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LOSCI
L’HOCKEY
IL DOPO DERBY
VEDE IL LUGANO
SUPERARE
L’AMBRÌ PIOTTA
MORO A PAGINA 14
A PAGINA 15
PAROLA DI SPIESS:
“OTTIMA IDEA
UNA SQUADRA
SOLA DI CALCIO”
SCHIRA A PAGINA 9
Domenica
19 gennaio 2014
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
Anno XVI • Numero 2
L’INTERVISTA
Ti-Press
PATRICK KÜNG
È IL NUOVO RE
DELLA LIBERA
DI WENGEN
Reuters
Losport
9
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RAVANI A PAGINA 29
L’analisi/1
Bisogna assumersi
delle responsabilità
CHANTAL TAUXE *
B
erna tratta male il Ticino?
Sì, e l’errore è principalmente da imputare ad un
parlamento incapace di eleggere
un consigliere federale ticinese e
troppo esitante nell’introduzione
di un governo a nove membri,
che permetterebbe di accontentare partiti e regioni, di meglio ripartire il carico di lavoro e dunque meglio rispondere alle attese
della popolazione.
Il Ticino ha ragione a lamentarsi?
Sì, nei confronti di Zurigo e Berna, siamo tutti piccoli Calimero.
Anche il canton Berna soffre della
mancanza di considerazione da
parte degli altri e persino Zurigo
s’infastidisce di essere sempre al
centro di critiche e gelosie.
segue a pagina 3
Ticino vs Berna
L’analisi/2
Meno lamentele
pìu senso autocritico
GERHARD LOB *
I
MAZZETTA e LO RUSSO con le analisi di LOB e TAUXE ALLE PAGINE 2 e 3
Ildibattito Dopo l’interrogazione provocatoria della Lega
L’analisi/3
Lamalavita
Lastoria
La morale sospetta
dei nostri ministri
“Quelle 17 gocce
di marijuana
che mi hanno
cambiato la vita”
Berlusconi
CATHERINE BELLINI
e Renzi. Uno
pregiudicato,
come se i consiglieri di Stato
l’altro
si fossero dati dei buoni prospregiudicato.
Ti-Press
È
positi per il nuovo anno e
avessero deciso di contribuire alla
salute finanziaria del loro cantone.
Il consigliere di Stato di Basilea Città e presidente della Conferenza
dei direttori cantonali della sanità,
Carlo Conti, ha rassegnato le dimissioni perché ha scoperto di aver “dimenticato” di riversare nelle casse
pubbliche gli onorari ricevuti per
alcune attività accessorie.
segue a pagina 11
René Bossi © ilcaffè
Capitale sorda. Cantone dimenticato.
Radiografia di un rapporto conflittuale
tra realtà e sindrome di Calimero
Ospitereste un asilante a casa vostra?
Così il Paese si divide sui profughi
SPIGNESI A PAGINA 6
Ti-Press
Ilpizzino
l Ticino come minorità linguistica è svantaggiata in Svizzera? I problemi dei ticinesi
ignorati a Berna? Il tema non è
nuovo. Da anni il ritornello del
cantone abbandonato e non capito da Berna si sente con regolarità: nessun consigliere federale ticinese, troppi pochi funzionari di
lingua italiana nell’amministrazione federale. Troppa poca sensibilità per il Ticino, per la sua posizione geografica e i problemi sul
mercato del lavoro. Ma nella Svizzera tedesca queste voci non sempre piacciono. Parecchi colleghi
che ho sentito al proposito, mi dicevano che erano stufi di queste
continue lamentele.
segue a pagina 3
GUENZI A PAGINA 8
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Il lato debole
della criminalità
transfrontaliera
A PAGINA 7
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
3
I nodi
LA POLEMICA
Le questioni irrisolte
che minano i rapporti
Ticino vs Berna
“Confederazione sorda
Ticino dimenticato”,
ed è scontro regionale
CLEMENTE MAZZETTA
S
olo per la rete stradale e ferroviaria l’elenco è
già lungo: il raddoppio del tunnel del san Gottardo, il collegamento del Locarnese con la A2,
il completamento di Alptransit con la connessione
all’Alta velocità dell’Italia. Tutte rivendicazioni ticinesi verso Berna. Un contenzioso quello tra Ticino
e Confederazione che affonda le radici nella storia.
Quasi una “malattia infantile”, mai risolta. Già diagnosticata nel 1924 con la presentazione da parte
IL POSTO VUOTO
del Consiglio di Stato ticinese di richieste a sosteDopo Flavio
gno dell’economia cantonale e a tutela dell’italianiCotti, ormai da
15 anni, nessun tà. Allora si chiedeva la rimozione delle tariffe ferticinese è stato
roviarie di montagna, il recupero del controllo sulle
eletto in Consiglio forze idriche leventinesi, investimenti per l’agricolfederale.
tura e un aumento dei servizi e degli impieghi fedeRivendicazione
rali. Temi che sotto altri aspetti si ripropongono
che si sposa con
la scarsa presen- ora, partendo innanzitutto dalla rappresentanza in
Consiglio federale. Dopo l’uscita dal governo di
za ticinese nei
Flavio Cotti, nel 1999, il Ticino non è più riuscito ad
posti di rilievo
dell’Amministra- eleggere un proprio rappresentante. Ci hanno prozione federale e vato invano Remigio Ratti, Patrizia Pesenti, Fulvio
con la questione Pelli. Respinta anche la proposta ticinese di portare
linguistica
i consiglieri federali da 7 a 9.
1
Le rivendicazioni degli svizzeri del Sud
tra sindrome di Calimero e realtà politica
D
ai collegamenti autostradali al consigliere
federale ticinese che
manca da 15 anni;
dai flussi finanziari
tra Capitale e Cantone agli effetti
degli accordi bilaterali sul mercato
del lavoro; dall’italianità tradita
alla scarsa considerazione per i
problemi di una regione di frontiera. È denso il contenzioso tra il Ticino e Berna. Da una richiesta all’altra si trascina da decenni, tra lamenti ingiustificati o legittime rivendicazioni. Ma con la domanda
di sempre: ticinesi “piccoli e neri”
come Calimero - la famosa animazione pubblicitaria- trascurati da
mamma Helvetia o i soliti lagnosi
mai contenti? A risollevare l’interrogativo ci ha pensato qualche
giorno fa il Blick, con un questionario che sta facendo parecchio
discutere: hanno ragione in Ticino
a sentirsi penalizzati? Tre le possibili risposte: sì, come minoranza
dovrebbero essere considerati di
più; no, perchè si tratta di un eterno lamento; come terza opzione,
la considerazione che ai retoromanci va anche peggio. A Palazzo
federale, tra i deputati del Cantone, le opinioni sono discordi.
“A parità di problemi, tendiamo a
lamentarci di più. Fa un po’ parte
del nostro dna. Ma c’è un motivo,
facciamo parte di un Paese che ci
riconosce, certo, razionalmente,
ma stenta ancora a farlo emozionalmente”, dice il deputato plr
Ignazio Cassis. Per il deputato udc
Pierre Rusconi il lamento è roba del passato: “Il
nodo è la mentalità differente nel considerare i
problemi. Ho la netta
impressione che spesso,
a Berna, non si rendano
conto che il Ticino confina con una realtà come
la Lombardia. Praticamente un’altra Svizzera,
per il numero di abitanti”.
Certo, il fattore geografico fa del Ticino una sorta di laboratorio. Perciò
il Paese guarda spesso a
sud. Qui, secondo molti
osservatori, la frontiera
“calda” è il terreno che fa
esplodere prima che altrove alcuni nodi irrisolti del Paese. E la protesta. Il Mouvement citoyen genevois (Mcg), è difatti considerato
una trionfante replica in salsa ginevrina della Lega ticinese. E non
per nulla la mozione del deputato
plr Ignazio Cassis sull’Iva dei “padroncini”, frutto di un disagio targato Ticino, ma sentito anche in altri cantoni di frontiera, ha strappato un’inedita unanimità in parla-
mento, sancendo così la valenzanazionale del problema. “Per troppo tempo - commenta il deputato
ppd Marco Romano - si è creduto
che fenomeni legati a determinati
gruppi politici, alla sicurezza o alla
disoccupazione, fossero solo ticinesi. Oggi si scopre che così non è.
Credo che il fattore geografico faccia del Ticino una sorta di ‘incubatore’ per problemi che, poi, finiranno con l’essere percepiti anche
in altre regioni. In particolare
quelle di frontiera”. Che il Ticino
sia una sorta di laboratorio sociale
lo sottolinea pure Cassis: “Siamo
incapsulati tra Lombardia e Got-
tardo, ciò fa sì che da noi si sviluppino quasi in vitro problemi che
potrebbero replicarsi su scala nazionale”. Secondo Romano, serve
un cambio di passo, soprattutto
nell’Amministrazione federale:
meno centralismo e più attenzione verso le regioni: “Per esempio,
se si cita il tasso di disoccupazione
nazionale si ha una visione del fenomeno che non corrisponde a
quello ticinese, dove i senza lavoro
sono di più. Non esiste un mercato
del lavoro nazionale!”. Da qui la richiesta di un approccio più dinamico e con sostegni differenziati:
“Affinchè l’effetto incubatore valga
anche per le soluzioni e non solo
per i problemi”.
Visione in fondo condivisa anche
a sinistra. “Ma è necessario - avverte la deputata ps Marina Carobbio - arrivare a Berna con proposte concrete e con l’appoggio dei
partiti nazionali”. Al riguardo, ricorda la richiesta del Ps di un rafforzamento delle misure accompagnatorie su alloggio, lavoro e
formazione come contropartita al
sì del partito all’allargamento alla
Croazia degli accordi sulla libera
circolazione.
[email protected]
Q@mlorusso_
IL PULCINO NERO
Calimero,
“pulcino piccolo
e nero”, è un
personaggio
dell’animazione
pubblicitaria
italiana degli anni
Sessanta. È il
quinto di una
covata della
gallina veneta
Cesira, che però
lo disconosce...
“perché è nero”
2
Sul fronte dell’italianità, le rivendicazioni puntano
alla tutela della lingua nelle università, scuole e nella pubblica amministrazione; principio tutelato
dall’articolo 70 della Costituzione federale che definisce le tre lingue ufficiali (il tedesco, il francese e
I SOLDI
La perequazione l’italiano) come equivalenti tra loro. Si chiede anfinanziaria vede il che una equa presenza di funzionari fra gli effettivi
Ticino fra i
nell’amministrazione centrale. La percentuale del 7
cantoni forti e
per cento di italofoni nell’apparato pubblico federiceve da Berna rale non è raggiunta in tutti i dipartimenti. C’è poi
sempre meno
un altro contenzioso che si è incancrenito con la li(25 milioni nel
2014). Ha anche bera circolazione delle persone prevista dai Bilaterali con l’Ue. Il Ticino, regione di frontiera, ha subipagato troppo
to gli effetti più pesanti, con un aumento fortissimo
per i premi di
dei frontalieri, saliti a 60 mila, e con il nuovo fenocassa malati,
oltre 450 milioni, meno dei padroncini, artigiani che arrivano dalma ne riceverà
l’Italia a prezzi competitivi. Contro l’aumento della
indietro solo 64
disoccupazione e il dumping salariale, le richieste
ticinesi vanno dai maggiori controlli sul mercato
del lavoro all’uscita dai Bilaterali. C’è, infine, pure
una ricorrente vertenza sulla perequazione intercantonale, sul fatto che il Ticino riceve meno di altri
Cantoni. Questione cavalcata da sempre della Lega
dei ticinesi.
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Gli intellettuali Angelo Rossi, Renato Martinoni e Fabio Merlini analizzano la dinamica dei rapporti con Berna
“Un cantone a predominanza leghista
che non sa farsi sentire là dove si decide”
C
GLI INTELLETTUALI
Dall’alto, Angelo Rossi,
Renato Martinoni
e Fabio Merlini
he il Ticino protesti contro Berna
non è una novità. “È da almeno 130
anni che si ripropone questa situazione - ricorda l’economista Angelo Rossi –
; e penso si continuerà anche per gli anni a
venire”. Un meccanismo inevitabile connaturato ad un federalismo che ognuno
vorrebbe tirare dalla sua parte, innescando così contrasti e fraintendimenti. “Non è
una questione di ragioni o torti, è una costante, un dato storico-istituzionale”, aggiunge l’economista. Ma per Rossi non si
può sostenere che il Ticino sia maltrattato:
“Abbiamo una televisione, una radio, una
università, una Supsi, in gran parte sostenute dalla Confederazione. Nessun altro
cantone è trattato in questo modo”.
Vero, però, che il peso del cantone è minore rispetto a quello dei grandi centri economici e politici. “Inevitabilmente quando
Berna decide, il Ticino viene considerato
un po’ meno di Zurigo, ma è un dato ineliminabile - sottolinea Rossi -. Non si può
modificare una costituzione a favore dei
cantoni periferici, piccoli, poveri”. L’alternativa è semplice: diventare indipendenti
o far pesare di più le proprie ragioni:
“Quando si hanno rivendicazioni da fare,
che si facciano, che si vada a Berna, non si
resti chiusi a Lugano. Invece, noto che
questo Ticino della Lega è un cantone che
si stacca dal resto della Svizzera. Che protesta, ma che non va là dove si decide a farsi sentire”.
In altre parole occorre imparare a far valere, nei modi adeguati, e nelle “stanze” giuste, le proprie necessità, come ribadisce
Renato Martinoni, professore di letteratura italiana all’università di San Gallo: “Precisiamo, il Ticino non ha sempre ragione
per protestare contro Berna, ma quando
ha buone ragioni gli manca la capacità di
comunicare queste urgenze”. Sbaglia i toni,
le modalità, le parole, si rifugia nel folclore
della protesta. “Con la Confederazione,
con la maggioranza svizzera tedesca, bisogna imparare a parlare - aggiunge Martinoni –. Questo non vuole dire ‘abbassare i
pantaloni’. Significa usare argomentazioni
giuste e serie. Non è con le rivoluzioni di
piazza che si ottiene quello che è dovuto”.
Una questione di cultura e di comunica-
3
IL DOPPIO TUNNEL
Si chiede
il completamento
del tunnel del
San Gottardo
con la seconda
galleria. Tema
che diventerà
sempre più
importante
in vista della
chiusura prevista
fra il 2020
e 2025
per le opere
di risanamento
zione: “Da una parte non siamo in grado di
farci capire, dall’altra ci conosciamo poco.
Ma abbiamo una sola strada possibile ed è
quella del dialogo. Il ribellismo, le protese
sono solo folclore”.
Attenti però a non scadere nel luogo comune, avverte Fabio Merlini, filosofo e direttore dell’Istituto universitario di formazione professionale, che nota invece un sostanziale rispetto verso il Ticino. “Ci guardano da un altro punto di vista, è
inevitabile, viviamo una realtà non sempre
comprensibile da Berna, è vero - osserva
Merlini -, ma non registro nei nostri connazionali sguardi di superiorità”. Secondo
Merlini, i pregiudizi di un tempo sono ormai svaniti: “In passato il nostro spirito rivendicativo non ha aiutato il dialogo, anzi
alcune forme pittoresche di protesta sono
state accolte fra la sorpresa e l’ironia. Oggi
invece c’è attenzione, giusta considerazione, perché si sa che c’è un cantone pronto a
farsi sentire. Un Ticino che quando ha avuto ruoli di responsabilità, ha dimostrato di
essere all’altezza”.
c.m.
L’intervista
4
BILATERALI
Sul Ticino si
fanno sentire gli
effetti degli
accordi bilaterali
sul mercato del
lavoro.
Timori per il
dumping
salariale e la
disoccupazione.
A Berna si
rimprovera di
sottovalutare
questo problema
Il politologo Sciarini tratteggia lo scenario delle relazioni con la capitale
“Serve un governo con nove membri
per rafforzare il senso d’appartenenza”
“C
redo che un Consiglio federale a
nove membri contribuisca a far sì
che anche il Ticino, finalmente, possa avere un seggio. E questo rafforzerebbe il
sentimento d’appartenza al Paese”. Per il politologo Pascal Sciarini, docente all’università di
Ginevra, la rappresentanza in governo è un ingrediente essenziale per cementare la coesione nazionale, neutralizzando così le accuse di
non essere presi sul serio dalla Berna federale.
In Ticino, come altrove del resto, si lamenta
il fatto che il Consiglio federale abbia trascurato a lungo la frontiera e l’effetto dei bilaterali sul mercato del lavoro. Che ne pensa?
“Non credo. Misure di protezione sono state
prese quando non si poteva prevedere l’evolversi della situazione. Poi si è cercato di correggere il tiro strada facendo”.
Intanto, il Paese ha guadagnato in crescita
in un contesto europeo segnato dalla crisi.
“E questo ha causato l’afflusso di molti frontalieri. Ora bisogna agire per evitare abusi”.
Il cantone si sente trascurato da Berna, così
si cercano vie alternative, come il sì dei Verdi ticinesi all’iniziativa Udc contro l’immigrazione di massa. Come giudica queste
scelte?
“Ho uno sguardo un po’ critico per queste fughe in avanti. Però capisco il contesto particolare”.
Si riferisce all’alto numero di frontalieri?
“Sì, come anche alle accuse di mancanza di re-
“Non credo che si sia evitato
di prendere in considerazione
i problemi della frontiera”
ciprocità effettiva con l’Italia”.
Avverte una spinta isolazionista?
“Sì. Una cosa che m’inquieta e che faccio fatica
a spiegarmi”.
Che spiegazioni tende a darsi?
“Credo ci sia una certa percezione distorta dei
problemi rispetto alla realtà delle cose”.
Ma si obietta che il tasso di disoccupazione è
più alto che nel resto del Paese.
“Vero. Ma se ci fosse una concorrenza sleale
pervasiva sarebbe, mettiamo, al 20%. Non si
tratta di sottostimare un problema oggettivo,
ma di sottolineare una certa percezione soggettiva superiore alla realtà effettiva”.
Lei vive a Ginevra. Esistono le stesse dinamiche anche lungo la frontiera occidentale?
“In maniera meno forte. Ma ci sono delle analogie pure a livello di rappresentanza politica”.
Allude al successo dell’Mcg che sembra replicare quello della Lega?
“Il fatto che questi movimenti esistano e abbiano successo, dimostra che determinati problemi sono innegabili. Ma non vorrei che l’esistenza stessa di questi movimenti finisca con
l’alimentare i problemi, esacerbandoli”.
Dopo Fulvio Pelli, a parte Filippo Lombardi,
il Ticino non ha più un politico in un ruolo
chiave nei grandi partiti. È un problema?
“Sì, ed è per questo che vedo con favore un
Consiglio federale a nove membri”.
Crede che l’ostacolo linguistico sia reale?
“No. Quanto a competenze linguistiche non
c’è miglior svizzero del ticinese. Un ostacolo,
semmai, è piuttosto la geografia, che limita la
collaborazione con gli altri cantoni”.
m.l.r
L’analisi/1
L’analisi/2
Per i ticinesi
è il momento
di assumersi
responsabilità
Meno
lamentele,
più senso
autocritico
CHANTAL TAUXE
direttrice aggiunta L’Hebdo
GERHARD LOB
corrispondente Basler
Zeitung e Tages Anzeiger
B
Reuters
MICHELANTONIO LO RUSSO
Il dialogo tra tante richieste e risposte mancate
erna tratta male il Ticino?
Sì, e l’errore è
principalmente da
imputare ad un parlamento
incapace di eleggere un
consigliere federale ticinese e
troppo esitante nell’istituire un
governo a nove membri, che
permetterebbe di
accontentare partiti e regioni,
di meglio ripartire il carico di
lavoro e, dunque, di meglio
rispondere alle attese della
popolazione.Il Ticino ha
ragione a lamentarsi? Sì, nei
confronti di Zurigo e Berna,
siamo tutti dei piccoli
Calimero.
Anche il canton Berna soffre
della mancanza di
considerazione da parte degli
altri e persino Zurigo
s’infastidisce per essere
sempre al centro di critiche e
gelosie. Il federalismo è
concorrenza, è legge della
giungla: per sopravvivere
bisogna spintonare, cercare il
colpo buono. Perché se
vogliamo che questo cambi,
se vogliamo ottenere qualcosa
(una presa di coscienza dei
bisogni, sovvenzioni,
attenzioni), non bisogna aver
paura di esprimersi. Problema:
sotto la Cupola federale ci
sono sempre meno persone
che capiscono l’italiano. Si
potrebbe pensare che non è
grave, visto che i ticinesi sono
dei multilingue dotati, che
possono esprimere i propri
desideri in francese o in
tedesco. Ma dietro l’incapacità
linguistica si cela un profondo
disinteresse culturale da parte
della maggioranza tedesca.
Pascal Couchepin l’aveva
denunciato: non è un bene
che la politica nazionale sia
pensata e governata
solamente in tedesco. Il genio
del francese e dell’italiano
sono indispensabili
all’elaborazione di soluzioni
“svizzere” e non solo svizzero
tedesche. I romandi si
lamentano tanto quanto i
ticinesi per la loro scarsa
rappresentanza nei piani alti
dell’amministrazione federale,
una lacuna insopportabile che
il Consiglio federale non
combatte se non mollemente.
Le minoranze latine non sono
percepite che attraverso
cliché: Ticino = grotto+Merlot,
Svizzera romanda = vino
bianco e salone dell’auto. I
romandi, a proposito, sono
ancora i migliori alleati dei
ticinesi? Purtroppo, la
solidarietà latina è a
geometria variabile. Una
profonda divergenza di vedute
separa le due realtà. Finora i
romandi sono stati partigiani
della libera circolazione e della
via bilaterale, mentre il Ticino
si è insediato nel campo dei
“Neinsager”. Ci amiamo, ma
non ci comprendiamo più. Il
Ticino ha ragione a lamentarsi,
ma gemiti e strepiti non sono
mai l’unica attitudine
raccomandabile. Bisogna
anche agire in funzione delle
proprie possibilità e
responsabilità. Il Ticino, invaso
quotidianamente dai frontalieri
e lavoratori distaccati “ladri di
lavoro” che alimentano il
dumping salariale. Ma chi li
assume, se non gli stessi
ticinesi? Il cantone pare non
avvertire un problema di
coesione economico-sociale
che potrebbe cercare di
risolvere da solo, favorendo
partenariati tra datori di lavoro
e mano d’opera locale?
I
l Ticino come minoranza
linguistica è svantaggiata in
Svizzera? I problemi dei
ticinesi ignorati a Berna? Il tema
non è nuovo. Da anni il ritornello
del cantone abbandonato e non
capito nella capitale si sente con
regolarità: nessun consigliere
federale ticinese, troppi pochi
funzionari di lingua italiana
nell’amministrazione centrale.
Troppa poca sensibilità per il
Ticino, per la sua posizione
geografica e i problemi del
mercato del lavoro.
Ma nella Svizzera tedesca
questo ritornello non sempre
piace. Parecchi colleghi, che ho
sentito al riguardo, mi dicono
che sono stufi di queste
continue lamentele. Nel 2008,
quando c’era la protesta per le
Officine di Bellinzona, la
‘Weltwoche’ scriveva: “Il Ticino
gioca nuovamente il suo ruolo
preferito: il gioco della regione
periferica trascurata, essendo
alla mercè della Svizzera
tedesca”.
In effetti c’è la sensazione che
volentieri si chiama in causa
Berna quando le cose vanno
male, ma si dimentica
facilmente che il Ticino ne
profitti, anche grazie
all’appartenenza alla
Confederazione e alla solidarietà
della Svizzera tedesca, che in
generale ama il cantone, pur
trattandolo ogni tanto
fastidiosamente in chiave
paternalista (“I nostri amici
ticinesi”). Pensiamo solo alla Rsi
che impiega più di 1000
dipendenti ed è finanziata dalla
maggioranza di oltre Gottardo.
Pensiamo a tutti i libri che - pur
con tirature basse - possono
essere pubblicati nella Svizzera
italiana grazie ai sostegni di Pro
Helvetia per le minoranze
linguistiche. E ancora: il nuovo
Tribunale penale federale si
trova a Bellinzona, le nuove e
costosissime gallerie di base del
Gottardo e del Ceneri sono in
costruzione e ci saranno grandi
vantaggi per la rete ferroviaria
cantonale.
Tutto ciò non significa che tutto
vada bene. È vero che con la
presenza della lingua italiana a
Berna c’è un problema. È vero
che per il Ticino la libera
circolazione delle persone ha
effetti diversi che non per il
canton Uri. Ma un po’ di
autocritica non guasterebbe.
Sicuramente non è colpa di
Berna se il collegamento veloce
fra Locarno e l’autostrada A2
non è ancora fatto. Non è colpa
di Berna se un ticinese chiama i
giardinieri italiani perché
costano di meno. E non è colpa
del ministro Burkhalter se non
viene in Ticino per parlare
dell’iniziativa Udc perché non è
stato invitato da nessuno.
Anche uno sguardo dal sud
delle Alpi verso le altre regioni
periferiche della
Confederazione sarebbe
opportuno. La Svizzera
orientale per anni è stata
esclusa dai miglioramenti nel
traffico pubblico (S-Bahn),
quando in Ticino sfrecciavano
già i nuovi treni Tilo. E che dire
della situazione di Ginevra che
lotta contro un traffico dei
frontalieri che supera quello
ticinese? La cosa veramente
importante è essere propositivi,
avere progetti innovativi e
realizzabili. “Se arriviamo con
le idee giuste, le porte a Berna
per il Ticino sono spalancate”,
diceva recentemente il
senatore ppd Filippo Lombardi.
Penso che abbia ragione.
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5
il mondo
Reuters
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
NORD AFRICA
Dopo la Primavera
LE
MAPPE
LUIGI
BONANATE
Se si spezza
l’esile asse
tra l’Arabia
e gli Usa
IL PRELUDIO
Il generale Abdel Fattah Al-Sisi
viene indicato da tempo come
il “nuovo Nasser”
Al-Sisi riconquista l’orgoglio di Nasser
Il futuro dell’Egitto dopo le rivolte visto con gli occhi di una famiglia
Il popolo egiziano è tornato
alle urne per decidere, ancora una volta, la carta costituzionale del Paese. Il referendum del 14 e 15 gennaio ha restituito l’ultima
parola ai circa 52 milioni di
egiziani con diritto di voto, a
sei mesi di distanza dalla destituzione dell’ex presidente
Mohammed Morsi. Un diritto che, tuttavia, è stato esercitato soltanto a metà, depotenziato dalla crescita di un
sentimento nazionalista esasperato che ruota attorno alla
figura del generale Gamal
Abdel Fattah Al-Sisi. L’assioma su cui è stata costruita
l’intensa campagna propagandistica a favore di Al-Sisi è
risultato tanto semplice quanto superficiale: deteriorare
l’esercito avvantaggia i suoi
detrattori e favorisce l’instabilità. A farne le spese non sono stati
solo i diretti antagonisti dei militari egiziani, ma anche attivisti e
giornalisti che tentano di svolgere il proprio mestiere. Eppure, il
generale sembra ora l’unica alternativa, per molti egiziani, per
la gente comune.
Come per la famiglia di Mariam,
(nella foto con la figlia e nipoti)
cristiana copta e moglie di un ufficiale dell’esercito, che mentre
sorseggia il suo tè insieme ai
suoi cari, spiega: “Durante la
presidenza Morsi abbiamo vissuto un periodo molto buio.
Molti cristiani sono stati presi di
mira, alcuni sono stati rapiti e liberati dietro riscatto, altri sono
stati uccisi. I nostri luoghi di culto sono stati danneggiati, se non
distrutti. Per questo motivo sostengo i militari: non possiamo
far mancare il nostro sostegno”.
Sono tante le famiglie qui al Cairo che la pensano come lei. Con
velata nostalgia Mariam ricorda
i tempi in cui a guidare il Paese
c’era Nasser. “Negli anni Cinquanta a nessuno importava la
comunità religiosa d’appartenenza: eravamo realmente molto più uniti di quanto non lo siamo adesso. Non mi fido dei politici egiziani, l’unico in cui credo
è Al-Sisi. Con lui, magari, torneremo ad essere uniti”. Il “tifo” per
il generale è diffuso. “Non ho let-
costituzionale, tra cui i Fratelli
Musulmani, hanno boicottato
le urne. In molti seggi gli elettori hanno inneggiato ad AlSisi intonando i versi di canzoni pro-militari e trovare
una voce fuori dal coro è raro,
specialmente dopo l’esplosione di un ordigno, un’ora
prima dell’apertura dei seggi
nel quartiere di Imbaba.
Quello che si sarebbe dovuto
prefigurare prima di tutto
come un diritto civile è diventato, nel clima esasperato, un dovere da rispettare
che non ha lasciato molto
spazio al dissenso: “L’atmosfera generale è tale per cui
una parte del Paese ha difficoltà ad esprimersi”, sostiene Alessandro Parziale del
Jimmy Carter Center.
Sono tante, infatti, le persone arrestate nelle scorse
settimane per aver manifestato la propria opinione,
spesso critica, nei confronti
BISHOY
MARIAM
dell’establishment militare. Ba14 anni,
NOHA
67 anni,
sti pensare agli attivisti Ahmed
studente
44 anni,
casalinga
Maher, Ahmed Douma o Alaa
impiegata
Abdel Fattah, detenuti per aver
organizzato alcune manifesta40 anni, è dello stesso avviso: le menti degli egiziani. Ancor zioni non autorizzate. Un crimi“Sisi è il nostro uomo per la de- più se si considera che i pochi ne, questo, introdotto dopo la remocrazia: serve qualcuno come partiti contrari alla nuova bozza, cente approvazione di una nuova legge sulle proteste che, di fatlui che ami questo Paese”. C’è chi
to, limita il diritto di manifestare
considera il generale “umano” e Consumi delle famigle egiziane, 2011
e lo consegna nelle mani del michi, come Asma, intravede in lui
nistero dell’Interno. Oppure si
un nuovo Gamal Abdel Nasser.
Abbigliamento, calzature
6%
potrebbe ricordare il caso di alPiù che un referendum sulla
Abitazione, energia, acqua 23.5%
cuni sostenitori dello Strong
nuova costituzione, dunque,
Cibo, bevande, tabacco
38.4%
Egypt Party, arrestati perché in
l’impressione è che si sia svolto
Istruzione
3.2%
possesso di volantini che invitaun plebiscito sulla capacità del
Sanità
9.6%
vano gli elettori a votare no.
generale di conquistare i cuori e
“Mi sembra di assistere ad una
Tempo libero e cultura
2.2%
messa in scena”, dice Mahmoud,
Trasporti, comunicazioni
9%
uno studente di economia che
Altri
8.1%
non nasconde la propria simpatia per Morsi. “Non c’è nulla al di
sopra dei militari adesso: o sei
con loro, o sei contro di loro”, dice
rassegnato. Da mesi si rincorrono le voci di una candidatura del
generale alle prossime presidenPil e forza lavoro per settore, %, 2012 ziali, finora sempre smentite, anche se Al-Sisi avrebbe dichiarato
Pil
Forza lavoro
di essere pronto a presentarsi se
il popolo dovesse chiederlo. Non
1°
c’è dubbio, però, che questa disponibilità passi attraverso il ri2°
sultato del referendum costituzionale. Un’alta partecipazione, i
dati parziali attestano attorno al
3°
36%, finirebbe per legittimare
ancora di più il ruolo di Al-Sisi
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 spalancandogli le porte del paFonte: Ocse
lazzo presidenziale.
Peter N. Nicolas
GIOVANNI PIAZZESE
COSTANZA SPOCCI
da Il Cairo
NABIL
17 anni,
studente
to la bozza, ma ho votato sì poiché questa costituzione vuole riformare in meglio il Paese”, dice
Magdy Matrouh, 55 anni, giunto
con tutta la famiglia in un seggio
non distante da piazza Tahrir.
“Anche mia moglie e i miei figli aggiunge - hanno votato sì. Se
Al-Sisi dovesse candidarsi lo voterei, ha le qualità giuste per essere il nostro presidente”. Anche
Salma, una donna velata di circa
La fosca e intricata questione mediorientale, che ormai non è più sovra-determinata dal problema israelo-palestinese, ma ha assunto una sua completa e
complessa dimensione
subcontinentale, sembra
chiarirsi nelle sue componenti strutturali. Ciò non
migliora la situazione, ma
almeno ne rende più chiare
le linee di tensione.
Due grandi (territorialmente) Stati, Arabia Saudita e
Iran, che abbiamo sempre
visto come abili manovratori di due diverse concezioni della politica (conservatrice l’Arabia saudita, “rivoluzionaria” l’Iran) e della
religione (sunnita la prima,
sciita la seconda), si trovano anche oggi l’uno contro
l’altro. Era sempre stato così, ma essendo le due maggiori forze, esse si guardavano, per così dire, da lontano consapevoli dei pericoli di un eventuale scontro.
Ma ad incrinare tale accorta linea diplomatica è
venuta, qualche anno fa, l’improvvisa, imprevista, impetuosa e affascinante “primavera” araba. Si
è trattato (e
si tratta) di
una straordinaria
innovazione nella storia mediorientale. Per la prima volta le
popolazioni di Tunisia, e
poi Egitto, Libia, Yemen, Siria si sono trovate a far politica in prima persona,
non più dirette da alleati
vicini, o lontani, come gli
Stati Uniti. Che i movimenti democratici in tutti quei
Paesi, e forse tra poco in altri, siano per ora in un vicolo cieco non significa che
fossero insensati o ingiustificati. Bensì che l’incrostazione dell’arretratezza politico-culturale di quelle popolazioni sta appena incominciando a spezzarsi.
Contestualmente, la spaccatura religiosa che in ogni
conflitto locale vede sempre sunniti e sciiti in conflitto, non consente più di
mantenere coesa l’unanimità anti-israeliana e antistatunitense.
E ora, gli Stati Uniti non
possono non appoggiare le
democratizzazioni in corso.
Così facendo rompono il
loro asse con l’Arabia saudita che, volenti o nolenti,
strutturava tutto l’insieme
della vita politica regionale.
Ma il cui limite politico sta
nella natura stessa del regime saudita, il più autoritario, arretrato e anti-moderno di tutto il Medioriente,
ma pure il più ricco! Gli
Usa hanno svolto una politica di corto respiro, preoccupati soprattutto del petrolio, perdendo di vista le
dinamiche interne al Medioriente. Sulla questione
siriana hanno quasi del tutto mutato il loro rapporto
tradizionale. Se questa tendenza dovesse approfondirsi sarebbe la rottura di
una diga, dalle conseguenze inimmaginabili.
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
6
l’attualità
Pro e contro dopo l’interrogazione di quattro deputati leghisti sulla possibilità che le famiglie aprano le porte ai profughi
DIBATTITO
Gli stranieri e l’ospitalità
NO
MANUELE
MORELLI
MIRTO
BIGNASCA
Imprenditore
e atleta
Pensionato
Deputato Lega
MAURO SPIGNESI
NO
NO
AMANDA
RÜCKERT
Praticante legale
Deputato Lega
SÌ
MARCO
ZAPPA
Compositore
e cantautore
ROBERTO
BALEMI
Ristoratore
Deputato Lega
NO
NO
IVANO
LURATI
GIANCARLO
Pensionato
Deputato Lega
SEITZ
Pensionato
Deputato Lega
O
ALDO
PEDRONI
NO
Elettricista
Deputato Lega
aprire le porte a qualcuno. Certo,
anni ‘90 qui veniva chi stava
NO negli
bene, non chi stava male. Tra gli
LIVIO
BORDOILI
Allenatore calcio
del Lugano
Ospiterebbe
a casa sua
Ti-Press
spiterebbe un asilante in casa? La domanda nasce da una
interrogazione firmata da quattro gran
consiglieri leghisti, Mauro Minotti, Fabio Badasci, Silvano Bergonzoli e Felice Campana. Hanno
chiesto al governo, visto che si è
alla costante ricerca di strutture
per stranieri che domandano asilo in Svizzera, se non sia il caso di
sensibilizzare con una maggiore
informazione le famiglie per aprire loro le porte di casa. Un gesto di
solidarietà “responsabile e disinteressato”.
Una proposta controcorrente, che
all’interno della Lega, come
emerge dal ventaglio di reazioni
raccolte dal Caffè, provoca una
certa irritazione. Ma anche adesioni tra esponenti della società
civile e tra gli stessi leghisti. Come
il deputato Giancarlo Seitz: “Perché no? Certo, sarebbe un po’
come nel film ‘Chi viene a cena?’,
ma io, a certe condizioni, li ospiterei. Credo però che l’interrogazione sia un modo nuovo, solidale, di
vedere il problema, di affrontarlo
da un punto di vista diverso. D’altronde noi della Lega siamo il partito di maggioranza, non possiamo solo criticare, dobbiamo anche cercare soluzioni”. Seitz, però,
aggiunge che “sarebbe importante aiutare i profughi nei loro Paesi.
Anni fa ho contribuito ad aprire
una panetteria in Ruanda, oggi ci
lavorano 12 persone”.
Per Ivano Lurati, invece, l’idea dei
quattro colleghi in parlamento
suona come una provocazione:
“Semmai sarebbe più giusto distribuire gli asilanti in diversi Paesi, in modo che nessuno possa
sentire il peso della loro presenza”.
Afferma, invece, il gran consigliere Aldo Pedroni: “Prima di pensare agli asilanti bisognerebbe pensare ai nostri vecchi che non riescono ad arrivare alla fine del
mese”.
E se il deputato Daniele Caverzasio si tira indietro perché dice
SÌ
NO
un
CHRISTIAN
VITTA
Economista
Deputato Plrt
NO
FABIO
REGAZZI
Imprenditore
Deputato Ppd
asilante?
“voglio leggere bene l’interrogazione”, la sua collega Amanda
Rückert ci scherza su: “Casa mia è
troppo piccola anche per me, non
c’è spazio, immaginiamoci se
posso ospitare qualcuno”. La deputata leghista giudica la proposta di difficile attuazione: “È complicata per molti aspetti a cominciare da quello dei controlli”. Un
problema che solleva anche il deputato Angelo Paparelli: “Un cittadino privato avrebbe troppi rischi. Se lo Stato ha deciso di far
entrare in Svizzera questa gente
deve anche offrire precise garanzie”. Sul compito dello Stato mette
l’accento pure un altro gran consigliere della Lega, Mirto Bignasca:
“Non sono d’accordo ad ospitare
gli asilanti, è un problema della
Confederazione non dei cittadini.
Se poi una famiglia vuol farlo è liberissima”.
Il consigliere nazionale leghista
Lorenzo Quadri, invece, offre
un’interpretazione diversa dell’interrogazione: “Secondo me
non è stato capito il senso. I colleghi volevano dire che chi vuole le
frontiere spalancate, tenuto conto
che i Paesi non vogliono i rifugiati
e gli hotel sono pieni, deve essere
coerente, dunque anche prendere in considerazione l’ipotesi di
ospitare gli asilanti”. Per Quadri,
però, ci sono problemi pratici:
“Chi si accolla i rischi legali di avere un asilante a casa? Io non lo farei mai”.
Roberto Balemi, gran consigliere,
dice: “Già è difficile persino avere
in casa la suocera, figuriamoci
persone sconosciute. Serve molta
convinzione e personalità per
SÌ
GERARDO
RIGOZZI
Direttore
biblioteca Lugano
ANGELO
PAPARELLI
NO
Architetto
Deputato Lega
LORENZO
QUADRI
NO
Giornalista
Deputato Lega
asilanti c’è chi effettivamente ha
bisogno e va aiutato e chi approfitta delle nostre leggi. Non ho
preconcetti, bisogna offrire a chi
ha voglia e buona volontà la possibilità di integrarsi, non genericamente ma analizzando caso per
caso”.
Estendendo la domanda oltre la
Lega, c’è chi ha pure forti dubbi,
come il deputato plrt Christian
Vitta: “Non vorrei che proposte
quasi irrealizzabili come questa,
distogliessero l’attenzione dal
vero problema: garantire strutture
idonee a chi arriva nel nostro Paese in fuga da guerre o persecuzioni”. Vitta, tuttavia, non riuscirebbe
a ospitare degli asilanti, “c’è un
problema pratico, serve spazio e
io non ne ho”. Non li ospiterebbe
neppure il consigliere nazionale
ppd Fabio Regazzi: “Paghiamo le
tasse è lo Stato che deve garantire
l’accoglienza, non può lasciarla ai
singoli. E poi, ospitare un asilante
vuol dire rispettare certe norme, è
una grande responsabilità. Penso
che l’idea dei leghisti sia impraticabile”.
E fuori dalla politica, che aria tira?
Marco Zappa, cantautore, dice di
credere in un mondo cosmopolita: “Perciò, non avrei alcun problema a dare un tetto a queste
persone”. Contrario Livio Bordoli,
allenatore del Lugano: “Spetta
allo Stato e non ai privati cittadini.
Si potrebbero ospitare nelle strutture militari, molte sono vuote e si
presterebbero bene”. No netto da
parte dell’imprenditore Manuele
Morelli: “I cittadini che pagano le
tasse finanziano lo Stato, ed è lo
Stato che si deve occupare della
sistemazione di queste persone”.
A Gerardo Rigozzi, direttore della
Biblioteca cantonale, l’idea invece non dispiace: “Ospitarli in casa
sarebbe molto meno degradante
che spedirli in cima al [email protected]
gno”.
Q@maurospignesi
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Mauro Poli
Non per moralismo, ma ci
sembra più che lodevole la scelta
del direttore dei cinema Forum di
Bellinzona e Ideal di Giubiasco di
tagliare la pubblicità per incontri
erotici e sessuali. “Non è il luogo
adatto”, ha commentato.
Si sfoderano nuove armi nella
lotta contro i “padroncini”. Ma
alcune sono a doppio taglio. Non
a tutti gli associati di Jardin
Suisse, presieduta da Poli, piace
la cauzione di 20mila franchi
contro la concorrenza italiana.
LA TRAPPOLA
IN AUTOSTRADA
È una mattina
tranquilla l’8 aprile
scorso sulla ComoChiasso, quando
all’improvviso si
scatena l’inferno.
Due furgoni blindati
diretti in una fonderia
in Ticino vengono
speronati e bloccati. I
banditi sparano e
portano via chili di
lingotti d’oro.
7
l’attualità
LE PANTERE DELL’EST
GHIOTTE DI DIAMANTI
La banda “Pink
Panther”, composta
da ex militari dell’Est,
entra in azione in
diverse città svizzere.
Solo a Zurigo porta
via diamanti e gioielli
per oltre 10 milioni di
franchi. La Polizia
crea un nucleo
specializzato
per le indagini
internazionali.
LA BOUTIQUE
SVUOTATA
Nel novembre di tre
anni fa, durante la
notte, una banda
specializzata penetra
nella boutique
Farfalla di Ascona,
portando via persino
i manichini. Vengono
svuotati due interi
piani del negozio. Per
i malviventi un ricco
bottino di capi di
abbigliamento griffati.
L’ASSALTO
ALLE GIOIELLERIE
Per due volte la
stessa gioielleria
viene rapinata ad
Ascona.
In entrambi i casi i
banditi fuggono in
bici. Per il primo
colpo quattro arresti.
Analoga rapina in via
Nassa a Lugano, ma
stavolta la fuga
avviene in moto.
Segue un arresto.
I RAPINATORI
DELLE POSTE
Era arrivata pure in
Ticino una banda
italiana specializzata
in rapine negli uffici
postali. I malviventi
disponevano già di
una base per un
colpo al Centro
logistico delle poste
di Pambio Noranco.
Piano sventato dalla
polizia che individua
e arresta sei persone.
Le piste che hanno portato ad individuare i banditi della Como-Chiasso e le indagini sugli assalti a gioiellerie e boutique del cantone
Il lato debole delle bande di confine
MAURO SPIGNESI
È bastato un errore. Un piccolo,
banale errore: una sim card intestata a un prestanome straniero,
tagliata in due e buttata via. Forse la fretta, forse la troppa sicurezza. Ma è bastato agli investigatori, dopo otto mesi di incessante lavoro, per individuare il
punto debole della banda, di origine pugliese, che ha assalito
nell’aprile scorso i furgoni portavalori diretti a Chiasso, con un
carico di lingotti d’oro per un valore complessivo di circa 12 milioni di franchi. È una prima
sconfitta, bruciante, per le bande criminali che imperversano a
cavallo della frontiera, spostandosi rapidamente da un Paese
all’altro. Bande come il gruppo
criminale che ha agito con fredda spavalderia sull’autostrada
Como-Chiasso, o come quella
che tempo fa ha svuotato due
piani di una celebre boutique ad
Ascona, eludendo videocamere
e allarmi, e poi indivividuata
comparando tecnica e modello
operativo con furti simili in altri
Paesi d’Europa. Gli investigatori,
in quest’ultimo caso, grazie al
paziente lavoro di analisi sono
riusciti a risalire ad un ungherese per il quale è stata richiesta e
ottenuta l’estradizione. Poi è toccato ai suoi complici dell’Est,
tutti arrestati.
“I modelli operativi di queste organizzazioni mutano secondo
l’obiettivo e l’esperienza dei diversi componenti”, spiega Gaetano Pascale, direttore del Dipartimento di criminologia della
Swiss school of management:
“Ma anche i professionisti, come
la banda che ha agito con cronometrica precisione sulla ComoChiasso senza causare un graffio
agli automobilisti e agli autisti
dei mezzi blindati, una piccola
sbavatura se la lasciano sempre
alle spalle. Gli arresti per l’agguato dei lingotti d’oro sono la
dimostrazione che la rapina per-
Errori e arresti dal colpo dei lingotti d’oro alle rapine di Ascona e Lugano
fetta, così come il delitto perfetto
non esistono”. Secondo il criminologo, dunque, anche chi ha
agito in Ticino tempo fa ha commesso un piccolo sbaglio. “Bisogna distinguere. Ci sono bande
VETRINE
SFONDATE
Una vetrina sfondata
in via Nassa con una mazza
Le inchieste
che si specializzano. Come quelle delle boutique o quelle delle
gioiellerie. Gruppi, comunque,
molto mobili che spesso sono
portati ad agire in territori diversi, scavalcando le frontiere. Una
volta puntando su un obiettivo
in Italia, un’altra in Svizzera,
un’altra magari in Francia”, spiega ancora Pascale: “Secondo gli
obiettivi, la particolarità dei luoghi, le singole specializzazioni
Le tecniche criminali usate in via Nassa e in via della Spiga sono molto simili
I banditi armati di mazze da baseball
vanno all’attacco dal Ticino a Milano
La tecnica usata è simile. E anche le armi
sono simili: mazze da baseball. C’è un filo,
sottile ma comune, che lega le rapine alle
gioiellerie Frank Müller di Firenze e di Milano, nella centralissima via della Spiga, con
quella compiuta a novembre alla nella gioielleria Charly Zenger ad Ascona. Come ha
raccontato in tv il proprietario della Zenger,
Alfredo Paganetti, in quattro hanno fatto irruzione nel negozio e poi con una incredibile violenza hanno spaccato tutto con le mazze. A Milano i banditi erano vestiti di scuro,
portavano zaini come ad Ascona, e indossa-
Il caso
vano il passamontagna, ma qui oltre i bastoni hanno usato pure bombe molotov per coprirsi la fuga. Ma alla fine delle indagini sono
stati beccati. La notizia è arrivata pochi giorni fa, gli autori dei colpi alla Frank Müller
erano di origine rumena e si erano specializzati soprattutto in rapine in prestigiose gioiellerie in tutta Europa.
Sono gli stessi di Ascona? Difficile dirlo, ma
sicuramente la tecnica è simile. Ed è la stessa
utilizzata anche in altre occasioni. Come a
Lugano, dove diverse vetrine di importanti
boutique o di gioiellerie sono state sfondate
proprio utilizzando le mazze. Alcune vetrate
hanno ceduto, altre, blindate, hanno invece
retto piuttosto bene il violento urto.
I ladri in molti casi concedono il bis. Se non
riescono a entrare nel negozio ci riprovano
tempo dopo. Oppure concedono il tris, come
è accaduto nella gioielleria Bonaglia di corso
Pestalozzi a Lugano, visitata ben tre volte dai
ladri.
Anche poco prima di Natale, sempre in centro a Lugano, una vetrina è stata spaccata
probabilmente anche in questo caso con
una mazza da baseball.
criminali dei diversi membri del
gruppo, si individuano le tecniche per agire. Ma quando si fanno colpi in serie, uno dietro l’altro, la possibilità di fare un errore, di lasciare una traccia, aumenta sempre di più. Perché
psicologicamente aumenta anche il senso di sicurezza dei rapinatori che compiono così degli
errori apparentemente inspiegabili”. Ecco, allora, la sim card
buttata via forse con la sicurezza
che l’intestazione a un prestanome avrebbe portato solo in vicolo cieco gli investigatori.
Però dietro ogni successo nelle
indagini c’è sempre un grande
lavoro d’equipe, un lavoro di pazienza, quotidiano, sistematico,
costante. Un lavoro che non trascura il più piccolo dettaglio.
Che analizza in ogni particolare
le immagini di telecamere e le
telefonate dei cellulari, ne sono
state esaminate tre milioni per
l’inchiesta sulla rapina dei lingotti che ha portato a due arresti
e ad individuare 18 persone tra
rapinatori e complici.
“Un altro punto debole di queste
bande è la loro dimensione”,
spiega ancora Pascale. Perché
un conto è agire in tre, quattro,
come è accaduto ad Ascona, un
altro se il colpo richiede un
gruppo molto più numerosi
come per la rapina sulla ComoChiasso. “Più persone ci sono,
più cresce il rischio di un errore dice criminologo-.Perché tra i
componenti di un gruppo criminale c’è quasi sempre qualcuno
con una personalità più fragile,
sebbene apparentemente sia un
duro. E allora entrano in ballo
aspetti psicologici, come un certo desiderio di autopunizione
per aver commesso qualcosa di
grave che spinge inconsciamente le persone a lasciare una traccia. È successo tante volte”.
[email protected]
Q@maurospignesi
Le anfetamine per il Vallese viaggiavano in taxi
Un traffico di stupefacenti dietro i fermi nel Locarnese e a Briga
Un tassista arrestato nel Locarnese, un altro in
cella in Vallese, un terzo ancora a piede libero a
Verbania. E, sullo sfondo, un traffico di farmaci tra
Italia e Svizzera. Sono questi i tratti principali di
un’inchiesta partita da Briga e arrivata sino a Domodossola, passando per il Ticino. Un’inchiesta
ancora aperta, che per ora s’è sviluppata soltanto
sul fronte elvetico. E questo perché i farmaci sequestrati, si tratta di anfetamine, sono considerati
stupefacenti illegali nella Conferazione, dove figurano persino nelle tabelle insieme con cocaina,
canapa e allucinogeni, ma non in Italia, dove esiste una normativa diversa.
Le indagini che hanno portato all’arresto dei due
tassisti italiani sono partite dalla denuncia di un
professionista di Briga. L’uomo si è rivolto alla polizia cantonale dopo aver scoperto che il suo conto in banca era stato alleggerito di 260 mila franchi. Le indagini degli agenti hanno portato a una
scoperta sorprendente: i prelievi erano stati effettuati dalla moglie del professionista. Seguendo la
strada dei soldi gli investigatori sono arrivati sino
a Domodossola. Qui, in una o probabilmente in
più farmacie, la donna acquistava anfetamine che
poi probabilmente rivendeva. Le sostanze passavano la frontiera e poi facevano oltre 60 chilometri dentro il bagagliaio delle auto guidate da insospettabili corrieri: tre tassisti italiani, secondo le
accuse della polizia del Vallese. Gli investigatori
hanno seguito gli spostamenti dei tassisti sino alla
dogana italiana, poi hanno fatto scattare la trappola. Il primo, sembra mentre consegnava le sca-
Un professionista ha scoperto
un ammanco nel conto in banca
ma i soldi li prelevava la moglie
tole di medicamenti alla donna, è stato arrestato a
dicembre. Dalle sue tasche sono spuntati 10 mila
franchi. Probabilmente, secondo quanto sospetta
la polizia, il compenso per il trasporto dei farmaci. Il secondo tassista, invece, è stato arrestato
qualche giorno fa nel Locarnese. La polizia non
Il commissario
‘
Sino a oggi l’inchiesta è andata
avanti solo in Svizzera, in Italia
quei farmaci sono legali
ha precisato dove, perché l’inchiesta è ancora in
corso. L’uomo, dalle poche informazioni emerse,
sarebbe arrivato in Ticino senza sospettare che su
di lui pendeva una richiesta d’arresto.
Il terzo tassista coinvolto nel traffico di farmaci,
infine, dopo aver saputo evidentemente quanto
accaduto ai suoi colleghi, e nonostante una convocazione da parte della polizia, si è ben guardato
dal varcare la frontiera italiana. E, visto che non
sono scattate rogatorie o richieste di assistenza
giudiziaria, è a piede libero. “Sino a oggi l’inchiesta è andata avanti sul fronte svizzero, dove questo genere di farmaci nelle tabelle federali supera
i valori consentiti”, spiega a Il Caffè il commissario
Nicola Alessandro Buono, a capo del gruppo della
polizia di frontiera di Domodossola che ha assistito gli agenti vallesani: “Queste sostanze in Italia,
seppure in vendita sotto prescrizione e assistenza
medica, nonché in modiche quantità, non sono
illegali”. Resta da capire il ruolo svolto dai farmacisti dai quali si riforniva la donna di Briga.
m.sp.
8
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
l’attualità
La toccante testimonianza
di una 63enne, da anni malata
di artrosi e affetta da fibromialgia,
rinata con la terapia a base di olio
di canapa. A chi ancora critica
il ricorso alla marijuana dice:
“Stavo così male che avrei detto sì
anche a una cura col veleno, pur
di non avere più quei dolori atroci”
“Quelle 17 gocce
che mi hanno
cambiato la vita”
PATRIZIA GUENZI
Q
Una battaglia vinta
dopo mille difficoltà
Nella foto sopra, Werner
Nussbaumer, il medico di
Gravesano un anno fa ha avuto
la sua rivincita: l’Ufficio federale
della sanità l’ha autorizzato
a prescrivere le gocce di olio
canapa per uso terapeutico
uelle diciassette gocce di canapa, mandate giù tre volte al giorno con un po’ d’acqua, un anno
fa le hanno cambiato la vita.
Oggi Yvonne Albergati, di Gravesano, è una signora di 63 anni
che tutto sommato riesce a fare
una vita abbastanza normale,
malgrado la fibromialgia e una
grave artrosi di cui soffre da oltre
vent’anni. “È stato un sollievo indescrivibile la cura alla canapa,
dopo tre-quattro dosi faceva già
effetto - ricorda Yvonne -. A migliorare quasi subito sono stati i
dolori, sino a un anno fa insopportabili, soprattutto alla schiena e alle gambe, e che mi impedivano di camminare. Solo il
cortisone mi aiutava un poco.
Ma non potevo uscire di casa,
salire le scale né sbrigare semplici faccende domestiche”.
Altri pazienti, meno
fortnati di lei, oggi
sperano nell’apertura di molti Paesi all’uso
terapeutico
della canapa.
Sposata, tre figli già
grandi, di cui uno
ancora in casa “per
fortuna lui mi dà una
mano”, dice Yvonne
che mai avrebbe
pensato di tornare a
sorridere. “Ero costantemente stanca
e, di conseguenza,
giù di morale - racconta, guardando
quel boccettino con
un liquido verdognolo sulla mensola
della cucina, come
fosse una sorta di elisir -. Non riuscivo
più a fare nulla da
sola, dipendevo dagli altri, avevo male
dappertutto. Non era
più vita”. Da anni,
tutta la famiglia Albergati conosce il
dottor Werner Nussbaumer. “Sapevo
della sua battaglia a
favore della canapa riprende Yvonne -.
Ho seguito le sue difficoltà e suoi problemi di dieci
anni fa, con l’arresto e la sospensione dalla professione, sino alla
sua rivincita”. Infatti, circa un
anno fa l’Ufficio federale della
sanità ha autorizzato il medico
di Gravesano a prescrivere le
gocce di canapa per uso terapeutico. Intanto, lo scorso otto-
YVONNEALBERGATI
Un anno dopo l’inizio della cura
con gocce di canapa
riesce a camminare da sola
Ti-Press
‘
La
storia
La vicenda
La malattia
I dolori
Il futuro
DA 20 ANNI
IMPASTICCATA
Una ventina di anni
fa a Yvonne viene
diagnosticata
la fibromialgia, oltre
a una grave artrosi
di cui già soffriva.
La donna, per
reggere i forti
dolori, è costretta
ad assumere
antidolorifici
e antinfiammatori.
bre Berna ha deciso la depenalizzazione parziale, per cui i consumatori di modiche quantità di
marijuana ora rischiano solo
una multa e non più una denuncia. Di canapa si è tornato a parlare, dopo la recente decisione
di alcuni Paesi di abbandonare
la tolleranza zero; l’ultima mazzata al proibizionismo è arrivata
dal Colorato, dove, dal primo
gennaio si può acquistare legalmente marijuana nei coffeeshop. E non soltanto per uso medico o terapeutico, come è già
permesso in ventuno Stati americani.
Attualmente sono circa centoventi i pazienti di Nussbaumer
in cura con la canapa. “Grazie all’autorizzazione di Berna anch’io ho potuto provarne i benefici - osserva sorridente Yvonne -
La cura
La rinascita
L’HANDICAP
NUSSBAUMER
LE GOCCE
Yvonne si rende
conto che così
non può andare
avanti, finirà sulla
sedia a rotelle.
E allora chiede aiuto.
Il medico di
Gravesano, che già
cura Yvonne, un
anno fa le propone
una terapia a base
di gocce di canapa.
Dopo un anno
di cura con gocce
di canapa Yvonne
si dice rinata:
cammina e esce di
casa normalmente.
. Altrimenti davvero non so
come oggi potrei tenere a bada i
dolori, se non imbottendomi di
antidolorifici e antinfiammatori,
che comunque sono ancora costretta a prendere quotidiana-
“Non hanno alcun
effetto collaterale.
Mi sono fidata del
dottor Nussbaumer
e ho fatto bene”
mente, seppure a piccole dosi”.
Una boccettina di olio di canapa
di 50 millilitri costa quasi 600
franchi. “Mi arriva direttamente
a casa da una farmacia di Berna
e dura un mese circa; per fortuna la cassa malati mi rimborsa,
altrimenti non potrei proprio
permettermi una cura così costosa”, dice Yvonne.
La fibromialgia di cui soffre la signora Albergati è una sindrome
caratterizzata da intenso dolore
muscolare cronico diffuso, associato a rigidità. “Prima di trovare
il giusto dosaggio c’è voluto un
po’ - ricorda -. Col tempo siamo
arrivati a fissarlo in 17 gocce tre
volte al dì. Nei periodi in cui sto
particolarmente bene posso anche ridurre il dosaggio”. Ridurre,
sì, ma non certo sospendere,
come invece è purtroppo costretta a fare da un paio di mesi:
“Una pausa forzata, poiché a
Berna è cambiato il medico che
autorizza la farmacia alla preparazione delle gocce. Spero che si
sbrighino, appena sospendo la
cura mi sembra di tornare ad un
anno fa. Di nuovo sono costretta
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IL RACCONTO
DELLA
REALTÀ
Anonymous
COME FU
CHE UN
TUNISINO
SPOSÒ UNA
TICINESE
Andrea
Vitali
SAPORI
E MITI
Carolina
Cenni
LE PAROLE
DEL 2013
Autori
vari
APPUNTI
DI VIAGGIO
Giò
Rezzonico
a farmi aiutare per ogni minimo
movimento e a muovermi con il
bastone. Salire anche pochi gradini è ridiventato un vero calvario ”.
Senza alcuna remora, Yvonne
consiglierebbe a tutte le persone
sofferenti come lei la cura con la
canapa. “È una terapia che non
ha alcun effetto collaterale.
Quando il dottor Nussbaumer
me ne ha parlato non ho avuto
alcuna titubanza. Mi sono fidata
di lui, e ho fatto bene. E poi stavo
così male… Ogni volta che piglio
in mano la boccettina di canapa
mi tornano in mente i dolori che
ho patiti e le terribili difficoltà
che ho dovuto vivere”.
Dolori insopportabili, lancinanti
e continui. Neanche l’ha sfiorata
l’idea di dire no alla proposta di
Nussbaumer. Incurante delle
polemiche sulla marijuana e di
tutto ciò che i media di tanto in
tanto scrivono sui potenziali pericoli e le controindicazioni, lei
non tornerebbe certo indietro.
“Non capisco perché tanto rumore su una terapia che ha ampiamente dimostrato i suoi benefici. La mia è solo una delle
tante testimonianze positive”.
Pure l’autorevole rivista medica
inglese “The Lancet”, qualche
anno fa riferiva dei risultati incoraggianti di sperimentazioni cliniche della canapa, soprattuto
nei pazienti affetti da sclerosi
multipla. I cannabinoidi agiscono positivamente contro dolori e
spasmi. Infatti, a fine anno, le
autorità sanitarie elvetiche hanno approvato l’uso di uno spray
sublinguale a base di cannabis, il
Sativex, per il trattamento di
questa grave e invalidante patologia. Il farmaco, già approvato
in 23 Paesi, sarà quindi presto
disponibile anche in Svizzera.
“Mi sembra evidente che la strada sia proprio quella di credere
in questa terapia, perché, ripeto,
dà risultati sorprendenti - ribadisce -. Inoltre è una cura controllata, autorizzata dall’Ufficio
della sanità pubblica. Più controllo di così!”. Agli scettici, a chi
ancora non solo non crede all’efficacia, ma non vuole sentir parlare di gocce di canapa, Yvonne
risponde: “Bè, sicuramente queste persone non hanno mai avuto dolori così forti da non sapere
più dove sbattere la testa. Ero arrivata a un punto tale che avrei
tentato qualsiasi cosa, avrei detto sì anche se mi avessero proposto del veleno. Purché mi lenisse almeno per un po’ le sofferenze”.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
9
l’attualità
Iosecondome
L’INTERVISTA
I miei pregi...
Il calcio del futuro
Sono abituato a mantenere
i nervi ben saldi
Cerco sempre di prendere la vita
dal suo verso più giocoso
“Una sola squadra?
È una buona idea”
I miei difetti...
René Bossi © ilcaffè
Posso apparire un po’scanzonato
affrontando alcuni argomenti
A volte cedo al pessimismo, perché
bisogna vedere anche il lato peggiore
Spiess parla dei problemi e del futuro del calcio ticinese
MASSIMO SCHIRA
P
arlare di calcio con
Giangiorgio Spiess è
quasi naturale. Perché i temi, le analisi e
le idee dell’ottantenne avvocato luganese si snocciolano in modo lineare, chiaro, continuo, anche in questa
tribolata fase per lo sport cantonale. Ha alle spalle una solida esperienza a livello internazionale e nazionale per analizzare le difficoltà attuali e tracciare possibili scenari. “Oggi la
situazione in Ticino è molto
precaria - spiega Spiess -. Difficilmente si può sperare di trovare le risorse nel cantone per
costruire una buona squadra
almeno di Challenge League. E
questo è un aspetto che mi fa
dire che l’avvenire del calcio di
alto livello in Ticino è tutt’altro
che roseo”. Sulla sqadra unica
dice: “È bene aver lanciato questo progetto”
Quale strada seguire per invertire la tendenza?
“Gli sconquassi recenti e meno
recenti insegnano certamente
qualcosa. Bisogna essere rigorosi. Per ricostruire con delle
prospettive servono tempo, pazienza e persone molto competenti”.
Spesso si traccia un’equazione che vorrebbe un grande
stadio come la “pietra angolare” di ogni progetto sportivo.
ball Club Ticino?
“Credo si tratti di un’iniziativa
rispettabile. Dopo tante parole,
Gilardi è il primo a mettere fuori la testa concretamente ed è
un bene che il progetto sia ora
lanciato. È una delle idee in circolazione per provare ad arrivare alla squadra cantonale”.
Secondo i vertici del calcio el-
Mb rvbmju° efm wptusp
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VCT Bewjdf/
vetico, serve un bacino di 400500 mila persone per avere
una buona squadra. Quindi il
Ticino sarebbe troppo piccolo…
“È una cifra condivisibile a livello teorico, anche se poi ad
essere decisiva è la percentuale
di persone che la squadra riesce ad interessare. E su questo
credo che tra i 300-350mila abitanti del Ticino un buon pubblico si possa trovare”.
Le piste di hockey, infatti,
sono sempre ben frequentate. Gli stadi, invece…
“Le squadre di hockey sfruttano al meglio le loro potenzialità, come l’ambiente caldo in pista o le condizioni di gioco
sempre costanti. Creando entusiasmo. È una formula vincente che dimostra, appunto,
che anche in un territorio più
piccolo di altri si può dar vita a
progetti interessanti”.
Anche perché, tutto sommato
e malgrado qualche recente
fallimento, il Ticino è un cantone sportivo tra calcio, hockey, basket, pallavolo,…
“Il bacino è certamente interessato allo sport. Attenzione però,
come si è visto negli anni, a non
vivere di utopie che non possono durare nel tempo perché i
progetti non stanno in piedi”.
Cosa pensa della richiesta del
Bellinzona di ripartire dalla
Prima Lega per “meriti sportivi”?
Le strutture
Le dimensioni
Le società devono
puntare sui giovani
e su forze locali
con rigore. Fc
Ticino? Progetto
rispettabile
Le due formazioni
di hockey mostrano
che anche un
piccolo territorio
offre spazi
per le eccellenze
È davvero così importante?
“Bisogna ragionare per tappe.
Ora, credo che la base di qualsiasi progetto sportivo sia una
società solida e competente.
Che lavori con pazienza nell’inserimento dei giovani e che
si basi sulle forze locali. Partendo da ciò, si può ragionare nel
provare a costruire una grande
squadra, con stranieri validi e
prospettive future”.
E lo stadio?
“È ovvio che una struttura all’altezza è necessaria. Senza
però voler per forza esagerare.
Credo, ad esempio, che la Lega
calcio esageri nell’imporre determinate strutture anche a realtà modeste. Lo stadio deve
essere comodo e sicuro, questo
sì. E dovrebbe vivere di altri
contenuti, oltre allo sport”.
Pubblico o privato?
“È passata l’era in cui era l’ente
pubblico a doversi fare carico
di strutture come gli stadi. Oggi
lo Stato deve occuparsi dello
sport popolare. Mentre gli stadi
devono passare attraverso investimenti privati. È un punto
fondamentale”.
Come valuta il progetto Foot-
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£ R’N ÿÀ¯Ô PõõŒ Œ ¥ŒçŒõõŒ çŒèfiç_õŒÔ
“Direi che è anche giusto considerando i 110 anni di storia del
club. Ripartire dalla Quinta
Lega sarebbe una punizione
troppo severa. Anche il Lugano
dopo il fallimento è ripartito da
un escamotage. L’importante è
che si torni a costruire in modo
serio, ma mi sembra già di vedere un buon entusiasmo attorno alla possibilità di ripartire. Non so che decisione prenderà la Lega, ma una sorta di
‘premio alla carriera’ per il Bellinzona non disturberebbe
nessuno”.
Più in generale, come sta il
calcio svizzero?
“A livello di strutture federali,
nazionali e di formazione dei
giovani direi bene. Il progetto
del 1994 ha dato i suoi frutti,
anche grazie alla freschezza dei
secondos, che ci stanno dando
davvero molto”.
I club, invece…
“Sono molto più preoccupato.
A parte poche realtà come Basilea, Young Boys o Lucerna, ci
sono tanti problemi. Soprattutto in Romandia. Mancano le risorse”.
[email protected]
Q@MassimoSchira
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
10
l’attualità
LA POLEMICA
Automobili e multe
L
unga e diritta correva
la strada. L’auto veloce
correva. È notte, come
nella “Canzone per
un’amica”, di Francesco Guccini, quando una Bmw
sfreccia a 222 orari davanti a un
radar mobile della polizia stradale sull’autostrada A2, tra gli
svincoli di Lugano Nord e Lugano Sud . È la notte del 10 gennaio
scorso, l’uomo al volante viene
fermato, la patente gli è immediatamente ritirata e la vettura
sequestrata. A parte la velocità
strabiliante, nuovo record dell’anno, dopo i 217 orari con cui è
stato immortalato, il giorno
dell’Epifania, sulla medesima
autostrada, all’altezza di Lodrino, un altro automobilista, la notizia merita poche righe di cronaca. Anche perché ormai tutti
sanno che, con le nuove e più restrittive norme del codice della
strada, la ben nota “Via Sicura”,
chi ha il piede pesante rischia
parecchio. Ma probabilmente
quasi nessuno sapeva che il conducente “beccato” a 222 all’ora
era il dipendente di un garage
del luganese, il
quale non guidava
la propria auto,
bensì di quella di
un cliente, del tutto inconsapevole.
Il caso solleva parecchi interrogativi, anche perché in
una
situazione
analoga potrebbe
trovarsi chiunque
affidi l’auto ad
un’officina.
“L’auto - ci è stato
confermato - necessitava effettivamente di alcune riparazioni e
di una serie di controlli”. Fatto
Il controverso caso del garagista
che sfreccia a 222 km/h sulla A2
Ti-Press
FRANCO ZANTONELLI
Se l’auto finisce
sotto sequestro
ma non guida
il proprietario
RADAR E CONTROLLI
Con le nuove norme
stradali i radar non
perdonano e aumentano
anche i controlli
dico del Tcs - si avvale della possibilità di confisca se la violazione delle norme della circolazione è stata commessa senza scrupoli. Ma anche per impedire al-
l’autore di commettere altre violazioni gravi delle norme della
circolazione”.
Inoltre, il legale del Touring Club
spiega che “sarà più facile giusti-
sta che il procuratore pubblico
Moreno Capella ha deciso il sequestro della Bmw. Il proprietario, nel frattempo, si è affidato ad
un legale per rientrarne in pos-
sesso. Ma, al di là di questa vicenda, su quali presupposti viene decisa la confisca di un’auto?
“Il magistrato - spiega l’avvocato
Andrea Roth, del Servizio giuri-
L’intervista
Le nuove e più restrittive norme viste dal presidente dei maestri conducenti
“Si banalizza la responsabilità individuale”
“L
I MAESTRI CONDUCENTI
Riccardo Pfister,
presidente dei maestri
conducenti ticinesi
e regole, vecchie o nuove, soprattutto quelle sui limiti di velocità, sono fatte per essere
rispettate. E questo è uno dei primi concetti
che spieghiamo a chi frequenta i corsi per la patente”.
Riccardo Pfister, presidente dell’Associazione svizzera maestri conducenti, non entra nel merito del caso
del dipendente del garage beccato a 222 all’ora, ma
avverte che “negli ultimi anni c’è stato un degrado generale nei comportamenti degli automobilisti”.
Un degrado dovuto a cosa, in particolare?
“I fattori che concorrono a questa situazione sono
diversi. Il primo è sicuramente la banalizzazione
della responsabilità individuale. Quando si dice che
un’auto è sbandata sulla strada bagnata ed è finita
fuori strada, non si dice una verità”.
Vuol dire che la colpa è del conducente?
“Certo. Se fosse andato piano, se fosse stato pruden-
te come noi ripetiamo sino alla nausea a chi viene
alle nostre lezioni, certi incidenti non accadrebbero.
La prevenzione è importante”.
Cosa pensa delle nuove norme che hanno già portato al sequestro di auto e al ritiro di decine di patenti?
“Noi siamo innanzitutto formatori. E nella formazione spieghiamo anche le regole, che spesso però sono
poco chiare. Prendiamo, ad esempio, l’ultima regola
sui fari accesi di giorno. Tanti sono tranquilli perché
hanno l’accensione automatica, che funziona con
un sensore, ma non sempre i fari che si accendono
sono quelli giusti”.
Le regole poco chiare non aiutano.
“Il problema è che molti non ne afferrano il senso.
Ma ci sono e vanno rispettate, per il bene di tutti, per
non creare inutili pericoli”.
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MB¸ïü[c[¸ Gl ŸŸŸ.¸ïÂc„Öï.G[çüBÖ[ç.¢Î
ficare una confisca qualora chi ha
commesso il reato utilizza, abitualmente, il veicolo con cui ha
violato il codice”. Ma allora, viene
da chiedersi, come si giustifica il
sequestro della Bmw nonostante
chi la guidava abbia subito ammesso che lo faceva all’insaputa
del proprietario? “La legge stabilisce che, se il veicolo appartiene
a terzi, è comunque possibile
procedere alla sua confisca - risponde l’avvocato-, ma solo nell’eventualità in cui l’autore del
reato ne potrebbe ancora disporre”. Il che, a quanto si sa, non pare
possibile, nel caso della Bmw. Di
conseguenza è verosimile che
l’auto sia dissequestrata.
Tutt’altro discorso, invece,
quando le auto rimangono confiscate. “Il giudice - precisa il legale del Tcs - può ordinare di
venderle, stabilendo poi cosa
fare del ricavato. Che potrebbe
anche essere destinato a un’organizzazione di aiuto alle vittime di incidenti stradali”.
Dall’inizio dell’anno, sono parecchie le auto finite sotto sequestro, molte delle quali di
conducenti stranieri, del tuto
ignari delle nuove disposizioni,
entrate in vigore, in Svizzera, con
il primo gennaio. Chi corre troppo e magari ha pure alzato il gomito, peggio ancora se provoca
un incidente, rischia grosso.
Come quel 27enne che, per essere sfrecciato a 148 all’ora sulla
cantonale, a Sant’Antonino, si è
visto infliggere, lo scorso 11 gennaio, una condanna a 12 mesi
con la condizionale. Insomma,
per tornare a Guccini, sono ormai tramontati i tempi in cui
“lunga e diritta correva la strada
e forte il motore cantava”.
[email protected]
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
11
la politica
IL
PUNTO
Da sempre il cantone
è terra di gente originale,
imprevedibile.
Irruenti, polemici,
ma anche precursori.
Bastian contrari.
Ecco la loro storia
CATHERINE
BELLINI
Gli indignati speciali della politica
Da Stevenoni a Poggi passando per Nussbaumer, quando il partito si fa provocazione
Da Stelvio Stevenoni a Donatello
Poggi. Quarant’anni di “indignati”speciali. Passando per Werner
Nussbaumer e Lele Delcò, quello del partito dell’Umbrela:
“mangià e bev e fa naa la canela”.
Da sempre il Ticino è terra di
gente originale, imprevedibile.
Provocatori, ma anche precursori. Bastian contrari. Caratteri
del resto presenti in tutti i partiti.
Come Franco Cavalli, l’ex consigliere nazionale socialista. Prima nel Psa, poi nel Ps, sempre
critico. Sempre in dissenso. Alla
ricerca di un mondo che non c’è.
Fondatore di “correnti” come
Furum, Prospettive socialiste e
ora Forum alternativo. Personaggi che nei vari momenti della
vita, hanno sempre riproposto la
propria originale visione del
mondo. Capaci di distinguersi
senza vincoli, come Jaques Ducry, nel Plrt, libero pensatore ed
“estremista liberale” allo stesso
modo con cui Alex Pedrazzini,
“il monello” lo è stato nel Ppd.
Capace da ministro, di rinunciare al potente dipartimento del
Territorio e lasciarlo nelle mani
della Lega. Politici che sanno attraversare i partiti, i movimenti,
la stessa società. Contro il sistema.
L’ultimo, Donatello Poggi, operaio delle Ffs alle Officine di Bellinzona. Inizia a sinistra nel partito del Lavoro, ora partito comunista, fonda un suo movimento (L’Onda), confluisce
infine nella Lega. Da sinistra a
destra, sempre se stesso. In dissenso, si dimette da deputato, e
contro la “Lega dei colonnelli”
dà vita ad un nuovo movimento,
quello degli indignati. Un “fronte” in difesa di un Ticino della
Lo scontro
Buscar levante por el ponente.
Come Cristoforo Colombo,
l’Unione democratica di centro va a sinistra per “sbarcare”
a destra. Per occupare lo spazio che la Lega “governativa”,
“responsabile” “collaborativa”,
sta via via abbandonando.
Contro il “taglio” dei sussidi ai
premi della cassa malati, l’Udc
si è alleata con la sinistra, con i
socialisti e con i Verdi, raccogliendo le firme per il referendum. Proprio come in un recente passato faceva la Lega di
Giuliano Bignasca che non
aveva paura di mischiare le
proprie bandiere con quelle
rosse e verdi contro i “cassamalatari”. “Si è trattato di una
battaglia a favore di tutti i ticinesi – spiega il capogruppo in
parlamento Marco Chiesa - e
sono felicissimo che l’Udc sia
scesa in piazza”. Ovviamente
con tutti i distinguo del caso, la
convergenza non ha comportato per l’Udc l’abbandono
STEVENONI
Protoleghista.
Negli anni ‘70
comincia ad
Ascona con il
Pad, Partito
d’azione
democratica,
che trasforma
in Pam
NUSSBAUMER
Prima a sinistra
con Carobbio,
poi con i Verdi,
con il Partito
umanista,
Forza civica e
infine Verdi
liberali e
democratici
gli atteggiamenti della Lega di
Giuliano Bignasca e di Favio
Maspoli dei primi anni ‘90. Stevenoni tentò pure l’avventura
alle cantonali nel ‘71. Fu travolto
da scandali, donne, wisky e droga. Processato e condannato a
sette anni di carcere fu destituito
da municipale di Ascona nel
1985.
Stevenoni fa parte del fiume carsico di quel sottobosco, night,
droga e prostituzione, che vedrà
poi negli anni ‘90 esplodere in
politica un altro “borderline”
come Giuliano Bignasca, ma di
ben altra fortuna. E che si collega
anche con Luciano Poli, ex deputato leghista, recentemente
riemerso come amministratore
del locale a luci rosse Luminos.
Più paesana la figura di Lele Delcò, interprete del qualunquismo
più sguaiato e popolare. Cominciò per scherzo con il suo partito
dell’Umbrela fondato nel suo
grotto, che poi di volta in volta
trasformò in Partito dei cittadini,
Partito delle donne, Partito popolare 2000: il tutto per una risata, uno sghignazzo.
Ma c’è anche Nussbaumer, medico. In politica negli anni ‘80
prima nel Psa, assieme a Werner
Carobbio e John Noseda, poi cofondatore dei Verdi, con Giorgio
Canonica e Alessandro Boggian,
quindi ispiratore di varie liste:
Indipendenti insubrici, Ticino
pulito, Partito umanista, Forza
civica e Verdi Liberali e democratici. Anche lui in lotta con la
morale comune. Arrestato dieci
anni fa per aver somministrato
canapa per uso terapeutico, fu
successivamente autorizzato
dall’Ufficio federale della sanità,
riprendendosi così l’onore perduto.
[email protected]
Q@clem_mazzetta
POGGI
Operaio alle
Officine Ffs.
Inizia a sinistra
nel Pdl,
finisce nella
Lega, ora ha
creato il
movimento
degli Indignati
I personaggi
gente. Di una politica che la Lega
- sostiene - ha ormai dimenticato. Come lui parecchi altri. Personaggi che hanno diviso il canL’EX DEPUTATO
Franco
Cavalli,
71 anni
tone, fatto parlare i giornali. Dissentendo. Protestando. Anticipando svolte. Assecondandole.
A cavallo spesso fra legalità e illegalità, outsider per scelta e per
carattere. Vite al limite, come
quella di Stelio Stevenoni, quasi
un protoleghista, che sconvolse
la vita politica del Locarnese ne-
gli anni ‘70. Cominciò ad Ascona fondando il Pad, partito
d’azione democratica, che poi
trasformò in Pam, partito Antimafia. La mafia per lui era il sistema dei partiti. Ne denunciò
gli intrecci fino allora inconfessabili, in modo disinvolto, ricattatorio. Anticipando in questo
L’impegno del settantunenne Franco Cavalli
L’intervista
“È diventato indispensabile agire,
occorre sempre mettersi in gioco ”
L’impegno politico declinato nel modo più “rivoluzionario” possibile, da indignato permanente
quello di Franco Cavalli, famoso oncologo ed ex
consigliere nazionale ps, 71 anni, con un passato
nel Psa. Lo scorso novembre, distribuiva volantini
alla stazione per salari più giusti.
Perché questa azione?
“Perché indignarsi non basta più. Bisogna saper
proporre. Ci vuole l’azione per smuovere la gente.
Occorre mettersi in gioco, ancora e poi ancora”.
Ma il Ps non basta più?
“Il Ps ha una struttura che è ormai diventata molto
istituzionale, concentrata in parlamento e nelle
commissioni. Ma la gente non la si fa maturare politicamente solo con l’attività in Gran Consiglio”.
Così dopo Prospettive socialiste, ha costituito il
Forum alternativo.
“Sì.Siamo vivi e stiamo cercando di chiarirci le idee
sul che fare. Abbiamo creato vari gruppi di approfondimento, dall’Europa, alle privatizzazioni, alla
decrescita, ai problemi del lavoro”.
Concretamente?
“Il prossimo 23 gennaio a Massagno presenteremo
un film sulle condizioni della Grecia, con un testimone, poi proporremo la questione cinese... ”.
Con quali finalità?
“Sono iniziative che ci serviranno per articolare le
nostra posizioni da presentare entro l’estate”.
Siete attivi anche su temi nazionali, cantonali?
“E come no! Abbiamo lavorato per la votazione
1:12 e dato una mano al Ps nella raccolta delle firme contro i tagli dei premi della cassa malati”.
Darà battaglia su preventivo e freno al deficit, dopo aver raccolto le firme contro i tagli ai sussidi sanitari
La svolta quasi a sinistra dell’Udc
per occupare lo spazio della Lega
delle propria ragione sociale. “Il
nostro obiettivo rimane quello
del risanamento delle casse
pubbliche e dell’introduzione
del freno alla spesa, - aggiunge
Chiesa –. Per questo ci opporremo al freno al deficit che sarebbe
catastrofico. Sarebbe l’origine di
una scala mobile per le imposte
con un’unica direzione: in salita”.
Va ricordato che l’Udc aveva
proposto di rinviare la riforma
sui sussidi di cassa malati di un
anno, dando agli assicurati la
possibilità di informarsi meglio
e cambiare cassa optando per
modelli più convenienti. “Calcolando il premio medio di riferi-
Ti-Press
CLEMENTE MAZZETTA
‘
Il Grande Centro
Macché governo di centro
destra, questo è soltanto
un governo di centro.
Con Masoni invece...
mento solo sul modello ‘medico
di famiglia’ senza nessuna ponderazione col modello standard
come s’è fatto, il Cantone ci
avrebbe guadagnato non 14, ma
38 milioni”, precisa Chiesa, sentendosi ampiamente giustificato
per l’alleanza referendaria
con la sinistra. “Del resto non
considero questo governo
Lega, Plrt, Ppd un governo di
centro-destra, ma soltanto
rassemblement al centro,
dove ‘qualcuno’ si è spostato”.
Evidente il riferimento alla
Lega che ha cambiato idea sui
sussidi e sul moltiplicatore
cantonale che sarà introdotto
con il freno al deficit.
Per Chiesa un governo di destra avrebbe invece ridotto le
uscite, impedito l’arrivo di 60
mila frontalieri, aumentado
loro pure le imposte alla fonte.
“Un governo di centro-destra
era quello del 2003 con Marina Masoni che aveva proposto
il freno alla spesa per costringere il Cantone a non aumentare le uscite oltre la crescita
del Pil”, conclude Chiesa, confermando il no al preventivo
2014. Proprio come intendono fare i Verdi e probabilmente pure i socialisti.
c.m.
La morale
dei ministri
sulle entrate
extra salario
È come se i consiglieri di
Stato si fossero dati dei buoni propositi per il nuovo anno e avessero deciso di contribuire al benessere finanziaria del loro cantone. Il
consigliere di Stato di Basilea Città e presidente della
Conferenza dei direttori
cantonali della sanità, Carlo
Conti, ha rassegnato le dimissioni perché esaminando la sua contabilità ha scoperto di aver “dimenticato”
di riversare nelle casse pubbliche gli onorari ricevuti
per discorsi o altre attività
svolte nella sua funzione di
ministro. Totale: 111’000
franchi, somma poi subito
rimborsata.
Carlo Conti non è un eroe
nazionale, ha agito sotto diverse pressioni. È stata l’inchiesta aperta nel vicino semi cantone di Basilea Campagna, contro i ministri e gli
alti funzionari che avevano
incassato 320’000 franchi da
attività accessorie, che l’ha
fatto reagire così. Infatti, in
passato il ministro avrebbe
avuto - nel corso dei suoi 14
anni di governo - più di una
volta la possibilità di accorgersi delle sue “dimenticanze” . Infatti, come rivelato
dalla Tageswoche,
i servizi del personale del suo Cantone inviano ogni
anno un documento a tutti i
consiglieri di
Stato, pregandoli di segnalare
i loro redditi accessori. In
ogni caso, queste dimissioni
hanno un che di positivo.
Hanno il merito di mettere
sotto la luce dei riflettori le
diverse scelte adottate nei
cantoni... Quelli in cui i consiglieri di Stato devono rimborsare tutto, quelli in cui
possono conservare una
parte dei redditi accessori
per i costi sostenuti o, ancora, quelli dove è possibile
trattenere una quota dei gettoni di presenza incassati
nelle sessioni dei consigli
d’amministrazione delle società appartenenti del tutto
o in parte allo Stato.
Dopo questo caso, alcuni
cantoni hanno manifestato
la volontà di voler cambiare
sistema. E taluni ministri
hanno rinunciato quasi improvvisamente a queste entrate. È quanto è accaduto
domenica scorsa a Berna,
dove la consigliera di Stato
Beatrice Simon (Pbd) ha annunciato di voler rinunciare
circa 25’000 franchi, che le
sarebbero spettati per alcune attivita collaterali alla sua
funzione. Lo stesso giorno è
stata seguita dalla collega
Barbara Egger (Ps) che ha rinunciato ad incassare circa
50’000 franchi di redditi ottenuti da attività accessorie
a quella di ministro. Tre
giorni più tardi, tutto il governo ha deciso di non più
ricevere indennità supplementari. L’ improvviso risveglio di sensibilità verso soldi
pubblici in realtà “commuove” poco la popolazione,
tanto sembra forzatamente
obbligato. Soprattutto a Berna, dove il 30 marzo si terranno le elezioni cantonali.
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
12
l’economia
Keystone
TENDENZE
Il nuovo turismo
Mentre il Ticino
ha chiuso al burqa,
il resto del Paese è
a caccia dei clienti
del Golfo.
La loro crescita
nei pernottamenti
è progressiva
MICHELANTONIO LO RUSSO
C
ome loro non c’è nessuno. Crescono anche più dei cinesi.
Comunque è un testa
a testa: arabi e cinesi.
Sono loro il futuro del turismo
rossocrociato. Innanzitutto perché spendono. E tanto. In media,
i turisti arabi lasciano 500 franchi al giorno, i cinesi 350. Per i
pernottamenti, il discorso è più
sfumato. L’anno scorso, quelli
dei turisti del Golfo sono cresciuti del 23,9% al confronto del
2011, lo 0,5% in più rispetto ai cinesi. C’e di che rammaricarsi in
Ticino che col voto contro il burqa ha raffredato un mercato turistico mlto promettente.
Tanto più che il boom arabo non
è una novità. Dal 2006 al 2012, i
pernottamenti dei turisti del
Golfo sono aumentati del 78%. E
le potenzialità sono enormi.
Non a caso, due anni fa, Svizzera
turismo ha inserito i cittadini di
Arabia Saudita, Kuwait, Qatar,
Emirati Arabi, Oman e Bahrein
nella lista strategica dei gruppi
con grandi potenzialità di crescita, insieme a Cina, India, Russia,
Brasile e Polonia.
Quanto l’economia nazionale
conti su questi ospiti, lo ha dimostrato proprio recentemente
ancora Svizzera turismo che,
con Hotelleriesuisse, ha pubblicato una brochure destinata ai
professionisti del settore che
operano con turisti arabi. In pre-
Saranno gli arabi a rilanciare il turismo
Gli ospiti “halal” spendono 500 franchi al giorno e stanno già superando quelli cinesi
cedenza, un’iniziativa analoga
era stata destinata a cinesi e indiani.
Keystone
In genere, si tratta di turisti giovane: il 58% di coloro che visitano la Svizzera, ha tra i 16 e i 35
anni. L’80% di essi, poi, predilige
il tour della Svizzera, anche se la
destinazione principale rimane
Ginevra.
Ma sono sempre di più le località
di villeggiatura del Paese, anche
di montagna, che da tempo si
stanno attrezzando per il cosiddetto turismo “halal”, termine
che significa “lecito”, non riferito
solo al cibo ma, più in generale,
Nella guida c’è uno spaccato della mentalità di questi nuovi turisti. Dal vestiario alle abitudini
alimentari, dalle frasi di circostanza all’orario in cui servire i
pasti. Uno strumento prezioso
per una realtà sconosciuta. Per
esempio, dalla guida si apprende che gli arabi viaggiano in
grande. La famiglia, in questo
caso, è veramente allargata perché la comitiva può contare anche 60 persone, con tanto di autisti, cuochi, segretari e tate.
L’intervista
a ciò che è conforme alle leggi
del Corano.
Ad ogni modo, la domanda del
turismo “halal” è perlopiù a cinque stelle, e l’offerta s’adegua.
Un esempio lo offre Zurigo. Qui,
nel 2015, il gruppo “LH&E” inaugurerà il Kameha Grand Hotel,
c245 tra camere e suites. “In alcune camere – spiega al Caffè
Stefan Wurm, direttore marketing del gruppo -, al soffitto ci
sarà una freccia che indica la direzione della Mecca, posta di-
Per il professore Wagenseil tra i nuovi trend cultura e medical wellness
“Si va verso un’offerta diversificata”
T
uristi arabi e cinesi, certo. Ma anche
“medical wellness” e turismo culturale. Per Urs Wagenseil, direttore del
Centro di competenza sul turismo dell’Università di Lucerna, il futuro che avanza è all’insegna della diversificazione dell’offerta.
Con un occhio molto attento alla concorrenza.
Ieri il turismo nazionale guardava all’Estremo oriente. Oggi ci si concentra
sempre più sul mondo arabo.
“L’attenzione è giustificata. I turisti del Golfo
sono una realtà destinata a diventare sempre
più importante”.
Come i cinesi?
“E come i turisti di altre Paesi emergenti. Il
turismo rossocrociato fa bene a diversificare
la propria offerta”.
Questa diversificazione è frutto di una
strategia o è casuale?
“Dietro c’è un grande lavoro. Che sta dando i
suoi frutti, come dimostra la tenuta del settore di fronte alle crisi politiche e finanziarie”.
I nuovi turisti arabi, cinesi, indiani, prenderanno il posto degli europei?
“No. La crescita c’è, ma non certo fino a questo livello”.
Il rapporto euro-franco continua ad essere
motivo di preoccupazione?
“Sì. Non credo che, per quanto riguarda l’immediato futuro, la quota dei turisti della zona
euro crescerà”.
Tra i settori in espansione dell’offerta turistica, si punta molto sul “medical wel-
lness”. La sua opinione su questo trend?
“Le prospettive sono buone. La Svizzera può
far leva su valori come sicurezza, elevato
standard della sanità e affidabilità”.
Prevede un boom del settore?
“No, perchè in quest’o settore non siamo la
destinazione principale. La concorrenza è
agguerrita”.
Ci sono altri trend che meritano di essere
valorizzati?
“Certo, per esempio, il turismo che ha a che
fare con la formazione e la cultura in senso
lato”.
Chi sono i potenziali clienti?
“Persone che hanno iniziato a viaggiare negli
anni Settanta o Ottanta, ma che ora cercano
qualcosa di più delle due settimane al mare”.
scretamente all’interno di una
decorazione floreale”.
Quest’attenzione su misura non
deve stupire. Oggi, “halal” è diventato un vero e proprio brand.
Dal dopobarba agli hotel, dai ristoranti ai cosmetici, dall’abbigliamento allo shampoo, le multinazionali fanno a gara nel produrre prodotti rigorosamente in
linea con i dettami coranici. Il
mercato, del resto, è enorme. Nel
2030, i fedeli dell’islam saranno
infatti quasi un terzo della popolazione mondiale.
Mentre in Ticino, con la votazione antiburqa, si è dato un segnale di chiusura verso il mondo
arabo, il turismo nazionale va in
controtendenza, facendo di tutto per attirare i facoltosi turisti
del Golfo. Ma c’è il pericolo di
un’iniziativa nazionale antiburqa sul modello di quella ticinese.
Ci sta pensando il consigliere
nazionale solettese Walter Wobmann, udc, reduce dal successo
della “sua” ultima campagna,
quella sul contrassegno autostradale. “Per il lancio di un’iniziativa anti-burqa – dice al Caffè
– aspettiamo il dibattito alle Camere sul voto ticinese. L’iniziativa cui pensiamo, comunque,
non è contro l’islam né contro il
burqa. Lo scopo è d’ordine pubblico: far sì che le persone che girano per strada siano riconoscibili”.
[email protected]
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IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
13
l’economia
I
NUMERI
AFFARI
Il nuovo commercio
LORETTA
NAPOLEONI
Ti-Press
Gli hacker
provocano
gravi danni
all’industria
GIORGIO CARRION
“L’
unica soluzione per frenare la chiusura dei piccoli negozi al
dettaglio è la loro specializzazione”, afferma Gian Paolo Torricelli, docente all’Accademia di architettura di Mendrisio e coautore di uno studio sul piccolo
commercio in Ticino tra il 2011 e
il 2008. E avverte: “Il negozio generalista, seppur di settore, sparirà. Contro l’egemonia dei supermercati e dei multicenter di
grandi dimensioni ci sono i negozi settorializzati: prodotti scelti a km zero, dove si concentra il
commercio equo e solidale, ma
anche produzioni, articoli e servizi selezionati”. Sembrano godere di un certo successo proprio i negozi che forniscono articoli e servizi low-cost: i ricaricatori di cartucce ad inchiostro per
stampanti, i riparatori di computer, elettrodomestici, scarpe,
attrezzature sportive, e così via.
Ma anche i venditori di generi di
Le ricette per un
possibile rilancio
di esperti e presidenti
delle associazioni
di categoria
Soltanto la specializzazione
potrà salvare i piccoli negozi
I commercianti puntano su articoli scelti e al km zero
LA CIFRA D’AFFARI
LA CIFRA D’AFFARI
Variazione della cifra d’affari nel commercio al dettaglio
rispetto all’anno precedente (in%), in Ticino, per mese, dal 2010
10
2010
2011
2012
Prospettive sull’andamento degli affari nei piccoli e nei medi/grandi negozi
per il semestre seguente (saldo), in Ticino, per trimestre, dal 2010
100
2013
2010
2011
2012
2013
Medi / grandi
Piccoli
-10
-100
1T
2T
3T
4T
1T
2T
3T
4T
1T
2T
3T
4T
1T
2T
3T
4T
1T
2T
3T
4T
1T
2T
3T
4T
1T
2T
3T
4T
1T
2T
3T
4T
Fonte: Uffcio di statistica
consumo ben distinti. Non è un
caso che in via Nassa a Lugano,
dove a dominare è il lusso, la crisi si senta meno. Vendita e post
vendita, dicono gli esperti, non
possono essere più scisse. “Avrà
successo chi non s’illude di fare
la guerra ai supermercati – afferma Giovanni Caroni, presidente
dei commercianti del Locarnese
-. E per intanto, cominciamo a
dire grazie ai nostri clienti, a ricordargli che spendere in Ticino
vuol dire aiutare l’economia e il
mercato del lavoro, i redditi di
tutti e i nostri figli. Nessuna tentazione di impedire la spesa oltre frontiera, solo un invito a riflettere su quanto sia utile acquistare nel nostro cantone”.
La campagna rivolta dai commercianti locarnesi ai consumatori punta a questo obiettivo. Ma
ci si chiede se possa bastare. “Le
abitudini dei consumatori sono
cambiate – osserva Ottaviano
Torriani, presidente della Società Commercianti di Bellinzona -.
Si vuole trovare tutto in una unica piattaforma, facile da raggiungere con l’auto. I centri storici vengono sempre più pedonalizzati. Logico, quindi, che resisteranno i negozi che per le
loro caratteristiche attirano
clientela selezionata”.
Altrimenti…finisce così: giovedì
9 gennaio, ore 16, Chiasso, Corso
San Gottardo. Dal piazzale della
dogana fino all’incrocio con via
Vela i passanti contattati dal cronista sono ventisei. Le vetrine di
negozi in affitto o chiusi, una
dozzina. Il ‘caso Chiasso’ è solo
la spia, forse più evidente della
crisi del piccolo commercio al
dettaglio in Ticino. Una crisi impietosa che coinvolge tutti i negozianti pressochè in ogni regione, testimoniata dai dati ela-
borati dal Cantone: il calo della
cifra d’affari nel 2013 è stato costante e significativo: a settembre -3,5%, ma nei mesi del quarto trimestre gli affari non sono
migliorati. Il 57% dei piccoli
commercianti dichiara una contrazione degli utili; oltre la metà,
un minor afflusso di clienti. Va
avanti così dal 2010. “Le influenze e le percezioni economiche
negative che arrivano dall’estero
continuano ad avere un ruolo a
livello locale. I consumatori
sono prudenti per il timore di un
ulteriore peggioramento della
situazione. Rischiamo di diventare una categoria in via d'estinzione", nota preoccupato Paolo
Poretti, vicepresidente di Federcommercio.
Al calo delle vendite si aggiunge
la strategia dell’offerta mirata da
parte di brand che cercano diret-
tamente il rapporto col cliente. Il
negozio multibrand, insomma,
fatica a sopravvivere. In pochi
mesi si sono insediati in Ticino
nuovi marchi, per esempio, nel
centro commerciale di Grancia:
Zara, Pull&Bear, Massimo Dutti,
Bershka, Stradivarius, Oysho, Z.
Home, Uterque. La fortuna del
Fox Town, al di là della convenienza economica della formula
‘outlet’, è proprio nell’aver compreso la centralità del cliente, disposto a spendere scegliendo in
negozi monomarca.
La strategia
L’analisi e i suggerimenti dell’economista Mirante
La sorte dei piccoli negozi è legato pure all’orario di apertura. La
Federcommercio chiede di tenere aperti i negozi il sabato fino
alle 18.30, anche nei mesi invernali, e la possibilità di aprire nei
giorni festivi parificati. Una svolta potrebbe venire dalla mozione del senatore ppd Filippo
Lombardi da cui è scaturita una
proposta di legge. La mozione
prevede aperture dalle 6 alle 20
dal lunedì al venerdì, e dalle 6
alle 19 il sabato.
[email protected]
“Orientarsi su nicchie di mercato
e sempre più vicini alla clientela”
I
Ti-Press
IN DIFFICOLTÀ
I piccoli negozi
devono lottare
anche contro i
cambiamenti
nelle modalità
di consumo
dati del commercio al dettaglio per il mese di
novembre sembrano indicare un andamento
positivo per il settore in Svizzera. Infatti, il giro
d’affari globale è aumentato del 4,2% rispetto allo
stesso periodo nel 2012, segnala il bollettinodell’Ufficio federale di statistica. I numeri vanno però
contestualizzati: a pesare sul piatto della bilancia è
l’ottimo risultato delle grandi aziende della distribuzione, ad esempio, Migros, che a fine 2013 ha visto la sua cifra d’affari aumentare del 7,2, o di altri
gruppi come Manor e Coop. Se, però, si va spulciare tra le cifre, la crisi dei piccoli negozi è allarmante.
“Purtroppo è una tendenza inevitabile - spiegal’economista Amalia Mirante-. I commerci di dimensioni ridotte devono anche tenere testa al
cambiamento nelle modalità di consumo. Un ritorno ai vechi tempi è molto difficile. Quel che si
può tentare è di focalizzarsi sui prodotti locali, cercando di farsi spazio occupando delle nicchie di
mercato”. Cosa che non sempre basta. “Per i negozietti lontani dai grossi centri abitati la vita è duris-
sima, anche applicando una buona strategia. Ormai per lavorare ci si sposta sempre di più e non è
raro che per fare la spesa ci si fermi per strada o comunque lontano dal proprio domicilio, - osserva
Mirante -, per non parlare del commercio onlineche sta avanzando in maniera decisa”. Non c’è,
dunque, una formula magica per sopravvivere:
“Non credo purtroppo. Una delle caratteristiche
più belle dei piccoli negozi rimane il contatto con il
cliente, la fiduciosa complicità che si riesce a creare. Finché ciò durerà, la vita dei piccoli negozi, almeno quelli più discosti, dovrebbe essere garantita”. Per l’economista l’unica strategia possibile
sono, quindi, la maggiore vicinanza con la clientela e la ricerca di nicchie particolari su un mercato
sempre più concorrenziale. Ma i dati nazionali di
ottobre per le attività commerciali con 15 dipendenti o meno non sono incoraggianti: rispetto allo
stesso mese del 2012 in termini reali si è registrata
una contrazione dello 0,3%. Sembrerebbe poco se
non fosse per il fatto che era il quarto mese di fila
con percentuali negative.
o.r.
Lo spionaggio industriale
ormai si serve quasi esclusivamente degli hacker, i
furti avvengono in rete,
spesso addirittura sotto gli
occhi dei proprietari. Rispetto al 2012 gli attacchi
cibernetici riusciti sono
aumentati del 14 per cento, obiettivo principale è
stato il furto di proprietà
intellettuali nell’industria
farmaceutica, in quella
mineraria ed elettronica.
Sempre nello stesso periodo i tentativi di furto che
non sono andati a buon fine nel settore farmaceutico, in quello chimico ed
agricolo sono aumentati
del 600 per cento, mentre
in quello energetico, nell’industria del petrolio e
del gas naturale sono cresciuti del 400 per cento.
Sembra di aver di fronte i
dati di un’epidemia globale, si tratta, invece, delle
statistiche pubblicate dalla
Cisco, una multinazionale
americana che produce sistemi di networking virtuali.
Gli hacker colpiscono anche i consumatori. Nel
2012 negli Stati
Uniti ha fatto scalpore l’attacco a
Target, uno dei
grandi magazzini
più popolari
d’America. Gli
hacker sono
riusciti ad
entrare nella
sua banca
dati, dove
erano custoditi i codici di
70 milioni di carte di credito e ne hanno clonato una
buona percentuale.
Difficilissimo proteggersi
contro il crimine cibernetico, perché i sistemi di sicurezza sono ancora arretrati
rispetto alle tecniche usate
dagli hacker. Prima di tutto
bisogna entrare nella loro
mentalità, capire cosa li
motiva e quali sono i possibili obiettivi, dalla semplice clonazione di carte
di credito fino al furto di
nuove tecnologie. Sulla
base di questi elementi il
comportamento in rete
cambia.
In secondo luogo bisogna
poter disporre di una massa critica di esperti che
purtroppo ancora si sta
formando nelle università
e nelle accademie di polizia. Questo tipo di attività
è l’ultima grande innovazione del settore dell’informatica, i poliziotti virtuali. A livello mondiale si
parla di almeno 1 milione
di persone necessarie per
far fronte all’ondata di criminalità cibernetica che ci
ha travolto.
Manca però ai futuri guerrieri informatici l’aura di
mistero che circonda gli
hacker e che, a volte, ce li
fa apparire come personaggi mitici, che lottano
contro un potere globale
centralizzato e totalitario.
Una visione distorta che
non ce li fa apparire per
quello che sono: ordinari
delinquenti alla pari di chi
scippa le borse per strada
o svaligia i nostri appartamenti.
Dario Cologna vince
e ritrova anche la forma
Tigers ancora vincenti
mentre Massagno fatica
Ai campionati svizzeri di sci nordico di
Leysin, convincente vittoria nella 15km
a stile classico per Dario Cologna, che
ha battuto di 1’25” Valerio Leccardi:
“Sono più in forma rispetto alla scorsa
settimana”, ha detto il grigionese.
Nel massimo campionato di basket,
nuovo successo per i Tigers di Lugano,
che si sono imposti 75-65 in casa
contro l’Olympic Friborgo e
mantengono la vetta in classifica. Ko
per Massagno, 76-72 a Monthey.
losport
Preparazione
invernale
ormai ridotta
all’osso
Rispetto agli altri principali campionati, quello svizzero è da
sempre un po’ anomalo per il
suo sviluppo stagionale. L’inizio
è infatti sempre molto anticipato, un fatto che è spesso al centro
di discussioni, che non hanno
però finora dato frutti concreti.
Mentre in Germania, Italia, Inghilterra e Spagna non si gioca
fino ad agosto inoltrato o anche
ad inizio settembre, luglio (o addirittura fine giugno) è già mese
di campionato in Svizzera. Su
questo calendario pesano sostanzialmente due fattori. Il primo è legato ad una pausa invernale più lunga, dettata dalle condizioni dei campi (spesso gelati
o innevati) e meteorologiche. Il secondo - che sta
prendendo il
sopravvento rispetto al primo,
visto il miglioramento delle strutture (campi riscaldati) e osservando mesi di dicembre spesso
migliori climaticamente rispetto
a febbraio - è invece legato agli
impegni nei turni preliminari di
Champion’s ed Europa League.
Impegni a cui le squadre elvetiche in sostanza preferiscono arrivare con già qualche gara di
campionato nelle gambe per
cercare di sfruttare il vantaggio
nei confronti di chi è ancora in
piena preparazione. Una preparazione che, tradizionalmente, il
calcio svizzero rimandava ai mesi freddi. A differenza dell’estate,
le 5-6 settimane a disposizione
verso la ripresa di marzo sono
sempre state sfruttate per il lavoro atletico e di fondo. La pausa
sta però diventando sempre più
breve, addirittura in modo clamoroso quest’anno, con la presenza dei Mondiali. Ai primi di
febbraio si torna già tutti in campo. Il che riduce i tempi di preparazione anche a meno di tre
settimane, con quasi tutte le formazioni di Super League che, ad
oggi, hanno già disputato 2 o 3
amichevoli. Il che impone una
considerazione: è davvero molto,
molto difficile abbinare correttamente il lavoro atletico di base e
le gare amichevoli, perché devono essere ridotte all’osso alcune
fasi importanti dei vari cicli di
preparazione-competizione e recupero.
E questo potrebbe avere conseguenze dirette sulle prestazioni,
ma anche sul fisico degli stessi
calciatori. Con cali di prestazione delle squadre in campionato
e nelle coppe nel corso della stagione oppure con infortuni per
una preparazione troppo scarsa
o approssimativa. E qualche segnale, in questo senso, arriva
purtroppo già dai ritiri di alcune
squadre. Che assistono agli incidenti (magari anche fortuiti,
ma…) in cui perdono i loro giocatori.
Le ticinesi di Challenge
impegnate in amichevole
Nani Roma e Marc Coma
per una Dakar… spagnola
domenica 19 gennaio
11.15 LA2
sci: super G femminile
sabato 25 gennaio
11.40 LA2
sci: discesa maschile
mercoledì 22 gennaio
9.30 LA2
tennis: Australian Open
sabato 25 gennaio
13.55 LA2
sci: freestyle. Ski-cross
A tre settimane dai Giochi di Sochi, la
svizzera Isabel Derungs si è imposta
nello snowboard “slopestyle” di Laax,
disciplina che per la prima volta farà
parte del programma olimpico. Terza
un’altra elvetica, Elena Koenz
Tempo di amichevoli per le tre ticinesi
di Challenge League. Il Lugano ha
pareggiato 1-1 sul campo del Pescara,
il Locarno è stato sconfitto 5-2 a
Modena, mentre il Chiasso ha vinto a
Cesena con il punteggio di 3-2.
Si è conclusa a Valparaiso in Cile
l’edizione 2014 del rally-raid Dakar. Nelle
auto ha vinto la Mini dell’iberico Nani
Roma, che bissa il successo di 10 anni fa
in moto. Sulle due ruote, vittoria per il
connazionale Marc Coma su Ktm.
Quei campioni
che hanno vinto
anche l’handicap
www.caffe.ch
[email protected]
Q @caffe_domenica
il-Caffè
Ambrì-Zugo
Berna-Kloten
Bienne-Lugano
Davos-Rapperswil
Friborgo-Zurigo
1-3
6-0
2-3
5-1
4-2
Classifica
41
41
40
42
42
40
42
41
41
41
43
42
85
71
70
70
70
66
64
62
56
53
42
35
CORTINA INNEVATA
Nulla da fare a
Cortina per le
discesiste. Troppo
molle la neve sulla
Olimpia delle Tofane
per correre senza
rischi. E con la
nebbia altri problemi
RAVANI A PAGINA 41
Prossimo turno 43a giornata
Zurigo-Davos
Ginevra-Davos
Kloten-Bienne
Losanna-Zurigo
Lugano-Friborgo
oggi 19.45
Mar 19.45
Mar 19.45
Mar 19.45
Mar 19.45
SCI
DISCESA UOMINI
Wengen
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
PATRICK KUENG
Hannes Reichelt
Aksel Lund Svindal
Max Franz
Bode Miller
Matthias Mayer
Peter Fill
Romed Baumann
Johan Clarey
Didier Defago
Beat Feuz
Jared Goldberg
Kjetil Jansrud
Adrien Théaux
Werner Heel
SUI
AUT
NOR
AUT
USA
AUT
ITA
AUT
FRA
SUI
SUI
USA
NOR
FRA
ITA
L’Ambrì Piotta perde la bussola
e il Lugano lo supera di slancio
Avvicendamento in classifica tra le due squadre ticinesi
sempre più lenta e prevedibile.
Trovato il pareggio ancora nel
primo tempo con Tschantré, infatti, anche i padroni di casa
combinano davvero poco. L’avvicinarsi del sessantesimo sembra
MASSIMO SCHIRA
L’Ambrì Piotta in casa con lo
Zugo perde completamente la
bussola del suo hockey e il Lugano ringrazia, superando in classifica i leventinesi dopo il successo
di Bienne. Il dopo derby è decisamente indigesto dalle parti della
Valascia, ben più dolce, invece,
per Julien Vauclair e compagni.
Dopo aver giocato un primo tempo “in controllo” - chiuso sull’1-1
solo a causa di una dormita difensiva sul finale e con almeno 45 occasioni sprecate - i leventinesi perdono totalmente nel terzo
centrale. Dove solo i grandi interventi di Zurkirchen e uno Zugo
offensivamente inguardabile anche con l’uomo in più evitano al
punteggio di essere modificato
nell’aritmetica. Senza chiamare
in causa il gioco in superiorità
numerica dell’Ambrì, che dopo
aver trovato l’apertura iniziale
con Giroux s’infrollisce all’inverosimile. E chi si attende una reazione, almeno d’orgoglio, nel terzo conclusivo è destinato a rimanere deluso. Perché i biancoblù
proprio non ci sono. E, allora,
Schremp e lo Zugo ringraziano,
con il punto del 2-1, prima, e
quello del 3-1 di Christen, poi.
Quasi senza reazione tangibile
da parte dei biancoblù. Unica attenuante valida in casa Ambrì,
l’assenza di tutti e quattro i centri
titolari, Schlagenhauf compreso,
colpito dall’influenza nel dopo
derby.
A Bienne, il Lugano mette in scena l’ormai consueta “partenza
razzo”, diventata una sorta di
marchio di fabbrica. Passano infatti 28 secondi e Rüfenacht trova
già il vantaggio. Ma è poco più di
un fuoco di paglia, perché in seguito sono soprattutto i Seeländer a prendere in mano le redini
di una partita che si fa via via
MASSIMO MORO
Patrick Küng, Re di Wengen. La
Svizzera torna finalmente alla
vittoria nella prova regina dello
sci alpino. A far sorridere tutti i
fans rossocrociati (più di 30.000 a
bordo della pista) ci ha pensato il
ventiseienne glaronese che,
dopo aver conquistato il successo nel SuperG di Beaver Creek, si
è imposto, ieri, sabato, sul mitico
tracciato del Lauberhorn, accorciato a causa del forte vento in
quota. Per Küng si è trattato del
primo trionfo in carriera in una
discesa. “È perfetto, per non dire
geniale - ha detto Küng - e sono
veramente sbalordito di questo
successo, che è il più importante
della mia carriera. Attendere alla
partenza è stato quasi più difficile che disputare la gara, visto che
mi tremavano le ginocchia. Vincere a Wengen è per uno sciatore
elvetico è la più bella cosa che ti
può capitare. Il pubblico alla partenza era veramente assordante
e per questo non è stato facile
trovare subito la concentrazione”.
Gli organizzatori hanno fatto di
tutto per poter disputare la prova
a Wengen, decidendo infine di
sistemare la partenza più in basso, sotto al passaggio dello spettacolare salto dell’Hundschopf.
Una gara comunque praticamente perfetta quella messa a
segno dall’elvetico che, grazie ad
un materiale preparato alla perfezione, ha avuto la meglio per
pochi centesimi sull’austriaco
Hannes Reichelt e sul leader della generale di Coppa del Mondo,
il norvegese Aksel Lund Svindal.
Per quanto riguarda gli altri
componenti della squadra rossocrociata ci sono segnali di ripresa, soprattutto per Didier Défago e Beat Feuz, che, con il decimo posto ottenuto, hanno in tasca il biglietto per le Olimpiadi di
Sochi. Nella libera rimane così
un solo posto disponibile con
Carlo Janka che sembra comunque in vantaggio sul resto dei
compagni di squadra. Una prova
di Wengen purtroppo da dimenticare quella messa a segno dal
grigionese di Obersaxen visto
che, a causa della perdita di uno
sci, non è riuscito a concludere la
prova, evitando però fortunatamente una rovinosa caduta. La
tre giorni di Wengen si conclude,
Reuters
15
L’hockey
La società
Domenica
19 gennaio 2014
Il glaronese
si conferma
in grande
forma anche
sul mitico
Lauberhorn
(accorciato)
Risultati 42a giornata
Zurigo
Lugano
Friborgo
Kloten
Ambrì
Davos
Berna
Ginevra
Losanna
Zugo
Bienne
Rapperswil
Svizzere in gran forma
nello snow “slopestyle”
Küng
Re
diWengen
oggi, domenica, con lo speciale e
una battaglia che si preannuncia
infuocata tra l’austriaco Marcel
Hirscher, il francese Alexis Pinturault e lo svedese Mattias Hargin.
Intanto, non arrivano buone no-
SUGLISPALTI
tizie in vista della prestigiosa discesa di Kitzbühel, prevista il
prossimo fine settimana. A mancare in Austria è la neve. Condizioni che potrebbero così indurre gli organizzatori a cancellare
MASSIMO SCHIRA
CAPIRE IL SENSO DELLA “BAGARRE”
C
olti da improvvisi moti di fantasioso buonismo, diversi
osservatori dell’hockey su ghiaccio nostrano hanno
descritto e commentato con toni censori lo scambio
d’opinioni a suon di ganci ed uppercut tra il portiere dell’Ambrì Piotta Nolan Schaefer e l’attaccante del Lugano Jacob
Micflikier nel derby di venerdì. Dimenticando che la “bagarre” fa parte integrante di questo sport e - ogni tanto - qualche
giocatore perde le staffe. Parlare di danno d’immagine o di
cattivo esempio è decisamente fuori luogo, perché spesso la
scazzottata in pista è anche un evento da tenere in considerazione a livello tattico. Manca un po’ di abitudine sulle piste
elvetiche nell’accettare e metabolizzare questa attitudine all’aggressività fisica, come del resto mostra sovente il metro di
giudizio degli arbitri per le cariche. Ma “bagarre” e “check”
fanno parte integrante della cultura hockeystica e non sarà
certo qualche pugno in faccia un po’ sopra le righe a far cambiare le cose. A capirlo, però, devono essere in primo luogo
quelli che l’hockey lo seguono più da vicino.
la mitica prova sulla Streif.
Se in Austria manca la neve, in
Italia la coltre bianca abbonda.
Gli organizzatori della discesa di
Cortina d’Ampezzo hanno deciso ieri, sabato, di annullare la libera sulla Olimpia delle Tofane,
a causa delle abbondanti nevicate degli scorsi giorni che hanno reso troppo morbido il fondo
del tracciato. Una situazione
meteorologica che non sembra
migliorare, dal momento che
anche nella giornata di ieri ha
continuato a nevicare e a complicare le cose è apparsa una
densa nebbia che ha reso, soprattutto nella parte alta, difficoltosa la visibilità.
Condizioni quindi a dir poco
proibitive che rendono il compito degli addetti alla pista veramente difficoltoso. La decisione
presa è quella di recuperare la
discesa, oggi, domenica, anche
se le previsioni meteorologiche
non sembrano positive. Per
quanto riguarda il SuperG che
era in programma si è deciso di
spostarlo in settimana a condizione che la meteo possa migliorare.
[email protected]
per lo meno aiutare le squadre a
trovare qualche energia in più.
Soprattutto difensiva per quel
che concerne il Lugano, che annulla decisamente i tentativi avversari, riuscendo però anche a
mandare in gol il “solito” Rüfenacht. E a confermare l’ottimo
periodo di forma chiudendo i
conti con Micflikier prima del cosmetico 2-3 di Kamber.
[email protected]
LaNhl
Contro Chicago
nulla da fare
per Jonas Hiller
Ti-Press
PIERLUIGI
TAMI
sabato 25 gennaio
10.00 LA2
sci: discesa femminile
Lo sci
RISULTATI
E CLASSIFICHE
HOCKEY
NLA
Ti-Press
FUORI
CAMPO
domenica 19 gennaio
10.20 LA2
sci: slalom maschile
UNA SERATACCIA ALLA VALASCIA
Senza tutti e quattro i centri di ruolo - assente
anche Schlagenhauf - spettacolo davvero modesto
in Leventina, con l’Ambrì che si fa battere da uno
Zugo modesto, ma con più energia sul ghiaccio
Il tennis
Nel big match della notte tra venerdì e ieri, sabato, tra la miglior formazione finora della Nhl - gli Anaheim Ducks - e i Chicago Blackhawks detentori della Stanley
Cup, il portiere elvetico Jonas Hiller
non è riuscito ad essere decisivo
come nelle ultime uscite. A vincere
l’incontro, infatti, è stata la solida
franchigia dell’Illinois, che ha superato l’estremo difensore rossocrociato per quattro volte (su 34 tiri
totali), mentre i suoi compagni
sono riusciti ad andare a bersaglio
per sole due volte. Decisivo è stato
Marian Hossa, autore di una doppietta. La formazione californiana
mantiene comunque saldamente
la vetta della graduatoria nella Western Conference, proprio davanti
a Chicago dopo 50 partite disputate. “Non è certamente stata la nostra miglior partita - ha commentato Hiller -, penso che non abbiamo
lavorato abbastanza duramente,
specie nei primi due periodi. Quando giochi contro una squadra come
i Blackhawks non puoi certo pretendere di giocare solo mezza partita e sperare di uscire con la vittoria.
Spiace perdere, perché se avessimo giocato al nostro livello avremmo avuto una chance”.
m.s.
Il calcio
Roger Federer spedito verso gli ottavi Arsenal e Manchester City
Classifica estremamente serrata nella Premier League
A Melbourne ad attendere il basilese c’è l’ostacolo Jo-Wilfried Tsonga avanzano a suon di vittorie
NOSTRO SERVIZIO
Roger Federer spedito verso gli
ottavi degli Australian Open, primo Slam della stagione. Per il renano si tratta del tredicesimo accesso consecutivo a questo
stadio della competizione
sui campi di Melbourne.
Ad attenderlo c’è il vero
primo ostacolo di questa
edizione, visto che il basilese si trova di fronte il
francese
Jo-Wilfried
Tsonga.
Nella notte tra venerdì e ieri,
sabato, Federer non ha infatti
incontrato particolari problemi
contro il russo Teimuraz Gabashvili, superato per 6-2, 6-2, 6-3
in un’ora e quarantun minuti di
gioco. Una partita dominata da
parte del rossocrociato che ha
sempre mantenuto le redini del
match, lasciando le briciole all’avversario. L’unico problema
incontrato è stato all’inizio del
primo e terzo set, quando ha dovuto cancellare ben cinque palle
di break. Una situazione che
deve assolutamente eliminare,
dal momento che il francese ha
dimostrato di possedere un servizio impressionate. A testimoniarlo è stato
l’incontro andato in scena ieri,
sabato, contro il connazionale
Gilles Simon, battuto per 7-6 (75), 6-4, 6-2.
Continua spedito anche il cammino del maiorchino Rafael Na-
ROGER FEDERER E STANISLAS WAWRINKA
Cominciano gli ostacoli pericolosi
per i rossocrociati con il basilese che se la vede
con il francese Tsonga ed il vodese
alle prese con lo spagnolo Tommy Robredo
Reuters
Ti-Press
IN
TELE
VISIONE
dal che non ha lasciato scampo
al francese Gaël Monfils, annientato per 6-1, 6-2, 6-3 e dello scozzese Andy Murray che ha avuto
la meglio sullo spagnolo Feliciano Lopez per 7-6, 6-4, 6-2. Nella
notte sono andati in scena gli ottavi della parta bassa del tabellone maschile con in campo per i
colori rossocrociati Stanislas Wawrinka che ha incrociato la propria racchetta contro lo spagnolo
Tommy Robredo. Una vera bestia nera per il vodese che, raggiunti gli ottavi, ha già eguagliato
il risultato della passata stagione,
ma ha la grande possibilità di incontrare nei quarti, in una sorta
di rivincita, il serbo Novak Djokovic.
In campo femminile, le favorite
continuano il proprio cammino
con Serena Williams e Vika Azarenka che hanno avuto la meglio
rispettivamente su Daniela Hantuchova e Yvonne Meusburger. A
patire un pò di più è stata Maria
Sharapova per eliminare Alizé
Cornet.
m.m.
Con la Bundesliga tedesca ancora in pausa e la Serie A italiana
dalla classifica piuttosto ben delineata, nel calcio europeo fari
puntati oltre Manica, dove la
graduatoria ai vertici della Premier League è più serrata che
mai, con al- Reuters
meno sette
compagini
che possono
ambire alle
posizioni
nobili del
calcio inglese.
In attesa del
match tra il
Chelsea di
Mourinho
ed un Manchester United in piena crisi esistenziale dopo la partenza del monumento Sir Alex
Ferguson in programma quest’oggi, la lotta ai vertici della
Premier ha registrato il rotondo
successo del Manchester City,
che si è imposto in casa per 4-2
sul Cardiff. Da notare che in oc-
casione del punto del primo
vantaggio della squadra di Pellegrini, realizzato da Dzeko, è stata
utilizzata per la prima volta in
campionato la tecnologia “goalline” per capire se la sfera avesse
o meno superato la linea. Tutto
ha funzionato alla perfezione
in
tempo reale
ed il gol è
stato giustamente convalidato.
Pronta è arrivata però
anche la risposta dell ’A r s e n a l ,
che ha conquistato il derby londinese contro il Fulham (Kasami
in campo negli istanti finali) per
2-0 confermandosi capolista.
Rallenta invece la sua corsa il Liverpool, costretto alla rimonta
dallo 0-2 al 2-2 ad Anfield contro
un Aston Villa di mister Paul
Lambert apparso in crescita.
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IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
ILFUTURO
ILFENOMENO
ILSESSO
CON I SENSORI
NEL CORPO
COSÌ L’’HI-TECH
CI CAMBIERÀ
MI FOTOGRAFO
ANCHE NUDA
E MI METTO
IN MOSTRA
HANNO VISTO
MIO MARITO
CON UN’ALTRA...
E NON HO PACE
A PAGINA 27
A PAGINA 25
ROSSI A PAGINA 28
tra
parentesi
PAUSA CAFFÈ
COSTUME | SAPORI | MOTORI | SPORT| SALUTE | TENDENZE
Genitori disposti
a tutto pur
di crescere
un fenomeno.
Dal calcio
al tennis,
dal nuoto alla
danza. Aguzzini
implacabili.
Incuranti persino
della mancanza
di talento
del pargolo
Voglio
un iglio
campione
S
CAROLINA CENNI
tate assistendo ad un torneo di
calcio. Piccoli Inler, Shaqiri o
Benaglio, alti un metro e tanta
voglia di crescere, tirano palloni
con guizzi di piedi potenti e
precisi. Se sbagliano un rigore o
una punizione si voltano subito
verso papà o mamma seduti in
tribuna, giudici severissimi.
Anzi, aguzzini.
segue a pagina 18
H
NOSTRO SERVIZIO
PERCOMINCIARE
PATRIZIA GUENZI
(IN)FELICITÀ DI COPPIA
L
e unioni che funzionano? Sono quelle dove uno dei
due si mette al servizio dell’altro. A pensarla così Yasmina Reza, scrittrice e drammaturga, che ha da poco
pubblicato “Felici i felici” (Adelphi). Nei ventun capitoli
del libro, altrettanti monologhi – mogli inquiete e mariti
traditi, amanti insoddisfatte e traditori cinici, ragazzi fuori
di testa e anziani tristi – che danno vita a divertenti e graffianti esempi di catastrofe amorosa.
È un’indagine minuziosa quella di Yasmina Reza, lucida e
intransigente sulle dinamiche, dolci e amare, dei disastri di
coppia, sulla difficoltà di convivere dove ognuno, dopo gli
iniziali entusiasmi che smussano i difetti, dà il peggio di sè.
Una fatica di Sisifo, a volte, tenere assieme la coppia, raramente vincente. Amare, secondo l’autrice, richiede la capacità di restringersi e di allargarsi, con compromessi costanti. Perché la felicità non arriva, ma è una scelta. Essere
felici è un talento. Non puoi essere felice in amore se non
hai un talento per la felicità. O per l’infelicità?
LA FINESTRA
SUL CORTILE
Storie
di quotidianità
familiare
IL “TALIANO” E IL CROATO DI M...
A PAGINA 44
a solo 16 anni, ma ha già la maturità di chi sa cosa vuole e ha faticato per raggiungere i propri
obiettivi. Fabian Schönwetter è
portiere nel Team Ticino Under
17 e figlio d’arte. Suo padre, Paul
Schönwetter, oggi opinionista
televisivo, è stato centrocampista offensivo del Locarno. Eredità pesante per Fabian, come
quella di Alessio Bertaggia. Suo
padre, Sandro, è ex difensore
dell’Hc Lugano.
segue a pagina 19
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
19
tra
parentesi
Le storie
LO SPORT
Pur di allevare un vero campione,
genitori disposti a tutto. Pure a fare
gli aguzzini. E i bimbi superdotati...
“Abbiamo sempre scelto da soli
senza alcuna pressione di papà”
Voglio
un figlio
Alessio Bertaggia
20 anni, attaccante
dell’EV Zugo
fenomenale
anche a costo
di torturarlo
Sandro Bertaggia
49 anni, ex difensore
dell’Hc Lugano
e allenatore di hockey
SPORT PIÙ PRATICATI TRA I 10 E I 14 ANNI:
in Svizzera
in Ticino
32,2%
22,9%
19,2%
calcio
ciclismo
nuoto
17,3%
ginnastica
9,2%
sci
CAROLINA CENNI
S
tate assistendo ad un
torneo di calcio. Eccoli,
piccoli Inler, Shaqiri o
Benaglio, alti un metro
e tanta voglia di crescere, tirano palloni con guizzi di
piedi potenti e precisi. Se nella
squadra avversaria ci fossero
Holly e Benji vorrebbero tanto
umiliarli. Concentratissimi, neanche dieci anni, si sottopongono ad allenamenti di almeno
cinque ore alla settimana pur di
vincere la partita del weekend. E
se sbagliano un rigore o una punizione si voltano subito verso
papà o mamma seduti in tribuna, giudici severissimi. Anzi,
aguzzini quasi, tanto alcuni di
loro pretendono dai figli. E questo non solo ai bordi dei campetti di calcio. Stessa scena in piscina, sulla neve, sul ghiaccio e in
palestra, pure con discipline
come musica, teatro e danza.
Un’agenda settimanale fittissima per molti bimbi, spinti da genitori convinti di avere in
casa un fenomeno.
Piccoli atleti costretti a
prestazioni stressanti, spinti da madri e
padri che li incitano a dare sempre
di più. E non solo
in una disciplina, ma sport,
musica, danza,
lingue... “I genitori proiettano
sui figli i propri
sogni , ma anche
le loro frustrazioni
– spiega senza tanti
giri di parole Vincent
Cavin, responsabile tecnico di Team Ticino -. Vor-
8,5%
45,8%
8%
40,7%
unihockey
corsa
ciclismo
calcio
39%
7,8%
danza
combattimento
sci
10,2%
ginnastica, danza,
tennis, basket
rebbero per i ragazzi ciò che loro
non sono riusciti ad ottenere, in
ambito sportivo ma anche scolastico. Mentre lo sport dovrebbe
essere essere benessere, piacere
e divertimento. Oggi tutto questo
non c’è più. Gli adulti spingono i
piccoli alla competitività e ad entrare in una struttura d’elite. Invece dovrebbero domandarsi
solo se il figlio si diverte”.
Il pedagogo
Andre
Agassi
Nel libro
“Open”, il
tennista ha
alzato il velo
sulle torture
psicologiche
subite dal
padre
28,8%
equitazione
6,8%
le
“VITTIME”
nuoto
6,8%
“Dovrebbero
chiedere se il loro
bambino si diverte
e invece vogliono
sapere se è bravo”
Tutti ricordano il caso Andre
Agassi, che ha raccontato in un
libro le torture psicologiche subite dal padre. Certo, lui ce l’ha fatta. Ma quanti altri mini sportivi
riescono a diventare grandi campioni? E a che prezzo? Si contano
sulle dita di una mano quelli che
emergono. “Ci sono genitori che
pagano gli allenatori affinché
facciano lezioni extra ai figli -
Davide Antognazza spiega come affrontare l’agonismo
“Solo il talento serve a ben poco,
occorrono impegno e passione”
“I
PICCOLI MUSICISTI
Bambini giapponesi
sottoposti a dure
lezioni di violino
Due giovani sportivi raccontano i loro esordi e dei loro padri famosi dicono che...
l talento è sicuramente un aspetto
importante, ma senza impegno non
porta mai molto lontano”, premette
Davide Antognazza, pedagogo e responsabile del Dipartimento formazione e apprendimento della Supsi. E spiega: “Un ragazzino può avere grandi capacità innate, ma se
non lavora duro, se non ha la passione, non
andrà da nessuna parte”.
Insomma, con niente si ottiene niente. In
tutti i campi. E anche nello sport. Inutile essere “solo” talentuosi, bisogna anche faticare e crederci. Un concetto su cui concordano allenatori, insegnanti e maestri, stanchi di ripeterlo ai loro allievi, ma soprattutto
alle famiglie. Il trucco per riuscire è un mix
di doti e fatica. “In Giappone c’è una scuola
di musica dove s’insegna ai bambini di appena tre anni a suonare il violino - riprende
Antognazza -. A sei anni suonano al pari degli adulti. Ciò nonostante la stragrande
maggioranza di loro non diventeranno mai
violinisti famosi perché, anche se hanno fa-
ticato molto, non tutti hanno la predisposizione necessaria”.
Ecco perché è fondamentale per un genitore
non guardare il proprio figlio con occhiali
deformanti, che lo fanno vedere come un futuro fenomeno. Ma capire se davvero il piccolo ha delle reali potenzialità. E, anche,
cosa desidera lui. Senza spronarlo in continuazione, obbligarlo a seguire questo o quel
corso controvoglia. “Non esiste una ricerca
che dimostri come un’iperstimolazione, da
sola, porti a risultati certi - precisa Antognazza -. Il compito di un genitore è esporre
al proprio figlio un ventaglio di possibilità e
capire assieme a lui quali sono le più adatte,
tenendo conto pure dei desideri del bambino. E, ripeto, considerando anche le sue reali potenzialità, senza forzarlo in alcun
modo”. Il bambino deve divertirsi, non eccellere. “Molti adulti pensano che il successo porti per forza al facile guadagno, un
messaggio pericoloso per i giovani -avverte
il pedagogo -. Mentre avere successo signi-
prosegue Cavin -. Molti bambini
fanno sport non perché si divertono, ma per fare contenti i familiari. Percepiscono le loro attese
e si portano un peso enorme sulle spalle. Crescendo nello sport
professionistico devono dare
sempre di più, ma prima o poi
scoppiano, la pressione è troppa”.
Critica anche Anuska Banfi,
istruttrice di pattinaggio sul
LA COSTANZA
Anche sport
armoniosi come
il pattinaggio
artistico
richiedono
costanza e tanto
allenamento
fica realizzare il proprio potenziale”. Qualsiasi esso sia.
Ovviamente, non bisogna generalizzare. In
molte società sportive il discorso è chiaro: il
piccolo non ha la stoffa. Punto. Scelga
un’altra disciplina. “Ci sono anche società
che puntano molto sull’importanza del
gruppo, della condivisione più che sul singolo elemento - riprende Antognazza -. Più
si è piccoli e più si dovrebbe pensare solo a
divertirsi, anche se è vero che il bambino
capace se ne rende conto da solo e, se avrà
pure la passione, si impegnerà senza che
nessuno lo spinga a farlo”.
Tuttavia, che lo sport sia, anche, competizione è una realtà. “Se giochi a calcio perché non dovresti voler vincere? - nota Antognazza -. L’importante è che al bimbo non
sia inculcato solo questo concetto. Deve invece capire che solamente dando il meglio
di sè otterrà dei risultati. Tutto ciò, assieme
al talento, lo porteranno a centrare l’obiettivo”.
c.c.
ghiaccio: “Se ne vedono di tutti i
colori - dice -. È quasi impossibile comunicare con certe famiglie.
Il nostro è uno sport dove è necessario investire parecchio in
termini economici e alcuni genitori si sentono in diritto di diventare invadenti. Nel pattinaggio
s’inizia a fare agonismo a sette
anni, come si fa a dare così tante
responsabilità a bambine di
quell’età?”.
Difficile intravedere un’inversione di tendenza. Intanto, diventano la normalità gli arbitri insultati, gli allenatori contestati e le risse sugli spalti tra genitori di
squadre avversarie. Gli allenatori
sanno benissimo che la parte difficile del loro lavoro è... allenare i
genitori. Molte società provano a
mettere dei paletti alle famiglie:
“A inizio stagione faccio una riunione con i genitori e suggerisco
degli imput per i rapporti all’interno della società - spiega Luca
Porrini, della Nuoto Sport Locarno -. Se loro sono il punto di riferimento in famiglia, in piscina lo
siamo noi. Se il messaggio passa
i rapporti funzionano, altrimenti
è inevitabile lo scontro”.
A volte anche le società sportive
e i loro rappresentanti inculcano
nei bambini l’idea della vittoria a
tutti i costi. Capita quando un allenatore chiede insistentemente
ai bimbi prima della partita: cosa
dobbiamo fare oggi? Risposta ovvia, perché obbligata: vincere!,
rispondono i piccoli. Anche se,
forse, questo non è l’errore più
grosso. In fondo, spiega il pedagogo (vedi a sinistra), è anche
normale puntare alla vittoria.
L’importante è essere coscienti
dei propri limiti.
[email protected]
Q@simplypeperosa
Timea
Bacsinszky
La tennista
svizzera, per
anni è stata
messa sotto
pressione dal
padre Igor che
l’ha forzata
a giocare
Martina
Hingis
Nel tennis
spopolano
i genitori
despoti.
Anche la
Hingis lottò
contro sua
madre
Aly
Raisman
Genitori troppo
invadenti anche
quelli della
ginnasta
americana,
che si sono fatti
notare pure
alle olimpiadi
Bernard
Tomic
Il rapporto tra il
tennista e il padre
è stato un vero
incubo. Una volta
Tomic chiese ad
un arbitro di far
uscire il padre
dal campo
Steffi
Graf
“Mio padre mi
faceva allenare
anche in
salotto”, ha
raccontato
più volte
la tennista
tedesca
La scuola
S
e molti genitori cercano di
spronare a tutti i costi il figlio, convinti di vedere in
lui le potenzialità di un fenomeno, per altre famiglie fare i conti
con un piccolo prodigio - ovvero
un bimbo con un quoziente intellettivo superiore alla media
(Qi 130) - può essere un’esperienza di cui farebbero volentieri
a meno. Molti, infatti, sono gli
errori di valutazione e i pregiudizi: ci si immagina un bambino
privilegiato, che riuscirà facilmente in ogni campo, dalla
scuola all’arte allo sport, in grado di dare mille soddisfazioni a
mamma e papà. “Innanzitutto
molti genitori neanche si accorgono di queste ‘doti’ del figlio spiega Giovanni Galli, psicologo,
psicoterapeuta e operatore del
sostegno pedagogico -. Spesso,
poi, questi ragazzini soffrono
proprio a causa del loro talento.
Sono sì più vivaci intellettualmente, precoci e rapidi nell’apprendimento, ma restano pur
sempre dei bambini, con fragilità e insicurezze tipiche dell’infanzia”.
Fragilità e insicurezze che vanno
gestite. E sta proprio qui la difficoltà. Non solo delle famiglie,
ma anche della scuola, dove si
H
a solo 16 anni, ma ha già
la maturità di chi sa cosa
vuole e ha faticato per
raggiungere i propri obiettivi.
Fabian Schönwetter è portiere
nel Team Ticino Under 17 e figlio d’arte. Suo padre, Paul
Schönwetter, è stato centrocampista offensivo del Locarno.
Eredità pesante per Fabian, che
però non si è mai sentito pressato. “Sono fortunato - racconta al
Caffè -. Mio padre non mi ha
mai fatto pesare minimamente i
suoi successi e neanche le altre
persone con cui ho avuto a che
fare in questi anni. Sicuramente
il fatto che i ruoli siano differenti, portiere io e attaccante lui, ha
aiutato”.
Fabian ha iniziato a dar calci al
pallone a sei anni: “Mi è venuto naturale, sui campi ci sono
cresciuto - continua il giovane
sportivo -. Ma papà non ha
cio”. Anche Alessio ha avuto un
bell’esempio in famiglia. Suo
padre è Sandro Bertaggia, ex
difensore dell’Hc Lugano.
“Devo riconoscergli di non
aver mai avuto da ridire nulla
sulle mie scelte - prosegue
Alessio -. Quando ancora ero
un ragazzino mi dava molti
consigli, ma adesso è più facile
che sia io a chiedergli suggerimenti. Non si è mai intromesso e in futuro, se avrò un figlio,
spero di comportarmi allo
stesso modo”. Fabian annuisce: “I consigli da papà arrivano e sono sempre apprezzatissimi - dice -. Dopo ogni mia
partita ci confrontiamo, sia
come calciatori che come padre e figlio. Mi piace ed è utile”.
Fabian e Alessio, che sono cresciuti a pane e sport, hanno
avuto modo di vedere coi propri occhi altri genitori aguzzi-
Fabian Schönwetter
16 anni, portiere del
Team Ticino Under 17
“Ho messo i pattini a tre anni, ma ricordo
Paul Schönwetter
che fino a dieci anni tra hockey e calcio
preferivo decisamente quest’ultimo”
55 anni, ex attaccante
mai fatto pressione affinché io
facessi il calciatore, tant’è che
ho provato anche con il tennis.
Ma ho lasciato perdere presto,
non faceva per me. I miei genitori mi hanno sempre permesso di scegliere la mia strada,
senza forzature”.
Non sempre i figli d’arte scelgono subito la via più adatta a
loro. Lo testimonia un’altra
giovane promessa: “Ho messo
i pattini a tre anni - dice Alessio Bertaggia, 20 anni, affermato giocatore di hockey dello Zugo -. Ma ricordo che
fino ai dieci anni tra hockey
e calcio preferivo decisamente quest’ultimo! Forse
perché c’erano tutti i miei
amici, quindi era anche un
modo per stare insieme.
Poi, però, quando le cose
si sono fatte serie, verso i
dieci anni, è stato naturale
scendere sulla pista di ghiac-
ni. “Ho sempre ringraziato la
mia famiglia per come si è
comportata, non come ho visto fare da alcuni padri di miei
ex compagni - sospira sollevato Alessio -. Da una parte capisco che a un genitore fa piacere se un figlio si distingue ed
emerge, ma spingendo troppo
si ottiene il risultato opposto.
Già ci alleniamo 15-18 ore a
settimana, che con le partite
superano le 20 ore. Le pressioni non mancano, non abbiamo bisogno di sentire costantemente il fiato sul collo
anche di mamma e papà”.
Fabian rincara: “Purtroppo
in questi casi i genitori non
fanno mai il bene dei figli,
devono capirlo. Siamo molto
pressati, alcuni di noi crollano
proprio perché non reggono il
peso dello stress. Psicologicamente è molto dura”.
c.c.
del Locarno
e opinionista televisivo
Gestire un ragazzino con un alto quoziente intellettivo non sempre è facile. I consigli di un esperto
“Con l’alunno genio
più attenzioni e cure,
un errore trascurarli”
QI 130
Sono considerati superdotati i bimbi con
un quoziente intellettivo (Qi) superiore a 130
stima ve ne sia almeno uno per
classe. Nel 2010 il dipartimento
dell’Educazione aveva emanato
delle direttive per sensibilizzare
i docenti su questa particolarità.
“Per ora in Ticino è previsto il
salto di un anno - riprende Galli,
che gestisce un ufficio privato di
consulenza e diagnosi di bambini con un alto potenziale cognitivo (web.ticino.com/giovannigalli) -. I benefici si notano subito. Inoltre, il ragazzino instaura
migliori relazioni con i compagni”. Purtroppo la misura è temporanea, funziona per un certo
numero di mesi e poi il problema si ripone. “La scuola si sta
dando da fare per affrontare al
meglio questa situazione”, ricorda lo psicoterapeuta.
Intanto, in Svizzera aumentano
gli istituti che si rivolgono
espressamente a questi bambini. Più fragili sotto un certo punto di vista. “Puo sembrare para-
dossale, e per certi versi lo è, a
scuola un bambino ad alto potenziale ha una difficile relazione con l’apprendimento, che si
riflette a volte
anche in una
difficile relazione con i compagni o con il docente”.
Insomma, saranno
pure
prodigio, ma
sostanzialmente sono e restano dei bambini.
Ecco perché occorre un’attenzione particolare nei loro confronti. Invidiati,
a volte spronati
all’eccesso, altre
trascurati, non sempre questi ragazzi trovano le risposte adeguate ai loro bisogni. Infatti, alcuni
di loro passano semplicemente
inosservati e come piccoli camaleonti si confondono e restano al
di sotto delle loro potenzialità.
“La noia è il pericolo numero
uno - avverte Galli -. Non avendo
stimoli perdono progressivamente la motivazione. Ecco perché è molto importante riconoscerli per tempo”.
p.g.
20
Uomo
Tecnica
Il dettaglio
Pelo
Tartan il giaccone
imbottito di peluche
con cappuccio
di Moncler
Gamme Bleu
La giacca da sci di Colmar
Signature, coniuga ricerca
e innovazione,
performance
e comfort
Guanto da sci in
tessuto elasticizzato
impermeabile
e traspirante
con rinforzi
Atmosfera da “lupi”
per il look da
montagna di Moncler
Gamme Rouge,
cappottone in
pelliccia patch con
cappuccio,
a prova di gelo
tra
l’abito
parentesi
Capi e accessori caldi e glam
per affrontare freddo e neve
LINDA D’ADDIO
S
animalia
ono i mesi dello sci, degli sport
sulla neve e delle vacanze in
quota e lo stile si adegua arricchendo il guardaroba di capi ed accessori a prova di freddo. Capi tecnici per affrontare le giornate sulle piste, ma anche fashion perché sempre più spesso il look da montagna
piace, a stilisti e consumatori perché
coniuga tecnica e moda. Le griffe dedicano parti delle loro collezioni ad
un genere sì adatto alla montagna,
ma portabile anche in città; mentre i
giovani e meno giovani, da quando
hanno sdoganato il piumino facendolo diventare un capospalla city a
tutti gli effetti, si lasciano tentare anche dagli altri pezzi del guardaroba
da neve, dai pantaloni alle maglie
senza rinunciare agli accessori,
guanti, zaini, cappelli e scarponi.
Proprio questo concetto di stile, che
ha reso obsoleta l’idea che il piumino e gli scarponi fossero destinati
solo agli sciatori e ai soggiorni sulla
neve, ha contribuito al ritrovato successo del marchio francese Moncler,
che ha creato con il suo piumino Verano il mito dei paninari degli anni
Ottanta.
Sciatori e non, amanti della neve o
perfetti cittadini metropolitani, non
faticheranno a trovare il look più
adatto alle loro esigenze scegliendo
fra le tante proposte che garantiscono comfort e performance senza dimenticare lo stile. Non solo i piumini
e gli imbottiti diventano il capospalla delle giornate più fredde, anche
gli scarponcini, quelli stringati in
pelle dal gusto retrò, sono più che
glam se abbinati a pantaloni e jeans.
Dal caschetto deluxe ai guanti hitech, dal piumino tecnico alla maschera di precisione.
Ma anche il bomberino lucido trapuntato, la borsa o le muffole in pelliccia, il colbacco e i paraorecchie in
Le nuove proposte
garantiscono comfort,
performance e stile
peluche, nonché gli scarponcini
stringati con suola carrarmato garantiscono un look a prova di gelo.
Tecnologia e performance uniti a
contenuti moda caratterizzano i capi
e gli accessori per chi ama lo sport
ad alta quota. Lo zaino Half Track III
Columbia, con tecnologia idrorepellente Omni-Shield, ha un pannello
posteriore ventilato Backdraft, per
mantenere fresco e asciutto l’interno, e una tasca foderata in tricot e
schiuma Eva per evitare urti ai dispositivi elettronici. È basata sulla
tecnologia Exv (expansion view technology) la maschera Blok Giro che
garantisce un ampio campo visivo.
Mood vintage per il casco in pelle
scamosciata di Bogner, Helmet Velours Brown. Colori fluo per i guanti
in pelle Haglofs Skra Glove con polsini elastici, caldi e resistenti. Ultrasottile il piumino bielax Save The
Duck, in cento per cento piuma
d’oca che segue le linee del corpo.
Mixano comfort e praticità gli scarponi Vector 125 di Head dotati di
due leve Double Power per chiudere
il gancio senza alcuna fatica. Adatti
alle temperature più rigide i pantaloni Brilliant by Salomon con imbottitura leggera Actiloff.
Non mancano le proposte fashion.
Maglia girocollo di lana di Gant con
greca “snowflake”. Colbacco di lana e
pelliccia di Borsalino. Scarponi retrò
in pelle di Hermés. Stivali di pelliccia e suede con coulisse di Moncler.
Borsa di pelliccia con patella in pelle
di Marni. Piumino bomber in nylon
lucido Duvetica, reversibile e bicolore di K-Way.
È immersa in scenari polari la collezione Moncler che propone i modelli must del guardaroba, gli inconfondibili ed intramontabili piumini imbottiti, rivisitati.
Si ispira alle montagne dell’Himalaya la collezione uomo Louis Vuitton
che coniuga sport e moda nei capospalla e nell’outwear che unisce pelle e pelliccia.
Scrivete
Inviate le vostre domande al veterinario
del Caffè
[email protected]
Potete scrivergli anche entrando nella
pagina web del sito www.caffe.ch
cliccando sulla rubrica “Qua la zampa”
Quando un peccato di gola
mette a rischio la vita di Fido
La domanda
La risposta di Stefano Boltri
E
gregio dottore, nella vita,
ogni giorno che passa, ne
capitano sempre di nuove. Quindi le vorrei raccontare
dello spavento di qualche settimana fa. Il mio cane, un piccolo meticcio al quale non si
scaricano mai le batterie, ha
pensato bene di rubare un paio di
stecche di cioccolato e mangiarsele. Dopo poche ore sono iniziati
i guai, vomito e diarrea; il cane tremava e scottava come se avesse la
febbre alta. Allarmata da ciò, mi
sono recata dal veterinario che,
dopo qualche tempo, è riuscito
ad “estorcermi” la verità sul
cioccolato. Può una prelibatezza del genere causare questi
danni al cane? Il suo collega mi
ha parlato anche di possibile
morte. La ringrazio.
E
bbene, nonostante gli avvelenamenti più
frequenti siano dovuti a ben altri tipi di tossici, anche una delizia del palato quale il
cioccolato può essere potenzialmente letale per
il cane e rappresentare una fonte di avvelenamento acuto, causato da un eccessiva assunzione di alcaloidi “metilxantinici” presenti in tale
alimento. A prescindere dalla fisiopatologia
sempre complicata, tali sostanze vanno a
generare una sindrome che coinvolge svariati apparati. In particolare vomito e diarrea rappresentano i sintomi più comuni di interessamento dell’apparato gastroenterico, ma tali tossici vanno anche a colpire il
sistema nervoso centrale causando febbre, tremori, convulsioni e infine può anche venire coinvolto
il sistema cardiocircolatorio con insorgenza di
aritmie. Ovviamente è molto importante l’anamnesi e cioè che il proprietario si sia accorto dell’ingestione di un quantitativo eccessivo di ciocccolato; la comparsa dei primi sintomi è rapida, avviene in circa due ore con un esordio di vomito e
diarrea, l’animale appare molto agitato ed in continuo movimento, mentre l’effetto diuretico delle metilxantine fa si che l’animale urini molto (poliuria). I
segni neurologici compaiono più tardi ed in genere
sono rappresentati da rigidità degli arti e convulsioni.
Nel suo caso non viene citato il tipo di cioccolato ingerito, particolare molto importante in quanto il
quantitativo di metilxantine varia da una concentrazione minima nel cioccolato bianco ad un massimo
nel fondente e nei semi di cacao. Ricordo che un dosaggio potenzialmente letale è di 120 grammi per il
cioccolato fondente e di 400 grammi per quello bianco, per un cane di circa 7 chili.
La terapia adottata nel suo caso mi sembra corretta,
visto che il suo cane presentava già conati di vomito
questo non va indotto artificialmente con farmaci
tipo apomorfina e neppure una lavanda gastrica è
consigliabile. Senza dubbio utile è la somministrazione di carbone attivo, ma indispensabile risulta la fluido terapia per conpensare gli squilibri elettrolitici.
Diazepam e farmaci cardioattivi vengono impiegati in
funzione dei sintomi.
IN OCCASIONE DEL 100. ANNIVERSARIO
DELLA POSA DELLA PRIMA PIETRA DEL CREMATORIO DI LUGANO
L’ASSOCIAZIONE TICINESE DI CREMAZIONE
E DELLE LL  MM  “IL DOVERE” E “BRENNO BERTONI”
Hanno pubblicato
La ristampa del libro
di Emilio Bossi
uscita in prima edizione nel 1957
Il volume è in vendita a CHF 25.00.– nelle seguenti librerie: Libreria Cartoleria locarnese, piazza Grande 32, Locarno - Libreria alla Funicolare, via alla Stazione 2, Muralto - Libreria Casagrande,
Galleria Benedettini, viale Stazione 1, Bellinzona - Il Segnalibro, via Pioda 5, Lugano - Libreria del Corso, c.so S. Gottardo 133, Chiasso - Libreria al Ponte, via Luigi Lavizzari 25, Mendrisio
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
Il numero dei chirurghi
estetici in Svizzera continua
ad aumentare.
Nel 1980 erano 24,
dieci anni dopo 44
e oggi oltre 130
130
75-100
grammi
44
di cosmetici è la quantità di prodotto
che entra quotidianamente
in contatto con la pelle delle donne
400
mio di Fr.
è la spesa annuale
in Svizzera
solo per la cura del viso
24
1980
1990
21
tra
parentesi
2014
LO STUDIO
L’aspetto non è tutto. Eppure
l’apparenza conta eccome nella vita
e nel lavoro. Lo conferma una ricerca
Brutti
sì...
ma siate
almeno
di talento!
I belli guadagnano più denaro,
hanno partner più attraenti
e fanno più sesso. Ma non basta,
devono avere anche capacità
OMAR RAVANI
N
on bisogna giudicare una persona
dall’aspetto. Ci viene insegnato sin da
piccoli. Un buon
consiglio, certo, che contiene
però un giudizio di merito e dà
per scontato che esistono differenti categorie di persone. Facile
dire che brutti e belli pari sono.
No!, non è proprio così. E se il discorso vi pare scontato, provate
a dirlo a chi ha la vita più difficile
proprio perché non è un adone.
La conferma arriva da uno studio di Daniel S.Hamermesh,
professore d’economia all’Università di Austin nel Texas e di
Maastricht in Olanda. Il ricercatore arriva a paragonare la vita di
una persona dall’aspetto fisico
poco attraente ad una sorta d’inferno: il brutto guadagna di
meno, fa lavori peggiori, sposa
partner altrettanto brutti, poveri, fa poco sesso e ha meno amici; infine, fa anche più fatica ad
ottenere un credito in banca. In
soldoni, significa che le differenze, a fine mese, possono anche
sfiorare il 20%, naturalmente a
sfavore dei meno avvenenti. E ti
pareva!
Intanto, facendosi forte delle ricerche di Hamermesh, c’è chi
oltreoceano ha già provato ad
ottenere un risarcimento, portando la causa dei brutti in tribunale, non riuscendo però a
spuntarla. Pur non cadendo negli eccessi nordamericani, anche altrove i bellocci sembrano
avere dei vantaggi, a partire dal
poter rispondere “presente” alla
richiesta di bella presenza per
un impiego. Senza dire di quelle
case di moda che hanno basato
su una certa estetica tutto il loro
marketing, come la marca
d’abbigliamento
Abercrombie and Fitch, che
assume esclusivamente dipendenti bellissimi.
E allora, siamo davanti ad una dittatura dei belli? “Senza
ombra di dubbio conferma l’antropologa Elisabetta Moro
-. Basta vedere tra i
bambini: a quelli belli
concediamo molto di più
che a quelli brutti. Coloro
che possono godere di un’avvenenza fisica o intellettuale, e la
sanno sfruttare, riescono a creare attorno a loro un’aura d’invulnerabilità”. A contare quindi è sì
fisica viene così annullata dalle
doti artistiche. Immaginatevi se
avesse avuto la bellezza di Marilyn Monroe”. Insomma, i risultati della ricerca sono più che con-
“La cantante
Barbra Streisand
ha la voce per
ammaliare
chiunque l’ascolti”
“Oggi si cercano
sempre più
dipendenti
soprattutto con un
buon savoir faire”
la bellezza vera e propria, ma
anche doti e fascino. “Barbra
Streisand, infatti, è dotata di un
talento vocale straordinario, che
ammalia chi l’ascolta - aggiunge
Moro -. La sua poca avvenenza
divisibili. “Eccome - ribadisce
l’antropologa -. Da un altro studio emerge che pure gli obesi
guadagnano fino al 18 per cento
in meno rispetto ai colleghi più
magri. Tutto questo perché
nell’essere umano è innata l’attrazione verso il bello”. Che dire?
Ai brutti senza talento non rimane molto da fare, se
non arrendersi all’evidenza. “Oppure trovarsi un campo nel quale
eccellere - suggerisce
Moro -. Altrimenti,
rassegnarsi ad una
vita senza vantaggi e
sempre a mangiar
la polvere dei belli”. Volere o volare,
le professioni che,
a eguale curriculum, scelgono il
candidato bruttino
sono ben poche.
“Più che di ‘bella’ parlerei di
‘buona’ presenza - replica Cristina Carella, specialista in ricerca
e selezione del personale -.
Sempre più i datori di lavoro e
aziende vogliono che a ricevere i clienti siano degli impiegati che ne rappresentino
lo spirito. Quindi belli sì,
ma anche
dotati di
savoir
faire”. Ma
non illudia-
I consigli
L’esperto Secondo lo psicologo, credere in se stessi è altresì fondamentale
Antonella Marzo Cantarelli,
consulente, spiega a chi è meno
dotato cosa è meglio valorizzare
“Certo, la bellezza esiste,
ma il fascino vale di più”
I
brutti, sfavoriti da madre natura, oltre
ad avere un aspetto poco piacevole,
sembra abbiano anche delle ripercussioni a livello psicologico. Ad affermarlo è
lo psicologo e psicoterapeuta Ivan Battista, autore del volume Psicologia della
chirurgia estetica. “Non c’è ombra di dubbio: i brutti interiorizzano il fatto di essere
discriminati per il loro aspetto estetico.
Ciò non toglie che facciano di tutto per farsi in
un certo senso perdonare il fatto di non essere
belli: cercano di puntare
sul fascino, di essere
spigliati, scherzosi per
ovviare al gap estetico”.
Tuttavia, la bellezza è un
dato di fatto. “Sgomberiamo il campo dagli
equivoci: la bellezza oggettiva esiste. Per contro, quella che noi definiamo come bellezza interiore è in realtà il fascino. Non per nulla
la storia è piena di uomini oggettivamente
poco attraenti che hanno fatto innamorare
donne desideratissime, pensiamo ad
esempio a Gabriele D’Annunzio che fece
coppia con l’allora ambitissima, e bellissima, Eleonora Duse (nella foto)”. Mentre
per chi proprio non si accetta, una qualche
seduta di microchirurgia estetica si può
anche fare: contribuisce a migliorare alcuni difetti e aiuta anche dal punto di vista
psicologico. “Aumenta l’autostima, toglie
quelle tare psichiche che in determinate
situazioni creano un blocco - riprende
Battista -. Aiuta anche ad avvicinare il più
possibile il singolo se non alla bellezza almeno ad un aspetto gradevole”.
Dalla notte dei tempi il maschio doveva
solo comunicare forza,
virilità e resistenza alle
malattie, qualità che
solo un fisico sano emana. Ora invece... “Negli
ultimi decenni stiamo
assistendo ad una certa
inversione di ruoli - nota
lo psicologo -. Se una
volta erano solo le donne
a doversi fare belle per
conquistare l’uomo, o
comunque per piacere,
ora capita l’inverso. Il
sesso femminile ha raggiunto una consapevolezza tale che spesso ricopre il ruolo di cacciatore. Quindi anche il maschio ricorre a quei mezzi tipicamente femminili per migliorare il proprio
aspetto”. In sostanza, cari brutti, tiratevi
su le maniche e sappiate che dovrete sgomitare e darvi ancora più da fare se volete
appena appena competere con i carini.
o.r.
moci. “L’avvenenza fisica è comunque sempre importante - ricorda Carella -. Sebbene, quando la persona la carica di un eccessivo valore, può trasformarsi
in un’arma a doppio taglio. Esagerare con i ritocchi perché non
si accettano rughe e segni del
tempo è sbagliato. Molto meglio
che la natura segua il suo corso.
Piuttosto una ruga in più che un
volto inespressivo”.
Insomma, alla fin fine emerge
che l’importante è la somma
delle caratteristiche positive.
Ecco che, forse, non tutto è perduto per i bruttarelli.
[email protected]
QOmarRavani
“In un incontro la vista
ci influenza per il 57%”
“C
erto, la bellezza è importante,
perché è evidente. La noti subito. Ma spesso è effimera e da
sola non basta. Il fascino, l’intelligenza, il
buon gusto, sono invece qualità che magari hanno bisogno di tempo per essere apprezzate, ma che restano”. Antonella Marzo Cantarelli, consulente d’immagine per
diversi enti e organizzazioni ticinesi, condivide le conclusioni alle quali è giunto lo
studio di Daniel S. Hamermesh, ma facendo salvi alcuni distinguo dettati dall’esperienza sul campo.
“È vero - prosegue -, la bellezza è sicuramente un vantaggio, meglio averla che no,
aiuta nel lavoro e nalla vita privata. Seppure a chi è consapevole d’essere gradevole
fisicamente, capita spesso d’adagiarsi, non
si cura molto e si lascia un po’ andare. Chi
invece sa di partire in svantaggio tende a
sviluppare altre qualità, come il buon gusto, l’eleganza. E questo denota intelligenza e sensibilità verso se stessi, qualità indispensabili nella vita”. Tuttavia, è evidente
che i belli hanno spesso le porte spalanca-
te, gli altri spesso devono aprirle a spallate.
“C’è una spiegazione scientifica - riprende
Marzo Cantarelli -. Quando si incontra una
persona la vista agisce per il 57 per cento
dei nostri sensi. Perché si muove autonomamente, in modo istintivo, non ha bisogno d’essere sollecitata come altri sensi.
Così notiamo imperfezioni, particolari,
dettagli. E cataloghiamo il nostro interlocutore”. Se è bello viene quindi accolto meglio, ovviamente. “Ma solo in un primo
momento - replica la consulente -. Se la
bellezza non si accompagna ad altre caratteristiche, come l’intelligenza, la brillantezza, la simpatia, o un bel sorriso, la percezione di chi ci sta di fronte muta”. Perché
se non c’è nulla di concreto è facile essere
smascherati. “Sebbene non sia una regola
assoluta - nota -. Conosco persone belle e
molto intelligenti e persone brutte e sgradevoli. Per questo dico che la personalità,
lo charme, l’apparire sinceri, il savoir faire
colpiscono molto di più. Ma questo lo si
capisce meglio solo dopo i 40 anni”.
m.sp.
DA 35 ANNI LA 4x4 PER LA SVIZZERA.
Noi festeggiamo. Voi ne approfittate. Naturalmente della gamma Subaru 2014, che vi riserva il modello giusto che
fa al caso vostro. Senza che dobbiate arrendervi di fronte al prezzo. Trezia, il mini van a trazione anteriore.
La Subaru BRZ a trazione posteriore e con un piacere di guida infinito. L’Impreza 4x4 completa di tutto.
La WRX STI 4x4 con motore boxer da 300 CV. La Subaru XV 4x4, la crossover a un prezzo sensazionale. La Forester 4x4, quattro auto in una. La Legacy 4x4, la station wagon imbattibile
nel rapporto prezzo-prestazioni. La Outback 4x4, first class a tariffa eco.
A voi l’imbarazzo della scelta. Comunque sia, avrete sempre più auto per
meno denaro.
Per festeggiare i nostri 35 anni, organizziamo un grande concorso
a premi all’insegna del motto «Partecipare e vincere».
Buona fortuna!
CONCORSO CELEBRATIVO:
IN PALIO UNA NUOVA SUBARU XV 4x4.
✁
Chi è da 35 anni ambasciatore del marchio Subaru in
Svizzera?
Con cosa la Subaru rende
sicure le strade svizzere da
35 anni?
Con quale argomento la
Subaru convince gli automobilisti svizzeri da ormai 35 anni?
Bernhard Russi
Con la 4x4 simmetrica.
Più auto per meno denaro.
Brad Pitt
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Piccola gamma,
grande prezzo.
James Bond
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Ogni modello
a trazione anteriore.
Nome:
Via/N.:
1° PREMIO:
una nuova Subaru XV 2.0i 4x4 Swiss three del
valore di Fr. 37 500.–, 5 porte, cambio manuale,
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2° – 10° PREMIO:
IERI. OGGI. DOMANI.
L’AMBASCIATORE DELLA PRIMA ORA.
Nel 1972 Subaru lancia in Giappone la prima autovettura con la trazione integrale di serie del
Bernhard Russi, campione del mondo e olimpionico di sci, accompa-
mondo. Sette anni dopo Subaru conquista la Svizzera con la trazione 4x4. Un principio fatto ap-
gna Subaru da quando questo marchio ha fatto la prima apparizione
posta per il nostro Paese e le sue condizioni topografiche e climatiche. Subaru è la casa pioniera
in Svizzera, vale a dire 35 anni fa, e continua ad essere l’ambasciatore
delle 4x4. E con la trazione integrale simmetrica continua a essere a tutt’oggi un passo avanti a
Subaru per antonomasia. Sia lui che l’auto di sua scelta hanno in co-
tutti gli altri costruttori. Inoltre la trazione 4x4 è gratis su ogni Subaru AWD. Non stupisce che le
mune un tratto caratteriale: nonostante tutti i loro successi, sono ri-
autovetture 4x4 Subaru continuino a essere le vetture a trazione integrale più vendute del mondo.
masti sempre con i piedi ben piantati per terra.
Subaru convince a tutt’oggi con innovazioni sempre esclusive. Ad esempio con l’abbinamento
un corso di guida sicura «Auto Basis» presso un
Driving Center di vostra scelta (Sennwald SG,
Safenwil AG, Seelisberg UR), pranzo incluso,
per un valore di Fr. 340.– ciascuno.
dello schema boxer e del diesel: due tecnologie all’avanguardia in un motore. E assieme alla Symmetrical AWD e al cambio Lineartronic, proposto come novità mondiale sulla nuova Outback. Il
cambio automatico Lineartronic con modalità manuale è risparmioso e adatto alla guida confortevole in modalità automatica, ma anche alla guida sportiva nella modalità manuale. A prescindere
dal modello che sceglierete, da Subaru beneficerete sempre di un rapporto prezzo/prestazioni
assolutamente vantaggioso.
NPA/Località:
Telefono:
E-mail:
Compilate il tagliando e portatelo dal vostro concessionario Subaru più vicino. È possibile partecipare al concorso anche sul sito www.subaru.ch. Termine ultimo d’invio: 31 agosto 2014.
Condizioni di partecipazione: possono partecipare tutti coloro che hanno compiuto 18 anni, che sono in possesso della licenza di condurre per
autovetture e che risiedono in Svizzera o nel Principato del Liechtenstein. Ne sono invece esclusi i dipendenti della SUBARU Svizzera SA, della
rispettiva rete di vendita e dell’agenzia pubblicitaria. I vincitori saranno estratti a sorte in presenza di un notaio e riceveranno comunicazione
scritta della vincita. I premi non possono essere convertiti in contanti. Non sussiste nessun obbligo d’acquisto. Sul concorso non si terrà corrispondenza. È escluso il ricorso alle vie legali.
Trezia
Impreza 4x4
Subaru XV 4x4
WRX STI 4x4
Forester 4x4
Legacy 4x4
Outback 4x4
Subaru BRZ
www.subaru.ch SUBARU Svizzera SA, 5745 Safenwil, tel. 062 788 89 00. Concessionari Subaru: 200 circa. www.multilease.ch. Prezzo netto consigliato non vincolante, IVA dell’8% inclusa. Salvo variazioni di prezzo. Modello raffigurato: SUBARU XV 2.0i AWD
Swiss three, cambio manuale, 5 porte, categoria di efficienza energetica F, emissioni di CO2 160 g/km, consumo nel ciclo misto di 6,9 l/100 km, Fr. 37 500.–. Media delle emissioni di CO2 di tutte le vetture nuove vendute (tutte le marche) in Svizzera: 148 g/km.
Bellinzona - Fürstenau 93 km
24
Fürstenau
G R I G I O N I
tra
parentesi
S. Bernardino
T I C I
N O
leauto
Bellinzona
SULLE STRADE DEL SAN BERNARDINO
Una silenziosa arrampicata verso i Grigioni
Da Bellinzona a Fürstenau per apprezzare la stabilità e la manegevolezza della Chevrolet
P
er la prova su strada a bordo della nuova Chevrolet
Trax (“sorella” della Opel Mokka) abbiamo scelto
un percorso montano lungo l’autostrada A13 che
parte da Bellinzona e termina nel canton Grigioni, a Fürstenau, a pochi chilometri da Thusis. Un’escursione alla
scoperta di questo piccolo borgo medievale, dove un
tempo si trovava un importante valico doganale ed un
ponte consentiva di superare il Reno, collegando attraverso il vecchio cammino dello Schin il passo del Settimo
con quelli dello Spluga e del San Bernardino. Re Carlo IV
conferì a questo villaggio lo statuto di città ed è per questo che ancora oggi il piccolo comune grigionese sul fiume Reno è conosciuto come “la città più piccola del
mondo”. Nella località, formata da due nuclei, si trovano
ben due castelli medievali (ricostruiti fra i XVII e il XVII
secolo), quello superiore (o di Schauenstein, oggi diventato anche una meta per buongustai) e quello inferiore o
vescovile.
Dopo esserci messi al volante all’interno di un comodo e
spazioso abitacolo, eccoci pronti per percorso di circa 94
chilometri a bordo di questo Suv compatto, caratterizzato non solo da un design accattivante, ma anche da un
carattere versatile e soprattutto da un corretto rapporto
Il Suv della Skoda si fa in due e punta
a vincere nel segmento C della fascia
qualità-prezzo. Percorriamo dunque i primi chilometri
lungo l’autostrada A13, apprezzando in particolare la posizione di guida rialzata e la silenziosità all’interno dell’abitacolo. Salendo, in direzione della località turistica di
San Bernardino, le curve diventano più frequenti e impegnative: un ottimo banco di prova per motore, sospensioni e freni, che ha messo in evidenza la buona stabilità
della vettura e la sua maneggevolezza, resa possibile da
Chevrolet Trax 1.4 l
Motore
4 cilindri benzina
Cilindrata (ccm)
1’364
Cambio
manuale a 6 rapporti
CV
140
Coppia max.
200 a 1’850 gir./min.
0-100 km/h (s)
9,8 (casa)
Velocità massima (km/h)
194 (casa)
Consumi (l/100 km)
6,7 (test)
Prezzo (vettura test)
da 21'900 chf
moderni sistemi per il controllo del telaio. Usciti dalla
galleria del San Bernardino, affrontiamo la discesa verso
Thusis, raggiungendo la nota località di Andeer, dove
consigliamo una tappa ai bagni termali nelle due piscine
o qualche ora di relax all’interno dei reparti di fisioterapia e wellness.
Il nostro viaggio continua in direzione di Fürstenau,
dove, dopo una passeggiata che ci ha permesso di ammirare la bellezza di questo affascinante borgo, abbiamo
raggiunto il castello Schauenstein, all’interno del quale
lo chef Andreas Caminada gestisce un lussuoso ristorante che può vantare ben 3 stelle Michelin e 19 punti GaultMillau (per poter cenare in questo prestigioso locale è
necessario prenotare con largo anticipo ed essere disposti a spendere diversi franchi in più rispetto ad una cena
“normale”). A conclusione di questa bella gita grigionese, si può affermare che la guida della Chevrolet Trax è
stata senza dubbio piacevole, poco dispendiosa (visti i
consumi ridotti), mai troppo stancante e sicura. Piacevole pure l’intrattenimento a bordo, con la possibilità, mediante la tecnologia MyLink, di accedere via bluetooth a
molte funzioni presenti sul proprio smartphone.
s.p.
IN
BREVE
L’INTERNO
Completamente
rivisitato, con un
nuovo volante a tre
razze in sette
varianti, nuovi
materiali e tessuti
per il rivestimento
dei sedili.
La Mercedes-Benz
La nuova Classe C, oltre ad un
bagagliaio più capiente, cresce
nel passo, si è allungata di 80
mm (4,68 m) e + 40 mm anche
in larghezza. In aggiunta
introduce molte innovazioni e
numerosi particolari di
equipaggiamento. Sono
disponibili inizialmente i modelli C
180 da 44’900 franchi, C 200 e
C 220 BlueTec.
SsangYong
La Korando si rinnova nel design
del frontale e nelle luci di
coda, negli interni
completamente rivisitati e con
nuove dotazioni. È disponibile in
tre motorizzazioni: due diesel da
149 cv e da 175 cv e un benzina
da 149 cv. Un compatto Suv,
con prestazioni di guida 4x4 da
24’990 franchi.
Un grintoso Yeti con due facce
va alla conquista dell’Europa
STEFANO PESCIA
È
ancora una volta il tema dello
spazio ad accompagnare la nuova generazione dello Yeti che
mira a riconfermarsi tra i Suv del segmento C più venduti in Europa. Con
questo obiettivo Skoda presenta, per la
prima volta lo Yeti, in due linee di design. Infatti è ora disponibile nell’elegante versione appositamente studiata
per la città (da 21’090 franchi) e in una
variante Outback 4x4 (da 26’580 franchi). Entrambe dispongono di frontale
e parte posteriore di nuova concezione, innovativi cerchi in lega, nuove so-
luzioni “Simply Clever”, massima funzionalità e diverse motorizzazioni. Anche gli interni sono stati completamente rivisitati, con un nuovo volante
a tre razze in sette varianti, nuovi materiali e tessuti per il rivestimento dei
sedili e inserti decorativi per le finiture
del cruscotto.
Oltre alle nuove dotazioni, la Yeti offre,
a richiesta, numerose possibilità per
accentuare il comfort. Se la spaziosità
è sempre stata una significativa caratteristica dello Yeti, Skoda ha pensato
bene di potenziarla. I due sedili esterni
possono essere spostati in avanti e indietro di 15 cm, per offrire più spazio
libero per le gambe. Quando il sedile
centrale è smontato, è possibile spostare quelli esterni anche lateralmente, per disporre di più spazio all’altezza
delle spalle.
È inoltre possibile regolare l’inclinazione dello schienale e abbattere tutti e
tre i sedili. Su nessun altro Suv compatto (lunghezza 4, 22 m, 1.79 m di larghezza e 1.691 m di altezza ), i passeggeri posteriori hanno uno spazio per la
testa così ampio (ben 1.027 mm). In
tema il bagagliaio che ha una capacità
minima di 405 litri, ma, spostando i sedili posteriori in avanti, si arriva anche
a 510 litri. Rimuovendo tutti i sedili po-
IL BAGAGLIAIO
La parola
d’ordine resta
funzionalità,
con elementi
come occhielli
fermacarico
e ganci
scorrevoli.
steriori, il volume raggiunge i 1.760 litri. Inoltre, si aggiungono altre dotazioni già presenti sui modelli precedenti, come il sedile del passeggero
anteriore abbattibile, il tavolino reclinabile sugli schienali dei sedili anteriori, diversi cassetti portaoggetti e
pratici alloggiamenti per bottiglie.
Nel bagagliaio, la parola d’ordine rimane la funzionalità, con elementi come
occhielli fermacarico e ganci scorrevoli. Su richiesta un doppio piano di carico per suddividere il bagagliaio in due
aree, creando zone distinte. Per la prima volta, la Yeti presenta un tappeto
double-face per il pianale del bagaglia-
io. Un lato è costituito da un rivestimento in tessuto, l’altro lato, resistente
allo sporco, è in materiale idrorepellente. Per la nuova Yeti sono disponibili quattro motori diesel e tre benzina,
tutti con sovralimentazione turbo a
iniezione diretta e cambio manuale a
sei marce. La gamma di potenza varia
dal 1.2 Tsi 105 cv al 2.0 Tdi 170 cv.
A seconda della motorizzazione, i modelli dispongono di trazione anteriore
o integrale con frizione Haldex di
quinta generazione. Per quanto riguarda il cambio automatico, la Yeti monta
esclusivamente il moderno cambio
Dsg doppia frizione a 6 o 7 rapporti.
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
25
tra
parentesi
I GIOVANI
Amano l’hard
casalingo. Hanno
tra gli 11 e i 14
anni. Pro Juventute
lancia l’allarme
CAROLINA CENNI
È
la nuova, pericolosa,
mania del momento. Si
chiama “sexting”. Il
porno fai-da-te, accessibile a chiunque e dovunque. Una realtà, soprattutto
tra preadolescenti e adolescenti,
che impazziscono per “sex” (sesso) e “texting” (sms). Una pratica
che segue un suo rituale ben preciso: ci si fotografa, o filma, col telefonino nudi o in pose provocanti e si inviano le immagini. Nel
peggiore dei casi, i ragazzini sono
ideatori di pornografia, con tanto
di proposte di sesso a pagamento.
Spregiudicati nel sesso, ma senza
rete. Completamente sprovvisti
dei necessari strumenti, ma soprattutto inconsapevoli dei pericoli (vedi articolo a fianco). E anche soli, visto che tre quarti degli
svizzeri non sa cosa sia il sexting.
Anche per questo da tempo la Polizia cantonale, con l’aiuto di
esperti, ha pubblicato un opuscolo sui rischi e le possibili protezione su Internet, “My little Safebook”, per l'uso sicuro dei social media.
Sull’onda della preoccupazione,
pure Pro Juventute - confrontata
quotidianamente con ragazzi incappati in un caso di sexting - ha
lanciato una campagna di sensibilizzazione per informare i giovani, ma anche famiglie e insegnanti sui cyber-rischi. Con l’azzeccato slogan “il sexting può ren-
Tre quarti degli
svizzeri non sa
cosa sia. Gli altri
sottovalutano
le conseguenze
derti famoso. Anche quando tu
non lo vuoi affatto”, si cerca di
spiegare ai giovani che la diffusione digitale di foto intime può avere conseguenze gravi, inaspettate,
sia per le vittime che per gli autori.
Aspetto al quale i giovanissimi
non danno minimamente peso.
“Non c’è una percezione precisa
di quello che succede dopo che si
è fatto clic su ‘pubblica’ l’immagine o il video - spiega Ilario Lodi,
direttore di Pro Joventute Svizzera
italiana -. Inoltre, i ragazzi non si
rendono neppure conto di cosa
significhi la circolazione di materiale privato. Spesso le foto sono
rubate, ma altrettanto spesso
sono concesse in buona fede”.
Grazie ad un’applicazione, appositamente creata da Pro Juventute
per questa campagna, i giovani
comprendono i pericoli di un atteggiamento mediatico troppo disinvolto. Con l'app cyber-rischio
si può scoprire se il proprio profilo Facebook è protetto dalla diffusione involontaria di foto, da molestie di estranei o da attacchi di
cyber-bullismo. Tuttavia, bisognerebbe cercare di arginare il
problema alla radice. “Tocca agli
adulti proteggere la crescita dei
ragazzi - sottolinea Lodi -.
Non possono comprare
uno smartphone ai figli e
lavarsene le mani. Le soluzioni sono tante e,
spesso, semplici. I ragazzi vanno educati ad
una gradualità nell’utilizzo delle nuove tecnologie. Non al tutto e subito. Nel caso del sexting si
possono fare esercizi semplici
La nuova mania è il “sexting”
un pericolo per gli adolescenti
comesifa
Invio di contenuti
Si scatta una foto o si gira
un breve filmato osè.
Dopo si inviano i
contenuti. Il 25% degli
adolescenti che fa sexting
spedisce le proprie
immagini non solo al
partner o all’amico,
ma anche a estranei
Il porno baby avanza, foto e film col cellulare, nudi e in pose audaci
per capire quanto sia controproducente pubblicare immagini o
video privati”. Esercizi concreti,
reali, non virtuali, che rendono
molto bene l’idea del pericolo.
“Basta prendere una decina di
foto di famiglia, disporle sul tavo-
lo e chiedere al proprio figlio quale sarebbe disposto a pubblicare
su un giornale - dice ancora Lodi . Lui risponderà di sì per alcune e
di no per altre, in cui magari non è
stato ripreso granché bene o non
gli va di farsi vedere in quella tal
rienze troppo forti per la loro età.
Essere spregiudicati nel sesso, e
senza una guida, è troppo pericoloso. Lo sottolinea anche l'Organizzazione mondiale dellasanità.
[email protected]
Q@simplypeperosa
situazione. È un piccolo esercizio,
ma sufficiente a capire che nel
web vale lo stesso meccanismo.
Amplificato”. Carenze da parte dei
genitori e delle istituzioni, che lasciano i giovani soli a confrontarsi
con tecnologie spinte e fare espe-
Ricezione
di foto o film
I contenuti vengono
ricevuti da più utenti. Tra
questi ci sono quelli che
ne fanno un uso privato,
magari solo
temporaneamente, e chi
invece li diffonde in rete o
li mostra ad amici, parenti
e compagni di scuola
L’esperta
“Segnala
una richiesta
di affetto
e attenzioni”
“L’
attegiamento giusto
non è quello della
condanna, ma della
discussione. Gesti di questo tipo
nascondono un bisogno di affetto, attenzione e riconoscimento
da parte del ragazzo”, premette
Isabella Medici Arrigoni, coordinatrice di programmi di Educazione per adolescenti, sessualità, aspetti relazionali e gestione
delle emozioni. E spiega: “Adulti
e ragazzi devono capire, insieme, i limiti e mettere un confine
tra ciò che è intimo e ciò che
può, anche, essere pubblico”.
Un modo, questo, per introdurli
al problema e provocare discussioni costruttive. “È importante
dare loro gli strumenti affinché
siano in grado di gestire il fenomeno - sottolinea ancora
l’esperta -. In modo che non siano più sprovveduti né, peggio
ancora, soli. Purtroppo in alcuni
casi le nostre indicazioni arrivano troppo tardi...”.
Numerosi i compiti che si possono attuare con i giovani in
tema dell’educazione sessuale.
Tra questi, analizzare casi realmente accaduti.“L’anno scorso
c’è stato un episodio di ‘sexting’
di una ragazza - racconta Isabella Medici Arrigoni -. Un intero
paese aveva visto le foto dei
suoi genitali. Durante una lezione ho chiesto ai ragazzi perché
secondo loro si decide di fare
una cosa simile. La prima reazione è stata di condanna: è una
stupida, dicevano. Poi ho chiesto quanti di loro si erano già fotografati e ho scoperto che erano la maggioranza. E allora, tutti
stupidi?”. No, ovviamente. “I
motivi che stanno alla base di
questi comportamenti sono
sempre gli stessi e nascondono
un bisogno di affetto”, ribadisce
l’esperta.
Lunedì, 23.12.13
Ogni biglietto vince!
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In totale oltre 43 milioni di franchi da vincere!
Tutti i simboli estratti:
Domenica, 1.12.13
Venerdì, 6.12.13
Mercoledì, 11.12.13
Lunedì, 16.12.13
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1’000.–
Fr.
500.–
Martedì, 24.12.13
1 milione
Fr. 100’000.–
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1 milione
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Fr. 25’000.–
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10.–
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10.–
Lunedì, 2.12.13
Fr. 100’000.–
Sabato, 7.12.13
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1’000.–
200.–
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100.–
Fr. 100’000.–
Fr.
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Martedì, 3.12.13
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Fr. 10’000.–
500.–
50.–
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500.–
Fr.
Fr.
Fr. 100’000.–
Fr.
200.–
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20.–
Domenica, 8.12.13
200.–
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Venerdì, 13.12.13
Fr.
1’000.–
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1 milione
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Fr. 25’000.–
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Fr. 25’000.–
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1’000.–
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Giovedì, 19.12.13
1 milione
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Venerdì, 20.12.13
Sabato, 14.12.13
Fr. 100’000.–
Fr. 10’000.–
Fr. 100’000.–
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1’000.–
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1’000.–
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Fr. 100’000.–
Fr. 25’000.–
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Sabato, 21.12.13
Fr. 100’000.–
Domenica, 15.12.13
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1 milione
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1’000.–
Fr. 10’000.–
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1’000.–
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Domenica, 22.12.13
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Tutti i dati senza garanzia.
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Martedì, 10.12.13
500.–
40.–
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Giovedì, 5.12.13
1’000.–
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Fr.
Fr. 100’000.–
Lunedì, 9.12.13
Fr.
Fr.
1’000.–
1 milione
Mercoledì, 18.12.13
Fr. 10’000.–
Fr. 100’000.–
Fr.
Mercoledì, 4.12.13
Martedì, 17.12.13
Fr. 100’000.–
Giovedì, 12.12.13
1 milione
Fr.
100.–
Fr.
100.–
Valutazioni
positive
La maggior parte dei
giovani (59%) valuta
positivamente la ricezione
di materiale di sexting.
È solo il 23% degli
adolescenti ad essere
imbarazzato, infastidito,
spaventato, angosciato;
altri restano indifferenti
Sabato, 11.1.14
«SwissAward»
D. Neuweiler, 6252 Dagmersellen
F. Fratangelo, 6600 Locarno
P. Derungs, 7162 Tavanasa
V. Hinny, 6596 Gordola
S. Graf, 6018 Buttisholz
M. Häberli, 8335 Hittnau
P. Hochstrasser, 6110 Wolhausen
N. Sedonati, 3286 Muntelier
K. Meichtry, 3970 Salgesch
G. Crettaz, 1966 Ayent
L. Lüthi, 3368 Bleienbach
M. Ecknauer, 4053 Basel
J.-C. Fournier, 2300 La Chaux-de-Fonds
S. Falkenstein, 7537 Müstair
R. Baumann, 9000 St. Gallen
S. Zurkirchen, 6106 Werthenstein
E. Krättli, 8733 Eschenbach
U. Friedli, 3074 Muri bei Bern
P. Thoma, 8049 Zürich
A. Samuelian, 1814 La Tour-de-Peilz
A.-M. Baechler, 1564 Domdidier
B. Strebel, 5643 Sins
E. Wagner-Beck, 9492 Eschen
N. Saner, 8143 Stallikon
D. Keller, 4114 Hofstetten
La somma totale dei premi,
del gioco supplementare, è di
Fr. 2’500’000.–
Reazione
tardiva
Quando i giovani si
rendono conto della
portata del fenomeno,
solitamente è troppo
tardi. Il materiale circola
già sul web, centinaia i
“like”, o negli smartphone
dei compagni, conosciuti
e sconosciuti
LEGUIDE
&GLIITINERARI
Pagina a cura di
AutoPostale Svizzera SA
Arte e artisti
all’ombra
della
Con i treni
più romantici
del mondo
San Valentino sui treni più belli e più romantici del mondo. È questo che propone
AutoPostale con il viaggio dal 14 al 16
febbraio sul Bernina e sul Glacier Express. La prima meta conduce dal Ticino
a Tirano per la partenza sul famoso Trenino Rosso che ha più di 100 anni ma con-
Madonnina
L’arte è ossigeno per la mente e carburante per il cuore. Con questa premessa si può
cominciare a parlare di due grandi eventi
milanesi. Si tratta di due mostre da scoprire grazie alla gita di un giorno organizzata
da AutoPostale il 23 febbraio.
In primo piano l’artista russo Vassily Kandisky, del quale va in scena una grande retrospettiva monografica nelle sale di Palazzo Reale. La visita guidata condurrà attraverso le oltre cento opere in mostra in
Viaggio di AutoPostale
alla scoperta delle
mostre a Palazzo Reale
una sinfonia di punti, linee, superfici e colori, in cui ogni elemento ha una precisa
funzione comunicativa e simbolico-sonora, tanto che molte delle realizzazioni dell’artista prendono il nome da espressioni
musicali come le Impressioni, le Improvvisazioni e le Composizioni. È uno spettacolo immergersi in questa atmosfera, andando alla scoperta delle numerose opere
messe a disposizione dalla collezione del
Museo Centre Pompidou di Parigi. Dalle
Il programma
Milano
Data: 23 febbraio 2014
Prezzo: CHF 135.- per persona
Partenza
Partenza: 07.30 Biasca Ffs, 07.30 Locarno Ffs,
08.00 Bellinzona Ffs, 08.30 Lugano Ffs (lato buffet),
08.50 Mendrisio Ffs, 09.00 Chiasso Ffs
Informazioni e prenotazioni
AutoPostale Svizzera Sa - Regione Ticino
Viaggi e Vacanze 6501 Bellinzona
Tel. +41 (0)58 448 53 53
fax +41 (0)58 667 69 24
[email protected] - www.autopostale.ch
prime esperienze in Russia, alla progressiva stilizzazione delle forme; dall’esperienza al Bauhaus di Weimar, su invito di
Walter Gropius, fino agli anni ’30: tutto
ciò fa di Kandinsky un grande maestro
dell’astrattismo, il linguaggio cui si è dedicato con infinita cura e costanza per
quasi tutto il suo percorso creativo grazie
alla realizzazione di opere di spiazzante
modernità, anche se conservano l'ingenuità tipica del debutto, con segni di infi-
nita purezza. Un mondo che scaturisce
dall’interiorità e che dona emozioni.
Grande Kandinsky ma altrettanto interessante è l’opera di quel genio che risponde
al nome di Andy Warhol. Dopo il pranzo
libero, infatti, è prevista la visita guidata
alla mostra in corso a Palazzo Reale per
ammirare le creazioni del celebre capofila
della Pop Art americana. Ci sarà chi sosterrà che Andy Warhol abbia banalizzato
l’arte e chi invece adorerà il suo linguag-
gio fresco, vivace, proprio dell’era contemporanea e consumistica, proiettato
verso i nuovi media rivolgendosi a un
mondo nuovo, in pieno boom economico.
Con questa mostra, Milano ospita le opere della collezione di Peter Brant, che fu
un vero appassionato delle creazioni degli
artisti americani contemporanei; passione
da cui nacque l’omonima Fondazione. Un
itinerario artistico che lascia a bocca
aperta.
tinua ad affascinare perché ogni curva,
viadotto, galleria e ogni bosco offrono uno
spettacolo indimenticabile, andando su
fino a quota 2.253 metri. In tutto sono
sessantuno chilometri di raffinata ingegneria fino a St. Moritz, località turistica
che accoglie visitatori da tutto il mondo e
offre qualsiasi tipo di comfort.
Seconda destinazione è Zermatt, attraversando la straordinaria cornice delle
Alpi svizzere tra valli stupende, pareti rocciose, villaggi incantati, viadotti e strette
gole a bordo del Glacier Express. Sembra
di essere in un sogno, ma è tutto vero.
Bernina e Glacier
Express
Data: 23 febbraio 2014
Prezzo: CHF 595.- per persona
in camera doppia
con abbonamento metà prezzo”
< ?PAU L+N <+A? LN
LNN5A? V3A?Ç
< N+(?A<A35 (4+ *5U+KN+Ç
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IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
27
Occhiali
A realtà aumentata:
permettono di aggiungere
le informazioni prese dal
Web a ciò che stiamo
guardando.
L’HI-TECH
Orologi, bracciali e lenti.
Sensori in tutto il corpo
da indossare per la salute
Voglio una vita
smart
e... tecnologica
19
miliardi
di dollari
130
milioni
50
milioni
La previsione
del giro d’affari
del mercato
della tecnologia
indossabile
entro il 2018
Il numero dei
dispositivi smart
che saranno
venduti
nel 2018
secondo
Juniper
tra
parentesi
ABBIGLIAMENTO HI-TECH
Fonte: Repubblica
Auricolari
Per ascoltare musica, per controllare il battito
cardiaco e quelli delle palpebre. In grado di segnalare
se siamo stanchi e eventualmente svegliarci.
Lenti a contatto
Grazie ad uno schermo
incorporato si pososno
visualizzare le informazioni
richieste. Di tutto,
dalla navigazione Gps
alle email alle previsioni
del tempo.
Bavero della giacca
Contiene una microfotocamera in grado
di scattare una foto ogni pochi secondi.
Per i neonati
Un sensore inserito
nella tutina del bebè
controlla il suo stato
24 ore al giorno
e segnala
eventuali problemi.
Smartwatch
Tantissimi i modelli,
permettono di telefonare,
fotografare, controllare il
battito cardiaco, oltre a
visualizzare email e sms.
Clip
Viene posizionato
sotto il colletto della
camicia; controlla
fequenza cardiaca
e postura.
Collare del cane
Grazie ad un collegamento con lo
smartphone fornisce informazioni
sulla posizione del cane.
Bracciale
Non si contano i modelli.
Calcolano le calorie
consumate e la durata
del ciclo del sonno.
È la stima
del numero
di dispositivi
connessi
a Internet
nel 2020
Il casco da bici
In caso di caduta,
automaticamente viene
avvertito il pronto soccorso.
Scarpe
Hanno un sensore che
registra la nostra
attività motoria.
Le curiosità
Anche per Fido
guinzagli sensibili
per monitorare
salute e movimenti
CAROLINA CENNI
C
i trasformeremo presto in tanti ispettori
Gadget.
Proprio
come per il famoso
personaggio dei cartoni animati, anche il nostro corpo sarà dotato di una miriade di
gadget iper-tecnologici. Indosseremo bracialetti, auricolari,
occhiali intelligenti, lenti a contatto, smartwatch, clip, microfotocamere, sensori, caschi, scarpe e collari per monitorare costantemente il nostro stato di salute. E anche quello di Fido.
Inoltre, entro la fine anno addio
ai polpastrelli per sbloccare
iPhone e simili, il riconoscimento sarà fatto semplicemente con
un colpo d’occhio.
Secondo Juniper Research, il
giro d’affari del mercato della
tecnologia indossabile toccherà
i 19 miliardi di dollari entro
quattro anni, mentre saranno
130 milioni i dispositivi smart
venduti entro lo stesso periodo.
Un’armatura contemporanea
fatta d’informazioni di ogni tipo:
battito cardiaco, postura corretta, qualità del sonno, calorie
bruciate e ingerite, peso corporeo… Una tecnologia intelligente, onnipresente e da portarsi
addosso, che dovrebbe renderci
la vita più… easy, almeno stando alle aziende produttrici. Sensori che supereranno lo status di
gadget per diventare irrinunciabili apparecchi personali. Un
successo, quindi, che dipende
dalla loro reale utilità. “Ma è più
opportuno parlare di utilità percepita - replica Paolo Attivissimo, giornalista e divulgatore informatico -. Sono
gadget che ci ‘servono’
nella misura in cui
rappresentano uno
status symbol. La
tecnologia indossabile, dal punto di
vista della vendibilità, ha il grosso
vantaggio che si
può mostrare. L’utilità in senso stretto è
in realtà piuttosto limitata, però sono
strumenti sociali, di
gratificazione insomma”.
La Intel ha appena presenta-
to un computer completo chiamato Edison, con tanto di wi-fi,
bluetooth e app-store, dalle dimensioni di una scheda di memoria per macchina fotografica.
Verrà inserito in oggetti e capi di
abbigliamento da metà 2014 ed
essendo un pc a tutti gli effetti lo
si potrà impiegare a piacimento.
Un esempio? Nel body del bebè
per rilevare temperatura, battito
e respiro e avvertirci nel caso in
cui uno di questi parametri non
sia nella norma. Ma c'è persino
un collare per cani che fa cose simili (vedi articolo a lato). Esistono poi diversi auricolari che ol-
La novità
tre a trasmettere musica ascoltano la frequenza cardiaca e seguono i nostri allenamenti, così
come i tanti bracciali stile Fuel-
“L’importante
è individuare
le nostre reali
necessità, sennò
è solo esibizione”
Band, Fitbit e Jawbone che controllano se e quanto abbiamo
camminato e se e come abbiamo
dormito. “Possono anche avere
una vera e propria utilità - nota
Attivissimo -. Ad esempio per un
cardiopatico, questi gadget con
un sistema di sensori e promemoria ricordano di il momento
dei medicinali e automatizzano
alcune funzioni noiose come
prendere nota del peso. In questi
casi, un accessorio digitale può
davvero semplificare la vita con
un monitoraggio preciso. L’importante è guardare al proprio
profilo di vita e capire se l’oggetto soddisfa realmente i nostri bisogni o no”.
Ma il vero salto in avanti sta nel
fatto che tutti questi gadget diventeranno oggetti semplici e
capaci di comunicare da soli con
il web, senza dover passare per
forza attraverso uno smartphone. Eccola la grande innovazione. Fino ad oggi qualsiasi orologio o braccialetto intelligente
deve passare per un iPhone o simili, e di fatto non fa altro che
mostrare sul polso alcune delle
sue funzioni. Ora invece si comincia a pensare di svincolarli e
di farli funzionare da soli. Per
spiegarci come vivere correttamente e in salute. Almeno, questo è ciò che promettono.
[email protected]
Q@simplypeperosa
Sarà un anno ricco di nuovi arrivi sul mercato, tra riconoscimenti vocali e facciali
Entro il 2014 l’iride soppianterà i polpastrelli
È
A ME GLI OCCHI!
Le impronte potrebbero
essere presto sostituite
dall’iride. La scansione
dell’occhio è il futuro
ufficiale: per prevedere il futuro non occorre più
la sfera di vetro. Basta recarsi al “Ces” di Las
Vegas, l’annuale fiera mondiale delle nuove tecnologie. Lì tra tv ultra-flessibili, smartphone di prossima generazione, robot, stampanti 3D e droni l’impressione è proprio quella di essere proiettati in un
futuro non troppo lontano.
Oggi la massiccia diffusione di Internet permette di
raccogliere un’enorme massa di dati, i famosi big
data, e di analizzarli per realizzare previsioni che, se
non sono certe, consentono almeno di dare uno
sguardo a ciò che ci aspetta nel breve periodo. E non
c’è dubbio sul fatto che questo 2014 sarà ricco di novità. Si parte dal riconoscimento vocale. Siri, la “segretaria” dell’iPhone, è stato il primo e con esso
sono arrivati tanti altri “assistenti personali digitali”,
come Google Now, che ci permettono di controllare
tutti i device direttamente con il nostro timbro vocale. L’unico problema, se così si può dire, è che per ora
bisogna ancora fare la domanda per avere la risposta. Il 2014 invece vedrà la sperimentazione di sistemi capaci di predire le nostre richieste, analizzando i
dati in loro possesso circa i luoghi frequentati, le
persone che contattiamo, i gusti culinari o musicali.
Fantascienza? No, pura e semplice realtà. Il rovescio
della medaglia è sempre lo stesso: con loro, però, ar-
riverà anche un’altra ondata di attacchi alla privacy.
A colpi di polpastrello, anche il Touch id farà passi da
gigante. Grazie alla diffusione del device è prevedibile che i lettori di impronte digitali saranno sempre
più i protagonisti della nostra sicurezza. Al momento
infatti servono solo a sbloccare il telefonino o a fare
acquisti su singoli negozi online; presto potranno
essere usati anche per autorizzare pagamenti, garantire l’accesso a dati personali e accedere ad un
marea di altri servizi. Dallo smartphone poi i lettori
sbarcheranno anche su computer desktop e portatili. E così le impronte potrebbero essere presto soppiantate dall’iride. La scansione dell’occhio, infatti,
offre una nuova via alla protezione dei dati e funziona senza toccare nulla. Basta quindi avere il device
di fronte a sé per sbloccarlo o controllarlo. Un esempio avanzato verrà offerto dal nuovo Galaxy di Samsung, l’S5 che dovrebbe fare la sua apparizione al
Mobile World Congress di Barcellona, il prossimo
febbraio.
Intanto, dedicati a impronte o iride, gli scanner dal
mondo dell’informatica muovono i passi anche verso
altri oggetti più comuni. Le porte di casa, ad esempio, ma anche le casseforti o le automobili potranno
essere aperte senza inserire codici, solo con la nostra presenza. Insomma, occhio!
P
roprio come noi, presto
anche il nostro amico a
quattrozampe potrà vantare, al parco con i suoi simili,
di essere smart, tecnologico e
all’avanguardia: collari hi-tech,
guinzagli ipersofisticati che
monitorano movimenti, stato
di salute e reazioni. Novità presentate alla fiera elettronica di
Las Vegas. Del resto, solo negli
Usa vivono 80 milioni di cani,
più numerosi dei ragazzi sotto i
diciotto anni. Mentre il 90% dei
padroni considera l’animale un
membro di famiglia. Milioni di
persone, insomma, seriamente
intenzionate a trovare nuove
soluzioni per far vivere meglio i
loro animali. Inoltre, tanto
amore è redditizio: un mercato
che vale oltre 80 miliardi di dollari l’anno e che non conosce
crisi.
Ecco perché alcune innovazioni hanno fatto letteralmente furore. Come “Voyce”, un collare
hi-tech che registra l'attività fisica dell'animale, battito cardiaco, dotato di un sensore gps
per non perderlo mai di vista. In
futuro sarà possibile condividere i dati raccolti col veterinario,
che potrà così avere costantemente sotto controllo la salute
dell’animale.
Per chi, invece, desidera sapere
cosa combina il cucciolo lasciato solo a casa o vuole semplicemente vedere il mondo da un
punto di vista canino, Sony ha
presentato un accessorio per la
sua action camera appositamente dedicato agli animali.
Un sistema di briglie a strappo
per montare una micro telecamera, capace di girare filmati in
alta definizione, sulla schiena
del vostro cane o gatto. Così se
vostro marito dà la colpa a Fido
per l’ennesimo telecomando
che non funziona più, potrete
verificare se dice la verità.
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
28
tra
parentesi
Metodi fai da te per combattere le mestruazioni dolorose
Riscaldarsi con bevande calde,
coprire la zona dolorante
con coperte e praticare un
massaggio, facendo movimenti
circolari, intorno al basso ventre
Viagra alle donne
per alleviare il dolore
in “quei giorni”
L
tomatologia dolorosa doppia rispetto a quanto avveniva
nelle donne trattate solo con placebo e questo senza notare nessun effetto collaterale”. In realtà qualcuno aveva già
provato a utilizzare il Viagra, sottoforma di terapia orale
però, nel trattamento delle mestruazioni dolorose, ma tale
sperimentazione era stata accompagnata dall’insorgenza
di alcuni effetti indesiderati, primo fra tutti il mal di testa.
“Il nostro studio, pur essendo piccolo - prosegue il ginecologo statunitense - mostra come il sildenafil possa essere
Un aiuto anche dalla dieta: pochi
grassi animali, cibi salati e latticini,
più crusca, legumi, noci e magnesio
efficace contro questi disturbi e anche ben tollerato se
somministrato localmente, vicino a dove deve principalmente agire”.
Ed è proprio nella zona pelvica, interessata nei casi di dismenorrea da dolorosi crampi, che un trattamento contro
questo disturbo dovrebbe agire. Nei cicli mestruali dolenti
un’eccessiva presenza, a livello della mucosa uterina, di
prostaglandine, sostanze derivate dagli acidi grassi coinvolte nella risposta a stati infiammatori, provoca contrazioni dell’utero e una costrizione dei suoi vasi aumentando
Questo
nostro
a more
anche la sensibilità dei recettori del dolore. L’effetto di far
rilassare i tessuti e permettere un maggior afflusso di sangue, caratteristico del principio attivo del Viagra, potrebbe
verosimilmente alleviare la sintomatologia dolorosa nella
zona pelvica. Tutto torna dunque, almeno sulla carta. I ricercatori però hanno sì riscontrato un aumento del flusso
sanguigno a livello uterino nelle donne trattate con il sildenafil, ma lo hanno rilevato anche in chi aveva assunto il
placebo. L’uso del Viagra per il disturbo femminile sembra
quindi funzionare, ma le ragioni sono ancora tutte da scoprire. “Serviranno studi più estesi, lunghi e approfonditi
per valutare se davvero il sildenafil possa essere una soluzione per i cicli mestruali dolorosi - conclude l’esperto -. Al
momento la dismenorrea si combatte a suon di anti-infiammatori non steroidei come l’ibuprofene, ma non sempre funzionano e, in caso di uso prolungato, sono in agguato ulcere e danni renali. Si sente il bisogno di cure alternative per un disturbo diffuso che colpisce oltre il 50% delle
donne, con percentuali che salgono fin quasi al 90 se si
considerano le adolescenti, e che negli Usa è responsabile
di 600 milioni di ore di lavoro perse all’anno. Nel frattempo
si può provare anche con la dieta: pochi grassi animali, cibi
salati e latticini e più crusca, legumi, noci e alimenti con vitamine del gruppo B e magnesio possono aiutare.
La risposta di Linda Rossi
Traduca questa sgradevole soffiata
in uno stimolo per la vostra coppia
A
hi ahi ahi... perché andare a
turbare una situazione di
coppia che va bene mettendo la pulce all’orecchio della
fortunata amica? Magari sostenendo che lo fa per il suo
bene, per aprirle gli occhi,
per scuoterla un po’ dal suo
sogno d’amore perfetto che
dura ancora dopo dieci anni.
Magari invece è semplicemente
per invidia, e sappiamo quanto malefica può essere l’invidia e quanto
male può causare, poiché lei, la sua
“amica” una situazione così può soltanto sognarsela.
Il fatto è però che questa frecciatina
avvelenata le è entrata dentro e lei non
riesce più a levarsela di testa, togliendole la spontaneità che sentiva ed
esprimeva nella relazione. Può iniziare a chiedersi se negli ultimi tempi ha
captato dei cambiamenti nel comportamento del suo uomo. Forse più distante, più assente, più sbadato, più
aggressivo, ma anche più premuroso,
più attento nelle cure del suo corpo?
Se non ha notato niente di tutto questo, inizi a tranquillizzarsi. Difficilmente, molto difficilmente, un uomo
lascia una donna con cui sta molto
bene sotto tutti gli aspetti per un’altra
donna. E se dovesse farlo si dica che
L’
altro giorno una mia amica mi ha
detto di aver visto mio marito in un
caffè impegnato in un’animata
conversazione con una donna bionda che
doveva avere circa vent’anni. Io ne ho
quaranta, mio marito quarantadue e siamo sposati da dieci. Andiamo
molto d’accordo in generale e an- Scrivi a LINDA ROSSI
che per quello che riguarda il ses- psicoterapeuta e sessuologa
so. Mi sono arrabbiata molto con
Posta: Linda Rossi – Il Caffè
la mia amica per avermelo detto.
Via Luini 19 - 6600 Locarno
Soprattutto, per aver usato quel
certo tono che lasciava intendere
E-mail:
che lui mi tradiva con la [email protected]
na. La cosa grave è che da allora
non so più darmi pace. Chiedere
a lui mi sembra di dimostrargli sfiducia e
di sottoporlo a un interrogatorio. Per di
più ho il terrore di sentirmi rispondere
che effettivamente ha una relazione con
quella giovane. Come fare per ritrovare
un po’ di tranquillità? La ringrazio fin da
ora per il suo aiuto.
do 19 gennaio
S
SPE
PET
TTAC
TACO
OLO
LO
HANà E MOMò
Ore 1600
Le due protagoniste, depositati i loro
bagagli attorno a uno spazio circolare,
si confrontano giocando una partita in
cui l’una deve sorprendere l’altra.
La fine della sfida sancisce, più che
un vincitore, l’importanza e il valore del
concetto di dualità e d’incontro.
Aula Magna del Centro scolastico
Canavee, Mendrisio
S
SPE
PET
TTAC
TACO
OLO
LO
Biancaneve
Ore 11.00
La celebre fiaba dei fratelli Grimm è
presentata come un gioco d’attori a
cui partecipano parole, corpo e
movimento. I due attori scivolano
rapidamente da un personaggio
all’altro con semplicità, condividendo
con il pubblico un’esperienza
comprensibile a diversi livelli di lettura.
Il dialogo da un'anima all'altra, o
dell'anima con se stessa, è il loro
strumento costante.
Teatro di Banco
me 22 gennaio
COR
C
OR S
SO
O
Mantra per neo-mamme e bebè
fino a 9 mesi
Dalle ore 10.30 alle ore 11.30
Cantare con il bambino in braccio o
vicino, permette di creare un universo
piacevole e rassicurante. Ci sono
mantra specifici per risolvere piccole
difficoltà del quotidiano e altri più
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sa 25 gennaio
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Savognin
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neve.Sono compresi il viaggio in
torpedone, la giornaliera e l’istruzione.
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,B
e l li n z ona
Un’amica dice di aver visto mio marito
con una biondina e ho perso la serenità
“peggio per lui perché non sa quello
che si perde”.
Vorrei, infatti, invitarla a farsi fiducia
nel suo essere una brava compagna,
moglie, amante, e molte altre sue belle
sfaccettature, e a non partire con costruzioni campate in aria. Non so quale sia il lavoro di suo marito e quindi
valuti se non si sia trattato di un incontro professionale. Se proprio non riesce a darsi pace, organizzi molti eventi
di coppia e di famiglia dove coinvolge
la sua dolce metà. Insomma, lo occupi
al massimo in cose belle e nuove con
lei. Sì, anche nuove perché magari,
sempre che l’insinuazione dell’amicapoco-amica abbia qualche base di verità, la vostra coppia ha bisogno di
qualche novità. Per esempio vada dal
parrucchiere e si faccia cambiare pettinatura. Sapendo quello che a lui piace del suo modo di vestirsi ne tenga
conto e gli faccia qualche sorpresa
“piccante”. Insomma, ce la metta tutta
per rinnovare la vostra relazione. Così
facendo lei si sta dando un potere
piuttosto che subire una stupida soffiata. Traduca anzi questa sgradevole
pulce all’orecchio in stimolo positivo
per rinnovare creativamente la sua situazione poiché, come dico sempre ai
miei pazienti, la coppia è un lavoro e
non si può dormire sugli allori.
gn
La lettera
ti
enti
amen
tam
nta
unt
pun
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gli ap
degl
nda de
gend
’ age
L’a
L
L’
lia!
iglia
famig
la fa
ta la
ttta
tutt
er tu
er
pe
p
L’attività fisica
regolare può davvero fare
miracoli. Muoversi favorisce
la riduzione dei dolori
mestruali e dei crampi
Contro gonfiore
o ritenzione idrica durante
il ciclo mestruale, è molto
importante abbassare
il consumo di sale
CRISTINA GAVIRAGHI
a “pillola blu”, che da oltre un decennio ha invaso le
farmacie di tutto il mondo, potrebbe non essere più
un prezioso aiuto solo per il sesso forte. Anche le donne potrebbero beneficiare dei suoi favori, seppur in un
campo... diverso. Il sildenafil citrato, principio attivo del
farmaco usato contro disfunzione erettile e più conosciuto
con il nome commerciale di Viagra, correrebbe in aiuto di
quelle donne che “in quei giorni” provano particolare dolore.
Secondo uno studio apparso sulla rivista Human Reproduction, tale composto allevierebbe i crampi che mensilmente affliggono chi soffre di dismenorrea primaria cioè di
un ciclo mestruale doloroso. L’idea di utilizzare il sildenafil, per curare un disturbo tutto femminile, è stata avanzata
da Richard Legro, ginecologo della Penn State University
che, con l’aiuto di ricercatori croati, ha sperimentato tale
farmaco su 25 donne sane con un’età tra i 18 e i 25 anni e
che presentavano mestruazioni dolorose. Ad alcune sono
stati somministrati, per via vaginale, 100mg di sildenafil,
mentre alle altre è stato fatto assumere un placebo. Legro e
colleghi, durante le successive quattro ore, hanno poi valutato nelle ragazze l’insorgenza di crampi dolorosi e l’entità
del fastidio avvertito. “In chi aveva ricevuto il farmaco - afferma Legro - abbiamo riscontrato una riduzione della sin-
Dieta e
alimentazione
sana in genere,
specialmente nella
settimana che
precede
il ciclo mestruale.
E durante,
alimenti leggeri
si
BenEssere
Il farmaco contro la disfunzione
erettile sarebbe in grado di ridurre
i crampi addominali durante il ciclo
Stellin
e
a D
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
IL BOOM DEL BARATTO
29
Fonte: The Wall Street Journal, Timerepublik.ch, La Repubblica,
LA CRESCITA IN SPAGNA, legata alla crisi
IL FENOMENO
Pure le banche
si rinnovano
e si trasformano
in vetrine on line
di curriculum
Numero di banche del tempo
300
250
200
150
100
50
0
2010
2011
2012
Tasso di disoccupazione giovanile (25-34 anni)
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0
2010
2011
2012
tra
parentesi
L’IDENTIKIT DI CHI BARATTA
LA SITUAZIONE IN ITALIA, una realtà sempre più diffusa
1milione 100mila
le persone
che barattano
ogni anno
prodotti e oggetti
scambiati ogni
mese sui siti
dedicati
500
oltre
70%
Le banche del
tempo, sfiorano
le 600 unità
Donne
Il baratto dei mestieri
per ritornare a lavorare
OMAR RAVANI
L’
idea, vecchia come il
mondo, riporta alla
notte dei tempi,
quando non circolava il denaro. Lo scambio, il baratto, era alla base di tutto: io do qualcosa a te, tu mi dai
qualcos’altro. È il principio su cui
si reggono le famose banche del
tempo, diffuse in tutto il mondo e
che oggi rappresentano uno dei
tanti volti dell’economia alternativa. Transazione non in denaro,
ma utilizzando il tempo come valuta nello scambio gratuito di servizi. In Ticino c’è ad, esempio,
“Scambio di favori”, nel resto del
Paese associazioni analoghe
sono ben radicate in Romandia e
nella Svizzera tedesca. Ma è a Lugano che la banca del tempo ha
conosciuto la sua evoluzione tecnologica, grazie ad una start up
da cui è nato il sito Timerepublik.com, che conta già migliaia di aderenti sparsi in decine
di Paesi.
Un network internazionale per lo
scambio gratuito di prestazioni
come in qualsiasi Banca del tempo, integrato però da un sistema
di valutazione che permette a chi
riceve un servizio di votarlo e recensire chi lo ha effettuato. Dunque, non solo time banking, ma
anche vetrina di curriculum che
aiuta, chi ne ha bisogno, a reintegrarsi nel mondo del lavoro. “La
nostra non è una piattaforma di
scambio di lavoro, ma è anche un
ausilio per chi ha voglia di (re)integrarsi professionalmente”, spie-
“Siamo una Trip
Advisor del lavoro:
chi è bravo e ha
voti buoni può
trovare impiego”
ga Karim Varini, ideatore del sito
assieme a Gabriele Donati -. Su
Timerepublik la moneta di scambio è il tempo e il mezzo sono i
servizi che ogni utente del nostro
sito rende”. Tutto questo tramite
un sistema di valutazione. “Siamo
una specie di ‘Trip Advisor’ del
lavoro - dicono -. Chi fornisce una
prestazione è giudicato dai fruitori e così può guadagnare in reputazione e, anche, in autostima.
Non poche persone grazie a questo sistema sono anche riuscite a
trovare lavoro”.
Dal Ticino il target di Timerepublik si è allargato ad altri Paesi,
rappresentando una radicale innovazione nel settore delle banche del tempo. “La nostra fama
ha presto valicato la frontiera con
l’Italia, dove la situazione del
mondo del lavoro è drammaticacontinua Varini - e quindi spinge i
disoccupati ad investire in una
moneta che esiste da sempre, ossia il tempo. Non è raro che a queste persone vengano offerte occupazioni saltuarie a salari ridicoli.
Meglio quindi spendere tempo e
ricevere valutazioni”. Oggi la
piattaforma vanta numeri di tutto
rispetto che testimoniano il successo dell’iniziativa. “La nostra
community ha circa diecimila
utenti iscritti in più di 80 Paesi,
che offrono le loro capacità in 300
differenti tipi di servizio, che noi
preferiamo definire talenti”. Per
Varini, Timerepublik è una specie
di ritorno alle origini: “Se con l’avvento dei social network abbiamo
assistito ad un passaggio dal reale
al virtuale, ora stiamo provando a
tornare al contatto umano. Dal
profilo con la foto e la descrizione
delle capacità di ognuno, torniamo al reale, con le persone che,
scambiando le proprie esperienze, stabiliscono un contatto umano”.
Il sogno di Varini è fare di Timerepublik anche un ponte tra tutte
30%
Uomini
le banche del tempo svizzere:
“Spesso queste strutture hanno
un numero ristretto di utenti e
non interagiscono con l’esterno.
Sarebbe bello se si potesse creare
un solo database svizzero per sviluppare le loro potenzialità. Un
bell’aiuto anche per tutti gli utenti”.
[email protected]
Q@OmarRavani
58anni
l’età media
LE ESPERIENZE ONLINE
Timebanking.org
Raccoglie in un solo
sito tutte le banche del
tempo del Regno Unito.
Oltre 25mila aderenti
per un volume di 1
milione di scambi
Scambiodifavori.ch
Il sito dell’associazione
ticinese con sede a
Cadenazzo: un lavoro
non si paga coi soldi,
bensì con
un altro servizio
COSA SI BARATTA
TVOSJTF
Oggetti
Servizi
Tempo
Capacità
Mestieri
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Massaggi ed estetica
Lavori d’ufficio
Informatica
Giardinaggio
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Sartoria
Traslochi e trasporti
Baby sitting
INSERZIONE
In collaborazione con SWISS
UNA COPPIA DI INNAMORATI, DUE MONDI DIVERSI FINALMENTE RIUNITI
«Quello che conta davvero
è quanto ci si ama»
Nadja Kaufmann, di Baden, ha presentato al concorso SEATS FOR SWITZERLAND di SWISS una delle storie più toccanti,
vincendo così un biglietto per il Kenia. – Un amore speciale.
A separare amici e famiglie insieme
alle loro storie sono proprio spesso
migliaia di chilometri. SWISS consente a queste persone di ricongiungersi. Con «Seats for Switzerland» la
compagnia aerea regala 300 biglietti.
Coppia di innamorati
Finalmente di nuovo
insieme. Nadja Kaufmann, 30 anni, e Mark
Tipatet, 28.
Consegna del premio L’assistente di volo
Carmen Salvadori consegna a Nadja il pacchetto vincente di SWISS a Baden.
Un abbraccio sincero e uno scambio vono la loro relazione con grande rispetdi sguardi intenso raccontano più di un to reciproco. Una tale maturità e aperlunghissimo bacio. Il momento ha la du- tura mentale sono possibili grazie alla
rata di un batter di ciglia, o meglio, tale profonda fiducia che regna fra loro. Una
deve essere, poiché in Kenia le emozio- fiducia necessaria, considerato il lungo
ni in pubblico si esternano soltanto in periodo che hanno trascorso lontani. «Mi
modo discreto, malgrado rimanga è comunque mancato terribilmente» racnell’aria l’intensità del momento che conta Nadja. «Quando i miei amici mi
Nadja Kaufmann e Mark Tipatet hanno hanno parlato del concorso ‹Seats for
tanto desiderato per
Switzerland› di
quasi un anno. Un
SWISS, non ho
anno durante il
esitato neanche un
quale ognuno di loro
attimo a partecipaha vissuto in due
re.» Anche Mark
segue con palpitamondi diversi: la
Svizzera e il Kenia.
zione il concorso
Deve trattarsi di un
insieme alla sua raamore
speciale.
gazza che è lon«Quello che conta
tana: «Ho detto a
davvero è quanto ci
Nadja che, pensansi ama, non tanto da Sorpresa a bordo: un brindisi extra. do in modo positidove si proviene»
vo, forse avremmo
potuto vincere per
afferma Mark. «Se
ci si immagina il futuro insieme e si davvero. Ero strafelice di vedere la quancondividono le stesse speranze, allora tità di voti ricevuti online per la nostra
tutto diventa possibile» sottolinea storia». Quando squilla il telefono
Nadja. Innamorati, certo, ma non ciechi, nell’appartamento di Mark e Nadja gli
poiché entrambi sono consapevoli che comunica con gioia di avere buone noimpronte culturali tanto diverse com- tizie, Mark capisce subito che la rivedrà
portano anche idee diverse. «L’impor- presto e che sarà di nuovo con lei. «Ero
tante è saper riconoscere queste diffe- talmente felice che riuscivo a malapena
renze, spiegare il proprio punto di vista a crederci» racconta Nadja. Il fatto che
e, se necessario, trovare dei compromes- si sarebbero rivisti dopo il suo ultimo
si o accettare le idee dell’altro». Mark soggiorno di cinque mesi non era mai
è cristiano, Nadja, invece, non è religio- stato messo in discussione. Allora non
sa. Eppure, proprio grazie all’amore, vi- avevano soltanto rafforzato la loro gio-
vane relazione di coppia, ma si erano
anche impegnati a favore del «Precious
Vision Care Centre», una scuola diurna
con annessa scuola materna. Si tratta
della grande speranza per i bambini di
Shauri Yako, un villaggio slum il cui
nome è inequivocabile significando in
swahili «È un tuo problema». Ma non
può essere certo questa la risposta da
dare a un bambino che soffre la fame.
«Un grandissimo regalo di SWISS che
mi ha permesso di andare da Mark e dai
bambini» afferma raggiante la ragazza
di Baden, che non dimenticherà mai quel
volo. Immersa a pensare a Mark, si sentiva al settimo cielo. A un certo punto
qualcuno la riporta alla realtà dandole
un colpetto sulla spalla. Nadja si trova
di fronte il sorriso dell’assistente di volo
Natascha Briner: «È Lei Nadja Kaufmann, vero? Congratulazioni per il premio!» le dice mentre le porge lo champagne. «È stato un gesto veramente premuroso. A bordo di SWISS ho ricevuto
tutte le attenzioni, come se l’aereo volasse in Kenia soltanto per me, Mark e
i bambini» afferma raggiante la bella
svizzera-filippina. Mark la guarda nei
suoi occhi splendenti: «Un giorno avremo anche noi dei figli. Ma anzitutto dobbiamo pensare al nostro primo ‹baby›,
il Precious Vision Care Centre, che deve
imparare a camminare sulle proprie gambew». Poi le sfiora delicatamente la
mano e la porta a passeggiare sulla
spiaggia camminando incontro al sole.
Felicità
Nadja saluta i «suoi» bambini.
Momento romantico sotto le palme,
come a Hollywood.
Peso massimo per le valigie piene di
regali.
Il Precious Vision Care Centre
In questa scuola diurna con
annessa scuola materna anche i
bambini più poveri hanno accesso
all’istruzione e ricevono il pasto di
mezzogiorno. Le lezioni scolastiche sono cominciate nel gennaio
del 2013 con 80 bambini che nel
frattempo sono diventati quasi
200. Dalla struttura in legno vengono ricavate altre due aule, visto
che al momento ci sono ancora
due classi che si dividono un’aula. Chi può permettersi le rette
scolastiche aiuta anche chi invece
non può farvi fronte. Per i sostegni finanziari Nadja Kaufmann ha
fondato l’associazione svizzera
«Forever Kids Kenya». Tutte le
donazioni vengono devolute al
100 % alla scuola.
www.foreverkidskenya.com
Mombasa si trova sulla costa orientale dell’Africa.
Passeggiata nel centro storico.
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
LATENDENZA
ILFENOMENO
L’INCONTRO
LA NUOVA
MOBILITÀ
FA CRESCERE
IL MONDO
LETTO E POTERE,
QUANDO IL SESSO
ARROVENTA
PURE LA POLITICA
GERRY SCOTTI:
“MACCHÉ QUIZ
IO RACCONTO
DELLE STORIE”
ALLE PAGINE 32 e 33
A PAGINA 35
COMAZZI A PAGINA 42
tra
virgolette
RIFLESSIONI D’AUTORE
CULTURA | POLITICA | STILI | SPORT | INCONTRI
Ancora
una volta
i cinque giorni
di incontri
nei Grigioni,
rientrano
nei prodotti
extra lusso
dell’economia
globalizzata.
Accessibili
solo a quella
potente élite
che controlla
il Pianeta.
Una casta
di 2500 persone
Davos
UNA SETTIMANA
UNA PAROLA
LORETTA NAPOLEONI
economista
D
avos compie 40 anni, e con l’età sono sempre
più visibili le sue caratteristiche ‘global’,
quelle di forum mondiale dove si discutono i
temi caldi del pianeta. Quest’anno gli incontri avverranno sotto l’ombrello tematico
“The Reshaping of the World: Consequences for Society,
Politics and Business” (ristrutturare il mondo: conseguenze per la società, la politica e il mondo degli affari).
Argomenti chiave saranno la crisi in Siria e la ripresa economica, in altre parole come risolvere la prima e far ripartire la seconda.
Ancora una volta i cinque giorni di incontri e seminari
rientrano nei prodotti di extra-lusso della globalizzazione, accessibili solo a quell’élite che controlla il pianeta,
una casta di circa 2500 persone composta da futuristi, globalisti, accademici, politici, industriali, attori e chi ne ha
Questi vertici non sono riusciti a
predire la crisi del credito, dell’euro
e neanche la recessione americana
di più più ne metta, dalla quale dipendono le sorti del
mondo. Una descrizione, questa, che piace molto ai partecipanti ma che solo in parte è vera.
Davos non ha predetto la crisi del credito, la recessione
americana o quella europea, né la crisi dell’euro, non ha
protetto i rimanenti sette miliardi di abitanti da questi fenomeni; nonostante gli innumerevoli incontri e seminari
sui pericoli legati al surriscaldamento della terra, a livello
mondiale questo rimane un argomento di scarsa priorità
un po’ dovunque, lo stesso vale per i conflitti armati, le
guerre fratricide e la fame nel mondo. Tutti fenomeni di
cui si parla molto senza soluzione. Sembra proprio che in
questi 40 anni, le strette di mano e le pacche sulle spalle
che i potenti del mondo si scambiano nei corridoi di Davos, non abbiano regalato a chi non vi partecipa un mondo migliore dove poter vivere. Anche questa, però, è una
mezza verità.
Nel 1971, quando il professor Klaus Schawab, fondatore
di Davos, lanciava l’European Management Forum, il vecchio continente era immerso nella Guerra Fredda. Davos
nasce come una cerniera tra le due fette di uno stesso
continente, sicuramente con l’idea, ai tempi ambiziosissima, di contribuire alla loro riunificazione. Nasce in Svizzera, un territorio da sempre neutrale in un’Europa in costante conflitto, e nasce in un paesino delle Alpi, geograficamente ubicato tra l’Europa dell’Est e quella dell’Ovest.
Persino la scelta della cittadina, la più alta d’Europa, simboleggia l’obiettivo della riunificazione, ogni anno su
questa montagna, che funge da faro nel continente diviso
dalla Guerra Fredda, gli uomini dell’Est e quelli dell’Ovest
si incontrano e cooperano nella speranza di ricucire la ferita della divisione. Così si va avanti fino al 1987 - appena
due anni prima del crollo del muro di Berlino -, quando
Schawab ne cambia il nome e l’evento diventa il World
Economic Forum. È, dunque, corretto dire che Davos ha
svolto una funzione importante nell’abbattimento della
cortina di ferro.
Per quanto impossibile questo obiettivo potesse apparire
nel lontano 1971, oggi Davos si prefigge traguardi infinitamente più ambiziosi: dalla sensibilizzazione del pianeta
ai problemi dell’inquinamento fino alla risoluzione dei
conflitti in Medio Oriente. Man mano che la complessità
della globalizzazione aumenta, diventa evidente che la
gestione da parte di una piccola élite, la casta di Davos,
non sia in grado di governare il villaggio globale secondo i
principi di giustizia ed equità, etica e solidarietà necessari
per soddisfare una popolazione che entro il 2050 crescerà
di altri due miliardi. Manca a costoro la saggezza dei grandi leader.
Davos ed i suoi adepti sono infatti vittime del loro stesso
successo, una sindrome che solitamente trasforma individui di valore in dittatori. Certo non siamo a questo livello ancora, ma colpisce nei temi discussi ogni anno da
questa élite l’indifferenza verso argomenti chiave nella
vita quotidiana delle classi medie, ad esempio l’acuirsi del
divario tra queste ultime e i ricchi o super-ricchi, la formazione, insomma, di un élite del denaro che anche durante
gli ultimi anni di crisi si è arricchita, o la divulgazione dei
principi sui quali poggia la creazione di denaro, proprio
dal 1971, da quando Nixon dichiarò la fine della convertibilità del dollaro in oro. È questo un tema che non è mai
stato dibattuto a Davos, ma che è ormai centrale nel perverso meccanismo di non equa redistribuzione del reddito in Occidente e nel resto del mondo.
Basta dare un’occhia al programma di quest’anno per
rendersi conto di quanto detto, i temi centrali saranno:
crescita che non discrimina, innovazione, aspettative della nuova società, come creare un’economia sostenibile
per nove miliardi di persone. La sezione sull’ambiente
sarà come sempre densa di incontri, ben 23 dedicati ai
cambiamenti climatici, ed il resto alle risorse per la sicurezza e alla sostenibilità. Parole e frasi che sono come scatole vuote, dove ci si può infilare dentro ciò che si vuole,
Persino i media faticano nel cercare
argomenti nuovi per poter presentare
un forum che oggi celebra i 40 anni
senza neppure ventilare soluzioni fattibili. Si tratta di temi
sfruttati da anni, come il problema dell’ambiente, e mai
risolti.
Dopo 40 anni di discussioni ci si domanda se ci troviamo
di fronte ad una sorta di Davos Fatigue? Tante parole e
niente fatti. Quest’anno anche i media faticano a trovare
argomenti nuovi per presentare al pubblico questo mega
incontro senza mai grandi conseguenze. Per essere originale qualcuno ha persino offerto ai lettori una lista dell’abbigliamento più adatto per l’evento, dalle scarpe da
neve a quelle per i seminari fino ai cappotti e alle giacche
a vento. Qualcun altro ha presentato Davos come l’unico
posto dove i miliardari devono fare la fila per sedersi al ristorante, e conseguentemente dove per cinque giorni costoro vivono come tutti noi. E forse questa è la migliore
descrizione di Davos : un Olimpo dove per cinque giorni i
potenti della terra giocano a fare i comuni mortali.
DOMENICA
LIBERO D’AGOSTINO
LA PROTESTA
CONTRO
I COLONNELLI
D
ecisioni rapide senza tirarla per le lunghe, a differenza degli altri partiti.
Zero democrazia interna. Improvvisi cambiamenti di linea e
nessuno che osasse fiatare.
Spregiudicato pragmatismo.
Erano quei vantaggi competitivi, sbandierati sin dalle origini
dalla Lega, che riuscivano a
spiazzare gli avversari, a tenerli
sempre sulla corda. Ma dopo la
morte del presidente Giuliano
Bignasca, la potente macchina
del consenso interno si è rotta. I
capitani, alcuni deputati di lungo corso, ora contestano i colonnelli, ossia l’informale vertice leghista coordinato da Attilio
Bignasca. I mugugni si sono
trasformati in protesta aperta,
proprio mentre la Lega si trova
davanti ad uno dei passaggi più
delicati della sua storia: dalle
barricate alla consapevolezza
delle responsabilità di governo.
Una svolta che solleva altri malumori nella base che non si riconosce più in un leader.
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
33
Indice diseguaglianza opportunità economiche
Nessuna
informazione
tra
DRIVER SOCIALI/POLITICI
I Paesi con una bassa
disuguaglianza di opportunità
economiche presentano la
maggiore mobilità sociale. Un
numero crescente di laureati
sceglie di emigrare, compresi
molti scienziati.
Fonte: Iza
I
Ma taluni effetti sull’economia
scatenano paure e sentimenti
forti anche nella Confederazione
ne della manodopera residente – dice Ambrosetti – ma
in sé è più che positiva. Nel nostro cantone ha aiutato la
crescita e ha permesso l’attuale sviluppo, un Pil superiore ai 20 miliardi. Va però aggiunto che l’effetto sostitutivo dei lavoratori frontalieri emerso negli ultimi
tempi ha creato non poche preoccupazioni”.
Rispetto allo schematismo di chi vede tutto nero o tutto
bianco, anche Ian Golden, direttore della Oxford Martin Scholl dell’omonima università, ricorda che i costi
della migrazione si sentono più nel breve termine a livello locale, mentre i benefici più diffusi sono percepibili sul lungo termine. Nell’ultimo numero di Global
Investor del Credit Suisse, Golden dopo aver ribadito
che la migrazione è sempre stata il più importante fattore di spinta del progresso e del dinamismo umano,
sostiene che occorre ridimensionare alcuni timori.
Come quello che gli immigrati ruberebbero posti di lavoro e alla fine distruggerebbero le economie. È però
indubitabile che gli effetti negativi siano tangibili per
un certo numero di persone. Nel breve periodo la possibilità di disgregazione sociale è reale. “È chiaro che
LOSTUDIO
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I migliori talenti
non conoscono
steccati e confini
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Corea del Sud
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Argentina
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Scienziati nativi che si
trasferiscono all’estero
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Altre
origini
chiedo però se con il muro di Bignasca si riuscirebbe a
mantenere un’ attività economica così intensa come
quella del Sottoceneri? Credo proprio di no”.
Pamini individua gli effetti negativi piuttosto nella carenza di scelte politiche, nel mancato adeguamento
delle strade, sempre più intasate, nel blocco artificiale
dell’uso del territorio con conseguente aumento degli
affitti sempre più cari. “Invece serve questa forza lavoro
che arriva dall’esterno. Come in altre realtà, penso a
Manhattan o Londra, permette la creazione in Ticino
di determinati lavori e professioni che non sarebbero
America e Russia ospitano il maggior numero di stranieri
per non far saltare gli equilibri demografici
come chiede l’iniziativa di EcoPop, oppure a
bloccare l’estensione dell’accordo di libera circolazione delle persone alla Croazia, ci sono
Paesi che invece non si sono mai spaventati per
l’immigrazione. Anzi, hanno costruito il loro futuro pure su di essa. Come gli Stati Uniti, primi al
mondo per immigrati: ne ospitano quasi 46 mi-
La Germania ha accolto quasi 10
milioni di persone; dalla Gran
Bretagna andati via in 5 milioni
lioni. E persino la Russia, un tempo era impermeabile al nuovo, si piazza al secondo posto per
numero di stranieri: oltre 11 milioni.
La Germania avrà pure migliaia di frontalieri
che ogni giorno fanno la fila per entrare nella
Confederazione, ma è anche lo Stato che ospita
quasi 10 milioni di immigrati. Un po’ meno di
Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. A seguire
Gran Bretagna e Francia con oltre 7 milioni di
stranieri. Inoltre, sempre osservando le statistiche, non c’è una città svizzera tra le prime 20 al
mondo, con in cima Chicago e Dallas, per numero immigrati. Certo, c’è anche una questione
di popolazione e la Svizzera è il Paese che ospita
il maggior numero di stranieri in rapporto agli
abitanti. Però è anche vero che ci sono nazionicome l’Arabia Saudita con appena 28 milioni di
abitanti e ben 9 milioni di stranieri.
C’è poi da dire, come hanno ricordato diversi
studiosi, che la Confederazione è il Paese della
diplomazia, dove ha sede il maggior numero di
organizzazioni mondiali. Non solo economiche,
ma di ogni ambito sociale e politico, dalle federazioni sportive internazionali sino alle associazioni per i diritti civili. Basta pensare a Ginevra,
qui il 9 per cento del Pil è garantito proprio dalle
organizzazioni internazionali ospitate, così
come un posto di lavoro su 10. Senza contare le
ricadute economiche sul territorio, tra conferenze, visite ufficiali e altre attività . Un modello
ammirato nel mondo. Che senza la mobilità internazionale difficilmente sarebbe mai nato.
m.sp.
possibili altrimenti, se ci si limita solo all’economia locale. L’aumento della massa critica permette una maggior specializzazione del lavoro, consente di offrire
professioni che il ticinese non avrebbe potuto fare. Il
trading di materie prime, ad esempio, non si sarebbe
potuto avviare da noi se non si fossero insediate
aziende estere, che poi creano cluster, che fanno rete.
Basta ricordare anche quelle della fashion valley che
nel cantone stanno realizzando un vero distretto della
moda”.
[email protected]
Q@clem_mazzetta
DUE PAROLE
LIBERO D’AGOSTINO
Quasi mezzo secolo
di pericolosa xenofobia
S
econdo un recente rapporto dell’Ocse, la Svizzera è
il Paese che più si è avvantaggiato della libera circolazione delle persone. Oltre ad aver risolto il problema della mancanza di manodopera, rimpolpato le casse
dell’Avs e rinsanguato il tasso di natalità, gli altri vantaggi
si possono quantificare in soldoni: entrate fiscali e prelievi vari pari a 6,5 miliardi di franchi, al netto dei costi
economici che comporta l’immigrazione. Altre stime calcolano questo apporto addirittura in 11 miliardi, ossia il
2% del Prodotto interno lordo. Non per nulla le associazioni economiche giudicano “autolesionista” l’iniziativa
udc contro “l’immigrazione di massa” in votazione il
prossimo 9 febbraio. A farne le spese sarebbero tutte le
principali attività economiche dal turismo all’edilizia,
dall’agricoltura all’industria meccanica, elettronica, metallurgica e chimico-farmaceutica. “Sigillare la Svizzera, e
il suo mercato del lavoro, equivale a limitare massicciamente la nostra capacità d’innovazione” ha saggiamente
avvertito Valentin Vogt, presidente dell’Unione svizzera
degli imprenditori.
È dal 1970, dai tempi della battaglia di Schwarzenbach
contro “l’inforestieramento”, che si va avanti con campagne e iniziative contro stranieri e immigrazione: ben otto
votazioni popolari, più altri tentativi non approdati a nulla per l’ insufficiente numero di firme. Quanto prima oltre che per l’iniziativa udc, si voterà anche per quelle
contro la libera circolazione delle persone estesa alla
Croazia e per lo “Stop alla sovrappolazione”. Sinora il popolo svizzero le ha saggiamente sempre bocciate. Ma il
nazionalismo più ottuso, insensibile al principio dell’accoglienza, ci riprova sempre, ignorando pure il principio
della convenienza.
10.7
Corea del Sud
8.0
Giappone
Israele
10.7
Nuova Zelanda
8.9
Turchia
economia della conoscenza non ha frontiere.
Non ha confini geografici, quelli che vanno
sempre più scomparendo in un mondo che
progressivamente abbatte muri e barriere. Perciò,
l’interscambio di ricercatori e scienziati è molto importante. Non per nulla la Confederazione vanta la
maggiore percentuale al mondo di scienziati immigrati e un terzo di scienziati svizzeri emigrati.
“Il nostro Paese è un caso molto rappresentativo di
questa tendenza. Difatti, la maggioranza degli
scienziati nella Confederazione è di origine straniera, tedeschi in testa”, spiega Gabriele Gendotti, presidente del Consiglio di fondazione del Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica.
I Paesi preferiti dai cervelli elvetici, secondo lo
studio del Credit Suisse, sono la Germania e gli
Stati Uniti. Quanti vanno via dalla Svizzera?
“Tanti. Le eccellenze svizzere sono spesso chiamate
all’estero e circa un terzo dei nostri laureati emigra”.
Ma andar via per studiare o fare ricerca è proprio
necessario?
“La ricerca scientifica e la formazione si fondano in
maniera importante sull’internazionalità e sugli
scambi tra gli atenei. Grazie agli sviluppi informatici
13.6
10.8
Grecia
Italia
Portogallo
Spagna
6.0
9.3
10.2
7.2
Francia
6.7
7.7
Polonia
6.9
Ungheria
5.6
Germania
5.4
Paesi Bassi
6.1
Belgio
6.0
Finlandia
5.3
Svezia
Regno Unito
Irlanda
Cile
Messico
9.1
10.0
Danimarca
8.9
Usa
5.0
15.1
13.1
Canada
Moltiplicatore
9.8
10.0
Australia
15.9
Media Ocse
10 % AL VERTICE VS. 10 % ALLA BASE
Al netto di imposte e trasferimenti, il 10% più
ricco della popolazione nei Paesi Ocse ha
percepito un reddito pari a 9,8 volte quello
del 10% più povero nel 2010, e i gap più
consistenti si sono registrati in Messico, Cile
e negli Usa, e i più bassi in Danimarca,
Finlandia e Belgio.
Il 3% della popolazione
non vive ormai più
nel suo Paese d’origine
a mobilità fa muovere il mondo. E anche se
ultimamente è diventata ostaggio di politiche protezionistiche con derive populiste,
la tendenza sempre più internazionale di spostarsi da un Paese all’altro, non solo moltiplica le
occasioni di lavoro, ma crea benessere e ricchezza. Lo dice lo studio del Credit Suisse sulla “nuova mobilità”, ma lo confermano anche gli indicatori economici delle ricerche di molte università. Che mettono pure in evidenza come la migrazione, che alimenta il fenomeno della
mobilità, non sia poi così diffusa come comunemente si crede. Osservando il problema da un
punto di vista più ampio, complessivo, si scopre
che soltanto il 3,2 per cento della popolazione
mondiale vive fuori dal proprio Paese d’origine.
Ossia 231 milioni di persone. Un numero, comunque, aumentato del 50 per cento dal 1990
ad oggi. In Europa i primi a lasciare casa e trasferirsi altrove sono gli inglesi: in 5 milioni sono andati via.
Se in Svizzera c’è chi protesta e chiama il popolo
a votare per dire stop all’immigrazione di massa,
come l’Udc, o a frenare il numero di immigrati
L’INTERVISTA
Gendotti: “Nessun grande sviluppo
senza programmi di studio comuni”
%
1
Perù
l’imbianchino ticinese non vede di buon occhio la concorrenza di un imbianchino del Comasco, però il consumatore ticinese ne approfitta, perchè imbiancare gli
costerà di meno. In questa situazione è ovvio che il ticinese che si trova confrontato a lavoratori esteri, debba
stare al passo con i tempi. Ossia, deve creare valore aggiunto per restare sul mercato. Certo non è mettendo
un muro al confine, come aveva proposto Bignasca,
che si risolvono i problemi”, aggiunge Pamini riconoscendo l’esistenza di un aspetto controverso, ovvero
quello effetto concorrenziale sul mercato locale. “Mi
l dilemma della migrazione. Fra chi pensa che gli
immigrati rubino posti di lavoro e chi sostiene
siano, invece, fonte di dinamismo e crescita economica, Paolo Pamini economista del Liberales
Institut di Zurigo non ha dubbi: “L’immigrazione
della forza lavoro è positiva per chi arriva, per chi c’è,
per la nostra economia, per lo sviluppo, per la crescita.
In Svizzera negli ultimi dieci anni ha contribuito ad un
aumento spettacolare della prosperità, al consolidamento delle finanze pubbliche, al rifinanziamento del
sistema pensionistico e alla piena occupazione. Dal
2002 ad oggi ha creato circa 600 mila nuovi posti di lavoro”. Oltre 30 mila i nuovi posti in Ticino, passati da
188 a 220 mila in dieci anni. Franco Ambrosetti, presidente della Camera di commercio concorda sulla positività del fenomeno: “Vanno ovviamente rispettati i
contratti di lavoro, l’immigrazione non deve penalizzare la popolazione locale, bisogna evitare la sostituzio-
virgolette
Ammontare di
scienziati immigrati
3
Colombia
Fonte: Ocse
CLEMENTE MAZZETTA
Federazione Russa
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De
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5. Us
0
Us
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8.
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In
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Lussemburgo
Danimarca
Paesi Bassi
Germania
Australia
Regno Unito
Canada
Ungheria
Austria
Media Ocse
Stati Uniti
Nuova Zelanda
Francia
Norvegia
Svezia
Belgio
Italia
Spagna
Portogallo
Grecia
Irlanda
Finlandia
Fonte: IEEE Spectrum
Ru
.7 Us
23
Ca
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da
9
Uk 46
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Laureati in %
sul totale,
variazione
percentuale
2000–2010
Paese
Il dilemma del lavoro senza frontiere
tra vantaggi e chiusure protezionistiche
Us
mobilità
fa crescere
il
mondo
Fonte: Economist/Ocse
Cn
La nuova
QUANTO SONO ISTRUITI
GLI IMMIGRATI?
La proporzione degli immigrati
recenti verso i Paesi dell’Ocse
che hanno conseguito una
laurea è cresciuta di 5 punti
percentuali, a quota 31 % tra il
2000 e il 2010. Lussemburgo,
Danimarca e Paesi Bassi hanno
beneficiato più di tutti di questo
trend. Tra i nativi la percentuale
è cresciuta di 4 punti
percentuali al 29 %.
SCAMBIO DI CERVELLI
La Svizzera presenta la maggiore percentuale
di scienziati immigrati. Più della metà dei
ricercatori non è elvetica, e una percentuale
consistente è costituita da tedeschi. D’altro
canto, un terzo degli scienziati elvetici emigra,
gli Usa e la Germania sono le principali
destinazioni. All’altro estremo, il Giappone è
stato il Paese che ha scambiato il minor
numero di scienziati con il resto del mondo.
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7.
6
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2.
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De
DISEGUAGLIANZA OPPORTUNITÀ
ECONOMICHE
I Paesi con una bassa diseguaglianza di
opportunità economiche, come la Norvegia, sono
quelli che hanno un livello più elevato di mobilità
sociale intergenerazionale. I Paesi caratterizzati
da una maggiore diseguaglianza di opportunità
economiche, come il Brasile, hanno un livello
maggiore di diseguaglianza dei redditi.
Norvegia
Il fenomeno
La “geografia” dei popoli
Alta
Media
Bassa
231.000.000
LA MODERNA MIGRAZIONE
Sono 231 milioni le persone che non vivono
più nel loro Paese d’origine e sono emigrate
alla ricerca di un lavoro o di un futuro migliore.
Ti-Press
45.785.090
IL SOGNO AMERICANO
Il Paese che ospita più immigrati sono gli Stati
Uniti, con oltre 45 milioni (15 solo messicani),
ovvero il 15 per cento circa della popolazione.
14.179.627
IN FUGA DALL’INDIA
Tra loro c’è gente che fugge dalla fame ma
anche molti professionisti e ricercatori. L’India è
il Paese da dove si emigra di più in assoluto.
9.060.433
L’ARABIA ATTRATTIVA
Il Paese con il numero più alto di stranieri è
l’Arabia Saudita. Su 29 milioni di abitanti, ne
ospita 9 milioni, il 31.4% della popolazione.
5.005.941
VIA DAL REGNO UNITO
A fronte di 7 milioni e mezzo di stranieri ospitati,
dal Regno Unito sono andati all’estero negli
ultimi vent’anni oltre cinque milioni di persone.
Scambio
scientifico
È il risultato
della qualità
della nostra
ricerca. Siamo
i primi per
l’innovazione
scientifica
gli studi possono essere sviluppati
in tutto il mondo, quindi se la Svizzera è ai primi posti nell’ambito
della scienza e dell’ innovazione,
questo lo dobbiamo proprio alla
capacità di partecipare a progetti
su scala mondiale”.
Chi li finanzia questi piani?
“Il nostro successo ci permette di
beneficiare di importanti contributi da parte dell’Unione Europea,
visto che la Svizzera investe 4 miliardi di franchi circa e ne riceve in- GABRIELE
dietro 6. Di questa internazionaliz- GENDOTTI
zazione che fa capo agli scambi di Presidente del
cervelli approfittiamo in maniera consiglio di
importante, da noi, vista la qualità fondazione
della ricerca, vengono a lavorare della ricerca
alcuni dei migliori ricercatori di
fama mondiale”.
Un terzo dei nostri talenti lavora oltre frontiera.
Una bella forza trainante. Non crede?
“Permettere ai nostri migliori ricercatori di trasferirsi all’estero per perfezionarsi è di fondamentale importanza. Perciò il Fondo nazionale della ricerca
scientifica finanzia ogni anno i nostri ricercatori
perché possano approfondire le conoscenze sia nei
Paesi all’avanguardia che in quelli emergenti”.
Uno scambio necessario per fare esperienza?
“Uno scambio importantissimo per rimanere ad
alto livello nella ricerca, portandoci ad essere uno
dei Paesi più innovativi al mondo. Più innovazione
equivale ad una situazione economica migliore. Rispetto alla maggioranza degli altri Stati, dove questo
aspetto è più trascurato, la situazione svizzera è di
gran lunga più brillante”.
L’arrivo in Svizzera di cervelli stranieri non prelude alla partenza dei ricercatori elvetici?
“Al contrario, è sintomo di vitalità. La Svizzera partecipa a molte ricerche internazionali e ciò è fondamentale per restare in testa alle classifiche sulle nazioni più innovative. È la dimostrazione di quali siano i veri motori della crescita. Oggi l’innovazione
costante è l’investimento migliore per promuovere
nuovo sviluppo”.
[email protected]
Q@OmarRavani
34
LE
RICE
TTE
tra
virgolette
Nella versione fritta...
... oppure pasticciata
Versare 250 ml d'acqua bollente in un pentolino e aggiungere un pizzico di sale. Poco
per volta, versare 50 g di farina gialla per polenta mescolando con un mestolo di legno
in modo da evitare i grumi. Abbassare la temperatura e proseguite la cottura per altri
20 minuti circa, finché la polenta non inizia a prendere una certa consistenza. Non
appena si è addensata, rovesciarla su un tagliere di legno e spianarla fino alta circa 2
cm. Far raffreddare. Tagliarla formando tanti bastoncini da friggere in una padella con
abbondante olio bollente. Far dorare entrambi i lati per qualche minuto, quindi
trasferirli in un piatto coperto con carta assorbente. Salare e servire caldi.
Preparate del ragù abbondante. Tagliare 500 g di polenta a
fette spesse mezzo dito circa. Ungere una teglia da forno
con del burro e formare uno strato di polenta. Sopra disporre
uno strato di fontina (in totale 150 g) a fette e coprire con il
ragù. Procedere così fino a terminare gli ingredienti. Infine,
coprire con un’abbondante tazza di besciamella. Infornare a
200° gradi per circa 20 – 30 minuti, o fino a che la polenta
non sarà ben dorata. Servire subito.
La polenta,
il “comfort food”
delle Alpi
M
i bastano polenta e acqua per sentirmi
come Zeus. Parola di Epicuro. E se lo diceva il più gaudente dei filosofi a maggior ragione lo pensavano i nostri antenati. Che non vivendo nel clima mite di Atene dovevano cercare
calore e calorie in questo piatto povero. Probabilmente il primo confort food della storia. Semplice
da preparare, piacevole da assaporare, facile da digerire. Un vero conforto per lo stomaco e per
l’umore. Persino al tempo della fame nera, quando
famiglie smisurate si ritrovavano attorno al tavolo
con qualche pezzetto di polenta da sfregare contro
una striminzitissima aringa affumicata appesa al
lume al centro della tavola. Anche in dosi minime
questo cibo primordiale scacciava lo sconforto.
Perché “la pulenta la cuntenta” come dicono a
Como. E che la polenta possa dare piacere in tutti i
sensi lo mostra bene il dipinto del pittore veneziano Pietro Longhi custodito a Ca’ Rezzonico dove
una donna formosa, con la grazia di una venere
contadina, fa tracimare la polenta sul tagliere mentre esibisce le sue grazie da albero degli zoccoli.
Per i polentoni è un piatto a
base di acqua, farina e identità. Più un pizzico di nostalgia. E poco importa che sia fatta con
la semola scura di grano saraceno, con quella giallissima di mais, con quella bianca di granturco. Al
primo boccone si attiva una speciale memoria involontaria che disincaglia i ricordi dal fondo di noi
stessi. E ci fa tornare a quando da bambini la immergevamo nel latte. Alla nonna che la friggeva per
accompagnare lo spiedo di uccelli. Ai pranzi domenicali, quando si allungava come lava fumante
verso lo spezzatino. E poi, quella sottilissima sfoglia che rimaneva azzeccata al paiolo e che con un
po’ di formaggio nel mezzo diventava una piadina
alpina. Benzina sul fuoco dell’amarcord insomma.
Per i Romani invece la polenta era soprattutto
quella a base di fave. La chiamavano puls fabata ed
era un cibo talmente identitario che una delle tribù
più importanti dell’Impero si chiamava gens Fabia,
che deriva da faba, cioè fava. Come dire che l’uomo
è ciò che mangia. All’ombra del Colosseo come del
Resegone.
di
CAROLINA
Ingredienti per 4 persone
- 400 g di farina di mais
- 800 g di funghi freschi
- 2 spicchi d’aglio
- 1 ciuffo di prezzemolo
- olio extravergine d’oliva
- sale
- pepe
Con funghi trifolati
ELISABETTA MORO
LA RI ETTA
oltreilcibo
Semplice da preparare, piacevole da
assaporare e facile da digerire.
Un cibo elogiato persino da Epicuro
Mondare i funghi, pulirli e affettarli nel
senso della lunghezza. Portare a
ebollizione 1,5 l d’acqua in una pentola
capiente, salare e versare a pioggia la
farina di mais. Mescolare bene con un
cucchiaio di legno per non far formare i
grumi. Cuocere per 1 ora, mescolando in
continuazione, fino a ottenere un
composto piuttosto morbido e omogeneo.
Circa 30 minuti prima del termine di
cottura della polenta, cuocere i funghi.
Scaldare l’olio in una padella e far
appassire gli spicchi di aglio leggermente
schiacciati. Unire i funghi, salare, pepare
e cuocere per 20 minuti. Infine,
cospargere di prezzemolo tritato. Servire
la polenta nei piatti individuali, condire
con i funghi trifolati e servite subito.
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IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
35
tra
virgolette
Il dibattito
Letti e politica
LA STAR E IL PRESIDENTE
L’attrice Marilyn Monroe
protagonista di una lunga
relazione col presidente Usa
J.F. Kennedy; in basso, Strauss
Kahn, ex presidente del Fmi,
accusato di stupro da una
cameriera di colore e travolto
da altri scandali sessuali
BUFERA SULL’ELISEO
Il presidente francese Hollande
pare andasse anche in moto
dall’amante; in basso, a
sinistra, l’ex premier italiano
Berlusconi con la compagna
Francesca Pascale, accanto il
presidente Usa Clinton e la
stagista Monica Lewinsky
Relazioni pericolose,
se il sesso scardina
potere e vita privata
AMANTI TOP SECRET
Anche un altro presidente
francese, François
Mitterand, ha avuto una
relazione segreta da cui è
nata una figlia (nella foto).
Una relazione top secret
per anni, come quella del
principe Carlo
con Camilla Shand
Dal presidente Clinton al caso Hollande
la variabile femminile fa tremare il Palazzo
LIBERO D’AGOSTINO
T
rema l’Eliseo per lo scandalo del Juliegate. La Francia curiosa, più che attonita, sta a guardare come andrà a finire
questa nuova storia di letto e potere, che
rischia di sconvolgere la presidenza della Republique.
Da Cleopatra a Julie Gayet, l’amante del presidente
francese François Hollande, dalle scappatelle di
quel donnaiolo impenitente del presidente americano J.F Kennedy alle incontenibili voglie che elettrizzavano la Casa Bianca ai tempi di Bill Clinton,
dall’amante segreta di un altro presidente francese, François Mitterand, alla mutandopoli che ha
messo a nudo l’ex premier italiano Silvio Berlusconi, la donna, il lato D del potere, è la variabile sin
troppo indipendente che scardina con l’intimità
anche l’immagine dei potenti. Annullando del tut-
to quella che una volta era l’inviolabile separatezza
tra vita pubblica e vita privata. Ma a volte a far saltare poltrone eccellenti e a rovinare brillanti carriere politiche basta anche un normale rapporto di
coppia, una legittima relazione affettiva che urta
con le leggi dello Stato. Come non ricordare, al proposito, il caso del ministro svizzero Elizabeth
Kopp, di cui è stata pubblicata poche settimane fa
una biografia: “Due vite e un destino”, ovvero
l’ascesa e la caduta della prima consigliera federale
svizzera, costretta a dimettersi nel 1988 per una telefonata con cui suggeriva al marito di lasciare il
consiglio di amministrazione della Shakarchi Trading, una società sospettata di riciclaggio. Affetto
coniugale contro ragione di Stato.
Certo ben altra vicenda rispetto alle sortite notturne di Hollande o al “bunga bunga” di Berlusconi,
sebbene in quest’ultimo caso, è stato il cortocircuito di un ménage familiare con la rabbia di una mo-
glie platealmente tradita, Veronica Lario, a svelare
le notti roventi del Cavaliere. Da sempre il potere
esalta, eccita, come nota l’analisi (sotto) del professore Luigi Bonanate, diventa perciò anche la storia
pruriginosa di letti più o meno leciti. Con la differenza però che oggi non resta più segregata tra i
Storie d’alcova che sono costati
troni e scandali che hanno fatto
saltare poltrone internazionali
sussurri del Palazzo. È subito di pubblico dominio.
Materiale prezioso per i media, per il gossip popolare, ragione di scandalo e, in molti casi, di conflitto istituzionale. Attrazioni pericolose che sono costate persino un regno, come a Carlo d’Inghilterra
rimasto l’eterno principe di Galles per la sua lunga
relazione con Camilla Shand o prestigiose poltrone come quella di direttore del Fondo monetario
internazionale, Dominique Strauss- Kahn travolto
da accuse e scandali a sfondo sessuale.
La privacy non esiste più, nota la giornalista Ritanna Armeni, l’onda d’urto dei social media e della
comunicazione digitale ha cancellato i confini della sfera privata dei cittadini comuni, figurarsi per i
politici. Gli uni e gli altri sono oggetto e soggetto al
tempo stesso di un dilagante voyeurismo di massa.
Ma con la personalizzazione e la spettacolarizzazione della politica è soprattutto il Palazzo ad essere costantemente sotto osservazione. Scandagliato
dai media e da avversari di ogni sorta, scrutato in
ogni suo recesso, a caccia di qualche risvolto piccante che possa innescare l’ennesima telenovela
planetaria su sesso e potere.
[email protected]
Q@LiberoDAgostino
L’analisi/1
L’analisi/2
Amore, fascino e passioni segrete,
per i Potenti un’attrazione fatale
“Social media e nuove tecnologie
hanno infranto la vecchia privacy
LUIGI BONANATE da Parigi
RITANNA ARMENI da Parigi
F
inché si tratta di persone libere, senzienti e
consenzienti, nonché consapevoli dei
coinvolgimenti morali, sociali e mondani,
dei loro comportamenti sessuali, nulla da dire.
Possiamo apprezzarli o disprezzarli. Invidiarli o
sentircene moralmente sconvolti. Ma non invadere la loro sfera di autonomia. La condizione
che riassume tutte le altre è quella dell’eguaglianza, o della pariteticità tra le posizioni sociali e i ruoli delle persone coinvolte. Che Bill Clinton non trovasse nulla meglio della Sala Ovale
della Casa Bianca per i suoi giochi erotici con
Monica Levinsky può farci ridere o provare
pena, a seconda dei gusti. Ma lo scandalo, se
scandalo fu, scatta o scatterebbe nel momento
in cui Monica avesse chiesto un qualche tipo di
compenso (tale da farlo rientrare nella dimensione del mercimonio) che andrebbe ad annullare la spontaneità o la volontarietà di un gesto
che rientra nell’ambito di un’avventura sessuale.
In effetti, quando Marilyn Monroe cominciò a
frequentare uno o più dei letti della famiglia
Kennedy, si può pensare che il tutto fosse circondato e soffuso di gioia di vivere, di allegria e
indifferenza nei confronti della pubblica opinione. Non si può dire la stessa cosa di fronte alle
rivelazioni sulle “cene eleganti” di Silvio Berlusconi perché ad Arcore - a quanto si dice - circolava anche, e molto, prima e dopo ogni notte,
denaro a fiumi... È difficile dunque credere che
tutte quelle ragazze fossero affascinate da Silvio
Berlusconi e che lui stesso si comportasse come
chiunque altro al mondo.
Pesca qualcosa da tutte le variabili il caso Hollande-Trieweiler-Gayet. Fascino femminile per François Hollande, attrazione
verso il potere e lo stare accanto ai
potenti (certo così per la povera
Valérie Trierweiler finita in ospedale) o per ottenerne lancio mondano o successo (Julie Gayet, anche se soltanto in ipotesi). Ma non
dobbiamo dimenticare che a questo mondo esiste anche l’amore: il
crollo psicologico di Valérie testimonia una pena e non di potere
mondano. Per quanto riguarda
Hollande non si può nascondere
che il potere (anche quando non
brillantemente esercitato, come
nel caso suo) esalta chi lo detiene
e lo eccita. La posizione più difficile da sostenere è quella della bella Julie, la più giovane della
compagnia (che quindi butta sul tavolo una carta in più), che è anche quella che da tutta questa
vicenda ha più da guadagnare. Ma diciamocelo,
infine: sarebbe meglio che ciascuno cercasse di
vivere i propri ruoli sociali e mondani con calma, serenità, senza trucchi, menzogne e tradimenti.
“C’
era una volta il privato”, così comincerà la storia che un giorno racconteremo ai nostri nipoti. Una storia
che li appassionerà perché si parlerà di un mondo loro sconosciuto, dove gli uomini e le donne
dividevano la vita in due parti che
potevano anche non entrare in contatto. Un racconto di persone che
agivano, si esprimevano di fronte
agli altri in un modo, e potevano
fare o dire l’opposto quando erano a
casa. Per tutti era normale, per molti era un bel lusso e in molti ne hanno approfittato. I nostri nipoti ci
guarderanno con stupore perché
quel mondo loro non l’hanno conosciuto .
È finito in questi primi anni del terzo millennio. E qui che possiamo
datare la sconfitta del privato e la
vittoria del pubblico. Proprio la banale vicenda
francese (in fondo un uomo, un uomo potente,
che ha un amante non è proprio una novità) ha
reso chiaro ciò che molti già sapevamo. Un confine è saltato, una frontiera è stata superata. E non
solo per i politici o i potenti, per i quali potrebbe
valere la considerazione che hanno scelto di dare
priorità assoluta alla vita pubblica. Ma per tutti.
Quando i francesi dichiarano, secondo i sondag-
gi a maggioranza, che il loro presidente, coinvolto in uno scandalo sessuale, ha diritto alla sua
privacy e che nessuno è interessato a quello che
fa in una stanza da letto, sono ipocriti e bugiardi.
Tutti, proprio tutti, nobili o ignobili che siano,
sono interessati alla vita privata di Hollande, di
Berlusconi, di Obama. Come sono stati interessati a quella di Clinton o della regina d’Inghilterra. E oggi - non ne siamo consapevoli - lo siamo
più che nel passato perché ci sono i mezzi, tutti i
mezzi, per sapere. E ogni barriera si è infranta.
Come è sempre avvenuto nella storia del mondo
è la creazione degli strumenti che crea la funzione. Possedere tecnologie, che consentono di comunicare, spiare, raccontare a livello planetario,
ha strappato ad ogni abitante del pianeta, potenzialmente o praticamente, la sua vita privata.
Chiunque può sapere dove io sono in questo
momento grazie al mio telefonino, chiunque
può conoscere il mio stile di vita e i miei desideri
dalla mia carta di credito, e i social network raccontano dei me più di quanto abbia detto nel
passato ai miei amici più intimi.
E ora si pensa che si possa salvaguardare la privacy dei potenti? Non è più possibile. Non c’è casco reale o virtuale che possa proteggerla, non ci
sono leggi che possano salvaguardare chi ha potere e chi non ce l’ha. Il mondo in cui viviamo è
senza privato. La privacy è perduta per tutti. Non
ci resta che raccontarla ai nostri nipoti come una
storia del bel tempo che fu.
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Capodanno di Locarno On Ice, una VW Swiss Up! del valore
di franchi 17’800.-, messa in palio da Tognetti Auto e ilCaffè.
Il fortunato Michael Filippelli (il secondo da destra) riceve le
chiavi da Claudio Abbafati del garage Tognetti Auto alla
presenza Samantha Bourgoin di Locarno On Ice e Maurizio
Jolli del Caffè. Sotto, le foto dell’estrazione
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IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
37
tra
virgolette
Il fenomeno
Abusi digitali
IL FILM
Una scena del film
Disconnect.
Costantemente
con gli occhi fissi
su uno schermo
Anime sconnesse
da una vita virtuale,
a rischio solitudine
“Disconnect”, un film che mette a nudo
tutti i pericoli dell’abuso di tecnologia
G
li antichi filosofi greci la chiamavano
psiche, soffio vitale, anemos. Cioè anima. E noi siamo anime. Connesse l’un
l’altra solo grazie al sentimento, all’amore, alla passione. Altrimenti, la vita può anche diventare un inferno. Come mostra
bene il film “Disconnect” - presto in programmazione anche nelle sale del cantone -, soggetto di
estrema attualità che mette a nudo i molti pericoli
nascosti nell’(ab)uso quotidiano, a volte troppo ingenuo, delle nuove tecnologie.
I protagonisti del film sono persone comuni che vedono la propria vita trasformarsi in un dramma come conseguenza della loro immersione nella realtà
virtuale attraverso social network, forum e chat. Sequenze drammatiche in cui sarebbe facile immedesimarsi. “Oggi il rischio è di assumere il peggio di
ciò che la digitalizzazione ci mette a disposizione spiega Mauro Sandrini, sociologo e ingegnere, che
qualche tempo fa ha pubblicato nel format dell’
ebook il suo elogio degli ebook -. Essere connessi
alla Rete, sì, ma sconnessi dalla vita no. Certo, la
tecnologia è utile e necessaria, c’è del bene e del
male, come in tutte le cose, ma abusarne è deleterio. E coincide con la perdita pressoché totale degli
scambi orali, la vera ricchezza dei rapporti tra persone”.
Una pericolosa disconnessione permanente dalla
reltà, insomma, e senza illudersi che il fenomeno
riguardi solo ragazzini e adolescenti. A pigiare costantemente i tasti di un telefonino, a leggere in
continuazione e-mail su computer e iPad, a “dialogare” giorno e notte sui social network, sono anche
schiere di over quaranta e cinquanta. Per non dire
di qualche nonno, pure affetto da Internet addiction. Un virus che, potenzialmente, può contagiare
tutti, che rischia di fagocitare la nostra esistenza.
Cosa fare, allora? “Già, sta proprio qui il nocciolo riprende Sandrini -. È ora di fare retromarcia. L’unica leva su cui pigiare per un’eventuale inversione di
tendenza è quella della consapevolezza individuale. Sarebbe auspicabile che istituzioni, ‘decision
maker’, personalità dell’economia, della società e
della politica s’impegnassero in prima fila nel renderci attenti ai pericoli di rapporti vieppiù virtuali e
asettici”.
Insomma, riprendiamoci noi stessi, verrebbe da di-
filmelibri
C’è posta
per te
I protagonisti si
innamorano
scrivendosi via
e-mail anziché
per posta.
Nell’anonimato
più completo,
però, nasce
l’amore.
The
Net
Un’esperta
informatica
perseguitata
da un gruppo
di hacker, che
le renderanno
la vita un
incubo
senza fine.
Hackers
Un giovane
e i suoi amici
hackers si
dedicano a fare
scherzacci nel
cyberspazio, ma
quando un
maestro del
sabotaggio...
Internet
ci rende
stupidi?
Mentre usiamo
a piene mani
i vantaggi di
Internet,
stiamo forse
sacrificando
la nostra
capacità
di pensare?
LATESTIMONIANZA
Il sociologo: “I rapporti sono
sempre più asettici. Servirebbe
subito un cambio di rotta”
re. Non per niente, tutte le terapie psicologiche che
curano la Internet addiction, la social network dipendenza, il tecnostress, aiutano a ritrovare il proprio nucleo interiore, ad amarsi, a connettersi con il
proprio sè. È importante avere coscienza delle possibili, drammatiche, conseguenze di azioni commesse in una realtà, quella virtuale, che ha però ripercurcussioni anche nella reale esistenza fisica e
spirituale.
Il film di Rubin, sebbene a tratti suoni un po’ moraleggiante, invita a riscoprire il contatto umano diretto, occhi negli occhi, a scapito di quello filtrato
dai nuovi media. “Ormai, c’è una progressiva smaterializzazione delle relazioni, che ben si riassume
in un dato oggettivo, come la riduzione delle telefonate e l’aumento iperbolico di mail e messaggini spiega l’antropologa Elisabetta Moro -. Evidentemente il contatto face to face costa sempre più fatica, fa perdere tempo, ma soprattutto ci getta all’improvviso in quel dialogo senza rete che sono i rapporti diretti, dove il solo medium è il nostro corpo.
Impacciato, imbarazzato, imbranato. E davvero
emozionato”. Già, l’emozione di trovarsi magari al
cospetto di passione, affetto, vera amicizia e amore.
Sentimenti che possono anche intimidire. Ma meglio correre questo rischio, che vivere un mondo
virtuale privo di vera umanità. [email protected]
Q@PatriziaGuenzi
Il grande
inganno
del Web 2.0
Con l’uso di
massa della
Rete trovare ciò
di cui si ha
bisogno è
più difficile, ma
ancor di più
valutarne
l’attendibilità.
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PATRIZIA GUENZI
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“Una risorsa
che mi facilita
l’esistenza”
CAROLINA CENNI
“L
a prima cosa che faccio quando
mi sveglio è disinserire l’allarme
di casa con il mio iPhone che uso
anche per accendere le luci e alzare le tapparelle. Quindi se il buongiorno si vede dal
mattino, io sono connesso fin da subito”
racconta Gionata Crivelli, trentaduenne
analista finanziario. Sempre connesso
come la maggior parte dei giovani. La diffusione di smartphone, tablet e altri gadget
simili ha sostanzialmente modificato usi e
costumi, la percezione del tempo libero e
di quello dedicato al lavoro. Ma essere
sempre connessi non significa esserlo
esclusivamente per lavoro. Generalmente
“La prima cosa che faccio
appena sveglio è disinserire
l’allarme con il mio iPhone”
il primo accesso della giornata è per svago
o interesse personale: “Mentre mi preparo
per andare a lavoro do un’occhiata al telext
e ai siti per vedere le notizie del giorno e
controllo le mail arrivate in serata o nella
notte - racconta Crivelli -. Poi, da quando
entro in ufficio fino alla sette di sera è una
connessione costante, no stop, fatta principalmente di Internet e Bloomberg”.
Il lavoro invade il tempo e lo spazio del privato e viceversa. E con lo smartphone i loro
confini si fanno liquidi: “Personalmente,
da sempre, vivo questa connessione permanente come un’opportunità - continua
l’analista finanziario -. Le tecnologie mi
semplificano la vita, soprattutto lavorativa,
permettendomi di ottimizzare i tempi nel
modo migliore. È chiaro che siamo più
stressati non staccando mai, ma nel 2014 la
vita è così...”. Una vita che però ogni tanto
obbliga ad una disintossicazione forzata:
“Mi prendo una mezza giornata alla settimana, dove provo a non usare la tecnologia
per lavoro - conclude Crivelli -. Ma la tendenza a controllare news e risultati sportivi
c’è anche nel weekend”. [email protected]
Q@simplypeperosa
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
38
tra
libri
virgolette
MARIAROSA MANCUSO
Golden Globe,
trionfano i film
in cui la realtà
è travolta
dall’apparenza
“A
schermi
vevano pensato di intitolarlo Disastro alla
fabbrica di parrucche”.
La battuta di Tina Fey, presentatrice con Amy Poehler dei Golden Globe assegnati domenica
scorsa a Los Angeles, arriva poco
prima dei tre premi vinti da
“American Hustle - L’apparenza
inganna”. Migliore commedia,
miglior attrice comica protagonista a Amy Adams, migliore attrice comica non protagonista a
Jennifer Lawrence. Il film di David O. Russell, ambientato negli
anni ‘70, è un trionfo del reparto
trucco & parrucco. L’agente dell’
Fbi Bradley Cooper e la truffatrice Amy Adams, che si finge lady
britannica, si telefonano per un
appuntamento e hanno entrambi i bigodini in testa. Lei giganti,
per farsi le onde. Lui minuscoli,
per farsi i ricciolini (in casa sta in
canottiera, mentre la mamma
italiana si impiccia; in discoteca
sembra John Travolta in “La febbre del sabato sera”).
Il sindaco corrotto Jeremy Renner, anche lui italo-americano, ha
un ciuffettone alla Elvis. Christian
Bale, truffatore che per copertura
gestisce lavanderie, sfoggia il più
incredibile riporto con toupet
nella storia del cinema, fissato
con abbondante lacca. Il regista lo
ha costretto a mettere su una pancia da fumetto, gli occhiali a goccia con lenti colorate completano
l’orrore. Acconciatura e abbronzatura da casalinga di provincia
anche per Jennifer Lawrence, la
Katniss Everdeen di “Hunger Games”: mosse da gatta passiva-ag-
Sono tempi di gloria
per trucco e parrucco
gressiva, e un tempismo perfetto
quando si tratta di scombinare i
piani altrui, ne fanno una mina
vagante.
È uno dei film più divertenti dell’anno appena cominciato, e
come l’altrettanto spassoso “The
Wolf of Wall Street” (Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio, anche lui premiato con un Golden
Globe) racconta la raffinata arte
dell’inganno. Negli anni ‘70 l’Fbi
aveva messo in piedi un’operazione per incastrare i politici corrotti con la complicità di truffatori
professionisti. Negli anni ‘80 il self
made man Jordan Belfort vendeva azioni spazzatura a malcapitati
negli ultimi 12 mesi
L’ATTORE
Bradley
Cooper
nel film
“American
Hustle L’apparenza
inganna”
che gli affidavano i risparmi di
una vita. Era l’unico a guadagnarci, e i colossali guadagni finivano
in cocaina (per uso personale) e
orge con le più costose ragazze in
circolazione.
Su “American Hustle” non si è abbattuta la mannaia del moralismo. Su “The Wolf of Wall Street”
ha colpito duro, tanto che il regista e l’attore son stati costretti a ribadire che si tratta di un film. E
che da quando il cinema esiste i
cattivi sono più interessanti dei
buoni. Vale per il mafioso Tony
Soprano, non si capisce perché
non debba valere anche per il
broker di Wall Street.
MARCO BAZZI
I PESCI
NON CHIUDONO
GLI OCCHI
Erri De Luca
Amore adolescente
nel segno dei pesci
C’
è un libro che parla di pesci ma che non è
un libro di pesca. I pesci stanno sullo sfondo, anche se fanno parte del titolo: ‘I pesci
non chiudono gli occhi’, di Erri De Luca (Feltrinelli).
In realtà è un libro d’amore (adolescenziale), dal sapore un po’ proustiano perché è basato sullo scorrere dei ricordi e sulla rilevante figura della madre del
protagonista.
I pesci sono il segno zodiacale del prossimo mese,
ma anche, in questo periodo, tema di conflitto tra
chi, per prenderli, usa le reti e chi usa la canna.
Nel raccontare i soggiorni estivi del giovane protagonista su un’Isola del meridione, De Luca descrive
i suoi ricordi di pesca: “All’arrivo del sacco terminale
si rovesciava sulla rena ghiaiosa il bianco luccicante
del pescato, scintillava di vita in faccia al sole che calava poi dietro le terrazze delle vigne. La pesca con la
rete è l’unica che non si arrossa di sangue”.
Il protagonista racconta dei pesci del mare alla
ragazzina nordica di cui si è innamorato. “Racconto la murena che ha la pelle opposta a quella del leopardo, le macchie sono gialle sopra il
nero. Se morde, serra le mandibole a lucchetto e
non le apre neanche se muore. Racconto la tracina, che sta sotto la sabbia del mare e ha una
spina velenosa sulla schiena. Fa un gran male a
metterci il piede sopra”.
Il ragazzino esce a volte in barca con un pescatore. “Usciva di notte a posare il filo dei palamiti e
aspettava sul mare che le esche lavorassero nel
buio, che i pesci preferiscono. Poi tirava su i cento
ami distesi sul fondo di una secca. Rientrava anche
con niente, rimettendoci le alici date in esca. Qualche volta un buon pesce addentava e si ficcava in
tana tirandosi dietro il filo”.
Il ragazzino sta ai remi e segue le istruzioni del pescatore: “Una sillaba m’indicava il cambio di remata. Saliva a bordo il pesce catturato, batteva di coda
sul legno l’ultima difesa. Il pescatore lo afferrava per
la testa, gli sfilava l’amo…”.
Ma come si diceva all’inizio, la pesca sta sullo sfondo di una storia d’amore. Ed è lì, quando si compie,
che si scopre che, a differenza degli uomini, “i pesci
non chiudono gli occhi”.
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La guardia svizzera - un pezzo di storia viventeche da 500 anni custodisce il papa. Nel15° secolo
i mercenari svizzeri godevano di una eccellente
reputazione ed erano stati considerati i miglior
combattenti in Europa. Così il 22 gennaio 1506
papa Giulio Il chiese un contingente di mercenari
svizzeri, a quell’epoca sotto il comando del
capitano Kaspar di Silenen, per proteggerlo al
Vaticano. Sin da allora questa data è stata
considerata l’inizio della fondazione della guardia
svizzera pontificia.
Roma è stata la prima grande metropoli
dell’umanità, cuore di una delle più importanti
civiltà antiche., che influenzò la società, la cultura,
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secoli successivi. Fu capitale dell'Impero romano
che estendeva il suo dominio su tutto il bacino del
Mediterraneo, in gran parte dell’Europa e dello
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4° giorno: Udienza generale papale con sua santità Papa Francesco (incluso) e passeggiata
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IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
28
giugno
L’ATTENTATO
DI SARAJEVO
Il 28 giugno
1914
l’Arciduca
Francesco
Ferdinando
e la moglie
vengono uccisi
28
luglio
DICHIARAZIONE
DI GUERRA
L’uccisione
dell’erede al
trono spinge
Vienna a dichiarare guerra
il 28 luglio
1914
70
16
20
GLI ESERCITI
SI MOBILIANO
I diversi eserciti
in campo
schierarono
nel conflitto
circa
70 milioni
di soldati
UNA STRAGE
DI SOLDATI
Durante
la Grande
guerra sono
morti circa
10 milioni
di soldati e 6
milioni di civili
GLI OSPEDALI
E I FERITI
Oltre 20 milioni
i feriti tra civili
e militari.
E gli ospedali
erano del tutto
insufficienti
milioni
milioni
39
milioni
tra
virgolette
L’anniversario
1914 - 2014
180
101
250
LE NAZIONI
IN BANCAROTTA
I costi della
guerra, è stato
calcolato, sono
oscillati fra i
180 e 230 miliardi di dollari
FUCILAZIONI
E DISERTORI
Oltre 100 mila
condanne per
diserzione.
Solo i francesi
ordinarono 675
fucilazioni
LA SANGUINOSA
VERDUN
Nella battaglia
di Verdun
morirono 300
mila francesi
e 250 mila
tedeschi
miliardi
L’onda lunga
della
POMPEO MACALUSO
storico
I
lampioni si stanno spegnendo in tutta Europa”, con queste parole, pronunciate dal ministro degli Esteri inglese il giorno della dichiarazione di guerra alla Germania, prende
avvio “Il secolo Breve”, il grande libro di Eric
Hobsbawn. Di quella data, il 4 agosto 1914, lo storico inglese fa un punto di svolta nella storia dell’umanità: aveva inizio un intero periodo storico,
conclusosi nel 1991 con il crollo dell’Unione Sovietica.
In questo principio di 2014, a cento anni da quegli
avvenimenti, non è dunque abusivo interrogarsi
sul peso che essi ebbero nella storia del nostro
Paese: sul piano economico, politico e delle mentalità collettive.
Se teniamo conto che alla vigilia del conflitto, la
nostra integrazione nel sistema economico mondiale era già altissima, tanto che le importazioni
rappresentavano il 46% del reddito nazionale e le
esportazioni il 33%, comprendiamo subito perché
i problemi e le tensioni del primo dopoguerra investirono anche noi, portando, ad esempio, nel
1921 il numero dei disoccupati a superare il 10%
della popolazione attiva e determinando un crollo
dei salari reali di oltre il 30%. Dunque, come nel
resto d’Europa, anche per la Svizzera quelli furono
anni di grande incertezza ed irrequietezza.
Da qui il protagonismo delle classi lavoratici, che
si organizzarono (l’Uss passò da 45.000 iscritti nel
1914 a 225.000 nel 1920) per far valere i propri di-
Alla vigilia di quel terribile evento
la Confederazione era già molto
integrata nell’economia mondiale
ritti. Lo sciopero generale proclamato dal Comitato di Olten dal 12 al 14 novembre 1918 ed il suo
magnifico Programma (voto alle donne, 48 ore lavorative, garanzie sociali per vecchi e disoccupati)
ne sono la testimonianza più eloquente.
Tuttavia, malgrado l’assenza di una seria politica
sociale a livello federale e di alcune scelte infelici
in campo economico come quella di legarsi rigidamente al sistema del gold-standard, che rallenterà sino al 1936 la ripresa produttiva, nel nostro
Paese non si aprì nessun “Biennio rosso”, né vi fu
l’ascesa di un movimento armato del ceto medio,
come quello di Mussolini in Italia. Ciò accadde
perché, diversamente da molti altri Stati europei,
le nostreclassi dirigenti, attraverso un accorto mix
di repressione e di riforme, seppero conservare ed
mila
mila
Grande Guerra
Pregi e contraddizioni del sistema svizzero
affondano le radici nella tormenta del 1914
anzi implementare la propria egemonia. Senza
dubbio la più importante delle riforme fu quella
approvata dal popolo (229.000 contro 149.000) il
13 ottobre 1918. Quel giorno si pose fine al sistema
elettorale maggioritario in vigore dal 1848. In tal
modo il sistema politico si adeguava alle trasformazioni sociali, istituzionalizzava le opposizioni e
metabolizzava la crisi del liberalismo, che dappertutto metteva in forse la democrazia rappresentativa.
Infatti, se il Partito liberale radicale perse il controllo del Consiglio nazionale, superando il Pss di
appena il 2,5% dei voti, mantenne però la maggioranza assoluta nel governo e dunque il controllo
della stanza dei bottoni. Non si ebbe nessun vuoto
di potere e visto lo spirito del tempo, segnato dall’avanzata dei totalitarismi di destra e di sinistra,
fu di certo un’ottima cosa.
Questa propensione riformatrice investì pure la
nostra politica estera grazie all’ingresso nella Società delle Nazioni. Malgrado l’opposizione degli
ambienti più conservatori, ma paradossalmente
anche dei socialisti, il 6 maggio 1920, con 416.870
contro 323.719, il popolo svizzero disse infatti sì.
Merito anche del consigliere federale Giuseppe
Motta, che con grande abilità riuscì a negoziare la
garanzia della cosiddetta “neutralità differenziata”, durata sino al 1936, quando cessò dopo le san-
zioni votate contro l’Italia per l’aggressione all’Etiopia. Si tornò quindi a quella “integrale”. Dunque, a parte il tabù del riconoscimento diplomatico dell’Urss, si mantenne un alto tasso di estroversione, ben sintetizzato dal fatto che già durante la
guerra ben 25 Paesi avevano affidato i propri interessi alla Svizzera, cosa questa, che, a conflitto
concluso, le permetterà di svolgere un’incisiva politica di arbitrato e di contribuire al raffreddamento delle tensioni internazionali: almeno sino al
1939.
Sul piano delle mentalità collettive, il lascito della
Grande Guerra fu invece decisamente più problematico. Il fossato tra tedeschi e romandi, che tutt’oggi condiziona la nostra vita collettiva, se non
Il fossato tra tedeschi e romandi,
che ancora oggi ci condiziona,
all’epoca si era fatto più profondo
ebbe origine in quel periodo, proprio allora si fece
più profondo. È noto che, soprattutto dopo la violazione della neutralità del Belgio da parte dei tedeschi, l’opinione pubblica delle due parti del
Paese andò progressivamente divaricandosi.
Ancor peggio andarono le cose all’interno dell’establishment, se pensiamo che nel 1915 il gen.
Wille invitò privatamente il Consiglio federale ad
entrate in guerra a fianco della Germania. Per fortuna il suo “suggerimento” non venne accolto!
Tra luci ed ombre, la Confederazione seppe comunque affrontare con duttilità la tormenta del
1914 e gli anni immediatamente successivi, tanto
che molti pregi del nostro attuale sistema affondano lì le proprie radici. Come pure alcune delle sue
contraddizioni.
LATESTIMONIANZA
“Anche il mio Augusto partì e non tornò più”
I ricordi del conflitto di Emma Morano, 114 anni, la donna più anziana d’Europa
R
icordi di guerra di Emma Morano, la più anziana
donna d’Europa, che vive a Verbania-Pallanza,
sul Lago Maggiore. Una casa in “seconda fila” la
sua, rispetto alla cortina d’edifici che s’affaccia sul lungolago. Emma, classe 1899, quando scoppiò la “Grande
Guerra” che insanguinò il vecchio continente, aveva 15
anni. Fatica a ricordare quel tempo. “C’era il re…, quella guerrà si portò via il mio moroso. Allora abitavo a Villadossola, però sono nata a Civiasco (Vercelli). Mia madre invece era originaria della Svizzera, di Mendrisio”,
dice, richiamando episodi di un secolo fa. Cercando di
rimettere in ordine i fatti della sua lunghissima vita,
dapprima a stento, poi via via con maggior fluidità. “La
nostra era una famiglia numerosa: cinque fratelli e tre
sorelle. Otto in tutto. E tutti morti. Resto solo io”.
Con un gesto vanitoso si riassetta la mantellina di lana.
Davanti ha ancora un grappolo d’uva, avanzato dalla
colazione mattutina. “Prendo sempre un paio d’uova al
giorno. Allora, quando ero giovane, mangiavo pasta,
riso, di tutto. Da ragazza ero corteggiatissima. Appena
uscivo da casa mi fermavano tutti – rammenta –. Cantavo bene e avevo conosciuto un giovane, della mia stessa
età, anche lui nato nel 1899. Si chiamava… non lo ricordo più… Aspetta… Ah sì, Augusto. Poi partì poi per la
guerra che si combatteva
lontano, sulle montagne”.
Chiamato al fronte da quel
generale Luigi Cadorna, che
nel 1917 portò una generazione di coscritti, “i ragazzi
del ‘99”, a morire nelle trincee alpine, e che a Verbania è
ricordato con un mausoleo,
tipica costruzione fascista,
sul lungolago. “Augusto non
tornò dalla guerra. Eravamo giovani, ci volevano bene e
ci saremmo sposati”, aggiunge senza eccessiva enfasi.
Senza rammarico. “È andata così”. È ancora affaticata
dalle interviste e dalle trasmissioni televisive che hanno
messo in subbuglio la sua casa e la sua vita, per i suoi
114 anni compiuti lo scorso 29 novembre, guarda fuori
dalla finestra, in cerca di un altro ricordo, di un dettaglio. Si dilunga su episodi marginali. Su come è arrivata
a Verbania. “Mi ero ammalata, e il medico vistandomi ci
disse di cambiare aria. Era preoccupatissimo per la mia
salute: se va avanti così non campa molto questa ragazza, disse ai miei genitori. Fu così che venimmo ad abitare a Pallanza, dove mi sono sposata”. Un matrimonio
mal combinato. “Mio marito era un violento. Fu così
che dopo qualche anno, nel ‘38 presi la mia roba e me
ne andai da casa”. Un gesto forte per quell’epoca.
“Ah, la guerra ... ero innamorata di Augusto” Il ragazzo
che non tornò, morto al fronte. Scendendo dalla casa di
Emma, verso il lago, si incontra il monumento ai caduti, opera del russo Paolo Troubetzkoy: una giovane donna, bella, malinconica, con il figlio in braccio, che posa
una rosa su quella che s’immagina la tomba di un soldato.
c.m.
Pagina a cura di
GastroSuisse
e GastroTicino
LARISTORAZIONE
& L’ALBERGHERIA
Dal 1° gennaio è obbligatorio scriverlo in modo corretto
&
GastroDiritto
Sostituzione del numero Iva a sei cifre Occhio alle clausole non valide
Attenzione a come scrivete il vostro numero Iva, per esempio sullo scontrino. La legge prescrive
che dal 1° gennaio 2014 il nuovo
numero Iva sia scritto così: CHE123.456.789 Iva, sostituendo
quindi il vecchio numero di riferimento a 6 cifre. Troverete il vostro
numero Iva sul vostro rendiconto
Iva o, in qualsiasi momento, sul
sito ufficiale del registro Idi
(www.uid.admin.ch). Ulteriori informazioni sul sito www.estv.admin.ch. Nella foto a sinistra esempio di vecchio numero; in quella a
destra il numero corretto.
Nelle controversie con ex-dipendenti sorgono spesso clausole da rabbrividire, siano esse a favore che a sfavore del datore di lavoro. Il Codice delle obbligazioni e il Contratto collettivo nazionale di lavoro
(Ccnl) prevedono, però, delle regole che potrebbero portare delle sorprese poco gradite.
Vi sono delle norme che sono imperative (cioè obbligatorie), parzialmente imperative (cioè valide solo se a vantaggio del dipendente) e dispositive (cioè lasciate alla libera scelta delle parti).
Proponiamo qui uno dei tanti esempi che si possono fare: il salario minimo da versare al dipendente è obbligatorio, mentre stabilire un salario più alto è lasciato alla libertà delle parti.
La violazione di una norma imperativa comporta la nullità della stessa
(e non dell’intero contratto). Poco importa se il dipendente era d’accordo a lavorare per meno e che abbia firmato il contratto in tale senso:
quella clausola non è valida e la differenza andrà pagata lo stesso.
m.g.
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modici, in modo da soddisfare meglio le sempre crescenti esigenze
della clientela. Avete richieste, idee
o suggerimenti? Contattate Valentina De Sena, responsabile della
Tra le
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quella
di Ticino
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formazione professionale.
Il segretariato di GastroTicino,
aperto dal lunedì al venerdì (08.0012.00 / 13.00-15.00) è disponibile
per ogni informazione e invierà ai
soci che ne faranno richiesta, contratti di lavoro, listini prezzi, buste
paga e altro materiale a prezzo modico.
Ecco le regole previste dalla legge, ma molto dipende dalle decisioni che prende il responsabile del locale
Quando possono entrare gli animali nei ristoranti
tenere né introdurre animali nei locali
che entrano in contatto con derrate alimentari”. Ciò significa una cosa: gli
animali possono di principio essere tenuti all’esterno di un esercizio pubblico (p.es. una terrazza esterna direttamente accessibile).
Il cpv. 2 prescrive due eccezioni alla
possibilità di tenere un cane nei locali
in cui si entra in contatto con derrate
alimentari. La prima concerne i cani
che guidano o accompagnano un disabile. La seconda eccezione (modificata e aggiunta di recente) prevede la
Foto Garbani - Caseificio Agroval Airolo
In questi ultimi anni si è assistito a diverse modifiche legislative, sia a livello federale che cantonale, in merito all’accesso e alle limitazioni delle presenze di animali negli esercizi pubblici. Tutto ciò ha creato confusione. Vi
era addirittura una norma cantonale
che sanciva il contrario di quello che
prevedeva un’ordinanza federale.
Ecco, quindi, un aggiornamento sugli
esercizi pubblici. La normativa federale di riferimento è l’ar. 15 dell’Ordinanza Dfi sui requisiti igienici. Il cpv.
1 prevede la regola: “Non è consentito
oreaggio
m
a
Undi form
re
in otlotranti
50 ris
possibilità di introdurre cani “che accompagnano clienti nelle sale da pranzo di ristoranti, purché il responsabile
lo consenta”. Questa seconda eccezione è stata voluta fortemente dai Cantoni turistici, in particolare Vallese e
Grigioni, ed è stata inserita solo in un
secondo tempo. Il gerente ha quindi il
diritto e il dovere di fissare regole per
l’accesso dei cani, a dipendenza della
loro taglia e animosità; egli ha pure il
diritto di fare allontanare un cane che
disturba o che non è correttamente curato dal detentore.
m.g.
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rassegna “Emilia Romagna a tavola”
Ancora una bella rassegna gastronomica al Ristorante Albergo “I Grappoli” di Sessa, diretto con dinamismo da Juri Clericetti. Da venerdì 31 gennaio
a domenica 16 febbraio sarà la volta di “Emilia
Romagna a tavola”. Lo chef di cucina Francesco
Favilla vi consiglierà
diverse
specialità, tra le
quali segnaliamo
il piatto rustico
della
regione
(mortadella, coppa piacentina,
borlenghi di Modena), tartara di
manzo all’aceto
balsamico con
gnocco fritto, passatelle all’emiliana in brodo,
cappellacci di zucca al burro e salvia, zampone in
galera con lenticchie, storione in umido alla ferrarese con polenta fritta, bocconotti ripieni con marmellata di ciliegie, zuccotto al cioccolato e tante
altre specialità. Il tutto accompagnato dai grandi
vini del territorio quali Lambrusco, Gutturnio frizzante e Bonarda, consigliati dalla sommelier Claudia Mortarotti. Prenotazioni e informazioni telefonando al numero 091 608 11 87 oppure
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Obiettivi
tutelare meglio l’esercente da contratti capestro o
inutili, essere in grado di fare valere i diritti previsti dai contratti, conoscere meglio il Ccnl per migliorare la posizione di datore di lavoro, avere più
facilità di appellarsi al contratto collettivo grazie
alla maggior conoscenza della materia, soprattutto
in caso di comportamenti scorretti da parte dei dipendenti.
Insegnante
avv. Marco Garbani
Data e orario
20 gennaio 2014, 8.30-12.00
Costo
Chf 50.00 soci / Chf 100.00 non soci
TECNICHE DI LAVORO
E GESTIONE DEL TEMPO
(NUOVO)
Obiettivi
prendere consapevolezza degli elementi che influenzano positivamente e negativamente lo svolgimento delle attività quotidiane, conoscere gli
strumenti più concreti per controllare e monitorare
il tempo investito sul posto di lavoro, sperimentare
la possibilità concreta di aumentare le prestazioni
riducendo gli sforzi, riconoscere i fattori che perturbano il proprio lavoro.
Insegnante
Moreno Porfido, formatore per adulti, Professional Coach Icf, trainer in psicologia del benessere
Data e orario
3 febbraio 2014, 8.45-16.45
Costo
Chf 180.00 soci / Chf 230.00 non soci
IGIENE E SICUREZZA ALIMENTARE:
LE NUOVE LINEE GUIDA
(NUOVO)
Obiettivi
conoscere le novità apportate dalle nuove linee
guida buona prassi procedurale nell’industria alberghiera e della ristorazione (Bpiar) e saperle applicare per una corretta e ottimale gestione aziendale.
Insegnante
Luca Bordoli, ingegnere alimentare
Data e orario
3 febbraio 2014, 13.30-17.30
Costo
Chf 80.00 soci / Chf 130.00 non soci
INTRODUZIONE AL CIOCCOLATO
(NUOVO)
Obiettivi
scoprire il fantastico mondo del cioccolato, acquisizione di semplici nozioni di storia, conoscenza
delle varie fasi di lavorazione del cioccolato, creazione di una tavoletta di cioccolato.
Insegnante
Giuseppe Piffaretti, formatore e ambasciatore
Ambassador Club Carma (www.carma.ch)
Data e orario
4 febbraio 2014, 13.30-17.30
Costo
Chf 130.00 soci / Chf 180.00 non soci
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
41
tra
virgolette
chicosadove
LATESTIMONIANZA
Edith Hunkeler
Heinz Frei
Alex Zanardi
InSuperAbili
È stata nominata per sette volte
sportiva svizzera dell’anno: vittima di
un incidente a 22 anni ha iniziato
l’attività 2 anni dopo.Vincendo tutto
È l’atleta svizzero più premiato della
storia. Paraplegico dal 1978 per una
caduta in montagna, è stato
designato 5 volte sportivo dell’anno
È un simbolo. Nel 2001 dopo un
incidente gli amputano le due
gambe. L’ex pilota diviene
ambasciatore dello sport per disabili
Fondato un anno fa a Lugano, è un
gruppo molto attivo. Seppur
giovanissimo si è già ritagliato un
bello spazio nello sport ticinese
“Ripartire
da zero è dura,
si ha bisogno
di sostegno”
ianpaolo Donghi è l’uomo di contatto per il Ticino dell’Associazione paraplegici svizzeri. Lui stesso ha
vissuto in prima persona la fatica di “rialzarsi”. E ora si prodiga
per gli altri. “Un paio di volte al
mese vado nelle cliniche specializzate per incontrare i degenti e
per parlar loro delle molteplici
possibilità a disposizione per
reintegrarsi nella società - spiega Donghi -. Un impegno che mi
dà molte soddisfazioni, i progressi a cui assisto sono un grande stimolo per continuare. Io
stesso ho dovuto seguire l’identico percorso e so quanto è difficile, e quanto devi farti aiutare”.
Certo, la riabilitazione dopo un
grave incidente è complicata. In
gioco non vi sono solo le ogget-
G
La società
Sport e disabilità
Hanno vinto l’handicap
e sono diventati campioni
Paraplegici, ma pluripremiati e con la voglia di ricominciare
Gruppo Paraplegici Ti
È attivo dal 1979. La sezione di
maggior successo è quella della pallacanestro, che ha conquistato più
volte il titolo di campione svizzero
Handbike
È la disciplina che ha maggior seguito perché garantisce libertà di movimento e indipendenza. In Ticino si
sta diffondendo sempre più
OMAR RAVANI
S
e i nomi di Edith Hunkeler e Heinz
Frei vi dicono qualcosa, significa che
sapete cos’è lo sport per paraplegici. I
due atleti, pluridecorati ad Olimpiadi e campionati europei e mondiali,
sono infatti tra coloro che hanno dato più soddisfazioni alla storia dello sport rossocrociato.
Ventisette medaglie a Giochi estivi ed invernali, di cui quindici d’oro, sono il fiore all’occhiello della carriera del solettese Frei, mentre il
palmarès della lucernese Hunkeler riporta la
bellezza di 8 podi olimpici, 11 medaglie mondiali e 13 europee. Ma non sono i soli.
All’ombra dei fari puntati sulle élite si è sviluppato anche in Ticino un movimento molto vivace. Di diritto, oltre ad atleti ed allenatori, ne fanno parte coloro che permettono a
chi è vittima di un incidente di riacquistare fiducia e di reagire con determinazione. Fra
questi il Gruppo Paraplegici Ticino. “Il programma che proponiamo -, spiega il responsabile sport Silvano Milesi - è molto diversificato e spazia dell’handbike (il ciclismo per
disabili) alla palestra sino allo sci di fondo,
per il quale organizziamo spesso delle giornate o addirittura delle settimane di uscita.
Poi c’è l’aspetto competitivo in cui si distinguono in particolare due dei nostri atleti,
Athos Libanore e Luca Gilgen, che fanno parte dei quadri nazionali dell’handbike”.
Uno sport, quest’ultimo, che permette maggiore indipendenza, non dovendo sottostare
ad orari e impegni fissi. Più difficile è, ad
esempio, fare uno sport di squadra. “Fino a
qualche tempo fa potevamo fregiarci della
squadra di basket - prosegue Milesi -, che ha
vinto molto in Svizzera e che ha potuto giocare anche in Coppa dei Campioni a più riprese.
Ora purtroppo la compagine è stata sciolta”.
Parapendio
L’esperienza di volare fa pure parte
del ventaglio di offerte. Intrepidi,
anche i disabili colgono l’occasione
di diventare dei novelli Icaro
Nata nella primavera del 2012, l’associazione
InsuperAbili, con sede a Lugano, può contare
sull’appoggio del Comune, come spiega Walter Lisetto, presidente. “Siamo a tutti gli effetti una società luganese, ma pure una sezione ufficiale dell’Associazione svizzera dei
paraplegici, assieme ad altri ventisei club.
Grazie a ciò i nostri soci godono di un’assistenza offerta a più livelli dal centro per paraplegici di Nottwil”. Recentemente, è stata
organizzata una giornata alla Resega per
presentare il curling. “Ha avuto un grosso
successo, con sette soci che hanno voluto
provare questo sport - aggiunge Lisetto -. Si
è riscontrato un tale entusiasmo che probabilmente potremo organizzare degli allenamenti misti anche con i normodotati. È un
altro tassello che va ad aggiungersi alla no-
stra offerta, che spazia dall’handbike al parapendio alla vela, tuttediscipline scelte da
ragazzi entusiasti e molto dinamici: insuperabili, appunto”.
Lisetto ha avuto in famiglia un’esperienza
che l’ha segnato: “Mio fratello purtroppo ha
subito una grave lesione alle vertebre, che lo
ha reso tetraplegico - racconta -. Da allora
mi sono sentito coinvolto e provo piacere
nell’aiutare i ragazzi che desiderano fare
sport malgrado il loro handicap”. Insomma,
un mondo tutto da scoprire, in cui a dominare è soprattutto la voglia di ricominciare,
di rimettersi in gioco. E dove la consapevolezza di avercela fatta è da stimolo per mirare ad ulteriori traguardi.
[email protected]
QOmarRavani
Wheelchair Curling
Disciplina sconosciuta in Ticino, ha
enorme seguito al Nord delle Alpi.
Ma anche al Sud è stata di recente
sperimentata con successo
Clinica di Nottwil
Da qui riprende la nuova vita. Sono
mesi difficili, tra dubbi e speranze,
durante i quali l’assistenza pisco-fisica è di fondamentale importanza
GIANPAOLO DONGHI
L’uomo di contatto per
l Ticino dell’Associazione
paraplegici svizzeri
tive difficoltà fisiche, ma anche
una serie di dinamiche psicologi che pesano sulla persona alle
prese con un altro corpo. “La
riabilitazione può durare dai 5
ai 6 mesi, in buona parte da seguire presso l’ospedale lucernese di Nottwil - riprende Donghi . Devi ricominciare tutto da
zero, riadattarti ad ogni attività e
ad ogni movimento, anche il più
banale. È una fase fondamentale e perciò l’aiuto esterno è importante, ad esempio, il sostegno psicologico.
C’è, poi, la valutazione dell’abitazione, capire come adattarla
alla nuova condizione fisica,
con l’ eliminazione di tutte le
barriere architettoniche. Donghi ricorda i suoi inizi: “Incontrai il mio predecessore una
ventina d’anni fa, quando ero ricoverato a Nottwil. Mi parlò delle varie attività e mi interessai
subito allo sport: oggi sono molto più allenato di prima dell’incidente”.
Tutti dilettanti, gli sportivi svizzeri si preparano alle Paraolimpiadi come dei veri professionisti
Impegno totale per i grandi Giochi
Una decina di atleti disabili pronti per gareggiare a Sochi
O
ltre all’aspetto ludico c’è
anche quello competitivo, come in ogni sport. E
nemmeno per i disabili si deroga da questa regola. Sono parecchi gli appuntamenti per coloro che hanno eletto lo sport
ad attività principale. Perché
chi riesce a qualificarsi per un
avvenimento come un’Olimpiade non può non avere la possibilità di prepararsi come si
deve, ossia come un atleta professionista. Ecco dunque che in
questo periodo di avvicinamento ai Giochi di Sochi l’impegno
è totale.
Sebbene, almeno in Svizzera
non si può parlare di professionismo, i ritmi in vista di queste
impegno sono
quelli. Basti
pensare agli atleti di sci alpino,
che stanno correndo delle gare
di Coppa del mondo oltreoceano, in Canada e Stati Uniti.
Obbiettivo Sochi, dunque, per
gli atleti di punta che combatteranno per le medaglie con
l’obiettivo di raccogliere allori e
magari migliorare il bottino di
tre podi realizzato quattro anni
or sono. In quell’edizione l’oro
lo vinse Christoph Kunz, nella
discesa da seduto.
Le Paraolimpiadi sono l’evento
più importante tra un gran numero di manifestazioni che riguardano il mondo dello sport
per disabili. Praticamente ogni
disciplina ha la sua versione
adattata a dipendenza dell’handicap, che viene diviso in diver-
se categorie: amputati, persone
con danni cerebrali, ritardi
mentali o costrette in carrozzella, cecità e sordità.
Per ogni infermità viene poi indicato un codice di classificazione, che contribuisce a creare
le categorie nelle quali gli atleti
vengono assegnati.
In Svizzera chi si occupa di selezionare i migliori sportivi è
Swiss Paralympic, con sede a
Berna e che in questo periodo è
particolarmente sotto pressione. La voglia di fare bene è tanta
e Sochi sarà una trasferta che
andrà onorata con tutti crismi.
Per ora, salvo infortuni dell’ultima ora sono una decina gli atleti pronti a prendere l’aereo per
la Russia: i friburghesi Christo-
LA SPERANZA DELLO SCI ALPINO
Sulle nevi russe gli elvetici sono pronti a regalare
delle grosse gioie alla Federazione nazionale
phe Brodard e Michael Brügger,
il bernese Cristoph Kunz, il ticinese residente nel canton Zurigo Maurizio Nicoli, Joachim
Roethlisberger di Interlaken, il
vodese Hugo Thomas e la nidvaldese Beda Zimmermann,
l’unica atleta non vedente che
parteciperà alla famosa competizione. Per finire la grande speranza della delegazione elvetica, lo svittese Thomas Pfyl, che
aveva colto due medaglie nei
giochi del 2006 a Torino. Eletto
portabandiera elvetico a Vancouver, da lui ci si attende molto, anche perché agli ultimi
Mondiali di sci ha vinto una
medaglia di bronzo.
Lo sport per disabili in Svizzera
è quindi più vivo che mai.
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
42
tra
liincontriladomenica
virgolette
Gerry
Scotti
L’uomo della televisione
“Io non faccio quiz, racconto storie”
S
ALESSANDRA COMAZZI
e Franti rise, Gerry Scotti piange. Si commuove. E così si appella al pubblico: “Uomini, non abbiate paura della tenerezza”.
E l’ha detto prima che la tenerezza diventasse un bellissimo “hit” del Papa. Gli era
toccato, nel 2013, inaugurare su Canale 5 i festeggiamenti per i trenta anni della rete. Perché lui “è”
Mediaset senza esserne succube, lui è il mediano
che smaltisce lavoro e non fa polemiche, lui è la
forza delle emittenti tv. Il suo omologo alla Rai è
Carlo Conti, un altro che non ha mai cambiato casacca, un macinatore di chilometri e programmi.
Perché poi questi signori fanno anche ascolto. E
trasmissioni che segnano la piccola storia della tv.
Prendiamo “Chi vuol essere milionario”: il gioioso
esercito dei concorrenti era partito il 24 maggio,
come i primi fanti del Piave, la canzone degli Alpini. Correva l’anno 2000, in Italia c’erano ancora le
lire. In dieci anni, soltanto due persone arrivarono
al traguardo massimo: Francesca Cinelli, impiegata in una concessionaria di camion, e Davide Pavesi, studente di ingegneria. L’unica variazione di rilievo, in questo lungo periodo, riguardò l’eliminazione del “dito più veloce”, la scelta del concorrente
fatta con una gara di rapidità. “I giovani venivano
inevitabilmente favoriti - ricorda il 57enne conduttore -, mentre a me piacciono il respiro e l’autorevolezza degli anziani, mi piace il loro modo disincantato di giocare”.
Gerry (nome vero Virginio) Scotti è nato nel 1956,
in una frazione di Miradolo Terme, provincia di Pavia. Con i genitori si trasferisce a Milano, consegue
la maturità classica e si iscrive a Giurisprudenza.
Un grande classico. Ma intanto faceva la radio, poi
la tv, e a un certo punto, nel 1987, diventerà pure
deputato tra i socialisti di Craxi, quando i parlamentari italiani ancora li sceglievano i cittadini, e
lui ottenne più di novemila
preferenze. L’esperienza
non gli garbò particolarmente, ma intanto fu
un’esperienza. Quanta strada nei suoi sandali, come
direbbe Paolo Conte e
com’è logico che sia. Dopo il
“Milionario” ha fatto naturalmente molto altro, da “Io
canto” a “Italia’s Got Talent”.
Però il quiz preserale è stato
uno dei punti fondamentali
del suo percorso professionale. In un quiz a risposte
multiple, il concorrente
deve scegliere tra una rosa
di suggerimenti, però qualcosa deve davvero sapere.
“Penso di essere riuscito a svolgere, a modo mio, il
lavoro del divulgatore - confida Scotti piuttosto
soddisfatto -. Lungi da me volere essere come Piero
Angela, ma da grande mi piacerebbe presentare i
documentari, e spero che l’azienda prima o poi me
lo lasci fare. ‘Il milionario’ è stato una pietra miliare
nell’offerta dei quiz in tv. Ed è stato una tappa fondamentale nella mia carriera, e peraltro avevo già
condotto quel bel ‘Passaparola’ che tante soddisfa-
zioni mi aveva dato. La ‘bibbia’, come la chiamiamo
noi, del format, è precisissima. Tutto è preordinato,
le luci, lo studio, le musiche, la forma della scrivania, tutto”. Si era visto bene nel film “The Millionaire” di Danny Boyle, premio Oscar del 2009: scenografia e impostazione generale pressoché identiche. “Appunto, quello che fa la differenza è il presentatore - dice divertito -. E poi i contenuti, il tipo
di domande. Da noi un conduttore come quello
della pellicola sarebbe improponibile. Per quanto... un bel ‘Milionario’ bastardo presentato da un
infame si potrebbe ancora fare, pure dopo che
sono passati alcuni anni”. Una versione, però, che
non lo vedrebbe alla conduzione. “Certo che no assicura -. Mi viene in mente uno disincantato
come Teo Mammucari, non so se in Svizzera lui è
conosciuto. Resta il fatto che lui, alla fine, non è
così cattivo”.
Figlio di un rotativista del Corriere della Sera, il
“Gerry nazionale” lavora e lavora, da vero stakanovista quale è. Tanta tv e mai nessuna polemica,
dentro e fuori i programmi, le registrazioni, le promozioni. Ma non smetterebbe mai di parlare del
‘Milionario’, perché è un’impressionante macchina
IL DIVULGATORE
Penso di essere riuscito
a svolgere, a modo mio,
il lavoro del divulgatore. Lungi
da me volere essere come
Piero Angela, ma mi piacerebbe
presentare i documentari
e spero di farlo prima o poi
IL BASTARDO
Un conduttore come quello
della film ‘The Millionaire”
sarebbe improponibile. Però
una bel ‘Milionario’ bastardo,
presentato da un infame,
magari si potrebbe anche fare
da spettacolo, un pezzo di storia televisiva importante da ricordare. “C’erano quattro autori per il casting e otto per le domande - racconta -. Il capo autore era Ludovico Peregrini, il famoso ‘signor no’
del Rischiatutto di Mike Bongiorno, con cui cominciai a lavorare nel 1970. C’erano allora ventimila
domande in onda e una riserva di diecimila: l’ordine è sempre random, sceglie il computer, nell’ambito dei parametri di difficoltà indicati da noi. Nel
tempo sono arrivati concorrenti con una cultura
medio alta e sono cambiate le domande: prima
erano più nozionistiche, poi sempre più ragionate.
Dovevano far interagire il pubblico da casa. In fondo è lo stesso meccanismo riprodotto da ‘Italia’s
Got Talent’: provocare l’ammirazione o la risata, da
parte di chi ci guarda”.
Senza falsa modestia Scotti si riconosce qualcosa in
comune con il principe dei quiz Mike Bongiorno:
“La capacità di scavare nei personaggi. Lo dico sempre, noi raccontiamo storie, non facciamo quiz”.
I concorrenti sono concordi nell’affermare che
Scotti non conosce le risposte, ma sa proprio tante
cose di suo. “È che sono onnivoro - commenta lui
ironico - anche nella lettura. Leggo di tutto, persino
le istruzioni del forno a microonde. Si vede che
qualcosa mi resta, che alleno il cervello. Gli addominali un po’ meno...”. Non ama tanto fare sport, lo
ammette e confessa: “So che si vede, anzi, ci scherzo sempre sopra”. Dal 2007 Gerry Scotti è presidente di Radio101.
Con l’ultima confidenza tratteggia i suoi piaceri
privati: “La mia serata ideale è il lunedì sera in
casa: minestrone, copertina e qualsiasi cosa assomigli al ‘Processo di Biscardi’. Con me, mio figlio, gli
amici e i miei due cani. Sono dei jack russel, la
mamma Jackie e la figlia Attila... il nome spiega tutto. La vacanza ideale è in giro per il mondo con mio
figlio portando sempre con me un libro. Se dovessi
sceglierne uno, direi ‘Il profumo’ di Patrick Süskind. Adoro giocare a biliardo e
scala 40, andare in bici e barca a
vela, colleziono orologi tecnici
d’acciaio, ne ho circa 100. Il primo
disco acquistato è ‘Zum zum zum’
di Sylvie Vartan. Il più bel concerto che abbia mia visto: quello di
Carlos Santana. Il film che consiglio è ‘C’era una volta in America’
di Sergio Leone di cui adoro tutto,
dagli attori alla colonna sonora di
Ennio Morricone. Nel mio guardaroba non può assolutamente
mancare una camicia azzurra e in
cucina la cosa che mi riesce meglio è lo spezzatino con le patate. Il
piatto preferito? Il riso al salto. Le
tre cose che amo di più sono i bambini, la casa e i
vecchi, le tre che odio di più sono la confusione, i
locali pubblici e le feste comandate tipo il capodanno: bisogna divertirsi per forza, ma io se posso
vado a letto alle 23.20. Di me dicono ogni bene possibile e che sono avaro!”. Lui, però, sostiene di non
essere avaro, ma parsimonioso, per chi ancora conosce la differenza. E per concludere: “Non sempre saluto con qualche benedizione divina. Quando lo faccio, è con lo spirito con cui i miei vecchi dicevano: Ussignur dài, guarda in giù ogni tanto”.
leopinioni
IL CAFFÈ
19 gennaio 2014
“La ripresa economica mondiale sembra tenere. Si può quindi guardare al
futuro con prudente ottimismo. Segnali
positivi provengono anche da Stati
Uniti e alcuni Paesi europei, dove permangano tuttavia problemi irrisolti”. Ad
affermarlo è Fabio Bossi, delegato della
Banca nazionale svizzera (Bns) alle relazioni economiche regionali per la
Svizzera italiana. Le previsioni avanzate da esperti del
settore per l’andamento economico nel
2014 sono dunque confermate. La Bns
prevede per l’anno prossimo una crescita nel nostro Paese di circa il 2%. “Le
principali banche centrali stanno tentando di rilanciare l’economia immettendo liquidità, cioè moneta, sul mercato – spiega Bossi –. Nel contempo
numerosi governi stanno promuovendo misure di risparmio per il necessario risanamento dei conti pubblici. La
43
tra
virgolette
Finanze sane, stabilità e crescita,
la Svizzera resta un’isola felice
FUORI
DAL
CORO
GIÒ
REZZONICO
combinazione di queste azioni dovrebbe condurre fuori dalla crisi e a politiche monetarie meno espansive”. Qual è
la posizione economica della Svizzera,
in questo quadro? “Unica – risponde
IL
DIARIO
senza esitazione – sia per quanto riguarda i conti pubblici sani, sia per la
stabilità politica, sia per il complessivo
buon andamento dell’economia”. Un
ruolo decisivo nel determinare la crescita economica nel nostro Paese, nonostante la crisi, lo ha certamente svolto la Bns con la sua coraggiosa decisione, nel settembre del 2011, di fissare il
cambio minimo franco-euro a 1,20
franchi, bloccando così l’eccessivo rafforzamento della nostra moneta, che
avrebbe compromesso la competitività
FOGLI
IN
LIBERTÀ
COLPI
DI
TESTA
GIUSEPPE
ZOIS
svizzera a livello internazionale. “Certamente. La decisione ha evitato una
drammatica recessione e limitato una
persistente tendenza al calo dei prezzi”.
Ma questa politica ha fatto perdere soldi alla Bns? “Gli acquisti di euro hanno
accresciuto considerevolmente il bilancio della Bns, esponendolo a importanti rischi di cambio, che vengono limitati grazie a un’attenta diversificazione in altre valute e classi d’investimento. Fluttuazioni del risultato operativo
possono tuttavia derivare da altri attivi,
come per esempio l’oro. Va sottolineato
– conclude Bossi – che il mandato della
Bns non è tanto quello di produrre utili, quanto garantire la stabilità dei prezzi e in generale favorire il benessere
economico del Paese”. Compito che,
durante questa difficile crisi, ha dimostrato di saper adempiere. La Bns dispone di una presenza su tutto il territorio con otto delegati nelle varie parti
del Paese. Quali ambasciatori a livello
regionale, intrattengono contatti regolari con il mondo economico, le istituzioni e il settore pubblico in generale.
Raccolgono inoltre informazioni presso le aziende, tramite approfonditi incontri con gli imprenditori. I risultati
emersi contribuiscono all’elaborazione
delle valutazioni della Direzione sull’andamento dell’economia, in base alle quali viene decisa la politica monetaria elvetica.
LIDO CONTEMORI
RENATO
MARTINONI
Quell’uomo in bianco
che piccona le frontiere
Colonialismo burocratico
dell’antilingua d’Italia
Caro Diario,
è bello imbattersi in una persona che ti fa germogliare nel
cuore la nostalgia dell’uomo, riflesso di Dio, in un tempo dominato da un male cupo quale la “globalizzazione dell’indifferenza“. Ed è confortante che questa persona, di cui si sapeva poco o nulla fino al 13 marzo 2013, sia l’uomo dell’anno,
proclamato dall’insospettabile “Time“. Jorge Mario Bergoglio
continua a stupire il mondo. Fa il timoniere della Chiesa con
la semplicità di un antico parroco di campagna e, anzi, proprio ai preti dà le coordinate del cammino: il Vangelo prima
di tutto. Cioè, nel gergo bergogliano: “Basta sacerdoti untuosi, basta preti farfalla che vivono nella vanità“. Cardinali, vescovi, preti devono essere “pastori con l’odore delle pecore“,
lontani dai salotti della diplomazia e della mondanità.
OGNI PASSO di Papa Francesco è verso le periferie: per l’inclusione piuttosto che l’esclusione; per dialogare invece che
condannare. Più amore e meno Curia (specie quella romana,
autoreferenziale e sciropposa). Eccolo allora battezzare nella
Sistina 32 neonati, dei quali scandisce ad alta voce i nomi.
C’è anche la figlia di una coppia sposata solo civilmente:
dov’è il problema? Cristo è venuto ad accogliere, non a fare il
doganiere e l’unica volta che s’è messo a scrivere fu quando
difese l’adultera dalla lapidazione.
APPENA FINITO il rito sotto la “bibbia“ michelangiolesca,
ecco Francesco piazzare un’altra botta delle sue: l’annuncio
della nomina dei suoi primi cardinali. Con un po’ di enfasi si
è scritto che sono i “primi“ della Chiesa mondiale. L’impulso,
in verità, partì già con Giovanni XXIII ed è proseguito con
tutti i successori, in una costante tensione all’universalità.
Questo Papa è andato a pescare i 16 nuovi porporati, più tre
“ad honorem“, nei posti più impensati, fuori dal Vecchio Continente, al Sud, dove vive la maggior parte dei cristiani, dalle
Filippine al Burkina Faso, al Nicaragua.
CONFESSO l’emozione personale provata nel sentire in diretta, all’Angelus, i nomi di due belle persone, che conosco da
vicino, fatti “cardine“ dell’Annuncio. Uno, Loris Capovilla, 98
anni suonati, storico segretario di Papa Roncalli, inesausto
nel richiamare le intuizioni giovannee. Ha commentato sereno: “È un raggio di sole al tramonto della vita“. L’altro, Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, viene dal popolo. Alla
vigilia della visita del Papa ad Assisi, gli chiesi che cosa dovrebbe fare la Chiesa per avvicinarsi all’uomo inquieto e fragile. E lui: “Tornare alla genuinità dell’annuncio evangelico,
che è un messaggio di amore e di accoglienza“.
I nostri amici italiani si divertono di tanto in tanto a fare le pulci
alla lingua parlata nella Svizzera italiana. C’è addirittura chi continua a ripetere, immaginarsi!, che solo i toscani sanno l’italiano.
Più di una volta pertanto sono stati messi insieme, seriamente o
per gioco, elenchi di “svizzerismi”, cioè di parole o espressioni
che capiamo solo noi, dato che le usiamo, ma che in Italia nessuno comprende e anzi fanno sorridere e magari anche ridere a
crepapelle. Sono il frutto dell’“italiano federale”, delle istituzioni,
delle leggi, della burocrazia, dell’influenza del tedesco. Ne sono
un esempio le offerte speciali dei nostri supermercati, che da noi
vengono chiamate “azioni”: una parola che non solo a Barletta
ma neanche a Casalpusterlengo verrebbe intesa.
Saranno pure brutti, questi termini, ma almeno li intendiamo.
Succede però che anche da noi arrivino, non solo le belle parole
dell’italiano d’Italia, ma anche espressioni che non paiono avere
rapporti diretti con la nostra realtà. Su un nostro quotidiano si è
letto recentemente dell’interrogazione al governo ticinese di un
parlamentare che, in seguito alle forti nevicate natalizie, ha chiesto “se il Consiglio di Stato intende aprire un fascicolo per valutare eventuali responsabilità che hanno causato il black out generale nelle Valli del Sopraceneri”. “Aprire un fascicolo” è espressione che sentiamo giornalmente sui telegiornali della Rai e indica,
se capiamo bene, la registrazione di dati in vista dell’eventuale
avvio di un’inchiesta giudiziaria in caso di sospetta infrazione
delle leggi.
Non sappiamo se l’amena formula sia veramente stata usata dal
deputato, nel suo atto parlamentare o se sia frutto della penna
del giornalista che ha dato notizia dell’interrogazione. Forse è un
italiano, forse è lo stesso che nel medesimo giornale ha parlato di
“patrignicidio”. Fatto sta che, così come fanno sorridere gli elvetismi in Italia, suonano male gli orribili italianismi burocratici (Italo Calvino la chiamava “burolingua” o “antilingua”) in Svizzera.
Già in occasione delle serate calcistiche della Rsi, si sentono
commentatori che dicono “noi” quando parlano della Juventus o
del Milan che giocano contro il Chelsea o il Barcellona, e danno
il voto 10 al più bravo e il 6 al mediocre. La questione dunque
non è solo quella di rifiutare le parole inglesi, belle o brutte che
siano, in nome della “lingua del sì”. Il problema sta nell’usare le
parole giuste al posto giusto e le espressioni corrette nel contesto
corretto. Altrimenti sentiremo presto chiamare “questore” il capo
della polizia, “finanziere” la guardia di confine, “ragioniere” il
contabile e “mutuo” l’ipoteca bancaria. Allora saremo caduti, per
ignoranza o disattenzione, in quello che una volta si chiamava
colonialismo linguistico.
Il pittore che canta la vita
e la bella borghesia urbana
UNA
DOMENICA
IN
MOSTRA
CLAUDIO
GUARDA
Mai come in questi ultimi decenni le
mostre sugli impressionisti si susseguono a spron battuto mettendo in fila code
di pubblico: e se Monet spopola al Castello di Pavia, a Torino si fa la coda per
vedere Renoir, come lo scorso anno la si
faceva per vedere Degas. In parte se ne
capiscono anche le ragioni, che non sono solo economiche. Perché se è vero
che la loro pittura oggi piace più che mai
- anche perché non solleva problemi ed è viva e moderna, piena di luce e di
colore, traboccante di danze, balli e gioia
di vivere; altrettanto vero è che ai loro
tempi le cose non stavano così e la loro
pittura non risultava parimenti piacevo-
ilcaffè
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
le o gradita. Tanto che a più d’uno tra loro, da Monet allo stesso Renoir, toccò di
vivere prolungati periodi di ristrettezze
economiche, e di doversi anche difendere dagli sferzanti giudizi di qualche critico che tendeva a schiacciarli tutti dentro
un’indistinta omologazione quando in
realtà non è che procedessero tutti allo
stesso passo, pur facendo parte inizialmente dello stesso gruppo.
Mentre taluni di loro sviluppano questioni di non poco conto sulla natura
dell’arte, deviando poco alla volta dall’impressionismo fino a lasciarselo alle
spalle, in particolare a Cézanne e a Gauguin, Renoir sembra andar avanti sere-
Direttore responsabile Lillo Alaimo
Vicedirettore
Libero D’Agostino
Caposervizio grafico Ricky Petrozzi
namente per la sua strada di cantore della vita moderna e della borghesia urbana
che cerca di rendere con modernità di
accenti fondendo la luce con il tocco di
colore: ed in questo fu un vero maestro.
In realtà, anche nel suo caso c’è comunque una data che, come uno spartiacque, marca un nuovo orientamento sia
stilistico e formale, ed è il viaggio in Italia
che poté permettersi per la prima volta
solo nel 1881, grazie all’aiuto del suo
agente Durand-Ruel. Viaggio segnato
dalla reale scoperta dell’arte classica e rinascimentale che in lui avviene a 40 anni, quando non solo è un pittore solidamente formato, ma ha già raggiunto ri-
Società editrice
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Giò Rezzonico
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RENOIR TORINO
Galleria Civica d’Arte Moderna,
Torino
Fino al 23 febbraio
sultati di grande qualità e freschezza. Ci
tornerà poi ancora per un breve periodo
nel 1883, in compagnia dell’amico Monet.
Ebbene, quei viaggi lasceranno tracce
evidenti nella sua pittura che non procederà più per accostamento di macchie
vaporose, e riscopre invece la funzione
del disegno, cioè della linea e della composizione che strutturano l’immagine.
Caricandosi anche della nostalgia del
mito: tanto che le sue bagnanti diventano adesso pomone di arcaica monumentalità sulle rive della Senna. Come
dire: un ampliamento con recupero, non
un superamento, un andare decisamen-
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te oltre. Ecco perché, nonostante tutto,
Renoir resta ancor oggi una figura controversa, identificata come il “pittore della felicità” e della “bella borghesia urbana”. Il merito maggiore della mostra torinese sta proprio nella immediatezza della sua leggibilità, derivante dal criterio
che ne ha guidato l’allestimento: una
sessantina di opere, provenienti da Parigi, suddivise per temi e generi - accompagnate qua e là da dipinti di altri impressionisti – dove ben si leggono gli
spostamenti fatti dal pittore prima e dopo quel viaggio anche se, purtroppo,
mancano proprio le sue più belle vedute
italiane.
STAMPA
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Non è solo colpa di “Downton Abbey”,
che già nella sigla fa sognare con una
sfilata di campanelli. La servitù, al piano di sotto, sa se sta chiamando il signore o la signora, dalla stanza da letto
oppure dalla biblioteca. I tempi moderni, dopo l’affondamento del Titanic,
sono annunciati da un lontano cugino
che - orrore! - fa l’avvocato e pretende
di vestirsi da solo. Lo avvertono che il
valletto potrebbe aversene a male, e i
sottoposti contrariati sono pronti alla
vendetta: dimenticando sul pavimento, per esempio, una saponetta più pericolosa della buccia di banana.
La servitù ha avuto il suo momento di
gloria anche nelle ultime vicende di
Nigella Lawson, sexy cuoca britannica: sulla copertina di Stylist si è fatta
fotografare con il volto cosparso di caramello (caramello salato, precisa la
Oggi le istruzioni per la servitù
senza più lo stile Downton Abbey
CITOFONARE
MANCUSO
MARIAROSA
MANCUSO
didascalia). Meno posata la foto al ristorante, mentre il marito Charles Saatchi, pubblicitario che con fratello
fondò la Saatchi & Saatchi e mecenate
degli artisti britannici Damien Hirst e
Tracey Emin, la afferrava per il collo.
Scandalo, finché non abbiamo scoperto i retroscena che hanno portato
al divorzio. Droghe più efficaci (e
proibite) del caramello salato per tirarsi su. Due allegre e spendaccione
collaboratrici a far da copertura, perché il marito non sapesse.
Le sorelle Grillo sono state assolte in
tribunale, nonostante le spesse pazze.
A loro discolpa si erano lasciate scappare “eravamo trattate come schiave,
peggio di un cameriere filippino”, non
avendo evidentemente idea delle condizioni in cui lavora normalmente la
servitù. Non in casa Saatchi, dove erano trattate come membri della famiglia.
Sul Guardian, Deborah Orr scrive un
bellissimo articolo citando la dialettica servo-padrone di Hegel. Se accorci
le distanze, trattando le impiegate come persone di famiglia (meglio delle
persone di famiglia: gli estratti conto
venivano regolarmente pagati senza
fiatare), non puoi pretendere che non
ne approfittino. Se lo fanno, ed è certo
che lo faranno, non puoi sperare in
una condanna da parte del tribunale.
Mantenere le distanze non è antidemocratico, né vergognoso. E in certi
casi sarebbe meglio restar fedeli al lei
(molto più naturale, in caso di rimprovero). A spazzare via ogni sospetto
da aristocratica senza cuore, la giornalista – dal 1997 è sposata con il romanziere Will Self - riferisce di aver
avuto una nonna a servizio. E certamente, oltre a Hegel, ricorda le “Istruzioni alla servitù” di Jonathan Swift,
anno 1745: manualetto satirico che
insegna ai servi come fregare i padroni. Anche se tengono le carte di credito sotto chiave. Non tutti sono integerrimi come “The Butler” nel film di Lee
Daniels: il maggiordomo figlio di
schiavi (ispirato a Eugene Allen) che
alla Casa Bianca servì otto presidenti
senza portarsi a casa neppure uno
spillo.
Domenica
19 gennaio 2014
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Il Paese nel racconto popolare
La finestra sul cortile
19 / Storie di quotidianità familiare
Il romanzo della realtà
Gli eBook del Caffè
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Ragazza madre svizzero
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rispettosa di ogni norma.
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Suo figlio Gabriel ha 11anni.
Pensionato, vedovo
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enciclopedie. Sua figlia,
Giulia, divorziata, ha un
bimbo di 6 anni, Nathan.
Non ama gli stranieri.
I fatti
e le persone
narrati in
queste storie
sono di pura
invenzione.
Anche le
cose pensate
o sottintese
non hanno
alcun legame
con la realtà.
Ma così non
sempre è per
i luoghi, le
circostanze
e gli episodi
da cui
prendono
le mosse
i racconti.
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La raccolta
dei racconti
caffe.ch/citofoni
Quarantacinquenne,
divorziata da un medico.
Impiegata in un grande
magazzino. Bella, elegante
e... con molti amanti.
Maestro elementare. Sua
moglie, in casa tutto il
giorno, è una patita di
music pop. S’è ingrassata
a dismisura.
Il figlio Nick ha 6 anni.
Arrivano dalla Croazia.
Fanno tutti e due gli
assistenti di cura. Lei è
disoccupata, oltre che
molto sexi.
Il “taliano” e il croato di m...
D
i tutti gli appartamenti di quella casa al centro di Dagenazzo, quello della Milka e del
Petar, che in italiano sarebbe Piero, era il più
piccolo. Una sala con angolo cottura, una
stanza da letto e un bagno. Era stato ricavato
da un recente intervento. L’appartamento
accanto, il 4, dove abitavano i Caverzasio,
era stato rimpicciolito per poter affittare anche quelle due stanze con bagno. Hanno tirato su una parete e via. Ma così sottile che
ogni volta che la Milka e il Petar a letto facevano... le loro cose, il Caverzasio doveva di-
Ma come facevano l’amore
quei due!? Che colpi. Pareva
che spostassero dei mobili
strarre il figlio. Un bambino di sei anni che di
andare a dormire alle nove non ne voleva sapere.
Ma come facevano l’amore quei due!? Va
bene la passione, ma sembrava che spostassero dei mobili. E poi che colpi! E pim pum...
E che urla! Va beh, saranno fatti loro pensava
il Caverzasio, ottimo maestro elementare
che non aveva pregiudizi di sorta. Anzi!
Avrebbe voluto lui una Rita, cioè sua moglie,
che si tenesse un po’ su come la Milka. Ma la
Rita, quarant’anni o giù di lì e ottanta chili da
portarsi dietro, sembrava appena uscita da
un quadro di Bolero..., ah no, di Botero pensava ogni volta, vedendola, il Lüis Vosti che
nella sala del suo appartamento, il numero
2, aveva, tra molte raccolte, i ventotto volu-
mi, meno uno, dell’Enciclopedia dell’arte
raccolti con Repubblica.
Va beh, dentro quella casa la Milka piaceva a
tutti! E tutti avevano il sospetto che quei rumori e quelle urla che provenivano dal loro
appartamento, non fossero sempre la colonna sonora dei loro amplessi. Anche perché
quando la Milka usciva, ore dopo o l’indomani, portava degli occhiali scuri. Per nascondere un occhio nero?
Un giorno d’inizio autunno, tiepido ma nuvoloso, il Lüis se ne stava seduto sulla panca
nella corte a chiacchierare con il Piero, un
impiegato della pescheria al pian terreno,
proprio degli sculettamenti della bella croata. Il Piero, un frontaliere varesotto sui trent’anni, era da quel dì che aveva messo gli occhi addosso alla Milka! Incurante del suo
matrimonio e di quello di lei. E al Lüis la cosa
dava molto fastidio.
Saranno state le diciotto e trenta. La pescheria stava per chiudere e mentre il Lüis e il
Piero si stavano salutando, la Milka entrò
nella corte. Tacchi e minigonna di jeans.
Chissà dov’èra andata?! Da quando non aveva più un lavoro, spesso se ne stava fuori
casa, ma attenta a ritornare prima del Petar.
Lui lavorava come assistente, o forse inserviente?, in una casa per anziani. Aveva una
moto che Milka sentiva già a qualche centinaio di metri di distanza. Se per caso era nella corte a chiacchierare, e spesso era col Piero, rientrava di corsa.
Glielo aveva detto più di una volta. «Ne
želim te više vidjeti s tip tipom. Kurvo!». E
poi le dava della prostituta, più o meno in
italiano. L’epiteto lo capiva chiunque. Il resto
voleva semplicemente dire, non ti voglio più
veder parlare con quello lì.
Era anche per quegli insulti che fra gli inquilini della casa si pensava che gli occhiali scuri servissero solo a nascondere un occhio
nero.
Quel pomeriggio di nuvole Milka aveva gli
occhiali scuri. Piero le si parò di fronte.
«Ancora quegli occhiali eh! Ma lo vuoi lasciare o no quel testa di cazzo del Petar?!».
In quel pomeriggio di nuvole
Milka aveva gli occhiali scuri.
Il Piero le si parò di fronte
Il Piero era in piedi davanti alla Milka mentre
con una mano..., non si sa se stesse cercando
di toglierle gli occhiali o carezzarle i capelli.
Non fece né l’una né l’altra cosa, perché al
Petar si era rotta la moto ed entrò nella corte
spingendola. Nessuno lo sentì arrivare.
«Kurvetino! Sad ću ti ja pokazati...».
Prima che la frase fosse finita la Milka imboccò le scale. Mentre il Petar, voltandosi
verso il Piero, sembrò vomitare il suo disprezzo...
«Taliano merda!».
«Croato, di merda sarai tu!».
Una volta a casa, il Lüis cercò nei suoi volumi
d’arte. Piero, Pierooo... Ah, eccola qua la foto
dell’opera. «Merda d’artista, Piero Manzoni,
1961».