Federica GUZZO - Il pareggio di bilancio e dintorni

Il pareggio di bilancio e dintorni
di Federica Guzzo
(Fondazione trasPArenza)
Sommario: 1. Una doverosa premessa; 2. L’introduzione e l’attuazione del “pareggio di
bilancio”; 2.1 La legge costituzionale n. 1/2012 e l’art. 81 Cost.; 2.2 La legge (rinforzata) n.
243/ 2012; 2.3 L’Ufficio parlamentare di bilancio; 3. “Pareggio di bilancio” per gli enti
territoriali; 4. Coordinamento della finanza pubblica e controlli.
1. Una doverosa premessa.
Nel corso della XVI legislatura, dati i debiti sovrani dell’eurozona, è emersa a livello
comunitario l’esigenza di prevedere negli ordinamenti nazionali ulteriori e più stringenti
regole per il consolidamento fiscale e, in particolare, di introdurre, preferibilmente con norme
di rango costituzionale, la golden rule del “pareggio di bilancio”.
Questa manovra fiscale, però, trae origini più lontane rispetto agli anni in cui si è
consolidata maggiormente, poiché, per lo meno nel caso italiano, si potrebbe dire che il punto
di svolta in tal senso sia stato la crisi economica del 1992, che i governi Amato e Ciampi
hanno affrontato con una legislazione di emergenza.
Contestualmente alla grave situazione finanziaria italiana il Trattato di Maastricht ha
imposto criteri di convergenza agli Stati membri, nonché l’istituzione del sistema europeo
delle banche centrali, con il fine ultimo di creare l’Unione monetaria europea.
Com’è noto, sono stati fissati dei parametri da osservare per partecipare all’adozione della
moneta unica: un deficit statale non superiore al 3% del PIL; un debito pubblico non
superiore al 60% del PIL; un’inflazione non superiore di 1,5 punti a quella accertata nei tre
Paesi europei con tasso d’inflazione più basso; tassi d’interesse a lungo termine non superiori
di oltre 2 punti a quelli dei tre Paesi europei con tassi di interesse più bassi.
Dei criteri, tra i quali quello del 60%, alcuni non sono mai stati applicati nemmeno dalla
virtuosa Germania; altri hanno perso invece rilievo anche a seguito del passaggio dalle
Banche centrali nazionali alla Banca centrale europea della fissazione dei tassi d’interesse e
della parità di cambio (cambiamento che può definirsi come una delle cause per cui gli Stati
nazionali non possono correggere il bilancio pubblico). In compenso, è ancora in vigore il
parametro da alcuni definito la “dittatura del 3%” e da molti criticato.1
E’ importante notare, però, che le scelte di politica economica effettuate per fronteggiare
la crisi sono state differenti in Europa, rispetto ad altri Paesi del mondo.
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Si veda in proposito il contributo scientifico fornito dagli studi del Prof. Luigi Pasinetti sul tema. In particolare
“The Myth (or Folly) of the 3% Deficit/GDP Maastricht “parameter”.
ASTRID RASSEGNA – N. 11/2014
Se l’Italia, infatti, ha preferito politiche di austerity aderendo a quanto imposto soprattutto
da Paesi forti come la Germania, l’Olanda, l’Austria o la Finlandia, gli USA di Obama hanno
reagito in maniera completamente opposta.
In clima di recessione Obama ha varato una serie di manovre d’investimenti pubblici, pur
raggiungendo un rapporto Deficit/PIL quasi del 12%, nella convinzione che solo l’apertura
dei mercati, il consumo e gli investimenti avrebbero risanato nel tempo il bilancio federale.
E in effetti è quanto accaduto, dal momento che attualmente negli USA si ha una crescita del
PIL del 3% e molti più posti di lavoro che in Europa.
In Italia invece si stima che i disoccupati siano cresciuti di almeno un milione, i precari
siano arrivati a quota 4 milioni, la disoccupazione al di sopra del 40%, il PIL abbia perso 6
punti rispetto al 2007, il debito pubblico (dal 2009 pari al 106%) sia oggi oltre il 134%.
Non è un caso che il Presidente della BCE, Mario Draghi, abbia di recente ipotizzato come
soluzione l’acquisto di bond/titoli sovrani, l’abbassamento dei tassi di interesse e una nuova
iniezione di liquidità per le banche.
Oltre ai parametri imposti, però, è opportuno ricordare che con il Trattato di Maastricht,
soprattutto a livello nazionale, sarebbero dovute subentrare revisioni sostanziali delle
amministrazioni pubbliche: una riconversione delle stesse in chiave internazionale; una
maggiore responsabilizzazione degli enti sub-statali nell’erogazione dei servizi ai cittadini;
un’autonomia maggiore per le Regioni più avanzate e nuove norme costituzionali per favorire
l’emersione di quelle più arretrate; un federalismo, soprattutto fiscale, di riordino delle
istituzioni nazionali e territoriali per renderle funzionali ai nuovi rapporti europei.2
A 20 anni dal Trattato e a più di 10 dalla revisione del titolo V, parte seconda, della
Costituzione, invece, in Italia il regionalismo ipotizzato appare sempre più in difficoltà.
Lo Stato non ha effettivamente rimesso le nuove funzioni alle Regioni, le quali hanno
d’altronde evitato di modificare i rispettivi assetti istituzionali; la giurisprudenza della Corte
costituzionale ha sancito la visione centralistica dello Stato attraverso “il filtro” dell’interesse
nazionale, precedentemente affievolito, e nel presunto rispetto del principio di sussidiarietà
come scriminante all’intervento statale; a questo si aggiungano la crisi economica e quella del
sistema politico italiano.
In proposito “Federalismo fiscale: a che punto siamo, che cosa si è fatto e cosa resta da fare (o da rifare)” di L.
Antonini; “Che fine ha fatto il federalismo fiscale?” di G. Mazzola; “I vincoli europei all’introduzione del
federalismo fiscale in Italia: una prima valutazione (Patto di stabilità e crescita, Fiscal compact e futuro del
federalismo fiscale)” di D. Moro; “L’attuazione del federalismo fiscale. Una proposta” di F. Bassanini e G.
Macciotta, tratto da http://www.astrid-online.it
2
2
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E’ naturale, quindi, che davanti a una situazione finanziaria del genere e con le pressioni
derivanti dall’Unione Europea, si sia scelto di approntare ulteriori elementi correttivi che
facciano rispettare al Paese gli obblighi derivanti dal Patto di stabilità e crescita.
Ciò che non è altrettanto naturale è come e in che modalità questi obblighi siano stati recepiti
nei vari ordinamenti, in questo caso quello italiano.
2. L’introduzione e l’attuazione del “pareggio di bilancio”.
2.1 La legge costituzionale n. 1/2012 e l’art. 81 Cost.
Con legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 è stato introdotto in Costituzione il principio
dell’equilibrio strutturale delle entrate e delle spese di bilancio.
L’obbligo non trae il proprio fondamento giuridico dai Trattati, bensì da impegni previsti da
strumenti di diversa natura introdotti nel quadro della nuova governance economica europea.
Primo fra questi il Patto Europlus (marzo 2011), un accordo non giuridicamente
vincolante adottato dai Capi di Stato e di governo dell’area euro e tramite il quale gli Stati
dell’eurozona hanno assunto l’obbligo di recepire nelle rispettive Costituzioni le regole del
Patto di stabilità e crescita.
In secondo luogo, il Six Pack (dicembre 2011) di riforma al Patto di stabilità e composto
da 6 atti legislativi finalizzati al rafforzamento della governance economica europea.
In particolare, regole più severe sul debito e fissazione delle modalità per ridurlo, sanzioni
più efficaci, controllo della spesa, criteri comuni sui bilanci, prevenzione degli squilibri.
Tali vincoli sono stati posti dal Consiglio ECOFIN e successivamente ribaditi nel cd.
Fiscal Compact (gennaio 2012), sottoscritto in occasione del Consiglio europeo di primavera
e concernente il patto di bilancio fra gli Stati UE, il coordinamento delle politiche pubbliche
negli Stati membri e le normative della governance nella zona euro.
In conformità a quanto stabilito dal Fiscal compact, dal 2016 (anno di entrata in vigore),
qualora le condizioni economiche italiane non dovessero migliorare, il Paese dovrebbe
approvare annualmente leggi di stabilità che prevedano una riduzione della spesa pubblica di
circa 50 miliardi di euro per ben 25 anni.
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ASTRID RASSEGNA – N. 11/2014
Infine, la direttiva 2011/85/UE riguardante i quadri di bilancio nazionali e con cui sono
state fissate le regole minime affinché fosse garantita l’osservanza da parte degli Stati
membri dell’obbligo, derivante dal Trattato, di evitare disavanzi pubblici eccessivi.3
Il testo della legge costituzionale n. 1/ 2012, novella gli artt. 81, 97, 117 e 119 Cost.,
correlando il principio del “pareggio di bilancio” ad un vincolo di sostenibilità del debito di
tutte le pubbliche amministrazioni.
L’idea di fondo è quella di rendere più difficile il ricorso all’indebitamento nel tentativo
di rispondere ai vincoli europei di “alleggerimento” della spesa pubblica, possibilmente senza
ricorrere al prestito.
L’obiettivo, invece, è quello di restituire un certo grado di accountability allo Stato
italiano nei confronti dell’Unione europea, ma anche di non abbandonare il modello dello
Stato interventista nelle materie economiche, preferendo quindi l’uso del termine “equilibrio”
al posto del più puntuale “pareggio” di bilancio.
Non stupisce che il principio sia considerato anche come un obiettivo di politica
economica, che prevede premialità per i rappresentanti istituzionali che svolgano
correttamente il proprio dovere, ma non si preoccupa di garantire ulteriori o più chiare
sanzioni a carico di chi sia invece responsabile di una cattiva gestione della cosa pubblica.
Il “pareggio di bilancio” riprende un obbligo già esistente in capo alla pubblica
amministrazione e contenuto nel previgente testo dell’art. 81 Cost., ovvero quello di indicare
la copertura finanziaria delle spese. Non rappresenta, pertanto, una novità assoluta sotto il
profilo normativo rispetto al panorama antecedente. Non è un caso che la Corte
Costituzionale abbia optato per il “principio del tendenziale equilibrio finanziario dei bilanci
dello Stato”.4
Com’è facilmente deducibile esiste una certa ambiguità nell’interpretazione dell’art. 81
Cost. che può interpretarsi come una sorta di disposizione in bianco in cui il concetto di
equilibrio possiede un’ampia portata semantica, così ampia da permettere di adattarla a
differenti letture che variano al variare delle politiche economiche o delle congiunture di
turno, fornendo quindi ampio spettro di discrezionalità al decisore o al legislatore di turno.
La direttiva ha disposto l’introduzione di regole di bilancio numeriche specifiche per Paese, dispositivi di
monitoraggio ed analisi indipendente, meccanismi e regole che disciplinano le relazioni in materia di bilancio
tra le autorità dei sottosettori dell’amministrazione pubblica. In particolare l’art. 4 prevede che gli Stati membri
dispongano di regole di bilancio numeriche sul saldo di bilancio che conseguano l’obiettivo di medio termine,
http://leg16.camera.it
4
Si vedano “Pareggio di bilancio: le ricadute (o le implicazioni) sui Comuni e sul sistema sanitario” di E. Jorio,
tratto da http://federalismi.it ; “Pareggio di bilancio: qualcosa si può fare” di A. Pace, http://www.rivistaaic.it
3
4
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Il portato normativo di questa disposizione, poi, pare introdurre un divieto
d’indebitamento, quindi una misura ben più limitativa del generico obbligo di garantire
l’equilibrio finanziario con cui invece si apre lo stesso art. 81 Cost.
Stessi problemi di interpretazione affliggono il “ricorso all’indebitamento”, poiché non è
chiaro a cosa questo faccia riferimento: se sia, cioè, un riferimento ai saldi di bilancio o un
mero sinonimo di deficit.5
L’art. 3 del Trattato sulla Stabilità, sul Coordinamento e sulla Governance dell’Unione
economica e monetaria fissa un limite percentuale d’indebitamento sostenibile con una soglia
dello 0,5%. Ma se è vero che in determinate fasi congiunturali avverse può sorgere la
necessità di prevedere un bilancio pubblico in regime di avanzo primario, è altrettanto vero
che, all’opposto, una particolare congiuntura imponga interventi di politica economica in
regime di disavanzo (anche minimo).
Il paradosso è che questo è consentito dal Trattato, ma impedito dall’art. 81 Cost., con la
conseguenza che l’Italia si è posta nelle condizioni di privarsi di uno strumento fondamentale
come quello messo a disposizione dal Fiscal Compact, ovvero l’intervento europeo
nell’economia a favore della crescita anche al fine di correggere la sproporzione esistente tra
debito pubblico e PIL.
In termini comparativi questo significa creare diseguaglianze tra Stati membri, sia per
quanto riguarda le risorse disponibili e sia per il progresso economico e sociale.
A questo deve aggiungersi l’ipotesi, anche in tal caso prevista dal Trattato, di consentire
agli Stati membri che abbiano un debito pubblico inferiore alla soglia del 60% del PIL di
spingere legittimamente il proprio deficit strutturale fino all’1%.
Nel caso italiano ci si trova in una situazione tale per cui il pareggio strutturale del
bilancio richiede un avanzo primario pari al 6% circa del PIL. Considerati, però, i vincoli
europei provenienti dal Fiscal Compact, nonché i fattori che influiscono sul debito pubblico,
è interessante chiedersi se l’equilibrio strutturale del bilancio pubblico sia un vincolo più o
meno stringente rispetto a quello posto sul debito pubblico.
Senza per questo addentrarsi in calcoli o ricostruzioni di carattere strettamente
economico, si può dire che per continuare a soddisfare i vincoli posti dall’UE, l’avanzo
primario del bilancio pubblico italiano rispetto al PIL dovrà mantenersi al di sopra del tasso
L’Italia è, in effetti, uno degli unici paesi ad aver introdotto questa formula in Costituzione perché, ad esempio,
in Spagna si è indicato l’obbligo di “non incorrere in un deficit strutturale che superi i margini stabiliti dall’UE
per gli Stati membri” rinviando quindi ad una legge organica per la determinazione dettagliata dei limiti e dei
vincoli posti e con la conseguenza di garantire ampi spazi di manovra nelle fasi in cui la stessa Unione Europea
lo
consente,
“Note
critiche
sul
cd.
pareggio
di
bilancio”
di
F.
Bilancia
su
http://www.associazionedeicostituzionalisti.it
5
5
ASTRID RASSEGNA – N. 11/2014
nominale di crescita del PIL fino al 2020, essere maggiore del 3% fino al 2025 ed aggirarsi
intorno al 2% fra il 2026 ed il 2033, anno in cui il rapporto debito/PIL italiano raggiungerà la
soglia del 60%.6
Quanto detto rappresenta uno scenario particolarmente critico che, per essere precisi, è
aggravato anche e soprattutto dalla mancanza di efficaci meccanismi di controllo della spesa
pubblica.
Durante il secondo governo Prodi, il Ministro Padoa-Schioppa ha avviato il progetto per
una spending review, poi ripreso dal governo Monti e ora dal governo Renzi, ma i dati in
merito sono alquanto deludenti: nel 2008-2009 si è avuta una perdita di 100 miliardi di PIL,
mentre dal 2009 ad oggi la mancata crescita nominale ha superato i 230 miliardi.
Ulteriore aspetto problematico della Legge costituzionale n. 1/2012 è ciò che ne deriva
rispetto al rapporto tra disciplina di bilancio e titolo V della Costituzione, poiché il ruolo
centrale dello Stato nel sistema di finanza nazionale ne esce sicuramente rafforzato.
Sia perché “l’armonizzazione dei bilanci pubblici” rientra nelle materie di potestà
esclusiva (e non più concorrente) dello Stato e sia perché si estende anche ai bilanci di
Regioni, Province e Comuni il principio dell’equilibrio valido per i conti pubblici dello Stato,
precisando che il ricorso all’indebitamento per le spese d’investimento possa essere operato
da parte degli enti locali “con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a
condizione che per il complesso degli Enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di
bilancio” (restringendo quindi la portata della golden rule presente nel previgente art. 119,
comma 6, della Costituzione).7
Il tutto ponderato alla luce degli interessi territoriali nel loro complesso, dovendosi
estendere il “pareggio di bilancio” all’eterogeneo insieme di enti locali italiani, composti da
un vastissimo numero di comuni.
2.2 La legge (rinforzata) n. 243/ 2012.
Ulteriore e fondamentale passaggio nell’ambito dei rapporti Italia-UE è la L. 243/ 2012,
che modifica la L. 11/ 2005 in attuazione dell’art. 81 Cost. e nei termini previsti dall’art. 5
della Legge costituzionale n. 1/ 2012.8
6
Ricostruzione fornita dal Prof. Marcello Messori in occasione di un seminario del 5 giugno 2012 presso il
CNEL intitolato “Lo stock del debito pubblico si può abbattere con misure straordinarie?”, http://www.cnel.it
7
“La costituzionalizzazione del pareggio di bilancio secondo la teoria economica. Note critiche” di M. Nardini,
http://www.amministrazioneincammino.luiss.it
8
http://www.politicheeuropee.it
6
F. GUZZO - IL PAREGGIO DI BILANCIO E DINTORNI
Il testo risponde alle innovazioni e alle semplificazioni introdotte dal Trattato di Lisbona,
a partire da adattamenti linguistici (l’espressione “Comunità europea” è stata sostituita da
quella di “Unione europea”) per finire con cambiamenti istituzionali (ad esempio, il
coinvolgimento diretto dei Parlamenti nazionali ed il controllo del rispetto del principio di
sussidiarietà nell’attività legislativa dell’Unione europea).9
Il legislatore ha scelto una disciplina più snella rispetto a quella utilizzata per la Legge
costituzionale n. 1/ 2012, introducendo regole ben precise in tema di equilibrio di bilancio e
sostenibilità del debito delle pubbliche amministrazioni, rendendo molto stringenti le
previsioni del novellato art. 81 Cost. e dando modo di credere che, a livello territoriale, tali
regole (dall’art. 9 all’art. 12 della legge) difficilmente potranno essere applicate alle Regioni
italiane senza provocare conseguenze sociali evidenti.
Anche in questo caso, come per la Legge costituzionale n. 1/ 2012, si ha una spiccata
connotazione bipartisan poiché la legge nasce da un’iniziativa del Presidente e dei
Capigruppo nella V Commissione permanente della Camera e compie il suo percorso
parlamentare in parallelo con le leggi di stabilità e bilancio per il 2013 con passaggi
rapidissimi all’aula della Camera e del Senato.10
E’ indicativo, in proposito, l’imminente “caduta” del governo Monti, che si è dimesso il
21 dicembre 2012, mentre la legge è stata approvata 3 giorni dopo in un clima di evidente
frettolosità.
Che sia per questi o per altri motivi, non può che denotarsi un paradosso nel contenuto
della legge, ovvero la mancata citazione dell’art. 81 Cost. (eccetto l’art. 1 che nel richiamare
la natura “rinforzata” della legge vi fa riferimento).
Proprio tale disposizione dovrebbe essere il pilastro costituzionale portante in tema di
bilancio, anche perché la legge stessa ne da attuazione. Allo stesso modo il testo in commento
dovrebbe rappresentare tout court un “ponte” tra le pubbliche amministrazioni e gli obiettivi
fissati in sede europea. Al contrario, l’art. 81 Cost. sembra essere “preferito” ai frequenti
richiami all’art. 97 Cost.
Inoltre, la legge appare alquanto vaga nell’indicare un rapporto massimo della spesa
rispetto al PIL: se da un lato prescrive che nei documenti di programmazione per il triennio di
riferimento dovrà essere indicato il livello di spesa delle pubbliche amministrazioni e, in caso
di disallineamenti, si dovrà compensare con aumenti delle entrate di pari ammontare,
9
Ad esempio, prima dello svolgimento delle riunioni del Consiglio europeo, il Governo deve illustrare alle
Camere la posizione che intende assumere sui temi in discussione nei confronti dei quali non potrà non tener
conto degli indirizzi espressi dal Parlamento.
10
http://dirittiregionali.org
7
ASTRID RASSEGNA – N. 11/2014
dall’altro non fissa dei parametri di riferimento, ma rimanda a quanto stabilito in sede
europea.
Da un punto di vista procedimentale, invece, è importante sottolineare alcuni aspetti: la
legge è stata approvata a maggioranza assoluta, come richiesto dal novellato art. 81 Cost., ma
può essere abrogata, modificata o derogata da una legge successiva e solo con la stessa
procedura (“in modo espresso” come sancito dall’art. 1, comma 2);11 i frequenti rinvii alle
leggi dello Stato indicano aspetti della normativa suscettibili di integrazioni da parte di leggi
ordinarie; la legge può ritenersi dotata di competenza esclusiva, quindi anche integrativa del
dato costituzionale, purché non generi contraddizioni con la Costituzione.12
Per queste ragioni, oltre ad essere “rinforzata”, la legge 243 è stata interpretata oltremodo
come legge “superprimaria”, avente i caratteri della norma interposta nei giudizi di
costituzionalità per violazione dell’art. 81 Cost., ma non per questo dotata di una
sovraordinazione gerarchica nel sistema delle fonti legislative.13
2.3 L’Ufficio parlamentare di bilancio.
La legge n. 243 ha poi introdotto nell’ordinamento nazionale l’Ufficio parlamentare di
bilancio (capo VII) avente il compito di vigilare sulle finanze pubbliche e sul governo delle
stesse, con la possibilità di riservare un’attenzione speciale anche alle amministrazioni
territoriali. La legge, da un lato, tende a garantire l’indipendenza dell’Ufficio, ma dall’altro,
lo lega a vincoli particolari nei riguardi del Parlamento.14
Per approfondimenti “La revisione costituzionale della disciplina di bilancio e il sistema delle fonti” di N.
Lupo, http://www.astrid-online.it
12
La legge n. 243/2012 è, al momento, l’unico se non il più originale esempio di legge rinforzata sul piano
interno (con riferimento all’art. 81, sesto comma, Cost.), per i motivi già evidenziati, ovvero la prescrizione di
una maggioranza assoluta dei componenti delle Camere. Tale rinforzo, infatti, acquisisce ancor più vigore se
paragonato a quello “politico”, che prevede speciali maggioranze rispetto a quella ordinaria e tipica dell’art. 64,
terzo comma, Cost. o a quello “formale”, che comporta una variazione dell’intero procedimento legislativo
ordinario di cui all’art. 72 Cost. Si legga in proposito “Brevi considerazioni sulla natura rinforzata della legge
24 dicembre 2012, n. 243, di attuazione del principio costituzionale del pareggio dei bilanci pubblici” del Cons.
R. Dickmann, http://federalismi.it
13
Ad esempio “«Pareggio» di bilancio contro intervento pubblico nel nuovo art. 81 della Costituzione” di M.
Passalacqua,, in www.amministrazioneincammino.it; “La revisione costituzionale della disciplina di bilancio e il
sistema delle fonti”, Il Filangieri, Napoli, 2012.
14
Le commissioni parlamentari competenti in materia di finanza designano i 10 nomi, tra i quali i Presidenti
delle Camere sceglieranno a loro volta il presidente e gli altri 2 membri del consiglio attraverso il quale opererà
l’Ufficio. I Presidenti delle Camere approveranno il bilancio ed i regolamenti per l’organizzazione ed il
funzionamento dello stesso ed il personale, almeno in parte, potrà essere tratto dai ranghi dei funzionari
parlamentari. Qualora l’Ufficio rilevasse valutazioni “significativamente divergenti” a quelle del Governo,
dovrebbero essere i componenti delle commissioni parlamentari (almeno un terzo) a chiedere chiarimenti al
Governo, http://dirittiregionali.org
11
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F. GUZZO - IL PAREGGIO DI BILANCIO E DINTORNI
Anche in questo caso si tratta della rappresentazione in chiave nazionale di un movimento
già esistente in ambito internazionale e relativo alla richiesta d’istituzione di organismi
indipendenti denominati Fiscal councils.
Non è quindi un’innovazione tipicamente italiana, bensì la risposta nazionale al tentativo di
ripristinare la credibilità della finanza pubblica come Eurostat, gli uffici della Commissione
e, in parte, la Banca centrale europea non avevano fino ad ora fatto completamente.15
In principio, è la su menzionata Direttiva 2011/85/UE del Consiglio a richiedere un
controllo efficace e tempestivo sul rispetto delle regole di bilancio attraverso un’analisi
“affidabile e indipendente, eseguita da organismi indipendenti o organismi dotati di
autonomia funzionale rispetto alle autorità di bilancio degli Stati membri” (art. 5, comma 1,
lett. b). Successivamente, con il Fiscal compact e l’introduzione del “pareggio di bilancio”
preferibilmente nelle Costituzioni nazionali, gli Stati contraenti hanno concordato non solo
vincoli finanziari più rigorosi, ma anche un sistema di controllo specifico e delineato dalla
Commissione il 20 giugno 2012 con una Comunicazione sui principi comuni per i
meccanismi nazionali di correzione del bilancio.
Secondo quanto affermato dalla Commissione “gli istituti di sorveglianza” hanno il
compito di: controllare, in caso di mancato conseguimento dell’obiettivo di medio termine, se
ricorrano le circostanze per l’attivazione del meccanismo di correzione; verificare che questo
risponda ai piani nazionali di rientro, se già attivato; valutare se occorra ricorrere alla clausola
di salvaguardia o alla sua sospensione; esprimere delle valutazioni alle quali gli Stati
potranno conformarsi o, in caso contrario, motivare la deviazione.
La Comunicazione della Commissione, poi, individua nel concetto di “istituzioni di
vigilanza” gli organi deputati a svolgere un controllo sia successivo che preventivo,
formulando decisioni idonee a vincolare sia il Governo che il Parlamento.
Risulta evidente come un’indicazione del genere induca a non poche riflessioni in tema di
rapporti tra istituzioni democratiche saldamente stabilite negli ordinamenti e organismi
15
Giova ricordare, in effetti, che a livello europeo i controlli possono essere distinti in: interno, esercitato dagli
ordinatori e dai contabili e successivamente dal revisore contabile interno dell’istituzione; esterno, da parte della
Corte dei conti che attesta annualmente l’affidabilità dei conti e la legittimità e regolarità delle operazioni,
nonché l’esecuzione del bilancio generale, comprensiva dei bilanci delle istituzioni e delle agenzie, il controllo
delle attività finanziarie della Banca europea per gli investimenti, la valutazione del rapporto costo-efficacia
delle varie forme di finanziamento dell’UE in sede di attuazione delle politiche dell’Unione, l’esame delle frodi
e delle irregolarità commesse in sede di esecuzione del bilancio dell’Unione, le misure volte a prevenire e
perseguire tali casi e la tutela degli interessi finanziari dell’Unione. Un’importante attività in tal senso è svolta
anche dal Parlamento europeo, che valuta l’esecuzione del bilancio al fine di concedere il discarico alla
Commissione europea e dall’Eurostat, Direzione Generale della Commissione e definito come “quinto livello di
controllo”, che raccoglie ed elabora dati degli Stati membri dell’UE a fini statistici, promuovendo il processo di
armonizzazione della metodologia statistica tra gli Stati membri.
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tecnici indipendenti legittimati dalla professionalità e dall’imparzialità dei rispettivi membri
più che da un’elezione popolare. Tuttavia, la Comunicazione non è un atto normativo e come
tale il suo contenuto è da intendersi più come mero ausilio per l’interprete che come vincolo
giuridico.
Ultimo passaggio propedeutico all’introduzione delle “istituzioni di vigilanza” è il
Regolamento sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti
programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della
zona euro del 21 maggio 2013, n. 473/ 2013 (appartenente al pacchetto del cd. Two Pack).
Tra le disposizioni ivi contenute è importante rammentare soprattutto il considerando n.
17 secondo il quale tali enti (definizione utilizzata come traduzione dell’inglese “body”)
devono essere recepiti “tenendo conto dell’assetto istituzionale esistente e della struttura
amministrativa dello Stato membro interessato”.16
Non sorprende, quindi, che l’Ufficio parlamentare di bilancio, così come introdotto in Italia,
sia ben lontano dall’americano Congressional Budget Office, assunto a modello dagli Stati
extra europei come Australia, Canada, Corea del sud e Messico, ma non in ambito europeo.
La motivazione è da ricercare principalmente nella dimensione ordinamentale
sovranazionale dell’UE, ma se ne sottolinea il distacco anche in termini di membership (in
Italia l’ente è composto da 3 membri e da 30/40 dipendenti, mentre in America sono circa
250) e con riferimento alle risorse finanziarie di cui beneficiano.
Per il Congressional Budget Office, incardinato presso il Legislativo ed espressione del
rinomato principio del check and balance, è infatti il Congresso a controllare il ciclo di
bilancio e le risorse sono decisamente superiori a quelle di cui godono gli stessi Uffici in
ambito europeo.17
La creazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, nel caso italiano, è da intendersi
soprattutto come “un’opportunità offerta alle due Camere di realizzare finalmente il
coordinamento delle rispettive attività di controllo, avvalendosi di una struttura unitaria di
riferimento” con l’obiettivo di snellire dal punto di vista procedurale le complesse
disposizioni previste dalla governance economica europea, favorendo sia “il conseguimento
16
La Francia ad esempio con la legge organica del 17 dicembre 2012 ha dato attuazione al Fiscal compact
prevedendo l'istituzione dell'Haut Conseil aux finances publiques, organismo indipendente che si caratterizza
per il suo legame preferenziale con la Cour des comptes e in parte anche con il Parlamento francese.
17
Il finanziamento dell’Ufficio parlamentare di bilancio, disciplinato dall’art. 19 della L. 243/ 2012, è in stretta
aderenza al carattere di organismo del Parlamento: si prevede, infatti, un finanziamento annuale a ciascuna
Camera destinato al suo funzionamento e il suo utilizzo sarà gestito autonomamente sulla base di un proprio
bilancio di previsione approvato dal Consiglio annualmente.
10
F. GUZZO - IL PAREGGIO DI BILANCIO E DINTORNI
di economie di scala nello svolgimento delle verifiche, sia il rafforzamento del giudizio delle
Camere sull’operato del Governo (e più in generale delle pubbliche amministrazioni)”.18
L’Italia avrebbe potuto seguire le linee caratterizzanti i Fiscal Councils presenti in altri
Paesi oppure creare un organismo del tutto nuovo: si è scelto, invece, un modello che non ha
avuto radici di dibattito politico o istituzionale, ma è stato piuttosto la risposta tempestiva a
un’esigenza europea, da un lato, e nazionale (relativamente al profilo della finanza pubblica)
dall’altro.19
La disciplina legata all’istituzione degli enti indipendenti è divenuta nel tempo molto
dettagliata, ma come anticipato con la definizione di Fiscal Councils non è un’innovazione
recente. In effetti, già nel 2009 l’OCSE ne riscontrava la presenza in 15 Paesi del mondo.20
La querelle nata ed evolutasi ha riguardato piuttosto l’OCSE stessa e la Commissione
europea: la prima, infatti, non include in questa definizione anche le Corti dei conti, mentre la
seconda si.21
In effetti la Corte è risultata alquanto marginalizzata nel quadro delle riforme nazionali di
adeguamento alle norme europee sulla governance economica.22
A questo si aggiunga la presenza nel panorama nazionale di altri organismi con competenze
simili che, in un certo senso, hanno subìto una dequalificazione con l’istituzione dell’Ufficio
parlamentare di bilancio.23
“La nuova governance economica europea. I risvolti sulle procedure parlamentari italiane” di D. A. Capuano
e E. Griglio, tratto da “Il sistema parlamentare euro-nazionale. Lezioni” a cura di A. Manzella e N. Lupo, G.
Giappichelli Editore, Torino, 2014.
19
E’ opportuno ricordare che l’Ufficio parlamentare di bilancio si configura quale “organo a rilevanza
subcostituzionale in quanto previsto da una legge “rinforzata” e pertanto con valore giuridico superiore a quello
delle leggi ordinarie, ma avente base giuridica nel novellato art. 81 Cost. D’altronde l’UE non aveva imposto né
una particolare fonte di diritto, né una particolare figura organizzativa, ma l’operatività di un organismo
affidabile per stime, analisi, verifiche e valutazioni di finanza pubblica nel rispetto dei principi posti dal
Regolamento n. 473/ 2013. Tratto da “L’ufficio parlamentare di bilancio e la nuova governance della finanza
pubblica” di M. P. Chiti; “Prime note sulla costituzione dell’Ufficio parlamentare di bilancio” di L. Giunti,
http://www.astrid-online.it
20
Si pensi al Regno Unito, dove da tempo esiste un’autonoma capacità delle Camere di vigilare sull’andamento
dei conti pubblici e di svolgere un sindacato sull’operato del Governo.
21
“Cessioni di sovranità e poteri di bilancio” di R. Perez, Relazione al 58° Convegno di studi amministrativi,
“Dalla crisi economica al pareggio di bilancio: prospettive, percorsi e responsabilità”, http://www.astridonline.it
22
Per una trattazione più approfondita del ruolo della Corte dei conti si rimanda al PAR. 4.
Per approfondimenti “I controlli finanziari e contabili e il ruolo futuro della Corte dei conti. Un approccio
economico-aziendale” di S. Pozzoli, http://www.astrid-online.it
23
Tra questi si ricordino il Servizio del Bilancio del Senato; il Servizio studi della Banca d’Italia; la Ragioneria
generale dello Stato; il Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze; anche l’ISTAT,
per parte delle sue statistiche. Tratto da “L’ufficio parlamentare di bilancio e la nuova governance della finanza
pubblica” di M. P. Chiti, http://www.astrid-online.it
18
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ASTRID RASSEGNA – N. 11/2014
3. “Pareggio di bilancio” per gli enti territoriali.
Per quanto concerne gli obiettivi di bilancio in proiezione territoriale è il capo IV della L.
243/ 2012 ad interessarsene maggiormente.24
L’art. 9 definisce l’equilibrio di bilancio per gli enti territoriali come un saldo non
negativo tra entrate e spese (finali e correnti): in caso di saldo negativo, l’ente deve
recuperare con apposite misure entro 3 anni.25
Al comma 5, il medesimo articolo, autorizza lo Stato a porre ulteriori obblighi a carico
degli enti territoriali, sempre al fine di conseguire gli obiettivi complessivi delle
amministrazioni pubbliche, tenendo presenti, però, 3 condizioni: il rispetto dei principi
stabiliti dalla legge; il riferimento a criteri analoghi a quelli previsti per le amministrazioni
statali; la considerazione dei parametri di virtuosità.26
Ai sensi dell’art. 12 della L. 243, inoltre, nei periodi favorevoli il DEF può imporre agli
enti di contribuire al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato previo parere della
Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.
Al contrario, nelle fasi sfavorevoli o in concomitanza con eventi eccezionali, lo Stato può
sovvenzionare gli enti stessi tramite apposito fondo (Fondo straordinario per il concorso dello
Stato) finalizzato al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni
fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali.27
Regioni ed enti locali sono, oltremodo, chiamati a contribuire all’abbattimento del debito
pubblico nazionale: l’indebitamento è previsto dall’art. 10 della legge e a norma dell’art. 119,
ultimo comma, Cost. solo in alcuni casi come: il finanziamento delle spese di investimento;
la definizione di piani di ammortamento; il rispetto da parte degli enti di ciascuna regione
dell’equilibrio di bilancio.
In base ai dati della relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del
Decreto Legge 95/ 2012 (cd. spending review) le amministrazioni locali hanno concorso per
il 73% nel 2012 alle risorse recuperate, mentre il concorso dello Stato si è attestato al 27%.28
24
Occorre precisare che la legge ha trovato applicazione dal 1° gennaio 2014, tranne per la parte relativa al capo
IV ed all’art. 15 che, al contrario, troveranno applicazione dal 1° gennaio 2016.
25
Un termine molto più breve rispetto a quello decennale (profilato per gli enti locali affetti da squilibri
strutturali del bilancio in grado di provocare dissesto finanziario) dal Decreto legge n. 174/ 2012, convertito in
legge n. 213/ 2012 di introduzione all’art. 243bis del TUEL.
26
Il concetto di “virtuosità” ha dei parametri di riferimento molto labili, ma alcuni possono rinvenirsi nel Capo
II del d.lgs. n. 149/ 2011 (contenimento della spesa di personale, istituzioni di centrali di acquisto, lotta
all’evasione), http://dirittiregionali.org
27
L’identificazione dei periodi favorevoli e sfavorevoli avviene attraverso criteri stabiliti dall’ordinamento
dell’Unione europea (art. 1, comma 1, lettera f).
28
Per approfondimenti “Prime osservazioni sulla spending review” di R. Perez, http://www.astrid-online.it
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F. GUZZO - IL PAREGGIO DI BILANCIO E DINTORNI
Dal 2008, inoltre, le Regioni destinano mediamente il 48,8% delle risorse ai servizi per la
salute, mentre alcune stanziano anche il 51% per l’assistenza sanitaria. Ciò vuol dire che il
fabbisogno sanitario in Italia per il 2012 sarebbe stato circa di 110,8 miliardi di euro circa.29
Il legislatore, inoltre, ha previsto un’apposita procedura concertativa, introducendo in
Costituzione “il principio del concorso obbligatorio”(artt. 97, primo comma, e 119, primo e
sesto comma Cost.), che impone a tutte le pubbliche amministrazioni il perseguimento del
“pareggio di bilancio”, ovvero il raggiungimento dell’obiettivo di medio termine da
intendersi come valore del saldo strutturale. Mediante tale principio, gli enti territoriali sono
tenuti a mantenere e garantire l’equilibrio finanziario, a contribuire al conseguimento della
sostenibilità del debito pubblico e a monitorare sapientemente gli adempimenti sanciti in
relazione al loro indebitamento produttivo.30
Alla Regione spetterà l’ossequio al vincolo di responsabilità solidale con gli enti e a
questi spetterà comunicare alla Regione tutti i dati economico-finanziari delle loro gestioni,
affinché si possa appurare l’effettiva esistenza delle condizioni generali di equilibrio.
Sul piano teorico la disciplina costituzionale così come novellata risulta abbastanza
chiara, ma se si pensa al momento in cui questa sarà calata nelle singole realtà territoriali, i
dubbi che questo avvenga in maniera corretta e tempestiva non sono pochi.
Sarà politicamente complicato, infatti, immaginare che “le verità nascoste nei bilanci
degli enti locali” 31 siano rese note a tutto tondo ed in breve tempo. Senza considerare il
notevole incremento del contenzioso regionale presso la Corte costituzionale.32
A essere poco chiari sono soprattutto i bilanci regionali, poiché fino ad oggi è prevalso
“un malinteso senso di autonomia”33 che si è esteso anche alla materia contabile, con l’effetto
di lasciare inattuato l’ideale di una pubblica amministrazione come un palazzo di vetro.
A questo si aggiunga “un’eccessiva tolleranza della società”34 nei confronti dei decisori
pubblici, ma soprattutto dei continui campanelli d’allarme che nel tempo si sono succeduti
con frequenza sempre maggiore per indicare un rischio imminente di default.
29
Dati forniti nel corso del seminario tenuto dal Prof. Gianliborio Mazzola presso la Luiss Guido Carli di Roma
il 30 maggio 2014 e intitolato “E’ tutta colpa delle Regioni e degli enti territoriali?”.
30
“Un pareggio di bilancio che impone nuove regole all’indebitamento di Regioni e Comuni” di E. Jorio,
www.portalefederalismofiscale.gov.it
31
“Pareggio di bilancio: le ricadute (o le implicazioni) sui Comuni e sul sistema sanitario” di E. Jorio,
http://federalismi.it
32
Basti considerare che nel 2002 la finanziaria è stata investita da 8 ricorsi delle Regioni, definiti da 23 sentenze
e da un’ordinanza; nel 2003 i ricorsi sono diventati 11, le sentenze 16 e l’ordinanza una; nel 2004 sono stati
presentati 10 ricorsi e 9 sentenze.
33
“Lo stato di salute delle regioni” di S. Pozzoli, http://www.astrid.eu
34
“Il debito delle autonomie territoriali e il federalismo fiscale” di E. Jorio, http://www.astrid.eu
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ASTRID RASSEGNA – N. 11/2014
Politiche di risanamento insufficienti, quando esistenti, goffi tentativi di camuffare un
saldo debitorio giunto ormai a livelli record dietro la falsa riga del rapporto fiduciario con la
collettività, un mercato che aggredisce pesantemente il Paese: queste e molte altre sono le
cause scatenanti la necessità che, a oggi, si finalizzi e attui il federalismo fiscale.35
4. Coordinamento della finanza pubblica e controlli.
Il legislatore ha approvato la Legge di delegazione n. 196/ 2009 per lo Stato e sottoposti e
il decreto attuativo n. 91/ 2011 in materia di contabilità e finanza pubblica, introducendo due
principi fondamentali: il coordinamento della finanza pubblica, che rientra nell’ambito di
attuazione dell’art. 119 Cost. (rinvenendosi anche nella Legge delega 42/2009) e
l’armonizzazione dei bilanci pubblici come sua stretta conseguenza.36
Nella legge i principi di armonizzazione e coordinamento vengono collocati tra le materie
di legislazione concorrente ai sensi dell’art. 117, comma terzo, Cost. pur essendo gli stessi
definiti con legge dello Stato, riservando ai decreti legislativi del Governo la loro attuazione.
In particolare, il d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118 ha disciplinato la materia per poi essere
superato a seguito della modifica introdotta dall’art. 3 della legge costituzionale n. 1/ 2012
che, come anticipato, ha ricondotto la materia dell’armonizzazione dei bilanci pubblici
nell’ambito della competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Una critica, in effetti, viene spesso mossa in relazione alla limitazione dell’autonomia
finanziaria di Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni che, per converso, potrebbe
limitare anche le disposizioni introdotte in materia di federalismo fiscale (in tal caso poste
concettualmente agli antipodi, ovvero fondate sull’esaltazione dell’autonomia degli enti
territoriali con esplicito riferimento agli artt. 5 e 114 Cost.).
Tuttavia, è anche vero che se vi fosse stata nelle intenzioni del legislatore l’idea di
subordinare il federalismo all’armonizzazione dei bilanci, l’art. 119 Cost. sarebbe stato
modificato di conseguenza, pertanto escludendovi i riferimenti, invece presenti, di autonomia
finanziaria e di esercizio delle funzioni pubbliche.37
A questi punti occorre aggiungerne uno ulteriore relativo, cioè, al sistema dei controlli e
delle relative sanzioni: il d.lgs. 149/ 2011, infatti, se ne occupa con riferimento a Regioni,
Province e Comuni.
Sul tema “Il decreto di determinazione dei fabbisogni standard: il federalismo non inizia col piede giusto” di
S. Pozzoli, http://www.astrid-online.it
36
“Bilanci delle pubbliche amministrazioni: un processo di armonizzazione che mortifica la contabilità
pubblica” di S. Pozzoli, http://www.astrid.eu
37
“Pareggio di bilancio: le ricadute (o le implicazioni) sui Comuni e sul sistema sanitario” di E. Jorio,
https://www.portalefederalismofiscale.gov.it
35
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F. GUZZO - IL PAREGGIO DI BILANCIO E DINTORNI
Si prenda, ad esempio, la delibera n. 211/ 2011 con cui la Corte dei conti della Toscana
(Sezione regionale di controllo) ha accertato un debito pari a 8/9 milioni di euro su un
bilancio di 25 milioni di euro per il Comune di Castiglion Fiorentino, in provincia di Arezzo,
applicando per la prima volta il meccanismo che attribuisce al Giudice contabile un ruolo
cardine nella comminazione della penalità nei confronti di chi amministra male.
In questo caso la procedura di default viene determinata dalla Corte dei conti e non dall’ente.
In materia di controlli sono significative, oltremodo, le sentenze gemelle della Corte
costituzionale, ovvero le nn. 39 e 40 del 2014.
La Corte costituzionale si pronuncia sul ruolo della Corte dei conti e delle Sezioni
regionali di controllo ridefinendo con più chiarezza le rispettive competenze in un clima che
sembra accrescere gli obiettivi e le funzioni nell’ottica del riordino della finanza pubblica
locale, ma senza indicarne puntualmente gli strumenti e i referenti.
In effetti, se con L. 213/ 2012 si è tentato di ricondurre al Magistrato contabile non solo il
controllo preventivo sugli atti di Stato, ma anche il controllo di legittimità preventivo sugli
atti normativi regionali a rilevanza esterna e aventi riflessi finanziari, con L. 228/ 2013, si è
invece rafforzato ulteriormente il ruolo della Corte dei conti con riferimento al controllo sulla
formazione dei bilanci delle istituzioni infra-statali della Repubblica, estendendo l’azione di
controllo agli obblighi di risanamento dei conti pubblici, esaminando i bilanci preventivi e i
rendiconti consuntivi delle Regioni, verificando la sana gestione finanziaria degli enti locali,
assicurando che non vi fossero irregolarità tali da pregiudicare gli equilibri economicofinanziari degli enti territoriali, così come previsto dal Six Pack, dal Fiscal compact, ma
soprattutto dalla Finanziaria 2006.
Un’alternanza, quindi, tra il potenziamento del ruolo delle Sezioni regionali della Corte
dei conti e un ridimensionamento del ruolo della Corte stessa. Ma anche una nuova chance
per gli enti locali che vogliano aderire alle procedure di riequilibrio finanziario pluriennale
(cd. predissesto o anti-default) come nei casi dei Comuni di Napoli e Reggio Calabria.
La Corte costituzionale, nelle pronunce in commento, ha dichiarato illegittimo l’obbligo
di verifica annuale della gestione finanziaria regionale da parte della Corte dei conti
interpretandolo come un’ingerenza nell’autonomia legislativa regionale e come un aumento
ingiustificato dei poteri della Corte. In effetti, essendo i bilanci regionali approvati con legge
e con essa modificabili, un potere del genere per la Corte dei conti rappresenterebbe uno
svilimento dell’autonomia dei parlamenti regionali.38
38
In proposito si legga anche la sentenza della Corte costituzionale n. 130/ 2014 su http://www.astrid-online.it
15
ASTRID RASSEGNA – N. 11/2014
Con la pronuncia n. 40/ 2014 la Corte costituzionale conferma la competenza della Corte
dei conti in materia di controllo di legalità e regolarità sulla finanza pubblica territoriale,
trovando il fondamento in Costituzione agli artt. 7, 11 e 100, ma anche nell’opinione
condivisa secondo cui una simile attività non possa essere rimessa ai singoli enti territoriali,
che in tal modo non potrebbero osservare obblighi di neutralità, imparzialità rispetto ai propri
interessi di finanza pubblica.39
Un panorama economico-finanziario come quello profilato è, in conclusione, la summa di
più risultanti come il federalismo fiscale, la spending review, la preventiva determinazione
dei costi standard (fino a oggi disattesa) e l’interdizione alle Regioni di legiferare nel
dettaglio nella materia del bilancio pubblico.
Il rischio è quello di omogeneizzare non solo le procedure, ma anche l’intero sistema, con
la conseguenza di non tener conto delle singole realtà, in Italia molto eterogenee, nella
definizione delle politiche di risanamento e nelle risposte, più che mai concrete, da fornire al
tema del debito pubblico.
“La Corte costituzionale e l’attività della Corte dei conti (una breve nota sulle sentenze nn. 39 e 40 del 2014)”
di B. Caravita e E. Jorio, http://www.federalismi.it
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