Conservare gli alimenti 3

CONSERVAZIONE E
TRASFORMAZIONE DEI PRODOTTI
AGROALIMETARI
TECNOLOGIE DELLE
CONSERVE
ALIMENTARI
Dott. ssa Nicoletta Sinelli
Università
Università degli Studi di Milano
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche
Microbiologiche
Via G. Celoria, 2 – 20133 Milano
Finalità dell’industria delle conserve
1.
Mettere a disposizione del consumatore, in ogni luogo ed in ogni stagione,
degli alimenti la cui produzione è localizzata nello spazio e nel tempo
(stagionalità di alcuni prodotti)
2.
Permettere la regolazione su più anni dell’approvvigionamento dei mercati
per quegli alimenti la cui produzione è irregolare da un anno all’altro
3.
Rispondere alle esigenze della vita moderna offrendo al consumatore prodotti
pronti all’uso o consumabili con un minimo dispendio di tempo
1
9“Alimento consevabile”: prodotto alimentare di origine animale o vegetale che,
per effetto di un determinato trattamento o per azione di determinate sostanze,
conserva per un tempo più o meno lungo, le sue principali proprietà sensoriali e
nutrizionali ed essere così sottratto ad alterazioni che ne pregiudicano la
commestibilità
PRE-requisito di un
prodotto alimentare
conservato
9 essere privo di microrganismi patogeni o tossinogeni per il consumatore e non
contenere sostanze nocive o tossiche in quantità superiori a quelle che sarebbero
normali per il prodotto fresco in questione
CONTROLLO
DELLE MATERIE
PRIME
CONSERVE
PRODOTTI
ALIMENTARI
CONSERVATI
SEMICONSERVE
DEFIZIONE DI CONSERVA
1.
Prodotto alimentare confezionato in un recipiente ermetico ai gas, ai liquidi,
ai microrganismi nelle normali condizioni d’uso
2.
Prodotto alimentare che ha subito un trattamento termico, o altro
trattamento autorizzato analogo negli scopi, in grado di inattivare in modo
irreversibile gli enzimi e di distruggere i microrganismi che possono alterare
l’alimento o renderlo comunque non adatto alla alimentazione umana
Due categorie di conserve:
¾
Conserve acide: pH ≤ 4.5
¾
Conserve non acide: pH ≥ 4.5
2
DEFIZIONE DI SEMICONSERVA
Prodotti alimentari conservati la cui stabilità, oltre che dal processo di
conservazione adottato, è limitata dalle condizioni ambientali (basse temperature,
mantenimento in atmosfera controllata)
2 Categorie:
A. Semiconserva con pH ≥ 4.5, pastorizzata
1.
Prodotto alimentare confezionato in un recipiente ermetico ai gas, ai liquidi,
ai microrganismi nelle normali condizioni d’uso
2.
Che ha subito un trattamento termico, o altro trattamento autorizzato
analogo negli scopi, in grado di distruggere la maggior parte dei
microrganismi (e comunque tutti i patogeni) e inattivare la maggior parte
degli enzimi la cui presenza o proliferazione potrebbe rendere il prodotto
improprio all’alimentazione.
3.
Tali semiconserve devono avere in etichetta: “da conservare in frigorifero” o
“a temperatura di 4-5°C”
B. Semiconserva a qualsiasi pH
Prodotto alimentare reso conservabile per effetto di un trattamento tecnologico o
dell’aggiunta di sostanze (consentite dalla legge) che siano in grado di inibire o
rallentare la proliferazione microbica e l’attività di enzimi in grado di renderlo
improprio all’alimentazione.
Tali semiconserve possono essere posti in contenitori o involucri più o meno
ermetici. Appartengono a questa categoria:
Ö prodotti surgelati o congelati
Ö prodotti essiccati, liofilizzati, salati, acidificati per aggiunta di acidi o a seguito
di fermentazioni
Ö prodotti sotto alcool, affumicati
N.B. La conservabili delle conserve è indipendente dalle
condizioni ambientali purché esse siano normali, mentre la
conservabilità delle semiconserve dipende dalle condizioni
ambientali.
Es. un prodotto surgelato è conservabile fintanto che viene
mantenuto allo stato surgelato e quindi a bassa
temperatura
3
LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI MEDIANTE L’USO
DEL CALORE (Pastorizzazione e Sterilizzazione)
1. Pastorizzazione: trattamento termico che mira alla distruzione delle forme vegetative
dei microrganismi (e comunque dei patogeni) e all’ inattivazione degli enzimi termolabili
(T <100 °C)
2.Sterilizzazione: trattamento termico che mira alla distruzione delle spore dei
microrganismi anche termoresistenti e degli enzimi che possono alterare l’alimento
(T >100 °C)
Definire i due trattamenti sugli effetti che questi
hanno sull’alimento e sulla sua conservabilità
Poiché gli sporigeni non sopravvivono per pH inferiori a 4.5, un trattamento ad es.
effettuato a 75 °C per pochi secondi per un prodotto con pH 3.5 equivale ad una
sterilizzazione. Non è lo stesso per il latte che dato il suo pH a 6.8 sono presenti degli
sporigeni
4
Appertizzazione: prodotto alimentare, chiuso in un contenitore ermetico e sottoposto ad
ebollizione prolungata, è in grado di conservarsi a lungo (Nicolas Appert, 1795).
Paster, con la scoperta dei microrganismi e della loro scarsa resistenza al calore, spiegò il
fenomeno osservato da Appert.
DISTRUZIONE TERMICA DEI MICRORGANISMI
(equazioni di BIGELOW)
La distruzione dei microrganismi (o delle spore) ad opera del calore è regolata dalle due
leggi di BIGELOW, che rappresentano la cinetica della distruzione termica dei
microrganismi
Prima equazione di Bigelow
dN
= − kN
dt
N= n° di microrganismi o spore
t = tempo
K = costante di velocità (T-1)
- = la popolazione diminuisce
La velocità di riduzione della popolazione è proporzionale ad N (n° di microrganismi per Kg di
prodotto)
•Per una temperatura letale si può integrare la relazione:
dN
N
ln
No
N
=
N
No
−t
=
∫
0
kt
N0= popolazione iniziale di spore
kdt
log
No
N
=
∫
k
2 .3
t
2.3/k = D
No
N
=
log
t
D
I° equazione
di BIGELOW
N = popolazione finale di spore dopo
esposizione ad una temperatura letale
costante per un tempo t
t = tempo di mantenimento alla temperatura
costante
D= tempo di riduzione decimale = tempo di
mantenimento a quella temperatura che
determina la riduzione di un ordine di
grandezza della popolazione di spore
5
La prima equazione di Bigelow consente, a temperatura costante, di conoscere la popolazione
residua dopo un trattamento effettuato a quella temperatura per un tempo t, conoscendo la
popolazione iniziale N ed il D del microrganismo
D: tempo di riduzione decimale
•corrisponde al tempo necessario per ridurre di 10 volte la popolazione iniziale (cioè
per distruggere il 90% dei microrganismi presenti); è quindi una costante
caratteristica del processo di distruzione termica ed è funzione della velocità di
distruzione.
Fattori che influenzano D:
JTipo di microrganismo
JFase di crescita nella quale il microrganismo si trova
J Forma in cui il microrganismo si trova : se spora, (D maggiore), se fase vegetativa (D inferiore)
J pH del mezzo; tanto più il pH è basso, tanto più D è basso (microrganismo sensibile)
J Presenza di sostanze grasse nel mezzo, D aumenta
JPresenza di umidità nel mezzo; più facile sterilizzare prodotto umido che di un prodotto secco
6
JTemperatura
D = f(T)
Il tempo di riduzione decimale varia con la Temperatura secondo un’equazione
esponenziale del tipo:
D = ae-bT
Considero due temperature diverse: T1 e T2
ln D2 = ln a − bT2
ln D1 = ln a − bT1
D
ln 1 = b(T2 − T1 )
D2
log
D1 e D2 = valori del tempo di riduzione
decimale per un microrganismo (spore)
alle temperature rispettivamente T1 e T2
D2 = ae−bT 2
D1 = ae−bT1
log
D1
1
= (T 2 − T 1 )
D2
z
D1
b
(T2 − T1 )
=
D2 2.3
z= intervallo di temperatura che
determina la variazione di un ordine di
grandezza di D, cioè quell’aumento di
temperatura che porta ad una riduzione
di 10 volte di D
II° equazione di
Bigelow
La seconda equazione di Bigelow consente di calcolare il D ad una certa temperatura
conoscendo il D ad una temperatura di riferimento e z
Z varia in funzione del microrganismo e in funzione delle reazioni chimiche:
per le spore: 10 °C (cioè se la temperatura di trattamento termico aumenta di 10 °C si ha
un’accelerazione della cinetica di distruzione dei microrganismi di 10 volte, per cui il tempo
del trattamento si riduce di 10 volte)
per le forme vegetative: 5 °C
per le reazioni chimiche: 20-50 °C
z rappresenta
microrganismi
la
dipendenza
dalla
temperatura
della
velocità
di
distruzione
di
7
Lo scopo principale deIla sterilizzazione è quello di distruggere i microrganismi e inattivare
gli enzimi, ma non deve alterare il prodotto. Si tratta di ottimizzare il rapporto t/T per
raggiungere entrambi gli scopi.
Quindi ai fini della qualità un trattamento termico è tanto migliore quanto più effettuato
ad alte temperature per tempi brevi
Questo concetto è alla base dei moderni trattamenti di sterilizzazione ( es UHT = Ultra
Hight Temperature, HTST, Hight Temperature, Short time)
Profili tempo-temperatura per diversi sistemi di trattamento termico
Attenzione: il tempo di trattamento termico va
riferito al punto più freddo del prodotto. Ad es.
per un prodotto solido confezionato in
contenitore in banda stagnata il punto più
freddo è il centro geometrico del contenitore. Per
un solido confezionato con liquido di governo e
agitazione del contenitore il punto più freddo è il
centro del solido al centro geometrico del
contenitore (es. piselli)
8
LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI
MEDIANTE SALE
A. il sale in soluzione acquosa esercita una pressione osmotica. Se un microrganismo si
trova in un mezzo ipertonico (maggiore pressione osmotica, cioè maggior concentrazione
salina nel mezzo) perde acqua, si disidrata e muore, oppure forma spore. Comunque non
è in grado di riprodurre ed alterare alimento
B. Il sale è anche responsabile dell’inibizione della crescita dei microrganismi, in quanto
lega l’acqua del mezzo rendendola non disponibile per i microrganismi
Attività dell’acqua (aw) =
grado di disponibilità dell’acqua nell’alimento
aw acqua pura = 1
aw alimenti freschi = 0.99-0.96
L’aggiunta di soluti fa diminuire il valore di aw,, in quanto acqua si lega
al soluto aggiunto. Quando il sale si scioglie nell’acqua le forze
intermolecolari aumentano, determinando una diminuzione della
tensione di vapore della soluzione.
Batteri = aw 0.98-0.96 (per alcune specie = 0.90)
Lieviti = aw 0.88
Muffe = aw 0.80
Batteri alofili = aw 0.75
Muffe xerofile = aw 0.65
Lieviti osmofili = aw 0.61
alofili = microrganismi che vivono ad alte concentrazioni di sale
batteri “sale tolleranti” = vivono sia in presenza di elevate che di deboli
concentrazioni di sale
9
Molti microrganismi sopportano concentrazioni di sale elevate (oltre il 25%) e sono detti
alofili. I microrganismi patogeni sono meno resistenti dei microrganismi banali e raramente
sopravvivono per concentrazioni di NaCl superiori al 10% (dato non assoluto perché ha
anche molta influenza il mezzo in cui il microrganismo si trova).
C. il sale ha un certo effetto tossico sui microrganismi, in quanto il sodio si combina con
anioni presenti nel protoplasma, avendo un effetto letale per i microrganismi e lo ione
cloridrico si lega al protoplasma cellulare, causando la morte della cellula.
D. il sale riduce la solubilità dell’ossigeno nel mezzo, ciò che ostacola lo sviluppo dei
microrganismi aerobi obbligati , ma favorisce quello degli anaerobi
10
96-97 % NaCl
Sale
cristallino
1-3% H2O
+ inquinanti minerali
Tra le impurezze troviamo:
a.
Sostanze organiche, tra cui spore di microrganismi resistenti
b.
Ferro, rame in quanto catalizzano reazioni di ossidazione (ingiallimento dei vegetali
verdi). Inoltre il ferro può reagire con tannini e sulfuri dando imbrunimenti
c.
calcio impartisce una maggiore consistenza ai vegetali, ritardando così gli scambi
osmotici; la formazione di Sali di Calcio può dar luogo a formazione di precipitati che
sedimentano col tempo e si depositano sottoforma di macchie bianche sui vegetali.
Alcuni Sali di calcio possono neutralizzare, almeno parzialmente, l’acido lattico che si
forma nella fermentazione, riducendo l’azione settica di tale acido.
d.
Sali di Magnesio possono impartire ai prodotti un gusto di amaro
Salamoie
Generalmente il sale viene impiegato in soluzione (salamoia). L’acqua deve essere potabile.
In particolare è importante la durezza dell’acqua espressa in gradi francesi (1 °F = 10 mg/L
di carbonato di calcio) per l’effetto di indurimento nei confronti dei vegetali dovuto alla
reazione con le pectine.
Salamoie : usate per diversi scopi
1.Salamoie leggere (1-2%) come liquido di governo che si ritrova nel contenitore finale con
il prodotto;
2.Salamoie più concentrate per favorire opportune fermentazioni inibendo microrganismi
pericolosi (ad es. Fermentazione lattica delle olive: una concentrazione di circa il 10 %
consente lo sviluppo dei fermenti lattici ed impedisce quello dei clostridi putrefacenti)
La misura della concentrazione di una salamoia può essere effettuata mediante
densimetri che forniscono il valore del peso specifico. Ci sono tabelle che mettono
in relazione peso specifico con % NaCl a 15 °C (per temperature diverse occorre apportare
una correzione)
11
CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI
MEDIANTE ACIDIFICAZIONE
L’effetto conservante deriva dall’abbassamento del pH dell’alimento che inibisce lo
sviluppo degli sporigeni ed in particolare dei patogeni, oltre che da una certa tossicità
degli acidi organici nei confronti dei microrganismi.
Acidi organici più usati:
Acido Acetico (come aceto) per la produzione di sott’aceti
Acido Citrico, aggiunto direttamente
Acido Lattico, per fermentazione, usato per olive, crauti..
NOTA BENE: Non tutti gli acidi organici hanno lo stesso effetto:
• A parità di pH il potere batteriostatico dell’acido Acetico è > ac. Citrico > ac.
Lattico
• A parità di concentrazione: ac. Lattico > ac. Acetico > ac. Citrico
In Italia per aceto si intende unicamente il prodotto della fermentazione acetica del vino. Un
aceto contiene come minimo il 6% di acido acetico e presenta un pH da 2.8 a 3.3.
La concentrazione minima in acido acetico necessaria per l’inibizione dei microrganismi è
molto variabile e dipende dal tipo di microrganismo
12
L’aceto non è un prodotto stabile, per cui è necessario impedire il deterioramento ad
opera dei microrganismi del genere Acetobacter, che possono produrre intorbidimenti
Come ?
- trattamento termico blando (pastorizzazione)
- filtrazione attraverso filtri sterilizzanti
- aggiunta di 1-2% Nacl
- presenza di anidride solforica (concentrazione max = 50 mg/L) come residuo.
Generalmente si utilizza aceto bianco che è fisicamente più stabile di quello rosso nel
quale sono presenti antociani facilmente ossidabili.
L’aceto subisce sempre un processo di DETANIZZAZIONE: uso di tannino + gelatina,
in presenza di bentonite, che provocano una sorta di filtrazione. (decantazione
sostanze fenoliche)
L’aceto può venire AROMATIZZATO, mettendolo in infusione con erbe aromatiche,
poi si filtra
VANTAGGI: aroma particolare;
effetto batteriostatico, dato dagli oli essenziali
SVANTAGGI: erbe cedono sostanze fenoliche, resine, sostanze facilmente ossidabili;
difficile da standardizzare l’aromatizzazione in quanto erbe hanno diverso potere
aromatizzante
Possibilità di utilizzare anche:
•oli essenziali estratti , ma non sono facilmente solubili in acqua e i dosaggi devono
essere molto precisi;
•Aromi Naturali, ovvero miscele sintetiche di prodotti puri. Sono più stabili e
costanti nell’effetto aromatizzante.
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Sebbene non esista una legislazione in merito per i soott’aceti dovrebbero essere
utilizzate le seguenti denominazioni:
1. “…aromatizzati con aceto” quando il liquido di governo presenta
un’acidità espressa in acido acetico inferiore a 1.2%
2. “…all’aceto” o “..con aceto” quando il liquido di governo presenta
un’acidità espressa in acido acetico superiore a 1.2%
3. “…in aceto” quando il liquido di governo presenta un’acidità espressa
in acido acetico superiore a 2.2%
I prodotti contenenti aceto sono delle
SEMICONSERVE
LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI
MEDIANTE L’OLIO
L’olio è utilizzato come liquido di governo in diverse preparazioni alimentari (alcuni prodotti
animali, vegetali o di origine ittica).
L’olio non ha effetto conservante nei confronti dei microrganismi, esso unicamente protegge
l’alimento nei confronti dell’ossigeno e quindi dalle ossidazioni e conferisce particolari
caratteristiche sensoriali.
Si devono abbinare altre tecnologie affinché un prodotto sott’olio si conservi
•Tonno sott’olio viene sterilizzato
•Carciofini e Funghi scottatura in aceto
•Acciughe mantenute sotto sale, perché non sopportano
trattamento ad alta temperatura
•Alcuni prodotti carnei vengono salati, addizionati di
nitriti e nitrati parzialmente disidratati e poi messi
sott’olio
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Un prodotto vegetale o animale con pH superiore a 4.5 messo direttamente sott’olio
rappresenta un rischio per la salute a causa del botulino (es. peperoni pelati sulla
fiamma e poi messi sott’olio)
•Peperone non acido
•scottatura non è un trattamento
termico
•olio elimina aria
•alte Temperature di conservazione
Botulinum si sviluppa e produce
tossina
LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI
MEDIANTE L’USO DELLO ZUCCHERO
L’aggiunta di zucchero ad un alimento altera comunque la crescita microbica:
"in concentrazioni modeste (fino a ca 20%): substrato per la crescita microbica
"in concentrazioni elevate (superiore al 50% ca): effetto batteriostatico, conservante
EFFETTO CONSERVANTE:
• Esercita pressione osmotica (azione più modesta del sale in quanto le molecole sono di
maggiori dimensioni). Per avere effetto tossico devo aggiungere almeno il 50% di zucchero
• Riducono solubilità dell’ossigeno (sfavorisce aerobi, ma favorisce anaerobi)
• Riducono attività dell’acqua
I diversi microrganismi presentano una diversa tolleranza alle alte concentrazioni in
zuccheri. I Batteri sono i più sensibili. Esistono comunque specie che sopportano elevate
concentrazioni di zucchero (osmofili).
Per una sufficiente garanzia di stabilità microbica occorre raggiungere concentrazioni
almeno del 70%. (ad es. lieviti osmofili possono alterare il miele)
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ZUCCHERI UTILIZZABILI:
ÖDESTROSIO: Monosaccaride derivato dal mais, disponibile in
forma cristallina; molecola piccola che penetra più velocemente nei
tessuti ed esercita maggior pressione osmotica del saccarosio.
Buona solubilità in acqua; potere dolcificante < del saccarosio (ca7080%); molecola più reattiva (reazione di Mayllard)
ÖSCIROPPO DI MAIS: deriva dall’idrolisi dall’amido di mais.
Presenta un tenore in solidi superiori al 70% ed in zuccheri
riducenti superiori al 20%. Le sue caratteristiche sono diverse a
seconda della percentuale in zuccheri riducenti presenti espressi
come destrosio equivalente (DE). Maggiore è il valore di DE e più è
dolce e fermentescibile.
Basso DE : per frutta sciroppata, marmellate, gelatine dove devono
dare viscosità
Alta DE: per succhi, dove interessa effetto dolcificante
ÖISOGLUCOSIO: sciroppo di mais ad alto tenore in fruttosio, ottenuto per isomerizzazione
enzimatica di sciroppi di mais con DE almeno del 95%. Può contenere dal 40 al 90% di
fruttosio, il resto è destrosio
ÖFRUTTOSIO: Monosaccaride disponibile solo come sciroppo in quanto è difficilmente
cristallizzabile (molto igroscopico). Potere dolcificante del saccarosio: +1.6 rispetto al
glucosio; +1.2 rispetto al saccarosio. Il suo sapore dolce è fresco e richiama quello della
frutta.
ÖSACCAROSIO: Deriva dalla barbabietola o dalla canna da zucchero. E’ un disaccaride
non riducente (no imbrunimento), meno penetrante nei tessuti di destrosio e fruttosio in
quanto la sua molecola è più grande.Potere dolcificante =1 (riferimento)
ÖZUCCHERO INVERTITO: E’ ottenuto dal saccarosio per inversione a mezzo acidi o
enzimi. Ne esistono diversi tipi a seconda di quanto è spinta l’inversione e quindi quanto
saccarosio non invertito è presente (solitamente: 50% saccarosio, 50% glucosio+fruttosio).
Il sapore dolce varia in conseguenza da 1.0 a 1.2 volte quello del saccarosio.
ÖZUCCHERO D’UVA o MOSTO CONCENTRATO RETTIFICATO: Purificazione del mosto
d’uva fino ad ottenere sciroppo zuccherino con 50% destrosio e 50% fruttosio. Messa a
punto per elevare il grado zuccherino di mosti destinati alla produzione di vini di alta
qualità
16
LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI
MEDIANTE AFFUMICATURA
Il fumo conferisce ai prodotti particolari caratteristiche sensoriali ed esercita una leggera
azione conservante dovuta alla presenza di formaldeide. Poiché comunque questa azione è
blanda, la conservabilità deve essere garantita da altre pratiche, quali la parziale
disidratazione, l’uso del sale, l’aggiunta di nitrati.
Il fumo contiene un composto ritenuto cancerogeno: il 3-4 benzopirene. I prodotti
affumicati devono contenere meno di 1 microgrammo/kg. prodotto
SISTEMI DI AFFUMICATURA
a. METODO A FREDDO: il generatore di fumo è separato dalla camera di
affumicamento dove si trova il prodotto. Non si ha la cottura del prodotto;
processo molto lungo. Prodotto assorbe solo i costituenti del fumo (vedi
figura)
b.METODO A CALDO: la camera di produzione del fumo è la stessa dove
c’è il prodotto. Si ha la cottura del prodotto; tempi più brevi. (vedi figura)
ATTENZIONE: Il prodotto non deve ricevere subito effetto di temperatura
elevata altrimenti per denaturazione proteine superficiali si forma strato
esterno che ostacola successivo scambio termico.
PARAMETRI IMPORTANTI:
•Tipo di legna: Non si devono usare legni resinosi (conifere) perché si formano sostanze
volatili con sapore amaro. Di solito si utilizzano scarti della lavorazione del legno di
essenze non resinose. Ciascun produttore mescola essenze diverse per conferire
caratteristiche tipiche dei prodotti (conservare con cura, altrimenti alterazione che
provocano sapore sgradevole al prodotto)
• Opacità del fumo : deve essere fortemente opaco (regolazione aria all’interno del
bruciatore)
•Temperatura del fumo
17
LE
PRINCIPALI
OPERAZIONI
CONSERVE VEGETALI
NELL’INDUSTRIA
DELLE
Osservando un generico flow sheet per la produzione di una conserva vegetale appertizzata
al naturale possiamo distinguere:
• una fase di ricevimento ed una eventuale conservazione temporanea del prodotto fresco
•una fase di preparazione che mira all’eliminazione di tutto ciò che non è commestibile e
non deve essere presente nel prodotto finito (lavaggio, cernita, calibratura, mondatura)
• una fase di pretrattamento che ha lo scopo di modificare la forma, la dimensione, la
consistenza, la struttura del prodotto
• una fase di confezionamento, dove il prodotto viene confezionato in contenitori in banda
stagnata, in vetro o di altra natura e viene talora addizionato di un liquido di governo
•una fase di trattamento termico di stabilizzazione, seguito da raffreddamento
•una fase di stoccaggio e di distribuzione
1. LAVAGGIO
In molti casi, prima della fase di lavaggio, è utile sottoporre il prodotto ad una rapida
cernita, o effettuare una pulitura a secco, per non inquinate inutilmente l’acqua
2. CERNITA
Per cernita si intende la separazione dei prodotti idonei alla trasformazione da quelli che
presentano alterazione di varia natura o comunque non idonei alla trasformazione (non
sufficientemente maturi, danni meccanici dovuti al trasporti o alla grandine, presenza di
muffe, difetti di colore)
• CERNITA MANUALE
• CERNITA MECCANICA
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3. CALIBRATURA
Prodotto suddiviso in lotti aventi caratteristiche omogenee (dimensione omogenee, pesi
omogenei, o a volte massa volumica omogenea)
Gli scopi della calibrazione sono essenzialmente due:
a. scopi tecnologici: le attrezzature operano in modo tanto più preciso e più rapido
quanto più omogenea è la pezzatura del prodotto. Inoltre trattamenti basati sul trasporto
di materia all’interno del prodotto o basati sul trasporto di calore potranno meglio essere
ottimizzati quando la pezzatura è omogenea, portando vantaggio al prodotto.
b. scopi commerciali: il consumatore esige che tutti i pezzi all’interno di un contenitore
abbiano la stessa dimensione; inoltre dimensioni diverse molto spesso corrispondono a
valori commerciali diversi, ed in alcuni casi sono destinabili a linee diverse di lavorazione
per l’ottenimento di prodotti diversi
4. MONDATURA
Si tratta di tutta una serie di operazioni che hanno lo scopo di eliminare parti non
commestibili del frutto e dell’ortaggio (es. buccia, nocciolo, torsolo, picciolo) o parti
comunque danneggiate (es. ammaccature, parti ammuffite). Questo ultimo tipo di
mondatura non può essere effettuato che manualmente con l’aiuto di appositi coltelli,
mentre gli altri tipi di mondatura sono realizzabili mediante apposite macchine
5. SCOTTATURA
Il prodotto viene fatto passare in acqua bollente o in vapore a pressione atmosferica o aria
calda per poco tempo. Viene realizzata sia quando il prodotto è destinato all’appertizzazione,
sia quando è destinato alla surgelazione o all'essiccamento (si può fare con aria calda in modo
da effettuare un pressicamento)
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OBIETTIVI:
• eliminazione dell’aria e quindi dell’ossigeno dai tessuti, riducendo così i fenomeni di
ossidazione e di sovrapressione all’interno del contenitore durante la sterilizzazione (si
evita il rischio di bombaggio del contenitore)
• completare il lavaggio ed abbattere la carica microbica banale
• modificare la consistenza del prodotto rendendone più agevole il confezionamento
(fagiolini)
• eliminare odori sgradevoli (cavoli)
• inattivare enzimi che possono danneggiare il prodotto
• mantenere il colore verdi di alcuni ortaggi ottimizzando il colore verde di alcuni ortaggi
5. CONCENTRAZIONE PER EVAPORAZIONE
Concentrazione: parziale eliminazione del solvente da una soluzione . Il solvente è
rappresentato da acqua. Viene effettuata per ridurre i costi di stoccaggio e di trasporto. E’
anche una operazione di conservazione in quanto permette di ridurre l’attività dell’acqua
del prodotto.
Concentrazione per evaporazione: tecnica più diffusa.
Evaporazione: tecnica di concentrazione in cui una parte del sovente viene allontanato da
una soluzione per ebollizione. Si ha anche perdita di composti volatili.
6. RIEMPIMENTO DEI CONTENITORI
CONTENITORI:
banda stagnata
vetro (bottiglie, boccali)
buste flessibili in accoppiato
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7. LIQUIDO DI GOVERNO
Nella maggior parte dei casi nel contenitore è necessario aggiungere un liquido di governo.
Vantaggi:
• facilita il trasferimento del calore durante la fase di sterilizzazione
• riduce il rischio di permanenza di aria all’interno
sovrappressioni pericolose in fase di sterilizzazione
del
contenitore,
evitando
• riduce ossidazione del prodotto
• modifica il sapore
• intenerisce il prodotto
8. DEGASATURA
SCOPO: nel contenitore minima quantità di aria possibile
9. CHIUSURA DEI CONTENITORI
•Aggraffatura del coperchio per i contenitori in banda stagnata
•Avvitatura di una capsula in banda stagnata verniciata e/o litografata per i contenitori in
vetro sia per i barattoli che per le bottiglie. L’ermeticità della chiusura è garantita da una
guarnizione di vario tipo posta tra la capsula ed il bordo del contenitore.
• Due tipologie di chiusura: side-seal (guarnizione lungo il bordo esterno del
contenitore)
top-seal (guranizione fa parte della capsula)
tappi a corona
Tipo Omnia: capsula rimane fissata sul contenitore solo per effetto del vuoto esistente
all’interno del contenitore
Pry-off: tenuta meccanica ed ermeticità garantite da una guranizione in gomma fissata
alla capsula, che va ad ancorarsi su un risalto del bordo esterno del boccale
Twist-off: ermeticità garantita da un deposito di mastice presente lungo la circonferenza,
nella parte inferiore della capsula. Tenuta meccanica assicurata da sporgenze verso
l’interno della capsula che vanno ad impegnare dei risalti, presenti sul bordo esterno del
boccale.
Sforzo modesto per l’apertura. No garanzia di avvenuta apertura. Sigillo di carta dopo la
sterilizzazione
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10. TRATTAMENTO TERMICO (sterilizzazione-pastorizzazione)
11. STOCCAGGIO
•Rendere disponibile nell’arco dell’intero anno prodotti stagionali.
•Prodotto confezionato in contenitori anonimi, viene etichettato secondo il contratto di
vendita.
•Rintracciabilità del lotto e automatizzazione dello stoccaggio.
•Temperatura di stoccaggio 10-15 °C e costante, in quanto sbalzi di temperatura formazione
di condensa sui contenitori.
•Bassa umidità relativa
•La condensa che si deposita sui contenitori che si trovano nella zona centrale di un pallet
evapora difficilmente con il rischio di provocare la formazione di ruggine
DERIVATI INDUSTRIALI DEL POMODORO
¾DEFINIZIONE DI PRODOTTO
¾LEGISLAZIONE
¾TECNOLOGIA DI PRODUZIONE
¾OPERAZIONI: TRATTAMENTO TERMICO, PELATURA,
CONCENTRAZIONE
I derivati industriali del pomodoro (pomodori pelati, cubettati,
polpe, passate, concentrati, succhi) sono conserve, confezionate
in banda stagnata, vetro, poliaccoppiato o altro materiale.
22
SCHEMA DI
PRODUZIONE
DEI DERIVATI
INDUSTRIALI
DEL
POMODORO
ATTUALE NORMATIVA
• Legge n° 96 del 10 marzo 1969 e relativo regolamento di esecuzione
DPR n° 428 dell’11 aprile 1975 (definizione delle diverse tipologie di
prodotto e loro caratteristiche)
• Circolare n° 167/2001 del Ministero delle Attività Produttive (regolamenta
la denominazione di vendita della passata e del succo di pomodoro ed
affronta i problemi tra la normativa italiana e la regolamentazione
comunitaria in materia di aiuti nel settore del pomodoro)
• Regolamento n° 1764/86 della Commissione del 27 maggio 1986;
• Regolamento n° 1593/98 della Commissione del 23 luglio 1998;
• Regolamento n° 1535/2003 della Commissione del 29 agosto 2003
(requisiti minimi per i derivati del pomodoro a seguito dell’istituzione di un
regime di aiuti nel settore della trasformazione degli ortofrutticoli)
23
DPR 428/75
Art.1
- “pomodori pelati”: pomodori di tipo lungo privati della buccia con eventuali
aggiunte definite nell’art. 2.
- “semi-concentrato di pomodoro”: succo di pomodoro sottoposto a
concentrazione, il cui residuo secco al netto del sale aggiunto non sia
inferiore al 12%.
- “concentrato di pomodoro”: ..…, non sia inferiore al 18%
- “doppio concentrato di pomodoro”: .…, non sia inferiore al 28%
- “triplo concentrato di pomodoro”: ..…, non sia inferiore al 36%
- “sestuplo concentrato di pomodoro”: ..…, non sia inferiore al 55%
Secondo il Regolamento CEE 1535/2003 sono concentrati tutti i prodotti aventi residuo
secco minimo, al netto del sale aggiunto, pari al 12 %
DPR 428/75
Art. 2
Requisiti minimi per i pomodori pelati:
-
colore, odore e sapore caratteristici del pomodoro maturo e sano
assenza di larve di parassiti e di alterazioni di natura parassitaria
interessanti l’esterno e/o l’interno del frutto
-
peso del prodotto sgocciolato non inferiore al 60% del peso netto
presenza di pomodori interi per non meno del 65% del peso sgocciolato
(non meno del 70% per contenitori con peso netto non superiore a 400g)
-
residuo secco al netto del sale aggiunto non inferiore al 4%
contenuto medio di bucce determinato su almeno 5 contenitori non
superiore a 3 cm2 ogni 100 g. In un singolo contenitore non superiore al
quadruplo di tale limite.
24
DPR 428/75
Art. 2
Requisiti minimi per i pomodori pelati
Possono essere denominati di qualità superiore se:
-
peso sgocciolato non inferiore al 70% del peso netto
-
residuo secco al netto del sale aggiunto non inferiore al 4,5%
contenuto medio di bucce determinato su almeno 5 contenitori non superiore a 1,5
cm2 ogni 100 g. In un singolo contenitore non superiore al quadruplo di tale limite.
Ai pomodori pelati è consentita l’aggiunta (da dichiarare in etichetta) di succo di pomodoro
parzialmente concentrato avente residuo secco non inferiore all’8% o di semi-concentrato di
pomodoro in misura tale, in questo caso, che il residuo secco del prodotto, al netto del sale
aggiunto, non sia inferiore al 6%.
In caso di aggiunte il limite per le muffe (metodo di Howard) è di 30 campi positivi per la
qualità superiore e 40 per la qualità normale.
E’ consentita l’aggiunta di cloruro di sodio in misura tale che la percentuale di cloruri
(espressi come cloruro di sodio) non superi il 20% del residuo secco. E’ inoltre consentita
l’aggiunta di foglie di basilico.
DPR 428/75 verso Regolamento CEE 1764/86
Il regolamento comunitario differisce in alcuni punti.
Nel regolamento CEE il peso del prodotto sgocciolato è espresso come segue:
non inferiore al 56 % della capacità in acqua del contenitore, mentre la presenza
di pomodori interi non deve essere meno del 65% del peso sgocciolato, senza
distinzione di formato.
Il contenuto medio di bucce ammesse è analogo a quello previsto dalla
legislazione italiana ma è espresso come “non superiore a 300 cm2 per 10 kg di
prodotto”; è inoltre prevista una superficie complessiva di difetti, che non deve
essere superiore a 35 cm2 per 10 kg di prodotto.
Ai pomodori pelati possono essere aggiunti: acqua, succo e concentrato di
pomodoro, spezie naturali, erbe aromatiche e relativi estratti; il cloruro di sodio
deve essere presente in misura non superiore al 3 % del peso netto; il valore di
pH non deve essere superiore a 4,5.
La conta delle muffe dare un numero di campi positivi non superiore al 50 %
(valore meno restrittivo rispetto alla legislazione nazionale).
25
DPR 428/75
Art. 3
Requisiti minimi per i concentrati di pomodoro:
- colore, odore e sapore tipici del prodotto ottenuto da pomodoro sano e maturo
- assenza di accentuata di separazione di siero, di presenza di grumi e frammenti
di pomodoro
- rapporto zuccheri (percentuale di zuccheri riferita al peso secco al netto del sale
aggiunto): non inferiore a 42 (non inferiore a 40 se il rapporto acidità non è
superiore a 8,5)
- rapporto acidità (percentuale di acidi, espressi come acido citrico monoidrato,
riferita al peso secco al netto del sale aggiunto: non superiore a 9,5 (non
superiore a 10 se il rapporto zuccheri non è inferiore a 44)
- acidità volatile, espressa in acido acetico, non superiore a 0,40% del residuo
secco al netto del sale aggiunto
- impurità minerali: non superiori allo 0,10% del residuo secco al netto del sale
aggiunto
DPR 428/75
Art. 3
Requisiti minimi per i concentrati di pomodoro:
muffe (determinate con il metodo di Howard) non superiori a 60 campi
positivi
I concentrati possono essere dichiarati di qualità superiore se:
rapporto zuccheri non inferiore a 48 (non inferiore a 46 se il rapporto acidità
non è superiore a 8)
rapporto acidità non superiore a 8,5 (non superiore a 9,0 se il rapporto
zuccheri non è inferiore a 49)
acidità volatile non superiore a 0,20% del residuo secco al netto del sale
aggiunto
impurità minerali: non superiori a 0,05% del residuo secco al netto del sale
aggiunto
muffe: non superiori a 50 campi positivi.
Ai concentrati è possibile aggiungere cloruro di sodio fino al limite massimo della
concentrazione in cloruri (espressi come cloruro di sodio) del 10% del residuo
secco e qualche foglia di basilico.
26
DPR 428/75
Nell’articolo 6 vengono riportate le caratteristiche limite per i concentrati;
se anche una sola delle caratteristiche è al di fuori dei valori indicati il
prodotto non può essere rilavorato e comunque non è destinabile
all’alimentazione umana:
rapporto zuccheri inferiore a 35
rapporto acidità superiore a 12
acidità volatile superiore allo 0,80% del residuo secco al netto del sale
aggiunto
impurità minerali superiori allo 0,15% del residuo secco al netto del
sale aggiunto
colore, odore o sapore anomali.
Passata di pomodoro
La passata può essere definita “succo di pomodoro” secondo il Regolamento
CEE 1535/2003: “il succo di pomodori freschi, passato al setaccio per eliminare
le bucce, i semi ed altre parti consistenti avente, eventualmente previa
concentrazione, un tenore in sostanza secca inferiore al 12 %”.
Di conseguenza i requisiti qualitativi del succo di pomodoro, previsti dal
Regolamento CEE 1764/86, dovrebbero essere ritenuti validi per la passata.
Essi sono simili a quelli per i concentrati con alcune differenze:
è permesso l’uso dell’acido ascorbico in misura non superiore allo 0,03 %
in peso nella produzione del succo di pomodoro avente un residuo secco
inferiore al 7 %
la quantità di d cloruro di sodio aggiunto non deve superare il 3 % in peso
del prodotto
per il succo di pomodoro con un tenore in residuo secco inferiore all’8 % la
percentuale massima di campi positivi nella conta delle muffe è ridotta
proporzionalmente al residuo secco
il tenore in acido lattico non deve essere superiore all’1 % del residuo
secco al netto del sale aggiunto.
27
Passata di pomodoro
Sul mercato possono essere presenti due tipi di passate:
ƒProdotto ottenuto dal pomodoro fresco (è facoltativo precisare che è
ottenuta da pomodoro fresco)
ƒProdotto ottenuto dal concentrato ridiluito, per questo tipo la Circolare
167/2001 stabilisce che sull’etichetta debba figurare la dicitura “Passata
di pomodoro ottenuta da concentrato”.
Cubettati, polpe e triturati
Cubettati, polpe e triturati non sono contemplati dalle normative italiane,
mentre per il Regolamento CEE 1764/86 sono compresi nei pomodori
pelati. Pertanto valgono i limiti, a loro applicabili, dei pelati. Unica
eccezione è il contenuto di bucce che non deve superare i 1250 cm2
per 10 kg di peso.
Caratteristiche della materia prima pomodoro
Il pomodoro è un frutto (bacca carnosa o ovulo pieno) di forme
diverse (tondo, allungato o lungo), di dimensioni diverse (bacche con peso
≤ 20 g, fino a bacche con peso di 200 g per alcune varietà da tavola).
Il prodotto per industria pesa dai 50 g agli 80 g, per le varietà
tonde e fino a 100 g per le varietà lunghe da pelato; le possibili
conformazioni superficiali sono: liscia, senza ondulazioni, costoluta con
cicatrici e semicostoluta.
Il frutto presenta un picciolo che lo lega alla pianta; il punto del
picciolo, in cui avviene il distacco del frutto in fase di raccolta, viene detto
nodo; in base ad esso si possono dividere le varietà in:
normale = il nodo si trova ad alcuni cm di distanza dal frutto;
joitless = il nodo non esiste;
arthritic = il nodo si rompe difficilmente.
Queste ultime due varietà sono preferite in quanto rendono la raccolta
meccanica più semplice, causando il distacco del frutto senza picciolo.
28
Forme del pomodoro
Caratteristiche della materia prima pomodoro
Dal punto di vista morfologico la bacca può essere divisa in:
EPICARPO (buccia) = pellicola di colore giallo;
MESOCARPO (polpa) = costituito da cellule tondo-ovoidali che contengono
un liquido paglierino nel quale sono disciolti diversi costituenti (zuccheri,
sali, acidi, sostanze azotate, etc.) oltre ai granuli di licopene (pigmento
rosso non idrosolubile). Il mesocarpo contiene inoltre sottili vasi costituiti da
lignina, cellulosa, emicellulosa e sostanze pectiche;
ENDOCARPO = è costituito dalle logge seminali e dall’asse stilare, che
porta i semi.
La composizione della bacca matura dipende dalla cultivar e dalle
condizioni pedo-climatiche della zona di produzione.
29
A: epicarpo o buccia, B: mesocarpo o polpa, C: setti, D: endocarpo, E:
cavità seminale o loggia, F: tessuto placentare, G: semi, H: fasci
fibrovascolari, I: asse stilare, L: inserzione peduncolo, M: apice.
La qualità del prodotto industriale finito (pomodoro trasformato) dipende
da vari fattori:
¾qualità della materia prima agricola;
¾condizioni di raccolta e conferimento;
¾tecnologia di trasformazione;
¾condizioni di stoccaggio e distribuzione del prodotto finito.
Qualità della materia prima agricola
Indipendentemente dal prodotto finito che si desidera ottenere, il pomodoro
da industria si deve presentare perfettamente maturo (colore rosso
omogeneo su tutta la superficie, compresa l’area vicina al punto di attacco
del picciolo) e deve possedere un elevato residuo secco. Deve essere
integro, essere privo di alterazioni superficiali o interne (marciume dell’asse
stilare), ed essere il più possibile esente da materiale inerte (sassi, sabbia,
terra) e materiale vegetale estraneo.
30
Qualità della materia prima agricola
La presenza di frutti rotti o marci provoca:
¾inquinamento del resto del prodotto prima della trasformazione industriale; ciò significa un
danno economico per l’azienda;
¾maggiori oneri per la depurazione delle acque di scarico.
La presenza di materiali inerti (MOT = Materials other than tomatoes; es.: sabbia,
sassi o terriccio) provoca:
¾ maggiore onerosità dello smaltimento dei rifiuti;
¾sedimentazioni nelle vasche di ricevimento: ciò porta cariche microbiche elevate ed
eventuali alterazioni del prodotto;
¾deterioramento degli organi meccanici necessari alla movimentazione del prodotto in
ingresso.
La presenza di materiale vegetale estraneo, se non accuratamente eliminato nelle
fasi preliminari, può causare la riduzione della funzionalità di alcuni impianti a
causa di depositi di materiale estraneo sulle pareti degli scambiatori.
La presenza di frutti immaturi ha come conseguenza un aumento dei costi per una
più dettagliata cernita.
Qualità della materia prima agricola dipendente dalla destinazione
Pomodoro da pelato
· forma del frutto: il frutto deve avere una forma allungata: si dice che il
rapporto l/d deve essere maggiore di 1.3;
· caratteristiche morfologiche: asse stilare poco sviluppato, logge turgide di
succo ed elevata pigmentazione;
· pelabilità e presenza di difetti: la buccia, per favorire la pelatura, deve essere
robusta e deve staccarsi con facilità dai tessuti sottostanti. Difetti quali
spaccature, cicatrici, lesioni parassitarie, parti verdi ecc., costituiscono degli
inconvenienti molto gravi perché ostacolano l’operazione di pelatura. Il più grave
di questi difetti è il marciume apicale, che può determinare la crescita di muffe
saprofite che possono penetrare fino all’asse stilare;
· contenuto cellulosico e pectinico: elevato per dare consistenza e per
favorire l’integrità del frutto;
. pH: può variare da 3.9 a 4.6; se è maggiore di 4.3 si possono sviluppare alcuni
clostridi e si rende quindi necessario un trattamento termico di sterilizzazione più
drastico.
31
Pomodoro per pelati che presenta
porzione superiore e fittone
decolorati
Pomodoro per pelati esente da difetti
Pomodoro da concentrato:
•estratto secco: un contenuto iniziale elevato determina, dal punto di
vista economico, una maggiore resa di trasformazione, una riduzione
dei costi energetici ed un aumento della potenzialità delle linee, dal
punto di vista qualitativo un minore danno termico e un minore tempo
di trattamento;
•colore: deve essere intenso; è determinato dalla presenza del
licopene, la cui formazione dipende dai periodi di soleggiamento diretto
dei frutti in quanto avviene a temperature comprese tra i 12 e i 32 °C.
La condizione ottimale è data da una temperatura elevata e una
copertura fogliare. Quest’ultima da un lato evita l’azione diretta del sole
favorendo una miglior formazione di colore rosso e dall’altro riduce la
potenzialità delle macchine per la raccolta e rende più probabile la
presenza di parassiti;
•contenuto cellulosico: abbastanza elevato.
32
Pomodoro da polpa:
· Stesse caratteristiche richieste per il pomodoro da pelati (asse stilare
non troppo sviluppato e non decolorato, pelabilità, bassi valori di pH,
assenza di parti guaste); uniformità del colore; ridotto contenuto di
semi; elevato patrimonio aromatico e sapido dei frutti.
Pomodoro per succhi e passate:
· Elevato contenuto di sostanze solubili e insolubili, in quanto un
elevato contenuto di pectina consente la riduzione dei trattamenti
termici necessari per la concentrazione nella produzione di passate;
· Per i succhi da bere sono preferite le varietà a basso contenuto
cellulosico e ad elevata sapidità;
· Per le passate sono preferite le varietà ad elevato potere condente,
cioè ad elevato contenuto pectinico e cellulosico;
· In ogni caso basso valore di pH.
RACCOLTA
CONFERIMENTO
LAVAGGIO
CERNITA
LINEA SUCCO
LINEA PEZZI INTERI
PELATI
SUCCO
DA BERE
PASSATA
CONCENTRATO
CUBETTATO
POLPA
33
RACCOLTA
CONFERIMENTO
All’arrivo del pomodoro sul piazzale dell’azienda si procede al
prelievo del campione per valutarne le caratteristiche qualitative:
pH, °Brix, colore, presenza di materiale estraneo, presenza di
pomodori marci o rotti.
CAMPIONAMENTO
Meccanismo attraverso il quale una sonda si immerge nel cassone
del camion, preleva il campione, lo scarica in un contenitore che
andrà al laboratorio per il controllo.
34
CONFERIMENTO
Dal camion, aperture
appositamente predisposte
(saracinesche di svuotamento)
permettono lo scarico del
pomodoro in apposite
canalizzazioni che portano il
prodotto in vasche (piscine) nelle
quali si effettua un primo lavaggio
e il raffreddamento del prodotto.
Un sistema di lance manovrate manualmente o automaticamente inietta acqua
nella massa di pomodoro favorendo l’afflusso e il trasferimento del pomodoro
nella vasca.
CONFERIMENTO
Un’altra modalità di conferimento del prodotto prevede la consegna del
prodotto in bins. Al fine di evitare, durante la sosta sui piazzali, un eccessivo
surriscaldamento del pomodoro si dovrebbero disporre i bins in modo da
lasciare dei corridoi che consentano la circolazione dell’aria. Sarebbe bene
che i bins venissero stoccati al coperto (tettoie) per evitare i raggi diretti del
sole. I piazzali devono permettere una agevole e frequente pulizia al fine di
evitare la proliferazione di muffe ed altri microrganismi.
35
LAVAGGIO
PISCINE PER IL
RICEVIMENTO DEL
POMODORO DA
TRASFORMARE
LAVAGGIO
SCARICO POMODORO E
SMISTAMENTO DEL PRODOTTO
NELLE VASCHE
36
LAVAGGIO
L’operazione di lavaggio è necessaria qualunque sia il processo di
lavorazione del pomodoro. L’operazione elimina dal pomodoro destinato alla
lavorazione tutte le sostanze estranee che provengono dalla raccolta, come:
materiale verde, terra, sabbia e sporcizia varia, parassiti animali e vegetali,
residui di trattamenti antiparassitari.
Il lavaggio avviene in due momenti: un prelavaggio e un lavaggio di finitura; il
prelavaggio può essere sostituito dal ricevimento del prodotto in vasche di
sosta o piscine. In alternativa il prelavaggio viene effettuato in vasche di
capacità modesta, nelle quali i frutti sono continuamente in movimento perché
investiti da aria sotto pressione, inviata dal fondo o dalle pareti della vasca. La
movimentazione dell’acqua facilita la pulizia delle bacche. I frutti passano poi
nella vasca di finitura con acqua pulita. E’ possibile che questa fase sia
integrata o sostituita da un lavaggio per aspersione.
In ogni caso l’acqua utilizzata si muove in controcorrente rispetto al pomodoro
e viene parzialmente filtrata e riciclata.
CERNITA
Tramite un sistema di nastri trasportatori a rulli il pomodoro viene prelevato
dalle vasche di lavaggio ed inviato alla cernita; questa operazione viene
effettuata manualmente: i frutti vengono alimentati su un nastro, che scorre
in posizione orizzontale, sotto lo sguardo degli addetti alla selezione. La
cernita è facilitata dal fatto che il nastro trasportatore, essendo a rulli,
consente la rotazione dei frutti che possono essere osservati dagli addetti su
tutti i lati. I materiali scartati vengono eliminati attraverso dei piccoli nastri a
rulli o a tappeto posti sopra o a lato del nastro per la cernita.
Per ottimizzare la fase di cernita è indispensabile:
•
giusto rapporto tra lunghezza e larghezza del piano, adeguato numero
di addetti, adatta velocità di avanzamento del nastro, corretta quantità dei
frutti da esaminare;
•
buona illuminazione della zona adibita alla cernita;
•
frequente avvicendamento degli operai addetti all’operazione;
•
regolarità di rifornimento dei nastri di cernita.
37
CERNITA
Cernita manuale
CERNITA
Cernita non manuale,
valutazione ottica del
colore.
Sostituisce per elevate
produzioni la cernita
manuale: usata per
polpe, cubettati,
concentrati.
38
CERNITA
Cernita/calibrazione meccanica (indirizza il prodotto alla
lavorazione più adatta)
Diverse tipologie di prodotto ottenute
dalla cernita: pomodoro idoneo;
pomodoro piccolo e verde
(eventualmente indirizzato ad altra
lavorazione), pomodoro rotto.
CERNITA
Materiale recuperato dalle
vasche di lavaggio (piscine).
39
POMODORO
RACCOLTA
CONFERIMENTO
LAVAGGIO
CERNITA
LINEA SUCCO
SUCCO
DA BERE
LINEA PEZZI INTERI
PELATI
PASSATA
CUBETTATO
CONCENTRATO
POLPA
POMODORO
LINEA PEZZI INTERI
OPERAZIONI PRELIMINARI
PELATURA
CERNITA POMODORO PELATO
INSCATOLAMENTO
AGGIUNTA SUCCO
COLMATURA E
AGGRAFFATURA
SOTTOVUOTO
PREAGGRAFFATURA
PRERISCALDAMENTO
AGGRAFFATURA
TRATTAMENTO TERMICO
RAFFREDDAMENTO SCATOLE
POMODORI PELATI
40
PELATURA
La pelatura consiste nello scollamento della buccia dalla polpa:
questa operazione deve essere molto superficiale e viene
effettuata tramite un’azione fisica o chimica.
Attualmente vengono utilizzate quasi esclusivamente due tipi di
pelatrici: pelatrici meccaniche e pelatrici a salto di pressione.
Nelle pelatrici meccaniche il prodotto è sottoposto a scottatura in acqua,
seguita da un’incisione e una rimozione delle bucce con apposite macchine.
La scottatura viene effettuata in una vasca munita di pale che guidano il
pomodoro attraverso un percorso in acqua calda. La temperatura viene
mantenuta tramite l’immissione di vapore (la temperatura varia tra 94 e 98 °C;
il tempo tra i 15 e 40 secondi).
Associata alla scottatrice vi è una calibratrice, che ha la funzione di eliminare
pomodori troppo molli o a pezzi, di calibrare e orientare i pomodori. Questa
macchina è costituita da un nastro trasportatore inclinato portante due serie di
rulli, una fissa e l’altra distanziata a seconda del calibro desiderato. La
calibratrice può essere posta prima della scottatrice, ottenendo così il
vantaggio di un minore consumo di vapore, oppure dopo la scottatura.
PELATURA
Durante il passaggio nella scottatrice
si ha lo scollamento della buccia dalla
polpa; la buccia deve essere poi
separata ed eliminata. Il pomodoro,
scottato e orientato, viene posto tra
due ganasce di materiale plastico a
forma di V ed inviato sotto coltelli
rotativi
che
lo
incidono
longitudinalmente. Successivamente
le due ganasce a V si avvicinano
sempre di più trattenendo le bucce,
mentre il frutto pelato viene espulso.
41
Pelatrice a sei canali
PELATURA
PELATURA
La pelatrice a salto di pressione permette di pelare pomodori di qualsiasi
forma e dimensione, dopo averli sottoposti solo al lavaggio e alla cernita.
Il prodotto caricato su un nastro a facchini, entra in un contenitore attraverso
una valvola a stella. Il contenitore è fisso ed ha al suo interno una specie di
cestello, in grado di ruotare, nel quale avviene la scottatura a pressione
atmosferica o sotto pressione e il raffreddamento (ad acqua e/o sotto vuoto) del
prodotto. Questo viene poi scaricato mediante un’altra valvola a stella; tali
valvole sono in grado di mantenere la differenza di pressione tra ambiente
interno ed esterno, garantendo continuità di lavoro.
Il prodotto all’interno del contenitore subisce dapprima un innalzamento della
temperatura tramite vapore in sovrapressione a 120-135 °C e poi, passando
attraverso la valvola di uscita, subisce un brusco abbassamento di pressione
che provoca l’immediata vaporizzazione dell’acqua sottostante la buccia. La
buccia scoppia lacerandosi in più punti. Il pomodoro viene poi inviato al
separapelli per l’eliminazione della buccia.
42
PELATURA
Un piano separa pelli è un
nastro trasportatore inclinato
costituito da rulli ricoperti di
gomma zigrinata, che, ruotando
l’uno contro l’altro, strappano gli
eventuali brandelli di buccia
rimasti, completando la pelatura.
Viene impiegato dopo pelatura a
salto di pressione, ma anche
come finitura (rimozione di
residui di buccia aderenti alla
polpa) nella produzione di pelati
con rimozione meccanica della
buccia.
43
PELATURA
Altri sistemi di pelatura basati su interventi fisici e chimici.
Pelatura crazoenzimatica: il pomodoro viene immesso in una salamoia di
cloruro di calcio alla temperatura di -22 °C per un tempo di 25-30 secondi e
successivamente riscaldato per alcuni minuti ad una temperatura maggiore di 45 °C.
Durante il congelamento della zona sottostante la buccia si ha liberazione di enzimi
pectolitici, che nella fase di riscaldamento agiscono sulle sostanze pectiche che
legano la polpa alla buccia, provocandone lo scollamento.
Pelatura con soda: Il pomodoro viene immerso in un bagno di soda caustica a
concentrazioni del 16-20 %, ad una temperatura di almeno 90 °C per un tempo di 2030 secondi e lasciato poi in sosta per 45-60 secondi; subito dopo viene lavato con
acqua per evitare un aumento del pH ed eventuali perdite di prodotto. Questo tipo di
pelatrice è quella che provoca il più alto carico inquinante nelle acque di scottatura;
per questo anche negli Stati Uniti dove veniva usata è stata abbandonata.
Pelatura criogenica: il pomodoro viene irrorato con azoto liquido; si ha il
congelamento della buccia, che diventa facilmente asportabile attraverso una
spazzola o comunque con un’azione meccanica di pulitura. Tecnica molto costosa
che viene utilizzata soprattutto per i pomodori surgelati.
CERNITA POMODORO PELATO
44
CERNITA POMODORO PELATO
Oltre alla cernita iniziale ne viene eseguita un’altra dopo la pelatura allo scopo di
eliminare eventuali pomodori danneggiati, frammenti di bucce residue e frutti gialli.
La cernita viene fatta manualmente su piani in movimento in acciaio inox o in
gomma. Questa cernita deve essere molto accurata nel caso di pelatura a salto di
pressione.
INSCATOLAMENTO
Le riempitrici solitamente impiegate sono a piatto rotante e possono necessitare di un
intervento finale manuale per sistemare il prodotto nelle scatole. Queste riempitrici,
dette a cilindri telescopici, sono indicate per riempire le scatole con materiale in pezzi.
Il prodotto, caricato nella campana di alimentazione, viene sospinto nei cilindri
telescopici (così chiamati perché costituiti da due cilindri l’uno nell’altro: quello superiore
attaccato alla campana e l’altro al piano sottostante). La presenza dei cilindri telescopici
conferisce alla riempitrice una grande flessibilità, in quanto permette di variare i volumi
di riempimento, modificando, mediante variazione della distanza tra i piani della
riempitrice, il volume dei cilindri. Tutto il sistema è in rotazione: la linea che porta le
scatole vuote arriva sotto ad un cilindro che ruotando si viene a trovare in una posizione
in cui non avendo più il piano sottostante, scarica il prodotto nella scatola. I cilindri
telescopici servono dunque per predosare il prodotto con cui si vuole riempire le scatole.
La macchina può essere dotata di una spazzola che serve ad indirizzare il
prodotto nei cilindri.
INSCATOLAMENTO
45
AGGIUNTA SUCCO
PREAGGRAFFATURA
PRERISCALDAMENTO
AGGRAFFATURA
Lo scopo di questa fase è ridurre al minimo la
quantità di aria presente nella scatola, per
minimizzare gli effetti di degradazione del
prodotto e di corrosione delle scatole ad opera
dell’ossigeno.
La scatola riempita con il prodotto viene preaggraffata (il coperchio viene
agganciato alla scatola) e poi percorre, immersa in acqua calda o investita
da getti di vapore, un tunnel (box exhauster) per 6-12 minuti a seconda del
formato. Con il preriscaldamento il prodotto si scalda al centro fino ad una
temperatura maggiore di 50 °C; l’aria presente nella scatola viene
allontanata. All’uscita del tunnel, la scatola viene chiusa da una aggraffatrice.
Questo schema è oggi poco utilizzato perché bisogna avere a disposizione
più aggraffatrici (una per la preaggraffatura e una per l’aggraffatura); inoltre il
box exhauster è molto ingombrante, opera un riscaldamento lento e
comporta un consumo di acqua o vapore relativamente elevato.
COLMATURA E
AGGRAFFATURA
SOTTOVUOTO
Attualmente la tecnica più utilizzata è il riempimento e l’aggraffatura
delle scatole sotto vuoto. Non è previsto il preriscaldamento delle
scatole; questo comporta tempi di sterilizzazione più lunghi, perché la
scatola arriva allo sterilizzatore ad una temperatura inferiore.
TRATTAMENTO TERMICO
Il prodotto confezionato infine viene sottoposto al trattamento termico di
sterilizzazione e al successivo raffreddamento.
La maggior parte dei microrganismi che possono inquinare il pomodoro e che si
moltiplicano durante le soste fra la raccolta e lavorazione sono poco resistenti al
calore: il 90 % di tale contaminazione è eliminata in pochi minuti di trattamento a
temperature intorno ai 61 - 65 °C. Quasi tutte le specie di batteri sporigeni sono
incapaci di crescere al pH basso dei pomodori (< 4.6): anche se alcune spore
sopravvivessero al trattamento termico, non sarebbero in grado di svilupparsi.
46
TRATTAMENTO TERMICO
Si conoscono tre gruppi di batteri sporigeni capaci di svilupparsi nei pomodori pelati (e
in generale in tutti i derivati non concentrati): Bacillus coagulans (flat sour = acidità
piatta); Clostridium thermosaccharolyticum; clostridi butirrici (sviluppano notevoli
quantità di gas che possono portare al bombaggio e all’esplosione delle scatole).
La velocità di penetrazione del calore è funzione della temperatura iniziale del
prodotto, delle dimensione della scatola, della differenza di temperatura tra fluido
riscaldante e prodotto e dell’eventuale movimento a cui è sottoposta la scatola; nel
caso di contenitori di vetro è rilevante anche la resistenza alla trasmissione termica
del vetro.
Fissare tempi e temperature di sterilizzazione è difficile in quanto non è semplice
conoscere lo stato igienico del prodotto di partenza e il suo livello di maturazione.
Ancora oggi, per la sterilizzazione di pomodori pelati, alcuni piccoli produttori
utilizzano bagni statici a pressione atmosferica, dove le scatole vengono immerse
in grossi cesti mossi da paranchi. Il sistema è in via di abbandono in quanto richiede
tempi elevati di sterilizzazione che provocano uno scadimento qualitativo del prodotto,
oltre a possibili danni ai contenitori. Le autoclavi riscaldate ad acqua o vapore
riducono i tempi di sterilizzazione poiché il fluido riscaldante è ad una temperatura
superiore a 100 °C. L’impiego di autoclavi comporta frequentemente discontinuità di
processo.
TRATTAMENTO TERMICO
Una possibilità per ridurre i tempi di trattamento è quella di mettere in rotazione i
contenitori all’interno delle autoclavi. Mediante rotazione si creano dei moti convettivi
all’interno del contenitore; in questo modo il trattamento termico è più uniforme, si
riduce il tempo necessario per ottenere lo stesso effetto sterilizzante ed è possibile
aumentare la temperatura di trattamento senza danneggiare troppo il prodotto. La
rotazione può avvenire lungo l’asse trasversale (end-over-end), o lungo l’asse
longitudinale, in un unico senso o nei due sensi opposti alternati. Le condizioni
essenziali perché la rotazione acceleri, nella massima misura possibile, la
trasmissione del calore sono:
• che la forza centrifuga e la forza gravitazionale agenti sul prodotto si equivalgano;
• che il prodotto abbia una consistenza tale da consentire la formazione di correnti
convettive forzate;
• che i contenitori abbiano un idoneo spazio di testa.
Nell’industria sono impiegati diversi tipi di sterilizzatori continui che sfruttano il
principio della rotazione assiale e presentano inoltre il vantaggio di avere ingombri
modesti, di non richiedere elevato impiego di manodopera e di consentire trattamenti
termici uniformi.
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TRATTAMENTO TERMICO
Tra i modelli più diffusi per il trattamento del pomodoro si ricorda lo sterilizzatoreraffreddatore della ditta Dall’Argine & Ghiretti, nel quale il senso di rotazione viene
cambiato continuamente. Le scatole, inviate su un nastro, vengono trattenute fra una
coppia di sbarre trasversali che avanzano in modo continuo; il nastro sottostante
compie un movimento alternato avanti-indietro che costringe le scatole a ruotare
durante l’avanzamento. E’ possibile regolare la grandezza delle scatole agendo sulla
larghezza fra le sbarre. Tutti gli organi di movimentazione sono posti all’esterno dello
sterilizzatore: si rende così più agevole la manutenzione e la pulizia e si riduce l’usura
degli organi di movimento.
La più diffusa autoclave continua è lo Sterilmatic. Questo sterilizzatore
generalmente è formato da tre sezioni: preriscaldamento, sterilizzazione e
raffreddamento; le sezioni sono collegate in modo che le scatole le attraversino in
continuo. Ogni sezione dell’impianto è costituita da un cilindro esterno di acciaio,
all’interno del quale è montata una spirale continua fissa; all’interno di tale cilindro vi è
un tamburo rotante, anch’esso cilindrico e concentrico al primo. Sulla superficie del
tamburo interno sono predisposti dei canali nei quali sono alloggiate le scatole. Le
scatole entrano nello sterilizzatore tramite una valvola in grado di mantenere la
differenza di pressione tra l’ambiente esterno e l’interno dello sterilizzatore. Durante la
rotazione del tamburo le scatole vengono guidate verso l’uscita dello sterilizzatore
dalla spirale montata sul cilindro esterno, dove si trova un’altra valvola a tenuta di
pressione.
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TRATTAMENTO TERMICO
Un altro tipo di sterilizzatore-raffreddatore continuo è quello idrostatico: la pressione
del vapore nell’ambiente di sterilizzazione è controbilanciata da una o più colonne
d’acqua la cui altezza, che può essere regolata con apposite valvole di troppopieno,
determina le condizioni di sovrappressione e di conseguenza la temperatura del
vapore.
I contenitori chiusi, senza la necessità di valvole meccaniche complesse, entrano,
posti in appositi porta scatole, nella parte superiore della prima colonna dello
sterilizzatore e l’attraversano venendo contemporaneamente riscaldati. Passano poi
dall’acqua nell’ambiente di vapore saturo dove subiscono il trattamento di
sterilizzazione. Successivamente entrano dal basso nella seconda colonna d’acqua e
l’attraversano gradualmente raffreddandosi. Il raffreddamento e poi completato con
spruzzi d’acqua o per immersione in acqua. Il tempo di permanenza all’interno dello
sterilizzatore dipende dal tipo di prodotto e dal tipo di contenitore in cui esso è
contenuto.
I principali vantaggi degli sterilizzatori idrostatici sono: minimo ingombro a terra;
risparmio d’acqua e di vapore; elevate capacità; possibilità di trattare contenitori di
diversi formati; costanza della temperatura; riscaldamento e raffreddamento graduali;
risparmi di manodopera. I principali svantaggi di questi apparecchi sono: elevato
costo iniziale; lunga durata di riscaldamento e raffreddamento.
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POMODORO
LINEA PEZZI INTERI
OPERAZIONI PRELIMINARI
PELATURA/CUBETTATURA
CERNITA POMODORO CUBETTATO
RISCALDAMENTO SGRONDATURA A CALDO
INSCATOLAMENTO
TRATTAMENTO TERMICO
COLMATURA E
AGGRAFFATURA
SOTTOVUOTO
CONFEZIONAMENTO ASETTICO
TRATTAMENTO TERMICO
RAFFREDDAMENTO SCATOLE
CUBETTATO
Cernita ed alimentazione alle pelatrici
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La cubettatrice Savi con una taglierina a lame circolari riduce il pomodoro in
fette di spessore adeguato, le fette passano quindi nella cubettatrice costituita
da un rullo in materiale deformabile che comprime le fette su di una griglia che
produce i cubetti. Questi mediante una coclea vengono trasferiti su un piano
vibrante per la separazione dei semi e del succo.
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Il Cubomato Bertuzzi opera sul
pomodoro che ha subito solo la
prima
fase
della
pelatura
(scottatura). Dopo passaggio in
una affettatrice il pomodoro viene
alimentato su un nastro a rete. Le
fette
di
pomodoro
sono
compresse tra il tamburo e la rete:
il cubetto si forma nel passaggio
attraverso le maglie della rete. Il
cubettato viene raccolto in una
tramoggia sottostante, mentre le
bucce,
che
rimangono
tra
tamburo e rete, vengono eliminate
grazie a spazzole rotanti e
vengono
raccolte
in
altra
tramoggia. I cubetti passano
quindi su un piano vibrante per la
separazione dei semi e del succo.
CERNITA POMODORO CUBETTATO
Separazione semi e succo
per sgrondatura a caldo
Cernita
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RISCALDAMENTO SGRONDATURA A CALDO
Il riscaldamento del pomodoro provoca rilascio del siero. Dopo riscaldamento il
prodotto può venir sgrondato, evitando una eventuale separazione di siero nel
prodotto finito (sineresi). Il riscaldamento del cubettato può essere effettuato in
modo diretto oppure mediante succo di pomodoro riscaldato in uno scambiatore
indipendente e riaggiunto al cubettato. Se si utilizza come mezzo riscaldante
succo di pomodoro è eventualmente possibile dosare in esso cloruro di calcio,
additivo in grado di conferire consistenza al prodotto.
TRATTAMENTO TERMICO – CONFEZIONAMENTO ASETTICO
Nel caso in cui il prodotto venga sterilizzato sfuso si utilizza, in genere, una pompa
a pistoni per il trasferimento allo sterilizzatore. Lo scambiatore di calore utilizzato
può essere a tubi concentrici o a superficie raschiata. Gli scambiatori a
superficie raschiata hanno costi superiori, ma permettono di ottenere una
temperatura più omogenea, di salvaguardare la forma “fisica” del cubetto, di ridurre
i tempi di permanenza a temperature elevate. In ogni caso è prevista una sosta alla
temperatura di sterilizzazione ed un successivo raffreddamento alla temperatura di
riempimento. Alcuni produttori hanno previsto un sistema di sgrondatura finale in
asettico per regolare il contenuto in solidi.
TRATTAMENTO TERMICO – CONFEZIONAMENTO ASETTICO
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CONFEZIONAMENTO ASETTICO
Sacchi flessibili
pre-sterilizzati (5 l-1000 l)
Contenitori rigidi (è prevista
una procedura di sterilizzazione
prima del riempimento)
POMODORO
LINEA PEZZI INTERI
OPERAZIONI PRELIMINARI
TRITURAZIONE
SGRONDATURA
INSCATOLAMENTO
TRATTAMENTO TERMICO
COLMATURA E
AGGRAFFATURA
SOTTOVUOTO
CONFEZIONAMENTO ASETTICO
TRATTAMENTO TERMICO
RAFFREDDAMENTO SCATOLE
POLPA
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Per le polpe si esegue prima la pelatura e poi la polpatura mentre per i triturati si conducono
contemporaneamente le due fasi.
Il pomodoro passa in una schiacciatrice nella quale dischi di gomma rotanti e diversamente
inclinati rompono le bacche, mentre i semi vengono separati dalla polpa attraverso dei
setacci. La polpa passa poi in una polpatrice, un cilindro forato, che funge da separatore tra
la polpa e il succo e le pelli. La polpa viene poi inviata su tappeti, anch’essi forati, in leggera
vibrazione (sgrondatrice). Questa fase favorisce lo sgrondo (le parti liquide eliminate
vengono recuperate, parzialmente riconcentrate e riaggiunte).
La polpa così ottenuta viene confezionata in contenitori, nei quali successivamente si realizza
la colmatura sotto vuoto con succo o semi-concentrato caldo. In alternativa la polpa viene
miscelata in un tank con succo o semi-concentrato e riscaldata prima del confezionamento.
E’ possibile effettuare il riempimento con il prodotto caldo al fine di provocare la formazione di
un battente di vapore che sposta l’aria sovrastante il prodotto, permettendo il
confezionamento in assenza di ossigeno. Una volta confezionati i prodotti vengono trattati
termicamente.
Si può anche effettuare il confezionamento in asettico: per i prodotti a grana fine si utilizzano
come contenitori brik o sacchi flessibili, mentre per i prodotti a grana più grossolana, come i
triturati, si utilizzano brik preformati, per evitare che pezzi di pomodoro rimangano intrappolati
nella saldatura, compromettendo la tenuta del contenitore e di conseguenza la sterilità del
prodotto, o sacchi di grandi dimensioni.
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