Vol.12 – N.3 - HS+E Magazine

THE
OCCUPATIONAL
HEALTH & SAFETY +
ENVIRONMENTAL
QUARTERLY
MAGAZINE
Jul-Sep 2014
VOL.12 - N.3
UNA DEFINIZIONE DEL RISCHIO
basata sui concetti della teoria dei sistemi e della probabilità
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HS+E MAGAZINE
Jul-Sep 2014 / VOL. XII - N. 3
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Gianfranco Bettoni
Giuseppe Semeraro
Massimo Andretta
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INTHISISSUE
04
09
10
13
UNA DEFINIZIONE DEL RISCHIO
basata sui concetti della teoria dei sistemi e della probabilità
14
L’LCA A SUPPORTO DELLE TECNOLOGIE
applicate ai sistemi di produzione di energie rinnovabili
19
PRESS REVIEW
Beyond Health and Safety Expectation
21
TOP GEAR
D400 load-rated composite trench covers
22
INTERVENTO DI BONIFICA DEL SOTTOSUOLO
Il contributo si articola in senso cronologico partendo da una
ricostruzione storica dell’accaduto - 2a Parte
30
COMPLIANCE MANAGEMENT SYSTEMS
E LA NUOVA ISO/DIS 19600
Aenor Informa
34
42
TECHNO NEWS
Le ultime notizie del mondo HSE
SITEMAP
WorkSafe New Zealand
L’ALTEZZA NEI LAVORI IN QUOTA
CSEPlanner
BOOKSHOP
Industrial ventilation: a manual of recommended practice
for operation and maintenance
EVENTS CALENDAR
I prossimi eventi del settore

Massimo Andretta
UNA DEFINIZIONE DEL RISCHIO
basata sui concetti della teoria dei sistemi e della probabilità
4 HS+E Magazine jul-sep 2014
INTRODUZIONE
Negli ultimi decenni le tecniche di valutazione del rischio
(“Risk Assessment”) sono state applicate con successo in
numerosi campi delle scienze e dell’ingegneria: si pensi, ad
esempio, alla valutazione del rischio sanitario ed ecologico in
campo ambientale, alle applicazioni nel settore degli incidenti
industriali rilevanti, alla stima del rischio sui luoghi di lavoro,
in campo economico e degli investimenti, in quello della
sicurezza nazionale e della difesa. Tuttavia, come emerge
evidente dalla lettura della letteratura specialistica, anche
gli esperti del settore concordano sul fatto che manchi, a
tutt’oggi, una visione unitaria, universalmente accettata e
scientificamente fondata dei concetti fondamentali e dei
principi della disciplina del Risk Assessment. Un articolo
pubblicato nel 2012 sulla rivista internazionale specializzata
Risk Analysis(1), ha sottolineato, con il supporto di una
approfondita analisi ed un’estesa bibliografia, l’elevato numero
di idee divergenti e la mancanza di chiarezza su molti concetti
fondamentali e principi nel settore della valutazione dei rischi.
Le ragioni di questa situazione sono molteplici e diversificate;
esse possono essere ricercate in una sorta di “ambiguità” di
molte definizioni di rischio, in talune arbitrarie e, talvolta,
imprecise estensioni delle definizioni formulate da differenti
esperti del settore, nella “stratificazione” delle definizioni
concettuali, operative e delle interpretazioni che si danno
al concetto di rischio, alla sua rappresentazione ed alla sua
valutazione. Tra le possibili ragioni di questa situazione di
generale “non univoco rigore fondante” nel campo dell’analisi
del rischio si può, invero, considerare anche l’eterogeneità
del background specialistico, tecnico/scientifico degli
operatori del settore e l’intrinseca multidisciplinarietà della
materia. Si pensi, ad esempio, che nel 1987, la “Risk Definition
Commitee”, un’apposita commissione insediatasi in occasione
della costituzione della Society of Risk Analysis produsse un
documento riportante queste testuali considerazioni:
“[…] After two years of work in which its members where
themselves unable to arrive at a single definition of risk, the
Definitions Committee decided that it would recognize that
different definitions are in use among disciplines involved in
risk analysis and management. […]”
Come esempio delle difficoltà incontrate, i membri della
commissione citarono ben 13 differenti possibili definizioni
di rischio che erano state considerate ugualmente valide e
aventi valenza applicativa (2). A tali definizioni, si sono aggiunte
e susseguite, fino ad oggi, molte altre definizioni ed approcci
metodologici per la rappresentazione del rischio. Una sintesi
ragionata di tali approcci si può trovare, ad esempio, nella
bibliografia citata(3) e nei riferimenti ivi riportati.
In questo articolo, nello specifico, si approfondiscono alcuni
concetti basilari connessi alla definizione di rischio allo
scopo di tentare una generalizzazione di alcune precedenti
definizioni. L’approccio seguito è quello di rifarsi ad alcuni
principi della teoria dei sistemi e della probabilità, con
l’obbiettivo di tentare di formulare una definizione di rischio
relativamente generale e con ampia valenza applicativa.
ALCUNI CONCETTI BASILARI DELLA TEORIA
DEI SISTEMI UTILI ALLA DEFINIZIONE DI
RISCHIO
L’idea alla base della definizione di rischio proposta in
questo lavoro è quella che un’ampia classe di valutazioni del
rischio (ad esempio: in campo ambientale, ingegneristico,
della protezione dei lavoratori ecc.) possa essere condotta,
al momento della elaborazione del modello concettuale,
seguendo l’approccio metodologico sintetizzato nel seguito:
1.
2.
3.
Identificazione del sistema che rappresenta la
sorgente di pericolo principale
Individuazione della magnitudo dei danni prodotti
dagli stati anomali del sistema di studio
Selezione dei potenziali bersagli di interesse e
valutazione del tipo e della gravità dei possibili
effetti negativi che essi possono subire a causa
dell’anomalia nel sistema di studio.
L’enfasi viene quindi posta sul concetto di sistema che si viene
a trovare in una condizione anomala, tale da rappresentare
un pericolo per i bersagli di interesse, procurando loro effetti
negativi. Nella più ampia definizione del termine, un sistema
S può essere descritto come un complesso di componenti,
detti sottosistemi, interagenti attraverso lo scambio di materia,
energia o informazione, per i quali è possibile rappresentare
e quantificare le mutue e reciproche interazioni, sì da poter
individuare, in maniera non ambigua, l’insieme di studio; vale a
dire le entità ed i processi di interesse, estraendoli dal contesto
al contorno (4,5).

jul-sep 2014 HS+E Magazine 5
Pertanto, in ogni sistema è possibile identificare un sottoinsieme dei possibili valori delle sue variabili di stato, che
indichiamo con {STa}, per il quale il sistema S può essere
considerato in una “stato anomalo”. Stato anomalo che
produce un danno D, la cui magnitudo (Md) può essere
valutata o misurata, che rappresenta un pericolo per i
bersagli di interesse {Ti}, (che possono essere sia interni,
sia esterni al sistema S). Vale a dire, che può loro procurare
effetti avversi {Ea}.
magnitudo Md del sistema di studio ed il rischio di effetti
negativi {Ea} sui bersagli, indipendentemente da quali
cause abbiano prodotto un’anomalia nel sistema S. In
questi casi, l’equazione (1) può essere riscritta come:
Rishio R = P(Md, Ea)
(2)
Lo schema sintetico delle definizioni proposte e delle
loro mutue interrelazioni sono schematizzate nella figura
P(Md, Ea) = P{Ti}(UMd{STa}, Md, Ea)
(3)
Un sistema S
un danno D
effetti avversi
{Ea }
seguente:
può stare
che può essere
quali�icato
sui
in uno stato anomalo
STa
dalla sua magnitudo
Md
bersagni di interesse
{Ti }
che può
produrre
che può
causare
UNA POSSIBILE DEFINIZIONE DI RISCHIO
Sulla base degli elementi descritti in precedenza, è ora
possibile enunciare la definizione proposta di rischio(3).
Il rischio R per i bersagli di interesse {Ti}, prodotto da uno
stato anomalo {STa} del sistema S, che produce un danno
D di magnitudo Md, è dato dalla probabilità di effetti
avversi {Ea} sui bersagli di interesse {Ti}
(1)
In molte applicazioni di Risk Assessment si è interessati
al rischio di specifici effetti avversi {Ea} sui bersagli di
interesse {Ti} a prescindere dai singoli, specifici stati
anomali {STa} che possono produrli. Vale a dire, si è
interessati a determinare le relazioni causali fra i danni di
6 HS+E Magazine jul-sep 2014
è la probabilità calcolata sull’unione di tutti gli stati anomali
{STa} che possono produrre un danno di magnitudo Md nel
sistema S (indicata con Umd{STa}).
Si osservi come, dalle proprietà generali delle probabilità
condizionate e non condizionate(6), l’equazione (3) può essere
espansa come segue:
Rischio R = P(Md, Ea) = P(Ea|Md)∙P(Md)
Fig. 1: Rappresentazione schematica della definizione proposta
di rischio e delle mutue interrelazioni concettuali
Rishio R = P{Ti} (STa, Md, Ea)
dove:
(4)
dove P(Md) è la probabilità non condizionata di un danno
di magnitudo Md nel sistema S e P(Ea|Md) è la probabilità
condizionata di un effetto avverso Ea sui bersagli {Ti}, prodotto
da un danno D di magnitudo Md.
In termini generale, l’equazione (4) può essere vista come
una specificazione ed una formalizzazione matematica di
molte precedenti definizioni di rischio, elaborate negli anni
passati; prima fra tutte, ad esempio, la quinta definizione di
rischio formulata dal precedentemente citato “Risk Definition
Commitee” nel 1987(2):
[…] 5- Conditional probability of an adverse event (given
that the causative events necessary have occurred) […]
Dall’equazione (1), risulta inoltre evidente come il rischio
rappresenti la probabilità che si realizzi un così detto, specifico,
scenario di rischio per i bersagli {Ti}(7). Scenario di rischio che è
caratterizzato da proprietà specifiche riguardanti gli stati, la
magnitudo del danno e gli effetti sui bersagli e che può essere
rappresentato dalla tripletta:
Scenario di rischio = [{STa},{Md}, {Ea}]
(5)
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
In questo articolo è stata presentata una definizione
di rischio basata sui concetti della teoria generale dei
sistemi e della probabilità, con la speranza che possa
risultare, al contempo, rigorosa nei fondamenti teorici e
sufficientemente generale da poter essere utilizzata in una
vasta gamma di situazioni e casi applicativi. Si ritiene, infatti,
che molte delle difficoltà ed ambiguità delle precedenti
definizioni di rischio, oltre che ascrivibili all’intrinseca
multi-disciplinarietà delle competenze che concorrono al
processo di Risk Assessment, siano anche dovute al fatto
che ci si sia, spesso, focalizzati su cosa costituisca un rischio
e quali siano i principali elementi che lo caratterizzino,
tralasciando, invece, di definire come valutarlo e misurarlo,
per lo meno in termini scientificamente rigorosi. In questo
contributo si è cercato, pertanto, di presentare una
possibile definizione di rischio basato su concetti propri di
teorie matematiche consolidate. Successivi lavori potranno
essere incentrati su considerazioni e riflessioni derivanti
dalla definizione proposta di rischio e su come l’approccio
proposto possa collegarsi alle specifiche, differenti,
tecniche di Risk Assessment, utilizzate in diversi settori
applicativi.
1. Aven T. Foundational issues in risk assessment and risk
management. Risk Analysis, 2012; 32(10): 1647-1656
2. Society of Risk Analysis. Risk Newsletters, 1987; 7(3):5
3. Andretta M. Some considerations on the definition of risk
based on concepts of systems theory and probability. Risk
Analysis, ISSN: 0272-4332, doi: 10.1111/risa.12092, 2013 4. Laszlo A, Krippner S. Systems theories: Their origins
foundations and development, p. 47 in Jordan J S (ed).
Systems Theories and a Priori Aspects of Perception.
Amsterdam: Elsevier Science, 1998
5. Andretta M, Compiani M, Serra R, Zanarini G. Introduction
to the Physics of Complex Systems: The Mesoscopic
Approach to Fluctuations, Nonlinearity and Selforganization. Oxford, UK: Pergamon Press, 1986
6. Ross S M. Introduction to Probability and Statistics
for Engineers and Scientists. Burlington, MA: Elsevier
Accademic Press, 2004
7. Kaplan S, Garrick B J. On the quantitative definition of risk.
Risk analysis, 1981; 1(1):11-27

MASSIMO ANDRETTA, Laureato in fisica, è stato consulente scientifico del Ministero dell’Ambiente all’OECD di
Parigi e, dal 2001 ad oggi, docente in numerosi corsi di laurea presso l’Università di Bologna; ricercatore, pubblicista
e conferenziere di livello internazionale si è occupato di numerose tematiche legate al rischio ambientale e alla
conservazione dei beni culturali; è direttore del centro Ricerche e Servizi Ambientali di Marina di Ravenna.
jul-sep 2014 HS+E Magazine 7
Nota stampa n.1
ECOMONDO PIATTAFORMA MEDITERRANEA DELLA GREEN ECONOMY
Torna dal 5 all’8 novembre 2014 a Rimini Fiera
il grande appuntamento fieristico dedicato alle principali strategie europee ed internazionali
sull’ecoinnovazione e la trasformazione del rifiuto in risorsa
Rimini, 6 maggio 2014 – Piattaforme internazionali di start-up, green jobs, trasporto sostenibile e veicoli ecologici, innovation tecnology, eco design
industriale… Il settore ambientale è in continua evoluzione e solo ECOMONDO, la manifestazione espositiva leader del comparto, può raccoglierne le novità
e presentarle in maniera organica.
Da mercoledì 5 a sabato 8 novembre prossimi, Rimini Fiera alzerà il sipario sulla 18esima edizione della fiera internazionale del recupero di materia
ed energia e dello sviluppo sostenibile. Nelle quattro giornate sono attesi 100mila operatori da tutto il mondo, in particolare dell’area Euro-Mediterranea
nella quale la manifestazione ha assunto un ruolo guida, diventando non solo la piattaforma tecnologica di riferimento sull’economia del futuro, con
particolare attenzione alle principali strategie europee ed internazionali sull’ecoinnovazione e la trasformazione dei rifiuti in risorsa, ma anche hub
qualificato di formazione e informazione.
ECOMONDO rappresenta il binomio vincente di concreta opportunità di business legato alla green economy e altissimo profilo del calendario di seminari
impostato dal board scientifico guidato dal prof. Fabio Fava. La fiera attrae il contributo tecnologico e progettuale di imprese e istituzioni al lavoro per
alimentare il volano più potente per le attese di ripresa economica, quello che guarda all’innovazione, per consentire risparmi all’ambiente ed efficienza
nell’uso delle energie; e riunisce i grandi esperti europei per divulgare le conoscenze più avanzate in tema di ricerca scientifica, con particolare riguardo
agli strumenti economici che la Commissione europea mette a disposizione per l’ecoinnovation.
OBIETTIVO MONDO
Obiettivo primario di ECOMONDO 2014 è l’aumento sostanziale del suo profilo di internazionalità, che parte da una base significativa e consolidata, ma
che tramite un programma di promozione stimolerà nei i prossimi mesi i mercati più interessanti per le imprese del settore. E’ stata potenziata la rete
commerciale e predisposto un ciclo di road show dove esperti, imprese e staff di ECOMONDO incontreranno operatori ed istituzioni; con tappe in Egitto,
Giordania, Slovenia, Serbia,Turchia, Polonia, Romania, Brasile e Russia.
TORNANO NEL 2014 GLI STATI GENERALI DELLA GREEN ECONOMY
ECOMONDO conferma lo svolgimento, nelle prime due giornate di fiera, degli Stati Generali della Green Economy con a tema “Imprese e lavori per una
green economy”. Organizzati dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile, accentreranno i contenuti che si svilupperanno in questi mesi di incontri e di lavoro
comune, con il contributo di tutte le più importanti associazioni di imprese impegnate nel settore ambientale. Nel corso dei primi incontri al Ministero
dell’Ambiente, di concerto col Ministro Gian Luca Galletti, sono state delineate le linee guida del lavoro in vista delle giornate riminesi, particolarmente
significative anche alla luce del semestre UE a guida italiana.
IL GRANDE POLO FIERISTICO EUROPEO DEDICATO AL ‘SISTEMA AMBIENTE’
Non ci sarà solo ECOMONDO a Rimini Fiera, dal 5 all’8 novembre prossimi. I sedici padiglioni saranno interamente occupati dalle manifestazioni dedicate
all’ambiente. In contemporane si svolgeranno infatti KEY ENERGY (fiera internazionale per l’energia e la mobilità sostenibile), KEY WIND (Salone
dell’energia del vento), COOPERAMBIENTE (salone del sistema cooperativo legato all’ambiente) e H2R - Mobility for Sustainability.
COLPO D’OCCHIO:
Qualifica: Fiera internazionale; periodicità: annuale; edizione: 18a; ingresso: operatori e grande pubblico; biglietti: intero 20 Euro; ingresso gratuito
bambini 0-6 anni; ingresso ridotto 8 Euro; ingresso universitari (con presentazione libretto) 3 Euro; orari: 9-18, ultimo giorno 9-17; direttore business
unit: Simone Castelli; project manager: Alessandra Astolfi; info visitatori: tel. 0541.744317, mail: [email protected]; website: www.ecomondo.
com; facebook: www.facebook.com/EcomondoRimini; twitter: http://twitter.com/Ecomondo; hashtag ufficiale: #ecomondo
PRESS CONTACT:
Servizi di comunicazione e media relation, Rimini Fiera Spa +39-0541-744.510 [email protected];
responsabile: Elisabetta Vitali; coordinatore ufficio stampa: Marco Forcellini;
addetti stampa: Alessandro Caprio e Nicoletta Mancini Evangelisti;
media consultant: Cesare Trevisani, Nuova Comunicazione Associati [email protected]
WorkSafe New Zealand è l’autorità pubblica che regolamenta
tutti gli aspetti di sicurezza e salute dei cittadini in ambiente
lavorativo; come in altri Paesi di cultura anglosassone WSNZ è
anche l’ente regolatore per quanto riguarda la sicurezza delle
utilities pubbliche (gas ed energia elettrica).
A fronte di un tasso infortunistico che, secondo le dichiarazioni
del governo neozelandese, si colloca ad un livello inaccettabile
per un Paese evoluto, è stata avviata su tutto il territorio
nazionale una campagna di sensibilizzazione, educazione e
controllo che ha l’obiettivo di ridurre del 25% entro il 2020 gli
attuali indici di infortunio e di malattia professionale.
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strumenti cardine di questa campagna; in esso è possibile
trovare numerosi documenti che, pur pensati per la realtà
locale, possono risultare estremamente utili anche in
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regulation, training kit, survey report, statistiche e altro ancora
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dell’agricoltura.
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jul-sep 2014 HS+E Magazine 9

Giuseppe Semeraro, Ingegnere
L’ALTEZZA NEI
LAVORI IN QUOTA
Una recente sentenza di cassazione
(Cass. pen., sez. IV, sentenza n. 15028 del
1 aprile 2014) ha fatto molto discutere
gli addetti ai lavori sul concetto
legislativo di “lavori in quota”, come
evoluzione di quello di “lavori in altezza”,
derivante dal retaggio culturale delle
norme antinfortunistiche degli anni
cinquanta del secolo scorso.
La sentenza prende in esame il caso
di infortunio da caduta dall’alto
avvenuto all’interno di un cantiere
per la costruzione di una caserma
dei carabinieri, a causa della mancata
predisposizione del parapetto ad
un ponteggio, costituito da due soli
cavalletti e da un tavolato formato
da una sola tavola di calpestio da 50
centimetri di larghezza (probabilmente
da carpenteria e non da ponteggio),
di altezza inferiore a 2 metri da terra,
sul quale un operaio provvedeva a
disarmare una tavola di banchinaggio
del solaio mediante l’utilizzo di un
“piede di porco”. Nello specifico l’opera
provvisionale sembra più vicina
alla tipologia di ponte su cavalletti,
incompleto, che di ponteggio vero e
proprio.
Nella sentenza si puntualizza che le
norme antinfortunistiche contro la
caduta dall’alto nei cantieri si applicano
10 HS+E Magazine jul-sep 2014
“a qualsiasi lavoro edilizio da eseguire ad
altezza superiore a due metri dal suolo,
intesa in riferimento alla altezza alla quale
il lavoro viene eseguito e non a quella nella
quale si trova il lavoratore.”
La corte suprema applica al caso il
sistema legislativo in materia di salute e
sicurezza sul lavoro vigente al momento
del fatto, antecedente all’emanazione
del D.Lgs. 81/2008, costituito
fondamentalmente dall’articolo 16
del DPR 164/56, il quale imponeva,
utilizzando una frase della sentenza,
l’allestimento di impalcature, ponteggi
ed altre opere precauzionali per qualsiasi
lavoro edilizio da eseguire ad altezza
superiore a due metri dal suolo.
La giurisprudenza di merito aveva da
tempo consolidato il principio, mai
condiviso dagli addetti ai lavori, secondo
il quale l’altezza in questione dovesse
essere misurata a partire dal punto di
esecuzione del lavoro e non dal punto
di caduta (in pratica, dalle mani e non
dai piedi).
Nel corso degli anni, però, le norme
antinfortunistiche sono state aggiornate
sotto l’impulso del legislatore europeo,
che sin dal 2003, con la direttiva
2001/45/CE, recepita in Italia con
il D.Lgs. 235/2003, ha introdotto
il concetto di “lavoro in quota”,
dandone una definizione ben diversa
dall’interpretazione di “lavoro in altezza”
fornito dalla giurisprudenza. Cosicché
con il D.Lgs. 81/2008, e soprattutto
con il D.Lgs. 106/2009, si è stabilito
l’obbligo dell’adozione di idonee opere
provvisionali o comunque precauzioni atte
ad eliminare i pericoli di caduta dall’alto
di persone nei lavori in quota, anziché
nei lavori in altezza, secondo la vecchia
legislazione.
Veniamo, dunque, alla definizione di
“lavori in quota” fornita dall’articolo 107
del D.Lgs. 81/2008: lavori che espongono
i lavoratori al rischio di caduta dall’alto da
una quota posta ad altezza superiore a 2
metri rispetto ad un piano stabile. Questa
definizione credo che non lasci alcun
dubbio interpretativo circa le modalità
di misura dell’altezza al cui superamento
vige l’obbligo dell’adozione delle
misure antinfortunistiche stabilite
dalla legge.
Pertanto, secondo le nuove norme,
non è il punto a cui si esegue il lavoro
ad essere determinante, ma il punto di
potenziale caduta. Questa definizione è
del tutto differente da concetto di lavoro
in altezza della vecchia legislazione,
così come interpretata sinora dalla
giurisprudenza.
Cassazione Penale, Sez. 4, 01 aprile 2014, n. 15028
(stralcio)
“Orbene, “La disposizione dell’art. 16 del d.P.R. n. 164 del
1956 - che impone l’allestimento di impalcature, ponteggi
ed altre opere precauzionali per qualsiasi lavoro edilizio
da eseguire ad altezza superiore a due metri dal suolo - va
intesa in riferimento alla altezza alla quale il lavoro viene
eseguito e non a quella nella quale si trova il lavoratore”
(Cass. pen. Sez. IV, n. 8978 del 20.5.1987).
Tale interpretazione, prevalentemente seguita da questa
Corte, non può essere superata da qualsivoglia altra che
non tenga conto del dato letterale della norma, secondo il
quale le opere provvisionali per i ponteggi sono prescritte
DPR 164/56
per qualsiasi lavoro che venga “eseguito ad un’altezza superiore a 2 mt.” (art. 16 dPR 164/56) e, cioè, a prescindere
all’altezza dell’impalcato, sicché deve essere prevista e
computata, ai fini della predisposizione dell’opera provvisionale del parapetto, oltre all’altezza alla quale è posto
l’impalcato dall’eventuale piano di appoggio e all’altezza
di quest’ultimo dal piano di terra o di calpestio, finanche
la statura dell’operatore e, comunque, considerata l’effettiva altezza alla quale viene eseguito il lavoro in quota,
che, nel caso di specie, trattandosi di disarmo del solaio,
si svolgeva a ben mt. 3,60 dal suolo (v. sentenza di primo
grado).”
D.Lgs. 81/2008
Art. 107. Definizioni
Attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto
ad un piano stabile.
Art. 16. Ponteggi ed opere provvisionali
Nei lavori che sono eseguiti ad un’altezza superiore ai
m2, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori
stessi, adeguate impalcature e ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli
di caduta di persone e di cose.
Art. 122. Ponteggi ed opere provvisionali
Nei lavori in quota, devono essere adottate, seguendo lo
sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi
o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte
ad eliminare i pericoli di caduta dall’alto di persone e cose
conformemente ai punti 2, 3.1, 3.2 e 3.3 dell’allegato XVIII.

jul-sep 2014 HS+E Magazine 11
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della rischiosità di questi luoghi.
Il volume unisce la teoria e la pratica delle attività lavorative svolte negli ambienti
confinati e affronta i principali aspetti delle operazioni condotte in ambiente confinati,
fornendo una serie di informazioni al tecnico per avvicinarsi alla materia per affrontare
con maggiore consapevolezza una delle problematiche riconosciute per essere tra le
più subdole e complesse all'interno della sicurezza occupazionale.
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jul-sep 2014 HS+E Magazine 13

Roberto Cammardella
L’LCA a supporto delle tecnologie applicate ai
sistemi di produzione di energie rinnovabili.
I
l continuo peggioramento della
qualità dell’ambiente e la continua
attenzione da parte delle persone,
nonché dei Governi, alle problematiche
ambientali ha portato, con il tempo,
ad una sempre maggiore diffusione
delle energie rinnovabili, ovvero di
energie che riducono sensibilmente la
dipendenza delle attività antropiche
dai combustibili fossili. Inoltre, molte
di queste permettono anche una
riduzione delle emissioni nelle differenti
sfere ecologiche (acqua, aria e suolo),
aggiudicandosi così la definizione di
“pulite”.
Il mercato delle energie rinnovabili ha
permesso la diffusione di diverse forme
di energia (elettrica, termica, meccanica,
ecc.) ottenute attraverso processi molto
più ecosostenibili rispetto agli omologhi
processi produttivi che utilizzano
prevalentemente combustibili fossili.
Inoltre, le energie rinnovabili, grazie
anche al fatto che è necessario che
esse diano un guadagno economico ai
produttori, sono sempre affiancate da
innovazioni tecnologiche che possano
garantire nuovi incentivi e, quindi,
nuove forme di guadagno. Un esempio
di questo fenomeno è la possibile
conversione degli impianti di digestione
anaerobica da produzione di biogas
(impiegato per ottenere energia elettrica
e termica) a produzione di biometano
(utilizzato come combustibile per
usi domestici o industriali ma anche
per l’autotrasporto) così come sta
accadendo in numerosi Stati europei.
In Italia, invece, nonostante gli
impianti per la produzione di biogas
siano largamente diffusi, vi sono
carenze legislative riguardo la messa
in commercio del biometano che,
almeno per il momento, ne frenano la
produzione.
La driving force di ciò che sta accadendo nella maggior
parte degli stati europei, e che tarda ad avvenire nel Bel
paese, è senza dubbio da attribuire alla non indicizzazione
degli incentivi che porta, negli anni, ad una riduzione dei
guadagni dei vecchi impianti.
La continua innovazione tecnologica è dunque una
condizione necessaria soprattutto per trovare nuovi ambiti
applicativi a soluzioni più ecosostenibili ma anche per dare
nuove possibilità di commercio per quelle aziende che
lavorano e investono nell’ambito delle energie rinnovabili.
Ma cosa sono il biogas e il biometano? Il primo si
origina da processi di digestione anaerobica ed è una
miscela di differenti composti gassosi, di cui il metano
è il componente maggiore; il secondo è, così come
definito dal D. lgs. 28/2011, un <<gas ottenuto a partire
da fonti rinnovabili avente caratteristiche e condizioni
di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano e
idoneo alla immissione nella rete del gas naturale>>.
Come già accennato precedentemente, c’è stata
dapprima la diffusione del biogas ottenuto dal processo
di digestione anaerobica (DA) di biomasse, sia residuali
(scarti di produzioni agricole e di allevamenti e/o la
frazione organica dei rifiuti solidi urbani) sia dedicate
(prevalentemente colture energetiche) che viene
combusto all’interno di cogeneratori CHP che garantiscono
anche l’autosufficienza energetica all’impianto. La
produzione di biometano comporta, invece, l’abbandono
dei cogeneratori, sostituiti da sistemi di separazione del
metano dalle altre componenti gassose del biogas in modo
da ottenere una miscela gassosa ad elevata concentrazione
di metano (> 96%).
Il vantaggio del biometano è che può essere immesso
all’interno nel sistema di distribuzione del gas naturale,
senza che esso subisca una riduzione del potere calorifico
evitando l’effetto “diluizione” che invece si avrebbe con
l’immissione in rete del biogas. In questo modo lo si
potrebbe utilizzare in sostituzione o in aggiunta del gas
naturale di origine fossile. Inoltre, grazie alla maggiore
purezza della miscela può essere trasportato, a parità
di potere calorifico, con bombole di minore volume
facilitandone così l’utilizzo per autotrazione. Ulteriore
vantaggio offerto dalla combustione del biometano (così
come anche del biogas) è l’immissione in atmosfera di
CO2 biogenica, neutra per quanto concerne il bilancio
di anidride carbonica. Infatti, la combustione di questi
due composti permette di rilasciare in atmosfera la stessa
quantità di CO2 che era stata sottratta dalle biomasse
durante la fotosintesi clorofilliana.
Ad oggi esistono differenti sistemi di purificazione (o
upgrading) del biogas in biometano. Tra questi è possibile
menzionare il pressure swing adsorption (PSA), il water
scrubber, l’amine scrubber e le membrane. Di queste
quattro tecnologie solo l’amine scrubber necessita sia di
energia termica che di energia elettrica; le altre tecnologie,
invece, richiedono soltanto energia elettrica in una quantità
molto simile. Il differente approvvigionamento energetico
tra l’amine scrubber e le altre tecnologie fa sì che anche
gli impatti ambientali a valle del processo di purificazione
siano differenti.
L’attenzione agli impatti ambientali dovrebbe godere di
piena attenzione soprattutto quando si parla di energie
rinnovabili poiché si potrebbe correre il rischio di creare,
in nome della sostenibilità, processi più inquinanti di
quelli che utilizzano fonti energetiche fossili. Per ridurre
al minimo questo rischio è possibile utilizzare il Life
Cycle Assessment o analisi del ciclo di vita (LCA), uno
strumento standardizzato che permette di investigare i
carichi ambientali di una o più fasi produttive di servizi e/o
prodotti.
A tal proposito, così come dimostrato in uno studio
preliminare di confronto di sistemi energetici per la
produzione di energia elettrica da biogas e di produzione
di biometano per autotrazione (Cammardella, 2014)
non tutte le forme di produzione di energie rinnovabili
sono maggiormente sostenibili di quelle di “origine”
fossile. Infatti, ciò che è emerso dallo studio è che se si
trascurano elementi importanti della progettazione degli
impianti di DA per la produzione di biometano, si possono
verificare dei fenomeni che peggiorano drasticamente le
performance ambientali. Esempio tra tutti è l’immissione
in atmosfera di gas metano che ha un elevato potenziale
climalterante, ben 25 volte maggiore della CO2 se calcolato
in un lasso temporale di 100 anni. L’immissione accidentale
di questo composto può avvenire durante la fase di
purificazione del biogas. Infatti, così come considerato nel
caso studio, il processo di upgrading mediante utilizzo della
tecnologia a membrane non gode di un’efficienza del 100%
ma si attesta intorno al 96%.

jul-sep 2014 HS+E Magazine 15
Ciò significa che soltanto il 96% del metano contenuto nel
biogas riesce ad essere recuperato; il restante 4% viene
rilasciato in atmosfera sotto forma di off-gas (o gas di fuga)
aumentando così il potenziale di riscaldamento globale
del processo che diventa ben più impattante, nonostante
la dote di CO2 biogenica di cui si è già parlato, rispetto al
tradizionale potenziale climalterante di cui è responsabile
l’estrazione, raffinazione e distribuzione di un’uguale
quantità di gas naturale di origine fossile. Tale impatto
ambientale potrebbe però ridursi, al punto da rendere il
processo più sostenibile rispetto all’estrazione, raffinazione
e distribuzione di gas naturale, se i gas di fuga venissero
intercettati e convogliati in sistemi di purificazione situati in
serie (aumentando così l’efficienza del sistema) oppure in
piccoli cogeneratori in modo da ridurre a zero le emissioni
di metano e produrre una seppur minima quantità di
energia elettrica e termica che potrebbe alimentare anche
solo parzialmente l’impianto di DA riducendo gli impatti
ambientali legati al suo approvvigionamento energetico.
Emissioni di gas climalteranti
Dal grafico si vede l’elevato impatto ambientale che hanno
le colture dedicate di mais, triticale, sorgo e barbabietola,
la cui somma rappresenta il 67,5% del totale del feedstock.
Nonostante concorrano solo per poco più dei 2/3, circa il 90%
delle emissioni di gas climalteranti è imputabile a loro. Il mais,
in particolare, è responsabile dell’80% delle emissioni causate
dalle biomasse in seguito al massiccio utilizzo di fertilizzanti e
all’utilizzo di motori per la sua irrigazione. Per questo motivo è
necessario incentivare maggiormente le biomasse residuali.
16 HS+E Magazine jul-sep 2014
Altro aspetto importante che merita attenzione è la
gestione del digestato, ovvero il co-prodotto che si ottiene
a valle del processo di DA, che risulta essere il maggiore
responsabile delle emissioni con potenziale acidificante ed
eutrofizzante dell’intero processo di digestione anaerobica.
Il digestato contiene elevate quantità di elementi chimici
quali l’azoto e il fosforo, ma anche una discreta quantità
di carbonio organico. Questi elementi, durante la fase di
stoccaggio, possono trasferirsi in ambiente sottoforma di
diversi composti (CH4, N2O, NH3, NO3-, ecc.) e causare
emissioni in atmosfera e nel suolo, quindi nelle acque dolci
e/o salate. Tali emissioni, causano elevati problemi sia di
accettabilità sociale, ad esempio causa delle emissioni di
ammoniaca, sia problemi ambientali legati al potenziale di
riscaldamento globale, di acidificazione ed eutrofizzazione.
Anche in questo caso basterebbero dei piccoli accorgimenti
progettuali per limitare gli impatti ambientali negativi che
derivano da questa fase. Infatti, sarebbe sufficiente stoccare
il digestato in locali chiusi dotati di sistemi di captazione
e abbattimento delle emissioni gassose per ridurre
notevolmente gli impatti globali.
Sempre dal medesimo studio, è emerso che l’utilizzo delle
biomasse dedicate impiegate in DA è responsabile di
elevati impatti ambientali. In particolare, ci sono colture
come il mais (largamente impiegato grazie al suo elevato
potere metanigeno) che necessitano di elevati quantitativi
di fertilizzanti, pesticidi e acqua che lo rendono poco
sostenibile. Infatti, è risultato che nonostante il mais
concorresse per il 46% al quantitativo di biomasse in
ingresso all’impianto, esso era causa, in media, del 70%
degli impatti causati dalle biomasse, con punte dell’80% nel
caso del potenziale di riscaldamento globale.
Ulteriore problema derivante dall’uso di tali biomasse
è che si rischia di innescare una competizione tra
colture energetiche e coltivazioni destinate all’uso
umano e animale. Inoltre, molto spesso i terreni agricoli
sono soggetti a monocolture energetiche intensive in
monosuccessione che possono causare infertilità dei suoli e
ulteriori nuovi problemi ambientali.
Nonostante le differenti problematiche e criticità ambientali
individuate nello studio, ad oggi un impianto di DA per
la produzione di biogas risulta essere meno impattante
rispetto alla tradizionale produzione di energia elettrica da
mix nazionale italiano soltanto per la categoria di impatto
legata al potenziale di riscaldamento globale.
Infatti, il potenziale di acidificazione e di eutrofizzazione
risultano essere fortemente influenzati dalla cattiva
gestione del digestato e dall’utilizzo di fertilizzanti per le
colture dedicate.
Mix energetico italiano 2011
L’aspetto positivo legato al potenziale di riscaldamento
globale è favorito soprattutto dal fatto che nel mix
energetico italiano ci sono ancora elevate percentuali di
energia elettrica prodotta in maniera poco sostenibile,
ad esempio mediante l’utilizzo di centrali a carbone che
nel 2011 fornivano il 15% circa dell’energia elettrica totale
prodotta. D’altronde, però, si potrebbe pensare che in un
futuro non troppo lontano, la continua diffusione di energie
rinnovabili porterà ad una riduzione relativa dei vantaggi
attualmente offerti dagli impianti di digestione anaerobica.
Per questo motivo, è necessario iniziare sin da adesso a
pensare ad eventuali azioni di mitigazione degli impatti
ambientali in modo tale da rendere sostenibili i sistemi di
produzione di energie rinnovabili anche in futuro.

ROBERTO CAMMARDELLA, laureato in scienze ambientali
si occupa di energie rinnovabili e in particolare delle
problematiche correlate al Life Cycle Assessment.
Fonte dati: GSE
b.i.t.
energie
rinnovabili &
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che cos’è
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jul-sep 2014 HS+E Magazine 17
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UNI EN ISO 9001:2008
UNI EN ISO 14001:2004
OHSAS 18001:2007
UNI EN ISO 3834 (Settore Costruzioni Saldate)

Sistemi di Gestione della Responsabilità sociale secondo
SA 8000 Corporate Social Responsibility.

Certificazione di Personale e Processi di Saldatura
Certificazione di Saldatori ed Operatori di saldatura industriale
(Norme EN-ASME-AWS-API ecc.)
Certificazione processi speciali di saldatura
(Norme EN-ASME-AWS-API ecc.)

Certificazione di Saldatori Polietilene (Norme UNI 9737)
Elaborazione
documentazione
relativa
all'implementazione
della
certificazione secondo Reg. CE 761/2001-EMAS
Elaborazione del fascicolo tecnico secondo direttiva 97/23/CE “PED”
Elaborazione documentazione per certificazione di prodotto in regime
cogente e volontario
Elaborazione documentazione per certificazione degli aggreganti direttiva
89/106
Progettazione e realizzazione di corsi di formazione per:





Qualità, Ambiente, Etica, Security, Sicurezza, Agroalimentare;
Controlli non distruttivi (RINA ASTN ed UNI EN) tramite centri d’esame partner
Saldatori ed operatori di saldatura metallici e polietilene
 Servizio di expediting, ispezioni, collaudi e qualifica fornitori per
conto terzi
Technical Partner
RINA
E.QU.A. S.r.l. Via Pirano, 5 – 48122 Ravenna
Azienda con sistema qualità certificato CSQ N°9175
Tel. 0544 591981 Fax 0544 591374
E-Mail [email protected] - Web: www.equasrlra.it
PRESSREVIEW
Beyond
Health
and Safety
Expectation
Articolo di Nick Warburton pubblicato per
La famosa Battersea Power
Station - centrale elettrica a
carbone situata nell’omonimo
distretto del sud-est londinese è stata, sin dal momento della sua
costruzione negli anni Trenta del
Novecento, una delle icone della
potenza industriale britannica;
messa fuori servizio nei primi
anni Ottanta è rimasta poi per
trent’anni un monumento di
archeologia industriale, essendo,
tra l’altro, il più grande edificio in
mattoni mai realizzato in Europa;
la rimozione delle coperture
avvenuto pochi anni dopo la
messa fuori servizio ha purtroppo
condotto rapidamente ad un
ammaloramento delle strutture
interne; i proibitivi costi, hanno
fatto sì che non si procedesse
poi ad un decommissioning
definitivo.
L’acquisto di tutto
l’insediamento, avvenuto
nel 2012 da parte di un
developer malese, ha portato
immediatamente all’avvio di
un progetto di ristrutturazione
che durerà undici anni per un
costo stimato di circa 8 miliardi
di sterline e che prevede la
realizzazione di migliaia di
appartamenti, uffici, teatri,
cinema e centri commerciali e
sportivi che offriranno lavoro a
oltre 15.000 persone.
Questo enorme cantiere sarà
anche, da qui fino al 2025, il
teatro del progetto ‘Beyond
Expectations’ ovvero la più
sofisticata applicazione degli
standard di protezione della
sicurezza, della salute e benessere
dei lavoratori mai realizzata
fino ad ora in un cantiere di
costruzione.
Oltre 100 milioni di sterline
saranno immediatamente
investiti per mettere in sicurezza
la struttura esistente, incluse le
quattro famose ciminiere che
verranno smontate e ricostruite
integralmente perfettamente
identiche a quelle esistenti.
Nonostante l’amianto
originariamente presente
in abbondanza vista la
tipologia di impianto sia stato
completamente rimosso nei
decenni passati, la potenziale
presenza di fibre residue
comporterà la messa in atto
di speciali precauzioni sia di
tipo organizzativo che tecnico.
Massima attenzione verrà data
al rischio derivante dal lavoro in
quota cercando di meccanizzare
tutte le attività più rischiose; per
quanto riguarda il benessere dei
lavoratori verranno realizzate
site facilities che garantiscano il
massimo confort durante tutte le
fasi del lavoro.

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Emilia Romagna con il sostegno dell’Università di Ferrara per
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
jul-sep 2014 HS+E Magazine 21
2a Parte
Professionalità ed operatività integrate in un
intervento di
bonifica del
sottosuolo
Dalla messa in sicurezza d’emergenza alla relazione di fine lavori, attraverso indagini, progettazione,
monitoraggi e bonifica applicando diverse tecnologie.

Claudio Mattalia
I
l presente contributo illustra un piccolo intervento di
bonifica del sottosuolo eseguito da Enviars S.r.l. che, grazie
alla professionalità e all’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori
Ambientali per la Categoria 9, ha integrato le diverse fasi
di messa in sicurezza d’emergenza, indagini, monitoraggi,
progettazione e bonifica di un sito contaminato da gasolio, a
causa di un fenomeno di overfilling di un serbatoio.
Il contributo si articola in senso cronologico partendo da
una ricostruzione storica dell’accaduto, illustrando i diversi
interventi di messa in sicurezza d’emergenza, le indagini di
caratterizzazione, il monitoraggio della falda acquifera, la
bonifica dei terreni attraverso la rimozione di una porzione e
l’applicazione del Soil vapor Extraction, fino al collaudo finale
in contraddittorio con l’ARPA competente.
ANALISI DI RISCHIO
Le indagini di caratterizzazione hanno consentito di ricostruire
il modello concettuale della contaminazione. Come già detto,
il gasolio è fuoriuscito dal serbatoio percolando ai lati e sotto
di esso per infiltrarsi nel sottosuolo del grado superiore e del
gradone inferiore, dove, trovando un sistema fratturato ha
raggiunto la cantina ed il pozzo P1.
Gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza hanno
scongiurato la propagazione del gasolio in falda e
contemporaneamente bonificato il Pozzo P1.
La contaminazione residua interessa il terreno a tergo
del muro di sostegno tra il gradone inferiore e quello
intermedio, al di sotto della vasca dove era alloggiato il
serbatoio di stoccaggio del gasolio, dove si registrano i
massimi valori di concentrazione (11000 mg/kg per gli
Idrocarburi pesanti, 1200 mg/kg per gli Idrocarburi leggeri,
18 mg/kg per gli Xileni).
In seguito all’intervento di rimozione del terreno impattato dal
gasolio sul gradone inferiore, permane una contaminazione
residua modesta e superficiale di Idrocarburi leggeri. Infine,
una contaminazione contenuta da idrocarburi sia leggeri sia
pesanti è anche stata rilevata nel sottosuolo del cortile.
In ottemperanza al manuale APAT “Criteri metodologici per
l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati”
rev. 2, Marzo 2008, Appendice P, sono state individuate:
»» la sorgente di rischio primaria, rappresentata dal
serbatoio, ma rimosso durante la fase di messa in sicurezza
d’emergenza;
»» le sorgenti secondarie di rischio, rappresentate dalle
porzioni di terreno potenzialmente contaminate, cioè che
presentano superamenti delle CSC-RES (Figura 4).
jul-sep 2014 HS+E Magazine 23
La delimitazione della porzione di terreno potenzialmente
contaminata, costituente la sorgente di rischio, è stata
effettuata sulla base dei seguenti fattori:
1. le risultanze delle analisi chimiche, che
evidenziano come il maggiore impatto sia
localizzato sotto l’impronta della vasca che
conteneva il serbatoio di stoccaggio del gasolio
per riscaldamento;
2. le risultanze del rilievo dei VOC nell’aria
interstiziale, che confermano come il
maggiore impatto sia localizzato sotto
l’impronta di tale vasca;
3. le modalità di sversamento del gasolio,
avvenuto in corrispondenza della vasca di
contenimento del serbatoio;
4. l’osservazione diretta del muro di sostegno
tra il gradone inferiore e quello intermedio,
che evidenzia come il maggiore impatto da
idrocarburi sia localizzato sotto l’impronta
del serbatoio,
5. l’assenza storica di segnalazioni della
presenza di vapori idrocarburici nei locali
dell’abitazione Morello più prossimi al
gradone inferiore.
Per quanto concerne i contaminanti di interesse, le indagini
hanno evidenziato superamenti delle CSC-RES per i seguenti
parametri: Xileni, Idrocarburi leggeri C<12, Idrocarburi pesanti
C>12, di cui sono state utilizzate le speciazioni.
24 HS+E Magazine jul-sep 2014
In funzione delle caratteristiche dei contaminanti presenti
nel sito, delle caratteristiche del sito e dell’ubicazione della
sorgente di rischio, risultano attivi tutti i seguenti percorsi
di esposizione: ingestione di terreno, contatto dermico,
inalazione outdoor di polveri, inalazione outdoor di vapori da
suolo superficiale e profondo, inalazione indoor di vapori e
lisciviazione terreno e migrazione verso la falda.
I recettori di rischio sono rappresentati dagli abitanti delle
abitazioni presenti e dalla risorsa idrica sotterranea.
La valutazione del rischio verso il recettore uomo è
stata effettuata utilizzando gli approcci proposti dagli
standard ASTM RBCA e dal Manuale “Criteri metodologici per
l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati,
rev. 2” (APAT, 2008). Gli approcci utilizzati per la valutazione
del rischio verso il recettore uomo sono stati implementati
mediante i software BP RISC 4 e RBCA Toolkit for Chemical
Releases 2.5. BP RISC presenta il vantaggio di tenere in
considerazione la solubilità dei vari contaminanti quale
limite massimo della fase disciolta. Al contrario, RBCA Toolkit
for Chemical Releases implementa il percorso di esposizione
inalazione di polveri.
Alla luce delle indicazioni del D.Lgs. 9/2008, il rischio verso
la falda è stato valutato al confine verso valle flusso della
sorgente di rischio.
I risultati dell’Analisi di Rischio verso il recettore uomo
evidenziano un valore di Quoziente di Rischio non accettabile
(superiore a 1) per i parametri:
`` Idrocarburi leggeri e pesanti per il percorso di
esposizione inalazione di vapori relativi allo
scenario outdoor;
`` Idrocarburi pesanti per i percorsi di
esposizione contatto dermico+ingestione
suolo;
`` Idrocarburi pesanti e Xileni per il parametro
Idrocarburi leggeri relativi allo scenario
indoor.
Verso il recettore falda, risulta un rischio non accettabile sia per
gli Idrocarburi totali, sia per lo Xilene.

L’analisi di rischio ha consentito di definire le Concentrazione
Soglia di Rischio (CSR), valide sull’intero sito, relative ai vari
contaminanti di interesse Idrocarburi leggeri e pesanti, Xilene.
Parametro
CSR
(mg/kg)
Idr. leggeri
C<12
Idr. pesanti
C>12
Xileni
57
524
0,11
Pertanto, ai sensi dell’art. 240, c. 1, lettere c) ed e) del D.Lgs
152/06, il sito è contaminato e pertanto è necessario un
intervento di messa in sicurezza e bonifica.
Interventi Messa in Sicurezza implementati
In seguito alla caratterizzazione del sito e all’applicazione
dell’analisi di rischio sono stati implementati alcuni interventi
di messa in sicurezza.
»»
realizzazione di un’impermeabilizzazione superficiale
nell’area in cui era collocato il serbatoio per lo
stoccaggio di gasolio, allo scopo di evitare l’infiltrazione
dall’alto verso il sottosuolo contaminato (Figura 5);
»»
realizzazione di un impianto di captazione, pompaggio
e trattamento mediante disoleatore della venuta
d’acqua che in caso di eventi meteorici intensi si
verifica nella cantina.
Figura 5 - Impianto Soil Vapor Extraction
jul-sep 2014 HS+E Magazine 25
REVISIONE DOCUMENTO DI
ANALISI DI RISCHIO
BONIFICA
In seguito all’approvazione del Documento di Analisi di Rischio, gli enti
competenti hanno prescritto di considerare anche i parametri Toluene,
Naftalene e Benzo(a)pirene, e, cautelativamente, aumentare l’estensione
verticale sorgente contaminazione nel cortile. Inoltre, considerando le diverse
impermeabilizzazioni presenti sul sito, in particolare l’impermeabilizzazione
dell’ex vasca serbatoio, sono stati variati i valori di infiltrazione efficace e del
conseguente spessore della zona di miscelazione, e sono stati considerati inattivi
i percorsi di esposizione ingestione di terreno e contatto dermico.
Pertanto, è stata eseguita una revisione dell’analisi di rischio che ha fornito rischi
non accettabili per:
``
uomo outdoor: Idrocarburi leggeri C<12, Idrocarburi
pesanti C>12 e Benzo(a)pirene;
``
uomo indoor: Idrocarburi leggeri C<12 e Idrocarburi
pesanti C>12;
``
Alla luce dell’ubicazione delle porzioni
di terreno contaminate e della tipologia
di contaminanti presenti (composti
organici medio-volatili e biodegradabili),
la tecnologia di bonifica maggiormente
idonea è stata individuata nel Soil Vapor
Extraction SVE), cioè estrazione di
vapori interstiziali dal sottosuolo.
Riguardo alla porzione di terreno
contaminato ubicato nel gradone
inferiore si provvederà ad un intervento
di rimozione e smaltimento di
terreno.
Il dimensionamento dell’impianto
di SVE è stato effettuato sulla base
delle risultanze delle indagini di
caratterizzazione e delle due prove
effettuate in sito.
Falda: tutti i parametri, ad esclusione del Benzo(a)pirene.
Pertanto, sono state definite le nuove CSR e le COB (Concentrazione Obiettivo
di Bonifica):
Parametro
Idr.
leggeri
C<12
Idr.
pesanti
C>12
Toluene
Xileni
Benzo(a)
pirene
Naftalene
CSR
(mg/kg)
40
371
0,08
0,08
0,06
0,28
COB
(mg/kg)
41
1410
0,31
0,29
1,31
1,05
La prova effettuata in un pozzo
orizzontale (SH4) nel muro alla base del
gradone inferiore ha fornito valori di
VOC elevati (fino a 300 ppm), ma non
ha consentito una stima attendibile
della permeabilità terreno e del raggio
di influenza, a causa della presenza
dei contrafforti e delle eterogeneità
del sottosuolo. Al termine della prova,
è stato prelevato un campione di aria
interstiziale, mediante adsorbimento su
una fialetta di carboni attivi, sottoposto a
determinazioni di laboratorio che hanno
evidenziato la prevalenza di idrocarburi
alifatici leggeri.
La prova effettuata in un pozzo verticale
nel cortile (S1) ha fornito valori di VOC
decisamente ridotti (2,1 ppm), ma è stata
finalizzata esclusivamente al monitoraggio
delle depressioni indotte che hanno
evidenziato l’esistenza di vie preferenziali
di infiltrazione di aria nel sottosuolo,
probabilmente i numerosi sottoservizi
presenti nel sottosuolo del cortile.

26 HS+E Magazine jul-sep 2014
Le conclusioni della prova sono la
necessità di realizzare una fitta rete
di pozzi di aspirazione per ovviare al
limitato raggio di influenza.
L’impianto di bonifica SVE realizzato
comprende (Figura 5):
``
``
n. 9 pozzi di aspirazione
aria interstiziale suborizzontali (SH3÷SH11)
per la porzione di terreno a
tergo del muro di sostegno
tra il gradone inferiore e
quello intermedio (Figura
5);
n. 4 pozzi di aspirazione
aria interstiziale verticale
(S1, S7, S8, S9) per il
sottosuolo del cortile(Figura
5);
``
n. 1 collettore dotato di
valvole e punti di ispezione;
``
n. 4 decantatori per
l’eventuale condensa;
``
n. 1 aspiratore
in configurazione
antideflagrante alimentata
con linea elettrica (380 V,
50 Hz);
``
e strumentazione di
controllo;
``
n. 1 filtro a carboni attivi;
``
n. 1 camino;
``
quadro elettrico e gestionale.
L’impianto è gestito da un sistema di
controllo dei livelli nei decantatori e
dei tempi, in modo da funzionare con
modalità intermittente nelle sole ore
diurne per evitare l’impatto acustico
notturno sulle vicine abitazioni civili.
Riguardo all’impatto acustico, è stata
effettuata una valutazione di impatto
acustico ai sensi della normativa vigente.
In base ai risultati della prova pilota,
è stato deciso di incrementare fino a
13 i pozzi di aspirazione in modo da
intervenire capillarmente nel sottosuolo.
Inoltre, le caratteristiche del sito non
hanno consentito l’uso di una sonda
ed è stato necessario utilizzare un
fioretto per la realizzazione dei fori di
alloggiamento dei pozzi di aspirazione
orizzontali che necessariamente hanno
dovuto essere di piccolo diametro (1”) e
ravvicinati.
Per l’aspirazione dell’aria interstiziale
dalle 13 tubazioni, è stato utilizzato un
aspiratore a canali laterali, con portata
di circa 150 m3/h, collegato al quadro
comandi e controlli che gestirà l’arresto
in caso di troppo pieno dei decantatori.
Il trattamento dei gas interstiziali
estratti è stato effettuato mediante un
sistema di depurazione a carboni attivi
da 210 kg, dimensionato sulla base della
portata di aspirazione di progetto (150
m3/h) e sulla base delle risultanze delle
determinazioni analitiche sul campione
di aria interstiziale prelevato al termine
della prova pilota.
Il terreno superficiale del gradone
inferiore, risultato caratterizzato
da superamenti delle CSR, è stato
bonificato mediante rimozione
e smaltimento. Al termine di tale
intervento, sono stati prelevati due
campioni di fondo scavo, al fine di
verificare l’effettivo raggiungimento
delle COB.
Completata la fase di attivazione
dell’impianto di SVE, è stato attivato
un piano di monitoraggio, al fine
di controllare sia il funzionamento
dell’impianto sia l’evoluzione della
La portata di aria interstiziale estratta dai
singoli pozzi è stata gestita dallo start-up
ad ogni intervento di controllo al fine
di ottimizzare la bonifica del sottosuolo.
Ogni linea è dotata di un punto di
ispezione per la misura dei seguenti
parametri: VOC, ossigeno, anidride
carbonica, metano, depressione e flusso
di aria. La regolazione è stata eseguita
mediante apposite valvole regolatrici
manuali, in funzione dei VOC estratti e
della depressione indotta.
jul-sep 2014 HS+E Magazine 27
bonifica. Tale piano è stato articolato nel controllo strumentale
(fotoionizzatore e analizzatore gas) con frequenza settimanale
e successivamente quindicinale, e nel prelievo mensile di aria
interstiziale dai punti più rappresentativi e analisi di speciazione
degli idrocarburi in laboratorio.
È stato eseguito anche un piano dei controlli delle componenti:
aspiratore, decantatori, filtri, strumenti di bordo, filtro a
carboni attivi, le cui emissioni sono state monitorate sia con
fotoionizzatore portatile sia con prelievo e analisi di campioni su
fialetta.
In seguito alla ricostruzione dei circuiti idrici sotterranei,
l’ARPA ha richiesto la realizzazione di un apposito pozzo di
monitoraggio profondo (PMV, profondità 15 m, fino nel
fratturato) a valle flusso per verificare un’eventuale diffusione
degli idrocarburi più a valle del sito e l’integrazione del set
analitico con Ferro e Manganese,. parametri indicatori di
fenomeni di biodegradazione nel sottosuolo.
Il monitoraggio delle acque sotterranee è stato effettuato
con frequenza quadrimestrale per tre anni su una rete di otto
pozzi più la venuta d’acqua (quando presente) della cantina
con lo scopo di verificare l’evoluzione dello stato qualitativo
delle acque sotterranee. I risultati sono sempre stati favorevoli,
senza alcun superamento delle CSC per i parametri ricercati,
ad eccezione del Ferro e Manganese verosimilmente a causa
di un inquinamento da reflui fognari civili.
delle concentrazioni di VOC, sono stati eseguiti tre sondaggi
(2 orizzontali oltre il muro ed uno verticale nel cortile) per il
prelievo di campioni di terreno in contraddittorio con ARPA.
ali sondaggi sono stati spinti fino al raggiungimento del
substrato roccioso e dagli stessi sono stati prelevati due
campioni per sondaggio, analizzati per la determinazione
dei seguenti parametri: Idrocarburi leggeri C<12, Idrocarburi
pesanti C>12, Toluene, Xilene, Benzo(a)pirene e Naftalene. Tutti
i risultati analitici sono stati favorevoli e validati dal laboratorio
ARPA.
Riguardo alle acque sotterranee, il monitoraggio è proseguito
per circa un anno dopo il raggiungimento di valori di VOC
inferiori all’unità. Tutti i risultati del monitoraggio hanno
evidenziato l’assenza di inquinamento della falda acquifera.
Pertanto, si è proceduto alla redazione della relazione di fine
lavori.
TEMPI
Le difficili condizioni locali hanno reso poco affidabile una
valutazione preventiva dei tempi di bonifica, che sono stati
comunque stimati in circa 2 anni. Tuttavia, grazie al continuo
monitoraggio e all’accurata gestione dei flussi, dopo circa 13
mesi i valori di concentrazione di VOC sono scesi al di sotto del
valore di 1 ppm.
COLLAUDI
FIGURE
I collaudi si sono svolti in più fasi in funzione delle aree e
delle matrici (Figura 4). L’intervento di rimozione del terreno
contaminato residuo sul gradone inferiore è stato verificato
mediante il prelievo e l’analisi di due campioni di terreno, in
contraddittorio con ARPA, ed il confronto con le COB previste
per i seguenti parametri: Idrocarburi leggeri C<12, Idrocarburi
pesanti C>12, Toluene, Xilene, Benzo(a)pirene e Naftalene.
1. Planimetria e vista sito
Per quanto concerne le porzioni di terreno a tergo del muro
di sostegno tra il gradone inferiore e quello intermedio e
sottostante il cortile, prima è stato verificato il raggiungimento
di valori di concentrazione di idrocarburi nell’aria interstiziale
trascurabili (<1 ppm VOC) ed il mantenimento degli stessi per
un tempo pari ad almeno due mesi. Raggiunta tale situazione,
l’impianto di SVE è stato spento ed è iniziato il monitoraggio
della fase di rebound, durata circa 2 mesi. Completata
positivamente tale fase, senza alcuna risalita significativa
5. Impianto SVE e impermeabilizzazione vasca ex serbatoio
28 HS+E Magazine jul-sep 2014
2. Piezometria, monitoraggio pozzi P1 e P8 e andamento
tetto substrato roccioso
3. Ubicazione risultati rilievo VOC
4. Sorgenti di Rischio, ubicazione pozzi estrazione vapori,
indagini di collaudo
CLAUDIO MATTALIA, ingegnere, si occupa da oltre 25 anni di
sicurezza ambientale e del territorio; fondatore della società
ENVIARS srl di Torino è responsabile di tutte le attività di
ingegneria ambientale di Techno srl.
[email protected]

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Fervono i lavori in seno al Comitato Tecnico ISO/PC 271 alle prese con la prima emissione della norma ISO 19600 sui Compliance
Management Systems. Di seguito una prima anticipazione dell’impostazione della norma, grazie al contributo di AENOR, che, in
qualità di ente di normazione, partecipa direttamente ai lavori.
COMPLIANCE MANAGEMENT SYSTEMS
E LA NUOVA ISO/DIS 19600

ing. Carlo Papale, direttore generale AENOR ITALIA S.r.l.
ing. Gianfranco Bettoni, IAS REGISTER S.A
“Le organizzazioni che ambiscono ad avere successo nel lungo
periodo dovrebbero mantenere una cultura dell’integrità e della
compliance, nonché considerare con attenzione i bisogni e le
aspettative dei propri stakeholders”.
Può dunque essere interpretata ed adattata dalle piccole
e medie imprese, tenendo conto del loro contesto, della
complessità delle loro attività, dei loro rischi e delle risorse
disponibili.
Con questa affermazione si apre l’introduzione alla nuova ISO/
DIS 19600 sui Compliance Management Systems (CMS), la cui
emissione è prevista entro la fine del 2014.
La norma è strutturata in modo da poter essere facilmente
integrata ad un qualsiasi sistema di gestione per consentire
una gestione strutturata e sistematica di tutti gli aspetti
connessi con la “Compliance” e riprende l’impostazione
metodologica della norma ISO 31000 sul Risk Management .
Dall’uso del condizionale (“dovrebbe”) si nota subito che è
una Linea Guida e non una norma che stabilisce dei requisiti a
fronte dei quali poter emettere certificati di conformità.
La Tab.1 riporta i principali termini utilizzati nella norma:
TERMINOLOGIA ASSOCIATA ALLA «COMPLIANCE» (ex ISO/DIS 19600)
•
•
•
•
•
•
•
•
Compliance: adempimento di tutte le “Compliance Obligations” aziendali. E’ resa “sostenibile” integrandola nella cultura di un’organizzazione e nei
comportamenti ed orientamenti del personale
Compliance Management System: l’insieme degli elementi della gestione aziendale interagenti ed interconnessi che stabiliscono le politiche di Compliance, gli
obiettivi di Compliance ed i processi necessari per il raggiungimento degli stessi
Compliance Culture: i valori, l’etica e le convinzioni che esistono all’interno di un’organizzazione ed interagiscono con la struttura organizzativa ed i sistemi di
controllo nella produzione di norme comportamentali che favoriscono il raggiungimento della Compliance
Compliance Obligation: requisito cui un’organizzazione deve o stabilisce di voler adempiere
Non Compliance: mancato adempimento di una “Compliance Obligation”
Compliance Risk: effetto dell’incertezza sugli obiettivi di Compliance
Compliance Function: persone con assegnata responsabilità nella gestione della Compliance. Può essere assegnata una responsabilità generale e/o possono
essere individuate molteplici responsabilità. (in Italia può essere ad es. un Organismo di Vigilanza )
Compliance Manager, Compliance Officer: ruoli assegnati nell’ambito della Compliance Function.
30 HS+E Magazine jul-sep 2014
PERCHÉ UNA NORMA SUL CMS ?
L’elaborazione della norma in ambito ISO non è altro
che la presa d’atto dell’importanza che ha assunto il
Compliance Management soprattutto in quei settori
“sensibili”, che devono sottostare a complicate legislazioni
e regolamentazioni, quali ad es. il settore costruzioni,
l’industria chimica, l’oil & gas, la generazione e la
distribuzione di energia, ecc.
Assicurare la Compliance in questi settori non significa
solo identificare, valutare e controllare il rischio
ambientale e sulla salute e sicurezza, ma significa anche
assicurare la “Business continuity” nell’erogare servizi di
importanza vitale per la nostra società.
``
``
``
``
Le organizzazioni riconoscono che il presupposto di ogni
politica di responsabilità sociale è una Compliance bene
organizzata e gestita.
``
``
la Compliance dovrebbe essere inserita fra gli obiettivi
strategici di un’organizzazione;
un efficace CMS dovrebbe tener conto dei seguenti
principi di buona “corporate governance”:
»» appropriata autorità e risorse allocate
per la “Compliance Function”.
``
la Compliance è resa sostenibile solo integrandola
nella cultura di un’organizzazione e nei comportamenti
ed orientamenti del personale;
la Compliance contribuisce al comportamento
socialmente responsabile di un’organizzazione;
un efficace CMS consente ad una organizzazione di
dimostrare il proprio impegno verso la Compliance,
con riferimento non solo alle prescrizioni legislative
e regolamenti, ma anche ai codici di buona
prassi, ai codici etici ed alle linee guida stabilite
dall’organizzazione stessa, tenendo conto dei bisogni e
delle aspettative dei suoi stakeholders;
»» indipendenza della “Compliance
Function”;
I punti fermi che questa norma stabilisce sono i seguenti :
``
pur mantenendo la propria indipendenza, il CMS
dovrebbe essere integrato ai diversi sistemi di gestione
adottati;
»» diretto accesso della struttura preposta
alla Compliance (“Compliance Function”)
all’organo di governo aziendale;
Le figure del “Compliance Officer” e del “Compliance
Manager” sono sempre più richieste sul mercato e
richiedono specifiche competenze, che meritano uno
specifico approfondimento.
L’IMPOSTAZIONE
un efficace Compliance Management System (CMS)
consente il raggiungimento di tali obiettivi;
``
un CMS si pone come obiettivo la prevenzione
delle “non-compliances”. L’estensione dei controlli
da implementare per una specifica “Compliance
Obligation” può dipendere dal livello di rischio
valutato. In ogni caso le misure di mitigazione dl
rischio sono limitate e può essere che rimanga
un rischio residuo di “non-compliance” dopo
l’implementazione;
un efficace CMS dovrebbe perseguire il miglioramento
continuo secondo la logica PDCA e seguendo
l’impostazione della norma ISO 31000 sul Risk
Management (ved. Tab.2)

jul-sep 2014 HS+E Magazine 31
Aenor Informa
Definire il contesto
Identificare i rischi
Misurare i rischi
Ponderazione dei rischi
Risk evaluation
Valutarne la significatività
Pianificare il trattamento
Attuare il trattamento
1. Stabilire il contesto
``
``
``
capire l’organizzazione ed il suo contesto;
identificare le “parti interessate” e capirne i bisogni e
le aspettative;
stabilire il campo di applicazione del CMS .
2. Identificare i rischi
``
identificare ed aggiornare le “Compliance
Obligations” (di natura “legale” e “volontaria”)
3. Analizzare i rischi (Misurare)
``
identificare le possibili cause di non-compliance, la
loro probabilità e le conseguenze prodotte.
4. Valutare i rischi (Ponderare)
``
confrontare i livelli di rischio misurati con I criteri di
rischio stabiliti nella fase 1.
5. Trattare e gestire i rischi
``
determinare e prioritizzare l’implementazione dei
controlli
6. Monitorare e controllare i rischi residui
``
``
monitoraggi sui rischi residui e sull’insorgere di
“non-complinaces”;
correzione delle “non-compliances” ed attivazione
di azioni correttive
7. Comunicare e consultare
AENORitalia propone inoltre sempre su questo tema servizi di:
•
•
•
Formazione su strumenti e metodologie di Risk Management e Risk Assessment
Percorsi strutturati di qualifica per Risk Assessor
Validazione di Risk Assessment condotti autonomamente dall’azienda.
32 HS+E Magazine jul-sep 2014

INSPECTA s.r.l.
International Inspection Agency
I spezioni ed E xpediting
Supporto per attività di
verniciatura, avvalendosi di
di manuali della qualità e
personale qualificato NACE e
procedure di fabbricazione di
Frosio di I, II e III livello
elementi costruttivi per
pianificazione e supervisione ai
l’ottenimento della certificazione in
collaudi intermedi e finali dei vari
accordo alle norme ISO 9001,
cicli produttivi
Gestione del piano ispezioni e
collaudi relativo a singola fornitura
o di un intero progetto, impiegando
personale qualificato e di
L aborat orio
ISO 1090, ISO 3834, EN 15085,
Realizzazione di prove
direttiva PED 97/23/CE
tecnologiche per la verifica delle
avvalendosi di personale con
caratteristiche meccaniche di
ventennale esperienza nel settore
materiali e giunti saldati
delle costruzioni.
compresa la validazione di
processi di saldatura, saldatori
comprovata esperienza per
interventi puntuali e/o continuativi
Desk expediting ed expediting su
forniture di materiali, macchinari,
Studio e messa a punto di
ed operatori di saldatura,
processi di saldatura ed
avvalendosi dell’avanguardia
addestramento di personale
tecnologica di macchinari di
addetto alla saldatura,
ultima generazione.
avvalendosi di tecnici certificati
impianti e relativi componenti,
IWE, IWT, IWI
avvalendosi di personale
certificato CICPND di III livello
Studio e redazione di procedure di
controlli distruttivi per i vari
C onsulenza T ecnica
metodi, impiegando ispettori
Consulenza di gestione progetto e
controllo qualità nell’ambito delle
costruzioni nel settore navale,
industriale, chimico, petrolchimico
e Oil & Gas
Consulenza relativa all’emissione
certificati secondo la norma ISO
9712 e SNT TC-1A di II e III livello
Studio, redazione ed
approvazione di procedure
F ormazione
Organizzazione di corsi di
formazione del personale di
controlli non distruttivi per i
metodi VT-PT-MT-UT-RT in
accordo alla norma ISO 9712, di
ispettori di saldatura, coordinatori
di saldatura
relative a rivestimenti e
He a d of f ic e : v i a Rav e gn a na , 3 79 / A - 4 71 2 2 F or l ì ( F C ) - It a ly
☎ + 3 9 05 4 3 8 06 1 28 - fax +3 9 0 5 43 7 2 43 6 6 - m o b. +3 9 3 93 93 7 40 1 3
i nf o @i ns p ec t as r l.c o m - w ww .i ns p ec t as r l.c o m
TECHNONEWS
SICUREZZA ED IGIENE INDUSTRIALE
IN VIGORE I NUOVI CRITERI DI
QUALIFICAZIONE PER I FORMATORI PER
LA SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
È entrato in vigore, il 18 marzo 2014, il Decreto
Interministeriale del 6 marzo 2013, con il quale
sono stati recepiti i criteri di qualificazione della
figura del formatore per la salute e sicurezza sul
lavoro individuati dalla Commissione consultiva
permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ai
sensi dell’art.6, comma 8, lettera m-bis) del D. Lgs.
81/2008.
Il provvedimento stabilisce che i formatori in
materia di salute e sicurezza sul lavoro dei corsi
di cui agli articoli 34 e 37 del D. Lgs. 81/2008,
così come disciplinati dagli accordi sanciti in
Conferenza Stato-Regioni il 21 dicembre 2011,
devono essere in possesso dei seguenti requisiti
minimi per la qualificazione:
``
``
diploma di scuola secondaria di secondo
grado (prerequisito non richiesto per il
datore di lavoro che effettua formazione ai
propri lavoratori);
uno dei criteri riportati in allegato al
decreto stesso, comprovato con idonea
documentazione.
Fino al 18 marzo 2016, i datori di lavoro,
nel rispetto delle condizioni dell’accordo
Stato-Regioni del 21 dicembre 2011, sono
legittimati a svolgere attività formativa per i
34 HS+E Magazine jul-sep 2014
propri lavoratori se in possesso dei requisiti
per effettuare il servizio di prevenzione e
protezione di cui all’articolo 34 del D. Lgs.
81/2008.
Trascorso tale periodo, il datore di lavoro che
intenda svolgere direttamente l’attività formativa
dovrà possedere uno dei criteri previsti dal
decreto 6 marzo 2013.
MODIFICHE AL D. LGS. 81/2008: LA
PREVENZIONE DELLE FERITE DA TAGLIO
O DA PUNTA
Il 25 marzo 2014 è entrato in vigore il
Decreto Legislativo n. 19 del 19 febbraio
2014, il quale recepisce la Direttiva 2010/32/
UE in merito alla prevenzione delle ferite da
taglio o da punta nel settore ospedaliero e
sanitario. Viene aggiunto al D.Lgs. 81/2008 il
nuovo Titolo X-bis; che consta di sei articoli,
dal 286-bis al 286-septies.
L’ambito di applicazione è indicato
nell’articolo 286-bis dove si segnala che le
disposizioni del Titolo X-bis si applicano a
tutti i lavoratori che operano, nei luoghi
di lavoro interessati da attività sanitarie,
alle dipendenze di un datore di lavoro,
indipendentemente dalla tipologia
contrattuale, ivi compresi i tirocinanti, gli
apprendisti, i lavoratori a tempo determinato,
i lavoratori somministrati, gli studenti
che seguono corsi di formazione sanitaria e i
sub-fornitori. L’art. 286-ter riporta una serie di
definizioni, l’art. 286-quater definisce le misure
generali di tutela, l’art. 286-quinquies affronta il
tema della valutazione dei rischi e l’art. 286-sexies
è relativo alle misure di prevenzione specifiche.
TUTELA MARITTIMI ABBANDONATI,
EMENDAMENTI ILO ALLA CONVENZIONE
MLC (MARITIME LABOUR CONVENTION)
2006
Adottati dall’Ilo degli emendamenti alla convenzione
sul lavoro marittimo Mlc 2006 che introducono
strumenti di tutela a favore dei marittimi imbarcati su
navi abbandonate nei porti. Per marittimi abbandonati
si intende il personale imbarcato su navi il cui armatore
fallisce e che, non potendo più viaggiare, vengono
abbandonate nei porti. I lavoratori a bordo, spesso
non possono scendere da queste navi per motivi di
visti o permessi negati. Sono quindi costretti a restare
sulle navi anche se senza viveri, senza riscaldamento
o condizionamento, senza acqua calda e con servizi
igienici ridotti. Non possono lavorare e non hanno
una fonte di reddito né per sé né da mandare alle
famiglie, lontane. Sviluppati da un gruppo misto di
lavoro istituito da Ilo e dall’Organizzazione marittima
internazionale (Imo), gli emendamenti appena
approvati introducono un sistema di tutela per questa
categoria di lavoratori.
Le nuove norme stabiliscono che gli armatori
garantiscano la sicurezza finanziaria necessaria a far
fronte alle conseguenze dell’abbandono della nave
e prevedono l’obbligo dell’armatore di provvedere
all’indennizzo per la morte o la disabilità a dei marittimi
a causa di infortuni avvenuti su navi abbandonate.
Secondo le nuove disposizioni le navi dovranno
pertanto viaggiare con certificati che garantiscono la
sicurezza finanziaria a tutela dei marittimi che lavorano
a bordo. Se sprovvista di tale certificazione la nave ora
potrebbe non essere autorizzata a salpare.
CERTIFICATO ANTI-PEDOFILIA: OBBLIGO
SOLO PER I NUOVI ASSUNTI E IL
VOLONTARIATO È ESCLUSO
A partire dal 6 aprile scorso, ai sensi dell’art. 2 del
D.Lgs. 39/2014, viene richiesto il certificato penale del
casellario giudiziale al soggetto che intende impiegare
al lavoro una persona per lo svolgimento di attività
professionali o attività volontarie organizzate, che
comportino contatti diretti e regolari con minori, al
fine di verificare l’esistenza di condanne per taluno
dei reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater,
600-quinquies e 609-undecies del codice penale.
L’adempimento in questione riguarda esclusivamente i
nuovi rapporti di lavoro costituiti a decorrere dal 6 aprile
e non si applica a tutti i rapporti già in essere a tale data.
Rimangono fuori, per lo meno sotto il profilo
sanzionatorio, i rapporti diversi da quelli di lavoro in
senso stretto e cioè i rapporti di volontariato. Pertanto,
per le organizzazioni di volontariato, l’obbligo di
richiedere il certificato sussiste nei soli casi in cui
le stesse, per lo svolgimento di attività volontarie
organizzate, assumono la veste di datori di lavoro.
ATTIVITÀ LAVORATIVE IN PRESENZA DI
TRAFFICO VEICOLARE: DA MARZO NUOVI
OBBLIGHI PER LA SEGNALETICA
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 67 del 20
marzo 2013 il Decreto Interministeriale del 4 marzo
2013, all’interno del quale sono individuati, ai sensi
dell’articolo 161, comma 2-bis, del D.Lgs. 81/2008,

jul-sep 2014 HS+E Magazine 35
Techno News
i criteri generali di sicurezza relativi alle procedure
di revisione, integrazione e apposizione della
segnaletica stradale destinata alle attività lavorative
che si svolgono in presenza di traffico veicolare.
L’applicazione dei criteri di cui al presente decreto non
preclude l’utilizzo di altre metodologie di consolidata
validità.
L’articolo 4 del decreto “Dispositivi di protezione
individuale” stabilisce che gli indumenti ad alta
visibilità di classe 1 non sono più ammessi e in
particolare stabilisce:
1. i datori di lavoro mettono a disposizione dei
lavoratori, fermo restando i vigenti obblighi
di formazione e addestramento, dispositivi di
protezione individuale conformi alle previsioni di
cui al Titolo III del d.lgs. n. 81/2008. Gli indumenti
ad alta visibilità devono rispondere a quanto
previsto dal decreto legislativo 4 dicembre 1992
n. 475, dal decreto ministeriale 9 giugno 1995, dal
decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 10, e dalla
norma UNI EN 471, quindi devono essere di classe
3, o equivalente, per tutte le attività lavorative su
strade di categoria A, B, C, e D, ed almeno di classe
2 per le strade E ed F urbane ed extraurbane,
secondo la classificazione di cui all’articolo 2,
comma 3, del codice della strada. Non sono più
ammessi indumenti ad alta visibilità di classe 1;
2. fermi restando gli obblighi già vigenti in
applicazione delle corrispondenti previsioni di cui
al d.lgs. n. 81/2008, i datori di lavoro sono tenuti
ad adeguarsi alle previsioni di cui al comma 1
entro e non oltre dodici mesi dall’entrata in vigore
del presente decreto;
3. i veicoli operativi di cui all’articolo 38 del
regolamento codice della strada, devono essere
segnalati, con dispositivi supplementari a luce
lampeggiante, o pannelli luminosi, o segnali a
messaggio variabile, ovvero la combinazione di
questi segnali, in relazione alla categoria della
36 HS+E Magazine jul-sep 2014
strada e alla tipologia di intervento;
4. la segnaletica della zona di intervento deve avere
le caratteristiche di cui all’art. 3 del “disciplinare
tecnico relativo agli schemi segnaletici,
differenziati per categoria di strada, da adottare
per il segnalamento temporaneo” approvato con
decreto del Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti del 10 luglio 2002 .
PREVENZIONE INCENDI
CHIARIMENTI SULL’USO DELLA MODULISTICA
DI PREVENZIONE INCENDI IN MATERIA DI
RESISTENZA AL FUOCO
Con riferimento alla Circolare del Ministero dell’Interno
Prot. N. 0001681 del 11/02/2014 si vanno a definire
alcuni “Chiarimenti sull’uso della modulistica di
prevenzione incendi in materia di resistenza al
fuoco”, specificando quali siano i casi in cui usare la
modulistica “CERT.REI” piuttosto che la modulistica
“DICH.PROD..
Il professionista antincendio ricorrerà alla redazione
del modulo CERT.REI per comprovare le prestazioni di
resistenza al fuoco dei prodotti da costruzione o degli
elementi costruttivi, così come riscontrate in opera (es.
strutture portanti, murature, ecc.).
Il modulo DICH.PROD interviene in tutti i casi in cui
la prestazione di resistenza al fuoco possa essere
garantita dalla sola corretta posa in opera del prodotto
(es. porte, controsoffitti, ecc.).
La Circolare definisce altresì alcuni casi in cui sia
prevista la redazione congiunta dei modelli CERT.REI
e DICH.PROD., ovvero nel caso in cui siano impiegati
prodotti che migliorano l’intrinseca resistenza al fuoco
di un elemento.
MODIFICA DELLA MODULISTICA DI
PRESENTAZIONE DELLE ISTANZE, DELLE
SEGNALAZIONI E DELLE DICHIARAZIONI,
PREVISTA NEL DECRETO DEL MINISTRO
DELL’INTERNO 7 AGOSTO 2012 (PRATICHE
DI PREVENZIONE INCENDI).
Con l’uscita del DCPREV 4849 del 11 aprile
2014, viene introdotta la nuova modulistica da
utilizzare obbligatoriamente a partire dalla data
del 1° maggio 2014 per la presentazione delle
istanze, delle segnalazioni e delle dichiarazioni
previste per le pratiche di prevenzione incendi.
Entro tale data, la suddetta modulistica sarà resa
disponibile anche nel sito istituzionale www.
vigilfuoco.it.
La nuova modulistica riguarderà:
•
Segnalazione Certificata di Inizio Attività
(modello PIN 2-2014);
•
Segnalazione Certificata di Inizio Attività per
depositi di gas di petrolio liquefatto (PIN 2
gpl- 2014);
•
Asseverazione ai fini della sicurezza
antincendio (PIN 2.1-2014);
•
Attestazione per depositi di gas di petrolio
liquefatto (PIN 2.1-gpl-2014);
•
Dichiarazione inerente i prodotti (PIN 2.32014 Dich. Prod.);
•
Certificazione dell’ impianto significativo ai
fini antincendio (PIN 2.5-2014 Cert. Imp.);
•
Attestazione di rinnovo periodico di
conformità antincendio (PIN 3-2014);
•
Attestazione di rinnovo periodico di
conformità antincendio per depositi di gas
di petrolio liquefatto (PIN 3-gpl-2014);
•
Asseverazione ai fini della attestazione di
rinnovo periodico di conformità (PIN 3.12014).
DECRETO 28 FEBBRAIO 2014 - REGOLA
TECNICA DI PREVENZIONE INCENDI PER
LA PROGETTAZIONE, LA COSTRUZIONE E
L’ESERCIZIO DELLE STRUTTURE TURISTICO
- RICETTIVE IN ARIA APERTA (CAMPEGGI,
VILLAGGI TURISTICI, ECC.) CON CAPACITÀ
RICETTIVA SUPERIORE A 400 PERSONE.
Sulla Gazzetta Ufficiale del 14 marzo 2014 è stato
pubblicato il nuovo Decreto 28 febbraio 2014
riguardante la regola tecnica di prevenzione
incendi per la progettazione, la costruzione e
l’esercizio delle strutture turistico - ricettive in
aria aperta (campeggi, villaggi turistici, ecc.) con
capacità ricettiva superiore a 400 persone.
Questo Decreto ha lo scopo di raggiungere
i primari obiettivi di sicurezza relativi alla
salvaguardia delle persone e alla tutela dei beni
contro i rischi di incendio.
Il Decreto stabilisce inoltre i termini e le
disposizioni in materia di sicurezza e di
prevenzione incendi da soddisfare a seconda che
la struttura sia di nuova realizzazione, esistente
oppure in modifica e/o ampliamento.
Il decreto è entrato in vigore il 14 marzo 2014 e
le attività esistenti dovranno adeguare la propria
struttura entro il 7 ottobre 2014 mediante la
presentazione di una Segnalazione Certificata di
Inizio Attività (SCIA) presso i Comandi Provinciali
dei Vigili del Fuoco.

jul-sep 2014 HS+E Magazine 37
Techno News
AMBIENTE
EMISSIONI INDUSTRIALI:
PREVENZIONE E RIDUZIONE
INTEGRATE DELL’INQUINAMENTO
È stato pubblicato in G.U. il D. Lgs. n. 46 del
4 marzo 2014 che attua il recepimento
della Direttiva 2010/75/UE relativa
alla prevenzione e riduzione integrata
dell’inquinamento, generato dalle emissioni
industriali.
Tale recepimento comporta importanti
modifiche al complesso del D.Lgs. 152/06 e
s.m.i. “Testo Unico Ambientale” per quanto
riguarda i Titoli II, III, IV e V, l’introduzione del
Titolo III-bis riguardante l’incenerimento e
coincenerimento dei rifiuti e delle relative
sanzioni che sono state
inserite nel nuovo “Art. 261-bis (Sanzioni)”
con abrogazione del D.Lgs. 133/05 dal
1 gennaio 2016 e l’inserimento della
Parte Quinta – Bis riguardante particolari
installazioni per la produzione di biossido di
titanio.
Le modifiche più rilevanti interessano:
nuovo allegato VIII alla parte II con nuove
categorie di stabilimenti ricadenti nella
disciplina dell’Autorizzazione Integrata
Ambientale (AIA), accorpamento della
legislazione inerente incenerimento
38 HS+E Magazine jul-sep 2014
e coincenerimento nel Testo Unico
Ambientale, obbligo per gli stabilimenti
ricadenti in tale categoria dell’applicazione
della norma UNI EN 14818:2005 per
la gestione in qualità dei Sistemi di
Monitoraggio in continuo delle Emissioni
(SME) e una modifica del quadro
sanzionatorio.
SISTRI: PROROGATO AL 31
DICEMBRE IL DOPPIO REGIME CON
SOSPENSIONE DELLE SANZIONI,
MA CONFERMATO L’INIZIO
DELL’OPERATIVITÀ PER I PRODUTTORI
INIZIALI DI RIFIUTI PERICOLOSI
Sabato 1 marzo 2014 è entrato in vigore il
c.d. “Milleproroghe” nella versione convertita
in legge; l’art. 10 in particolare proroga
dal 01 agosto 2014 al 31 dicembre 2014
il termine oltre il quale si applicheranno
le sanzioni SISTRI; sino tale scadenza è
in vigore un doppio regime SISTRI - FIR/
Registro/MUD e si applicano le sole sanzioni
sugli adempimenti antecedenti il Sistri.
Confermato, in quanto ignorato dal decreto,
il termine iniziale di operatività del sistema
per i produttori iniziali di rifiuti pericolosi,
fissato al 03 marzo 2014.
LAMPADINE ESAUSTE, DOVE LE BUTTO?
È importante per la salute dell’ambiente ed evitare sprechi, non gettare le lampadine insieme
agli altri rifiuti. Dove buttare le lampade a basso consumo esauste? Per quale motivo è necessario
raccoglierle separatamente? Sono pericolose per l’ambiente?
Legambiente in collaborazione con il Consorzio Ecolamp, sono a disposizione dei cittadini e delle
aziende, per fornire le corrette risposte a queste domande e ad altri quesiti relativi alla modalità di
raccolta e riciclo delle lampadine a basso consumo.
L’iniziativa si chiama “Illumina il riciclo”,
giunta alla terza edizione, la quale è stata
pensata per contribuire alla diffusione
di comportamenti eco-compatibili, in
particolare sul corretto smaltimento delle
sorgenti luminose a basso consumo. Tali
sorgenti contengono componenti tossici
ma possono essere riciclati fino al 95%. Per
maggiori informazioni si può visitare il sito di
Ecolamp:
www.ecolamp.it.
I PANNELLI FOTOVOLTAICI DISMESSI
SONO RAEE
Il 12 aprile scorso è entrato in vigore il
D.Lgs. 14 marzo 2014, n. 49, di recepimento
della Direttiva 2012/19/Ue, che ha
incluso i pannelli fotovoltaici tra i rifiuti di
apparecchiature elettriche ed elettroniche
(RAEE).
Anche i pannelli fotovoltaici dovranno
rispettare gli obblighi cui sono sottoposti
i RAEE e cioè l’istituzione di un sistema di
raccolta differenziata, riciclo e recupero.

jul-sep 2014 HS+E Magazine 39
Techno News
EDILIZIA E TERRITORIO
COME TRASMETTERE
ALL’ORGANO DI VIGILANZA
LE MODIFICHE EDILI
EFFETTUATE NEGLI AMBIENTI
DI LAVORO
Lo scorso 18 aprile è stato
pubblicato, dal Ministro del Lavoro
e delle Politiche Sociali e dal
Ministro per la Semplificazione
e la Pubblica Amministrazione, il
“Modello unico nazionale per la
notifica ai sensi dell’articolo 67
del D.Lgs. n. 81/2008 a seguito di
intervento edilizio” esclusi i cantieri
temporanei e mobili - Titolo IV
del d.lgs. n. 81/2008. In caso di
costruzione e di realizzazione
di edifici o locali a lavorazioni
industriali, nonché nei casi di
ampliamenti e di ristrutturazioni
di quelli esistenti, vengono
individuate le informazioni da
trasmettere all’organo di vigilanza
competente per il territorio
secondo quanto specificato nel
modello allegato al presente
decreto.
PRESTAZIONI ENERGETICHE
DEGLI EDIFICI: IN ARRIVO
LA NUOVA VERSIONE DELLA
NORMA UNI/TS 11300
Saranno pubblicate a breve le
nuove versioni della UNI/TS
11300-1 e UNI/TS 11300-2 in
tema di prestazioni energetiche
degli edifici, che andranno a
sostituire le corrispondenti parti
pubblicate nel 2008.
La specifica tecnica UNI/TS 11300
è nata con l’obiettivo di fornire
una metodologia univoca di
calcolo per la determinazione
del fabbisogno di energia degli
edifici, riassumendo e integrando
con i necessari dati nazionali
quanto la normativa europea
stava predisponendo, tramite
il mandato M/343 a supporto
dell’implementazione della
direttiva 2002/91/CE.
A livello nazionale le UNI/TS
11300 costituiscono il principale
riferimento normativo per la
determinazione della prestazione
energetica degli edifici e sono
espressamente richiamate nei
provvedimenti regolamentari che
disciplinano la materia.
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40 HS+E Magazine jul-sep 2014
Techno News
GLOBAL REGULATORY MONITORING
BRAZIL
``
``
``
``
RIO DE JANEIRO: Facilities subject
to environmental licensing must
pay environmental compensation
01-Nov-2013
RIO DE JANEIRO: New
requirements and producers for
environmental authorization to
drill water wells 08-Oct-2013
SAO PAULO: Activities involving
native Brazilian flora species in
the Malta Atlantica biome are
subject to specific producers and
requirements 24-Oct-2013
SAO PAULO: Analysis of physical,
chemical and biological tests
on environmental matters to be
done by accredited laboratories
22-Oct-2013
``
``
``
``
``
``
Operation of small boilers must
now meet additional emission
restrictions and submits emission
reports 01-Nov-2013
Vehicle scrapping and recovery
facilities must not be constructed
in environmentally sensitive areas
29-Nov-2013
Water protection legislation
amended 21-Oct-2013
``
Turkey applies ADR 2013 as of 1
January 2014 24-Oct-2013
Turkey signed the ILO convention
on Promotional Framework for
Occupational Safety and Health
08-Oct-2013
Workers’ exposure to dust
regulated more strictly 05-Nov2014
``
``
``
``
``
Explanatory notes issued in
relation to terminologies and
timelines prescribed in the
Regulation on Safety Accident
Reporting and Investigation 20Nov-2013
Full Environmental Impact
Assessment reports/statements
will be released for the public
scrutiny under a new Regulation
14-Nov-2013
HEBEI: Detailed measures
to control dust pollution at
construction sites provided 10Oct2013
HEBEI: Strengthened qualification
and safety training requirements
HENAN: Facilities emitting heavy
air pollution have needed to
conduct a self-inspection since 15
October 2013 15-Oct-2013
HENAN: Use of pollution
prevention and reduction
technologies to be promoted
14-Nov-2013
UNITED STATES
CHINA
RUSSIA
``
Transport of waste oil to be reregulated 05-Nov-2013
imposed on industrial facilities
28-Oct-2013
``
SOUTH AFRICA
``
TURKEY
``
``
``
``
DELAWARE : Amendments to
infectious waste labeling and
packaging regulations 01-Nov2013
DELAWARE : Delaware removed
from multi-state Nitrogen Oxides
Budget Trading Program 01-Oct2013
EPA withdraws three direct final
SNURs 05-Nov-2013
FLORIDA: DEP implements a
comprehensive permitting
program for activities impounding
or obstructing surface water and
repeals previous rules 14-Nov2013
GEORGIA: EPA redesignates
Atlanta area to attainment for
ozone 02-Dec-2013

jul-sep 2014 HS+E Magazine 41
EVENTSCALENDAR
17-19
SET
23-26
SET
22-24
OTT
28-31
OTT
29 OTT 01 NOV
05-08
NOV
REMTECH
Salone sulle bonifiche dei siti contaminati e sulla riqualificazione del territorio
Ferrara - Italia
SECURITY ESSEN 2014
Salone sulla sicurezza e prevenzione incendi
Essen - Germania
AMBIENTE LAVORO
Salone dell’igiene e della sicurezza in ambiente di lavoro
Bologna - Italia
SECURITY CHINA 2014
Mostra internazionale sulla sicurezza
Pechino - Cina
ASIAWORLD-EXPO
Fiera internazionale sulla prevenzione ambientale
Hong Kong - Cina
ECOMONDO
Fiera internazionale del recupero dei materiali,
dell’energia e dello sviluppo sostenibile
Rimini - Italia
42 HS+E Magazine jul-sep 2014
12-14
NOV
26-28
NOV
27
NOV
02-05
DIC
10-13
DIC
SICUREZZA 2014
Biennale Internazionale di sicurezza e prevenzione incendi
Rho (MI) - Italia
SECUTECH THAILAND
Fiera internazionale per la sicurezza
Bangkok - Thailandia
MCT SAFETY & SECURITY
Convegno delle tecnologie sulla sicurezza
Milano - Italia
POLLUTEC
Salone internazionale degli equipaggiamenti, delle tecnologie e dei servizi sull’ambiente
Lione - Francia
ENERGAIA
Fiera internazionale del recupero dei materiali, dell’energia e dello sviluppo sostenibile
Montpellier - Francia
Le date indicate potrebbero subire variazioni o alcune manifestazioni potrebbero venire annullate.
Prima di recarsi alle manifestazioni si consiglia di verificare con gli organizzatori dei singoli eventi la correttezza delle date indicate.
jul-sep 2014 HS+E Magazine 43