Il mistero del cane della Ceste Il marito ha voluto liberarsene

CRONACA
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sabato 22 novembre 2014
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L’ALLARME PRIMA DEL CORTEO NO TAV
Carceri e agenti penitenziari nel mirino. «Rischio di attacchi anarchici»
L’allerta è alta, il rischio di attacchi di matrice
anarchica elevato. E nel mirino, questa volta,
ci sono gli istituti penitenziari in cui sono detenuti militanti dell’area insurrezionalista.
L’allarme è stato lanciato il 20 novembre con
un “allertamento” inviato dal provveditorato
regionale dell’amministrazione penitenziaria ai direttori. “La segreteria di sicurezza
dell’ufficio del capo dipartimento - si legge ha informato del rischio di intensificazione
della campagna anticarceraria da parte di
gruppi appartenenti all’aera anarchica, attraverso il ricorso ad azioni illecite». Nel mirino, non c’è solo il »sistema carcerario», ma
«anche il suo indotto», ossia «le ditte che lavorano per gli istituti». Il provveditorato chiede quindi «di voler porre particolare attenzione», al fine di «attuare tempestivamente ogni
opportuno intervento». I destinatari del documento, dovranno «sensibilizzare tutto il
personale affinché svolga i propri incarichi
con massimo scrupolo e zelo, in particolare
quello comandato in posti ritenuti nevralgici». Ossia i servizi di «sentinella, portineria,
porta carraia, sala regia, traduzioni e scorte».
L’amministrazione, dal canto suo, farà il possibile per «prevenire e impedire inconvenienti di sorta». Prevedibile un rafforzamento
delle misure di sicurezza nella giornata
odierna, quando in città sfilerà un corteo No
Tav. «Ogni giorno - commenta Leo Beneduci,
segretario generale del sindacato Osapp siamo costretti a lavorare in una situazione di
estremo degrado all’interno degli istituti, con
carenze di organico e di mezzi. E adesso oltre
all’inferno all’interno, dobbiamo anche fare i
conti con i pericoli che arrivano da fuori».
L’Osapp, però, è «sicura che nonostante le
minacce e l’incremento del rischio, il personale della polizia penitenziaria continuerà ad
operare con la ben nota professionalità, nel
rispetto della legge e nell’interesse delle istituzioni e della collettività nazionale.
[s.tam.]
IL RETROSCENA Gandalf, uno Springer, sparito pochi giorni dopo la padrona
Il mistero del cane della Ceste
Il marito ha voluto liberarsene
Ô Gandalf è uno Springer Spaniel di
quattro anni, un cane da caccia, da cerca
e da riporto, molto abile anche nell’acqua. Era l’amico fedele della famiglia
Ceste, anche lui sparito, inspiegabilmente, qualche giorno dopo la scomparsa di Elena.
«L’ho restituito al vecchio proprietario», si è giustificato Michele Buonincontri, il marito della mamma di Costigliole. «La gente veniva da me perché
voleva farlo accoppiare con le loro cagnette, e io non volevo persone tra i
piedi»; «Costava 800 euro, troppi per le
mie tasche e io l’ho dato indietro (dopo
un anno)»; «Non avevo più tempo per
curarmene». Sono le tre versioni fornite
dal vigile del fuoco ai carabinieri in tre
momenti diversi quando il nome di
Gandalf è saltato fuori.
Scossi per la scomparsa della mamma, i
bambini si sono poi dispiaciuti perché
lo Springer Spaniel non c’era più. Ma
Michele Buoninconti, evidentemente, a
ciò non avrebbe pensato. Se veramente
Gandalf è stato restituito al vecchio
proprietario lo accerteranno i carabinieri che daranno seguito ad un esposto-denuncia presentato dall’Aidaa
(Associazione italiana difesa animali e
ambiente), un istituto animalista diretta
da Andrea Biavardi.
Ma al di là degli aspetti affettivi che
avrebbero legato i componenti della famiglia Ceste allo Springer Spaniel, i
motivi alla base della sua scomparsa
stanno acquisendo un’importanza decisiva per le indagini in corso, per individuare l’assassino della donna. Il sospetto degli inquirenti, che hanno iscritto
nel registro degli indagati Michele Boninconti con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere, è
che l’uomo potrebbe essersi disfatto
dell’animale, perché in qualche modo
avrebbe temuto che il cane, con il suo
fiuto ed esperto nel seguire piste anche
lungo i corsi d’acqua (il corpo della
vittima è stato trovato sepolto lungo la
riva di una canale), avrebbe potuto ritrovare il cadavere di Elena Ceste.
Il rio dove la mano omicida ha deposto
il cadavere, si trova a neppure due chilometri di distanza dalla casa della famiglia Ceste e un qualsiasi Springer
Spaniel, anche se di giovane età, non
avrebbe avuto difficoltà a ritrovare la
sua padrona, seguendo la pista con meno incertezze dei cani utilizzati dalle
forze dell’ordine. Un’ipotesi, dunque,
una nuova pista investigativa che ha
acquisito una grande importanza e che
ora attende da parte del marito di Elena
Ceste un chiarimento definitivo e convincente.
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ABILE NELL’ACQUA
Gandalf è uno Springer
Spaniel di quattro anni,
un cane da caccia, da
cerca e da riporto, molto
abile anche nell’acqua.
Era l’amico più fedele di
Elena Ceste. Esperto nel
seguire piste anche lungo i corsi d’acqua, avrebbe potuto ritrovare il cadavere vicino al canale
IL GIALLO Nessuna traccia di Beppe Marchetti nella zona di Sasso Marconi, da dove è scomparso sabato scorso
Sospese le ricerche del libraio sparito
Beppe Marchetti
Ô Sono state sospese le ricerche di Beppe Marchetti, 40
anni, il libraio di San Salvario
sparito nel nulla una settimana fa a Sasso Marconi, nel
bolognese.
Dopo aver passato al setaccio
per giorni e giorni le colline
della zona, protezione civile,
soccorso alpino, vigili del fuoco e carabinieri si sono arresi.
Marchetti, proprietario della
libreria Luna’s Torta, sembra
essere svanito nel nulla. I soccorritori hanno quindi la ra-
gionevole certezza che il 40enne non sia rimasto vittima di
un incidente dopo essersi perso mentre cercava di raggiungere Bologna a piedi, come lui
stesso aveva detto di voler fare
a un’amica. Di lui non c’è
traccia né nei boschi, né nei
dirupi.
Naturalmente il fatto che le
ricerche si siano fermate non
significa che abbiano fatto altrettanto le indagini. I carabinieri infatti continuano a cercare l’uomo, anche se con il
passare delle ore aumenta la
convinzione delle forze
dell’ordine che ci si trovi di
fronte a un allontanamento
volontario. Oltre al fatto che
non si trova nei boschi della
zona, a sostenere questa tesi ci
sono altri indizi: i cani molecolari hanno seguito la sua
pista fino a una strada e poi
l’hanno persa, segno che probabilmente ha chiesto un passaggio. Alcune persone hanno
sostenuto di averlo visto domenica pomeriggio e ad uno di
loro avrebbe anche chiesto informazioni per raggiungere la
stazione di Casalecchio. C’è
poi quel biglietto aereo prenotato a suo nome per il prossimo 30 novembre con destinazione Bratislava, segno che
Marchetti aveva dei progetti e
quindi probabilmente non
progettava nessun gesto estremo. La speranza di parenti e
amici è che il libraio abbia
deciso di allontanarsi, di
“prendersi una pausa” e che
presto si faccia vivo.
IL CASO Il parente del boss intercettato mentre spiega a un corriere come muoversi sotto la Mole
Il nipote del super latitante Messina Denaro
dietro al traffico di droga tra Sicilia e Torino
Ô C’è un filo sottile che unisce Matteo Messina Denaro,
il boss più ricercato d’Italia, a
Torino. Un filo che parte da
Carini, un piccolo comune
nel palermitano, e arriva fino
a Porta Nuova. Un tragitto
che a maggio è stato percorso
da Gaetano Corrao, un corriere della droga incaricato di
portare dalla Sicilia al Piemonte più di 80mila dosi di
droga. Ad assegnargli l’incarico e a pianificare il suo
viaggio nei minimi dettagli è
stato Bartolomeo “Luca” Bellomo, nipote di Matteo Messina Denaro che, senza sapere di essere intercettato dai
carabinieri del Ros, al telefono ha dato precise istruzioni
al corriere su come muoversi
e chi contattare una volta
giunto a Torino.
Bellomo è una figura di primo piano nella rete che da
vent’anni protegge la latitanza del super boss. È finito in
carcere tre giorni fa, al termine di uno spettacolare blitz
notturno a Palermo nell’operazione Eden 2. Il procuratore aggiunto Teresa Principato
e i sostituti Maurizio Agnello
e Carlo Marzella lo accusano
di essere l’ultimo ambasciatore di Matteo Messina Denaro e non a caso il suo covo è
stato perquisito minuziosamente alla ricerca di un qualunque indizio che possa
portare al nascondiglio del
boss condannato all’ergastolo per le stragi del 1993 a
Roma, Milano e Firenze.
Secondo il boss dei boss Totò
Riina, intercettato in carcere,
Messina Denaro si sarebbe
nascosto all’estero. E proprio
all’estero, in Albania, era
Bellomo lo scorso 17 maggio,
quando al cellulare impartiva precise istruzioni a Gaetano Corrao: «Ti prendi la co-
sa… eh, e poi vai da Enza
(Lorenza Guttadauro ndr),
mia moglie e ti fai dare 400
euro. (...) Domani sera arrivi
e te ne vai in albergo e ti
riposi, aspetti la mia chiamata l’indomani mattina che
arrivi. Anche perché poi arrivando là, hai altri mille euro
capito». “La cosa” era un
borsone con più di 12 chili di
droga e l’albergo era a Genova, tappa intermedia del
viaggio dalla Sicilia alla destinazione finale del viaggio.
Il 19 maggio Corrao sale su
un treno con destinazione
Torino Porta Nuova, senza
sapere che gli uomini del Ros
non l’hanno perso di vista un
Girolamo Bellomo
solo minuto da quando ha
lasciato la Sicilia. Davanti alla stazione il corriere sale su
una Opel Corsa guidata da un
altro uomo e insieme si dirigono in centro, scendono
dalla macchina e si allontanano a piedi. Poco dopo ritorna solo l’altro uomo e la
Opel viene affiancata da
un’Alfa 147 guidata da Luigi
Gaetano Corrao
M., torinese di 27 anni. In
pochi secondi, il borsone
passa dalla Corsa alla 147 e a
quel punto intervengono i
carabinieri. Corrao finisce in
galera e cinque mesi dopo lo
segue anche Bellomo.
All’appello, ancora una volta, manca solo lui: Matteo
Messina Denaro.
Claudio Neve