calcolato con riferimento al
16/10/2014 la quotazione delle diciotto classi di quote indicate terrà conto
dello stacco della cedola.
Tale provento sarà posto in pagamento a partire dal 23/10/2014.
AUTORITA’ PORTUALE DI CATANIA
Segreteria Tecnico-Operativa - Ufficio Gare e Contratti
Avviso di gara a procedura aperta (C.I.G. 5622232C9B)
L’Autorità Portuale di Catania indice gara a procedura aperta per l’affidamento del servizio
di pulizia, spazzatura e innaffiatura, giornaliera e settimanale, di tutte le banchine, dei
piazzali e delle calate portuali, ivi incluso l’estirpazione di erbacce, nonché degli specchi
acquei antistanti il molo Foraneo, lo Sporgente centrale, di ponente e di levante, la Capitaneria di Porto, la banchina F.sco Crispi, il Porto Peschereccio ed il Molo di Mezzogiorno
- Periodo: mesi 14. Importo del progetto: € 362.000,00 dei quali € 282.721,93 a base
d’asta soggetti a ribasso ed € 5.654,44 quali oneri di sicurezza non soggetti a ribasso,
€ 58.484,21 quali oneri di accesso a discarica non soggetti a ribasso. Tale gara avrà luogo
a termini dell’art. 54, comma 2 (parte prima), e dell’art. 82, comma 1 e 2, del D.Lgs.
n. 163/06 e s.m.i con aggiudicazione al concorrente che avrà offerto il maggior ribasso
sull’importo complessivo posto a base di gara. Le condizioni di partecipazione, ammissibilità ed aggiudicazione nonché tutte le prescrizioni di carattere tecnico-esecutivo sono
contenute negli atti progettuali e nel bando integrale di gara, che saranno pubblicati
sul sito istituzionale di questa Autorità Portuale all’indirizzo www.porto.catania.it.
Il suddetto bando è stato già pubblicato sul sito della GUCE in data 04.10.2014.
Il Dirigente dell’U.O. - Dott. Davide ROMANO
culturale e valoriale in cui loro
credono, ritenendola la migliore per sé e per i propri figli».
Per Bagnasco «questi tentativi
di immettere nelle scuole, in
modo quasi nascosto, questo
tipo di visione che nasce dal
genere, sotto la scusa di fare
educazione affettiva o educazione sessuale, è un grave errore e non soltanto: è una grave
violenza autoritaria rispetto ai
genitori».
Il presidente della Cei ha dato infine ai genitori cattolici
un’indicazione su come far valere i propri diritti: «Devono essere non solamente informati
su un progetto o su un’intenzione delle autorità dello Stato
o scolastiche, ma devono dare
l’autorizzazione esplicita perché queste cose vengano rappresentate ai propri figli».
Il cardinale Reinhard Marx,
trattando del «cammino di cre-
Il cardinale Marx
«Per me è impensabile
dire a una persona
omosessuale che non
può vivere il Vangelo»
scita» personale nell’adesione
alla fede cristiana, al quale «sono chiamati anche gli omosessuali», ha invitato a guardare ai
singoli casi: «Facciamo l’esempio di due omosessuali che vivono insieme da 35 anni, che si
occupano l’uno dell’altro, che
si assistono a vicenda, come
Chiesa che possiamo dire? Non
dobbiamo occuparcene?». Diverso sarebbe il caso — ha detto ancora — «di una persona
omosessuale che cambia partner tutti i giorni». Per il cardinale tedesco «non è tutto bianco o tutto nero» e «si tratta di
accompagnare le persone comprendendo la situazione in cui
si trovano». Dal Sinodo — ha
detto ancora — «il Papa aspetta dei cambiamenti, anche se
non della dottrina: aspetta degli impulsi». In risposta a quella richiesta «il dibattito nell’assemblea è stato animato e questo è molto positivo».
Luigi Accattoli
www.luigiaccattoli.it
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La relatio
● I Padri
sinodali (42
dall’Africa, 38
dall’America,
29 dall’Asia, 78
dall’Europa e 4
dall’Oceania)
voteranno oggi
sulla singole
parti della
«relatio
Synodi»
con il voto
elettronico
come accade
nei Parlamenti
● La relazione
finale,
di norma,
viene stesa dal
relatore (che
è il cardinale
Péter Erdö),
dal segretario
generale
del Sinodo
(Lorenzo
Baldisseri),
e dal segretario
aggiunto,
(Bruno Forte)
● Francesco
ha aggiunto
sei nomi:
i cardinali
Gianfranco
Ravasi e
Donald Würl,
i monsignori
Victor Manuel
Fernandez,
Carlos Aguiar
Retes e Peter
Kang e padre
Nicolas
Pachon,
superiore
generale
dei Gesuiti
CITTÀ DEL VATICANO «Ho l’impressione che noi padri sinodali raggiungeremo una buona maggioranza con un testo aperto, ma non decisivo. Del
resto, se si arriverà a riconoscere il problema,
avremo già fatto un grande passo avanti. Non mi
sono mai aspettato una risposta definitiva, non
era il compito del Sinodo straordinario. Abbiamo un anno di tempo fino al Sinodo ordinario,
non si può fare tutto in fretta...». Il cardinale
Walter Kasper ha l’aria serena e non vuole tornare sulle polemiche che lo hanno visto come bersaglio alla vigilia dei lavori. Francesco aveva
chiesto al grande teologo tedesco di preparare la
relazione introduttiva, a febbraio. Le aperture, a
cominciare dai divorziati e risposati. Le contestazioni. «Ma io ho solo ho posto delle domande. Ora parlino altri».
Pareva fosse un tabù, eminenza. Sembra
che ora non sia più così, no?
«Si può dire che la questione non è chiusa, la
dobbiamo studiare assieme, bisogna riflettere.
Io ho fatto delle domande, a febbraio. Poi al Sinodo sono arrivati i pastori, ho avuto l’impressione che tanti conoscessero per esperienza il
problema. Si vede che non era un problema mio
ma una questione reale che richiede una risposta differenziata».
A cominciare dalla «pratica penitenziale»?
«Pochi hanno notato che
io non parlavo direttamente
di ammissione dei divorziati
e risposati alla comunione,
ma di ammissione all’assoluzione, anzitutto».
In che senso?
«Nel senso che per la disciplina attuale queste perTeologo
sone possono confessarsi
Il cardinale
ma non ricevere l’assoluzioWalter Kasper,
ne! Chi abortisce sì, i divor81 anni, è autore,
ziati e risposati no. Io parlo
tra gli altri,
di pentimento. Una persona
del saggio
si pente e poi cerca di fare il
«Fede e storia»
bene che le è possibile nella
sua nuova situazione».
Il cardinale Coccopalmerio faceva l’esempio di una donna che sposa un divorziato con
figli e li cresce, fa loro da madre. Per la Chiesa
si dovrebbero lasciare?
«Ecco, appunto: sarebbe una nuova colpa. La
mia domanda è: si può rifiutare l’assoluzione?
Queste cose accadono. Capitano spesso, purtroppo. E per la Chiesa, tra l’altro, è un problema
serio, ne va della prossima generazione».
E perché?
«Io vengo da una regione della Germania tradizionalmente cattolica. Un parroco mi ha detto:
ho fatto un raduno di ragazzi, la metà dei loro
genitori non ha un matrimonio canonicamente
valido. Se i genitori non vanno ai sacramenti,
non andranno neanche i figli».
Lei parlava non di una «seconda nave» dopo
il naufragio del matrimonio, ma di una «tavola di salvezza». Che significa?
«È un’espressione dei Padri della Chiesa. Non
ho mai messo in dubbio, in nessun modo, l’indissolubilità del matrimonio. La via possibile,
attraverso il sacramento della penitenza, non sarebbe una soluzione generale».
Alcuni temono che l’accoglienza di situazioni difficili implichi un riconoscimento.
«Ma questo si può spiegare, non è così. Bisogna evitare il peggio. Accogliere una persona come il padre misericordioso del Vangelo non vuol
dire che si riconosca il suo comportamento».
Vale anche per gli omosessuali?
«Certo, la Chiesa accoglie tutti. Ma io non
punterei troppo su questo tema ora. Crea reazioni emotive e in questo contesto non è centrale.
Non si deve discriminare, non possiamo giudicare, bisogna avere rispetto. Ma non bisogna neanche equiparare. Il nostro tema in questo Sinodo è la famiglia, il matrimonio, le difficoltà».
Che succederà, ora?
«Tutto questo deve essere elaborato perché
non ci siano fraintendimenti. Non sarebbe responsabile decidere in due settimane. L’importante è una certa apertura ai problemi. Come pastori, dobbiamo riflettere. E prendere sul serio il
pianto di tante persone».
Gian Guido Vecchi
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Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
Il retroscena
di Massimo Franco
IL DIBATTITO IMPREVISTO
Francesco preoccupato
per i malumori dei prelati
SEGUE DALLA PRIMA
Le resistenze affiorate in sette delle dieci commissioni (i
cosiddetti «Circoli minori»)
contro le tesi aperturiste propugnate dal cardinale tedesco
Walter Kasper, sono state un
segnale esplicito. Hanno confermato quanto sia complessa
e diversificata la realtà della
Chiesa in materia di famiglia; e
come i tentativi di piegarne gli
indirizzi debbano fare i conti
con episcopati refrattari a salti
e a dosi di novità troppo massicce. Si è rivelata riduttiva e
dunque inadeguata la stessa
divisione tra «vecchio» e «nuovo». Il tentativo del cardinale
Lorenzo Baldisseri, scelto da
Francesco come segretario del
Sinodo, di evitare che le relazioni dei «Circoli» fossero rese
pubbliche, ha fatto emergere
per paradosso ancora di più i
malumori.
Malumori trasversali anche
geograficamente. Di fronte ad
un Pontefice silenzioso, come
da prassi, è stato il suo «ministro dell’Economia», l’australiano George Pell, un solido
conservatore, il capofila di chi
ha ottenuto una scelta di «chiarezza». E dietro di lui si sono
CRONACHE
191
I padri
sinodali
che si sono
confrontati
nelle ultime
due settimane
sul tema
della famiglia
zatura inverosimile, ma è l’interpretazione che l’episcopato
ostile alle riforme del Papa tenta di accreditare. In realtà, la
decisione di rendere il dibattito trasparente riflette la sua volontà e il suo approccio.
E la discussione animata, a
tratti aspra, sembra la traduzione di quella volontà di scuotere la Chiesa cattolica e sottrarla all’autoreferenzialità, tipica del Pontefice argentino. Il
problema è che il dibattito ha
preso una piega imprevista e
probabilmente non voluta. Il
metodo col quale si sono sus-
seguiti gli interventi si è rivelato difficilmente governabile. E
la strategia comunicativa si è
dimostrata non esente da pecche. A tratti ha prevalso una
sensazione di confusione. I riflettori accesi ossessivamente
sui divorziati o sulle unioni civili hanno finito per schiacciare l’attenzione solo su quei temi; e riprodotto una visione
molto eurocentrica dell’universo familiare, mettendo in ombra altre questioni sentite acutamente in Africa, Asia o negli
Stati Uniti.
L’irritazione per come si so-
38
Gli uditori
tra i quali
molte coppie
di sposi,
che al Sinodo
avevano diritto
di parola ma
non di voto
no svolti i lavori non è stata solo di cardinali freddi verso
Francesco come Burke. Lo stesso arcivescovo di New York, Timothy Dolan, uno dei grandi
elettori di Bergoglio in Conclave, non avrebbe gradito le proposte di Kasper né il modo in
cui sono state presentate. Il
motivo è che da domani i prelati presenti dovranno tornare
nelle loro diocesi; e spiegare ai
fedeli quanto è accaduto realmente, e perché. Per un episcopato come quello statunitense,
impegnato per anni ad affermare la difesa dei «valori non
21
negoziabili», l’impostazione
che è parsa prevalere prima che
spuntassero i critici, crea qualche imbarazzo: un disagio che
serpeggia anche tra alcuni italiani e polacchi. Il rischio è che
si accentui la vulgata di un Papa riformatore e di una Chiesa
resistente; e dunque di un Pontificato che non riesce a «convertire» i propri vescovi.
Il risultato sarebbe quello di
far passare la tesi che in realtà
nulla stia davvero cambiando;
e di deludere sia chi si aspettava novità nette, sia chi difende
rocciosamente la dottrina. La
previsione degli uomini più vicini al Papa è che alla fine si registrerà un consenso quasi
unanime nei confronti di Bergoglio; e che si capirà meglio
quanto dietro le discussioni ci
sia la sua regia, con la scelta di
lasciare parlare tutti liberamente e avere un quadro il più
possibile fedele delle correnti
di pensiero e degli umori. Certo, non si può dire che si sia
trattato di un Sinodo banale o
scontato. Si è rivelato davvero
«straordinario» al di là di ogni
previsione. Ma la sensazione è
che sia anche sfuggito un po’ di
mano, evidenziando i problemi di governo del Vaticano e la
difficoltà di Francesco a trovare
sempre le persone giuste.
Il Sinodo è stato la prima
«vetrina» collettiva del secondo anno di Papato: quella dove
è stata esposta e misurata la
profondità delle riforme di
Bergoglio. Il risultato potrebbe
definirsi un altro dei «poliedri» cari al Pontefice: figure geometriche diseguali, nelle quali le diversità si saldano in una
unità superiore, e anzi contribuiscono a crearla. Le diversità
nel Sinodo sono chiare, l’unità
sta ancora prendendo forma.
Gli interventi
La discussione ha
preso una piega non
voluta: troppa enfasi su
divorzi e unioni civili
Il rischio
Cresce la vulgata di un
Pontefice riformatore e
di una Chiesa che gli
resiste
schierati apertamente il sudafricano Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban; l’americano Raymond Burke, i patriarchi
siriano Gregorio III Laham e di
Gerusalemme, Fouad Twal, il
francese Andrè Vingt-Trois, arcivescovo di Parinìgi, l’italiano
Rino Fisichella, il britannico
Vincent Nichols, arcivescovo di
Westminster. E il relatore del
Sinodo, il cardinale Péter Erdö,
primate d’Ungheria. Alla fine,
per sbloccare la situazione è
dovuto intervenire il segretario
di Stato vaticano, Piero Parolin,
attento a mediare e a spiegare
che le sintesi delle relazioni dei
«Circoli» andavano pubblicate.
Il suo intervento ha stemperato la tensione che si era accumulata. Solo in parte, però. A
questo punto, il problema non
è archiviato. Anzi, sembra destinato a proiettarsi sui prossimi mesi, che precederanno il
Sinodo vero e proprio. E rischia
di alimentare la fronda nei
confronti di un Pontefice determinato ad incidere a fondo
nella mentalità e nel modo di
agire della Chiesa. Il fatto che
Kasper abbia presentato le sue
proposte come se provenissero
direttamente da Francesco ha
finito per sovraesporre Bergoglio.
E permette agli avversari di
sostenere strumentalmente
che la battuta d’arresto registratasi nel Sinodo sarebbe anche una sconfitta papale: come
se la sconfessione della «linea
Kasper» potesse essere ritenuta un atto di sfiducia verso
Francesco, messo simbolicamente in minoranza. È una for-
Francesco è un Papa che dimostra grande abilità nel cambiare i paradigmi del potere vaticano, gode di immensa popolarità; e insieme mostra qualc h e l i m i te s u l p i a n o d e l
governo. Forse perché viene da
un’America latina dove «la
Chiesa è in un certo senso imprecisa, costruisce se stessa
nell’esperienza, non si vede solo custode della tradizione»,
sottolinea un gesuita. Già adesso, sotto voce, affiorano critiche per il «modello Buenos Aires» che ha portato a Roma:
una miscela di religiosità popolare e insofferenza per i riti
della corte pontificia.
Non solo. Il mandato ricevuto dal Conclave è quello di disarticolare le strutture vaticane
che hanno contribuito di più,
nell’ottica degli episcopati
mondiali, a rovinare l’immagine della Chiesa. Ma nel Sinodo
è affiorata una critica più sottile, sussurrata da tempo: quella
di consentire ad un’ala del cattolicesimo un’interpretazione
troppo «liberale» della dottrina. È stato il timore di allargare
falle dottrinali a provocare la
sollevazione contro le aperture
a divorziati risposati e omosessuali. Sono temi che l’Occidente concentrato sui diritti individuali sente molto; altri episcopati molto meno, presi come
sono da sfide più drammatiche. Bergoglio sa di dover conciliare questi valori con l’eredità europea ed italiana. Ma ha
bisogno di tempo e teme di
non averne abbastanza per non
lasciare le cose a metà.
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
CRONACHE
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Incidente in Laguna, il caso della sicurezza
A Venezia un vaporetto «infilzato» dalle bricole che erano su una chiatta: sette passeggeri feriti
L’ipotesi di un guasto al motore. Polemica sulla manutenzione, l’azienda aveva denunciato sabotaggi
io
el
Rio daga
Malp
de
S. V
Venezia
Rio
● Lo scorso 4
agosto,
durante
l’approdo a
San Zaccaria,
nuovo scontro
tra vaporetto e
gondola. Solo
danni, nessun
ferito
L’impatto
A sinistra, le
bricole che
hanno sfondato
la cabina dei
passeggeri. In
basso, lo scontro
tra la chiatta e il
vaporetto nel
Canale della
Giudecca a
Venezia (foto
Ansa e Vigili del
fuoco)
Il luogo
dell’incidente
GIUDECCA
m 100
Rio d
el
LungPonte
o
● Il 17 agosto
del 2013, poco
prima di
mezzogiorno,
vicino al Ponte
di Rialto, un
vaporetto urta
una gondola
con a bordo
una famiglia
tedesca. Lo
scontro
provoca la
morte del
turista Joachin
Vogel.
L’inchiesta si è
chiusa lo
scorso luglio:
rinviati a
giudizio i piloti
dei vaporetti
coinvolti, un
tassista e un
secondo
gondoliere
La cattiva notizia è che ci sono sette feriti. Quella buona è
che poteva andare peggio, molto peggio. Nessuno dei feriti è
in gravi condizioni ma le immagini post incidente girate
dai vigili del fuoco spiegano
molto più delle parole i momenti drammatici vissuti a
bordo del vaporetto che ieri
pomeriggio si è scontrato contro una chiatta ferma nel canale della Giudecca, a Venezia.
Una bricola, cioè un palo da
ormeggio lungo una decina di
metri e dal diametro di 40 centimetri, ha praticamente «infilzato» il vaporetto dopo che
l’impatto lo ha fatto sganciare
dalla gru della chiatta. L’oscillazione ha creato l’effetto ariete
lanciando la bricola verso la
poppa del vaporetto e frantumando vetrate per finire con la
punta conficcata sull’ultimo
seggiolino della cabina, per
fortuna non occupato. Un incidente che stando ai primi accertamenti tecnici (la capitaneria di porto ha aperto un’inchiesta) sarebbe stato causato
da un problema meccanico all’invertitore di marcia del vaporetto e che non ha avuto conseguenze peggiori grazie alla
prontezza di tutti i passeggeri
(una trentina). Hanno avuto il
tempo di capire quello che stava accadendo e di mettersi il
più possibile al riparo.
Fin qui la cronaca. Ma l’incidente è destinato a riaprire
fronti di una polemica che dura da mesi e che ha avuto il suo
apice quando, in primavera,
SanRio di
Biag
io
In passato
l’Actv, l’Azienda veneziana che
si occupa dei trasporti, ha presentato in primavera in procura per possibili sabotaggi. Problemi continui e concentrati
nel tempo ai vaporetti, avevano
convinto i vertici aziendali che
non poteva trattarsi di coincidenze o di scarsa manutenzione, quindi ci doveva essere dell’altro. Ma i sindacati erano pariti all’attacco: «Solo una scusa,
il problema è la carenza di manutenzione» ha detto da allora
Premio
A Grasso
il Naim Frashëri
Sebastiano Grasso ha vinto la
XVIII edizione del «Premio
Naim Frashëri» per il suo libro
Ti, në grackë nën qepalla («Tu,
in agguato sotto le palpebre»),
tradotto in albanese.
159
i mezzi della
flotta Actv,
l’azienda
dei trasporti
di Venezia
più volte il segretario della FiltCgil Valter Novembrini.
Ed è proprio sulla manutenzione che si riapre lo scontro.
Marino Deterlizi, segretario regionale della Fit-Cisl, riassume
quello che non funziona: «I 26
punti per la sicurezza della navigazione non sono mai stati
applicati, i mezzi sono vecchi, i
tempi di navigazione troppo
stretti, le manutenzioni insufficienti».
Giovanni Seno, amministratore delegato di Actv, parla di
«sistema del trasporto pubblico che ha goduto per anni dei
finanziamenti regionali per il
rinnovo del parco mezzi», dice
che però «adesso di soldi non
ne arrivano più perché abbiamo 27 milioni in meno di contributi rispetto al 2010» e giura
che nonostante questo «la manutenzione c’è e funziona». E
anche il vaporetto di quest’incidente, assicura, aveva passato
tutti i controlli tecnici l’8 di
agosto.
Giusi Fasano
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
CRONACHE
«Incontrai Bossetti
Chiese se era bella
la mia sorellina»
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L’allenamento in Svizzera
La testimone: faceva il cascamorto, lo respinsi
Il luogo
● Yara
Gambirasio è
scomparsa il
26 novembre
2010 a
Brembate
Sopra, in
provincia di
Bergamo
● Il suo corpo è
stato trovato
pochi
chilometri più
in là, in un
campo a
Chignolo
d’Isola (nella
foto i fiori sul
luogo del
ritrovamento)
BERGAMO Quando la sera del 16
giugno ha visto al telegiornale
le immagini del presunto assassino di Yara Gambirasio, ha
avuto un colpo. Quell’uomo lei
lo aveva incontrato giusto un
mese prima, il 16 maggio alle
18.30 a Chignolo d’Isola. Lui,
Massimo Bossetti le aveva proposto come luogo del rendez
-vous il cimitero del paese. «Un
luogo meno lugubre non ce
l’ha?», aveva risposto lei, rifiutandosi seccamente e proponendogli come alternativa.
Lei è una donna di 40 anni
(niente nomi per ragioni di riservatezza) ed è entrata nelle
indagini da quando è stata sentita 15 giorni fa dalla procura di
Bergamo in veste di testimone:
all’inizio dell’estate da Merate
(Lecco) ha traslocato in provincia di Bergamo dove oggi lavo-
ra come impiegata; all’epoca,
era alla ricerca di uno specchio
per la nuova casa. Trova l’oggetto su un sito di e-commerce,
prezzo 60 euro, e chiama l’offerente via whatsapp.
L’interlocutore è Bossetti ed
è il 15 maggio. Bossetti le spiega che l’indomani sarebbe stato a Mantova per lavoro e che
sarebbe rientrato a Mapello solo nel tardo pomeriggio.
Vada per le 18.30. Dove? «Ci
vediamo al cimitero di Chignolo», le propone lui. «Mi sono
rifiutata. Ma com’è che una
persona che non conosci ti
chiede di incontrarsi di sera in
un posto del genere? Gli ho
detto: “ci si vede davanti alla
Flag”».Nello spiazzo davanti all’azienda che produce materie
plastiche a Chignolo, Bossetti
si presenta in perfetto orario
«guidando il furgone e vestito
con un paio di jeans e una camicia a quadri». Ha con sé lo
specchio. «Mi piaceva e abbiamo concluso per 35 euro».
Bossetti, nel corso dell’incontro durato 15 minuti, le fa intendere di stare per chiudere
un’attività ed avviarne un’altra.
«Ad un certo punto mi chiede:
ma tu lavori? Io avrei giusto bisogno di un’impiegata che mi
segua ovunque». Ovunque? «Sì
anche a me ha impressionato
L’alpinista acrobata
in bilico tra le vette
Guillaume Roland sfida le Alpi svizzere durante l’Highline Meeting sulla
montagna Moleson, vicino a Friburgo. L’alpinista (nella foto Bott/Epa), a
duemila metri di quota, ha cercato di restare in piedi su una fune.
L’attività di Roland — assicurata grazie a una corda — è uno dei modi di
allenarsi degli scalatori per migliorare il proprio equilibrio, elemento
fondamentale mentre si cerca di raggiungere una cima.
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123
I giorni
trascorsi in
carcere da
Bossetti,
arrestato il 16
giugno scorso
18
Mila I campioni
genetici raccolti
per individuare
l’identità del
killer di Yara
Gambirasio
questa cosa: cosa significa
ovunque?».
Bossetti, però, non demorde. «Mi chiede: ma una sorella
non ce l’hai? Sì, più piccola di
me. E lui di rimando: ma è bella
come te? Ho tagliato corto: è
mia sorella». Morale: «Mi è
sembrato il classico cascamorto, ma tutto sommato una persona normale. Non mi sono
scandalizzata più di tanto, sono una bella donna e a certe cose sono abituata». L’immagine
più aderente del Bossetti che
ha visto quella sera corrisponde a quella che è girata, fin dai
primi momenti del fermo:
«Grandi occhi azzurri, i capelli
e la barba di un biondo molto
Pinerolo
Sodomizzato
in palestra, grave
Sono gravi le condizioni di un
15enne di Pinerolo (Torino),
operato d’urgenza all’intestino
retto lesionato in palestra da
un attrezzo sportivo. Si
sarebbe trattato dello scherzo
di un amico. I ragazzi stavano
eseguendo flessioni sulle
gambe e uno dei due ha
posizionato l’attrezzo sportivo
simile a un bastone sotto
l’altro. © RIPRODUZIONE RISERVATA
curato e l’abbronzatura. O meglio il volto rosso di chi resta
con la tonalità aragosta».
Il suo contatto telefonico è
rimasto nel telefonino di Bossetti e l’acquirente dello specchio è entrata nell’inchiesta come testimone.
«Se non ti piace lo specchio
ti ridò i soldi, mi ha detto Bossetti congedandosi, ci risentiamo. Non l’ho più sentito e l’ho
rivisto un mese dopo in tivù.
Non ci ho dormito per dieci
giorni. Lo specchio quello c’è
ancora, ma con una cornice
nuova. Me l’aveva spacciata per
legno invece, era di plastica».
Donatella Tiraboschi
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
CRONACHE
27
S
arà Matera la Capitale
europea della cultura
2019. Il nome prescelto
tra le sei finaliste (Matera
e poi Ravenna, Cagliari, Lecce,
Perugia e Siena) lo ha annunciato ieri il ministro Dario
Franceschini nella sala del
Consiglio superiore dei Beni
culturali al Collegio Romano.
Franceschini aveva accanto Steve Green, presidente della giuria di tredici esperti tra italiani
(sei) ed europei (sette). La votazione non è stata unanime, anzi. Matera ha ricevuto sette voti:
la discussione è stata vivacissima e incerta fino all’ultimo.
Ha vinto la città amata da
Adriano Olivetti, Pier Paolo Pasolini e Mel Gibson, solo per citare alcuni tra gli intellettuali
che ne hanno subito il fascino.
L’annuncio della designazione
ha fatto esplodere la festa nella
centralissima piazza San Giovanni nel pieno cuore storico.
Entusiasta il sindaco Salvatore
Adduce: «Sono cinque anni
che lavoriamo a progetti straordinari. Noi siamo il malleolo
dello Stivale, generalmente ritenuto una zona poco ospitale.
Abbiamo sconfitto questa diceria. Ora possiamo essere un
esempio per il Sud, per l’Italia e
un’offerta per l’Europa».
Matera è la prima Capitale
europea della cultura italiana
del Sud, dopo Firenze (1986) e
Genova (2004). Franceschini
ha assicurato che lo sforzo creativo delle altre città non verrà
disperso: «La cosa più importante della sfida vinta da Matera è la straordinaria capacità
progettuale d’insieme che hanno messo in campo le sei città
finaliste. Il presidente della
Commissione ha affermato che
nessun’altra competizione è
mai stata di questo livello qualitativo. Il programma Europa
2019 prevede di sostenere la realizzazione del lavoro progettuale anche delle città che non
hanno vinto». Il ministro ha
poi annunciato che, a partire
dal 2015, l’Italia ogni anno sceglierà una propria capitale della Cultura.
Ieri pomeriggio, nella sala
del ministero, molte lacrime.
Per esempio quelle del gruppo
I punti forti
1
I Sassi
Case in parte scavate nella roccia,
sono il centro storico e dal ‘93
sono diventati patrimonio
dell’Unesco (foto Fracchia)
2
I film
Qui sono stati girati diversi film: da
«Il Vangelo secondo Matteo» (foto
sopra) di Pier Paolo Pasolini a «La
passione di Cristo» di Mel Gibson
3
Il cibo
Il pane di Matera è uno dei prodotti
tipici: impastato con farina di
semola di grano duro e cotto al
forno, ha la forma di un cornetto
Matera
Capitale
di Lecce 2019, incluso il direttore artistico Airan Berg, regista
teatrale e animatore culturale
internazionale, visibilmente
commosso e insieme abbastanza spaesato poiché non
parla la lingua italiana.
Il sindaco di Siena, Bruno Valentini, ha analizzato la sconfitta della sua città con una lieve
ma chiara sottolineatura polemica: «Una città del Sud non
I Sassi, i film, la storia
Sarà la città europea
della Cultura 2019
La delusione di Siena:
pesa la geopolitica
aveva mai vinto e non so se sul
risultato finale possano aver
pesato i criteri geopolitici».
Più positivo il commento del
sindaco di Perugia, Andrea Romizi: «Continueremo nel nostro progetto che è non solo riqualificare il centro urbano ma
anche noi stessi, confermando
la volontà di far uscire la città e
il territorio da una certa marginalità rispetto a una società
sempre più veloce». Fabrizio
Matteucci, sindaco di Ravenna:
«Siamo sereni perché c’è stato
l’apprezzamento della giuria.
Ora lavoriamo insieme perché
quello che abbiamo costruito
non vada disperso».
Paolo Conti
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La nomina
● In gara
c’erano sei città
italiane: Matera
(sopra, foto
Fracchia),
Ravenna,
Cagliari, Lecce,
Perugia e Siena
● Il commento
La rivincita
dei luoghi
dove Cristo
si era fermato
● Matera
(a destra lo
stemma della
città) ha vinto
con 7 voti su un
totale di 13
di Giovanni Russo
H
o sempre
considerato la terra
di Lucania la mia
terra: in Lucania sono
approdato bambino, ho
frequentato le scuole, ho
coltivato amicizie che mai
si sono interrotte. Sono
nato nel 1925, quando già il
fascismo aveva preso il
potere, eppure è stato
proprio in Lucania che ho
appreso dai miei maestri il
valore del rispetto, della
libertà, della democrazia.
Tant’è che nel 1943 con
alcuni amici fondammo il
Partito d’azione Lucano.
Mio mentore e amico fu
Carlo Levi, e fu proprio in
seguito ad uno dei miei
primi articoli dedicati a
«Cristo si è fermato a
Eboli» che ebbe inizio la
mia attività di giornalista.
Allora, negli anni quaranta,
non era un’eresia affermare
che Cristo si fosse fermato
ai confini della Basilicata.
La regione era poverissima,
l’analfabetismo endemico,
a Matera, nei sassi, uomini
e bestie convivevano in un
unico spazio, privo di
servizi igienici, di luce
elettrica, di acqua corrente.
Quando ho appreso che
Matera era stata designata
capitale europea della
cultura 2019, battendo le
altre cinque candidate
italiane, i ricordi di quegli
anni ormai lontani sono
riaffiorati e mi ha colto una
sorta di commozione e di
orgoglio, quasi avessi vinto
anch’io quel
riconoscimento. E ho
pensato che se quella città
dimenticata da Dio in
cinquant’anni era riuscita
ad imporsi per il suo valore
di simbolo della cultura,
allora forse potrà farcela
anche il nostro Paese.
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28
Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
●
Diplomazia Le sanzioni erano importanti per far capire
a Teheran che rinunciare a una capacità nucleare militare
era la premessa per uscire dall’isolamento. Ma è giunto
il momento di trattare, anche per motivi economici
ANALISI
& COMMENTI
● Il corsivo del giorno
Il censimento dei crocifissi
dell’Università di Firenze
Non si applichi alla religione
l’idea di «modica quantità»
L
a disputa sulla presenza dei crocifissi
nei luoghi pubblici può forse sembrare
banale, ma è in realtà delicata, poiché
investe valori fondamentali come la
libertà di coscienza e la laicità dello Stato.
Questioni di principio, su cui le mezze vie
portano fuori strada. Appare perciò molto
bizzarra la decisione assunta dal rettore
dell’Università di Firenze, Alberto Tesi, di
fronte alla richiesta di rimuovere i crocifissi
dalle aule, avanzata dagli studenti dei
collettivi di sinistra. Forse nel timore di
determinare una spaccatura nel Senato
accademico, il massimo rappresentante
dell’ateneo fiorentino ha avviato «un
censimento che attesti la percentuale di
presenza» dei simboli religiosi nei locali
universitari, per accertare la «rilevanza del
fenomeno» e il «livello dell’impatto». Dati
statistici assai poco significativi, poiché non
si può certo immaginare una soglia
aritmetica di tollerabilità, magari da
misurare in proporzione al numero degli
studenti. Karl Marx scrisse che la religione è
«l’oppio dei popoli», ma sarebbe surreale
estendere ai crocifissi il concetto di «modica
quantità» adottato a suo tempo per il
possesso di sostanze stupefacenti. Il fatto è
che, mentre nel caso delle scuole elementari
e medie esistono norme assai discusse,
risalenti al 1924 e al 1928, che dispongono la
presenza obbligatoria del crocifisso nelle
aule, non vi è nulla di simile che riguardi gli
atenei. E quindi tocca alle autorità
accademiche prendere posizione. Si tratta di
stabilire se siamo di fronte a un residuo del
confessionalismo sancito dallo Statuto
albertino, che assegnava il rango di religione
di Stato al cattolicesimo romano (i cristiani
evangelici sono tra i più convinti avversari
del crocifisso nei luoghi pubblici), oppure se
quel simbolo trascende la sua dimensione
religiosa, come ha sostenuto nel 2006 il
Consiglio di Stato, e richiama anche «valori
di tolleranza, di reciproco rispetto, di
valorizzazione della persona» e così via. Il
resto sono solo espedienti per svicolare.
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il momento di pensare alla carota nei confronti dell’Iran,
dopo anni di bastone? Dai
cantieri abbandonati nel cuore delle città all’autarchia
commerciale forzata, al divieto di importazione per le tecnologie avanzate, il peso delle
sanzioni si fa sentire. La retorica, gli slogan, i comportamenti pubblici di un sistema
teocratico chiuso evocano un
Islam occhiuto, austero prima
ancora che intollerante. L’Occidente rimane l’avversario
principale: forse non più tanto
Satana, ma comunque nemico
da tenere lontano per evitare il
pericolo di contagio.
E tuttavia, del contagio non
mancano i segnali. Man mano
che ci si avvicina a Teheran il
velo obbligatorio sul capo delle donne tende a scivolare liberando lunghe ciocche di capelli, il nero cede il passo a colori più squillanti. La nuova
classe media affolla autostrade e centri commerciali nei
weekend. Nelle case dei ricchi
dietro il rigore esterno si scopre un’ansia di liberazione che
nei giovani tende a travalicare
nell’eccesso.
Le aperture di Rouhani sono importanti, ma il controllo
è saldamente nelle mani di
Khamenei e il rapporto di forze con la Guida Suprema rimane impari. Non è chiaro se
la stabilità interna, su cui i
mullah ostentano sicurezza,
sia effettiva o se covino nuovi
fuochi: svanite le speranze
create dalla protesta popolare
del 2009, il Paese sembra acconciarsi a convivere con un
regime dal quale cerca di ritagliarsi margini di autonomia.
CHIARA DATTOLA
È
di Antonio Carioti
UN’APERTURA ALL’IRAN
FARÀ BENE ANCHE A NOI
di Antonio Armellini
Sarebbe un errore concludere
da tutto ciò che l’Iran sia pronto a farsi Occidente: la società
resta convintamente islamica
e le moschee sono a un tempo
centri di fede e di comunicazione sociale. Vuole che tale
modello non sia offuscato da
prescrizioni che la releghino
ai margini della comunità internazionale di cui si considera a buon diritto partecipe.
Le sanzioni sono state importanti per far capire all’Iran
che rinunciare a una capacità
nucleare militare era la premessa essenziale per uscire
dall’isolamento. Dopo fasi alterne il negoziato «P5+1/Ue»
(i cinque membri permanenti
del Consiglio di sicurezza, più
la Germania) è entrato in una
fase cruciale e toccherà alla
nuova Lady Pesc Francesca
Mogherini tirarne le fila. Sullo
sfondo restano altri temi non
meno cruciali, primo fra tutti
quello del rispetto dei diritti
umani e delle libertà fondamentali. Ma quello dell’accordo sulla bomba atomica è la
porta d’ingresso per tutto il resto. Le prossime settimane diranno se sono possibili progressi reali nella trattativa e se
sarà ipotizzabile passare alla
carota, in materia di sanzioni.
Si tratta di un «se» di peso.
Riconoscere un ruolo all’Iran
non significa soltanto acquisire strumenti che permettano
di dipanare in maniera meno
confusa il filo che dalla Siria
passa all’Iraq e all’intero Medio Oriente, per approdare all’Isis. Significa recuperare un
Paese che — al di là della cappa dei mullah — ha un forte
senso di identità nazionale,
una infrastruttura moderna e
un potenziale economico importante. Insieme alla Turchia
è l’unico grande Paese nella
regione: anche Washington lo
ha capito, sia pure con molte
ambiguità.
La prospettiva della carota
non è priva di rischi, ma le alternative potrebbero essere
peggiori. La società civile iraniana respira Occidente, fa fatica a sopportare l’isolamento
in cui è costretta e di cui stenta
a capire fino in fondo le ragioni. Escluderla potrebbe significare rigettarla nel cono dell’intolleranza; dandole spazio
si potrebbe favorire quella
lenta evoluzione di cui si vedono le tracce. E recuperare
— last but not least — un
mercato per noi da sempre
importante in cui la Cina si avvia a fare la parte del leone.
L’Iran non diventerebbe per
questo una democrazia liberale e i suoi standard in materia
di diritti umani resterebbero
lontani dai nostri. In questo si
troverebbe in buona compagnia con molti altri partner
dell’Occidente, nella regione e
non.
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Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
NEL MEDITERRANEO
L’ADDIO A MARE NOSTRUM
UNA TRAGICA IPOCRISIA
CHE DIMENTICA I DRAMMI
di Goffredo Buccini
Operazioni umanitarie
L’attuale intervento lascia
il posto ai pattugliamenti
di Triton molto più vicini
alle nostre coste. Ma non
fingiamo di dimenticare
che ogni miglio in meno
significa vita o morte per
centinaia di naufraghi,
mamme e bambini
A
lmeno non usciamone come i soliti
furbastri. Mentre si celebra il passo
d’addio di Mare nostrum, la chiarezza ha molta importanza. Il nostro intervento a ridosso delle coste libiche,
che in un anno «ha salvato centomila migranti
di cui novemila minori» (parole di Angelino Alfano), viene archiviato in queste ore: il Consiglio
dei ministri sta per formalizzarlo.
Ma non sarà affatto rimpiazzato da Triton, il servizio di vigilanza sulla frontiera mediterranea
lanciato da Bruxelles dal 1° di novembre. Si tratta
di impegni ben diversi, e il solo far coincidere la
chiusura della più onorevole operazione umanitaria in mare portata a compimento dalla nostra
Marina con il varo di questa specie di pattugliamento a trenta miglia dalle nostre coste (sulle
duecento che ci separano dalla Libia!) ha un tragico retrogusto di commedia all’italiana: quasi
credessimo davvero a un passaggio di consegne.
Siamo bravissimi nell’emergenza, noi: e nella
rincorsa. Quando, a ottobre 2013, due naufragi a
pochi giorni di distanza seppellirono nelle acque di Lampedusa centinaia di migranti, non vi
fu anima bella che non si levò invocando la salvezza dei tanti altri poveretti che avrebbero continuato a imbarcarsi in quel tratto, consegnandosi agli scafisti, per cercare scampo da guerre e
persecuzioni. Mare nostrum cominciò così, con
la sua retorica e i suoi squilli di fanfara, e con
l’abnegazione dei nostri marinai.
Ma noi siamo anche maestri di ambiguità. E
questa coincidenza temporale — tra l’operazione che termina e quella che inizia — prosegue
l’equivoco lessicale suscitato dal nostro ministro
dell’Interno a fine agosto sul tema di Frontex
plus, che avrebbe rianimato la frontiera meridionale dell’Europa, la nostra. Frontex plus, che
adesso assume il meno burocratico appellativo
di Triton, signore del mare, avrebbe «sostituito» (versione Alfano) o «affiancato» (versione
della sua omologa europea Cecilia Malmström)
la straordinaria missione che sino ad allora avevamo condotto in solitudine? In quell’imbrogliarsi di lingue c’era l’abisso tra ciò che noi speravamo e ciò che i partner europei erano disposti a concederci. Dunque? La risposta arriva
adesso.
Ora la commedia degli equivoci va infatti consumandosi appieno. Tra pochi giorni ci sfileremo, fingendo appunto di credere alla staffetta
umanitaria; e cercando di dimenticare che ben
prima di Mare nostrum i marinai italiani andavano a salvare, come potevano, col proprio coraggio e la propria iniziativa, migranti in pericolo a cinquanta o sessanta miglia dalla nostra costa (il doppio di Triton, in sostanza) . Dovremmo
ricordare che ogni miglio marittimo in più o in
meno significa vita o morte per centinaia di naufraghi, non jihadisti, mamme e bambini. Ma ora
agiamo sotto pressioni politiche ed emotive ben
diverse da un anno fa. Certamente Mare nostrum aveva per noi un costo molto alto (il triplo
di Triton, che verrà peraltro ripartito tra partner
europei); certamente — anche se pochi lo dichiarano ad alta voce e anzi il presidente della
Croce Rossa pronuncia in proposito parole di
umanità e buonsenso — lo spettro di Ebola inquieta ben più dei fantasmi del Canale di Sicilia;
e il salvataggio in mare aperto di profughi scappati dall’Africa senza alcun filtro sanitario può
turbare i sonni di molti.
Tuttavia bisogna dirselo. Dirsi senza ipocrisie
che dal 1° novembre pietà l’è morta, basta saperlo. Oggi, a Milano e Reggio Calabria, Lega e Fratelli d’Italia manifestano contro l’idea sottesa a
Mare nostrum, che era quella del dovere d’accoglienza: il pendolo di un’opinione pubblica isterica ora chiede ponti levatoi alzati. Il segretario
leghista Salvini, molto preso nella costruzione di
un fronte lepenista nostrano, definisce «una demenza» l’operazione umanitaria che sta concludendosi. Cinque anni fa, da capogruppo del Carroccio a Palazzo Marino, proponeva carrozze
della metro segregazioniste: «per soli milanesi».
Siamo un Paese confuso, spesso ad arte. Il capo di Stato maggiore della Marina, Giuseppe De
Giorgi, spiegava a fine agosto che gli sbarchi erano aumentati ben prima di Mare nostrum, con
buona pace dei razzisti nostrani: la vera molla
del grande esodo è ovviamente il crollo degli
Stati d’origine dei migranti, la vera partita dovremmo giocarla laggiù (aveva ragione Lorenzo
Cremonesi, ieri, su queste colonne). Così siamo
condannati a ripetere la nostra storia, i nostri
drammi, forse i nostri naufragi.
Alla prossima ecatombe davanti a Lampedusa
però sarebbe decente non prendersela con la
Marina. Non cercare di scaricare colpe (men che
meno sui partner europei che sono stati chiarissimi). E — vale soprattutto per quei politici che
dichiarano d’ispirarsi al magistero della Chiesa
— sarebbe dignitoso non stracciarsi le vesti
quando papa Francesco fustigherà la nostra indifferenza, il nostro cinismo. Il Cristianesimo
senza pietà cristiana è un trucco che nemmeno i
commedianti italici dovrebbero potersi permettere.
@GoffredoB
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●U
29
MILANO SI RISCOPRE SOLIDA
DUE GIORNI DA VERA CAPITALE
COMMENTI
DAL MONDO
L’Africa non vuole
più essere preda
dei colonizzatori
africana è in
●
❞ L’economia
crescita: dal bilione e
mezzo di euro di valore
attuale, agli oltre 21 bilioni
previsti per il 2050. Ma
quella ricchezza attira già
molti neo-colonizzatori. È
più di un sospetto per
Khaya Dlang che sul
settimanale Mail&Guardian,
di Johannesburg, ricorda
come siano lontani i tempi
in cui l’Economist definiva
l’Africa «il Continente senza
speranze». Meno miopi, i
cinesi prima e ricchi uomini
d’affari americani poi,
stanno comprando terre e
costruendo mall: «I nostri
leader non devono vendere
i diritti degli africani».
Brasile, l’economia
preoccupa
più della Borsa
agitate nella
●
❞ Acque
finanza brasiliana,
«come suole accadere
prima delle presidenziali»,
chiosa l’editorialista del
quotidiano Folha de S.Paulo,
Vinicius Torres Freire. Ma
«le apparenze del mercato
ingannano». Anche se la
Borsa di San Paolo sta
vivendo momenti frenetici e
la volatilità dei prezzi è alta,
a preoccupare è la
situazione economica,
stagnante e meno facile da
sistemare rispetto al 2002,
quando un’agitazione
finanziaria analoga
accompagnò l’elezione di
Lula. Vero, l’economia è più
solida, ma i margini di
manovra sono più stretti.
a cura di Elisabetta Rosaspina
n sospiro di sollievo,
non era scontato:
Milano ha retto all’ondata euroasiatica. I cecchini sulle
guglie, la fermata Duomo chiusa, le transenne e i divieti, oltre
quattromila uomini (e donne)
drenati da tutte le forze e anche
da altre città. Poliziotti, carabinieri e vigili. A presidiare piazza Fontana per le proteste contro il premier thailandese c’erano i baschi verdi della Finanza.
Sarà molto complicato (anche se in modo diverso) durante i sei mesi dell’Expo. Ma intanto, in questi due giorni di
Risiko, con cinquanta capi di
Stato e di governo concentrati
per il meeting Asia-Europa, la
sicurezza è stata fluida, le macchine di scorta son transitate
leggere, i piccoli capricci da
leader — parcheggiare dentro
Palazzo Reale anche se non sarebbe stato previsto — sono
stati assorbiti con nonchalance. E il questore Luigi Savina
può dire con soddisfazione,
nell’intervista al Corriere: «Siamo riusciti a gestire un evento
che per numero di personalità
e obiettivi sensibili nella sua
storia l’Italia non aveva mai organizzato».
Il merito è anche di una
struttura comunale che s’è dimostrata solida. Il sindaco Giuliano Pisapia ha ragione a sottolineare «due giorni straordinari: ogni cosa ha funzionato al
meglio e la città nel suo complesso ha dato un bella dimostrazione delle sue migliori
qualità».
Il Quadrilatero della moda,
di lì non si scappa: molti dei
delegati stranieri e dei loro accompagnatori, nelle poche ore
libere si son precipitati in via
Monte Napoleone. L’hanno fatto la moglie del premier malese e la consorte del sultano del
Brunei, così come i funzionari
cinesi o indiani. I filippini, però, ne hanno approfittato anche per visitare il Cenacolo; la
cancelliera tedesca, Angela
Merkel, ha attraversato la Galleria Vittorio Emanuele e prima
di entrare a Palazzo Reale per la
Cena di Gala ha sbirciato il
Duomo; il leader kazako Nazarbaev si è allungato fino al Teatro alla Scala. E alla fine pure il
presidente russo, Vladimir Putin, ha salutato dicendo: «Milano è una città molto bella, mi è
piaciuta molto».
Alessandra Coppola
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LA STELLA DI MATERA
CHE PUÒ RISCATTARE IL SUD
S
ull’orizzonte si accende
una stella. Lo sfondo è
quello del Sud dimenticato. Matera, capitale
della cultura 2019, è
molto di più che la vittoria di
una piccola città contro le blasonate concorrenti del Nord:
rappresenta una speranza.
È l’occasione per restituire fiducia alle donne e agli uomini
di quella parte dell’Italia, che
ogni giorno scontano pregiudizi e sconfitte, perché cittadini di territori che la cronaca
racconta con il segno meno. La
bella Matera, con i suoi Sassi,
ma senza un treno che la raggiunga, né strade veloci, diventa il simbolo del cambiamento
possibile. L’investimento nella
cultura non è solo nelle suggestioni dei luoghi, nelle architetture preservate sin dalle ere
neolitiche, l’investimento è nel
capitale umano.
Il meridionalista Guido Dorso scriveva che «il Sud non ha
bisogno di carità, ma di giustizia, non di aiuto, ma di libertà,
non solo come valore democratico, ma come liberazione
da un sistema negativo». Perché «la questione del mezzogiorno è soprattutto un problema di sviluppo civile» come ha
poi spiegato Paolo Sylos Labini. Sviluppo, che è una nozione
diversa dalla crescita, misurata
sull’aumento dei beni e dei servizi, dunque sui consumi; sviluppo, in quanto disegno unitario di una comunità, che si
espande nell’economia, nelle
sue istituzioni e nella cultura.
Potrebbe essere giunto, allora, come suggeriva Kafka, «il
momento giusto per svegliare
il futuro addormentato», rieducandosi ai sogni e scegliendo l’azzardo. L’obiettivo, quello
di fare di una città speciale come Matera, in una piccola regione come la Basilicata, il laboratorio di un modello di sviluppo per il riscatto del Sud.
Per Italia, una sfida magnifica,
che passerà per le tante teste e i
cuori, capaci di scelte forti, verso un cambiamento prima di
tutto etico e culturale, da opporre all’attuale degrado. Non
è il sapere il petrolio del XXI secolo, come proclama la moderna economia? Per Matera, in
più ci sono i pozzi di petrolio.
La marginalità potrebbe dunque essere sconfitta: i giacimenti non mancano.
Carmen Lasorella
(Presidente di RaiNet)
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
31
Benessere
Food
Moda
In borsa, in tasca, a portata di mano. In ogni momento.
Gli smartphone sono diventati strumento multiuso.
Grazie alle app che hanno sostituito oggetti quotidiani
Agenda
17%
Orologio
11%
Dizionari
17%
Specchio
9%
Cartine stradali
17%
Radio
8%
Design
Tecnologia
Famiglia
ILLUSTRAZIONE DI CHIARA DATTOLA
Viaggi
Fonte
Doxa
Tempiliberi
Una app per ogni cosa
I libri
● «L’altra Storia di
un’amante» di
Elvira Serra
(Mondadori)
● «Né castello
né prigione Come
affrontare i
problemi della
vita in
famiglia» di
Fabrizio
Mastrofini (ed.
Dehoniane)
● «Il gusto
della vita
insieme Elogio della
coppia» di
Claude Habib
(trad. Laura De
Tomasi, Ponte
alle Grazie)
● «Il libero
mercato
dell’amore»
di Arnon
Grunberg (trad.
Franco Paris,
Feltrinelli)
● «Amo te...
starò con lei
per sempre» di
C. Ghedini e B.
Benea (Giraldi)
Single
La crisi economica ci ha riportati dentro casa, alla vita di coppia
Ma chi resiste diventa un «motorino» per i consumi
L’economia
del tradimento
di Caterina Ruggi d’Aragona
L
e relazioni liquide presentano il conto.
Vacanze doppie, il doppio delle cene al
ristorante, regali compensativi e regalipromessa di amore eterno, sim telefoniche di riserva e tutti i possibili strumenti
della tecnologia per barcamenarsi in un triangolo pesano sulle tasche. Meglio restare tra le mura
domestiche?
L’impatto economico dell’adulterio è motivazione - non certo l’unica - con cui si spiega una
tendenza italiana dai contorni ancora incerti.
Che ci spinge a analizzare le reazioni sociali alle
crisi prendendo come barometro le relazioni affettive. La domanda è: se il lavoro arranca e il
portafogli si assottiglia tradiamo di meno? La risposta, certo, non è semplice, e non può essere
banalizzata. La geografia dell’adulterio è molto
varia. Volando da est a ovest la situazione si rovescia. Lì dove sorge il sole, c’è il Giappone che ha
reagito alla crisi riscoprendo il matrimonio: un
rientro, rispetto allo smarcamento dalla tradizione con la conquista dell’indipendenza, che ha
portato anche al successo di «bar» dove si insegnano le buone maniere in prospettiva matrimoniale. E la Cina, dove la campagna moralizzatrice lanciata dal presidente Xi Jinping taglia le
gambe (o meglio, la carriera) agli adulteri. Negli
In America
Il picco della crisi è
coinciso con una
impennata dei siti per
amanti clandestini
In Cina
La campagna
moralizzatrice fa
scendere in generale il
mercato del lusso
In Italia
Il nostro Paese inverte
la rotta: diminuiscono
le separazioni e
crescono i matrimoni
Stati Uniti, invece, la crisi economica incentiva i
tradimenti. Lo rileva Ashley Madison, il sito dove
trovare partner per una relazione clandestina,
che nel 2008 ha registrato un’impennata del
192% di utenti, contro una media di +71% annuo
dal suo lancio. «Quando perdi il lavoro sei più
intollerante, soprattutto se il tuo partner guadagna di più, e hai più tempo per dedicarti a una
relazione extraconiugale», così Eric Anderson,
sociologo dell’Università di Winchester, ha commentato l’iscrizione di 13 milioni di americani,
che per tre quarti si sono dichiarati sentimentalmente impegnati (almeno ufficialmente). Analisi preliminari dicono che la crisi finanziaria ha
avuto su questo qualche effetto. Contemporaneamente l’omologo Gleeden, sito di incontri extraconiugali fondato in Francia nel 2009 che ora
ha 2 milioni di utenti, fa dell’adulterio un’operazione di marketing con la campagna promozionale che dice «tradire tuo marito non è la fine
del mondo» o addirittura «essere fedele a due
uomini vuol dire essere fedele due volte». È anche vero, sottolinea una ricerca britannica, che i
costi del family failure ammontano nel solo Regno Unito a 46 miliardi di sterline, pari a 1500
sterline a contribuente.
E in Italia? La lente di sociologi, psicologi, av-
vocati e economisti inquadra i segnali di un ritorno alla coppia. Come suggeriscono, timidamente, gli ultimi dati Istat: separazioni e divorzi,
in continua crescita dal 1995, hanno avuto nel
2012 una lieve battuta di arresto (rispettivamente
-0,6% e -4,6%) mentre i matrimoni, in calo dal
1972, hanno invertito la tendenza. «La coppia sta
rivelando capacità di resistenza inaspettata,
mentre le relazioni liquide stanno portando un
peggioramento della qualità della vita», osserva
lo psicoterapeuta Claudio Risé commentando la
pubblicazione del libro «Amo te... starò con lei
per sempre» di Camilla Ghedini e Brunella Benea (Giraldieditore). «Non è una resa, né una rinuncia - aggiunge Risé - perché le ricerche hanno dimostrato che qualunque cosa facciamo il
nostro cervello continua a elaborare e noi, quindi, cambiamo sempre».
«Troppo costoso separarsi. E poi quell’“amo
te” è spesso espressione di un entusiasmo infantile che, magari, obbliga a interrogarsi e costringe la coppia legittima a guardarsi negli occhi, e a
crescere», suggerisce lo psicologo Fabrizio Mastrofini. Motore di crescita quella figura che esiste da sempre, come sottolineano Ghedini e Benea chiedendo ironicamente al ministro dell’Economia l’istituzione di una giornata dell’amante in quanto volano dei consumi. «Oggi
l’amante non ha bisogno di nessuna legittimazione sociale.È economicamente indipendente,
non cerca regali. È piuttosto lei stessa (soprattutto la donna) a gratificarsi acquistando per sé beni compensativi - suggerisce Stefania Saviolo,
responsabile del Luxury & Fashion Knowledge
Center di SDA Bocconi - come dimostra il caso
cinese: la moralizzazione dei costumi sta impattando negativamente sul mercato del lusso (passato, ha rilevato Bain & Company per Altagamma, da +7 a +5%»). Finiti i tempi in cui l’altra restava nell’appartamento affittato da lui a piangere. Ora preferisce partire per un lungo viaggio
mentre lui torna a casa. Se la moglie lo vuole.
«Non ho mai visto prima così tanti uomini piangere - dice la matrimonialista Anna Danovi - perché le donne sono diventate molto più autonome». «Il perdono è l’amore più grande. È come
coltivare - suggerisce Risé - un grande giardino,
erbacce comprese».
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di Antonella Baccaro
LE GAMBE
DI GABRIELLA
E LA LEZIONE
SULLA «PERFEZIONE»
«T
u sei quella che
pensa di essere
Carrie, vero?» sed u t a a cca n to a
me, in una festa di quelle che si
sarebbero volute evitare, la tipa
mi guarda con un sorriso dipinto di fucsia. «Hai sbagliato persona» sto per dire acida, ma lei
mi interrompe: «Ti leggo sai? E
non riesco a capire perché in
una rubrica di single tu non abbia mai parlato di noi». Aspetta
un attimo. «Noi, chi?».
La guardo finalmente: è accomodata su una sedia ma le sue
gambe hanno una posa innaturale che non avevo notato. Lei
segue il mio sguardo: «Ah, ecco
gli occhi ce l’hai per vedere».
«Mi scusi, io... mi spiace». «Di
che?». Ecco, lo sapevo. Sfoglio
mentalmente tutte le frasi possibili per tirarmi d’impaccio.
«Lascia stare, non cominciare
con la solita lagna, non mi sono
avvicinata per fare il caso umano». «E per cosa?» la aggancio.
«Per dirti che tu sbagli approccio con gli uomini». Questa
poi... «Tu pensi troppo, pensi
che gli uomini debbano seguire
un copione e se loro non lo fanno, ecco che li giudichi e li condanni perché non sono perfetti». «Io non so come lei si sia
fatta questa idea» mormoro disorientata. «Non sei tu quella
che scrive che “meglio soli che
male accompagnati”?». Adesso,
non proprio, ma certo penso
che non tutti valgano la pena...
«E che ne sai? Come fai a dirlo?
Che ci hai il radar?». Be’. «Non
ce l’hai. Ci hai solo la fortuna di
essere tutta intera. O la sfortuna? Tu pensi che l’amore stia
nella perfezione, la cerchi, e se
c’è un minimo particolare che ti
distrae, ti spaventi. Be’ voglio
dirti che l’amore e la perfezione
non hanno niente a che fare e
che sono proprio i modelli che
hai in mente a impedirti di ve-
❞
Sono i
modelli
che hai in
mente a
impedirti
di vedere
le persone
derle le persone, per quello che
sono». Il mio silenzio deve arrivarle netto come il mio imbarazzo. «Scusa — dice un po’ più
dolce — se non te lo dicevo così
neanche mi ascoltavi. Fidati».
Gabriella le gambe ce le aveva. Le ha perse in un incidente e
suo marito, dopo due anni, l’ha
lasciata. Il suo percorso verso il
recupero del proprio «io» è stato lungo e doloroso, ma vincente. Oggi è single ma vive le sue
storie con una «certa serenità».
Mi chiede di parlarne, «ma solo
un po’». Spero di non averla delusa.
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
TEMPI LIBERI
Moda
I protagonisti
Canale Moda
La «sorellastra»
che batte Kim
I nuovi capelli corti
www.corriere.it/moda
Kendall pigliatutto
Sul Canale Moda del Corriere della Sera,
all’indirizzo www.corriere.it/moda oggi la
storia di Kendall Jenner, diciannove anni da
compiere il 3 novembre, è una delle sorelle
del reality show «Al passo con i Kardashian»:
ha la stessa madre di Kim Kardashian ma
padre diverso. È la regina delle passerelle: ha
appena sfilato per i grandi marchi a New
York, Parigi e Milano di Maria Luisa Agnese
Come portare i capelli corti?
Kristen Stewart (foto), Jennifer Aniston,
Sharon Stone, Alice Dellal, Rosario Dawson
ma anche Michelle Williams, Vanessa
Paradis…Tante modelle, attrici e icone di stile
hanno dato un taglio ai capelli. Rosamunde
Pike ha rasato la nuca; Stewart, con il suo
«half hawk», capello rasato su un lato, lungo
ciuffo sull’altro è l’ultima «testimonial» del
nuovo stile di Caterina Ruggi d’Aragona
Lo stilista sino-americano e la collezione disegnata per H&M
«Ho una natura febbrile: annoto ogni idea sullo smartphone»
Collezione
● In vendita
dal 6/11 in
selezionati
punti H&M e
online. A
Milano in San
Babila, a Roma
in via del Corso
e al Centro
comm. Porta
di Roma, a
Firenze in via
Por Santa
Maria, a
Venezia in
campo San
Luca, a
Bologna in via
Indipendenza
L
e modelle e gli indossatori-automi della nuova
collezione realizzata per H&M hanno appena lasciato la passerella col loro passo meccanico.
Alexander Wang va a prendersi l’applauso del
pubblico. Non un giro d’onore, ma una corsa a
perdifiato lungo l’anello dell’«Armory on the Hudson», la pista di atletica indoor di Harlem scelta
per questo lancio dal vulcanico stilista sino-americano, vera rockstar dei designer per la generazione dei ventenni.
La manifestazione di New York è una rara occasione d’incontro con un personaggio che molti
considerano un fenomeno unico nel mondo della
moda: decine di negozi in Europa, America e Asia
con il suo brand e con la linea «T», dall’impronta
casual più marcata. Ma l’urban designer capace di
trasformare lo street look in capi con una loro eleganza serale, è anche un creatore di alta moda: da
due anni, infatti, Wang si divide tra la sua sartoria
newyorchese e il lavoro parigino di direttore creativo di Balenciaga, marchio nobile dell’haute couture francese. E, ora, arriva anche la sfida della col-
Lo sport è chic
Alexander Wang, mute da sera
L’evento
Alexander Wang
con Margareta
van den Bosch,
leggendaria
designer di H&M
lezione sportiva per il mercato di massa di H&M, il
gigante scandinavo dei supermercati dell’abbigliamento.
Al lavoro con tre cappelli diversi, una creatività
che deve sostenere, ogni anno, l’introduzione sul
mercato di decine di collezioni. Come gestisce la
pressione di un simile successo? «Non sono cose
che decidi a mente fredda — racconta Alexander
Wang —. Costruisci giorno per giorno seguendo
l’istinto, cogliendo le opportunità che si presentano. Creatività, certo, ma anche una forte etica del
lavoro. Ho cominciato a lavorare quando ero ancora al liceo, ma disegno moda da prima, da bambino. A volte mi pongo il problema dei limiti del
successo. So che è importante avere la capacità,
ogni tanto, di fermarsi ad apprezzare quello che
hai raggiunto. Non è sempre facile: le cose intorno
a me si muovono rapidamente e io ho una natura
febbrile. Le idee mi vengono in continuazione,
notte e giorno, e amo essere coinvolto in ogni fase
del lavoro. Disegnare, certo, ma anche scegliere i
materiali, i fornitori, produrre, selezionare i punti
vendita».
Alexander racconta che disegnava scarpe già
sui banchi delle elementari a San Francisco, ma i
geni del workaholic sono quelli della madre. Lo
stilista è nato trent’anni fa in California da una famiglia cinese appena arrivata da Taiwan. La madre, all’inizio lavapiatti in un ristorante, in pochi
anni è divenuta prima assistente di volo, poi funzionaria di banca e infine imprenditrice nel settore della plastica. Oggi ha fabbriche in America e in
Cina.
Lui ha un’anima creativa, ma sotto c’è lo stesso
spirito pratico e la spina dorsale d’acciaio di mamma Wang. Ma come fa a tradurre tanto rapidamente le sue idee in prodotti? «Con lo smartphone — risponde Alexander —. Non ho bisogno di
ritirarmi in contemplazione in un luogo remoto: a
me le idee vengono in ogni momento, mentre vado ad aprire la porta o quando sono in strada. Sono tante, è un processo rapido: se non le fisso rischio di dimenticarle nel giro di cinque minuti. E
allora uso il cellulare. Mando email in continuazione ai miei collaboratori, anche di notte. Al mattino trovano qualcosa su cui lavorare». Su molti
capi della collezione creata per H&M — indumenti sportivi per la palestra, il ring, la corsa o perfino
le guaine dei sub trasformati in abiti da usare la
sera al ristorante o in discoteca — c’è l’etichetta
made in Italy. Come mai? «Perché certe tessuti
tecnici, certe lavorazioni speciali puoi farle solo
nelle fabbriche italiane. O, comunque, solo lì
H&M ha ottenuto la qualità e i volumi dei quali ha
bisogno a prezzi convenienti».
Massimo Gaggi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Lo stile
● Rihanna in
Wang/H&M
in una foto
twittata
dallo stilista
● Stivaletti di
pelle 179 euro,
borsa 149,
felpa 49,
leggings 49,99,
sandali 69,99,
guantoni 49,99
Esperimenti
Monumenti di ghiaccio
Moncler e quegli scatti
in (finto) bianco e nero
Il racconto è affascinante quanto il progetto:
«C’erano il mare che era nero e il cielo che era
ancora più nero, e poi quelle montagne bianche
sempre in movimento. Un silenzio assoluto rotto
dai tonfi paurosi dei blocchi di ghiaccio che
cadevano in mare, all’improvviso». Fabien
Baron quasi quasi ancora si emoziona: una
settimana fra i ghiacciai e gli iceberg di Ilulissat,
sulla costa occidentale della Groenlandia sono
un ricordo indelebile. Alle pareti di Sotheby’s a
Londra, per una notte, ecco «Monument» otto
gigantografie testimoniano quel lavoro
commissionato da Moncler per il lancio di una
macchina digitale Leica personalizzata con i
colori del marchio di piumini più famoso al
mondo. Millecinquecento pezzi «foderati» di
pelle trattata in bianco rosso e blu. Quasi
fisiologica senza dubbio la scelta di Remo Ruffini,
il presidente, di approvare un progetto a meno
(almeno) dieci gradi. «Dovevamo essere veloci,
scattare in fretta — racconta Baron —! E poi
La Leica X,
edizione
Moncler sarà in
vendita negli
store e nell’ecommerce
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
TEMPI LIBERI
17 rubini
Una «fabbrica»
per fare
tutto in proprio
di Augusto Veroni
N
on capita tutti i giorni
di vedere due creature
così muoversi all’unisono fra la gente. Belle,
intelligenti, colte, sincere, protagoniste della scena senza rendersene conto, o quanto meno
senza volerlo. Ambra Medda e
Ines de la Fressange: minuta e
dai colori profondi la prima,
sottile e aristocratica la seconda. E poi tante sfumature in
comune. Vive d’arte Ambra: classe 1981, nata a
Rodi da madre italiana
(gallerista famosa) e
padre austriaco, ha
fondato a 23 anni
Design Miami e da
un anno è l’anima
di ArcoBaleno,
u n’ i n c r e d i b i l e
comunità in rete
di arte e e-commerce. Vive di moda
Ines: classe 1957, francese, figlia del marchese André de Seignard e
della modella argentina Cecilia de Sanches,
top e musa di grandi
stilisti a sua volta e da
anni ambasciatrice del
marchio Roger Vivier.
In questi giorni a Milano
una è entrata nella vita dell’altra. Erano insieme l’altra sera
al party in boutique in via Sant’Andrea. La donna che parla di
designer è la testimonial dell’inverno Vivier e lo stilista, Bruno Frisoni le ha anche dedicato
chiamandola «ArcoBaleno»
una Miss V tutta colorata. Raramente binomio tanto perfetto.
«Coincidenze o attrazioni
comunque il caso vuole — riflette Ambra — che gli oggetti
di Vivier siano fra le cose di moda, tra le più vicine al designer,
a quelle forme destinate a restare nel tempo». «E loro malgrado – aggiunge con quel suo
francese che ammalia Ines —.
Penso sempre che la moda sia
creatività e artigianalità e non
arte, ma poi capita, che un accessorio o un abito nati per una
stagione sopravvivano al tempo, proprio come le opere che
però ambiscono per natura all’immortalità». «La moda come
arte inconsapevole, certo.
Quando hai di fronte un tacco
virgule o un tacco sphére che
monsieur Vivier disegnò cinquant’anni fa non penso all’og-
L’hanno inaugurata in una delle zone
industriali di Ginevra: la nuova fabbrica
d’orologi Louis Vuitton è in grado di
assemblare e produrre gran parte degli
orologi firmati dal marchio parigino. Aprire
una nuova fabbrica oggi, con la crisi che sta
cominciando a far soffrire anche il dorato
mondo dell’orologeria, è un chiaro indizio
che investire si può. E si deve. Possedere una
propria fabbrica vuol dire controllare ogni
Pa. Po.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Worldtimer: cassa in oro bianco satinato,
movimento meccanico a carica automatica,
con modulo «ore del mondo» sviluppato in
esclusiva da La Fabrique du Temps Louis
Vuitton Manufacture, 218 componenti
montati su 26 rubini per visualizzare l’ora
delle capitali mondiali su dischi concentrici
rotanti. Ogni quadrante (personalizzabile) è
realizzato a mano. Prezzo: 50.000 euro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ambra e Ines, dialogo sull’arte
«Anche la moda è per sempre»
La creatrice di Miami Design nuova testimonial di Roger Vivier
Con l’ambasciatrice della griffe alla ricerca di «contaminazioni»
getto fugace, né alla funzione
d’uso, ma resto affascinato dalle forme innovative. E sono colpita dala loro audacia».
L’arte, il designer sono colti,
la moda frivola: qualcuno, almeno la pensa così: «Non cer-
Ines de la
Fressange,
ambasciatrice
Roger Vivier e
a destra Ambra
Medda, nuova
testimonial
Scatti
l’orizzonte era sempre un movimento, nessuna
prova da ripetere. Immagine uniche, una diversa
dall’altra. Da una barca poi, quindi da un luogo a
sua volta instabile. Perché la notte? Perché
tutti mi stanno chiedendo se ho scattato in bianco
e nero mentre in realtà sono a colori. Così netti e
intensi. Le foto saranno ora trasferite a New York
dove verranno esposte a febbraio, durante la
fashion week e dunque la sfilata di Moncler
Grenoble, per poi essere battute in un’asta
benefica.
fase, dalla progettazione alla vendita,
consente di innalzare il livello qualitativo
senza per questo aumentare i prezzi, dal
momento che non ci sono fornitori esterni.
Solo poche griffe sono in grado di fare
altrettanto e Vuitton, per giunta, ha deciso di
chiudere il cerchio vendendo i propri orologi
solo nelle 450 (circa) boutique monomarca
sparse in tutto il mondo. E proprio nella
nuova fabbrica di Ginevra nasce l’Escale
33
● Uno degli
otto scatti in
notturna di
Fabien Baron
agli iceberg
della
Groenlandia.
Le immagini
saranno ora
esposte a
New York
MARC MÁRQUEZ
MOTOGP™ WORLD CHAMPION
WITH SARA SAMPAIO
tamente io — interviene Ambra
—. Entrambi raccontano tanto.
Una casa e gli oggetti che la arredano sono la persona che li
ha scelti. Sono il passato, il presente, il futuro. Non sono decoro, sono forme di una sostanza.
Così gli abiti: scelti e vissuti».
«Credo nella moda come gesto
d’istinto — si inserisce Ines —.
Dunque di appartenenza. Devi
sentirla tua». Fondazioni, collaborazioni, mostre sempre più
griffate. Dall’altra parte dell’arte
questo nuovo mecenatismo
piace? «Un tempo c’era la Chiesa, ora c’è la moda e ben venga
se questo significa sostegno»,
dice Ambra che non trova per
nulla blasfema la contaminazione fra i due mondi. «Per altro — riflette Ines — sempre
esistita. Non erano forse affascinati dalla couture e dai suoi
protagonisti Picasso, Man Ray,
Warhol? E Dalì ed Elsa Schiaparelli, vogliamo parlarne?». Più
facile raccontare l’arte o la moda ai giovani? «Credo sia questa
la vera sfida: un ragazzo incantato davanti e un Picasso e una
ragazza che cammina su di uno
stivaletto tacco sphére. Non è
incredibile?».
Paola Pollo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La borsa
● Miss Viv
L’ArcoBaleno
in edizione
limitata
dedicata ad
Ambra Medda
in paillettes
degradé. La
borsa iconica
(in due size) di
Roger Vivier è
stata disegnata
nel 2009 da
Bruno Frisoni
in onore di
Carla Bruni
Sarkozy
34
Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
TEMPI LIBERI
Moda
I protagonisti
L’idea
L’idea è tanto semplice quanto geniale: un piumino studiato appositamente
per chi va in moto. Protezioni fisse sulle spalle e rimovibili sui gomiti,
ultraleggero, morbidissimo e resistente al vento e alle intemperie, in pertex
microlight.
A crearlo è Blauer USA, il brand specializzato proprio nell’abbigliamento tecnico
per gli amanti delle due ruote e dello sport. Si chiama Easy Winter ed è prodotto
in due diversi modelli, uno per uomo e uno per donna, e sarà in vendita nei
negozi Blauer e sull’ecommerce del sito www.blauerhelmets.com, disponibile
in sei colori: blu, marrone, kaki, rosso, turchese, nero.
Il piumino
(rinforzato)
per chi va in moto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Chi è
● Emily
Ratajkowski,
23 anni, inizia
come modella
a 14 anni.
Compare in
serie tv per
adolescenti, poi
la copertina
senza veli (su
Treats) e
l’esplosione
con il video
Blurred Lines.
Nel nuovo film
«Amore
Bugiardo -
Gone Girl» è
l’amante di Ben
Affleck.
● È la
protagonista
della nuova
campagna di
Yamamay (foto
sopra) di cui è
testimonial
«Fare la modella? Bello
Ma non sei davvero tu»
Emily Ratajkowski: come attrice sono più rispettata
«S
ì, sono molto ambiziosa e determinata». Con la
sfrontatezza dei
suoi 23 anni Emily Ratajkowski
si racconta in una suite dell’hotel Principe di Savoia di Milano
mentre le fanno trucco e capelli per il servizio fotografico de-
dicato alla griffe di lingerie
Yamamay. Corpo esplosivo, occhi da cerbiatta, la modella di
origine polacca, nata a Londra
ma cresciuta in America, deve
la propria fama anche ai social
network: il video in cui è apparsa seminuda nel tormentone «Blurred Lines» ha raccolto
oltre 206 milioni di visualizzazioni su Vevo.Emily appartiene
alla cosiddetta generazione
«Z» cresciuta con Facebook. E
non è un caso che abbia scelto
twitter per dare notizia del suo
ruolo da attrice nel film L’amore bugiardo - Gone Girl di David
F i n c h e r , d ove i n te r p re t a
l’amante di Ben Affleck, in uscita a dicembre. «Ma oggi uso
soprattutto Instagram, perché
la mia generazione è molto visuale» dice ricordando il milione e 400 fan che la seguono.
A 14 anni lavorava già come
modella per l’agenzia Ford e ottenne alcuni ruoli commerciali
in serie tv per teenager. «Avevo
studiato recitazione e l’idea di
fare l’attrice mi è sempre piaciuta, ma poi avevo smesso per
dedicarmi al lavoro di modella
perché non volevo più interpretare i soliti ruoli di ragazza
stupida e leggera», spiega seria. Un anno fa si è guadagnata
il titolo di donna dell’anno nella classifica di Esquire che le ha
dedicato la copertina. E adesso
prova a spiegare le sue nuove
ambizioni: «Fare la modella è
bello, ma non sei mai tu veramente, come attrice sei più rispettata». Non ha mai avuto
problemi a mostrarsi senza veli, eppure per il servizio fotografico ha imposto di indossare una vestaglia sopra il completo intimo. «Non sono preoccupata per la nudità, ma
ormai ho preso una direzione
diversa. Preferisco interpretare
un personaggio più adatto alla
mia carriera di attrice».
Si mantiene in forma facendo yoga e camminate ad alta
quota. Diete? «No, se un giorno
mangio zuccheri, il giorno dopo evito». A chi le rimprovera
qualche ritocco, mostra le sue
foto da adolescente: «A 13 anni
mi sono ritrovata un corpo da
donna e mi ci è voluto molto
tempo per non vergognarmi di
essere guardata e per capire
che ero sexy. Oggi la considero
una cosa bellissima». Non le
provoca fastidio essere ammirata anche da uomini dell’età di
suo padre? «Anch’io guardo gli
uomini, fa parte della natura
Bianco e nero Emily Ratajkowski, 23 anni, sul set della campagna per Yamamay
umana — ride —. I miei amici
e la mia famiglia continuano a
vedermi come una ragazzina».
L’arte della seduzione, a
quanto pare, è nel dna. «Quando da ragazza uscivo con il fidanzato mia madre mi diceva
“indossa un completo intimo
carino che ti farà sentire più
elegante, poi tienilo segreto
per te stessa». E oggi sostiene
di prediligere la biancheria comoda, ma in pizzo, con una
predilezione per il nero. Sua
madre non si è opposta alla
scelta di lasciare il college per
❞
Sono un
brand: la
gente mi
chiama con
il nickname
che uso su
Instagram
fare la modella? «All’inizio sì,
ma poi ha capito che oggi si
può essere laureati e non avere
un lavoro». È pragmatica al
punto di dichiarare «sono il
brand di me stessa»: «Oggi con
i social è facile essere un marchio, la gente per strada mi
chiama “Emrata”, pazzesco».
Non si sente spiata? «No, perché decido io quando e cosa
mostrare, non voglio che gli altri interferiscano con la mia vita che è felice e fortunata».
Maria Teresa Veneziani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
TEMPI LIBERI
Moda
Il libro
Cabina armadio
Si può mettere la moda al pari del design,considerandola
progettazione? «Sì, perché se l’uomo non fosse ben rivestito sarebbe
spesso uno spettacolo osceno» ha spiegato Gillo Dorfles. «La moda
è alla base della personalità umana sia come elemento estetico sia
come rapporto tra gli uomini, è un simbolo che ci permette di
differenziarci, non sempre, dagli animali» ha proseguito Dorfles
intervenuto alla presentazione in Triennale del libro Design & Moda di
Come facciamo a liberare la creatività?
35
Giovanni Maria Conti, a cura di Aldo Colonetti (Giunti/Ottagono, 30
euro). Il volume racconta la moda dagli anni 50: «I ‘50 sofisticati, i ‘60
pop, i ‘70 hippie, gli ‘80 decorativi e di grande rottura grazie ai
giapponesi che si inventarono i tessuti non finiti e le asimmetrie»,
ricorda Franca Sozzani autrice della prefazione. La caratteristica del
Made in Italy è la connessione tra artigianato e industria, ha ricordato
Eleonora Fiorani. La domanda che dobbiamo porci ora è: come
facciamo a liberare le forze creative?». A sinistra la campagna
trasgressiva di Oliviero Toscani per Fiorucci del 1975-1978. (M.T.V.)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
● Anellimania
Riconoscete tra
queste mani
ingioiellate
quelle di
Rihanna?
(Sono quelle
tuatuate)
ILLUSTRAZIONE DI SANDRA FRANCHINO
Il quiz
Gli anelli multipli. Vestire le mani
Ispirazione tuareg, piacciono perché sono trasgressivi. E rivoluzionano la gioielleria
I
l modo di comprare dell’uomo e della donna resta
molto diverso. «Lei vuole
sempre essere sorpresa e
stupire, soprattutto le amiche.
Chiede articoli originali e ama
sperimentare modi diversi di
indossare le cose», dice Giorgio Damiani a capo di design e
produzione del gruppo di famiglia di cui è anche vicepresidente. Un’attitudine, quella
femminile, che non solo condiziona il settore dell’abbigliamento, ma ora cambia il volto
anche al mondo dell’alta gioielleria, mai come oggi attenta alle tendenze.
L’ultima passione delle ragazze
sono gli anelli multipli, uno da
indossare su più dita, quasi fosse un tattoo, o infilato sullo
stesso, a partire dalle prime falangi. Oggetti d’ispirazione etnica o artistica che subito conferiscono uno stile più giovane,
meno pomposo al gioiello classico. «Lo dico con onestà, per
sfoggiare un cover finger occorre avere delle belle mani, con
dita abbastanza lunghe. Ma per
chi se li può permettere, sono
oggetti molto eleganti e unici»,
●
Il ritorno
Norma Kamali,
come nei Settanta
Norma Kamali, la stilista
che ha contribuito a
rivoluzionare i canoni della
moda, torna sul mercato
europeo (distribuita da
Brama). Comincia nel ‘68 a
New York aprendo una
boutique dove vende abiti
non convenzionali
comprati a Londra. Nel ‘70
esplode come una delle più
fantasiose stiliste
statunitensi. Dagli anni ‘80
crea costumi da bagno dalle
linee hollywoodiane che
enfatizzano corpi statuari
come quelli di Jennifer
Lopez e Rihanna e arrivano
a costare anche 500 euro.
Ma la signora ha il cuore
democratico e oltre alla
linea di felpe Active ha
voluto creare anche la
KamaliKulture: prezzo
massimo 120 euro. (M.T.V.)
spiega l’esperto. La tendenza
era nell’aria e Gaia Repossi è
stata tra le prime a coglierla,
lanciando, già anni fa, la collezione Berbère: anelli multipli
che coprono la falange, ma anche orecchini, piercing e bracciali d’ispirazione tribale che ricordano i tattoo tuareg. «Og-
getti che hanno avuto l’effetto
di provocare una vera metamorfosi nella maison di gioielli
tradizionali creata da mio nonno Giampietro negli Anni 20»,
riconosce oggi il padre di Gaia,
Alberto, presidente della griffe.
«Gioielli dal sapore trasgressivo che piacciono per il loro spi-
rito giovane e per questo subito
adottati da celebrity sul red carpet» continua Repossi. «Io ero
molto scettico all’inizio — confessa — pensavo che gli anelli
multipli non fossero adatti ad
essere venduti nei nostri negozi
di lusso». “Non ti preoccupare,
quando una donna prova il col-
po di fulmine e vuole un oggetto se lo compra”, lo ha però rassicurato Gaia. Prezzi? «Da 600
euro per il più piccolo da portare sulla prima falange, subito
dopo l’unghia, fino a oltre 40
mila per i multipli di sette con
pavé di diamanti» conclude Repossi. La messa a misura degli
anelli multipli preziosi rappresenta la difficoltà più grande.
Un azzardo creativo, così
Giorgio Damiani definisce i
suoi finger ring. Come lo swan
con diamanti neri e bianchi:
s’infila solo all’anulare e all’indice lasciando un granato rosso sospesa al centro. O il modello che si snoda su tutto il dito come un’armatura: tempestato di diamanti di tutti i tagli
possibili: goccia, navette, brillante, baguette, princess, ovale,
triangolo. «Alla fiera di Basilea
sono andati benissimo — sottolinea Damiani —, in particolare le donne cinesi e del Far
Est li apprezzano tantissimo».
Pezzi (dai 10 fino ai 50 mila euro) che per i comuni mortali restano solo un desiderio. Ma le
ragazze per enfatizzare le loro
unghie gioiello hanno già cominciato a indossarne tanti insieme come fa Rihanna. E griffe tradizionali come la fiorentina Annamaria Cammilli ha creato i tre anelli di oro colorato
con le foglie di ulivo che si sovrappongono.
Maria Teresa Veneziani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
●
Il sito
L’esperimento
«emozionale»
L’ambizione è quella di
realizzare un sito
«emozionale», che riesca a
far percepire la morbidezza
di una stoffa, la grana di un
pullover. Dondup per il
15esimo anniversario si
regala un nuovo sito
(www.dondup.com). Il
brand, fondato e guidato da
Massimo Berloni, con
Manuela Mariotti direttore
creativo, ha attraversato in
questi anni un lungo
percorso che l’ha portato
dal denim al total look. Un
unico contenitore che
racchiude l’intero percorso
narrativo del brand,
piattaforma digitale in
grado di trasmettere valori
funzionali ed emozionali.
All’interno la finestra,
«Stories», dedicata al
lifestyle, food e people.
36
Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
TEMPI LIBERI
Lo spot
Benessere la sfida
della sostenibilità
●Curiosando
Niente test
sugli animali
Così la crema
è più «buona»
Dopo Marilyn, la Deneuve, Carole Bouquet e Nicole
Kidman ecco Gisele Bündchen (foto) testimonial di
Chanel N°5. Una donna dei nostri tempi
impegnata su più fronti: modella, attrice, mamma,
filantropa e businesswoman. E racconta una
fragranza entrata nella storia della profumeria.
Chanel N°5 è stato creato nel 1921 quando
mademoiselle chiese al maestro profumiere
Ernest Beaux di realizzare una fragranza che
riflettesse la sua filosofia di femminilità
E la bella Gisele,
alla fine,
sceglie l’amore
estremamente moderna. Stesso bouquet ma una
nuova storia. In questi giorni è uscito lo spot «The
One that I Want» che celebra l’iconica fragranza. Il
film, prodotto, scritto e diretto da Baz Luhrmann
(suoi anche Moulin Rouge, Il Grande Gatsby): «La
donna Chanel — dice il regista — può stare sola su
una spiaggia, con suo figlio, avere una carriera e al
tempo stesso può vivere una storia d’amore». ma
è difficile avere tutto. Così alla fine, nello spot,
sceglie l’amore.
I nuovi gesti per un ovale perfetto
Il viso con l’età cambia contorno. Siero e «ginnastica di bellezza» per recuperarlo
di Giancarla Ghisi
Come fare
I
U
© RIPRODUZIONE RISERVATA
l m e s s a g g i o a r r i va d a
Oriente. «In Giappone il
viso femminile perfetto è
minuto, con una bella pelle luminosa», racconta Nozomi, di professione analista.
Aggiunge Serena, studentessa
a Pechino: «Noi donne cinesi
amiamo il viso a “V”». Sono
alcuni dei pareri raccolti da
Clarins, azienda attenta a concepire formule rispettose dell’ambiente che adesso propone un nuovo concetto di skin
care: perché le rughe fanno
sempre paura, ma negli ultimi anni è soprattutto l’ovale
del viso a preoccupare. Come
spiega Magda Belmontesi
dermatologo a Milano e Vigevano (pelleedintorni.it): «Di
questo problema si è parlato
nei giorni scorsi Milano, al
L’attenzione «verde»
Packaging minimo,
carta riciclata e materie
prime comprate a
prezzi equi
XVI Congresso nazionale di
medicina estetica, sottolineando che l’approccio correttivo più innovativo per ringiovanire il volto si ispira a mantenere e ricreare il naturale
ovale».
Nuovi prodotti, formule innovative e una comunicazione particolare: «Lift-affine visage di Clarens — spiegano i
ricercatori — è un complesso
multi-rimodellante, che associa tre estratti di piante come
guaranà, alpinia zerumbet e
cachi che insieme alla caffeina, un importante attivo lipolitico, va ad agire in quella
particolare zona del viso aiutando a destoccare i grassi in
eccesso, con effetto drenare e
rassodante». Il siero (in Asia
se ne vende uno al minuto)
adesso viene proposto anche
in Europa. «Il problema — aggiunge Belontesi — coinvolge
la pelle in superficie, il grasso
sottocutaneo, muscoli, e ossa.
ILLUSTRAZIONE DI NATALIA RESMINI
n viaggio green che
parte dall’isola di
Wight. Qui è nata
nel ’95 la linea Liz
Earle, per viso e corpo,
fondata da due amiche,
Kim Buckland e Liz Earle.
Brand inglese diventato, in
poco tempo, molto seguito
da attrici e celebrity come
Poppy Delevingne, Kate
Middleton che hanno
contribuito a renderlo
conosciuto. Ma non è solo
trendy. Tutto è pensato per
salvaguardare la natura,
dall’azienda al prodotto.
«Abbiamo progettato
questo edificio
d’avanguardia — spiegano
— per far posto a
innovazioni
ecocompatibili, ad esempio
il riscaldamento
geotermico, che utilizza il
calore naturale proveniente
dal suolo, timer sensoriali e
di movimento che
assicurano lo spegnimento
automatico delle luci in
funzione della presenza di
persone nelle stanze, si
adopera solo carta riciclata.
Non facciamo test sugli
animali e i nostri prodotti
sono cruelty-free, quindi
adatti ai vegetariani, infatti
nessuno dei nostri attivi è
di diretta origine animale.
In alcune formulazioni
utilizziamo ingredienti che
sono animal-friendly, quali
la cera d’api e il miele di
manuka». Tra i must c’è
Cleanse&polish, che ha
vinto 104 premi e ne viene
venduto uno ogni 23
secondi. La sua texture
cremosa rimuove smog,
impurità, make up e cellule
morte, lasciando la pelle
pulita, luminosa e levigata.
È, infatti, arricchita con olio
essenziale di eucalipto dalle
proprietà purificanti,
rosmarino estremamente
tonificante, ed estratto d
burro di cacao calmante.
Ma anche Nourishing
botanical body cream (nella
foto), crema nutriente e
anti-età con burro di karitè
e olio di avocado per
nutrimento e morbidezza,
luppolo antiossidante
naturale ed echinacea.
«Siamo convinti che gli
ingredienti vegetali
forniscano risultati
eccellenti. Convinzione
supportata da ricerche
scientifiche. Estratti,
succhi, cere e burri offrono
benefici unici: ecco perché
sono gli ingredienti chiave
delle nostre formulazioni» .
G. Gh.
37
La forza di gravità porta ad un
assottigliamento del derma e
al riassorbimento del grasso
sottocutaneo soprattutto nella parte alta viso con un progressivo scivolamento dei tessuti facendo cambiare l’ideale
ovale tridimensionale del viso, in un progressivo appiattimento della parte superiore e
media con rilassamento della
parte inferiore. Stile di vita e
abitudini alimentari scorrette, esposizioni solari, inquinamento contribuiscono anche loro: la pelle perde com-
pattezza e l’ovale meno definito».
Attivi vegetali e massaggio
le proposte per contrastare il
problema. Lift-affine visage
viene abbinato al metodo auto-lifting manuale. Consiglia
Oliver Courtin-Clarins, direttore generale dell’azienda: «È
semplice, dura meno di due
minuti, ma è fondamentale
per vedere i risultati perché
questa gestualità va a stimolare elastina e collagene». La
spiegazione è stampata all’interno del packaging, su carta
2
minuti
il tempo
necessario per
il massaggio
drenante
Seduta, con la
testa in giù, i
gomiti sulle
ginocchia, il
peso della testa
poggia sulle
vostre mani.
Queste
posizioni,
che
coinvolgono
fronte, occhi,
guance, base
del collo e
mascelle,
favoriscono la
concentrazione
degli accumuli
al centro del
viso e
permettono al
siero di Clarins
di penetrare e
stimolare la
circolazione.
Rimanere in
ciascuna
posizione per
10 secondi.
Finire con una
pressione delle
dita nelle cavità
delle clavicole,
poi spostarle
nella parte
posteriore del
collo e far
cadere la testa
all’indietro per
svuotare i
linfonodi e
rendere il viso
più fresco,
effettuando un
drenaggio
efficace
100% riciclata. Clarins è molto
attenta alla natura e protegge
le popolazioni locali. Spiegano: «Estraiamo gli attivi da
ogni pianta senza alterare gli
ecosistemi, Ci siamo impegnati per la preservazione e la
reintroduzione della biodiversità. Le coltivazioni selezionate, se si trovano in paesi
lontani, vengono acquistate a
un prezzo giusto e rispettoso
e una percentuale è sempre
destinata a finanziare progetti
per le popolazioni locali».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Tuberosa, l’ingrediente a sorpresa del profumo maschile
La nuova fragranza Bulgari: «Integrata con cuoio e resine, il risultato è ipnotico»
T
Nero Vulcano
Il nuovo
profumo di
Bulgari Man in
Black e il
testimonial
Patrick Petitjean
rilogia versione maschile firmata Bulgari. Per il
suo 130° anniversario il
famoso marchio della
gioielleria ha realizzato una
nuova fragranza: Bulgari Man
in Black, un eau de parfum che
si aggiunge alle due già esistenti, Bulgari Man dalle tonalità trasparenti e Bulgari Man
Extreme che si affida al grigio
satinato. Un incrocio tra modernità e storia. L’ispirazione è
sempre Vulcano il dio del fuoco e protettore dei fabbri, cacciato dall’Olimpo da Giove trova rifugio a Stromboli. «Bulgari
— spiegano — ha voluto ancora una volta attingere al suo ricco passato immergendosi nella
mitologia greco-romana per
proporla, reinterpretata all’uomo dei nostri giorni».
Man in Black, dunque, punta
sul nero: il flacone evoca la tonalità ebano delle rocce vulcaniche a cui sono stati inseriti
profili di oro rosa. E, la fragranza creata da Alberto Morillas si
ispira ai contrasti cromatici del
flacone. «Mi piace definirla —
dice il maestro profumiere —
neo orientale ambrata. Alle note fresche degli agrumi ho preferito quelle pungenti e persistenti delle spezie, a cui ho aggiunto un tocco aromatico di
resina di elemi. Ma soprattutto
di rum estratto naturalmente
che aggiunge una caratteristica
ambrata». Però è nel cuore che
Morillas ha scelto un abbina-
mento audace partendo dalla
tuberosa, inusuale per una fragranza maschile. «Questa nota
— spiega — è l’ingrediente cardine nelle fragranze da donna.
Sono riuscito ad integrarlo nel
jus nascondendolo in un contrasto di note virili quali cuoio,
ambra, resine preziose e fava
tonka per ottenere un risultato
quasi ipnotico. Abbiamo preferito la tuberosa indiana, pianta
dai fiori bianchi che devono essere raccolti all’alba per evitare
che i calore del sole disperda i
suoi oli». Testimonial il modello Patrick Petitjean, aspetto severo che raccoglie forza, vitalità
e un qualcosa di enigmatico.
G. Gh.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
38
Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
TEMPI LIBERI
❞
Abitare
Il reportage
❞
Leone Villari, direttore produzione
I russi
cominciano a
rinunciare
allo sfarzo e
decorazioni
❞
Cosimo Savio della «Savio Firmino»
I moscoviti
diventano
sempre più
sofisticati
ed esigenti
FOTO CARLOTTA PRIMO
Elisa Astori, marketing Driade
I nostri pezzi
esposti a
Mosca sono
tutti
personalizzati
Ai Saloni di Mosca meno sfarzo e décor
sobrio: così le nostre firme influenzano il gusto
L’educazione russa
al made in Italy
C
ommercianti e pionieri. Con i broccati e i
tappeti importanti,
con i velluti e i divani
ricamati. Era il 2005, i
mobilieri di Federlegno per la
prima volta atterravano in Russia (sotto un metro di neve) carichi di tavoli, letti, poltrone.
Arredi dallo stile classico che
subito stregarono i nuovi ricchi
post sovietici. E ai quali — ecco
il genio — ogni volta si aggiungevano pezzi di Magistretti e
600
Gli espositori
presenti ai
Saloni
Worldwide di
Mosca che ha
compiuto 10
anni. Sono stati
44 i giovani
designer al
Salone Satellite
Castiglioni, di Dordoni e Bellini, in una sorta di educazione al
made in Italy. Da dieci anni
continua questa relazione fatta
di business e confronto, di alleanze e dialogo. E il risultato si
vede oggi ai Saloni di Mosca,
dove l’arredo decorativo incontra le tendenze più contemporanee, dove il migliore design
italiano si mette in mostra senza tradire la sua identità. Ma
con una serie di «varianti russe». Come la poltrona Lou Read
Le promesse
I designer russi,
e delle ex
repubbliche
sovietiche al
Satellite Moscow
con le lampade
di Martinelli Luce
di Philippe Starck (Driade): in
cavallino anziché in pelle.
Abitare post ideologico ai
Saloni Worldwide di Mosca:
quasi seicento espositori in
quattro giorni (fino a oggi), i
giovani talenti del Salone Satellite, Made Expo per l’edilizia.
Un piano dedicato al design,
uno all’arredo classico. Ma il
cuore russo, innamorato da
sempre del made in Italy, sta
nel mezzo. Elisa Astori, responsabile marketing di Driade,
spiega: «I nostri pezzi sono gli
stessi per tutti i mercati, ma
con alcune personalizzazioni.
Esempio: il tavolo Anapo,
esposto a Milano con il piano
in vetro, qui ha il top in ebano
makassar». Niente di esagerato: «Sono loro i primi a dirci:
non dateci prodotti da russi».
Imparare a conoscersi. In
fondo il vero sforzo consiste in
questo, racconta Leone Villari,
responsabile produzione dell’azienda Villari: «I russi cominciano a rinunciare allo
sfarzo, preferiscono il bianco e
lampadari più sobri. Sempre in
cristallo, però». Cosimo Savio,
manager dell’azienda Savio Firmino, aggiunge: «L’intelligenza sta nel capire la clientela:
moscoviti e pietroburghesi diventano sempre più sofisticati.
Ma il decoro resta nel loro
dna». Ribadisce Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo: «Si è creato un rapporto intenso tra i nostri imprenditori e i designer russi
che, formandosi al Salone Satellite, hanno assimilato il nostro gusto. Dobbiamo andare
avanti in questa direzione, nel
rispetto reciproco».
Un equilibrio delicato, in cui
è la qualità a fare la differenza,
«altrimenti si perde credibilità:
i russi sono ricchi ma non stupidi». Così fa Flou («come con
un tailleur di Armani, si può
cambiare il tessuto, non il taglio»), così fa Kartell, che ha
portato a Mosca la collezione
Precious (i pezzi icona della ca-
Scambio
Claudio Luti di Kartell:
«Andiamo incontro alla
clientela senza tradire
la nostra identità»
sa ma in versione «metallizzata»): «È la stessa — commenta
il presidente Claudio Luti —
che abbiamo presentato a Milano in aprile. Del resto le nostre vetrine sono uguali in tutto
il mondo, per noi conta solo il
cammino di ricerca».
Certo, alcuni eccessi rimangono. Stucchi, zampe di animali, pouf enormi non mancano alla fiera di Mosca. E sono
molto fotografati. «Mio padre
— conclude Villari — dice che
il gusto russo è indietro di 50
anni rispetto al nostro». Lo
scriveva già Stendhal ne «Il rosso e il nero»: «I russi — sentenzia il principe Korasov — copiano i costumi dei francesi,
ma sempre con cinquant’anni
di ritardo».
Annachiara Sacchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
●Dietro il giardino
di Carlo Contesso
Metti un «gelsomino» nello zaino
e scopri un tesoro rampicante
ercoledì quasi mi
dimenticavo una
pianta nella tasca
laterale dello zaino.
D’accordo, giocoforza ho piante
al seguito più frequentemente
dell’italiano medio, ma non è
che vada normalmente in giro
con frasche d’ogni sorta, quindi
nella massa di bagagli e nel
bailamme degli eventi è
ragionevole che un piccolo
vasetto, con una talea radicata
chiuso in un sacchetto di
plastica, sia stato dimenticato là
al buio per qualche ora. Iniziato
il viaggio al posto del pranzo,
con due taxi, un treno e un’auto,
solo prima d’andar a letto mi son
ricordato della piccola
compagna di gita, l’ho liberata e
messa all’aria sul balcone della
mia ospite. Il virgulto in
questione è un
Trachelospermum asiaticum
«Ogon Nishiki» cugino del
comunissimo falso gelsomino,
T. jasminoides, che imperversa
ovunque. Il fogliame più leggero
M
e appuntito tradisce la
parentela con le pervinche,
invece che esser
uniformemente verde come
nella specie tipo è giallo dorato
più o meno intenso con
macchie verdi, e le nuove foglie
sono di un arancio ramato
brillante, allegro: non a caso la
traduzione del nome
giapponese significa «broccato
d’oro». In estate produce pochi
fiori color primula, e non si
avvitucchia a sostegni come fa
il cugino ma si arrampica con
radici avventizie su tronchi e
muri umidi. Eppure il fogliame
è talmente bello da farne un
coprisuolo di classe, assai
adattabile sia al terreno che
alla luce, basta evitargli l’ombra
pesante. Dovrei piantarlo, tra
qualche giorno, in giardino
fuori Padova, a meno che non
me lo dimentichi ancora in
quella tasca e non si faccia un
altro giro a Roma.
[email protected]
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Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
Abitare
Donne e design
TEMPI LIBERI
Il concorso
Le pizzerie
del futuro? Saranno
«5 Stagioni»
Guarda al futuro e alla crescita del settore delle
pizzerie il «Premio Le 5 Stagioni- Progettare il
futuro dei locali pizzeria. Nuove aperture, spazi e
concept innovativi», II edizione del concorso di
design , in collaborazione con Poli.design, dedicato
all’evoluzione di questi spazi, in Italia e nel mondo.
Il concorso premia nuovi format di locali realizzati
in Italia o in altri Paesi del mondo e concept
innovativi che possano esprimere, attraverso il
design degli spazi e degli arredi, nuove proposte di
39
servizio e di consumo. Il concorso prevede due
sezioni: «Opening», riservata ai locali realizzati e
«Concept», dedicata a proposte progettuali e
concept di locali pizzeria. Il montepremi
complessivo è di 15.000 euro. Il «Premio Le 5
Stagioni» termina il 31 dicembre 2014 e la
premiazione dei progetti vincitori si svolgerà nel
mese di maggio, in concomitanza con l’Expo 2015.
Tutte le informazioni e il regolamento su
www.premiole5stagioni.it
Una «regina» italiana
nel regno del cristallo
«Baccarat l’avevo
nella mia lista nozze»
La mostra Una sala della rassegna: 500 capolavori di Baccarat
al Petit Palais di Parigi, fino al 4 gennaio (Foto Laurent Parrault)
Daniela Riccardi guida la maison che ha 250 anni
P
Influente
Caterina de’
Medici (1519 –
1589), portò il
gusto italiano
alla corte di
Francia (ed
ebbe peso nella
vita politica
dello Stato)
come regina
consorte del re
di Francia
Enrico II
Sensibile
La storia di
Baccarat nasce
nel 1764 in un
piccolo villaggio
della Lorena,
quando Luigi
XV concede il
permesso di
aprire una
fornace per la
lavorazione del
materiale
Creativo
Philippe Starck
ha ristrutturato
la sede parigina
della maison
Baccarat in
Place des
États-Unis, a
Parigi. La sede
con sale
affrescate ha
anche un
ristorante e un
piccolo museo
etit Palais, nelle Grandes Galeries del
museo parigino cinquecento capolavori
storici in cristallo, documenti e una
scelta di pezzi moderni raccontano il saper fare della manifattura Baccarat, a
coronamento dei festeggiamenti per il suo
250esimo anniversario. Daniela Riccardi, italiana
nata a Roma, a capo del marchio da poco più di
un anno, scivola tra le teche e si ferma al candelabro alto quasi quattro metri, che fu fatto per lo zar
Nicola II nel 1896: «Allora, le case reali non si limitavano ai piccoli oggetti ma ordinavano pezzi per
la decorazione dei palazzi: per loro il cristallo era
simbolo di eleganza e lusso, e gli arredi un modo
per raccontarlo. Ecco, già a quei tempi Baccarat
sapeva rappresentare gli stili di vita. E qui sta la
sua modernità», afferma, guardando i bagliori
che sembrano magici nella penombra dell’allestimento.
Cambio di scena. Place des États-Unis, vicino
agli Champs- Élysées, nell’ex palazzo dell’eccentrica mecenate Marie-Laure de Noailles: la sede di
Baccarat. Scalone, sale affrescate, una tavola scintillante, oggetti e lampadari, il piccolo museo, un
ristorante-bomboniera dominato dal lampadario
Zenith di Philippe Starck: «Appena arrivata ho
voluto subito che questa diventasse una “casa”,
con le collezioni esposte non stile negozio di lusso ma come in una residenza vera, arredata e vissuta», dice, seduta nel suo ufficio all’ultimo piano. La casa, concetto a lei ben noto dato che, in 25
Calore domestico
«La prima cosa che ho fatto è stato
disporre i pezzi preziosi dell’azienda
non come in un negozio di lusso
ma come in una casa vera, vissuta»
anni di carriera internazionale ai vertici della
Procter & Gamble — in Sudamerica, Russia, Cina
— più quattro alla Diesel, di abitazioni ne ha fatte
e disfatte tante, «combinando oggetti provenienti dai vari Paesi dove avevo vissuto in precedenza,
perché per me un’abitazione deve essere un mix
and match di stili: qui ho un letto Ikea con un
baule del 600, il divano di design vicino a un tavolo antico che ho trasformato in bar, un daybed cinese e oggetti semplicissimi». Ma Baccarat prima
di arrivare qui a casa sua c’era? «Potrei dire da
sempre. Per il matrimonio mi regalarono un servizio da dodici di bicchieri Harcourt: sono passati
più di vent’anni, li uso sempre e continuano a piacermi. Penso che oggi più che mai abbiamo bisogno di cose che durino e non passino mai di moda».
Nel suo ufficio, quasi ogni oggetto è un simbolo del suo vissuto («Segnano i passaggi da un incarico all’altro, l’abbandono di un luogo e delle
persone: li porto sempre con me»): due manichini pieni di firme («Fu l’addio della Procter quando passai a Diesel»), un suo ritratto-poster
«scomposto» in piccole foto («Regalo delle agenzie di pubblicità russe»), un’opera d’arte con una
bambina che regge un bambolotto incravattato:
«È un pezzo cinese regalatomi là. Non so se simboleggi il potere delle donne, mi piace sebbene
questo concetto non mi rappresenti: apprezzo le
donne capaci e le aiuto — io stessa ho un team solo femminile — ma non ne faccio una questione
di genere». Sulla scrivania c’è il presente, sotto
forma dello chandelier in cristallo blu scuro di
Philippe Starck: «Sì, classico ma sovversivo. In realtà il design fa parte della storia di Baccarat, una
volta erano gli artisti interni alla fabbrica a creare
gli oggetti, oggi ci sono i designer. Ma vanno indirizzati, per non rischiare di perdere l’essenza»,
afferma. Con il suo arrivo, quest’anno nomi nuovi
e famosi, uno è Nendo: «Ma è rimasto fedele al
nostro dna: ha inventato una scacchiera partendo
❞
Nella mia
carriera in
giro per il
mondo non
ho mai
rinunciato
al ballo:
tre volte alla
settimana
nel salone
delle feste
della sede
faccio
lezione
con le mie
collaboratrici
dai bicchieri Harcourt, i più iconici, interpretati
ma senza ridisegnarli. Quando si ha una storia si
deve guardare avanti ma tenendo ben salde le
proprie radici».
Una carriera internazionale come poche donne
possono vantare, senza rinunciare a una famiglia,
marito e due figli (18 e 16 anni): «Lui è colombiano, ci siamo conosciuti sul lavoro, un percorso si-
Esperienza
Daniela Riccardi,
romana: in 25
anni di carriera
è stata già
ai vertici di
Procter&
Gamble e Diesel
mile al mio, e siamo sempre riusciti a trasferirci
tutti assieme. Credo che il segreto sia avere lo stesso progetto di vita, non vedere il lato del sacrificio
ma dell’avventura da condividere». Progetti? Per
Baccarat quelli che svela sono molto concreti
(«Riorganizzare i prodotti e renderli subito disponibili nei negozi, sviluppare alcuni mercati, l’illuminazione, i bijoux»), ma c’è di più: «Ovunque sia
andata mi sono presa uno spazio per il ballo, studiato per 13 anni e interrotto. A Mosca un corso di
danza classica al Bolshoi, il latinoamericano in Cina e a Milano. Io stessa ho creato un corso e ora lo
propongo qui». Sì, perché tre volte alla settimana
nel salone da ballo della maison Baccarat, lei e le
sue collaboratrici ballano assieme: «Do lezione e
la ricevo, uno scambio bellissimo: barra al centro,
salsa, makumba, il moderno. Alla luce dei nostri
chandelier quasi fossimo delle etoile». Mai tenere
i sogni nel cassetto, dice, ma fare invece piccoli
passi perché si avverino: «Significa essere se stesse e crederci: si è apprezzate di più».
Silvia Nani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Collaborazioni
Abramovic
e Paola Pivi
Gli accordi d’arte
di Moroso
La Performance Moroso a «Manifesta»
Per la X edizione di Manifesta,
Biennale Europea di Arte
Contemporanea, Moroso
presenta le immagini della
collaborazione con Paola Pivi.
L’evento, quest’anno al
Kuryokhin Centre di San
Pietroburgo fino al 31 ottobre,
offre al pubblico una sala di
registrazione e un sound
designer, per creare un nuovo
tipo di musica utilizzando i versi
degli animali. Ad accompagnare
il lavoro dell’artista, intitolato
«Grrr jamming squeak», alcuni
pezzi iconici dell’azienda come
il divano Highlands di Patricia
Urquiola. L’ormai decennale
impegno di Moroso nell’arte,
testimoniato dal Premio
Moroso per l’Arte
Contemporanea, si arricchisce
anche di una nuova
collaborazione con Marina
Abramovic. Moroso realizza 30
pezzi del tavolo «Counting the
Rice», disegnato da D.
Libeskind per la performance
«Counting the Rice» dell’artista,
la quale ha scelto l’azienda come
partner per dare vita a una serie
di oggetti di design.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
40
Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
TEMPI LIBERI
Controcopertina
Sul blog La27ora
Famiglie
Rileggere la Costituzione come atto fondativo di un Paese
che registra i cambiamenti sociali. Lo faranno Luisa Muraro,
Giulia Bongiorno, Michela Marzano, Lea Melandri e Marilisa
D’Amico il 31 ottobre a Roma, alle 10.30 ala Palazzo delle
esposizioni. In 70 anni molte cose sono cambiate, primo fra
tutti la vita delle donne. Dall’istruzione, scudo che rende più
forti sul mercato, al lavoro che con l’autonomia ha aperto la
●
Se le donne rileggono la Costituzione
strada per rivendicare i propri diritti. Alla presenza in politica e
nei ruoli apicali. Cinque articoli saranno discussi e
commentati alla luce di queste trasformazioni. L’iniziativa «In
contropiede. Le donne rileggono la Costituzione» di Se Non
Ora Quando Factory è dedicata a Mariella Gramaglia,
femminista senza etichette deceduta in questi giorni, che
l’aveva progettata.
Tendenze
di Costanza Rizzacasa d’Orsogna
Amal, la sposa
d’altri tempi
che rinuncia
al suo cognome
vvocato di fama
internazionale
rinuncia al proprio
cognome per quello
del marito. Nella migliore
tradizione anni Cinquanta,
Amal Alamuddin ha cambiato
nome in Clooney. Le ragioni,
va da sé, sono anche
politiche. Quel borghesone di
George vuol candidarsi, e una
certa America, inclusa quella
che brama la nuova Jackie
Kennedy, voterebbe con
meno entusiasmo uno con la
moglie dal cognome libanese.
E certo la ragazza può fare ciò
che vuole, e il femminismo
non è riducibile a questioni di
cognomi o peli sulle ascelle.
Ma ricusando il proprio nome
Amal attesta, con buona pace
di Romeo e Giulietta, che
anche donne influenti e di
successo contano meno
dell’uomo che sposano.
«Gesù, ma quale donna non
prenderebbe il cognome di
George Clooney?», civetta Elle
USA. Angelina Jolie, per dirne
una. E Jay Z, marito di
Beyoncé, ha cambiato il
proprio nome in KnowlesCarter: la parità ai figli
s’insegna anche così. Ma il
fenomeno è ahinoi in
diminuzione. Metà degli
americani vorrebbe obbligare
per legge le spose a
rinunciare al proprio
cognome (come fa l’86%); più
del 10% ritiene che la donna
che mantiene il proprio nome
sia meno devota alla famiglia.
E quando Men’s Health ha
chiesto ai lettori quanti
vaglierebbero l’idea di
adottare il cognome della
moglie, solo il 6,4% ha detto
sì. «Chiamatelo orgoglio
maschile, ma non se ne parla:
è rinunciare alla propria
identità». Le donne però
possono farlo? Marito e
moglie sono una cosa sola, sì,
e quella cosa nel 2014 è il
marito.
A
Il film
«Ma come fa a
far tutto?»,
uscito nel 2011
e diretto da
Douglas
McGrath, è
diventato il film
simbolo delle
mamme che
cercano di
districarsi fra
impegni
familiari e di
carriera,
cercando di
dare il meglio
sia su un fronte
che sull’altro. In
questa scena,
la protagonista,
interpretata da
Sarah Jessica
Parker, è alle
prese con la
torta che il
figlio dovrà
portare a
scuola il giorno
dopo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le maledette riunioni delle 17
Perché non spostarle alle 20?
Le convocazioni a scuola a metà pomeriggio e i troppi
sensi di colpa di chi non riesce a uscire in tempo dall’ufficio
L’
unica soluzione è saltarla, anche se è la prima riunione dell’anno
scolastico. È un ragionamento che, prima o poi, tutti
facciamo. Ma stavolta a dare
buca — nel solenne giorno di
presentazione della nuova maestra di matematica — sono
stati quasi tutti i genitori. Nell’imbarazzo generale. È successo all’elementare di via Quadronno, scuola in pieno centro
a Milano: il 7 ottobre, in un incontro di classe alle 5 del pomeriggio, c’erano solo i genitori di 5 alunni su 21. Gli assenti
sono stati stigmatizzati dalla
maestra: «Non avete più tempo
di occuparvi dei figli». Sotto accusa sono finite soprattutto le
mamme, perché sono loro per
tradizione chiamate a seguire i
figli negli impegni scolastici.
Ma se, invece, l’episodio di via
Quadronno servisse per farci
riflettere sugli orari troppo
spesso impossibili delle riunioni scolastiche? Di più: gli
appuntamenti a scuola possono essere considerati l’emblema degli impegni che costringono le madri a fare i salti mortali. E, allora, non sarebbe più
giusto che fossero proprio le
scuole, dove si formano le generazioni future, a dare il messaggio che è possibile tenere
insieme famiglia e lavoro, fissando le riunioni più tardi, magari alle 8 di sera? Non potreb-
Semideserte
Alla presentazione
della nuova maestra
di matematica c’erano
solo 5 genitori su 21
be partire anche da qui la conciliazione o, per lo meno, la
semplificazione della vita delle
mamme lavoratrici?
Al di là del caso specifico, le
riunioni a scuola sono per lo
più in orari lavorativi. Se le
mamme (e i papà) lavorano come fanno? Interrompere la riunione a metà, chiedere il cambio di un turno a un collega,
uscire dall’ufficio prima, mette
sempre le mamme nella condizione di doversi giustificare.
Uno stress! «Non ho mai capito
quelli che tirano un sospiro di
sollievo quando ricomincia la
scuola. Per poter riuscire a organizzarsi la giornata senza dover pensare a dove sistemare i
figli, dicono. Tutto il contrario
— scrive la politologa Elisabetta Gualmini, 46 anni e madre di
due bambini, autrice di “Le
mamme ce la fanno” (ed. Stra-
Mart—Rovereto
90%
dei bambini
delle
elementari di
Milano segue
il tempo pieno
16
e 30 l’orario
d’uscita dei
bambini, con
tanto di pranzo
in mensa
Corso Bettini, 43
38068 Rovereto / TN
Orari d’apertura
Mar / Dom 10.00 / 18.00
Ven 10.00 / 21.00
Lunedì chiuso
de Blu, Mondadori) —. È qui
che le campionesse del multitasking devono affilare le armi
per scendere in campo e iniziare la battaglia».
Così c’è chi — com’è successo in via Quadronno — molla
la presa: «Forse, arrivate all’ultimo anno, siete stufe di sentirvi dire sempre le stesse cose
nelle riunioni», si legge nell’email che la rappresentante di
classe ha inviato alle assenti.
Ma alla comprensione segue il
rimbrotto: «Credo che per un
certo “senso del dovere” —
continua l’email — sarebbe
stato simpatico raggiungere almeno il quorum. Abbiamo battuto ogni record e mi sono un
po’ vergognata. Immagino che
tutte/i abbiate motivazioni e
ovviamente non mi interessa.
Volevo farvi solo partecipi di un
mio disagio. Inutile sottolineare lo stupore della maestra».
Eppure. A Milano oltre il 90%
dei bambini delle 500 scuole
elementari pubbliche fa il
«tempo pieno»: i genitori lasciano i figli a lezione fino alle
4 e mezzo del pomeriggio, con
tanto di pranzo nella mensa
scolastica (l’alternativa è prenderli a fine mattinata). La scelta
è un buon termometro della situazione: il «tempo pieno» è
utilizzato dai genitori che lavorano e non hanno orari né autonomi né flessibili.
Ma, allora, a maggior ragione, che senso hanno le riunione a metà pomeriggio? Solo le
mamme che lavorano part-time possono andarci senza
stramazzare dalla fatica. «Chiedere alle maestre di tornare in
classe alle 8 di sera è pretendere troppo», fa notare, però,
Gualmini. Ma il problema —
più che il ritorno a scuola in serata — è lo scandalo tutto italiano dello sfruttamento degli
insegnanti, decisamente sottopagati. Chiedergli uno sforzo in
più, in queste condizioni, risulta difficile. Lasciamo, però, almeno alle mamme (e ai papà) il
diritto di ribellarsi alle riunioni
alle 5 del pomeriggio senza
(troppi) sensi di colpa. Scrive
Gualmini: «Se hai partecipato
alla riunione iniziale a scuola
sbracciando, sgomitando e calpestando il diritto alla parola
degli altri, ponendo ben tre domande per fare assolutamente
notare che quella volta c’eri,
questo è valido per saltare le
successive due?».
Simona Ravizza
@SimonaRavizza
© RIPRODUZIONE RISERVATA
0 4 /1 0 .1 4 — 2 0 / 0 9 .1 5
2014
Mart Rovereto
Museo di arte moderna
e contemporanea
di Trento e Rovereto
41
Info e prenotazioni
800 397760
+39 0464 438887
[email protected]
mart.trento.it/guerra
twitter: @mart_museum
1914
In partnership con
Media partner
Partner tecnico
42
Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
43
Economia
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La Lente
di Francesca Basso
Municipalizzate
e aggregazioni,
incentivi
per i Comuni
A
desso c’è anche una
data: entro il 31
marzo 2015 gli enti
locali dovranno approvare
un piano di
razionalizzazione delle
società e delle
partecipazioni societarie
detenute, le modalità e i
tempi di attuazione e il
dettaglio dei risparmi: lo
prevede l’articolo 43 della
legge di Stabilità, molto
attesa dai soci pubblici
delle multiutility per capire
eventuali incentivi alle
aggregazioni. Le spese in
conto capitale effettuate
con i proventi derivati dalla
dismissione o quotazione
sono esclusi dai vincoli del
patto di Stabilità. Il primo
passo è stato fatto, osserva
Mediobanca Securities, ma
entro fine anno servirebbe
una legislazione ad hoc. In
Borsa volano A2A (+5%),
Acea (+4,8%), Hera (+4,7%).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Auto in Europa, la ripresa di settembre
Sale il mercato (+6,1%) ma l’Italia resta indietro (+3,3%). Fiat-Chrysler, nuovo exploit di Jeep
MILANO La ripresa, a questo
punto, può essere messa in
conto. Per l’auto europea non
sono ancora numeri da boom,
e restano comunque lontanissimi i picchi (ma anche i livelli
medi) degli anni pre-crisi. Settembre però va in archivio con
un incremento del 6,1%, che
porta a poco meno di 1,270 milioni le vetture immatricolate
nelle 28 nazioni dell’Unione allargata e dell’Efta.
In linea con i dati continentali torna Fiat Chrysler Automobiles. Sconta sempre la debolezza dell’Italia, che con un
+3,3% continua a non tenere il
passo degli altri grandi mercati
(a partire da quelli maggiormente penalizzati dalla recessione: la Spagna segna per
esempio un aumento a doppia
cifra, il 26,2%; la Francia viene
subito dopo con il +6,3%; Regno Unito e Germania superano il 5%). Fca recupera tuttavia,
evidentemente, con le vendite
negli altri Paesi e chiude il proprio bilancio europeo in rialzo
del 6%. Significa 69 mila vetture
immatricolate, che portano a
588 mila il totale da gennaio e
confermano la quota del 5,4%
registrata a settembre 2013.
Sono numeri che incorporano l’ennesimo exploit di Jeep.
La corsa del brand, prima praticamente inesistente in Europa,
mette a segno un altro +61%
(3.600 auto). E se, per contro,
rispetto alla media rallenta un
Le immatricolazioni nell’Ue
I principali paesi
Regno Unito
Germania
Francia
Italia
Spagna
Belgio
UE28
Set. 2014
425.861
260.062
151.089
110.436
57.010
36.383
● Il commento
Set. ‘14/set. ’13
+5,6
+5,2
+6,3
+3,3
I primi scenari
degli stress test
e le ipotesi Mps
+26,2
1.269.517
*differenza settembre 2014/settembre 2013
Fonte: Acea
d’Arco
Lusso
Jimmy Choo
mini-rialzo
Esordio cauto per le scarpe
Jimmy Choo alla Borsa di
Londra. Il marchio di calzature
reso famoso dalla serie tv «Sex
& the City» ha archiviato la
prima seduta nella City con un
timido +2,9% a 144 pence. Un
risultato in parte deludente se
si pensa che al termine
dell’offerta, condizionata dalle
turbolenze sui mercati, è stato
fissato il prezzo minimo della
forchetta (140 e 180 pence). La
valutazione dell’intera società
è stato 545,6 milioni di
sterline. In Borsa è quotato il
25,9%.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
po’ Fiat (+4,2%), il marchio consolida comunque la leadership
assoluta tra le «piccole» e le citycar: 500 e Panda rimangono i
modelli più venduti nel continente e, insieme, coprono una
quota pari al 28,7% del segmento A. Quasi un’auto su tre.
Per il mercato nel suo complesso, la performance di settembre porta ormai a 13 i mesi
consecutivi di crescita. Adesso,
dopo il rallentamento che in
agosto aveva risollevato timori,
il trend può essere considerato
stabile. La cautela certo non è
sparita, visto il quadro economico generale. Nonostante tutto, però, ci sono fattori di relativo ottimismo. Secondo Carlos
da Silva, responsabile europeo
di Ihs Automotive (il maggior
istituto internazionale di analisi del settore), il principale è legato proprio alla ciclicità dell’industria automobilistica:
«Comunque vada l’economia,
dopo il crollo della domanda
degli ultimi anni molti mercati
devono necessariamente rinnovare il parco circolante. È la
chiara ragione di performance
impressionanti come quella di
Grecia o Portogallo», dove le
immatricolazioni sono aumentate del 32,6% e 31,5%.
Costretti all’acquisto perché
le vetture troppo vecchie semplicemente non vanno più, in
altre parole. Fattore che, in parallelo, spiega anche la cautela
di fondo e la lentezza di una ripresa che è in realtà un rimbalzo forzato: sufficiente a far prevedere a Ihs una crescita 2014
del 5,2%, poco sopra i 12,5 milioni di immatricolazioni (esattamente 12,570, per il Centro
Studi Promotor), ma cui mancano ancora tre milioni di veicoli per tornare ai livelli precrisi.
Raffaella Polato
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Borse e spread, Milano recupera il 3%
La Bce avvia l’acquisto dei covered bond per aumentare la liquidità
ROMA Si
placano le tensioni sui
mercati nell’ultimo giorno della settimana borsistica. Dopo
due sedute burrascose, le piazze finanziarie europee hanno
ripreso slancio sulla scia della
brillante partenza di Wall Street, spinta dai positivi dati sulla
fiducia dei consumatori Usa:
Piazza Affari, dopo aver perso
nei giorni scorsi oltre cinque
punti percentuali, ha chiuso
con un guadagno del 3,38% a
18.700 punti. Anche lo spread
tra i rendimenti dei Btp e dei
Bund a dieci anni ha recuperato calando a 164 punti, con il
tasso dei titoli italiani rientrato
sotto il 2,50%.
Lunedì con la nuova settimana dei mercati inizierà il conto
alla rovescia per i risultati delle
verifiche sui bilanci e degli
stress test condotti dalla Bce
che saranno comunicati alle
banche interessate venerdì e al
pubblico domenica 26. L’attesa
si ripercuoterà inevitabilmente
sui mercati.
Sempre lunedì Bankitalia e
le altre banche centrali nazionali dell’Eurozona potranno
iniziare gli acquisti di covered
bond, titoli bancari garantiti,
secondo le indicazioni date ieri
dalla Bce. Si tratta di una delle
di Carlo Turchetti
+4,3
+6,1
misure straordinarie approvate
dal Consiglio direttivo della
Bce nel giugno scorso e confermate nella riunione di Napoli il
2 ottobre. E si tratta anche di un
timido assaggio di quantitative easing, lontano però ancora
dalle attese di molti investitori
per un acquisto massiccio di titoli pubblici.
S.Ta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Alessandro Profumo ha
convocato il consiglio di
Banca Mps per il 28 ottobre
riservandosi, in caso
d’emergenza, di anticiparlo
di due giorni. Cioè quando
la Bce comunicherà i
risultati di «asset quality
review» e stress test sulle
128 banche europee
condotti con l’Eba. Tra i 15
istituti italiani Mps è quello
che rischia di più e il
momento della verità
scatterà la sera del 23
ottobre, visto che
l’amministratore delegato
Fabrizio Viola, come tutti i
banchieri, riceverà
l’informativa Eurotower con
circa due giorni di anticipo.
Circolano anche dei numeri
dal board del 9 ottobre.
Sarebbe stato lo stesso
Viola, a latere del consiglio
e fuori verbale, ad
aggiornare sugli incontri
con i funzionari Eba e Bce.
Secondo alcuni scenari il
Monte potrebbe avere un
deficit di capitale tra 500
milioni e 1,7 miliardi.
Questo secondo analisi
ufficiose. La Borsa, abituata
a scommettere, ha
schiacciato il titolo fino al
minimo dell’altro ieri (0,817
euro). Viola è convinto di
non aver ancora perso la
battaglia.
Il deficit, se ci sarà,
dovrebbe stare nella parte
bassa della forchetta. Per
uno shortfall di capitale di
500 milioni si possono
trovare facilmente rimedi.
Se il verdetto fosse più
pesante sarebbe difficile
evitare un nuovo aumento
di capitale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
44
PRESENTA LA WEB SERIE
ONLINE SU CORRIERE.IT
La Scelta di Catia è la nuova web serie di Corriere della Sera: 10 puntate, 60 giorni di navigazione con il comandante
Catia Pellegrino e i suoi uomini sulla nave Libra, nello stretto di Sicilia, a salvare vite umane.
Un esercito di persone spinto dalla disperazione, nel mediterraneo, davanti alle nostre coste.
La realtà è sempre come ci appare?
REGIA DI ROBERTO BURCHIELLI
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IN COLLABORAZIONE CON
La scelta di Catia è anche visibile all’indirizzo marina.difesa.it
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
ECONOMIA
45
Gomma sintetica
«Le Monde»
Pirelli e Rosneft cercano nuovo partner in Russia Bolloré pronto a un’offerta su Havas
Calcio in Borsa
Juventus, il fondo Lindsell Train sale al 5%
Pirelli e Rosneft avviano la ricerca di un partner tecnologico per
accelerare lo sviluppo delle attività nella gomma sintetica nella
regione russa di Nakhodka. In base all’accordo tra la Bicocca e il socio
russo, siglato ieri, Rosneft e il nuovo partner analizzeranno le
modalità per l’avvio della produzione congiunta di gomma sintetica,
mentre Pirelli collaborerà nella ricerca e sviluppo, con un’opzione per
ottenere una fornitura di lungo termine della gomma prodotta.
Lindsell Train Ltd è salito lo scorso 13 ottobre dal 2,201%, che già
possedeva, al 5,02% del capitale sociale della Juventus. Lo si legge
negli aggiornamenti diffusi dalla Consob. Il fondo di investimento
britannico era entrato nell’azionariato del club bianconero nel
febbraio del 2012. Fondato nel 2000 da Michael Lindsell e Nick Train
si occupa della gestione di titoli in particolare britannici e giapponesi
per clienti istituzionali e, si legge sul suo sito internet, investe in
società in crescita per profitti e flussi di cassa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il finanziere bretone e presidente del Consiglio di sorveglianza di
Vivendi, Vincent Bolloré sarebbe pronto a salire nel capitale sociale di
Havas, il gruppo pubblicitario di cui detiene già il 36,91%. A rivelarlo
è «Le Monde» secondo il quale Bolloré si appresterebbe a lanciare
un’offerta pubblica di scambio su Havas. Il titolo Havas e quello del
gruppo Bolloré sono stati sospesi alla Borsa di Parigi dall’Amf, la
Consob francese. Bolloré è entrato nel 2004 nel capitale di Havas.
Vivendi dal canto suo detiene il 5% del gruppo pubblicitario francese
Telecom «congela» l’operazione Oi
I decreti sulle rinnovabili
Bollette elettriche,
Lo stop dopo gli incontri di Patuano in Brasile con il governo e gli azionisti della società meno incentivi
Trasferta
● Con
l’occasione di
Futurecom, il
maggior
evento
dell’America
Latina dedicato
al mondo delle
tlc, Marco
Patuano,
amministratore
delegato di
Telecom Italia,
ha fatto questa
settimana un
lungo giro in
Brasile per
capire quanto
spazio ci sia per
l’operazione
con Oi, in un
mercato in cui i
tassi di crescita
nella telefonia
sono ancora
consistenti
MILANO L’interesse resta. Ma
per arrivare a conquistare Oi la
strada non è semplice e nemmeno rapida. Approfittando
dell’occasione di Futurecom, il
maggior evento dell’America
latina dedicato al mondo delle
telecomunicazioni, l’amministratore delegato di Telecom
Italia, Marco Patuano, ha fatto
questa settimana un lungo giro
in Brasile per capire quanto
spazio c’è per fare l’operazione.
I riscontri sarebbero stati positivi, ma i tempi non sono ancora maturi.
Per il gruppo telefonico la
conquista di Oi sarebbe la migliore risposta dopo che si è visto sfilare Gvt da Telefonica
perdendo un’opportunità di
crescita in Brasile. Da un matrimonio tra Oi, leader nella telefonia fissa, ma quarto nel mobile, e Tim Brasil nascerebbe il
primo player integrato di un
mercato in cui i tassi di crescita
nella telefonia sono ancora
piuttosto consistenti. La combinazione, tuttavia, almeno secondo il piano a cui sta lavorando il Banco Bradesco, porterebbe Telecom ad avere una
quota di maggioranza per la
quale è necessario il benestare
della politica. I cui equilibri dipendono dal ballottaggio che
tra dieci giorni deciderà il nuovo presidente del Brasile. Serve
tempo, insomma.
Nel tour brasiliano Patuano
ha avuto colloqui con il mini-
stro delle comunicazioni Paulo
Bernardo, con l’Antitrust e con
alcuni dei grandi soci di Oi, tra
cui Bndesp, il braccio operativo
del Banco nacional do desenvolvimento, e Btg Pactual. Gli
incontri avrebbero convinto
14,3
Miliardi di euro
l’indebitamento di Oi
La protesta contro la chiusura dell’acciaieria
Terni, 30 mila
in piazza
Almeno in 30 mila hanno manifestato ieri a
Terni durante lo sciopero generale indetto da
Cgil, Cisl e Uil contro la chiusura dell’acciaieria
Ast (ThyssenKrupp). In piazza i leader di Cgil,
Susanna Camusso, e di Uil, Luigi Angeletti.
Patuano della bontà dell’operazione ma anche confermato le
difficoltà ad ottenere la maggioranza di Oi e che i tempi non
sono maturi. La società brasiliana ha in corso un complesso
processo di fusione con Portugal Telecom che porterà alla diluzione degli attuali azionisti,
trasformando Oi in una public
company, e all’alleggerimento
del debito che è pari a 14 miliardi di euro. La fusione, più volte
rinviata, è prevista per l’inizio
del 2015. Dopo le elezioni,
quando il quadro politico sarà
chiaro, lo scenario potrebbe
tuttavia cambiare e non è
escluso che la stessa Oi possa
bussare a Telecom per trovare
uno sbocco. Una possibilità
che Patuano non escluderebbe
e per questo avrebbe messo in
stand-by il dossier.
Che tuttavia non è l’unico sul
tavolo di Telecom. C’è l’affare
Metroweb, ma soprattutto il
dossier Mediaset su cui secondo alcune voci sarebbero stati
avviati i primi sondaggi informali con l’Antitrust e l’AgCom
per capire la compatibilità di
un’integrazione.
Federico De Rosa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I primi tre provvedimenti di
attuazione delle norme per la
riduzione delle bollette
elettriche, specie per le pmi,
sono stati firmati ieri dal
ministro dello Sviluppo
economico, Federica Guidi. Le
norme del decreto
Competitività dovrebbero
portare a una riduzione degli
oneri di incentivazione da
fotovoltaico e da rinnovabili tra
500-700 milioni all’anno.
Poste
Furlan: Caio non è
Mago Merlino
Anna Maria Furlan parte dalle
Poste. Il neosegretario della
Cisl ieri è intervenuta a Perugia
al consiglio generale del Slp, il
sindacato lavoratori Poste della
Cisl. L’azienda starebbe
preparando un piano da 17-20
mila esuberi. «So che
l’amministratore Francesco
Caio ha esperienza, ma senza i
lavoratori delle Poste né Mago
Merlino né lui può farcela».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
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Sol Invictus Absolute Return
14/10
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16/10
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79,651
103,093
108,655
81,843
103,137
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25,908
6,680
6,850
6,995
6,732
12,860
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12,059
12,074
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10,441
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6,487
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9,121
6,343
13,015
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4,990 Global Equity
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59,670
43,150
La lista completa dei comparti Invesco autorizzati in Italia
è disponibile sul sito www.invesco.it
Invesco Funds
Asia Balanced A
Asia Balanced A-Dis
Asia Consumer Demand A
Asia Consumer Demand A-Dis
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5,709
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10,827
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Nel caso di immobili esenti dall’indicazione, riportare la dicitura “Immobile
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KIS - Multi-Str. UCITS D
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Quota/pre. Nome
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HIGH GROWTH CAP RET EUR
ITALY CAP RET A EUR
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Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
ECONOMIA/MERCATI FINANZIARI
● Piazza Affari
47
Sussurri & Grida
Google batte Goldman Sachs, più fondi a Washington
di Giacomo Ferrari
(m.sid.) È nata la House of Algorithms? Qualcuno in Rete, ieri, si domandava se Google voglia
ora eleggere il nuovo presidente Usa. Detto così,
magari, è troppo forte (fosse così facile). Ma certo la volontà di influenzare le prossime elezioni
di mid-term c’è tutta e ha un nuovo indicatore: la
società guidata da Larry Page ha infatti speso tramite il suo organismo di azione politica,
NetPAC - 1,43 miliardi di dollari nel 2014, più di
Goldman Sachs (1,4) «famosa per le sue connessioni politiche», come sintetizzava ieri il Ft. Google era già nota per essere la società che investe
di più in lobbying a livello di comunità europea.
Ma nel quadro del Vecchio continente è evidente
che la spesa serve più che altro per fare lobbismo
regolatorio. Mentre negli Stati Uniti — dove, ricordiamolo, i finanziamenti alla politica non solo sono leciti ma sono anche il principale strumento di alimentazione dei due schieramenti in
campo, repubblicani e democratici — la partita
serve a influenzare le scelte di politica interna.
Come la stretta dei democratici sulle politiche di
elusione fiscale di tutta l’industria tecnologica.
smarteconomy.corriere.it
Il recupero delle Popolari
Giù solo Tenaris e Cnh
I
l rimbalzo è arrivato proprio nell’ultima
seduta della settimana ed è tutto targato
Usa. Le trimestrali positive e il
miglioramento della fiducia dei consumatori
hanno rilanciato Wall Street, che ha poi
trainato le Borse europee. Quanto a Piazza
Affari, il Ftse-Mib ha recuperato il 3,41%
grazie al forte rimbalzo di Autogrill (+7,95%)
e dei titoli bancari, favoriti dallo spread
sceso a 161 punti base. La Popolare
dell’Emilia Romagna ha guadagnato il
7,28% e il Banco Popolare il 7,22%. Bene
anche Yoox (+7,12%); fra le blue-chips hanno
chiuso in negativo solo Tenaris (-1,58%),
all’indomani dell’investor day di New York, e
Cnh Industrial (-1,19%) che ha parzialmente
corretto la performance di giovedì.
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La squadra Pimco si
mette in vetrina
(giu.fer.) Dopo l’addio di Bill
Gross, Pimco sente il bisogno
di mostrare le facce della squadra al comando. Finora Gross era stato il volto
della società che aveva fondato e della quale era
diventato chief investment officer (Cio), ruolo
condiviso fino a gennaio, anche a livello di immagine pubblica, con l’ex Ceo Mohamed ElErian. Con la duplice partenza dei due top manager in meno di un anno, il gruppo si è accorto di
avere un problema. Così sulla stampa finanziaria
la società numero uno mondiale degli investimenti in obbligazioni, con circa 2 mila miliardi
di dollari gestiti, ha comprato pagine di pubblicità per fare vedere i volti di chi oggi guida
l’azienda. «We are Pimco» dice il titolo che accompagna le foto dei 6 top manager al vertice e il
loro ruolo: Daniel Ivascyn (nella foto), global
Cio; Andrew Balls, Cio e responsabile globale del
reddito fisso; Mark Kiesel, Cio e responsabile
globale del Credito; Virginie Maisonneuve, Cio
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!k‰b‰k±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®!¯
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!!kb ±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®!!¯
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!˜Îk ,@ÅX†‰ /‰±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®!,/¯
!Ý‰k“@ß±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®!!¯
!×Î׉˜‰˜k K±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®!$¯
" "‰Xk K ±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®"
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"Ý@Âk±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®".¯
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,‰@~~‰ ±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®,¯
,‰kÂÂk ±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®,.¯
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,‰˜‰˜x@‰˜@ ±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®,"¯
,‰¶×@b±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®,-¯
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/@Ýk ±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®/8¯
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/˜@‰±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®/"¯
/˜@“ @Å ±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®/.¯
/~kx‰ K±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®/$¯
/ ±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®/$¯
/Â‰˜ ±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®/."¯
/¬@Xk ±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®/,¯
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3 3 @˜X@±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®3¯
3˜‰XÂkb‰Î±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®3
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8 8@Å‰@±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®8/¯
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8‰ÎΝ‰@ Åű K ±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®8/¯
9 9Âb ×Îà Âkk ±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®9¯
; ;ß K±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®;$$:¯
> >‰~˜@~ 8kΝ K±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±±®>8¯
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Dieci in gara per l’ex sede Unicredit di Piazza Cordusio
(f.d.r.) Le offerte sono arrivate giovedì sera. Per
ora sono manifestazioni di interesse, e quindi
non vincolanti, ma la valorizzazione dell’immobile di Piazza Cordusio che una volta ospitava la
sede di Unicredit sarebbero tutte sopra i 350 milioni di euro. Una cifra che rispetta le attese di
Idea Fimit, proprietaria del palazzo che rappresenta il pezzo più pregiato del fondo Omicron
Plus Immobiliare. La proposte sono arrivate da
dieci big del mercato, tra cui il fondo Cerberus,
Blackstone, Hines, Sorgente e Jp Morgan. Ora
Idea Fimit insieme all’advisor Cbre passerà alla
fase di analisi delle offerte per poi finalizzare la
gara e iniziare la trattativa per la vendita.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
48
Cultura
& Spettacoli
La provocazione
Handke: ok Modiano
ma Nobel da abolire
Elogi per Modiano ma critiche al
Nobel come riconoscimento. È la
posizione di Peter Handke
(1942) scrittore austriaco
residente a Parigi, quest’anno
tra i candidati al premio. Handke,
all’agenzia di stampa austriaca,
Apa, ha dichiarato
apprezzamento per il Nobel
della letteratura a Patrick
Modiano («un autore notevole
con un’opera unica») che, a
differenza dell’ultimo Nobel
francese Jean-Marie Gustave Le
Clézio, è per lui un bravo
scrittore: «Questa è una cosa
molto rara», ha spiegato. Da
Handke, che in passato ha
tradotto Modiano in tedesco,
sono giunte anche critiche al
premio definito una «falsa
canonizzazione» della
letteratura: «Il premio Nobel
andrebbe abolito».
Commedia umana
Nella vicenda di un ricco personaggio rovinato dalle speculazioni
un autore «grande e innocente» riassume la febbre della borghesia
La vita secondo Balzac
Una lozione per capelli
e il denaro della Francia
Storia dell’olio di Birotteau, il commerciante che ipotecava il futuro
di Pietro Citati
N
el 1836, Honoré de Balzac aveva trentasette anni. Quando lo vide, Alphonse de
Lamartine disse che «era grosso, spesso, quadrato, alla base e alle spalle; il
collo, il petto, il corpo, le cosce, le membra possenti; la vastità di Mirabeau, ma nessuna pesantezza. Aveva un’anima così grande che essa portava tutto quanto leggermente, gaiamente, come
un involucro agile. Le sue braccia corte gesticolavano con facilità; parlava come parla un oratore. Le sue mani grasse e larghe si esprimevano
agitando tutto il suo pensiero». Un’amica della
moglie, Sophie Koslowska, scriveva nello stesso
tempo a suo padre: «Non può essere chiamato
un bell’uomo, perché è piccolo, grasso, rotondo,
tarchiato: ha delle spalle larghe, quadrate, una
grossa testa, un naso come della gomma elastica, una bocca bellissima ma quasi senza denti.
Ma c’è nei suoi occhi bruni, un fuoco, un’espressione così forte, che, senza volerlo, siete obbligato a dire che ci sono pochi uomini così belli. Ha
una volontà e un coraggio di ferro. Congiunge
alla grandezza e alla nobiltà l’innocenza del
bambino. È pieno di illusioni e di buona fede».
Appariva nei salotti di Parigi come un fulmine, parlando, folgorando, dominando: viaggiava volentieri, in Austria e in Italia, quando la tensione della scrittura gli impediva di chiudersi in
casa; ma il suo vero luogo era lo studio, dove
concepiva e scriveva i suoi romanzi. Lavorava
moltissimo, come «una macchina a vapore»:
ventiquattro ore di seguito, e poi un sonno di
cinque ore: andava a letto alle sei di sera e si svegliava a mezzanotte: combatteva con la carta e i
pensieri come un soldato sul campo di battaglia: restava tutta la notte sotto la luce di un paralume, davanti alla carta bianca, a volte senza
trovare una parola, sentendo il rumore del fuoco e quello delle carrozze; ed era fiero di non
macchiare mai d’inchiostro le maniche della
sua vestaglia bianca.
Spesso era malato. Dolori al fegato, infiammazioni agli occhi e alla gola, sofferenza di stomaco, rivoluzioni sanguigne e nervose, infiammazioni alle viscere. Qualche volta, perdeva il
senso della verticalità, persino a letto, e capiva
come Pascal fosse giunto a scorgere un abisso ai
suoi lati. Un giorno, ebbe un colpo di sangue,
sentì brusii nella testa, e cadde a terra mentre
camminava nel parco. Non sappiamo se oltrepassasse le proprie forze, lavorando troppo; o se
la malattia abitasse e covasse dentro il suo corpo
fragile. Conosceva un solo, vero rimedio: il sonno: scendeva dentro gli abissi di sé stesso e della
natura: dormiva per sedici o ventiquattro ore di
seguito; e quel sonno profondissimo e tenebroso gli permetteva di rialzarsi e di tornare al tavolino per ore e ore, al fondo delle quali intravedeva un altro sonno sterminato.
✽ ✽ ✽
Aveva un senso ricchissimo dell’unità di tutte
le cose: era il suo istinto primordiale. Nel Lys
dans la Vallée, che finì di scrivere nei primi mesi
del 1836, parlava dell’unione del sole e delle acque, dei fiori e delle anime, degli animali e dei
vegetali, che si scioglievano in un’ondulazione
luminosa. Nella Grandeur et décadence de César
Birotteau, pubblicato nel dicembre 1837, tutto è
denaro: la vitalità, la forza, l’energia, le sensazioni, i pensieri di una persona che nasce, cresce e
muore, sono denaro che si diffonde nel mondo;
quel denaro che, come dice un suo personaggio, non conosce nessuno: «Non ha orecchi, il
denaro; non ha cuore, il denaro».
Nella Grandeur et décadence de César Birotteau, il denaro ha un aspetto particolare: non la
pura speculazione, che sarà riservata alla Maison Nucingen, ma il commercio. Come la
Comédie humaine ci racconta, i commercianti
dell’epoca di Luigi Filippo affondano le loro ra-
Ottocento
● Honoré de
Balzac nacque
a Tours nel
1799 e morì a
Parigi nel 1850.
È uscito per
Castelvecchi
Balzac. Il
romanzo della
sua vita di
Stefan Zweig
● A fianco:
Gustave
Caillebotte:
L’homme au
balcon,
boulevard
Haussmann,
1880
dici nella società della fine del diciottesimo secolo: hanno scalzato l’aristocrazia: sono onnipotenti: sono il cuore e il motore della vita; e solo gli artisti li scherniscono. Balzac non nasconde la loro avidità: il loro fisico desiderio di
denaro, anzi di oro, che cola tra le loro mani come un fluido vitale. Ma questa avidità viene trasformata. Nel caso di César Birotteau, essa è una
virtù: la probità del commerciante; e assume,
specie verso la fine del romanzo, l’aspetto di
una vera e propria religione, che ha i suoi santi
e i suoi martiri.
Quella di César Birotteau è un’ossessione: ci
sono gesti, parole, che egli ripete sino alla fine
del libro, come se fosse preda di una vera e pro-
pria mania. Solo che bisogna intendere mania
nel senso in cui lo intendevano i greci: follia creativa, ispirazione, vocazione, genio. Egli inventa, fa progetti e poi li attua: ognuna delle sue
scoperte ha l’ardire e la novità con cui l’alchimista scopre il lapis philosophorum o Newton le
leggi dell’universo; non importa che ciascuna di
esse abbia qualcosa di grottesco, perché in Balzac l’ispirazione (o il sacro) e il grottesco fanno
uno. Birotteau ha già inventato la Double â pate
des sultans e l’Eau carminative: ora sta inventando un’essenza per impedire la calvizie e far
crescere i capelli: l’Huile comagène o l’Huile
céphalique o l’Huile césarienne, che porta il suo
nome, come la Gioconda porta il nome di Leo-
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
● In pagina
La mucca
scomparsa
di Paola Capriolo
CULTURA
na mucca che appare e scompare
misteriosamente dal cortile di una
scuola; la sparizione altrettanto
misteriosa di una maestra che
forse è stata nascosta nei sotterranei
dell’edificio; la decisione da parte di un
gruppo di allievi di improvvisarsi
investigatori per risolvere l’enigma:
U
Premiato
nardo da Vinci. Ogni invenzione di Birotteau è
infinitamente complessa, come è complessa
ogni invenzione psicologica e narrativa di Balzac. Se la Comédie humaine riposa su un’intuizione scientifica della Natura, anche l’Huile comagène o l’Huile céphalique affondano le loro
radici nella scienza del capello. César Birotteau
studia la loro composizione; e si rivolge a uno
dei più grandi sapienti di Francia, Vauquelin
che ha scritto un saggio per l’Accademia delle
scienze: «I capelli sono formati — egli scrive —
da una quantità molto grande di muco, da una
piccola quantità di olio bianco, molto olio neroverdastro, ferro, qualche atomo di ossido di
manganese, fosfato di calcio, una piccola quantità di carbonato di calcio, silicio e molto zolfo.
Le differenti proporzioni di queste materie danno i differenti colori dei capelli».
Questa è la prima fase dell’invenzione: Birotteau estrae dalle nocciole l’olio — l’olio quasi
miracoloso — che impedisce la caduta dei capelli e li fa crescere folti. Quando possiede l’Huile comagène, lo rinchiude in flaconi appositamente studiati: li espone nelle vetrine dei negozi e li affida a dei geniali commessi viaggiatori,
uno dei quali è «l’illustre» Gaudissart. Qui comincia il regno della pubblicità, di cui Balzac
esalta e schernisce i primi trionfi: gli affissi, gli
annunci nelle vetrine e nei piccoli giornali; pubblicità che egli si rifiuta di chiamare «ciarlataneria». Gaudissart ha il dono del generale napoleonico, la potenza del magnetismo commerciale,
l’occhio delicato e gioioso, il viso espressivo, la
memoria infaticabile, lo sguardo abilissimo nel
cogliere i gusti di ciascuno.
César Birotteau ha un limite, che è lo stesso limite di Balzac: vive nel futuro, ipoteca il futuro.
Mentre non ha ancora fabbricato l’Huile comagène, immagina già di aver conquistato Parigi e
la Francia, tutti i francesi e forse gli europei, con
la sua essenza nutritiva e corroborante. Il linguaggio lo tradisce: quello che egli usa ogni
Parabole
Travolto da un insuccesso
finanziario, alla fine viveva
con mortificazione,
sentendosi come Cristo in croce
giorno e nella pubblicità, non è semplice e concreto, ma pomposo, pretenzioso, pieno di
espressioni tecniche e retoriche, di pesanti allusioni culturali, come quando ricorda Boileau e
la querelle tra «antichi» e «moderni». Esso cede
alla pesante autoesaltazione, che César Birotteau fa di sé stesso e delle sue imprese.
Nella Comédie Humaine le persone e le cose
del mondo conoscono un doppio movimento:
la crescita, fino all’apogeo, e la caduta; lo slancio, il trionfo e la catastrofe.
Ciò accade alle persone, alle città, alle nazioni, alle idee, alle istituzioni e ai commerci. Accade anche a César Birotteau, che crolla nel momento stesso in cui raggiunge l’apogeo. Dà un
ballo costosissimo nella sua casa restaurata, dove, contro le sue abitudini e i consigli della moglie, invita troppe persone. E poi, uscendo dalla
sua vocazione, si abbandona alla speculazione
fondiaria, acquistando un terreno fabbricativo
alla Madeleine. Più oltre sta soltanto il gioco in
borsa, dove Birotteau non si perde: il luogo di
Nucingen, il Napoleone della finanza. Giunge la
catastrofe: il Fallimento, che assume in Balzac
un’aura tragica, come il fato greco o la passione
cristiana.
Così César Birotteau diventa una reincarnazione di Cristo. «Figlio mio gli dice un sacerdote, i vostri sentimenti di rassegnazione alla volontà divina mi sono conosciuti da lungo tempo, ma si tratta di applicarli: abbiate sempre gli
occhi sulla croce, non cessate di guardarla pensando alle umiliazioni di cui fu abbeverato il
Salvatore degli uomini, quanto la sua passione
fu crudele; così voi potrete sopportare le mortificazioni che Dio vi manda».
Birotteau sale sulla croce del Fallimento. Ma,
come Cristo risorge il terzo giorno, egli viene
riabilitato per ordine del re, in cui crede, e risorge, mentre muore per un aneurisma. «”Ecco la
morte del giusto” dice il sacerdote con una voce
grave, mostrando César con uno di quei gesti divini che Rembrandt immagina nel suo quadro
su Cristo che richiama Lazzaro alla vita».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
● Frank Owen
Gehry (nella
foto Afp) nasce
a Toronto, in
Canada, il 28
febbraio 1929
da una famiglia
di ebrei
polacchi. Nel
1947 si
trasferisce con
la famiglia a
Los Angeles:
qui, nel 1954 si
laurea in
architettura e
apre il suo
studio. Tra le
sue opere più
celebri: la Walt
Disney Concert
di Los Angeles
(1989), il
Guggenheim di
Bilbao (1996),
l’Iac Building di
New York
(2007). Nel
1989 gli viene
assegnato il
Pritzker Prize
● La Fondation
Louis Vuitton di
Parigi (8
Avenue
Mahatma
Gandhi, Bois de
Boulogne,
www.fondation
louisvuitton.fr)
verrà
inaugurata
ufficialmente il
20 ottobre,
seguiranno un
weekend
«porte aperte»
(24-25-26
ottobre,
prenotazione
obbligatoria) e
infine
l’apertura al
pubblico il 27
ottobre. Orari:
tutti i giorni,
10-20, chiuso il
martedì,
biglietto intero
14
questo il tema di La mucca volante
(Bompiani, pp. 90, € 11), delizioso libro
per ragazzi scritto e illustrato da Paolo Di
Paolo. Si potrebbe pensare, da parte di un
autore che ha già al suo attivo importanti
romanzi per adulti, a un’occasionale
digressione per esplorare un genere
«minore»; invece Di Paolo, nella nota che
conclude il volume, definisce La mucca
volante il suo «primo vero libro»: una
storia che ha immaginato addirittura ai
tempi delle elementari e solo ora, forse
per «disintossicarsi» dalla deludente
consapevolezza «di essere diventato un
adulto circondato da adulti», si è deciso
ad affidare alla pagina. Così, se i suoi
49
lettori assidui possono trovare nelle
avventure di Leo e dei compagni il
«bagliore» iniziale a partire dal quale
Paolo Di Paolo svilupperà il proprio
mondo poetico, al pubblico più giovane è
offerta la rara opportunità di gustare una
fiaba per l’infanzia concepita nell’infanzia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Fondation Vuitton, sede da 100 milioni
La nuova avventura di Gehry
è un vascello nel bosco di Parigi
dal nostro inviato
Stefano Bucci
PARIGI L’ombra del Guggenheim
di Bilbao, uno degli edifici simbolo del XX secolo e di un modo
più moderno di intendere gli
spazi dell’arte, aleggia sulla
Fondation Louis Vuitton di Parigi, il nuovo progetto firmato
dallo stesso architetto del Guggenheim Bilbao. Frank O. Gehry
lo ha presentato ieri nella sua
dimensione (quasi) definitiva:
11 mila metri quadrati di superficie, quasi 4 mila di vero e proprio museo, 11 gallerie per mostre e esposizioni temporanee
che dovranno celebrare in contemporanea la collezione della Fondazione e quella privata del
suo mecenate, Bernard
Arnault (la sovrapposizione delle due collezioni rappresenterà
uno degli elementi caratterizzanti dell’operazione). Inoltre, un
auditorium da 350 posti: primo concerto, Lang Lang.
Un progetto complessivo
(opere d’arte incluse) da 100 milioni, scaturito proprio nel 2001
dalla visione del Guggenheim
Bilbao, da parte del patron della
Fondation e di Lvmh, e dalla volontà di riprodurlo alle porte di
Parigi, in mezzo al Bois de Boulogne, a fianco del Jardin d’Acclimatation, in bilico tra la Torre e i grattacieli de La Defense.
Il risultato assomiglia stavolta a un vascello, più leggero e
luminoso del modello che l’ha
ispirato. Sempre al vascello richiamano le 12 enormi vele di
vetro che fanno da tetto e, forse
ancora pensando al vascello,
Gehry ha scelto l’acqua come segno ulteriore: l’acqua che scorre
verso il Grotto, lo spazio sotterraneo dove adesso ha trovato
posto l’installazione di Olafur
Eliasson; l’acqua come elemento vitale dei pesci (firmati sempre da Gehry) che, sospesi, decorano il ristorante Le Frank.
Il 21 ottobre
Dibattito
su Albertini
e Cadorna
Sarà presentato martedì 21
ottobre a Milano, presso la
Sala Buzzati del «Corriere della
Sera», alle ore 18, il carteggio
tra il direttore del «Corriere»
Luigi Albertini e il comandante dell’esercito italiano Luigi
Cadorna, raccolto nel volume
Il direttore e il generale, pubblicato dalla Fondazione Corriere della Sera. Intervengono
gli storici Mario Isnenghi e
Nicola Labanca, il curatore del
volume, Andrea Guiso, e l’autrice della prefazione, Simona
Colarizi. Moderatore Antonio
Carioti. Ingresso libero su prenotazione: tel. 02/87387707,
rsvp@fondazionecorriere.
Esterni
A fianco: una
vista d’insieme
della
Fondazione
Vuitton
progettata da
Frank Gehry a
Parigi (foto
Iwan Baan).
Sotto: la
facciata
orientale (foto
Todd Eberle)
«Ho amato sempre Parigi —
ha assicurato ieri l’ottantacinquenne architetto — e in particolare ho amato Saint Sulpice,
Palais Royale e il vino francese.
Questo è per me un luogo speciale, che non sarà mai definitivamente completato, ma che
crescerà e cambierà con i visitatori e con l’arte che vi verrà
esposta».
Chiuse le polemiche che hanno fatto slittare l’apertura dal
2010 a oggi, la Fondation può
oggi contare anche su un accordo con la municipalità che —
ha spiegato Jean-Paul Clavier,
consigliere di Arnault — consente a Lvmh di utilizzare l’edificio per 55 anni mentre dal 2062
Parigi ne diventerà proprietaria.
Nell’attesa Suzanne Pagé, diret-
tore artistico della Fondation,
ha presentato una prima traccia
del calendario espositivo: «Dovrà essere uno spazio di incontro fra ogni forma di espressione e di creatività». Si parte dunque con una mostra sul progetto di Gehry curata da Frederic
Migayrou, lo stesso della mostra sull’architetto in corso al
Centre Pompidou; poi a dicembre toccherà a Olafur Eliasson.
In contemporanea saranno invece esposti, a rotazione, i lavori
commissionati dalla Fondation
(tra gli artisti: Janet Cardiff, Sarah Morris, Ellsworth Kelly, Andrian Villar Rojas) e quelli della
collezione, privata e no, di Arnault (Gerard Richter, Isa Genzken, Christian Boltansky).
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
SPETTACOLI
Dopo la lite in tv
Santoro apre le porte
al ritorno di Travaglio
Ma la pace non è certa
Sarà pace o divorzio? Per il momento Michele
Santoro lascia la porta aperta a Marco Travaglio
che giovedì sera l’ha sbattuta metaforicamente,
alzandosi dallo studio di «Servizio pubblico» e
andandosene nel bel mezzo della diretta. Ieri, il
giorno dopo la lite, Travaglio tace. Santoro (nella
foto il momento in cui si arrabbia con il
condirettore de «Il Fatto Quotidiano» che
impedisce a Burlando di parlare) invece spiega:
«Mi auguro che il comportamento di Travaglio sia
stato determinato da circostanze e umori del
momento. Io non ho problemi a continuare il
nostro rapporto nel rispetto della linea editoriale
del programma che prevede attenzione e ascolto
nei confronti di tutti. Se ciò non fosse possibile e
una lunga collaborazione si dovesse interrompere,
non potrei che confermare amicizia e rispetto nei
confronti di un giornalista eccellente». E conclude:
«Per lui ci sarà sempre una porta aperta».
Vedremo dunque se giovedì prossimo i due
giornalisti avranno fatto pace oppure no.(ma.vo.)
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Emilio Aversano
Bollani
Il maratoneta
dei concerti
conquista
la Germania
«Faccio rivivere
il rock irriverente
di Frank Zappa»
I
l maratoneta del pianoforte è
arrivato fino a Lipsia e a Berlino. Chi è? È Emilio Aversano,
pianista-recordman, che da anni stupisce l’Italia con concertifiume, e che ora fa il gran balzo
sulla scena internazionale.
Aversano riesce a eseguire
nella stessa serata quattro o anche cinque concerti per pianoforte e orchestra. Salernitano,
47 anni, il maestro replica il suo
exploit domenica al Gewandhaus di Lipsia e lunedì all’Universität der Künste di Berlino,
con la Filarmonica di Bacau.
Parte dallo splendore mozartiano del Concerto K 488, si immerge nella «Wanderer-Fanta-
Un disco come viaggio: con lui si va nel futuro
Il profilo
● Frank Zappa
(1940 – 1993,
foto sotto),
geniale
chitarrista, ha
debuttato con
i Mothers
of Invention e
l’album «Freak
Out!» nel 1966
● Ha poi
proseguito la
carriera come
solista, sempre
in bilico tra
rock, jazz
e la ricerca
musicale
più avanzata
● Nel 1995 è
stato inserito,
postumo, nella
Rock and Roll
Hall of Fame
A
narchico Bollani. Il
jazz rimane il suo
grande amore, ma affronta con disinvoltura pop, classica e musica d’autore; passa con «leggerezza»
dal teatro, alla radio alla tv.
Ora si confronta con il genio
più irriverente del rock: il 28 ottobre uscirà «Sheik Yer Zappa», registrato durante una serie di concerti nel 2011.«Non
volevo un omaggio a Frank
Zappa — racconta Stefano Bollani —, renderlo un monumento a cavallo. Lui, che i monumenti li ha massacrati quan-
d’era in vita, non avrebbe gradito».
Dopo aver riunito un «dream
team» — Jason Adasiewicz al
vibrafono, Josh Roseman al
trombone, Larry Grenadier al
contrabbasso e Jim Black alla
batteria — ha realizzato il suo
personalissimo tributo improvvisando sui pezzi del musicista e compositore di Baltimora, scomparso nel 1993. Il
«gioco» è di «shakerare» Zappa per andare in «altre direzioni», verso il futuro. «È un modo per mantenere vivo il suo
spirito. Mi ha sempre colpito la
capacità di usare per i suoi scopi non solo la musica, ma anche la volgarità, la provocazione, l’immaginario della rockstar “maledetta” soggiogata
dalla triade sesso, droga e
rock&roll. Zappa, invece, era
un perfezionista, componeva
musica difficilissima da riprodurre e ha registrato tonnellate
di dischi».
Ha pure tentato di candidarsi alla presidenza degli Usa.
«L’umorismo, la cattiveria, la
provocazione: sono le doti che
mi colpirono quando, da adolescente, mi trovai in mano il
suo album “Does Humor Belong In Music?”. Non avrei mai
immaginato che una rockstar
potesse essere così sarcastica,
scagliarsi contro il mondo intero. Mi ricorda un amore della
mia infanzia, Carosone».
Può apparire fuori luogo
l’accostamento fra l’autore di
«Freak Out!» con «‘O sarracino» della canzone napoletana.
Invece no. «Mi hanno indicato
una via, un’etica e un modo di
comportarsi nella musica. Erano dei sovversivi. Zappa e Caros o n e a ve va n o i n co m u n e
l’umorismo, ma Zappa era più
cattivo. Carosone voleva divertire: alla fine degli anni Cinquanta cantava con il turbante
in testa melodie popolari, impregnate di jazz, di suoni esotici. E si ritirò all’apice del successo: soltanto per questo merita rispetto. Quando avevo 11
anni gli mandai una cassetta in
cui cantavo i suoi pezzi. Mi
consigliò di studiare il jazz e il
blues. Ora vorrei fargli un
51
Pianista Emilio Aversano, 47 anni
omaggio». Sembra un elogio
dell’anarchia non soltanto in
musica: «Dobbiamo svegliarci,
siamo lobotomizzati dalla vita.
Lottiamo contro le convenzioni
degli altri e salviamo le nostre.
Per un artista l’impresa è più
complessa: è difficile sbugiardare la cultura nella quale siamo cresciuti».
Bollani non sarà un demolitore alla Frank Zappa («Mi
manca la sua vena “politica”»)
ma come lui, guidato dalla curiosità, vaga da un linguaggio
musicale all’altro. Sta per tornare in tour con il mandolini-
sta brasiliano Hamilton De Holanda (novembre) e riporterà
sui palchi l’omaggio a Zappa
(estate 2015).
In attesa di un nuovo programma tv, si fa vedere in La
regina Dada, spettacolo teatrale ideato con Valentina Cenni,
la sua compagna. «All’inizio
avrei dovuto solo comporre le
musiche... ma non smetto di
suonare per fare l’attore, anche
se da bambino lo sognavo. La
verità è che cerco di fare cose
diverse... mi annoio in fretta».
Sandra Cesarale
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Eclettico
Stefano Bollani
(41 anni) è un
cantante,
pianista e
compositore
jazz. Il suo
nuovo disco,
tributo a Frank
Zappa, si
intitola «Sheik
Yer Zappa»
sie» di Schubert/Liszt, dilaga
nel Concerto op. 54 di Schumann; e infine affronta il maestoso Concerto n. 1 di Ciajkovskij. Grande prova di concentrazione e saldezza psicofisica.
Dottore in lettere, imbevuto
di cultura greco-latina, Aversano vive la sfida come un’avventura spirituale e morale: «Per
me è un’esigenza dell’anima»,
confida, «un arricchimento, un
percorrere le vie di un mondo
inesplorato».
A differenza di Filippide, ad
ogni maratona Aversano rinasce più forte di prima: «Come il
Viandante di Schubert, sono
solo uno che cerca, che persegue un’idea senza paura». Memoria pazzesca, ma come fa?
«Studio cinque ore al giorno,
per mantenere il programma.
Ogni giorno rifaccio mentalmente tutto il percorso. Lo porto tutto dentro di me...».
Gian Mario Benzing
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
Aveva 32 anni
Trovata morta
l’attrice Misty Upham
Recitò in «Frozen»
SPETTACOLI
È di Misty Upham, 32 anni, interprete di Frozen (foto) — il film diretto
da Courtney Hunt per cui ricevette la candidatura agli Independent
Spirit Awards come miglior attrice non protagonista nel 2009 —,
Django Unchained e I segreti di Osage County il corpo trovato due
giorni fa nei boschi di Auburn, Washington. L’attrice, la cui famiglia
discende dagli indiani d’America, era scomparsa il 6 ottobre dalla
casa del padre a Muckleshoot, un sobborgo della capitale Usa. Oltre
che alla polizia, la famiglia ne aveva denunciata la scomparsa sui
social network, preoccupata per le condizioni di salute fisiche e
mentali della giovane: soffriva di depressione e disturbo bipolare.
53
Il leader degli U2
Bono: porto gli occhiali da sole per un glaucoma
Sono il suo segno distintivo: gli occhiali da sole. Bono Vox, il frontman
della band irlandese U2, ha finalmente spiegato perché li porta
sempre: non sono un vezzo da rockstar, ma un modo per proteggersi
da un glaucoma. Al programma «Graham Norton show» della Bbc,
Bono ha affermato che è costretto a usare gli occhiali poiché il
glaucoma lo perseguita da vent’anni. «Sono stato sottoposto a buoni
trattamenti e starò bene», ha detto il cantante che ha poi scherzato:
«d’ora in poi il pubblico mi vedrà come "il povero vecchio cieco"».
Owen chirurgo audace
nella New York del 1900
Il divo a Roma per «The Knick», la serie tv di Soderbergh
Il regista
● Steven
Soderbergh
(51 anni) ha
diretto tra gli
altri «Traffic»
(Oscar 2001),
«Magic Mike»
e «Contagion».
È produttore e
regista di «The
Knick», serie tv
interpretata
da Clive Owen
nei panni
di un chirurgo
cocainomane
ROMA «Un genio. Arrogante,
tossicodipendente, razzista. Un
uomo che accetta dei rischi per
superare i propri limiti e quelli
della medicina». Dimenticate il
dottor Kildaire e tutti i suoi nipotini, compreso il più malmostoso, Gregory House.
Perché John Thackery, il protagonista di The Knick — la serie tv in dieci episodi che Steven Soderbergh ha realizzato
per Hbo (da noi in arrivo il
prossimo 11 novembre su Sky
Atlantic HD) — è esattamente
come il suo interprete, Clive
Owen, lo descrive. Un chirurgo
brillante e feroce, un pioniere.
Uno di quelli che, molto prima della scoperta della penicillina, non si ferma davanti a nulla pur di allungare l’aspettativa
di vita dei suoi contemporanei.
Pronto anche a bloccare la carriera del talentuoso giovane Algenorn Edwards (André Holland), afroamericano, che la
proprietà gli vuole mettere come vice («Non c’era un solo
medico di colore negli ospeda-
Tappeto rosso
Elegante Clive Owen (50 anni)
sorride ai fotografi durante
la passerella al Festival di Roma
Fratelli In carrozzella per una
gamba fratturata, Lapo Elkann
(37) con la sorella Ginevra (35)
li, potevano solo lavorare in infermerie riservate ai pazienti
neri»). Uno che, per rilassarsi,
si rifugia nelle fumerie d’oppio
care al Noodles di C’era una
volta in America.
Insomma, un invito a nozze
per l’attore inglese, sempre in
cerca di ruoli non banali, conferma Owen, 50 anni appena
compiuti, che lo ha accompagnato al Roma Film Festival.
«Per questo ho accettato la proposta di Steven. Né io né lui
pensavamo di fare tv, ma la storia ere troppo bella. Può sembrare un mostro, ma uomini
così hanno cambiato le nostre
vite», osserva. Scritta da Jack
Amiel e Michael Begler, The
Knick prende il nome dal Knickerbocker Hospital di Manhattan. Thackery è ispirato alla figura del chirurgo William
Stewart Halsted.
«Un grande consumatore di
droga anche lui. La cocaina allora si usava come anestetico,
ci sono voluti anni per capire
che dava dipendenza», dice
Con il camice
Clive Owen
in una scena
di «The Knick».
La serie verrà
trasmessa
su Sky Atlantic
dall’11
novembre
Owen. Il suo Thackery ha le vene così rovinate che se la inietta
tra le dita dei piedi. Gli serve
anche per affrontare l’ansia da
prestazione nel teatro anatomico dell’ospedale. Arene dove
i chirurghi si muovevano come
star e colleghi e studenti assistevano a tenzoni spesso mortali. Di sangue anche sullo
schermo ne scorre molto.
«È tutto di una fedeltà straordinaria, non c’è nulla di gratuito. Sul set avevamo la consulenza di Stanley Burns che colleziona strumenti medici, foto-
grafie, registri». Il regista di
Sesso bugie e videotape e Traffic era stato chiaro: voglio che
nessuno dopo aver visto The
Knick possa avere nostalgia per
la New York del 1900. «Era una
città bellissima e spaventosa»,
concorda l’attore, pronto a girare in gennaio con Soderbergh (con cui l’ha prodotta) la seconda stagione.
Dovesse concedersi a un regista italiano Owen non avrebbe dubbi: «Paolo Sorrentino».
Stefania Ulivi
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
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Eventi
La guida
Quarantasette opere
in un percorso
che guarda all’Expo
A Palazzo Reale di Milano, fino all’8 marzo 2015, la
mostra Van Gogh. L’uomo e la terra. Promossa
dal Comune di Milano-Cultura, organizzata e
prodotta da Palazzo Reale, Arthemisia Group e 24
ORE Cultura – Gruppo 24 ORE in collaborazione
con Kröller-Müller Museum, è curata da Kathleen
Adler e realizzata anche grazie al contributo
Gruppo Unipol, main sponsor. Con il sostegno di:
Viabizzuno, Trenitalia, Trenord, Atm, UNA Hotels,
Canale ARTE e Miffy, sponsor tecnici, e di Publitalia
‘80, Coop Lombardia, la Rinascente e Radio
Montecarlo. Sono 47 le opere. Catalogo: 24 ORE
Cultura - Gruppo 24 ORE. L’allestimento è di Kengo
Kuma. La mostra partecipa a Milano Cuore
d’Europa, il palinsesto culturale promosso dal
Comune di Milano. Il titolo rimanda al tema di Expo
2015, partner della mostra. Prenotazioni: tel.
02 54913, ticket.it/vangogh. Biglietti: intero € 12,
ridotto € 10. Social: twitter.com/24Cultura,
hashtag: #VanGoghMi. Info su vangoghmilano.it
La mostra A Milano, nelle sale di Palazzo Reale, le tele
dell’artista segnate da un legame religioso con l’universo
rurale. Nell’allestimento creato da Kengo Kuma emerge
il fascino che il Giappone esercitò sull’estetica di Vincent
di Roberta Scorranese
VAN
GOGH
«I
TERRA MIA
contadini e i
pescatori dei
piccoli paesi,
ovunque si vada, sono diversi. Ricordano la terra, a volte sembra che
ne siano plasmati». In quel fluviale dialogo scritto che per
tutta la vita lo legò al fratello
Theo, Vincent Van Gogh tracciò
una metafisica del lavoro rurale
che non è mai identificazione. I
contadini che descriveva, dipingeva, frequentava nei soggiorni nella campagna del Brabante e poi della Francia, erano
altro da sé: erano oggetto di
ammirazione, studio, ascolto.
Erano un approdo spirituale:
è nella vita nei campi che si nasconde l’intima natura della
purezza da raggiungere. È questo il filo che cuce le 47 opere in
mostra da oggi a Palazzo Reale
in Van Gogh. L’uomo e la terra,
un progetto che mette in scena
uno degli aspetti più profondi
dell’olandese. «Una visione
spirituale della terra, che racconta le figure umane, le nature morte e i paesaggi con la
stessa lingua», dice la curatrice, Kathleen Adler.
E sembra di vederlo, il fragile
Vincent, mentre osserva i contadini «ispidi come uno spinone» che mangiano in silenzio,
mani nodose e sporche («Ma
un quadro con contadini non
deve essere profumato», scrive
a Theo). Li vedeva da lontano
quando, da bambino, tutta la
famiglia faceva lunghe passeggiate all’aria aperta e poi si leggeva tutti ad alta voce. Li vedeva
già allora con l’occhio acceso
del padre, pastore calvinista,
una piccola comunità da tenere
insieme in un territorio dominato da cattolici. Li vedeva
semplici, puri nella preghiera,
stanchi e silenziosi. Certo, co-
SOGNO DI UNA NATURA PERDUTA
LA VITA CONTADINA È METAFORA
DELLA PUREZZA DA RAGGIUNGERE
me li aveva visti il suo amato
pittore Jean-François Millet, il
primo ad ideare un’estetica della terra che influenzerà anche
Dalí. Ma in Vincent è diverso.
Qui, il Seminatore con cesta
e lo Zappatore in un momento
di riposo (1881), le Contadine
che raccolgono patate (1885) e
la litografia che precede il capolavoro del quale porta il nome, I mangiatori di patate,
vanno oltre. C’è una santificazione del lavoro, una mistica
febbrile della fatica che corre
nei tratti durissimi, realistici
(com’erano diverse le figure se-
Lo stile
La curatrice Kathleen
Adler: «La stessa lingua
per uomini, nature
morte e paesaggi»
mi idealizzate di Millet) dei volti contadini. Sembrano i protagonisti di uno dei sermoni del
padre tutto «rigore, fede e lavoro». Ecco l’evoluzione da Millet, che passa anche attraverso
Gustave Courbet, padre del realismo e cantore degli ultimi:
Van Gogh fonde la spiritualità
del primo con il gusto naturalista del secondo, fino a ottenere
quello che voleva: un’allegoria
del sacro purificata nel sudore.
«Van Gogh ha cercato spesso
conforto nella religione e ha
seguito i sermoni del predicatore battista Charles Spurgeon», ricorda Adler. Ma, negli
anni in cui Vincent si avvicina
alla pittura, dalla fine del 1881,
le città europee sono percorse
da una vena mistico-sociale:
Dostoevskij ha appena pubblicato I fratelli Karamazov, nel
1883 Nietzsche scrive Così parlò Zarathustra e nello stesso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In quella gioia per i fiori
la sensibilità verso gli ultimi
Composizioni
L’olio su tela
«Rose e
peonie»
(1886),
proveniente dal
Kröller-Müller
Museum,
Otterlo,
in Olanda
Soggetti minori della pittura, terapeutici per la sua mente
di Francesca Bonazzoli
S
ono stati i fiori i prodotti della terra più
amati da Van Gogh. Monet con le ninfee
aveva semplicemente ingaggiato un ossessivo corpo a corpo con la luce; Van Gogh,
invece, dipingeva ogni tipo di fiore perché quell’esercizio gli procurava gioia. «Sto dipingendo
con l’entusiasmo di un marsigliese nel mangiare
la bouillabaisse, e non ti sorprenderebbe se ti dicessi che sto dedicandomi ad alcuni girasoli. Se
riesco a portare avanti questa idea si tratterà di
una dozzina di dipinti. L’intero lavoro sarà una
sinfonia di giallo e blu», scriveva al fratello Theo
nel 1887, mentre si impegnava nella prima delle
due serie dedicate ai girasoli terminate con il più
audace di tutti gli accostamenti: il giallo dei petali su fondo giallo. L’apoteosi della gioia, motivo
decorativo pensato per la stanza preparata ad Arles per l’amico Gauguin.
Ma c’erano altre due ragioni per cui Van Gogh
dipingeva tanti fiori. La prima va ricercata nel fatto che erano, da secoli, il soggetto umile dell’arte
Pennellate
Vincent Van
Gogh (sopra
uno degli
autoritratti,
in mostra)
nacque nel
1853 e morì
nel 1890. Nella
foto a destra,
«Paesaggio
con covoni
e luna che
sorge» (1889).
In basso,
uno scatto
dall’allestimento della mostra
a Palazzo Reale
(foto: Duilio
Piaggesi per
Fotogramma)
— tema minore rispetto alla pittura di figura, religiosa o eroica — quasi un passatempo per dilettanti, accusa da cui si era dovuto a suo tempo difendere anche Caravaggio. Questa semplicità
piaceva a Van Gogh che, per la sua sensibilità verso gli ultimi, aveva trascorso la prima parte della
vita fra i minatori del Borinage condividendone
gli stenti. Sempre a corto di soldi e dipendente
economicamente dagli aiuti del fratello, i fiori
erano inoltre un soggetto cui poter attingere senza affrontare la spesa per i modelli che van Gogh
faticava a trovare fra i conoscenti. «Mi sono mancati i soldi per pagare dei modelli, altrimenti mi
sarei dedicato completamente alla pittura di figura, ma ho fatto una serie di studi sui colori dipingendo semplici fiori, papaveri rossi, fiordali-
Un gusto particolare
Mentre dipingeva la serie di girasoli,
scriveva al fratello Theo: «Lavoro
con l’entusiasmo di un marsigliese
nel mangiare la bouillabaisse»
anno muoiono Wagner e Marx.
Van Gogh matura una visione
panteistica della natura, che
non poteva però prescindere
da una riflessione sul reale, riverberata negli still life come
Natura morta con patate o Natura morta con statuetta di
gesso e libri — in esposizione.
Nascono così anche i bellissimi ritratti in mostra, primo
tra tutti Ritratto di Joseph Roulin (1889): la serenità del postino di Arles non affiora tanto
dal personaggio quanto dal
gioco di rimandi orientali (i
fiori, lo sfondo): Vincent aveva
scoperto il Giappone, un’estetica nuova attraverso la quale
guardare la sua campagna. «La
Provenza è il mio Giappone»
dirà mentre aspettava l’amico
Gauguin nel Midi. In quell’universo incontaminato (il Paese
era appena uscito dall’isolamento durato oltre due secoli,
conservando intatti i valori culturali) vedeva una strada dolce
e pura per raggiungere una dimensione di assoluta bellezza.
La mostra corre lungo i toccanti scritti di Vincent, che accompagnano le opere. Si legge:
«Nell’amore così come in tutta
la natura c’è un appassire e un
rifiorire, ma non una morte definitiva». Un’intuizione profonda che porta dritti all’ultima
parte della mostra, quei paesaggi senza la linea dell’orizzonte che fondono la sensibilità occidentale con la prospettiva libera, tipica dell’arte orientale. Una sintesi? Non sarebbe
un termine giusto: ogni fase di
Van Gogh è stata una conquista
strappata al tempo. Verso la fine, quando sentiva avvicinarsi
l’indicibile, scrisse: «Lavoro
febbrilmente, di fretta, come
un minatore che non vede via
di scampo». Anche qui non rinunciò a sentirsi uno degli «ultimi» che aveva raccontato.
[email protected]
si, myosotis; rose bianche e rosa, crisantemi gialli» racconta l’artista.
La seconda ragione era il fascino esercitato su
di lui dalle stampe giapponesi, molto ben conosciute da Van Gogh che aveva fatto per un periodo il commesso presso il più grande mercante
d’arte del tempo, Goupil. In quelle stampe c’erano fiori dappertutto che diventavano protagonisti, come mai si era visto prima nella pittura occidentale, e come Van Gogh ha rifatto, per esempio, nel suo splendido ramo di mandorlo fiorito
che occupa l’intera tela come un arabesco: petali
perlacei che si stagliano in un cielo turchese dipinti in occasione di un altro motivo di gioia: la
nascita del nipote. Anche gli iris del Paul Getty
Museum, con gli steli sinuosi in primo piano
mossi dal vento, sono un’idea mutuata dagli artisti del Sol Levante che non amavano, come succedeva invece nella pittura occidentale, ritrarre il
vaso di fiori recisi apparecchiato in una tavola
elegante. La natura aveva una sua propria bellezza, assoluta, senza dover diventare, come nelle
nostre nature morte barocche, una decorazione
di lusso.
E infine non bisogna dimenticare le volte in
cui Van Gogh ha usato i fiori per riempire lo sfondo dei ritratti: da quello di Madame Augustine
Roulin a quello di suo marito, il postino Joseph
Roulin. Solo Matisse, dopo di lui, sarà altrettanto
audace. I fiori furono dunque una terapia della
gioia, un alleggerimento per la mente, una liberazione del talento e della creatività, una fuga
dalle ossessioni negative, dopo il periodo scuro
in cui Van Gogh aveva tentato di mettere la pittura al servizio della sua missione umanitaria, celebrando la fatica di contadini e minatori con i toni
bruni della scuola olandese di Rembrandt e Hals.
La scoperta del colore avvenne proprio grazie all’esercizio sui fiori, ricercando le contrapposizioni del blu con l’arancione, del rosso con il verde,
del giallo con il violetto. Chissà se Allen Ginsberg
conosceva questa storia quando nel 1965 coniò il
termine «flower power».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
EVENTI
Cose silenziose
Da sinistra: «Natura morta
con cappello di paglia» (1881);
«Natura morta con patate»
(1888) e, a destra, «Natura
morta con cipolle» (1889).
I quadri provengono tutti
dal Kröller-Müller Museum
di Otterlo (che si trova nel
comune di Ede, in Olanda)
Scarica
l’«app»
Eventi
Eventi
55
Informazione, approfondimenti,
gallery fotografiche e la mappa
degli appuntamenti più
importanti in Italia. È
disponibile sull’App Store
di Apple la nuova applicazione
culturale del «Corriere della
Sera Eventi».
È gratis per 7 giorni.
I personaggi
Dall’alto: «Ritratto di JosephMichel Ginoux» (1888) e
«Ritratto di Joseph Roulin»
(1889). Entrambi i dipinti
provengono dal Kröller-Müller
Museum. Il primo era il
proprietario del Café de la Gare
di Arles, dove il pittore amava
passare del tempo; il secondo
era il postino di Arles, nonché
buon amico di Van Gogh
quando soggiornò nel Midi.
● L’architetto
Ho ricreato per lui
il mondo fluttuante
Il racconto
di Giovanni Montanaro
I campi color caffé, poi gli alberi blu
Nelle campagne per cercare se stesso
di Kengo Kuma
C
onosco la vita e le opere di Van Gogh
perché in Giappone è uno degli artisti
più popolari e celebrati (le sue lettere
sono state tradotte più volte e sono molto
conosciute). Ma curare l’allestimento di
questa mostra milanese così importante,
mi ha fatto entrare a contatto in modo più
profondo con il pittore. Come molti sanno,
la cultura giapponese è stata importante
per la sua arte: Van Gogh ha visto le stampe
delle opere di artisti come Hiroshige e ha
riflettuto a lungo sulla loro capacità di
restituire un senso dinamico fluttuante,
direi ondulato. E tutto
l’allestimento si gioca su
questo aspetto: si entra e
ci si ritrova a passare sotto
un morbido panneggio,
evocazione della
campagna che lui amava
tanto. Stoffe dal colore
leggero, perfettamente
naturale, simile alla terra.
Se si appoggia la guancia al tessuto, pare
quasi di sentirne il profumo. Poi i dipinti,
che sembrano sospesi, grazie a un
particolare sistema di luci e ombre. La luce,
qui, non è quella del Rinascimento, che
partiva dall’alto. Parte dal basso e segue una
linea orizzontale. Vicina alla terra. Dietro il
quadro, un gioco di ombre fluttuanti: torna
questo termine perché è un preciso
riferimento all’ukiyo-e, che vuol dire
appunto mondo fluttuante, caratteristico
di alcune stampe giapponesi del 1600. Lo
stesso che aveva sedotto l’artista. Una
dinamicità leggera, che segue il profilo di
certi campi del centro Europa. Ma che si
richiama anche al mondo orientale (testo
raccolto da Roberta Scorranese).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
È
solo un ragazzo di ventisei anni, i capelli rossicci, gli occhi azzurro
pallido, i vestiti laceri,
stanchi. È scontroso e disoccupato. Ha un curriculum non
dei migliori. L’hanno licenziato da una scuola elementare
perché è incapace di incassare
le rette dalle famiglie degli
alunni. L’hanno allontanato
dalla galleria d’arte dello zio
perché sconsiglia di comprare
i quadri che vende, che non gli
piacciono. Ha ottenuto un contratto a termine, di sei mesi,
per predicare nel Borinage, la
zona mineraria del Belgio. Non
gli viene rinnovato; non sta bene che un pastore venda i suoi
beni, dorma sul pavimento, si
cosparga la faccia di cenere per
somigliare a quelli che riemergono la sera da sottoterra.
È il marzo del 1880 e Vincent
van Gogh si mette a camminare. È il suo modo per mettere
in ordine le idee. Niente di
strano. A chi non capita, ogni
tanto, di voler solo uscire, anche senza darsi una meta. Solo
per far camminare un po’ tutti
i dolori, i dispiaceri, le domande, le cose che non si capisce
ancora che posto hanno nella
vita. Che poi si arriva in un
punto, e si sente che si deve
tornare. E così va a finire che si
decide la casa, il posto dove si
deve stare. È che Van Gogh è
fatto a modo suo, esce e cammina per ottanta chilometri.
Va verso Courrières, in Francia,
dove vive Jules Breton, un pae-
saggista vivido ma di maniera.
Van Gogh ha sempre amato
quello che lui stesso chiama
«il paese dei quadri». Non sa
ancora che finirà per abitarci;
non ha mai dipinto nulla, solo
qualche acquerello. Ma le sue
torrenziali lettere ai familiari
si interrompono spesso; quando le parole non gli bastano, fa
un disegno.
Così, scrivendo a Theo del
❞
La scelta
Ottanta chilometri per
andare da Breton e
neanche lo saluta. Ma
decide di diventare pittore
24 ottobre 1880 ricorda quel
pellegrinaggio decisivo. La
piana è inospitale, brulla, ma
la neve si sta ritirando, escono
i colori. La terra è color caffè,
più chiara di quella che conosce lui. Il cielo si fa terso, allontanandosi dal carbone. Ci sono campi giallo-verdi, pruno e
torba. Van Gogh bivacca dentro le carrozze o, più spesso,
all’addiaccio. Le case sono rare. Le persone povere. Quando
arriva allo studio di Breton, si
ferma.
Certo, raggiungere la meta,
arrivare all’appuntamento,
mette sempre paura, che tutto
finisca, di non sapere cosa fare, di non essere all’altezza. Ma
per Vincent è soprattutto una
delusione. Scruta l’edificio;
nuovo, geometrico, pulito, le
finestre chiuse, banale. No,
L’autore
Giovanni
Montanaro
(1983) è stato
finalista al
Campiello 2012
con «Tutti i colori
del mondo»,
libro su Van
Gogh, edito da
Feltrinelli, casa
per la quale ha
scritto anche
«Tommaso sa
le stelle» (2014)
La fatica
«Contadine
che raccolgono
patate» (1885).
A proposito
di tele come
questa, dipinte
all’aria aperta,
Vincent scrisse
a Theo: «Senza
contare che se
uno se le porta
[le tele, ndr]
dietro per ore
nella brughiera
[...] un ramo
o qualcosa
d’altro finirà
per graffiarle»
l’arte non abita lì. Van Gogh
torna indietro. È fatto a modo
suo: ottanta chilometri per andare da Breton e neanche lo
saluta. Ma è intorno a quella
passeggiata, nel quel lungo
periodo — quasi un anno —
di cui si sa poco o nulla della
sua vita, che Van Gogh scriverà
a Theo: «Riprenderò in mano
la matita». Diventerà pittore. È
una svolta dolorosa; trovare se
stesso lo condanna per sempre, alla povertà, alla solitudine. Al colore. In qualche modo, preferisce la natura allo
studio di Breton, e capisce che
l’arte sta dappertutto, che gli
alberi invecchiano e dicono
come gli uomini, e le radici
possono essere blu, se gonfie
di vita, e le case gialle, quando
sono spaventate. Dipende da
chi le vede. Vincent non smetterà mai di camminare.
Cambierà spesso modo di
dipingere; cambierà lui e, insieme, quel che ha intorno.
Per dire, solo nella campagna
di Arles troverà i colori che ha
sempre cercato davvero, quella luce calda che al Nord non
esiste. E solo dopo il manicomio di Saint-Rémy sentirà
davvero il tempo, vedrà che il
suo cielo si è riempito di corvi.
Ma questo è, in fondo, Vincent
van Gogh. Che dipinga un girasole o un ramo di mandorlo,
il vuoto di una sedia o il volto
di una donna, c’è sempre lui.
E, chissà come è possibile, ci
siamo sempre anche noi.
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56
Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
●
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Risponde Sergio Romano
A QUALI MEZZI RICORRERE
PER SCONFIGGERE L’ISIS
Caro Romano, sono anni e
anni che a Genova si parla del
torrente Bisagno e dei relativi
disastrosi dissesti idraulici.
Tutti cercano i responsabili,
tutti si incolpano a vicenda e
poi ciascuno si discolpa
responsabilizzando «gli altri».
Già nel 2001 da un accurato
Piano di Bacino della
Provincia di Genova risultava:
Il Bisagno ha un bacino
imbrifero di 93 Km2 con una
pendenza iniziale del 31% e
valliva dell’11%. La
impermeabilizzazione del
suolo nei tratti vallivi, dovuta
ad una pianificazione
urbanistica irresponsabile,
abbrevia in modo inverosimile
i tempi di corrivazione. La
portata di piena è indicata in
1.300 mc/s. È così sufficiente
una pioggia poco anormale per
portare a valle una valanga
d’acqua a ridosso della
ferrovia a Brignole dove c’è
l’imbocco del tunnel di 1.440
metri verso il mare,
sottostante viale Brigate
Bisagno e viale Brigate
Partigiane. Figuriamoci che
cosa accade con 300 mm di
piogge! Benché ripulito e
ammodernato dopo il 2011, il
tunnel è oltremodo
insufficiente. Perché gli enti
responsabili — Comune,
Regione, Provincia, organismi
consultivi, ordini tecnici
professionali, facoltà
d’Ingegneria, facoltà di
Architettura eccetera — non
informano la popolazione del
reale problema nei suoi
termini tecnici attualmente
irrisolvibili?
di Piero Ostellino
Uno Stato che funziona
è più vicino ai cittadini
LETTERE
AL CORRIERE
ALLUVIONI A GENOVA
Problema insolubile?
● Il dubbio
Le lettere firmate con
nome, cognome e
città, vanno inviate a
«Lettere al Corriere»
Corriere della Sera
via Solferino, 28
20121 Milano
Fax: 02-62827579
@
[email protected]
www.corriere.it
[email protected]
La tua
opinione su
sonar.corriere.it
L’attaccante
del Liverpool
Balotelli contro
l’ex ct azzurro
Prandelli: non è
un uomo vero.
Siete d’accordo
con lui?
SUL WEB
Risposte
alle 19 di ieri
Sì
29%
71%
No
Sergio Panizzoli
La domanda
di oggi
sergio.panizzoli@
fastwebnet.it
Questi dati mi sembrano
molto più eloquenti delle troppe parole con cui la politica
cerca di nascondere la propria
imprevidenza.
Si è dimesso il
giudice che
voleva la
condanna di
Berlusconi nel
processo Ruby.
Ha fatto bene?
Quali azioni l’Occidente dovrebbe adottare
contro l’Isis, per affrontare quanto sta
accadendo?
Cesare Reale
[email protected]
Caro Reale,
dispetto del suo nome, l’Isis non è uno
Stato. Non ha un territorio stabilmente soggetto al suo controllo. Non ha
ministeri, caserme, sistemi di comunicazione, aziende, reti ferroviarie aeroporti:
obiettivi che il nemico può distruggere. Le sue
milizie si sono installate da qualche mese in
una città siriana (Raqqa), ma lo Stato islamico
della Siria e dell’Iraq continuerebbe a esistere e
a combattere anche se le truppe siriane di
Bashar Al Assad riuscissero a riconquistarla.
L’efficacia dei bombardamenti dall’aria è modesta perché il drago ha molte teste e non
muore se i droni americani riescono a colpire
duramente una delle sue formazioni. Sarà meglio quindi che l’opinione pubblica non si
aspetti impazientemente risultati immediati.
Questa guerra di tipo nuovo non sarà breve e le
armi non sono il solo mezzo a cui sia necessario ricorrere. Occorre intercettare i volontari
che cercano di raggiungere le formazioni dell’Isis in Siria e in Iraq. Occorre impedire il mercato nero del petrolio con cui Isis ha finanziato
le sue operazioni. Occorre bloccare la fornitura
di armi che arrivano dalle più diverse prove-
A
SENZA PROPOSTE
Critiche al governo
Da più parti (Brunetta,
Camusso, ecc) sono state
mosse critiche alla manovra di
Renzi senza peraltro formulare
delle proposte alternative.
Non sarebbe il caso che costoro
affrontassero il problema in
termini costruttivi esprimendo
il loro pensiero su quello che
— secondo loro — Renzi
avrebbe dovuto fare?
Bruno Scanferla
bruno.scanferla@
gmail.com
FUORILEGGE
Sacchetti di plastica
La maggioranza dei sacchetti
di plastica è «fuorilegge»,
nonostante siano obbligatori
nienze. Occorre aiutare le popolazioni locali a
organizzarsi per meglio resistere.
Queste strategie sono tanto più efficaci quanto maggiore è il numero dei Paesi che hanno interesse a lavorare insieme per sradicare Isis dalle regioni in cui si è installato. Ma è questo,
sfortunatamente, il punto dolente dell’intera vicenda. In teoria il numero dei Paesi su cui contare è alto, ma non tutti, in realtà, hanno gli
stessi obiettivi. Come abbiamo visto negli scorsi giorni, la Turchia odia il presidente siriano
Bashar Al Assad ed è preoccupata dai curdi siriani del Pkk più di quanto tema le milizie del
Califfato islamico. L’Arabia Saudita disapprova
i metodi dell’Isis, ma chiude un occhio quando
combattono contro gli odiati sciiti. Gli Stati
Uniti sono impegnati militarmente con i loro
aerei e i loro droni, ma non vogliono collaborare, almeno palesemente, con la Siria, vale a dire
con lo Stato che può dare all’Isis i colpi più duri.
Molti si chiederanno, a questo punto, se non
occorra intervenire sul terreno con un corpo
combattente. Forse, ma non vedo un Paese occidentale, almeno per il momento, che voglia
mandare i propri uomini a battersi in un ginepraio dove non esiste una linea del fronte e nessuno riesce a distinguere i buoni dai cattivi. Come molte altre guerre anche questa è una guerra di nervi e di logoramento. Vinceremo quando gli jihadisti saranno stanchi di morire per un
obiettivo irraggiungibile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
quelli biodegradabili. Anche
nelle piccole cose si nota il
nostro menefreghismo!
Umberto Gaburro
Guidizzolo (Mn)
RIFIUTI DA SMALTIRE
Consigli sugli involucri
Alcune aziende stampano
sugli involucri dei prodotti il
ciclo di smaltimento.
Bisognerebbe imporlo: dove
vige la raccolta dei rifiuti porta
a porta, ad esempio, è spesso
un problema stabilire dove
vanno riposte le confezioni.
Beniamino Favarin, Treviso
UFFICIALI SUPERIORI
Ombrelli e auto blu
Cottarelli afferma che agli
ufficiali superiori di Esercito e
Marina non si può togliere
l’auto di servizio perché per
regolamento, se piove, non
possono usare l’ombrello. In
attesa che la norma surreale
sia abrogata, propongo una
norma transitoria: imporre ai
«beneficiari» di spostarsi con
mezzi propri con il bel tempo e,
quando minaccia pioggia,
chiamare un taxi o un
attendente che regga
l’ombrello...
Paolo Novaresio, Torino
SUI TRENI
Alimenti in vendita
Si parla tanto di
disoccupazione, ma perché sui
treni Intercity non c’è più il
«ragazzo del carrello»?
Elda e Valerio Semproni
Giulianova(Te)
Q
uesta è una storia esemplare
dell’Italia e che Renzi, certamente,
ignora. Una cinquantina d’anni fa,
un cittadino italiano si trasferisce
all’estero, dove ancora risiede.
Doverosamente, ne dà formale
comunicazione al Comune italiano dove era
risieduto fino a quel momento. Il Comune
ne prende atto e lo iscrive all’Aire, il registro
degli italiani resistenti all’estero. Tutto a
posto, allora? Manco per sogno.
Passano cinquant’anni e il nostro scopre,
casualmente grazie al proprio
commercialista, che la Pubblica
amministrazione lo considera ancora
fiscalmente residente in Italia. Gli vengono i
brividi. Avrebbe potuto essere arrestato, o
dover pagare una grossa multa, per evasione
fiscale. Ma non protesta, preferisce restare in
incognito. Teme, se ne parla e denuncia la
pubblica inadempienza, la (possibile?)
«vendetta» dello Stato. Non ha nulla di cui
rimproverarsi; rimane, un buon cittadino.
Ma sa che se lo Stato vuole, gli può gettare
fra i piedi un’accusa qualsiasi; e ci metterà
poi anni ad avere giustizia. Caro Renzi, si
chieda onestamente: le paiono degni di un
Paese civile fatti come questi?
La verità che sta emergendo è questa. Ogni
volta che lei compare in Tv — disinvolto e
soddisfatto di sé, come fosse un avventore
del bar Commercio che ha appena vinto a
biliardo — a promettere «riforme epocali»,
un numero sempre maggiore di italiani ha
incominciato a guardarsi intorno; a non
credere che farà le riforme decantate e a
considerarla solo un fanfarone.
Lo sa quanti connazionali sono passati — e
ancora ci si trovano — da un processo
all’altro contro la Pubblica amministrazione,
perdendo tempo, denari e salute, per errori
o manchevolezze da essa commessi e finiti
poi sulle loro spalle?
Parli pure di «riforme epocali», delle quali,
certo, c’è molto bisogno e che molti sperano
lei faccia. Ma faccia anche quello che ci si
aspetta da un governo appena decente.
Faccia funzionare la macchina
amministrativa e della Giustizia; che sono
inadeguate, inefficienti e irresponsabili.
Il vero riformismo di cui l’Italia ha bisogno
è questo. Eviti che troppi funzionari pubblici
passino più tempo al bar che in ufficio, o
facendo un altro mestiere (in nero).
Coraggio. Se ci si proverà e ce la farà, passerà
alla storia come — con De Gasperi — il
miglior presidente del Consiglio che abbia
avuto il Paese dal Dopoguerra.
[email protected]
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INTERVENTI E REPLICHE
I doppi incarichi dei deputati europei
In merito all´articolo «Doppi stipendi degli
eurodeputati» di Luigi Offeddu (Corriere, 13
ottobre), l´amministrazione del Parlamento
europeo fa sapere che la dichiarazione
finanziaria dell’on. Gianni Pittella è stata
modificata per correggere un errore commesso
dalla stessa amministrazione, in particolare
dall’ufficio responsabile per l’inserimento delle
dichiarazioni finanziarie dei deputati europei sul
sito web istituzionale. Riguardo poi alla lista delle
9 attività esterne, definite nell´articolo «retribuite
o non retribuite», l´amministrazione del
Parlamento europeo tiene a chiarire che nel caso
dell’on. Pittella tali attività ricadono nella
fattispecie «non retribuite». Due rettifiche
importanti per evitare a chi legge una
rappresentazione distorta della realtà: la
modifica della dichiarazione è stata quindi un
atto dovuto per un errore commesso e ammesso
dall’amministrazione del Parlamento europeo.
Federico De Girolamo
Amministrazione del Parlamento Europeo
Quelli riportati nell’articolo, sulle attività esterne
dell’on. Pittella, sono tutti dati ufficiali forniti
dall’Europarlamento: dichiarazione del 4 giugno,
e «dichiarazione riveduta» del 10 ottobre. Anzi,
aggiorniamo la situazione: c’è anche un’ultima
dichiarazione in ordine di tempo, comparsa sul
sito web di Strasburgo dopo la pubblicazione del
nostro articolo, e datata 3 giugno. Ora
l’Europarlamento parla di un suo «errore». E
questa è la sua auto-smentita. Con una
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FONDATO NEL 1876
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VICEDIRETTORI
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Daniele Manca
Giangiacomo Schiavi
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Staino
precisazione: naturalmente, se mai ci fosse stata
«una rappresentazione distorta della realtà»,
sarebbe dovuta all’«errore» di Strasburgo e non
all’articolo che lo ha fatto venire alla luce. (l.off.)
Alleanza cooperative italiane: il presidente
La «poltrona» di presidente dell’Alleanza delle
cooperative italiane non è rimasta vuota dopo la
nomina a ministro di Giuliano Poletti come è
riportato nell’articolo «L’addio all’Aula di Rita
Ghedini. Vira su Legacoop» (Corriere, 16 ottobre).
Dal 4 giugno il presidente dell’Alleanza delle
cooperative italiane è Mauro Lusetti, che in
precedenza (8 maggio 2014) era stato eletto
presidente di Legacoop nazionale.
Mauro Alberto Mori
Ufficio stampa Legacoop, Roma
EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago - Via R. Luxemburg - Tel. 02-95.74.35.85 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • RCS Produzioni Padova S.p.A. 35100 Padova - Corso Stati Uniti 23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l.
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prov., non acquistabili separati: lun. Corsera + CorrierEconomia del CorMez. € 0,93 + €
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IoDonna € 0,50). A Como e prov., non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + Cor.
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La tiratura di venerdì 17 ottobre è stata di 455.553 copie
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ISSN 1120-4982 - Certificato ADS n. 7682 del 18-12-2013
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
58
Sport
Serie A
7ª giornata
Le quote Snai
Oggi
Ore 18
ROMA-CHIEVO
(Calvarese)
Ore 20.45
SASSUOLO-JUVENTUS
(Banti)
Domani
Ore 12.30
FIORENTINA-LAZIO
(Peruzzo)
Ore 15.00
ATALANTA-PARMA
(Guida)
CAGLIARI-SAMPDORIA
(Gervasoni)
VERONA-MILAN
(Valeri)
PALERMO-CESENA
(Damato)
TORINO-UDINESE
(Banti)
Ore 20.45
INTER-NAPOLI
(Orsato)
Lunedì
Ore 20.45
GENOA-EMPOLI
(Cervellera)
1
X
2
1,30 5,50 10,00
8,00 4,50 1,42
Basket
MotoGp
Eurolega, falsa partenza per Milano e Sassari Rossi in Australia avverte «buone sensazioni»
Due sconfitte per le squadre italiane nella prima giornata
dell’Eurolega di basket. L’EA7 Milano si è arresa a Istanbul contro il
Fenerbahçe (77-74): la squadra di Luca Banchi, subito sotto di una
decina di punti, è risalita fino a giocarsi il match negli ultimi secondi
quando i turchi, tra i favoriti per la vittoria finale, hanno scavato il
break decisivo. Per Milano bene Melli e Samuels. A Novgorod il
BancoSardegna Sassari è stato sconfitto di misura (88-86) dai russi
del Nizhny: non sono bastati ai sardi i 17 punti di Logan e Dyson.
Jorge Lorenzo è veloce e concreto, i suoi avversari per il 2° posto in
classifica (dietro Marc Marquez), Valentino Rossi e Dani Pedrosa, 5° e
10° nelle libere di ieri (che hanno registrato numerose cadute),
hanno invece qualcosa da sistemare per il Gp d’Australia (questa
mattina alle 6.05 le qualifiche su Sky Sport 1, domani alle 7 la gara),
in programma a Phillip Island, circuito «infido» (definizione di
Valentino) e problematico per le gomme. Marquez resta comunque il
favorito, Rossi ha avvisato di avere «sensazioni migliori del previsto».
Il duello Dopo lo scontro diretto e le polemiche nella settimana della Nazionale,
il campionato riparte con gli anticipi di Juventus e Roma accompagnati da antichi veleni
Nemici come prima
2,10 3,30 3,50
2,50 3,15 2,90
2,60 3,30 2,70
3,20 3,30 2,25
1,75 3,50 4,75
2,30 3,15 3,20
2,60 3,30 3,20
2,15 3,20 3,50
Fonte: Snai - Dati: Monica Colombo CdS
Roma
Chievo
4-3-3
4-3-1-2
25 Bardi
26 De Sanctis
21 Frey
13 Maicon
3 Dainelli
2 Yanga Mbiwa
12 Cesar
23 Astori
34 Biraghi
3 Cole
14 Cofie
15 Pjanic
32 Paredes
8 Radovanovic
4 Nainggolan
56 Hetemaj
24 Florenzi
23 Birsa
22 Destro
69 Meggiorini
8 Ljajic
43 Paloschi
Arbitro: Calvarese di Teramo
Tv ore 18 Sky Calcio 1, Sky Supercalcio, Premium Calcio
Sassuolo
Juventus
3-4-3
3-5-2
47 Consigli
1 Buffon
5 Antei
5 Ogbonna
28 Cannavaro
19 Bonucci
15 Acerbi
3 Chiellini
11 Vrsaljko
26 Lichsteiner
4 Magnanelli
37 Pereyra
19 Taider
21 Pirlo
3 Longhi
6 Pogba
33 Evra
25 Berardi
10 Zaza
14 Llorente
10 Tevez
17 Sansone
Arbitro: Banti di Livorno
Tv: ore 20.45 Sky Sport 1, Sky Calcio1, Sky Supercalcio, Premium Calcio
Capitano/1 Gigi Buffon, 36 anni, ha risposto per la Juventus alle critiche di Totti (Asaro)
❞
Classifica
JUVENTUS
ROMA
SAMPDORIA
UDINESE
MILAN
VERONA
NAPOLI
LAZIO
FIORENTINA
INTER
18
15
14
13
11
11
10
9
9
8
Serie B
GENOA
EMPOLI
CESENA
TORINO
CAGLIARI
CHIEVO
ATALANTA
PARMA
PALERMO
SASSUOLO
8
6
6
5
4
4
4
3
3
3
9ª giornata
Ieri
VICENZA-PESCARA
Oggi, ore 15
BOLOGNA-VARESE (Ghersini)
BRESCIA-PRO VERCELLI (Mariani)
CARPI-LATINA (Pairetto)
FROSINONE-MODENA (Roca)
LANCIANO-PERUGIA (Pezzuto)
SPEZIA-CATANIA (Baracani)
TERNANA-LIVORNO (Sacchi)
TRAPANI-CROTONE (Ros)
Domani, ore 18
BARI-AVELLINO (Fabbri)
Lunedì, ore 20.30
CITTADELLA-ENTELLA (Di Paolo)
2-1
Classifica
FROSINONE
15
AVELLINO
15
LIVORNO
14
PERUGIA
14
BOLOGNA
14
PRO VERCELLI
13
LANCIANO
13
BARI
12
CARPI
12
TRAPANI
12
MODENA
11
*una partita in più
Per fortuna
si torna
a giocare.
Abbiamo
davanti un
mese molto
importante
TERNANA**
10
SPEZIA
10
VICENZA*
10
PESCARA*
9
CITTADELLA
8
VARESE (-1)
8
LATINA
7
BRESCIA
7
CATANIA
6
CROTONE
6
ENTELLA**
5
**una partita in meno
Non mi
aspetto cali
di tensione
della Roma,
difficilmente
perderanno
punti
Capitano/2 Francesco Totti, 38 anni, non ha gradito il trattamento riservato alla Roma (Ramella)
I bianconeri
I giallorossi
Allegri vede il Sassuolo
«Se non lo battiamo
inutile il 3-2 alla Roma»
GarciavaoltreilChievo
«Siamoipiùforti
vinceremoloscudetto»
Il rumore dei nemici è sempre alto. Ma è il silenzio degli
amici che oggi deve preoccupare Max Allegri e la sua Juventus. «Per fortuna si torna a giocare — ripete due volte il tecnico dei bianconeri —. Abbiamo
davanti un mese molto importante per il campionato e decisivo per la Champions». Prima
della prossima sosta a novembre i campioni d’Italia devono
affrontare le due partite chiave
contro l’Olympiacos (mercoledì si comincia in Grecia), mentre in campionato su 5 sfide affrontano le 3 squadre attualmente all’ultimo posto, oltre a
Genoa ed Empoli: quanto basta
per pianificare un primo tentativo di fuga per lo scudetto.
A Sassuolo, Allegri ha vinto
un campionato di C1 nel 2008
per poi fare il salto in A col Cagliari. Ma dieci mesi fa il tecnico livornese fu esonerato dal
Milan, dopo quattro gol di Berardi al Mapei Stadium: l’attaccante, che è in comproprietà
con la Juventus, si è sbloccato
nell’ultima giornata contro la
Lazio e ha l’occasione di dimostrare il suo valore, nella ricerca
di una continuità di rendimento che finora non c’è stata. Come per Simone Zaza, autore del
gol del vantaggio neroverde
nella sfida molto tirata di fine
aprile, su cui la Juve ha un diritto di riacquisto fissato a 16 milioni: dopo il gol alla prima
giornata contro il Cagliari e il
felice approccio con la Nazionale di Conte, Zaza si è fermato.
E la squadra di Di Francesco,
che con la Juve ha rapporti continui di collaborazione, è inchiodata sul fondo con appena
tre punti.
La Juve però scende a Reggio
Emilia con la difesa contata e
senza Arturo Vidal, rientrato da
due partite con il Cile e al lavoro in vista di Atene. A centrocampo dovrebbe riposare anche Claudio Marchisio: Pereyra
affiancherà Pirlo e Pogba e si
sta dimostrando un’alternativa
valida. In attacco, con Morata
squalificato dopo il fallo sul romanista Manolas, spazio alla
coppia Tevez-Llorente: anche
lo spagnolo sta facendo scena
muta in zona gol e un suo
squillo sarebbe l’unico rumore
gradito alle orecchie di Allegri:
«Nonostante Fernando non abbia ancora segnato ha lavorato
molto bene con la squadra, gli
manca solamente il gol e magari lo troverà stavolta».
E la Roma? «Non mi aspetto
assolutamente cali da parte loro — sottolinea il tecnico — e
difficilmente perderanno punti per strada. Ho detto prima
della sfida di Torino che una
vittoria o una sconfitta con la
Roma non avrebbe pregiudicato il campionato, né loro né nostro. Ma non vincere a Reggio
sarebbe come buttare a mare la
vittoria nello scontro diretto».
Con tutto quello che c’è stato
dopo, per la Juve sarebbe un
delitto.
Paolo Tomaselli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
❞
È stata una
vergogna
l’accoglienza
in tribuna e
in panchina,
io sono fiero
dei miei
Quando
Totti parla
deve essere
rispettato
perché
è un grande
uomo
ROMA Tutto si può dire di Rudi
Garcia, ma, di sicuro, non che
sia superstizioso. Sceglie un venerdì 17 per dire che la Roma
vincerà lo scudetto, facendo
accapponare la pelle ai tifosi
più scaramantici. È un messaggio forte, lanciato a tutti: alla
squadra, ai tifosi, agli avversari
juventini, al Palazzo del calcio
italiano, persino al presidente
Pallotta. È il modo per dire che
la fortuna ce la costruiamo da
soli. A partire da oggi, contro il
Chievo, all’Olimpico.
«Per me Juve-Roma è stata
tutt’altro che una sconfitta. Sono fiero dei miei giocatori, che
hanno dimostrato forza e personalità. Sulla Juve voglio solo
dire una cosa sola: è stata una
vergogna l’accoglienza in tribuna e in panchina, questa cosa è
inaccettabile. Vorrei dire un’altra cosa sul mio capitano:
quando Totti parla deve essere
rispettato, perché è un grande
uomo. I suoi valori sono un bene per il calcio. Si è sentito vittima di un’ingiustizia, dopo la
partita, proprio perché i suoi
valori sono stati traditi. Ho rivisto la gara e le immagini parlano da sole. Quello che mi ha
colpito è che anche il miglior
arbitro può soffrire la pressione di una gara così. Ho visto
una Roma forte, ho capito che
quest’anno vinceremo lo scudetto. Sono molto più preoccupato della gara contro il Chievo,
perché arriva dopo tutto questo casino mediatico e prima di
una gara prestigiosa di Cham-
pions League. Anche i tifosi ci
devono aiutare a prendere i tre
punti, perché se vogliamo vincere lo scudetto dobbiamo vincere questa gara, quella dopo e
tutte le altre ancora». Garcia si
sarebbe aspettato scuse ufficiali, da parte della Juve, per gli insulti dei tifosi a Ljajic e Strootman («zingaro» e «zoppo»), gli
sputi e lo schiaffo al preparatore dei portieri Guido Nanni.
Capitolo chiuso: «Io sono il
capo del branco, ma i lupi sono
i calciatori. Quando giocano
devono avere la consapevolezza della nostra forza ma devono
mostrarla in campo. Forse non
vinceremo tutte le partite ma
dobbiamo provarci».
Capitolo aperto per l’aiuto
agli arbitri sotto pressione: «Io
ho parlato di tecnologia, non di
moviola in campo. Nel tennis è
possibile sapere se la palla è
dentro o no, perché nel calcio
non si può fare lo stesso per sapere se è rigore o no? Mi chiedete perché sono arrivato a dire
una cosa forte come vinceremo
lo scudetto? Perché ho le mie
ragioni, ma voi siete molto intelligenti e avete già capito tutto».
Iturbe non è stato convocato,
ma sarà pronto per martedì,
contro il Bayern. Probabile
panchina per Totti e Gervinho,
con Destro e Ljajic in campo.
Emergenza a centrocampo,
con l’esordio di Paredes dal primo minuto.
Luca Valdiserri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
SPORT
Scontri diretti e ritmi serrati
per fermare la fuga dal 3° posto
Tutte le candidate hanno perso colpi, nelle prossime tre settimane sarà vietato sbagliare
Le partite
Scontri diretti
fino alla
prossima sosta
7ª giornata
FiorentinaLazio
Verona-Milan
Inter-Napoli
8ª giornata
Napoli-Verona
MilanFiorentina
9ª giornata
FiorentinaUdinese
Verona-Lazio
InterSampdoria
10ªgiornata
SampdoriaFiorentina
11ª giornata
SampdoriaMilan
FiorentinaNapoli
Inter-Verona
MILANO Fuga dal terzo posto. Il
Milan, dopo una partenza lampo, ha messo insieme due striminziti pareggi in rimonta a
Empoli e Cesena prima di piegare il Chievo; il Napoli ha già
perso due volte, la Lazio addirittura tre e la Fiorentina ha
pareggiato troppo (tre volte).
L’Inter sino a venti giorni fa
sembrava candidata a prendere la scia di Juventus e Roma,
ma in una settimana ha dilapidato il suo patrimonio di credibilità rimediando sette gol
(a uno) tra il Cagliari e la trasferta di Firenze.
Il terzo posto, che regala il
passaporto per i playoff della
Champions e la possibilità di
mettere in tasca una trentina
di milioni, è nelle mani della
Sampdoria, insidiata dall’Udinese e anche il Verona respira
il profumo dell’alta classifica.
È vero che sei giornate sono
poche per dare giudizi definitivi. Ma è innegabile che dietro
a bianconeri e giallorossi, impegnati in un campionato a
parte, ci sia una specie di vuoto di potere. Le prossime tre
settimane, un tour de force da
7 gare per chi dovrà sobbarcarsi le fatiche europee, chiariranno meglio le gerarchie. È il
momento della verità: chi affogherà nella mediocrità e chi
riuscirà a rimettersi in gioco.
Il Milan, tra le grandi con il
fiatone, è all’apparenza la
squadra più serena: ha l’attac-
13
gol segnati
dal Milan,
il migliore
tra le grandi
col fiatone
0
Sampdoria Sinisa Mihajlovic (Ansa) Milan Filippo Inzaghi (Ansa)
Napoli Rafa Benitez (Ansa)
gol segnati
finora dalle
stelle del
Napoli Higuain
e Hamsick
7
gol subiti
dall’Inter
nelle ultime
due giornate
di campionato
Lazio Stefano Pioli (LaPresse)
co più prolifico della serie A
(13 reti) anche se Torres ha realizzato solo un gol ed El Shaarawy non segna dal 24 febbraio 2013 nel derby, gestisce un
incoraggiante più 3 rispetto alla scorsa stagione, conta sul
feeling che Inzaghi ha instaurato con Berlusconi e il grup-
Fiorentina Vincenzo Montella (LaPresse) Inter Walter Mazzarri (Ansa)
po. Pippo però deve trovare in
fretta un equilibrio tra la fase
offensiva e quella difensiva
(nessuno nella parte sinistra
della classifica ha subìto 9 gol
come i rossoneri). Verona e
Fiorentina, nel giro di una settimana, chiariranno la forza e
le ambizioni del Diavolo. Per
arrivare terzo il Milan deve fare
di più.
Anche il Napoli è davanti a
un bivio. La piazza dopo l’eliminazione dalla Champions
non si accende, De Laurentiis
tace e Benitez continua con il
turnover. Domani sera contro
l’Inter a San Siro giocheranno i
30
milioni di euro
garantiti
dall’ingresso
in Champions
League
59
migliori e lo spagnolo punta
sul fattore H. Hamsik e Higuain, autori di incoraggianti
doppiette in nazionale, vogliono sbloccarsi in campionato
dove sinora sono a digiuno. Il
Napoli, che ha vinto una sola
partita nelle prime quattro
giornate (Genoa), ha preso il
passo giusto, due successi nelle ultime due con Sassuolo e
Torino (in rimonta), ma la sfida contro l’ex Mazzarri, amato
e odiato, è una tappa fondamentale. Per affondare una rivale e mettere alle spalle in
maniera definitiva la crisi.
L’appuntamento del Meazza
vale moltissimo anche per l’Inter. I nerazzurri sono il mistero
più grande: tanto belli e solidi
all’inizio, quanto fragili e
smarriti adesso e con sei punti
meno dell’anno scorso sanno
di non poter sbagliare. E visto
che Osvaldo resterà fuori un
mese (e che Kovacic non sta
benissimo), accanto a Icardi
serve il miglior Palacio, anche
lui tra i ritardatari del gol.
Fiorentina e Lazio si troveranno al Franchi alle 12.30. I viola vengono dal rotondo 3-0
all’Inter, i biancocelesti hanno
segnato quattro gol al Palermo
e tre al Sassuolo e non vogliono fermarsi. Doveva essere la
sfida tedesca tra Klose e Gomez, vecchi giganti del gol, invece Miro è stato soppiantato
da Djordjevic e Mario è fuori
per infortunio un’altra settimana. Montella si affiderà alla
freschezza di Babacar e alla solidità della difesa, che in casa
non ha ancora subìto gol. Per
la Fiorentina da qui alla sosta
solo scontri diretti: dopo la Lazio, arrivano in fila Milan, Udinese, Sampdoria e Napoli. Chi
si ferma adesso è perduto.
Alessandro Bocci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Qui Milan
Qui Inter
El Shaarawy:
«Tre panchine?
C’è un po’
d’incazzatura»
Il messaggio
di Thohir ai tifosi
«Battere il Napoli
tutti insieme»
MILANO Domani a Verona
Stephan El Shaarawy è
candidato per giocare
dall’inizio. Dopo tre panchine
«c’è un po’ di dispiacere e di
incazzatura», ma senza
polemica: il Faraone ha capito
che passerà un anno così, a
sudarsi ogni maglia da titolare.
«Le mie esclusioni sono state
scelte tecniche che rispetto.
Inzaghi mi ha detto che non
devo dimostrare niente». La
concorrenza è tanta anche
perché ora sono tornati tutti,
compreso Menez (che però
dovrebbe entrare a gara in
corsa). «È la prima volta che si
sono allenati in 27 su 28
(l’assente è Montolivo, ndr). In
passato capitava solo prima
delle finali di Champions,
quando stavano sempre tutti
bene», ha scherzato l’ad
Adriano Galliani. Domani è
comunque una tappa
importante per provare a
tornarci, in Champions, ma
Verona è «una trasferta
storicamente difficile, dove il
Milan ha perso due scudetti»,
come ha ricordato alla squadra
il presidente Silvio Berlusconi
nella consueta visita del
venerdì (questa volta
accompagnato da sei ragazzi,
figli di dipendenti della casa di
cura di Cesano Boscone). A
Verona il Milan ha perso anche
lo scorso anno. Ma ora è tutto
diverso: «La cosa fantastica di
questa stagione è la coesione»,
spiega Galliani. Vedremo se
farà la differenza.
a. rav.
MILANO Erick Thohir ha capito
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In Esclusiva nelle profumerie
che quella di domani nel
posticipo con il Napoli sarà
una serata difficile per l’Inter,
visto il clima che si è creato
intorno alla squadra e a
Mazzarri, dopo gli otto punti
raccolti nelle prime sei partite
(2 vittorie, 2 pareggi, 2
sconfitte consecutive con
Cagliari e Fiorentina). Così,
attraverso il sito www.inter.it,
ha inviato un messaggio ai
tifosi, prima di arrivare a
Milano per essere presente a
San Siro: «Contro il Napoli
sarà una partita bellissima. Ci
saranno tanti tifosi nerazzurri
allo stadio e, tutti insieme,
possiamo essere protagonisti.
Sarà una gara difficile, ma noi
siamo l’Inter e proprio per
questo sarà il nostro
momento. Sarà un’occasione
per esprimere insieme ai
nostri tifosi l’entusiasmo che
serve nella costruzione di un
grande gruppo soprattutto se è
così giovane come il nostro.
L’Inter mi è entrata dentro: con
il Napoli sarò il primo tifoso a
sostenere la squadra.
Dobbiamo essere uniti
nell’incitare l’Inter, dobbiamo
essere il dodicesimo uomo in
campo che farà la differenza.
San Siro è uno stadio unico al
mondo: quando riesce a
trasmettere tutto il suo calore
fa tremare le gambe
all’avversario. Il mister e la
squadra vi aspettano tutti allo
stadio per raccogliere
l’abbraccio del popolo
interista. Forza Inter».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
60
Daniele e Sabine Turri sono affettuosamente vicini a Silvana, Alessandro e Mara per la perdita
dell’indimenticabile
dott. Alberto Beretta
- Milano, 17 ottobre 2014.
Il Direttore, i colleghi e il personale del Dipartimento di Ingegneria Gestionale e del Consorzio
MIP Politecnico di Milano partecipano al lutto del
professore Giovanni Toletti per la scomparsa del
padre
Guido Toletti
- Milano, 17 ottobre 2014.
Caro
Alberto
non meritavi di tribolare così tanto in questi ultimi
anni.- Con infinita tristezza.- Wanda e Von Benedict. - Milano, 16 ottobre 2014.
Ricordando con grande stima
Alberto
Paolo Chicca Alberto Valentina e Paola si uniscono
con tutto il loro affetto al dolore della sorella Silvana e di Alessandro e Mara.
- Milano, 17 ottobre 2014.
Aldo e Fabrizio Faitelli con le famiglie sono affettuosamente vicini al dolore di Silvana, Mara,
Alessandro e Carmen per la scomparsa del carissimo
dott. Alberto Beretta
- Milano, 17 ottobre 2014.
Francesco e Caroline De Marchi Gherini nel nome della fedele amicizia secolare che lega le loro
famiglie sono vicini a Silvana Alessandro Mara Silvia e Mimmo nel ricordo dell’amatissimo
Alberto
uomo di qualità e di ammirevole dignitoso coraggio.- Concisione bergamasca e dimensione interiore di alta quota lassù nelle amate valli.
- Milano, 17 ottobre 2014.
Partecipa al lutto:
– Afro Consonno.
Rosella e Roberto con i figli Roberta e Marco ricordano con tanto affetto
Alberto
amico di una vita e abbracciano forte Silvana Alessandro Mara e Carmen.
- Milano, 17 ottobre 2014.
La Presidenza, il Consiglio di Amministrazione e
il Collegio Sindacale di Coop Lombardia esprimono le proprie condoglianze alla famiglia per la
scomparsa di
Guido Toletti
cooperatore che con la sua attività e intelligenza
ha contribuito a far grande la nostra cooperativa.
- Milano, 17 ottobre 2014.
Sandra, Pierluigi, Laura, Teodoro, Enrico insieme
alle famiglie partecipano al dolore della sorella
Cicci e delle nipoti Alessandra e Francesca per l’improvvisa perdita dell’
Ing. Rino Mazzola
- Milano, 16 ottobre 2014.
Partecipano al lutto:
– I cugini Molinari di Brescia.
Mariuccia Stegani Mari
La nostra amatissima zia non è più tra noi.- I nipoti
Fernanda, Daniela, Roberto, Luciano, Vanni, Marco in questo momento di grande dolore si uniscono
con un forte abbraccio a Silvana, Bruno, Roberto e
famiglie. - Milano, 17 ottobre 2014.
Un caldo ultimo abbraccio
nonna Mariuccia
Lidia e Giorgio. - Milano, 17 ottobre 2014.
Franco Radaelli
padre sempre presente, nonno affettuoso; con la
mente e con l’anima sei stato un sostegno per tutti
noi: ci mancherai tanto.- Rossella, Francesco, Sara,
Sofia. - Milano, 17 ottobre 2014.
Dott. Alberto Beretta
Franco
Alberto
- Milano, 17 ottobre 2014.
"Sono certo che nulla va perduto nella
nostra vita, nessun frammento di bontà
e di bellezza, nessun sacrificio, nessuna
lacrima e nessuna amicizia".
Dopo un’estenuante battaglia contro un’invincibile malattia, è mancato "il guerriero"
Giuliano Paolini
Ne danno il triste annuncio la moglie Emma con le
figlie Cecilia, Ilaria con Francesco e la piccola Sveva.- Di te ricorderemo sempre il tuo coraggio e la
nobiltà d’animo.- La famiglia ringrazia: medici, infermieri, Oss dell’Istituto dei Tumori di Milano che
lo hanno avuto in cura; esempi di eccellenza e di
umanità.- Un ringraziamento particolare al Dottor
Bossi, Dottoressa Pessi, Dottor Fallai, Dottoressa
Martini, Don Tullio, Dottoressa Agape.- Un ringraziamento denso di affetto e gratitudine al Professore Dottor Gabriele Scaramellini.- I funerali
avranno luogo sabato 18 ottobre, ore 14.45 nella
chiesa dei Santi Nereo e Achilleo, viale Argonne
56. - Milano, 17 ottobre 2014.
Partecipano al lutto:
– Laura e Alberto Spini.
– Eugenia e Vincenzo Trabace.
Il marito Gianni Montafia, i figli Paolo e Andrea
e i loro familiari annunciano con profondo dolore
la scomparsa dell’amata
Maria Antonia (Juccia)
Vertemati
I funerali si terranno presso la chiesa San Carlo a
Bresso, sabato 18 ottobre alle ore 15.
- Bresso, 17 ottobre 2014.
È mancato all’affetto dei suoi cari
Ferdinando Piovesana
Ne danno il triste annuncio la moglie Marisa, i figli
Riccardo, Emanuele e Francesco, unitamente
all’anziana madre, alla sorella Mariuccia ed ai parenti tutti. - Milano, 16 ottobre 2014.
18 ottobre 1984 - 18 ottobre 2014
Giuseppe Marcandalli
Caro papà sono passati trent’anni dal tuo addio
ma continui a rimanere sempre e comunque nei
nostri pensieri e nei nostri cuori, compresi quelli
dei tuoi nipoti che non hai potuto conoscere.- Ciao
papà Pino.- Rosa, Sonia e Fabrizio.
- Bresso, 18 ottobre 2014.
Ad un anno dalla scomparsa di
Con tristezza Beppi e Mirella ricordano commossi il consuocero e l’amico
Gianfranco e Alberto Facchetti si uniscono al lutto della famiglia Beretta per la perdita del caro
Margherita Lopane
e la ricordano con infinita nostalgia.
- Milano, 17 ottobre 2014.
Andrea Biagini
Baldassarre Mazzola
Pinuccia Mugnoli con Marco, Paolo, Ester commossa ricorda momenti felici di grande amicizia
vissuti con il
ed è tanto vicina alla famiglia.
- Pieve Ligure, 17 ottobre 2014.
I ragazzi della C del Liceo Beccaria 1974-1979
piangono la prematura scomparsa della loro cara
compagna di classe
- Milano, 17 ottobre 2014.
la moglie Cristina ed i figli Matteo e Valerio lo ricordano con immenso amore.- Una Messa in memoria sarà celebrata il 19 ottobre 2014 alle ore 12
presso la chiesa di San Giovanni Crisostomo.
- Roma, 18 ottobre 2014.
La Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio Onlus
ricorda
Maruzza Lefebvre D’Ovidio
a venticinque anni dalla sua scomparsa.- I suoi valori, la sua forza, il suo ingegno sono sempre con
noi. - Roma, 18 ottobre 2014.
Nel quindicesimo triste anniversario della scomparsa di
Jana Riganti
Marco e Debora, con Marianna e Carlotta la ricordano con immutato affetto.
- Solbiate Arno, 18 ottobre 2014.
19 ottobre 2011 - 19 ottobre 2014
Peter Steiner
Ti pensiamo ogni giorno.- Una Messa sarà celebrata oggi alle ore 18.30 nella Basilica di San Babila.- La tua famiglia.
- Milano, 18 ottobre 2014.
Gianfranco Moretti
Abbiamo perso un grande amico
Osvaldo Tarenzi
Siamo vicini alla famiglia.- Chiara e Alberto Bonazza. - Cassina de’ Pecchi (MI), 17 ottobre 2014.
Silvia e Filippo ringraziano i parenti e tutti gli amici
che hanno voluto dare con loro l’ultimo saluto a
Franco. - Milano, 18 ottobre 2014.
I condomini di via Fieno 1 Milano ricordano con
affetto il
sig. Osvaldo Tarenzi
- Milano, 17 ottobre 2014.
Franco e Marisa Morganti con Nicola e Michele
partecipano affettuosamente al lutto di Paola, Marco, Giovanni, Cristina per la perdita del caro
ing. Carlo Scalabrini
ricordando le tante belle giornate trascorse insieme durante una gioventù ormai lontana.
- Milano, 17 ottobre 2014.
Le socie ADGI Sezione Milano ed i colleghi del
gruppo Uniti per un Futuro si stringono all’amica
Maria Grazia in questo difficile momento di dolore
per la scomparsa della mamma
RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli,8 - 20132 Milano
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DA COPIA DI UN DOCUMENTO DI IDENTITA’
TARIFFE BASE IVA ESCLUSA:
Carmela Bosco
- Milano, 18 ottobre 2014.
PER
PAROLA:
È mancato il caro
Eraldo (Dino) Colombo
uomo meraviglioso, nobile e buono.- Con la nostra
amicizia siamo dolorosamente vicini alla famiglia.Nuccia, Geraldina e Tiziano.
- Milano, 17 ottobre 2014.
La famiglia Ciana partecipa al dolore per la perdita di
Emanuele Maffeis
- Milano, 17 ottobre 2014.
A
MODULO:
Corriere della Sera
Necrologie: € 5,00
Adesioni
al lutto: € 10,00
Solo anniversari,
trigesimi e
ringraziamenti: € 300,00
Gazzetta dello Sport
Necrologie: € 1,90
Adesioni
al lutto: € 3,70
Solo anniversari,
trigesimi e
ringraziamenti: € 258,00
Diritto di trasmissione: pagamento anticipato € 1,67
pagamento differito € 5,00
L’accettazione delle adesioni è subordinata
al pagamento con carta di credito
Servizio fatturazione necrologie:
tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30
fax 02 25886632 - e-mail: [email protected]
Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
L’inchiesta
Il basket nel mirino
Pianigiani indagato
per evasione fiscale
SPORT
SIENA Sembra non avere mai fine l’inchiesta sulla
bancarotta della Mens Sana. Dopo indagini durate
anni e il «blitz di maggio» (4 arresti, tra i quali
anche il presidente designato della Lega Basket
Ferdinando Minucci e 25 indagati tra cui molti
giocatori) ecco spuntare un altro filone. Con due
indagati: il c.t. della Nazionale di pallacanestro,
Simone Pianigiani (foto), già coach della Mens
Sana, e Stefano Bisi, vicedirettore responsabile
della redazione senese del Corriere di Siena e gran
maestro del Grande oriente d’Italia, la massoneria
di Palazzo Giustiniani. Diverse le ipotesi di reato
per i due indagati. Pianigiani deve rispondere di
evasione fiscale, Bisi di ricettazione. Le fiamme
gialle di Siena hanno perquisito le due abitazioni di
Firenze e Siena di Pianigiani e la casa e la
redazione di Bisi. Poi si sono spostate a Roma
nell’ufficio del gran maestro. E hanno sequestro
una mole imponente di materiale informatico e
cartaceo. A corredo dei documenti anche
intercettazioni ambientali che ipotizzerebbero
l’esistenza di fondi neri distribuiti dalla società di
basket senese. Il c.t. è sospettato dal pm Antonio
Nastasi di non aver denunciato al fisco dai 70 agli
80 mila euro. Pianigiani ha sempre smentito ogni
coinvolgimento nei presunti fondi neri e ha giurato
al presidente della Fip, Giovanni Petrucci, di non
aver mai preso un soldo esentasse.
Marco Gasperetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pantani, la verità in cella con René
Individuato l’uomo che in carcere sconsigliò a Vallanzasca di puntare sul Pirata nel ‘99
Ma l’ex bandito è già stato sentito dai Carabinieri e dalla madre: non ha fornito dettagli
Qualche giorno dopo
l’esclusione di Marco Pantani
dal Giro d’Italia del 1999, arrivarono minacce ad alcuni personaggi del suo staff: «Dimenticate che cosa è successo a Campiglio». Lo hanno raccontato
loro stessi al procuratore di
Forlì Sergio Sottani mettendo
in diretto collegamento l’avvertimento alla procedura seguita
per effettuare le analisi che diedero come risultato un ematocrito a 51,9 e determinarono
l’esclusione dalla corsa. Proprio su questo si concentrano
adesso gli accertamenti.
Tutto ruota intorno al detenuto che avrebbe «consigliato»
a Renato Vallanzasca, suo compagno di cella, di non puntare
sul Pirata «perché tanto non
arriva a Milano in maglia rosa».
I magistrati conoscono la sua
identità. Lo hanno individuato
grazie ai controlli effettuati sulle presenze nel penitenziario e
hanno avviato verifiche per stabilire la sua attendibilità riesaminando i suoi rapporti criminali dell’epoca.
Sono trascorsi quindici anni
da quel 5 giugno, non sarà faci-
ROMA -
A Campiglio
Il 5 giugno ‘99
Pantani è a
Madonna di
Campiglio, alla
vigilia della
penultima
tappa del Giro
dominato
Il controllo
Nell’ambito
della «tutela
della salute»
allora in vigore
avviene il
controllo alle
7.15 del
mattino
all’hotel
Touring:
l’ematocrito è
oltre la soglia
consentita
allora. Pantani
è escluso e
sospeso 15
giorni
le ricostruire quel che accadde
davvero. Ma i pubblici ministeri appaiono comunque determinati ad andare avanti per verificare se davvero qualcuno
possa aver alterato gli esami,
addirittura riscaldando la provetta. E per questo hanno ipotizzato il reato di associazione
per delinquere finalizzato alla
frode sportiva.
Hanno interrogato i medici
che seguivano il ciclista, il capo
della tifoseria Vittorio Savini
che aveva raccontato di aver ricevuto una telefonata anonima
di un uomo che disse che
«avrebbero sparato a Marco
pur di fermarlo». Hanno convocato le persone indicate dall’avvocato della famiglia Antonio De Rensis perché «a conoscenza di elementi utili». Ma
hanno anche sentito la versione di alcuni testimoni che non
sono direttamente legati all’entourage di Pantani proprio per
stabilire il clima che si respirava in quelle ore, l’atmosfera che
c’era.
L’ipotesi esplorata dagli inquirenti è pesantissima perché
porta a chi gestiva le scommes-
se clandestine sul Giro, dunque alla scelta di eliminare il
Pirata per il timore che una sua
vincita — sulla quale c’era stato
un numero e un volume di
puntate inaspettate — avrebbe
potuto far saltare il banco e
dunque provocare un danno
economico fortissimo ai clan
che gestivano il mercato nero
delle giocate.
Ecco perché è importante
61
Maglia rosa
Marco Pantani,
morto il 14
febbraio 2004,
ha vinto un Giro
e un Tour (Epa)
ascoltare la versione del compagno di cella di Vallanzasca e
quello che quest’ultimo avrebbe raccontato nell’immediatezza del fatto alle persone a lui
più vicine, in particolare alla
moglie. Il «consiglio» fu dato
infatti nel 1999 e lui ne accennò
qualcosa nella sua biografia «Il
fiore del male» scritta con il
giornalista Carlo Bonini, senza
però scendere nei dettagli. Otto
anni dopo, esattamente nel
2007, aggiunse dettagli nella
lettera spedita alla mamma di
Pantani, ma poi non ritenne di
dover confermare questa circostanza ai carabinieri che andarono a interrogarlo.
Nelle intenzioni dei magistrati c’è sicuramente quella di
interrogare Vallanzasca, ma ciò
dovrebbe avvenire soltanto alla
fine di queste prime verifiche.
Sul tavolo del procuratore c’è
già l’elenco di tutte le persone
che si occuparono delle analisi,
di coloro che ebbero accesso
alle provette, ma anche di chi
— pur non risultando direttamente coinvolto nella procedura antidoping — potrebbe aver
avuto un ruolo nell’alterazione
degli esami. È su di loro che si
punta per cercare di scoprire la
verità, per stabilire se Pantani
fu davvero vittima di un complotto, oppure di se stesso.
Fiorenza Sarzanini
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il medico del prelievo
«Avevo portato anche mio figlio
Perché avrei dovuto truccare
il sangue del ciclista che amavo?»
Medico
Michelangelo
Partenope
è il medico
del Sant’Anna
di Como
che prelevò
il sangue
di Pantani
La tesi è questa: la mattina
del 5 giugno 1999, con appena
mezz’ora a disposizione tra
prelievo, trasporto e analisi,
qualcuno avrebbe «truccato» il
sangue di Pantani per fargli superare i limiti previsti dai regolamenti, mettere l’atleta fuori
corsa e far saltare il banco delle
scommesse sul Giro. Su questo
indaga la Procura di Forlì.
Prima domanda: è tecnicamente possibile alterare un valore di ematocrito? Giuseppe
d’Onofrio, tra i più noti ematologi italiani. «La tesi è teorica-
19 ottobre
mente sostenibile — spiega il
professor D’Onofrio — ma con
un analizzatore automatico come quello usato a Campiglio e
cosi poco tempo a disposizione
lo si poteva fare solo modificando l’algoritmo di taratura
della macchina. Sarebbero serviti grande perizia scientifica e
una premeditazione accurata.
Ma si poteva fare».
S e co n d a d o m a n d a : c h i
l’avrebbe fatto e perché? Michelangelo Partenope, dirigente di Ematologia al Sant’Anna
di Como, è il medico che prele-
vò il sangue e lo analizzò con i
colleghi Sala e Spinelli. Partenope: «Sono sconvolto da certe
dichiarazioni. Parlare di fatti
avvenuti alla luce del sole è poco. Nella stanza del prelievo
c’erano 7 testimoni, Pantani
non scelse la fiala dove mettere
il suo sangue perché semplicemente non era previsto dal regolamento. Fu lui a chiedermi,
davanti a tutti, di non usare il
laccio emostatico. Portata subito nel nostro albergo, la fiala fu
analizzata con quella di Savoldelli e altri otto corridori alla
Gran Premio del Jockey Club
15 novembre Premio Giulio Berlingieri
❞
Fu tutto alla
luce del sole
Al processo
di Trento
le perizie
dimostrano
la bontà
del nostro
lavoro
presenza di 4 testimoni. Dopo
un primo controllo, fuori norma, tarammo di nuovo la macchina e ne eseguimmo un secondo. Fuori norma. Convocammo subito atleta, d.s. e medico sociale. Pantani rifiutò, gli
altri arrivarono subito: ripetemmo due volte il controllo di
fronte a loro. Fuori norma. Tutto il materiale venne sequestrato da uomini della Finanza e
sottoposto a perizia. Al processo di Trento le perizie dimostrarono la bontà del nostro lavoro. Posso fare io una doman-
da? Ma per quale motivo avrei
dovuto truccare il sangue di un
corridore che amavo? Lo sa che
quel giorno avevo fatto venire il
mio bambino per festeggiare la
sua vittoria?».
Ci furono segnali premonitori? Roberto Rempi, medico
sociale della squadra di Pantani: «Francamente no — spiega
— perché Marco era tranquillo.
Ma non rilevai anomalie nel
prelievo. Non è nemmeno vero,
come hanno scritto alcuni
giornali, che il numero delle
sue piastrine dalla sera alla
mattina si modificò moltissimo. Non avevamo alcuno strumento per misurare le piastrine, rilevammo solo l’ematocrito, che era nei limiti. Se non lo
fosse stato, mi creda, all’epoca
l’avremmo potuto correggere».
Marco Bonarrigo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera
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di Maria Volpe
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Leosini chiude
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ltima puntata per
Franca Leosini che
stasera chiude con una
puntata inedita sul delitto
di Pier Paolo Pasolini
( foto). Un mistero che, alla
vigilia dei 40 anni da quel
massacro, Leosini non
poteva non tornare ad
affrontare: fu lei, in una
puntata di «Ombre sul
giallo», nel 2005, a far
riaprire il caso grazie alle
rivelazioni fattele in
esclusiva da Pino Pelosi. E
stasera è previsto un nuovo
faccia a faccia con lui. In
studio anche il fotografo
Dino Pedriali.
Storie maledette
Rai3, ore 24
Se la crisi cambia
i valori della vita
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n reportage che
comincia con la storia
di un bancario licenziato,
uno dei tanti che in questi
anni ha perso il lavoro.
Storia di una crisi che sta
cambiando la scala dei
valori nella collettività.
Tg2 Dossier
Rai2, ore 23.50
Rita Dalla Chiesa
si mette ai fornelli
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ornano i vip ai fornelli
di Antonella Clerici.
Oggi è il turno di Rita Dalla
Chiesa che in questo
periodo è spesso ospite in
diversi programmi
ottenendo un grande
riscontro di pubblico. Lei
dice di non essere una
grande cuoca, vedremo.
La prova del cuoco
Rai1, ore 11.45
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Corriere della Sera Sabato 18 Ottobre 2014
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Sul web
Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso
Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv
A FIL DI RETE di Aldo Grasso
Se il talk politico piange, i suoi protagonisti non ridono
Vincitori e vinti
E
ra inevitabile che finisse così, a pesci in faccia. Era quasi mezzanotte, «Servizio pubblico», incentrato sull’alluvione che ha colpito
Genova, si era trascinato fin lì in maniera
quasi surreale (La7, giovedì, 21.15).
I talk politici sono in un momento di crisi di
identità, come buona parte dell’informazione. Nel
mondo politico, ma soprattutto nel mondo economico, sono in atto alcuni processi che stanno cambiano la gerarchia di rapporti, i contatti si fanno
sempre più orizzontali. Per farla breve: su un verso
della medaglia, c’è in atto una crisi dei modelli di
SERVIZIO PUBBLICO
Marco Travaglio
Litigio Santoro-Travaglio in
diretta: per La7 1.278.000
spettatori, 5,9% di share
VIRUS
Nicola Porro
Porro torna a inseguire
Santoro: per Rai2 968.000,
spettatori, 4,2% di share
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chiacchiere) che un solo momento: il cabaret di
Marco Travaglio. Travaglio ha cominciato a prendersela prima con un ragazzo in studio (quello che
aveva contestato Grillo a Genova) e poi a inveire
contro il governatore della Liguria Claudio Burlando, finché il conduttore è intervenuto: «Marco,
questo è un luogo di discussione, non si insultano
le persone, basta». A quel punto Travaglio, stizzito
come una prima donna, si è alzato e ha abbandonato lo studio. Il talk non sta bene, ma anche i suoi
protagonisti hanno qualche linea di febbre.
rappresentanza (di fronte alle urla della signora di
Genova, cui l’acqua aveva portato via tutto, le lezioncine della prof. Gualmini parevano inadeguate); sul retro, il processo della disintermediazione
tende a far saltare i corpi intermedi e ogni tipo di
mediazione. Il Conduttore Unico perde centralità.
Risultato: chi invitiamo stasera?
Michele Santoro ha sterzato su «Le invasioni barbariche» (da non crederci) e ha invitato Paolo Villaggio e Mauro Corona: imbarazzante il primo,
folklorico il secondo. Non restava che un solo argomento: Beppe Grillo. Non restava (dopo tre ore di
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Sabato 18 Ottobre 2014 Corriere della Sera