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Rassegna di giurisprudenza di diritto
tributario svizzero
Procedimenti tributari e garanzie processuali
dell’articolo 6 CEDU
Rocco Filippini
Avvocato, Master of Advanced Studies SUPSI in Tax Law
Vicecancelliere della Camera di diritto tributario
del Tribunale d’appello del Cantone Ticino
Sentenza della Camera di diritto tributario del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, del 28 marzo 2011, n. 80.2009.179, in:
RtiD II-2011, n. 14t, e in: www.sentenze.ti.ch [22.03.2013]
Sentenza del Tribunale federale, del 6 dicembre 2011, n.
2C_395/2011
Articoli 6 CEDU, 151 capoverso 1 LIFD, 175 capoverso 1 LIFD,
236 capoverso 1 LT, 258 capoverso 1 LT – Sottrazione e recupero
d’imposta: garanzie processuali, applicazione articolo 6 CEDU,
in dubio pro reo, stima degli elementi sottratti, diritto di tacere,
valutazione anticipata delle prove
1.
Considerazioni introduttive
Il diritto ad un processo equo, garantito dall’articolo 6 capoverso 1 CEDU, non trova – ad oggi – applicazione nei procedimenti di carattere tributario.
In una sentenza del 12 luglio 2001, chiamata a confrontarsi
con il quesito della sua applicabilità ai procedimenti tributari
italiani, la Corte europea dei diritti dell’uomo l’ha espressamente negata, ascrivendo la materia fiscale al “nocciolo duro
delle prerogative della potestà pubblica”[1]. In Svizzera, lo stesso
ha fatto il Tribunale federale, argomentando ancora recentemente che nel caso della determinazione dei crediti d’imposta
non si tratta di diritti e doveri di carattere civile, bensì di obblighi di diritto pubblico[2].
Le procedure di contravvenzione per sottrazione d’imposta, per contro, ricadono già oggi nel campo di applicazione
dell’articolo 6 capoverso 1 CEDU. La Corte europea dei diritti
dell’uomo ed il Tribunale federale definiscono infatti la multa per sottrazione d’imposta come un’autentica pena, con la
conseguenza che tali procedimenti – seppure svolti dinanzi ad
un’autorità amministrativa – sottostanno ai principi del diritto
materiale e del diritto processuale penale.
La giurisprudenza della Corte europea è tuttavia in continua evoluzione in tema di procedimenti tributari e garanzie
processuali, come dimostra la recente sentenza Chambaz c.
Svizzera del 5 aprile 2012. Pur riaffermando l’esclusione – per
quel che concerne la determinazione dei diritti e dei doveri di
carattere civile – dell’applicazione dell’articolo 6 capoverso 1
CEDU alla materia tributaria, i giudici di Strasburgo sembrano
concludere che un procedimento amministrativo, come quello di fronte all’autorità fiscale, debba in ogni caso rispettare
i principi generali posti a tutela dell’accusato, qualora questo
procedimento sia legato alla possibilità per la persona interessata di essere esposta ad un’indagine penale.
Ma andiamo con ordine.
2.
La sentenza J. B. c. Svizzera del 3 maggio 2001
In questa sentenza, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha
ribadito e chiarito che il tentativo delle autorità svizzere di costringere un contribuente a dare informazioni nell’ambito di
un procedimento per sottrazione d’imposta costituisce una
violazione della CEDU. La Corte ha dapprima sottolineato che
il diritto di tacere e di non contribuire alla propria incriminazione costituiscono norme internazionali generalmente riconosciute, al centro della nozione di processo equo garantita
dall’articolo 6 capoverso 1 CEDU, aggiungendo poi che il diritto di non contribuire alla propria incriminazione presuppone che le autorità cerchino di fondare la loro argomentazione
senza ricorrere a mezzi di prova ottenuti con la costrizione o
con pressioni. Ponendo l’accusato al riparo da una coercizione
abusiva da parte dell’autorità, la garanzia in questione si prefigge sostanzialmente di evitare errori giudiziari e tutelare così
il risultato voluto dall’articolo 6 CED[3].
3.
La nuova procedura di contravvenzione per sottrazione
d’imposta
In seguito a tale sentenza, il 1. gennaio 2008 è entrata in vigore la Legge federale sulla modifica della procedura di ricupero
d’imposta e del procedimento penale per sottrazione d’imposta in materia di imposizione diretta del 20 dicembre 2006. In
primo luogo, all’avvio del procedimento penale, l’accusato deve
essere informato del suo diritto di non rispondere e di non collaborare al procedimento (nuovi articoli 183 capoverso 1 LIFD e
57a capoverso 1 della Legge federale sull’armonizzazione delle
imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni [di seguito LAID]).
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Inoltre, i mezzi di prova raccolti per una procedura di ricupero
d’imposta possono essere impiegati nell’ambito di un procedimento penale per sottrazione d’imposta soltanto se non sono
stati ottenuti sotto comminatoria di una tassazione d’ufficio
con inversione dell’onere della prova, né sotto comminatoria
di una multa per violazione degli obblighi procedurali (nuovi
articoli 183 capoverso 1bis LIFD e 57a capoverso 2 LAID).
Il legislatore federale ha così stabilito che, per conformarsi alle
esigenze che discendono dall’articolo 6 capoverso 1 CEDU, i
mezzi di prova raccolti nell’ambito di una procedura di ricupero d’imposta possono essere riutilizzati nell’ambito di un procedimento per sottrazione d’imposta soltanto se tali mezzi di
prova non sono stati raccolti sotto comminatoria di una tassazione d’ufficio con inversione dell’onere della prova né tanto
meno di una multa per violazione degli obblighi procedurali.
4.
La giurisprudenza della Camera di diritto tributario
del Tribunale d’appello
In una recente sentenza del 28 marzo 2011, confermata dal
Tribunale federale il 6 dicembre 2011, la Camera di diritto tributario del Tribunale d’appello (di seguito CDT) ha avuto modo
di ribadire tali concetti: le garanzie processuali dell’articolo 6
capoverso 1 CEDU si applicano nell’ambito di un procedimento
contravvenzionale per sottrazione d’imposta; non si applicano
invece nella procedura straordinaria di ricupero d’imposta, a
meno che la stessa non si svolga parallelamente al procedimento contravvenzionale[4].
4.1.
La procedura straordinaria del ricupero d’imposta
L’autorità fiscale può ritornare su una propria decisione passata in giudicato se sono adempiuti i presupposti per il ricupero d’imposta, cioè se esistono fatti o prove sconosciute al
momento della tassazione, che permettono di stabilire che a
torto una tassazione non è stata eseguita, o che la tassazione
definitiva era incompleta (articoli 236 capoverso 1 della Legge
tributaria del Cantone Ticino [di seguito LT] e 151 capoverso
1 LIFD). Questa norma consente di rivedere una tassazione
definitiva indipendentemente dall’esistenza di una sottrazione
di imposta, vale a dire indipendentemente da una colpa (intenzione o negligenza nell’indurre in errore l’autorità fiscale)
del contribuente.
Trattandosi di un procedimento di carattere puramente fiscale, il ricupero d’imposta non ricade – in quanto tale – nel campo di applicazione dell’articolo 6 capoverso 1 CEDU. Come già
sottolineato dal Tribunale federale, tale procedura costituisce
la riscossione a posteriori di imposte che a torto non si sono
potute percepire nel quadro della procedura ordinaria di tassazione. Avendo la stessa natura del credito d’imposta primitivo, essa non ha in particolare carattere penale[5].
4.2.
La procedura di contravvenzione per sottrazione d’imposta
La sottrazione d’imposta è regolata dagli articoli 258 capoverso 1 LT e 175 capoverso 1 LIFD. Il contribuente che, intenzionalmente o per negligenza, fa in modo che una tassazione sia indebitamente omessa o che una tassazione cresciuta
in giudicato sia incompleta, è punito con la multa. La multa
equivale di regola all’importo dell’imposta sottratta. In caso di
colpa lieve, può essere ridotta fino a un terzo e, in caso di colpa
grave, aumentata fino al triplo dell’imposta sottratta (articoli
258 capoverso 2 LT e 175 capoverso 2 LIFD). Se il contribuente
denuncia spontaneamente la sottrazione prima che essa sia
nota all’autorità fiscale, è esentato dalla multa, se è la sua prima autodenuncia, in ogni caso la multa è ridotta a un quinto
dell’imposta sottratta (articolo 258 capoverso 3 LT e articolo
175 capoverso 3 LIFD).
In virtù del suo carattere “penale”, le garanzie del giusto processo trovano applicazione nella procedura di contravvenzione per sottrazione d’imposta. Nella menzionata sentenza del
3 maggio 2001, la Corte europea ha in particolare ricordato
che il contribuente ha il diritto di tacere e di non contribuire
alla propria incriminazione, sottolineando che tali diritti costituiscono norme internazionali generalmente riconosciute, al
centro della nozione di processo equo garantito dall’articolo 6
capoverso 1 CEDU.
4.3.
Cosa succede in caso di sovrapposizione delle due procedure?
Nel caso sottoposto al giudizio della CDT, l’insorgente sosteneva, fra le altre cose, che la procedura che aveva condotto
alla decisione impugnata fosse una “procedura istruttoria di carattere penale”, nel cui ambito dovevano trovare applicazione i
diritti garantiti dall’articolo 6 capoverso 1 CEDU. Le procedure
di ricupero d’imposta e di contravvenzione erano infatti state
congiunte fin dall’inizio e le decisioni dell’autorità fiscale, in cui
esse erano per finire sfociate, concernevano sia l’aspetto puramente fiscale sia quello penale.
La sentenza della CDT ha il merito di chiarire, una volta per
tutte, che la tutela dell’articolo 6 CEDU deve essere pienamente garantita anche in questi casi, poiché altrimenti basterebbe
affiancare al procedimento penale quello finalizzato al ricupero dell’imposta sottratta per far venir meno la protezione
prevista dalla CEDU. Pur trattandosi di un procedimento di carattere puramente fiscale, ai contribuenti deve pertanto essere
garantito il principio “nemo tenetur se ipsum accusare” e “in dubio
pro reo” anche nell’ambito della procedura straordinaria del ricupero d’imposta, che normalmente anticipa oppure affianca
la procedura di contravvenzione per sottrazione d’imposta.
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4.4.
Il principio “nemo tenetur se ipsum accusare”
Il diritto di non contribuire alla propria incriminazione (principio
“nemo tenetur se ipsum accusare”) impone alle autorità di cercare
di fondare le loro argomentazioni senza ricorrere a elementi di prova ottenuti mediante costrizione o pressioni, contro
la volontà dell’accusato. Pertanto, l’articolo 6 CEDU tutela il
contribuente contro l’utilizzazione nella procedura penale di
informazioni ottenute nel quadro della procedura ordinaria di
tassazione e di ricupero d’imposta, nella quale egli ha l’obbligo
di collaborare alla definizione dei suoi elementi imponibili[6].
Per evitare che l’autorità possa eludere le garanzie previste da
quest’ultimo articolo, avviando dapprima un procedimento di
ricupero, nel quale può esigere la collaborazione del contribuente, per poi impiegare i mezzi di prova così raccolti ai fini di
una successiva punizione del contribuente per contravvenzione d’imposta, la nuova legge stabilisce, come visto, che:
◆
◆
se non viene aperto un procedimento penale per sottrazione d’imposta quando si apre il procedimento di ricupero,
il contribuente deve essere informato che la procedura penale può essere avviata in seguito (articoli 238 capoverso
1bis LT e 153 capoverso 1bis LIFD);
i mezzi di prova raccolti per una procedura di ricupero d’imposta possono essere impiegati nell’ambito di un procedimento penale per sottrazione d’imposta soltanto se non
sono stati ottenuti sotto comminatoria di una tassazione
d’ufficio con inversione dell’onere della prova né sotto comminatoria di una multa per violazione degli obblighi procedurali (articoli 266 capoverso 2bis LT e 183 capoverso 1bis LIFD).
Una domanda sorge allora spontanea: se ai contribuenti deve
essere garantito il principio “nemo tenetur se ipsum accusare” e “in
dubio pro reo” anche nell’ambito della procedura straordinaria
del ricupero d’imposta, come stabilire i fattori di reddito e di
sostanza sottratti all’imposizione? L’autorità inquirente deve
fondarsi su una stima prodotta dallo stesso contribuente?
No. Nonostante l’applicazione dell’articolo 6 CEDU, solo i
mezzi di prova rilevanti vanno ammessi e, soprattutto, il diritto
di tacere dei contribuenti non ha portata assoluta: se le prove
a carico impongono una spiegazione che l’accusato dovrebbe
essere in grado di fornire, l’assenza di chiarimenti può permettere di concludere per una sua colpa.
5.
La sentenza Chambaz c. Svizzera del 5 aprile 2012
La sentenza del 5 aprile 2012 appare a prima vista rivoluzionaria. Fino ad allora, la giurisprudenza aveva considerato le
garanzie processuali dell’articolo 6 CEDU unicamente quale
difesa contro l’utilizzo di informazioni ottenute nel quadro di
una procedura di tassazione (ordinaria o straordinaria), dove
vige l’obbligo di collaborare, per trarne profitto nella procedura
penale. Con quest’ultima sentenza, la Corte europea si è invece spinta oltre, giudicando contraria alla CEDU anche la semplice pronuncia di multe disciplinari a carico di un contribuente
che si sottrae dal produrre i documenti richiesti dall’autorità di
tassazione, se questi ultimi potrebbero costituire la prova di
una sottrazione d’imposta e portare conseguentemente alla
sua condanna penale.
5.1.
Le conclusioni della Corte europea
Nel caso sottoposto al giudizio della Corte europea, come detto, il ricorrente sosteneva che la minaccia – poi realizzatasi –
di infliggergli una multa disciplinare per mancato adempimento all’obbligo di fornire informazioni suscettibili di accusarlo
nell’ambito di una successiva procedura penale fosse contraria
all’articolo 6 capoverso 1 CEDU.
4.5.
Il principio “in dubio pro reo”
Il principio “in dubio pro reo”, ricavato dalla presunzione d’innocenza, è una regola concernente anzitutto l’onere della prova,
che impone all’autorità d’accusa di comprovare la colpevolezza dell’accusato, al quale per contro non può essere imposto
di dimostrare il contrario. Quale regola concernente la valutazione delle prove, essa implica inoltre che l’autorità penale non
possa dichiararsi convinta di una ricostruzione dei fatti sfavorevole all’imputato quando, secondo una valutazione oggettiva del materiale probatorio, sussistono ancora dubbi.
4.6.
Quali considerazioni trarre dall’attuale prassi in tema
di procedure di ricupero e sottrazione d’imposta?
Come sottolineato dalla CDT, la tutela delle garanzie previste
dall’articolo 6 CEDU per le “accuse penali” condiziona inevitabilmente anche le procedure di ricupero d’imposta che si sovrappongono alle procedure contravvenzionali.
Nella propria decisione, la Corte sottolinea dapprima che un
insieme di procedure va esaminato nel suo complesso, perlomeno quando esiste un sufficiente legame fra le diverse
procedure, in ragione dei fatti trattati oppure del modo in cui
sono istruite dalle autorità nazionali. Con particolare riguardo
alla legislazione federale, pone quindi l’accento sull’esistenza
di un obbligo di assistenza tra autorità fiscali (articolo 111
LIFD), concludendo per l’esistenza di un rapporto di dipendenza reciproca fra la procedura di tassazione e quella penale.
Osserva poi che i documenti bancari per la cui mancata produzione il contribuente si era visto infliggere una multa disciplinare erano gli stessi menzionati nel procedimento penale
per sottrazione d’imposta aperto nei suoi confronti quattro
anni più tardi, aggiungendo infine che le nuove tassazioni delle autorità cantonali si fondavano sostanzialmente sulle relazioni intrattenute con due società panamensi, a proposito
delle quali il contribuente era pure stato interrogato nel corso
dell’inchiesta penale.
Alla luce di queste considerazioni, la Corte europea conclude per l’esistenza di uno stretto legame tra le due procedure,
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giudicando la procedura penale successivamente aperta nei
confronti del contribuente quale prolungamento di quella amministrativa.
In tutti questi casi, a ben vedere, il comportamento del contribuente è potenzialmente suscettibile di provocare l’apertura di
una successiva procedura contravvenzionale per sottrazione
d’imposta. Se così fosse, basterebbe quindi ritardare l’inoltro
della dichiarazione fiscale per ottenere l’estensione delle garanzie processuali poste dall’articolo 6 CEDU.
Una simile conclusione appare già a prima vista inaccettabile.
Come sostenuto dal giudice Power-Forde nella seconda dissenting opinion, il grosso limite della sentenza è quello di non
approfondire ulteriormente quali sono le prove potenzialmente coperte da queste garanzie.
5.2.
Quali conseguenze trarre?
Il tema centrale della decisione della Corte europea si fonda,
come visto, sull’effettiva dimostrazione del legame esistente
tra la procedura di tassazione in cui sono state inflitte le multe disciplinari ed il successivo procedimento per sottrazione
d’imposta aperto nei confronti del contribuente.
Questo cosa significa concretamente? L’estensione del privilegio di non contribuire alla propria incriminazione alla procedura di tassazione (ordinaria o straordinaria) nasce ogniqualvolta viene prospettata al contribuente una sanzione – nella
forma di una multa disciplinare o addirittura in quella di una
tassazione d’ufficio con inversione dell’onere probatorio – per
l’ipotesi in cui non dia seguito alla richiesta di collaborazione?
La semplice multa disciplinare per mancato inoltro della dichiarazione fiscale (articoli 257 LT e 174 LIFD) – o addirittura
la semplice intimazione di una diffida (articoli 198 capoverso 3
LT e 124 capoverso 3 LIFD) – può comportare da sola l’estensione delle garanzie processuali previste dall’articolo 6 CEDU
alla procedura di tassazione?
[1] Pedroli Andrea, La garanzia dei diritti umani nei
procedimenti tributari, in: Diritto senza devianza,
Studi in onore di Marco Borghi per il suo 60° compleanno, RtiD 2006, pagina 589.
[2] ASA 68 pagina 669, consid. 1.
[3] Sentenza n. 31827/96 del 3 maggio 2001 del-
Se l’estensione del privilegio di non auto incriminarsi al procedimento di tassazione può valere di fronte alla richiesta di
produrre gli stessi documenti bancari che nell’ambito di un
successivo procedimento contravvenzionale costituiscono la
prova di una sottrazione d’imposta consumata, è infatti più
difficile immaginare che la semplice diffida/multa a presentare la dichiarazione fiscale oppure una generica richiesta
di informazioni – seppure sotto minaccia di una tassazione
d’ufficio con inversione dell’onere della prova – possa estendere al procedimento amministrativo le garanzie processuali
dell’articolo 6 CEDU, anche se nei confronti del contribuente è
successivamente aperta una procedura contravvenzionale per
sottrazione d’imposta.
Elenco delle fonti fotografiche:
http://www.stefanogiantin.net/wp-content/uploads/2011/11/echrphoto-580x382.jpg [22.03.2013]
http://www.fbls.net/cedhtv5.jpg [22.03.2013]
http://wissen.dradio.de/media/thumbs/9/9fba0456bfe1306a4fa92d67
3300fdd6v1_max_440x330_b3535db83dc50e27c1bb1392364c95a2.jpg
[22.03.2013]
la Corte europea dei diritti dell’uomo; cfr. Pedroli
Andrea, Novità e tendenze legislative nel campo
del diritto tributario, in: RtiD II-2008, pagina 543.
[4] Decisione CDT n. 80.2009.179 del 28 marzo 2011, in: RtiD II-2011, n. 14t; decisione TF n.
2C_395/2011 del 6 dicembre 2011.
[5] DTF 121 II 257 consid. 4b.
[6] Decisione TF n. 2A.67/2004 del 17 febbraio
2005, consid. 4.2.