editoriale Masken und Karneval in den

editoriale
CARNEVALE E MASCHERE
NELLE COMUNITÀ DI MINORANZA
rosegue con questo secondo numero di “LEM”
la tradizione che la rivista ha inaugurato lo scorso anno di voler celebrare le comunità di minoranza storica in Italia ed in Europa attraverso le loro
stesse celebrazioni, i loro riti, le loro feste. Ed il Carnevale, primo momento festoso dell’anno e ultimo prima della lunga quarantena della Quaresima, restituisce all’interno delle comunità di minoranza storica,
forse spesso ancor più che altrove, il sapore di riti e di
bisogni davvero ancestrali. L’uomo, infatti, fin da quando ha cominciato a camminare eretto lungo le praterie, le savane e le montagne ha pensato a soddisfare
le sue esigenze primarie: mangiare, bere e riprodursi.
Ma c’è stata anche un’altra cosa che l’ha differenziato dagli animali: l’idea della maschera, come ben ci
rammenta Alberto Tafner. Perché da sempre ci sia
P
Masken und Karneval in
den Minderheitengemeinschaften
it dieser zweiten Ausgabe von “LEM”
wird die Tradition fortgesetzt, die unsere
Zeitschrift im vergangenen Jahr
begonnen hat: nämlich die Gemeinschaften der
historischen Minderheiten in Italien und in Europa
über ihre eigenen Feierlichkeiten, ihre Riten und
ihre Feste zu feiern. Der Karneval als erste Festzeit
des Jahres und letzte vor der langen Abstinenz der
Fastenzeit bringt innerhalb von historischen
Minderheiten vielleicht oft noch mehr als
anderswo den Geschmack wirklich Urriten und bedürfnisse zurück. Der Mensch hat in der Tat,
seitdem er begonnen hat aufrechten Ganges
durch Prärien, Savannen und Berge zu streifen, an
die Befriedigung seiner Grundbedürfnisse
M
Übersetzung: Valentina Leonhard
3
questo desiderio di mascherare il proprio aspetto ha
suggerito varie interpretazioni: necessità di mimetismo, celebrazioni rituali e propiziatorie e, non ultima
la vanità. D’altro canto, in natura solo l’uomo veste una
pelle fondamentalmente monocromatica e, da sempre, dunque, decide di dipingersi, di alterare la propria
essenza coprendo il viso ed il corpo, rubando i colori
alla natura: in poche parole si maschera.
Oggi, però, le maschere, di per sé, appaiono mute. Esse hanno bisogno di vivere dentro al rito, “agite” secondo quelle relazioni che ciascuna maschera intrattiene con tutte le altre e col pubblico in occasione del
Carnevale. E il Carnevale si svela qui, di articolo in articolo, di regione in regione, di minoranza in minoranza, come un “rito di passaggio” fondamentale nei suoi
elementi simbolici di tipo sociologico, ma anche cosmologico. Posto, infatti, nel momento in cui la natura viene traghettata dal sonno dell’inverno verso il risveglio di primavera, sussume elementi simbolici pertinenti sia alla società che alla natura, in un rito d’iniziazione dei giovani che, per qualche giorno, prendono la guida della società degli adulti. Interpreti privile-
gedacht: zu essen, zu trinken und sich fortzupflanzen. Aber es gab da auch
noch eine andere Sache, die ihn von den Tieren unterschied: die Idee der
Maske – wie uns Albero Tafner zu Recht in Erinnerung ruft. Da es aber dieses
Verlangen, sein eigenes Aussehen zu maskieren, schon immer gab, hat es
verschiedene Interpretationen auf den Plan gerufen: wie die Notwendigkeit
der Anpassung, rituelle und günstig stimmende Kulthandlungen und nicht
zuletzt Selbstgefälligkeit. Andererseits ist in der Natur nur der Mensch mit
einer grundsätzlich einfarbigen Haut ausgestattet und hat daher seit jeher
beschlossen, sich zu bemalen und das eigene Wesen zu verändern, indem er
Gesicht und Körper verhüllte oder der Natur die Farben raubte: kurz gesagt, er
hat sich maskiert.
Heute aber scheinen uns die Masken für sich stumm. Sie müssen in einem
Ritus leben, gemäß der Beziehungen „agieren“, die jede Maske mit den
anderen und mit dem Publikum im Karneval unterhält. Der Karneval enthüllt
sich in diesem Zusammenhang – von Artikel zu Artikel, von Region zu Region,
von Minderheit zu Minderheit – als ein grundlegender „Übergangsritus“ in
seinen symbolischen Elementen soziologischer, aber auch kosmologischer
Art. In der Tat befindet er sich genau an dem Zeitpunkt, an dem die Natur vom
Winterschlaf zum Frühlingserwachen übergeht, und subsumiert als
Initiationsritus der jungen Männer, die für einige Tage die Führung der
Erwachsenengesellschaft übernehmen, symbolische Elemente sowohl aus
4
giati di questo periodo sono, ad esempio, nella Valle
dei Mòcheni, i giovani coscritti, sulla soglia tra l’età
giovanile e quella adulta, destinati ad assumere un’identità rituale, poiché quella sociale reale è loro interdetta per il momento.
Dal Capodanno sino all’ultimo giorno di Carnevale –
come mi raccontò tempo fa Alma Gozzer, appassionata esperta dei costumi e delle tradizioni della comunità germanofona della Valle del Fèrsina – i giovani Koskrötn indossano un cappello, di feltro nero
decorato di fiori variopinti, il Kronz, caratterizzato in
particolare dalle penne della coda del gallo forcello,
trofeo di tutto riguardo tra i cacciatori delle comunità alpine. E, dunque, quale miglior simbolo di un rito
di iniziazione dal sapore ancestrale? Proprio alle giovani ed ai coscritti, del resto, è riservata l’attenzione
del Becio e della Becia, attori principali del rito del
Vòschnto, il Carnevale di Palù del Fersina, descritto
tanto dalla penna di Renato Morelli, attento studioso, quanto di Leo Toller, voce più diretta della giovane cultura mòchena. Come spesso accade nelle celebrazioni di questo periodo in buona parte del Tiro-
dem Bereich der Gesellschaft als auch der Natur.
Bevorzugte Protagonisten dieser Zeit sind
beispielsweise im Fersental die jungen coscritti,
die auf der Schwelle zwischen Jugend und
Erwachsenenalter vorgesehen sind, eine rituelle
Identität anzunehmen, weil ihnen jene reale
gesellschaftliche für den Moment versagt ist.
Von Neujahr bis zum letzten Tag von Karneval
tragen die jungen Koskrötn – wie mir vor einiger
Zeit Alma Gozzer, eine passionierte Expertin für
die Trachten und Traditionen der
deutschsprachigen Gemeinschaft im Fersental,
erzählte – einen schwarzen Filzhut, der mit
bunten Blumen bedeckt ist, den Kronz, der
insbesondere von den Schwanzfedern des
Birkhahns charakterisiert ist, einer besonders
angesehenen Trophäe unter den Jägern der
Alpenbevölkerungen. Welches bessere Symbol
für einen Initiationsritus atavistischen
Geschmacks kann es da also geben? Eben den
jungen Mädchen und den coscritti ist im Übrigen
editoriale
lo, le maschere sono chiamate ad esplicare funzioni
sacrali e propiziatorie, in quanto rappresentano spiriti benevoli dell’aldilà, tornati sulla terra all’inizio dell’annata agricola per esorcizzare ed espellere dalla
società dei viventi gli spiriti maligni, definitivamente
sconfitti negli spettacolari riti finali dei falò finale al
tramonto dell’ultimo giorno di Carnevale.
In area più mediterranea, come nel caso della comunità arbëreshe di Calabria, è peraltro interessante notare come il Carnevale sia andato adeguandosi ai tempi: a Lungro, dopo la guerra d’Abissinia, i reduci organizzavano la rappresentazione bellica africana, alla
quale prendeva parte un gran numero di cittadini.
Non meno affascinante risulta peraltro il racconto della baïa a Sampeyre, certamente la festa più imponente delle valli occitane, con cui si ricorda ogni cinque
anni nei giorni di Carnevale la cacciata dei Saraceni
dalla valle Varaita, avvenuta, secondo la tradizione,
verso l’anno mille.
A conclusione di un rito di generoso passaggio simbolico dell’“essenza della crescita” dagli anziani ai giovani delle diverse comunità – in questo caso spesso
così simili e vicine nella ritualità della festa – tra danze e canti al suono dei più svariati e antichi strumenti, dalla reta (fisarmonica a mantice caratteristica dei
musicisti mòcheni) ai vari tipi di organetto e di zampogna arbëreshe, le pietanze più prelibate vengono offerte ai partecipanti, augurio, che si rinnova ogni anno, che le comunità di minoranza storica possano crescere con orgoglio nelle loro tradizioni, prezioso alimento di una cultura moderna dalla radici antiche.
die Aufmerksamkeit des Becio und der Becia,
den Hauptakteuren des Ritus des Vòschnto, des
Karnevals in Palai im Fersental, vorbehalten, der
in großem Umfang sowohl von Renato Morello,
als akribischem Wissenschaftler, wie auch von
Leo Toller gewissermaßen als direkterer Stimme
der jungen Fersentaler Kultur beschrieben
worden ist. Wie oft bei den Feiern dieser
Zeitraums in weiten Teilen Tirols sollen die
Masken sakrale und günstig stimmende
Funktionen ausüben, in ihrer Eigenschaft, daß sie
wohlwollende Geister aus dem Jenseits
darstellen, die am Beginn des bäuerlichen
Jahreszyklus auf die Erde zurückkehren, um die
bösartigen Geister aus der Gesellschaft der
Lebenden zu vertreiben und auszustoßen, die in
den spektakulären Schlußriten der Abschlußfeuer
bei Sonnenuntergang des letzten Karnevalstags
endgültig besiegt werden.
In südlicheren Gegenden des Mittelmeerraums,
wie bei der Gemeinschaft der arbëreshe, der Italo-
Albaner, in Kalabrien, ist es übrigens interessant zu beobachten, wie sich der
Karneval den Zeiten angepaßt hat: in Lungro organisierten die Heimkehrer
nach dem Abissinienkrieg eine Darstellung des Krieges in Afrika, an der ein
großer Teil der Einwohner teilnahm. Nicht weniger interessant ist der Bericht
der baïa in Sampeyre, dem mit Sicherheit eindrucksvollsten Fest der
okzitanischen Täler, mit dem alle fünf Jahre in den Karnevalstagen an die
Vertreibung der Sarazenen aus dem Varaita-Tal erinnert wird, die sich der
Überlieferung nach um das Jahr 1000 ereignete.
Zum Abschluß dieses Ritus der großzügigen symbolischen Übergabe des
“Wesens des Wachstums“ von den Alten an die Jungen der verschiedenen
Gemeinschaften – mit dem in diesem Fall doch oft so ähnlichen und
verwandten rituellen Charakter des Festes: zwischen Tanz und Gesang zum
Klang der unterschiedlichen, alten Instrumente, von der reta (dem
charakteristischen blasebalgartigen Akkordeon der Fersentaler Musiker) zu
den verschiedenen Typen von Ziehharmonika und Dudelsack der arbëreshe,
den Teilnehmern die köstlichsten Gerichte anzubieten – bleibt der sich jedes
Jahr erneuernde Wunsch, daß die Gemeinschaften historischer Minderheiten
mit Stolz in ihren Traditionen wachsen können, als kostbarem Nährboden
einer modernen Kultur mit antiken Wurzeln.
Foto Giorgio Lotti
Barbara Passarella
Barbara Passarella
5