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Ordinanza pubbl. il 7/5/2013
RG n. 9623/2013
TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO
SEZIONE I CIVILE
TRIBUNALE DELLE IMPRESE
Composta da:
Dottor
Umberto Scotti
Presidente
Dott.ssa Gabriella Ratti
Giudice Relatore
Dott.ssa Maria Gabriella Rigoletti
Giudice
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Nel procedimento
ex art. 669 terdecies c.p.c. avverso l’ordinanza
8.3.13 del GD del
Tribunale di Torino, promosso da:
Pinosa s.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti M. Cartella e A. Frignani;
Reclamante
Contro
Pezzolato Officine Costruzioni
Meccaniche s.p.a. e Impresa Agricola Sergio Cottura,
rappresentate e difese dall’Avv. D. Sindico;
Resistenti
MATERIA del CONTENDERE e MOTIVI della DECISIONE
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I
Pinosa s.r.l. è titolare del brevetto italiano n. 1294630 rilasciato in data 19.4.1999 a seguito
di domanda 11.9.1997 e relativo ad una “Macchina automatica elettronica taglia/spacca
legna”.
Con sentenza 20.3.2006 n. 324, il Tribunale di Udine, in una controversia che vedeva
contrapposte Pinosa s.r.l. e Pezzolato Officine Meccaniche s.p.a. (oltre a società terza) - dopo
avere disposto CTU (CTU Ing. Piovesana) contraffazione
della
privativa
Pinosa
da
ha accertato la validità di IT ‘630 e la
parte
dei
macchinari
Pezzolato
TCL
700/800/900/1000 e TLA 10/12 o altrimenti codificati a condizione che montassero i seguenti
accessori: per le TCL, i computer B2X32 H63 (L01) e B6X 4/S553 (H01) e per la 10/12, il
computer B2X32 H63.
Tale decisione è stata integralmente confermata dalla Corte di Appello di Trieste con la
sentenza 10.8.2011 n. 456 dopo che era stata disposta una nuova CTU (CTU Cantaluppi)
perché, nel frattempo, la Camera dei Ricorsi EPO aveva revocato per mancanza di attività
inventiva il brevetto europeo Pinosa EP 0 901 892 che si avvaleva della priorità IT ‘630.
Infatti, anche se nella sua relazione l’ing. Cantaluppi aveva ritenuto valido IT ‘630
limitatamente alla combinazione delle rivendicazioni 1+2+5 e sussistente la contraffazione
delle macchine Pezzolato oggetto di causa che montavano l’accessorio “computer”, la Corte di
Appello di Trieste ha rigettato l’appello di Pezzolato anche in punto di validità del brevetto,
ritenendo “la validità delle rivendicazioni per come scritte nel brevetto”.
La sentenza della Corte di Appello di Trieste è stata impugnata in Cassazione e, nelle more,
Pezzolato Officine Costruzioni Meccaniche s.p.a. e Impresa Agricola Sergio Cottura (che ha
acquistato una macchina spaccalegna Pezzolato)
hanno deposito davanti al Tribunale di
Torino un ricorso per accertamento negativo della contraffazione.
Le ricorrenti hanno esposto che Pinosa, in data 3.2.12, aveva presentato una denunciaquerela alla Procura della Repubblica di Torino in cui
sosteneva che “il CTU nominato nel
giudizio di appello estendeva l’ambito di protezione del macchinario brevettato dalla Pinosa
s.r.l. a qualsiasi macchina per la lavorazione della legna da ardere di produzione Pezzolato
munita di computer, indipendentemente dal modello di computer su di essa montato”
e
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aveva chiesto “che ulteriori e urgenti perquisizioni vengano effettuate presso la sede legale
della s.p.a Pezzolato e dei suoi fornitori di computer/plc di controllo al fine di formalmente
documentare le ulteriori violazioni avvenute nel tempo o di provvedere al sequestro
probatorio dei macchinari totalmente o parzialmente contraffatti venduti in Italia o
all’estero…” e hanno pertanto chiesto al Tribunale di accertare e dichiarare in via cautelare ed
urgente che le macchine spaccalegna esistenti presso la s.p.a. Pezzolato e quella venduta
all’impresa Cottura, pur montando un computer, non costituiscono contraffazioni di IT ‘630 sia
per quanto ritenuto nelle precedenti decisioni giudiziali, sia nei limiti della CTU Cantaluppi.
Dopo la costituzione di Pinosa s.r.l., che ha chiesto il rigetto della domanda cautelare, il GD
ha
disposto CTU
(CTU
Ing. Robba)
sui
seguenti
quesiti:
“Il CTU, esaminata
la
documentazione in atti, acquisita quella necessaria ed eseguiti tutti gli opportuni sopralluoghi:
1) Descriva le macchine Pezzolato presenti presso la sede di Envie (CN) della stessa e la
macchina acquistata dall’impresa Cottura per cui è causa; 2) Accerti se tali macchine
coincidano o meno con le macchine Pezzolato esaminate dalle CTU Piovesana e Cantaluppi in
atti; 3) Accerti se le macchine Pezzolato di cui al punto 1), pur montando un computer,
interferiscano o meno con l’ambito di tutela del brevetto IT ‘630 della Pinosa s.r.l. come
individuato dalla CTU Piovesana e con quello individuato dalla CTU Cantaluppi”.
Intervenuta nel corso della perizia cautelare la sentenza n. 17376 del 2012 con la quale la
Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della Pezzolato avverso la sentenza della Corte di
Appello di Trieste, il CTU Robba ha concluso riferendo che le macchine Pezzolato TLC 1100 e
TLC 1000 oggetto del cautelare non coincidono con le macchine Pezzolato oggetto delle CTU
Piovesana e Cantaluppi e che dette macchine, pur montando un computer, non interferiscono
con l’ambito di tutela
di IT ‘630 come individuato dalla CTU Piovesana e dalla CTU
Cantaluppi.
Con ordinanza 8.3.13 il GD, accogliendo il ricorso della Pezzolato
e della Cottura, ha
accertato - in via cautelare e provvisoria - l’assenza di interferenza tra le macchine Pezzolato
TLC 1100 e TLC 1000 e l’ambito di tutela del brevetto Pinosa come individuato dalla CTU
Cantaluppi.
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Avverso detta ordinanza, ha proposto ricorso ex art. 669 terdecies c.p.c. Pinosa s.r.l.,
limitando il reclamo alla macchina Pezzolato TLC 1100 e chiedendo al Tribunale di dichiarare
“che la macchina TLC 1100 oggetto del sopralluogo di Envie interferisce con la rivendicazione
1+2+5 di IT ‘630”.
All’udienza del 19.4.13, dopo la discussione delle parti, il Collegio si è riservato di decidere.
II
Prima di affrontare il merito della controversia,
digressione introduttiva
il
Collegio ritiene necessaria una breve
circa l’intensità dell’onere probatorio e il metro di giudizio nei
procedimenti cautelari di accertamento negativo.
In una recente pronuncia 1 questa Sezione Specializzata ha affrontato
dell’accertamento negativo cautelare
alla luce della
funditus
il tema
modifica legislativa apportata dal
d.lgs.131 del 13.8.2010 al testo dell’art.120 C.p.i., il cui comma 6 bis ha previsto che “Le
regole di giurisdizione e competenza di cui al presente articolo si applicano altresì alle azioni
di accertamento negativo anche proposte in via cautelare.”
La norma, apparentemente congegnata in forma di disposizione sulla giurisdizione e sulla
competenza, utilizza la delega al Governo conferita dal Parlamento con l’art.19, comma 15,
della legge 23.7.2009 n.99, che, tra l’altro, autorizzava ad emanare disposizioni correttive o
integrative del C.p.i., anche con riferimento all’aspetto processuale, per correggere gli errori
materiali e i difetti di coordinamento presenti nel codice (lettera a) o per armonizzare la
normativa con la disciplina comunitaria e internazionale, in particolare con quella intervenuta
successivamente all'emanazione del Codice (lettera b).
La citata pronuncia si è posta il problema dell’ammissibilità di un provvedimento cautelare
meramente dichiarativo volto ad anticipare una pronuncia anche questa meramente
dichiarativa e in particolare, in linea generale ed astratta, l’interrogativo circa la sussistenza
del requisito dell’interesse ad agire (o meglio, a ricorrere) in via cautelare ex art.100 c.p.c.
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Ordinanza 20.3.2012 in proc. 2583 r.g.2012, Lenus Pharma/ Named e Italfamaco
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La pronuncia cautelare favorevole di accertamento negativo non potrebbe creare una
situazione
diversa rispetto
a quella speculare
risultante dalla pronuncia
di rigetto
dell’avversaria istanza di emanazione di provvedimenti cautelari (cosa questa che determina
le conseguenze di cui all’art. 669 septies c.p.c. e non pregiudica certamente il merito); non
si vedrebbe quindi, in via di prima approssimazione,
alcun reale e concreto beneficio che
possa conseguire la parte che richiede al Giudice della cautela una delibazione di probabile
fondatezza delle sue tesi.
Tali considerazioni avrebbero anche ricadute sulla stessa ammissibilità costituzionale
dell’art.120, comma 6 bis,
indubbiamente
armonizzare
predetto, sotto il profilo del rispetto dell’art.76 Cost., poiché
il Legislatore delegato aveva solo un potere di precisare, coordinare e
e non certamente quello di rivoluzionare, nel solo ambito industrialistico, le
regole fondamentali del processo civile. In altre parole, la norma dell’art.120, comma 6 bis,
C.p.i. sta in piedi ex art.76 Cost. solo se ed in quanto l’accertamento negativo cautelare
avesse già in precedenza diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento (e ciò a prescindere
da ulteriori considerazioni rafforzative del ragionamento nella prospettiva ex art.3 Cost.).
I dubbi evidenziati sono però superabili sulla scorta di una pluralità di concorrenti
argomentazioni, che valorizzano una serie di indici
normativi provenienti anche dalla più
recente legislazione.
In primo luogo, occorre considerare che il riconoscimento dell’ammissibilità di una tutela
cautelare di mero accertamento in materia di diritti di proprietà industriale corrisponde a
interessi meritevoli di tutela, poiché consente all’imprenditore che, pur ritenendosi nel giusto,
tema ragionevolmente di subire accuse di contraffazione di privative industriali da parte dei
propri competitori, la possibilità di provocare immediatamente il contraddittorio sul punto,
anziché attendere passivamente le iniziative avversarie.
In tal modo il ricorrente in accertamento negativo mira sia a proteggere i propri investimenti
dal rischio di avversarie iniziative cautelari future (attivate però in una fase più avanzata dei
suoi programmi industriali e quindi più pregiudizievoli), sia a cautelarsi contro le future azioni
risarcitorie, magari imperniate sul ricorso al potente strumento “punitivo” della retroversione
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degli utili di cui all’art.125, comma 3, C.p.i. (che lo espone nella sostanza al rischio di lavorare
a profitto del titolare della privativa).
Agendo in accertamento negativo cautelare, il ricorrente che si proclama non contraffattore
detta lui i tempi del confronto giudiziario, offrendo a controparte la possibilità di richiedere in
via riconvenzionale le misure cautelari a tutela del proprio diritto.
Siffatto interesse (basato sull’esigenza dell’imprenditore di sentirsi rapidamente scagionato
dall’accusa di illeciti contraffattivi) appare in linea con le finalità ispiratrici dell’istituzione del
Tribunale
delle
investimenti
Imprese,
universalmente
imprenditoriali
giurisdizionale rapida ed
sul
territorio
efficace, anche
ravvisate
nell’obiettivo
nazionale
con
in
la
di
incoraggiare
garanzia
di
una
considerazione delle importanti
gli
tutela
ricadute
consequenziali per il benessere collettivo delle famiglie e dei cittadini italiani.
In secondo luogo, dal punto di vista sistematico, la pronuncia cautelare favorevole di
accertamento negativo crea una situazione speculare e simmetrica a quella
risultante dalla
pronuncia di rigetto dell’avversaria istanza di emanazione di provvedimenti cautelari.
Pare quindi corretto ritenere che la parte soccombente nel giudizio cautelare di accertamento
negativo (anche se non ha richiesto in via riconvenzionale cautelare l’emanazione di
provvedimenti positivi) subisca il particolare effetto stabilizzante della pronuncia cautelare
previsto
dall’art. 669
septies c.p.c.; essa, cioè,
non può richiedere
la tutela cautelare
positiva in difetto di “mutamenti nelle circostanze” o senza la deduzione di “nuove ragioni di
fatto o di diritto.”
In terzo luogo e, in altra prospettiva, l’interesse della parte ricorrente, aspirante alla
delibazione del fumus a suo favore, può essere configurato anche sulla scorta dei
collegamenti con il regime della responsabilità civile per il risarcimento del danno.
Infatti:
•
la responsabilità extracontrattuale per il risarcimento del danno da violazione dei diritti di p.i.
va indubbiamente ricondotta alla matrice di cui al danno aquiliano ex art 2043 c.c.;
•
la colpa – se non proprio in re ipsa - quand’anche presunta (come i più ritengono, basandosi
sull’esistenza, almeno per i titoli tipici, di un sistema legale di pubblicità e argomentando a
fortiori dall’art.2600, comma 3, c.c.), ammette la prova contraria;
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•
non versa certamente in dolo, e
probabilmente neppure in colpa grave, la parte che abbia
violato un diritto di p.i. basandosi sull’ “autorizzazione” rappresentata dalla pronuncia
cautelare di accertamento negativo conseguita ante causam;
•
se non
può essere esclusa radicalmente
addirittura
la
colpa (e quindi la responsabilità),
almeno è configurabile una colpa di grado minore;
•
beninteso, non si tratta di riconoscere una sorta di “licenza di contraffare” erogata dal giudice
della cautela, che finirebbe con l’espropriare senza indennizzo i diritti della controparte,
eventualmente accertati all’esito di quel giudizio di piena cognizione, che certamente non gli
può venir negato;
•
è tuttavia corretto ritenere che l’affidamento ragionevolmente prestato alla pronuncia
cautelare
secondo il parametro della diligenza professionale può valere alla parte, se non
l’esonero, almeno una significativa attenuazione della responsabilità risarcitoria,
•
fra
l’altro,
nel
crogiuolo
della
valutazione
eziologica
del
danno
potrebbe
venire
in
considerazione ex art.1227, comma 1 o comma 2, c.c., il comportamento stesso del titolare
del diritto che abbia contribuito a provocare la decisione cautelare sfavorevole con una difesa
non appropriata o quantomeno ad aggravarne le conseguenze (ad esempio con la mancata
produzione di
elementi
probatori
già in suo possesso,
o agevolmente acquisibili,
successivamente sfruttati durante il giudizio di merito);
•
tutto ciò pare ancor più rilevante, ove si rifletta sul fatto che il titolare del diritto violato può
chiedere, oltre al risarcimento
classico, la retroversione degli utili del contraffattore
ex
art.125, comma 3, C.p.i.
Se si parte da queste premesse non pare difficile
Giudice deve adottare nel valutare il
cautelare
individuare il metro di giudizio che
fumus boni juris
di accertamento negativo di contraffazione
il
per l’accoglimento di una richiesta
che deve coincidere con quello che
impronterebbe la cognizione di una domanda cautelare positiva avanzata dalla controparte.
Tenuto conto delle ragioni sopra esposte, in forza delle quali è possibile riconoscere in linea
di principio un interesse apprezzabile alla domanda di accertamento negativo, non è
accettabile che la sorte del procedimento sia diversa a seconda di chi abbia assunto l’iniziativa
giudiziale; non è possibile cioè che in una data situazione probatoria, caratterizzata
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dall’acquisizione degli stessi elementi di fatto, l’inibitoria cautelare promossa dal titolare del
diritto di proprietà industriale sia respinta per mancanza del necessario
fumus
e che sia
respinta altresì la speculare richiesta di accertamento negativo proposta dall’autore della
condotta in linea di collisione con il titolo di proprietà industriale e in odore di sospetta
contraffazione.
In queste situazioni di insufficiente prova della contraffazione e in cui
l’inibitoria dovrebbe
essere negata, il sistema, come sopra ricostruito, anche nelle sue premesse di legittimità
costituzionale,
esige
che
il
provvedimento
di
accertamento
negativo
debba
venir
specularmente concesso.
In conclusione, e per quanto qui più interessa, in sede accertamento cautelare negativo della
contraffazione, il fumus boni iuris è integrato quando risulti che, in una situazione contraria e
simmetrica di accertamento della contraffazione, il titolare della privativa vedrebbe respinte
le sue richieste di provvedimenti positivi e cioè a prescindere dal fatto che tali provvedimenti
siano stati in concreto richiesti con la proposizione di una contro domanda cautelare.
Il tutto, ovviamente, senza pregiudizio per gli accertamenti approfonditi tipici del giudizio di
merito che, nella fattispecie, come anticipato (e correttamente riservato al giudizio di merito)
dalla difesa di Pianosa s.r.l. a pag. 47 del reclamo, potranno riguardare anche contraffazione
peggiorativa e contributory infringment.
III
Ora, nel caso in esame, il procedimento cautelare di accertamento negativo è stato avviato in
quanto Pinosa, in un esposto-denuncia alla Procura della Repubblica di Torino ha sostenuto
che “il CTU nominato nel giudizio di appello estendeva l’ambito di protezione del macchinario
brevettato dalla Pinosa s.r.l. a qualsiasi macchina per la lavorazione della legna da ardere di
produzione Pezzolato munita di computer, indipendentemente dal modello di computer su di
essa montato”.
Il che non è vero perché il CTU Cantaluppi non ha mai detto che le macchine Pezzolato che
montavano un qualsiasi computer interferivano con IT ‘630 e comunque quello che conta non
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è quello che ha detto il perito d’ufficio ma quello che hanno detto il Tribunale di Udine prima e
la Corte di Appello
riferimento
ad
di Trieste: e il Tribunale di Udine ha accertato la contraffazione con
alcune
macchine
Pezzolato
(anche
diversamente
codificate)
qualora
montassero alcuni tipi di computer che consentivano la realizzazione in automatico del taglio
senza sfrido 2 e la Corte di Appello ha integralmente confermato la decisione di primo grado,
senza occuparsi delle problematiche dei computer 3.
Quanto sopra, potrebbe essere sufficiente al rigetto del reclamo poiché, come è pacifico anche
nelle difese delle reclamante, la macchina TCL 1100 non coincide con le macchine oggetto
delle CTU Piovesana e Cantaluppi e comunque,
come meglio infra, per come vista operare
in sede di CTU Robbia non interferisce con l’ambito di tutela della privativa IT ‘630.
E’ infatti incontroverso anche nella prospettazione di Pinosa s.r.l. che il CTU Piovesana, sulla
cui relazione si è fondata la decisione del Tribunale di Udine, ha ritenuto presente nella
rivendicazione 1 del brevetto Pinosa (e sufficiente per la contraffazione) la caratteristica del
taglio senza sfridi e il CTU Robba (pagg. 38-40 della relazione 19.11.12) ha rilevato che la
macchina TCL 1100 pur comprendendo mezzi per la misurazione del tronco e pur montando
un computer non interferisce con l’ambito di tutela di IT ‘630 quando detto computer è
programmato per eseguire cicli di lavorazione che non prevedono il taglio ottimizzato in
funzione della lunghezza del tronco 4.
La reclamante sostiene però che l’ambito di protezione di IT ‘630 andrebbe considerato in
base alla CTU Cantaluppi che (pur) ne ritaglia la validità limitatamente alla combinazioni delle
Cfr. pag. 23 sentenza del Tribunale di Udine: il computer per l’impostazione delle lunghezze
di taglio in automatico e ottimizzazione, che è il nucleo essenziale del trovato Pianosa, risulta
essere effettivamente un mero accessorio dei macchinari Pezzolato, con la conseguenza che
solamente nel caso in cui tali macchinari montino lo strumento in questione, può dirsi
realizzata la lamentata violazione del brevetto…”.
3
E limitandosi ad osservare che “è … infondato il motivo relativo all’utilizzazione o meno dei
computer: l’automatismo descritto nella rivendicazione principale non comporta di per sé,
l’assenza di un operatore e il discorso vale nello stesso modo pure per le macchine della
Pezzolato, come descritte nei suoi macchinari pubblicitari …. e nel manuale relativo”.
4
Il CTU Robba ha peraltro accertato che la tesi di Pinosa, che sosteneva che il computer S596
che equipaggia la macchia TLC 1100 era dotate di funzioni interferenti non mostrate al perito
d’ufficio ed eventualmente accessibili solo digitando una password, era priva di riscontri ma ha
anche dato atto che la tesi di Pinosa era tecnicamente compatibile con le caratteristiche
dell’unità di elaborazione elettronica montate sulla macchina e con la struttura fisica della
suddetta macchina nelle sue unità funzionali.
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rivendicazioni 1+2+5, le quali, sempre secondo la prospettazione, non riguardano l’assenza di
sfrido cui è dedicata la rivendicazione 10.
In realtà, anche volendo interpretare il giudicato che si è formato tra le parti Pinosa e
Pezzolato sulla base della CTU Cantaluppi, il Collegio non può non osservare che l’ing.
Cantaluppi ha ritenuto priva di altezza inventiva la rivendicazione 10 e
ha ritenuto
ricompreso nella rivendicazione 1, il taglio senza sfrido che, ancorché di per sé privo di
altezza inventiva, contribuisce, unitamente con le altre caratteristiche delle rivendicazioni 1 +
2 + 5, alla (limitata) validità del titolo.
Ed infatti, quando il CTU Cantaluppi commenta la caratteristica g) del brevetto Pinosa (“e che
tale gruppo sia associato a mezzi per la determinazione automatica della lunghezza dei
tronchi al fine di predeterminare la lunghezza dei segmenti”) alla luce dell’anteriorità D4 (EP
579898) scrive testualmente: “La restante caratteristica g) è a sua volta descritta nel
documento D4, nel quale viene indicato… che il tronco viene misurato nella sua lunghezza
preliminarmente al taglio in modo da determinare la lunghezza delle sezioni in funzione della
lunghezza totale del tronco da sezionare. Ancorchè non appaia diretta menzione del fatto che
questo suggerimento sia finalizzato a minimizzare gli sfridi dei tronchi da tagliare, è evidente
per
l’esperto del ramo che, al fine di dividere un tronco in sezioni di uguale lunghezza, i
tronchi dovranno essere misurati in anticipo per poter essere sezionati secondo uno schema
di taglio ottimizzato. Il tecnico di settore avrebbe pertanto considerato il documento D4 allo
scopo di risolvere il problema tecnico di ottimizzare le lunghezze dei segmenti di tronco e, in
particolare, di evitare gli sprechi”.
Emerge pertanto con evidenza che anche nella ricostruzione dell’Ing. Cantaluppi, il taglio
senza sfrido (e non semplicemente il taglio del tronco in segmenti della lunghezza desiderata
come Pinosa sostiene) rientra nella rivendicazione 1. Del resto, poiché i limiti della protezione
sono determinati dalle rivendicazioni ma la descrizione e i disegni possono servire ad
interpretare le rivendicazioni, va anche detto che l’interpretazione di cui sopra è coerente con
la descrizione di IT ‘630, laddove dice che “La macchina secondo il trovato presenta mezzi di
rilevazione automatica della lunghezza del tronco alimentato in ingresso. Il valore rilevato
viene elaborato dal gruppo di controllo ed azionamento il quale coordina il gruppo di
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avanzamento ed il gruppo di taglio per dividere il tronco in un idoneo numero di segmenti
cadauno di lunghezza sottomultipla della lunghezza del tronco, sì che si evita che avanzino
segmenti di coda troppo corti per l’utilizzo”.
Da ultimo e per concludere, va ancora aggiunto che mentre in base alla CTU Piovesa il taglio
senza sfrido (protetto nella rivendicazione 1) era sufficiente per la contraffazione, in base alla
CTU Cantaluppi l’ambito di tutela di IT ‘630 richiede la compresenza di tutte le caratteristiche
descritte alle pagg. 57-62 della relazione e, per quanto qui interessa, di “un gruppo di
caricamento” per il prelievo automatico
dei tronchi e il deposito degli stessi sul gruppo di
avanzamento longitudianale. Di conseguenza, anche se si tratta di un accessorio disponibile e
anche se TLC 1100 può essere equipaggiata con un dispositivo carica tronchi, poiché - come
chiaramente risulta dalla relazione Robba, pagg. 19 e 28 e 29 -
la macchina visionata ad
Envie non è associata ad un gruppo di caricamento, anche in base a questo aspetto si deve
escludere l’interferenza della macchina TCL 1100 di Pezzolato con la privativa Pinosa.
IV
Per i motivi sopra esposti, il reclamo deve essere respinto, con condanna di Pinosa s.r.l. a
rimborsare alla controparte le spese del procedimento nella misura che verrà liquidata in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinte, così provvede:
RIGETTA
il reclamo presentato da Pinosa s.r.l. avverso l’ordinanza 8.3.13 del GD del
Tribunale di Torino;
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CONDANNA Pinosa s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, a rimborsare
alla controparte le spese del giudizio, che liquida in euro 4.500,00, oltre IVA, contributi
previdenziali e rimborso forfettario come per legge.
Così deciso dalla I sezione civile del Tribunale di Torino, nella Camera di Consiglio del
19.4.13.
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Il Presidente
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