Intervento formativo per ridurre la contaminazione

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▪ Articoli originali
Intervento formativo per ridurre la contaminazione
delle emocolture nella fase preanalitica:
esperienza locale
Educational intervention to reduce contamination of blood cultures
in preanalytical phase: local study
1.
2.
3.
4.
5.
Milva Ballardini,1 Annunziata Tamburro,1
Daniela Batticiocca,2 Maria Maddalena Sanna,3
Francesco Musti,4 Anna Ferrari,5 Patrizia Magrini,2
Marcello Meledandri1
gerendo l’opportunità di ripetere la formazione o di trovare
altri correttivi.
Microbiologia e Virologia
Direzione Sanitaria di Presidio
Servizio Assistenza Infermieristica e Ostetrica
Area Formazione
Team Infettivologico
Azienda Complesso Ospedaliero San Filippo Neri, Roma
Summary
Riassunto
Introduzione. L’emocoltura supporta la terapia antibiotica
appropriata e contribuisce a una sorveglianza più accurata
delle batteriemie correlate ai cateteri vascolari (CRBSI). L’utilità dell’emocoltura è tuttavia condizionata dalla qualità del
prelievo. Un’analisi preliminare nell’Azienda Ospedaliera S.
Filippo Neri di Roma ha rivelato un’alta frequenza di non
conformità della fase pre-analitica, richiamando l’obbligo
di migliorare la gestione del prelievo nei reparti caratterizzati
da maggiori non conformità rispetto alle linee guida locali.
Metodi. Uno studio retrospettivo 2002-10 ha permesso di
determinare il valore medio di contaminazione dei flaconi e
di individuare i reparti con maggior numero di criticità. È stato
quindi organizzato un corso di formazione rivolto al miglioramento delle competenze sul prelievo microbiologico e sulla
gestione informatizzata delle richieste. Sono stati arruolati
tutti gli infermieri (n. 47) dei tre reparti che presentavano non
conformità superiori alla media. Il corso è stato svolto in piccoli gruppi, con esercitazioni su manichino e su PC. È stata in
seguito svolta una valutazione delle non conformità nei reparti coinvolti nel corso. Risultati. Nel 2002-10 la frequenza
media dei contaminanti, valutata su base semestrale per i tre
reparti, è stata 7.6%. Nel 1° semestre 2011 (comprendente il
periodo dell’intervento formativo) la frequenza è stata 5.1%.
Nel 2° semestre 2011, dopo l’evento formativo, la quota dei
contaminati è stata 3,0%, significativamente inferiore (p <
0.0001) rispetto allo storico. Discussione. L’intervento formativo si è dimostrato efficace. Controlli successivi, a un
anno dal corso, hanno dimostrato il mantenimento del basso
livello di contaminazioni. Al contrario, un lieve peggioramento si è registrato al controllo effettuato a 1,5 anni, sug-
Corrispondenza: Milva Ballardini
Microbiologia e Virologia
A. C. O. San Filippo Neri
Roma
4
GImPIOS — Vol. 4, n. 1, gennaio-marzo 2014
Parole chiave. Emocoltura, contaminazione, non conformità.
Introduction. Blood culturing supports appropriate antibiotic therapy and contributes to refine surveillance of catheter
related blood stream infections (CRBSIs). Clinical utility of
blood cultures, however, could be conditioned by poor quality of collecting. A preliminary analysis into a hospital of
Rome (IT) revealed a high frequency of contamination during pre-analytical phase, recalling the need to improve collection procedures, primarily in departments less compliant
with local guidelines. Methods. A retrospective study (200210), estimating the mean rate of microorganisms considered
as contaminant in positive blood cultures, identified three
major outlier departments (i.e. with the highest values of
non-compliance). A training course on microbiological collection and practical use of Laboratory Information System
(for patient-requests)was planned. All nurses of the three departments were enrolled (n.47). The course was designed for
small groups and consisted of exercises both on dummy
and PC-workstation. Subsequently, an assessment of contamination rate was performed. Results. In 2002-10 the
mean frequency of contaminants for three departments –
calculated on a six-month basis- was 7.6%. In the 1st half of
2011 (which included the period of the training) the frequency was 5.1%. In the 2nd half of 2011, after the training,
proportion of contaminated reduced to 3.0% (lower than the
historical value; p<0.0001). Discussion. The educative intervention seemed to be effective. Follow-up study showed
maintenance of good compliance one year after the course.
In contrast, slight decrease of performance was observed after a further period of surveillance, suggesting the opportunity to repeat the course or implement a different strategy.
Key words. Blood cultures, contamination, non-compliance.
Introduzione
Nel paziente settico la terapia antibiotica dovrebbe iniziare
immediatamente dopo i prelievi microbiologici, poiché la
precocità della somministrazione migliora l’outcome. 1 È tuttavia fondamentale che la terapia, oltre che precoce, sia appropriata nei confronti del patogeno, ovvero basata su molecole per le quali esiste una sensibilità in vitro.2,3,4
L’emocoltura, in questo ambito, rappresenta un presidio necessario.5
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M. Ballardini, et al. – Intervento formativo per ridurre la contaminazione delle emocolture nella fase preanalitica: esperienza locale
Il ruolo fondamentale dell’emocoltura nell’orientare la
corretta terapia antibiotica può essere inficiato da una gestione approssimativa o, più frequentemente, disattenta della
fase preanalitica. Sebbene la contaminazione durante il prelievo sia per certi versi inevitabile, tassi di non conformità superiori al 3% (rispetto ai flaconi raccolti) devono stimolare
una riflessione critica sul processo e suggerire l’implementazione di programmi educativi mirati.6
La contaminazione delle emocolture, oltre a essere un
fattore confondente per il clinico, incide sui costi complessivi
dell’assistenza. Il referto microbiologico “falsamente positivo”, infatti, può innescare la prescrizione di un antibiotico
non necessario, prolungando inutilmente la degenza.7,8 È
superfluo ricordare, incidentalmente, che questo ha un peso
anche in termini di pressione selettiva sull’ecosistema microbico ospedaliero. Nel tentativo di risolvere queste criticità,
in diverse strutture sanitarie degli USA si è affermata una
procedura centralizzata di prelievo, con l’istituzione di veri e
propri phlebotomy team.9, 10
Un’importante, ulteriore, ragione che determina la necessità di un buon prelievo per emocoltura è l’ottimizzazione
di alcune procedure clinico-assistenziali e la sorveglianza
dei relativi eventi avversi, quali sono da considerare le batteriemie correlate ai cateteri vascolari (CRBSI). È noto che la
prevenzione di queste infezioni passa attraverso l’attivazione
di molteplici interventi, ma un ruolo non secondario si attribuisce alla capacità del personale coinvolto di gestire anche
gli aspetti diagnostici del processo. 11 La definizione di CRBSI
è, infatti, connessa al dato di laboratorio.12,13 Quest’ultimo a
sua volta è legato alla capacità di raccogliere i campioni biologici nei tempi e nei modi giusti.14
Un’analisi preliminare del contesto locale – Azienda
Ospedaliera San Filippo Neri di Roma – ha mostrato per alcuni reparti un’elevata percentuale di non conformità nella
fase pre-analitica delle emocolture. L’analisi preliminare riguardava complessivamente il periodo 2001-2010 ed era effettuata sia per analizzare l’aderenza alle linee guida aziendali
sul prelievo microbiologico, sia per saggiare la dimestichezza
del personale nell’utilizzo dell’applicativo informatico di richiesta delle analisi. I dati rilevati indicavano percentuali di
contaminazione dei flaconi significativamente superiori rispetto al valore “soglia” del 3% indicato in letteratura. Tali criticità insistevano peraltro in unità operative molto coinvolte
nella richiesta di esami microbiologici.
Nell’ambito di una riunione operativa della Commissione
Infezioni Ospedaliere si decideva di organizzare un intervento formativo mirato e sistematico, che riguardasse i reparti
con elevata frequenza di non conformità (cioè con peggiore
performance) sulla specifica problematica. I reparti erano rispettivamente individuati nel Centro Rianimazione (CR), nell’Unità di Terapia Intensiva Respiratoria (UTIR) e nell’Unità
di Terapia Intensiva Neurochirurgica (TINCH).
Metodi
È stato eseguito uno studio descrittivo dei dati di laboratorio, aggregati su base semestrale. È stato utilizzato un software commerciale (Mercurio, Noemalife) per estrarre i dati dal
LIS (Laboratory Information System). La prima parte dello
studio è stata di tipo retrospettivo. Rispetto alla preliminare
analisi delle “non conformità” (vedi introduzione), questa rilevazione è stata rivolta ai soli tre reparti prescelti (CR, UTIR,
TINCH) e ha considerato i rispettivi dati in forma cumulativa,
ovvero come se provenienti da un unico richiedente. È stata anche leggermente ristretta, rispetto alle valutazioni preliminari, la finestra temporale analizzata, portandola al periodo
2002-2010. Questa scelta è stata dettata dalla maggiore coerenza dei dati a partire dal 2002 e, in particolare, dal secondo
semestre di quell’anno, coincidente con l’adesione del laboratorio alle indicazioni interpretative di Richter et al. sulla
contaminazione delle emocolture.6
La contaminazione è stata definita come:
a. caso di emocoltura singola positiva (su un set multiplo)
con isolamento di stafilococchi coagulasi negativi (CoNS),
corine batteri o Propionibacterium acnes, oppure caso di emocoltura unica – “orfana” – positiva per le medesime specie
microbiche (si rileva che quest’ultima definizione è in
parte arbitraria ed è stata adottata tipicamente per questa
esperienza; infatti, l’isolamento dei citati microrganismi
Gram positivi su un singolo set di prelievo andrebbe a rigore classificato come non interpretabile);
b. caso di emocoltura multipla con isolamento di stafilococchi coagulasi negativi diversi tra loro (intendendo la diversità come differenza di specie o come antibiotipo non
congruente); si tratta del classico caso in cui la coppia di
prelievi da CVC e vena periferica (VP) fornisce due specie
diverse di CoNS in due antibiogrammi diversi.
Usando l’una o l’altra di queste definizioni è stata calcolata
la frequenza dei contaminanti (sul totale dei flaconi) nei reparti
individuati per l’analisi.
All’inizio del 2011 è stato progettato un intervento di formazione finalizzato al miglioramento delle competenze teoriche specifiche e all’acquisizione della best practice nel prelievo per emocoltura. Si è pensato di riservare una particolare
attenzione alle criticità dei pazienti con CVC, nonché alla gestione delle richieste sull’applicativo informatico locale
(DNweb, Noemalife). Il programma e la modalità didattica
sono stati definiti da un gruppo misto di operatori della Microbiologia, del Team Infettivologico, dell’Area Formazione,
della Direzione Sanitaria di Presidio e del Servizio Infermieristico. Il riferimento per allestire il corso è stato, in larga parte,
il preesistente manuale aziendale dei prelievi microbiologici,15
disponibile sul sito web dell’ospedale (sanfilipponeri.roma.it)
nell’area intranet.
Il corso è stato organizzato nella modalità del progetto
formativo aziendale, con accreditamento ECM. È stata arruolata la totalità degli infermieri assegnati ai tre reparti target, complessivamente 47 operatori, partendo dal presupposto che non esisteva tra loro un gruppo specializzato che
si occupasse esclusivamente di emocolture e gestione degli
accessi vascolari. Per garantire la massima partecipazione all’evento formativo, il corso è stato reso obbligatorio ed effettuato in orario di servizio. L’attività formativa – portata
avanti per l’intero mese di maggio 2011 – era basata su un
modulo della durata di tre ore, rivolto a piccoli gruppi di operatori. Le figure coinvolte a titolo di docenza sono state: 1 microbiologo, 1 coordinatore tecnico della microbiologia, 1 coordinatore infermieristico addetto al controllo infezioni.
Gli infermieri addetti al controllo infezioni (tre unità) hanno
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M. Ballardini, et al. – Intervento formativo per ridurre la contaminazione delle emocolture nella fase preanalitica: esperienza locale
inoltre supportato le attività didattiche e di segreteria.
Il programma del modulo affrontava ripetutamente la
questione delle contaminazioni, illustrando con esempi pratici come le piccole derive dei comportanti individuali avessero
ricadute negative su diagnostica e sorveglianza. Una parte
dell’attività didattica era dedicata alla definizione di materiali, flaconi e siti di prelievo e alla valorizzazione di questi dati
sul sistema informatico. Il corso prevedeva anche un ripasso
visivo della corretta procedura aziendale (basato su una serie
di foto scattate alcuni mesi prima in un reparto dell’ospedale) ed esercitazioni su manichino. Un campione delle foto
usate a scopo didattico è riportato nelle figure 1-2.
Nell’ambito della formazione, è stata notevolmente approfondita la modalità diagnostica della CRBSI. Poiché, com’è
noto, il laboratorio ha necessità di calcolare i “delta” dei tempi
di positività tra i prelievi da CVC e quelli da vena periferica,16,17,18
è stata spiegata l’importanza del prelievo contemporaneo. La
Microbiologia richiedeva, inoltre, che l’ora del prelievo fosse
indicata in un campo definito del sistema informatico: nel passato quest’accortezza era stata spesso disattesa, con l’impossibilità di completare la diagnosi di CRBSI.
Il corso è stato accolto favorevolmente dal personale, come
hanno testimoniato sia la vivacità e qualità delle discussioni sia
i feedback raccolti nelle schede ECM. La maggior parte degli
operatori coinvolti ha dichiarato di voler subito cambiare alcuni comportamenti. Si è deciso, tuttavia, di valutare l’efficacia dell’attività formativa, verificando se questa avesse realmente inciso sui comportamenti adottati. Questa rilevazione
è stata condotta con la stessa metodologia utilizzata per evidenziare le criticità iniziali: è stata quindi proseguita in modo
prospettico l’analisi dei dati di laboratorio, misurando le variazioni nella frequenza delle contaminazioni dei reparti in
questione.
Risultati
Analisi retrospettiva 2002-10 (periodo pre-intervento):
la frequenza media delle contaminazioni, nei reparti con
maggiori criticità nelle procedure e per questo avviati ad intervento formativo, ha oscillato da un minimo del 5,6% a un
massimo del 10,6%, con un valore medio complessivo pari a
7,6% dei flaconi prelevati (95% IC 7,2-8,1). Nell’arco di questo lungo periodo, peraltro, si era osservato un lieve, non significativo, trend di riduzione delle contaminazioni (R2= 0,14).
Analisi del 1° semestre 2011 (periodo dell’intervento):
nella 1a metà del 2011 - comprendente maggio, mese dell’intervento formativo - la frequenza delle contaminazioni è stata
5,1% (95% IC 3,7-6,5). Il confronto con il dato delle contaminazioni dell’intero periodo pre-intervento (2002-10) è già
da considerare indicativo di una diminuzione (p=0,006; Z-test
di confronto tra proporzioni).
Analisi prospettica 2011-12 (periodo post-intervento): nel
2° semestre 2011, immediatamente dopo l’evento formativo,
la quota delle contaminazioni registrate è risultata diminuita
al 3,0%, quindi significativamente inferiore (p<0,0001; Ztest) rispetto al periodo pre-intervento. Nei due semestri successivi (1° e 2° del 2012) sono stati registrati tassi di contaminazione del 3,3% e del 4,8% rispettivamente. La frequenza
media complessiva di contaminazione, nei tre semestri postintervento, è stata pari a 3,6% dei flaconi prelevati (95% IC
6
GImPIOS — Vol. 4, n. 1, gennaio-marzo 2014
Figura 1 – Estratto dal materiale didattico del corso: come organizzare
la richiesta dei test; familiarizzare con l’applicativo informatico e con
le etichette: l’uso dei corretti presidi disinfettanti e dei guanti sterili.
Figura 2 – Estratto dal materiale didattico del corso: la procedura di
prelievo e il rispetto del volume di inoculo dei flaconi.
2,8-4,4). Anche in questo caso, il confronto del dato complessivo dei tre semestri post-intervento versus il periodo
2002-10 (pre-intervento) è da considerare nettamente indicativo di una diminuzione (p<0,0001; Z-test). Una visione
riassuntiva delle contaminazioni rilevate nell’intero periodo
2002-2012, in relazione all’intervento formativo del 1° semestre 2011, è mostrata nella Figura 3.
Analisi di dettaglio (pre e post-intervento): nella Tabella
I sono indicati i dati analitici dell’intero studio: numeri assoluti delle contaminazioni rilevate, flaconi prelevati e rispettive frequenze. L’analisi di dettaglio mostra che il peso dei
due diversi tipi di contaminazione - così come definiti nei metodi - è stato diverso rispetto al risultato finale. La quota delle
emocolture uniche positive è passata, da pre a post-intervento, rispettivamente da 3,2% a 1,2% (p<0,0001; Z-test). La
quota delle “incongruenze di specie” (specie differenti di
Gram positivi in set differenti) è passata, rispettivamente,
da 4,4% a 2,3% (p<0,0001; Z-test).
Discussione
Non esistono al momento dati sul livello complessivo
delle contaminazioni delle emocolture in Italia e sulle relative
implicazioni clinico/economiche. È probabile, comunque,
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M. Ballardini, et al. – Intervento formativo per ridurre la contaminazione delle emocolture nella fase preanalitica: esperienza locale
Figura 3 – Contaminazione delle emocolture, nei reparti coinvolti dall’intervento formativo, nel periodo 2002-2012
(dati organizzati su base semestrale).
Frequenza globale delle contaminazioni
rispetto ai flaconi prelevati
12
Intervento
formativo
10
8
6
4
2
Semestre
0
2°
Anno 2002
1°
2°
2003
1°
2°
2004
1°
2°
2005
1°
2°
2006
1°
2°
2007
che si tratti di un fenomeno cospicuo, se utilizziamo come indicatore il costante impegno profuso dai microbiologi nel segnalare queste non conformità. Secondo un’indagine italiana sulla lavorazione dell’emocoltura,19 il 75,8% dei
laboratori partecipanti (dati 2010) ha prodotto un’indicazione scritta da seguire nel caso di una possibile contaminazione; tale prassi era peraltro adottata fin dal 2001, con frequenza simile (71,6%).
A fronte di un notevole progresso tecnologico nel campo
della microbiologia clinica (biologia molecolare, spettrometria di massa, etc.), il problema delle contaminazioni dell’emocoltura non ha finora trovato soluzioni definitive; ne è
indice il fatto che, a oggi, non esiste un gold standard per differenziare i veri positivi dalle contaminazioni. I problemi
della fase preanalitica e le possibili soluzioni sono, di fatto,
quelli tracciati dall’American Society for Microbiology
(ASM),20,21 rispettivamente nel 2003 e 2006. I lavori citati indicano che è possibile ridurre la contaminazione attraverso
uno sforzo continuo e multidisciplinare e che tassi inferiori
al 3% sono auspicabili e raggiungibili.
La situazione rilevata in alcuni reparti dell’Azienda Ospedaliera San Filippo Neri si configurava come una criticità, con
tassi di contaminazione francamente abnormi. Il corso di formazione del personale coinvolto nella gestione della fase
pre-analitica sembra aver giocato un ruolo decisamente migliorativo. Dopo il corso, il fenomeno “contaminazioni” si è
ridotto significativamente, portando al dimezzamento della
quota di contaminazioni pre-intervento. Questa performance –
valutabile nella misura del 3% nel secondo semestre 2011 – è
difficilmente attribuibile a semplice casualità, giacché non era
mai stata osservata nel decennio precedente.
L’analisi ragionata dei dati suggerisce anche altre osservazioni. In primo luogo, l’efficacia dell’intervento educativo
sembrerebbe diminuire nel tempo. A distanza di un anno e
mezzo dal corso di formazione, si è assistito a un certo rebound
della quota delle contaminazioni. Pur alla presenza dello
stesso gruppo di operatori (una sola unità infermieristica è
mutata rispetto al maggio 2011), il fenomeno ha avuto una
lieve ripresa nella seconda metà del 2012. Ciò è verosimilmente indicatore di una minore aderenza alle linee guida e/o
di un calo di attenzione rispetto al problema, ancorché non
1°
2°
2008
1°
2°
2009
1°
2°
2010
1°
2°
2011
1°
2°
2012
sia possibile affermarlo con certezza. Occorre infatti rilevare
che, di là dagli adempimenti ECM circa la verifica dell’efficacia formativa post evento, non è stato pianificato un sistema
di controllo sul campo di quanto appreso nel corso di formazione.
Secondariamente, i risultati ottenuti nel post-intervento
non rappresentano l’obiettivo ideale di un programma di
questo tipo. La ASM pone infatti il tasso di contaminazione
dell’1% come un traguardo concretamente perseguibile.
L’esperienza locale è positiva, rispetto a una condizione iniziale caotica, ma certo suscettibile di ampio miglioramento
e ancora lontana dal best standard.
In terzo luogo, la diversa efficacia nel contenere – a distanza di tempo – i due tipi di contaminazioni (meglio il
controllo delle “emocolture uniche positive”; meno bene
quello delle “discrepanze di specie in caso di prelievi multipli”) suggerisce uno scenario più complesso. Nel caso dei positivi “orfani” siamo di fronte a una situazione in cui il solo
intervento educativo produce frutti, poiché è intrinsecamente
più semplice memorizzare la procedura, la disinfezione, il numero di prelievi, etc. Nel secondo caso – tipico dei prelievi per
CRBSI – ci imbattiamo nelle complesse problematiche riguardanti la gestione degli accessi vascolari e la loro eventuale
colonizzazione.
È oggetto di discussione, da parte del gruppo di studio, l’opportunità di ripetere l’evento formativo nonché quella di approntare altri correttivi per migliorare la compliance. In particolare,
si sta valutando l’implementazione di una checklist per misurare, in termini di processo – oltre che di esito – il rispetto continuato sia delle linee guida locali sul prelievo sia quelle sulla prescrizione antibiotica nei pazienti a rischio di sepsi. ▪
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M. Ballardini, et al. – Intervento formativo per ridurre la contaminazione delle emocolture nella fase preanalitica: esperienza locale
Tabella I – Numero assoluto (N.) e frequenza (%) delle contaminazioni associate alle emocolture nel periodo 2002-2012 (dati organizzati su base
semestrale). Il periodo 2002-2010 è da considerare come fase “pre-intervento; il 1° semestre 2011 comprende l’intervento formativo; a seguire la
fase “post-intervento”.
N. emocolture
N. emocolture
N. totale
N. flaconi % emocolture
"orfane",
con specie differenti contaminazioni prelevati
"orfane",
con isolamento di Gram positivi
con isolamento
di Gram positivi nei differenti set
di Gram positivi
%emocolture
% totale
con specie
contaminazioni
differenti di
Gram positivi
nei differenti set
Periodo precedente l'intervento formativo sulle contaminazioni
2002 2°sem
47
5
52
895
5,3%
0,6%
5,8%
2003 1°sem
34
23
57
899
3,8%
2,6%
6,3%
2003 2°sem
44
49
93
1023
4,3%
4,8%
9,1%
2004 1°sem
54
34
88
1005
5,4%
3,4%
8,8%
2004 2°sem
32
61
93
966
3,3%
6,3%
9,6%
2005 1°sem
13
71
84
789
1,6%
9,0%
10,6%
2005 2°sem
14
47
61
656
2,1%
7,2%
9,3%
2006 1°sem
19
49
68
730
2,6%
6,7%
9,3%
2006 2°sem
24
29
53
841
2,9%
3,4%
6,3%
2007 1°sem
16
46
62
873
1,8%
5,3%
7,1%
2007 2°sem
30
16
46
740
4,1%
2,2%
6,2%
2008 1°sem
27
32
59
800
3,4%
4,0%
7,4%
2008 2°sem
26
38
64
790
3,3%
4,8%
8,1%
2009 1°sem
16
44
60
966
1,7%
4,6%
6,2%
2009 2°sem
11
34
45
810
1,4%
4,2%
5,6%
2010 1°sem
26
25
51
744
3,5%
3,4%
6,9%
2010 2°sem
19
32
51
748
2,5%
4,3%
6,8%
3,2%
5,1%
Periodo inclusivo dell'intervento formativo sulle contaminazioni
2011 1° sem
17
28
45
882
1,9%
Periodo successivo all'intervento formativo sulle contaminazioni
2011 2° sem
9
13
22
738
1,2%
1,8%
3,0%
2012 1° sem
13
15
28
852
1,5%
1,8%
3,3%
2012 2° sem
4
21
25
520
0,8%
4,0%
4,8%
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