Rivista Diocesana 2014/1

ALBA
Rivista
Diocesana
Albese
2014
RIVISTA DIOCESANA ALBESE
Anno XCIII - N. 1 - Aprile 2014
SOMMARIO
ATTI DEL S. PADRE
Messaggio per la XXII Giornata mondiale del Malato
Messaggio per la XLVII Giornata mondiale della Pace
Messaggio per la Quaresima
Messaggio per la 51ª Giornata mondiale di preghiera per le Vocazioni
Messaggio per la XXIX Giornata mondiale della Gioventù
Lettera alle famiglie
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ATTI DELLA CEI
Messaggio per la 63ª Giornata nazionale del Ringraziamento
Messaggio per la 36ª Giornata nazionale per la Vita
Comunicato finale del Consiglio Permanente
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ATTI DEL VESCOVO
Natale, un possibile nuovo inizio
Il “caso serio” della Quaresima (e della fede)
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ATTI DI CURIA
Calendario Visita Pastorale: vicaria di Cherasco e delle Langhe
Beatificazione di Padre Girotti
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Uffici pastorali diocesani:
Ufficio Pastorale per la Liturgia
Ufficio per la Pastorale della famiglia
Ufficio Pellegrinaggi
Ufficio Scuola
Ufficio per le Comunicazioni sociali
Ufficio Beni culturali Ecclesiastici
Ufficio Migrantes
Ufficio per l’Ecumenismo ed il dialogo interreligioso
Ufficio per la cooperazione missionaria
Ufficio pastorale per la catechesi
Ufficio per la Pastorale sociale e del lavoro
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Ufficio Cancelleria:
Rinunce
Incarichi
Necrologio
Comunicazione sulla celebrazione dei sacramenti
Matrimonio concordatario: modifica dell’art. 147 del codice civile
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Consigli Diocesani:
Consiglio Presbiterale
Consiglio Pastorale
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ATTI DEL S. PADRE
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA XXII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO 2014
FEDE E CARITÀ: «ANCHE NOI DOBBIAMO
DARE LA VITA PER I FRATELLI»
(1 Gv 3,16)
Cari fratelli e sorelle!
1. In occasione della XXII Giornata Mondiale del Malato, che quest’anno ha come tema Fede e
carità: «Anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3,16), mi rivolgo in modo particolare alle persone ammalate e a tutti coloro che prestano loro assistenza e cura. La Chiesa riconosce in voi, cari ammalati, una speciale presenza di Cristo sofferente. È così: accanto, anzi, dentro
la nostra sofferenza c’è quella di Gesù, che ne porta insieme a noi il peso e ne rivela il senso.
Quando il Figlio di Dio è salito sulla croce ha distrutto la solitudine della sofferenza e ne ha illuminato l’oscurità. Siamo posti in tal modo dinanzi al mistero dell’amore di Dio per noi, che ci
infonde speranza e coraggio: speranza, perché nel disegno d’amore di Dio anche la notte del
dolore si apre alla luce pasquale; e coraggio, per affrontare ogni avversità in sua compagnia, uniti
a Lui.
2. Il Figlio di Dio fatto uomo non ha tolto dall’esperienza umana la malattia e la sofferenza, ma,
assumendole in sé, le ha trasformate e ridimensionate. Ridimensionate, perché non hanno più
l’ultima parola, che invece è la vita nuova in pienezza; trasformate, perché in unione a Cristo da
negative possono diventare positive. Gesù è la via, e con il suo Spirito possiamo seguirlo. Come il
Padre ha donato il Figlio per amore, e il Figlio ha donato se stesso per lo stesso amore, anche noi
possiamo amare gli altri come Dio ha amato noi, dando la vita per i fratelli. La fede nel Dio
buono diventa bontà, la fede nel Cristo Crocifisso diventa forza di amare fino alla fine e anche i
nemici. La prova della fede autentica in Cristo è il dono di sé, il diffondersi dell’amore per il
prossimo, specialmente per chi non lo merita, per chi soffre, per chi è emarginato.
3. In forza del Battesimo e della Confermazione siamo chiamati a conformarci a Cristo, Buon
Samaritano di tutti i sofferenti. «In questo abbiamo conosciuto l’amore; nel fatto che Egli ha dato
la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3,16). Quando ci
accostiamo con tenerezza a coloro che sono bisognosi di cure, portiamo la speranza e il sorriso di
Dio nelle contraddizioni del mondo. Quando la dedizione generosa verso gli altri diventa lo stile
delle nostre azioni, facciamo spazio al Cuore di Cristo e ne siamo riscaldati, offrendo così il
nostro contributo all’avvento del Regno di Dio.
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4. Per crescere nella tenerezza, nella carità rispettosa e delicata, noi abbiamo un modello cristiano a
cui dirigere con sicurezza lo sguardo. È la Madre di Gesù e Madre nostra, attenta alla voce di Dio
e ai bisogni e difficoltà dei suoi figli. Maria, spinta dalla divina misericordia che in Lei si fa
carne, dimentica se stessa e si incammina in fretta dalla Galilea alla Giudea per incontrare e aiutare la cugina Elisabetta; intercede presso il suo Figlio alle nozze di Cana, quando vede che viene
a mancare il vino della festa; porta nel suo cuore, lungo il pellegrinaggio della vita, le parole del
vecchio Simeone che le preannunciano una spada che trafiggerà la sua anima, e con fortezza
rimane ai piedi della Croce di Gesù. Lei sa come si fa questa strada e per questo è la Madre di
tutti i malati e i sofferenti. Possiamo ricorrere fiduciosi a Lei con filiale devozione, sicuri che ci
assisterà, ci sosterrà e non ci abbandonerà. È la Madre del Crocifisso Risorto: rimane accanto alle
nostre croci e ci accompagna nel cammino verso la risurrezione e la vita piena.
5. San Giovanni, il discepolo che stava con Maria ai piedi della Croce, ci fa risalire alle sorgenti
della fede e della carità, al cuore di Dio che «è amore» (1 Gv 4,8.16), e ci ricorda che non possiamo amare Dio se non amiamo i fratelli. Chi sta sotto la Croce con Maria, impara ad amare come
Gesù. La Croce «è la certezza dell’amore fedele di Dio per noi. Un amore così grande che entra
nel nostro peccato e lo perdona, entra nella nostra sofferenza e ci dona la forza per portarla, entra
anche nella morte per vincerla e salvarci… La Croce di Cristo invita anche a lasciarci contagiare
da questo amore, ci insegna a guardare sempre l’altro con misericordia e amore, soprattutto chi
soffre, chi ha bisogno di aiuto» (Via Crucis con i giovani, Rio de Janeiro, 26 luglio 2013).
Affido questa XXII Giornata Mondiale del Malato all’intercessione di Maria, affinché aiuti le persone ammalate a vivere la propria sofferenza in comunione con Gesù Cristo, e sostenga coloro che se
ne prendono cura. A tutti, malati, operatori sanitari e volontari, imparto di cuore la Benedizione
Apostolica.
Dal Vaticano, 6 dicembre 2013
Francesco
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
XLVII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
1° GENNAIO 2014
FRATERNITÀ, FONDAMENTO E VIA
PER LA PACE
1. In questo mio primo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, desidero rivolgere a tutti,
singoli e popoli, l’augurio di un’esistenza colma di gioia e di speranza. Nel cuore di ogni uomo e
di ogni donna alberga, infatti, il desiderio di una vita piena, alla quale appartiene un anelito
insopprimibile alla fraternità, che sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo
non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare.
Infatti, la fraternità è una dimensione essenziale dell’uomo, il quale è un essere relazionale. La
viva consapevolezza di questa relazionalità ci porta a vedere e trattare ogni persona come una
vera sorella e un vero fratello; senza di essa diventa impossibile la costruzione di una società giusta, di una pace solida e duratura. E occorre subito ricordare che la fraternità si comincia ad
imparare solitamente in seno alla famiglia, soprattutto grazie ai ruoli responsabili e complementari di tutti i suoi membri, in particolare del padre e della madre. La famiglia è la sorgente di ogni
fraternità, e perciò è anche il fondamento e la via primaria della pace, poiché, per vocazione,
dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore.
Il numero sempre crescente di interconnessioni e di comunicazioni che avviluppano il nostro pianeta rende più palpabile la consapevolezza dell’unità e della condivisione di un comune destino
tra le Nazioni della terra. Nei dinamismi della storia, pur nella diversità delle etnie, delle società
e delle culture, vediamo seminata così la vocazione a formare una comunità composta da fratelli
che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri. Tale vocazione è però
ancor oggi spesso contrastata e smentita nei fatti, in un mondo caratterizzato da quella “globalizzazione dell’indifferenza” che ci fa lentamente “abituare” alla sofferenza dell’altro, chiudendoci
in noi stessi.
In tante parti del mondo, sembra non conoscere sosta la grave lesione dei diritti umani fondamentali, soprattutto del diritto alla vita e di quello alla libertà di religione. Il tragico fenomeno
del traffico degli esseri umani, sulla cui vita e disperazione speculano persone senza scrupoli, ne
rappresenta un inquietante esempio. Alle guerre fatte di scontri armati si aggiungono guerre
meno visibili, ma non meno crudeli, che si combattono in campo economico e finanziario con
mezzi altrettanto distruttivi di vite, di famiglie, di imprese.
La globalizzazione, come ha affermato Benedetto XVI, ci rende vicini, ma non ci rende fratelli.
Inoltre, le molte situazioni di sperequazione, di povertà e di ingiustizia, segnalano non solo una
profonda carenza di fraternità, ma anche l’assenza di una cultura della solidarietà. Le nuove
ideologie, caratterizzate da diffuso individualismo, egocentrismo e consumismo materialistico,
indeboliscono i legami sociali, alimentando quella mentalità dello “scarto”, che induce al
disprezzo e all’abbandono dei più deboli, di coloro che vengono considerati “inutili”. Così la
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convivenza umana diventa sempre più simile a un mero do ut des pragmatico ed egoista.
In pari tempo appare chiaro che anche le etiche contemporanee risultano incapaci di produrre
vincoli autentici di fraternità, poiché una fraternità priva del riferimento ad un Padre comune,
quale suo fondamento ultimo, non riesce a sussistere. Una vera fraternità tra gli uomini suppone
ed esige una paternità trascendente. A partire dal riconoscimento di questa paternità, si consolida
la fraternità tra gli uomini, ovvero quel farsi “prossimo” che si prende cura dell’altro.
«Dov’è tuo fratello?» (Gen 4,9)
2. Per comprendere meglio questa vocazione dell’uomo alla fraternità, per riconoscere più adeguatamente gli ostacoli che si frappongono alla sua realizzazione e individuare le vie per il loro
superamento, è fondamentale farsi guidare dalla conoscenza del disegno di Dio, quale è presentato in maniera eminente nella Sacra Scrittura.
Secondo il racconto delle origini, tutti gli uomini derivano da genitori comuni, da Adamo ed
Eva, coppia creata da Dio a sua immagine e somiglianza (cfr Gen 1,26), da cui nascono Caino e
Abele. Nella vicenda della famiglia primigenia leggiamo la genesi della società, l’evoluzione
delle relazioni tra le persone e i popoli.
Abele è pastore, Caino è contadino. La loro identità profonda e, insieme, la loro vocazione, è
quella di essere fratelli, pur nella diversità della loro attività e cultura, del loro modo di rapportarsi con Dio e con il creato. Ma l’uccisione di Abele da parte di Caino attesta tragicamente il
rigetto radicale della vocazione ad essere fratelli. La loro vicenda (cfr Gen 4,1-16) evidenzia il
difficile compito a cui tutti gli uomini sono chiamati, di vivere uniti, prendendosi cura l’uno
dell’altro. Caino, non accettando la predilezione di Dio per Abele, che gli offriva il meglio del
suo gregge – «il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta» (Gen
4,4-5) – uccide per invidia Abele. In questo modo rifiuta di riconoscersi fratello, di relazionarsi
positivamente con lui, di vivere davanti a Dio, assumendo le proprie responsabilità di cura e di
protezione dell’altro. Alla domanda «Dov’è tuo fratello?», con la quale Dio interpella Caino,
chiedendogli conto del suo operato, egli risponde: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio
fratello?» (Gen 4,9). Poi, ci dice la Genesi, «Caino si allontanò dal Signore» (4,16).
Occorre interrogarsi sui motivi profondi che hanno indotto Caino a misconoscere il vincolo di
fraternità e, assieme, il vincolo di reciprocità e di comunione che lo legava a suo fratello Abele.
Dio stesso denuncia e rimprovera a Caino una contiguità con il male: «il peccato è accovacciato
alla tua porta» (Gen 4,7). Caino, tuttavia, si rifiuta di opporsi al male e decide di alzare ugualmente la sua «mano contro il fratello Abele» (Gen 4,8), disprezzando il progetto di Dio. Egli frustra così la sua originaria vocazione ad essere figlio di Dio e a vivere la fraternità.
Il racconto di Caino e Abele insegna che l’umanità porta inscritta in sé una vocazione alla fraternità, ma anche la possibilità drammatica del suo tradimento. Lo testimonia l’egoismo quotidiano, che è alla base di tante guerre e tante ingiustizie: molti uomini e donne muoiono infatti per
mano di fratelli e di sorelle che non sanno riconoscersi tali, cioè come esseri fatti per la reciprocità, per la comunione e per il dono.
«E voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8)
3. Sorge spontanea la domanda: gli uomini e le donne di questo mondo potranno mai corrispondere
pienamente all’anelito di fraternità, impresso in loro da Dio Padre? Riusciranno con le loro sole
forze a vincere l’indifferenza, l’egoismo e l’odio, ad accettare le legittime differenze che caratterizzano i fratelli e le sorelle?
Parafrasando le sue parole, potremmo così sintetizzare la risposta che ci dà il Signore Gesù: poiché vi è un solo Padre, che è Dio, voi siete tutti fratelli (cfr Mt 23,8-9). La radice della fraternità
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è contenuta nella paternità di Dio. Non si tratta di una paternità generica, indistinta e storicamente inefficace, bensì dell’amore personale, puntuale e straordinariamente concreto di Dio per ciascun uomo (cfr Mt 6,25-30). Una paternità, dunque, efficacemente generatrice di fraternità, perché l’amore di Dio, quando è accolto, diventa il più formidabile agente di trasformazione dell’esistenza e dei rapporti con l’altro, aprendo gli uomini alla solidarietà e alla condivisione operosa.
In particolare, la fraternità umana è rigenerata in e da Gesù Cristo con la sua morte e risurrezione. La croce è il “luogo” definitivo di fondazione della fraternità, che gli uomini non sono in
grado di generare da soli. Gesù Cristo, che ha assunto la natura umana per redimerla, amando il
Padre fino alla morte e alla morte di croce (cfr Fil 2,8), mediante la sua risurrezione ci costituisce come umanità nuova, in piena comunione con la volontà di Dio, con il suo progetto, che
comprende la piena realizzazione della vocazione alla fraternità.
Gesù riprende dal principio il progetto del Padre, riconoscendogli il primato su ogni cosa. Ma il
Cristo, con il suo abbandono alla morte per amore del Padre, diventa principio nuovo e definitivo
di tutti noi, chiamati a riconoscerci in Lui come fratelli perché figli dello stesso Padre. Egli è
l’Alleanza stessa, lo spazio personale della riconciliazione dell’uomo con Dio e dei fratelli tra
loro. Nella morte in croce di Gesù c’è anche il superamento della separazione tra popoli, tra il
popolo dell’Alleanza e il popolo dei Gentili, privo di speranza perché fino a quel momento rimasto estraneo ai patti della Promessa. Come si legge nella Lettera agli Efesini, Gesù Cristo è colui
che in sé riconcilia tutti gli uomini. Egli è la pace, poiché dei due popoli ne ha fatto uno solo,
abbattendo il muro di separazione che li divideva, ovvero l’inimicizia. Egli ha creato in se stesso
un solo popolo, un solo uomo nuovo, una sola nuova umanità (cfr 2,14-16).
Chi accetta la vita di Cristo e vive in Lui, riconosce Dio come Padre e a Lui dona totalmente se
stesso, amandolo sopra ogni cosa. L’uomo riconciliato vede in Dio il Padre di tutti e, per conseguenza, è sollecitato a vivere una fraternità aperta a tutti. In Cristo, l’altro è accolto e amato
come figlio o figlia di Dio, come fratello o sorella, non come un estraneo, tantomeno come un
antagonista o addirittura un nemico. Nella famiglia di Dio, dove tutti sono figli di uno stesso
Padre, e perché innestati in Cristo, figli nel Figlio, non vi sono “vite di scarto”. Tutti godono di
un’eguale ed intangibile dignità. Tutti sono amati da Dio, tutti sono stati riscattati dal sangue di
Cristo, morto in croce e risorto per ognuno. È questa la ragione per cui non si può rimanere
indifferenti davanti alla sorte dei fratelli.
La fraternità, fondamento e via per la pace
4. Ciò premesso, è facile comprendere che la fraternità è fondamento e via per la pace. Le
Encicliche sociali dei miei Predecessori offrono un valido aiuto in tal senso. Sarebbe sufficiente
rifarsi alle definizioni di pace della Populorum progressio di Paolo VI o della Sollicitudo rei
socialis di Giovanni Paolo II. Dalla prima ricaviamo che lo sviluppo integrale dei popoli è il
nuovo nome della pace. Dalla seconda, che la pace è opus solidaritatis.
Paolo VI afferma che non soltanto le persone, ma anche le Nazioni debbono incontrarsi in uno
spirito di fraternità. E spiega: «In questa comprensione e amicizia vicendevoli, in questa comunione sacra noi dobbiamo […] lavorare assieme per edificare l’avvenire comune dell’umanità».
Questo dovere riguarda in primo luogo i più favoriti. I loro obblighi sono radicati nella fraternità
umana e soprannaturale e si presentano sotto un triplice aspetto: il dovere di solidarietà, che
esige che le Nazioni ricche aiutino quelle meno progredite; il dovere di giustizia sociale, che
richiede il ricomponimento in termini più corretti delle relazioni difettose tra popoli forti e popoli deboli; il dovere di carità universale, che implica la promozione di un mondo più umano per
tutti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ricevere, senza che il progresso
degli uni costituisca un ostacolo allo sviluppo degli altri.
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Così, se si considera la pace come opus solidaritatis, allo stesso modo, non si può pensare che la
fraternità non ne sia il fondamento precipuo. La pace, afferma Giovanni Paolo II, è un bene indivisibile. O è bene di tutti o non lo è di nessuno. Essa può essere realmente conquistata e fruita,
come miglior qualità della vita e come sviluppo più umano e sostenibile, solo se si attiva, da
parte di tutti, «una determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune». Ciò
implica di non farsi guidare dalla «brama del profitto» e dalla «sete del potere». Occorre avere la
disponibilità a «“perdersi” a favore dell’altro invece di sfruttarlo, e a “servirlo” invece di opprimerlo per il proprio tornaconto. […] L’“altro” – persona, popolo o Nazione – [non va visto]
come uno strumento qualsiasi, per sfruttare a basso costo la sua capacità di lavoro e la resistenza
fisica, abbandonandolo poi quando non serve più, ma come un nostro “simile”, un “aiuto”».
La solidarietà cristiana presuppone che il prossimo sia amato non solo come «un essere umano
con i suoi diritti e la sua fondamentale eguaglianza davanti a tutti, ma [come] viva immagine di
Dio Padre, riscattata dal sangue di Gesù Cristo e posta sotto l’azione permanente dello Spirito
Santo», come un altro fratello. «Allora la coscienza della paternità comune di Dio, della fraternità di tutti gli uomini in Cristo, “figli nel Figlio”, della presenza e dell’azione vivificante dello
Spirito Santo, conferirà – rammenta Giovanni Paolo II – al nostro sguardo sul mondo come un
nuovo criterio per interpretarlo», per trasformarlo.
Fraternità, premessa per sconfiggere la povertà
5. Nella Caritas in veritate il mio Predecessore ricordava al mondo come la mancanza di fraternità
tra i popoli e gli uomini sia una causa importante della povertà. In molte società sperimentiamo
una profonda povertà relazionale dovuta alla carenza di solide relazioni familiari e comunitarie.
Assistiamo con preoccupazione alla crescita di diversi tipi di disagio, di emarginazione, di solitudine e di varie forme di dipendenza patologica. Una simile povertà può essere superata solo
attraverso la riscoperta e la valorizzazione di rapporti fraterni in seno alle famiglie e alle comunità, attraverso la condivisione delle gioie e dei dolori, delle difficoltà e dei successi che accompagnano la vita delle persone.
Inoltre, se da un lato si riscontra una riduzione della povertà assoluta, dall’altro lato non possiamo non riconoscere una grave crescita della povertà relativa, cioè di diseguaglianze tra persone
e gruppi che convivono in una determinata regione o in un determinato contesto storico-culturale. In tal senso, servono anche politiche efficaci che promuovano il principio della fraternità,
assicurando alle persone - eguali nella loro dignità e nei loro diritti fondamentali - di accedere ai
“capitali”, ai servizi, alle risorse educative, sanitarie, tecnologiche affinché ciascuno abbia l’opportunità di esprimere e di realizzare il suo progetto di vita, e possa svilupparsi in pienezza come
persona.
Si ravvisa anche la necessità di politiche che servano ad attenuare un’eccessiva sperequazione del
reddito. Non dobbiamo dimenticare l’insegnamento della Chiesa sulla cosiddetta ipoteca sociale, in
base alla quale se è lecito, come dice san Tommaso d’Aquino, anzi necessario «che l’uomo abbia la
proprietà dei beni», quanto all’uso, li «possiede non solo come propri, ma anche come comuni, nel
senso che possono giovare non unicamente a lui ma anche agli altri».
Infine, vi è un ulteriore modo di promuovere la fraternità - e così sconfiggere la povertà - che
dev’essere alla base di tutti gli altri. È il distacco di chi sceglie di vivere stili di vita sobri ed
essenziali, di chi, condividendo le proprie ricchezze, riesce così a sperimentare la comunione fraterna con gli altri. Ciò è fondamentale per seguire Gesù Cristo ed essere veramente cristiani. È il
caso non solo delle persone consacrate che professano voto di povertà, ma anche di tante famiglie e tanti cittadini responsabili, che credono fermamente che sia la relazione fraterna con il
prossimo a costituire il bene più prezioso.
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La riscoperta della fraternità nell’economia
6. Le gravi crisi finanziarie ed economiche contemporanee - che trovano la loro origine nel progressivo allontanamento dell’uomo da Dio e dal prossimo, nella ricerca avida di beni materiali, da un
lato, e nel depauperamento delle relazioni interpersonali e comunitarie dall’altro - hanno spinto
molti a ricercare la soddisfazione, la felicità e la sicurezza nel consumo e nel guadagno oltre
ogni logica di una sana economia. Già nel 1979 Giovanni Paolo II avvertiva l’esistenza di «un
reale e percettibile pericolo che, mentre progredisce enormemente il dominio da parte dell’uomo
sul mondo delle cose, di questo suo dominio egli perda i fili essenziali, e in vari modi la sua
umanità sia sottomessa a quel mondo, ed egli stesso divenga oggetto di multiforme, anche se
spesso non direttamente percettibile, manipolazione, mediante tutta l’organizzazione della vita
comunitaria, mediante il sistema di produzione, mediante la pressione dei mezzi di comunicazione sociale».
Il succedersi delle crisi economiche deve portare agli opportuni ripensamenti dei modelli di sviluppo economico e a un cambiamento negli stili di vita. La crisi odierna, pur con il suo grave
retaggio per la vita delle persone, può essere anche un’occasione propizia per recuperare le virtù
della prudenza, della temperanza, della giustizia e della fortezza. Esse ci possono aiutare a superare i momenti difficili e a riscoprire i vincoli fraterni che ci legano gli uni agli altri, nella fiducia
profonda che l’uomo ha bisogno ed è capace di qualcosa in più rispetto alla massimizzazione del
proprio interesse individuale. Soprattutto tali virtù sono necessarie per costruire e mantenere una
società a misura della dignità umana.
La fraternità spegne la guerra
7. Nell’anno trascorso, molti nostri fratelli e sorelle hanno continuato a vivere l’esperienza dilaniante della guerra, che costituisce una grave e profonda ferita inferta alla fraternità.
Molti sono i conflitti che si consumano nell’indifferenza generale. A tutti coloro che vivono in
terre in cui le armi impongono terrore e distruzioni, assicuro la mia personale vicinanza e quella
di tutta la Chiesa. Quest’ultima ha per missione di portare la carità di Cristo anche alle vittime
inermi delle guerre dimenticate, attraverso la preghiera per la pace, il servizio ai feriti, agli affamati, ai rifugiati, agli sfollati e a quanti vivono nella paura. La Chiesa alza altresì la sua voce per
far giungere ai responsabili il grido di dolore di quest’umanità sofferente e per far cessare, insieme alle ostilità, ogni sopruso e violazione dei diritti fondamentali dell’uomo.
Per questo motivo desidero rivolgere un forte appello a quanti con le armi seminano violenza e
morte: riscoprite in colui che oggi considerate solo un nemico da abbattere il vostro fratello e
fermate la vostra mano! Rinunciate alla via delle armi e andate incontro all’altro con il dialogo,
il perdono e la riconciliazione per ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza intorno a voi!
«In quest’ottica, appare chiaro che nella vita dei popoli i conflitti armati costituiscono sempre la
deliberata negazione di ogni possibile concordia internazionale, creando divisioni profonde e
laceranti ferite che richiedono molti anni per rimarginarsi. Le guerre costituiscono il rifiuto pratico a impegnarsi per raggiungere quelle grandi mete economiche e sociali che la comunità internazionale si è data».
Tuttavia, finché ci sarà una così grande quantità di armamenti in circolazione come quella attuale, si potranno sempre trovare nuovi pretesti per avviare le ostilità. Per questo faccio mio l’appello dei miei Predecessori in favore della non proliferazione delle armi e del disarmo da parte di
tutti, a cominciare dal disarmo nucleare e chimico.
Non possiamo però non constatare che gli accordi internazionali e le leggi nazionali, pur essendo
necessari ed altamente auspicabili, non sono sufficienti da soli a porre l’umanità al riparo dal
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rischio dei conflitti armati. È necessaria una conversione dei cuori che permetta a ciascuno di
riconoscere nell’altro un fratello di cui prendersi cura, con il quale lavorare insieme per costruire
una vita in pienezza per tutti. È questo lo spirito che anima molte delle iniziative della società
civile, incluse le organizzazioni religiose, in favore della pace. Mi auguro che l’impegno quotidiano di tutti continui a portare frutto e che si possa anche giungere all’effettiva applicazione nel
diritto internazionale del diritto alla pace, quale diritto umano fondamentale, pre-condizione
necessaria per l’esercizio di tutti gli altri diritti.
La corruzione e il crimine organizzato avversano la fraternità
8 L’orizzonte della fraternità rimanda alla crescita in pienezza di ogni uomo e donna. Le giuste
ambizioni di una persona, soprattutto se giovane, non vanno frustrate e offese, non va rubata la
speranza di poterle realizzare. Tuttavia, l’ambizione non va confusa con la prevaricazione. Al
contrario, occorre gareggiare nello stimarsi a vicenda (cfr Rm 12,10). Anche nelle dispute, che
costituiscono un aspetto ineliminabile della vita, bisogna sempre ricordarsi di essere fratelli e
perciò educare ed educarsi a non considerare il prossimo come un nemico o come un avversario
da eliminare.
La fraternità genera pace sociale perché crea un equilibrio fra libertà e giustizia, fra responsabilità personale e solidarietà, fra bene dei singoli e bene comune. Una comunità politica deve, allora, agire in modo trasparente e responsabile per favorire tutto ciò. I cittadini devono sentirsi rappresentati dai poteri pubblici nel rispetto della loro libertà. Invece, spesso, tra cittadino e istituzioni, si incuneano interessi di parte che deformano una tale relazione, propiziando la creazione
di un clima perenne di conflitto.
Un autentico spirito di fraternità vince l’egoismo individuale che contrasta la possibilità delle
persone di vivere in libertà e in armonia tra di loro. Tale egoismo si sviluppa socialmente sia
nelle molte forme di corruzione, oggi così capillarmente diffuse, sia nella formazione delle organizzazioni criminali, dai piccoli gruppi a quelli organizzati su scala globale, che, logorando in
profondità la legalità e la giustizia, colpiscono al cuore la dignità della persona. Queste organizzazioni offendono gravemente Dio, nuocciono ai fratelli e danneggiano il creato, tanto più quando hanno connotazioni religiose.
Penso al dramma lacerante della droga, sulla quale si lucra in spregio a leggi morali e civili; alla
devastazione delle risorse naturali e all’inquinamento in atto; alla tragedia dello sfruttamento del
lavoro; penso ai traffici illeciti di denaro come alla speculazione finanziaria, che spesso assume
caratteri predatori e nocivi per interi sistemi economici e sociali, esponendo alla povertà milioni
di uomini e donne; penso alla prostituzione che ogni giorno miete vittime innocenti, soprattutto
tra i più giovani rubando loro il futuro; penso all’abominio del traffico di esseri umani, ai reati e
agli abusi contro i minori, alla schiavitù che ancora diffonde il suo orrore in tante parti del
mondo, alla tragedia spesso inascoltata dei migranti sui quali si specula indegnamente nell’illegalità. Scrisse al riguardo Giovanni XXIII: «Una convivenza fondata soltanto su rapporti di forza
non è umana. In essa infatti è inevitabile che le persone siano coartate o compresse, invece di
essere facilitate e stimolate a sviluppare e perfezionare se stesse». L’uomo, però, si può convertire e non bisogna mai disperare della possibilità di cambiare vita. Desidererei che questo fosse un
messaggio di fiducia per tutti, anche per coloro che hanno commesso crimini efferati, poiché Dio
non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva (cfr Ez 18,23).
Nel contesto ampio della socialità umana, guardando al delitto e alla pena, viene anche da pensare alle condizioni inumane di tante carceri, dove il detenuto è spesso ridotto in uno stato subumano e viene violato nella sua dignità di uomo, soffocato anche in ogni volontà ed espressione
di riscatto. La Chiesa fa molto in tutti questi ambiti, il più delle volte nel silenzio. Esorto ed
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incoraggio a fare sempre di più, nella speranza che tali azioni messe in campo da tanti uomini e
donne coraggiosi possano essere sempre più sostenute lealmente e onestamente anche dai poteri
civili.
La fraternità aiuta a custodire e a coltivare la natura
9. La famiglia umana ha ricevuto dal Creatore un dono in comune: la natura. La visione cristiana
della creazione comporta un giudizio positivo sulla liceità degli interventi sulla natura per trarne
beneficio, a patto di agire responsabilmente, cioè riconoscendone quella “grammatica” che è in
essa inscritta ed usando saggiamente le risorse a vantaggio di tutti, rispettando la bellezza, la
finalità e l’utilità dei singoli esseri viventi e la loro funzione nell’ecosistema. Insomma, la natura
è a nostra disposizione, e noi siamo chiamati ad amministrarla responsabilmente. Invece, siamo
spesso guidati dall’avidità, dalla superbia del dominare, del possedere, del manipolare, dello
sfruttare; non custodiamo la natura, non la rispettiamo, non la consideriamo come un dono gratuito di cui avere cura e da mettere a servizio dei fratelli, comprese le generazioni future.
In particolare, il settore agricolo è il settore produttivo primario con la vitale vocazione di coltivare e custodire le risorse naturali per nutrire l’umanità. A tale riguardo, la persistente vergogna
della fame nel mondo mi incita a condividere con voi la domanda: in che modo usiamo le risorse
della terra? Le società odierne devono riflettere sulla gerarchia delle priorità a cui si destina la
produzione. Difatti, è un dovere cogente che si utilizzino le risorse della terra in modo che tutti
siano liberi dalla fame. Le iniziative e le soluzioni possibili sono tante e non si limitano all’aumento della produzione. È risaputo che quella attuale è sufficiente, eppure ci sono milioni di persone che soffrono e muoiono di fame e ciò costituisce un vero scandalo. È necessario allora trovare i modi affinché tutti possano beneficiare dei frutti della terra, non soltanto per evitare che si
allarghi il divario tra chi più ha e chi deve accontentarsi delle briciole, ma anche e soprattutto per
un’esigenza di giustizia e di equità e di rispetto verso ogni essere umano. In tal senso, vorrei
richiamare a tutti quella necessaria destinazione universale dei beni che è uno dei principi-cardine della dottrina sociale della Chiesa. Rispettare tale principio è la condizione essenziale per
consentire un fattivo ed equo accesso a quei beni essenziali e primari di cui ogni uomo ha bisogno e diritto.
Conclusione
10. La fraternità ha bisogno di essere scoperta, amata, sperimentata, annunciata e testimoniata. Ma è
solo l’amore donato da Dio che ci consente di accogliere e di vivere pienamente la fraternità.
Il necessario realismo della politica e dell’economia non può ridursi ad un tecnicismo privo di
idealità, che ignora la dimensione trascendente dell’uomo. Quando manca questa apertura a Dio,
ogni attività umana diventa più povera e le persone vengono ridotte a oggetti da sfruttare. Solo se
accettano di muoversi nell’ampio spazio assicurato da questa apertura a Colui che ama ogni
uomo e ogni donna, la politica e l’economia riusciranno a strutturarsi sulla base di un autentico
spirito di carità fraterna e potranno essere strumento efficace di sviluppo umano integrale e di
pace.
Noi cristiani crediamo che nella Chiesa siamo membra gli uni degli altri, tutti reciprocamente
necessari, perché ad ognuno di noi è stata data una grazia secondo la misura del dono di Cristo,
per l’utilità comune (cfr Ef 4,7.25; 1 Cor 12,7). Cristo è venuto nel mondo per portarci la grazia
divina, cioè la possibilità di partecipare alla sua vita. Ciò comporta tessere una relazionalità fraterna, improntata alla reciprocità, al perdono, al dono totale di sé, secondo l’ampiezza e la
profondità dell’amore di Dio, offerto all’umanità da Colui che, crocifisso e risorto, attira tutti a
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sé: «Vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così
amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete
amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34-35). È questa la buona novella che richiede ad ognuno un
passo in più, un esercizio perenne di empatia, di ascolto della sofferenza e della speranza dell’altro, anche del più lontano da me, incamminandosi sulla strada esigente di quell’amore che sa
donarsi e spendersi con gratuità per il bene di ogni fratello e sorella.
Cristo abbraccia tutto l’uomo e vuole che nessuno si perda. «Dio non ha mandato il Figlio nel
mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,17). Lo
fa senza opprimere, senza costringere nessuno ad aprirgli le porte del suo cuore e della sua
mente. «Chi fra voi è il più grande diventi come il più piccolo e chi governa diventi come quello
che serve» – dice Gesù Cristo – «io sono in mezzo a voi come uno che serve» (Lc 22,26-27).
Ogni attività deve essere, allora, contrassegnata da un atteggiamento di servizio alle persone,
specialmente quelle più lontane e sconosciute. Il servizio è l’anima di quella fraternità che edifica la pace.
Maria, la Madre di Gesù, ci aiuti a comprendere e a vivere tutti i giorni la fraternità che sgorga dal
cuore del suo Figlio, per portare pace ad ogni uomo su questa nostra amata terra.
Dal Vaticano, 8 dicembre 2013
Francesco
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2014
SI È FATTO POVERO PER ARRICCHIRCI
CON LA SUA POVERTÀ
(cfr 2 Cor 8,9)
Cari fratelli e sorelle,
in occasione della Quaresima, vi offro alcune riflessioni, perché possano servire al cammino personale e comunitario di conversione. Prendo lo spunto dall’espressione di san Paolo: «Conoscete
infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi
diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8,9). L’Apostolo si rivolge ai cristiani di
Corinto per incoraggiarli ad essere generosi nell’aiutare i fedeli di Gerusalemme che si trovano nel
bisogno. Che cosa dicono a noi, cristiani di oggi, queste parole di san Paolo? Che cosa dice oggi a
noi l’invito alla povertà, a una vita povera in senso evangelico?
La grazia di Cristo
Anzitutto ci dicono qual è lo stile di Dio. Dio non si rivela con i mezzi della potenza e della ricchezza del mondo, ma con quelli della debolezza e della povertà: «Da ricco che era, si è fatto povero per voi…». Cristo, il Figlio eterno di Dio, uguale in potenza e gloria con il Padre, si è fatto povero; è sceso in mezzo a noi, si è fatto vicino ad ognuno di noi; si è spogliato, “svuotato”, per rendersi
in tutto simile a noi (cfr Fil 2,7; Eb 4,15). È un grande mistero l’incarnazione di Dio! Ma la ragione
di tutto questo è l’amore divino, un amore che è grazia, generosità, desiderio di prossimità, e non
esita a donarsi e sacrificarsi per le creature amate. La carità, l’amore è condividere in tutto la sorte
dell’amato. L’amore rende simili, crea uguaglianza, abbatte i muri e le distanze. E Dio ha fatto questo con noi. Gesù, infatti, «ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha
agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto
veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes, 22).
Lo scopo del farsi povero di Gesù non è la povertà in se stessa, ma – dice san Paolo – «...perché voi
diventaste ricchi per mezzo della sua povertà». Non si tratta di un gioco di parole, di un’espressione
ad effetto! È invece una sintesi della logica di Dio, la logica dell’amore, la logica dell’Incarnazione e
della Croce. Dio non ha fatto cadere su di noi la salvezza dall’alto, come l’elemosina di chi dà parte
del proprio superfluo con pietismo filantropico. Non è questo l’amore di Cristo! Quando Gesù scende
nelle acque del Giordano e si fa battezzare da Giovanni il Battista, non lo fa perché ha bisogno di
penitenza, di conversione; lo fa per mettersi in mezzo alla gente, bisognosa di perdono, in mezzo a
noi peccatori, e caricarsi del peso dei nostri peccati. È questa la via che ha scelto per consolarci, salvarci, liberarci dalla nostra miseria. Ci colpisce che l’Apostolo dica che siamo stati liberati non per
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mezzo della ricchezza di Cristo, ma per mezzo della sua povertà. Eppure san Paolo conosce bene le
«impenetrabili ricchezze di Cristo» (Ef 3,8), «erede di tutte le cose» (Eb 1,2).
Che cos’è allora questa povertà con cui Gesù ci libera e ci rende ricchi? È proprio il suo modo di
amarci, il suo farsi prossimo a noi come il Buon Samaritano che si avvicina a quell’uomo lasciato
mezzo morto sul ciglio della strada (cfr Lc 10,25ss). Ciò che ci dà vera libertà, vera salvezza e vera
felicità è il suo amore di compassione, di tenerezza e di condivisione. La povertà di Cristo che ci
arricchisce è il suo farsi carne, il suo prendere su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati, comunicandoci la misericordia infinita di Dio. La povertà di Cristo è la più grande ricchezza: Gesù è ricco
della sua sconfinata fiducia in Dio Padre, dell’affidarsi a Lui in ogni momento, cercando sempre e
solo la sua volontà e la sua gloria. È ricco come lo è un bambino che si sente amato e ama i suoi
genitori e non dubita un istante del loro amore e della loro tenerezza. La ricchezza di Gesù è il suo
essere il Figlio, la sua relazione unica con il Padre è la prerogativa sovrana di questo Messia povero.
Quando Gesù ci invita a prendere su di noi il suo “giogo soave”, ci invita ad arricchirci di questa sua
“ricca povertà” e “povera ricchezza”, a condividere con Lui il suo Spirito filiale e fraterno, a diventare figli nel Figlio, fratelli nel Fratello Primogenito (cfr Rm 8,29).
È stato detto che la sola vera tristezza è non essere santi (L. Bloy); potremmo anche dire che vi è
una sola vera miseria: non vivere da figli di Dio e da fratelli di Cristo.
La nostra testimonianza
Potremmo pensare che questa “via” della povertà sia stata quella di Gesù, mentre noi, che veniamo dopo di Lui, possiamo salvare il mondo con adeguati mezzi umani. Non è così. In ogni epoca e
in ogni luogo, Dio continua a salvare gli uomini e il mondo mediante la povertà di Cristo, il quale si
fa povero nei Sacramenti, nella Parola e nella sua Chiesa, che è un popolo di poveri. La ricchezza di
Dio non può passare attraverso la nostra ricchezza, ma sempre e soltanto attraverso la nostra
povertà, personale e comunitaria, animata dallo Spirito di Cristo.
Ad imitazione del nostro Maestro, noi cristiani siamo chiamati a guardare le miserie dei fratelli, a
toccarle, a farcene carico e a operare concretamente per alleviarle. La miseria non coincide con la
povertà; la miseria è la povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza. Possiamo distinguere tre tipi di miseria: la miseria materiale, la miseria morale e la miseria spirituale. La miseria materiale è quella che comunemente viene chiamata povertà e tocca quanti vivono in una condizione non
degna della persona umana: privati dei diritti fondamentali e dei beni di prima necessità quali il
cibo, l’acqua, le condizioni igieniche, il lavoro, la possibilità di sviluppo e di crescita culturale. Di
fronte a questa miseria la Chiesa offre il suo servizio, la sua diakonia, per andare incontro ai bisogni
e guarire queste piaghe che deturpano il volto dell’umanità. Nei poveri e negli ultimi noi vediamo il
volto di Cristo; amando e aiutando i poveri amiamo e serviamo Cristo. Il nostro impegno si orienta
anche a fare in modo che cessino nel mondo le violazioni della dignità umana, le discriminazioni e i
soprusi, che, in tanti casi, sono all’origine della miseria. Quando il potere, il lusso e il denaro diventano idoli, si antepongono questi all’esigenza di una equa distribuzione delle ricchezze. Pertanto, è
necessario che le coscienze si convertano alla giustizia, all’uguaglianza, alla sobrietà e alla condivisione.
Non meno preoccupante è la miseria morale, che consiste nel diventare schiavi del vizio e del
peccato. Quante famiglie sono nell’angoscia perché qualcuno dei membri – spesso giovane – è soggiogato dall’alcol, dalla droga, dal gioco, dalla pornografia! Quante persone hanno smarrito il senso
della vita, sono prive di prospettive sul futuro e hanno perso la speranza! E quante persone sono
costrette a questa miseria da condizioni sociali ingiuste, dalla mancanza di lavoro che le priva della
dignità che dà il portare il pane a casa, per la mancanza di uguaglianza rispetto ai diritti all’educazione e alla salute. In questi casi la miseria morale può ben chiamarsi suicidio incipiente. Questa
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forma di miseria, che è anche causa di rovina economica, si collega sempre alla miseria spirituale,
che ci colpisce quando ci allontaniamo da Dio e rifiutiamo il suo amore. Se riteniamo di non aver
bisogno di Dio, che in Cristo ci tende la mano, perché pensiamo di bastare a noi stessi, ci incamminiamo su una via di fallimento. Dio è l’unico che veramente salva e libera.
Il Vangelo è il vero antidoto contro la miseria spirituale: il cristiano è chiamato a portare in ogni
ambiente l’annuncio liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del
nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna. Il Signore ci invita ad essere annunciatori gioiosi di questo messaggio di misericordia e di speranza! È bello sperimentare la gioia di diffondere questa buona notizia, di condividere il tesoro a noi
affidato, per consolare i cuori affranti e dare speranza a tanti fratelli e sorelle avvolti dal buio. Si
tratta di seguire e imitare Gesù, che è andato verso i poveri e i peccatori come il pastore verso la
pecora perduta, e ci è andato pieno d’amore. Uniti a Lui possiamo aprire con coraggio nuove strade
di evangelizzazione e promozione umana.
Cari fratelli e sorelle, questo tempo di Quaresima trovi la Chiesa intera disposta e sollecita nel
testimoniare a quanti vivono nella miseria materiale, morale e spirituale il messaggio evangelico,
che si riassume nell’annuncio dell’amore del Padre misericordioso, pronto ad abbracciare in Cristo
ogni persona. Potremo farlo nella misura in cui saremo conformati a Cristo, che si è fatto povero e ci
ha arricchiti con la sua povertà. La Quaresima è un tempo adatto per la spogliazione; e ci farà bene
domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà.
Non dimentichiamo che la vera povertà duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa
dimensione penitenziale. Diffido dell’elemosina che non costa e che non duole.
Lo Spirito Santo, grazie al quale «[siamo] come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente
che non ha nulla e invece possediamo tutto» (2 Cor 6,10), sostenga questi nostri propositi e rafforzi
in noi l’attenzione e la responsabilità verso la miseria umana, per diventare misericordiosi e operatori di misericordia. Con questo auspicio, assicuro la mia preghiera affinché ogni credente e ogni
comunità ecclesiale percorra con frutto l’itinerario quaresimale, e vi chiedo di pregare per me. Che il
Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca.
Dal Vaticano, 26 dicembre 2013
Festa di Santo Stefano, diacono e primo martire
Francesco
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA 51ª GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA
PER LE VOCAZIONI
11 MAGGIO 2014 - IV DOMENICA DI PASQUA
TEMA: LE VOCAZIONI,
TESTIMONIANZA DELLA VERITÀ
Cari fratelli e sorelle!
1. Il Vangelo racconta che «Gesù percorreva tutte le città e i villaggi … Vedendo le folle, ne sentì
compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai
suoi discepoli: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il Signore
della messe, perché mandi operai nella sua messe”» (Mt 9,35-38). Queste parole ci sorprendono,
perché tutti sappiamo che occorre prima arare, seminare e coltivare per poter poi, a tempo debito, mietere una messe abbondante. Gesù afferma invece che «la messe è abbondante». Ma chi ha
lavorato perché il risultato fosse tale? La risposta è una sola: Dio. Evidentemente il campo di cui
parla Gesù è l’umanità, siamo noi. E l’azione efficace che è causa del «molto frutto» è la grazia
di Dio, la comunione con Lui (cfr Gv 15,5). La preghiera che Gesù chiede alla Chiesa, dunque,
riguarda la richiesta di accrescere il numero di coloro che sono al servizio del suo Regno. San
Paolo, che è stato uno di questi “collaboratori di Dio”, instancabilmente si è prodigato per la
causa del Vangelo e della Chiesa. Con la consapevolezza di chi ha sperimentato personalmente
quanto la volontà salvifica di Dio sia imperscrutabile e l’iniziativa della grazia sia l’origine di
ogni vocazione, l’Apostolo ricorda ai cristiani di Corinto: «Voi siete campo di Dio» (1 Cor 3,9).
Pertanto sorge dentro il nostro cuore prima lo stupore per una messe abbondante che Dio solo
può elargire; poi la gratitudine per un amore che sempre ci previene; infine l’adorazione per l’opera da Lui compiuta, che richiede la nostra libera adesione ad agire con Lui e per Lui.
2. Tante volte abbiamo pregato con le parole del Salmista: «Egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo
popolo e gregge del suo pascolo» (Sal 100,3); o anche: «Il Signore si è scelto Giacobbe, Israele
come sua proprietà» (Sal 135,4). Ebbene, noi siamo “proprietà” di Dio non nel senso del possesso che rende schiavi, ma di un legame forte che ci unisce a Dio e tra noi, secondo un patto di
alleanza che rimane in eterno «perché il suo amore è per sempre» (Sal 136). Nel racconto della
vocazione del profeta Geremia, ad esempio, Dio ricorda che Egli veglia continuamente su ciascuno affinché si realizzi la sua Parola in noi. L’immagine adottata è quella del ramo di mandorlo che primo fra tutti fiorisce, annunziando la rinascita della vita in primavera (cfr Ger 1,11-12).
Tutto proviene da Lui ed è suo dono: il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro, ma – rassicura l’Apostolo – «voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1 Cor 3,23). Ecco spiegata la modalità
di appartenenza a Dio: attraverso il rapporto unico e personale con Gesù, che il Battesimo ci ha
conferito sin dall’inizio della nostra rinascita a vita nuova. È Cristo, dunque, che continuamente
ci interpella con la sua Parola affinché poniamo fiducia in Lui, amandolo «con tutto il cuore, con
tutta l’intelligenza e con tutta la forza» (Mc 12,33). Perciò ogni vocazione, pur nella pluralità
delle strade, richiede sempre un esodo da se stessi per centrare la propria esistenza su Cristo e
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sul suo Vangelo. Sia nella vita coniugale, sia nelle forme di consacrazione religiosa, sia nella vita
sacerdotale, occorre superare i modi di pensare e di agire non conformi alla volontà di Dio. È un
«esodo che ci porta a un cammino di adorazione del Signore di servizio a Lui nei fratelli e nelle
sorelle» (Discorso all’Unione Internazionale delle Superiore Generali, 8 maggio 2013). Perciò
siamo tutti chiamati ad adorare Cristo nei nostri cuori (cfr 1 Pt 3,15) per lasciarci raggiungere
dall’impulso della grazia contenuto nel seme della Parola, che deve crescere in noi e trasformarsi
in servizio concreto al prossimo. Non dobbiamo avere paura: Dio segue con passione e perizia
l’opera uscita dalle sue mani, in ogni stagione della vita. Non ci abbandona mai! Ha a cuore la
realizzazione del suo progetto su di noi e, tuttavia, intende conseguirlo con il nostro assenso e la
nostra collaborazione.
3. Anche oggi Gesù vive e cammina nelle nostre realtà della vita ordinaria per accostarsi a tutti, a
cominciare dagli ultimi, e guarirci dalle nostre infermità e malattie. Mi rivolgo ora a coloro che
sono ben disposti a mettersi in ascolto della voce di Cristo che risuona nella Chiesa, per comprendere quale sia la propria vocazione. Vi invito ad ascoltare e seguire Gesù, a lasciarvi trasformare interiormente dalle sue parole che «sono spirito e sono vita» (Gv 6,62). Maria, Madre di
Gesù e nostra, ripete anche a noi: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela!» (Gv 2,5). Vi farà bene partecipare con fiducia ad un cammino comunitario che sappia sprigionare in voi e attorno a voi le
energie migliori. La vocazione è un frutto che matura nel campo ben coltivato dell’amore reciproco che si fa servizio vicendevole, nel contesto di un’autentica vita ecclesiale. Nessuna vocazione nasce da sé o vive per se stessa. La vocazione scaturisce dal cuore di Dio e germoglia nella
terra buona del popolo fedele, nell’esperienza dell’amore fraterno. Non ha forse detto Gesù: «Da
questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35)?
4. Cari fratelli e sorelle, vivere questa «misura alta della vita cristiana ordinaria» (cfr Giovanni Paolo
II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 31), significa talvolta andare controcorrente e comporta incontrare anche ostacoli, fuori di noi e dentro di noi. Gesù stesso ci avverte: il buon seme della Parola di
Dio spesso viene rubato dal Maligno, bloccato dalle tribolazioni, soffocato da preoccupazioni e
seduzioni mondane (cfr Mt 13,19-22). Tutte queste difficoltà potrebbero scoraggiarci, facendoci
ripiegare su vie apparentemente più comode. Ma la vera gioia dei chiamati consiste nel credere e
sperimentare che Lui, il Signore, è fedele, e con Lui possiamo camminare, essere discepoli e testimoni dell’amore di Dio, aprire il cuore a grandi ideali, a cose grandi. «Noi cristiani non siamo scelti dal Signore per cosine piccole, andate sempre al di là, verso le cose grandi. Giocate la vita per
grandi ideali!» (Omelia nella Messa per i cresimandi, 28 aprile 2013). A voi Vescovi, sacerdoti,
religiosi, comunità e famiglie cristiane chiedo di orientare la pastorale vocazionale in questa direzione, accompagnando i giovani su percorsi di santità che, essendo personali, «esigono una vera e
propria pedagogia della santità, che sia capace di adattarsi ai ritmi delle singole persone. Essa
dovrà integrare le ricchezze della proposta rivolta a tutti con le forme tradizionali di aiuto personale
e di gruppo e con forme più recenti offerte nelle associazioni e nei movimenti riconosciuti dalla
Chiesa» (Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 31).
Disponiamo dunque il nostro cuore ad essere “terreno buono” per ascoltare, accogliere e vivere
la Parola e portare così frutto. Quanto più sapremo unirci a Gesù con la preghiera, la Sacra
Scrittura, l’Eucaristia, i Sacramenti celebrati e vissuti nella Chiesa, con la fraternità vissuta, tanto
più crescerà in noi la gioia di collaborare con Dio al servizio del Regno di misericordia e di
verità, di giustizia e di pace. E il raccolto sarà abbondante, proporzionato alla grazia che con
docilità avremo saputo accogliere in noi. Con questo auspicio, e chiedendovi di pregare per me,
imparto di cuore a tutti la mia Apostolica Benedizione.
Dal Vaticano, 15 gennaio 2014
Francesco
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA XXIX GIORNATA MONDIALE
DELLA GIOVENTÙ 2014
«BEATI I POVERI IN SPIRITO,
PERCHÉ DI ESSI È IL REGNO DEI CIELI»
(Mt 5, 3)
Cari giovani,
è impresso nella mia memoria lo straordinario incontro che abbiamo vissuto a Rio de Janeiro,
nella XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù: una grande festa della fede e della fraternità! La
brava gente brasiliana ci ha accolto con le braccia spalancate, come la statua del Cristo Redentore
che dall’alto del Corcovado domina il magnifico scenario della spiaggia di Copacabana. Sulle rive
del mare Gesù ha rinnovato la sua chiamata affinché ognuno di noi diventi suo discepolo missionario, lo scopra come il tesoro più prezioso della propria vita e condivida questa ricchezza con gli altri,
vicini e lontani, fino alle estreme periferie geografiche ed esistenziali del nostro tempo.
La prossima tappa del pellegrinaggio intercontinentale dei giovani sarà a Cracovia, nel 2016. Per
scandire il nostro cammino, nei prossimi tre anni vorrei riflettere insieme a voi sulle Beatitudini
evangeliche, che leggiamo nel Vangelo di san Matteo (5,1-12). Quest’anno inizieremo meditando
sulla prima: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3); per il 2015 propongo «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8); e infine, nel 2016, il tema sarà «Beati i
misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7).
1. La forza rivoluzionaria delle Beatitudini
Ci fa sempre molto bene leggere e meditare le Beatitudini! Gesù le ha proclamate nella sua prima
grande predicazione, sulla riva del lago di Galilea. C’era tanta folla e Lui salì sulla collina, per
ammaestrare i suoi discepoli, perciò quella predica viene chiamata “discorso della montagna”. Nella
Bibbia, il monte è visto come luogo dove Dio si rivela, e Gesù che predica sulla collina si presenta
come maestro divino, come nuovo Mosè. E che cosa comunica? Gesù comunica la via della vita,
quella via che Lui stesso percorre, anzi, che Lui stesso è, e la propone come via della vera felicità.
In tutta la sua vita, dalla nascita nella grotta di Betlemme fino alla morte in croce e alla risurrezione,
Gesù ha incarnato le Beatitudini. Tutte le promesse del Regno di Dio si sono compiute in Lui.
Nel proclamare le Beatitudini Gesù ci invita a seguirlo, a percorrere con Lui la via dell’amore, la
sola che conduce alla vita eterna. Non è una strada facile, ma il Signore ci assicura la sua grazia e
non ci lascia mai soli. Povertà, afflizioni, umiliazioni, lotta per la giustizia, fatiche della conversione
quotidiana, combattimenti per vivere la chiamata alla santità, persecuzioni e tante altre sfide sono
presenti nella nostra vita. Ma se apriamo la porta a Gesù, se lasciamo che Lui sia dentro la nostra
storia, se condividiamo con Lui le gioie e i dolori, sperimenteremo una pace e una gioia che solo
Dio, amore infinito, può dare.
Le Beatitudini di Gesù sono portatrici di una novità rivoluzionaria, di un modello di felicità opposto
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a quello che di solito viene comunicato dai media, dal pensiero dominante. Per la mentalità mondana,
è uno scandalo che Dio sia venuto a farsi uno di noi, che sia morto su una croce! Nella logica di questo
mondo, coloro che Gesù proclama beati sono considerati “perdenti”, deboli. Sono esaltati invece il
successo ad ogni costo, il benessere, l’arroganza del potere, l’affermazione di sé a scapito degli altri.
Gesù ci interpella, cari giovani, perché rispondiamo alla sua proposta di vita, perché decidiamo
quale strada vogliamo percorrere per arrivare alla vera gioia. Si tratta di una grande sfida di fede.
Gesù non ha avuto paura di chiedere ai suoi discepoli se volevano davvero seguirlo o piuttosto
andarsene per altre vie (cfr Gv 6,67). E Simone detto Pietro ebbe il coraggio di rispondere:
«Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68). Se saprete anche voi dire “sì” a
Gesù, la vostra giovane vita si riempirà di significato, e così sarà feconda.
2. Il coraggio della felicità
Ma che cosa significa “beati” (in greco makarioi)? Beati vuol dire felici. Ditemi: voi aspirate davvero alla felicità? In un tempo in cui si è attratti da tante parvenze di felicità, si rischia di accontentarsi di poco, di avere un’idea “in piccolo” della vita. Aspirate invece a cose grandi! Allargate i
vostri cuori! Come diceva il beato Piergiorgio Frassati, «vivere senza una fede, senza un patrimonio
da difendere, senza sostenere in una lotta continua la verità, non è vivere ma vivacchiare. Noi non
dobbiamo mai vivacchiare, ma vivere» (Lettera a I. Bonini, 27 febbraio 1925). Nel giorno della
Beatificazione di Piergiorgio Frassati, il 20 maggio 1990, Giovanni Paolo II lo chiamò «uomo delle
Beatitudini» (Omelia nella S. Messa: AAS 82 [1990], 1518).
Se veramente fate emergere le aspirazioni più profonde del vostro cuore, vi renderete conto che in
voi c’è un desiderio inestinguibile di felicità, e questo vi permetterà di smascherare e respingere le
tante offerte “a basso prezzo” che trovate intorno a voi. Quando cerchiamo il successo, il piacere,
l’avere in modo egoistico e ne facciamo degli idoli, possiamo anche provare momenti di ebbrezza,
un falso senso di appagamento; ma alla fine diventiamo schiavi, non siamo mai soddisfatti, siamo
spinti a cercare sempre di più. È molto triste vedere una gioventù “sazia”, ma debole.
San Giovanni scrivendo ai giovani diceva: «Siete forti e la parola di Dio rimane in voi e avete
vinto il Maligno» (1 Gv 2,14). I giovani che scelgono Cristo sono forti, si nutrono della sua Parola e
non si “abbuffano” di altre cose! Abbiate il coraggio di andare contro corrente. Abbiate il coraggio
della vera felicità! Dite no alla cultura del provvisorio, della superficialità e dello scarto, che non vi
ritiene in grado di assumere responsabilità e affrontare le grandi sfide della vita!
3. Beati i poveri in spirito…
La prima Beatitudine, tema della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, dichiara felici i
poveri in spirito, perché a loro appartiene il Regno dei cieli. In un tempo in cui tante persone
soffrono a causa della crisi economica, accostare povertà e felicità può sembrare fuori luogo. In
che senso possiamo concepire la povertà come una benedizione?
Prima di tutto cerchiamo di capire che cosa significa «poveri in spirito». Quando il Figlio di
Dio si è fatto uomo, ha scelto una via di povertà, di spogliazione. Come dice san Paolo nella
Lettera ai Filippesi: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella
condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo
una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (2,5-7). Gesù è Dio che si spoglia della
sua gloria. Qui vediamo la scelta di povertà di Dio: da ricco che era, si è fatto povero per arricchirci per mezzo della sua povertà (cfr 2 Cor 8,9). È il mistero che contempliamo nel presepio,
vedendo il Figlio di Dio in una mangiatoia; e poi sulla croce, dove la spogliazione giunge al culmine.
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L’aggettivo greco ptochós (povero) non ha un significato soltanto materiale, ma vuol dire
“mendicante”. Va legato al concetto ebraico di anawim, i “poveri di Iahweh”, che evoca umiltà,
consapevolezza dei propri limiti, della propria condizione esistenziale di povertà. Gli anawim si
fidano del Signore, sanno di dipendere da Lui.
Gesù, come ha ben saputo vedere santa Teresa di Gesù Bambino, nella sua Incarnazione si
presenta come un mendicante, un bisognoso in cerca d’amore. Il Catechismo della Chiesa
Cattolica parla dell’uomo come di un «mendicante di Dio» (n. 2559) e ci dice che la preghiera è
l’incontro della sete di Dio con la nostra sete (n. 2560).
San Francesco d’Assisi ha compreso molto bene il segreto della Beatitudine dei poveri in spirito. Infatti, quando Gesù gli parlò nella persona del lebbroso e nel Crocifisso, egli riconobbe la
grandezza di Dio e la propria condizione di umiltà. Nella sua preghiera il Poverello passava ore a
domandare al Signore: «Chi sei tu? Chi sono io?». Si spogliò di una vita agiata e spensierata per
sposare “Madonna Povertà”, per imitare Gesù e seguire il Vangelo alla lettera. Francesco ha vissuto l’imitazione di Cristo povero e l’amore per i poveri in modo inscindibile, come le due facce
di una stessa medaglia.
Voi dunque mi potreste domandare: come possiamo concretamente far sì che questa povertà in
spirito si trasformi in stile di vita, incida concretamente nella nostra esistenza? Vi rispondo in tre
punti.
Prima di tutto cercate di essere liberi nei confronti delle cose. Il Signore ci chiama a uno stile
di vita evangelico segnato dalla sobrietà, a non cedere alla cultura del consumo. Si tratta di cercare l’essenzialità, di imparare a spogliarci di tante cose superflue e inutili che ci soffocano.
Distacchiamoci dalla brama di avere, dal denaro idolatrato e poi sprecato. Mettiamo Gesù al
primo posto. Lui ci può liberare dalle idolatrie che ci rendono schiavi. Fidatevi di Dio, cari giovani! Egli ci conosce, ci ama e non si dimentica mai di noi. Come provvede ai gigli del campo
(cfr Mt 6,28), non lascerà che ci manchi nulla! Anche per superare la crisi economica bisogna
essere pronti a cambiare stile di vita, a evitare i tanti sprechi. Così come è necessario il coraggio
della felicità, ci vuole anche il coraggio della sobrietà.
In secondo luogo, per vivere questa Beatitudine abbiamo tutti bisogno di conversione per quanto riguarda i poveri. Dobbiamo prenderci cura di loro, essere sensibili alle loro necessità spirituali
e materiali. A voi giovani affido in modo particolare il compito di rimettere al centro della cultura
umana la solidarietà. Di fronte a vecchie e nuove forme di povertà – la disoccupazione, l’emigrazione, tante dipendenze di vario tipo –, abbiamo il dovere di essere vigilanti e consapevoli, vincendo la tentazione dell’indifferenza. Pensiamo anche a coloro che non si sentono amati, non
hanno speranza per il futuro, rinunciano a impegnarsi nella vita perché sono scoraggiati, delusi,
intimoriti. Dobbiamo imparare a stare con i poveri. Non riempiamoci la bocca di belle parole sui
poveri! Incontriamoli, guardiamoli negli occhi, ascoltiamoli. I poveri sono per noi un’occasione
concreta di incontrare Cristo stesso, di toccare la sua carne sofferente.
Ma – e questo è il terzo punto – i poveri non sono soltanto persone alle quali possiamo dare
qualcosa. Anche loro hanno tanto da offrirci, da insegnarci. Abbiamo tanto da imparare dalla
saggezza dei poveri! Pensate che un santo del secolo XVIII, Benedetto Giuseppe Labre, il quale
dormiva per strada a Roma e viveva delle offerte della gente, era diventato consigliere spirituale
di tante persone, tra cui anche nobili e prelati. In un certo senso i poveri sono come maestri per
noi. Ci insegnano che una persona non vale per quanto possiede, per quanto ha sul conto in
banca. Un povero, una persona priva di beni materiali, conserva sempre la sua dignità. I poveri
possono insegnarci tanto anche sull’umiltà e la fiducia in Dio. Nella parabola del fariseo e del
pubblicano (Lc 18,9-14), Gesù presenta quest’ultimo come modello perché è umile e si riconosce peccatore. Anche la vedova che getta due piccole monete nel tesoro del tempio è esempio
della generosità di chi, anche avendo poco o nulla, dona tutto (Lc 21,1-4).
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4. …perché di essi è il Regno dei cieli
Tema centrale nel Vangelo di Gesù è il Regno di Dio. Gesù è il Regno di Dio in persona, è
l’Emmanuele, Dio-con-noi. Ed è nel cuore dell’uomo che il Regno, la signoria di Dio si stabilisce e
cresce. Il Regno è allo stesso tempo dono e promessa. Ci è già stato dato in Gesù, ma deve ancora
compiersi in pienezza. Perciò ogni giorno preghiamo il Padre: «Venga il tuo regno».
C’è un legame profondo tra povertà ed evangelizzazione, tra il tema della scorsa Giornata
Mondiale della Gioventù – «Andate e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19) – e quello di quest’anno: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). Il Signore vuole una
Chiesa povera che evangelizzi i poveri. Quando inviò i Dodici in missione, Gesù disse loro: «Non
procuratevi oro né argento, né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né
sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento» (Mt 10,9-10). La povertà evangelica è condizione fondamentale affinché il Regno di Dio si diffonda. Le gioie più belle e spontanee
che ho visto nel corso della mia vita sono quelle di persone povere che hanno poco a cui aggrapparsi. L’evangelizzazione, nel nostro tempo, sarà possibile soltanto per contagio di gioia.
Come abbiamo visto, la Beatitudine dei poveri in spirito orienta il nostro rapporto con Dio, con i
beni materiali e con i poveri. Davanti all’esempio e alle parole di Gesù, avvertiamo quanto abbiamo
bisogno di conversione, di far sì che sulla logica dell’avere di più prevalga quella dell’essere di più!
I santi sono coloro che più ci possono aiutare a capire il significato profondo delle Beatitudini. La
canonizzazione di Giovanni Paolo II nella seconda domenica di Pasqua, in questo senso, è un evento
che riempie il nostro cuore di gioia. Lui sarà il grande patrono delle GMG, di cui è stato l’iniziatore
e il trascinatore. E nella comunione dei santi continuerà ad essere per tutti voi un padre e un amico.
Nel prossimo mese di aprile ricorre anche il trentesimo anniversario della consegna ai giovani
della Croce del Giubileo della Redenzione. Proprio a partire da quell’atto simbolico di Giovanni
Paolo II iniziò il grande pellegrinaggio giovanile che da allora continua ad attraversare i cinque continenti. Molti ricordano le parole con cui il Papa, la domenica di Pasqua del 1984, accompagnò il
suo gesto: «Carissimi giovani, al termine dell’Anno Santo affido a voi il segno stesso di quest’Anno
Giubilare: la Croce di Cristo! Portatela nel mondo, come segno dell’amore del Signore Gesù per l’umanità, ed annunciate a tutti che solo in Cristo morto e risorto c’è salvezza e redenzione».
Cari giovani, il Magnificat, il cantico di Maria, povera in spirito, è anche il canto di chi vive le
Beatitudini. La gioia del Vangelo sgorga da un cuore povero, che sa esultare e meravigliarsi per le
opere di Dio, come il cuore della Vergine, che tutte le generazioni chiamano “beata” (cfr Lc 1,48).
Lei, la madre dei poveri e la stella della nuova evangelizzazione, ci aiuti a vivere il Vangelo, a incarnare le Beatitudini nella nostra vita, ad avere il coraggio della felicità.
Dal Vaticano, 21 gennaio 2014, memoria di Sant’Agnese, vergine e martire
Francesco
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LETTERA DI PAPA FRANCESCO
ALLE FAMIGLIE
Care famiglie,
mi presento alla soglia della vostra casa per parlarvi di un evento che, come è noto, si svolgerà nel
prossimo mese di ottobre in Vaticano. Si tratta dell’Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei
Vescovi, convocata per discutere sul tema “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. Oggi, infatti, la Chiesa è chiamata ad annunciare il Vangelo affrontando anche le nuove
urgenze pastorali che riguardano la famiglia.
Questo importante appuntamento coinvolge tutto il Popolo di Dio, Vescovi, sacerdoti, persone
consacrate e fedeli laici delle Chiese particolari del mondo intero, che partecipano attivamente alla
sua preparazione con suggerimenti concreti e con l’apporto indispensabile della preghiera. Il sostegno della preghiera è quanto mai necessario e significativo specialmente da parte vostra, care famiglie. Infatti, questa Assemblea sinodale è dedicata in modo speciale a voi, alla vostra vocazione e
missione nella Chiesa e nella società, ai problemi del matrimonio, della vita familiare, dell’educazione dei figli, e al ruolo delle famiglie nella missione della Chiesa. Pertanto vi chiedo di pregare
intensamente lo Spirito Santo, affinché illumini i Padri sinodali e li guidi nel loro impegnativo compito. Come sapete, questa Assemblea sinodale straordinaria sarà seguita un anno dopo da quella
ordinaria, che porterà avanti lo stesso tema della famiglia. E, in tale contesto, nel settembre 2015 si
terrà anche l’Incontro Mondiale delle Famiglie a Philadelphia. Preghiamo dunque tutti insieme perché, attraverso questi eventi, la Chiesa compia un vero cammino di discernimento e adotti i mezzi
pastorali adeguati per aiutare le famiglie ad affrontare le sfide attuali con la luce e la forza che vengono dal Vangelo.
Vi scrivo questa lettera nel giorno in cui si celebra la festa della Presentazione di Gesù al tempio.
L’evangelista Luca narra che la Madonna e san Giuseppe, secondo la Legge di Mosè, portarono il
Bambino al tempio per offrirlo al Signore, e che due anziani, Simeone e Anna, mossi dallo Spirito
Santo, andarono loro incontro e riconobbero in Gesù il Messia (cfr Lc 2,22-38). Simeone lo prese tra
le braccia e ringraziò Dio perché finalmente aveva “visto” la salvezza; Anna, malgrado l’età avanzata, trovò nuovo vigore e si mise a parlare a tutti del Bambino. È un’immagine bella: due giovani
genitori e due persone anziane, radunati da Gesù. Davvero Gesù fa incontrare e unisce le generazioni! Egli è la fonte inesauribile di quell’amore che vince ogni chiusura, ogni solitudine, ogni tristezza. Nel vostro cammino familiare, voi condividete tanti momenti belli: i pasti, il riposo, il lavoro in
casa, il divertimento, la preghiera, i viaggi e i pellegrinaggi, le azioni di solidarietà… Tuttavia, se
manca l’amore manca la gioia, e l’amore autentico ce lo dona Gesù: ci offre la sua Parola, che illumina la nostra strada; ci dà il Pane di vita, che sostiene la fatica quotidiana del nostro cammino.
Care famiglie, la vostra preghiera per il Sinodo dei Vescovi sarà un tesoro prezioso che arricchirà
la Chiesa. Vi ringrazio, e vi chiedo di pregare anche per me, perché possa servire il Popolo di Dio
nella verità e nella carità. La protezione della Beata Vergine Maria e di san Giuseppe accompagni
sempre tutti voi e vi aiuti a camminare uniti nell’amore e nel servizio reciproco. Di cuore invoco su
ogni famiglia la benedizione del Signore.
Dal Vaticano, 2 Febbraio 2014
Festa della Presentazione del Signore
Francesco
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ATTI DELLA CEI
MESSAGGIO PER LA
63ª GIORNATA NAZIONALE DEL RINGRAZIAMENTO
10 novembre 2013
GIOVANI PROTAGONISTI NELL’AGRICOLTURA
Carissimi giovani,
ci rivolgiamo direttamente a voi quest’anno, in occasione della Giornata nazionale del
Ringraziamento per i frutti della terra, come Vescovi incaricati della pastorale sociale e del lavoro.
Lo facciamo avendo davanti a noi in primo luogo l’icona di Martino, giovane ufficiale romano,
che, di fronte alle necessità di un povero infreddolito, taglia il suo mantello in due e lo condivide,
donando un raggio di sole e di calore che resterà sempre impresso nella memoria di tutti noi. San
Martino ci insegna a vivere la vita come un dono, facendo sgorgare la speranza laddove la speranza
sembra non esserci.
Ci colleghiamo così alle costanti esortazioni di Papa Francesco: “Prima di tutto, vorrei dire una
cosa, a tutti voi giovani: non lasciatevi rubare la speranza! Per favore, non lasciatevela rubare! E chi
ti ruba la speranza? Lo spirito del mondo, le ricchezze, lo spirito della vanità, la superbia, lo spirito
del benessere, che alla fine ti porta a diventare un niente nella vita” (Discorso agli studenti delle
scuole gestite dai gesuiti in Italia e in Albania, 7 giugno 2013). Questo appello è stato rilanciato ai
giovani di tutto il mondo, in occasione della veglia di preghiera a Copacabana: “Cari amici, non
dimenticate: siete il campo della fede! Siete gli atleti di Cristo! Siete i costruttori di una Chiesa più
bella e di un mondo migliore!” (Veglia di preghiera con i giovani, Rio de Janeiro, 27 luglio 2013).
Atleta era Martino, atleti siete voi, carissimi giovani, che avete scelto di restare nella vostra terra
per lavorare i campi, con dignità e qualità, per fare della vostra campagna un vero giardino. Vi siamo
grati e sentiamo che questa vostra vocazione rinnova l’intera società, perché il ritorno alla terra
cambia radicalmente un paese e produce benessere per tutti, ravviva la luce negli occhi degli anziani, che non vedono morire i loro sforzi, interpella i responsabili delle istituzioni. Abbiate consapevolezza di essere persone che vanno controcorrente, come vi ha esortato il Papa: “Voi giovani, siate i
primi: andate controcorrente e abbiate questa fierezza di andare proprio controcorrente. Avanti, siate
coraggiosi e andate controcorrente! E siate fieri di farlo!” (Angelus, 23 giugno 2013).
Certo, tra voi c’è anche chi lavora in campagna rassegnato, perché non ha trovato altro e forse
vorrebbe una realtà di lavoro diversa, magari più gratificante. Ci permettiamo di esortarvi: non rassegnatevi, ma siate protagonisti, trasformando la necessità in scelta, immettendo in essa una crescente motivazione che si farà qualità di vita per voi, per le vostre famiglie, per i vostri paesi.
Pensiamo anche ai giovani immigrati, che lavorano nei campi, negli allevamenti, nella raccolta
della frutta. Anche a voi suggeriamo di fare di tutto per esprimere una qualità e una professionalità
crescente, in particolare attraverso lo studio e la conoscenza delle lingue, per farvi apprezzare ed
entrare così a fronte alta nel mercato del lavoro rurale, che vi riconosce ormai indispensabili.
Agli imprenditori agricoli italiani chiediamo di valorizzare la passione lavorativa di chi arriva nelle
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nostre terre, creando le condizioni per un’inclusione e un’integrazione graduale, consapevoli che
solo così tutti ne avranno vantaggio. Non ci sia sfruttamento, ma rispetto, valorizzazione e dignità.
Alla luce dell’ascolto quotidiano che, come Vescovi, compiamo nelle visite pastorali, all’interno
della realtà rurale delle nostre Diocesi, ci sembra poi opportuno indicare una serie di limiti e di freni
che incontrano oggi i giovani che desiderano ritornare alla terra e suggerire alcune attenzioni necessarie.
1 . Non sempre, nelle famiglie e nelle scuole, c’è stima adeguata per chi sceglie di fare l’imprenditore agricolo. Per questo è importante alimentare l’apprezzamento, da parte di tutta la società,
per il lavoro della terra, affinché sia considerato come ogni altra vocazione e tutti i lavoratori
vedano riconosciuta la stessa dignità, anche in termini economici.
2. La burocrazia è spesso lenta e impacciata nell’attuazione di miglioramenti fondiari; le risorse
finanziarie sono difficilmente reperibili; il credito non viene concesso agevolmente dalle banche.
Tutto questo chiede che le nostre comunità cristiane accompagnino i giovani impegnati nel lavoro dei campi. Ci permettiamo anche un appello, rispettoso ma convinto, a chi va in pensione,
affinché metta gratuitamente a disposizione dei giovani la propria esperienza imprenditoriale o
amministrativa, aiutando così quel volontariato intellettuale da parte degli adulti che è il più bel
contributo per la crescita del bene comune.
3. Perché si freni lo spopolamento dei nostri paesi di montagna, è urgente investire sulle comunicazioni, sia nelle strade che nella rete telematica: diversamente, i nostri giovani saranno invogliati a
cercare altrove possibilità di lavoro. Solo la permanenza dei giovani nei paesi, con la formazione
di nuove famiglie, rallenterà lo spopolamento dei nostri centri.
4. Chiediamo che le associazioni e i movimenti cattolici accompagnino i giovani imprenditori agricoli, creando per loro gruppi di sostegno sparsi nel territorio, utilizzando anche le nuove tecnologie telematiche. Nessuno da solo può pensare di restare sulla terra come imprenditore agricolo:
troppe sono le fatiche e gli ostacoli. I giovani vanno spronati a fare alleanza fra le generazioni,
come ci insegnano gli Orientamenti pastorali per questo decennio (cfr nn. 29 - 32).
5. Fondamentale resta per ogni giovane il gesto di Martino: condividere quello che abbiamo, spartirlo fraternamente, poiché la fraternità è il fondamento e la via per la pace. Solo da questo stile
di condivisione nascerà la fiducia nelle cooperative e nei consorzi, nei quali è possibile realmente diffondere il prodotto tipico di una terra, trasformandolo da marginale a identitario.
In questa Giornata ci sentiamo particolarmente vicini, nelle nostre Chiese locali, a tutti gli agricoltori d’Italia. Ci uniamo a loro anzitutto nella preghiera, richiamata emblematicamente nel
momento dell’Angelus, come ritratto ad esempio nella famosa tela del pittore Jean-François Millet.
Agli agricoltori desideriamo esprimere poi la nostra gratitudine per la loro fatica. Il nostro grazie
si unisce al Magnificat di Maria di Nazareth, giovane come voi, carissimi! Pronta allo stupore e sollecita verso la cugina Elisabetta, Maria ci rassicura con il suo canto di lode, perché anche i piccoli e
i poveri possono vincere nella battaglia della vita. Vi indichiamo anche la figura di San Giuseppe,
definito dal Papa “custode, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per
questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda e sa prendere le decisioni più sagge” (Omelia nella Santa
Messa per l’inizio del ministero petrino del Vescovo di Roma, 19 marzo 2013).
Vi benediciamo con affetto.
Roma, 4 ottobre 2013
Festa di San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia
La Commissione Episcopale
per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace
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MESSAGGIO DEL CONSIGLIO EPISCOPALE
PERMANENTE
PER LA 36ª GIORNATA NAZIONALE PER LA VITA
2 febbraio 2014
“GENERARE FUTURO”
“I figli sono la pupilla dei nostri occhi… Che ne sarà di noi se non ci prendiamo cura dei nostri
occhi? Come potremo andare avanti?”1. Così Papa Francesco all’apertura della XXVIII Giornata
Mondiale della Gioventù ha illuminato ed esortato tutti alla custodia della vita, ricordando che generare ha in sé il germe del futuro. Il figlio si protende verso il domani fin dal grembo materno,
accompagnato dalla scelta provvida e consapevole di un uomo e di una donna che si fanno collaboratori del Creatore. La nascita spalanca l’orizzonte verso passi ulteriori che disegneranno il suo futuro, quello dei suoi genitori e della società che lo circonda, nella quale egli è chiamato ad offrire un
contributo originale. Questo percorso mette in evidenza “il nesso stretto tra educare e generare: la
relazione educativa si innesta nell’atto generativo e nell’esperienza dell’essere figli”2, nella consapevolezza che “il bambino impara a vivere guardando ai genitori e agli adulti”3.
Ogni figlio è volto del “Signore amante della vita” (Sap 11,26), dono per la famiglia e per la
società. Generare la vita è generare il futuro anche e soprattutto oggi, nel tempo della crisi; da essa
si può uscire mettendo i genitori nella condizione di realizzare le loro scelte e i loro progetti.
La testimonianza di giovani sposi e i dati che emergono da inchieste recenti indicano ancora un
grande desiderio di generare, che resta mortificato per la carenza di adeguate politiche familiari, per
la pressione fiscale e una cultura diffidente verso la vita. Favorire questa aspirazione (valutata nella
percentuale di 2,2 figli per donna sull’attuale 1,3 di tasso di natalità) porterebbe a invertire la tendenza negativa della natalità, e soprattutto ad arricchirci del contributo unico dei figli, autentico
bene sociale oltre che segno fecondo dell’amore sponsale.
La società tutta è chiamata a interrogarsi e a decidere quale modello di civiltà e quale cultura intende promuovere, a cominciare da quella palestra decisiva per le nuove generazioni che è la scuola.
Per porre i mattoni del futuro siamo sollecitati ad andare verso le periferie esistenziali della
società, sostenendo donne, uomini e comunità che si impegnino, come afferma Papa Francesco, per
un’autentica “cultura dell’incontro”4. Educando al dialogo tra le generazioni potremo unire in modo
fecondo la speranza e le fatiche dei giovani con la saggezza, l’esperienza di vita e la tenacia degli
anziani.
1
PAPA FRANCESCO, Discorso nella cerimonia di benvenuto in occasione della XXVIII Giornata Mondiale della
Gioventù a Rio de Janeiro, 22 luglio 2013.
2
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali
dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, n. 27.
3
Ib.
4
PAPA FRANCESCO, Omelia nella Santa Messa con i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i seminaristi in occasione
della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, 27 luglio 2013.
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La cultura dell’incontro è indispensabile per coltivare il valore della vita in tutte le sue fasi: dal
concepimento alla nascita, educando e rigenerando di giorno in giorno, accompagnando la crescita
verso l’età adulta e anziana fino al suo naturale termine, e superare così la cultura dello “scarto”5. Si
tratta di accogliere con stupore la vita, il mistero che la abita, la sua forza sorgiva, come realtà che
sorregge tutte le altre, che è data e si impone da sé e pertanto non può essere soggetta all’arbitrio
dell’uomo.
L’alleanza per la vita è capace di suscitare ancora autentico progresso per la nostra società, anche
da un punto di vista materiale. Infatti il ricorso all’aborto priva ogni anno il nostro Paese anche
dell’apporto prezioso di tanti nuovi uomini e donne. Se lamentiamo l’emorragia di energie positive
che vive il nostro Paese con l’emigrazione forzata di persone – spesso giovani – dotate di preparazione e professionalità eccellenti, dobbiamo ancor più deplorare il mancato contributo di coloro ai
quali è stato impedito di nascere. Ancora oggi, nascere non è una prospettiva sicura per chi ha ricevuto, con il concepimento, il dono della vita. È davvero preoccupante considerare come in Italia l’aspettativa di vita media di un essere umano cali vistosamente se lo consideriamo non alla nascita,
ma al concepimento.
La nostra società ha bisogno oggi di solidarietà rinnovata, di uomini e donne che la abitino con
responsabilità e siano messi in condizione di svolgere il loro compito di padri e madri, impegnati a
superare l’attuale crisi demografica e, con essa, tutte le forme di esclusione. Un’esclusione che tocca
in particolare chi è ammalato e anziano, magari con il ricorso a forme mascherate di eutanasia.
Vengono meno così il senso dell’umano e la capacità del farsi carico che stanno a fondamento della
società. “È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei
bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore.
È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come
genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori”6.
Come un giorno si è stati accolti e accompagnati alla vita dai genitori, che rendono presente la più
ampia comunità umana, così nella fase finale la famiglia e la comunità umana accompagnano chi è
“rivestito di debolezza” (Eb 5,2), ammalato, anziano, non autosufficiente, non solo restituendo quanto dovuto, ma facendo unità attorno alla persona ora fragile, bisognosa, affidata alle cure e alle mani
provvide degli altri. Generare futuro è tenere ben ferma e alta questa relazione di amore e di sostegno, indispensabile per prospettare una comunità umana ancora unita e in crescita, consapevoli che
“un popolo che non si prende cura degli anziani e dei bambini e dei giovani non ha futuro, perché
maltratta la memoria e la promessa”7.
Roma, 4 novembre 2013
Memoria di San Carlo Borromeo
IL CONSIGLIO PERMANENTE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
Cfr PAPA FRANCESCO, Udienza generale, 5 giugno 2013.
PAPA FRANCESCO, Omelia nella Santa Messa per l’inizio del ministero petrino del Vescovo di Roma, 19 marzo
2013.
7
PAPA FRANCESCO, Messaggio ai partecipanti alla 47ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani (Torino, 12- 15 settembre 2013), 11 settembre 2013.
5
6
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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
CONSIGLIO PERMANENTE
Roma, 27-29 gennaio 2014
COMUNICATO FINALE
Promuovere una sempre maggiore partecipazione alla vita della Conferenza, stimolare la collegialità e favorire la comunione: il percorso indicato ai Vescovi da Papa Francesco nel contesto
dell’Assemblea Generale dello scorso maggio e riaffermato nei colloqui con il Cardinale
Presidente, ha raggiunto una prima significativa tappa nella sessione invernale del Consiglio
Episcopale Permanente.
Riunito a Roma da lunedì 27 a mercoledì 29 gennaio 2014, sotto la guida del Card. Angelo
Bagnasco, ha concentrato i propri lavori sulla rivisitazione dello Statuto della Conferenza
Episcopale Italiana. Il materiale del dialogo è stato fornito dalle consultazioni delle Conferenze
Episcopali Regionali, in un ascolto del territorio attento a raccogliere la voce di tutti. Nel contempo, per evitare frammentazioni e indebite equiparazioni, il Consiglio Permanente ha cercato di
focalizzarsi sulle posizioni prevalenti, cogliendone orientamenti e proposte per un miglioramento
normativo. Al riguardo, è subito emerso con chiarezza come molte delle cose suggerite in realtà
siano già previste dallo Statuto, a cui si riconosce logica complessiva e coerenza interna.
Le Conferenze Regionali hanno condiviso una valutazione positiva del cammino della CEI, esprimendo stima per la rilevanza che ha nella vita sociale e politica del Paese e, soprattutto, per l’azione svolta nei diversi ambiti a servizio del bene della Chiesa che è in Italia, della sua vita e missione,
in spirito di collegialità e di collaborazione.
Il cambiamento che si intende maturare muove dunque dal riconoscimento di quello che rimane
un patrimonio esemplare; punta, poi, a rispondere nella maniera più fedele a ciò che in questo
tempo il Signore – anche per voce del Santo Padre – chiede alla Chiesa. Rispetto alla mole dei contributi ricevuti, i Vescovi hanno distinto tra suggerimenti di carattere generale, richieste già contenute nello Statuto e proposte che possono diventare emendamenti da sottoporre all’Assemblea
Generale. In particolare, sulla scia delle consultazioni, i Pastori si sono concentrati su quattro temi:
la valorizzazione delle Conferenze Episcopale Regionali, il ruolo delle Commissioni Episcopali, le
nomine delle figure della Presidenza e le procedure di lavoro dell’Assemblea Generale e dello stesso Consiglio Permanente.
Per continuare un ascolto ravvicinato delle Chiese, il nuovo Segretario Generale, Mons. Nunzio
Galantino, farà visita nei prossimi mesi alle Conferenze Regionali: una modalità di comunione volta
a sollecitare e a raccogliere domande e indicazioni da travasare nel lavoro della Segreteria
Generale della CEI.
Il Consiglio Permanente, che si era aperto con la prolusione del Cardinale Presidente, si è soffermato anche sulla sintesi relativa alle risposte delle Diocesi al documento preparatorio della III
Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi. Ha, quindi, approvato una lettera-invito
per l’iniziativa La Chiesa per la scuola; ha esaminato per un’ultima approvazione il testo delle
Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici, ha approvato i
nuovi parametri per l’edilizia di culto e ha provveduto ad alcune nomine.
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1. La voce dei Pastori
La sollecitazione espressa da Papa Francesco per una maggiore compartecipazione aveva portato
il Consiglio Permanente di settembre alla decisione di coinvolgere tutti i Vescovi in una consultazione articolatasi nei seguenti temi: valutazioni circa le modalità di nomina delle diverse figure della
Presidenza; considerazioni in merito alle procedure di lavoro del Consiglio Permanente e
dell’Assemblea Generale; valorizzazione del ruolo e del contributo delle Conferenze Episcopali
Regionali; proposte sulle modalità di svolgimento del compito delle Commissioni Episcopali.
Intorno a questi quattro punti, la Segreteria Generale ha ordinato i contributi giunti in questi mesi
dalle Conferenze Regionali, offrendo al Consiglio Permanente la traccia per concentrare i propri
lavori sulla disanima delle proposte emerse. In particolare, i Vescovi si sono soffermati sulle indicazioni prevalenti. È subito apparso chiaro che molte delle richieste avanzate riguardano norme già
stabilite dall’attuale Statuto e Regolamento della CEI: più che un cambio di regole, va migliorato il
modo di interpretarle e di porle in atto, modificando alcuni aspetti della prassi per una sempre maggiore corrispondenza della stessa con il dettato statutario.
1.1. Presidenza, i Vescovi e le nomine
Le Conferenze Regionali ribadiscono l’importanza che sia salvaguardato il peculiare rapporto tra
la Chiesa che è in Italia e il Santo Padre. In questa luce, si ritiene che la nomina del Presidente della
CEI debba continuare ad essere riservata al Papa, sulla base di un elenco di nomi, frutto di una consultazione di tutto l’episcopato. Sulla modalità concreta attraverso la quale salvaguardare il coinvolgimento di tutti i Vescovi e nel contempo conservare al Santo Padre la libertà di nomina, il Consiglio
Permanente indica due possibili percorsi.
Il primo prevedrebbe una consultazione riservata di tutti i singoli Vescovi.
Il secondo aggiungerebbe a tale procedura un ulteriore passaggio – altrettanto riservato nelle procedure e nei risultati – nel quale l’Assemblea Generale verrebbe chiamata a esprimere la propria
preferenza su una quindicina di nomi, corrispondenti ai candidati maggiormente segnalati.
Circa la nomina dei tre Vice Presidenti, le Conferenze Regionali concordano sul fatto di non cambiare l’attuale procedura, che ne prevede l’elezione da parte dell’Assemblea Generale fra i Vescovi diocesani (cfr. Statuto, art. 15, par.f). Infine, per quanto riguarda la figura del Segretario Generale, la maggioranza chiede che sia un Vescovo e che – come avviene per il Presidente – sia nominato dal Papa su una
rosa di nomi, “proposta dalla Presidenza, sentito il Consiglio Episcopale Permanente” (Statuto, art. 30,
par.1). I Pastori hanno sottolineato che tale forma, prevista dallo Statuto, appare come un buon punto di
equilibrio che tutela rispettivamente la libertà del Santo Padre, il rapporto particolare del Presidente con
il Segretario Generale e le istanze di partecipazione del Consiglio Permanente.
La scelta della modalità concreta attraverso la quale giungere alla formulazione dell’elenco di
nomi da presentare al Santo Padre verrà sottoposta alla deliberazione dell’Assemblea Generale.
1.2. Assemblea Generale, dinamismo e partecipazione
Per quanto riguarda l’Assemblea Generale, le consultazioni hanno fatto emergere una diffusa
domanda di revisione delle modalità di lavoro. Le Conferenze Regionali chiedono uno snellimento
dei punti all’ordine del giorno, un alleggerimento delle sessioni e delle comunicazioni, l’eventuale
delega ad altri Organi – Consiglio Permanente o Presidenza – di alcune competenze.
Sempre nell’ottica di evitare appesantimenti, si chiede di inviare per tempo a domicilio i materiali
da discutere in Assemblea. Nella linea di una partecipazione aperta – peraltro già prevista dallo
Statuto – si sottolinea l’importanza che tanto l’ordine del giorno quanto i temi della prolusione siano
formulati sulla base di contributi fatti previamente pervenire dalle Conferenze Regionali.
Proprio sulla prolusione si concentra un gruppo di osservazioni: si riconosce l’importanza di conservare centralità a questo contributo che qualifica a livello nazionale la voce dei Vescovi con un’analisi tanto della vita ecclesiale, quanto della situazione e delle prospettive del Paese. Osservazioni
sono state avanzate in merito alla collocazione della prolusione stessa.
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1.3. Conferenze Regionali, ambito di collegialità
Il Consiglio Permanente ha condiviso quanto sia corale il desiderio del territorio di essere maggiormente ascoltato. Le Conferenze Episcopali Regionali si avvertono come ambito propizio per l’esercizio della collegialità, favorita sia dal numero ridotto dei membri che consente il confronto, sia
dall’omogeneità culturale e sociale di tante problematiche, che permette di promuovere un’azione
pastorale comune (cfr. Statuto, art. 43, par. 1). Non manca qualche proposta orientata a valorizzare
anche la dimensione delle aree: Nord, Centro e Sud.
La richiesta di un maggiore coinvolgimento delle Conferenze Regionali porta con sé l’avvertenza da
tutti fortemente sottolineata che questo non vada a scapito dell’unità della Conferenza Nazionale. A quest’ultima si riconosce un ruolo decisivo, quale punto di riferimento per la comunità ecclesiale e per la
società, nel suo servizio alla Chiesa e al Paese. Viene, piuttosto, sollecitato un miglioramento metodologico, che si esprima innanzitutto in una regolare consultazione previa dell’ambito territoriale – tramite i
Presidenti e i Segretari – in occasione della preparazione delle riunioni del Consiglio Permanente e,
soprattutto, dell’Assemblea, come più in generale su questioni di comune interesse.
Per rendere operativa questa richiesta, il Consiglio Permanente invita a calendarizzare gli incontri
delle Conferenze Regionali in anticipo rispetto a quelli degli Organi nazionali, in modo da permettere il loro apporto tanto per l’ordine del giorno quanto per la prolusione.
1.4. Commissioni Episcopali: natura, ruolo e composizione
Il punto relativo alle Commissioni Episcopali si è rivelato il più articolato nelle osservazioni giunte dalle Conferenze Regionali; per questo il Consiglio Permanente ha concluso affidando alla
Segreteria Generale il compito di raccogliere le proposte emerse in modo da farne oggetto di ulteriore approfondimento nella sessione primaverile.
Le questioni rilevanti sono essenzialmente tre.
Innanzitutto, quella che concerne la natura e i compiti delle Commissioni, che – per Statuto – svolgono
un ruolo di supporto all’attività della Conferenza Episcopale nel suo insieme e dei suoi Organi. Le
Conferenze Regionali osservano che, in realtà, non sempre il lavoro delle Commissioni risulta poi incisivo nella vita della Conferenza Nazionale. Una seconda questione riguarda il rapporto delle Commissioni
con gli Uffici della Segreteria Generale, dove si invita ad una armonizzazione delle competenze e degli
apporti. Si avverte l’importanza di condividere la programmazione delle Commissioni e degli Uffici con
la Segreteria Generale. Un ultimo aspetto è relativo alla composizione delle Commissioni, di cui è ribadito il valore comunionale che ne caratterizza il lavoro e che le rende autentico snodo di collegialità e di
partecipazione. Il Consiglio Permanente, alla luce delle osservazioni rilevate, conviene sull’opportunità di
scegliere i membri da coinvolgere nelle singole Commissioni tra i Vescovi delegati regionali.
2. Fame di famiglia
Il questionario, che la Segreteria Generale del Sinodo ha inviato alle Diocesi in vista della preparazione dell’Instrumentum laboris, ha riscontrato una risposta pronta e capillare. Ai membri del
Consiglio Permanente ne è stata presentata una sintesi, da cui emerge innanzitutto un diffuso interesse per il tema della famiglia. Gli interpellati manifestano il desiderio di trovare nel Sinodo indicazioni capaci di sollecitare un rinnovato annuncio del Vangelo del matrimonio e della famiglia, a
fronte di problematiche che in maniera sempre più invasiva tendono a scardinare dal punto di vista
antropologico i fondamenti della famiglia.
3. Papa Francesco e il mondo della scuola
Un’occasione per ribadire l’importanza della scuola quale luogo deputato ad acquisire gli strumenti critici per approntare risposte di senso a domande reali: è questa la convinzione che anima il
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progetto La Chiesa per la scuola, con il quale la Chiesa che è in Italia vuole testimoniare la propria
attenzione al mondo della scuola nella sua interezza. Per ribadirlo e coinvolgere il più ampio numero
di genitori, alunni e insegnanti il Consiglio Permanente ha approvato una lettera-invito in vista della
manifestazione del prossimo 10 maggio in Piazza San Pietro con Papa Francesco.
4. Varie
Ai Vescovi è stato presentato, per un’ultima approvazione, il testo delle Linee-guida per i casi di abuso
sessuale nei confronti di minori da parte di chierici, come risultante dalle indicazioni e dai suggerimenti
offerti dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Il Consiglio Permanente ha anche approvato i
nuovi parametri indicativi, redatti dal Servizio Nazionale per l’edilizia di culto, con i quali sono chiamati
a confrontarsi i dati progettuali relativi alla realizzazione di nuove strutture di servizio religioso.
5. Nomine
Nel corso dei lavori, il Consiglio Permanente ha proceduto alle seguenti nomine:
– Rappresentante della CEI nel Consiglio di amministrazione dell’Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano: S.E. Mons. Nunzio GALANTINO, Segretario Generale della CEI.
– Sottosegretario della CEI: Mons. Domenico Pompili (Anagni - Alatri), donec aliter provideatur.
– Assistente ecclesiastico nazionale dell’Opera Assistenza Malati Impediti (OAMI): S.E. Mons.
Gastone SIMONI, Vescovo emerito di Prato.
– Assistente ecclesiastico centrale dell’Azione Cattolica Italiana per il Settore Giovani: Don Tony
DRAZZA (Nardò - Gallipoli).
– Assistente ecclesiastico nazionale per la formazione dei capi dell’Associazione Guide e Scouts
Cattolici Italiani (AGESCI): Padre Davide BRASCA, B.
– Consulente ecclesiastico centrale dell’Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi (UCIIM): Padre
Salvatore CURRÒ, CSI.
– Assistente ecclesiastico nazionale della Gioventù Operaia Cristiana (GIOC): don Pietro CARNOVALE (Mileto - Nicotera - Tropea).
– Assistente ecclesiastico nazionale dell’Associazione Familiari del Clero: don Pier Giulio DIACO
(Cesena - Sarsina).
Il Consiglio Permanente ha confermato le seguenti elezioni:
– Presidente nazionale dell’Unione Apostolica del Clero (UAC): Mons. Luigi MANSI (Cerignola Ascoli Satriano).
– Presidente nazionale dell’Associazione Familiari del Clero: Sig.ra Anna CAVAZZUTI.
La Presidenza, nella riunione del 27 gennaio, ha proceduto alle seguenti nomine:
– Presidente della Commissione Presbiterale Italiana: S.E. Mons. Nunzio GALANTINO,
Segretario Generale della CEI.
– Presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione di religione Santi Francesco
d’Assisi e Caterina da Siena: S.E. Mons. Nunzio GALANTINO, Segretario Generale della CEI.
– Presidente e membri della Commissione Nazionale Valutazione Film: don Ivan MAFFEIS,
Presidente; dott. Massimo GIRALDI, Segretario; prof.ssa Giuliana ARCIDIACONO; suor Teresa
BRACCIO, FSP; dott.ssa Elisa COPPONI; dott. Mario DAL BELLO; prof. Nicola DI MARCOBERARDINO; dott. Francesco GIRALDO; dott. Vittorio GIUSTI; prof.ssa Daniella IANNOTTA; prof.ssa Marina MATALONI; sig.ra Graziella MILANO; dott. Sergio PERUGINI; dott.
Valerio SAMMARCO; dott. Gianluca ARNONE; dott. Lorenzo NATTA; dott. Beowulf PAESLER-LUSCHKOWKO; mons. Domenico POMPILI; dott. Renato TARANTELLI; dott.
Giancarlo TARÉ.
Roma, 31 gennaio 2014
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ATTI DEL VESCOVO
NATALE, UN POSSIBILE NUOVO INIZIO
Gli auguri del Vescovo
Abbiamo nostalgia del Natale davvero cristiano, prigionieri come siamo del “finto Natale che
scorda il festeggiato”? Conserviamo, tra i nostri ricordi, qualche squarcio di autentica serenità legata
alle radici religiose della festività più dolce della nostra fede? Se possiamo contare su un certo
numero di anni forse siamo in grado di rispondere di sì. Ma i ragazzi e i giovani possono fare altrettanto? E se no – perché vittime del consumismo e della superficialità – non sono deprivati di qualcosa di importante? Tutto ciò per dire che il Natale ormai prossimo ci si propone, oltre che occasione
di serenità, come interrogativo sulla profondità della nostra fede, e come occasione di riscoperta e
approfondimento dei suoi fondamentali.
Di certo sia come credenti che come Chiesa diocesana non possiamo lasciarci sfuggire l’opportunità del Natale per inoltrarci in quella ricerca dell’“essenziale” che ci vede impegnati quest’anno
attorno ai temi dell’evangelizzazione, del nesso sacramenti-liturgia-catechesi, della santità. Alla base
sta la convinzione che “nella fede, dono di Dio, virtù soprannaturale da lui infusa, riconosciamo che
un grande Amore ci è stato offerto” e che “trasformati da questo amore, riceviamo occhi nuovi, sperimentiamo che in esso c’è una grande promessa di pienezza”: la fede “schiude davanti a noi orizzonti grandi”, “arricchisce l’esistenza umana in tutte le sue dimensioni” (Lumen fidei).
Il cristianesimo è tutto questo. La nascita di Gesù, commemorata come evento storico, ma continuamente rivissuta nella fede, è una grandiosa sintesi della sua “essenza”. Dio ha azzerato le distanze con l’umanità da lui amata; il suo interessamento si è fatto così concreto da indurlo a diventare
uno di noi, desideroso di essere amico e compagno di strada e di vita. Per convincerci non ha lesinato scelte di povertà e semplicità, di prossimità, disponibilità e dono con cui scuotere i nostri cuori
induriti. Egli, per usare una categoria filosofica di E. Bloch apparentemente in contrasto con la tradizione dell’A.T., si è presentato a Natale come l’”inatteso”, in un bambino debole che giace in una
mangiatoia, cui consegue il caratterizzarsi dell’amore cristiano come dedizione ai piccoli, i poveri,
gli oppressi. Ma ancora più “inattesa” sarà la croce, suprema manifestazione del vero volto di Dio,
che è “svuotamento di sé per amore”, che apre a quell’altra categoria, “l’insperato”, che coincide
con la “speranza contro ogni speranza” di S. Paolo (cfr. Rm 4,18), ossia come speranza anche oltre
la morte e nonostante essa. E con ciò anticipiamo temi che la liturgia ci farà vivere nella Pasqua, ma
che nella fede sperimentiamo quotidianamente, poiché tale speranza “pulsa come realtà nascosta nel
cuore stesso dell’uomo, aprendolo a un sé utopico che è ad un tempo la sua realtà più intima e il suo
futuro più trascendente”.
Sappiamo di vivere tempi non facili, “in cui l’uomo è particolarmente bisognoso di luce”.
Ebbene, “la luce della fede (…) è capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo” (Lumen fidei).
Forse ce ne eravamo un po’ dimenticati, ma uno straordinario dono di Dio, Papa Francesco, è venuto
a gettare lampi di luce nelle nostre non proprio luminose giornate: con mirabile semplicità e straor31
dinaria efficacia, i suoi gesti e le sue parole lasciano trasparire la fragranza del Vangelo, la sua capacità di raggiungere il cuore di tutti, di essere per i più lontani, emarginati e sofferenti motivo di speranza e nuovo inizio. Grazie a lui è tornato bello e possibile sperimentare che “la gioia del Vangelo
riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù Cristo. Coloro che si lasciano
salvare da lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con
Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia” (Evangelii gaudium). Con questo Papa “Dio continua a
sorprendere l’uomo” (A.M. Valli), ci testimonia “la centralità del Vangelo, la guida sicura che viene
da Gesù presente in mezzo agli uomini nella storia” (id.), ci “converte” (C. Miriano). Egli, come la
stella che ha guidato i Magi, può illuminare anche il nostro cammino verso la riscoperta della bellezza del Natale, della grandezza del dono di Dio. A condizione che ci lasciamo raggiungere dalla
provocazione da lui espressa senza sconti: ”Domandiamoci oggi: siamo aperti alle sorprese di Dio?
O ci chiudiamo, con paura alle novità dello Spirito Santo?”; che ci lasciamo scuotere dalla domanda: “Dove sono gli uomini di buona volontà? Chi è pronto ad emozionarsi al racconto della Buona
Novella?”. È ciò di cui abbiamo bisogno, stanchi e sfiduciati come a volte siamo, nella nostra vita
familiare, di lavoro, relazione e religiosa; e perciò così in difficoltà a testimoniare e trasmettere valori e motivi di vita anche a coloro verso cui abbiamo il debito dell’educazione.
Auguro di cuore che la semplicità e la profondità del Natale raggiungano ciascuno, le nostre famiglie, le nostre comunità. Tutti abbiamo bisogno di un’iniezione di quella rinnovata fiducia, di quel
più convinto slancio che, come ci documenta anche la più elementare esperienza umana, può venire
dalla culla di un Neonato. Con questi sentimenti, con questa gioia e speranza, buon Natale a tutti.
✢ Giacomo Lanzetti, vescovo
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IL “CASO SERIO” DELLA QUARESIMA
(E DELLA FEDE)
Affido alla parola del Papa il compito di introdurci nella prossima Quaresima. Egli ha rivolto a
tutta la Chiesa un breve ma succoso messaggio intitolato Si è fatto uomo per arricchirci con la sua
povertà, affermazione di S. Paolo, che suscita certamente una profonda risonanza nel suo cuore e
che forse può farlo anche in noi.
Innanzitutto occorre evidenziare il soggetto sottinteso di quell’affermazione: Gesù, “il Figlio eterno di Dio, uguale in potenza e gloria con il Padre”. Egli, che era presente alla creazione del mondo e
dell’uomo e che “verrà a giudicare i vivi e i morti”, egli che è il centro della fede, motivo di speranza di un’infinita generazione di credenti, aderendo in pieno alla volontà del Padre, realizzando in ciò
la più intima somiglianza con lui, ha rinunciato a ogni suo privilegio e “si è fatto povero”. Non come
nella favola dove “il principe e il povero” solo temporaneamente e quasi per gioco si scambiano i
ruoli, e dove il povero, dopo aver gustato le meraviglie di un impossibile benessere, viene ricacciato,
più deluso e mortificato, nella sua precedente, invalicabile condizione.
L’Incarnazione di Gesù, il suo farsi uomo come i miliardi di esseri che nei secoli hanno calpestato
la nostra terra, non è una finzione comoda e insieme crudele, una troppo breve e perfida illusione.
Lo scambio che egli propone a ciascuno e a tutti è un impensabile cambiamento di condizione, un
radicale superamento del nostro stato, un balzo ontologico ed esistenziale che immette in un’immeritata ricchezza. Gesù “si è fatto uomo per arricchirci”.
In tempo di perdurante crisi economica siamo particolarmente sensibili ad un simile termine:
“arricchirci”... Esso è il traguardo cui molti non sanno sottrarsi, che costituisce il limite estremo di
numerose vite. Lo sa il Papa che in più occasioni denuncia una cultura dominante che esalta “il feticismo dei soldi”, dove “il benessere anestetizza rispetto al dolore e alle vere gioie della vita”: “Il
grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice e opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata” (Evangelii gaudium, 2) Ma egli non si limita alla denuncia: va oltre
proclamando spesso l’urgenza, per la Chiesa (e l’intera umanità), di assumere più efficacemente la
responsabilità di un’insopportabile condizione di povertà tanto grave e diffusa, dando vita ad una
“solidarietà” che “si è un po’ logorata e a volte la si interpreta male, ma indica molto di più di qualche atto sporadico di generosità. Richiede di creare una nuova mentalità che pensi in termini di
comunità, di priorità della vita di tutti rispetto all’appropriazione dei beni da parte di alcuni” (188).
In un simile contesto di riflessioni viene spontaneo al Papa indicare la scelta della povertà di Gesù
come ineludibile anche per i suoi seguaci. “Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, così facciate anche voi...” (Gv 13,15): non sono dolciastri inviti o blandi suggerimenti facoltativi. Lo conferma drammaticamente la scena del giudizio, in cui solo chi ha riconosciuto – e servito! – Gesù nei
poveri sarà accolto nella dimora di Dio.
Proseguendo il Papa indica come tipicamente quaresimale la “spogliazione”. Al riguardo egli usa
le parole più dure di tutto il messaggio, quando invita a “domandarci di quali cose possiamo privarci
al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà”. Proprio così: “con la nostra povertà”! E per
sottolineare che non si può trattare di una possibilità da prendere alla leggera aggiunge: “Non
dimentichiamo che la vera povertà duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione penitenziale”. E conclude: “Diffido dell’elemosina che non costa e che non duole”. Sono tre
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affermazioni che ci feriscono come altrettante rasoiate e che dimostrano che anche la parola del
Papa (come quella di Dio) è “ vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e
penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e
i pensieri del cuore” (Eb 4,2).
Dunque nel suo primo messaggio quaresimale Francesco, con una coerenza di parola e di vita che
generalmente gli si riconosce, tra i tradizionali temi quaresimali – preghiera, digiuno, elemosina –
ha scelto, senza negare il ruolo degli altri, quest’ultimo, ma dotandolo di uno spessore e di una capacità di interpellare che solo una forte testimonianza personale rende credibile e accettabile.
Ci sarà possibile aderire a questa impostazione austera della Quaresima (e della vita) se accettiamo, “spogliandoci”, di lasciarci “arricchire” dalla “povertà” di Cristo, che è alla fin fine il suo inesauribile amore per ogni uomo. Per questo egli si è “abbassato”: per essere al livello di ciascuno e
così aiutare tutti. Anche noi, nella nostra stanchezza, sfiducia, incostanza; nel nostro bisogno di
essere salvati dalla “povertà” e resi capaci di uno “spogliamento” che arricchisca noi e il prossimo.
✢ Giacomo Lanzetti, vescovo
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ATTI DI CURIA
CALENDARIO VISITA PASTORALE:
VICARIA DI CHERASCO
Calendario degli incontri vicariali
Sabato 18 gennaio: Cherasco, santuario Madonna del popolo
Apertura della Visita pastorale
ore 17
Messa con tutti i sacerdoti e i diaconi della Vicaria
Martedì 21 gennaio: Cherasco, sala consiliare
ore 18
il Vescovo incontra i sindaci e gli amministratori pubblici di Cherasco, Monchiero e
Narzole
Venerdì 24 gennaio: Cherasco, Chiesa di San Pietro
ore 20.45 il Vescovo incontra i gruppi ecclesiali: Azione cattolica, gruppo di preghiera Padre Pio,
gruppi Caritas, gruppi missionari, Rinnovamento dello Spirito, Comunione e
Liberazione, animatori della liturgia, ministri straordinari della Santa comunione e gruppi di volontariato
Giovedì 30 gennaio: Narzole, salone parrocchiale
ore 20.45 il Vescovo incontra i genitori e gli sposi; in particolare, sono invitate le coppie che
hanno i figli in età scolare e le coppie sposi
Sabato 8 febbraio: Roreto, salone della Casa Gioventù
ore 19
il Vescovo incontra i giovanissimi e i giovani, “apericena” insieme; segue incontro e dialogo guidato da mons. Vescovo; sono invitati tutti i cresimati, in particolare quelli degli
ultimi tre anni, i giovanissimi e i giovani
Sabato 15 febbraio: Cherasco, salone parrocchiale
ore 21
il Vescovo incontra i fidanzati, in particolare, sono invitate le coppie iscritte ai percorsi
di preparazione al Matrimonio
Sabato 22 febbraio: Narzole, chiesa parrocchiale
Conclusione della Visita pastorale
ore 15
Messa con tutti i sacerdoti e i diaconi della Vicaria
Cherasco
Domenica 19 gennaio
ore 9.30 Messa a San Martino oltre Tanaro;
ore 11
Messa in San Pietro
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Martedì 21 gennaio
ore 15.30 visita al Centro incontro e all’associazione Il sorriso;
ore 17
Messa al santuario
Mercoledì 22 gennaio
ore 9.30 visita alla casa di riposo e agli ammalati del centro storico;
ore 15
incontro dei ragazzi del catechismo delle elementari; visita alle chiese di Sant’Iffredo e
San Gregorio;
ore 17.30 Messa nella comunità Cenacolo a San Giovanni;
ore 20.45 incontro con catechisti ed educatori
Giovedì 23 gennaio
ore 15
visita alle chiese di Sant’Agostino, Madonnina e San Martino in Cherasco, cappella di
Isorella, San Michele e Meane;
ore 20.45 incontro con i Consigli parrocchiali e affari economici, e dei rettori e responsabili delle
varie cappelle
Venerdì 24 gennaio
ore 9.30 visita agli ammalati in Cherasco e in campagna;
ore 15
incontro con i ragazzi delle medie; visita al Gallaman e incontro con le Suore somasche
Sabato 25 gennaio
ore 15.30 Messa alla casa di riposo e amministrazione del Sacramento degli infermi;
ore 17.30 Messa festiva nella chiesa di San Bartolomeo
Domenica 26 gennaio
ore 9.30 Messa in San Giovanni;
ore 11
Messa in San Gregorio
Martedì 28 gennaio
ore 15
visita al cimitero di Cherasco - Visita a una fabbrica;
ore 20.45 incontro con i genitori dei ragazzi in età scolare, in particolare i genitori dei ragazzi di
Prima Comunione e della Cresima
Mercoledì 29 gennaio
Mattinata - visita alle cappelle di San Lorenzo, San Defendente e ad alcuni ammalati della zona
Monchiero
Mercoledì 29 gennaio
ore 15
visita ai malati;
ore 16
Messa;
ore 17.30 il Vescovo incontra i bambini, i ragazzi, i genitori;
ore 18.15 incontro con le catechiste;
ore 20.30 incontro con i Consigli pastorale ed economico
Sabato 1 febbraio
ore 15
Memorial di padre Paolo Abbona in Comune;
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ore 17
ore 18
Messa solenne;
incontro con i giovanissimi e giovani
Narzole
Domenica 2 febbraio
ore 15
Messa in San Nazario; visita ai cimiteri di San Nazario e di Narzole
Mercoledì 5 febbraio
ore 9.30 visita all’asilo e alle Suore; visita alle cappelle;
ore 14.30 il Vescovo incontra i ragazzi delle medie;
ore 15.30 visita alla comunità Papa Giovanni XXIII
Giovedì 6 febbraio
ore 20.30 il Vescovo incontra i Consigli parrocchiali
Venerdì 7 febbraio
ore 9
visita ai malati;
ore 14.30 incontro con i ragazzi delle elementari;
ore 15.30 incontro con i cresimandi;
ore 16.30 Messa in Casa-famiglia, visita agli ospiti e personale;
ore 20.30 incontro con i catechisti, educatori, animatori
Sabato 8 febbraio
ore 10
Messa e visita al Villaggio dei Padri Somaschi
Domenica 9 febbraio
ore 11.15 Messa a Narzole
Bricco, Cappellazzo, Roreto e Veglia
Mercoledi 12 febbraio
ore 16
Messa per anziani e ammalati (chiesa di Roreto)
Giovedì 13 febbraio
ore 17.45 incontro catechisti e Ministri della comunione
Venerdì 14 febbraio
ore 10
visita ad alcuni malati di Roreto e all’asilo;
ore 14.30 incontro con i ragazzi del catechismo di Cappellazzo;
ore 15.30 incontro con i ragazzi del catechismo di Bricco
Domenica 16 febbraio
ore 10
Messa nella chiesa di San Grato, Bricco;
ore 11.15 Messa nella chiesa della Natività di Maria Vergine, Cappellazzo
Martedì 18 febbraio
ore 10
visita ai malati di Cappellazzo;
ore 15
visita al cimitero di Roreto;
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ore 15.30
ore 16
ore 17
ore 20.45
visita al cimitero di Cappellazzo;
visita al cimitero di Bricco;
celebrazione eucaristica a Bricco;
incontro dei Consigli pastorale e affari economici interparrocchiale (teatro Roreto)
Mercoledì 19 febbraio
ore 15.30 visita al cimitero di Veglia a seguire visita ai malati di Veglia;
ore 20.30 celebrazione eucaristica (chiesa di Veglia)
Giovedì 20 febbraio
ore 17.30 adorazione eucaristica in chiesa a Bricco;
ore 20
Rosario meditato;
ore 20.30 celebrazione eucaristica animata dal gruppo di preghiera Padre Pio
Venerdì 21 febbraio
ore 10
visita ai malati di Bricco;
ore 15
incontro con i ragazzi del catechismo di Roreto;
ore 16
incontro con i ragazzi del catechismo di Veglia;
ore 18
incontro con i cresimandi;
ore 20.45 visita al Centro incontro per anziani di Roreto
Domenica 23 febbraio
ore 10
Messa nella chiesa di Maria Vergine Assunta, Roreto;
ore 11.15 Messa nella chiesa di San Rocco, Veglia, 20° anniversario della morte del canonico don
Luigi Mazza.
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VICARIA DELLE LANGHE
Appuntamenti comuni a tutta la Vicaria
Domenica 2 marzo
ore16
Gallo d’Alba, Vespri solenni di apertura della Visita Pastorale
Venerdì 28 marzo
ore 19.30 Somano, incontro Giovanissimi e Giovani della Vicaria. Segue cena nel Salone del
Comune
Sabato 5 aprile
ore 15.30 Ricca d’Alba, incontro vicariale del Vescovo con i Sindaci e gli Amministratori dei
Comuni della Vicaria
Lunedì 7 aprile
ore 21
La Morra, incontro del Vescovo con i cantori, ministri della Comunione, lettori
Sabato 24 maggio
ore 21
Diano d’Alba, Celebrazione mariana per tutta la Vicaria a conclusione della Visita
Pastorale
Roddi e Verduno (3-9 marzo)
Martedì 4 marzo
ore 20.30 incontro con i gruppi e gli operatori laici (Amministrazioni comunali, Avis, Protezione
civile, Pro loco, Gruppi alpini, Gruppo anziani, SportAbili, Bocciofila Roddese,
Associazione Lago di San Vito, Il Ciabotto) di Roddi e Verduno (Roddi salone parrocchiale)
Mercoledì 5 marzo
ore 9.30 visita agli ammalati di Verduno
ore 15.30 Messa delle Ceneri a Verduno con invito ai giovani
ore 17.30 Messa delle Ceneri a Roddi con invito ai giovani
ore 20.30 incontro con i gruppi ecclesiali (Consigli pastorale ed economici, Gruppi liturgici, missionari, di preghiera, di servizio alla parrocchia, cantorie) di Roddi e Verduno (chiesa
parrocchiale di Verduno)
Venerdì 7 marzo
ore 9.30 visita agli ammalati di Roddi
ore 17
incontro con i bambini e i ragazzi del catechismo con i loro genitori (a Roddi)
ore 20.30 incontro con i cresimandi, i genitori e i ragazzi di II media (a Roddi)
Sabato 8 marzo
ore 16.30 Messa a Verduno per i bambini e i ragazzi del catechismo con i loro genitori
Domenica 9 marzo
ore 9.50 Messa e Cresime a Verduno
ore 11
Messa a Roddi
ore 16
Messa e Cresime a Roddi
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Novello, Barolo e Vergne (10-16 marzo)
Martedì 11 marzo
ore 20.30 incontro dei Consigli parrocchiali di Barolo, Novello e Vergne (Barolo)
Mercoledì 12 marzo
ore 18
incontro con i Gruppi ecclesiali (cantori, lettori, pulizie della chiesa, Caritas e collaboratori) a Novello
Giovedì 13 marzo
ore 18
incontro con i ragazzi del catechismo e i catechisti delle parrocchie di Barolo, Novello e
Vergne (a Vergne)
Venerdì 14 marzo
ore 20.30 incontro con i cresimandi, genitori, padrini e madrine delle parrocchie di Barolo,
Novello e Vergne (a Novello)
Sabato 15 marzo
ore 16
convegno su Giulia Colbert, marchesa di Barolo, commemorazione dell’anniversario dei
150 anni dalla sua morte (1864), Salone del Castello di Barolo
ore 18
Messa a Barolo
Domenica 16 marzo
ore 10
Messa e Cresima a Novello
ore 11.15 Messa a Vergne
Montelupo (17-23 marzo)
Martedì 18 marzo
ore 21
incontro con il Consiglio pastorale e per gli Affari economici
Venerdì 21 marzo
ore 21
incontro di preghiera per gli adulti sulla Passione
Domenica 23 marzo
ore 10.30 Messa e incontro con i ragazzi del catechismo
Bossolasco, Somano, Cissone e Serravalle (24-30 marzo)
Domenica 23 marzo
ore 16
Serravalle, Messa e incontro con le 4 parrocchie
ore 17
Serravalle, incontro con il Consiglio pastorale e per gli affari economici delle 4 parrocchie (salone del Comune)
Mercoledì 26 marzo
ore 15
visita al cimitero di Somano
ore 15.30 visita al cimitero di Bossolasco
ore 16.30 Messa al centro anziani di Serravalle
Giovedì 27 marzo (Pranzo con i sacerdoti della Vicaria)
ore 15
visita agli ammalati di Serravalle e Cissone
ore 15.30 visita al cimitero di Cissone
40
ore 16
visita al cimitero di Serravalle
ore 16.30 Messa e visita alla Casa di riposo “La pineta”
Venerdì 28 marzo
Mattino visita agli ammalati e anziani di Somano e Bossolasco
Pomeriggio visita ad alcune attività commerciali
ore 17.30 incontro con i ragazzi delle elementari e medie e del catechismo delle 4 parrocchie
(Bossolasco, oratorio parrocchiale)
ore 19.30 incontro con i giovanissimi e i giovani della Vicaria (Somano, parrocchia), al termine
cena nel Salone del Comune
Domenica 30 marzo
ore 9.30 Messa e incontro con la comunità (Somano)
ore 11.15 Messa e incontro con la comunità (Bossolasco)
ore 16
Messa e incontro con la comunità (Cissone)
Ricca (San Rocco Cherasca) (1-6 aprile)
Mercoledì 2 aprile
ore 15
visita alla comunità “L’Accoglienza”
ore 16
Messa; segue visita al Centro culturale don Mario Destefanis e incontro con gli anziani
ore 21
incontro con il Consiglio pastorale ed economico e con i collaboratori parrocchiali
Giovedì 3 aprile
ore 20
incontro con i giovani e cena comunitaria
Venerdì 4 aprile
ore 9
visita agli ammalati e anziani
ore 15
incontro con i ragazzi del catechismo delle elementari e dei ragazzi di 1ª media
ore 16
incontro con i cresimandi
ore 17
visita all’oratorio e incontro con i catechisti
ore 21
incontro con i genitori dei ragazzi del catechismo
Sabato 5 aprile
ore 20
cena etnica e solidale, in ricordo del dottor Fantini
Domenica 6 aprile
ore 11
Messa e conferimento della Cresima
La Morra, SS. Annunziata, Santa Maria e Rivalta (7-13 aprile)
Martedì 8 aprile
ore 16
visita e preghiera al cimitero di Santa Maria, seguono comunioni e visite agli ammalati a
Santa Maria, nel pomeriggio all’Annunziata
ore 21
Rivalta, Messa; segue incontro con i genitori dei ragazzi delle medie e delle elementari
che frequentano il catechismo
Mercoledì 9 aprile
ore 15
La Morra (suore Luigine) incontro con i ragazzi del catechismo
ore 16.30 La Morra (Casa di riposo) Messa
ore 21
Santa Maria, Messa
41
Giovedì 10 aprile
ore 21
SS. Annunziata, Messa
Venerdì 11 aprile
ore 16
visita al cimitero di La Morra, segue Comunione e visita agli ammalati
ore 21
La Morra (Salone dell’oratorio) incontro con i Consigli parrocchiali ed economici delle
4 parrocchie
Sabato 12 aprile
ore 17
La Morra, conferimento della Cresima
Domenica 13 aprile
ore 11.30 La Morra, processione delle Palme e Messa per le 4 comunità parrocchiali
ore 17
La Morra, (suore Luigine) Messa
Monforte, Roddino e Perno (21-27 aprile)
Martedì 22 aprile
ore 17
Monforte, Messa seguita dai Vespri nella cappella della Residenza
ore 20.45 Monforte, incontro con il Consiglio pastorale e Affari economici
Mercoledì 23 aprile
ore 15
Monforte, incontro in Biblioteca per le Veglie
ore 17
visita agli anziani della Residenza (cena con il Direttivo)
ore 20.45 incontro con l’équipe liturgica (ministri, lettori)
Giovedì 24 aprile
ore 18
visita e preghiera al cimitero di Monforte
ore 20.45 incontro con il gruppo di preghiera Padre Pio in Residenza
Venerdì 25 aprile
ore 10
visita ad alcuni ammalati
ore 17
Roddino, Messa e incontro con le catechiste
ore 20.45 incontro con i cresimandi, genitori e padrini
Domenica 27 aprile
ore 10
Monforte (oratorio), incontro con i ragazzi del catechismo
ore 11
Monforte, Messa e conferimento della Cresima
ore 16
Monforte, incontro in oratorio per la festa delle famiglie
Lequio Berria e (Arguello) (28 aprile - 4 maggio)
Domenica 27 aprile
ore 18
Lequio Berria, Messa e conferimento della Cresima
Lunedì 28 aprile
ore 17
Lequio Berria, visita agli ammalati
ore 20.45 Lequio Berria, incontro con i Consigli pastorale ed economico
Martedì 29 aprile
ore 15
visita al cimitero di Arguello e alla chiesa di San Frontiniano
ore 17
visita al cimitero di Lequio Berria
42
ore 20.45 Lequio Berria (salone parrocchiale), incontro con i gruppi: missionario, volontariato,
Alpini, adulti e anziani
Mercoledì 30 aprile
ore 17
Tre Cunei, Messa nella cappella
ore 17.45 Lequio Berria (salone parrocchiale), incontro con i ragazzi del catechismo, le catechiste
e i genitori
ore 20.45 Lequio Berria (salone parrocchiale), incontro con i catechisti, gruppo liturgico, lettori,
cantoria.
Albaretto Torre, Rodello e Cerretto Langhe (5-11 maggio)
Martedì 6 maggio
ore 21
Rodello, incontro con i membri dei Consigli parrocchiali e collaboratori
Mercoledì 7 maggio
ore 9
Albaretto Torre, Messa
ore 9.30-11.45 visita agli ammalati di Albaretto Torre
ore 15
visita al cimitero di Albaretto Torre
ore 16
visita al cimitero di Rodello
ore 19
Rodello, incontro con i cresimandi e i ragazzi delle medie
Giovedì 8 maggio
ore 15
visita al cimitero di Cerretto Langhe
ore 16
Cerretto Langhe, Messa, segue visita ai malati di Cerretto Langhe
ore 19.30 Rodello, incontro con i catechisti e i genitori con figli in età scolare (elementari, medie e
superiori)
Venerdì 9 maggio
ore 8.30 Rodello, Messa
ore 9.30-11.30 visita agli ammalati
ore 15
Rodello, incontro con i gruppi di catechismo delle elementari
ore 17
Messa alla Residenza
Sabato 10 maggio
ore 21
Cerretto, incontro di preghiera mariana
Domenica 11 maggio
ore 11.40 Albaretto Torre, Messa con Prima Comunione e Cresima
ore 15
Arguello, incontro con la popolazione
ore 16
Arguello, Messa e Cresima
Domenica 1 giugno
ore 9.30 Cerretto Langhe, Messa
ore 11.30 Rodello, Messa e Cresima
Castiglione Falletto, Gallo d’Alba, Grinzane Cavour, Sinio, Serralunga e
Valle Talloria (12-18 maggio)
Domenica 11 maggio
ore 18
Gallo, Messa e Cresima
43
Martedì 13 maggio
ore 15.30 Sinio, Messa e incontro con la Gioventù Accumulata
ore 21
Serralunga, incontro con i catechisti dell’Unità pastorale
14 maggio mercoledì
ore 9
Gallo, Messa
ore 10
visita agli ammalati di Gallo, Grinzane Cavour e Valle Talloria
ore 17.30 Gallo, incontro con i cresimandi e i ragazzi delle medie
Giovedì 15 maggio
ore 10
Gallo, incontro con i bambini della scuola dell’infanzia Maria Josè
Venerdì 16 maggio
ore 10
visita agli ammalati di Serralunga, Castiglione Falletto, Sinio
ore 21
Castiglione Falletto, incontro con i membri dei Consigli parrocchiali e collaboratori
Sabato 17 maggio
ore 16
Grinzane Cavour, Messa e Cresima
ore 18
Valle Talloria, Messa e Cresima
Domenica 18 maggio
ore 10
Sinio, Messa e Cresima
ore 11.30 Castiglione Falletto, Messa e Cresima
Domenica 25 maggio
ore 9
Serralunga, Messa e Cresima
Diano d’Alba (19-25 maggio)
Giovedì 22 maggio
ore 18
incontro con le catechiste
ore 20.30 incontro con i Consigli pastorale e Affari economici
Venerdì 23 maggio
Mattino visita anziani e ammalati
Pomeriggio visita privata al cimitero
ore 18.30 incontro con i ragazzi del catechismo e chiusura dell’anno catechistico
ore 20.30 incontro con i cresimati del 2011 e 2013 che hanno ricevuto il sacramento da mons.
Giacomo Lanzetti
Sabato 24 maggio
ore 15.30 incontro con tutti i gruppi ecclesiali della parrocchia: (Azione cattolica, catechesi adulti,
Ministri della Comunione, Gruppo di preghiera Mons. Marengo, Cenacolo di
Medjugorie, organisti, Ex allieve salesiane, Caritas, beneficenza e assistenza, Acli,
Oratorio, giovani sposi, pulizia chiesa e cura altari, presepio)
Domenica 25 maggio
ore 11
Messa conclusiva
44
Beatificazione di Padre Giuseppe Girotti
La Beatificazione del venerabile Servo di Dio fr. Giuseppe Girotti avrà luogo presso la Cattedrale di
Alba, Sabato 26 Aprile 2014, alle ore 15.30. Presiederà la celebrazione S.E. il Cardinale Giovanni
Coppa, rappresentante di S.S. Papa Francesco.
Tutta la Diocesi si sta preparando a questo evento.
Ogni Vicaria ha attivato un percorso di preghiera e di studio sulla figura e sulla vicenda di Padre
Girotti con alcuni incontri tenuti dai frati Domenicani. Una breve biografia è in distribuzione da
parte dei parroci a tutte le famiglie, in occasione della visita e della benedizione annuale. Altre pubblicazioni, sussidi ed iniziative sono state proposte da alcuni Uffici diocesani, dal Monastero
Domenicano “B. Margherita di Savoia”, dall’Associazione Padre Giuseppe Girotti,
dall’Associazione Centro Culturale San Giuseppe onlus.
Domenica 23 Marzo, ogni parrocchia è invitata a preparare la Beatificazione inserendo nella celebrazione dell’Eucarestia i testi di preghiera indicati dall’Ufficio Liturgico diocesano. Nella stessa
data sarà consegnata a tutti i fedeli l’immaginetta con la preghiera al nuovo Beato. Domenica 27
Aprile, ogni parrocchia celebrerà la Liturgia di Lode in ringraziamento.
Per informazioni e per richiedere i biglietti (gratuiti) d’accesso al Duomo e alla Piazza contattare:
tel. e fax 0173.293163 – www.beatogirotti.it
BEATO GIUSEPPE GIROTTI
SACERDOTE DOMENICANO, MARTIRE
Mercoledì, 27 marzo 2013, Papa Francesco ha ricevuto in Udienza il cardinale Angelo Amato,
Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzando la promulgazione di alcuni decreti,
tra i quali il riconoscimento del martirio del Servo di Dio Giuseppe Girotti, Sacerdote professo
dell’Ordine dei Frati Predicatori, nato ad Alba il 19 luglio 1905 e ucciso in odio alla fede a Dachau
(Germania) nel 1945. Padre Girotti sarà dichiarato Beato, sabato 26 aprile 2014, alle ore 15,30, nella
Cattedrale di Alba.
Era in fiamme l’Europa in quegli anni per la “grande guerra”. Ad Alba, tra vicolo Rossetti e la
piazza dallo stesso nome, c’era spesso un gruppo di ragazzi che giocavano rumorosi. Uno di loro –
quello che sembrava il loro leader – si chiamava Giuseppe Girotti. Giocavano “da matti”, ma di
tanto in tanto, Giuseppe alzava gli occhi a guardare la croce svettante sul campanile romanico del
duomo vicino: là dentro, la presenza di Gesù lo attirava come una calamita.
Presso l’altare del duomo, Beppe andava ogni giorno a servire la S. Messa al suo parroco, buono e
austero, e ai sacerdoti che passavano a celebrare, anche prestissimo, quando su Alba non spuntava
ancora il giorno. A servire la Messa, portava anche i suoi amici, coetanei o più piccoli, insegnava
loro le cerimonie, come un piccolo apostolo della Liturgia.
Gli altri lo stimavano e gli volevano bene, perché aveva cuore buono e largo come un mare. Un
po’ alla volta, gli nacque in cuore un grande desiderio: “Voglio farmi prete”. Lo disse al parroco, il
quale gli promise un posto in Seminario, ma il posto non c’era mai.
Giuseppe Girotti era nato il 19 luglio 1905 da umili genitori e ora, a 13 anni, voleva realizzare la
sua vocazione. Un giorno, capitò ad Alba un padre Domenicano a predicare in duomo. Beppe
ascoltò il bianco frate e volle parlargli. Gli aprì il cuore e gli disse il suo desiderio di diventare sacer45
dote. Il frate gli parlò chiaro: “Ma perché non vieni da noi?”. Beppe rispose: “Ma io vengo subito,
basta che mi lasci andare a dirlo alla mamma”.
Il 5 gennaio 1919, Beppe entrò felice nel Collegio domenicano di Chieri (Torino) per iniziare gli
studi.
Il 3 agosto 1930, vigilia di San Domenico, padre Giuseppe Girotti era ordinato sacerdote a Chieri
da mons. Giacinto Scapardini, domenicano, vescovo di Vigevano: sacerdote di Cristo per sempre.
I superiori lo mandarono a Roma a seguire corsi di teologia all’Angelicum. Quindi, il suo provinciale lo inviò a Gerusalemme, a frequentare l’Ecole Biblique, fondata e diretta ancora da padre
Joseph Lagrange, biblista, maestro domenicano coltissimo e esemplare.
Allievo prediletto dell’insigne studioso, padre Girotti visse anni felici, pieni di studi intensi e di
preghiera estatica nei luoghi di Gesù e di Maria. Nel 1934, era “prolita”, dottore in Scienze Bibliche.
Immediatamente fu destinato a insegnare Sacra Scrittura nello “Studium” domenicano di S. Maria
delle Rose a Torino. I suoi 40 allievi lo amarono subito come un fratello maggiore che – come ricorda il padre Giacinto Bosco, suo allievo di quei tempo – “non si dava mai pace finché non avesse
fatto tutto il possibile per aiutare chi lo cercava”.
Seguirono, nel 1936, la pubblicazione de I libri sapienziali da lui commentati, e nel 1942, Isaia
commentato da padre Girotti, dedicato alla Madonna il 20 giugno, festa a Torino della Consolata.
Due poderosi volumi che dimostrano l’enorme cultura biblica, storica, teologica del giovane esegeta. Risalta, in particolare, nel primo volume, il luminoso ritratto di Gesù, il Verbo di Dio, somma
Sapienza del Padre, come viene profetizzato proprio dai Sapienziali, di Gesù, l’Amato cercato dall’amata, nel Cantico dei Cantici. Nel secondo volume – Isaia – è splendida la figura del Servo di
Jahvè, Gesù appassionato, crocifisso e morto sulla croce, che emerge nella contemplazione di padre
Girotti, al momento dei Canti del Servo sofferente in particolare Isaia 53.
In quel periodo ebbe molto da soffrire. Nel 1938, fu allontanato dall’insegnamento e mandato nel
convento di S. Domenico a Torino. Padre Giuseppe, non aprì bocca, simile al “Servo di Jahvè” del
cap. 53 di Isaia, che lui spiegava sempre con accenti commossi. Quando padre Cordovani, da Roma,
conobbe il torto che gli era stato fatto, commentò: “Queste sono le prove che formano i santi”.
Dottissimo e poliglotta, con il cuore semplice come un bambino, andava ogni giorno a esercitare
il suo ministero sacerdotale tra i poveri e i vecchi dell’Ospizio davanti al suo convento, parlando e
confessando in piemontese. Ciò che per lui contava al di sopra di tutto era amare Gesù, in se stesso,
nell’Eucaristia, e poi nei poveri e nei sofferenti. Ora, padre Giuseppe aveva provato sulla sua pelle e
sul suo cuore che cos’è il “Getsemani” che prepara a salire il Calvario.
Era scoppiata la 2ª guerra mondiale. I sacerdoti cattolici, mobilitati dal Santo Padre, il Venerabile
Pio XII, si fecero missionari di amore fino all’eroismo, sulle orme del Pontefice di Roma. Hitler
puntava alla soppressione degli Ebrei e di coloro che riteneva nemici del “Reich”, nei suoi lager
orrendi. Padre Giuseppe Girotti, come moltissimi preti, si buttò nella carità al servizio dei fratelli più
abbandonati e in pericolo. “Tutto quello che faccio – si scusò con il suo Priore, perché non riusciva
più a seguire gli orari della sua Comunità – è solo per la carità”. Che cosa fece o tentò di fare in
difesa degli Ebrei e di quanti erano perseguitati, solo Dio lo sa.
La sua azione “clandestina” venne scoperta e il 29 agosto 1944 venne arrestato dai tedeschi e rinchiuso alle “Nuove” di Torino, a S. Vittore a Milano, quindi in campo di concentramento a Bolzano.
Poi sul carro bestiame: destinazione Dachau. Al giovane sacerdote, don Dalmasso, suo compagno di
prigionia, disse: “Oggi è il 7 ottobre, festa della Madonna del Rosario… e diremo tanti rosari. Io da
buon domenicano devo rosariare con una certa solennità”.
Il 9 ottobre 1944, sera, pioveva fine e gelido a Dachau. Padre Girotti e molti altri preti deportati
iniziavano le ultime stazioni della loro Via Crucis. Unica certezza: condividere nel dolore e nella
pace il mistero della Crocifissione e della morte di Cristo, sotto lo sguardo dolce e consolante di
Maria SS.ma la Mater dolorosa del Calvario. Nell’ambiente orribile, dove il camino fumava per i
cadaveri cremati, si doveva solo lavorare in modo disumano e subire le umiliazioni più atroci. Padre
46
Giuseppe, dimentico di se stesso, testimoniava l’amore di Gesù e lo donava a piene mani. Sempre
disponibile ad ascoltare, a assolvere, si privava della sua piccola porzione di cibo per soccorrere i
più giovani.
Da qualche tempo i preti prigionieri (Dachau era il campo di concentramento dei preti!), alle 4 del
mattino, a piedi scalzi, si radunavano in uno stanzone che serviva da cappella. Uno di loro celebrava
la S. Messa per tutti, gli altri ricevevano la Comunione. Padre Giuseppe, fortificato da Gesù eucaristico, sapeva di andare incontro alla morte, ma sorrideva mestamente e pregava di continuo per resistere e infondere fiducia.
L’inverno era gelido a Dachau. Padre Giuseppe in quel gelo mortale, diceva: “Dobbiamo prepararci a morire, ma serenamente, con le lampade accese e la letizia dei santi. Anche sotto le sferzate
degli aguzzini, pregava e pregava: il suo cuore, in quell’orgia dell’odio e della morte, si dilatava in
un rapporto sempre intenso con Gesù.
Nel campo infuriava il tifo. Pulci, pidocchi, sporcizia e crudeltà. Ridotto a scheletro vivente, lo si
vedeva con il rosario in mano, in preghiera alla Madonna. Il 19 marzo 1945, celebrò l’ultima volta la
festa del Santo che tanto amava, come suo patrono: S. Giuseppe, di cui si proponeva, se fosse tornato a casa, di scrivere “una vita popolare”.
Lo trasportarono in infermeria. Là si andava per morire. Qualcuno riuscì a portargli spesso la
Comunione. Era “un cadavere” che sapeva ancora consolare e assolvere chi gli si avvicinava. Un
compagno di lager – Edmond Michelet, futuro ministro di Charles De Gaulle in Francia – un giorno
scriverà di lui: “Un giovane domenicano dalla figura angelica che con i suoi grandi occhi neri invocava Gesù -Viatico per la Vita eterna”.
Il 1° aprile 1945, era Pasqua di risurrezione. Si sparse la voce nel lager che padre Giuseppe era
morto. Si disse che era stato finito con un’iniezione di benzina: una morte simile a quella di S.
Massimiliano Kolbe e del beato Tito Bransdma. Aveva 39 anni. Lo seppellirono con un mucchio di
duecento cadaveri, perché il forno non funzionava più.
Al fondo del suo giaciglio rimasto vuoto, una mano amica scrisse: “San Giuseppe Girotti”.
Paolo Risso
Un “fioretto” di P. Girotti
“Una sera – racconta don Dalmasso – il priore domenicano di Colonia, Padre Roth, portò al suo
confratello un piccolo supplemento di cibo, un pezzetto di formaggio.
Padre Girotti mi chiamò in disparte e me lo consegnò dicendo: Prendi, tu sei più giovane, ne hai più
bisogno di me”.
A noi che siamo sazi, queste cose oggi possono anche non dire nulla, ma per loro che morivano di
stenti privarsi di un boccone di cibo era autentico eroismo.
Probabilmente a questi nascosti eroismi P. Giuseppe era abituato da tempo.
47
UFFICI PASTORALI DIOCESANI
Ufficio Pastorale per la Liturgia
50° della Sacrosanctum Concilium
40° dell’Ufficio Liturgico Nazionale
“A cinquant’anni dalla Sacrosanctum Concilium la liturgia è da considerarsi una forma insostituibile di educazione e iniziazione alla fede”.
Questa affermazione sembra ben riassumere l’intenzione e i contenuti della Giornata di studio che
si è svolta alla Domus Pacis di Roma il 14 novembre 2013.
Rivolta ai direttori degli Uffici Liturgici Diocesani e ai membri della Consulta, essa si proponeva
di far memoria del cinquantesimo della Sacrosanctum Concilium e del quarantesimo dell’Ufficio
Liturgico Nazionale e di offrire stimoli per la prassi celebrativa e la pastorale liturgica nelle nostre
Chiese particolari.
La liturgia resta una grandissima risorsa educativa, perché esprime sia la priorità e l’assolutezza
del nostro rapporto con Dio, che cerca la relazione con noi uomini, sia l’altrettanto forte esigenza di
una relazione profonda e sincera tra gli uomini, sotto forma di comunione e di dono reciproco.
Il presidente della Commissione Episcopale per la Liturgia, Mons. Alceste Catella, vescovo di
Casale Monferrato, ha affermato che “ forse ci si è impegnati troppo nel come celebrare e assai poco
a riflettere e a trasmettere il perché celebrare.
Ma si intende di riti soltanto colui che sempre e da capo si stupisce e si interroga a proposito di
essi; o meglio, sempre da capo si interroga a proposito di Colui verso il quale i riti hanno il compito
di rivolgere l’animo umano, ha evidenziato Catella.
Hanno offerto il loro contributo: suor Antonella Meneghetti ha ripercorso la tematica liturgica nei
piani pastorali della CEI; don Angelo Lameri, ha ricordato i quarant’anni dell’Ufficio Liturgico
Nazionale; don Fabio Trudu, si è interrogato sul futuro della riforma liturgica in Italia.
Ritengo di riassumere gli obiettivi in tre punti.
1.La rivisitazione e il costante approfondimento dei contenuti biblico-teologici del mistero liturgico
e, quindi, del suo genuino spirito. Si tratta di un impegno prioritario, che investe la formazione nei
seminari e quella dei pastori.
È l’unica strada per superare le tentazioni di tornare a vecchi formalismi o di avventurarsi alla
ricerca ingenua dello spettacolare.
2.La necessità di dare l’assoluto primato all’esperienza di Dio, che il credente e l’intera comunità
cristiana sono chiamati a compiere nella celebrazione dei santi misteri..È bene ricordare alcune
parole pronunciate da Paolo VI in occasione della promulgazione della SC il 4 dicembre 1963:
“…Esulta l’animo nostro per questo risultato.
Noi vi ravvisiamo l’ossequio alla scala dei valori e dei doveri: Dio al primo posto, la preghiera
prima nostra obbligazione; la liturgia prima fonte divina a noi comunicata, prima scuola della vita
spirituale, primo dono che noi possiamo fare al popolo cristiano, con noi credente ed orante, e
primo invito al mondo perché sciolga in preghiera beata e verace la muta sua lingua e senta l’ineffabile potenza rigeneratrice del cantare con noi le lodi divine e le speranze umane, per Cristo
Signore e nello Spirito Santo”.
Da queste considerazioni scaturiscono due corollari: il primato da dare all’interiorizzazione, esal48
tando gli atteggiamenti del silenzio, dell’ascolto e della contemplazione e la riscoperta della spiritualità liturgica.
3. Il senso della partecipazione liturgica. C’è da sottolineare che l’attenzione a quest’aspetto si è
esaurita in una sorta di partecipazionismo a ogni costo e in tutte le forme, soprattutto esteriori.
Fenomeno, questo, causato dal fatto che i valori e gli atteggiamenti profondi della celebrazione
non sono stati adeguatamente posti in luce e assimilati.
Per attuare la riforma è necessario rivedere alcuni aspetti e colmare alcuni vuoti, quali, il ruolo
della presidenza, l’esercizio corretto delle diverse forme di ministerialità, il contributo che l’arte è
chiamata a dare alla celebrazione del mistero, in modo che sia seria, semplice e bella, capace di narrare l’alleanza di Dio con gli uomini e risultare, “ luogo educativo e rivelativo in cui la fede prende
forma e viene trasmessa” ( Educare alla vita buona del Vangelo n.39 )
Don Gianni Burdese
Ufficio liturgico diocesano
Volontari del Culto
Servire nella Casa del Signore in letizia
Tra i ministeri previsti nello svolgimento della celebrazione non compare in modo esplicito quello dei Volontari del Culto.
In realtà, i documenti del magistero ecclesiale ne prevedono di fatto la presenza, là dove fanno
riferimento ad un comune e diligente intesa nella preparazione pratica delle celebrazioni liturgiche.
Così afferma l’Ordinamento Generale del Messale Romano, al numero 111:
La partecipazione pratica di ogni celebrazione liturgica si faccia di comune e diligente intesa,
secondo il Messale e gli altri libri liturgici, fra tutti coloro che sono interessati rispettivamente alla
parte rituale, pastorale e musicale, sotto la direzione del rettore della chiesa e sentito anche il parere dei fedeli per quelle cose che li riguardano direttamente. Al sacerdote che presiede la celebrazione spetta però sempre il diritto di disporre ciò che a lui compete (cf. SC n. 22).
Di fronte a questo auspicio, l’Ufficio liturgico diocesano ha pensato di offrire due incontri a tutti
coloro che nelle comunità parrocchiali oppure presso le cappelle svolgono un servizio molto apprezzato per la conservazione pulita e ordinata della chiesa, degli altari, delle immagine sacre, degli arredi liturgici, dei paramenti, delle tovaglie, degli addobbi floreali.
Sabato 8 e 15 marzo, ore 15.00 nel salone del seminario in Alba
Sabato 8 marzo: Celebrazione dei Vespri
Celebrare il Signore (don Gianni Burdese)
Struttura della chiesa e i luoghi liturgici (don Francesco Mollo)
Sabato 15 marzo: Celebrazione dei Vespri
L’Anno liturgico (don Gianni Burdese)
Gli oggetti della celebrazione: uso e collocazione, per la Messa, Battesimo,
Matrimonio, Sepoltura. (don Francesco Mollo)
49
Beatificazione di Padre Giuseppe Girotti
Domenica 23 marzo 2014
III domenica di Quaresima – Anno A
Preparazione alla Beatificazione
(La nostra Diocesi anticipa, in questa domenica, la memoria dei missionari martiri del 24 marzo)
Canto iniziale
MONIZIONE INIZIALE
Dopo il segno della croce e il saluto, il sacerdote (oppure un lettore) introduce:
La nostra Diocesi si sta preparando alla Beatificazione di Padre Giuseppe Girotti, che è nato ad
Alba nel 1905, entrò giovanissimo tra i Domenicani di Chieri, e fu ordinato sacerdote nel 1930. Si
perfezionò poi nello studio della Sacra Scrittura e venne chiamato ad insegnare sia tra i domenicani
che in altri istituti religiosi di Torino. In seguito alle leggi razziali contro gli ebrei, si distinse per gli
aiuti ai poveri, ai perseguitati, ai partigiani, ed in particolare agli ebrei. E si giustificava presso i suoi
superiori dicendo: «Tutto quello che faccio è solo per amore». Ma con un inganno, venne arrestato
e rinchiuso prima nelle carceri nuove di Torino, poi trasferito a Milano, a Bolzano, per essere internato nel campo di concentramento a Dachau. Nessun rancore, ma solo gesti e parole di conforto e di
servizio per quelli che soffrivano maggiormente, condividendo molto spesso l’indispensabile nutrimento, caratterizzarono la sua presenza a Dachau. Morì pochi mesi dopo, il primo aprile del 1945,
giorno di Pasqua.
Lo Spirito Santo operi attraverso il dono della Parola e del Pane eucaristico i medesimi sentimenti
di fede e di carità che resero fedele e vittorioso nel martirio il nostro Giuseppe Girotti.
ATTO PENITENZIALE
Signore, che nell’acqua e nello spirito ci hai rigenerato a tua immagine, abbì pietà di noi.
Signore, pietà
Cristo, che mandi il tuo spirito a creare in noi un cuore nuovo, abbì pietà di noi.
Cristo, pietà
Signore, che ci fai partecipi del tuo corpo e del tuo sangue, abbì pietà di noi.
Signore, pietà
PREGHIERA DEI FEDELI
Cel. Fratelli e sorelle, senza “l’acqua viva” che Gesù ci offre, non possiamo sentirci ed essere creature nuove. Anche noi con la Samaritana ripetiamo: «Signore, dammi quest’acqua!».
Preghiamo dicendo: Donaci l’acqua viva.
1. Perché la Chiesa riveli agli uomini la ricchezza del dono simboleggiato dall’acqua viva. Che
essa diventi sorgente di vita eterna, preghiamo.
2. Perché i governanti dei popoli difendano il diritto alla libertà religiosa, preghiamo.
3. Perchè l’esempio di vita del servo di Dio Giuseppe Girotti, illumini ogni persona a non cedere
50
allo scoraggiamento o alla disperazione, ma trovi nella comunione con Cristo il coraggio di
offrire la propria vita, preghiamo.
4. Perché tutti, nella nostra comunità parrocchiale, ci sforziamo di adorare il Padre, di fare la sua
volontà e di aprirci al dono della grazia, preghiamo..
Intenzioni della comunità locale. Ed eventuale memoria del fedeli defunti.
Cel. Esaudisci o Padre le nostre preghiere e fa’ che, in questa Eucaristia, come la samaritana al
pozzo di Sicar possiamo godere dell’acqua viva che spegne ogni sete e che zampilla per la vita eterna. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.
Tra gli avvisi (terminata la preghiera dopo la Comunione) dare l’annuncio della beatificazione
(luogo, modalità, orari,..)
La celebrazione della Beatificazione di Padre Giuseppe Girotti sarà in Cattedrale, il 26 aprile ’14,
alle ore 15.30. Ogni comunità parrocchiale è invitata ad essere presente.
Ringraziamento per la Beatificazione di p. Giuseppe Girotti
Domenica 27 aprile 2014
II Domenica di Pasqua
Domenica della Divina Misericordia
LODE
PER LA BEATIFICAZIONE DI
PADRE GIUSEPPE GIROTTI
CANTO INIZIALE
(LA LODE SOSTITUISCE L’ATTO PENITENZIALE)
Dopo il segno della croce e il saluto, colui che presiede introduce:
Ieri la Chiesa universale ha riconosciuto Padre Giuseppe Girotti, come modello di vita e di santità. Il
santo Padre papa Francesco ci invita a chiamare Padre Girotti “Beato”, ed a contemplare in lui le
ricchezze operate dallo Spirito Santo. In questa luce di grazia eleviamo al Signore la nostra lode:
Alleluia. (in canto)
O Padre, ti lodiamo e di benediciamo,
perché il beato Giuseppe Girotti,
fin dal fonte battesimale,
ha accolto il tuo amore che dona la vita.
Alleluia. (in canto)
O Cristo, ti lodiamo e ti benediciamo,
perché il beato Giuseppe Girotti
unto del crisma del tuo Spirito,
annunciò con la vita il Vangelo di Salvezza.
Alleluia. (in canto)
O Spirito Santo, ti lodiamo e ti benediciamo,
51
perché, il sacrificio del Cristo
è stato condiviso dal beato Giuseppe Girotti
fino al dono totale di se stesso.
Si prosegue con il canto del Gloria
PREGHIERA DEI FEDELI
Il Celebrante:
Fratelli e sorelle, confidando nell’intercessione del Beato Giuseppe Girotti, supplichiamo fiduciosi
Dio nostro Padre, perché esaudisca le nostre invocazioni.
Il lettore:
Preghiamo insieme dicendo: Ascoltaci, o Signore.
1. Il Santo Padre, Papa Francesco, sia sempre accompagnato e guidato dallo Spirito di verità che
rivela ad ogni uomo l’amore profondo di Dio Padre verso ogni essere umano e la sua vocazione
personale, preghiamo.
2. La santa Chiesa, fedele al suo maestro, tenda la mano a tutti coloro che si onorano del nome cristiano e amandoli con cuore sincero possano rispondere all’invito di Cristo “Essere una sola
cosa”, preghiamo
3.Per la nostra Diocesi albese, affinché tutte le componenti della Chiesa particolare – Vescovo e
fedeli laici, religiosi, diaconi e sacerdoti – vivano e operino insieme nell’evangelizzazione e nella
promozione umana secondo le esigenze del nostro territorio, preghiamo.
4. Il Beato Giuseppe Girotti interceda perché ogni persona non ceda allo scoraggiamento o alla
disperazione, ma trovi nell’esperienza della prova un significato di speranza nella comunione con
Cristo ed il coraggio di offrire la propria vita, preghiamo.
Intenzioni della comunità locale. Ed eventuale memoria dei defunti.
Il Celebrante:
O Padre, accogli con la tua infinita bontà
i desideri che ti abbiamo manifestato,
e aiutaci a ricambiare il tuo amore sull’esempio dei santi,
affinché possiamo giungere anche noi
a condividere la piena comunione con te.
Per Cristo nostro Signore.
R. Amen.
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Ufficio per la Pastorale della famiglia
Risposte al questionario del sinodo sulla famiglia
Osservazioni generali
Il questionario ha suscitato un notevole interesse, soprattutto nelle parrocchie dove sono attivi gruppi
di famiglie. Sono pervenute 14 risposte, frutto del coinvolgimento di circa 150 coppie di età diversa.
Dall’analisi delle risposte emerge una grande sensibilità al problema, la voglia di confrontarsi e una
significativa ricchezza di opinioni. Tutti hanno mostrato apprezzamento per la scelta dei promotori del
Sinodo di sentire e ascoltare la voce del popolo di Dio. Anche per questo le risposte sono state molto libere e veritiere, nella convinzione che un’azione pastorale efficace non può non partire dalla situazione
reale. Le opinioni registrate evidenziano una grande “parresìa”, ossia la raggiunta libertà di opinione di
un laicato cattolico maturo, pur se minoritario, nel contesto sociale ed ecclesiale della nostra Diocesi.
Commissione Diocesana Famiglia
Festa di S. Valentino
venerdì 14 febbraio 2014 in Cattedrale
“La gioia del Sì per sempre”
In Diocesi Mons. Vescovo ha proposto fin dal 2011 la festa di S. Valentino, attraverso la celebrazione di una Santa Messa, con la partecipazione dei fidanzati e delle coppie sposate. Quest’anno la
celebrazione eucaristica, presieduta da S. E. Mons. Giacomo Lanzetti, si è svolta venerdì 14 febbraio, alle ore 20.30, in Cattedrale. È seguito un momento di rinfresco nell’Oratorio del Duomo. Gli
Uffici diocesani della Pastorale Giovanile e della Famiglia hanno curato questa iniziativa.
Perché ritrovarsi insieme per S. Valentino? Nelle vicarie sono iniziati gli itinerari di preparazione
al matrimonio; in alcune parrocchie si incontrano periodicamente gruppi di giovani coppie per un
confronto sulla parola di Dio e un cammino comune; le associazioni e i movimenti attuano dei percorsi attenti alla vita matrimoniale; altri gruppi di coppie seguono, almeno una volta all’anno, campi
scuola o momenti di ritiri spirituali sulle tematiche della vita familiare; coppie giovani e meno giovani vivono la loro quotidianità debitrici del dono del sacramento del matrimonio ricevuto. E una
ricchezza di testimonianza sull’amore fedele che ci raggiunge.
Nella vita cristiana la fede ha particolarmente la sua visibilità nella Chiesa. Le proprie esperienze
di vita nel Signore sono sempre un dono per gli altri, non qualcosa di particolare o di privatistico. La
festa di S. Valentino è l’occasione per sentirci chiesa diocesana attenta e impegnata a celebrare il
Vangelo del matrimonio e della famiglia. In particolare quest’anno ci sentiamo uniti con il nostro
Vescovo a papa Francesco che incontrerà in Vaticano i fidanzati per celebrare insieme “La gioia del
Sì per sempre”, iniziativa promossa dal Pontificio Consiglio per la Famiglia.
La festa di S. Valentino non è un sogno o un momento di fuga dall’attuale realtà che conosce
momenti di prova e di crisi. E invece l’occasione per sapere guardare la nostra vita con speranza, in
modo nuovo. Ci accorgiamo che la disperazione prende il sopravvento quando non ci si sente più
amati e non si vede più l’orizzonte. E questo il momento per scoprire la grandezza del progetto
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dell’amore di Dio sulla coppia e sulla famiglia. Chi si sente amato comincia nuovamente a sperare;
più grande è il fondamento dell’amore, più grande è la speranza. Da qui scaturisce la gioia del sì per
sempre della coppia che è un raccontare insieme con il Signore e nel Signore il dono della sua
Presenza nella propria vita.
Desideriamo accogliere l’augurio che papa Francesco ha rivolto ai giovani: “Due cristiani che si
sposano hanno riconosciuto nella loro storia di amore la chiamata del Signore, la vocazione a formare di due, maschio e femmina, una sola carne, una sola vita. E il sacramento del matrimonio avvolge
questo amore con la grazia di Dio, lo radica in Dio stesso. Con questo dono, con la certezza di questa chiamata, si può partire sicuri, non si ha paura di nulla, si può affrontare tutto, insieme!”.
don Franco Ciravegna, Massimo e Roberta Querce
Festa dell’Annunciazione con le mamme in attesa
martedì 25 marzo 2014, Alba - ore 18.00
Santuario N.S. della Moretta
Martedì 25 marzo, Festa dell’Annunciazione del Signore, presso il Santuario di N.S. della Moretta in
Alba, alle ore 18.00, sarà celebrata l’eucaristia, presieduta da Mons. Vescovo, con la partecipazione
delle mamme in attesa, le coppie e le famiglie.
I nove mesi che seguono l’Annunciazione ci portano al Natale di Gesù. È pertanto particolarmente
significativo l’invito che Mons. Vescovo ha rivolto all’Ufficio Famiglia di riservare una celebrazione per
le mamme in attesa guardando a Maria di Nazaret che dall’Annunciazione attende Gesù per nove mesi.
Nel tempo dell’attesa ogni mamma ha cura di sé e del suo bimbo portato in grembo; si avvia una
prima “comunicazione” con lui; emergono i progetti sul suo futuro. Queste attenzioni conducono al
senso della sua vita che sta in una chiamata che ogni mamma farà riscoprire, con il padre, al proprio
figlio. Ma già fin da adesso sentirà importante custodire e far crescere quella vocazione che il Signore
rivolge ad ogni concepito, guardando alla preparazione al battesimo e alla catechesi successiva che i
genitori, primi catechisti, sono chiamati a rivolgere al loro figlio, all’interno della propria famiglia, con
la presenza della comunità parrocchiale. Maria che attende Gesù invita ogni mamma a vivere l’attesa del
proprio figlio: rinnovando il sì della fede, ascoltando la Parola di Dio, accogliendo il suo messaggio
nella propria vita, decidendosi per lui, facendo le opere che piacciono al Signore.
Maria di Nazaret, in attesa di Gesù, compie un gesto significativo caratterizzato dall’aiuto, visitando
la cugina Elisabetta. Ma anche Maria si lascia sorreggere dalla sua parente. Questo episodio delle due
mamme in attesa ricorda che è importante aiutare, ma anche lasciarsi aiutare secondo lo spirito di chi sa
accogliere con gratitudine e ringraziare. Quando si sostiene l’altro e ci si lascia sorreggere da lui non si
mette al centro la propria capacità, ma l’unico amore che viene da Dio e attende di essere indirizzato ora
in una direzione, ora in un’altra.
Vogliamo ricordare fin da adesso tutte le mamme in attesa. La preghiera di intercessione compie
un’opera di carità che S. Ambrogio spiega così: “Se tu preghi solo per te, sei solo a pregare per te. Se
invece tu preghi per tutti, tutti pregheranno per te, essendo tu compreso tra quei tutti”. Desideriamo prepararci all’incontro dell’Annunciazione soprattutto attraverso quest’ attesa operosa della preghiera che
Maria di Nazaret ci indica.
don Franco Ciravegna, Roberta e Massimo Querce
Ufficio Diocesano Famiglia
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Ufficio Pellegrinaggi
Nell’Anno Giubilare Eucaristico
In occasione del 750° Anniversario del Miracolo Eucaristico di Bolsena (1263) e della Bolla
“Transiturus” del Papa Urbano IV (1264), gli anni 2013 e 2014 sono stati proclamati dal
Pontefice “Giubileo straordinario”, iniziato il 13 gennaio 2013 con l’apertura delle Porte Sante del
Duomo di Orvieto e della cattedrale di Santa Cristina a Bolsena e che si concluderà nel novembre
2014 con la chiusura delle Porte Sante.
Si tratta di un grande evento religioso e culturale che fa di Orvieto e della vicina Bolsena due luoghi di culto e di pellegrinaggio per i fedeli che potranno visitare le due città, simbolo del miracolo
eucaristico.
Il Miracolo di Bolsena ed il Corpus Domini. Si narra che nel 1260 Pietro da Praga un sacerdote
boemo, giunto nella città di Orvieto stava vivendo un periodo di profonda crisi religiosa al punto
tale da mettere in dubbio il mistero della mutazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di
Cristo. Nel 1263, il sacerdote trovandosi di passaggio a Bolsena, tappa lungo il percorso di un pellegrinaggio intrapreso sulla via Francigena verso Roma, chiese di poter celebrare messa e durante la
liturgia nella chiesa di Santa Cristina a Bolsena, le ostie consacrate, sotto gli occhi del sacerdote
iniziarono a sanguinare macchiando il Corporale di lino, il pavimento e le pietre dell’altare. Il
sacerdote rivelò l’accaduto a Papa Urbano IV che si trovava ad Orvieto, il quale ordinò che il
Corporale fosse trasferito ad Orvieto e l’anno seguente istituì la Festa del Corpus Domini.
Nel nostro programma diocesano proponiamo un pellegrinaggio a Bolsena ed Orvieto, con tappe
a significativi luoghi vicini, come Assisi e Loreto, ed una sosta a Collevalenza (Todi) presso il
Santuario dell’Amore Misericordioso, voluto da Madre Speranza, che sarà beatificata il 31 maggio
2014.
In Terra Santa con il Vescovo. Oltre alle classiche mete di Lourdes, Fatima, Santiago – e
quest’anno con un eccezionale volo al grandioso Santuario della Madonna di Guadalupe in Messico
- abbiamo l’appuntamento di fine anno con un pellegrinaggio diocesano in Terra Santa, presieduto
dal Vescovo.
Nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, parlando della pietà popolare come autentica
espressione dell’azione missionaria spontanea del popolo di Dio, Papa Francesco parla della Chiesa
come popolo in cammino verso Dio, che affonda le sue radici nel mistero della Trinità, che “ha la
sua concretezza storica in un popolo pellegrino ed evangelizzatore”. Questo porta con sé la grazia
della missionarietà, dell’uscire da se stessi e dell’essere missionari. In tale ottica, “il camminare
insieme verso i santuari e il partecipare ad altre manifestazioni della pietà popolare, portando con sé
anche i figli o invitando altre persone, è in se stesso un atto di evangelizzazione”.
Giovanni Ciravegna
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Calendario dei Pellegrinaggi
2014
• Terra Santa:
27 dicembre - 3 gennaio 2015:
pellegrinaggio diocesano presieduto dal Vescovo
• Lourdes:
28 aprile - 1 maggio;
23-26 maggio;
26-29 maggio;
6-9 settembre;
12-15 settembre
• Fatima:
11-14 maggio; 11-14 ottobre
• Fatima-Santiago-Lisbona:
20-25 settembre
• Venezia-Padova:
28-30 marzo
• 750° anniversario del miracolo di Bolsena
Bolsena-Orvieto-Assisi-Loreto:
7-10 luglio
• Messico-Madonna
diG uadalupe:
17-27 agosto
• Roma:
22-25 settembre
• Castelnuovo Don Bosco:
domenica 4 maggio
• Madonna del Deserto:
sabato 5 luglio
Altre mete sono possibili su
richiesta di gruppi e parrocchie
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Ufficio Scuola
Un “Manifesto” per declinare parole essenziali su scuola,
educazione, famiglia, comunità
La Chiesa per la scuola
“La Chiesa è per la scuola, perché la Chiesa ha a cuore i ragazzi e i giovani, ha a cuore la famiglia,
ha a cuore la società intera. La Chiesa è per la scuola, per tutta la scuola, perché la scuola fa parte –
una parte decisamente essenziale – del bene comune”. Così il Presidente della Commissione episcopale per l’educazione, la scuola e l’università ha motivato la scelta che ha spinto la Cei a intraprendere il percorso “La Chiesa per la scuola”, che culminerà il prossimo 10 maggio in piazza San
Pietro, con una giornata alla presenza di Papa Francesco. In preparazione ogni Diocesi è stata invitata a promuovere incontri, convegni, riflessioni che coinvolgono genitori, studenti, docenti, associazioni e movimenti. Un semplice e chiaro aiuto è offerto dal “Manifesto” che richiama alcuni termine
essenziali.
• Educazione. Educare significa aiutare a diventare persone adulte inserite in una comunità. Oggi la
scuola, così come in generale l’educazione, da “risorsa” pare essere divenuto un “problema”:
invece occorre guardare alla scuola come bene di tutti e di ciascuno, cuore pulsante dell’identità
culturale, civile e sociale.
• Insegnanti. Sono la risorsa fondamentale per una “buona scuola”. Per questo va curata la vocazione dell’insegnante, sia negli aspetti personali motivazionali (si comunica ciò che si è), sia negli
aspetti disciplinari e didattici e la sua professionalità.
• Generazioni e futuro. L’educazione è compito dei genitori e compimento della loro azione generativa. È in gioco la libertà dei genitori circa l’educazione dei propri figli. Straordinaria e affascinante avventura! Essi, i figli, dopo essere stati generati nel corpo, hanno il diritto e chiedono di
essere generati nello spirito.
• Umanesimo. Per un’educazione che non sia solo acquisizione di competenze. L’umanesimo, rapporto creativo con la tradizione e il patrimonio culturale, aiuta la dimensione educativa a riconquistare la sua dignità di “percorso verso l’autenticamente umano”.
• Autonomia e sussidiarietà. Per una scuola autonoma e uno Stato garante della qualità. Tale condizione dovrebbe essere la norma, non l’eccezione, in modo da permettere alle scuole di svolgere
sempre meglio il proprio ruolo di servizio pubblico, nell’ambito del sistema nazionale di istruzione varato dalla legge 62/2000.
• Comunità. Scuola e comunità che educa, in rete con altre comunità. Solo una scuola organicamente inserita in rete (con altre scuole, con le famiglie, con le comunità del territorio come le parrocchie), può davvero costruire amicizia civile e il bene delle relazioni, contributi alla crescita del
bene comune.
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• Alleanza educativa. Un’alleanza tra scuola e famiglia, in una logica di rigorosa lealtà reciproca.
Questo implica un confronto comune sulle questioni, la costruzione di relazioni generative, l’attenzione inclusiva verso gli alunni in difficoltà; la stessa attenzione va manifestata verso la scuola,
a sua volta marginale per l’opinione pubblica.
Uno dei primi interventi del nuovo Segretario generale della Cei è stato proprio in merito alla
scuola e al grande evento dell’incontro con Papa Francesco: “L’obiettivo della mobilitazione del 10
maggio va inquadrato nel contesto del decennio sull’educazione e centrato su un’idea concreta di
bene comune. Se educare è possibile e necessario, se coltivare l’umano viene prima del profitto, se
la scuola è la frontiera della socializzazione, non possiamo far finta di niente. La Chiesa storicamente ha sempre avvertito l’urgenza di star dentro a questo mondo perché sa per esperienza che solo
persone libere e critiche possono dar seguito ad una società giusta e aperta”.
I Vescovi del Piemonte hanno inviato un messaggio ai vari responsabili della scuola e dell’educazione, precisando che lo scopo dell’incontro con il Papa è quello di “richiamare a tutto il Paese l’importanza che la scuola riveste per il suo presente e il suo futuro, promuovere in tutte le componenti
della scuola e della società la speranza che, operando uniti e con spirito di collaborazione, è possibile favorire il rinnovamento di questa istituzione che rappresenta un bene comune di prim’ordine su
cui scommettere con impegno per sostenerla e qualificarla sempre più sul piano educativo, culturale
e formativo”.
Giovanni Ciravegna
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Ufficio per le Comunicazioni Sociali
Incontro con gli operatori della comunicazione
del Vescovo di Alba Giacomo Lanzetti
il 24 gennaio 2014
“Comunicazione al servizio
di un’autentica cultura dell’incontro”
Monsignor Giacomo Lanzetti nel suo incontro con i giornalisti albesi si è rifatto al Concilio per
arrivare con un discorso storico al messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della
Comunicazione Sociale 2014. Qui ne offriamo una sintesi molto stringata.
A distanza di oltre 50 anni dalla pubblicazione dei documenti conciliari Papa Francesco ci sorprende con la freschezza dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium che si riferisce allo spirito
del Vaticano II, anche per quanto riguarda la visione dei mezzi di comunicazione.
“Le meravigliose invenzioni della tecnica” rimangono tali, anzi oggi sorprendono ancor più, perché fanno ormai parte della vita quotidiana dell’uomo.
Non ci si preoccupa più tanto del fattore tecnico quanto della valenza umana di questi mezzi. Non
siamo soltanto in un’epoca di cambiamenti, ma come dice Papa Francesco siamo in un cambio d’epoca. Dobbiamo affrontare la sfida di un linguaggio che dovrebbe raggiungere tutti:
“La Chiesa si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti
mezzi, che l’intelligenza umana rende ogni giorno più perfezionati, servendosi di essi la Chiesa
‘predica sui tetti’ il messaggio di cui è depositaria” (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, n. 45).
Un pertinente commento di mons. Domenico Pompili dice come la Chiesa nel comunicare non
possa limitarsi a trasferire delle nozioni, ma debba collegare delle persone.
“In ogni situazione, al di là delle tecnologie, credo che l’obiettivo sia quello di sapersi inserire
nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi … una Chiesa che accompagna il cammino e che sappia mettersi in cammino … Ci dobbiamo domandare: siamo capaci, anche in questo campo, di portare Cristo, o meglio di portare all’incontro con Cristo? … La comunicazione è, in definitiva, una
conquista più umana che tecnologica” (Papa Francesco).
Il Vescovo Lanzetti ha ricordato come Papa Francesco non si limiti ai documenti, ma prima ancora risvegli il desiderio di Dio con gesti e parole che annullano la distanza e ristabiliscono un rapporto che era interrotto.
“I ministri del Vangelo devono essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone” …
“uscire, andare verso le periferie, verso chi è nella sofferenza, verso i lontani; e avvicinare, ridurre
le distanze, abbracciare” (Papa Francesco).
Mons. Lanzetti indicava tre punti dello stile comunicativo del Papa:
– Comunicare è condividere con le altre persone
– La comunicazione è dialogica, cioè parte dall’ascolto dell’interlocutore
– La comunicazione deve attraversare tutti gli ambienti.
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La conclusione era rivolta più direttamente ai giornalisti presenti, in gran parte di Gazzetta d’Alba
o collaboratori dello stesso settimanale, attingendo da quanto il Papa disse ai dipendenti Rai pochi
giorni prima.
Quello della comunicazione è “un servizio alla verità, un servizio alla bontà e un servizio alla
bellezza”.
Poi ha ricordato che si tratta di una professione non solo “informativa”, ma anche “formativa”.
“La qualità etica della comunicazione è frutto, in ultima analisi, di coscienze attente, non superficiali, sempre rispettose delle persone”.
Alla fine del discorso del Vescovo ci sarebbe dovuto essere lo spazio per le domande, ma i giornalisti hanno ringraziato di questo primo incontro, sperando che segni un rapporto di maggiore fiducia
reciproca, già bene espresso nelle tante pagine dedicate quest’anno, con soddisfazione generale, alla
Visita pastorale da parte di “Gazzetta d’Alba”.
Marcello Lauritano ssp
Ufficio Comunicazione diocesano
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Ufficio Beni Culturali e Museo Diocesano
Attività di valorizzazione
La valorizzazione dei beni storico-artistici e culturali della Diocesi e la gestione del Museo
Diocesano costituiscono alcune delle attività a cui è preposto l’Ufficio Beni Culturali.
Il Museo della Cattedrale ha sede nei locali ipogei della cattedrale stessa. Vi si accede dall’ingresso posto sotto la maestosa torre campanaria romanica e conserva quanto emerso grazie agli scavi
archeologici condotti sotto l’edificio sacro tra il 2007 e il 2008.
Essi hanno evidenziato l’evolversi dell’area pubblica romana, cioè quella del fianco orientale del
foro, il sovrapporsi in epoca tardo antica di una fase di edilizia privata, la fondazione della prima
chiesa nel VI secolo che, con il fonte battesimale, permette di confermare la datazione delle origini
della Diocesi albese, le trasformazioni altomedievali, la ricostruzione romanica e quella rinascimentale. La Cripta di San Pietro e la Sala dello Stemma accolgono resti dell’arredo liturgico altomedievale, il lapidario con reperti della Cattedrale romanica e gotica e di quella rinascimentale del vescovo Andrea Novelli.
Fino alla fine di marzo, il museo ospita la mostra “Antiche croci nella Diocesi di Alba”, realizzata in occasione dell’anniversario dell’Editto di Tolleranza di Costantino del 313, aderendo al tema
proposto dall’AMEI (Associazione Musei Ecclesiastici Italiani).
Il viaggio alle origini del Cristianesimo della Diocesi albese allestito in modo permanente nelle
sale museali viene completato dalla mostra di alcuni esemplari di croci tra i più antichi conservati
nella Diocesi albese: la preziosa Croce-reliquiario in argento, del XIII secolo, di S. Stefano Belbo;
la Croce-reliquiario del legno della Santa Croce, in ottone e smalti, del XIV secolo di Somano; la
Croce astile di ambito franco-piemontese, in ottone, dell’inizio XVI secolo e la Croce astile del
XVII secolo entrambe di Pezzolo Valle Uzzone.
Il Museo propone oltre alle visite guidate negli orari di apertura, attività per le famiglie, didattica
per le scuole e per la catechesi.
Le nostre proposte educative intendono approfondire alcune tematiche legate alla storia della
città e del territorio di Alba, all’arte, alla storia del Cristianesimo e più in generale allo studio delle
fonti.
Un’attenzione particolare è rivolta alle famiglie perché grandi e bambini possano partecipare
insieme ad attività ludico - formative, in cui i protagonisti sono i più giovani, ma si sentano coinvolti
anche gli adulti. Le tematiche proposte sono la storia della Cattedrale, i santi (in particolare S.
Teobaldo, protagonista di un’interessante caccia al tesoro), il percorso archeologico e il mestiere
dell’archeologo; senza dimenticare laboratori specifici per il Natale, l’Epifania e la Pasqua che partendo dall’analisi di opere d’arte del nostro territorio, e non solo, vogliono offrire un’occasione per
vivere insieme alla propria famiglia la preparazione alle feste.
Il Museo Diocesano offre percorsi didattici per la catechesi e per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole a partire da opere presenti in modo stabile nell’allestimento museale o
in cattedrale o elaborati in modo specifico in occasione di mostre temporanee.
Le proposte stabili sono relative alle seguenti tematiche:
– Il rito del Battesimo: Conosciamo la nostra storia
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– I santi: Santi di casa nostra (S. Lorenzo e S. Teobaldo)
– L’Eucarestia: Visitiamo la cappella del SS. Sacramento
– Testimoni di fede: Padre Girotti, testimone della fede a Dachau
Le proposte in occasione di esposizioni riguardano:
– Mostra Arcabas: vedere la fede
Percorso per immagini, condotti dall’angelo di Arcabas, dall’Annuncio alla Nascita di Gesù e
dall’Ultima Cena ad Emmaus.
Ogni immagine illustra un momento fondamentale della storia di Gesù e può essere di supporto
alla riflessione con i bambini ed i ragazzi.
La mostra è itinerante e può essere richiesta dalle parrocchie contattando l’Ufficio BCE.
(materiale scaricabile dal sito www.mudialba.it)
– Mostra Antiche croci nella Diocesi di Alba
Percorso di approfondimento della crocifissione e del significato della croce partendo dall’analisi
dei personaggi raffigurati sulle croci esposte e dal messaggio che ci trasmettono.
Le attività per i gruppi di catechismo vengono organizzate su prenotazione per una o più classi in
contemporanea e non prevedono una quota di partecipazione fissa, ma un’offerta della parrocchia.
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Ufficio Migrantes
Il pomeriggio di Giovedì 13 Febbraio, a celebrare la S. Messa in ricordo di Santa Giuseppina
Bakhita cui è dedicato il Centro Migrantes Diocesano, è venuto il nostro Vescovo ritagliandosi l’incontro da quanto già in programma per le visite pastorali.
Alla S. Messa insieme ai concelebranti don Paolo Rocca, Direttore Migrantes e don Luigi
Alessandria Direttore Caritas, hanno partecipato numerosi volontari, l’assessore Luigi Garassino,
responsabili di altre associazioni con le quali lavoriamo in rete, collaboratori ed amici direttamente o
indirettamente operativi nell’area di via Pola denominata “Cittadella della carità”.
Durante la S. Messa mons. Lanzetti ha esposto le linee guida espresse da Papa Francesco in occasione della sua visita ai rifugiati accolti nel C.P.T. di Lampedusa, riprese il 16 Gennaio scorso dali’
intervento ad Alba in sala Mandelli dal Presidente Nazionale Migrantes mons. Franco Montenegro
invitato per la riflessione sul tema della Giornata Mondiale dei Migranti e Rifugiati 2014: “Verso un
mondo migliore”.
Ancora una volta siamo stati confortati da queste parole a proseguire nel cammino intrapreso e
condotto con tanti sacrifici in questi anni difficili e meravigliosi, nel profilo di quei punti chiave che
riguardano l’accoglienza, l’ospitalità, la tutela dei diritti, la condivisione, il dialogo, il rispetto delle
differenze e delle fedi, l’immedesimazione nella storia concreta della persona umana.
Risuona ancora nelle orecchie di tutti quanto da mesi ci dice Papa Francesco spronandoci con le
sue parole forti: “...il percorso di accoglienza non può essere solo di belle parole, ma chiede a tutti
una concreta testimonianza”.
I tratti del Vangelo di Giovanni XIV - XV - XVI - XVII che il nostro vescovo Lanzetti ha indicato
come capitoli in grado di fare da traccia rafforzano lo stimolo a bene e giustamente operare.
Portiamo ora a conoscenza alcune iniziative della Migrantes diocesana effettuate dall’inizio dell’anno sociale 2013-2014.
– 12 Settembre - Incontro Regionale a Pianezza per la Commissione Regionale Piemontese
Migrantes
– 5-30 Ottobre - Attività pastorale fieranti di piazza Medford in Alba. Catechesi ragazzi e ragazze.
Preparazione della Santa Messa celebrata in Cattedrale.
– 6 Ottobre - Incontro regionale a Pianezza e preparativi di équipe attivate per il grande pellegrinaggio ad Oropa per mese Giugno 2014.
– 24 Ottobre - Incontri stranieri cattolici di etnia Albanese e Nigeriana con percorsi liturgici spiegati
in lingua inglese.
– 29 Ottobre - Ad OROPA per verifica prossimo pellegrinaggio Stranieri Cattolici in Piemonte
– 20 Dicembre - Celebrazione liturgica per etnia albanese e S. Messa.
– 21 Dicembre - Celebrazione liturgica per comunità nigeriana in lingua inglese.
– 24 Dicembre - Coinvolgimento famiglie e scambio dei doni di pace.
– 6 Gennaio - Festa dei Popoli-2014 nella Cattedrale di Alba con S. Messa celebrata dal Vescovo
mons. Lanzetti alle 10,30 per tutte le comunità straniere di fede cattolica del territorio. Pomeriggio
di festa per tutti gli stranieri presenti in zona all’Oratorio del Duomo.
– 9 Gennaio - Incontro Commissione Interregionale a Pianezza.
– 12 Gennaio - Visita al Circo Nando Orfei e alle famiglie circensi di stanza a Torino. Preparativi per
celebrazione S. Messa a Beinasco e a Leinì.
– 16 Gennaio - Incontro con mons. Franco Montenegro coi sacerdoti della Diocesi in Seminario,
interviste a Gazzetta d’Alba e conferenza serale per tutta la città nella sala Mandelli. Invitati ufficiali: il nostro vescovo Lanzetti, il Vicesindaco Foglino, volontari ed operatori pastorali diocesani.
– 19 Gennaio - Giornata di sensibilizzazione per la celebrazione della Giornata Mondiale dei
Migranti e rifugiati indetta dal Papa col tema “VERSO UN MONDO MIGLIORE”.
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– 20 Gennaio - Presentazione “Dossier Italiani nel mondo 2013”.
– 23 Gennaio - Nuovo incontro interregionale Migrantes a Pianezza.
– 26 Gennaio - Incontro operatori circo Nando Orfei a Beinasco.
– 2 Febbraio - S. Messa conclusiva del percorso di catechesi al Circo Magnifico Acquatico.
Programmazione giovani cresimandi e sante comunioni da effettuarsi al termine di un cammino
di preparazione culminante a S. Remo in Liguria a metà Aprile. Consegna icone ai fratelli ortodossi Bulgari e Rumeni.
– 9 Febbraio - Visita al Circo Magnifico Acquatico a Savona. Programmazione catechesi con operatori pastorali di questa Diocesi. Intesa con diaconi di Albenga, Imperia, S. Remo.
– 13 Febbraio - Celebrazione S. Messa dal vescovo mons. Lanzetti commemorativa della Festa di
Santa Giuseppina Bakhita. Consegna a tutti i presenti italiani e stranieri dell’Icona della
Misericordia.
– 16 febbraio - Continua celebrazione domenicale etnia nigeriana in lingua inglese.
– 24 Febbraio - Partecipazione al coordinamento regionale a Pianezza.
Da come risulta, alcune tappe che hanno segnato il nostro cammino riguardano proprio l’aspetto
pastorale rivolto non soltanto ai viaggianti, ma anche alle presenze straniere cattoliche di varie
nazionalità sul territorio ossia la rumena, l’ucraina, la macedone, l’albanese, la nigeriana, la brasiliana, l’argentina, con le quali si interviene sia mezzo stampa, sia con momenti di preghiera e di
evangelizzazione.
Per quanto riguarda poi la missione al centro Bakhita le persone straniere che fanno riferimento
per quanto in esso si svolge, sono indotte a guardare al Centro con un forte senso di appartenenza,
come a un qualcosa che va amato e rispettato non soltanto per quanto si può ricevere, ma anche per
i valori che si possono trovare e portare.
Quanto viene fatto per venire incontro alle necessità contribuisce a creare una comunione senza
la quale non può esservi per nessuno effettiva crescita umana e spirituale.
L’evangelizzazione infatti non può stare senza la promozione umana, così come il far strada ai
poveri può stare soltanto col non farci strada.
Ciò costituisce, aldilà dei nostri limiti, un programma pastorale che ci auguriamo non abbia profili disincarnati, ma invece attenti e solleciti verso poveri e meno poveri in vista del vero bene di tutti
che è l’imparare ad amare Gesù Cristo, Maria e la Chiesa…!!
Se si crede veramente diventa strano perdersi ad elencare quanto si fa per il Signore e per i fratelli. Così come è impossibile o quasi l’elencare quanto occorrerebbe operare – anche sul piano materiale – per sviluppare una evangelizzazione adeguata al tempo che stiamo vivendo, senza colpevoli
depistaggi, ma con possibili positive ricadute sull’orientamento della vita di molti.
Un percorso pastorale, se è autentico, partecipa alla missione alla maniera di Gesù: il suo modo di
trattare con i poveri era infatti caratterizzato da chiarezza, mitezza, fiducia, prudenza con tutti, stranieri
e non, poveri e non, credenti e non; con interventi di preghiere, guarigioni e pane quotidiano
In tale contesto al nostro Centro continua:
1) l’adeguata formazione dei volontari.
2) l’ascolto delle persone ed aiuto per le varie problematiche e soprattutto per la ricerca del lavoro
e della casa.
3) l’attenzione per le donne sole e a rischio e per le mamme sole e con figli a carico o con situazioni conflittuali. Accoglienza negli alloggi di pronta ospitalità.
4) l’accompagnamento per pratiche burocratiche.
5) la scuola di lingua italiana il lunedì, il giovedì e il sabato.
6) I corsi di formazione femminile per la cura e l’educazione dei figli e per l’avvio al ruolo di collaborazione domestica e cura delle persone anziane.
Il Direttore Ufficio Migrantes
Don Paolo Rocca
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Ufficio per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso
Sabato 25 gennaio, nella grandiosa cornice della cattedrale, si è conclusa nella nostra Diocesi la
Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani che ha avuto un suggestivo inizio nella chiesa ortodossa di Santa Caterina.
Al termine di un’esperienza che ci ha particolarmente coinvolti non è facile mettere nero su bianco il resoconto obiettivo di un cammino fatto di tappe, di confronti, di insegnamenti, di impressioni
che ci hanno portati a meditare, a rivedere con occhi diversi credenze del passato, a scavare nel
profondo, a considerare gli aspetti positivi di altre confessioni religiose, che, pur nella diversità,
condividono con noi un unico Credo.
Forse non tutti abbiamo le idee chiare sul significato e sulla storia dell’ Ecumenismo, cioè il cammino delle Chiese e comunità cristiane parzialmente unite tra di loro verso la loro piena unità.
Anche se nel corso dei secoli si è più volte tentato di saldare le fratture e riunificare le varie
Chiese cristiane, dal 1908, grazie a Paul Watson, pastore anglicano passato al Cattolicesimo, ogni
anno viene organizzata la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani.
Come chiaramente spiegato dal responsabile diocesano don Adriano Rosso, “Quest’anno il libretto che ha guidato la Settimana di Preghiera è stato redatto da un gruppo ecumenico del Canada,
terra ecumenica dalla sua fondazione, innanzitutto per gli inizi piuttosto miti di trattamento coloniale dei francesi nei confronti dei nativi, inoltre per il fatto che dopo la fase francese della prima
colonizzazione, il Canada (parola indigena che significa villaggio) è stato consegnato agli inglesi,
che non hanno imposto il protestantesimo ma dichiarato la libertà di religione. È attualmente, dopo
la massiccia immigrazione, il paese che comporta il maggior numero di differenze razziali e religiose al mondo.”
Molto appropriato il tema che è anche il titolo del libretto guida proposto per il 2014, “Cristo non
può essere diviso”: è la forte affermazione, l’ammonimento che San Paolo rivolge alla chiesa di
Corinto dilaniata da gruppi contrapposti e che i fratelli canadesi suggeriscono alla nostra riflessione.
Paolo, prendendo ad esempio il noto apologo di Menenio Agrippa, ci ricorda che, come le varie
membra formano un solo corpo e nessuna può staccarsene, così è la Chiesa : un tutto unico pur nelle
diversità, ma con gli stessi pensieri e le stesse convinzioni in Cristo, e soprattutto animato dal suo
stesso Spirito.
Questa settimana di preghiera itinerante è stata molto arricchente per tutti noi perché ci ha permesso non solo di conoscere ed apprezzare altre forme liturgiche, ma di cogliere negli “altri” contenuti e valori che possiamo solo condividere.
Nella chiesa di Santa Caterina il bellissimo “Inno Akathistos” dedicato alla Vergine genitrice di
Dio, nel convento di Canale la spiritualità delle Suore sacramentine, a Castagnole l’interessante confronto con il pastore evangelico Pierpaolo Buraghi, alla Moretta la preghiera carismatica ed infine le
celebrazioni solennizzate dalle cantorie del duomo di Alba e della parrocchia di Monteu Roero sono
stati tutti momenti coinvolgenti e stimolanti ad un impegno convinto verso quell’unione che non può
essere solo utopia.
Motivo di riflessione e di impegno verso l’unità e la fratellanza sono state le profonde e sentite
omelie del nostro Vescovo Mons. Lanzetti e di Padre Catalin Zacarias, che condividono da anni una
bella amicizia: esempio concreto che ci si può voler bene anche nella diversità.
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Sabato 25 gennaio anche Papa Francesco, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, a conclusione
di questa settimana di preghiera, ha affermato che la dimensione del dialogo ecumenico è diventata
un aspetto essenziale del ministero del Vescovo di Roma, tanto che oggi non si comprenderebbe pienamente il servizio petrino senza includervi questa apertura al dialogo con tutti i credenti in Cristo.
Vorrei concludere con quanto afferma don Adriano:”L’ecumenismo è una valida scuola di perdono, di comprensione, e soprattutto di ascolto: ascolto non vuol dire dare ragione, ma vuol dire sforzarsi di mettersi nella mentalità dell’interlocutore, nei suoi panni, cercando di arrivare a capire,
prima di giudicare.
Spesso l’unità passa proprio attraverso la constatazione che essere uniti non vuol dire essere
“uguali”, e che pretendere dall’altro che sia “uguale” a me è contraddire la creazione di Dio, che
ci vuol bene così come siamo, e ci purifica e perfeziona senza eliminare la nostra originalità, perché
(come dice una battuta piemontese) «dopo averci fatti butta sempre via lo stampo».
E. Cortassa
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Ufficio per la cooperazione missionaria
La Quaresima di Fraternità fa ricordate tempi di entusiasmo per la missione, iniziative individuali e comunitarie per sostenere tanti progetti dei nostri missionari, richiama ad uno stile di vita più
sobrio per mettere qualcosa da parte e donarlo ai più poveri. In situazioni diverse ma con lo stesso
obiettivo di conversione continua la “tradizione”. Il criterio guida, scrive Papa Francesco è «una
scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino canale adeguato per l’evangelizzazione, non di autopreservazione». In altre parole preferisce Francesco «una Chiesa ferita e sporca per essere uscita per le
strade, piuttosto che una Chiesa rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti.
Cerchiamo le occasioni, anche intraecclesiali, per stare sulla soglia ed incontrare la gente, per
sperimentare una chiesa che è casa fraterna che accoglie e dialoga.
La fede che dialoga ed accoglie non si identifica in nessuna cultura, neanche con quelle «che
sono state strettamente legate alla predicazione del Vangelo. Non possiamo pretendere che tutti i
popoli di tutti i continenti imitino le modalità adottate dai popoli europei in un determinato momento proprio perché la fede non può chiudersi dentro i confini di una cultura».
Cogliamo l’occasione dei 50 anni di Marsabit - Giubileo della Diocesi, per essere segni di speranza, per attuare «la rivoluzione della tenerezza», per ribadire con forza ed efficacia l’opzione preferenziale per i poveri, una «preferenza divina che ha conseguenze nella vita». La storia di Marsabit
fin dai suoi inizi di evangelizzazione con don Venturino e don Tablino è stata segnata dalla inculturazione del Vangelo nelle tribù locali, da una risposta puntuale alle esigenze di scuola, di salute, di
comprensione delle cose positive dei nomadi del Nord del Kenya. La breve storia redatta a 50 anni
dalla FIDEI DONUM nel 2007 dai nostri Fidei Donum che consegneremo alla Veglia della
Quaresima di Fraternità, evidenzia tutta una serie di tappe della presenza della Chiesa in modo particolare grazie alla Cooperazione tra le Chiese. Cooperazione che si è espressa prima nella base e poi
nei vertici della Diocesi. Cooperazione che ha lasciato segni profondi in molti nel cammino della
fede e della solidarietà. Cooperazione che ha avuto volti diversi tra Brasile-Teofilo Otoni e
Marsabit-Kenya con corrispondenze e scambi molto forti. In ambedue i casi la crescita di laici
responsabili di comunità e una presenza femminile più incisiva sono stati un frutto del Concilio e
della sua costante attuazione nelle “missioni”.
Patrizia a Michael hanno inviato questo testo che condivido con voi:
“Abbiamo iniziato ieri, domenica 24 novembre, l’anno giubilare per i cinquant’anni di evangelizzazione nella Diocesi di Marsabit, alla presenza di tutti i sacerdoti, religiosi/e che prestano qui il
loro servizio e tantissimi laici dalle dodici diverse parrocchie. E questo, proprio nello stesso posto in
cui, cinque decadi fa, don Tablino e don Venturino celebravano le prime messe nella piccola cappella di lamiera costruita da un padre della Consolata, diversi anni prima, e si stabilivano a Marsabit,
dopo tre anni di viaggi di “esplorazione” da Nyeri, dove erano impegnati come insegnati nel seminario maggiore (13 dicembre 1963, dopo un rocambolesco viaggio per passare i fiumi, che in quella
stagione particolarmente abbondante di pioggia, erano in piena!). Mons. Cavallera, allora vescovo di
Nyeri (che come territorio comprendeva la maggior parte del Kenya settentrionale), avrebbe dopo
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poco ricevuto conferma dalla Santa Sede della creazione di una nuova Diocesi nella parte nord del
Kenya, a Marsabit. Così, questo anno sarà dedicato a fare memoria delle radici della fede, radicate
in questo terreno così fertile che vede la Diocesi di Alba protagonista e missionaria, ma sarà anche
dedicato a ringraziare il Signore per le meraviglie che ha compiuto finora e per il Suo amore e a pregare… È per questo che, ieri, dopo la colorata e partecipata Messa sul verde prato davanti alla chiesa, il vescovo mons. Kihara ha aperto ufficialmente le porte della cattedrale, annunciando l’inizio
dell’anno giubilare e ha consegnato la statua di Maria Consolata con Gesù in grembo, al parroco di
Marsabit. Sarà proprio la statua della Vergine Maria a fare da legame tra le diverse parrocchie, passando per ognuna, sostando, intercedendo per i Suoi figli fino alla chiusura dell’anno giubilare il
prossimo 23 novembre 2014.
In questo contesto sociale piuttosto complesso, dove la pace è ancora una grande scommessa,
dove Gesù Cristo sembra non toccare ancora profondamente il cuore della cultura e dell’uomo, dove
la chiesa che cresce è spesso troppo “istituzionalizzata”, manageriale e spropositatamente ricca,
l’anno del Giubileo è una grande occasione. Un’occasione per ogni cristiano, ma anche per noi missionari e per coloro che prestano il loro servizio nel nome di Gesù, per rigenerarci, per ritrovare
ragione delle nostre scelte, per essere più incisivi e semplici, per non lasciarci perdere d’animo se
coloro che dovrebbero essere esempi si rivelano corrotti, falsi, burocrati… Ieri, come famiglia (e la
nostra bimba Emily è proprio nata nell’anno “giubilare”!), abbiamo visto tanti cuori in preghiera,
tante persone che gioiose sono venute per ringraziare Gesù per aver cambiato senso alla loro vita,
tante suore che prestano il loro servizio semplice, povero, quotidiano, in zone difficili, guardando
negli occhi chi hanno davanti. Abbiamo incontrato quella Chiesa di Dio che sa fare festa per qualcosa di grande, che sa ringraziare e ricordare. Abbiamo sentito partecipi tanti, anche se assenti fisicamente: i nostri primi missionari, con don Asteggiano, don Tablino e don Rocca dal paradiso, i “Fidei
Donum” tedeschi, i missionari/e della Consolata e Comboniani, i tanti laici e catechisti che hanno
contribuito alla crescita spirituale e umana di un popolo.
Chiedete insieme a noi che questo periodo di Grazia per la Diocesi di Marsabit sia tempo buono
per riscoprire la Chiesa come colei che sale al tempio per pregare. Non una preghiera fine a se stessa, ma per lasciarsi amare da Dio, per riconoscere che il vero “sorio” (sacrificio rituale) è quello di
Gesù sulla croce, per avere la forza di dire “Non possiedo né oro, né argento, ma quello che ho te lo
dò: Gesù Cristo”, per essere segno povero tra i poveri, per continuare a riconoscere le meraviglie del
passaggio di Dio nelle nostre comunità…” Patrizia e Michael
Un particolare ricordo per don Tablino il 4 maggio in cattedrale a cinque anni dalla morte.
Tutta la Chiesa che è missionaria si unisce nel proseguire il primo annuncio del Vangelo, raccoglie il messaggio della conversione come occasione da non perdere, seguendo nel concreto le esortazioni di Papa Francesco che non vogliamo restino lettera morta.
Nella cultura dello scarto in cui gli esclusi sono ritenuti rifiuti e avanzi, viviamo la nuova tirannia
invisibile del mercato divinizzato dove regnano speculazione finanziaria, corruzione ramificata, evasione fiscale egoista. L’economia speculativa produce povertà e le scelte economiche sono presentate come «rimedi» e invece sono «un nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività riducendo il mercato del lavoro e creando nuovi esclusi».
In questa situazione le nostre parrocchie con i loro gruppi di responsabili nella caritas, nella catechesi, nella missione globale e locale percorrono le vie dell’evangelizzazione che noi sono: il dialogo con tutte le realtà politiche, sociali, religiose, culturali; l’ecumenismo: «Quante cose possiamo
imparare gli uni dagli altri nel dialogo con i fratelli ortodossi»; l’amicizia con i figli d’Israele; il dialogo interreligioso con il mondo mussulmano condizione necessaria per la pace.
Le frontiere tra diversi popoli vanno abbattute, ma le riserve nell’accogliere sono ancora molto
presenti. Per questi motivi Papa Francesco ci dice di “non abituarci alle situazioni di degrado e di
miseria che incontriamo camminando per le strade delle nostre città e dei nostri paesi. C’è il rischio
di accettare passivamente certi comportamenti e di non stupirci di fronte alle tristi realtà che ci cir68
condano. Ci abituiamo alla violenza, come se fosse una notizia quotidiana scontata; ci abituiamo a
fratelli e sorelle che dormono per strada, che non hanno un tetto per ripararsi. Ci abituiamo ai profughi in cerca di libertà e dignità, che non vengono accolti come si dovrebbe”.
Su questo tavolo ci fermiamo insieme a pregare, a provare nuovi stili di vita, a percorrere vie di
pace e di riconciliazione e a non lasciare ognuno per suo conto i nostri Fidei Donum cui va la nostra
stima e la nostra solidarietà per la loro vita donata ai poveri e al Vangelo.
In questo anno anche la Diocesi di Floresta in Brasile celebra il Giubileo della sua fondazione.
Don Gino Chiesa
***
Il sacrificio e le privazioni di qualcosa desideriamo trasformarli in
“Progetti Quaresima di Fraternità 2014”
Unendo sacrificio e solidarietà per dare sostegno quotidiano in questo modo:
Sostegno ai nostri missionari Fidei Donum
• Don Lisa: iniziative APJ per inserimento alla scuola e al lavoro di ragazzi di strada - Teofilo
Otoni
• Pe Luis Pescarmona: - Comunità “Talita” Guarabira - Brasile
• Pe Piero Tibaldi: progetto CPT - Pastorale della terra e “casa das Meninas”
• Pe Sergio Stroppiana: laboratori ragazzi e ragazze in difficoltà - Curral de Dentro
• Pe Massimo Bonino: costituire Gruppo Caritas per situazioni di esclusione sociale - Jatobà
Floresta
• Don Renato Rosso: India Bangladesh - scuolette Nomadi
• Patrizia Manzone: Marsabit - Scuola e asilo Memorial Fr. John Asteggiano e scuola di
Karare
• Giuseppe Marengo: Yogyakarta - Indonesia preghiera e sostegno iniziative giovani.
Sostegno ai Centri di ascolto Caritas diocesana
***
Invito ad una giornata di raccolta nelle parrocchie e ad iniziative di sensibilizzazione e formazione. Gli amici del Centro Missionario Diocesano sono disponibili ad incontri nelle Parrocchie e
nelle Vicarie.
Per versare offerte per Quaresima di fraternità:
– Presso il Centro-Ufficio missionario dal martedì al sabato dalle 9 alle 12.
– Numero conto bancario Ufficio Missionario Diocesano
UniCredit Banca
Codice Bic Swift UNCRITB1R32
Agenzia ALBA PIAZZA ROSSETTI
Cod. IBAN IT 79 S 02008 22511 000010355512
– Conto Corrente Postale
Ufficio Missionario Diocesano Curia Vescovile
C/C n. 13234125
Indicare causale del versamento: Quaresima di fraternità (QDF) e, se lo si desidera, la preferenza per un progetto.
69
***
– Veglia della Quaresima di Fraternità 8 marzo in Cattedrale alle ore 21: Camminando s’apre
cammino Nel Giubileo della Diocesi di Marsabit tra inizi e presente - Mandato missionario
a Sara e Manu in partenza per la Bolivia in servizio civile con Papa Giovanni.
– Giornata-pomeriggio di Formazione ad Altavilla domenica16 marzo dalle 14,30 alle 18,30
La gioia del Vangelo
Le provocazioni di Papa Francesco alle nostre comunità
Uscire, incontrare, donarsi
Riflessione - guida, a partire dalla Evangelii Gaudium, di don Flavio Luciano della Pastorale
sociale e del lavoro di Cuneo, segue il lavoro a gruppi dei partecipanti e conclusioni condivise.
***
A Diano il primo martedì di ogni mese ora di preghiera in ricordo di Mons. Oreste Marengo.
Il 4 di ogni mese celebrazione della Eucarestia in Duomo alle 18 in memoria di don Tablino.
Il 26 aprile in Cattedrale solenne celebrazione della Eucarestia in occasione della beatificazione di Padre Girotti.
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Ufficio catechistico
Incontri di Formazione per i Catechisti ad Altavilla
7 aprile:
LA PENTECOSTE di Gesù anima la santità dei discepoli.
Ma…che cosa vuol dire?
(Franca Feliziani Kannheiser: Pedagogista,
membro della Commissione per l’Iniziazione Cristiana dell’UCN).
14 aprile:
Capire da adulti la Resurrezione di Gesù
per raccontarla ai bambini (Anna Peiretti).
28 aprile:
Santità e lettura della Parolo di Dio
Ap 7, 9. 14-17 (Mira Andriolo: attrice)
don Luigi Lucca
71
Ufficio per la Pastorale sociale e del lavoro
Si pubblicano gli articoli inediti di Battista Galvagno sul Corso di Formazione Sociale, che ha
affrontato alcuni temi dell’ultima Settimana Sociale.
Il Corso è stata l’unica iniziativa diocesana che ha ripreso tale Settimana.
Programma del Corso
– Venerdì 8 novembre, Per un nuovo welfare. Dall’assistenza allo sviluppo, Giacomo Costa sj,
Direttore di Aggiornamenti sociali, Milano.
– Venerdì 15 novembre, Sesso/genere: oltre la dualità uomo/donna? La questione del gender, Paolo
Merlo sdb, Università Pontificia Salesiana, Torino.
– Venerdì 22 novembre, Economia, giovani, lavoro. La possibile quadratura del cerchio, Daniele
Ciravegna, Università di Torino.
– Venerdì 29 novembre, Se il mondo entra nelle nostre case. Il welfare invisibile. Famiglie italiane e
famiglie immigrate, Maurizio Ambrosini Università di Milano.
Battista Galvagno
Corso di formazione sociale 2013
La famiglia, speranza e futuro per il nostro paese
Non poteva essere che la famiglia il tema del XXIX Corso di formazione sociale. Attenti, come
sempre, alla lettura dei segni dei tempi, i promotori hanno inteso proseguire la riflessione avviata
dalla 47ª Settimana sociale dei cattolici italiani svoltasi a Torino dal 12 al 15 settembre.
“Occuparsi della famiglia significa occuparsi del futuro dell’Italia”: nel titolo della Settimana
c’è la consapevolezza diffusa di tanti cittadini italiani, non solo cattolici. La famiglia infatti è da
anni la grande dimenticata, sia a livello politico, sia, più ancora, economico e fiscale. Proprio per
questo la crisi in cui siamo approdati come Paese colpisce pesantemente le famiglie. Abbiamo alle
spalle un percorso abbastanza ben delineato: dopo la seconda guerra mondiale, in poco più di
trent’anni siamo diventati l’8° potenza industriale del mondo, attingendo un livello di benessere collettivo mai raggiunto. Poi, a partire dalla metà degli anni ottanta, l’inizio del declino, prima impercettibile perché mascherato con l’aumento del debito pubblico, poi sempre più evidente e accelerato.
In sintesi, ci sono voluti trent’anni per costruire e trent’anni per distruggere quanto di buono era
stato realizzato.
La famiglia è stata protagonista della storia d’Italia. Prima ha garantito quel patrimonio di
valori sociali ed etici – onestà, senso del dovere, attenzione al bene comune, laboriosità, senso del
risparmio, solidarietà tra generazioni – essenziali per qualsiasi crescita. Poi, negli anni di crisi, ha
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agito da ammortizzatore sociale delle tensioni e dei conflitti, ritardando lo scoppio dei problemi.
Ultimamente però le famiglie sono allo stremo: le pensioni dei nonni – elargite nel passato con colpevole leggerezza – non bastano più a compensare l’aumento generalizzato del costo della vita e
soprattutto la disoccupazione dei nipoti, che ha raggiunto la cifra record del 40%. La famiglia è
dunque l’ultimo anello della catena della crisi, l’ambito su cui si scaricano tutte le tensioni e i problemi. Ma può essere anche l’ambito da cui ripartire.
Come ripartire? È la domanda che ha fatto da trait d’union dei lavori delle otto commissioni,
chiamate a individuare altrettante mete a cui puntare nei prossimi anni, in ambiti impegnativi quali
l’educazione, la scuola, il lavoro, la pressione fiscale, il welfare, il rapporto con gli immigrati, la
sfida di rendere abitabili le città e di contribuire alla salvaguardia del creato. Una chiara indicazione
di percorso è venuta dal messaggio di Papa Francesco, che ha definito la famiglia la “cellula di una
nuova società solidale”. La scienza ci insegna che la cellula, pur avendo dimensioni microscopiche,
ha in sé la possibilità di svilupparsi, di crescere, di diventare organismo nuovo. La famiglia può
essere tutto questo, “speranza e futuro per la società italiana”.
Battista Galvagno
Corso di formazione sociale 2013 – 01
Più dei soldi, la partecipazione
Il vero welfare non è distribuire soldi, ma coinvolgere e valorizzare le persone: è il messaggio di
Padre Giacomo Costa, nella prima serata del Corso di formazione sociale 2013, che venerdì 8
novembre ha aperto la sua 29° edizione. Avendo sullo sfondo la crisi in atto e la Settimana sociale
dei cattolici italiani, il Relatore ha prima delineato, con una serie di immagini le idee sbagliate dello
stato assistenziale, per poi precisare di quale welfare c’è oggi necessità.
Il welfare, nella mente di tanta gente e di tanti politici può essere configurato da alcune immagini. C’è il welfare concepito come sgabuzzino, cantina, magazzino, in cui accumulare tutto, dalle
pensioni alla sanità, dall’assistenza ai disabili agli aiuti a famiglie e categorie sociali svantaggiate in
una frammentazione ingestibile, particolarmente in un momento di crisi economica. Per altri il welfare è come un rubinetto da aprire o chiudere a seconda delle disponibilità di denaro. Per altri ancora un salvagente, da lanciare a chi sta affondando, perché nessuno ha saputo prevenire tale situazione drammatica. Per altri infine il welfare suggerisce l’idea di un sacco da riempire, in una logica di
assistenzialismo e di paternalismo, invece di coinvolgere le persone valorizzandone le competenze.
Come un campo da calcio senza porte: è l’immagine con cui il Censis recentemente ha definito
la società italiana. Viviamo una fase di gioco in cui nessuno sa da che parte tirare, è impossibile fare
gioco di squadra, in cui ognuno fa quel che gli pare e manca il desiderio di vincere. La sfida è come
ridare senso al “gioco” sociale. Padre Costa ha prospettato tre linee operative.
1. Politiche sociali non come freno, ma come investimento. La promozione dei diritti fa crescere
la democrazia, perché valorizza il capitale umano. In uno slogan, “investi in diritti, guadagni in
sviluppo”, perché il welfare aumenta la qualità della vita e questo è un valore aggiunto di prezzo
incalcolabile.
2. Non dare soldi, ma valorizzare diversamente le risorse, a cominciare dai legami familiari e
sociali. Attenzione però: i legami sociali sono un bene prezioso, ma non infinito. Un bene che
non va sprecato, perché si esaurisce e muore. E poi non è facile farlo risorgere.
3. Non privatizzare, ma socializzare. Il pubblico non è solo lo “statale”; è nostro! Lo stato è chia73
mato a intervenire per dare una mano, come supporto. Il welfare dipende dal livello democratico
di partecipazione. Fondamentali sono, in quest’ottica, gli enti intermedi, le famiglie, le associazioni, sia nella società civile che nella chiesa. Proprio la scomparsa di tanti di questi enti è uno
dei segnali dell’emergenza odierna.
Ferma restando la condanna del disinteresse, c’è dunque una via intermedia tra il mettere mano al
portafogli per tirar fuori i soldi con cui affrontare l’emergenza e il segnalare il problema al comune,
alla provincia… allo stato: è costruire legami di solidarietà, per cominciare ad affrontare insieme le
emergenze. In questo insieme deve entrare anche lo stato. Così comincia la risoluzione dei problemi,
le persone recuperano dignità, il welfare si rivela non come uno “state”, ma come un “processo”,
come una vita.
Battista Galvagno
Battista Galvagno
Corso di formazione sociale 2013 - 02
Uomini e donne si nasce o si diventa?
La questione del gender ossia dell’identità sessuale della persona torna periodicamente in ballo e in
modo silenzioso e strisciante invade settori sempre più vasti della nostra società. Ad esempio, poche
settimane fa Camera e Senato hanno approvato un decreto sulla scuola che stabilisce l’obbligatorietà
della formazione dei docenti. Tra le competenze da migliorare c’è anche “l’educazione all’affettività, al rispetto delle diversità, delle pari opportunità di genere e al superamento degli stereotipi di
genere”. Chi sa leggere tra le righe non ha dubbi: siamo al tentativo di introdurre nella scuola, la teoria del gender!
Opportuno dunque l’approfondimento del tema, venerdì 15 novembre, nella seconda serata del
Corso di formazione sociale. Il professor Paolo Merlo, docente all’Università Pontificia Salesiana
di Torino e alla facoltà di Medicina ha trattato il tema: Sesso/genere: oltre la dualità uomo/donna?
La questione del gender.
Egli ha spiegato che questa teoria, nata negli anni sessanta, soprattutto in America, ad opera di studiosi quali Fausto-Sterling, Benjamin, Stoller, considera la persona come il prodotto dei modelli e
dei ruoli presenti nel contesto familiare e sociale in cui è inserita. La sua identità sessuale insomma
non è legata al dato biologico, ma alla società in cui vive e alla cultura di appartenenza.
Separazione tra sesso biologico e psico-sociale. Il primo non è altro che una caratteristica del
corpo della persona (non determinante per il suo sviluppo), mentre l’orientamento sessuale rappresenta l’identità che il soggetto si costruisce gradualmente. Il sesso biologico viene separato da quello psicologico e sociale: è un semplice dato di partenza che può essere modificato a piacere. La
Anna Fausto-Sterling arriva a questa tesi manipolando o forzando l’interpretazione dei dati in suo
possesso: avvalora la sua teoria del gender con la tesi secondo cui la percentuale dei neonati intersessuali (= con identità sessuale incerta) sarebbe dell’1,7%, mentre oggi si pensa che simile incertezza riguardi lo 0,018% dei neonati (18 casi su centomila!). Sulla stessa linea di pensiero celebri
teorie emerse all’interno del movimento femminista, ad esempio quella delle sei diverse identità sessuali di Kinsey o delle quattro di Storms (si può essere eterosessuali, omosessuali, bisessuali o asessuali e nel corso della vita si può anche cambiare tendenza!) o la teoria di Simone de Beauvoire,
“Donna non si nasce; si diventa” o il “Decostruttivismo” di Foucault e Derrida, secondo cui il gene74
re è un costrutto sociale, imposto originariamente dalla famiglia, ma che poi ognuno deve scegliersi,
con la possibilità anche di cambiare la scelta fatta.
La teoria del gender non tocca solo la persona, ma anche la società. Negare il primato dell’identità
sessuale significa negare anche l’identità della famiglia basata sulla differenza dei sessi: tutte le
coppie e le famiglie diventano, a questo punto, possibili e lecite.
Si può decidere il sesso di appartenenza? Contro queste teorie, il Relatore ha sviluppato la tesi,
secondo cui il sesso è una componente fondamentale della persona, ma questa viene prima del
sesso. La persona ha certo la capacità di scegliere, ma solo “come” vivere responsabilmente la propria identità sessuale, non “chi” essere, con la possibilità addirittura di cambiare scelta. Teorizzare
questo implica una visione atea della vita, in cui l’uomo, dopo la morte di Dio, si erge ad artefice
unico di se stesso, decidendo non solo se fare il bene o il male, ma cosa è bene o cosa è male. È il
sogno del superuomo di Nietzsche o, forse, la riproposta del dilemma realismo-nominalismo: l’uomo deve riconoscere la realtà o decidere cosa essa è? La teoria del gender, presentata come battaglia
di libertà, è in realtà il sogno di una libertà assoluta, la libertà non solo di decidere come vivere il
proprio essere uomo-donna, ma anche di decidere se essere uomo o donna. Simile libertà è propria
dell’uomo? “Sarete come dei e potrete decidere ciò che è bene e ciò che è male” non è forse la tentazione originaria, che si ripropone ad ogni generazione in forme nuove?
Battista Galvagno
Battista Galvagno
Corso di formazione sociale 2013 – 03
Solo insieme si potrà tornare a crescere
Il dato sulla disoccupazione giovanile è certo uno dei più inquietanti nel panorama italiano del
momento. Nessun paese al mondo può permettersi di tenere disoccupati il 40% dei giovani, le forze
più attive, produttive e creative della popolazione! Su questo tema drammatico ci si è interrogati
nella terza serata del Corso di formazione sociale, con la conferenza del professor Daniele
Ciravegna, dell’Università di Torino, che ha trattato il tema: Economia, giovani, lavoro. La possibile quadratura del cerchio.
Una crisi economica può essere scatenata da quattro fattori: disoccupazione, mancanza di capitali, scarsa convenienza delle imprese a produrre o calo della domanda di beni. Questi quattro elementi sono come le quattro arcate di un sottopasso: è sufficiente che una sia bassa per bloccare il
passaggio. Un intervento, per essere efficace, deve individuare quale è l’arcata più bassa e intervenire su di essa. In questo momento, in Italia, la crisi più forte è quella della domanda, sia interna sia
estera. La prima dipende dal blocco degli stipendi e dall’aumento delle tasse; la seconda dalla perdita di competitività dei nostri prodotti. In questo momento, non riusciamo a reggere il confronto né
con i costi di lavoro bassissimi della Cina né con la qualità della Germania.
Obbligati a puntare sulla qualità. È il destino dell’Italia, ma anche il fine ultimo di un sistema
economico virtuoso, che deve far sì che i cittadini non solo producano tanti beni, ma ne possano
disporre, per una migliore qualità della vita. Puntare sulla qualità significa impiegare risorse nella
scuola e nella ricerca: tutto l’opposto di quanto la politica ha fatto negli ultimi anni, privilegiando
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un obiettivo immediato come il pareggio di bilancio a scapito dell’investimento sul futuro. Certo un
paese indebitato come l’Italia non può non tenere i conti in ordine, ma essere rigoroso non è spendere poco; è spendere bene!
Due strade diverse per affrontare la crisi: sono quelle imboccate ad esempio dalla Germania e
dall’Italia. Noi abbiamo preso la strada delle precarietà; la Germania quella della flessibilità, ossia
dell’adattamento al mondo che cambia. Mentre da noi c’è stata una crescita abnorme della cassa
integrazione, con la messa in mobilità e il licenziamento anche di personale qualificato, in Germania
si è puntato sulla riqualificazione sia degli operai che delle imprese. E chi investe nella qualificazione di un dipendente, poi fa il possibile per non licenziarlo, per non perdere il capitale investito.
Un diverso rapporto scuola lavoro. Un’altra strada obbligata per uscire dalla crisi è un diverso rapporto tra scuola e lavoro. Il Relatore ha usato al riguardo un’immagine efficacissima: la scuola italiana – una scuola di livello medio basso, nonostante sacche di eccellenza – è come un castello circondato da un profondo fossato pieno d’acqua, senza ponti levatoi. Per uscire bisogna buttarsi nel
canale e tentare di arrivare a riva, al posto di lavoro. Non tutti ci riescono e chi ce la fa non torna più
nel castello per riqualificarsi, con grave danno sia delle imprese che della scuola. Ma per costruire
ponti bisogna avere capacità di progettazione e senso del futuro: proprio ciò che manca sia al mondo
politico che al sistema bancario, che fa credito al patrimonio, non alle idee. Ma sono queste che
fanno camminare avanti.
Battista Galvagno
Battista Galvagno
Corso di formazione sociale 2013 - 04
Gli immigrati: un problema o una risorsa?
Il tema dell’immigrazione è sempre un problema “caldo”, che scalda gli animi e solleva sentimenti
contrastanti. Il prof. Maurizio Ambrosini, sociologo, docente di processi migratori all’Università di
Milano, ha trattato questo tema, nella serata conclusiva del Corso di formazione sociale 2013 partendo non da sensazioni, ma da dati aggiornati. Se consideriamo “migrante” una persona che si è spostata in un paese diverso dalla sua residenza e vive lì da più di un anno, allora oggi nel mondo ci
sono circa 214 milioni di migranti! Non tutte queste persone fanno notizia. Noi, ad esempio, chiamiamo immigrati solo gli stranieri poveri, soprattutto se di colore, non certo i calciatori ricchi: quasi
a dire che “la ricchezza sbianca”! I confini che fanno sì che una persona sia “immigrata” sono inoltre mobili: fino a non molti anni fa, ad esempio, rumeni, albanesi, portoghesi, brasiliani erano considerati immigrati; oggi è stato tolto l’obbligo del visto contro gli ingressi da tali paesi.
Gli immigrati in Italia sono circa cinque milioni, provenienti da tutto il mondo. I gruppi più consistenti sono i rumeni (un milione), gli albanesi e i marocchini (mezzo milione). A seguire altre nazionalità. Normalmente ad emigrare non sono però i più poveri: la migrazione è generalmente una strategia per conservare, nei paesi di origine, uno stile da classe media: quante signore che assistono gli
anziani hanno figli che studiano all’università o figli e figlie che vogliono comperare casa. Certo
colpisce il fenomeno dei disperati che arrivano con i barconi, rischiando la vita: essi però sono una
minima parte dei migranti: nel 2013 sono stati circa 35.000, a fronte di 400-500.000 arrivati in Italia
76
con un visto turistico, molti anche in pellegrinaggio. Ciò che muove gli immigrati è la speranza più
che non la disperazione. A volte la speranza si rivela un’illusione, ma questa è una storia vecchia,
come si deduce da una scritta al Museo dell’emigrazione di New York: “Ci avevano detto che qui le
strade erano lastricate d’oro; poi abbiamo scoperto che non erano nemmeno lastricate; infine abbiamo scoperto che chi ci ha chiamato qui aspettava che le lastricassimo noi”.
Donne sole; mamme che guadagnano il pane. Un altro dato che fa riflettere è che la metà degli
immigrati in Italia sono donne e donne sole. Contro il senso comune che identifica l’immigrato
come “uomo, negro, africano, musulmano”, i dati ci dicono che l’immigrato è prevalentemente
“donna, europea, ortodossa”. Queste donne rappresentano il welfare invisibile, a cui è affidata l’assistenza di 1.200.000 anziani, a fronte di 400.000 assistiti nelle strutture pubbliche. Sono questi immigrati a garantire una vecchiaia dignitosa ai nostri anziani. Spesso si lasciano alle spalle problemi
enormi: pensiamo alle madri che lasciano in patria i propri genitori anziani o i figli piccoli o i nipotini che crescono senza di loro, con incontri limitati a pochi giorni di vacanza o a freddi contatti
telefonici o telematici!
Il futuro. Il tema delle migrazioni è stato affrontato anche alla recente Settimana Sociale. Troppo
spesso italiani e immigrati costituiscono due mondi paralleli, che non comunicano, se non per quanto riguarda prestazioni e compensi. Bisogna tendere alla reciprocità e alla convivialità, trovare punti
di incontro, se si vuole giungere ad una coesione sociale, che superi sia la xenofobia sia l’atteggiamento moralistico. Purtroppo in noi la paura e la mancanza di programmazione ha il sopravvento su
un approccio razionale ad un problema che deve trovare soluzione. L’anello debole è ancora una
volta la politica, chiusa nei propri slogan, incapace di leggere la realtà: in Italia ci sono oltre 3 milioni di stranieri che lavorano! L’economia si è internazionalizzata; gli stati si sono chiusi in se stessi.
Ma è antistorico il ritorno del nazionalismo in un mondo globale.
Battista Galvagno
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Ufficio Cancelleria
CONFERIMENTO DI MINISTERO
Il Vescovo diocesano:
Il 31.1.2014, nella chiesa parrocchiale di S. Lorenzo, chiesa Cattedrale, in Alba (CN), ha conferito il
ministero dell’Accolitato al seminarista Tomas HLAVATY, nato in Slovacchia l’11.12.1980.
RINUNCE E INCARICHI
Il Vescovo diocesano:
Il 17.11.2013 ha nominato parroco e legale rappresentante della parrocchia San Rocco in Alba fraz.
S. Rocco Cherasca, per un novennio, il presbitero R ACCA don Piero, nato a S. Vittoria (CN)
l’8.10.1949 – ord. presb. l’11.9.1977.
Il 31.1.2014 ha accettato le dimissioni da parroco delle parrocchie di S. Secondo, S. Pietro e Ss.
Annunziata fraz. Canove, tutte site nel Comune di Govone, che il Rev.do TIBALDI don Giacomo
aveva presentato al compimento dei 75 anni di età; il Vescovo tuttavia nell’accettare dette dimissioni
ha risposto con la formula “nuc pro tunc” invitando don Tibaldi a restare nell’ufficio di parroco
delle stesse parrocchie fino ad una soluzione diversa.
Il 20.2.2014 ha accettato le dimissioni da parroco della parrocchia di S. Giovanni Battista, in Diano
d’Alba, che il Rev.do VALSANIA don Antonio aveva presentato al compimento dei 75 anni di età; il
Vescovo tuttavia nell’accettare dette dimissioni ha risposto con la formula “nuc pro tunc” invitando
don Valsania a restare nell’ufficio dei parroco della stessa parrocchia fino ad una soluzione diversa.
RINNOVO CONSIGLI PASTORALI E
DEGLI AFFARI ECONOMICI PARROCCHIALI
Il Vescovo diocesano ha preso atto del rinnovo dei Consigli Pastorale e degli Affari Economici della
parrocchia Beata Vergine del Rosario in Monchiero.
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NECROLOGIO
DON BRUNO GIOVANNI
Il canonico don Bruno Giovanni era nato a Canale novant’anni fa, il
2 agosto del 1923.
In seminario dimostrò sempre profonda passione per gli studi e la
conoscenza dei testi letterari. In gara per la lettura di sempre più
numerose opere, era definito uno dei tre “classici”; ed il confronto e
le discussioni animavano i dibattiti fra quei chierici maggiormente
appassionati di cultura1.
Fu ordinato sacerdote qui in Cattedrale da mons. Grassi il 29 giugno
del 1946.
Iniziò la sua prima esperienza di vicecurato a Cortemilia in San
Pantaleo2, dove vi rimase fino al 1958, e poi per quatto anni a Vezza
d’Alba3, dove aveva anche retto come «Amministratore parrocchiale» la comunità vacante, in attesa dell’esito del concorso – a cui
aveva partecipato – per la nomina del nuovo parroco4.
Lasciata la parrocchia di Vezza d’Alba, proseguì il suo servizio pastorale a Canale, come cappellano
a San Bernardino5, dove gli permise di iniziare ad accompagnare i pellegrinaggi a Lourdes, rivelando le sue doti di ottima guida e di profondo conoscitore della cultura.
In seguito al ritiro di don Mario Moscone per problemi di salute, rendendo vacante la parrocchia6,
don Bruno Giovanni veniva nominato – a 38 anni – parroco della parrocchia di Maria Vergine
Immacolata a Gallo Grinzane7. Dovette tralasciare la sua passione per l’accompagnamento dei pellegrinaggi – con prospettive di promozioni anche nazionali – ed occuparsi del suo nuovo incarico
ministeriale.
Nella realtà pastorale di Gallo, variegata e di periferia, che aveva trovato nella sua nuova parrocchia,
sentiva lo scarto tra i suoi studi e le sue letture – che mai abbandonò – con le richieste della gente,
che lo ricercava per quei problemi che caratterizzano quotidianamente la vita pastorale e che nel
contempo distraggono dal lavoro intellettuale. Nel tentativo di offrire la propria preparazione letteraria alla comunità, non sempre aveva trovato adeguato coinvolgimento alla sua proposta.
I rapporti con lui oscillavano dalla più cordiale e squisita amabilità ai momenti imprevedibili di animoso dissenso per diversità di vedute.
Per oltre quarant’anni offrì il suo ministero pastorale di parroco alla parrocchia di Gallo, condividendo
gioie e dolori, fatiche e speranze, con la comunità affidatagli dalla provvidenza. La sua rinuncia al ministero di parroco8, la sua nomina a canonico del Capitolo della cattedrale di Alba ed il suo definitivo ritiro
nella struttura di Rodello per problemi di salute, segnarono l’ultima parte della sua vita, divisa tra la
cura per la sua salute sempre più cagionevole, le sue amate letture e la preghiera continua per la sua
gente, che ancora fino agli ultimi giorni è andata a trovare il suo vecchio parroco don Bruno.
Ha chiuso la sua esistenza terrena a 54 anni esatti dalla sua unica nomina a parroco, datata agli inizi
del marzo del 1962, per far ora ritorno nella sua nativa Canale.
don Francesco Mollo, Vicario Zonale
1
I tre “Classici” erano don Bruno Giovanni, don Bertoldi e don Capriolo.
Nomina a vicecurato a Cortemilia, San Pantaleo, il 26 giugno 1947.
3
Nominato a vicecurato a Vezza d’Alba, l’8 novembre 1953.
4
Il nuovo parroco, nominato in seguito al Concorso, fu don Cesare Battaglino.
5
Nomina a cappellano “beneficiato” di San Bernardino a Canale, il 1° gennaio 1958.
6
Don Mario Moscone si ritirava per problemi di salute, dalla parrocchia di Gallo, per un intervento chirurgico ad un polmone.
7
Nominato parroco della parrocchia di Maria Vergine Immacolata, Grinzane Cavour, fraz. Gallo, il 1° marzo 1962.
8
La rinuncia a parroco è del 1° settembre 2000.
2
79
COMUNICAZIONE SULLA CELEBRAZIONE
DEI SACRAMENTI
Nell’incontro di Formazione dei sacerdoti in data 28 settembre ad Altavilla, dopo un confronto
pastorale in cui si è ritenuto conveniente osservare gli orientamenti e norme vigenti nella Regione
Ecclesiastica Piemontese per la celebrazione ed amministrazione dei sacramenti per evitare disorientamenti e confusione nei fedeli, e per favorire una vera COMUNIONE ed una concreta UNITÀ nella
prassi della vita sacramentale e liturgica della Diocesi, è opportuno ricordare che le normative per
la celebrazione dei sacramenti, contenute nella Nota pastorale: «La Celebrazione dei Sacramenti,
orientamenti e norme», [promulgata dalla CONFERENZA EPISCOPALE PIEMONTESE nel 1997, ed. Elle
Di Ci – Esperienze] sono ancora vigenti e devono essere osservate da tutti.
Per chi non abbia tale documento a portata di mano, riportiamo alcune norme riguardanti il luogo
dell’amministrazione del sacramento del Battesimo e del Matrimonio:
Battesimo:
Il Battesimo sia normalmente celebrato nella chiesa parrocchiale e, se possibile, venga amministrato dal parroco (can. 867 § 7 del C.I.C.).
Se il Battesimo viene celebrato in altra parrocchia diversa da quella ove risiede la famiglia, è
necessaria l’autorizzazione del parroco del luogo in cui ordinariamente la famiglia risiede. In
questo caso si dia comunicazione del Battesimo celebrato al parroco di residenza della famiglia
stessa. «Eccetto il caso di necessità, a nessuno è consentito, senza la dovuta licenza, conferire il
Battesimo nel territorio altrui, neppure ai sudditi» (can. 862 del C.I.C.)”. «Non si celebri il
Battesimo in case private o nelle cliniche, salvo diversa disposizione dell’Ordinario del luogo»
(C.E.P., La Celebrazione dei Sacramenti, orientamenti e norme, ed. Elle Di Ci, n. 22, p. 14).
Idoneità del padrino/madrina del Battesimo-Cresima
Il parroco deve accertare l’idoneità di coloro che vogliono ricevere l’incarico di padrino o madrina a norma del Diritto Canonico.
Can. 874 - §1. Per essere ammesso all’incarico di padrino è necessario che: 1° sia designato
dallo stesso battezzando o dai suoi genitori o da chi ne fa le veci oppure, mancando questi, dal
Parroco o dal ministro e abbia l’attitudine e l’intenzione di esercitare questo incarico; 2° abbia
compiuto i 16 anni, a meno che dal Vescovo diocesano non sia stata stabilita un’altra età oppure
al Parroco o al ministro non sembri opportuno, per giusta causa, ammettere l’eccezione; 3° sia
cattolico, abbia già ricevuto la Confermazione e il santissimo sacramento dell’Eucaristia, e conduca una vita conforme alla fede e all’incarico che assume; 4° non sia irretito da alcuna pena
canonica legittimamente inflitta o dichiarata; 5° non sia il padre o la madre del battezzando.
§2. Non venga ammesso un battezzato che appartenga ad una comunità ecclesiale non cattolica,
se non insieme ad un padrino cattolico e soltanto come testimone del Battesimo.
Matrimonio:
Per salvaguardare il significato pubblico del sacramento del Matrimonio e garantire meglio l’inserimento della nuova famiglia nella comunità cristiana, tenendo conto dell’attuale situazione si
precisa quanto segue:
80
1) La sede normale della celebrazione è la chiesa parrocchiale dello sposo o della sposa oppure
quella del luogo dove gli sposi andranno a risiedere dopo il Matrimonio;
2) La celebrazione del Matrimonio può essere consentita in altra chiesa qualora gli sposi siano
inseriti abitualmente come partecipanti alla vita parrocchiale del luogo oppure nella chiesa del
paese di origine per nascita o famiglia, o in quella del luogo ove risiedono i parenti più prossimi (genitori – nonni) (C.E.P., La Celebrazione dei Sacramenti, orientamenti e norme, ed. Elle Di
Ci, n. 125, pp. 48-49; C.E.P., Intesa per una prassi pastorale omogenea circa il Matrimonio
Canonico [1991], n. 3).
I parroci sono tenuti a NON accogliere la richiesta della celebrazione del sacramento (evitando
di mandarli in Curia per una eventuale autorizzazione) da parte di fedeli che non rientrano in
queste condizioni [chiesa parrocchiale dello sposo o della sposa; luogo della nuova residenza
famigliare; luogo di provenienza; luogo di frequenza e partecipazione abituale], tanto più se provenienti dall’estero o da altre regioni dell’Italia o presentati da agenzie matrimoniali. Affinché i
futuri sposi vengano piuttosto accompagnati nella crescita di fede personale e nella maturazione
di una sensibilità di appartenenza ad una reale comunità cristiana, per evitare che il sacramento
celebrato resti un atto solo formale e senza un reale vissuto ecclesiale.
Normative riguardanti le cappelle private
In nessuna cappella privata sono autorizzate le celebrazioni di Prime Comunioni, Matrimoni o
esequie. La celebrazione dei sacramenti ha sempre un carattere ecclesiale e pubblico, mai privato
ed esclusivo. Le cappelle private, per la benedizione fatta il giorno della loro dedicazione hanno
un carattere sacro e non possono essere destinate ad usi profani; nonostante ciò, mantengono
sempre il proprio carattere “privato”, che le rende non adatte per le celebrazioni dei sacramenti
che per la propria indole devono essere celebrate ed amministrate nella parrocchia.
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Comunicazione dell’Ufficio Nazionale
per i problemi giuridici
Matrimonio concordatario:
modifica dell’art. 147 del codice civile
Il 7 febbraio 2014 è entrata in vigore la nuova formulazione dell’art. 147 del codice civile disposta dal Decreto Legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, pubblicato sulla G.U. n. 5 dell’8 gennaio
2014, che è uno degli articoli che devono essere letti durante la celebrazione del matrimonio concordatario, prima della conclusione del rito liturgico.
La nuova formulazione dell’art. 147 del codice civile è la seguente:
«Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere
moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315-bis».
L’art. 315-bis del codice civile (Diritti e doveri del figlio) così dispone:
«Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel
rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il figlio ha diritto di
crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti. Il figlio minore che abbia
compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere
ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il figlio deve rispettare i genitori e
deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa».
Le modifiche conseguenti all’evoluzione così brevemente richiamata sono all’esame dei competenti uffici dell’amministrazione dello stato (Ministero dell’Interno) e della Chiesa (Santa Sede e
CEI) per quanto di rispettiva competenza. Nel mentre maturano orientamenti e indicazioni – che
sarà cura della Segreteria Generale trasmettere tempestivamente – si ritiene opportuno invitare tutti
coloro che presiedono il rito del matrimonio concordatario a voler leggere, al termine della celebrazione il nuovo testo dell’art. 147 del codice civile e, ove si ritenga, anche il testo dell’art. 315-bis del
codice civile.
Roma, 21 febbraio 2014
82
Consigli Diocesani
Incontro del Consiglio Presbiterale
5 Dicembre 2013
Verbale
In data 5 Dicembre 2013 (ore 9,30) ha avuto luogo presso la “Sala dei Consigli” in Seminario l’incontro del Consiglio Presbiterale.
Ordine del Giorno:
1. Modalità esecutive per raccogliere le risposte al questionario relative al documento preparatorio
per il Sinodo dei Vescovi “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”
2. Verifica inizio della scuola di teologia per laici Imparare a credere
3. Percorsi di sussidiazione per la catechesi post-battesimale
4. Varie ed eventuali
Assenti all’incontro:
Brandolino don Domenico, Manzone don Savio, Mollo don Francesco, Olivero don Edoardo,
Pennasso don Valerio, Ravagnolo don Giampietro
Iniziato con la preghiera corale (cfr. Giacomo Lanzetti, Puntare all’essenziale, pag. 21), l’incontro è proseguito con il seguente svolgimento:
• Approvazione del Verbale dell’incontro precedente (6 Settembre 2013, Altavilla)
• Introduzione all’Ordine del Giorno da parte di don Claudio Carena
1. Modalità esecutive per raccogliere le risposte al questionario relative al documento preparatorio per il Sinodo dei Vescovi “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”.
Don Franco Ciravegna presenta dettagliatamente il Documento-Questionario in preparazione al
Sinodo dei Vescovi 2014 (cfr. allegato).
Interventi e Dialogo:
Don Claudio Carena osserva che le questioni ampie e complesse e il linguaggio tecnico e difficile del testo in questione domanderebbero un tempo ben più ampio di quello stabilito per la consegna delle risposte (20 Dicembre 2013), per un’efficace riflessione pastorale che permetta di
coinvolgere veramente tutti… d’altra parte l’oggettiva ristrettezza dei tempi non deve indurre ad
accantonare troppo in fretta un argomento così importante, così urgente e così “sentito” dalla
gente. Si potrebbe continuare ad accompagnare i lavori del Sinodo, nelle sue diverse fasi, con
una riflessione capillare per tutto l’anno 2014.
Mons. Vescovo auspica che il Consiglio Presbiterale in quanto tale possa offrire il suo contributo
di riflessione e di risposta alle domande del Questionario. Il criterio metodologico per il lavoro
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dovrebbe essere quello di lasciare esprimere tutti senza “blindare” le risposte, mantenendo però
sullo sfondo dell’attenzione quanto don Ciravegna ha indicato nella sua relazione introduttiva
relativamente al rapporto “sensus fidelium-sensus fidei”.
Don Domenico Degiorgis afferma che se è vero che il Magistero non può contraddire se stesso
(cfr. relazione di don Ciravegna 2.2), è altrettanto vero che può e deve accostarsi ai problemi in
modo diverso. L’attuale situazione pastorale evidenzia un “ibrido” non più sopportabile. La
Chiesa non può non accorgersi dei drammi delle persone. Ci sono risposte che non possono più
farsi attendere!
Don Claudio Carena aggiunge che alcuni problemi relativi alle situazioni “irregolari” di matrimonio si “risolvono” drammaticamente da sé: da una recente statistica Istat emerge che in Italia,
nell’ultimo quinquennio (2008-2013), i matrimoni religiosi celebrati tra italiani sono diminuiti
del 91%...
Don Antonello Pelisseri rileva che alcune domande del Questionario non potranno avere risposta
da parte della gente comune per la difficoltà del linguaggio e per l’intrinseca complessità delle
situazioni.
Don Luigi Lucca auspica risposte date anche in base alle “emozioni” della gente e sottolinea la
positività della metodologia dell’ascolto della “base” introdotta da questo DocumentoQuestionario.
Don Andrea Chiesa racconta l’esperienza di lavoro già avviata nella parrocchia di San Cassiano:
un incontro aperto a tutti per la presentazione del Documento e gruppi di lavoro per raccogliere
le risposte; con molta difficoltà a stare nei tempi indicati! Don Andrea si dice d’accordo con la
proposta di don Claudio di continuare la riflessione anche dopo e al di là dei tempi previsti per
consegnare i contributi di riflessione.
Don Angelo Conterno, su suggerimento del Vescovo, si dichiara disponibile ad accogliere in parrocchia a Cherasco un gruppo spontaneo di lavoro costituito da preti. Don Domenico Degiorgis
suggerisce che partecipino a questo gruppo specialmente i preti che non hanno una parrocchia.
2. Verifica inizio della scuola di teologia per laici Imparare a credere
Don Emiliano Rabellino e don Gianluca Zurra presentano il percorso intrapreso con l’indicazione dei temi, delle sedi degli incontri e dei dati numerici e statistici relativi alle iscrizioni pervenute e all’effettiva partecipazione (vedi allegato).
Mons. Vescovo evidenzia la necessità di pensare per tempo allo “sfociamento” di questi percorsi
in relativi percorsi specifici per la formazione di “operatori pastorali”.
Don Angelo Conterno, a nome della Vicaria di Cherasco, auspica maggiore semplicità di linguaggio e più organicità nell’elaborazione dei contenuti degli incontri.
3. Percorsi di sussidiazione per la catechesi post-battesimale
Don Lugi Lucca presenta alcuni documenti e sussidi per la catechesi post-battesimale (vedi allegato). L’elenco dei testi con le indicazioni bibliografiche è già stato pubblicato sul sito internet
della Diocesi.
Alle 11.30 la seduta è sciolta. L’incontro prosegue con i Vicari Foranei.
Alba, 5 Dicembre 2013
Il Vescovo
mons. Giacomo Lanzetti
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Il Segretario
don Claudio Carena
Allegato N. 1
DOCUMENTO PREPARATORIO SINODO DEI VESCOVI
Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione
Consiglio Presbiterale - Alba, 5 Dicembre 2013
1. Il Documento preparatorio: motivazioni
• aspetti dottrinali
• retta interpretazione pastorale
• processo di consultazione
2. Alcune linee del Documento
• misericordia divina
• costante insegnamento della Chiesa su famiglia e matrimonio: GS; HV; FC
• Catechismo della Chiesa Cattolica: offre una comprensione aggiornata della dottrina della
fede a sostegno dell’azione della Chiesa di fronte alle sfide odierne
• Enciclica Lumen fidei: la fede “fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena consegnarsi ad esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità” (LF 53).
3. Il Questionario: le attese
• il Questionario di 38 domande è la parte III del Documento; necessità di una visione integrale
del testo del Sinodo per esprimere le risposte;
• la finalità di giungere a una presa di coscienza sulla situazione in cui si trova la famiglia: si
vuole capire quale sia il modo più attuale ed efficace per annunciare il Vangelo alle persone
concrete che abbiamo davanti;
• il Questionario non ha valore di sondaggio d’opinione, ma intende avviare una presa di
coscienza, di tutto il popolo cristiano, sulle sfide di oggi in tema di matrimonio e famiglia.
4. Orientamenti metodologici
• Consigli diocesani e parrocchiali; Commissione Diocesana Famiglia, Gruppi Famiglia e altre
occasioni di incontro sono i luoghi di confronto per elaborare le risposte alle 38 domande;
queste dovranno pervenire alla Segreteria della Curia di Alba entro venerdì 20 dicembre 2013.
La Commissione Diocesana Famiglia è a disposizione per accogliere le indicazioni diocesane
sulla elaborazione dei dati che perverranno.
• Sensus fidelium: “non si intende semplicemente un’opinione di maggioranza in una data epoca
storica o cultura, né si tratta soltanto di un’affermazione secondaria rispetto a ciò che prima
viene insegnato dal magistero. Il sensus fidelium è il sensus fidei del popolo di Dio nella sua
totalità, obbediente alla Parola di Dio e guidato dai suoi pastori lungo le vie della fede.” (CTI,
La teologia oggi: Prospettive, principi, criteri, n. 34, 29 novembre 2011).
• Dalla frantumazione all’armonia; il Documento evidenzia il sorgere di alcune fratture, non di
superficie, ma di profondità all’interno della famiglia: per es. sessualità/matrimonio; sessualità/procreazione; procreazione/sessualità. Come superare le fratture? Riscoprendo che dalla
frantumazione si guarisce se i rapporti di contrapposizione si convertono in rapporti di armonia, guardando al bene integrale della persona e della coppia umana: è la conversione dal privilegio di sé al dono di sé.
• “Testimoni della bellezza e dell’attualità della fede (Diocesi di Alba - S.E. Mons. Giacomo
Lanzetti, Orientamenti pastorali 2013-2014, cap. VI). È un invito che apre i cuori alla speranza. Le situazioni di difficoltà, di crisi, di limite della famiglia e di altre realtà comunitarie e sociali,
non possono essere assolutizzate o drammatizzate con motivi di scoraggiamento. Sono invece
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l’occasione per riprendere il cammino nella consapevolezza che la fede ci fa cominciare sorprendentemente proprio dalle difficoltà, riscoprendo la donazione di se stessi che non è mai solitudine,
ma compagnia con il Signore. Occorre recuperare questo aspetto della fede nella pastorale vocazionale che potrà ritrovare la sua motivazione e di conseguenza la sua attesa ripresa.
Allegato N. 2
IMPARARE A CREDERE
Breve resoconto di inizio attività
Dopo l’introduzione della primavera 2013, venerdì 20 settembre alle ore 18.30, nella chiesa della
Maddalena, è stato presentato il primo anno della scuola vicariale di teologia per giovani e adulti. La
presenza è stata buona, con un significativo gruppo di giovani universitari.
Dalla seconda metà di ottobre gli incontri hanno preso il via in tutte le vicarie, in base all’impostazione e alle date che sono state decise con i vicari alla riunione dello scorso giugno e, durante l’estate, via mail.
La partecipazione ai primi tre incontri è stata molto buona, sia come numeri che come interazione tra i relatori e la gente intervenuta. La questione antropologica della fede, che ha permesso di
ripartire dalla concretezza della vita per rileggere la propria storia alla luce della promessa evangelica è stata molto apprezzata dai più giovani e ha senza dubbio creato una sana dialettica e un salutare
spiazzamento nelle generazioni più adulte.
Pur nella diversità delle varie realtà vicariali, si è sentito il comune desiderio di uno spazio come
questo per potersi esprimere liberamente, ripartendo dalla vita e dalla domande vere che essa suscita
in ordine all’esperienza religiosa nel contesto odierno.
Per ora gli iscritti sono circa 280, di cui quasi la metà sono nella fascia dai 20 ai 40 anni. È un
dato da non sottovalutare, se si pensa che si tratta della generazione che le nostre comunità faticano
di più a intercettare e a coinvolgere. È evidente che c’è un bisogno reale di affrontare queste tematiche, ma in modo nuovo rispetto al passato.
Con febbraio gli incontri riprenderanno, affrontando il tema antropologico della fede a partire
dalla Scrittura, consegnando criteri e indicazioni per fare del testo biblico una vera e propria sorgente di spiritualità e di discernimento per la normalità della vita laicale.
L’èquipe organizzativa è così composta:
Don Gianluca Zurra (Magliano)
Don Flavio Costa (Santa Margherita)
Don Emiliano Rabellino (Magliano)
Foglia Mattia (Diano)
Rainero Claudio (Divin Maestro)
Marengo Edoardo (Gallo Grinzane)
Marcellio Nadia (San Cassiano)
Hanno dato un ulteriore contributo in questo anno di preparazione:
Don Pierluigi Voghera (Neive)
Don Luigi Lucca (La Morra)
Giancarlo Merlo (Pocapaglia)
Don Gianluca Zurra
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Allegato N. 3
Percorsi di sussidiazione per la catechesi post-battesimale
Anche la nostra Diocesi di Alba si vede impegnata nel cammino di sensibilizzazione e attenzione
rivolta alla pastorale pre e post battesimale relativa ai bambini da 0 a 6 anni, in modo particolare.
Da ormai parecchi mesi ci si confronta, a livello nazionale e regionale sul tema. Si sono fatti diversi
incontri con il Vescovo, martedì 14 febbraio 2014 don Carlo Cavallo, di Cuneo, responsabile di questo ambito nella sua Diocesi, è stato invitato a parlare con i sacerdoti e raccontare l’esperienza in
atto, con ricchezze e relative difficoltà. Mons. Giuseppe Cavallotto, Vescovo di Cuneo e responsabile della Catechesi a livello regionale è molto attento al tema. Come Diocesi albese ci vogliamo rifare alla loro esperienza, e, dovendo proporre una sussidizione di riferimento, abbiamo segnalato sul
sito della Diocesi di Alba alcuni testi che riteniamo particolarmente utili all’uopo, inoltre ci permettiamo di rimandare al materiale disponibile su Internet in versione pdf dell’iniziativa delle Diocesi
di Cuneo e Fossano. Si intitola L’ALBERO DOVE I PICCOLI TROVANO IL NIDO, e mette a
disposizione tutto il materiale per un lavoro curato e ben selezionato nelle sue diverse tappe:
http://www.catechesi.diocesicuneo.it/sussidiazione.aspx. Perché questo curioso titolo? “Gesù paragona il suo regno a un granello di senape che, seminato, diventa “un albero tanto grande che gli
uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami” (Mt 13,32). Dio ha scelto la famiglia come
primo spazio del suo Regno. L’amore, che unisce un uomo e una donna, li arricchisce e li completa.
È sorgente di vita per entrambi e diventa nido per i figli.
I genitori sono l’albero che, benedetto dal Signore, cresce quando è irrobustito dall’unione della
coppia. Diventa albero rigoglioso e fecondo se trova radici nell’amore di Dio ed è sostenuto dalla
comunità cristiana.
Tra i rami di questo albero, che è la famiglia, trova posto un nido. Esso indica la casa, l’abitazione dove uno è nato e cresciuto. Richiama uno spazio accogliente nel quale si sperimentano serenità
e calore. Rinvia al luogo dal quale si spicca il volo e al quale si ritorna volentieri. Nel nido familiare
sboccia la vita, frutto dell’amore dei genitori e dono del Signore.
Come cristiani guardiamo con rispetto e stima ogni famiglia che riunisce genitori e figli. Essa
conosce fragilità, incontra frequenti difficoltà e talvolta sperimenta gravi ferite. Resta, però, un bene
inestimabile e dispone di una sorprendente ricchezza e potenzialità. La Chiesa con riconoscenza e
ammirazione continua a considerare la famiglia quale prima cellula della società e Chiesa domestica, luogo di procreazione e di santificazione, prima scuola di virtù sociale e di vita religiosa.
La pastorale pre e post battesimale chiama in causa le nostre comunità cristiane e pone al
centro la famiglia. Riconosce che i genitori cristiani sono i primi annunciatori del Vangelo e
che la famiglia ha un ruolo fondamentale nell’educazione alla fede. Un compito permanente,
ma insostituibile nei primi anni di vita del bambino.
Le nostre comunità cristiane si felicitano con i genitori che con coraggio e responsabilità accolgono nuove vite. Nello stesso tempo, intendono offrire un concreto sostegno alla primaria missione
educativa dei genitori, condividerne gioie e fatiche, farsi accoglienti per loro e per i figli”.
Con questi intenti anche noi continuiamo il nostro lavoro pieni di gioia e di speranza.
Don Luigi Lucca
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Incontro del Consiglio Pastorale
4 Dicembre 2013
Verbale
In data 4 Dicembre 2013 alle ore 21 ha avuto luogo presso la “Sala dei Consigli” in Seminario l’incontro del Consiglio Pastorale.
Ordine del Giorno:
1. Modalità esecutive per raccogliere le risposte al questionario relative al documento preparatorio
per il sinodo dei vescovi “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”
2. Verifica inizio della scuola di teologia per laici Imparare a credere
3. Percorsi di sussidiazione per la catechesi post-battesimale
4. Varie ed eventuali.
Assenti all’incontro:
Ballario Piermaria, Cagnasso Dante, Caranzano Pierlorenzo, Ciravegna Giuliana, Lanzone
Giuseppe, Rigardo Palma Marilena, Seghetto Gabriella, Sugliano Paolo, Vignola Pierantonio
Iniziato con la preghiera corale, l’incontro è proseguito con il seguente svolgimento:
Breve presentazione dei temi all’Ordine del Giorno a cura di don Claudio Carena
1. Don Franco Ciravegna, responsabile dell’ufficio per la famiglia, presenta il documento preparatorio per il sinodo dei vescovi.
Interventi e dialogo:
• Rispondere al questionario è un atto di carità verso il Papa.
• I questionari devono arrivare in curia non oltre le vacanze di Natale. Un’apposita commissione
rielaborerà tutto il materiale pervenuto in modo oggettivo.
• Una riflessione così ampia meritava più tempo, inoltre le domande sono formulate in modo difficile.
2. Claudio Rainero parla dell’andamento della scuola di teologia.
• Gli iscritti sono tanti e si dicono molto soddisfatti. Don GianLuca Zurra ha fornito un resoconto
di inizio attività.
3. Don Luigi Lucca, responsabile dell’ufficio catechistico, segnala che sul sito ci sarà del
materiale utile alle parrocchie.
4. Don Claudio ricorda gli appuntamenti legati all’arrivo in Cattedrale delle reliquie di San
Giovanni Bosco.
Prossimo consiglio il 26 marzo 2014
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