Sent.378/2014 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME

Sent.378/2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE
PER IL LAZIO
in composizione monocratica, in persona del Cons. Dr.ssa Chiara
Bersani ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
Nel giudizio instaurato con il ricorso n.71507, prodotto da Boria Faustino, rappresentato e difeso
dagli Avv.ti Ferdinando Ianniello e Fabio Pisani, e presso di loro domiciliato in Roma, alla
Circomvallazione Clodia n. 36,A;
Contro l’INPDAP, oggi INPS, costituito per tramite dell’Avv. Sabrina Pancari;
l’AMA, n.c.;
per l’accertamento del diritto a pensione privilegiata;
Visti gli atti di causa;
Udito alla pubblica udienza del 02.04.2014 l’Avv. Ferdinando Ianniello e per l’INPS l’Avv.
Massimo Boccia Neri, per delega dell’Avv. Pancari,
Ritenuto in
FATTO
Il ricorrente ha prestato servizio alle dipendenze dell’AMNU (poi AMA) di Roma dal 01.03.1987
come operario specializzato di liv. IV, addetto quale meccanico al forno inceneritore dei rifiuti
presso lo stabilimento AMA di Ponte Malnome, sino alla cessazione dal servizio, avvenuta il
07.07.1998 per inidoneità alle mansioni (inidoneità che il ricorrente afferma dichiarata per la
patologia “esiti di intervento per carcinoma epidermoidale corda vocale destra”), e gode per tale
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patologia di pensione di inabilità dal 08.07.1998.
Per questa patologia (”cordectomia dx per Ca epidermoidale C.V.V. dx”) egli ha presentato il
09.04.1999 una domanda di pensione di privilegio, sulla quale il CTPP si è espresso negativamente
(parere n.150, nella seduta del 11.02.2003) in merito alla dipendenza da causa di servizio sia di
detta infermità, rilevando l’assenza di incidenti fattori di servizio e la presenza di fattori di rischio
derivanti dalle abitudini di vita dell’interessato (fumo di 40 sigarette al dì ed uso di alcool come
modesto bevitore), sia delle altre, riscontrate dalla CMO nel corso del procedimento (verbale del
27.03.02) – la broncopatia cronica e l’ipertensione –in quanto giudicate dipendenti dalle abitudini
soggettive dell’interessato fumatore abituale. Per tutte le predette infermità la CMO aveva espresso
parere di “non idoneità permanente al servizio di istituto” dell’interessato.
La domanda è stata respinta con la determina INPDAP n. B5 del 04.04.2003, adottata con richiamo
al citato verbale negativo del CTPPO.
Con il presente ricorso, notificato all’INPDAP ed all’AMA il 05.10.2011, il ricorrente ha chiesto
l’accertamento del diritto a pensione di privilegio, con corresponsione degli arretrati maturati a tale
titolo e delle somme accessorie, ponendo a base della pretesa l’insufficienza delle argomentazioni
del CTPP di fronte a fatto che, relativamente alla specifica patologia sofferta, di natura tumorale,
anche in base alle comuni nozioni è del tutto plausibile, ed avrebbe richiesto maggiori
approfondimenti, il fatto che le mansioni esercitate, di meccanico addetto al forno inceneritore dei
rifiuti urbani, possano aver determinato l’insorgenza della patologia stessa, per gli effetti nocivi dei
vapori esalati dalla combustione e dalle sostanze tossiche disperse, ed ha chiesto l’accertamento del
diritto a pensione di privilegio e, in via subordinata, il deferimento della questione a CTU.
L’INPS, succeduto nelle competenze e funzioni del disciolto INPDAP, si è costituito il 27.11.2012
depositando atti dal fascicolo amministrativo, non completo, e rilevando lo ius superveniens
costituito dall’art. 6 della legge n. 214 del 22.12.2011, in vigore dal 28.12.2011, che ha disposto
l’abrogazione dell’istituto della pensione privilegiata (e di altri) con salvezza disposta, tra le altre
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ipotesi ivi specificatamente previste, per i procedimenti in corso, clausola che, non contenendo
espressa menzione ai processi ma solo ai procedimenti amministrativi, per la tesi dell’Istituto non
includerebbe tra le ipotesi di ultrattività dei suddetti istituti la fattispecie degli accertamenti pendenti
in sede giurisdizionale alla medesima data. In via subordinata, ha eccepito la prescrizione del diritto
e si è opposto alla richiesta di CTU per la genericità delle contestazioni sulle conclusioni negative
del CTPP, concludendo per il rigetto del ricorso.
All’udienza del 12.12.2012, con ordinanza n. 57/2013 questo giudice, osservando, da un lato, che
non appare implausibile la tesi di parte ricorrente, seppure genericamente prospettata, che la
tossicità dell’ambiente di lavoro, che questo giudice può presumere alla luce di notizie e nozioni di
comune esperienza diffuse da Università e autorità sanitarie a mezzo di stampa e pubblicazioni
scientifiche reperibili via internet, possa aver svolto un ruolo sulla genesi della patologia tumorale e
bronchiale che ha afflitto il ricorrente, e, dall’altro, che anche la sussistenza del primo presupposto
per la concessione della pensione di privilegio, cioè la permanente inabilità al servizio in relazione a
patologie che siano in nesso di causalità con il servizio stesso, non può essere valutata da questo
giudice se non conseguentemente all’accertamento di quelle, tra le patologie che affliggono il
ricorrente, che siano eventualmente ascrivibili al servizio stesso, e della sussistenza o meno, in
relazione alle medesime, di esiti tali da determinare ex sé tale inidoneità, ha affidato incarico alla
Sezione speciale del C.M.L. presso la Corte dei Conti, previa integrazione della documentazione
agli atti a cura della parte più diligente, per rendere il seguente parere:
-accertare se sussista alcun nesso di dipendenza tra il servizio prestato dal ricorrente in qualità di
meccanico addetto al forno inceneritore di rifiuti dell’AMA Ponte Malnome e le seguenti infermità:
1) esiti di cordectomia dx per Ca epidermoidale C.V.V. dx, 2) broncopatia cronica, 3) Ipertensione
arteriosa, tale che il servizio possa essere considerato causa determinante e preponderante delle
patologie stesse, pur in concomitanza con fattori endogeni ed abitudini soggettive normalmente
indicate dalla scienza medica quali concause della stessa (l’obesità, il forte tabagismo, la
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predisposizione familiare);
-nel caso positivo, evidenziare quale infermità sia da ascriversi al servizio, ed accertare se i relativi
esiti fossero o meno invalidanti al momento della cessazione dal servizio (07.07.1998), indicando la
relativa categoria di ascrizione ai fini della pensione privilegiata.
Il parere è stato reso il 31.05.2013 in senso negativo relativamente alla dipendenza delle infermità
dal servizio, rilevando l’organo medico adìto la mancanza sia di un vero e proprio rapporto
informativo sulle mansioni, sia della descrizione delle sostanze nocive alle quali il ricorrente è stato
esposto nelle sue mansioni di operario specializzato addetto al forno di incenerimento dei rifiuti, e
rilevando che, in mancanza di tali accertamenti e della loro documentazione in giudizio,
nell’etiopatogenesi dell’infermità deve considerarsi come determinante l’incidenza dei fattori di
rischio normalmente collegati alla patologia tumorale ed alla bronchite, fattori che, nella fattispecie,
si concretano nella forte abitudine al fumo e nella qualità di modesto bevitore, descritti nel parere
del CTPP. Il ricorrente ha censurato tali conclusioni con memoria di difesa del 08.07.2013, sia
sotto il profilo della sufficienza che della correttezza delle conclusioni, che ha contestato
specificatamente con relazione medico legale del Dr. Paolo Di Vona, Medico Chirurgo Specialista
in Chirurgia Generale ed Ortopedia.
All’udienza del 29.10.2013 il ricorrente ha depositato ulteriore documentazione medica, sulla quale
è stato concesso termine all’INPS per controdedurre, con rinvio della discussione all’udienza del
03.12.2013; l’INPS ha depositato ulteriore documentazione il 21.11.2013.
Con successiva ordinanza n.8/2014 pronunziata, all’udienza del 03.12.2013, questo giudice ha
ordinato all’INPS di depositare il fascicolo amministrativo del Sig. Boria Faustino, completo della
documentazione inerente la concessione della pensione di inabilità. Al deposito di parte della
documentazione ha provveduto lo stesso ricorrente, mentre l’Istituto nulla ha depositato, rilevando,
con nota del 20.03.2014, di “non aver a disposizione ulteriore documentazione medica rispetto a
quella già esaminata dagli organi medico legali che si sono pronunziati sulla domanda di pensione
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di privilegio del 09.04.1999 nonché in occasione della concessione della pensione di inabilità…”.
All’udienza del 02.04.2014 le parti hanno argomentato e concluso come in atti.
DIRITTO
Vanno preliminarmente respinte le eccezioni preliminari sollevate dalla difesa dell’INPS, e già
esaminate nella precedente ordinanza istruttoria al fine del prosieguo, procedendo sul punto ad
accertamento definitivo.
1.Preliminarmente, va rigettata l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta abrogazione
dell’istituto della pensione di privilegio.
Il mancato riferimento, nell’art.6 della legge n. 214 del 22.12.2011 in vigore dal 28.12.2011, ai
giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge stessa, non costituisce un valido argomento
per derogare al principio generale che regola gli effetti della successione delle leggi nel corso del
procedimento amministrativo, principio per il quale il procedimento concluso con un atto negativo,
tempestivamente impugnato in sede giurisdizionale, non costituisce una posizione definita, un cd.
“rapporto esaurito”, al pari del procedimento non concluso in sede amministrativa al momento
dell’entrata in vigore della nuova norma; detto principio è espressione della garanzia costituzionale
della tutela giurisdizionale dei diritti, per la quale l’accertamento che consegue in sede
giurisdizionale sostituisce quello dell’amministrazione, pur con salvezza delle decadenze e
prescrizioni derivanti dalle regole processuali e sostanziali della difesa dei diritti. A tale principio
consegue che la fase giudiziale, della difesa del diritto che si pretende leso in sede amministrativa,
costituisce una continuazione di quella, ed avrà a conclusione un provvedimento giurisdizionale
destinato a sostituirsi a quello amministrativo, o a conformare la decisione dell’amministrazione
nell’adozione dei provvedimenti che sono destinati a concluderla o a completarla, sì che il rapporto
pensionistico che ne è oggetto non è esaurito sino all’accertamento definitivo del giudice.
Il riferimento del legislatore, nella norma in esame, ai procedimenti in corso è espressione della
precipua volontà di limitare la portata abrogativa della norma sui procedimenti amministrativi, la
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quale, in assenza di previsioni derogatorie, ed in applicazione del suddetto principio generale della
tutela dei rapporti esauriti e dei diritti quesiti, avrebbe altrimenti comportato l’intangibilità delle
sole situazioni definite, o esaurite, in sede amministrativa, quali i provvedimenti concessori già
emessi, e determina perciò l’ultrattività delle disposizioni abrogate, rendendole applicabili anche ad
essi sul solo presupposto dell’avvenuta realizzazione, antecedentemente alla legge abrogativa degli
istituti pensionistici, degli elementi sostanziali del diritto (la contrazione della patologia, la mancata
maturazione di decadenze e prescrizioni previste sulla domanda di pensione di privilegio) e non di
quelli procedimentali, come l’esaurimento del relativo procedimento in sede amministrativa.
2. E’ pure infondata l’eccezione di prescrizione sollevata dall’amministrazione.
Pur se l’eccezione è stata genericamente formulata, il giudice rileva che sul punto operano più
disposizioni limitatrici del diritto a pensione di privilegio, e, precisamente, la decadenza del diritto
a chiedere la pensione di privilegio , la prescrizione del diritto ad agire per ottenerne l’accertamento
giurisdizionale, ed, infine, la prescrizione dei ratei di pensione spettanti e non riscossi.
2.1 Quanto alla decadenza del diritto a chiedere la pensione privilegiata, rilevabile d’ufficio, per i
dipendenti iscritti agli ordinamenti delle Casse pensioni degli istituti di previdenza, l’art.14 della
legge 8 agosto 1991, n. 274, intitolato “ Trattamenti privilegiati”, dispone che “A decorrere dal
primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, la domanda di
trattamento privilegiato diretto, indiretto o di riversibilità deve essere presentata alle Casse pensioni
degli istituti di previdenza, direttamente agli sportelli delle Casse medesime che ne rilasciano
ricevuta, nel termine perentorio di cinque anni dalla cessazione del rapporto di impiego o dalla
morte dell'iscritto o del pensionato. Nel caso di domanda presentata a mezzo lettera raccomandata,
come data di presentazione si considera quella della spedizione. La stessa disposizione si applica
anche alle domande di trattamento privilegiato che risultino presentate alla data sopraindicata e per
le quali la seconda sezione del consiglio di amministrazione della Cassa depositi e prestiti e degli
istituti di previdenza, sostituita ai sensi dell'articolo 29 dal consiglio di amministrazione degli
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istituti di previdenza, non abbia ancora deliberato.”.
Il termine quinquennale stabilito dalla norma anzidetta, sostitutivo di quello triennale previgente,
previsto dall’art. 7 della legge 11 aprile 1955, n. 379, è termine di natura pacificamente
decadenziale e, quindi, perentorio. A fronte del fatto che il ricorrente è stato collocato a riposo il
28.01.1998 la domanda di pensione di privilegio presentata il 01.03.1999 risulta tempestiva, per cui
nessuna decadenza si è maturata nella fattispecie.
2.2 In merito alla prescrizione del diritto alla pensione di privilegio, in assenza di disposizioni
specifiche essa deve essere identificata nella ordinaria prescrizione decennale del diritto ad agire;
pertanto la sua maturazione è esclusa nella fattispecie, ove l’amministrazione ha negato il diritto
con il provvedimento INPDAP del 04.04.2003, n.B/5, ed il ricorrente ha notificato il presente
ricorso il 05.10.2011.
2.3 Per ragioni di ordine espositivo va, infine, esaminata l’eccezione relativamente al diritto ai ratei
eventualmente arretrati di pensione di privilegio . Atteso che la prescrizione decorre nel
quinquennio antecedente a ritroso dall’ultimo atto interruttivo, nella fattispecie, a fronte della
lesione del diritto del ricorrente, che si è concretata con il diniego di pensione di privilegio di cui
alla determina INPDAP del 04.04.2003, il primo atto interruttivo risulta essere, agli atti, la notifica
del presente ricorso 05.10.2011, per cui la prescrizione copre i pretesi arretrati sui ratei maturati
sino al 05.10.2006. Ne consegue che il presente accertamento di merito avrà ad oggetto, quanto
alla spettanza degli eventuali arretrati, solo le somme maturate dal 05.10.2006 ad oggi.
3. Nel merito, la pretesa è fondata.
Il punto della questione, sul quale si è sviluppato il contraddittorio, è quello della dipendenza o
meno dal servizio dell’infermità “Esiti di cordectomia dx per CA epidemoidale CVV dx;
broncopatia cronica; ipertensione arteriosa”, per le quali il ricorrente ha chiesto la pensione
privilegiata.
Le ragioni per le quali le predette infermità non sono state riconosciute dipendenti dal servizio, in
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seno al procedimento per la p.p.o., risultano non giustificate alla luce delle risultanze della
documentazione agli atti, ad esito dell’istruttoria che è stata compiuta.
3.1 In relazione a tali infermità il CTPPO ha escluso la dipendenza da causa di servizio sulla base
della presenza, riferita “alla anamnesi”, di fattori legati alle abitudini di vita dell’interessato, e
principalmente per il forte tabagismo (40 sigarette al giorno), l’obesità e la seppur modesta
abitudine all’alcool, fattori che avrebbero contribuito in maniera determinante alla etiopatogenesi
delle predette infermità (rimanendo a giudizio del CTPPO collegata a tali fattori anche
l’ipertensione, da ascriversi alla glomerulonefrite sofferta nel passato, associata alla familiarità
patologica vascolare ed alla forte tossicosi tabagica e obesità). Nel parere, il CTPPO rileva, inoltre,
che la patologia dei bronchi di per sé non comportava esiti di natura invalidante, essendo assenti
agli atti alterazioni radiografiche e funzionali documentate, come rilevato dai referti dell’Ospedale
Fatebenefratelli di Roma, e diversamente da quanto attesterebbe il certificato depositato il giorno
prima della seduta dell’organo medico legale.
Rileva il giudice che, dopo l’onere istruttorio posto a carico delle parti ciascuna per il proprio
interesse, e dopo l’ultimo deposito documentale dell’INPS, risultano agli atti una serie di evidenze
cliniche che contraddicono l’anamnesi riferita dal CTPP, e recepita dal ctu incaricato nel corso del
presente giudizio, quanto all’esistenza di
fattori di rischio correlati all’abitudine al fumo ed
all’alcool del ricorrente.
Nella cartella
clinica del ricovero per l’intervento di carcinectomia del 1997, depositata dal
ricorrente, si legge, all’anamnesi, “non fuma da 20 anni, non beve da 15 anni”. Analoga è
l’anamnesi riferita nelle cartelle cliniche depositate dall’INPS il 21.11.2013: in quella redatta il
02.04.1987 si riporta che “beve saltuariamente vino” e che ha fumato 20 s.g. sino a 7 anni prima
(cioè, ha smesso di fumare circa nel 1980); all’anamnesi della cartella clinica redatta il 08.03.1989
si riferisce “non fuma, non beve vino”; in quella del 21.02.1992 si riporta “da 15 anni non fuma”,
anche se si riferisce della forte abitudine tabagica nel periodo precedente (30 -40 al dì), e “due
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bicchieri di vino ai pasti fino al 1980, poi astensione”. Ne consegue che il presupposto
fondamentale dal quale il CTPP trae la propria conclusione, e che cioè sussistessero forti fattori
predisponenti alla patologia tumorale, legati alle abitudini di vita del ricorrente, e cioè il forte
tabagismo e l’abitudine all’alcool, è smentita agli atti.
Tali documenti non sono stati conosciuti dal c.t.u. incaricato in corso di causa, in quanto depositati
dalle parti successivamente all’adempimento dell’incarico (dal ricorrente il 08.07.2013, e dall’INPS
il 21.11.2013). La circostanza rende ininfluenti le conclusioni dell’organo medico legale in merito
alla non dipendenza delle patologie dal servizio, in quanto tratte sulla premessa, risultata
successivamente non vera, che sussistessero fattori di rischio universalmente collegati dalla scienza
medica alla etiopatogenesi della malattia tumorale, cioè il fumo e la dedizione all’alcool; il CTPP ha
errato le proprie conclusioni fondandole sulla premessa, essa stessa errata, dell’esistenza di tali
fattori di rischio, atteso che l’abitudine al fumo, per quanto forte, è cessata del tutto quantomeno a
partire dal 1980, e che quella all’alcool, sempre contenuta entro limiti inferiori alla “modestia”
riportata nel citato parere del CTPP (al massimo due bicchieri al giorno ai pasti) è cessata nello
stesso anno, cioè molto tempo prima (circa 17 anni) dell’accertamento della malattia tumorale, che
è avvenuto in occasione del ricovero presso il Fatebenefratelli nel 1997 per resezione della corda
vocale dx per carcinoma.
3.2 L’ulteriore premessa del medesimo organo medico legale adito quale c.t.u., e cioè che la
mancanza di un vero e proprio rapporto informativo determina l’impossibilità di accertare il grado
di esposizione ai fattori nocivi e l’impossibilità di accertare anche la loro composizione, con la
conseguenza che tali fattori non possono essere tenuti in considerazione per l’accertamento del
nesso di dipendenza dal servizio, pure non può essere condivisa.
La ricostruzione delle mansioni alle quali il ricorrente è stato addetto nel corso del suo rapporto alle
dipendenze dell’amministrazione è ricavabile attraverso una serie di documenti, di cui il primo è
proprio il pur stringato rapporto informativo del 16.11.2001 redatto dalla AMA ed inviato alla
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Prefettura di Roma, che riferisce che dalla data di assunzione all’AMA (01.03.1987) egli ha svolto
le mansioni di operaio specializzato liv. IV addetto al forno di incenerimento presso l’impianto di
Ponte Malnome, e che, precedentemente alla assunzione in AMNU, svolgeva la sua attività presso il
forno inceneritore dell’impianto suddetto.
Nell’anamnesi lavorativa della cartella clinica del 21.02.1992 si riferisce che l’interessato era “dal
1973 operaio addetto allo smaltimento dei rifiuti e meccanico forno”: le stesse mansioni che egli ha
poi svolto dalla data di assunzione all’AMNU (1987), e che riportano l’incidenza dei fattori
ambientali correlati al servizio ad un periodo ancora più esteso di quello relativo al servizio svolto
alle dipendenze dell’AMA (AMNU). La circostanza che egli fosse addetto a tali mansioni sin dal
1973 emerge anche dalla cartella sanitaria dell’AMA del 04.07.1997, dove all’anamnesi lavorativa
si riporta “assunto nel 1973-meccanico”, e dalla cartella sanitaria AMA del 26.11.1997 dove si
riporta la medesima data di assunzione (1973) e la adibizione al forno. Le mansioni da egli
concretamente svolte presso il forno cui era addetto risultano confermate dall’anamnesi del
certificato di visita delle FF.SS., Direzione Sanità, del 04.06.1996, ove si riporta “lavora come
meccanico al forno (manutenzione e modifiche del fumaiolo)”, mansioni
giudicate “lavoro
leggero” con la conseguente deduzione che “dalla anamnesi lavorativa non risulta essere adibito a
lavoro pesante o comportate uso di strumenti..”.
Si tratta di documenti anch’essi depositati successivamente al parere reso dal ctu incaricato, dei
quali detto organo non ha avuto contezza, e che rendono pertanto necessario rivedere le sue
conclusioni negative in merito al punto dell’incidenza di tali mansioni sull’insorgenza della
patologia anche sotto questo profilo.
In conclusione, l’organo medico legale adìto ha ritenuto di affermare che non sussiste nesso di
dipendenza tra il servizio e le infermità che hanno determinato l’inidoneità al servizio del ricorrente
sulla base, come detto, di due circostanze:
-la prima, che sussistessero forti fattori di rischio concretati dal tabagismo e dalla abitudine
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all’alcool, che sono universalmente ritenuti svolgere un ruolo nell’etiopatogenesi della malattia
tumorale: tale circostanza è stata smentita dalle evidenze agli atti, che dimostrano invece che tali
abitudini sono cessate definitivamente 17 anni prima della manifestazione della malattia tumorale;
-la seconda, che non sussistano documentate certezze in ordine alle mansioni svolte dall’interessato,
né specifica indicazione delle sostanze con e quali egli è venuto in contatto e che possono aver
inciso sul determinarsi della patologia: anche tale affermazione è smentita agli atti, per esservi
sufficiente prova, come visto, sia delle mansioni svolte, di operaio addetto al forno inceneritore, sia
del periodo in cui esse sono state svolte, sin dal 1973.
Ne consegue che la situazione di fatto che si presenta ai fini del decidere è che i fattori di servizio
che il ricorrente pretende incidenti sull’etiopatogenesi della malattia invalidante, e cioè
l’esposizione a fattori inalanti correlati alle mansioni di addetto al forno inceneritore di rifiuti, sono
effettivamente presenti, e sin da data assai anteriore al manifestarsi della patologia, e che essi sono
stati presenti per lungo tempo dopo che il ricorrente ha dismesso quelle abitudini al fumo ed
all’alcool che potevano, in assenza di tali fattori di servizio, essere ritenute determinanti. Il che
comporta che, se si accertasse che tale esposizione avvenuta per via delle mansioni può essere
considerata con certezza un fattore causale o concausale nell’insorgenza o nell’ingravescenza più
rapida della malattia, dovrebbe affermarsi la sussistenza di un nesso causale con il servizio, anche
qualora si voglia ritenere che le abitudini di vita nocive, poi dismesse, possano aver comunque
contribuito al medesimo effetto patologico, e ciò in virtù del principio della rilevanza della causa
concorrente e determinante. Il concorso con tali cause “soggettive” remote, infatti, non toglie
efficacia causale determinante a quelle “oggettive”, cioè legate al servizio, in quanto esse si
presentano prevalenti sotto il profilo causale, per essersi esse presentate per un maggior lasso di
tempo prossimo alla manifestazione della patologia (per tutto il periodo di servizio di 24 anni, che
include il momento in cui la patologia si è manifestata: il 1997), rispetto al fatto che le suddette
abitudini personali sono cessate nel 1980, solo 7 anni dopo l’assunzione del 1973 e ben 17 anni
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prima del sopravvenire della malattia tumorale.
3.3. Rimane da accertare, pertanto, se effettivamente tali fattori di servizio siano causalmente
efficaci sulla genesi della malattia tumorale alle corde vocali, e cioè se tale malattia sia correlabile
all’esposizione alle sostanze inalate in prossimità del forno inceneritore nell’espletamento delle
mansioni di meccanico.
Sul punto, il rilievo del c.t.u. incaricato nel corso del giudizio, e cioè che manca la descrizione
specifica delle “sostanze cui realmente è stato potenzialmente esposto” ed al tempo reale di
esposizione, nonché ai dispositivi eventualmente utilizzati nel lavoro, è superabile con ricorso a
fonti di prova alternative alla prova diretta e documentale. In merito, il giudice osserva quanto
segue:
a) per quanto riguarda i dispositivi messi a disposizione dell’azienda per tutelare il
lavoratore, da una sola cartella clinica (Centro Studi Medicina dei Trasporti di FFSS, del
21.02.1992) risulta che egli “utilizzata cuffie al bisogno da 5 anni”: nessun altro accenno vi
è in nessun altro documento agli atti, né l’amministrazione afferma tale circostanza, che al
dipendente fosse fornito alcun presidio per limitare o annullare gli effetti della respirazione
di sostanze durante la vicinanza al forno inceneritore. Tale servizio, come risulta dalla stessa
cartella clinica, è stato svolto per 3 giorni alla settimana dal 1987, poiché per i restanti il
dipendente prestava servizio in officina. Nessuna indicazione di limitazione del servizio
risulta per il periodo pregresso, per cui, in assenza di diversa affermazione
dell’amministrazione o diversa risultanza, si deve ritenere che tale servizio sia stato svolto
continuativamente o in modo tendenzialmente continuativo, ed in assenza di presidi di
protezione;
b) per quanto riguarda la natura e la nocività delle sostanze emesse dal forno inceneritore
dell’impianto di Ponte Malnome, vale considerare quanto già rilevato da questo giudice sulla
base del fatto notorio e delle notizie comunemente a disposizione in quanto tratte da
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pubblicazioni della stessa ASL diffuse via internet, considerazioni tratte nella precedente
ordinanza n. 57/2011.
In particolare, da uno studio eseguito dall’ISPRA nel marzo 2010 a seguito dell’incarico che
il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare gli ha assegnato, con lo
scopo di effettuare indagini ambientali sull’area di Malagrotta (attigua e comprendente
l’impianto di Ponte Malnome) per “accertare” la natura, la composizione e i livelli di
inquinamento
ambientale,
i
cui
risultati
sono
pubblicati
in
rete
internet
(http://www.slideshare.net/ilfattoquotidiano/studio-ambientale-sullarea-di-malagrotta-19-
ottobre-2010) e riferiti da questo giudice nella ordinanza istruttoria adotta nel corso del
presente giudizio, risulta che presso lo stabilimento di Ponte Malnome è in funzione anche
un impianto di termovalorizzazione dei rifiuti sanitari prodotti all’interno dell’area, che la
stessa Regione Lazio definisce rifiuti potenzialmente contaminati (determinazione B02442
30/04/2012). Come emerge dalla delibera stessa, essi sono destinati ad un depuratore, che
però è impiegato solo per una parte marginale al trattamento dei reflui dell’impianto di
termovalorizzazione di cui trattasi; inoltre, la struttura
è stata oggetto della procedura
d’infrazione n. 2009/2071 “Regime sulla prevenzione e la riduzione integrata
dall’inquinamento relativo agli impianti esistenti- direttiva 2008/01”, avviata dalla
Commissione Europea anche nei confronti della Regione Lazio, per il mancato rilascio
dell’A.I.A. per l’impianto di termovalorizzazione di Ponte Malnome in questione. Il
27.01.2011 il Consiglio regionale per il Lazio ha anche approvato l’ordine del giorno,
proposto dai “Verdi”, che dichiara l’area di Malagrotta Area ad alto rischio di criticità
ambientale, ai sensi dell’articolo 74 del decreto legislativo 112 del 1998.
A tali indicazioni, utilizzabili in virtù del principio del fatto notorio, e dalle quali non deriva
che un generico dubbio sulla possibile nocività degli esiti delle procedure di incenerimento
dei rifiuti, si aggiungono con una portata maggiormente probatoria quelle ricavabili dalle
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indagini del Dipartimento di Epidemiologia della ASL Roma E, depositate in giudizio dalla
difesa del ricorrente, pure riscontrabili sul sito internet della Regione Lazio.
In base alle risultanze di tale studio condotto sull’area Malagrotta-Ponte Malnome (sulla
quale insistono una raffineria, un impianto di incenerimento ed una discarica di rifiuti), e
considerando i risultati delle analisi su di una area di 3 km dagli impianti industriali, con
comparazione dei risultati con quelli evidenziati da studi precedenti relativi a periodi
pregressi (anni 1987-1993), “l’unico risultato coerente con le precedenti indagini -(cioè,
risultante anche da quelle successive, relative al periodo 1997-2004)- è l’aumento della
patologia tumorale della laringe. Si tratta di un tumore a lunga sopravvivenza, e la mortalità
rappresenta probabilmente il risultato di esposizioni passate. In una valutazione precedente
(1987-1993) era stato riscontrato un eccesso di tumori della laringe in prossimità degli
impianti” (anche se questo viene e definito nell’ordine di “ piccoli numeri”) …“Si deve
inoltre notare che la patologia respiratoria è influenzata dalle esposizioni ambientali. Studi
recenti condotti in Europa e negli Stati Uniti hanno messo in evidenza un ruolo
dell’inquinamento atmosferico nell’aggravamento delle malattie polmonari croniche, inclusa
l’asma bronchiale. Il lieve aumento della frequenza dei ricoveri per malattie respiratorie
negli uomini, specie nell’area più vicina agli impianti, potrebbe essere riconducibile ai
tossici ambientali presenti nell’area”. Il successivo inciso, “è tuttavia da rilevare che
l’aggiustamento per le condizioni sociali tende ad annullare questo effetto”, si riferisce al
fatto che i risultati delle indagini statistiche sono stati comparati con la media attesa delle
ospedalizzazioni della popolazione di pari età e profilo socio economico, normalmente più
soggetta all’abitudine tabagica e all’uso di alcool, ma non inficia la conclusione
sull’incremento della patologia tumorale, né con la raccomandazione, di cui in fine al
documento, della “necessità di un adeguato monitoraggio delle sorgenti di contaminazione
ambientale nonché della concentrazione degli inquinanti nelle matrici ambientali rilevanti” e
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di una “sorveglianza epidemiologica continua con l’utilizzo delle fonti informative correnti”.
Risulta, quindi, provato agli atti che nell’area nella quale il ricorrente ha prestato servizio per
moltissimi anni vi è un incremento della incidenza dei tumori alla laringe, incremento
registrabile tra gli uomini, e che tale incremento è stato ricondotto plausibilmente, da un
organo di indagine epidemiologica e quindi da fonte attendibile, agli inquinanti presenti
nella zona degli impianti di Ponte Malnome; è conseguenziale la deduzione che la presenza
di tali inquinanti sia maggiore in prossimità degli impianti, e che i risultati statistici sulla
incidenza del tumore alla laringe, validi per la popolazione residente entro i 3 km
dall’inceneritore, siano a maggior ragione validi per chi è addetto direttamente alla
manutenzione del forno stesso.
In conclusione, il giudice ritiene sufficientemente provato che i fattori inquinanti presenti presso il
forno inceneritore dei rifiuti di Ponte Malnome abbiano determinato la patologia tumorale alla
corda vocale dell’interessato, per la provata incidenza degli agenti inquinanti riconosciuti presenti
nella zona sulla particolare forma tumorale contratta alle corde vocali, assimilabile al tumore alla
laringe.
Per la patologia bronchiale vale lo stesso ragionamento, ed a maggior ragione, in quanto la sua
derivazione da fattori inquinanti è riconosciuta dalla scienza medica con una certezza ancora più
risalente nel tempo, certezza ricordata anche dallo studio epidemiologico sopra riferito, il quale nel
dichiarare non significativo
l’incremento delle ospedalizzazioni dei residenti nella zona di
Malagrotta per malattie bronchiali in comparazione con la media della popolazione di pari
condizione sociale di Roma, sottolinea che tale comparazione è fatta sull’assunto che in tale fascia
socio economica risulta maggiore la propensione a fattori di rischio soggettivi, quali l’uso di alcool
e fumo; motivo per cui nella presente fattispecie, dove sia l’uno che l’altro è provato che sono
cessati 17 anni prima dell’insorgere della patologia, tale “correttivo” è da escludere e rimane
significativo il solo risultato riferito, della maggiore incidenza delle malattie respiratorie in virtù
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della frequentazione della zona inquinata, tanto più valido per chi, come il ricorrente, aveva diretto
contato con gli agenti inquinanti provenienti dai residui del forno a cui è stato addetto per il periodo
lavorativo di ben 24 anni.
4. Rimane, infine, da accertare se dette patologie, causate dal servizio, abbiano determinato
l’inabilità assoluta e permanente al servizio del ricorrente.
L’inabilità assoluta è stata accertata con giudizio della CMO del 27.03.2002 in relazione alle
infermità, cumulativamente considerate, 1) esiti di cordectomia dx per Ca epidermoidale C.V.V.
dx, 2) broncopatia cronica, 3) Ipertensione arteriosa, giudicate ascrivibili in cumulo alla 3° cat. tab.
A a vita.
4.1 La circostanza che questo giudice intendeva accertare documentalmente con l’acquisizione del
fascicolo amministrativo del ricorrente completo di tutti gli atti inerenti il collocamento a riposo per
inabilità assoluta (deposito che non è stato onerato dal Ministero della Difesa), e cioè che la
pensione di inabilità, conseguente all’accertamento dello stato di inabilità permanente e assoluta al
lavoro da parte dell’amministrazione, sia stata concessa per la medesima infermità tumorale
accertata nel 2002 dalla CMO, risulta egualmente certa, in base a diversi argomenti di prova.
La stessa amministrazione riferisce che il ricorrente gode di pensione di inabilità e non ha
contestato l’affermazione del ricorrente che essa è stata concessa per la patologia “cordectomia dx
per Ca epidermoidale C.V.V. dx”; inoltre, la documentazione medica agli atti descrive in maniera
esaustiva la situazione patologica del Sig. Boria al momento del collocamento a riposo, situazione
che la CMO nel 2002 accerta a quella data e diagnostica nel complesso delle tre patologie descritte
nel relativo verbale del 27.03.02, per cui è certamente da escludersi che a quella data (del
collocamento a riposo) l’interessato soffrisse di una diversa patologia sì grave da determinare lo
stato inabilitante, non descritta in tale accertamento diagnostico, e cioè, in altri termini, che la
patologia che ha costituito titolo per la concessione della pensione di inabilità fosse diversa da
quella descritta dalla CMO:
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4.2 Le sole due patologie (tumorale e bronchiale) per le quali nel presente giudizio è stata accertata
la dipendenza dal servizio sono state giudicate ascrivibili, dalla stessa CMO sopra citata, la prima,
alla tab. A, cat. 4° (invalidità del 60/70%), e, la seconda, alla cat.8° (invalidità del 20/30%).
In assenza di un’espressa disposizione di legge che ponga in diretta connessione la percentuale di
riduzione della capacità lavorativa con la tipologia e la gravità della patologia, e la corrispondente
sua ascrivibilità a categoria pensionistica, la giurisprudenza di questa Corte, sulla base dei criteri
adottati dai giudizi medico legali sull’ascrizione a categoria pensionistica e delle norme del D.P.R.
n.915/78 di classificazione delle infermità, nell’interpretarne i criteri in funzione della
classificazione di patologie non espressamente ivi contemplate, ha individuato i profili ed i limiti di
tale corrispondenza (sin da Corte dei Conti 12/3/1960, n. 53710, che ha collegato alle 8 categorie di
infermità contemplate nella Tabella A diversi gradi percentuali di riduzione della capacità
lavorativa generica).
In applicazione di detti criteri, le due patologie in esame, anche considerate senza la patologia 3)
ipertensione, accertata nel medesimo parere della CMO del 2002 sopra citato, sono di gravità tale
da determinare lo stato di “permanente inabilità al servizio” accertato alla data della cessazione dal
servizio, comportando una invalidità complessiva superiore al 75% (e ciò non tanto per la tab. A, 3°
cat., che ne risulta per cumulo, ma proprio in base alla gravità oggettiva del quadro clinico derivante
dalla compresenza delle due patologie, interessanti il medesimo organo e determinanti uno stato
invalidante grave).
Del resto, la stessa dinamica dei fatti dimostra che non sussistevano, al momento del collocamento a
riposo, residue capacità lavorative utilizzabili in altre mansioni, e che, pertanto, l’inabilità era
assoluta e permanente: il CML USL Roma/C, richiamato nella nota AMA del 09.02.1998, aveva
accertato a carico dell’interessato una inabilità alle mansioni di meccanico/forno, ma non ad altre
diverse mansioni. L’interessato aveva replicato presentando nella stessa data una domanda di
trattenimento in servizio con adibizione ad altre mansioni, richiesta accettata dall’AMA con nota di
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assegnazione mansioni in data medesima. Solo 5 mesi dopo, però, l’amministrazione accerta una
condizione di assoluta e permanente inidoneità al servizio (e non solo a determinate mansioni),
disponendo la cessazione dal servizio per inidoneità assoluta, e conferendo la pensione di inabilità.
5. In conclusione, sussistendo tutte le condizioni di legge, è accertato il diritto del ricorrente a
percepire la pensione privilegiata ordinaria a far data dal collocamento a riposo per le infermità 1)
esiti di cordectomia dx per Ca epidermoidale C.V.V. dx, 2) broncopatia cronica, ascrivibili in
cumulo alla 3° cat. Tab.A, ed il diritto di percepire le somme arretrate a titolo di differenze di rateo
maturate e non liquidate, entro il termine di prescrizione, e cioè dal 05.10.2006.
Su tali somme, spettanti a titolo di arretrati, l’amministrazione dovrà liquidare le somme accessorie
maturate per legge, nel rispetto dei criteri di liquidazione degli interessi e della rivalutazione
individuati dalla giurisprudenza di questa Corte e compendiati nelle sentenze delle SS.RR n.
10/2002/QM e SSRR n. 8/2008/QM.
6. Stante la complessità dell’accertamento, si dispone la compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, definitivamente pronunziando
ACCOGLIE
il ricorso in epigrafe, e accerta il diritto del ricorrente a percepire la pensione privilegiata ordinaria,
nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 02.04.2014.
Il Giudice
f.to Chiara Bersani
Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 22/04/2014
Per il Direttore
Il Dirigente
F.to Domenica Lagana’
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