Quaderni di aggiornamento n. 1-2014

Con le decisioni dell’ABF,
spunti di dottrina e segnalazioni di giurisprudenza
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
1/2014
QUADERNI DI AGGIORNAMENTO
1/2014
QUADERNI
DI AGGIORNAMENTO
Con le decisioni dell’ABF,
spunti di dottrina e segnalazioni di giurisprudenza
Le Disposizioni della Banca d’Italia che disciplinano il funzionamento
dell’Arbitro Bancario Finanziario prevedono che le banche e gli intermediari finanziari
adottino un’organizzazione interna tale da assicurare che i propri uffici reclami
conoscano gli orientamenti dell’ABF, si mantengano costantemente aggiornati sugli
stessi e valutino i reclami della clientela anche alla luce di tali orientamenti.
Per supportare gli intermediari Associati nello svolgimento di tale attività e
di quella più propriamente legale, Il Conciliatore BancarioFinanziario ha predisposto
una nuova collana dal titolo “Quaderni di aggiornamento”.
Ogni Quaderno contiene, nella Parte I, le Massime delle decisioni ABF,
elaborate dagli Uffici del Conciliatore BancarioFinanziario selezionando le decisioni
ritenute più significative tra quelle in suo possesso, seguite - per una pronta
consultazione - dal testo della decisione stessa.
Alla Parte I si affiancano eventuali altre due sezioni dedicate, l’una agli
Spunti di dottrina, e l’altra alle Segnalazioni di giurisprudenza.
I Quaderni di aggiornamento, che non hanno alcuna pretesa di completezza
ed esaustività, si pongono come obiettivo quello di contribuire - per quanto possibile all’attività di studio e ricerca dei precedenti ABF, nonché di costituire un agevole
strumento di consultazione per consentire una adeguata valutazione delle decisioni
da assumere.
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO
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PARTE I
INDICE
Massime di decisioni dell’ABF
Conti Correnti
ABF – Collegio di Napoli, n. 4905/13 - imposta di bollo – d.l. n.201/2011 –
pluralità di rapporti intrattenuti con la medesima banca – modalità di
applicazione
-
pag. 4
Bancomat e carte di credito
-
-
ABF – Collegio di Milano, n. 2947/13 - carta di credito – prelievi fraudolenti
– richiesta di conoscere il beneficiario dei pagamenti – violazione privacy –
esclusione
pag. 7
ABF – Collegio di Roma, n. 3179/13 - carta di credito – recesso della banca –
obbligo di preavviso – errato riferimento all’art. 6 d.lgs. 11/2010 applicabilità art. 125 quater TUB
pag. 12
Assegno
ABF – Collegio di Milano, n. 4613/13 - conto corrente con convenzione
assegno – estinzione – riconsegna assegni non ancora utilizzati– obbligo
della banca di richiamare l’attenzione del cliente in fase di estinzione –
esclusione
-
pag. 17
Finanziamenti
-
-
-
-
ABF – Collegio di Milano, n. 4449/13 - fideiussione – garante – diritto ad
ottenere copia dei documenti relativi ai rapporti garantiti – art. 119 TUB vessatorietà della clausola contrattuale che prevede il consenso del
debitore principale
pag. 22
ABF – Collegio di Roma, n. 4830/13 - apertura di credito – tasso di interesse
– indeterminatezza – sostituzione con tasso b.o.t. ex art 117 TUB
pag. 27
ABF – Collegio di Napoli, n. 5569/13 - cessione del quinto – estinzione
anticipata – rimborso del premio assicurativo – criterio di calcolo adottato
dalla compagnia assicurativa insindacabile da parte dell’ABF
pag. 33
ABF – Collegio di Napoli, n. 5736/13 - finanziamento – diritto alla
rinegoziazione – sussistenza – limiti
pag. 36
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO
1/2014
PARTE II
SPUNTI DI DOTTRINA
MUCCIARONE G., Attendendo la decisione del collegio di coordinamento
dell’ABF su usura e interessi moratori: ABF n. 77/2014 e ABF n. 125/2014, in
Riv. di dir. banc., n. 7/2014.
pag. 41
LUPOI A., La cartolarizzazione dell’usura, spunti, in Riv. di dir. banc., n.
pag. 41
2/2014.
PARTE III SEGNALAZIONI DI GIURISPRUDENZA
ANATOCISMO – RIPETIZIONE DI INDEBITO – PRESCRIZIONE - DECORRENZA
Cassazione, Sez. I Civ., 26 febbraio 2014, n. 4518, Pres. Salmè, Rel. Acierno
pag. 42
SIC – CANCELLAZIONE – RICORSO EX ART. 700 c.p.c – INAMMISSIBILITA’
pag. 57
Tribunale della Spezia, Ordinanza del 29 gennaio 2014
MUTUO – USURA – SOMMATORIA INTERESSI CORRISPETTIVI E MORATORI
– ERRORRE LOGICO E GIURIDICO
Trib. Trani, Ordinanza dell’ 11 marzo 2014, inedita
pag. 60
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO
1/2014
PARTE I
Massime di decisioni dell’ABF
Conti Correnti
IMPOSTA DI BOLLO – D.L. n. 201/2011 – PLURALITA’ DI RAPPORTI
INTRATTENUTI CON LA MEDESIMA BANCA – MODALITA’ DI APPLICAZIONE
Il Collegio di Napoli con decisione n. 4905/13 del 27 settembre 2013 ha
precisato che “non sembra dubbio che – sulla scorta del d.l. n. 201/2011 – ai
fini dell’applicazione dell’imposta ‘sono unitariamente considerati tutti i
rapporti di conto corrente e i libretti di risparmio identicamente intestati,
intrattenuti con la medesima banca ”.
(cfr. decisione di seguito riportata)
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
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Decisione N. 4905 del 27 settembre 2013
IL COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
- prof. avv. Enrico Quadri..................................Presidente
- prof. avv. Giuseppe Leonardo Carriero .........membro designato dalla Banca d'Italia
(estensore)
- avv. Leonardo Patroni Griffi............................membro designato dalla Banca d'Italia
- prof. Gennaro Rotondo...................................membro designato dal Conciliatore Bancario
Finanziario per le controversie in cui sia parte
un cliente consumatore
- avv. Pierfrancesco Bartolomucci ……………. membro designato dal C.N.C.U.
Nella seduta del 3.9.2013, dopo aver esaminato:
x il ricorso e la documentazione allegata;
x
le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
x
la relazione istruttoria della Segreteria tecnica
FATTO
Titolare di tre rapporti di conto corrente in essere col convenuto, il cliente rappresenta (prima
nel reclamo, poi nel ricorso) che nell’estratto conto del primo trimestre 2013 relativo a uno dei
suddetti rapporti risultava l’addebito di € 34,20 per il recupero dell’imposta di bollo dell’anno
2012 relativa a un libretto di deposito a risparmio cointestato. Precisato che il libretto de quo,
acceso nel 1996, con saldo zero, e comunque non più movimentato dal 1997, risulterebbe
smarrito, sostiene che l’intermediario avrebbe dovuto estinguere d’ufficio il rapporto in base
alla sopravvenuta normativa sui depositi dormienti e contesta l’applicazione della menzionata
imposta, della quale domanda la restituzione insieme all’ulteriore importo di 2,50 euro per
indebite commissioni su un bonifico. Chiede altresì l’estinzione del libretto senza aggravio di
spese e il risarcimento del danno morale.
Costituitosi, il resistente eccepisce (quanto all’applicazione dell’imposta di bollo) di aver
correttamente applicato la vigente disciplina in quanto la giacenza media dell’insieme dei
rapporti intestati al ricorrente (e alla cointestataria) avrebbe superato il limite di € 5.000,00.
Precisa che la normativa relativa ai depositi dormienti si applica solo in caso di saldo superiore
ad € 100,00 (mentre il libretto ha saldo pari a zero). Aggiunge, per quanto riguarda la richiesta
di estinzione del rapporto, di aver invitato il cliente a recarsi presso la propria dipendenza per
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Decisione N. 4905 del 27 settembre 2013
l’espletamento delle relative formalità senza esito. Infine, in ordine alla domandata restituzione
di € 2,50, comunica di aver retrocesso l’importo al cliente. Conclude per il rigetto del ricorso.
Seguono repliche del ricorrente.
DIRITTO
Preso atto, per un verso, dell’avvenuto rimborso dell’importo di 2,50 euro e, per altro verso,
della disponibilità manifestata dall’intermediario all’estinzione del rapporto, residuano le
questioni relative ai termini di applicazione delle diverse discipline relative ai depositi c.d.
“dormienti” e all’applicazione dell’imposta di bollo.
Quanto alla prima, è senz’altro corretta l’affermazione dell’intermediario circa i limiti di
applicazione della stessa a depositi con saldo positivo nell’indicata misura (v. art. 2, co. 2, d.p.r
n. 116/2007). Quanto alla seconda, fermo restando che l’esame della corretta applicazione
della normativa tributaria esula dal perimetro di attribuzioni dell’Arbitro Bancario Finanziario (v.,
ad es., Collegio di Milano, decisione n. 1510/2013), non sembra dubbio che – sulla scorta del
d.l. n. 201/2011 – ai fini dell’applicazione dell’imposta “sono unitariamente considerati tutti i
rapporti di conto corrente e i libretti di risparmio identicamente intestati, intrattenuti con la
medesima banca”. Anche tale norma è stata correttamente applicata al caso di specie.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO
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Bancomat e carte di credito
CARTA DI CREDITO – PRELIEVI FRAUDOLENTI – RICHIESTA DI CONOSCERE IL
BENEFICIARIO DEI PAGAMENTI – VIOLAZIONE PRIVACY – ESCLUSIONE
Il Collegio di Milano con decisione n. 2947/13 del 29 maggio 2013 ha
ritenuto che il titolare di una carta prepagata utilizzata per effettuare
operazioni on line fraudolente abbia diritto di conoscere i dati identificativi
del beneficiario di tali operazioni. Ad avviso del Collegio, infatti, “la
conoscenza di tutti i dati inerenti un’operazione contestata come fraudolenta
e formalmente imputabile ad un determinato soggetto costituisce un
presupposto imprescindibile per consentire a quello stesso soggetto di
tutelate i propri diritti nelle opportune sedi”, il che consente alla banca di
effettuare il trattamento di tali dati anche senza il suo consenso del proprio
cliente, così come previsto dall’art. 24 lettera f) del d.lgs. 30 giugno 2003, n.
196.
(cfr. decisione di seguito riportata)
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
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Decisione N. 2947 del 29 maggio 2013
IL COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
- Prof. Avv. Emanuele Cesare Lucchini Guastalla Presidente
- Avv. Maria Elisabetta Contino
Membro designato dalla Banca d’Italia
- Prof. Avv. Diana V. Cerini
Membro designato dalla Banca d’Italia
- Avv. Giuseppe Spennacchio
Membro designato dal Conciliatore
Bancario Finanziario (Estensore)
- Prof. Avv. Andrea Tina
Membro designato dal C.N.C.U.
nella seduta del 21 marzo 2013 dopo aver esaminato:
x il ricorso e la documentazione allegata;
x le controdeduzioni dell’intermediario;
x la relazione istruttoria della Segreteria Tecnica.
FATTO
Nel proprio ricorso all’ABF la ricorrente riferisce di essere titolare di una carta prepagata,
emessa da un intermediario diverso da quello convenuto, con la quale, in data 1° febbraio
2012, erano state effettuate due operazioni fraudolente on line risultanti “imputate”
all’intermediario convenuto. In data 10 febbraio 2012 aveva sporto denuncia presso i
Carabinieri di Genova.
La ricorrente afferma di non aver mai ricevuto informazioni circa le suddette operazioni e
di ignorare “tuttora l’identificazione dell’ordinante” che chiede di poter avere, al fine di
tutelarsi “nelle competenti sedi”. Pertanto la ricorrente chiede all’ABF che all’intermediario
convenuto venga ordinata “la comunicazione: a) del sito attraverso il quale sono state
ordinate/eseguite (…); b) del beneficiario del prelievo (…); c) della causale del prelievo”.
A sostegno della richiesta richiama la normativa sulla trasparenza in relazione alla propria
“qualità di parte della transazione, anche se involontaria e solo in fatto e la inesistenza di
presupposti per invocare la segretezza”. Per il rimborso del controvalore delle operazioni
fraudolente l’attrice ha, per altro, presentato ricorso avverso l’intermediario emittente la
carta di credito, chiedendo anche in quella sede “la comunicazione del beneficiario del
pagamento” a favore del quale l’intermediario convenuto nel presente procedimento “ha
effettuato il prelievo”.
Parte resistente afferma che, a seguito della segnalazione da parte della ricorrente, che
non è sua “cliente”, e “già nello svolgimento della propria attività, ha provveduto ad
esperire tutti gli adempimenti procedurali interni per quanto riguarda l’Antifrode e la
normativa Antiriciclaggio”. Evidenzia, poi, che nella lettera del 25 maggio 2012 la
ricorrente, richiamando la denuncia alla Pubblica Autorità, aveva dato atto di aver
promosso un procedimento penale; in tale contesto, così come fatto presente alla
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Decisione N. 2947 del 29 maggio 2013
ricorrente con la risposta al reclamo, l’intermediario non può fornire “le informazioni
richieste essendo disponibile a farlo solo alla competente Autorità giudiziaria”.
Precisa infine di essere un istituto autorizzato ad emettere esclusivamente moneta
elettronica, sicché con le operazioni disconosciute dalla ricorrente “è stato ricaricato un
conto di moneta elettronica per il tramite dell’area web banking”, e di non poter fornire a
terzi i dati dei propri clienti, essendo vincolato agli obblighi derivanti dalla tutela sulla
privacy, “la cui violazione è possibile fonte di responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale oltre che penale” L’intermediario convenuto, reputando di aver fornito
ogni chiarimento con nota del 24 luglio 2012, chiede all’ABF di dichiarare “non
accoglibile/ammissibile” il ricorso.
La ricorrente ha replicato con e-mail del 12 novembre 2012, nella quale osserva
innanzitutto che “la denuncia/querela vale solo come notizia di reato; nessun
procedimento penale risulta nella specie essere stato iniziato dalla competente Procura”.
Rileva, poi, come l’esigenza di tutelare la riservatezza venga invocata in ordine ad una
operazione della quale ella “è stata parte e, quindi, soggetto interno e non esterno al
rapporto bancario” e come la mancata conoscenza delle informazioni richieste, “in
presenza della totale assenza di corrispettivi rispetto al trasferimento patrimoniale”, le ha
impedito di esercitare, tra l’atro, i diritti previsti negli articoli 57 e 64 del Codice del
Consumo.
L’intermediario ha controreplicato con nota del 20 novembre 2012, confermando le proprie
controdeduzioni. Considerato il procedimento maturo per la decisione, questo Collegio lo
ha esaminato nella riunione del 21 marzo 2013.
DIRITTO
La vicenda sottoposta all’esame di questo Collegio trae origine dall’utilizzo fraudolento
della carta di pagamento subito dalla ricorrente, in riferimento a due operazioni di
pagamento on line per complessivi €. 206,22=. Pregiudizialmente si deve rilevare che il
caso in esame non risulta essere stato altresì sottoposto alla cognizione dell’AGO per
iniziativa della ricorrente, come eccepito dall’intermediario.
Come è noto, le Disposizioni Banca d’Italia sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle
controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, emanate il 12 dicembre
2011, prevedono alla Sez. I, par. 4 (Ambito di applicazione oggettivo) che: “Non possono
essere inoltre proposti ricorsi inerenti a controversie già sottoposte all’autorità giudiziaria”.
Il ricorso alla giurisdizione ordinaria implica, dunque, ai sensi di tale norma e dell’art. 2,
comma 6, della deliberazione CICR n. 275/2008, un inderogabile effetto preclusivo del
giudizio arbitrale.
Può considerarsi pacifico che il 10 febbraio 2012 la ricorrente ha disconosciuto le
operazioni di cui si discute e sporto denuncia presso la Pubblica Autorità. Nella denuncia
effettuata si legge che la ricorrente si riservava “la costituzione di parte civile
nell’instaurando procedimento penale”; tuttavia non vi è agli atti alcun documento che
attesti come un procedimento penale sia stato realmente avviato, così da creare una
situazione di litispendenza, non potendo certo attribuirsi tale natura alla semplice querela
sporta dalla ricorrente, per altro contro ignoti.
Parimenti infondate appaiono le osservazioni dell’intermediario volte ad eccepire la
carenza di legittimazione attiva in capo alla ricorrente, non rivestendo la medesima la
qualifica di “cliente”. La legittimazione attiva, infatti, non presuppone necessariamente
l’esistenza di un rapporto contrattuale diretto tra cliente ed intermediario convenuto, ma,
come chiarito dalla Sez. I, §3 delle Disposizioni della Banca d’Italia emanate il 12
dicembre 2011 e sopra richiamate, “ai fini della presente disciplina si definiscono: cliente, il
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Decisione N. 2947 del 29 maggio 2013
soggetto che ha o ha avuto un rapporto contrattuale o è entrato in relazione con un
intermediario per la prestazione di servizi bancari e finanziari, ivi compresi i servizi di
pagamento”: relazione pacificamente intercorsa nel caso in oggetto.
Superate, dunque, le questioni di carattere preliminare, il punto nodale per la decisione nel
merito attiene al rapporto tra il diritto in capo al soggetto che formalmente risulta aver
disposto una determinata operazione (seppure da lui disconosciuta) di richiedere
informazioni in merito a quella stessa operazione ed il diritto alla riservatezza dei dati
soggettivi riguardanti il beneficiario ultimo di quella disposizione, opposto dall’intermediario
convenuto. La ricorrente chiede che questo Collegio accolga il ricorso, ordinando
all’intermediario di fornire i dati “del sito attraverso il quale sono state ordinate/eseguite” le
operazioni disconosciute, “del beneficiario del prelievo gestito” dall’intermediario e “della
causale del prelievo”.
Nella descrizione delle due operazioni disconosciute dalla ricorrente, avvenute il 1°
febbraio 2012, figura l’indicazione dell’intermediario convenuto e del luogo ove esso ha la
propria sede legale e la propria direzione generale; è dunque pacifico che le transazioni di
cui si discute sono state perfezionate con l’intervento di tale intermediario. Non constando
agli atti evidenza di alcun procedimento penale pendente, è possibile escludere la
sussistenza di un obbligo di segreto, ai sensi dell’art. 329 c.p.p.
L’intermediario ha affermato di non poter fornire a terzi i dati dei propri clienti, essendo
vincolato agli obblighi derivanti dalla tutela sulla privacy, “la cui violazione è possibile fonte
di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale oltre che penale”. Ricordato che per il
rimborso del controvalore delle operazioni fraudolente, l’attrice ha presentato ricorso
avverso l’intermediario emittente la carta, chiedendo anche in quella sede “la
comunicazione del beneficiario del pagamento” a favore del quale l’istituto convenuto nel
presente procedimento “ha effettuato il prelievo”, l’opposizione rammostrata da
quest’ultimo istituto a rendere noti i dati richiesti appare non giustificata né alla luce della
specifica normativa sulla privacy né avuto riguardo ai principi di ordine generale.
Innanzitutto occorre rilevare come la ricorrente non rivesta, con riferimento all’operazione
della quale chiede di poter conoscere tutti gli estremi (ivi compreso il nominativo del
beneficiario), la qualità di terzo, essendo, al contrario, parte di quell’operazione. Sicché
sarebbe assurdo disconoscere il diritto di un soggetto a sapere chi è la propria controparte
in un negozio in forza del quale (a prescindere da qualunque valutazione di legittimità) è
intervenuto il trasferimento di una somma di denaro.
L’Autorità garante per la protezione dei dati personali ha emanato in data 25 ottobre 2007
le “Linee guida per trattamenti dati relativi al rapporto banca-clientela” le quali prevedono,
tra l’altro, all’art. 3.1 (Regole di protezione dei dati e c.d. segreto bancario): “La
comunicazione a terzi di dati personali relativi a un cliente è ammessa se lo stesso vi
acconsente (art. 23 del Codice) o se ricorre uno dei casi in cui il trattamento può essere
effettuato senza il consenso (art. 24 del Codice)”. Fra le ipotesi in cui il consenso non è
richiesto, l’art. 24 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, prevede, alla lettera f), quello in cui il
trattamento è necessario “per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria” e, alla
successiva lettera g), quello in cui esso è necessario “per perseguire un legittimo interesse
del titolare o di un terzo destinatario dei dati (…) qualora non prevalgano i diritti e le libertà
fondamentali, la dignità o un legittimo interesse dell’interessato”.
La fattispecie in esame sembra poter rientrare pienamente nelle ipotesi cui si è fatto
cenno. La conoscenza di tutti i dati inerenti un’operazione contestata come fraudolenta e
formalmente imputabile ad un determinato soggetto costituisce un presupposto
imprescindibile per consentire a quello stesso soggetto di tutelare i propri diritti nelle
opportune sedi.
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Decisione N. 2947 del 29 maggio 2013
D’altra parte è difficile ravvisare una lesione di un interesse meritevole di tutela in capo al
soggetto che è risultato beneficiario dell’operazione di cui si discute: se egli aveva diritto a
ricevere la prestazione di pagamento posta in essere mediante l’utilizzo della carta
intestata alla ricorrente, sulla base di un rapporto obbligatorio che vincolava le parti, non
avrà nessun motivo per opporsi al disvelamento delle proprie generalità in favore del
soggetto che risulta aver adempiuto a quell’obbligazione; se, viceversa, conformemente
alla ricostruzione della ricorrente, il destinatario del pagamento è risultato beneficiario di
un’operazione posta in essere fraudolentemente, non può consentirsi di dare protezione,
sotto la copertura di un preteso diritto alla riservatezza, ad una condotta illecita.
Il Collegio ritiene, dunque, che non vi siano motivi che possano giustificare il rifiuto da
parte dell’intermediario a fornire le informazioni richieste dalla ricorrente.
P.Q.M.
Il Collegio accoglie il ricorso e dispone che l’intermediario comunichi alla ricorrente
i dati richiesti relativi alle operazioni on line riconducibili alla ricorrente medesima.
Il Collegio dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa che l’intermediario
corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese
della procedura, e alla ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma
versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO
1/2014
CARTA DI CREDITO – RECESSO DELLA BANCA – OBBLIGO DI PREAVVISO –
ERRATO RIFERIMENTO ALL’ART. 6 D.LGS. 11/2010 - APPLICABILITA’ ART.
125 QUATER TUB
Il Collegio di Roma con decisione n. 3179/13 del 12 giugno 2013 ha
dichiarato illegittima, e quindi possibile fonte di responsabilità contrattuale
della banca per gli eventuali danni arrecati, la revoca di una carta di credito
disposta senza preavviso in considerazione dell’andamento anomalo del
conto corrente di appoggio. Il Collegio ha ritenuto, infatti, applicabile alla
fattispecie l’art. 125 quater TUB, che stabilisce, per i contratti di credito ai
consumatori a tempo indeterminato, il diritto del finanziatore di recedere
con un preavviso di almeno due mesi e non l’art. 6 del d.lgs. 11/2010,
invocato dall’intermediario resistente, che si riferisce al blocco e non alla
revoca dello strumento di pagamento.
(cfr. decisione di seguito riportata)
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
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Decisione N. 3179 del 12 giugno 2013
IL COLLEGIO DI ROMA
composto dai Signori:
Dott. Giuseppe Marziale
Presidente
Avv. Bruno De Carolis
Membro designato dalla Banca d'Italia
[Estensore]
Membro designato dalla Banca d'Italia
Prof. Avv. Pietro Sirena
Avv. Michele Maccarone
Membro
designato
Bancario Finanziario
dal
Avv. Chiara Petrillo
Membro designato dal C.N.C.U.
Conciliatore
nella seduta del 12/04/2013 dopo aver esaminato
x il ricorso e la documentazione allegata;
x le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
x la relazione istruttoria della Segreteria tecnica,
FATTO
Il ricorrente riferisce che in data 13.8.2012 ha ricevuto dall’intermediario
resistente, tramite mail, un’intimazione alla regolarizzazione del conto corrente
cointestato con un suo familiare, “sconfinato” a causa di addebito per utilizzo della
carta di credito CartaSì VISA. Contestualmente, gli veniva richiesta la restituzione
della carta a causa dell’intervenuta interruzione del flusso in accredito relativo alla
pensione del suddetto cointestatario. Il ricorrente inoltrava un reclamo con
specifica richiesta di chiarimenti riguardo al contenuto della mail, sostenendo che
la decisione di interrompere l’accredito della pensione non costituiva, a suo avviso,
un valido motivo di recesso unilaterale, atteso che sul medesimo conto affluivano
anche fondi propri. Il ricorrente lamentava altresì di “essersi visto costretto” a
chiudere anche il conto e lamentava di aver subito danni a causa della
conseguente necessità di cambiare di domiciliazione delle utenze nonché per la
necessità di chiedere ad altro intermediario l’emissione di una nuova carta di
credito. Insoddisfatto della risposta dell’intermediario, replicava di essere unico
intestatario della carta e che il conto d’appoggio veniva alimentato anche da
proprie disponibilità, oltre che dall’accredito della citata pensione. Nel ricorso, il
ricorrente chiede l’accertamento della illegittimità del comportamento tenuto
dall’intermediario in ordine al recesso unilaterale dal rapporto riguardante la carta,
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Decisione N. 3179 del 12 giugno 2013
nonché il risarcimento dei danni quantificati in euro 1.000,00. Conclude chiedendo
che sia riconosciuta l'illegittimità del comportamento della banca e il conseguente
diritto al risarcimento dei danni subiti, quantificati in euro 1.000,00.
In replica al reclamo, la banca faceva presente che l’alimentazione del
conto su cui era regolata la carta avveniva prevalentemente tramite accredito della
pensione del familiare cointestatario (di euro 2.854,00); altri afflussi, assai modesti
e costituiti dal versamento di assegni, erano del tutto marginali in relazione alla
movimentazione complessiva del rapporto. Il drastico invito alla restituzione della
carta nasceva proprio dall’ “ennesimo” sconfinamento protrattosi per oltre 30
giorni, nonché dalla decisione di interrompere l’accredito periodico dell’importo
della pensione, circostanza che non avrebbe più consentito di sanare, seppur
tardivamente, gli sconfinamenti che si generavano ad ogni addebito derivante da
utilizzi della carta. La banca, inoltre, specificava come la richiesta di restituzione
era finalizzata anche a evitare ulteriori conseguenze dannose per il cliente, come
segnalazioni ai sistemi di gestione delle informazioni creditizie ovvero apposizione
di blocchi procedurali all’operatività corrente.
In sede di controdeduzioni, la banca confermava che la presenza di saldi
negativi in concomitanza degli addebiti mensili della carta era divenuta assai
frequente, per cui il venir meno della “garanzia” della pensione aveva comportato
un “significativo aumento del rischio di inadempimento agli obblighi di pagamento”.
Quanto alla chiusura del conto, fa presente che si è trattato di decisione autonoma
del ricorrente, avendo la banca deciso “prudentemente” di ritirare lo strumento di
pagamento, senza tuttavia precludere il mantenimento del conto e dei rapporti ad
esso associati. Precisa altresì che in base al contratto di conto corrente,
sottoscritto dal ricorrente, nella sezione relativa ai Servizi di pagamento – quadro
PSD (art. 24, comma 3) è previsto espressamente che la “Banca qualora sussista
un giustificato motivo, può recedere dai singoli Servizi di pagamento PSD senza
preavviso, dandone immediata comunicazione al cliente. Sulla legittimità di tale
clausola richiama la decisione dell’ABF Collegio di Milano n. 1412 del 08.7.2011,
secondo cui, sulla base dell’art. 6 del d.lgs. n.11 del 27.01.2010, “il contratto può
prevedere il diritto del prestatore di servizi di pagamento di bloccare l’utilizzo di
uno strumento di pagamento al ricorrere di giustificati motivi” tra i quali il seguente:
“nel caso in cui lo strumento prevede la concessione di una linea di credito per il
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Decisione N. 3179 del 12 giugno 2013
suo utilizzo, un significativo aumento del rischio che il pagatore non sia in grado di
ottemperare ai propri obblighi di pagamento”. Peraltro, secondo la banca
resistente, sarebbe preciso obbligo degli intermediari, in conformità delle Istruzioni
emanate dalla Banca d’Italia in materia di trasparenza delle operazioni e dei
servizi bancari e finanziari, evitare che il cliente sia indirizzato verso prodotti e
servizi inadatti rispetto alle proprie esigenze finanziarie. In conclusione, chiede che
il ricorso sia respinto non sussistendo alcun danno derivante dalla chiusura del
conto.
DIRITTO
La
contestazione
del
ricorrente
riguarda
l’asserita
illegittimità
del
comportamento della banca per aver revocato la carta di credito a lui intestata
senza un valido motivo. In realtà, la banca ha spiegato al cliente quali sono le
ragioni che l’hanno indotta ad assumere l’iniziativa contestata, le quali si possono
riassumere in due punti: a) l’esistenza di scoperti di conto, verosimilmente in
assenza di affidamenti; b) il venir meno della fonte di alimentazione del conto su
cui operava la carta, essendo stato revocato, a quanto sembra di potersi dedurre
dal resoconto offerto dalle parti, l’accredito periodico della pensione del
cointestatario del conto stesso. In effetti, in base agli estratti del conto e agli altri
documenti contabili prodotti dalla banca emerge la sussistenza di frequenti saldi a
debito dovuti all’utilizzo della carta, per cui si determinavano frequenti
“sconfinamenti” che l’intermediario ha tollerato facendo affidamento, come poi ha
dichiarato, sugli accreditamenti periodici della pensione del contitolare del conto.
Appare pertanto ragionevole, sulla base dell’andamento del conto, che la revoca
degli accreditamenti periodici di cui sopra abbia potuto costituire motivo di allarme
per l’intermediario, inducendolo a esaminare l’opportunità di revocare la carta di
credito, che è all’origine degli scoperti di conto.
Ciò posto, va tuttavia rilevato che il recesso da un contratto di credito ai
consumatori a tempo indeterminato è regolato dall’art.125-quater del TUB (d.lgs.
n.385/1993), che prevede il diritto del finanziatore di recedere con un preavviso di
almeno due mesi. La resistente, nel richiamarsi ad una clausola del contratto e a
una precedente decisione dell’ABF, confonde con tutta evidenza i termini della
questione. Infatti, la legge speciale che regola la materia dei servizi di pagamento
(D.Lgs. n.11/2010) stabilisce che “il contratto quadro può prevedere il diritto del
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15
Decisione N. 3179 del 12 giugno 2013
prestatore di servizi di pagamento di bloccare l'utilizzo di uno strumento di
pagamento al ricorrere di giustificati motivi connessi con uno o più dei seguenti
elementi: (…) c) nel caso in cui lo strumento preveda la concessione di una linea
di credito per il suo utilizzo, un significativo aumento del rischio che il pagatore non
sia in grado di ottemperare ai propri obblighi di pagamento” (art. 6, comma 2 ).
Quindi, l’ipotesi cui la norma fa riferimento riguarda il “blocco” della carta, mentre
nella specie in esame la banca ha chiaramente manifestato la volontà di revocare
la carta stessa, cioè di recedere dal rapporto. Va in proposito ricordato che il
blocco dello strumento di pagamento è contemplato come misura temporanea, in
quanto “al venir meno delle ragioni che hanno portato al blocco dello strumento di
pagamento, il prestatore di servizi di pagamento provvede a riattivare lo strumento
o ad emetterne uno nuovo in sostituzione di quello precedentemente bloccato”
(art.6, comma 4). Pertanto, sotto questo profilo, il ricorso merita accoglimento con
conseguente dichiarazione dell’illegittimità del recesso per violazione del disposto
dell’art.125-quater TUB. Il che non incide tuttavia sulla validità del recesso, ma
può costituire fonte di responsabilità contrattuale per gli eventuali danni arrecati.
Sotto questo profilo, il ricorrente ha chiesto il risarcimento di danni quantificati in
€ 1.000,00, la cui domanda, tuttavia, risulta formulata non nel ricorso, ma in una
nota aggiuntiva presentata in data successiva al ricorso stesso. Pertanto la
richiesta risarcitoria non può essere accolta in quanto proposta tardivamente.
Peraltro, la richiesta di asseriti danni, di cui parte attrice non allega alcuna prova,
appare correlata agli effetti della chiusura del conto, circostanza non ascrivibile a
responsabilità della banca, essendo frutto di una determinazione autonoma del
medesimo ricorrente.
P.Q.M.
Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso nei sensi di cui in motivazione.
Dispone inoltre che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma
di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al
ricorrente di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla
presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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16
QUADERNI DI AGGIORNAMENTO
1/2014
Assegno
CONTO CORRENTE CON CONVENZIONE ASSEGNO – ESTINZIONE –
RICONSEGNA ASSEGNI NON ANCORA UTILIZZATI – OBBLIGO DELLA BANCA
DI RICHIAMARE L’ATTENZIONE DEL CLIENTE IN FASE DI ESTINZIONE ESCLUSIONE
Il Collegio di Milano con decisione n. 4613/13 del 9 settembre 2013 ha
evidenziato che “non può … ritenersi che incomba sulla banca l’obbligo di
richiamare ulteriormente l’attenzione del cliente sulla necessità di restituire o
comunque di distruggere gli assegni ancora in suo possesso al momento dello
svolgimento delle operazioni di chiusura di un conto corrente”, precisando
che “è lapalissiano che una volta chiuso un conto corrente il carnet di assegni
ad esso relativo sia comunque inutilizzabile”.
(cfr. decisione di seguito riportata)
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
17
Decisione N. 4613 del 09 settembre 2013
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) GAMBARO
Presidente
(MI) LUCCHINI GUASTALLA
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) ORLANDI
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) SPENNACCHIO
Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(MI) VELLUZZI
Membro designato da
rappresentativa dei clienti
Associazione
Relatore (MI) GAMBARO
Nella seduta del 27/06/2013 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica.
FATTO
Nel proprio ricorso all’ABF la ricorrente ha esposto che in data 7.6.2010 essa ha chiesto
alla propria banca l’apertura di un conto corrente e la contestuale chiusura di un altro
rapporto in essere presso altra dipendenza della banca convenuta. Nel mese di maggio
2012 traeva sul conto estinto un assegno bancario di € 250,00. Il 22.6.2012 veniva
contattata dalla resistente che le rappresentava la necessità di provvedere al ritiro
immediato dell’assegno per non procedere alla levata del protesto. La ricorrente chiedeva
al beneficiario dell’assegno di richiamare il titolo prima dell’incasso; provvedeva poi a
pagare il creditore tramite bonifico. La ricorrente veniva rassicurata dalla banca in merito al
fatto che il richiamo dell’assegno avrebbe scongiurato qualsiasi conseguenza negativa;
mentre in data 29.6.2012 veniva segnalata alla CAI.
Poiché non riusciva ad utilizzare il bancomat, l’interessata otteneva dalla convenuta una
nuova tessera che comunque non le consentiva di effettuare pagamenti; apprendeva dalla
resistente che a causa dell’assegno richiamato era presente un blocco sulla carta di
debito. Nella stessa giornata l’intermediario chiedeva alla ricorrente di restituire tre assegni
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18
Decisione N. 4613 del 09 settembre 2013
bancari ancora in suo possesso informandola che il blocco sarebbe rimasto in essere fino
al 28.12.2012.
Soggiunge la ricorrente che al momento della chiusura del conto la convenuta non le
aveva richiesto la restituzione degli assegni, né era stata ammonita circa le conseguenze
del loro utilizzo; ritenendo trattarsi di un trasferimento di conto da una dipendenza all’altra
del medesimo istituto ha utilizzato il vecchio carnet.
Precisa altresì che non ha ricevuto alcuna comunicazione formale dell’avvenuta iscrizione.
Pertanto la ricorrente, ritenendo la banca responsabile dell’accaduto, ha chiesto la
cancellazione dell’iscrizione alla CAI nonché il “risarcimento del danno non patrimoniale
nella misura di 1.500 euro” per le spese sostenute e per il disagio subito.
Nelle proprie controdeduzioni l’intermediario convenuto ha ricordato che nel 2010 la
ricorrente ha chiuso un conto corrente aprendo contestualmente un altro rapporto presso
altra dipendenza della medesima banca. Nel mese di giugno 2012 la cliente ha tratto un
assegno sul vecchio conto, presentato all’incasso il 20.6.2012 e richiamato il successivo
26.6.2012; ha provveduto al pagamento di quanto dovuto a mezzo bonifico.
In data 29.6.2012 la ricorrente veniva iscritta nell’archivio CAI; nel caso di specie, poiché
non è consentita alcuna regolarizzazione tardiva dell’assegno, l’obbligo di segnalazione
non è accompagnato da particolari formalità. La resistente ha richiamato quanto è
indicato nel “Quaderno di ricerca giuridica n. 59” e due “Lettere-Circolari” della Banca
d’Italia; ha citato altresì alcune sentenze di merito.
Puntualizza quindi la resistente che la ricorrente era consapevole del fatto che l’assegno
era stato tratto su un conto chiuso; e che le difficoltà incontrate dalla cliente nell’utilizzo del
bancomat sono state determinate da “un problema di tipo tecnico-informatico e
procedurale”, tempestivamente segnalato agli uffici competenti. L’intermediario si è reso
disponibile a far fronte alle esigenze momentanee della ricorrente, nelle more della
definizione di detto disservizio.
Pertanto la resistente ha chiesto di respingere l’istanza.
In sede di replica alle controdeduzioni la ricorrente ha ribadito che non le era stata
richiesta la restituzione dei vecchi assegni; ha più volte domandato all’intermediario copia
della “certificazione” attestante detta richiesta, senza ottenere risposta; l’intermediario non
l’ha informata dell’iscrizione alla CAI; il problema tecnico procedurale che impediva
l’utilizzo del bancomat per i pagamenti è stato risolto solo dopo il 29.12.2012, quindi al
termine dei sei mesi di iscrizione nell’archivio.
Con nota del 29.1.2013 l’intermediario ha richiamato l’art. 3 delle “Norme che regolano i
conti correnti di corrispondenza e servizi connessi” che disciplina l’obbligo di restituzione
degli assegni non utilizzati in caso di cessazione del rapporto.
DIRITTO
La ricorrente contesta la segnalazione del proprio nominativo alla CAI – a partire dal
29.6.2012 – causata da un assegno bancario di € 250,00 emesso il 14.6.2012 su un conto
corrente chiuso nel mese di giugno 2010; in particolare, l’interessata aveva estinto il
rapporto accendendo contestualmente un altro conto presso una diversa dipendenza della
banca convenuta.
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19
Decisione N. 4613 del 09 settembre 2013
La ricorrente ha chiesto la cancellazione della segnalazione ed il risarcimento del danno
da essa patito in seguito alla segnalazione stessa ed agli effetti interdittivi che ne sono
scaturiti.
Circa la prima domanda giova ricordare che la normativa in materia di Centrale di Allarme
Interbancaria (CAI), introdotta con il d.lgs. n. 507 del 1999, ha previsto una nuova
disciplina sanzionatoria dell’assegno. In tale sistema dall’iscrizione in CAI discendono
effetti interdittivi per chi emette un assegno in difetto di autorizzazione o in mancanza di
provvista (cd. revoca di sistema). In particolare è previsto che l'assegno è emesso senza
autorizzazione quando, non c'è o si è interrotto il rapporto o la convenzione che attribuisce
al cliente l'autorizzazione ad emettere assegni; tra le ipotesi di assenza di autorizzazione
si indica il caso del conto chiuso prima dell'emissione dell'assegno.
Nel caso di specie non è dubbio che il conto sia stato effettivamente chiuso ben prima
della emissione dell’assegno che ha dato origine alla vicenda.
Giova anche ricordare che secondo la normativa citata l’iscrizione in CAI è obbligatoria per
gli intermediari e nell'ipotesi di mancanza di autorizzazione, non essendo consentita
alcuna regolarizzazione tardiva dell'assegno, l'iscrizione del nominativo del traente deve
essere effettuata dall'istituto trattario, senza bisogno di alcuna altra formalità, entro e non
oltre il ventesimo giorno dalla presentazione al pagamento del titolo.
Inoltre nel caso di assegni bancari presentati all'incasso dalla banca negoziatrice, risultati
privi di autorizzazione e successivamente "richiamati" dalla banca negoziatrice medesima,
il "richiamo" non esime la banca trattaria dal porre in essere gli adempimenti previsti dalla
disciplina sanzionatoria degli assegni bancari e postali, e ciò poiché l'illecito si perfeziona
nell'istante stesso dell'emissione dell'assegno privo di autorizzazione (Banca d'Italia,
Circolare n. 229, Istruzioni di vigilanza per le Banche, Tit. IV Cap XI sez. V).
Pertanto l’iscrizione di cui si lamenta la ricorrente deve ritenersi avvenuta in conformità a
quanto disposto dalla normativa vigente e, per conseguenza, la domanda di cancellazione
non può essere accolta posto che il suo accoglimento si porrebbe in contraddizione con
quanto normativamente disposto.
Circa la domanda risarcitoria la ricorrente assume che nel momento in cui ha provveduto
alla chiusura del conto l’intermediario convenuto non l’ha avvertita della necessità di
riconsegnare gli assegni non ancora utilizzati; né l’avrebbe avvertita delle conseguenze
cui poteva esporsi utilizzando il vecchio carnet di assegni. Pertanto la ricorrente
rimprovera alla banca una mancanza di informazioni che l’avrebbero indotta a commettere
l’errore di emettere un assegno relativo al conto ormai chiuso da tempo.
Si deve tuttavia considerare che le regole contrattuali espressamente prevedevano all’art.
3 del contratto di conto corrente sottoscritto il 21.3.2000 l’obbligo di restituzione degli
assegni non utilizzati al momento della cessazione del rapporto. Trattasi di clausola di uso
comune e sotto altro profilo si può considerare che tale obbligo faccia parte delle nozioni di
comune esperienza, posto che la non utilizzabilità di assegni di conto corrente dopo la
chiusura del conto è dato che discende direttamente dalla legge.
Non può quindi ritenersi che incomba sulla banca l’obbligo di richiamare ulteriormente
l’attenzione del cliente sulla necessità di restituire o comunque di distruggere gli assegni
ancora in suo possesso al momento dello svolgimento delle operazioni di chiusura di un
conto corrente. Del resto è da osservare che le principali regole relative all’uso degli
assegni di conto corrente debbono ritenersi comprese nel bagaglio di conoscenze di chi
sia parte di un rapporto bancario di tale tipo e che è lapalissiano che una volta chiuso un
conto corrente il carnet di assegni ad esso relativo sia comunque inutilizzabile.
In definitiva il Collegio ritiene che il ricorso non possa essere accolto.
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20
Decisione N. 4613 del 09 settembre 2013
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO
1/2014
Finanziamenti
FIDEIUSSIONE – GARANTE – DIRITTO AD OTTENERE COPIA DEI DOCUMENTI
RELATIVI AI RAPPORTI GARANTITI – ART. 119 TUB - VESSATORIETA’ DELLA
CLAUSOLA CONTRATTUALE CHE PREVEDE IL CONSENSO DEL DEBITORE
PRINCIPALE
Il Collegio di Milano con decisione n. 4449/13 del 20 agosto 2013 ha
evidenziato che “la costituzione della garanzia … qualifica [il garante], a tutti
gli effetti, come ‘cliente’ dell’intermediario a beneficio del quale la garanzia è
rilasciata … e lo legittima pertanto ad ottenere, ai sensi dell’art. 119, comma
4 T.U.B., ‘copia della documentazione’ relativa al rapporto instaurato con
l’intermediario”. Il Collegio chiarisce inoltre che “tale diritto ‘prescinde
dall’attualità del rapporto cui la documentazione richiesta si riferisce’ ” e che
la clausola contrattuale in base alla quale la banca può fornire al fideiussore
“ulteriori informazioni” concernenti l’esposizione (oltre l’entità
dell’esposizione complessiva) “solo con il consenso scritto del debitore
principale” è da considerarsi clausola vessatoria ai sensi degli artt. 33 e 34 del
d.lgs. n. 206/05 e, come tale, “priva di effetto nei confronti del fideiussore”.
(cfr. decisione di seguito riportata)
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
22
Decisione N. 4449 del 20 agosto 2013
IL COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
Dott. Giuseppe Marziale
Presidente
Avv. Alessandro Leproux
Membro designato dalla Banca d'Italia
Prof. Avv. Andrea Gemma
Membro designato dalla Banca d'Italia
Prof. Avv. Diego Corapi
Membro designato dal Conciliatore Bancario e
Finanziario [Estensore]
Prof. Avv. Maddalena Rabitti
Membro designato dal C.N.C.U.
nella seduta del 30/11/2012 dopo aver esaminato
x il ricorso e la documentazione allegata;
x le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
x la relazione istruttoria della Segreteria tecnica,
Fatto
La ricorrente espone di aver fortuitamente rinvenuto, dopo l’allontanamento del
coniuge dalla casa coniugale, alcuni conteggi bancari dai quali risultava il proprio
coinvolgimento in operazioni con l’intermediario resistente, a lei del tutto estranee.
E di essersi subito posta in
contatto con l’intermediario, formulando “formale
impugnativa, contestazione e disconoscimento della veridicità formale e
sostanziale, nonché della genuinità delle sottoscrizioni ..[a suo nome] su ogni
eventuale documento” presso di lui esistente e in particolare su quelli concernenti
il rilascio della garanzia fideiussoria e di quella pignoratizia.
Tanto premesso, la ricorrente, dichiarandosi non soddisfatta del riscontro avuto
in sede di reclamo,
rinnova la richiesta
di acquisizione dei documenti sopra
indicati, anche se relativi al proprio coniuge; e chiede che sia fissato “un congruo
termine” per l’esame e la compiuta analisi di quanto prodotto e la formulazione in
forma specifica e circostanziata
delle impugnative, delle contestazioni della
veridicità formale e sostanziale dei documenti e del disconoscimento delle
sottoscrizioni su di essi apposte a suo nome.
L’intermediario nelle controdeduzioni afferma di aver risposto alla ricorrente e
consegnato ad essa copia dei documenti richiesti, e che il ritardo nella risposta è
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23
Decisione N. 4449 del 20 agosto 2013
imputabile alla circostanza che la ricorrente aveva instaurato rapporti con il
precedente titolare della filiale, acquisita dall’intermediario solo dal 1° dicembre
2008. L’intermediario precisa inoltre che per ragioni di tutela della riservatezza non
poteva comunque soddisfare le richieste di documentazione riguardante il solo
coniuge della ricorrente.
In sede di replica alle controdeduzioni, la ricorrente ha contestato quanto
affermato dall’intermediario, rilevando che non tutta la documentazione richiesta
era stata prodotta e insisteva nel disconoscimento di tutte le firme apposte a suo
nome sui moduli dell’intermediario, chiedendo al Collegio di “trarre le giuste
conclusioni da quanto precede”.
L’intermediario con una memoria di controreplica, ha prodotto una serie di
documenti (sintesi rapporto titoli, estratto conto mensile carta di credito)
dichiarando di averne già inviata altra copia al domicilio della ricorrente. Ribadisce
altresì che le linee di credito assistite da garanzia pignoratizia apparentemente
sottoscritta
dalla
ricorrente
risultavano
estinte.
Quindi,
preso
atto
del
disconoscimento delle firme da parte della ricorrente, si dichiara disponibile ad
incaricare un perito per l’accertamento della loro autenticità. Ribadisce infine che il
rapporto di conto corrente cointestato alla ricorrente e al coniuge rimaneva
operativo, non essendo mai pervenuta richiesta congiunta di estinzione.
Chiede, in definitiva, che sia dichiarata la cessazione della materia del
contendere e comunica che, a tal fine, ha già provveduto a trasmettere alla
ricorrente un assegno dell’importo di € 20,00 a titolo di rimborso delle spese della
presente procedura.
Diritto
La richiesta di verificazione dell’autenticità delle sottoscrizioni apposte con il
nome della ricorrente sui documenti prodotti dalla resistente va dichiarata
inammissibile, sia perché formulata dopo il deposito delle controdeduzioni, e
quindi tardivamente, sia (e soprattutto) perché tende ad un accertamento
incompatibile con le caratteristiche della fase istruttoria delineata dalle disposizioni
che regolano il presente procedimento.
Deve inoltre escludersi che ricorrano i presupposti per dichiarare cessata la
materia del contendere, dal momento che non tutti i documenti richiesti sono stati
prodotti, essendosi l’intermediario rifiutato, come ribadito con le controdeduzioni,
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Decisione N. 4449 del 20 agosto 2013
di produrre i documenti relativi a rapporti di cui la ricorrente non figura come
intestataria o cointestataria.
Tale rifiuto, quanto meno nei termini generali in cui è stato espresso, è
illegittimo.
La richiesta di produzione, stando a quanto risulta dagli atti, deve infatti ritenersi
allo stato avanzata dalla ricorrente anche nella qualità di garante di obbligazioni
assunte dal marito della ricorrente.
La costituzione della garanzia, ponendo il garante in relazione diretta con il
creditore garantito, lo qualifica, a tutti gli effetti, come “cliente” dell’intermediario a
beneficio del quale la garanzia è rilasciata (Disposizioni in tema di trasparenza,
Sez. I, § 3, alinea 2). E lo legittima pertanto ad ottenere, ai sensi dell’art. 119,
comma 4 T.U.B.,
“copia della documentazione” relativa al rapporto instaurato
con l’intermediario. Si è chiarito che tale diritto “prescinde dall'attualità del rapporto
cui la documentazione richiesta si riferisce” (Cass. 12 maggio 2006, n. 11004) ed
è diretto a conseguire, nei limiti del termine decennale, la documentazione di tutte
le operazioni avvenute in un certo arco temporale, anche se non specificamente
indicate (Cass. 27 settembre 2001, n. 12093).
Se poi la richiesta di documentazione è formulata, come nel caso di specie, dal
garante, e cioè da un soggetto potenzialmente destinatario degli effetti dal
rapporto garantito, sembra al Collegio che il suo oggetto possa legittimamente
estendersi anche a tale ulteriore rapporto Infatti, la garanzia è funzionalmente
collegata all’obbligazione garantita e si pone, rispetto ad essa, in rapporto di
stretta dipendenza e di “accessorietà”. In virtù di tale collegamento il garante è, in
linea di principio, legittimato ad opporre al creditore eccezioni relative all’esistenza
e alla validità dell’obbligazione garantita (arg. ex art. 1945 c.c.) e, in quanto tale,
legittimato ad acquisire, ai sensi del citato art. 119, comma 4, TUB anche copia
della documentazione relativa a tale rapporto.
Per la verità, l’art. 5 del contratto di fideiussione sembrerebbe escludere questa
possibilità. Con tale clausola si stabilisce, infatti, che la banca, pur essendo tenuta
a comunicare al fideiussore, se richiesta, l’entità dell’esposizione complessiva del
debitore, può tuttavia fornire al medesimo, “ulteriori informazioni” concernenti
l’esposizione stessa “solo con il consenso scritto del debitore principale”. Ma
trattasi di clausola da ritenersi vessatoria ai sensi degli artt. 33 e 34 , d.lgs, n.
206/05 e, come tale, priva di effetto nei confronti del fideiussore. Il diritto di
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Decisione N. 4449 del 20 agosto 2013
opporre eccezioni relative all’obbligazione garantita è infatti attribuito al fideiussore
nel suo esclusivo interesse e non può quindi ammettersi che il suo esercizio possa
essere, sia pur solo in parte, condizionato dal comportamento di un soggetto
diverso, anche se trattasi del debitore principale.
Deve, in conclusione, essere affermato il diritto della ricorrente ad ottenere in
qualità di garante, ai sensi dell’art. 119, comma 4, TUB, copia dei documenti
relativi ai rapporti garantiti, anche se non ad essa intestati.
Entro tali limiti il ricorso è da ritenersi meritevole di accoglimento.
P.Q.M.
Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso nei sensi di cui in motivazione.
Dispone inoltre che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma
di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al
ricorrente di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla
presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO
1/2014
APERTURA DI CREDITO – TASSO DI INTERESSE – INDETERMIZATEZZA –
SOSTITUZIONE CON TASSO B.O.T. EX ART 117 TUB
Il Collegio di Roma con decisione n. 4830/13 del 23 settembre 2013 ha
ritenuto che la clausola contrattuale che non specifica il giorno/periodo di
rilevazione dell’Euribor da prendere in considerazione per la determinazione
del tasso di interesse periodico applicabile ad una apertura di credito difetti
del requisito della determinatezza ai sensi dell’art. 1284 c.c. Ad avviso del
Collegio, infatti, affinchè una convenzione relativa agli interessi sia
validamente stipulata ai sensi dell’art. 1284, terzo comma, c.c., che è norma
imperativa, deve avere forma scritta e un contenuto assolutamente univoco
in ordine alla puntuale specificazione del tasso di interesse. Nel caso di
specie, invece, “la mancata indicazione del giorno/periodo di rilevazione
dell’Euribor non consente al debitore di individuare con certezza il tasso
applicatogli, con la conseguenza di rendergli impossibile la valutazione circa
l’utilità dell’utilizzo della moneta bancaria a debito rispetto al fine
commerciale di utilizzo”. Di qui la sostituzione del tasso pattuito con quello
nominale dei B.O.T. ai sensi dell’art. 117 TUB.
(cfr. decisione di seguito riportata)
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
27
IL COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
Avv. Bruno de Carolis
Presidente
Avv. Alessandro Leproux
Membro designato dalla Banca d'Italia
Prof. Avv. Andrea Gemma
Membro designato dalla Banca d'Italia
Prof. Avv. Gustavo Olivieri
Membro designato dal Conciliatore Bancario
Finanziario
Prof. Avv. Federico Ferro Luzzi
Membro designato da Confcommercio,
Confagricoltura e Confartigianato
[Estensore]
nella seduta del 24/04/2013 dopo aver esaminato
x il ricorso e la documentazione allegata;
x le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
x la relazione istruttoria della Segreteria tecnica,
FATTO
La società ricorrente formula - nell’ambito di una “perizia econometrica” - una serie
di contestazioni circa gli interessi e le spese applicati a un conto corrente assistito
da apertura di credito, sintetizzabili come segue: (i) applicazione di interessi
ultralegali non concordati; (ii) applicazione di interessi usurari; (iii) capitalizzazione
trimestrale degli interessi a debito in violazione del divieto di anatocismo; (iv)
addebito di voci di spesa non concordate.
Il ricorrente conclude formulando due ipotesi restitutorie e risarcitorie alternative:
a) restituzione di tutte le somme versate per interessi usurari e spese non
concordate ammontanti alla somma di Euro 6.508,75 che andrebbe a decurtare la
somma risultante dal saldo a debito al 30.06.2012 pari a Euro 13.604,27, oltre a
un danno quantificato in Euro 5.000,00. L’istante sostiene che il riconoscimento di
tali somme in suo favore determinerebbe un debito residuo di Euro 4.413,23 (in
Pag. 2/6
28
realtà, come rilevato dall’intermediario nelle controdeduzioni, il debito residuo
giungerebbe così a Euro 2.095,52);
b) applicazione di un interesse semplice con tasso legale di volta in volta in vigore
che determinerebbe un credito della Banca al 31.12.2010 pari a Euro 8.125,10,
oltre a un danno quantificato in Euro 5.000,00; l’istante sostiene che il
riconoscimento di tali somme in suo favore determinerebbe un debito residuo di
Euro 3.125,10;
c) cancellazione della segnalazione pregiudizievole a suo carico contenuta nella
CRIF
Regolarmente costituitasi, parte resistente evidenzia – in punto di fatto - quanto
segue:
a) il contratto di conto corrente e apertura di credito è stato stipulato il 28.11.2007;
b) al contratto è stato allegato il documento di sintesi che riporta tutte le condizioni
del rapporto;
c) in data 11.01.2008, in occasione di una variazione concordata delle condizioni
contrattuali, la ricorrente ha sottoscritto un ulteriore documento di sintesi;
d) in data 19.10.2009 la ricorrente ha sottoscritto nuovamente il contratto con
allegato un nuovo documento di sintesi;
e) il 16.09.2011 la banca ha comunicato il recesso dal rapporto di conto corrente e
la revoca dell’affidamento a suo tempo concesso.
Con riferimento alle contestazioni formulate dall’istante la resistente sostiene che:
a) le condizioni relative al rapporto di conto corrente sono state espressamente
pattuite tra le parti e debitamente riportate nei contratti sottoscritti dalla ricorrente;
b) gli interessi pattuiti al momento della conclusione del contratto nel 2007 e poi di
nuovo nel 2008 e nel 2009 sono inferiori alle soglie di usura e comunque - anche
nel corso del rapporto - non sono mai stati usurari;
c) la capitalizzazione trimestrale degli interessi è riportata nel documento di sintesi
che costituisce parte integrante del contratto del 28.11.2007 e a cui fa rinvio l’art. 9
della sezione II del contratto stesso; la periodicità di liquidazione degli interessi è
identica per gli interessi a debito e a credito del cliente;
d) per quanto concerne l’addebito di voci di spesa non concordate (CMS, spese
forfetarie, ecc.), la doglianza è assolutamente generica e pertanto irrilevante e in
ogni caso tutte le somme dovuta dalla cliente sono legittime ed espressamente
riportate nei documenti di sintesi;
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29
e) relativamente, infine, alla segnalazione in CRIF, evidenzia parte resistente che
trattasi di una mera segnalazione ricognitiva della posizione del Cliente.
La resistente, ritenendo di avere operato correttamente, si oppone alla domanda e
chiede al Collegio di rigettare la richiesta del ricorrente e dichiarare il ricorso
infondato. In particolare la Banca rileva come la ricorrente abbia rideterminato il
saldo del conto corrente per effetto di non meglio specificati principi posti a base
del calcolo contenuto nella “relazione contabile” allegata.
DIRITTO
Rileva in via pregiudiziale il Collegio che il ricorso, essendo stato presentato dopo
il primo luglio del 2012, ha quale limite temporale di competenza quello del primo
gennaio 2009.
Entrando ora nel merito delle, per vero confuse, censure mosse all’operato
dell’intermediario, il Collegio evidenzia quanto segue.
La ricorrente lamenta l’applicazione di interessi usurari nel corso del rapporto ma
la cd. “perizia econometrica” prodotta a supporto di tali affermazioni non contiene
indicazioni puntuali sui criteri di calcolo e i metodi di valutazione seguiti. Per
quanto risulta agli atti, i tassi nominali previsti nel contratto sottoscritto il
19.10.2009 (unico rientrante nelle competenze di questo Collegio) non superano
la soglia di usura dal che la domanda non può essere accolta.
Parte ricorrente lamenta, poi, l’illegittimità dell’addebito della capitalizzazione
trimestrale degli interessi su un conto corrente affidato ma non chiarisce tuttavia in
modo esplicito le ragioni per le quali tali addebiti sarebbero illegittimi, limitandosi a
produrre, a sostegno della domanda, la già richiamata “perizia econometrica”,
perizia che anche sul punto non contiene indicazioni sui criteri di calcolo e i metodi
di valutazione seguiti. Fatto è che i documenti di sintesi prodotti dalla Banca
disciplinano in maniera speculare la periodicità di liquidazione degli interessi attivi
e passivi con cadenza trimestrale, con la conseguenza che alla luce della
documentazione depositata e in atti alcuna censura può essere mossa in tema
all’operato di parte resistente.
Per quanto concerne, infine, la segnalazione in Crif, rileva il Collegio che dalla
documentazione in atti risulta come la stessa sia meramente ricognitiva
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30
dell’esposizione del Cliente senza che possa allora aver causato, a quest’ultimo,
pregiudizio alcuno.
Decisamente più complessa la questione relativa all’applicazione degli interessi
ultralegali non concordati, alla commissione di massimo scoperto, prima, e a
quella di messa a disposizione fondi, poi.
Il documento di sintesi del 19.10.2009 non specifica, infatti, il giorno/periodo di
rilevazione dell’Euribor da prendere in considerazione per la determinazione del
tasso di interesse periodico, con la conseguenza che occorre qui valutare se tale
carenza sia suscettibile di inficiare il requisito di determinatezza del tasso (ai sensi
dell’art. 1284 cod. civ.) determinando le conseguenze previste dall’art. 117 TUB.
Come noto, e per giurisprudenza costante di legittimità, affinché una convenzione
relativa agli interessi sia validamente stipulata ai sensi dell’art. 1284, terzo comma,
c.c., che è norma imperativa, deve avere forma scritta e un contenuto
assolutamente univoco in ordine alla puntuale specificazione del tasso di interesse
(così, da ultimo: Cass. 19 maggio 2010, n. 12276). Secondo questo Collegio, la
mancata indicazione del giorno/periodo di rilevazione dell’Euribor non consente al
debitore di individuare con certezza il tasso applicatogli, con la conseguenza di
rendergli impossibile la valutazione circa l’utilità dell’utilizzo della moneta bancaria
a debito rispetto al fine commerciale di utilizzo. In ragione di quanto rilevato, il
Collegio ritiene allora da applicarsi la disposizione di cui al comma 7, lett. a
dell’art. 117, d.lgs. 385/90, ai sensi del quale (in ipotesi di mancata indicazione di
un tasso di interesse dal contenuto assolutamente univoco in ordine alla sua
individuazione in concreto) si deve applicare al rapporto negoziale: “il tasso
nominale minimo e quello massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri
titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze,
emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, rispettivamente per
le operazioni attive e per quelle passive”. Gli interessi passivi applicati sono
dunque illegittimi e devono essere ricalcolati secondo quanto statuito dalla
specifica, peculiare, disciplina ora richiamata.
Rileva poi il Collegio che fino al 31.03.2010 gli estratti conto mostrano
l’applicazione di una commissione di massimo scoperto. In proposito – con
riferimento agli estratti conto a partire dal 2009 - si osserva che il documento di
sintesi del 19.10.2009 (richiamato nelle premesse del contrato sottoscritto dal
cliente in pari data) indica una commissione di massimo scoperto trimestrale pari
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31
allo 0,50% e specifica che la commissione “è calcolata applicando l’aliquota [sotto
riportata] all’ammontare massimo dell’utilizzo del trimestre, solo limitatamente ai
conti affidati e solo se il saldo del conto risulta a debito, anche per valuta, per un
periodo continuativo pari o superiore a 30 giorni”. Dal secondo trimestre del 2010
in poi, la commissione di massimo scoperto non viene più applicata.
Gli estratti conto a partire dal 31.12.2009 evidenziano, inoltre, l’applicazione di una
commissione di messa a disposizione fondi trimestrale, con la conseguenza che
nell’ultimo trimestre del 2009 e nel primo trimestre del 2010 all’apertura di credito
sono applicate sia una commissione di massimo scoperto sia una commissione di
messa
a
disposizione
fondi.
Indipendentemente
da
qualsivoglia
altra
considerazione, tale circostanza confligge con il requisito di onnicomprensività
previsto dalla legge 2/2009 per la commissione di messa a disposizione fondi, con
la conseguenza che le relative somme addebitate al cliente relativamente a tali
voci devono considerarsi illegittime.
In conclusione, il Collegio accoglie parzialmente il ricorso e per l’effetto, con
riferimento ai rapporti di cui al contratto di c/c stipulato il 19/10/2009, dispone: che
l’intermediario convenuto proceda alla rideterminazione dei tassi applicati,
adottando i criteri indicati nell’art.117, comma 7, TUB; che provveda, altresì, al
riaccredito a favore della ricorrente delle somme addebitate a titolo di commissioni
di massimo scoperto e di messa a disposizione fondi. Respinge ogni altra
domanda.
P.Q.M.
Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso nei sensi di cui in motivazione.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario
corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale
contributo alle spese della procedura e al ricorrente quella di Euro 20,00
(venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del
ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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32
QUADERNI DI AGGIORNAMENTO
1/2014
CESSIONE DEL QUINTO – ESTINZIONE ANTICIPATA – RIMBORSO DEL
PREMIO ASSICURATIVO – CRITERIO DI CALCOLO ADOTTATO DALLA
COMPAGNIA ASSICURATIVA INSINDACABILE DA PARTE DELL’ABF
Il Collegio di Napoli con decisione n. 5569/13 del 31 ottobre 2013, nel
respingere un ricorso relativo alla richiesta di rimborso del premio
assicurativo non goduto a seguito di estinzione anticipata di un contratto di
finanziamento dietro cessione del quinto della retribuzione, ha affermato
che “il criterio assunto per determinare il quantum dell’importo da restituire
in sede di estinzione anticipata del finanziamento, quando direttamente
determinato dall’impresa di assicurazione può essere considerato sottratto a
sindacato critico di questo ABF (...). A fortiori quando, come nel caso di
specie, venga determinato in applicazione di quanto disposto dall’art. 22 l. n.
221/2012”.
(cfr. decisione di seguito riportata)
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
33
IL COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
- prof. avv. Enrico Quadri..................................Presidente
- prof. avv. Giuseppe Leonardo Carriero….…...membro designato dalla Banca d'Italia
(estensore)
- prof. avv. Giuseppe Conte………………….....membro designato dalla Banca d'Italia
- pof. Gennaro Rotondo ……………………….….membro designato dal Conciliatore Bancario
Finanziario per le controversie in cui sia parte
un cliente consumatore
- avv. Pierfrancesco Bartolomucci ……………..membro designato dal Consiglio Nazionale
Consumatori e Utenti (C.N.C.U.)
Nella seduta del 2.10.2013, dopo aver esaminato:
x il ricorso e la documentazione allegata;
x
le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
x
la relazione istruttoria della Segreteria tecnica
FATTO
Estinto anticipatamente (nel corso del 2009) un finanziamento dietro cessione del quinto della
retribuzione la sovvenuta contestava, in sede di reclamo, la mancata retrocessione delle
commissioni bancarie e d’intermediazione anticipatamente corrisposte per l’intero, nonché
della quota parte di premio assicurativo relativamente al periodo residuo. Insoddisfatta del
riscontro, con il quale l’intermediario rappresentava di avere già corrisposto 1.380,29 euro a
titolo di commissioni bancarie e invitava la cliente (quanto al premio) a rivolgersi alla
compagnia di assicurazioni, con ricorso del 20 maggio 2013 (assistita dal proprio legale)
chiede il rimborso delle menzionate voci di costo con il criterio proporzionale per complessivi
4.294,54 euro.
Costituitosi, il resistente comunica di aver provveduto, nelle more della decisione, alla
retrocessione complessiva dell’importo di 1.948,65 euro (comprensivi del contributo alle spese
del procedimento) quale quota parte del premio non goduto, calcolato direttamente
dall’impresa di assicurazioni. Conferma la correttezza del criterio di calcolo in proporzione al
tempo residuo nella determinazione della quota parte di commissione bancaria corrisposta.
Eccepisce la natura up front della commissione d’intermediazione. Conclude per la cessazione
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della materia del contendere in ordine a quanto già retrocesso e per il rigetto della domanda
relativa alla commissione d’intermediazione.
DIRITTO
Dalla documentazione versata in atti risulta che quota parte di commissione bancaria già
retrocessa (presi euro 1.380,29) è stata correttamente calcolata dalla parte resistente col
criterio proporzionale puro. La commissione d’intermediazione, corrisposta a norma della
relativa clausola contrattuale per l’attività di promozione e collocamento del finanziamento
risulta, come correttamente ritenuto dal resistente, riferibile ad un’attività consumatasi in sede
di concessione del finanziamento perciò non retrocedibile.
Residua la questione relativa al premio assicurativo (rimborsato nella misura di euro 548,36).
Appartiene al costante indirizzo di questo Collegio il convincimento che (in mancanza di
specifiche disposizioni primarie o sub – primarie) il criterio assunto per determinare il quantum
dell’importo da restituire in sede di estinzione anticipata del finanziamento, quando
direttamente determinato dall’impresa di assicurazione può essere considerato sottratto a
sindacato critico da parte di questo ABF (tra le tante, cfr. le decisioni nn. 2474/2011; 4435,
3053/2012; 1805/2013). A fortiori quando, come nel caso di specie, venga determinato in
applicazione di quanto disposto dall’art. 22 l. n. 221/2012.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO
1/2014
FINANZIAMENTO – DIRITTO ALLA RINEGOZIAZIONE – SUSSISTENZA - LIMITI
Il Collegio di Napoli con decisione n. 5736/13 del 13 novembre 2013 ha
ritenuto che “la rinegoziazione [di un finanziamento] possa essere intesa alla
stregua di un rimedio di natura manutentiva del negozio, il cui programma
originario sia frutto di uno squilibrio oggettivamente valutabile; sotto tale
profilo, dunque, esso appare anche come una ulteriore manifestazione del
principio di buona fede nell’esecuzione del contratto ex art. 1375 cod. civ.
(cfr. dec. n. 320/2010). In quanto tale, dunque, il suo accertamento può
rientrare nella cognizione dell’ABF, seppure nei limiti ora richiamati”.
(cfr. decisione di seguito riportata)
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
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Decisione N. 5736 del 13 novembre 2013
IL COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
- prof. avv. Enrico Quadri…………………….….Presidente
- prof. avv. Giuseppe Leonardo Carriero……...membro designato dalla Banca d'Italia
- prof. avv. Giuseppe Conte………………….....membro designato dalla Banca d'Italia
- pof.ssa Marilena Rispoli Farina…………….…membro designato dal Conciliatore Bancario
Finanziario per le controversie in cui sia parte
un cliente consumatore
- avv. Pierfrancesco Bartolomucci ……………..membro designato dal Consiglio Nazionale
Consumatori e Utenti (estensore)
Nella seduta del 15.10.2013, dopo aver esaminato:
x il ricorso e la documentazione allegata;
x
le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
x
la relazione istruttoria della Segreteria tecnica
FATTO
Il ricorrente, titolare di un prestito personale erogato dalla resistente, con e-mail del 9 febbraio
2012 formulava una richiesta tesa ad ottenere la rinegoziazione del debito. Contestualmente
chiedeva anche la sospensione del pagamento delle rate in base al c.d. Piano Famiglie ABI
(misura di cui già beneficiava in relazione ad altro mutuo erogato da diverso intermediario).
A fronte di tale richiesta – determinata dalla difficoltà di procedere regolarmente
all’ammortamento del debito, rappresentata dal cliente – l’intermediario forniva allo stesso, con
e-mail del 4 e del 10 ottobre 2012 informativa circa gli adempimenti documentali da rispettare
al fine di inoltrare corretta istanza di rinegoziazione dello stesso. Successivamente, in seguito
alla produzione della documentazione necessaria, l’odierno convenuto comunicava
telefonicamente l’accoglimento dell’istanza di rinegoziazione ma, nonostante i numerosi
solleciti scritti e telefonici, non forniva alcun riscontro scritto; ciò nonostante, il ricorrente
confidava nell’avvenuto accoglimento della stessa e restava in attesa di ricevere il piano di
ammortamento del nuovo finanziamento.
Nel mese di aprile 2013, invece, riceveva una comunicazione di “decadenza dal beneficio del
termine” ed apprendeva così del mancato buon fine della richiesta di rinegoziazione.
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Decisione N. 5736 del 13 novembre 2013
Inoltrava, di conseguenza un primo reclamo, con il quale contestava il comportamento tenuto
dall’intermediario e richiedeva la rinegoziazione delle condizioni contrattuali; non avendo
ottenuto il riscontro atteso, adiva questo Arbitro per chiedere la sospensione dei pagamenti,
nonché la rinegoziazione ed il risarcimento dei danni morali.
Costituitosi ritualmente, l’intermediario convenuto precisava che il mutuo fosse stato concesso
per il consolidamento di precedenti debiti e per finanziare lavori di ristrutturazione abitativa.
Precisava che, in seguito ad alcuni disguidi con i pagamento di alcune rate, saldate in ritardo
rispetto ai termini contrattualmente convenuti, in data 28 settembre 2012, il ricorrente
“revocava l’autorizzazione all’addebito delle rate sul proprio conto bancario” e, “dalla
successiva rata del 1° ottobre 2012 compresa nessun pagamento è stato più effettuato”.
Parte resistente confermava l’esistenza di alcuni contatti telefonici con il ricorrente, al fine di
verificare la possibilità di beneficiare di una rinegoziazione del debito subordinatamente alla
sussistenza di tutti i necessari presupposti, per fronteggiare le sue difficoltà economiche;
tuttavia, nonostante vari solleciti telefonici, questi non produceva la documentazione richiesta,
con conseguente impossibilità di portare a termine l’istruttoria.
Di conseguenza, la richiesta veniva considerata rinunciata e la successiva attività di sollecito
dei pagamenti telefonicamente svolta restava infruttuosa a causa della irreperibilità del cliente.
A tale riguardo, contestava specificamente la circostanza addotta dal ricorrente, secondo il
quale questi non avrebbe avuto più alcuna notizia in merito alla richiesta avanzata; da un lato,
infatti, tale circostanza era smentita dal suo ritiro di autorizzazione agli addebiti RID e,
dall’altro, il fatto che erano stati inviato allo stesso, tra il mese di ottobre e novembre 2012, tre
solleciti di pagamento a mezzo Postel.
Precisava, quindi, che soltanto in seguito alla reiterata insolvenza comunicava la decadenza
dal beneficio del termine, proponendo invano per le vie brevi alla controparte un piano di
rientro garantito da titoli cambiari.
Da ultimo, rilevava che nella documentazione versata in atti non comparisse il reclamo citato
nel ricorso, bensì una lettera predisposta da un’associazione di categoria, le cui contestazioni
risultavano del tutto generiche e infondate.
Ricostruita nei ridetti termini la fattispecie, l’intermediario riteneva infondata la domanda, in
quanto tesa alla richiesta di una soluzione conciliativa che esula dalla cognizione dell’ABF e
volta ad intervenire nella rideterminazione delle condizioni contrattuali, che è invece attività
rimessa alla sola autonomia negoziale delle parti.
Nel merito, precisava che la richiesta di rinegoziazione secondo il c.d. Piano famiglie ABI non
potesse neppure essere proposta, posto che parte resistente non aveva aderito a detto piano
e che riguardasse comunque fattispecie contrattuali diverse da quelle in esame.
Chiedeva, dunque, di dichiararsi l’irricevibilità del ricorso o, in via subordinata, il suo rigetto.
DIRITTO
Il Collegio non può mancare di rilevare che – come più volte affermato – non sussiste
nell’ordinamento giuridico un fondamento in relazione al quale possa ritenersi sussistente un
diritto alla rinegoziazione, al di fuori delle ipotesi specificamente previste da disposizioni
speciali (i.e. art. 1, comma 2, d. l. n. 394/2000, convertito in legge n. 24/2001), ovvero delle
ipotesi in cui la ridefinizione dell’assetto degli interessi convenuto dalle parti consegua
all’invalidità di alcune sue clausole, con conseguente sostituzione automatica delle stesse (cfr.
ABF, Collegio di Milano, dec. n. 1103/2011).
In tutti gli altri casi, la rinegoziazione è frutto dell’autonomia negoziale delle parti, che può dar
vita ad uno specifico accordo in tal senso, con la conseguenza che deve escludersi che rientri
nei poteri dell’ABF quello di imporla d’autorità agli intermediari (cfr per tutte, dec. n.
2295/2012).
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Decisione N. 5736 del 13 novembre 2013
Non sfugge tuttavia al Collegio che la rinegoziazione possa essere intesa alla stregua di un
rimedio di natura manutentiva del negozio, il cui programma originario sia frutto di uno
squilibrio oggettivamente valutabile; sotto tale profilo, dunque, esso appare anche come una
ulteriore manifestazione del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto ex art. 1375
cod. civ. (cfr. dec. n. 320/2010).
In quanto tale, dunque, il suo accertamento può rientrare nella cognizione dell’ABF, seppure
nei limiti ora richiamati.
Affinché possa ritenersi sussistente tale diritto nei confronti del ricorrente e, di converso,
l’obbligo di esecuzione del contratto in buona fede nei confronti dell’intermediario resistente,
deve tenersi conto delle circostanze di fatto e della produzione documentale, al fine di
addivenire ad una valutazione che si fondi sugli elementi specifici della fattispecie, sia di natura
soggettiva sia di natura soggettiva.
Peraltro, a confutazione della eccezione sollevata dal resistente, appare evidente già dalla
nota del 4 aprile 2013 prodotta ed identificata con il reclamo, che il ricorrente abbia
specificamente contestato la mancanza di riscontro alla richiesta di rinegoziazione.
Nel caso di specie, dunque, deve valutarsi se possa configurarsi tale diritto inteso, come detto,
alla stregua di rimedio manutentivo ad una pregressa violazione dell’obbligo di buona fede
nell’esecuzione del contratto.
Per quanto emerge dalle deduzioni delle parti, appare evidente che le reciproche
comunicazioni nel corso dell’istruttoria finalizzata alla rinegoziazione delle condizioni
contrattuali si sono svolte informalmente, per lo più telefonicamente o telematicamente: ciò, se
da un lato non consente di ritenere raggiunta un’adeguata prova documentale circa eventuali
ulteriori richieste istruttorie avanzate da parte dell’intermediario, non consente neppure,
dall’altro lato, di verificare la asserita completezza della documentazione inviata dal ricorrente
a supporto della propria richiesta.
Al contrario, il Collegio ritiene che la successione temporale di ulteriori eventi, risultanti per
tabulas, appaia decisiva nel senso di ritenere il comportamento dell’intermediario
sostanzialmente immune da censure.
È documentalmente provato, infatti, come già nel mese di settembre 2012 il ricorrente abbia
revocato l’autorizzazione all’addebito in RID delle rate del mutuo; e che a partire dal
successivo mese di ottobre non abbia più proceduto al pagamento delle rate in scadenza.
Nonostante la comunicazione via e-mail a metà ottobre 2012, per l’invio di un documento
previsto per l’istruttoria della pratica, lo stesso ricorrente non ha dato alcun seguito ai tre
solleciti di pagamento che gli sono stati inviati tra ottobre e novembre 2012.
Si tratta di comportamenti concludenti che hanno fondato nell’intermediario il legittimo
convincimento che il ricorrente abbia inteso rinunziare alla richiesta rinegoziazione.
Con riferimento alla richiesta di sospensione, pure avanzata col ricorso, pare decisivo
osservare, poi, che nessun seguito sarebbe stato possibile dare alla relativa istanza formulata
ai sensi del cd “Fondo di solidarietà”, in quanto, per un verso, la misura in questione è riferita ai
mutui destinati all’acquisto della prima casa e, per altro verso, il richiedente già beneficiava
dell’agevolazione in esame con riferimento ad altro mutuo.
In base alle risultanze istruttorie e alle deduzioni delle parti, dunque, non sussistono i
necessari elementi per poter riscontrare alcuna violazione del principio di buona fede
nell’esecuzione del contratto da parte dell’intermediario convenuto e, di conseguenza, non può
essere riconosciuto il diritto alla rinegoziazione dello stesso, che costituirebbe un’indebita
ingerenza da parte di questo Arbitro nelle scelte imprenditoriali dei singoli intermediari.
Da ultimo, con riguardo alla richiesta di risarcimento dei danni morali, il Collegio rileva che non
solo non appare ravvisabile in capo al convenuto alcuna condotta lesiva della sfera non
patrimoniale del ricorrente, ma inoltre non è stata fornita alcuna prova dell’eventuale
nocumento che sarebbe derivato dalla condotta lamentata (cfr., per tutte, dec. n. 2210/2011).
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Decisione N. 5736 del 13 novembre 2013
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO
1/2014
PARTE II
Spunti di dottrina
MUCCIARONE G., Attendendo la decisione del collegio di coordinamento dell’ABF su usura e interessi
moratori: ABF n. 77/2014 e ABF n. 125/2014, in Riv. di dir. banc.,n. 7/ 2014
Dopo una cronaca di quanto accaduto a partire dagli inizi del 2013, vengono prese in esame due
decisioni dell’ABF: e precisamente ABF – Collegio di Coordinamento del 10.1.2014 n. 77 e ABF –
Collegio di Napoli del 13.1.2014, n. 125.
Entrambe le pronunce vengono, in sostanza, condivise. Per quanto riguarda, in particolare la
seconda, si sottolinea (de lege lata), l’estraneità degli interessi moratori alle regole dell’usura.
LUPOI A, La cartolarizzazione dell’usura, spunti, in Riv. di dir. banc., n. 2/2014
Nel lavoro vengono esaminati i profili critici che, storicamente, hanno riguardato l’art. 644 c.p. ed i
riflessi sul piano civile, costituzionale e matematico. In particolare si sottolinea come non possa
applicarsi la disciplina civilistica dell’usura a tutte le fattispecie. Essa appare impostata sulla
situazione più odiosa (“usura da strada”), e non appare estendibile alle usuali operazioni bancarie,
che, invece, necessiterebbero di una loro disciplina specifica. Ad esempio, non è credibile che la
fattispecie relativa alla pattuizione di interessi usurari venga configurata al momento della
conclusione del contratto e, poi, attraverso un processo di cartolarizzazione essa, coinvolga per il
profilo dell’usura il soggetto terzo che ha acquisito il credito.
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO
1/2014
PARTE III
Segnalazioni di giurisprudenza
ANATOCISMO – RIPETIZIONE DI INDEBITO – PRESCRIZIONE - DECORRENZA
Cassazione, Sez. I Civ., 26 febbraio 2014, n. 4518
I versamenti eseguiti sul conto corrente in costanza di rapporto hanno normalmente funzione
ripristinatoria della provvista; la finalizzazione solutoria di tali versamenti deve essere in concreto
provata da parte di chi intende far decorrere la prescrizione dell’azione di ripetizione dalla data di
annotazione delle poste relative agli interessi passivi anatocistici.
Questo è quanto precisato dalla Corte di Cassazione in relazione alla sentenza n. 24428 del 2
dicembre 2010 in cui la stessa Corte aveva stabilito che l’azione di ripetizione di indebito è soggetta
alla prescrizione ordinaria decennale con decorrenza, in presenza di versamenti con funzione
ripristinatoria della provvista, dalla data di estinzione del conto e non già dalla data di annotazione
delle poste relative agli interessi illegittimamente addebitati.
(cfr. sentenze di seguito riportate)
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO
1/2014
SIC – CANCELLAZIONE – RICORSO EX ART. 700 c.p.c – INAMMISSIBILITA’
Tribunale della Spezia, Ordinanza del 29 gennaio 2014
Il Tribunale di La Spezia ha respinto il ricorso ex art. 700 c.p.c. promosso per ottenere la cancellazione
del nominativo della ricorrente dalla banca dati della Centrale Rischi della Banca d’Italia. Come già
stabilito, infatti, dal Tribunale di Verona (ordinanza del 22 ottobre 2012) e di Napoli (ordinanza del 2
luglio 2013), il rimedio cautelare d’urgenza invocato per ottenere la cancellazione di un nominativo
dalla Centrale Rischi deve considerarsi inammissibile, vista l’esistenza di un rimedio cautelare tipico
qual è quello previsto dal combinato disposto degli articoli 10 e 5 del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150.
(cfr. ordinanza di seguito riportata)
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO
1/2014
MUTUO – USURA – SOMMATORIA INTERESSI CORRISPETTIVI E MORATORI – ERRORRE LOGICO E
GIURIDICO – CONSEGUENZE
Trib. Trani, Ordinanza dell’ 11 marzo 2014, inedita
 Sostenere che il tasso soglia ex l. 108/1996 sarebbe superato in un mutuo, per effetto della
sommatoria fra il tasso debitore e quello moratorio, è un errore di carattere logico oltre che
giuridico.
 L’ipotetica sommatoria di interessi moratori e di interessi corrispettivi che superi il c.d. tasso
soglia determinerebbe al più che non siano dovuti gli interessi moratori allorché che gli interessi
corrispettivi sono pattuiti entro la soglia.
 La pronuncia della Cassazione n. 350 del 2013 non fa altro che ribadire che l’art. 1815 c.c. opera
anche con riguardo agli interessi moratori.
(cfr. ordinanza di seguito riportata)
a cura del Conciliatore BancarioFinanziario
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