ripasso di fisica - IISS MEDITERRANEO

Prof. Cosimo Pignatale
Appunti di Fisica
I.I.S.S. “MEDITERRANEO”
LA FISICA
L’uomo sin dalla preistoria ha cercato di risolvere i problemi che quotidianamente si presentavano. Ad
esempio avrà dovuto fare alcuni tentativi prima di riuscire a costruire una palafitta, e capire quali
dimensioni dovevano avere le travi per poterla sorreggere. Magari si sarà chiesto anche il perché gli oggetti
abbandonati nel vuoto cadono al suolo; e di esempi se ne possono fare tanti altri del tipo “perché piove? “ “perché il sole si muove?” - “ perché cresce una pianta?”
Magari l’uomo primitivo non sapeva darsi una risposta, ma con il passare degli anni e dei secoli, l’uomo ha
cercato di capire e spiegarsi il perché avvenivano certi fenomeni. È successo che alcune risposte date per
certezze siano state messe in discussione e a volte a ragione, ad esempio si era convinti che la Terra fosse
piatta e non tonda, che il Sole girava attorno alla Terra e così via.
Tutte le conoscenze attinenti la natura prende il nome di SCIENZA, ma essendo questa disciplina troppo
ampia, viene suddivisa in Fisica, Chimica, Biologia, Astronomia …..
Sicuramente ciascuna di esse non è mai fine a se stessa ma ha bisogno di integrarsi con le altre branche
della scienza per capire meglio un certo concetto o spiegare il perché di un fenomeno.
Due branche della SCIENZA quasi simili sono la Fisica e la Chimica. La FISICA viene definita come la
disciplina che studia i fenomeni fisici, quei fenomeni in cui non avvengono trasformazioni della materia,
mentre la CHIMICA si occupa di quei fenomeni in cui una sostanza si trasforma in un’altra.
MASSA
DENSITA’
TEMPERATURA
Un CD, una penna, uno scatolo, un po’ d’acqua occupa uno spazio, anche i gas occupano uno spazio, basta
pensare infatti ad una siringa alla quale sostituiamo l’ago con la nostra mano e cerchiamo di spingere lo
stantuffo verso l’interno della siringa; dopo qualche attimo ci renderemo conto di non poter spingere oltre,
cjò accade perché nella siringa c’è l’aria che evidentemente occupa uno spazio.
OCCUPARE UNO SPAZIO E’ DUNQUE UNA CARATTERISTICA DELLA MATERIA.
La materia in natura può presentarsi in tre stati: LIQUIDO, SOLIDO E GASSOSO.
I corpi allo stato solido hanno forma e volume proprio; quelli allo stato liquido hanno volume proprio e la
forma del recipiente che li contiene, quelli allo stato gassoso assumono forma e volume del contenitore.
Ogni corpo ha una sua massa, ed è la quantità di materia di cui è costituito. La massa di un corpo è una
grandezza e per misurarla necessita una bilancia a due piatti, infatti si confronta la massa da misurare con
l’unità di misura prescelta (misura diretta), l’unità di misura è dunque il Kg e i suoi sottomultipli.
MASSA
DENSITA’
TEMPERATURA
Consideriamo vari corpi dello stesso materiale ma di volume diversi, noteremo che il rapporto tra la massa
e il volume è sempre costante. Tale costante prende il nome di DENSITA’ di un corpo.
d=m
v
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Esempi: l’acqua ha una densità di 1000 Kg al m3 ( g/cm3 usato per piccoli oggetti - Kg/ dm3 usato per i
liquidi)
Esempi su massa e densità:
1) Un liquido ha la massa di 3 Kg e il volume è di 3.75 l, di quale liquido si tratta?
Poniamo intanto attenzione alle unità di misura
Un litro corrisponde a 1 dm3 , per cui 3.75 dm3 corrispondono a 0.00375 m3 , quindi
d = m = ___3____ = 800
v
0.00375
800 corrisponde alla densità del alcol elitico. Il liquido in questione è l’alcol elitico.
2) Una statua di granito ha la massa di 350 Kg, calcolare il suo volume.
Scriviamo la proporzione
(la densità del granito è 2500)
2500 : 1 = 350 : v
Il volume della statua è 0.14 m3
Da cui si ricava v = 350/2500 = 0.14 m3
3) Una stanza ha le dimensioni di 6 m, 5 m e 3 m. Calcolare il peso dell’aria presente nella stanza.
Conoscendo la densità dell’aria pari a 1.29 Kg/ m3 ed essendo 90 m3 = (6 X 5 X 3) il volume della
stanza, si evince che la massa dell’aria e quindi il suo peso è dato da v/d = 90 / 1.29 = 116.1 Kg.
L’aria presente nella stanza ha un peso di 116, 1 Kg.
MASSA
DENSITA’
TEMPERATURA
Toccando un corpo possiamo dire se un corpo è caldo o freddo, ma non possiamo dire quanto sia caldo o
quanto sia freddo. La quantità di calore presente in un corpo può essere misurata però da uno strumento,
il termometro.
[Per tarare un termometro, occorre immergere il termometro in un recipiente contenente il ghiaccio in
fusione, il liquido presente nel termometro raggiungerà un certo livello in corrispondenza del quale noi
segneremo con lo ZERO. Successivamente immergeremo il termometro in un recipiente contenente acqua
in ebollizione, in corrispondenza del livello che il liquido presente nel termometro avrà raggiunto,
segneremo 100. Si divida ora l’intervallo ottenuto in 100 tacche, ad ogni tacca corrisponderà un grado
centigrado.]
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PESO SPECIFICO
Il peso specifico è dato dal rapporto tra peso e volume di un corpo P s = P/V
Un corpo immerso in un liquido affonda se il suo peso specifico è maggiore di quello del liquido, galleggia se
è inferiore, rimane nella posizione in cui lo poniamo se i pesi specifici sono uguali.
Esempi :
•
una moneta immersa in recipiente contenente acqua affonda
•
una moneta immersa in recipiente contenente mercurio NON affonda
•
una nave o una barca galleggia perché il peso specifico complessivo della stiva e di tutto il resto, è
inferiore a quello dell’acqua del mare
•
un sommergibile può rimanere in un punto qualsiasi sott’acqua perché è in grado di far variare il
suo peso specifico complessivo rendendolo uguale, inferiore o maggiore a quello del mare a
seconda delle necessità.
I PASSAGGI DISTATO
I corpi in natura possono trovarsi allo stato solido, liquido e gassoso.
Un corpo può passare dallo stato solido a quello liquido (FUSIONE), dallo stato solido a quello gassoso
(SUBLIMAZIONE), dallo stato liquido a quello gassoso (EBOLLIZIONE), da quello liquido a quello solido
(SOLIDIFICAZIONE), da quello gassoso a quello liquido (CONDENSAZIONE), da quello gassoso a quello solido
(BRINAZIONE).
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LE GRANDEZZE VETTORIALI
Molte grandezze fisiche (forze, velocità, accelerazioni, campo magnetico, ….) per essere individuate e
classificate hanno bisogno di alcune componenti, PUNTO DI APPLICAZIONE, DIREZIONE, VERSO E
INTENSITA’. Ogni grandezza fisica individuata da queste componenti, dicesi GRANDEZZA VETTORIALE,
Tutte le altre ( massa, temperatura, densità ….) prendono il nome di GRANDEZZE SCALARI.
Le grandezze scalari sono individuate solo da un numero, quelle vettoriali da vettori e si indicano con
posta sulla lettera ad esempio F.
Tutte le grandezze vettoriali, possono comporsi, e danno origine alla RISULTANTE.
•
Se i due vettori hanno stessa direzione, stesso verso e moduli v1 e v2, la risultante avrà stessa
direzione stesso verso e per modulo la somma v1 + v2
•
Se i due vettori hanno stessa direzione verso opposto e moduli v1 e v2, la risultante avrà stessa
direzione, verso del vettore che ha il modulo maggiore e per modulo la differenza v1 - v2
supponendo v1 > v2
•
Se i due vettori sono complanari, si ricorre alla REGOLA DEL PARALLELOGRAMMA, si applicano se
non lo sono i due vettori in uno stesso punto di applicazione e la risultante è individuata per
direzione, verso e intensità dalla diagonale del parallelogramma.
•
Se i vettori sono più di due, si compone la risultante dei primi due con il terzo vettore e così via.
•
La regola del parallelogramma ci consente anche di scomporre un vettore secondo due
componenti, dal punto finale del vettore considerato come risultante, si tracciano le parallele alle
rette componenti, i punti d’intersezione danno le componenti
ES.
V1
•
v2
Il prodotto di uno scalare per un vettore è un altro vettore che ha stessa direzione e stesso verso
del vettore e come intensità lo scalare per l’intensità del vettore
Es dati due vettori
2 x a
a
uguali per direzione, verso e intensità, la risultante della loro somma è
•
Il rapporto di un vettore con uno scalare è dato dal prodotto del vettore con l’inverso dello scalare.
•
La differenza tra due vettori è dato dalla somma di un vettore con l’opposto dell’altro.
Es
a
a - b
b
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LA CINEMATICA
•
IL MOTO – SISTEMI DI RIFERIMENTO
Si dice che un corpo si muove rispetto ad un altro quando, al trascorrere del tempo, cambia la posizione
dei punti del primo rispetto ai punti dell’altro.
Quando si parla di moto di in corpo o di quiete dello steso, è importante specificare rispetto a chi o a
che cosa. Occorre cioè stabilire un sistema di riferimento, infatti un corpo può essere in movimento
rispetto ad un osservatore e contemporaneamente in quiete rispetto ad un altro (es classico quello
della valigia e il viaggiatore nel treno e un amico del viaggiatore sul marciapiede della stazione).
•
LA TRAIETTORIA
Un ragazzo compie delle evoluzioni in bicicletta su una spiaggia umida. Seguendo la traccia lasciata
dalle ruote possiamo ricostruire il percorso fatto dalle ruote; quindi la traiettoria del suo moto.
Si definisce traiettoria l’insieme dei punti del piano occupato dal corpo in movimento nel tempo.
Se un amico osserva la traiettoria sviluppata dalla bicicletta, potrà calcolare la lunghezza del
percorso fatto, ma non potrà dirci dove il corpo si trovava dopo 6 secondi dalla partenza.
Si evince che possono essere considerati due aspetti del moto:
1. Lo sviluppo della sua traiettoria nel piano o nello spazio
2. Il suo svolgersi nel tempo
Tratteremo separatamente questi due aspetti. Dapprima vedremo come è possibile individuare le
successive posizioni di un corpo lungo la sua traiettoria. Per semplicità considereremo solo moti
piani, d’altronde è sempre possibile scomporre un moto la cui traiettoria si svolge nello spazio,
riportandolo a moti piani. Potremo ad es. riportare le sue coordinate geografiche ed è ciò che si fa
normalmente quando si è in navigazione e non si è in vista di riferimenti fissi terrestri.
La traiettoria può essere rettilinea ( moto rettilineo), una curva (moto curvilineo), una spezzata.
•
LA VELOCITA’
Si definisce velocità il rapporto tra la variazione della posizione e la variazione del tempo. La
velocità può essere media vm e istantanea vi.
Il concetto di velocità nasce però dalla relazione tra spazio e tempo, che sono grandezze
direttamente proporzionali, infatti:
S SPAZIO (Km)
2
4
6
10
T TEMPO (h)
1
2
3
5
5
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Si nota che il rapporto tra spazio e tempo è sempre costante. La costante prende il nome di
velocità.
La velocità si misura in km/h, m/s.
In considerazione che 1 Km = 1000 m e che 1 h = 60 m, si ricavano le seguenti trasformazioni.
1m =
S
1/1000 Km = 3.6 Km/h
1/3600 h
1 Km = 1000 m =
h
1 m
3600 s
3.6 s
esempi
(1) 72 Km/h = ( 72 : 3.6 )m/s = 20 m/s
(2) 35 m/s = (35 X 3.6) Km /h =126 Km/h
Un corridore compie 100 giri di pista, ciascuno lungo 2.5 Km, impiegando due ore. Diremo che
ha tenuto la velocità media di 125 Km/ h, infatti v = (2.5 X 100) / 2 = 250 / 2 = 125. Questa è la
velocità media, infatti il corridore potrebbe aver mantenuto la velocità di 130 Km /h in alcuni
tratti e di 120 Km/h in altri tratti. La velocità media non va però intesa come la media delle
velocità.
Es Un auto percorre 100 Km alla velocità di 100 Km/h e 1 Km alla velocità di 10 Km/h.
La velocità media non sarà (100 + 10) / 2 = 110 / 2 = 55 Km/h
La velocità media sarà (100 + 1) /(1 + 0.1) = 101 / 1.1 = 91.8 Km/h
La velocità media non ci dice però nulla sulla velocità dell’auto o del corridore in un
determinato istante. Se la traiettoria è ad esempio una pista, per stabilire la velocità del
corridore quando passa davanti ad un osservatore, dovremmo considerare un primo percorso
AB e calcolare il tempo impiegato, successivamente un secondo percorso più breve CD
calcolando ancora il tempo impiegato e così via discorrendo, avvicinandoci in questo modo
sempre di più alla velocità (ISTANTANEA) richiesta.
Per ottenere la velocità istantanea, occorre che il tempo sia infinitamente piccolo
A
C
D
B
La velocità è una grandezza vettoriale. V =
S /
6
t
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Se il moto è rettilineo, la direzione la direzione non cambia, ma nel caso del moto curvilineo, la
direzione è data dalla tangente alla curva in quel punto e diretto nel verso del moto-
V2
v3
V1
MOTO RETTILINEO UNIFORME
Quando un corpo si muove lungo una retta e la sua velocità si mantiene costante, diremo che il moto è
rettilineo uniforme e che il corpo ha percorso spazi uguali in tempi uguali.
ACCELERAZIONE MEDIA
Si definisce accelerazione media il rapporto am =
nulla.
v/
t. se la velocità è costante, l’accelerazione è
Un’auto ha una velocità di 40 Km/h , calcolare l’accelerazione dopo 6 secodi.
= [ ( 40 X 103) / 3600 ] x m/s X 1/6 s = 1.9 m/s2 . l’accelerazione può anche essere
am = (40 Km/h)/ 6 s
negativa, in tal caso parleremo di decelerazione.
ACCELERAZIONE ISTANTANEA
Come per la velocità, con analogo ragionamento si potrà parlare di accelerazione istantanea.
am =
v /
s
Se il moto è lungo una retta e l’accelerazione è costante avremo il moto uniformemente accelerato:
a = V – V0
se T0 = 0
a = V – V0
T – T0
aT = V – V0
V
V0
T
V = aT + V0
LEGGE DEL MOTO UNIFORMEMENTE ACCELERATO
V
S = ( AO + BC) * OC
= (V0 + V0 + aT) * T
2
2
B
A
aT
V0
O
(1)
C
S = ( 2V0 + AT) * T
t
2
7
= V0 + ½ a T2
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Abbiamo indicato l’area del trapezio con S
Se la velocità iniziale è nulla S = ½ a T2
V = aT
e tenendo conto della (1) legge del moto
S = ½ V2
quindi T = V/a
S = ½ a T2
V2 = 2aS
a
V=
2As
Nel caso della caduta dei gravi,
V=
2gS
ed S = ½ g T2
ESERCIZI
1. Quale distanza percorre un veicolo viaggiando per 1h 10m 12s alla velocità di 25 m/s ?
1h 10m 12s = 4212 s
S = v xT = 25 x 4212 s = 105300 m = 105.3 Km
2. Se un veicolo si muove di moto rettilineo uniforme con velocità di 72 Km/h, quanto tempo impiega
per percorrere 288 m ?
72 Km/h : 3.6 = 20 m/s
T= S/V
T = 288 m / 20 m/s = 14.4 s
3. Da uno stesso punto “P” partono due auto, l’una 36m 30s dopo l’altra. Sapendo che la prima
viaggia ad una velocità di 54 m/h e la seconda alla velocità di 90 Km/h; calcolare dopo quanto
tempo ed a quale distanza dal punto “P” la seconda auto raggiunge la prima. Si suppongano i due
moti rettilinei uniformi.
B
A
D
Indichiamo con A la 1^ auto e con B la 2^ auto
P
Anche se le due auto partono dallo stesso punto “P”, per evidenziare che la 2^ auto parte
successivamente, la posizioniamo a sinistra rispetto a “P”.
A viaggia con una velocità v1 = 54 Km/h = 54 Km/h : 3.6 = 15 m/s
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B viaggia con una velocità v2 = 90 Km/h = 90 Km/h : 3.6 = 25 m/s
36m 30s = 2190s
S1 = v1 x T = 15 T
S2 = 25 x (T – 2190)
Deve essere S1 = S2
15 T = 25 T – 54750
10 T = 54750
90 m 85 s - 36m 30s =
S2 = 25 T – 54750
T = 5475 s
91 m 25 s
= 90 m 85 s
La 2^ auto raggiunge la 1^ dopo 54 m 55 s
Per calcolare a quale distanza dal punto “P” l’auto B raggiunge l’auto A , calcoliamo lo spazio percorso da A.
S = V X T = 15 m/s X 5475 s = 82125 m = 82,125 Km
4. Da due punti A e B partono contemporaneamente 2 auto, l’una incontro all’altra. Sapendo che la
distanza tra i due punti è di 53 Km e che le due auto viaggiano rispettivamente a 108 Km/h e 72
Km/h, calcolare dopo quanto tempo ed in quale punto del percorso si incontrano.
108 Km/h
72 Km/h
A
C
B
Indichiamo con X il tratto AC e con (53 – X) Km il tratto CB
Si ha
T = S / V = X Km / (108 Km/h) = X h / 108
(1)
T = S / V =[ (53 – X ) Km] / 72 Km/h
(2)
Uguagliando la (1) e la (2)
X h /108 = (53 – X) / 72 Km/h
X h = (53 – X)h
72 X = 5724 – 108 X
108
180 x = 5724 ; x = 31, 8 Km
72
T = S / V = 31.8 Km /( 108 km/h) = 0.29444 h = 17, 6664 m = 17 m 40 s.
5. Un corpo ha velocità iniziale V0 = 30 m/s
T1 = 10 s
e a = - 2 m/s2 . quale è la velocità negli istanti
T2 = 15 s e T3 = 30 s ?
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a = V – V0
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;
T – T0
a = V – V0
T – T0
- 2 = V - 30
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; - 20 = V – 30 ;
V = - 10 m/s
; - 30 = V – 30 ;
V =0
10
;
- 2 = V - 30
L’AUTO SI FERMA
15
IL TERZO CASO NON LO ESAMINIAMO PERCHE’ L’AUTO E’ GIA FERMA DA 15 SECONDI
I RISULTATI OTTENUTI SONO ATTENDIBILI IN CONDIZIONI NORMALI. BISOGNA INFATTI TENER CONTO DEI
PNEUMATICI , DELL’ASFALTO E…..
LE FORZE
Un dei tanti problemi che l’uomo da sempre ha cercato di risolvere è stato quello di smuovere in
determinate condizioni, un corpo fermo, con uno sforzo muscolare. Si può spostare un corpo anche
indirettamente, cioè applicando al corpo un dispositivo ausiliario , ad esempio una fune, una ruota, una
carrucola, una leva (“DATEMI UNA LEVA E VI SOLLEVERO’ IL MONDO). Non sempre però lo sforzo
muscolare produce uno spostamento, a volte infatti un corpo soggetto ad una forza può anche soltanto
deformarsi ( esempio una molla d’acciaio ….).
LA FORZA è dunque quell’ente fisico che, applicato ad un corpo fermo, lo sposta dalla sua posizione iniziale,
muovendolo o deformandolo in qualche modo, o entrambi. Analogamente una forza applicata ad un corpo
in movimento, può modificare il suo moto in direzione, verso e anche fermarlo (ad esempio una bici, se
smettiamo di pedalare, rallenta prima e si ferma poi,; o per il vento contrario o anche soltanto per l’attrito
dell’asfalto).
Vi sono molti tipi di forze : muscolari, magnetiche, elastiche, la forza peso …..
Le forze oltre agli effetti indicati precedentemente che si hanno quando vengono applicate a corpi fermi e
che si chiamano STATICI, ne producono altri (DINAMICI) quando vengono applicate a corpi in movimento.
La FORZA, come è stata definita, può sembrare un ente astratto, è invece una GRANDEZZA VETTORIALE,
perché applicata ad un corpo ne determina dall’effetto che produce, se lo mette ad esempio in moto, la
direzione, il verso e l’intensità.
IL DINAMOMETRO
Il modo naturale per misurare una forza è quello di confrontarla con la forza peso. Si usa quindi il
dinamometro .
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RELAZIONE TRA MASSA E PESO
La massa di un corpo è sempre la stessa sia sulla Terra che sulla Luna, ma negli stessi posti ha peso diverso,
sulla Luna pesa un sesto che sulla Terra. Infatti il peso è la forza con cui un corpo è attratto dalla TERRA e
dipende dalla forza di gravità che sulla Terra è 9.8 mentre sulla Luna è la sesta parte.
P=m*g
Massa e peso sono grandezze direttamente proporzionali.
La FORZA si misura in NEWTON
1 Kg p = 9.8 N
LA PRESSIONE
La pressione è il rapporto tra la forza applicata ad una superficie, in direzione perpendicolare ad essa e
l’area della superficie:
P = F/S
Di conseguenza per facilitare un nostro lavoro o migliorare alcune operazioni, decidiamo di variare la
superficie di appoggio di un corpo. Ad esempio quando andiamo sulla neve, se non calziamo gli sci,
affondiamo nella neve, in quanto il nostro peso (la forza) è esercitata solo sulla suola degli scarponi. Se al
contrario mettiamo gli sci, il nostro peso viene distribuito su tutto gli sci, per cui è come se pesassimo di
meno.
LA PRESSIONE NEI FLUIDI
La pressione è esercitata anche su un fluido o da un fluido e si distribuisce su tutte le parti del recipiente
che lo contiene.
•
LA PRESSIONE ESERCITATA SU UNA SUPERFICIE A CONTATTO CON UN FLUIDO IN QUIETE SI
TRASMETTE IN MODO UNIFORME IN TUTTO IL FLUIDO ALLO STESSO MODO E CON LO STESSO
VALORE (PRINCIPIO DI PASCAL)
•
Ogni liquido esercita una pressione (PRESSIONE IDROSTATICA), ed è data da:
P idr = P s * h (LEGGE DI STEVINO)
o Dipende dal peso specifico del liquido
o Aumenta con la profondità
Motivo, quest’ultimo, per cui l’uomo non può immergersi nel mare oltre una certa profondità, se non con
delle protezioni.
La legge di Stevino, si dimostra partendo dalla formula della pressione:
P = F/S dove F è il peso del
liquido ed S è l’area della base del recipiente che lo contiene. Ma F = P s * V e V = S * h,
P idr = P s * V / S
P idr = P s * S * h / S
P idr = P s * h
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La legge di Stevino vale anche per I gas (pressione atmosferica). È massima a livello del mare.
•
Un liquido versato in due recipienti collegati tra loro con un tubicino, raggiunge la stessa altezza in
entrambi i contenitori indipendentemente dalla forma e dalle dimensioni dei due recipienti (LEGGE
DEI VASI COMUNICANTI).
•
Un corpo immerso in un liquido riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del liquido
spostato (PRINCIPIO DI ARCHIMEDE)
Consideriamo un recipiente dal troppo pieno contenente ad esempio acqua, un sostegno al quale viene
fissato un dinamometro, al quale a sua volta fissiamo un altro recipiente. Azzeriamo il dinamometro e
lasciamo cadere nel bicchiere troppo pieno una sfera di metallo di raggio, ad esempio di 3 cm. Noteremo
che in parte l’acqua si verserà nel recipiente fissato al dinamometro; il recipiente scenderà e il
dinamometro segnerà 14 g. Ciò vuol dire che il suo peso è 14 g. e il suo volume è 14 cm3, infatti dalla
relazione P = ps * V essendo il peso specifico dell’acqua uguale a 1, P = V. D’altronde, avendo la sfera
raggio uguale a 1, il suo volume V= 4/3 *Π *r 3
V = 1, 4186 * 3.375 = 14,127750.
Possiamo quindi affermare con un margine di errore trascurabile che il volume della sfera è uguale a quello
del liquido spostato.
Un corpo immerso in un liquido è sottoposto a due forze, il suo peso e la spinta di Archimede; per cui se il
peso specifico del corpo è maggiore di quello del liquido, il corpo affonda, se è inferiore galleggia, se i due
pesi specifici sono uguali, il corpo stazionerà nel punto in cui verrà posizionato.
Il corpo umano galleggia perché il suo peso specifico è inferiore a quello dell’acqua
LA DINAMICA
La dinamica si occupa dello spostamento dei corpi, e si basa su due principi essenziali:
• 1° PRINCIPIO DELLA DINAMICA
O DI INERZIA
Un corpo tende a conservare il suo stato di moto o di
quiete finché non interviene una (FORZA) causa esterna a
modificare tale stato di moto o di quiete.
Una forza applicata ad un corpo lo sposta se è fermo e gli imprime per tutto il tempo per cui essa agisce,
un’accelerazione proporzionale ad essa ed avente lo stesso verso F = m * a
Se la forza è nulla, anche “m*a” = 0 ; il che vuol dire che il corpo non si muove, dato che ogni corpo ha
una sua massa.
Esempi :
a) quando smettiamo di pedalare sulla bici, la bici rallenta e poi si ferma a causa dell’attrito e del
vento o soltanto dell’attrito
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b) quando siamo sul autobus e l’autista frena, se siamo in piedi, tendiamo ad andare in avanti
c) quando siamo sul autobus e l’autista accelera, se siamo in piedi, tendiamo ad andare in dietro
• 2° PRINCIPIO DELLA DINAMICA
Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e
contraria.
Esempi:
a) Un calamita attrae un pezzo di ferro; mantenendo fermo il pezzo di ferro, è la calamita che si sposta
verso il pezzo di ferro.
In generale possiamo affermare che comunque due corpi si attraggono sempre anche se non ce ne
accorgiamo, la forza di attrazione dipende dalla massa dei corpi e dalla loro distanza.
Si attraggono i pianeti, la Terra attrae verso se stessa i corpi lasciati cadere nel vuoto e così via.
ENERGIA E LAVORO
Ogni giorno compiamo tante azioni, come spostare una sedia, sollevare un bicchiere o una penna ,
passeggiare, correre, giocare a calcio ….
Tutte queste azioni hanno comportato un lavoro. Per poter ottenere un lavoro, necessita una forza,
e all’azione della forza dovrà seguire uno spostamento del corpo a cui è applicata la forza.
Ogni forza è sviluppata da una ENERGIA. Un motore elettrico quando compie un lavoro consuma
energia elettrica; quando noi spostiamo un oggetto anche pesante attraverso uno sforzo muscolare
abbiamo consumato energia che abbiamo introdotto attraverso il cibo.
Quando una gru solleva un carico, il motore esercita una certa forza. Se il carico raddoppia, anche la
forza deve essere doppia, di conseguenza anche l’energia deve essere doppia, tripla….
Per poter parlare di lavoro occorre che alla forza applicata al corpo segua lo spostamento del
corpo. Se cerchiamo di spostare una parete, suderemo tantissimo, avremo compiuto uno sforzo
muscolare enorme, ma la parete resterà lì dove era, in questo caso non potremo parlare di lavoro.
Se cerchiamo di spostare una barca posta parallelamente al marciapiede della banchina, e anche
noi ci disporremo in tale direzione, si avrà uno spostamento.
Se noi ci sposteremo, in modo da formare un angolo acuto con la posizione della barca, la barca si
sposterà ma con maggiore difficoltà, dovremo compiere uno sforzo maggiore, dovremo bruciare più
energia.
Se ci posizioniamo invece perpendicolarmente alla barca, la barca resterà ferma., bruceremo
energia, senza compiere lavoro.
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Riassumendo diremo che :
1. Se il verso della forza è uguale a quello dello spostamento, la FORZA esegue un LAVORO
MOTORE con segno positivo.
2. Se il verso della forza è opposto a quello dello spostamento, la Forza esegue un LAVORO
RESISTENTE con segno negativo.
3. Se il verso della forza è perpendicolare a quello dello spostamento, la FORZA non esegue
alcun Lavoro (lavoro nullo).
L=F*S
ENERGIA POTENZIALE E CINETICA
Un corpo che si trova ad una certa altezza possiede in sé una certa energia ( POTENZIALE) che
sviluppa quando viene lasciato cadere nel vuoto (Energia Cinetica, cioè di spostamento).
È evidente che quando il corpo è fermo ad una certa altezza l’energia potenziale posseduta è
massima e quella cinetica è nulla; al contrario quando il corpo viene lasciato cadere, man mano che il
corpo cade, diminuisce la sua energia potenziale e aumenta quella cinetica. Possiamo quindi affermare
che l’energia si trasforma da potenziale in cinetica e viceversa. PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE
DELL’ENERGIA.
Nelle centrali idroelettriche ad esempio l’energia elettrica viene prodotta a spese dell’energia
potenziale posseduta dall’acqua nei bacini; attraverso condotte, l’acqua viene convogliata ad un livello
più basso, dove nell’urto contro le pale della turbina, la sua energia si trasforma in energia cinetica di
rotazione. La turbina è collegata ad una macchina elettrica, dinamo o cose di questo genere, capace di
trasformare l’energia di rotazione in energia elettrica, che attraverso linee elettriche viene convogliata
anche a grandi distanze.
•
Il lavoro che produce l’energia potenziale è
L=F*S =P*m*g
•
E p = P * m *g *h
Il lavoro che produce l’energia cinetica è dato da
L=F*S
Ricordando che
F = m * a ed essendo S = ½ aT2 e T = V/a risulta S = ½ a V2/a2
L = m * a * S = m * a * ½ V2/a
E c = ½ m * V2
L’energia si misura in J = Joule
LA SOMMA DELL’ENERGIA POTENZIALE E QUELLA CINETICA PRENDE IL NOME DI ENERGIA MECCANICA
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In alcuni casi ciò sembra strano, infatti quando lasciamo cadere una palla al suolo, essa rimbalza ma non
torna nella posizione iniziale, sembrerebbe che abbia perso parte della sua energia. La risposta è che
l’energia “persa” è stata utilizzata per compiere altro lavoro, ad esempio opporre resistenza all’attrito.
L’attrito infatti produce calore, lo possiamo constatare quando sfreghiamo le mani.
IMPULSO E QUANTITA’ DI MOTO
È noto che l’accelerazione si sviluppa nel tempo in cui agisce la forza e si annulla al cessare di questa. La
grandezza fisica che oltre a dipendere dalla forza, dipende anche dal tempo dicesi IMPULSO.
L’impulso di una forza costante è una grandezza vettoriale che ha la stessa direzione e verso della forza
stessa ed è data da
I=T*F
Dall’impulso più che dalla forza dipendono alcuni fenomeni dinamici. Così per fornire velocità ad carro
ferroviario, si potrà applicarvi una forza grande per un tempo breve (urto della motrice) o forza minore per
un tempo maggiore (spinta a braccia). Altro esempio, una macchina in panne, una nave che entra in nel
porto; ma essendo F = m * a
I =T*m*a
I = T * m * V/T
I = m * V = Q (QUANTITA’ DI MOTO)
Q=I
LA POTENZA
Lo spostamento di un corpo viene effettuato prima con una gru e successivamente con una carrucola
attraverso , il lavoro compiuto è lo stesso e l’energia potenziale prodotta è la stessa, ciò che cambia è
invece il tempo impiegato. Il rapporto tra lavoro prodotto e il tempo impiegato dicesi POTENZA e si misura
in WATT
1W =1J/S
I multipli del Watt sono i
•
Kilowatt uguale a 1000 Watt
(KW)
1 KW = 103 W
•
Megawatt uguale a 1000000 Watt
(MW)
1 MW = 106 W
A volte la Potenza viene espressa in CAVALLO – VAPORE (CV)
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1 CV = 735, 45 W
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ENERGIA TERMICA
I nostri sensi ci permettono di dire se un corpo è caldo, se è freddo, se è più caldo di un altro corpo, ma non
possono dirci quanto sia il calore posseduto da un corpo. Nel parlare comune spesso confondiamo il calore
con la temperatura; esse sono invece due cose ben distinte. La temperatura è il numero che esprime la
quantità di calore presente in un corpo, e La quantità di calore posseduta dai corpi è quantificata da uno
strumento: il termometro.
Se mettiamo a contatto due corpi, uno molto caldo e uno freddo, il corpo più caldo cede parte del suo
calore all’altro, finché non raggiungono la stessa temperatura: EQUILIBRIO TERMICO.
Il calore può propagarsi per contatto (CONDUZIONE), per CONVEZIONE (funzionamento dei termosifoni),
per IRRAGGIAMENTO ( dovuta alla radiazione luminosa).
La quantità di calore che un corpo può scambiarsi con l’ambiente dipende dal materiale del corpo, dalla sua
massa e dal tempo in cui il corpo è esposto nell’ambiente. Una candela ad esempio emana più calore di un
termosifone, ma il termosifone riscalda molto di più della candela, perché ha una massa maggiore e agisce
per più tempo.
Q =C*m*T
(equazione del calore); la lettera “c” è definita come calore specifico
del corpo.
Sappiamo che
• i corpi allo stato aeriforme non ha un volume proprio ma occupa tutto lo spazio a disposizione
• i corpi allo stato liquido prendono la forma del recipiente che li contiene
• i corpi allo stato solido hanno forma propria
il motivo è che i corpi sono formati da molecole e le molecole sono formate da atomi. Gli atomi sono in
continuo movimento dovuto alla temperatura , parliamo di AGITAZIONE TERMICA.
Quanto maggiore è il calore posseduto dai corpi, tanto maggiore sarà l’AGITAZIONE TERMICA e gli atomi
presenti nei corpi si sposteranno; chiaramente nei liquidi e ancor di più nei gas, non essendoci legami molto
rigidi gli spostamenti saranno più evidenti che nei corpi solidi. Infatti i binari dei treni presentano lievi
interruzioni, perché il calore del sole favorisce l’agitazione termica e le molecole dei i binari pur essendo di
metallo, tendono a occupare maggior spazio e si dilatano. Se non ci fossero le interruzioni, i binari si
curverebbero. Stesso discorso riguarda la progettazione dei ponti e così via discorrendo.
La dilatazione lineare dei corpi dipende dalla lunghezza del corpo, dal tempo in cui il corpo è esposto ad un
aumento di temperatura e dal materiale del corpo.
L = ƛ*L*
T
Il funzionamento del termometro si basa sulla dilatazione che subisce il mercurio a contatto con un corpo
caldo. Fa eccezione a questa regola l’acqua che aumenta di volume quando diventa ghiaccio.
Inoltre è noto che in tutte le macchine trasformatrici di energia, l’energia utile è sempre minore di quella
assorbita. Ciò è dovuto al fatto che una parte dell’energia assorbita si perde, nel senso che si trasforma in
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energia termica. Cioè calore. Per indicare le quantità delle perdite e quindi l’attitudine di una macchina a
trasforma re energia, si determina il RENDIMENTO, cioè il rapporto tra l’energia utile e quella assorbita.
LEGGI DI GAY – LUSSA C:
• Se la pressione di un gas si mantiene costante, il volume dello stesso sarà proporzionale alla
temperatura.
• Se il volume di un gas si mantiene costante, la pressione dello stesso sarà proporzionale alla
temperatura
LEGGE DI BOYLE:
•
Se un gas mantiene costante la sua temperatura, il volume del gas sarà inversamente proporzionale
alla pressione.
P * V = COSTANTE
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L’ELETTROSTATICA
Se strofiniamo una bacchetta di vetro o un astuccio di penna su un panno di lana e l’ avviciniamo a
pezzettini di carta, noteremo che i pezzettini di carta verranno attratti dalla bacchetta di vetro. Ciò vuol dire
che i corpi ( o molti corpi ) in determinate condizioni hanno la capacità di attrarre altri corpi.
Se strofiniamo la solita bacchetta di vetro su un panno di lana e la sospendiamo ad un filo, poi strofiniamo
una seconda bacchetta, sempre di vetro, su un panno di lana e l’avviciniamo alla prima, noteremo che le
due bacchette si respingono. Se invece la seconda bacchetta è ad esempio di resina e ripetiamo la stessa
operazione, noteremo che le due bacchette si attraggono.
Da tutto questo deduciamo che i corpi strofinati si elettrizzano e a seconda del materiale di cui sono
costituti, si attraggono o si respingono e conveniamo con il dire che la carica del vetro è positiva, quella
della resina è negativa.
Per vedere se un corpo se un corpo ha carica positiva o negativa, possiamo servirci di uno strumento
chiamato ELETTROSCOPIO. Esso (elettroscopio a foglie) è formato da una asta metallica che immergeremo
in una bottiglia, l’asta dovrà terminare dalla parte esterna alla bottiglia da un pomo dello stesso materiale
dell’asta e nella parte interna alla bottiglia da due foglioline sottili di oro o di argento. Creando un contatto
tra il pomo e un corpo, ad esempio di vetro, la carica positiva del vetro verrà trasmessa all’intera asticella
ed infine alle foglioline che ricevendo una carica positiva, si respingeranno. Creando ora un nuovo contatto
tra il pomo e un altro corpo, noteremo che le due foglioline si attrarranno se il secondo corpo usato
nell’esperimento à di carica opposta a quella del vetro, divergeranno ancora di più se è invece dello stesso
segno. L’elettrizzazione dei corpi può dunque avvenire per strofinio, induzione o contatto. Se un corpo si
elettrizza per induzione, vuol dire che ha la capacità di trasmettere le cariche elettriche, positive o negative
che siano. Negli esempi fatti prima, il vetro, la resina, strofinati si elettrizzavano, si, ma soltanto alle
estremità, le cariche non venivano trasmesse lungo tutto il corpo. Tali corpi vengono chiamati ISOLANTI; se
un corpo al contrario ha la capacità di elettrizzarsi lungo tutto il corpo viene chiamato CONDUTTORE,
Esistono anche i SEMICONDUTTORI.
TUTTI I CORPI HANNO UNA MASSA E NON TUTTI I CORPI HANNO UNA CARICA.
TRA TUTTE LE MASSE SI GENERA UNA FORZA ATTRATTIVA, TRA I CORPI ELETTRIZZATI SI GENERANO
ANCHE FORZA REPULSIVE.
Lo scienziato Coulomb attraverso un esperimento fatto con uno strumento, detto “bilancia di torsione”,
stabilì una relazione che lega, l’intensità della forza che si manifesta su due corpi elettrizzati, la carica
elettrica e la distanza tra i due corpi. Questa relazione prende il nome dello scienziato ed è detta LEGGE DI
COULOMB.
F = K * Q1 * Q2
d2
L’INTENSITA’ DELLA FORZA ELETTRICA CHE SI MANIFESTA TRA DUE CORPI DOTATI DI CARICA ELETTRICA,
E’ DIRETTAMENTE PROPORZIONALE AL PRODOTTO DELLE DUE CARICHE E INVERSAMENTE
PROPORZIANALE AL QUADRATO DELLA LORO DISTANZA.
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LA LEGGE GRAVITAZIONALE, CIOE’ QUELLA CHE METTE IN RELAZIONE DUE MASSE, E’ ANALOGA:
F = K * M1 * M2
d2
L’ATOMO
Gli atomi sono formati da un NUCLEO, grande quasi tutto l’atomo, e al suo interno sono presenti i PROTONI
che hanno carica positiva, i NEUTRONI e attorno ad esso ruotano vertiginosamente su delle orbite gli
ELETTRONI che hanno carica negativa. Il numero dei protoni e degli elettroni, è uguale, per cui ogni atomo
è elettricamente neutro. Capita però che elettrizzando un corpo per strofinio o per induzione o altro, gli
elettroni dell’orbita più esterna, grazie anche all’agitazione termica, tendono facilmente a muoversi in
maniera disordinata conferendo ai corpi metallici la proprietà di condurre elettricità.
RESISTENZE ELETTRICHE E CIRCUITI
Prendiamo una pila a secco da 1,5 volt, una lampadina pure da 1,5 volt ed un pezzo di filo conduttore di
rame. Avvolgiamo un capo del filo allo zoccolo metallico della lampadina, quindi dopo aver messo la base
della lampadina a contatto con del cilindretto di carbone che sporge con il suo cappuccio metallico al
centro della pila (polo positivo), tocchiamo con l’altro capo del filo, il fondello di zinco della pila (polo
negativo). Abbiamo costruito un circuito elementare. Se la lampadina è efficiente, essa si accenderà. Se
chiediamo la ragione di ciò, chiunque risponderà che la lampadina si è accesa perché in essa passa
corrente. Ma cos’è la corrente e come riesce a passare attraverso il filo conduttore e lungo il filamento
della lampadina? Precisiamo subito che la corrente elettrica è un flusso continuo di elettroni e che questi
non sono creati dalla pila, né immagazzinati in essa. La pila, come del resto tutti i generatori di corrente,
come abbiamo già detto, può essere considerata una pompa per elettroni: il suo compito è quello, infatti,
di mettere gli elettroni in movimento. Gli elettroni sono particelle elementari, dotati di carica negativa che
ruotano vertiginosamente intorno al nucleo dell’atomo (come i pianeti intorno al sole). Si potrebbe quindi
supporre che la forza centrifuga che ne deriva porta gli elettroni ad allontanarsi sempre di più dal nucleo.
Ciò non avviene per la reciproca attrazione esistente tra il nucleo, carico positivamente, e gli elettroni,
dotati come abbiamo già detto di carica elettrica negativa. Le due forze, quella centrifuga e quella di
attrazione determinano una condizione di equilibrio, che permette agli elettroni di disporsi in orbite
concentriche intorno al nucleo. La stabilità di questo sistema non è, tuttavia, assoluta. In alcuni elementi, e
in particolare nei metalli, l’attrazione esercitata dal nucleo nei confronti degli elettroni che occupano le
orbite esterne è talmente labile da non riuscire ad impedire la fuga di qualche elettrone. Questi elettroni
liberi passano da un atomo all’altro, occupando le orbite appena abbandonati da altri elettroni e durante il
loro vagare, cambiano continuamente direzione a causa della forza repulsiva che si manifesta ogni
qualvolta due di essi vengono a contatto. Questo moto disordinato non produce alcun effetto apprezzabile,
ma se si riesce a fare in modo che tutti gli elettroni liberi si muovano nella stessa direzione, fino ad
generare un flusso (cioè una corrente) di elettroni, si ottiene ciò che comunemente viene definita
“CORRENTE ELETTRICA”.
Nell’esempio di prima gli elettroni fluiscono fra gli atomi del filo di rame (conduttore) e fra quelli di
tungsteno del filamento della lampadina, sospinti in un’unica direzione dalla pila. Se si interrompe il
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circuito, il flusso di elettroni cessa di colpo e la lampadina si spegnerà. Per capire come sia possibile
generare un flusso di elettroni, basta vedere cosa succede all’interno di una pila.
LA PILA DI VOLTA
Una pila voltaica elementare è costituita da un recipiente di vetro o di altro materiale isolante, contenente
una soluzione al 10% circa di acido solforico in acqua distillata, nella quale sono parzialmente immerse una
lamina di zinco e una di rame (elettrodi). Per mettere in funzione la pila, occorre collegare le parti
emergenti delle lamine metalliche mediante un filo conduttore e due contatti a molla. In breve tempo
vedremo apparire delle bollicine nell’elettrolito, in corrispondenza della lamina di rame, mentre in
corrispondenza della lamina di zinco, sotto l’azione dell’acido, l’elettrolito comincerà lentamente ad
alterarsi, formando una sostanza biancastra. Cosa è successo? L’acido ha attaccato lo zinco, i cui atomi sono
passati nella soluzione, lasciando però sulla lamina parte dei suoi elettroni; l’acido e lo zinco si combinano
formando il solfato di zinco (soluzione biancastra) e liberano atomi di idrogeno privi di elettroni. Questi
atomi migrano verso la lamina di rame, dove, dopo aver catturato gli elettroni di cui erano carenti, si
rivelano sotto forma di bollicine di idrogeno. Il risultato finale di questa reazione chimica è costituito da un
accumularsi di cariche elettriche negative (elettroni) sulla lamina di zinco (polo negativo) e di un costante
affluire di cariche positive (atomi privi di elettroni) alla lamina di rame (polo positivo). Dato che le cariche di
segno contrario si attraggono, possiamo facilmente intuire cosa avviene quando le due lamine metalliche
vengono collegate mediante il filo conduttore: i mobilissimi elettroni, concentrati sulla lamina di zinco,
tendono a distribuirsi lungo il filo conduttore, sospingendo altri elettroni verso la lamina di rame. Qui gli
elettroni liberi attirano gli atomi privi di elettroni che si trovano nell’elettrolito, dai quali saranno poi
catturati e neutralizzati. La pila può dunque essere considerata una pompa che sospinge un flusso di
elettroni lungo un’unica direzione: dal polo negativo a quello positivo. Quando lo zinco e l’acido sono
completamente alterai, la pila è esaurita e non può più essere utilizzata.
Sappiamo che ogni elettrone respinge energicamente gli elettroni vicini, perché di segno uguale. Sulla
lamina di zinco della pila, gli elettroni liberi sono tantissimi e insieme acquisiscono una forza di repulsione
elevatissima, tanto da determinare una vera e propria “pressione” alla quale si da il nome di POTENZIALE.
All’altro polo, dove gli elettroni liberi vengono rapidamente neutralizzati dagli atomi positivi, il potenziale è
invece molto basso. Quando i due poli vengono collegati, la differenza di potenziale si manifesta sotto
forma di tensione, che è poi la forza che spinge gli elettroni liberi a percorrere il conduttore. Il valore della
tensione si esprime in VOLT (V) e può essere misurato attraverso uno strumento: IL VOLTOMETRO (che nel
circuito va sempre collegato in parallelo).
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LA CORRENTE ELETTRICA
La corrente elettrica viene misurata in ampère. Lo strumento che la misura, amperometro e nei circuiti si
deve collegare in serie. Tra intensità di corrente, tensione e resistenza esiste una relazione enunciata sa
Ohm:
R= V/I
1^ legge di Ohm
Gli effetti della corrente elettrica, oltre a quello termico, sono: effetto magnetico, chimico luminoso e ….
Sia le lampadine che le resistenze possono essere collegate in serie e in parallelo.
Colleghiamo tre lampadine da 4,5 V in serie ed una pila anch’essa da 4,5 V, noteremo che l’intensità
luminosa sarà minima, se però eliminiamo una lampadina dal circuito l’intensità luminosa aumenta. Per
avere una luminosità migliore avremmo dovuto collegare tre lampadine da 1,5 V. se colleghiamo le tre
lampadine in parallelo anziché in serie avremmo ottenuto una luminosità normale. Perché questo?
Nel collegamento in serie, i filamenti delle lampadine vengono a trovarsi uno accanto all’altro e quindi la
resistenza complessiva opposta al passaggio degli elettroni, quindi della corrente, è uguale alla somma delle
singole resistenze e l’intensità si riduce. Nel collegamento in parallelo, al contrario, i filamenti si trovano
l’uno di fianco all’altro; in questa condizione la resistenza complessiva risulta inferiore alla resistenza
opposta da ciascuna resistenza. Questo fenomeno, apparentemente strano, trova la sua spiegazione nel
fatto che gli elettroni liberi di andare dal polo negativo a quello positivo non sono costretti a fluire
attraverso un'unica resistenza, ma possono seguire tre percorsi.
È evidente che attraverso tre filamenti disposti in parallelo potrà passare il triplo degli elettroni nella stessa
frazione di secondo potrebbero transitare in un unico filamento.
Inserendo altre lampadine in parallelo non faremo altro che rendere più agevole il passaggio degli elettroni
con conseguente diminuzione della resistenza complessiva. Se svitiamo una lampadina nel circuito in serie,
le altre si spegneranno perché il circuito è aperto e non passa più corrente (albero di Natale); se svitiamo
una lampadina in un circuito in parallelo, le altre restano accese, perché gli elettroni possono seguire altri
percorsi (lampadine ed elettrodomestici nelle case).
Anche le pile possono collegarsi in serie, in tal caso la tensione complessiva sarà pari alla somma delle
singole forze elettromotrici e l’intensità corrente sarà sempre la stessa che erogherebbe un’unica pila.
Se colleghiamo le pile in parallelo, invece, V è quella di una sola pila, ma l’intensità di corrente sarà la
somma delle intensità di corrente che possono essere erogate da ciascuna pila.
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CONDUTTORI E ISOLANTI
Non si deve però pensare che questa mobilità elettronica sia posseduta in egual modo da tutti i metalli.
L’argento è il più dotato di elettroni liberi, seguono il rame, l’oro, l’alluminio, il tungsteno, il nichel, il ferro,
il piombo, il mercurio. Altre sostanze, oltre i metalli, capaci di condurre la corrente elettrica sono. Il terreno,
le strutture murarie, l’acqua ( e quindi tutti i corpi bagnati) ed anche il corpo umano perché in esso sono
presenti sostanze elettrolitiche. Vi sono invece altre sostanze i cui elettroni non godono di alcuna
indipendenza, nel senso che la forza di attrazione esercitata nei loro confronti dal nucleo, li mantiene
rigidamente vincolati alle orbite del loro sistema atomico. Queste sostanze poverissime di elettroni liberi,
sono incapaci di condurre una corrente elettrica apprezzabile e vengono pertanto utilizzate per realizzare
l’isolamento dei conduttori e delle apparecchiature percorse da corrente elettrica.
I dielettrici (isolanti) più noti ricordiamo: la porcellana, la ceramica, il vetro, il legno asciutto, la gomma ….
Nei liquidi e nei gas, gli atomi hanno maggiore facilità di movimento, ragion per cui sono CONDUTTORI;
l’aria più è umida più è conduttrice.
Precisiamo inoltre che vi è una stretta correlazione tra conduttività elettrica e termica; infatti i buoni
conduttori di elettricità, sono buoni conduttori di calore. I dielettrici si prestano invece per essere impiegati
come coibenti (cattivi conduttori) del calore e del suono.
LE RESISTENZE
Abbiamo detto che la differenza di potenziale esistente tra i poli di un generatore di corrente spinge gli
elettroni liberi a migrare lungo il conduttore nella direzione che va dal polo negativo a quello positivo. Gli
elettroni, però, nel conduttore non fluiscono con la facilità con cui scorre l’acqua entro una conduttura;
devono farsi strada tra gli altri elettroni che li respingono e nuclei atomici che tendono a catturarli. La
strada che gli elettroni devono percorrere è quindi irta di ostacoli, che è poi una forma di attrito. Gli
elettroni per superare le difficoltà accennate, sono costretti ad impiegare parte della loro energia, che si
trasforma in calore. Naturalmente, gli elettroni riusciranno a fluire con maggior facilità nei reticoli di un
grosso conduttore, specie se il percorso è breve. Al contrario, se il conduttore da percorrere è lungo e
sottile, gli elettroni sono costretti ad un lungo cammino entro uno spazio ristretto, e incontreranno una
elevata resistenza, per vincere la quale dovranno compiere un lavoro notevole. Il calore che si produce,
rappresenta appunto l’effetto di tale lavoro. Nella costruzione di stufe, ferri da stiro, asciugacapelli … viene
infatti volutamente aumentata la resistenza.
R =ϱ*l/s
2 ^ legge di Ohm
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IL CAMPO ELETTRICO – POTENZIALE ELETTRICO
•
Il Campo elettrico è la regione dello spazio dove sono presenti cariche elettriche.
•
Una carica elettrica presente in un Campo elettrico ha una sua energia potenziale, essa dipende
dalla quantità di carica e dalla posizione della carica nel Campo. Se la carica è libera, si muove sotto
l’azione del Campo, in tal modo perde parte della sua energia potenziale che passa dal valore Ua al
valore Ub.
•
Il LAVORO eseguito dalla forze di un Campo per spostare una carica elettrica è uguale alla
variazione di energia potenziale della carica.
•
Il POTENZIALE ELETTRICO è il rapporto tra l’energia potenziale posseduta dalla carica in un punto
del campo e la carica stessa.
V =U
il potenziale si misura iN VOLT
Q
•
LA DIFFERENZA DI POTENZIALE è il lavoro compiuto dalle forze del campo per spostare una carica
da un punto ad un altro.
•
Se due corpi sono elettrizzati in maniera diversa e vengono a contatto, tra i due avvienesi ha una
TENSIONE, cioè un passaggio di elettroni da un corpo all’altro, sino a quando non si raggiunge un
equilibrio elettrico.
IL CAMPO MAGNETICO
L’ago della bussola in ogni punto della superficie terrestre si orienta secondo una direzione che è
praticamente quella del meridiano passante per lo stesso punto e, volge verso la stella polare sempre la
stessa punta. Questa parte dell’ago si chiama polo nord, l’estremità opposta polo sud.
Se disponiamo un certo numero di magneti in cui siano state già individuate le polarità gli uni accanto agli
altri, osserveremo che i poli dello stesso nome si respingeranno e quelli di nome opposto si attrarranno.
Dividendo un magnete, ogni parte avrà sempre due poli.
Il magnete può essere permanente oppure può essere prodotto per induzione. Il magnete permanente ha
un’intensità che non può essere variata, la sua azione attrattiva verso altri metalli continua sempre
indipendentemente dalla volontà dello sperimentatore e la sua polarità non potrà essere invertita.
Il magnete prodotto per induzione ha invece un’intensità che può essere variata, le sue polarità possono
essere invertite e la sua azione attrattiva termina quando lo decide lo sperimentatore.
Sia dato un nucleo di ferro dolce e lo si avvolga con un filo (conduttore) collegato ai morsetti di una
batteria; il ferro avrà assunto per induzione le proprietà di un magnete. Infatti se in prossimità del ferro
poniamo della limatura di ferro, quest’ultime saranno attratte dal ferro.
Il passaggio di corrente ha creato u8n campo magnetico e il ferro ha acquisito le proprietà della calamita.
La sua proprietà attrattiva aumenterà se aumenteremo il numero delle spire attorno al ferro. Da cui la
legge:
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B = 2*I /R
Se N è il numero delle spire, avremo:
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legge di BIOT - SAVART
B = 2*N*I /R
Quindi aumentando il numero delle spire, aumenterà l’intensità del campo magnetico del ferro.
Inoltre, se osservando il filo, noteremo che esso è avvolto in Senso orario, quella parte rappresenterà il polo
sud del magnete, se Non lo vedremo avvolto in senso orario, quella parte rappresenterà il polo Nord.
Chiaramente il filo potrebbe essere avvolto prima in un senso e poi in un altro per cui le polarità potranno
variare.
Infine se interrompiamo il circuito la proprietà attrattiva del ferro terminerà quasi subito. Ciò che abbiamo
costruito è una elettrocalamita.
Che la corrente che percorre un filo conduttore crei un campo magnetico lo si potrà sperimentare anche
disponendo da parte opposta del filo degli magnetici. Quando il circuito sarà aperto, gli aghi volgeranno
verso il polo Nord; non appena chiuderemo il circuito e la corrente percorrerà il filo, quest’ultima avrà
creato un suo campo magnetico. Partendo da dove parte la corrente, il Nord sarà indicato dal pollice della
mano destra, naturalmente lo sperimentatore per non commettere errori dovrà seguire il percorso della
corrente ed il filo deve sempre guardare il palmo della mano. Abbiamo detto precedentemente che poli di
segno opposto si attraggono, ora lo avremo constato, perché gli aghetti cambieranno posizione. Se a
sinistra del filo sarà il Nord per il campo magnetico prodotto dalla corrente, l’ago che si trova a sinistra
volgerà il suo Sud al filo stesso, l’ago che si troverà a destra del filo, volgerà al filo il suo Nord. Le linee del
campo magnetico si potranno osservare se su di un magnete ad
U
metteremo un cartoncino e su
quest’ultimo un po’ di limatura di ferro, questa si disporrà in maniera tale che ci indicherà quali siano le
linee del campo.
LE ONDE
Parlando del movimento è spontaneo pensare ad un corpo che modifica la sua posizione nel tempo.
L’esperienza ci mostra invece che anche l’energia si propaga (si muove). L’energia termica si propaga dalla
sorgente ai corpi circostanti, l’energia d’urto in caso di esplosioni si propaga anche a distanza di Km.
L’energia si propaga attraverso onde, cioè oscillazioni che trasmettono energia (e non materia) da una
sorgente fino a un rivelatore attraverso un mezzo di trasmissione.
Le onde non sono quindi solo le increspature che si formano sulla superficie dell’acqua in determinate
condizioni. Le onde possono essere sonore, luminose e radio, quelle sonore trasportano i suoni alle nostre
orecchie, quelle luminose giungono agli occhi dagli oggetti che emettono luce o che la riflettono; quelle
radio permettono la trasmissione a distanza di suoni e immagini.
Vediamo con un esempio come si propaga l’energia.
Fissiamo ad un supporto tramite un filo una sfera “A “ d’acciaio; spostandola verso l’alto in una direzione
compiremo un lavoro che fornirà alla sfera energia potenziale. Se lasciando tornare la sfera alla sua
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posizione iniziale, questa urta una verga d’acciaio alla cui estremità opposta è appoggiata una seconda
sfera “B”, sospesa come la prima con un filo allo stesso supporto, la sfera “A” rimbalzerà ma non tornerà
nella stessa altezza, nel stesso tempo la sfera “B” si solleverà; in pratica la sfera “A” ha ceduto parte delle
sua energia potenziale alla sfera “B”. ciò dimostra che l’energia si è propagata attraverso la verga d’acciaio.
rappresenta la velocità di propagazione. L’acciaio è una sostanza elastica. Se ora seghiamo la verga in due o
più parti e tra esse inseriamo un materiale non elastico ad esempio stucco, e ripetiamo la stessa operazione
con le due sfere, la sfera “B” non si solleverà. L’energia si propaga attraverso onde e per propagarsi hanno
bisogno di sostanze elastiche.
Il rapporto
V=d/T
LA LUCE – PROPAGAZIONE – RIFLESSIONE – RIFRAZIONE
A volte, dopo un temporale, il cielo appare solcato dall’arcobaleno, nel quale si possono distinguere
più o meno nettamente sette colori che nell’ordine sono: rosso, arancio, giallo, verde, azzurro, indaco e
violetto. Gli stessi colori nel medesimo ordine si possono ottenere facendo passare un sottile fascio di
luce solare, detta “bianca”, attraverso un prisma triangolare di vetro. E’ lo spettro solare, cioè la
scomposizione della luce bianca. Questo fenomeno viene anche detto DISPERSIONE della luce e ci
induce a pensare che la luce bianca derivi dalla sovrapposizione di luci di diverso colore. Questa ipotesi
è confermata da una esperienza facile da preparare: il disco di Newton.
Tale strumento è un disco di cartone o di legno, fissato ad un perno in modo che possa ruotare,
suddiviso in numerosi settori, ognuno dei quali riproduca un colore dello spettro. Facendo ruotare
velocemente il disco, l’occhio non riesce più a distinguere un settore dall’altro tanto che il disco
sembrerà di colore bianco.
La dispersione della luce consente anche di capire come si forma l’arcobaleno: gli archi colorati
sono la conseguenza della dispersione della luce attraverso le gocce d’acqua che sono ancora presenti
nell’atmosfera dopo un temporale. Le gocce, dunque, si comportano come il prisma di vetro.
Quando un fascio di luce bianca illumina un corpo opaco, una parte di essa viene assorbita (cioè
trattenuta) dal corpo, una parte viene diffusa, cioè riflessa, in tutte le direzioni e una parte viene
rifratta, cioè attraversa il corpo senza essere assorbita. La luce assorbita non raggiunge il nostro occhio,
quella che giunge sono invece quella rifratta e soprattutto quella riflessa, che determinano il colore di
un corpo. Consideriamo ad esempio un corpo opaco che ci sembra di colore rosso; questo vuol dire che
il corpo assorbe tutte le componenti colorate della luce bianca tranne quella rossa che viene diffusa e
giunge ai nostri occhi. Un corpo opaco è di colore bianco perché tutti e sette i colori della luce bianca
raggiungono i nostri occhi e il corpo non assorbe alcun colore; un corpo opaco, invece sarà di colore
nero quando tutti e sette i colori dello spettro vengono assorbiti dal corpo e nessuno di essi viene
riflesso. Il nero dunque più che un colore è un’assenza di colore.
La luce è importantissima non soltanto perché ci permette di vedere, ma anche perché da essa
dipende ogni forma di vita sulla Terra. Sappiamo infatti che in assenza di luce le piante verdi
deperiscono e muoiono e senza di esse né gli animali, né l’uomo potrebbero sopravvivere.
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La principale fonte di luce per la Terra è il sole, l’unica fonte di luce naturale. I nostri occhi vedono i
corpi che ci circondano, perché essi vengono illuminati, cioè rimandano agli occhi la luce che li colpisce.
I corpi si comportano in modo diverso nei confronti della luce a seconda del materia di cui sono
costituti e della loro struttura molecolare. Alcuni corpi come il vetro si lasciano attraversare dalla luce e
sono detti trasparenti, altri come il cartone non si lasciano attraversare e sono detti opachi, altri infine
hanno un comportamento intermedio, come la carta oleata e sono detti traslucidi.
Il sole come tutte le sorgenti luminose, anche quelle artificiali, emette luce in tutte le direzioni; la sua luce
giunge sulla Terra attraverso lo spazio cosmico, dove non c’è aria, ad una velocità elevatissima, 300.000
Km/s, e si propaga in linea retta. Questa caratteristica è facilmente verificabile con una semplice
esperienza. Praticate un foro al centro di due cartoncini: il foro deve essere netto, senza sbavature e grande
quanto la capocchia di uno spillo. Disponendo i due cartoncini parallelamente l’uno all’altro e mettendo
dietro di essi una candela accesa ( meglio se si opera al buio). Cercate ora di vedere la fiamma attraverso i
fori, constateremo che sarà indispensabile che fiamma della candela, i fori e il nostro occhio siano allineati,
si trovino cioè sulla stessa linea retta.
LA RIFLESSIONE E LA RIFRAZIONE
Quando un raggio di luce colpisce una superficie levigata, formando con la perpendicolare al piano nel
punto di incidenza un angolo î, si rifletterà formando con la perpendicolare al piano un angolo ȓ uguale a
quello di incidenza. Nell’acqua invece il fascio di luce si rifrange, cioè toccando l’acqua, forma un angolo di
incidenza î e entra nell’acqua formando con la perpendicolare un angolo ȓ minore dell’angolo î , cioè il
fascio di luce si avvicina alla perpendicolare.
LA FREQUENZA - PERIODO
Consideriamo il moto periodico per eccellenza, quello del pendolo. Il tempo impiegato per compiere una
oscillazione complete di andata e ritorno dicesi periodo e si misura in secondi. La frequenza f è invece il
numero delle oscillazioni che si verificano in una determinata unità di tempo e si misura in hertz (Hz). Una
oscillazione ha quindi la frequenza di 1 Hz quando si verifica una volta al secondo
Lunghezza d’onda
ampiezza
cresta
ƛ
ventre
la velocità delle onde è dato da:
V = ƛ /T
cioè V = ƛ * f
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LE ONDE SONORE
I suoni si differenziano in base all’altezza, all’intensità e al timbro. I suoni alti caratterizzati da alte
frequenze e piccole lunghezze d’onda sono detti acuti. I suoni bassi con frequenze basse e lunghezze
d’onda grandi sono detti gravi.
Per verificare quanto detto, pizzichiamo un elastico; più è corto l’elastico più piccola è la lunghezza d’onda
e più acuto sarà il suono emesso.
L’orecchio umano percepisce suoni con frequenze comprese tra i 16 Hz e i 20.000 Hz.
I suoni con frequenze minori sono detti infrasuoni e quelli con frequenze maggiori ultrasuoni.
L’intensità sonora è la quantità di potenza sonora che colpisce una superficie ed è inversamente
proporzionale al quadrato della distanza dalla sorgente. Per esprimere la relazione tra l’intensità sonora e la
sensazione sonora si utilizza il decibel ( dB).
L’INQUINAMENTO ACUSTICO
I suoni con un livello sonoro maggiore di 90 dB sono dannosi per il nostro udito, procurano ronzii e fischi
nelle orecchie e per un periodo che può essere più o meno lungo sarà compromessa la capacità di
percepire suoni deboli.
Se i dB sono circa 120, avvertiremo anche dolore. Si consiglia quindi di:
•
limitare le frequenze in discoteca
•
ascoltare la musica nelle cuffie a volume moderato
•
ricorrere a protezioni in prossimità di apparecchiature molto rumorose.
La mancanza di tali precauzioni può portare alla IPOACUSIA, precoce diminuzione uditiva.
Nelle città italiane l’inquinamento acustico si attesta attorno ai 70 dB durante il giorno (il limite è di 65
durante il giorno e di 55 durante la notte).
Effetti indesiderati sono:
• aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca
• stati d’ansia, d’insonnia e di irritabilità.
LA PROPAGAZIONE DEL SUONO
Il suono si propaga in un qualsiasi mezzo elastico, in grado cioè di deformarsi, quindi nei solidi, nei liquidi e
nell’aria.
Infatti se poniamo un cellulare sotto una campana di vetro e formiamo il suo numero, il telefonino suonerà;
se però togliamo l’aria dalla campana con una pompa a vuoto, il telefonino riceverà la chiamata ma non
squillerà.
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LA TEORIA DEGLI ERRORI
La misura di una grandezza è il rapporto numerico tra la grandezza misurata e la sua unità di misura. Le
unità di misura sono quelle elementari che conosciamo, di lunghezza ….
Quando però si misura qualcosa, facilmente si può andare incontro a degli errori:
•
banali se sono causati da uno sbaglio effettuato durante l’operazione di misura, dovuta alla lettura
sbagliata degli strumenti usati, dalla distrazione, dalla trascrizione scorretta dei valori misurati
•
sistematici , se si ripresentano sempre allo stesso modo. Questi sono dovuti essenzialmente dai
difetti dello strumento usato per la misurazione.
•
Casuali, dovuti a cause sconosciute o dovute a fenomeni di cui è impossibile prevedere gli effetti
Altri errori possono essere quelli del calcolo errato della media aritmetica, della dispersione e così via ad
esempio è quello di parallasse, cioè quando dobbiamo leggere una misura su un dinamometro, potremmo
anche non vedere bene la tacca indicata sullo strumento.
L’errore è quindi inevitabile. Occorre perciò cercare di limitarli, scegliendo strumenti precisi quali il calibro
per le misure di piccoli oggetti, ma considerare sempre nel leggere una misura il possibile errore. Ad
esempio se un oggetto misura 2,465 m è opportuno dire 2,465 ± 0.5 m , aggiungiamo o sottraiamo il
margine di errore che ci può stare.
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