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MERCOLEDÌ 5 FEBBRAIO 2014 ANNO 139 - N. 30
Fondato nel 1876
Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821
2821
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Roma, Piazza Venezia 5
Tel. 06 688281
I Giochi invernali
Seggiovie, slitte, treni
Gli italiani di Sochi
Con il Corriere
Grandi storie Disney
Terzo libro: Paperino
di Pierluigi Panza
a pagina 39
di Fabrizio Dragosei
a pagina 14
In edicola a 7,99 euro
più il prezzo del quotidiano
Discorso al Parlamento di Strasburgo. «Le prossime elezioni europee momento della verità»
UNA TENTAZIONE
PERICOLOSA
Napolitano: finisca l’austerità
di MASSIMO FRANCO
«Ma dalla Ue non si esce». Contestazione dei leghisti
robabilmente la
contestazione
sgangherata della
Lega contro il presidente della Repubblica,
Giorgio Napolitano, nell’aula del Parlamento europeo, lascerà tracce labili nella storia. Tuttavia,
ha avuto il merito di far
capire che cosa sarebbero le istituzioni di Bruxelles se alle prossime elezioni vincessero le forze
eurofobiche, gonfiate da
crisi economica e disoccupazione. Al di là della
nuova pennellata di fango all’immagine dell’Italia, la deriva di un partito
che fino a tre anni fa aveva ambizioni quasi «nazionali», è inquietante. È
la metafora della regressione di un pezzo di Europa, e per questo deve
far riflettere.
La sceneggiata del partito di Matteo Salvini stavolta non ha avuto per
protagonisti personaggi
pittoreschi e secondari,
dai quali ci si può dissociare quando esagerano.
È stata recitata da tutto il
gruppo dirigente, unito
in una strategia di retroguardia contro la moneta
unica: una sorta di «spot»
elettorale collettivo a
buon mercato. Eppure, i
leghisti sanno che l’euro è
un vincolo dal quale è impossibile e pericoloso liberarsi; e che per l’Italia, e
non solo, rappresenta
un’àncora e non una zavorra: rinunciarci significherebbe essere risucchiati in una spirale di costi economici e tensioni
sociali proibitivi.
Napolitano ha usato
parole non di maniera
sull’esigenza di superare
una politica di austerità
«a ogni costo»: a conferma dell’esigenza di archiviare una fase controversa. E ha insistito sulla
necessità di uscire dall’immobilismo per scongiurare l’affermazione
delle forze più ostili all’integrazione. Insomma,
il capo dello Stato ha dato
voce a inquietudini diffuse dovunque: a destra come a sinistra, a livello italiano e continentale. Ha
espresso i timori di
un’Europa che si rende
conto dei limiti crescenti
della propria azione e
identità. Ma non è servito
a nulla: la reazione degli
europarlamentari leghisti è significativa.
Fa capire quanto grande sia la tentazione di una
propaganda antieuropea
che nell’immediato magari produce voti; subito
dopo, però, è destinata a
riproporre i problemi, aggravandoli. È un pericolo
che va oltre i confini del
Carroccio: brucia sotto la
pelle di molti partiti. Napolitano che indica all’Europa una strada diversa e addita l’illusione delle «soluzioni» distruttive
nei confronti dell’Unione
e della sua moneta, capta
questo malessere. Cerca
di arginarlo e incanalarlo,
sebbene la corrente spinga in direzione opposta. E
mette in guardia da una
sorta di «leghismo» continentale unito da spinte
egoistiche e disperate.
Ormai, il problema
non è più quello di un’Europa «a due velocità», ma
dell’Europa in quanto tale: questo sembra dire
Napolitano. Un continente minacciato dalla spaccatura tra Paesi ricchi e
poveri, tra Nord e Sud,
lungo una faglia economico-geografica sempre
più accentuata. In quel
gruppetto di lumbard urlanti si indovinano le insegne e il lessico di un’armata dello sfascio decisa
a scaricare la rabbia sulle
istituzioni e i suoi rappresentanti. Senza sapere, o
forse senza capire, che
per l’Italia l’uscita dalla
crisi sarà pure un punto
interrogativo. Ma l’attacco all’euro è la scorciatoia
più sicura per la retrocessione e il caos.
Ha riscosso gli applausi di gran
parte degli eurodeputati, e l’isolata
contestazione della Lega, il discorso
del presidente Giorgio Napolitano al
Parlamento di Strasburgo.
Sinistra e appelli
L’ILLUSIONE
PERDUTA
DELLE FIRME
PER GRILLO
di PIERLUIGI BATTISTA
Giannelli
In primo piano
Scola in Regione
sferza la Lombardia
sugli immigrati
Non solo rigore. Per fronteggiare la
crisi, in cui «è intrappolata l’Europa»,
«non regge più la politica di austerità
a ogni costo»: ora sono necessarie
politiche che favoriscano la crescita e
l’occupazione pur senza abbandonare il rigore dei conti pubblici.
di ANDREA SENESI
A PAGINA 9
Mauro: il centro
esiste ancora
Alfano si allei con noi
Il vincolo dell’euro. «La costruzione
europea», cioè l’euro e l’Unione, «ha
radici talmente profonde che nulla
può farci tornare indietro». Le prossime elezioni europee, che non avranno ricadute sul governo italiano, saranno un «momento della verità».
di MARCO GALLUZZO
ALLE PAGINE 2 E 3
A PAGINA 9
B
eppe Grillo li aveva pure
presi in giro, mentre
vergavano pensosi il loro
appello al Movimento 5
Stelle perché partecipasse al
governo più gradito:
«Quando il pdmenoelle
chiama, l’intellettuale
risponde. Sempre! In fila
per sei col resto di due».
Ingoiarono quei dileggi,
eroicamente dediti alla
Superiore Causa del
momento. Ma per chi poi?
Per uno che adesso viene
bollato come un «fascista»,
uno «squadrista», un
«violento», il capo di una
banda di «potenziali
stupratori».
Breda, Giannattasio, Lepri, Taino
CONTINUA A PAGINA 7
Paesi evacuati, il governatore attacca: non c’è solo Fiumicino
In arrivo 500 milioni. Letta critica Confindustria
Gli argini non reggono, il Veneto sott’acqua
«Patto col Kuwait
Basta disfattismo»
Rating italiano
Corte dei conti
chiede i danni
all’agenzia S&P
di FABRIZIO MASSARO
L
MARCO BERGAMASCHI
P
9 771120 498008
www.corriere.it
La classifica
Stipendi degli enti lirici
Lissner al primo posto
LA LEGA E GLI SLOGAN POPULISTI
40 2 0 5>
In Italia EURO 1,40
italia: 57525754585250
Torna l’incubo alluvione in Veneto. Paesi sfollati nel Padovano (foto), timori per una possibile esondazione
del Bacchiglione a Vicenza, dove è ancora fresco il ricordo del 2010. ALLE PAGINE 16 E 17 Alberti, Pasqualetto, Spampani
QUEL MILIONE DI ITALIANI
IN TERRE A RISCHIO FRANE
© RIPRODUZIONE RISERVATA
di PAOLO CONTI
S
ono circa un milione gli italiani esposti a fenomeni franosi
nelle zone montane e collinari, dove basta una nevicata
A PAGINA 17
per creare seri problemi di tenuta al terreno.
a Corte dei conti ha
citato per danni
l’agenzia di rating
Standard & Poor’s. La cifra
è da record: 234 miliardi.
Perché? Secondo i
magistrati contabili nel
2011 le agenzie di rating
declassarono
pesantemente il giudizio
sull’Italia. La notizia è stata
data dall’edizione online
del Financial Times,
secondo il quale sono state
citate in giudizio anche le
agenzie Moody’s e Fitch.
A PAGINA 5
A
Kuwait City, Enrico
Letta ha attaccato i
disfattisti e risposto alle
accuse di immobilismo
con un orgoglioso elenco
di «fatti». L’ultimo è l’accordo tra la Cassa depositi e prestiti e il fondo sovrano Kuwait Investment
Authority, che porterà in
Italia 500 milioni di euro
per le piccole imprese.
«Se il polmone finanziario del mondo decide di
investire in Italia vuol dire che siamo affidabili»,
ha detto il premier.
A PAGINA 5 Guerzoni
In 15 anni
La luce costa
il 42% in più
di SERGIO RIZZO
A PAGINA 27
Microsoft Promosso il manager da 22 anni in azienda. Il fondatore farà il consigliere
Gates ci riprova. Con l’indiano Nadella
di MASSIMO GAGGI
Diritti
Arrestato
Ulrike vince
la sua battaglia,
sì al piano
anti omofobia
Chiara, 19 anni
in fin di vita
per le botte
del fidanzato
di IVO CAIZZI
di RINALDO FRIGNANI
A PAGINA 13
A PAGINA 18
S
arà il manager indiano di Microsoft, Satya Nadella, a guidare l’era post Bill Gates come amministratore delegato. Nadella,
che è entrato 22 anni fa in azienda,
si troverà al suo fianco, come consigliere per la tecnologia, lo stesso
fondatore, che lascia la presidenza
del gruppo di Seattle. Molti azionisti avrebbero voluto una svolta
più decisa con un manager esterno capace di rinnovare radicalmente la società.
A PAGINA 21
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2
Primo Piano
Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
italia: 57525754585250
#
L’assemblea Il discorso
❜❜
Nord e Sud
Paesi Bassi
Nell’intervento di ieri
al Parlamento europeo
il presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano
ha chiesto la fine
delle politiche di austerità
«a ogni costo, finora
la risposta prevalente
alla crisi dell’area euro»
Nel 2013 il governo guidato
dal liberale Mark Rutte, rigorista
ed europeista, ha rinviato
l’introduzione delle misure
di austerità necessarie a rispettare
i limiti sul deficit
Ecco le posizioni
maggioritarie oggi in Europa
e i principali fronti
di attrito nei singoli Stati
Non c’è miglior ospite di Napolitano per celebrare i 30 anni dalla bozza di
Trattato presentata da Altiero Spinelli
Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo
Regno Unito
Danimarca
Finlandia
Il Paese si è sempre schierato
con i falchi rigoristi ma ora,
dopo due anni di contrazione
dell’economia, dubbi sulle politiche
rigoriste alimentano il dibattito
politico
Svezia
Germania
Si è da poco insediato il governo
di Grande coalizione formato
da cristiano-democratici
e socialdemocratici: questi ultimi
sono contrari alla linea del rigore
tradizionalmente sostenuta
dalla Cancelliera Angela Merkel
Francia
Austria
Grecia
Nonostante il salvataggio
Ue e gli sforzi del governo
di Antonis Samaras,
la Grecia si trova
alle prese con un nuovo
buco di bilancio pari
a circa 15 miliardi di euro
per il 2014-15. Secondo
il settimanale tedesco
Der Spiegel, la Germania vorrebbe
per Atene un nuovo pacchetto
di aiuti da 10-20 miliardi di euro,
da varare prima delle elezioni
europee di maggio
ITALIA
Legenda
Portogallo
Pro austerity
Gran Bretagna
Germania
Austria
Paesi Bassi
Svezia
Finlandia
Danimarca
Anti austerity
Francia
ITALIA
Grecia
Spagna
Portogallo
Spagna
Il Paese è riemerso dopo due anni
di recessione; il bilancio per il 2014
presentato lo scorso settembre
dal governo di Mariano Rajoy,
basato su una previsione di crescita
dello 0,7%, è più libero dai vincoli
d’austerità degli anni passati
CORRIERE DELLA SERA
L’appello di Napolitano all’Europa
«I nostri valori contro la sfiducia»
Il presidente a Strasburgo: più investimenti per una crescita qualificata
DAL NOSTRO INVIATO
I punti chiave
La sfiducia nella Ue
che minaccia il voto
Il risentimento contro
Bruxelles (per il
peggioramento delle
condizioni di vita) è il
contesto in cui si
svolgeranno le elezioni
europee. Sono posizioni
«anacronistiche e
velleitarie», «vacua
propaganda», ma
richiedono risposte
serie
Politica del rigore:
Bruxelles sferzata
Napolitano auspica che si
chiuda la stagione
dell’austerità a ogni
costo: una politica che si
sta rivelando insufficiente
economicamente e
controproducente dal
punto di vista politico.
A costo di allentare la
tenaglia del 3% nel
rapporto deficit-Pil
Sostenere la crescita
la ricerca e l’istruzione
Bisogna affrontare
l’aumento della
disoccupazione. I sacrifici
devono essere
accompagnati da
politiche per la crescita,
strumenti che aiutino la
spesa pubblica per
agganciare la ripresa e
dare nuova linfa alla
ricerca e all’istruzione
Solo l’euro non basta
Serve più Europa
La Ue deve rilanciare
una strategia di
«integrazione
differenziata» che
sappia darsi «regole forti
di coordinamento delle
politiche economiche
nazionali, in maniera da
assicurare coesione tra
le economie degli Stati
membri»
STRASBURGO — Si pone,
come sempre, il problema di
assicurare la nostra dignità, autorevolezza e affidabilità, nonostante certi messaggi contraddittori che a giorni alterni
rimbalzano da Roma. Stavolta,
però, si preoccupa anche, e soprattutto, di avvertire che «non
regge più una politica di austerità a ogni costo». Ricorda infatti che l’Italia ha compiuto
grandi «sforzi e sacrifici» e
«non desisterà dal proprio impegno» sulla disciplina di bilancio. Ma sottolinea che la stagione del rigore per il rigore va
chiusa, cambiando l’immagine
di «un’Europa intrappolata».
Lo dimostra, per lui, il «circolo vizioso insorto tra politiche restrittive nel campo della
finanza pubblica e arretramento delle economie, giunte oggi
al bivio tra primi segni di ripresa e rischi, se non di deflazione,
di sostanziale stagnazione».
Per questo esorta a puntare a
una «crescita sostenuta e qualificata». Ciò che richiede «riforme strutturali», ma anche «un
rilancio, oltre che di investimenti privati, di ben mirati investimenti pubblici, al servizio
di progetti europei e nazionali». Ci vuole, insomma, «maggiore attenzione per le effettive
condizioni di sostenibilità del
debito di ciascun Paese e sufficiente apertura su modi e tempi dell’ulteriore riequilibrio finanziario». Per dirla in chiaro:
a costo di allentare la tenaglia
del 3 per cento nel rapporto deficit-Pil.
Ecco il cuore della riflessione
che Giorgio Napolitano affida
al Parlamento di Strasburgo alla vigilia del passaggio più problematico che l’Ue si prepara ad
affrontare, dopo esser entrata
nella «crisi più dura della sua
storia» e dimostrando di non
saper reagire adeguatamente.
Spiega il presidente della Repubblica: «La radicale messa in
discussione dei valori della Ue
è, per la prima volta, il contesto
in cui ci si avvia alle elezioni
europee. Sarà il momento della
verità, perché sono evidenti le
ragioni del disincanto dei cittadini per il peggioramento delle
condizioni di vita».
Così, per affrontare «fino in
fondo» questa fase di «sfiducia
e rifiuto» verso il disegno europeo, occorre un cambio di rotta, «una svolta». Bisogna cioè
concentrarsi subito su almeno
un paio di fronti difficili: l’aumento della disoccupazione e,
in particolare, di quella giovanile. Certo, una ripresa è «innegabile» pure da noi e, anche se
«i guasti fatti sono tali che non
basteranno gli anni», a dimostrarlo ci sono tanti «indicatori
con il segno più». Ma se si vuole che la ripartenza dell’economia non resti «debole» e offra
solo «scarsa e cattiva occupa-
zione» per una generazione ora
«alla deriva», bisogna procedere a riforme dei sistemi formativi e del mercato del lavoro.
Un primo recupero di fiducia
potrà venire da qui, secondo
Napolitano. A patto, appunto,
che la Ue rilanci una strategia di
«integrazione differenziata» e
sappia darsi «regole forti di coordinamento delle politiche
economiche nazionali, in ma-
Il 3 aprile a Roma
Elisabetta senza velo
all’incontro con il Papa
Secondo le indiscrezioni dei media britannici sarà un incontro
«rilassato», quasi «informale»: Elisabetta II e papa Francesco si
incontreranno il 3 aprile quando la regina si recherà in visita
in Italia con il consorte Filippo. Il colloquio tra il pontefice e il
capo della Chiesa d’Inghilterra vedrà diverse eccezioni al
protocollo. La sovrana non vestirà di nero né si coprirà il capo
con un velo durante l’udienza, come ha fatto in passato con i
predecessori di Francesco. La rottura maggiore con la
tradizione sarebbe il luogo dell’incontro: non la residenza
ufficiale ma uno dei salottini della residenza di Santa Marta
dove Bergoglio ha scelto di vivere e dove pare voglia accogliere
la regina offrendole un tè.
niera da assicurare coesione tra
le economie degli Stati membri». Dovrebbero essere i primi
atti di un «cambiamento profondo nel modo di essere e di
operare della Ue». Atti obbligati, insiste, perché «i cittadinielettori non sono dinanzi a una
scelta fuorviante tra stanca, retorica difesa di un’Europa che
ha mostrato gravi carenze e
storture nel cammino della sua
integrazione, e agitazione distruttiva contro l’euro e contro
l’Unione... no, i termini della
scelta non sono questi». Un
passaggio che fa scattare la pattuglia di leghisti presenti alla
seduta plenaria, in un replay di
quanto fecero il 5 luglio 2005,
con Ciampi: come allora interrompono il discorso, alzando
striscioni e urlando contro la
moneta unica, subissati comunque dai fischi dell’assemblea e senza che il presidente si
scomponga. «Sono contestazioni marginali e modeste, tradizionali della Lega», dirà poi.
Posizioni «anacronistiche e
velleitarie», le definisce il capo
dello Stato. Rispecchiano le «irresponsabilità demagogiche»
di chi (oltre alla Lega, i 5 Stelle)
predica, con «disarmante semplicismo», l’uscita dall’euro o,
perfino, dall’Unione. «Vacua
propaganda... atteggiamenti liquidatori», che tuttavia richiedono risposte. Se non altro perché il futuro dell’Europa sarà il
terreno di scontro sul quale
«alcuni partiti faranno opposizione... e per questo gli altri
hanno il dovere di impegnarsi», da oggi al momento dell’eurovoto, fissato fra 100 giorni. In ogni caso, ammonisce
Napolitano, qualunque sia il responso delle urne, «non c’è una
ricaduta meccanica sugli equilibri nazionali», sulla stabilità
di governo. Vale a dire che se la
coalizione mantenesse i propri
consensi, non sarebbe giustificato rovesciare il tavolo. E se ci
La ricetta
«Servono riforme
strutturali, oltre al
rilancio di investimenti
pubblici ben mirati»
fosse invece «un trauma tra i
partiti della maggioranza, non
si sa con quale obiettivo questi
possano volersi sottrarre alle
loro responsabilità». In definitiva, chiunque vinca o perda il
confronto politico sull’Europa,
l’esecutivo non va messo in discussione. Anche perché, come
osservano alcuni nostri parlamentari a Strasburgo, la strategia del semestre di guida italiana della Ue, che dovrebbe cominciare il primo luglio, ha già
posto salde premesse con il
messaggio del presidente.
Marzio Breda
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Germania Discorso al conclave della Spd
Il filosofo Habermas
richiama la sinistra:
«Cambiamo rotta»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BERLINO — «Siete i continuatori
del precedente governo, non state facendo niente, per l’Europa, di quello
che avevate promesso», è stato il succo
del suo impietoso ragionamento, accolto da applausi e da qualche segno di
imbarazzo. Gli intellettuali più prestigiosi non sono facilmente addomesticabili, anche quando sono dei «compagni di strada», ma i dirigenti della
Spd, freschi di importanti incarichi
ministeriali, forse non si aspettavano
di ricevere una così determinata lezione di europeismo attivo dal filosofo
Jürgen Habermas, l’ospite d’onore del
seminario a porte chiuse svoltosi domenica a Potsdam. Merkelismo prima,
insomma, e merkelismo adesso. Bisognerebbe invece, ha detto, invertire la
rotta. La «cura drastica» prescritta dalla donna più potente del mondo ha
prodotto solo effetti collaterali negativi. E, nel frattempo, di eurobond e di
condivisione del debito non parla più
nessuno, nemmeno a sinistra. Un vero
atto di accusa.
L’ottantaquattrenne «grande vecchio», da sempre sostenitore della necessità di «ridemocratizzare l’Europa»,
non ha dubbi: la grosse Koalition di cui
fa parte la Spd, dopo le elezioni di settembre, sta soltanto proseguendo la li-
nea dell’esecutivo «nero-giallo», con i
liberali, che era guidato sempre dalla
inaffondabile Cancelliera. Tanto allora
quanto adesso si sfrutta una posizione
«semi egemonica» all’interno della Ue
per imporre «un’austerità a senso unico» che non va alle radici dei problemi
da risolvere. Sono i mercati che devono
essere regolamentati e tenuti a freno.
La responsabilità della crisi appartiene
a loro, non alle politiche economiche
dei Paesi indicati come meno virtuosi,
è ancora il messaggio lanciato dall’esponente della seconda generazione
della scuola di Francoforte. E su tutto,
ha aggiunto, c’è sempre il rischio di
«un’Europa tedesca». Il vicecancelliere
Sigmar Gabriel ascoltava attento. «Una
sinfonia per le mie orecchie», ha poi
commentato il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz. L’uomo
definito «un kapò» da Silvio Berlusconi vuole infatti «cambiare tutto» se diventerà presidente della Commissione
Europea. Ma il rischio è che anche lui si
scontri con le necessità della Realpolitik in un’Europa troppo attenta a mediare tra interessi diversi. E che Haber-
mas gli faccia ricordare, un giorno, le
tante illusioni perdute, come è accaduto domenica, nell’Inselhotel, il tranquillo resort affacciato sul Templiner
See, a poche decine di chilometri da
Berlino, dove la Spd aveva deciso di
riunirsi in «clausura».
Habermas non pensa soltanto, in
termini normali anche se oggi già un
po’ sovversivi, a un rafforzamento dell’unione politica con
l’armonizzazione
delle politiche fiscali, come si direbbe a
Bruxelles. Il suo
obiettivo è un «governo economico
comune», realizzato
con ulteriori e decisivi trasferimenti di sovranità che intervenga sulle condizioni di vita della
popolazione. Ma niente si può cambiare davvero senza mettere contemporaneamente le basi di un forte controllo
democratico e senza promuovere una
nuova legittimazione delle istituzioni
europee per superare quel «metodo intergovernativo», diventato la regola
nell’Unione, di cui la stessa Germania,
ha osservato, è una delle maggiori responsabili, se non la principale. Gli altri Paesi e i cittadini europei, sono stati
trattati da Berlino, secondo Habermas,
«come bambini sottosviluppati». Solo
questa rifondazione, ha continuato
l’autore di «Storia e critica dell’opinione pubblica», può battere le tendenze
antieuropee dominanti, provocate anFilosofo Jürgen Habermas,
84 anni, erede della Scuola
di Francoforte fondata da
Theodor Adorno e Max
Horkheimer
che e soprattutto dall’imposizione di
miopi politiche dei sacrifici. I socialdemocratici non possono dire di non essere stati avvertiti, qualche mese prima
delle elezioni europee. Un uomo illustre chiede loro di riempire di contenuti la voglia di governare.
Paolo Lepri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
Primo Piano
italia: 57525754585250
3
#
❜❜
Condivido la scelta del presidente di cambiare l’Europa: siamo a metà del fiume, se non arriviamo
all’altra riva saremo travolti
Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione Ue
Colloquio Il docente di Harvard Richard Freeman
«Ha centrato il problema
Spremere i conti pubblici
alimenta la recessione»
Ma fra gli economisti il dibattito è aperto
Discorso Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, 88 anni, ieri al Parlamento europeo (infophoto)
❜❜
Si deve rompere il circolo
vizioso di questa Europa
intrappolata... La politica
di austerità a ogni costo
non regge più
❜❜
L’emblematico aumento
dei disoccupati, il peggioramento delle condizioni
di vita sono alla base del
malcontento nei Paesi Ue
«Il vostro presidente ha centrato
il problema — dice Richard Freeman, dell’università di Harvard —.
In Europa avete assolutamente un
problema di austerità. Basta guardare come alcuni Paesi, soprattutto
Spagna, Portogallo e Grecia, hanno
spremuto i loro settori pubblici
senza stimolare il settore privato. Il
risultato non poteva che essere la
recessione prolungata». Freeman,
che ad Harvard insegna Economia,
è uno dei maggiori economisti del
lavoro d’America. In Europa tiene
corsi alla London School of Economics. Dice che il discorso di ieri di
Giorgio Napolitano al Parlamento
di Strasburgo si inserisce in un dibattito importante per il Vecchio
Continente.
In effetti, è una discussione che
va avanti da decenni e in modo acceso da almeno tre anni, sia tra i governi che tra gli esperti. Da un lato, i
sostenitori della necessità di ridurre gli indebitamenti pubblici (intento fare riforme strutturali) come
presupposto alla crescita: in testa la
Cancelliera Angela Merkel, molti
economisti tedeschi (per esempio
Hans-Werner Sinn di Monaco), il
governo di Londra, buona parte dei
Paesi dell’Europa del Nord e i politici e gli economisti liberali. Per alcuni versi, a questo campo potrebbe essere avvicinato anche Gerhard
Schröder, l’ex Cancelliere tedesco
che ha di recente criticato Frau Merkel perché si è in parte rimangiata
l’aumento dell’età pensionabile in
Germania. Dall’altro, le sinistre, i
governi dei Paesi dell’Europa del
Sud, l’Amministrazione Obama da
Washington — molto critica delle
politiche di bilancio restrittive ispirate a Berlino — ed economisti post
keynesiani come gli americani Paul
Krugman, Premio Nobel e aggressivo commentatore del New York Times, e Larry Summers, ex segretari
al Tesoro nell’Amministrazione
Clinton.
Freeman ha pochi dubbi sul fatto
che l’Europa abbia sbagliato. A suo
parere, persino la Gran Bretagna —
che sotto la spinta del Cancelliere
dello Scacchiere George Osborne
ha affrontato baldanzosamente
l’austerità e oggi cresce abbondantemente sopra al 2% — è in qualche
modo una vittima dell’idea secon-
do la quale prima si devono sistemare i conti pubblici, poi la ripresa
arriva perché chi deve investire
prende fiducia. «Vero che l’economia del Regno Unito ora cresce —
sostiene — Ma il suo Pil (Prodotto
interno lordo) è ancora sotto al livello di prima della crisi, del 2007, a
causa delle politiche di austerità».
Il professore concorda sulla necessità di ridurre gli indebitamenti
degli Stati e dei privati. Ma dice che
per farlo ci sono due sistemi più o
meno corretti: «Uno è attraverso
l’inflazione, in modo che il debito
risulti meno costoso; l’altro è attra-
Anti austerity
Richard Freeman
70 anni, uno
dei massimi
economisti Usa:
considera
l’austerità
un problema
per l’Europa
Paul Krugman
Economista
americano, 60
anni, Premio
Nobel e
aggressivo
commentatore
del New York Times
Pro austerity
Gerhard
Schröder
69 anni, del
partito Spd, ha
ricoperto la carica
di Cancelliere
della Germania
dal 1998 al 2005
George Osborne
Cancelliere dello
Scacchiere
britannico, 42
anni: ha sistemato
i conti pubblici per
poi rilanciare la
crescita
verso la crescita dell’economia, che
porta maggiori entrate nelle casse
dello Stato. L’austerità è il modo
peggiore: spreme il settore pubblico e quello privato insieme».
Freeman porta come esempio
positivo gli Stati Uniti: la crescita in
atto, che in parte considera una
sorpresa, sta creando «vasti surplus» nelle casse di molti Stati, «da
New York alla California». Detto
questo, quando si tratta di scegliere
quali politiche fare, agli investimenti pubblici preferisce «gli investimenti privati». Non tanto però
attraverso il taglio delle tasse, «che
spesso non è sufficiente per spingere a investire». Piuttosto, attraverso un intervento deciso sulle
banche, «affinché il sistema finanziario funzioni meglio, sia in grado
di prestare alle imprese, soprattutto
a quelle medie e piccole. Gli Stati
Uniti lo fecero negli anni Ottanta
con Ronald Reagan, a dimostrazione che non è una questione di destra o sinistra: l’Amministrazione
intervenne con decisione nella crisi
delle banche di risparmio e la crescita arrivò. Negli anni Novanta, la
Svezia affrontò una grave crisi nazionalizzando le banche, ristrutturandole e poi riprivatizzandole: la
ripresa seguì».
Secondo l’economista di Harvard, il problema europeo è in buona misura proprio legato al mercato
dei capitali, cioè nella possibilità
delle imprese di finanziarsi a tassi
d’interesse favorevoli. «Secondo il
Fondo monetario internazionale —
dice — il mercato dei capitali in Europa è frammentato, spezzato. In
Germania prendi a prestito a un
tasso basso, in altri Paesi come la
Spagna e l’Italia a un tasso alto. Ciò
è molto negativo per le vostre piccole imprese, in Italia. Occorre focalizzare gli sforzi sulle banche, ricostruire il mercato dei capitali. In
questo senso, la Banca centrale europea dovrebbe fare molto di più».
La questione «austerità contrapposta a stimolo» è stato finora il
cuore del dibattito economico nella
Grande crisi. Ieri, Napolitano l’ha
rilanciata e ha preso posizione: da
politico e da economista.
Danilo Taino
@danilotaino
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Intervista Dopo la protesta in aula dei sei deputati durante il discorso del presidente: «Non siamo qui da italiani, ma da portavoce di chi lavora»
La pattuglia dei leghisti e quei fischi «contro l’euro»
Il leader Salvini: «Schulz ha detto
che ci sospende? Chi se ne frega»
MILANO — Matteo Salvini, segretario della Lega e parlamentare europeo. Ma come vi viene in mente di
contestare il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, proprio
quando davanti al Parlamento europeo chiede di cambiare rotta e di superare la politica di austerità? Non
era la vostra battaglia?
«Certamente è la nostra battaglia.
Però diventa una barzelletta se non rimetti in discussione i trattati e i vincoli europei che hanno portato a questa
situazione. E soprattutto se non rimetti in discussione la moneta unica,
una follia che sta massacrando il lavoro e le imprese. Non si può dire basta
con l’austerità senza ridiscutere tutte
le cause che hanno portato fino a qui.
Altrimenti è una presa in giro. Napolitano, ieri, ha fatto l’euroburocrate».
Voi siete la Lega, partito federalista, ma comunque partito che gioca
il suo ruolo in Italia. Non vi è sembrato inopportuno contestare così
platealmente il presidente della Repubblica?
«Lo abbiamo fatto per il bene dell’Italia e dell’Europa. Non siamo al
Parlamento europeo da italiani, ma da
portavoce degli imprenditori, dei disoccupati, di chi lavora. In Spagna la
disoccupazione è arrivata al 25 per
cento, in Francia c’è la recessione, in
Grecia si è superato il 60 per cento di
disoccupazione giovanile. Sono nu-
Ieri e oggi La protesta della Lega Nord
durante il discorso di Napolitano. Sopra,
Matteo Salvini. A destra, Mario Borghezio e Matteo Salvini nel 2005 contestano
Carlo Azeglio Ciampi all’Europarlamento
meri da dopoguerra. Non rendersi
conto che l’euro non funziona significa essere in malafede».
Il senso del discorso del capo dello Stato andava comunque in questa
direzione. Giusto rimettere in sesto i
conti, ma adesso si cambi rotta e si
metta fine all’austerità. Eppure voi
lo avete contestato.
«Perché ormai è insopportabile la
retorica sull’euro che è bello, che va
bene, che non si tocca e che comunque l’Europa non può essere messa in
questione. Se Napolitano fosse venuto
in aula e avesse detto che ci sono stati
degli errori sull’euro e che l’Europa
doveva ripartire dal lavoro e non dalle
banche, noi avremmo applaudito».
Alla fine voi sei contestatori siete
stati contestati dal resto del Parlamento che ha applaudito Napolitano. Un bottino molto magro...
«E ci credo! Sono quelli che ci han-
no portato fino a questo punto. Se
contesti questa Europa è chiaro che ti
fischiano. Fischieranno ancora per tre
mesi perché ora siamo in 6 contro 700,
ma a maggio si cambierà musica».
Il sospetto è che vogliate recuperare terreno sui grillini protagonisti
delle contestazioni alla Camera...
«A Roma si sono presi a schiaffi,
hanno accusato di mignottaggine delle deputate, hanno occupato l’Aula.
Noi, in sei, per 30 secondi, abbiamo
chesto pacatamente più lavoro e meno
banche. E quando il presidente parla
di protesta marginale sottovaluta l’arrabbiatura che c’è in Italia».
Preoccupato delle conseguenze?
«Schulz ha detto che forse ci sospende e non ci paga. Chi se ne frega.
Io sono lì per portare la voce della nostra gente...».
Maurizio Giannattasio
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italia: 57525754585250
Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
Primo Piano
italia: 57525754585250
5
Governo La missione
Letta in Kuwait rivendica i risultati:
siamo affidabili, basta disfattismo
Intesa da 500 milioni per le piccole imprese. Sfida al Pd sul bis del governo
DAL NOSTRO INVIATO
KUWAIT CITY — Ha aspettato
di avere in tasca qualche successo concreto e un bel po’ di soldi
per rilanciare l’occupazione e
ieri mattina, dopo settimane
passate ad aspettare il momento
giusto, Enrico Letta è partito in
contropiede. Dal Bayan Palace
di Kuwait City, la fortezza dello
sceicco Sabah Al-Ahmad Al-Jaber Al Sabah, il premier ha attaccato i disfattisti e risposto alle accuse di immobilismo con
un orgoglioso elenco di «fatti».
L’ultimo in ordine di tempo è
l’accordo tra la Cassa depositi e
prestiti guidata da Franco Bassanini e il fondo sovrano Ku-
wait investment authority
(Kia): nelle casse del Fondo
strategico italiano entreranno
500 milioni di euro da investire
nelle piccole imprese. Un
«grande successo» che Letta rivendica con forza nella conferenza stampa che chiude il road
show nel Golfo, come un mantra salvifico: «È il più importante evento del viaggio oltre all’intesa tra Alitalia e Etihad, il più
importante accordo mai realizzato per supportare la nostra
economia».
Torna a casa stanchissimo,
ma «col sorriso sulle labbra». È
felice per come sono andate le
cose tra Abu Dhabi, Dubai,
Doha e Kuwait city. Adesso ha
qualche arma in più per reagire
all’offensiva di Matteo Renzi e
far capire, a colpi di numeri, di
non avere intenzione alcuna di
cedere il passo: «Se il polmone
finanziario del mondo decide di
investire tanti, tanti, tanti soldi
in Italia vuol dire che siamo affidabili, che hanno fiducia e credono nella nostra stabilità.
Questi soldi che riporto a casa
sono la migliore risposta al di-
La critica
L’invito agli industriali
«Cogliete e date
messaggi di fiducia»
sfattismo imperante. Segno
che, lavorando come una squadra, i risultati arrivano». Giorgio Squinzi non li vede e Letta lo
gela, a distanza. «Sono fatti che
metto all’attenzione dell’opinione pubblica. Spero che anche Confindustria colga e dia
messaggi di fiducia e non solo
di disfattismo». Parole alle quali, da Roma, il leader degli industriali replica rivendicando il
«diritto-dovere di dire quello
che serve». E la polemica finisce
qui, perché Letta, com’è nel suo
stile, non ribatte.
Quel che gli preme far sapere
dal Kuwait è che «questo colpo
finale dei 500 milioni sa di fuochi di artificio» e pazienza se il
tono della voce non è affatto
scoppiettante. Letta non ci prova nemmeno a essere quel che
non è. Non vuole inseguire
Renzi sul piano della comunicazione, ma rispondere alla sfida
«in soldoni» e rilanciarla, convinto com’è che, giorno dopo
giorno, anche gli italiani capiranno: «Vorrei che il Paese cogliesse l’iniezione di fiducia
straordinaria che arriva da qui e
La replica
Il leader di Confindustria,
Squinzi: ho il diritto dovere
di dire ciò che serve
che imparasse ad avere più fiducia in se stesso. Leggo molti
ragionamenti sulla distinzione
tra politica interna ed estera, ma
questa è politica interna, è politica di sviluppo... Parlano i fatti,
non i discorsi...». Una frase che
sembra rivolta proprio a Renzi,
il quale giorni fa aveva osservato come Letta sia un premier
molto capace, «soprattutto fuori dall’Italia».
I rapporti con il segretario restano gelidi eppure il capo del
governo non diserterà la direzione del Pd di domani. Assicura di aver voluto lanciare «segnali rassicuranti» e quando gli
domandano se andrà, per chiedere a Renzi il via libera al «Letta bis», il premier indirettamente conferma: «Torno a Roma ancora più determinato, convinto
che la strada per far ripartire il
Paese è quella giusta». E più tardi, lontano dalle telecamere:
«Certo che sarò alla direzione, il
Pd è il mio partito! Ascolterò e
manderò messaggi collaborativi!». E i tempi del rimpasto? Il
patto di governo? La risposta è
sempre la stessa, c’è chi fa le
chiacchiere e c’è chi prova a realizzare le riforme: «Affronterò le
discussioni politiche con gli alleati e dentro il Pd, sapendo che
siamo sulla strada buona. Investire con le parole è facile, con i
soldi invece si fa solo quando
c’è la fiducia».
Letta comincia a sperare che i
rapporti di forza tra lui e il leader del Pd non siano più così
sbilanciati ed è per questo che
ha deciso finalmente di «uscire
dal Palazzo» con un tour nei distretti industriali italiani, come
ai vecchi tempi del sodalizio con
Bersani. Ma la tempistica imposta da Renzi sulla legge elettorale ha congelato per giorni il rilancio del governo e questo per
Letta è un punto dolente. Quando la domanda arriva, inevitabile, il premier non fa nulla per
celare l’insofferenza: «Questi
problemi li affronteremo nella
nostra bella e assolata Roma...».
Monica Guerzoni
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Al Bayan Palace
Gli altri investitori
Il presidente del
Consiglio Enrico Letta a
Bayan Palace, il palazzo
dell’emiro del Kuwait
Sabah Al-Ahmad
Al-Jaber Al-Sabah,
seduto accanto a lui,
durante la sua visita di
ieri a Kuwait City (Ansa).
Il fondo sovrano Kuwait
investment authority
(Kia) è pronto a investire
500 milioni di euro nel
Fondo strategico
italiano (Fsi), la holding
di Cassa depositi e
prestiti. Da marzo,
quando la firma verrà
siglata ufficialmente,
Kia e Fsi costituiranno
una società mista,
di cui il socio italiano
avrà l’80%, per investire
nelle aziende italiane
Gli interessi
del Qa
Qatar
Tamim bin Hamad alThani, 33 anni, emiro del
Qatar. Nel 2012 il Fondo
strategico italiano e la
holding del Qatar hanno
costituito una joint
venture da 2 miliardi, con
dotazione iniziale di 300
milioni, chiamata «Iq
Made in Italy venture»
Il debito Secondo il Financial Times la contestazione riguarda il declassamento dell’Italia. Coinvolte anche Moody’s e Fitch
L’emiro di Dubai,
lo sceicco della Vela
Lo sceicco Mohammed
Bin Rashid Al Maktum,
64 anni, emiro di Dubai e
primo ministro degli
Emirati Arabi Uniti: ha
fatto costruire il Burj alArab, la Vela, tra gli hotel
più lussuosi. Potrebbe
essere interessato a
investire in Finmeccanica
Il principe ereditario
di Abu Dhabi
Mohammed Bin Zayed
Al Nahyan, 52 anni,
principe ereditario di Abu
Dhabi, pilota di elicotteri
e comandante supremo
delle forze armate
emiratine: è l’uomo col
quale è aperta la
trattativa sulla cessione
del 49% di Alitalia
E la Corte dei conti chiede 234 miliardi a S&P
La dolce vita
A sinistra Anita
Ekberg nel film
«La dolce vita»
di Federico Fellini. Sotto l’articolo del Financial Times sulla
richiesta di
danni della Corte dei conti a
Standard & Poor’s: «L’Italia
accusa S&P di
non aver tenuto
conto della
“dolce vita”»
L’accusa dei magistrati all’agenzia:
non considera il patrimonio artistico
Quanto valgono in termini di bilancio
pubblico e di spread «La Divina Commedia», «La dolce vita» o La Cappella Sistina
di Michelangelo? Quanto va considerato,
nella ricchezza dell’Italia, l’immenso patrimonio storico, artistico e letterario accumulato in millenni? Secondo la Corte
dei conti questa ricchezza va considerata
eccome, quando si valuta l’affidabilità
creditizia di un Paese. Cosa che invece le
agenzie di rating non avrebbero fatto nel
2011, quando sull’onda dei timori per la
tenuta dei debiti sovrani nei Paesi periferici dell’Eurozona declassarono pesantemente, e in più momenti, il giudizio sull’Italia a un passo dal livello «spazzatura»
(junk). Per i giudici contabili è stato un
errore: anche per questo hanno citato il
colosso Standard & Poor’s (rating sull’Italia «BBB»), per una cifra gigantesca, destinata a battere ogni record in termini di
richieste di danni: 234 miliardi di euro.
La notizia è stata anticipata ieri nella
sua edizione online dal Financial Times,
secondo il quale sono stati trascinati in
giudizio anche le altre agenzie, Moody’s e
Fitch. A mancare, nella valutazione degli
analisti delle tre agenzie, fra le altre cose,
anche la ricchezza immateriale dell’Italia
fatta di opere d’arte, beni architettonici,
letteratura, persino film (il FT cita proprio
il capolavoro di Federico Fellini nel titolo
dell’articolo).
L’agenzia statunitense ha confermato
la notizia della causa, definendola «non
seria e senza merito». Anche un portavoce
di Moody’s ha definito «priva di merito»
la mossa della Corte, mentre Fitch ha fatto
sapere che collaborerà nel processo: «Capiamo le preoccupazioni del tribunale,
ma crediamo di avere operato sempre in
maniera corretta e nel pieno rispetto della
legge». Maggiori dettagli sulla mossa giudiziaria della Corte dei conti dovrebbero
essere resi noti dalla Procura il prossimo
19 febbraio. E già si preannuncia uno
scontro durissimo: secondo il FT i legali
delle agenzie si prepareranno a contestare
Il leader di Sel
Vendola: Italicum, ricorso alla Consulta
Il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, leader di Sinistra e
libertà, annuncia battaglia contro l’Italicum: «Questa è una riforma
indecente della legge elettorale. Io non ci sto e sono pronto a fare
ricorso, ad agire in tutte le sedi, dalla Corte costituzionale alla Corte di
Giustizia europea, per tutelare la democrazia: con il meccanismo delle
doppie soglie si mortifica la presenza dei piccoli partiti in Parlamento,
non si possono uccidere le culture politiche di minoranza».
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la legittimità dell’azione, visto che si tratta di un tribunale che valuta la responsabilità dei dipendenti pubblici e non anche
di una entità esterna come un’agenzia di
rating, anche se le sue azioni influenzano
direttamente l’attività dello Stato attraverso l’attribuzione di un merito di credito che è uno degli elementi che incidono
sul costo del debito pubblico. In Italia il
taglio del rating e il conseguente innalzamento dello spread, sottolinea il FT, portarono prima alla caduta del governo Berlusconi nel novembre 2011 e a una serie
di misure economiche di emergenza da
parte dell’esecutivo di Mario Monti.
Si tratta della seconda azione giudiziaria dello Stato italiano contro le agenzie di
rating: l’anno scorso il pm di Trani, Michele Ruggiero ha chiesto il rinvio a giudizio di nove tra dirigenti e funzionari di
S&P e di Fitch (archiviata la sola posizione
di Moody’s) per manipolazione del mercato continuata e pluriaggravata in quanto «attraverso artifici a carattere informativo fornivano intenzionalmente ai mercati finanziari un’informazione distorta in
merito all’affidabilità creditizia italiana e
alle iniziative di rilancio economico adottate dal governo italiano, per disincentivare l’acquisto di titoli del debito pubblico italiano e deprezzarne così il valore».
L’udienza preliminare riprenderà il 18
febbraio con la decisione del gup Angela
Schiralli sulle associazioni dei consumatori come parti civili.
Fabrizio Massaro
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Primo Piano
Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
italia: 57525754585250
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M5S, in 40 a rischio sanzioni
Nel mirino anche Dambruoso
Provvedimenti dei questori: volevano bloccare l’Aula
Nel Movimento dissidenti in bilico. Domani il vertice
Ncd in Calabria
Scopelliti,
gaffe sui gay
Poi candida
Cecchi Paone
CATANZARO — Quando e
dove è tutto ancora da
definire. Alessandro
Cecchi Paone, giornalista,
omosessuale dichiarato
ha, comunque, già deciso.
«Mi candiderò in Calabria
come capolista nel Nuovo
Centrodestra». Il
presentatore televisivo ha
preso al volo
l’opportunità offertagli
dal Governatore della
Calabria, Giuseppe
Scopelliti, dopo la
polemica per la frase sui
gay pronunciata da
quest’ultimo che ha
alimentato qualche
polemica. «Noi non
vogliamo nelle liste
uomini che sono
innamorati di altri
uomini», aveva detto
Scopelliti nel corso della
presentazione dei circoli
del Nuovo Centrodestra,
in Calabria.
La frase ha irritato
l’Arcigay. Lo stesso Cecchi
Paone ha scritto ieri una
lettera a l’Ora della
Calabria, sostenendo che
anche tra i «democratici e
i liberali esistono solide
formazioni che credono
nel riconoscimento delle
unioni civili tra gay e alla
loro tutela. Credo in
Scopelliti e per questo la
mia non sarà una
candidatura mediatica,
ma l’inizio di un progetto
liberale per i diritti dei
gay. Per una volta la
rivoluzione partirà dal
Sud, dalla Calabria, terra
complessa, ma comunque
capace di affrontare il
cammino di una riforma
storica che il Nord non ha
mai voluto sostenere», ha
spiegato il giornalista.
Scopelliti ha apprezzato la
disponibilità di Cecchi
Paone lasciandogli libera
scelta su dove candidarsi.
«Può darsi al Comune di
Reggio Calabria ma, penso
anche alle Regionali o
anche alle Europee», ha
detto Cecchi Paone. Che
ha già le idee chiare sul
suo futuro politico.
«Qualunque sia l’ente che
dovrò rappresentare, mi
propongo di fare
l’assessore alle Pari
opportunità».
Carlo Macrì
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ROMA — A Montecitorio è il
momento di tirare le fila e dare le
punizioni. Per tutto quello che è
successo negli ultimi dieci giorni,
una bagarre che i questori della
Camera non hanno esitato a definire «di estrema gravità e che non
conosce precedenti».
Sono una quarantina i deputati
del Movimento 5 Stelle che sono
finiti sul banco degli imputati. A
loro si aggiungono Fabio Rampelli
(Fratelli d’Italia) e Stefano Dambruoso, questore di Scelta Civica.
E intanto la tensione fra la presidente della Camera Laura Boldrini e il leader del Movimento 5
stelle non accenna a diminuire. La
Boldrini, in mattinata, ci aveva
provato: «Quella con Grillo? È una
vicenda chiusa». Ma lui, Beppe
Grillo, non ha voluto chiudere
proprio nulla e ancora in un post
di ieri sollecitava le dimissioni
della numero uno di Montecitorio.
Beppe Grillo metteva in guardia
anche da «un colpo di Stato in atto» suscitando l’ironia del segretario del Pd Matteo Renzi: «Colpo di
Stato? Mi pare che sia il tredicesimo del 2014, state attenti». La tensione resta altissima. Laura Boldrini in tv aveva definito quelli del
Movimento 5 Stelle «eversori» e
anche dei «potenziali stupratori»,
per via di post sessisti sul blog di
Grillo. Dichiarazioni che hanno
provocato una valanga di reazioni.
Anche dal Pd, dal vicepresidente
della Camera Roberto Giachetti:
«La Boldrini sbaglia a parlare di
eversione, ancorché sotto pressione, è pur sempre la terza carica
dello Stato». Per la collega di partito Maria Elena Boschi il termine
eversione «sembra un po’ esagerato».
Non sono mancate le reazioni
del Movimento. Claudio Messora,
responsabile comunicazione per i
5 Stelle Senato, l’altro ieri ha scritto un tweet che ha scatenato le ire
anche dentro lo stesso Movimento
(«Cara Laura volevo tranquillizzarti. Anche se noi del blog di Grillo fossimo tutti potenziali stupratori, tu non correresti alcun pericolo»). Per questo tweet il senatore Lorenzo Battista di nuovo ieri
ne ha sollecitato le dimissioni:
«Vorrei che in proposito si esprimesse Grillo, se gli va bene di essere rappresentato da una persona
I renziani
Giachetti: la Boldrini
sbaglia a parlare di
eversione. E la Boschi:
termine un po’ esagerato
così».
Battista appartiene a quel gruppetto di cosiddetti dissidenti che
all’interno del M5s vengono quotidianamente osteggiati. Adesso
torna sul tavolo l’ipotesi di espulsioni, dopo che ieri è stato «salvato» il deputato Tommaso Currò. La
prossima riunione è fissata per
domani. Monica Casaletto, senatrice fra i dissidenti del M5s, alza
le spalle: «Vogliono cacciare i ribelli dalla Storia? Ne faremo un’altra».
Dopo Messora problemi anche
per Massimo De Rosa, deputato di
M5s: lui ha apostrofato (e ammes-
so di averlo fatto) alcune deputate
del Pd con frasi irripetibili. «Voglio
essere giudicato e rinuncio all’immunità parlamentare», ha fatto
sapere. Ma intanto di lui si sono
già occupati i questori della Camera nella relazione che hanno fatto
ieri all’ufficio di presidenza. Sarà
quest’ufficio a commissionare
sanzioni dopo un’istruttoria che si
preannuncia lunga ma per la quale, garantisce la Boldrini, «non
verranno usati due pesi e due misure».
Per Dambruoso, ad esempio: i
questori della Camera non hanno
potuto stilare la relazione tutti e
tre insieme. Perché Dambruoso ha
dovuto chiamarsi fuori: nei giorni
della bagarre ha colpito una deputata del Movimento 5 Stelle, Loredana Lupo. I suoi colleghi Paolo
Fontanelli (Pd) e Gregorio Fontana (Forza Italia) lo hanno bacchettato. Anche per lui punizioni in vista. Le sanzioni per gli incidenti
del 24, 29 e 30 gennaio (e anche
l’occupazione dei banchi di governo del 4 dicembre) arriveranno
dopo l’esame della legge elettorale. Di certo ci si aspetta pene severe, soprattutto perché alcuni passaggi della relazione sono assoluti: «Numerosi parlamentari del
Movimento 5 Stelle hanno adottato comportamenti che, esulando
da ogni forma legittima di ostruzionismo o contestazione, sono
stati finalizzati ad ostacolare materialmente il funzionamento di
organi parlamentari e a precludere
ad altri deputati la possibilità di
esercitare le proprie funzioni».
Gli scontri Il 29 gennaio ci sono scontri alla Camera dopo il voto sul
decreto Imu-Bankitalia. A scatenare la bagarre la protesta del M5S
Gli scontri a Montecitorio del 29 gennaio
La vicenda
Le tappe
I 5 Stelle Il caso
2 La bagarre
Nell’aula di
Montecitorio il clima
si fa incandescente,
volano insulti, i
commessi faticano a
mantenere la calma.
Nel parapiglia cade a
terra il deputato
5 Stelle Luigi Gallo, 36
anni, spinto via —
secondo la
ricostruzione dei
questori della Camera
— dal deputato di
Scelta Civica Stefano
Dambruoso mentre
cercava di salire su un
banco del governo
(Ansa)
Alessandra Arachi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’intervista Il filosofo che invitò il leader ad andare al governo: non mettono niente in pratica, puntano soltanto a distruggere
«Insipienti e telecomandati, io deluso dai 5 Stelle»
Bodei: hanno sul collo il fiato dei loro capi
Colpa anche di chi amplifica ogni tweet
Deluso, professore?
«Molto».
Però ci ha creduto.
«Sapevamo che ci avrebbero presi a
sberleffi per il nostro appello, ma volevamo stanare Grillo».
Beh, non pare ci siate riusciti.
«Quasi un anno dopo, la situazione
s’è imbarbarita. Il confronto con istituzioni e presidente della Repubblica è
distrutto».
Remo Bodei, filosofo idealista appassionato di Hegel, strada facendo
s’era invaghito di Beppe: anche se oggi
ne parla con i tempi al passato del corteggiatore respinto. A inizio marzo
dell’anno scorso, poco prima che Bersani venisse umiliato in streaming dal
duo Crimi-Lombardi, aveva rivolto —
assieme ad altri intellettuali del livello
di Salvatore Settis e Barbara Spinelli —
un invito pubblico al vate pentastellato
(«Se non ora quando?») perché sedesse con la sinistra storica al tavolo d’una
maggioranza riformatrice.
I sogni muoiono all’alba, eh?
«L’insipienza e l’arroganza di molti
senatori e deputati grillini ha prevalso
sull’impegno e la buona volontà di altri. C’è parecchio analfabetismo politico, questi gruppi sono telecomandati.
E per quelli tra loro che vogliono ragionare c’è... il Mastino dei Baskerville».
Caspita! Si riferisce a...
«Ma sì. A Grillo e Casaleggio, insieme».
Un mastino a due teste.
«Pensi che a Ballarò non l’ho neanche mai voluto nominare, Casaleggio.
Per non dargli importanza».
Ammetterà che una certa intellighenzia di sinistra li ha coccolati parecchio, fino a qualche tempo fa.
«Non direi coccolati. Bersani, certo,
ha tirato troppo la corda. Ma il tentativo era evitare di consociarsi con Berlusconi. Diciamo che è mancato il rendez-vous».
Diciamolo.
«L’umiliazione pubblica della delegazione Pd non è cosa che si dimentica, in politica».
Il Foglio vi prende in giro, voi dell’appello: vi chiama gli «intellò».
«A me la parola “intellettuale” fa
schifo. Mai stato un intellettuale orga-
nico. Altri forse sì. La verità è che dopo
l’habeas corpus bisognerebbe ottenere l’habeas mentem: il rispetto per i ragionamenti altrui».
Sferzato da Grillo dopo il vostro
appello, Settis ammise sul Fatto
Quotidiano che «l’intellettuale ha
una straordinaria abitudine a servire».
«Settis mi pare si desse la zappa sui
piedi. Se qualcuno vuole servire, serva. Io mi sento libero».
Barbara Spinelli ieri ha rivendicato quel vecchio appello a Grillo, dice
che lo rifarebbe ogni giorno.
«Ha senso solo se si spaccano i Cinque Stelle. Solo se discutono davvero,
senza il fiato del Mastino sul collo».
Comandano i social network...
«Guardi, io non ce l’ho coi social
network. Dico però che ora la politica
ha varcato la soglia del privato, è entrata in casa ed è diventata seduzione».
Largo, dunque, ai seduttori e ai
All’Università
Trento, i No-Tav contestano Prodi
Blitz dei No-Tav, ieri all’Università di Trento, per contestare l’ex
premier Romano Prodi. Un gruppo di anarchici, circa una decina, ha
interrotto il Professore, che nel pomeriggio stava tenendo una
conferenza nell’ateneo, e ha lanciato volantini contro la Tav, chiedendo
la scarcerazione dei militanti del movimento. «Non pensavo di avere
così grandi responsabilità», ha commentato Prodi, mentre buona
parte del pubblico ha rumoreggiato chiedendo l’allontanamento dei
manifestanti. Sono quindi intervenuti gli agenti della Digos che hanno
portato fuori dall’aula i contestatori e li hanno identificati.
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partiti personali di cui parla il politologo Mauro Calise?
«È così. Si va avanti per miti, il mito
più recente è la rottamazione».
Non si riferisce solo a Grillo.
«Certo, parlo anche di Renzi. In tutte le rivoluzioni si comincia dall’anno
zero. Ma alla prova dei fatti certe posizioni politiche si trovano nelle pastoie».
Un merito di Grillo, suvvia...
«Avere messo in
piedi una nuova
classe politica con
alcune persone
perbene. Ma...».
Le pareva che
non c’era il
«ma»...
«Ma l’educazione politica va fatta
lasciando autonomia, senza una guida
da oracolo nascosto o palese».
Uno vale uno...
«Ma la regola è stata distrutta appunto dagli oracoli e dall’opacità».
Un consiglio al vate.
«Non faccio l’oracolo. Però Grillo
lasci che i suoi entrino nei meccanismi
parlamentari, acquisiscano la “cognizione delle cose particulari”, per dirla
con Machiavelli, senza trattarli da traditori».
Grillo lo impedisce.
«Sì. Alcuni dei suoi sono zelanti,
studiano, partecipano alle commissioni, imparano. Ma non riescono a mettere nulla in pratica, perché si punta a
distruggere gli avversari e a prendere il
potere sulle macerie».
Bell’azzardo.
«Grillo e Casaleggio fanno un gioco
spregiudicato. E sostengono di poterlo
fare tutto nella Rete. Ma se non avessero l’eco di televisioni e giornali non sarebbero quello che sono».
Sta dicendo che il Mastino dei
Baskerville l’abbiamo creato noi?
«Eh, eh... Non dico che dovete mettergli la mordacchia. Ma loro giocano
sul fatto che qualsiasi tweet diventa un
titolo».
In questi giorni si sono avanzati
paragoni col fascismo.
Il filosofo
Remo Bodei, nato a Cagliari,
insegna filosofia a Los Angeles, all’Università della California. Il suo ultimo saggio è
«Immaginare altre vite» (Feltrinelli)
«Termine improprio, il fascismo era
altro. Ma vedo elementi di deriva autoritaria lontani dalla nostra tradizione
democratica».
Che non è una gran tradizione.
«Non lo è. Sorel diceva di Pietro il
Grande che aveva forzato il consenso
russo per fare della Russia una nazione
che guardava a occidente. Forzare il
consenso è come crescere pomodori
in serra. Noi siamo così».
Il futuro sarà di Pietro il Grande?
«No. Sarà di una democrazia senza
consenso drogato. Con soluzioni di alto livello».
Ci crede?
«No».
No?
«Ci spero».
Goffredo Buccini
@GoffredoB
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
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I numeri La rissa in Aula coinvolge oltre 40 deputati, i commessi e
anche il questore di Scelta Civica Stefano Dambruoso
1
Il ruolo I questori sovraintendono alle spese, al cerimoniale,
al mantenimento dell’ordine e alla sicurezza delle sedi della Camera
Il blitz
L’impegno Dal messaggio del leader un anno fa alla chiamata alle armi per Tsipras
Momenti di forte
tensione a
Montecitorio lo
scorso 29 gennaio
subito dopo il voto
finale sul decreto
Imu Bankitalia.
Molti deputati 5
Stelle si
avvicinano a mani
alzate ai banchi
del governo con
l’intenzione di
occuparli per
protestare contro
la decisione della
presidente della
Camera Laura
Boldrini di
mettere in
votazione il
provvedimento
troncando
l’ostruzionismo
parlamentare.
Alcuni deputati
pentastellati si
imbavagliano con
fazzoletti bianchi
(Ansa)
3 Il bavaglio
La deputata dei 5
Stelle Loredana
Lupo, 35 anni, con
un fazzoletto
bianco sulla bocca
come altri suoi
colleghi avanza
verso la presidenza
dell’Aula. Gli
assistenti
parlamentari
cercano di evitare
che i deputati
raggiungano la
presidente della
Camera Boldrini
(Ansa)
4
Il colpo
Il culmine dei
disordini avviene
quando, secondo
la ricostruzione dei
funzionari della
Camera, il
questore Stefano
Dambruoso,
51 anni,
«nell’intento di
allontanare la
deputata Lupo,
protendeva il
braccio destro
colpendola con la
il
mano tra il collo e
si)
volto» (Photo Ma
Le sanzioni Per stabilire quali sanzioni applicare l’ufficio di
presidenza della Camera sentirà da domani più di 40 deputati
LE FIRME PER GRILLO
UN’ILLUSIONE PERDUTA
È IL CURIOSO DESTINO
DEGLI APPELLI
SEGUE DALLA PRIMA
Destino cinico e ingrato. Non è nemmeno passato un anno, e quell’appello si
è trasformato nel suo opposto: «Signor
Grillo, la smetta, per favore».
È rimasta Barbara Spinelli, intervistata dalla Stampa, a tener fede con testarda coerenza a quell’appello. Gli altri non
nascondono il loro imbarazzo. «Una
grande occasione si apre con la vostra
vittoria, di cambiare dalle fondamenta il
sistema politico: Ma si apre, qui, ora»,
scrissero con impeto civile Remo Bodei
e Barbara Spinelli, Salvatore Settis e Roberta De Monticelli. «Facciamolo», ribadirono agli «amici del Movimento 5
Stelle» Jovanotti e Roberto Benigni, Michele Serra e Roberto Saviano, Oscar Farinetti e Carlin Petrini. E ora, che hanno
fatto quegli amici? «Pestano mediaticamente» Laura Boldrini, insultano i giornalisti amici, danno fondo al sessismo
più turpe, uno è arrivato persino a fotografare un libro di Corrado Augias messo al rogo. Un orrore. Ma allora non era
forse un semplice errore cercare di imbarcare questi «barbari» al governo?
Eleggere insieme il capo dello Stato,
mentre adesso vogliono addirittura invocare l’impeachment per Giorgio Napolitano? Non importa. C’è sempre un
altro appello per lenire le ferite della disillusione. C’è sempre una nuova raccolta di firme per far dimenticare quella
precedente. Ora si sottoscrive l’appello
promosso da MicroMega per fare una lista alle Europee sotto la guida di Alexis
Tsipras, l’eroe della sinistra greca che
scalda i cuori degli intellettuali generosi
come Andrea Camilleri, ancora Barbara
Spinelli, ancora Michele Serra, Luciano
Gallino, Guido Viale, Paolo Flores d’Arcais. C’è sempre una firma come risarcimento emotivo. Nella trasmissione
«Aniene 2» Corrado Guzzanti, ricorda
Luca Mastrantonio nel suo «Intellettuali
del piffero», ha riassunto così questa inclinazione compulsiva all’appellomania:
«In questi ultimi anni ho firmato decine
di petizioni, per la riforma elettorale, per
ridare la Rai ai cittadini, per le coppie di
fatto, per i tagli alla politica. Non sono
servite a niente, ma ora ho una firma più
scorrevole».
«Il firmamento», come lo definiva il
compianto Nello Ajello che studiava da
anni il rapporto nevrotico tra gli intellettuali e la sinistra, soprattutto la sinistra
I volti
Barbara Spinelli Giornalista,
editorialista e scrittrice, tra i
fondatori di Repubblica
comunista. Firmavano così tanto che a
volte si confondevano. Come Corrado
Alvaro, che si trovò nel ’48 a sottoscrivere contemporaneamente l’appello elettorale per il Fronte Popolare e quello a
favore della Democrazia Cristiana. Cambiano le Repubbliche, crollano i muri, si
dissolve il Pci, ma l’intellettuale pensieroso dei destini dell’umanità che sforna
appelli a getto continuo non ha certo
smesso di firmare. Persino gli avversari
della sinistra hanno cominciato a lanciare appelli. Marcello Veneziani ha agitato l’appello per un pensiero «divergente». Dal Foglio si stilò l’appello per
protestare contro l’estromissione cattofobica di Rocco Buttiglione dalla Commissione europea. Ma sono manifestazioni sporadiche, che non riescono a
competere con i professionisti della petizione, tra cui spicca con costanza ammirevole Roberto Saviano. Suo l’appello
per una «legge anti corruzione», firmato
da molti nomi che fatalmente tendono a
essere più o meno sempre gli stessi. Naturalmente questi appelli vengono firmati da migliaia e migliaia di cittadini.
Ma purtroppo i giornali riportano solo le
firme degli intellettuali, degli artisti, dei
registi, dei cantanti, degli architetti, dei
La disillusione
Se la petizione di intellettuali
cade nel vuoto c’è sempre un
altro manifesto da sottoscrivere
per lenire la disillusione
Andrea Camilleri Scrittore
(creatore del commissario
Montalbano) e sceneggiatore
Roberta De Monticelli Filosofa,
insegna Filosofia della persona
all’Università San Raffaele
Paolo Flores d’Arcais Filosofo,
ricercatore universitario e
direttore della rivista MicroMega
filosofi, degli attori, degli scultori, e invece molto più raramente dei falegnami,
degli impiegati dello Stato, degli infermieri e di tanti mestieri simili e che portano minore notorietà. Migliaia e migliaia, decine di migliaia di italiani, hanno per esempio sottoscritto nei mesi
scorsi un appello del “Fatto quotidiano”
contro il tentativo, poi per l’ennesima
volta abortito, di modificare la seconda
parte della Costituzione. Ma ovviamente
ha fatto molto più scalpore l’adesione di
volti e voci più famosi, come Fiorella
Mannoia e tanti altri, che solitamente
non arretrano di fronte all’impegno di
una firma, di un vibrante appello, di
un’appassionata petizione. Spesso poi
quegli appelli, sottoscritti molto spesso
da assidui frequentatori del genere,
sembrano avere un grande seguito di
massa, come accadde per i cosiddetti girotondi oppure con le manifestazioni di
protesta per l’uso berlusconiano del
«corpo delle donne» di stampo «Se non
ora quando» (acronimo Snoq). Non
sempre cioé gli appelli hanno avuto
l’esito desolante di quello rivolto a Beppe Grillo, adesso inopinatamente deplorato come uno «squadrista». Un incentivo a continuare. Si (ri)aprono le sottoscrizioni.
Pierluigi Battista
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il fronte critico Il parlamentare pentastellato: ho parlato di consulenti e programmazione per dare un messaggio forte, Casaleggio cambi rotta
Il deputato e i neurolinguisti: stiamo sbagliando messaggio
MILANO — Sempre più spesso
controvento. Con dichiarazioni
che hanno suscitato dibattito tra i
Cinque Stelle. E non solo. Per Ivan
Catalano, 27 anni, deputato eletto
in Lombardia, già contestato per
ritardi nel rendicontare e versare
le quote eccedenti della diaria, gli
ultimi giorni sono stati una escalation. Prima ha smentito Beppe
Grillo via Twitter, poi ha accennato a consulenti di programmazione neurolinguistica ingaggiati
da Gianroberto Casaleggio per i
parlamentari pentastellati. Consulenti, a suo dire, da allontanare.
A cosa si riferiva? Ci sono stati
episodi che ci può raccontare?
«Quello che ho scritto era più
che altro una provocazione, perché certe volte si usano tecniche
di comunicazione che poco hanno a che fare con il contenuto. E
Chi è
A Montecitorio
Ivan Catalano, 27 anni,
deputato, vicepresidente
della commissione
Trasporti alla Camera, fa
parte del Comitato
parlamentare per i
procedimenti d’accusa
questo sta accadendo anche ad
alcuni miei colleghi che frequentemente usano slogan».
Qualche esempio?
«A me non piace la comunicazione televisiva, quindi direi tutti
quelli che sono andati in tv. Ovviamente fanno eccezione le testate giornalistiche perché danno
notizie. Io sono contrario alle
presenze sul piccolo schermo,
non sono mai cambiato».
Perché?
«Capisco che la televisione sia
l’unico mezzo per raggiungere
una vasta platea ma nei fatti banalizza la sostanza delle cose».
Lei però nel suo post ha attaccato anche Gianroberto Casaleggio...
«L’ho fatto per dare un messaggio forte, perché è lui che gestisce
la nostra comunicazione ed è lui
che gli può far cambiar rotta».
E cosa pensa di Beppe Grillo?
«Penso che abbia una linea comunicativa un po’ troppo forte
ultimamente, tende a spostarsi
sul terreno dello scontro più che
a essere divulgativa: così si generano solo certi commenti sul
blog».
E della sua presenza a Roma?
«Noi siamo qui per lavorare. La
presenza di Grillo o meno non è
discriminante».
Lei ha criticato anche il responsabile della comunicazione
al Senato Claudio Messora per il
suo tweet su Laura Boldrini. Si è
scusato, è soddisfatto del gesto?
«No, non accetto le scuse. Non
è la prima volta che accade.
Quando parla non è a titolo personale, ci rappresenta».
❜❜
Le visite
❜❜
Le punizioni
La presenza del leader a
Roma? Noi siamo qui
per lavorare,
che lui ci sia o meno
Sono contrario a punire
Currò. Non ha fatto nulla,
forse qualcuno ce l’ha
con lui per altri motivi
Come hanno reagito i suoi
colleghi al suo post?
«Nessuno mi ha detto niente,
non hanno avuto alcun tipo di reazione».
Ha partecipato all’assemblea
sul caso-Currò?
«No, ho approfittato del tempo
libero per svolgere alcune commissioni».
Ma che idea si è fatto della vicenda?
«Sono contrario a possibili
sanzioni. Currò non ha fatto nulla
di che, ha solo firmato un emendamento (di Forza Italia, ndr) a
favore della messa sotto tutela di
un’area marina nei pressi di Milazzo. Può darsi che qualcuno se
la sia presa per motivi personali
con lui».
Emanuele Buzzi
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8
Primo Piano
Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
italia: 57525754585250
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I partiti Le scelte
Patto di governo, Renzi rinvia a marzo
Il sindaco rivendica altre priorità. Domani direzione pd con il premier
Eurodeputato
L’ex pd Bonanini
(il «Faraone»)
passa al gruppo
di Forza Italia
GENOVA — L’annuncio doveva
farlo ieri ma è slittato di un giorno
per l’arrivo del presidente Giorgio
Napolitano a Strasburgo: Franco
Bonanini, l’ex potentissimo
presidente del Parco delle Cinque
Terre (era soprannominato il
Faraone), deputato europeo nelle
liste del Pd, finito nella polvere per
un guaio giudiziario, è entrato nel
gruppo del Ppe e come
indipendente nella delegazione di
Forza Italia. Traghettatore è stato il
neo-coordinatore forzista della
Liguria Sandro Biasotti che, però,
frena su una possibile candidatura
dell’ex Faraone a Bruxelles: «Ben
felici — dice Biasotti — di
accoglierlo nel Ppe, è una persona
che ho sempre stimato. Se c’è un
peccato che non gli perdono è solo
quello politico di essere entrato nel
Pd». Per le candidature di Forza
Italia in area ligure però bisognerà
aspettare e se ci sarà posto anche
per Bonanini si vedrà, intanto lui
dice che, certo, sarebbe
disponibile: «Sono dieci mesi che
mi impegno come
europarlamentare soprattutto nella
commissione ambiente». Nel
settembre del 2010 Bonanini,
accusato di aver gestito il Parco con
modi a dir poco dittatoriali, venne
arrestato, i magistrati spezzini gli
contestavano una lista di reati di
abuso ma non di aver intascato
soldi. Il processo è in corso a La
Spezia. Al momento dell’esplosione
del
fattaccio
giudiziario
il Faraone
era già da
tempo ai
ferri corti
con il Pd
perché —
Franco Bonanini
contro le
garanzie
ricevute dal partito — non era stato
eletto nel 2009 alle Europee, primo
degli esclusi. Dopo l’arresto,
ricorda Bonanini, «quelli del Pd
non li ho più sentiti per quattro
anni». Così quando l’anno scorso
per la rinuncia di Gianluca Susta è
stato ripescato e il Pd gli ha chiesto
di «fare una scelta di coscienza e un
passo indietro» ha tirato dritto per
la sua strada. Che lo ha portato a
Strasburgo, quindi nel Ppe e a
Forza Italia. «Mi riconosco —
spiega — nella sensibilità di questo
partito per i temi della giustizia».
Quella di entrare nel Ppe è una
scelta confortata dal parere di
alcuni amici, ad esempio quello di
Renato Brunetta: «Ho conosciuto
Brunetta quando era ministro a un
convegno sull’ambiente a Ravello
— racconta —. Ricordo che c’erano
anche Matteo Renzi e Ermete
Realacci. Poi Brunetta è venuto alle
Cinque Terre e quando mi ha detto
che cercava un angolino tranquillo
qui ne sono stato felice. Lo
apprezzo, ho parlato con lui sì, ma
come amico più che come
politico». Il rustico di Brunetta alle
Cinque Terre entrò di sfuggita
nell’inchiesta spezzina ma nulla,
alla fine, venne contestato.
Erika Dellacasa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ROMA — Si fa sempre più insistente il pressing su Matteo Renzi
perché prenda la guida del governo
al posto di Enrico Letta, il quale, secondo questo schema dovrebbe andare, dopo le elezioni del 25 maggio,
a ricoprire il ruolo di commissario
europeo. È un’offensiva che sembra
non dar tregua al segretario. E c’è
chi sospetta che anche l’incontro di
ieri al Viminale tra il leader del Pd e
Angelino Alfano sia ruotato attorno
a questo tema. Un governo Renzi che
arrivi fino al 2018, con una legislatura costituente e una doppia maggioranza, una che regge l’esecutivo e
un’altra che manda in porto le riforme.
Ma il diretto interessato sta resistendo strenuamente a ogni profferta, come ha spiegato a un amico:
«Non è un tema che ho posto all’ordine del giorno dei miei programmi,
anche perché vorrei il voto degli italiani. In realtà è una questione che
viene alimentata soprattutto da alcuni alleati e dalla minoranza del
mio partito». Quel che però il segretario non ha detto all’amico è che il
tema viene ormai discusso pure da
una fetta dei suoi. L’area che fa capo
al ministro Graziano Delrio punta
sull’inizio di quella che definisce
l’«Era Renzi». Anche perché c’è chi
teme che con questa nuova riforma
elettorale il centrosinistra possa
perdere alle prossime elezioni. Benché l’ultimo sondaggio a disposizione dei partiti riveli che le coalizioni
del centrosinistra e del centrodestra
sono entrambe intorno al 35% e in
caso di ballottaggio vincerebbe, e
non di poco la prima.
Insomma, nonostante Renzi si
opponga al pressing, è chiaro che
questa situazione non stia favorendo il clima più adatto a stemperare
le tensioni tra il premier e il segretario. Il sindaco di Firenze non nasconde — e lo continua a dire — che
«il governo potrebbe fare di meglio». E non sembra nemmeno condividere l’entusiasmo di Letta per la
promessa del Kuwait di investire in
Scout
Matteo Renzi
da ragazzo
negli scout, in
una foto
pubblicata
da «Chi». Il
settimanale, in
edicola oggi,
ha intervistato
il parroco del
giovane Renzi:
«Già a 7 anni
era svelto di
lingua e non si
arrendeva
mai»
Italia. Per il segretario ciò che importa è «come vengono utilizzati
quei soldi», ciò che importa è «fare
un piano industriale» degno di questo nome, è varare «programmi più
decisi». Ma non si parlerà di tutto
questo nella direzione di domani a
cui prenderà parte pure il premier.
Letta ha fatto sapere di voler parlare
anche di Impegno 2014 (nonostante
c’è chi è pronto a scommettere che
alla fine l’inquilino di Palazzo Chigi
potrebbe soprassedere). Ai piani alti
del Nazareno, comunque, sono convinti che il premier non cercherà lo
scontro con il sindaco: «Che fa, vie-
ne a sfidarci qui in direzione dove
abbiamo il 70%?».
Insomma, il presidente del Consiglio deve farsene una ragione: del
patto di governo Renzi non parlerà
prima di marzo e, forse, lo farà ancora più in là. Lo ha spiegato lui
stesso ieri pomeriggio ai suoi: «Per
siglare Impegno 2014, voluto da
Letta, prima dobbiamo fare le nostre
proposte e approvarle in Direzione.
Ma ci vuole tempo perché intanto
abbiamo in programma tre Direzioni su altri argomenti. Quindi Letta
dovrà pazientare...».
Già, «pazientare», perché per il
momento le priorità di Renzi sono
altre: «Adesso portiamo a casa l’accordo su Titolo V e sul Senato, domani lo facciamo approvare in direzione senza voti contrari, poi andiamo avanti con il programma delle
altre riunioni. Quando avremo in
mano la legge elettorale, potremo
cominciare a ragionare del governo,
non prima, altrimenti la palude ci risucchia». E infatti al Nazareno è forte la tentazione di far slittare il «capitolo governo» addirittura ad aprile, quando la riforma sarà passata in
entrambi i rami del Parlamento.
Maria Teresa Meli
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La protesta
Germania,
i giovani turchi
contro Erdogan
Visita con proteste. Ieri il
primo ministro turco Recep
Tayyip Erdogan era a Berlino
per incontrare la cancelliera
Angela Merkel. In occasione
del meeting un gruppo di
manifestanti della
Confederazione dei giovani
turchi di Germania si è
radunata davanti alla
stazione della capitale
tedesca per chiedere le
dimissioni del primo
ministro e del governo.
Erdogan ha chiesto alla
Germania di sostenere con
più forza la causa turca per
l’ingresso nell’Unione
Europea. Angela Merkel però
ha replicato a chiare lettere di
essere «scettica».
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Il retroscena Ma l’ex coordinatore smentisce di aver dato del «babbeo» al nuovo consigliere politico
La sfida (continua) tra Verdini e Toti
E il Cavaliere prepara il suo libro «Verità»
Il leader concentrato sulla ricostruzione della «persecuzione giudiziaria»
ROMA — Loro negano attriti. Denis Verdini lo fa con una nota secca
in cui smentisce di aver definito «un
babbeo» Giovanni Toti, come invece
aveva scritto Libero riportando una
chiacchierata al ristorante dell’ex coordinatore con uno sconosciuto interlocutore: «Non ho motivo per rivolgere all’amico Toti espressioni offensive, al contrario, anche perché
chi mi conosce sa bene che se io devo dire qualcosa lo faccio a viso aperto, in modo diretto, parlando all’interessato, e mai e poi mai alle spalle». Il consigliere politico dell’ex premier, ormai assurto al ruolo di
collaboratore numero uno, ci ride
su: «Offendermi? Ma su, via...». Anzi, dicono, una telefonata mattutina
di chiarimento è finita a ridere: «Denis, se mi avessi definito così ti saresti veramente rammollito...».
Chi li conosce giura che, in pubblico, i rapporti tra i due siano cordialissimi. Fin troppo, aggiungono,
per uno abituato a essere ruvido co-
me Verdini. E in effetti, dietro la gentilezza, lo scontro politico c’è tutto.
Non tanto o non solo tra i due uomini forti di Forza Italia, ma tra le due
idee di partito che dietro i loro volti e
le loro mosse si contrappongono.
L’uno, Toti, è ormai chiaramente la
faccia più visibile di quel cambiamento che Berlusconi vuole imporre
a Forza Italia. L’altro, Verdini, è
l’estremo difensore — come lo è Fitto, a capo dell’area lealista che non fa
sconti di nessun tipo al Cavaliere —
dell’idea di partito che vede la centralità di organi, statuto, e la rappresentanza della attuale classe dirigente nella tolda di comando.
Il braccio di ferro tra le due anime
va avanti da almeno due mesi, da
quando cioè Berlusconi ha rilanciato
Forza Italia e promesso che avrebbe
nominato (come prevedono le regole interne) un Ufficio di presidenza
che lo avrebbe affiancato. Ma dell’organo atteso e promesso continua
a non vedersi traccia, proprio per la
resistenza — attiva e passiva — che
sta opponendo il Cavaliere. Nel suo
«cerchio magico» c’è chi racconta
che il problema sarebbe legato ai nomi — tutti troppo «vecchi» o comunque esponenti della attuale nomenklatura — che Verdini sta proponendo a Berlusconi. Ma in realtà,
dicono da Arcore e dintorni, il problema sarebbe ancora più profondo:
«Più Verdini, Fitto, Rotondi, Capezzone e tutti gli altri pressano Berlusconi, più lui si innervosisce e l’ufficio non glielo dà. Non tollera che
non si fidino di lui, che non gli lascino mano libera». Perché, dicono, per
Friuli Venezia Giulia
Il capogruppo condannato a pagare
per le spese illegali dei suoi consiglieri
Per i rimborsi del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, la Corte
dei conti ha condannato Gianfranco Moretton, ex capogruppo del Pd:
per i giudici ha causato un danno alle casse pubbliche e dovrà risarcire
60.098 euro. La Corte sostiene che Moretton (che ricorrerà in appello)
avrebbe dovuto verificare che le spese dei colleghi fossero giustificate e
legate ad attività istituzionali: i rimborsi sono versati al capogruppo, a
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cui spettano obblighi di contabilità e vigilanza.
l’ex premier l’idea di «organismi pletorici, che sanno di vecchia politica e
che non servono a nulla, a meno che
non vogliamo ingabbiarmi...» è
semplicemente un autogol.
Chiuso ad Arcore ad occuparsi
delle sue aziende, dei suoi processi e
della stesura di un libro-pamphlet
che lo sta appassionando e che occupa ore e ore del suo tempo — si chiamerà La verità e racconterà la sua
versione dei fatti sulla «persecuzione giudiziaria che va avanti ai miei
danni da 20 anni» — Berlusconi ha
in testa una strategia che non passa
certo per la nomina di organi statutari, ma semmai per il varo di organismo più agile come un ufficio politico-segreteria sul modello di quello renziano e con tante facce nuove,
che accompagni e dia vigore all’azione sulla quale conta di più: quella dei
Club Forza Italia sul territorio che
vorrebbe come una sorta di centri
d’ascolto e di collaborazione con i
cittadini «che vivono la crisi sulla loro pelle». Tutto il resto conta poco, a
partire dall’ufficio di Presidenza.
Che a via dell’Umiltà però credono
possa essere perfino varato oggi,
quando Berlusconi tornerà a Roma.
Ma che i fedelissimi dell’ex premier
vedono lontanissimo: «Si illudono...».
Paola Di Caro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
Primo Piano
italia: 57525754585250
9
Politica e religione Il caso
Scola va da Maroni
e sferza la Lombardia
sull’immigrazione
Il cardinale in Consiglio regionale
La reazione leghista, proteste di M5S
MILANO — La dimensione
internazionale della Lombardia vale solo per la crescita
economica o per l’export e non
per le politiche d’accoglienza.
Angelo Scola lo dice così: «Lo
sviluppo delle esportazioni
mostra la capacità di andare
incontro a mercati lontani e
culturalmente differenti.Tuttavia tale capacità sembra venir meno quando si tratta di
affrontare equilibrate politiche
di integrazione, nel rispetto
della legalità». Prima bordata.
Il cardinale di Milano, da sempre amatissimo dal popolo
ciellino, è seduto a fianco di
Roberto Maroni. Sta parlando
di un nuovo Umanesimo nella
Lombardia che verrà nell’aula
del Consiglio regionale. Nessuno sconto, nessuna concessione ai «padroni di casa» leghisti. Le parole sono nette,
inequivocabili. Una pausa e
poi ecco il secondo affondo:
«Gli immigrati rappresentano
quindi una potenzialità, ma se
non ci decidiamo a tradurre
questo processo di meticciato
di civiltà in una possibilità effettiva il nostro futuro sarà più
difficile».
Bravi a far soldi all’estero,
ma chiusi di fronte allo straniero che viene a chiedere aiuto. Roberto Maroni, alla fine,
applaude. Ma il passaggio non
può lasciare indifferenti i lumbard del Pirellone. Il governa-
tore non replica, scansa commenti e polemiche. Tiene
scrupolosamente fede al cerimoniale e accompagna, terminata la lectio in aula, il cardinale in visita ai dipendenti del Pirellone. Poco prima, nel suo
intervento di saluto all’ospite,
Maroni lo aveva omaggiato richiamando le battaglie «comuni»: «Negli anni le sue profonde riflessioni sull’identità,
sulle radici della nostra cultura, sul rapporto fra religione e
politica, governo e bene comune, hanno offerto preziosi e
condivisibili spunti a chi, come noi, è impegnato quotidianamente nel difficile compito
affidatogli dai cittadini». Il governatore padano aveva anche
ricordato le politiche a favore
della libertà educativa (la Regione ha appena confermato il
finanziamento inaugurato da
Roberto Formigoni per gli studenti delle scuole private) e a
sostegno delle fragilità sociali,
di chi è rimasto indietro «per
La frase
«La capacità di andare
incontro a mercati
lontani viene meno
quando si tratta di
affrontare politiche di
integrazione»
Il discorso Il cardinale di Milano Angelo Scola ieri
durante il suo discorso al Pirellone, tra il governatore
Roberto Maroni, Lega, e il presidente del Consiglio
Regionale Raffaele Cattaneo, Ncd (Fotogramma)
Fazzoletti bianchi al Pirellone
In Regione come alla Camera: i 5 stelle lombardi portano al
polso il fazzoletto bianco, simbolo del «bavaglio sulla
legge elettorale» usato dai deputati grillini. Ieri i
consiglieri regionali del Movimento sono
usciti dall’aula quando ha parlato
Scola (Fotogramma)
colpa della crisi». «Ci siamo fin
dall’inizio impegnati per sostenere i più deboli, gli anziani, i malati, i non autosufficienti e le loro famiglie: non
vogliamo lasciare indietro
nessuno. Questo, credo, fa la
vera differenza in una società
moderna». E poi Expo, il tema
dell’alimentazione, la necessità di una maggiore sobrietà
nei consumi e negli stili di vita.
Rimane quel richiamo del
cardinale. L’immigrazione come un’opportunità da cogliere
e l’invito a «tradurre questo
processo di meticciato di civiltà in una possibilità effettiva».
Parole pesanti come macigni
per l’amministrazione a guida
leghista, che vuole, tanto per
dirne una, escludere dall’assegnazione delle case popolari
chi non è residente da almeno
15 anni sul suolo lombardo. Il
gruppo consiliare del Carroccio, tempo mezz’ora, produce
una nota che non profuma
d’incenso: «Al cardinale Scola
abbiamo personalmente riferito della necessità di aiutare i
popoli a casa loro, affinché
non siano costretti all’immigrazione di massa e ad essere
sradicati dal proprio territorio».
La visita del cardinale al Pirellone s’era aperta con l’Aventino dei nove consiglieri grillini che avevano abbandonato
l’aula all’ingresso del cardinale. Profanata la laicità dell’istituzione, avevano protestato gli
eletti a cinque stelle, sfilando
verso l’uscita. Una protesta civile, con tanto di spiegazione
personale a Scola alla fine della
sua visita ufficiale.
Può a ragione esultare invece l’ala cattolica della maggioranza di centrodestra, a cominciare dal ciellino Raffele
Cattaneo (Ncd), il presidente
dell’assemblea lombarda che
più s’è speso per portare la testimonianza di Scola in aula.
«L’amicizia civica tra la nostra
istituzione e la Chiesa ambrosiana è viva e dopo questa visita ancora più forte». Soddisfatto anche il Pd, in particolare
per i passaggi su immigrazione e accoglienza. «Spunti di riflessione che ci auguriamo entrino nell’agenda dei lavori
della Regione».
Andrea Senesi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’intervista L’esponente dei Popolari per l’Italia: non si costruisce nulla tornando al populismo del Cavaliere
Mauro: il centro esiste, Alfano si allei con noi
«Le elezioni europee saranno un test ideale
per chi si riconosce nelle ragioni del Ppe»
ROMA — Oltre a guidare i Popolari per l’Italia, il ministro
Mario Mauro ha l’ambizione di
rappresentare a Roma il versante più autentico del Ppe. Se
Casini torna a guardare verso
Berlusconi, lui risponde: «Io
resto al centro». Ma il centro
resta?
«Partiamo da un giudizio su
questa rassegnazione che vedo
in giro, in troppi pensano che ci
sia una sorta di obbligo a stare
con l’uno o con l’altro, con il Pd o
con Berlusconi. Non è così. Il
centrodestra è storicamente e
politicamente un’invenzione di
Berlusconi, prima centro e destra
erano distinti, diceva Cossiga:
“Anche distanti”».
Berlusconi non è tramontato.
«Berlusconi ha messo insieme
un partito nazionalista come An
con un partito contro la nazione
come la Lega, condendo il tutto
con l’idea della rivoluzione liberale. Oggi è cambiato tutto: non
c’è più An, la Lega è ai minimi
storici e come dimostra l’episodio della contestazione a Napolitano ha contenuti inconciliabili
con tutti coloro che dicono di voler far parte del centrodestra».
Insomma, secondo lei Alfano
non dovrebbe allearsi con Forza Italia.
«Mi chiedo che senso ha im-
Chi è
Al governo
Mario Mauro,
52 anni, di San
Giovanni Rotondo
(Foggia), è
l’attuale ministro
della Difesa
Con i Popolari
Eletto in Senato
nel 2013 con
Scelta civica, dopo
la separazione dei
montiani dall’Udc
a novembre ha
lasciato il gruppo
per fondare i
Popolari per l’Italia
In Europa
Ex di Forza Italia e
del Pdl, è stato
eletto tre volte al
Parlamento
europeo (nel
1999, nel 2004,
quando divenne
vicepresidente, e
nel 2009)
maginare di collocarsi in questo
contesto, e che speranza reale di
produrre reali riforme potrebbe
generare. Restare al Centro significa indicare l’unico punto realistico di partenza, e cioè aggregare quelle formazioni che la
cultura della responsabilità ha
reso fautori del governo Letta e
che si riconoscono nella matrice
del Ppe».
Dunque anche il Nuovo centrodestra di Alfano?
«Ma senza dubbio, perché se il
centrodestra è l’esperienza storica che ho descritto bisogna fare
molta attenzione, alla viglia di
queste elezioni Europee non si
costruisce nulla tornando al populismo del Cavaliere».
La legge elettorale che ha in
mente Renzi potrebbe far premio sui suoi ragionamenti.
«Guardi, prima di discutere di
elezioni italiane dobbiamo discutere di come va modificata al
Senato questa legge, qualcuno
dovrebbe accorgersene, anche
nel Pd, la soglia del 37% è troppo
bassa, finisce con il dare troppo
potere a chi ha troppi pochi voti,
e non rappresenta la società italiana nella sua complessità, ma la
costringe dentro schemi che
rompendosi potrebbero generare violente tensioni. Realtà anche
rilevanti nei numeri, se percepiscono che un modello di legge
elettorale gli impedisce sempre
di vincere, possono anche essere
tentate da scorciatoie autoritarie».
Le Europee di maggio saranno un primo test?
«Alle Europee esiste una legge
La maggioranza di Crocetta
Sicilia, Pd-Udc ai ferri corti
per la scelta di Casini
Il ritorno nel centrodestra di Casini scuote la Sicilia e la maggioranza
di Rosario Crocetta, sostenuto, tra gli altri, proprio da Pd e Udc. Due
big dei democratici siciliani, Baldo Gucciardi e Fabrizio Ferrandelli,
sono pronti a chiedere una verifica della maggioranza se l’Udc
dovesse andare nella «direzione opposta». «Per quanto ci riguarda,
dopo le dichiarazioni del Pd si è aperta la crisi in Sicilia», ha replicato
il ministro Gianpiero D’Alia, leader dell’Udc sull’isola. © RIPRODUZIONE RISERVATA
proporzionale con uno sbarramento al 4%, l’ideale per potere
testare le ragioni di chi si riconosce nel Ppe: facciamolo fra quei
partiti che hanno quella comune
appartenenza e che hanno sostenuto insieme il governo Letta.
Sarebbe paradossale per il centrodestra riproporsi con Berlusconi dopo aver qualificato la sua
esperienza come estremista.
Proviamo a federare tutti coloro
che si ritrovano nella matrice popolare, ma con contenuti europei
e riformatori, e ricordo a tutti che
fra i contenuti chiave del Ppe c’è
anche l’euro, che a più riprese
Lega e Forza Italia, hanno contestato. A maggio, come oggi in
Ucraina, ci saranno in Italia solo
due schieramenti: quelli che sono per l’Europa e quelli che sono
contrari, a me interessa essere
dalla parte giusta, e non confondermi con gli altri».
Non vi manca un leader?
«La leadership nasce dalla volontà di essere un federatore e
non semplicemente un generico
protagonista della vita politica.
Per tutti coloro che si sentono attrezzati per questo ruolo è venuto il momento di fare un passo
avanti. Oggi ci sono tutti i presupposti per costruire un’area
politica che anche con questa
legge elettorale sia rilevante e
centrale per la vita politica italiana e che ambisca nel tempo ad
essere maggioritaria».
Gli equilibri
Il Senato parte civile
contro Berlusconi,
oggi il voto decisivo
Lanzillotta verso il no
ROMA — Il voto della senatrice Linda Lanzilotta (Scelta civica),
vicepresidente del consiglio di presidenza di Palazzo Madama,
anche questa volta potrebbe essere determinante per Silvio
Berlusconi: lo scorso 27 novembre fu lei, con la sua scelta, a far
scattare lo scrutinio palese in aula per la decadenza del Cavaliere
(e per questo fu sonoramente fischiata dal centrodestra) mentre
oggi la sua scelta garantista potrebbe impedire al Senato di
costituirsi parte civile all’udienza preliminare per la
compravendita dei senatori in cui dovranno comparire, oltre
all’ex premier, anche Sergio De Gregorio e Walter Lavitola. Per
Linda Lanzillotta, infatti, «non si può seguire la corsa alla
giurisdizionalizzazione imposta dalla magistratura: vedremo
cosa ci dirà il presidente ma io sono contraria alla costituzione
in giudizio del Senato anche perché non ci sono precedenti. Se
avessimo dovuto costituirci in giudizio tutte le volte che un
parlamentare veniva indagato per Tangentopoli non ne
saremmo mai usciti....». Tutto si deciderà oggi dopo le 13.30,
quando il presidente Pietro Grasso riunirà intorno a un tavolo
gli altri 18 componenti del
consiglio di presidenza: 4 di
Forza Italia, 1 del Ncd, 2 della
Il consiglio
Lega, 1 di Gal, 1 dell’Udc. In tutto
9 voti che, con quello della
La composizione
Lanzillotta, diventerebbero 10.
Il consiglio di
Cioè una quota irraggiungibile
presidenza di Palazzo
per il fronte giustizialista (5 Pd, 1
Madama è composto
Sel, 1 M5S, 1 Autonomie) e non
dal presidente Pietro
cambierebbe il risultato
Grasso e da altri 18
l’eventuale voto del presidente
senatori. Sono 5, oltre a
Grasso, che dice di puntare sulla
Grasso, i membri del
costituzione in giudizio. A
Pd, 4 di Forza Italia, 2
maggio la Procura di Napoli, nel
della Lega, uno a testa
chiedere il rinvio a giudizio
per gli altri gruppi
(corruzione) per Berlusconi,
Gli equilibri
Lavitola e De Gregorio, identificò
Il versante di chi
il Senato come persona offesa
vorrebbe che il Senato
dalla presunta compravendita dei
si costituisse parte civile
senatori attribuita al Cavaliere. A
nel processo di Napoli,
novembre, poi, la magistratura
con Pd, Sel, M5S e Svp,
ha notificato a Palazzo Madama
si oppone a quello,
l’atto con cui si chiedeva la
contrario, formato da
costituzione come parte civile. E
Forza Italia, Ncd, Lega,
così oggi — dopo che Antonio Di
Gal. Decisivi i centristi
Pietro ha acceso un faro sulla
vicenda — la discussione entra
nel vivo. Antonio De Poli (Udc),
che dovrebbe essere passato con il centrodestra dopo la scelta di
campo di Casini, dice che comunicherà solo oggi la sua scelta.
Antonio Gentile (Ncd) conferma invece che il partito di Alfano
sta con Berlusconi: «Il Senato non si è mai costituito in giudizio,
non ci sono precedenti». Concorda Roberto Calderoli (Lega). In
casa del Pd, infine, si cerca di non dare importanza a questa
vicenda anche perché l’udienza preliminare è in programma a
Napoli l’11 febbraio, lo stesso martedì in cui alla Camera si
inizia a votare sulla legge elettorale frutto dell’accordo RenziBerlusconi. I 5 senatori del Pd (e forse anche Grasso) voteranno
per la costituzione in giudizio del Senato ma alla fine nessuno
(compresa la super renziana Rosa Maria Di Giorgi) si dispererà
se il voto di Linda Lanzillotta farà pendere la bilancia per il
fronte garantista che non vorrebbe dare un altro dispiacere al
Cavaliere, ormai riammesso al posto d’onore del tavolo delle
riforme.
Dino Martirano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Marco Galluzzo
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
Primo Piano 11
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Il governo Il voto
Perché non si riaprono Pianosa e l’Asinara e non si mandano lì
i detenuti al 41 bis?
Nicola Gratteri procuratore aggiunto di Reggio Calabria
Tornano le manette in Aula
contro lo svuota carceri
Tensione alla Camera. Passa la fiducia: 347 «sì», 200 «no»
ROMA — Manette sventolate
davanti al ministro Anna Maria
Cancellieri. È finita così la discussione in aula per il voto di
fiducia sulla conversione in legge del decreto svuota carceri.
Con il leghista Gianluca Buonanno che depositava un paio
di manette sul banco del governo, di fronte alla Guardasigilli.
Poi la seduta è stata sospesa prima della conta e della votazione. Finita con la vittoria dei sì:
347 (i no sono stati 200).
Ma di carceri da svuotare si
tornerà a parlare alla Camera
forse già da venerdì o sabato
prossimo. È attesa proprio in
questi giorni la discussione sul
messaggio del capo dello Stato
inviato alle Camere, lo scorso 15
ottobre, in favore di un atto di
clemenza verso i detenuti che
nel sovraffollamento versano in
condizioni «umilianti». In un
momento non proprio propizio, visti i rapporti roventi tra
maggioranza e opposizione, si
tornerà dunque a parlare di indulto e amnistia.
Già ieri il M5S gridava all’«indulto mascherato» contro
il decreto che prevede una liberazione anticipata speciale di 75
giorni (invece di 45) in meno
per ogni semestre di pena scontata. Ad esclusione dei condannati per mafia o gravi delitti
(come omicidio, violenza sessuale, rapina aggravata ed
estorsione). Più alto il limite di
pena (dai 3 sale fino ai 4 anni)
che consente l’affidamento in
prova ai servizi sociali. Si potrà
scontare presso il domicilio la
pena detentiva non superiore a
18 mesi, se non ci sono delitti
gravi, pericolo di fuga o perso-
Cosa cambia
Il braccialetto
elettronico
Gli strumenti elettronici
di controllo saranno la
regola mentre sino a
oggi, nel disporre gli
arresti domiciliari, il
giudice li prescriveva solo
se necessari. Ora dovrà
prescriverli in ogni caso,
a meno che (valutato il
caso concreto) ne
escluda la necessità
Le nuove regole
per le espulsioni
È ampliato il campo
delle espulsioni come
misura alternativa al
carcere. Vi rientra ora
anche chi è condannato
(non più di 2 anni) per
delitti del testo unico
sull’immigrazione e chi è
condannato per rapine
o estorsioni aggravate
La detenzione
ai domiciliari
Diventa permanente la
disposizione che
consente di scontare
presso il domicilio la
pena detentiva (anche
nella parte residua) non
superiore ai 18 mesi.
Rimangono le
esclusioni per i delitti
gravi o altre circostanze
✒
Il rischio di un no della Consulta
di GIOVANNI BIANCONI
I
detrattori più agguerriti del
decreto cosiddetto
«svuotacarceri» l’hanno
ribattezzato «indulto
mascherato». Senza tenere
conto della differenza tra un
provvedimento generalizzato e
automatico e una riduzione di
pena che deve comunque
passare dal vaglio di un
giudice. Le critiche riguardano
soprattutto l’estensione della
liberazione anticipata di 45
giorni per ogni sei mesi
trascorsi in cella (già in vigore
da alcuni decenni) a 75 giorni
ogni sei mesi; misura
«straordinaria» da applicarsi
retroattivamente e in
prospettiva per il periodo di
tempo 2010-2015. Adesso, per
superare perplessità che
metterebbero a rischio
l’approvazione del
provvedimento, governo e
maggioranza hanno deciso di
lasciare fuori da questo
beneficio i reclusi per mafia,
terrorismo, omicidio, violenza
sessuale e altri reati considerati
ad alta pericolosità sociale; un
tentativo di limitare proteste e
allarmi su boss e criminali
incalliti destinati a tornare
liberi troppo presto. Operazione
legittima, se non si riesce a
giustificare davanti
all’opinione pubblica la
necessità di una norma. Ma
l’esclusione introdotta in corsa,
insieme alla questione di
fiducia per essere sicuri di
trasformare il decreto in legge
prima della sua decadenza,
porta con sé qualche rischio di
incostituzionalità. Perché la
«liberazione anticipata» non è
collegata ai reati commessi dal
condannato, bensì alla sua
«rieducazione», il
reinserimento a cui — secondo
la Costituzione — deve tendere
l’espiazione della pena. Ecco
perché quel beneficio è l’unico
concesso finora anche a mafiosi
e terroristi, a differenza di tutti
gli altri (permessi premio,
forme alternative di detenzione,
eccetera). Limitarne oggi
l’applicazione potrebbe
significare andare incontro a
una bocciatura della Corte
costituzionale, se e quando
qualcuno vi si rivolgerà.
Qualora i dubbi fossero
confermati, sarebbe il «giudice
delle leggi» a riallargare le
maglie che il Parlamento oggi
restringe pur di incassare un
risultato che aiuti a
fronteggiare il drammatico
sovraffollamento carcerario;
per non lasciare più inascoltato
di quanto non lo sia già
l’accorato appello del
presidente della Repubblica a
trovare rimedi d’emergenza in
una situazione d’emergenza.
Senza mascherare alcunché.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ne offese da tutelare. È ampliata
la possibilità di espulsione come misura alternativa per i detenuti stranieri. Mano più lieve
con i piccoli spacciatori. E il
braccialetto elettronico sarà
una regola e non un’eccezione.
Opposti i motivi del dissenso. Se per il M5S e la Lega è un
«favore ai criminali», per Sel
«non svuota un bel nulla».
Incassata la fiducia il governo
attende ora il sì definitivo che
dovrebbe arrivare questa sera.
Poi il decreto tornerà al Senato
per un breve passaggio del testo
che ha subito modifiche.
Critiche al decreto sono
giunte ieri dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri: «Contro il sovraffollamento perché non si ria-
prono Pianosa e l’Asinara e si
mandano lì i mafiosi al 41 bis?
Sono state chiuse nel ‘94 per
legge che ci vuole a riaprirle?
Questi provvedimenti reiterati
negli ultimi anni hanno sostanzialmente ingenerato nella testa
della gente il tarlo che poi alla
fine tutto si aggiusta, che alla fine ci sarà lo sconto per tutti»,
ha avvertito a «Skytg24» il magistrato, sottolineando che dall’indulto in poi i posti in carcere
non sono aumentati perché «ci
sono intere sezioni chiuse per
mancanza di personale». Lo
stesso ex capo del Dipartimento
di amministrazione penitenziaria, Sebastiano Ardita, aveva
lanciato l’allarme su un provvedimento che premia di più chi
ha pene più lunghe e quindi chi
Il gesto Il leghista Gianluca Buonanno mostra le manette in aula prima di lasciarle sul banco del ministro
61
Mila
Per il ministero della
Giustizia sono 61.449
i carcerati in Italia
ha commesso reati più gravi.
Ma quanti detenuti riguarderà? Secondo il ministero della
Giustizia da quando è stato varato sono circa 1.000 i reclusi in
meno. Sono scesi a 61.449 dai
62.536 che erano al 31 dicembre
scorso. La capienza è di 47.711
posti nei 205 istituti di pena:
21.167 sono i detenuti stranieri
(lo scorso dicembre 21.854). E
solo 37.335 reclusi sono con-
dannati in via definitiva.
Al momento del voto i leghisti hanno esposto cartelli «No al
libera-criminali» con Buonanno che ha tentato invano di salutare la presidente Boldrini. I
deputati del M5S, invece, hanno votato tenendo alta con la
mano una copia del regolamento.
Virginia Piccolillo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
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Esteri
Svolte Il rapporto curato dalla deputata austriaca dei Verdi Lunacek
Il testo
Piano europeo anti-omofobia
Ulrike vince la sua battaglia
Dal parlamento di Strasburgo una tabella di marcia
per combattere tutte le discriminazioni sessuali
Il precedente
Quel no
alla risoluzione
sull’aborto
Il 10 dicembre 2013 il
Parlamento europeo ha
bocciato definitivamente la
«risoluzione Estrela» (dal
nome della socialista
portoghese che l’ha
elaborata). La mozione si
occupava di tutela della
salute, aborto,
contraccezione, «lotta contro
la violenza in relazione ai
Il voto
La risoluzione,
presentata dalla verde
austriaca Ulrike Lunacek
e adottata ieri nella
sessione plenaria
dell’Europarlamento a
Strasburgo con 394 voti
a favore, 176 contrari e
72 astensioni, chiede
alle istituzioni
comunitarie nuove
norme a tutela dei diritti
fondamentali delle
persone Lgbti (lesbiche,
gay, bisessuali,
transgender e
intersessuali)
I temi
L’obiettivo è introdurre
una politica globale
contro l’omofobia e le
discriminazioni basate
sugli orientamenti
sessuali in «tutte le
attività e in tutti i
settori» dove è in corso
l’elaborazione di
politiche future o il
monitoraggio
dell’attuazione del
diritto europeo.
Spiccano le
sollecitazioni ad
intervenire sul bullismo
nelle scuole e ad
applicare la libera
circolazione dei cittadini
all’interno della Ue,
consentendo di
convalidare le unioni tra
persone dello stesso
sesso quando si
trasferiscono da uno
Stato membro all’altro
Verdi L’eurodeputata Ulrike Lunacek, 56 anni, copresidente dell’intergruppo per i diritti dei gay
diritti sessuali e riproduttivi»
ma per i conservatori
accreditava una concezione
della «salute sessuale e
riproduttiva» nella quale
aborto e fecondazione per le
coppie lesbiche diventavano
diritti umani. Lo stesso
giorno è stata approvata
un’altra risoluzione,
presentata dal Ppe e
sostenuta dalla destra, in cui
si dice che di questi temi
l’Europa non deve occuparsi,
perché spettano agli Stati
membri. La risoluzione, che
fa cadere la Estrela, è stata
approvata a sorpresa: 334
voti a favore e 327 contrari.
Decisivi i 35 astenuti, tra i
quali sei italiani.
DAL NOSTRO INVIATO
STRASBURGO — L’Europarlamento promuove la tutela dei diritti delle persone
Lgbti, termine usato per comprendere lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersex.
Gli eurodeputati hanno approvato a Strasburgo la richiesta alla Commissione europea
e ai 28 governi della Ue di stabilire una specifica tabella di
marcia. L’obiettivo è introdurre una politica globale contro
l’omofobia e le discriminazioni basate sugli orientamenti
sessuali in «tutte le attività e in
tutti i settori» dove è in corso
l’elaborazione di politiche future o il monitoraggio dell’attuazione del diritto europeo.
Spiccano le sollecitazioni ad
intervenire sul bullismo nelle
scuole e ad applicare la libera
circolazione dei cittadini all’interno della Ue, consenten-
do di convalidare le unioni tra
persone dello stesso sesso
quando si trasferiscono da
uno Stato membro all’altro.
L’Europarlamento considera la condizione delle persone
Lgbti ancora molto difficile in
Europa, richiamando un sondaggio condotto nel 2013 dall’Agenzia Ue dei diritti fondamentali. Indica nel 47% i gay,
lesbiche, bisessuali, transgender e intersex che affermano di
sentirsi discriminati o di essere stati molestati. Il 26% ha denunciato di essere stato «aggredito fisicamente». Il rapporto, curato dall’eurodeputa-
La sigla «Lgbti»
Il testo promuove
la tutela dei diritti di
lesbiche, gay, bisessuali,
transgender e intersex
47
Per cento
Le persone gay,
lesbiche, bisessuali,
transgender
e intersex
che affermano
di sentirsi
discriminate
o di essere state
molestate
secondo un
sondaggio condotto
nel 2013
dall’Agenzia Ue dei
diritti fondamentali
ta austriaca Ulrike Lunacek dei
Verdi, è passato a larga maggioranza con 394 voti a favore,
176 contrari e 72 astensioni.
«L’omofobia non deve più
essere tollerata in Europa —
ha commentato Lunacek —.
Molti di noi, lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali hanno vissuto, per
troppo tempo, la propria vita
nella paura. Paura di tenersi
per mano in strada, paura di
essere insultati, paura di essere buttati fuori dalle nostre case, scuole o posti di lavoro.
Nella mia relazione si evidenzia che l’Unione Europea deve
agire in tal senso, in modo che
anche noi si possa godere dei
diritti garantiti a tutti nella
Ue».
Gli eurodeputati hanno segnalato una serie di obiettivi
precisi da raggiungere con la
tabella di marcia, sempre rispettando le competenze degli
San Patrizio
Stati membri. Riguardano la
tutela nel diritto di famiglia e
della libertà di circolazione, le
discriminazioni sul lavoro,
l’istruzione, la sanità, la libertà
di espressione, i beni e i servizi, i crimini d’odio e l’asilo.
Particolarmente diffuso sarebbe l’atteggiamento persecutorio nelle scuole contro
alunni Lgbti da parte di compagni. La relazione Lunacek
chiede alla Commissione europea di «promuovere l’uguaglianza e la lotta alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità
di genere in tutti i suoi programmi dedicati all’istruzione
e ai giovani». I Paesi membri
dovrebbero coordinare interventi contro il bullismo anche
con materiali didattici. Parità
di trattamento e pari opportunità andrebbero attuate e mo-
Obiettivi
Gli eurodeputati indicano
obiettivi da raggiungere
nel diritto di famiglia,
nell’istruzione, nella sanità
nitorate nelle attività lavorative, sensibilizzando le organizzazioni di datori di lavoro e i
sindacati sui diritti delle persone Lgbti.
Un settore molto delicato
viene considerato quello della
sanità, sia per le carenze nelle
politiche strategiche della Ue,
sia relativamente alla formazione del personale medico.
Viene chiesto alla Commissione europea di collaborare con
l’Organizzazione mondiale
della sanità per depennare i
disturbi dell’identità di genere
dalle malattie mentali. Il diritto all’integrità fisica dovrebbe
imporre di vietare la sterilizzazione forzata, dove è prevista
per consentire i cambiamenti
di sesso. Fondamentale appare
il problema dell’indicazione
del sesso sui documenti di
identità e nelle patiche amministrative. La normativa penale contro il razzismo e la xenofobia dovrebbe essere estesa ai
«crimini di odio» collegabili
all’orientamento sessuale.
L’Europarlamento considera
necessario anche un monitoraggio continuo nei Paesi extraeuropei per favorire le richieste di asilo alle persone
Lgbti discriminate e perseguitate nei luoghi d’origine.
Ivo Caizzi
New York:
De Blasio
non ci sarà
NEW YORK — Il sindaco
di New York, Bill de
Blasio, non parteciperà
alla parata della festa di
san Patrizio, per protesta
contro il divieto di esporre
simboli dell’orgoglio gay.
Il 17 marzo de Blasio non
camminerà lungo la
Quinta strada, dove è
tradizione che ogni anno
sfili il corteo della festa di
san Patrizio più grande
degli Stati Uniti. Il suo
predecessore alla carica di
sindaco di New York,
Michael Bloomberg, non è
mai mancato all’evento.
Gli organizzatori della
parata hanno dichiarato
che gli omosessuali sono i
benvenuti, ma che i
simboli dell’orgoglio gay
non lo sono altrettanto:
sostengono che
distrarrebbero dal reale
significato della sfilata,
l’eredità irlandese.
Stati Uniti
La Nsa
spiava
il Congresso
WASHINGTON —
Nessuno sfugge all’azione
di spionaggio della
National Security Agency
(Nsa), neanche i membri
del Congresso Usa. La
clamorosa rivelazione è
del viceministro alla
giustizia americano,
James Cole, che ammette
come «probabilmente»
gli 007 abbiano messo
sotto controllo alcune
delle linee riservate ai
parlamentari.
Un altro tabù, dunque,
viene infranto. Ma
potrebbe non essere
l’ultimo a cadere. Perché a
questo punto in tanti,
dentro e fuori il
Parlamento, si chiedono
se ad essere spiato non sia
anche il presidente
americano Obama. Su
questo, però, Cole si
rifiuta di rispondere.
Almeno per il momento.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il caso La pubblicità della Coca-Cola andata al Super Bowl ha suscitato polemiche. Spopola l’hashtag #speakamerican. E c’è chi minaccia il boicottaggio
Spot multilingue, protesta dell’America conservatrice
L’androide ICub
Un robot italiano
al Super Bowl
È comparso anche il robot
italiano ICub sugli schermi tv di
milioni di americani durante il
Super Bowl di domenica.
L’androide costruito dall’Istituto
italiano di tecnologia è apparso
in uno spot di Microsoft sugli
ultimi sviluppi della tecnologia,
«che ha il potere di unirci tutti».
Alto 104 cm e pesante 22 chili,
simile a un bimbo di tre anni,
ICub è un progetto open source
utilizzabile, tra l’altro, per lo
studio dell’autismo da parte dei
neuropsichiatri.
Gli ingredienti fondamentali
sono quelli «classici»: uno degli
inni patriottici più popolari del
Paese, «America the Beautiful»,
suona di sottofondo, mentre
scorrono le immagini di famiglie unite da cose semplici come
un sorriso, un abbraccio, e ovviamente una Coca-Cola. La
pubblicità andata in onda domenica scorsa negli Stati Uniti
durante il Super Bowl, la finale
di football americano guardata
da 111 milioni di spettatori,
aveva però anche un sapore un
po’ diverso: la canzone veniva
cantata in otto diverse lingue,
incluse spagnolo e arabo, da
americani con il cappello da
cowboy ma anche con l’hijab.
Questi 60 secondi di plurilinguismo sono bastati a irritare
un certo numero di spettatori,
Hijab Una
ragazza velata nello
spot della
Coca-Cola.
La canzone
«America the
Beautiful»
era cantata
in otto lingue,
tra cui l’arabo
che hanno riversato le proprie
proteste sui social network.
«Non ci posso credere! Un inno
cristiano e americano cantato
nella lingua dei terroristi», ha
twittato qualcuno. In breve
tempo è nato l’hashtag #speakamerican e c’è stato chi ha
ipotizzato un boicottaggio della
Coca-Cola. Commentatori con-
servatori come Glenn Beck alla
radio e Todd Starnes su Fox
News hanno accusato l’azienda
di «dividere l’America» tirando
in ballo questioni quali la riforma dell’immigrazione e l’inglese come lingua primaria. «Se lo
spot non ti piace e ti senti offeso
allora ti dicono che sei razzista.
E se ti piace, invece sei progres-
Coppie gay
Un altro fotogramma
dello spot
mostra due
uomini su
una pista di
pattinaggio:
sarebbero la
«prima coppia gay del
Super Bowl»
Su Twitter
«Un inno cristiano
e americano cantato
nella lingua dei
terroristi: è assurdo!»
sista e favorevole all’immigrazione. È un modo per dividerci», ha sostenuto Beck. «Non ho
capito le parole — ha osservato
Starnes, provocatorio —. Parlo
solo inglese».
La Coca-Cola ha replicato di
sperare che la pubblicità aiuti a
far discutere e riflettere. Molti
altri spettatori hanno fatto no-
tare che in questo Paese, da
sempre costruito sull’immigrazione, degli americani che guardavano il Super Bowl domenica
uno su 5 parla altre lingue.
Quello che era inizialmente
passato inosservato è che lo
spot mostra anche la prima
coppia gay nella storia del Super
Bowl: pattinano insieme alla figlia. L’organizzazione di monitoraggio dei media sui diritti
dei gay «Glaad» lo ha definito
un «ottimo passo», e ora esorta
Coca-Cola, sponsor dei Giochi
invernali di Sochi, a mostrare
nella «Russia omofoba» quanto
siano «belle le famiglie gay, lesbiche, bisessuali e transgender». E pare che anche lì andrà
in onda una versione dello spot.
Viviana Mazza
© RIPRODUZIONE RISERVATA
&RGLFHFOLHQWH
14 Esteri
Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
italia: 57525754585250
Il conteggio La lista dei partecipanti e degli assenti
✒
I reali scandinavi
(e un ministro gay)
ai Giochi di Sochi
Se Al Qaeda
sconfessa
i «siriani»
di GUIDO OLIMPIO
S
Acli e Forza Italia difendono Letta
Sicurezza
Nel villaggio
tombini chiusi
SOCHI — Nel villaggio
olimpico, il Cluster Village a
30 km da Sochi, i tombini
sono sigillati col silicone: si
temono attacchi chimici dal
basso. Gli Usa non hanno
bandiere, non vogliono
essere riconoscibili.
La paura del terrorismo,
dopo le reiterate minacce da
parte dei ceceni intenzionati
a colpire durante l’evento, ha
portato a misure di sicurezza
estreme. Fanno eccezione gli
olandesi che hanno coperto
la loro palazzina di vessilli.
sono troppi per una defezione, ma in fondo è lo stesso ragionamento che si ascolta a
Palazzo Chigi. Le critiche dei
renziani, delle associazioni dei
gay, sono ritenute eccessive e
strumentali: la decisione, la
presenza di Letta, è stata meditata e assunta con Napolitano, ed è anche frutto di relazioni strategiche con Mosca.
In una parola: Realpolitik.
Del resto non ci sono soltanto 30 miliardi di euro di interscambio fra Roma e Mosca,
c’è un rapporto di partenariato economico strategico e c’è
in ballo anche la candidatura
di Roma alle Olimpiadi del
2014: per alcuni senatori renziani l’ultimo tassello dovrebbe far arrossire il presidente
del Consiglio, che invece ha rivendicato anche in questo
modo la sua presenza ai Giochi. Condannerà le discriminazioni in tema di diritti civili,
ma inizierà a promuovere la
candidatura italiana. E l’appoggio di Mosca, capace di catalizzare consenso anche fra
altri Paesi, non è secondario.
In questo quadro, ieri, hanno applaudito alla scelta di
Letta le Acli, Forza Italia lo ha
difeso più di quanto non abbia
fatto il Pd, mentre l’Arcigay
continua a parlare di scelta
«senza onore».
Nessuna delle assenze istituzionali, dalla Merkel a Hollande, sino ad Obama, è stata
Cucciolo
Il presidente Vladimir
Putin con un piccolo
leopardo delle nevi in
una riserva naturale di
Sochi (Epa/Alexei
Nikolsky)
Assenti
Presenti
ROMA — Nel pallottoliere
delle defezioni e delle presenze si aggiungono novità e sorprese. Andranno i reali di Svezia e Norvegia, un colpo a favore di Putin. Teste coronate
di Paesi occidentali, più che
blasonati in tema di diritti civili, democrazie mature e invidiate.
Ma il pallottoliere resta a
due sensi e Putin non può certo gridare al successo mediatico: negli impianti di Sochi arriveranno il re Carlo XVI Gustavo e il re Harald, ma proprio
dalla Norvegia, il Paese più
medagliato nella storia dei
Giochi invernali, arriverà anche Ben Hoie, ministro della
Sanità e omosessuale dichiarato, per rappresentare ufficialmente il suo governo e
portare con sé il compagno,
anzi il marito, il pubblicitario
Dag Tarje Solvang. Si dà il caso
che in Norvegia il matrimonio
tra persone dello stesso sesso
sia legale dal 2009.
Insomma, se Letta arriverà
alle 17, dopodomani, starà
meno di 24 ore, siederà in prima fila e avrà bisogno di dichiarare quanto annunciato,
ovvero che l’Italia condanna
ogni discriminazione fondata
sul sesso, dunque anche quella delle norme russe, la Norvegia non avrà bisogno di pronunciare una sola parola, nè
governativa nè monarchica:
basteranno Ben e il marito
Dag, che già pregustano l’interesse dei fotografi internazionali schierati negli impianti
vicini al Mar Nero.
Nella zona positiva del suo
personale pallottoliere, Putin
potrà segnare e annunciare,
dopo averlo fatto a proposito
del premier italiano, anche
l’arrivo di un altro primo ministro, il bulgaro Plamen Oresharki. Si dirà che con Sofia i
legami economici e culturali
Il re di Norvegia
Harald V sarà ai Giochi
di Sochi con la regina
Sonia e con la premier
Erna Solberg
Ban Ki-moon
Ieri il capo dell’Onu ha
annunciato che all’apertura dei Giochi farà un intervento
Joachim Gauck
Il presidente tedesco non
andrà alle Olimpiadi russe e nemmeno il francese François Hollande
Gli Obama
Né il presidente degli
Stati Uniti né la First Lady Michelle voleranno
fino a Sochi
in realtà motivata come boicottaggio a difesa dei diritti
umani. Tradizionalmente i
Giochi olimpici sulla neve
hanno un protocollo meno rigido rispetto a quelli estivi. Al
momento a Putin bastavano e
avanzano le presenze del presidente cinese Xi Jinping, del
premier giapponese Shinzo
Abe, di quello italiano, del segretario generale dell’Onu Ban
Ki-moon oltre a quelle di tanti
capi di governo di Paesi minori. Del resto il primo cruccio di
Putin non è la lista della tribuna d’onore, sono i 50 mila fra
agenti e militari che vigilano
contro le minacce del terrorismo, in stretto contatto con i
servizi americani. Obama non
c’è, ma l’antiterrorismo a stelle e strisce ha in queste ore, dicono a Washington, un rapporto «buono e continuo» con
le autorità omologhe russe.
Marco Galluzzo
[email protected]
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Partner Dietro la progettazione delle infrastrutture ci sono know-how e competenze di aziende del nostro Paese
Ferrovie, skilift, slitte: l’Italia all’Olimpiade
hanno realizzato i rinforzi dei tunnel e la Soilmac del gruppo Trevi
con le sue speciali perforatrici.
Altre aziende italiane famose in
tutto il mondo sono anche sulle piste da sci, sia in quelle da discesa
che sui percorsi per le gare di fondo
e biathlon. La Leitner di Vipiteno,
innanzitutto, poi la Technoalpin di
Bolzano, la Liski di Bergamo, la Alpina Snomobiles di Vicenza con 30
motoslitte. Da Vipiteno sono partiti
i tecnici che hanno realizzato 18 cabinovie, seggiovie e skilift. Un’altra
ditta del gruppo, la Prinoth, forni-
sce più di 60 gatti delle nevi con relativi equipaggi che battono le piste
dell’intero comprensorio. La Liski
ha attrezzato le piste con reti di protezione, materassi, pali per lo slalom, eccetera. Tutto l’innevamento
artificiale è garantito dai 250 cannoni della Technoalpin.
Sempre dall’Alto Adige viene la
bolzanina Stahlbau Pichler che ha
progettato gli edifici dell’arena dell’hockey e lo stadio a forma di cubetto di ghiaccio per il curling.
Impegnati anche alcuni dei
grandi gruppi italiani, come Enel
La ferrovia sulle piste
La neve artificiale
L’arena dell’hockey
1
2
Molte le piccole e medie imprese
arruolate da grandi gruppi russi
MOSCA — C’è forse da promuovere la candidatura italiana ai prossimi Giochi olimpici con la presenza del premier Letta in Russia, ma
certamente pesa pure la partecipazione delle nostre aziende all’allestimento di queste super Olimpiadi
da 37 miliardi di euro. Per non parlare degli scambi ordinari che vedono l’Italia come quarto partner
della Russia e che hanno fatto sì che
i rapporti fra Mosca e Roma fossero
sempre particolarmente stretti, con
tutti i presidenti del Consiglio in
carica: D’Alema, Berlusconi, Prodi,
Monti.
Il fiore all’occhiello della presenza italiana a Sochi è certamente il
contributo al progetto più impegnativo messo in cantiere da Vladimir Putin, quello di unire con una
ferrovia e una superstrada l’aeroporto, che si trova sul mare, con la
base in montagna dove si svolgeranno le discipline alpine e nordiche. Da Adler fin su a Krasnaya Polyana sono 48 chilometri di ponti e
gallerie nella stretta valle del fiume
Mzymta dove prima si arrampicava
una tortuosa stradina di montagna,
un’opera da 6,5 miliardi di euro.
La progettazione del corridoio
strada-ferrovia è della società di ingegneria torinese Geodata. Per le
gallerie della tangenziale di Sochi,
ha invece lavorato la Rocksoil dell’ex ministro Pietro Lunardi, assieme alle officine Maccaferri che
Protagonisti
La torinese Geodata, società
di ingegneria, ha progettato
il corridoio strada/ferrovia tra
il villaggio olimpico (sul Mar
Nero) e la stazione sciistica
La Technoalpin di Bolzano
si occupa dell’innevamento
artificiale delle piste delle
discipline nordiche (fondo,
biathlon, salto e combinata)
Altra azienda altoatesina è
la Stahlbau Pichler che ha
progettato la Shayba Arena
per l’hockey (foto) e l’Ice
Cube per il curling
3
che fornisce energia dalla sua centrale di Nevinnomyssk e Ansaldo
che ha realizzato il generatore per la
centrale di Adler. La Codest si è occupata di edilizia residenziale e la
Selex Es del gruppo Finmeccanica
ha equipaggiato con sistemi di trasmissione radio la società che gestisce la sicurezza delle Olimpiadi.
Sono parecchie poi le piccole e
medie imprese che hanno lavorato
come subcommittenti per conto
dei grandi gruppi russi, ben piazzati a Mosca, che si sono assicurati
tutti i grandi appalti. La Walter Tosto di Chieti (separatori per un impianto petrolchimico), la Solaris
(schermature per proteggere dai
raggi solari la pista di bob), lo studio di progettazione Zoppini che ha
firmato l’ovale per il pattinaggio di
velocità e l’arena per quello artistico, la Rollon (porte dei treni), la Ibt
(microturbine).
Non potevano mancare, naturalmente, aziende italiane nel settore
dell’arredamento e della ristorazione. Da Flos, Artemide e Flou, ai vivai Vannucci con le piante d’arredo
urbano, alla Grandivini. È la Nuova
Simonelli di Macerata, infine, che
sfornerà ogni giorno migliaia di
caffè e cappuccini.
ono tempi tumultuosi per
tutti. Anche per la vecchia
guardia di Al Qaeda. Non
basta più un video per
indicare la linea. Oggi ogni
realtà radicale agisce in base
alla propria agenda.
L’ultimo sviluppo viene dal
comunicato diffuso da Al
Qaeda «centrale», ossia
Ayman al Zawahiri. Con un
documento il marchio
osamiano «scomunica» l’Isil,
la potente fazione islamista
attiva dall’Iraq alla Siria:
«Non fate parte della nostra
organizzazione. Non
abbiamo relazioni. Non
siamo responsabili delle
vostre azioni». L’atto di
accusa sancisce una frattura
che ha origini lontane ma che
si è ampliata in seguito al
conflitto in Siria. Già nel
2005, quando i qaedisti
iracheni agiscono agli ordini
del sanguinario Zarkawi, la
casa madre prova a metterli
sotto controllo. I leader
storici non gradiscono le
stragi indiscriminate che
provocano vittime tra i
musulmani e allontanano
consensi. Ma i mujaheddin
non ascoltano i richiami.
Con il passare del tempo la
«sezione» enfatizza lo
strappo e cambia nome,
togliendo anche l’etichetta
«Qaeda» per prendere quella
di Isi, Stato islamico
dell’Iraq. Un atto di piena
autonomia. Vani i tentativi
di Zawahiri di imporre la
propria autorità su un
«partito» ben radicato nelle
regioni sunnite dell’Iraq.
Inutili le missioni di alcuni
mediatori. In primavera lo
scontro si inasprisce. L’Isi si
tramuta in Isil, con
l’aggiunta della parola
«Levante» alla propria
denominazione, termine che
indica Siria/Libano e le
ambizioni regionali. Infatti il
leader Abu Bakr al Baghdadi
cerca di fagocitare al Nusra,
sigla qaedista riconosciuta
operante nello scacchiere
siriano. Nascono liti
profonde. Di nuovo Al Qaeda
centrale interviene ma con
esiti nulli. «Se devo scegliere
tra un ordine di Dio e uno di
Zawahiri, scelgo Dio», è la
risposta di al Baghdadi per
sottolineare che l’Isil non è
Qaeda. Il capo rafforza la
presa. Si allea con clan tribali
siriani, impone regole di vita
dure ma garantisce anche
aiuto ai civili. Metodi che
alienano una parte della
popolazione e conquistano
quella stanca dei ribelli
disorganizzati o predoni.
Si arriva così alla faida di
queste settimane. Con la
battaglia in Siria tra l’Isil e
un fronte composto da varie
brigate islamiste o vicine al
qaedismo sostenute da
sauditi, turchi e servizi
occidentali. Strana alleanza
davvero. Inevitabile la
censura della casa madre,
preoccupata da scissioni che
indeboliscono il movimento
globale. Da qui il monito di
Zawahiri, leader sempre
meno decisivo (lo è mai
stato?) che ricorda gli ultimi
giorni di Bin Laden. Lui
impartiva ordini, gli altri
facevano quello che volevano.
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@guidoolimpio
Fabrizio Dragosei
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
Esteri 15
italia: 57525754585250
La lunga crisi Difficilmente però il pacchetto occidentale potrà eguagliare i 15 miliardi di dollari promessi da Putin
Ucraina, la Ue prepara il suo assegno
Ashton a Kiev: aiuti economici e mediazione. Stallo in Parlamento
DAL NOSTRO INVIATO
La vicenda
No all’Europa
21 novembre 2013: dopo
anni di negoziati il governo
ucraino annuncia che non
firmerà un accordo per
rafforzare i legami con
l’Unione Europea
Mossa russa
17 dicembre 2013: la Russia
offre al governo di Kiev aiuti
per 15 miliardi (acquisto di
titoli di Stato)
Legge anti-proteste
16 gennaio 2014:
in Parlamento passa una
legge che limita il diritto di
protesta. Nuove proteste
Prime vittime
22 gennaio: a Kiev due
manifestanti restano uccisi
dalle pallottole durante gli
scontri con la polizia
L’offerta di Yanukovich
25 gennaio: il presidente offre
all’opposizione posti chiave
nel governo (compresa la
poltrona di primo ministro)
Segnali di disgelo
28-29 gennaio: annullata la
legge anti-proteste,
dimissioni del governo,
amnistia per i manifestanti
arrestati a condizione che
cessi l’occupazione dei palazzi
del potere
Scontro in Parlamento
4 febbraio: i contrasti si
spostano in Parlamento.
L’opposizione (nella foto, l’ex
pugile Vitalij Klistscho) spinge
per un ritorno alla
Costituzione del 2004 (che
toglierebbe poteri a
Yanukovich). La maggioranza
fa muro
KIEV — La seduta del Parlamento comincia con alcuni deputati dell’opposizione che gridano verso i banchi del governo: «Assassini, assassini». Non
è un inizio rassicurante: questa
potrebbe essere una giornata di
svolta per la crisi ucraina. Ma a
sera, quando i manifestanti di
piazza Maidan, l’anima di Kiev,
fanno brillare i fuochi d’artificio, il barometro politico segna
ancora una situazione di stallo.
I segnali più promettenti, invece, arrivano dall’Europa. L’alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza Ue, Catherine Ashton, è attesa oggi da
un giro di incontri a Kiev. Non
correranno solo parole (e questa in un certo senso è già una
notizia). Ashton metterà sul tavolo del presidente assediato
Victor Yanukovich un pacchetto di aiuti economici, pronta
cassa. L’Ucraina ne ha un bisogno essenziale. Secondo le stime degli
esperti più ottimisti lo Stato non sarà in
grado di pagare gli stipendi pubblici e le pensioni a partire da
giugno. I più
cupi, invece,
indicano marzo come il
mese della
bancarotta
pubblica.
Ashton si sta muovendo in
stretto coordinamento con il
segretario di Stato americano
John Kerry. E anche questa è
una novità di rilievo. A quanto
ammonterà l’assegno firmato
Ue-Usa? Sicuramente, raccontano negli ambienti diplomatici europei, non potrà essere inferiore all’offerta già operativa
della Russia: sottoscrizione di
bond ucraini per 3 miliardi,
con l’impegno ad arrivare a 15.
Le amministrazioni di Bruxelles e di Washington non
coinvolgeranno il Fondo monetario internazionale. Poche
settimane fa il direttore dell’istituto, Christine Lagarde,
aveva subordinato la concessione di un prestito per 15 miliardi di dollari a condizioni
considerate inaccettabili da
Yanukovich. Tra i requisiti:
cancellazione dei sussidi alla
popolazione per l’acquisto di
gas, in un Paese in cui lo stipendio medio viaggia sui 300
dollari. Cioè lo stretto necessario per la spesa e l’affitto.
Operazione antiterrorismo
Tunisi, ucciso l’assassino
del dissidente laico Belaid
TUNISI — Un anno dopo l’omicidio
del celebre politico laico Chokry
Belaid (nella foto Ansa) le autorità
tunisine hanno annunciato ieri di
aver ucciso il presunto autore nel
corso di un’operazione
antiterrorismo alla periferia di
Tunisi. «La Guardia nazionale ha
eliminato sette terroristi
pesantemente armati — ha
dichiarato il ministro degli Interni
Lofti Ben Jeddou — e tra quelli identificati è risultato esserci
Kamel Gadhgadhi, assassino del martire Belaid». Il 6 febbraio
2013 la morte del politico e avvocato marxista, figura di spicco
dell’opposizione alla dittatura di Ben Ali e poi al governo del
partito islamico moderato Ennahda, scatenò una gravissima
crisi politica nel Paese culminata nelle recenti dimissioni del
governo e nella nomina di un esecutivo tecnico ad interim
fino alle prossime elezioni. Il partito islamico era stato
accusato di lassismo nei confronti dei gruppi integralisti
armati, autori di quello e altri omicidi.
Oltre ai soldi serve un tavolo
reale di mediazione. La seduta
della Verkhovna Rada (il Parlamento) si è risolta in un’inutile
passarella dei diversi leader,
con un guazzabuglio di dichiarazioni contraddittorie. Il capo-
gruppo del partito delle Regioni Oleksandr Yefremov prima
dichiara che Yanukovich «non
farà uso della forza» per sgomberare piazza Maidan, giunta al
giorno 74 di occupazione. Ma
subito dopo annuncia che non
Bandiera
Davanti alla polizia ucraina un
manifestante avvolto nella
bandiera dell’Unione: la crisi è
cominciata con il no del governo
a rapporti più stretti con la Ue
c’è motivo per rivedere la legge
sull’amnistia approvata il 29
gennaio, respingendo una delle principali richieste dell’opposizione. E così via: alle nove
di mattina Yanukovic sembra
pronto a indire le elezioni pre-
sidenziali anticipate. Alle 10 il
suo portavoce dice che è stato
un equivoco.
Sul versante opposto l’ex pugile Vitalij Klistscho prova a
guadagnare spazio e a porsi come l’interlocutore privilegiato
dei Paesi occidentali. Ma anche
lui oscilla, perché la sua vera
forza è in piazza Maidan. Sempre più radicale, invece, la posizione di Oleg Tyagnybok, il leader di Svoboda. I suoi deputati
ieri hanno accompagnato i discorsi degli avversari sbattendo sullo scranno le cartelline
parlamentari. In questo quadro
anche l’Europarlamento prende l’iniziativa. Oggi la Camera
di Strasburgo dovrebbe votare
per autorizzare l’invio a Kiev di
una delegazione permanente.
L’ultima era guidata dal tedesco
Elmar Brok, ma si è fermata solo qualche giorno, dal 28 al 30
gennaio. Gli europarlamentari,
però, hanno dimostrato grande
facilità di dialogo con tutte le
parti in causa, da Maidan a
Yanukovich. E oggi non sono
molti quelli in condizione di fare questo prezioso lavoro di cucitura.
Giuseppe Sarcina
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16
Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
italia: 57525754585250
Cronache
Maltempo La Regione decreta lo stato di calamità naturale, stanziati fondi per un milione di euro
I fiumi veneti sopra il livello di guardia
Argini rotti e interi paesi evacuati
La polemica di Zaia: «Non esiste solo Fiumicino, qui danni enormi»
L’emergenza
In Veneto
Acqua e neve:
non c’è tregua
dal 30 gennaio
Il maltempo colpisce il Veneto
da una settimana. Dal 30
gennaio, a causa di piogge e
nevicate, sono stati più di 800
gli interventi dei Vigili del
fuoco. Particolarmente colpite
le province di Vicenza, Padova,
Verona e Belluno. Nel vicentino
preoccupano le piene dei fiumi
Bacchiglione e Retrone. Nel
padovano sono stati evacuati
diversi Comuni. Mentre nel
bellunese le zone di intervento
più critiche sono state quelle
del Comelico, Alto Agordino e
Cadore-Ampezzano. Resta forte
in queste aree anche il pericolo
di valanghe
La mappa
Nel Padovano Il livello del Bacchiglione a Bovolenta, una casa allagata e i tentativi di drenaggio a Battaglia (foto Ansa e Marco Bergamaschi)
DAL NOSTRO INVIATO
BOVOLENTA (Padova) — Lo
spettro è quello dell’ottobre
2010, con mezzo Veneto finito
sott’acqua. Ma c’è anche chi ricorda le vertigini del 1966,
l’anno della disastrosa alluvione. «Il livello è lo stesso: sette
metri e 98 sul medio mare, cinque sopra il livello di guardia.
Non voglio pensare a cosa succederà se non smette di piovere», scuote la testa Vittorio Meneghello, sindaco di Bovolenta,
il paese della Bassa Padovana
che sta vivendo ore drammatiche con gli occhi puntati sulle
Fiume Bacchiglione
Padova
V E N E T O
Montegrotto
A13
Bovolenta
Battaglia
L’allerta
L’allarme durerà
fino alle 16 di oggi
in tutta la Regione
La situazione in Veneto è
destinata a restare critica
anche nelle prossime ore.
Il Centro funzionale
decentrato della Protezione
Civile ha dichiarato lo stato di
allarme fino alle 16 di oggi per
«rischio idraulico e per
rischio idrogeologico in tutta
la Regione»
In Italia
Piogge in arrivo
in Liguria
e Lombardia
Il maltempo ha messo in
ginocchio altre zone
dell’Italia. La situazione resta
molto difficile a Fiumicino e
nella Capitale. Richiesti
soccorsi anche in EmiliaRomagna e in alcune zone
della Toscana. Nei prossimi
giorni la perturbazione
dovrebbe colpire la Sardegna,
la Lombardia e la Liguria
acque scure, gonfie e minacciose del Bacchiglione, diventato il nuovo mostro dei suoi
tremila compaesani. Bovolenta
è un po’ il termometro del rischio idrogeologico in Veneto.
Quando l’acqua tocca la “quota
murazzi alti”, cioè la parte superiore dell’argine, significa
che la Regione è zuppa, i canali
esondano e la gente sfolla. Trecentoquaranta evacuati a Bovolenta, 200 nella vicina Battaglia Terme, quaranta a Chioggia; e poi le campagne allagate
del Trevigiano dove a spaventare è il Livenza e su in montagna, con cumuli di neve che
nell’Agordino hanno superato i
sei metri di altezza e con paesi
come Arabba semisepolti dalla
coltre bianca. A Montegrotto
Terme, sempre nel Padovano,
un quartiere è finito sott’acqua.
E il vulcanico sindaco, Massimo Bordin, ha lanciato il suo
allarme: «Ho centinaia di famiglie in difficoltà. Una signora
anziana è morta scivolando in
casa (il marito dice però che
non c’era acqua nelle stanze,
ndr). Un’altra non vuole più
uscire dalla camera. Io chiedo
interventi e nessuno arriva...».
Il governatore Luca Zaia non ci
ha pensato due volte: «Danni
inimmaginabili e incalcolabili:
chiedo lo stato di calamità a
causa del maltempo e faccio un
appello ai media nazionali: si
rendano conto che l’acqua non
c’è solo a Fiumicino».
Si tratta di una richiesta quasi preventiva (intanto è già stato stanziato un milione di euro), dovuta al fatto che si stanno battendo record su record di
precipitazioni, di neve, di pioggia e di piene, superiori in molte zone ai livelli del 2010. Sono
A Montegrotto
Il sindaco: «Centinaia in
difficoltà, chiedo interventi
e nessuno arriva»
I «murazzi alti»
Quando l’acqua tocca la
quota «murazzi alti»
l’intera Regione è zuppa
esondati molti canali secondari, come a Battaglia, ma i fiumi
hanno tenuto. Come a Vicenza,
la città più colpita dall’alluvione di quattro anni fa, dove
sempre il Bacchiglione è passato facendo paura ma senza tracimare. E come nella stessa Bovolenta, con argini di terra e
murazzi che ieri sembravano
scolapasta dove l’acqua filtrava
a rivoli verso piazza Accademia
senza però mai rompere la barriera. «Certo — sospirava il
sindaco — ma quanto possono
reggere ancora?». E ricorda che
il paese è un catino a rischio,
che l’ultima volta sono stati
quaranta i capannoni industriali sommersi da due metri
d’acqua per sei giorni, che 58
famiglie hanno dovuto lasciare
le case. «Avevamo chiesto 12
milioni per ripartire, ce ne
hanno dati sei. Ma qui ci vogliono laminazioni a monte e
canali scolmatori a valle. La
malattia è seria e noi abbiamo
usato solo cerotti».
Nel frattempo altri cerotti
sono saltati in giro per il Veneto e il territorio deve fare anche
i conti con previsioni del tem-
po poco incoraggianti. Danno
pioggia e neve ancora per giorni. «In più — ha rimarcato Zaia
— c’è il problema delle temperature, alte in modo anomalo
per il periodo. In montagna si
sciolgono le nevi e i torrenti
scendono carichi d’acqua».
È scattata la solidarietà fra
Comuni. Polverara sta aiutando Bovolenta, ospitando nella
casa delle associazioni gli sfollati. La zona evacuata è quella
centrale. Ci sono il municipio,
la chiesa, la caserma e la scuola.
«Noi abbiamo portato tutto ai
piani superiori», ha precisato il
comandante dell’Arma annunciando un servizio notturno
antisciacallaggio. Perché Bovolenta è ora deserta e silenziosa.
Fra le mura inanimate resiste
solo lui, don Luciano, il parroco: «Ho avuto l’ordinanza di
evacuazione ma voglio rimanere perché credo che questa
volta il murazzo ce la farà». Il
sindaco lo guarda e tace.
Andrea Pasqualetto
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Il bilancio Dopo il disastro del 2010
Quei nove bacini mai realizzati
La sicurezza affidata agli sms
Cifre da applauso. Per il solo Bacchiglione, che un anno sì e l’altro pure manda nel
panico il centro di Vicenza (se va bene) e
sotto l’acqua case e campagne di paesi vicini e lontani, i dossier della Regione guidata dal governatore leghista Luca Zaia
mettono nero su bianco la seguente risorsa: 972.474.000 euro. Quasi un miliardo.
Che diventano addirittura due se si allarga
lo sguardo agli interventi destinati alla sicurezza dei corsi d’acqua in tutto il Veneto.
Solo sulla carta, però. Perché in realtà,
vuoi per la crisi, vuoi per i legacci del patto
di Stabilità, vuoi perché spesso le priorità
sono a dir poco elastiche o perché ci si
mette la palude della burocrazia, alla fine
di tutto questo ben di Dio solo una parte
arriva sul territorio. Sarebbe ingiusto dire
che nulla è stato fatto tra il 2010 — quando
acqua e fango misero in ginocchio 500 mila persone, provocando 3 morti, due miliardi di danni, 3500 aziende in tilt e 6 mila
sfollati — e ciò che sta avvenendo in queste ore. «Sul Bacchiglione — spiega l’assessore regionale all’Ambiente, il leghista
Maurizio Conte — sono stati effettuati importanti lavori di manutenzione, rinforzo
e innalzamento degli argini». Non a caso,
«la piena di queste ore, in certi punti superiore a quella di 4 anni fa, non ha causato
gli stessi danni». Detto ciò, l’assessore è il
primo a riconoscere che di interventi
strutturali, capaci cioè di incidere in ma-
niera definitiva sulla tutela dell’ambiente,
non ne sono stati fatti. Progettati, certo. In
alcuni casi anche parzialmente finanziati,
ma ancora nulla di operativo.
Ognuno ha i suoi miraggi. Quelli dei vicentini, ma anche di buona parte degli
abitanti del Veneto, si chiamano bacini di
laminazione o casse d’espansione: opere
idrauliche in grado di ridurre la portata di
un corso d’acqua durante le piene. A Vi-
cenza lo sanno anche i sassi: il benedetto
giorno che verrà inaugurato l’invaso di
Caldogno la città sarà praticamente al sicuro dalle acque del Bacchiglione. Se ne
parlava nel 2010, quando le botteghe del
centro storico parevano piscine e 2000 auto andarono distrutte. Se ne parla da almeno 20 anni. E ora? «Entro due anni, nell’ottobre 2015, il bacino di Caldogno sarà operativo e sarà il primo dopo almeno 80 an-
Dall’alto
Un intero paese,
Cresole di Caldogno (Vicenza), allagato
dall’esondazione del fiume
Bacchiglione
nel novembre
2010 (foto Ansa)
ni...». Costo: 46 milioni. Un’altra cassa
d’espansione, a Trissino (per una spesa di
26 milioni), sarà funzionante nel dicembre 2015. Per gli altri si prospettano tempi,
se non biblici, quasi. Di tre bacini progettati nel Veronese e nel Trevigiano vi è un
parziale finanziamento. Per altri 4 siamo
ancora alla progettazione. Il piatto piange.
Anche ieri il governatore Zaia ha chiesto al
governo «un piano nazionale declinato
per Regioni»: che nel caso del Veneto equivale a quei 2 miliardi di euro che consentirebbero di passare dalle parole ai fatti. Ma
prima bisogna vincere con Roma la battaglia sui limiti del patto di Stabilità: auguri.
Intanto Vicenza e il suo sindaco Achille
Variati hanno ieri constatato che gli interventi di manutenzione realizzati in questi
3 anni a qualcosa sono serviti: «Vaste zone
che in passato hanno subito allagamenti,
stavolta sono state risparmiate». Detto
brutalmente, le pezze hanno tenuto. Meglio di niente. Qualche esempio: se nel
2010 le acque del Bacchiglione provocavano allagamenti una volta arrivate a quota 4
metri e mezzo, adesso, alzati gli argini, la
soglia di rischio è oltre i 6 metri. Così come
importante è il sistema di valvole che, in
caso di piena, isola le fognature evitando
che il fiume le faccia saltare. In tre anni sono stati spesi sui 30 milioni. Ma è soprattutto l’arte della prevenzione che i vicentini hanno affinato. L’annuncio della piena
viene diramato via sms a migliaia di cittadini. Poi parte l’ululato delle sirene. Uno
staff di meteorologi si installa in Comune,
mentre i pluviometri misurano la quantità
di pioggia e gli idrometri il livello dei fiumi. «Se non altro, il Bacchiglione non ci
prenderà più di sorpresa...». Come nel
2010.
Francesco Alberti
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
Cronache 17
italia: 57525754585250
In barca Una via di Battaglia
(Padova) allagata dal Bacchiglione (foto Marco Bergamaschi)
Alle origini del dissesto idrogeologico
UN MILIONE DI ITALIANI A RISCHIO
SULLE MONTAGNE ABBANDONATE
di PAOLO CONTI
abbandono delle aree collinari
e montane è un fenomeno
drammatico sia per la società
che per l’equilibrio geologico del nostro
Paese. Fino a vent’anni fa gli abitanti
provvedevano alla manutenzione ordinaria del territorio, in alta collina e in montagna. C’erano le colture dei contadini i
quali poi provvedevano a molte opere di
manutenzione semplicemente perché
amavano farlo, rientrava nella loro cultura. Aggiungiamoci il lavori dei consorzi di
bonifica, e nel Mezzogiorno d’Italia la politica democristiana che portò a una forte
forestazione. Tutto questo è finito, le aree
collinari e montane si sono spopolate. Le
aree non vengono più curate. Questa è la
ragione di ciò che stiamo vedendo: l’aumento esponenziale dei disastri, appunto, in collina e montagna».
Giuseppe De Luca, segretario generale
dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, studi alla London School of Economics, professore associato di Urbanistica alla Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, sostiene che sia impossibile occuparsi di ciò che sta a valle (le città e i
grandi insediamenti industriali), soprattutto quando si analizzano le ragioni tecniche delle alluvioni e delle inondazioni,
«se non si governa ciò che sta alle spalle,
ovvero le alture». Le cifre parlano chiaro.
Secondo uno studio del Dps, Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, molte zone considerate periferiche e
ultra-periferiche (superiori ai 600 metri
di altezza) dal 1971 si sono letteralmente
spopolate.
Qualche dato tra i più evidenti. In Emilia-Romagna -52% della popolazione, nel
Molise -46.9%, nel Veneto -33.3%, in Liguria -34,3%. E basta un pensiero ai terrazzamenti abbandonati in Liguria, caratteristica di quella regione, per capire il
perché di frane e smottamenti. Il saldo finale della media italiana è -8.1% di popolazione nelle aree periferiche e -5.3% nelle
aree ultra-periferiche. Un mutamento
epocale non solo della società italiana,
della sua economia diffusa, ma anche di
un secolare approccio verso il territorio,
soprattutto in un Paese in cui il territorio
nazionale è per il 75% montano-collinare.
Le conseguenze, in queste ore di nevicate
e di intemperie, sono tangibili. Nelle aree
collinari e montane tutto sembra diventato più difficile, anche garantire soccorsi. E soprattutto proseguire un’attività industriale, vista la quantità di continui
smottamenti e frane.
Secondo i dati dell’Ispra, l’istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, la popolazione esposta a fenomeni franosi ammonta a 987.560 abitanti,
tutti appunto nelle aree montano-collinari. Quasi un milione di italiani vive, insomma, nell’incubo quotidiano di un cedimento del territorio in cui ha organiz-
«L’
Roma
Franano le Mura Aureliane
La pioggia ritarda il restauro
In rovina
Il crollo parziale delle
Mura Aureliane (Benvegnù/Guaitoli)
ROMA — Il crollo è avvenuto durante la notte del 31
gennaio: sotto l’effetto delle intense piogge che si sono
abbattute sulla Capitale, un contrafforte della Torre
delle Mure Aureliane, nei pressi di piazzale Ardeatino
è franato, senza fare vittime. I lavori di restauro della
torre ricostruita nei primi anni del Novecento
dovrebbero durare 60 giorni e sono stati affidati con
urgenza dalla Sovrintendenza Capitolina ad una ditta
ma non sono ancora partiti a causa delle piogge. Tra i
lavori, appena lo permetteranno le condizioni
meteorologiche, è previsto anche l’alleggerimento del
terrapieno che riempiva lo spazio della Torre.
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I numeri
487.000
Le frane
in Italia*
987.560
Le persone esposte
ai fenomeni franosi
L’area interessata
dalle frane
20.800 km2
6,9% del territorio
Lo spopolamento
La variazione demografica dei centri abitati in collina (periodo 1971-2011)
Differenza percentuale:
Lombardia
positiva
negativa
Trentino
Alto Adige
invariata
Veneto
Friuli
Venezia Giulia
-33,3
-1,4
+13,9
Valle d’Aosta
Emilia-Romagna
-52
Piemonte
Umbria
-41
Liguria
Toscana
-34,3
+6,6
Marche
Abruzzo
Molise
-42,8
-46,9
Puglia
Lazio
Campania
-27,4
+10,5
Sicilia
Sardegna
+13,9
Basilicata
-9,5
-22,1
Calabria
-21,1
Il consumo del suolo in Italia
(dati in %)
5,1
-10,6
5,9
5,7
6,6
6,9
2006
2010
2,8
anno
1956
1989
1996
1998
*Il numero tiene conto di quelle censite in tempi moderni e, a
partire dal I secolo dopo Cristo, di quelle ricostruite attraverso le
testimonianze arrivate fino a noi
Fonte: Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale, Inventario dei fenomeni franosi in Italia,
elaborazioni Dps su dati Istat
Guarda il video con una chiamata gratuita al
+39 029 475 48 50
zato la propria esistenza. Spiega il geologo Alessandro Trigila, responsabile del
progetto Iffi (Inventario fenomeni franosi
in Italia) dell’Ispra: «I fattori antropici
hanno un ruolo sempre più determinante
nell’aumento delle frane collinari e montane. E non c’è solo l’urbanizzazione, con
le strade o gli scavi o la quantità di edifici.
C’è da mettere nel conto la mancata manutenzione del territorio e delle opere di
difesa del suolo. Un ottimo rimedio per le
frane più superficiali è nelle opere di ingegneria naturalistica a basso impatto
ambientale. Interventi realizzati con un
sistema misto di piante, legno e pietra che
consolidano il territorio in modo ben più
vasto e diffuso delle opere in cemento»
Che fare nel futuro? Come restituire alle zone collinari e montane una loro vivibilità sottraendole al pericolo ambientale? La parola d’ordine è, come diceva Trigila dell’Ispra, tornare agli strumenti più
naturali che si rivelano poi i più economici, oltre che i più rispettosi dell’ambiente.
Afferma Marco Flavio Cirillo, sottosegretario al ministero dell’Ambiente: «Investire per esempio sulle foreste alpine per
prevenire e contrastare il dissesto idrogeologico consente non solo di salvaguardare l’ambiente e l’ecosistema ma anche
di ridurre i costi tra le 5 e le 20 volte, a seconda delle diverse situazioni, rispetto a
quelli che si dovrebbero sostenere per realizzare opere con funzione protettiva.
Sulle Alpi svizzere le foreste svolgono una
funzione in termini di tutela della sicu-
L’esperto
L’utilizzo di alberi, piante e
pietre consolida il territorio più
a lungo delle opere in cemento
rezza del territorio comparabile a quella
di infrastrutture il cui costo e manutenzione è stimato in 85 miliardi di euro». E
dove trovare i soldi? Una proposta viene
dall’Uncem, Unione Nazionale Comuni
Comunità Enti Montani, presieduta da
Enzo Borghi che afferma: «L’unico sistema percorribile è quello sperimentato già
in Piemonte. Prevedere che una quota
della tariffa pagata dai cittadini per il servizio idrico integrato (acquedotto, fognatura, depurazione) venga destinata a interventi per la prevenzione del dissesto
idrogeologico affidati agli enti locali, che
ben conoscono i territori, in accordo con
le Regioni. E non da inutili nuove agenzie
nazionali...». Sempre dall’Uncem, vero
«sindacato della montagna», arriva un altro dato. In vent’anni in Italia i boschi sono aumentati del 25-30%. Ma si tratta di
boschi spontanei e invasivi, frutto dell’abbandono delle aree, che compromettono zone coltivabili. Dice un documento
Ucem: «Mancano piani forestali per una
gestione dei boschi con tagli regolari ogni
25-30 anni, eliminando quelli invasivi e
valorizzando la filiera bosco-legna-energia». Risultato operativo: l’Italia importa
il 70% del legno che usa mentre i boschi
montani aumentano, creano danni all’agricoltura e non tutelano il territorio.
Inutile aggiungere altro.
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Belluno Fiocchi ininterrotti da una settimana, in azione gli alpini rocciatori. Distrutto un impianto di risalita sulla Marmolada
Tre metri sui tetti e crolli nei rifugi, a Cortina stagione in pericolo
CORTINA D’AMPEZZO
(Belluno) — Da sei giorni le
scuole sono chiuse a Cortina.
La nevicata sta creando grandi difficoltà dovute soprattutto al peso della neve accumulata sui tetti degli edifici e all’urgenza di alleggerirli. In alcuni casi si sfiorano i 3 metri.
Il magazzino dell’Istituto
d’arte, nel quale venivano
conservati i lavori eseguiti
nella scuola, è crollato. Dopo
che un fienile era già venuto
giù nella frazione di Zuel. E
continua a nevicare, a Cortina
e nelle zone limitrofe. Ieri altri
35 centimetri. Da una settimana il cielo non si apre. Gli
operai del Comune lavorano
giorno e notte: «Sono stan-
chissimi — dice il vicesindaco
Enrico Pompanin — ma la loro opera procede indefessa.
Un vero esempio di merito e
impegno civile».
Tantissimi gli uomini sul
campo. Le squadre del Soccorso alpino, della Guardia di
Finanza e degli Alpieri (alpini
rocciatori) sono impegnati
nello sgombero dei tetti delle
scuole, una priorità negli interventi. Ma all’opera ci sono
anche i Vigili del fuoco, l’Esercito, il Corpo forestale dello
Stato e molti privati ingaggiati. Sono almeno 140 gli uomini del soccorso alpino che si
sono messi a disposizione dei
sindaci. Oltre alle squadre del
territorio bellunese, anche
Sul campo
Alpini spalano
la neve a Cortina (Ansa) e, sopra, il tetto del
magazzino dell’Istituto d’arte
crollato ieri
quelle del resto del Veneto,
della Lombardia, del Piemonte, del Friuli-Venezia Giulia,
del Trentino-Alto Adige e dell’Emilia-Romagna. Nuove
forze arriveranno nelle prossime ore, per dare il cambio a
chi ha operato ininterrotta-
mente. Perché se a Cortina la
situazione non è per nulla facile, non va meglio anche in
molti altri Comuni del Cadore
e dell’Agordino. Tra i tanti casi di intervento e aiuto quello
a Livinallongo del Col di Lana,
nella piccola frazione di Sottinghiazza, alla signora Nina,
unica abitante, rimasta isolata
e senza medicinali e corrente.
È stata trasferita al sicuro nel
centro abitato.
Resta sempre elevatissimo
il rischio valanghe (5), soprattutto dopo che un distacco di neve domenica scorsa ha
praticamente distrutto un impianto di risalita sulla Marmolada e devastato il rifugio
Tabià Palazza. Tra impianti
chiusi e disagi, i danni sono
ingenti anche per tutto il settore turistico.
Massimo Spampani
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18 Cronache
Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
italia: 57525754585250
Roma In arresto un manovale di 30 anni. Vivevano insieme. Accertamenti su violenze contro una precedente compagna
Abruzzo
Chiara, in coma a 19 anni
per le botte del fidanzato
«L’avevo denunciato»
Pranzi e voli
in business:
la verità
di Chiodi
Il padre: sta così male che spero muoia
ROMA — «Dillo che sei caduta! Dai Chiara, dillo che non
ti ho picchiata!». Ma la povera
Chiara non può rispondere. È
raggomitolata in un angolo del
soggiorno. Il volto irriconoscibile, la testa coperta di sangue.
Il fidanzato si è sfogato su di lei
con calci e pugni per un intero
pomeriggio. «Chiamarlo fidanzato è una parola grossa, è una
bestia, un essere inqualificabile», replica il padre della ragazza di 19 anni, da lunedì notte in
coma al San Camillo. Maurizio
Falcioni, muratore, il compagno che l’aveva conquistata facendo breccia nel suo cuore
parlandole dell’amore per i cani, è stato arrestato ieri dai carabinieri della compagnia di
Ostia per tentato omicidio: anche davanti agli infermieri del
118 accorsi nell’abitazione del
trentenne in via Emilio Costanzi, a Casal Bernocchi (Acilia), ha
continuato a negare di aver picchiato Chiara con una furia bestiale. Le condizioni della ragazza, diplomata all’istituto alberghiero, sono disperate.
«Il chirurgo che l’ha operata
— racconta il papà di Chiara,
Maurizio Insidioso Monda —
era sconvolto: mi ha detto che
lesioni di quel tipo non le ha viste nemmeno nelle vittime di
incidenti stradali. Pensate, è
assurdo, era sconvolto perfino
Il giallo
il medico. Ma che le ha fatto
quell’animale? L’avevo anche
denunciato: aveva circuito mia
figlia. So di dire una cosa orribile, ma ora spero che Chiara
muoia. I medici mi hanno detto
che se sopravviverà sarà un miracolo, e comunque vivrà come
un vegetale. Per questo, adesso,
da genitore, prego che la mia
bambina non ci sia più».
Secondo i carabinieri le liti
fra il muratore e la giovanissima fidanzata erano molto frequenti: a Capodanno una pattuglia dell’Arma era intervenu-
Insieme
Due immagini di Chiara Insidioso Monda, 19 anni. A
sinistra è assieme al padre,
che aveva denunciato Maurizio Falcioni, il trentenne
che lunedì l’ha picchiata
selvaggiamente (Mario Proto)
ta sotto casa del muratore perché l’uomo stava maltrattando
la giovane. I due, che stavano
insieme da un anno, si trovavano in auto e Falcioni — che ha
precedenti di polizia per stupefacenti — reagì al controllo e
venne arrestato per resistenza a
Il delitto della valigia
Camorra
«Ho ucciso io la studentessa»
Gli eredi di Varenne tolti ai clan
Ha cambiato più volte versione Gagandeep Kaur,
l’indiana 3oenne accusata di aver ucciso con il
fidanzato Rajeshwar Singh l’iraniana Mahfab
Ahadsavoji, 29 anni (nella foto). Prima ha detto
che a strangolare la ragazza, poi trasportata in
una valigia a Venezia e gettata in laguna, sarebbe
stato il compagno. Poi ha ritrattato: «Sono stata io, lui non è
stato». Ieri, infine, davanti al giudice per le indagini
preliminari è rimasta in silenzio. Singh ha sempre detto che
hanno trovato la Ahadsavoji già morta. I due sono in arresto.
Maxi operazione della polizia a Roma ieri contro il clan
camorristico Zaza, che ha condotto a 29 arresti, con
l’accusa di associazione di stampo mafioso, truffa ed
estorsione aggravata. La Direzione investigativa
antimafia ha sequestrato 400 milioni di euro, in beni
mobili e immobili, compresi venti cavalli, tra cui due
discendenti del famosissimo campione Varenne, 18 tra
villini, negozi e appartamenti a Roma, 4 alberghi nella
Capitale e il villaggio turistico Villa Beuca, sulla collina
di Cogoleto (Genova).
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Le indagini
Gli investigatori hanno
provato ad analizzare i
tre cellulari della vittima.
Dai primi due non sono
emersi elementi utili. Il
terzo, un iPhone 5, è
bloccato da una
password, e potrebbe
custodire informazioni
preziose. Per aprirlo serve
un software che ha Apple
PESCARA — E questa ricevuta
del «Vecchio Porco»,
ristorante di Milano, 227 euro
pagati con la carta di credito,
ce la vuole spiegare,
presidente Chiodi? «Una
partita a carte scoperte»,
racconta chi c’era. Giuseppe
Bellelli e Giampiero Di Florio
sono due pm che non si
perdono in chiacchiere. Con la
loro inchiesta del 2008, sulle
tangenti della Sanitopoli
abruzzese, decapitarono la
Giunta di Ottaviano Del
Turco. Ora, da un anno e
mezzo, hanno aperto il grande
fascicolo di Rimborsopoli e il
nuovo presidente della
Regione, Gianni Chiodi
(sotto), è indagato per truffa,
peculato e falso. Due ore di
interrogatorio. A cominciare
dal «Vecchio Porco»: «Sì — ha
spiegato lui al Corriere — era
il 18 febbraio 2010 e c’erano
altri 4 commensali, tra cui
l’assessore lombardo alla
Protezione Civile, mi pare.
Insomma, addetti ai lavori. Io
ero in prima linea per la
ricostruzione dell’Aquila e
pagai per tutti. Mi sembrò
giusto così. Il ristorante lo
scelsero loro. E insomma 200
euro per 5 persone, si
chiamerà pure Vecchio Porco,
ma non mi pare un prezzo
folle». Tante le ricevute per
Rinaldo Frignani
Nicoletta Figini, uccisa nella sua casa di Milano a luglio del 2013. Nessuno conosce la password dell’apparecchio
L’indagine sull’omicidio di una donna bloccata da Cupertino
Il delitto
Nicoletta Figini, 55 anni,
viene uccisa nella sua
casa di Milano la notte
tra il 18 e il 19 luglio
2013 scorso: ha le mani
legate e del nastro
adesivo sulla bocca, che
l’avrebbe soffocata
DAL NOSTRO INVIATO
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Nel telefonino il segreto del delitto
ma la Apple non svela il codice
La vicenda
pubblico ufficiale. Alcuni vicini
sono sicuri che «Maurizio aveva alzato le mani anche sulla
precedente fidanzata», ma su
questo punto sono in corso accertamenti. Di certo lunedì pomeriggio hanno sentito Chiara
gridare per ore, sbattere porte e
spostare mobili.
«Dimmelo che hai un altro!»
urlava lui, ormai fuori controllo. Come sempre le aggressioni
a Chiara erano accompagnate
da raptus di ira. L’altro ieri è
scattato anche il pestaggio.
Colpi sferrati con una violenza
inaudita. A chiamare l’ambulanza è stato lo stesso Falcioni.
«Ha avuto un malore — ha
continuato a ripetere anche ai
carabinieri —, non l’ho picchiata, è svenuta». Ora è a Regina Coeli. «Spero che paghi, voglio credere nella giustizia — si
dispera il padre di Chiara fuori
dal reparto di rianimazione —.
Ho cercato di non farglielo frequentare, vista la differenza
d’età, ma lui l’ha presa come
una sfida. Voleva portarmela
via e l’ha fatto. Domenica pomeriggio — aggiunge — mia
figlia mi ha chiamato: “Vienimi
a prendere, ci siamo lasciati,
voglio tornare a casa», ma non
ho fatto in tempo e lui se l’è ripresa ancora una volta. Lei ha
anche cercato di mettersi in
contatto con la madre (i genitori sono separati e la donna vive
fuori Roma, ndr) ma qualcuno,
forse sempre lui, le ha tolto il
telefonino». A casa Molly, il
bulldog di Chiara, guaisce senza sosta. «Mia figlia non mi ha
mai raccontato di essere stata
picchiata da quello — conclude
il papà con amarezza —. Adesso però non posso escludere
che sia successo altre volte».
MILANO — La chiave dell’omicidio potrebbe essere racchiusa
nel telefonino della vittima, ma
l’Iphone 5 si è trasformato in uno
scrigno impenetrabile per la giustizia italiana, finita impantanata
per la mancanza di norme internazionali in grado di seguire lo
sviluppo frenetico della tecnologia e della globalizzazione.
La notte tra il 18 e il 19 luglio
dell’anno scorso una 55enne milanese viene uccisa nella sua abitazione nel quartiere milanese di
Città Studi apparentemente durante una rapina. Legata con cavi
di computer, pezzi di una tenda e
lenzuola, Nicoletta Figini viene
trovata morta asfissiata dal nastro
adesivo con cui le hanno tappato
la bocca. L’appartamento è a soqquadro, ma sembra non mancare
nulla. I rapinatori non si sono portati via l’argenteria, hanno lasciato
tre cellulari e non hanno aperto la
cassaforte. Non si esclude, però,
che si possa trattare anche di una
messinscena allestita da chi vuole
confondere le acque. Tra i profumi
della donna, che dopo la morte del
marito un paio di anni prima viveva sola e aveva problemi di droga,
la Polizia trova della cocaina e negli armadi oggetti erotici che fanno immaginare una passione per
il sadomaso.
Le indagini non portano a nulla
di concreto, tranne far finire in
carcere Gian Paolo Maisetti, socio
al 50% della vittima in un negozio
di telefonia. Nicoletta Figini, infatti, aveva confidato ad alcuni testi-
moni che l’uomo si era invaghito
di una ragazza minorenne e che
voleva rompere la società. Viene a
galla una squallida storia di rapporti sessuali tra un uomo di 47
anni e una bambina di 13. Per fare
luce sull’omicidio, gli investigatori provano a cercare nei tre cellulari. I primi due si aprono, ma senza
offrire spunti investigativi. Il terzo
L’azienda
Impossibile accedere ai dati:
la Procura di Milano ha deciso
di rivolgersi direttamente alla sede
statunitense della società
è bloccato da una password di cui
non si trova traccia. Cosa c’è lì
dentro di così importante da essere protetto con una chiave elettronica? Per scoprirlo gli investigatori
hanno bisogno di sbloccare l’apparecchio. Ed è qui che comincia
un’odissea giudiziaria che è ancora in corso.
Il sostituto procuratore milanese Mauro Clerici, titolare dell’inchiesta sull’omicidio, incarica la
polizia giudiziaria di trovare il
modo di accedere all’apparecchio.
A differenza dei modelli precedenti della casa della mela morsicata, che possono essere sbloccati
con relativa facilità da tecnici specializzati, l’iPhone 5 e i suoi suc-
Catania
Cede balcone
Precipita
un’anziana
Il balcone le si è aperto
sotto piedi e una donna
di 75 anni è caduta dal
secondo piano in centro
a Catania, dove
aspettava la processione
delle reliquie di
Sant’Agata. La signora è
atterrata su un terrazzo
sottostante e se l’è
cavata con qualche
livido.
cessori sembrerebbero impenetrabili. Nessun software, nessun
hacker, nessun detective pare in
grado di superare la barriera della
password di apertura, se è attivata.
La Procura decide di rivolgersi
direttamente alla sede statunitense della Apple. Lo fa prima direttamente, poi tramite un legale italiano della casa di Cupertino (con il
quale il Corriere della Sera ha tentato invano di mettersi in contatto) e in collaborazione con l’ambasciata americana a Roma. Apple
si dice disposta a venire incontro
alla giustizia italiana a patto, però,
che l’apparecchio sia portato in
California e che ci sia un ordine di
un giudice, senza il quale non può
scardinare una sua creatura neppure se essa apparteneva alla povera vittima di un omicidio.
Non sono problemi da poco.
Tecnicamente a Milano si pensa a
qualcosa di simile ad una perquisizione, ma questo in Italia è un atto che può essere ordinato a scopi
investigativi solo dal pm e non da
un giudice, come invece impone il
quarto emendamento della Costituzione americana il quale, in più,
specifica che non si può perquisire senza avere a diposizione indizi
concreti da verificare. Sarebbero
queste differenze, dicono in Procura, a rendere difficile il cammino di una rogatoria avviata negli
Usa dal pm Clerici, il quale starebbe studiando una soluzione tecnica che passa attraverso il gip. Ed è
per risolvere questi e altri problemi connessi alle norme giuridiche
internazionali, alle rogatorie e alla
collaborazione con le autorità giudiziarie straniere che il Procuratore Edmondo Bruti Liberati ha istituito l’Ufficio affari europei e internazionali, affidandone la guida
al sostituto Fabio De Pasquale,
uno dei maggiori esperti nel settore.
viaggi, pernottamenti e
pranzi, almeno una ventina,
contestate: come la notte del
15 marzo 2011, nella stanza
114 dell’hotel Del Sole, Roma,
trascorsa con Letizia
Marinelli, che due mesi dopo
sarebbe diventata Consigliera
di Parità della Regione.
Trecentoquaranta euro in
contanti, di cui Chiodi chiese
il rimborso: «Ma sulla fattura
era indicata la presenza di due
persone nella camera e io la
presentai così com’era».
Insomma, secondo lui, solo
l’errore di qualche contabile. E
poi il viaggio in business class
Roma-Washington del 22
ottobre 2009, 2.872 euro, con
sua moglie Daniela
Clementoni: «Ma la Regione
non pagò per lei (ieri ha
esibito il bonifico ai pm, ndr),
pagò solo il mio biglietto. Ero
stato invitato dalla Niaf,
l’associazione degli italoamericani, c’era Nancy Pelosi
che è abruzzese e poiché il
viaggio era di soli tre giorni e
le ore di volo non sono poche,
pensai di regalare a mia
moglie il volo in business. Per
il resto io viaggio in economy.
E se andai a Capri per
Confindustria o a Taormina
per la Festa de La Destra non è
colpa mia, potevano fare gli
incontri a Sambuceto...». Un
atteggiamento «non
omertoso» che però non ha
convinto i pm fino in fondo.
Gli accertamenti proseguono.
Lui si è detto «contento per
aver chiarito tutto». Oggi
conferenza stampa. Per
chiarire anche il resto, si
spera.
Fabrizio Caccia
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Giuseppe Guastella
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
La famiglia Cutrì
La donna: «Erano
come gemelli, per
aiutarlo a scappare
aveva imparato
a guidare elicotteri»
MILANO — Nel soggiorno ci sono
un pianoforte, un enorme specchio,
un televisore al plasma ancor più
grande e un divano a elle sopra cui la
signora Antonella, malata di diabete,
sta un po’ seduta e po’ semisdraiata, il
giaccone tirato fino al collo, le ciabatte
ai piedi e i piedi nelle calze di lana, il
posacenere in una mano e le sigarette
Multifilter rosse nell’altra, il cagnolino
accucciato sul pavimento di cotto. In
cucina un camino non acceso di recente, le tapparelle blu abbassate,
quadri di paesaggi, un monitor che rimanda le immagini della telecamera
di sicurezza sul balcone. Nel corridoio
Mario Cutrì, magro, scavato, in piedi
dinanzi alla porta d’ingresso blindata,
aspetta parenti e amici per le condoglianze. Una processione. Sono la madre e il padre. «Mimmo ascoltami:
non ti costituire. Tuo fratello si è sacrificato per te. Non ti consegnare,
Mimmo. Scappa, scappa Mimmo. Altrimenti Nino è morto per niente».
I Cutrì d’Inveruno, Ovest Milanese,
avevano quattro figli ed è rimasta soltanto Laura, che sbuca a mezzogiorno
dalla camera da letto, impaurita. Dei
tre maschi, Domenico è in fuga, Nino
è all’obitorio e Daniele è in giro, «forse
tra poco arriva, forse sta da amici» dice Mario Cutrì appena salito con un
aereo dalla Calabria, «ero andato a salutare un famigliare ricoverato per
problemi di cuore». Mario mai abbassa lo sguardo, sono occhi infiammati
di rabbia che alla fine, allo scadere, si
bagnano leggermente nel ricordare
come «nemmeno mi fanno vedere il
cadavere di Nino, gli hanno piantato
un proiettile alle spalle, a tradimento,
ne sono sicuro». Alla parete c’è una foto di Domenico. Ecco, Domenico. Gli
studi abbandonati all’istituto alberghiero, le giovanili nelle società calcistiche succursali del Milan fino alla
rottura della gamba, la condanna all’ergastolo, ed è una sentenza secondo
i Cutrì origine di tutto il male. «L’hanno accusato d’essere il mandante dell’omicidio di un tizio che faceva apprezzamenti a una sua amica. Ora, chi
ha sparato è fuori, libero, e comunque
l’obiettivo non era uccidere ma inviare
un avvertimento. Ho chiesto al giudice se avesse figli... L’ergastolo è uguale
alla sedia elettrica. Ventidue, ventisei
anni di galera li accetti. Hai la prospettiva che uscirai, e combatti, come contro una malattia grave che forse si può
curare».
L’evasione era un’ossessione di Nino, «pazzo di suo fratello», addirittura
«aveva frequentato un corso da elicotterista» fantasticando su liberazioni
da leggenda, e d’altronde «sono nati a
tredici mesi di distanza, erano gemelli». Con i genitori, giurano, mai un accenno a folli progetti di fuga. E però,
Il gip di Cremona
Il padre
Mario Cutrì
è originario
di Melicuccà,
in provincia di
Reggio Calabria
La madre
Maria
Antonietta (per
tutti Antonella)
ha portato Nino
in ospedale
A casa dell’ergastolano: Nino è morto per lui, non deve arrendersi
ricorda il padre, c’è quell’intercettazione nel carcere di Saluzzo. Nino va a
trovare Mimmo. Bisbigliano. Mimmo,
non raggiunto dalla sentenza di fine
pena mai, si raccomanda: se mi danno
l’ergastolo rischi dieci anni di prigione e non se ne fa nulla; in caso contrario potrebbero rifilarti tre anni e si
Il padre e l’intercettazione
«In un colloquio in carcere
hanno intercettato i miei figli
Dicevano: se la pena è
l’ergastolo non si fa nulla»
può progettare qualcosa insieme. Signora, quanto pensa possa resistere
Domenico? La mamma Antonella non
fa terminare la domanda: «L’ho detto
ai carabinieri. Io non ne ho idea».
Solitamente le case di ‘ndrangheta
all’esterno non tradiscono e all’interno sorprendono, catapecchie gonfie
di lusso pacchiano. I Cutrì abitano
nell’unico condominio d’una strada
tranquilla, via Leopardi, con villette a
due piani. Abitano al piano terra, i Cutrì, appartamento senza eccessi, tolto
il televisore al plasma. Molto al riguardo s’è dibattuto e qualcuno insiste:
sono una famiglia di ‘ndrangheta? Padre e figli hanno tanti precedenti, ci
La vicenda
Il percorso
Dal carcere
al Tribunale
Sono le 14.30 di lunedì quando gli
agenti della Penitenziaria scortano
Domenico Cutrì al tribunale di
Gallarate per un processo per truffa
Cutrì sconta l’ergastolo per
l’uccisione di un ragazzo polacco
L’agguato
Il commando
entra in azione
Appena Cutrì scende dal blindato
un commando di quattro persone
entra in azione da una via laterale
I malviventi hanno un ostaggio,
probabilmente finto, e spruzzano
spray al peperoncino sugli agenti
Nel 2011 Domenico Cutrì, a Novara, durante il processo per omicidio (Photomasi)
Caccia all’uomo, trovata l’auto
Per il magistrato è pericolosissimo
DAL NOSTRO INVIATO
«Detenuti,
meglio usare
collegamenti
video»
Il fratello
Nino venerava
Mimmo: è
rimasto ucciso
nella sparatoria
con gli agenti
Appello choc della madre all’evaso
«Rispetta tuo fratello e scappa»
Le indagini Il racconto degli agenti: siamo riusciti a proteggere i passanti
BUSTO ARSIZIO (Varese) — «È
andata bene, poteva sicuramente finire peggio, con qualche vittima innocente...»: via dalla folla e dalla curiosità generale, gli agenti di custodia rimasti feriti nel blitz che lunedì
a Gallarate ha portato alla fuga dell’ergastolano Domenico Cutrì e alla
morte nella successiva sparatoria
del fratello di quest’ultimo, Antonino, stanno in disparte. Entrambi in
servizio nel carcere di Busto Arsizio,
dove Cutrì aveva fatto tappa prima
di essere portato in tribunale a Gallarate, ieri i due hanno incontrato
poche persone: qualche collega, il
direttore del carcere Orazio Sorrentini. A loro hanno affidato poche
Cronache 19
italia: 57525754585250
frasi che da sole fotografano il terrore di quel pomeriggio di fuoco.
«Abbiamo temuto che ci finissero
di mezzo persone che non c’entravano nulla, ad esempio qualche
passante, e abbiamo agito pensando a loro. Ci siamo affidati alla nostra professionalità ed esperienza».
«Adesso la paura è passata, stiamo
meglio e staremo un po’ a riposo».
Il comportamento delle guardie
L’arsenale
A bordo di una delle due
vetture utilizzate nell’assalto
fuori dal tribunale c’erano tre
fucili e centinaia di munizioni
aggredite è stato apprezzato da tutti
i colleghi: «La scorta era adeguata
alla pericolosità per personaggio, i
colleghi sono stati encomiabili; anche i più alti gradi dell’amministrazione penitenziaria lo hanno riconosciuto» è il giudizio di Pasquale
Consentino, sindacalista del Sappe
che con i due agenti feriti condivide
il lavoro dietro le mura d Busto Arsizio. Il racconto dei testimoni in divisa non entra nei dettagli anche
perché strettamente legato alle indagini rivolte alla cattura di Cutrì,
ma nelle ore immediatamente successive alla fuga l’attenzione degli
inquirenti si è concentrata sui componenti della famiglia. I carabinieri
e la pm Raffaella Zappatini hanno a
lungo sentito Maria Antonia Lanto-
La sparatoria
La fuga dell’evaso
e il fratello ferito
Dopo aver lasciato andare il detenuto,
uno degli agenti finisce a terra mentre
l’altro spara verso il commando
che a sua volta risponde al fuoco
Nel conflitto a fuoco rimane
ferito un fratello di Cutrì, Antonino
Con la madre
La morte
in ospedale
Il gruppo con Cutrì riesce a fuggire
a bordo di una Citroen C3 poi
abbandonata. Poco dopo le 15
all’ospedale di Magenta si presentano
il fratello ferito di Cutrì insieme
alla madre: l’uomo muore poco dopo
sono state storiacce di armi e di droga;
ma i clan della Calabria non avrebbero
rapporti con i Cutrì di Inveruno. Zero.
Non sarebbero boss Mario, Domenico
e Nino Cutrì. Certo il capofamiglia
conferma gli episodi di violenza attribuiti a questo e quel figlio, le spacconate, le vendette. «Ma Mimmo, prima
dell’ergastolo, era un incensurato. E
lavorava. Aveva un’agenzia di scommesse. Mentre in prigione s’è messo a
studiare. Ragioneria. Ha trovato delle
risorse per sperare in un futuro, ha carattere. C’è ancora il giudizio della
Cassazione. Ci siamo affidati a un avvocato, di Palmi. Gran signore... Mimmo era all’oscuro dell’evasione. Nino
ha agito di testa sua... Contro le guardie ha spruzzato dello spray. Non ha
fatto fuoco. Loro l’hanno colpito». Cutrì allunga il braccio lungo il fianco,
forma una pistola con tre dita della
mano, lascia immobile braccio e mano: «Nino non ha sparato. Avesse voluto li avrebbe ammazzati tutti quanti.
Vero Antonella?». E intanto la madre
scuote la testa, è stata l’ultima della famiglia a vederlo vivo quando già moriva. «Mi citofonano. “Cutrì? Se sei la
mamma di Domenico esci”. C’era uno
sconosciuto. E Nino in macchina. “Andiamo in ospedale” dice quello. Sono
stata zitta. Mi sono messa alla guida.
Nino aveva gli occhi rovesciati. Dopo
poco ho smesso di guardarlo. Fissavo
la strada. All’ospedale ho telefonato a
mio marito».
«Grazie tante, noi lo diciamo
da anni. Anzi, siamo già
passati dalla teoria alla
pratica...»: Pierpaolo Beluzzi,
gip del tribunale di Cremona,
ieri ha vissuto una piccola
rivincita. Il procuratore
antimafia Nicola Gratteri, il
segretario del Pd Matteo
Renzi, il sottosegretario alla
giustizia Giuseppe Berretta,
tutti si sono precipitati a dire
che, si fosse adottato il
sistema degli interrogatori dei
detenuti in videoconferenza,
un fatto come l’evasione di
Gallarate non sarebbe
avvenuto. «Nel 2009 —
ricordava ieri Beluzzi —
venne a Cremona il
responsabile del dipartimento
informatica del ministero per
vedere come lavoravamo. Ci
fece i complimenti, promise
che avrebbe applicato il
metodo su vasta scala ma da
allora non se ne è fatto
niente». Già, perché nel
piccolo tribunale lombardo, la
rivoluzione tecnologica e la
videoconferenza sono già
realtà. «Proprio lunedì
abbiamo celebrato un
processo per truffa come
quello di Gallarate: non solo
l’imputato ma anche quattro
testimoni che stavano a
Torino, a Cervia e in altre due
città italiane hanno deposto a
distanza. Con una sola
udienza ho fatto risparmiare
allo stato mille euro di costi e
in più non s’è corso il rischio
che il processo saltasse». Il
tutto grazie a comunissimi
collegamenti via Skype. Ma
come mai strumenti ormai
parte della vita quotidiana
faticano ad essere accettati nel
mondo dei tribunali? «Il
problema non è certo
economico — spiega Beluzzi
— visto che il trasferimento di
ogni detenuto solo dal carcere
al tribunale di Cremona costa
in media 252 euro e una
webcam molto meno. Il
problema è che la nostra
organizzazione è piramidale:
tutto deve discendere dall’alto
ed essere uguali per tutti. Ma
così si mortificano iniziative e
competenze che, se libere di
affermarsi, avrebbero al
contrario un effetto virale.
C.Del.
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Andrea Galli
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ne, per tutti Antonella, 50 anni, madre di Domenico e Antonino, che
però ha fornito un racconto giudicato «scarsamente attendibile».
Altra persona interrogata è Laura, figlia della donna, che però
avrebbe detto poco o niente e, anzi,
avrebbe avuto parole risentite contro le forze dell’ordine ritenute responsabili della morte del fratello.
Qualche dubbio suscitano invece le
posizioni di due altri componenti
della famiglia Cutrì. Il primo è il padre, che nei giorni immediatamente
precedenti il blitz era volato in Calabria ma che è precipitosamente tornato ieri a Inveruno, il paese in provincia di Milano dove vive. «Era andato laggiù per affari di famiglia» è
stata la laconica spiegazione fornita
dalla moglie. Daniele, il più piccolo
dei Cutrì (ha 24 anni) è invece sparito da alcuni giorni. «A me ha detto
che andava in gita con un amico, ma
non mi ha spiegato dove» ecco ancora la risposta della madre al quesito degli inquirenti. Due posizioni,
insomma, che restano sotto la lente
di ingrandimento.
Se i carabinieri hanno ritrovato
vicino all’ospedale di Magenta la
Citroën C3 usata nella fuga, non c’è
nessuna traccia di Domenico l’ergastolano. L’uomo, definito ieri «pericolosissimo» dal procuratore generale di Torino Marcello Maddalena,
non è affiliato a cosche della
‘ndrangheta ma sicuramente ha
contatti con gli uomini che contano
nella sua terra di origine ed è possibile che a loro abbia chiesto aiuto. Il
punto allora è: i capi saranno disposti ad accordare protezione a un
personaggio esterno all’organizzazione? E a quale prezzo? Ieri intanto
ha fatto impressione l’inventario
dell’arsenale trovato a bordo della
Nissan abbandonata dal commando a Gallarate: a bordo c’erano un
fucile a pompa, un fucile automatico, un «canne mozze» e centinaia di
munizioni. I banditi erano pronte a
usarle di fronte a ogni ostacolo. Non
hanno fatto in tempo, per fortuna.
Claudio Del Frate
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&RGLFHFOLHQWH
20 Cronache
Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
italia: 57525754585250
Istruzione Il dibattito tra innovatori e scettici digitali. E l’Europa boccia l’Italia: pochi fondi per lo sviluppo
✒
La scuola che rifiuta di usare i tablet
Il no dei genitori in un’elementare
«Non possono sostituire i libri
L’apprendimento è a rischio»
La discussione
La critica
in un libro
Sopra, la copertina
di Demenza
digitale (edizioni
Corbaccio) di
Manfred Spitzer
Il modello Usa
con i privati
Negli Stati Uniti il
progetto
«ConnectED»
prevede
un’alleanza con le
aziende che si
occupano di
tecnologia (Apple,
Microsoft, Sprint e
Verizon)
Hanno avuto paura che quei
tablet si trasformassero in «armi di distrazione di massa».
Che le novità digitali potessero
avere «conseguenze negative
su attenzione e memoria, sui
processi emotivi e la socializzazione». Così, alla proposta di
trasformarsi in «Cl@sse 2.0»
— tutta tablet e tecnologia — la
IB dell’elementare Iqbal Masih
di Roma ha detto no. «No» per
le modalità («una decisione
comunicata a inizio anno, senza che i genitori venissero consultati», spiega Mauro Giordani, un papà che guida il gruppo
di «dissidenti» tecnologici).
Ma no, soprattutto, «per un
progetto i cui effetti non sono
noti né a noi, né alle insegnanti, né al ministero proponente». Troppa didattica digitale,
sostituzione dei libri di testo
con i tablet, sono convinti i genitori, può essere dannosa.
Per approfondire l’argomento, hanno organizzato un dibattito aperto, mettendo a confronto tecnoentusiasti e dubbiosi. Protagonista dell’incontro, il filosofo Roberto Casati,
autore del libro «Contro il colonialismo digitale», che ha appoggiato le tesi dei genitori
della classe romana, illustrando e motivando il proprio pensiero con la necessità di «esercitare un sano principio di precauzione». «Non è ancora chiaro — ha sostenuto — il
contributo pedagogico che le
nuove tecnologie possono dare». Ha citato ricerche di Marco
Gui, dell’Università di Milano
Bicocca, basate su un’analisi
dei risultati Ocse-Pisa 2009: le
tecnologia a scuola sono vantaggiose a piccole dosi, ma diventano controproducenti con
l’aumentare del tempo dedicato. «Sono molto distraenti e
abbassano la soglia dell’attenzione», spiega Casati. Che non
vuole essere definito un «luddista» («sono stato tra i primi a
usare un tablet», ci tiene a dire), ma è «contro la logica di
sostituzione che oggi sembra
prevalere».
«Nessuna “abbuffata” digitale», sostiene invece la preside, Stefania Pasqualoni, spiegando che il progetto prevedeva che solo tre delle 40 ore settimanali fossero dedicate
all’uso delle tecnologie.
Dopo i genitori dell’elementare romana è stato Bernardo
Vertecchi, ordinario di Pedagogia all’Università Roma Tre, a
gettare ombre sui possibili rischi di un uso precoce della
tecnologia. Perdere la capacità
di scrittura manuale, utilizzare
solo o prevalentemente la tastiera — sostiene — può avere
risvolti negativi sulla qualità
del pensiero». E per sperimentare i benefici di un esercizio
costante della scrittura a mano,
ha coinvolto 350 bambini di
due elementari della capitale
nel progetto Nulla dies sine linea (neanche un giorno senza
tracciare una linea). Mentre lo
psicologo tedesco Manfred
Spitzer, autore di «Demenza
digitale» (Il Corbaccio) sostiene che l’uso della tecnologia
abbia effetti negativi sull’ippocampo, portando alla perdita
della memoria, alla riduzione
delle capacità spazio-temporali e, alla lunga, a maggiori probabilità di sviluppare l’Alzheimer.
Ma insieme agli «apocalittici», crescono anche gli «integrati»: scuole all’avanguardia,
come il liceo Lussana di Bergamo o l’istituto Frejus di Bardonecchia, felici esempi di sperimentazioni «Total tablet». Diventa così sempre meno chiaro
se il nostro Paese creda o meno
alla possibilità che i ragazzi
possano studiare efficacemente attraverso un tablet, uno
smartphone o un pc.
Sul fronte delle dotazioni,
l’ennesima tecno bocciatura è
arrivata dall’Eurispes, che nel
rapporto «Italia 2013» tira le
70 416
Mila le lavagne interattive (le
Lim) in 1.200 classi e 36 scuole
coinvolte nelle nuove sperimentazioni didattiche, secondo l’ultimo rapporto Eurispes. Circa
80mila gli insegnanti che hanno
partecipato ad attività formative
sull’uso di questa strumentazione
Le classi coinvolte nel progetti «Cl@ssi 2.0» (nuove tecnologie che integrano l’apprendimento): 124 classi nella
scuola primaria; 156 classi
nella secondaria di primo grado; 136 classi nella secondaria di secondo grado
Il Piano
tecnologico
somme: per introdurre tecnologie digitali nelle classi della
Penisola sono stati spesi 30 milioni di euro, 5 euro a studente.
Di questo passo, ci vorranno
quindici anni per metterci alla
pari con Paesi come la Gran
Bretagna, che ha l’80% di classi
dotate di strumenti didattici
informatici. I ricercatori hanno
anche fatto l’inventario: 70mila
le lavagne interattive (le Lim) a
disposizione degli studenti in
1.200 classi (la domanda è dieci volte superiore), 416 le
«Cl@ssi 2.0» sul territorio. Una
penuria di dotazioni già sottolineata in precedenza dall’Ocse:
alle elementari, sei computer
ogni 100 scolari, contro una
media europea di 16. E appena
il 6% di Scuole 2.0, a fronte di
una media Ue del 37%, al di sotto anche di Spagna e Portogallo.
Mentre nella Penisola si investono solo 15 milioni di euro
per la connettività, intanto, il
Regno Unito impiega 40 milioni di sterline per dotare tutti gli
istituti di banda larga; e la
scuola americana corre e sogna
in grande: wi fi e banda larga in
tutte le scuole entro 5 anni, ha
assicurato Barack Obama. Forte dell’appoggio delle grandi
aziende del settore, da Apple a
At&T, da Microsoft a Verizon,
che daranno il loro contributo
a un progetto di 750 milioni di
dollari.
Antonella De Gregorio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Maryland
Obama
e le classi
iper-connesse
In Italia il «Piano
Scuola Digitale»
intende
modificare gli
ambienti di
apprendimento
attraverso
l’integrazione
delle tecnologie
nella didattica
Il presidente degli
Stati Uniti, Barack
Obama, ieri durante
una visita in una
classe della Buck
Lodge Middle School
ad Adelphi, nel
Maryland.
Il presidente
americano ha
illustrato i progressi
del progetto
«ConnectEd» che ha
l’obiettivo di
connettere il 99 per
cento degli studenti
americani ai sistemi di
nuova generazione e
alla tecnologia
wireless entro cinque
anni (Jewel
Samad/Afp)
Risorse scarse
e ritardi
Il «Piano» in Italia
procede a rilento:
un pc ogni 15
studenti alle
elementari; alle
medie uno ogni 11
studenti; 1 ogni 8
alle superiori.
Investiti ogni anno
«solo» 30 milioni
Per imparare
non basta
la tecnologia
di PAOLO DI STEFANO
A
derite incondizionatamente
all’uso di Internet a scuola?
Leggete il libro dello psichiatra
tedesco Manfred Spitzer, il quale
sostiene — com’è facile intuire
dal titolo, Demenza digitale
(Corbaccio) — che gli strumenti
tecnologici, utilizzati in eccesso,
finiscono per limitare la capacità
di memorizzare, di concentrarsi,
di socializzare. Tutte qualità che
un individuo, specie se giovane,
dovrebbe sviluppare. Siete
scettici? Ascoltate Umberto Eco,
quando dice che ha curato
Encyclomedia, un’enciclopedia
informatica, per favorire la
memoria storica dei ragazzi,
mettendo loro a disposizione
cronologie indispensabili ai
nativi digitali. Poi però è lo
stesso Eco ad avvertire (in una
lettera a suo nipote apparsa
qualche settimana fa
sull’Espresso) che sarebbe utile
arginare il deserto mnemonico
che avanza tornando alla
vecchia tradizione, e cioè
mandando a memoria «La Vispa
Teresa», «La cavallina storna»,
«L’infinito». Senza
abbandonare il Web, ma senza
farne un mondo totalizzante.
Nessuno ha ancora dimostrato,
del resto, che i libri di carta siano
inutili. Il fatto che l’Italia è agli
ultimi posti, come segnala
l’Ocse, nella digitalizzazione
scolastica non è un segnale di cui
rallegrarsi. Ben vengano, anzi, le
lavagne elettroniche. Il vero
guaio però è che la fascinazione
dei nuovi strumenti digitali ha
contribuito a spostare
l’attenzione dai contenuti ai
mezzi che li veicolano,
attribuendo a questi ultimi una
funzione catartica che non
hanno. L’equivoco, insomma, è
credere che la scuola possa
rinnovarsi solo adottando a
tappeto iPad e ebook. I genitori
sanno bene che i loro figli
imparano da soli, ben prima di
arrivare a scuola, a maneggiare
smartphone e tablet: non accade
lo stesso per i libri. A scuola,
semmai, i nativi digitali
potrebbero apprendere un uso
dosato e critico della Rete: ma si
può chiedere anche questo ai
docenti? Senza dimenticare che
la scuola deve insegnare
soprattutto altro, e magari,
perché no, aprire spazi mentali
alternativi a quelli consueti, in
genere frequentati
compulsivamente. La terza via,
tra apocalittici e integrati, è
quella dei prudenti. Non
esagerare è sempre un ottimo
consiglio.
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L’intervento
Quei concorsi innovativi che creano giovani ricercatori indipendenti
di ALBERTO MANTOVANI
a mancata indipendenza dei
giovani scienziati rappresenta
uno dei problemi più importanti del sistema di Ricerca del nostro Paese. L’età media dei ricercatori è troppo avanzata — superiore ai 40 anni — e i percorsi formativi sono estremamente lunghi:
dunque l’indipendenza, la cui base è costituita dall’autonomia economica, si raggiunge molto tardivamente, ancor di più nella cultura accademica.
Nell’ultimo mese, tuttavia, abbiamo assistito a due segnali positivi che — elemento interessante
— arrivano rispettivamente dallo
Stato stesso, in particolare dal
MIUR, e da una delle charities che
nel nostro Paese danno un sostegno economico importante ed imprescindibile alla ricerca scientifi-
L
Chi è
Oncologo
Alberto
Mantovani, 65
anni, docente di
Patologia
Generale presso
l’Università degli
Studi di Milano
e direttore
scientifico
dell’Humanitas
ca nel settore biomedico. In questo caso, Fondazione Cariplo.
Si tratta di due bandi che sostengono specificamente i giovani
scienziati, con finanziamenti meritocratici, dunque non a pioggia.
Il bando del MIUR, SIR (Scientific Independence of young Researchers), è dedicato a giovani ricercatori al di sotto dei 40 anni che
abbiano dimostrato le proprie capacità scientifiche e, per la prima
volta, presenta una caratteristica
molto importante: libera i vincitori da uno dei «lacci e lacciuoli» più
stringenti che letteralmente asfissiano il nostro sistema di ricerca,
ovvero i vincoli burocratici. Permette infatti ai vincitori, pur offrendo alle Università la possibilità di reclutarli come ricercatori a
tempo determinato, di competere
anche per altri finanziamenti, in
particolare quelli europei. Con-
sentendogli in questo modo di
crescere realmente come scienziati autonomi.
Si tratta di una vera e propri novità: nei bandi precedenti, infatti, i
vincitori — selezionati dalle Università come ricercatori a tempo
determinato — erano obbligati ad
un rapporto esclusivo con l’Ateneo, che non consentiva loro di
concorrere con enti diversi per ottenere altri finanziamenti. Era un
po’ come se selezionassimo i puledri migliori ma poi gli impedissimo di correre al di fuori del cortile
di casa. Ora, finalmente, almeno
questo «laccio» è stato tagliato.
È solo uno fra i tanti che da anni
noi scienziati, in particolare il
Gruppo 2003 che riunisce i ricercatori più citati nella letteratura
scientifica internazionale, denunciamo come deleteri per il nostro
sistema di Ricerca; ma speriamo
possa essere il primo passo verso
una logica di semplificazione degli adempimenti burocratici che
tolgono ossigeno alla nostra Ricerca.
Il bando di Fondazione Cariplo
Le novità
Le novità dei bandi di Miur
e Fondazione Cariplo
che liberano dall’esclusiva
e danno più fondi ai vincitori
L’età media
Nel nostro Paese l’età media
degli scienziati è superiore
ai 40 anni: l’indipendenza si
raggiunge quindi troppo tardi
uscito quasi in parallelo al SIR, invece, per la prima volta destina
una quota considerevole di fondi
(3.000.000 di euro) esclusivamente ai giovani ricercatori, con
l’obiettivo di farli crescere come
scienziati autonomi. Una linea
strategica perseguita anche da altre charities come AIRC e Telethon.
In un momento di difficoltà
economica, in particolare per i
giovani scienziati che fanno fatica
a vedere per loro una prospettiva,
si tratta di segnali estremamente
positivi. Ci auguriamo possano
essere sintomatici di un’inversione di tendenza, che veda i giovani
e la loro indipendenza al centro di
un rinnovato impegno del nostro
Paese in un settore — quello della
ricerca — fondamentale per il futuro di tutti noi.
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&RGLFHFOLHQWH
Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
Cronache 21
italia: 57525754585250
Stati Uniti La scalata dei dirigenti asiatici ai vertici dell’industria informatica e degli altri colossi
Assicurazioni
Nadella è l’erede di Bill Gates
La Silicon Valley parla indiano
Lite su scatola nera
e meccanici:
a rischio la riforma
della Rc auto
Nuovo ad di Microsoft, il fondatore consigliere per la tecnologia
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK — Satya Nadella
— «computer scientist» nato e
cresciuto in India prima di trasferirsi negli Usa e di entrare,
22 anni fa, in azienda — è il
nuovo amministratore delegato di Microsoft. Al suo fianco
troverà, nell’inedito ruolo di
consigliere per la tecnologia, il
fondatore (e maggiore azionista) Bill Gates che lascia, dopo
38 anni, la presidenza
del gruppo di Seattle.
Molti azionisti avrebbero voluto un mutamento più radicale.
Puntavano su un manager visionario, preso dall’esterno, per
cercare di rivoltare
una società che, sotto
la gestione di Steve
Ballmer, si è un po’ seduta:
continua a fare lauti profitti soprattutto grazie alle «royalties», ma ha perso terreno su
Google ed Apple sia nell’Internet mobile che nella vendita di
prodotti fisici come i terminali
(il recente acquisto di Nokia è
stato giudicato da molti un investimento fatto troppo tardi).
Meglio Nadella, dicono oggi
molti analisti, secondo i quali
la gestione di un gruppo come
Microsoft — centomila dipendenti e attività molto diversificate — è talmente complessa
che un esterno avrebbe impiegato anni solo per orientarsi.
Ma la verità è che il «board»
aveva pensato ad Alan Mulally,
il supermanager che, dopo
aver gestito la divisione aerei
civili della Boeing, otto anni fa
ha cambiato tutto passando all’auto dove ha risanato la Ford.
Il consiglio della Microsoft
L’azienda
Il fondatore
Bill Gates (foto sotto),
58 anni, ha fondato
Microsoft con Paul
Allen. Ha ricoperto
anche l’incarico
di amministratore
delegato
Il nuovo ad
Satya Nadella,
46 anni, è il nuovo
amministratore
delegato di
Microsoft, il terzo in
38 anni dopo Gates
e Steve Ballmer, di
cui va a prendere il
posto. Nadella, che è
in Microsoft da 22
anni, occupava nel
gruppo la poltrona
di capo esecutivo
della divisione cloud
computing
L’incarico di Gates
Il fondatore Bill
Gates lascia anche
il suo incarico di
presidente per
assumere quello
di consigliere del Cda
in materia
di tecnologia
l’aveva contattato chiedendogli di presentare le linee generali di quello che sarebbe stato
il suo piano per rimettere in pista Microsoft. Lui si è limitato a
poche considerazioni generali
e questo ha raffreddato il «board» anche perché nel frattempo il suo membro più influente, Gates appunto, ha preso a
sostenere con vigore la soluzione interna. Alla fine l’ha
spuntata Bill che, però, deve lasciare la presidenza (sua fin
dalla fondazione della società,
mentre sette anni fa aveva ceduto a Ballmer lo scettro di capoazienda) a John Thompson:
il consigliere indipendente al
quale era stata affidata la ricerca del nuovo amministratore
delegato, dopo la decisione di
Ballmer di ritirarsi.
Con la nomina di Madella
si fa sempre più impetuosa la
cavalcata dei manager indiani che, in America, guidano
ormai molte delle corporation più importanti, mentre nell’industria informatica californiana gli asiatici in genere e gli indiani in
particolare la fanno addirittura da padroni: secondo recenti studi delle università di Berkeley e Stanford,
più della metà delle imprese
della Silicon Valley hanno il
Ceo o il capo dell’area tecnologica nato in Asia (52%). In moltissimi casi si tratta di indiani:
25,8 per cento nel 2005, saliti al
33,2 nel 2012.
Nadella, attualmente responsabile dell’area del «cloud
computing» di Microsoft, l’ha
spuntata su un altro candidato
interno, Sundar Pichai: anche
lui indiano. Così come indiani,
per restare nella valle del sili-
cio, sono i capi di Adobe Systems e SanDisk. C’è, poi, Vinod Khosla, cofondatore di
Sun Microsystems, divenuto il
«venture capitalist» più attivo
nell’area delle energie alternative con la sua Khosla Ventures.
Ma gli indiani hanno sfondato anche fuori dall’informatica: basti pensare a Indra Nooyi, la donna che guida il gruppo Pepsi, a Vikram Pandit che
ha recentemente lasciato la
guida del gigante bancario Citigroup, mentre indiani sono
anche il co-amministratore
delegato di Deutsche Bank,
Anshu Jain, e il capo di MasterCard, Ajay Banga. Ad Ajay, arrivato al vertice senza una laurea
occidentale e senza mai abbandonare il turbante sikh, molti
manager Usa hanno spesso
chiesto scherzando (ma non
troppo) cosa preparasse per
colazione a casa la madre, visto
che anche suo fratello Vindi
ha avuto una carriera altrettanto brillante (top manager
Unilever e poi partner della
«equity firm» Clayton, Dubilier & Rice).
Buone scuole, abitudine al multiculturalismo e
dimestichezza con la lingua inglese avvantaggiano di certo gli indiani nel
mercato del lavoro americano. C’è, poi, la facilità
con la quale molti di loro
assimilano le nozioni
matematiche. Ma c’è di
più, secondo le scuole di
management che studiano
il caso-India: crescono in
un ambiente libero, forgiati
da un sistema economico che
stimola una mentalità competitiva. Poi, però, trovano i colli
di bottiglia di un Paese ancora
in gran parte sottosviluppato e
soffocato da uno strato di burocrazia che rimane troppo
spesso: preferiscono, così, cercare negli Usa un ambiente più
favorevole per gli imprenditori.
Massimo Gaggi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gli altri indiani al vertice
Il nuovo ad
Satya
Nadella,
nuovo amministratore delegato di
Microsoft
(foto Kulish/Corbis)
Ajaypal Singh Banga
54 anni, è presidente
e amministratore delegato
di MasterCard (foto Ap)
Shantanu Narayen
50 anni, è amministratore
delegato di Adobe Systems
dal 2007
Indra Nooyi
58 anni, è presidente
e amministratore delegato
di PepsiCo (foto Reuters)
ROMA — Rischia di saltare la
«riforma» della Rc auto,
l’assicurazione obbligatoria per chi
guida, scritta con l’obiettivo di
abbattere del 20% il costo medio delle
polizze. Le nuove regole erano state
inserite dal governo nel decreto legge
«Destinazione Italia», quello che
contiene le prime misure per attirare
gli investimenti esteri. Ma governo e
relatori non trovano l’accordo sulle
modifiche da fare in commissione
alla Camera. E siccome l’intero
decreto deve essere convertito entro
il 21 febbraio, è possibile che
l’articolo sulle assicurazioni venga
stralciato, cioè tirato fuori dal decreto
per essere trasformato in una leggedelega. Un testo che seguirebbe la
normale (e lenta) corsia prevista per
questo tipo di provvedimenti. Con il
concreto rischio di non arrivare mai
al traguardo. Ma quali sono i punti
sui quali il governo non trova l’intesa
con la maggioranza e in particolare
con i due relatori, Yoram Gutgeld per
il Pd e Raffaello Vignali del Nuovo
centrodestra? Al primo posto il
meccanismo per gli sconti da
applicare a chi accetta di far installare
la «scatola nera», l’apparecchio che
registra i movimenti della vettura per
limitare la possibilità di truffa alle
assicurazioni. Nella riscrittura dei
relatori lo sconto viene calcolato su
base locale, tenendo conto dei premi
incassati dalla singola compagnia
nelle singole regioni. Un sistema
complicato e soprattutto opposto a
quello pensato dal governo che aveva
proposto uno sconto standard su
tutto il territorio nazionale. Proprio
ieri l’azienda leader nella produzione
di questo apparecchio, la Octo
telematics, è stata ceduta dal Fondo
Charme II, gestito da Montezemolo &
Patners, al gruppo russo Renova. Ci
sono poi altre modifiche che vanno
incontro alle richieste avanzate nei
giorni scorsi dalle compagnie: come
la trasformazione da obbligatoria in
facoltativa dell’ispezione della
vettura prima della firma del
contratto, che altrimenti avrebbe
penalizzato le compagnie online. O la
norma antitruffa che prevede la
segnalazione alla Procura della
persona che in cinque anni si dichiari
testimone di un incidente più di tre
volte. Ma il vero nodo riguarda
l’obbligo, di fatto, di rivolgersi a un
meccanico indicato dalla compagnia.
Sarebbe sempre possibile far riparare
la macchina da un carrozziere di
fiducia ma in quel caso il rimborso si
fermerebbe sotto una soglia fissata
per ogni singola riparazione. Specie
su questo punto nel Pd ci sono molti
malumori. E c’è chi parla di una
riscrittura che favorisce le
compagnie.
Lorenzo Salvia
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Media Il ministro ha chiesto alle parti in causa un supplemento di indagine. «Gli adeguamenti non ricadano sui consumatori»
Un contributo sui telefonini. Bray: soluzioni condivise
L’ipotesi di una somma
per i contenuti coperti da diritti
MILANO — Una spada di Damocle pende sulle teste dei consumatori. La tassa su smartphone, tablet e dispositivi di archiviazione digitale. Incluse le
semplici chiavette Usb e le memorie su cui registriamo canzoni, foto e filmati. Un «contributo», così preferiscono chiamarlo
gli esperti del ministero dei Beni
Culturali e del Turismo (cui
spetta la competenza), previsto
come aggiornamento del Decreto 30 dicembre 2009. In pratica
si tratta, per dirla in termini tecnici, della «rideterminazione
dei compensi per copia privata».
Cioè quanto un cittadino deve
alla Siae (Società italiana autori
editori) per effettuare una copia
personale di musica e filmati e
trasferire il tutto su memoria digitale. Compito della Siae è poi
quello di girare la parte di compenso spettante agli autori.
Nel pomeriggio di ieri Corriere.it ha pubblicato la tabella degli aumenti previsti in un primo
tempo dal Comitato consuntivo
permanente per il Diritto d’Autore. Ma subito è arrivata la replica del ministero: «Le ipotetiche tariffe pubblicate in merito
agli aumenti di costo sono infondate», «provvisorie». Ribadendo anche che il ministro
Massimo Bray «sta lavorando a
una soluzione condivisa che
non penalizzi i consumatori».
Un compito tutt’altro che
semplice perché si tratta di mediare tra le parti. Chi? Da un lato
la Siae (Società italiana autori
editori) che cura gli interessi degli autori e quindi ha interesse
che le cifre siano consistenti.
Dall’altro le aziende produttrici
di telefonini e le associazioni di
categoria che vedendo lievitare
il costo finale hanno paura di
perdere vendite. Questo significa che la tassa, prevista per legge, potrebbe essere ridotta rispetto alle cifre pubblicate ieri
da Corriere.it. Numeri che porterebbero ad aumenti anche del
500%.
Attualmente paghiamo già,
anche se non ci rendiamo conto,
0,90 euro per gli smartphone,
niente per i tablet e 1,90 euro per
i computer. Stando alla «tabella
provvisoria» i consumatori si
0,90 5,20
euro La cifra in più che paghiamo per gli smartphone
e che finiscono nelle casse
della Siae per effettuare una
copia personale di musica e
filmati. Non si paga nulla per
i tablet, mentre per i computer si versano 1,90 euro
euro Quanto avremmo dovuto pagare in più per comprare uno smartphone o un
tablet se fossero stati confermati gli aumenti ancora
allo studio. Per i pc avremmo dovuto sborsare 6 euro,
per i decoder anche 40
sarebbero trovati a dover sborsare 5,20 euro per smartphone e
tablet, 6 per i computer. Fino ad
arrivare a 40 euro per i decoder.
Bisogna poi ricordare che la tassa, sommandosi al prezzo finale
del prodotto, sarebbe gravata
della nuova aliquota Iva al 22%.
Dunque un aumento significativo, soprattutto sui prodotti low
cost, ad esempio smartphone
sotto i 100 euro.
Che succederà adesso? Il ministro Bray ha richiesto alle parti
in causa (oltre una decina) un
«supplemento di indagini». Una
sospensione di un paio di settimane necessarie a raccogliere
informazioni sulle nuove modalità di fruizione di contenuti digitali online. Come ad esempio
il trasferimento di filmati da
YouTube e contenuti digitali su
dischi esterni. Perché nelle «copie per uso personale» rientrano anche tutti i nuovi contenuti
scaricabili dal web e per i quali
devono essere compensati gli
autori. Le direttive del ministro
sono chiare: «Cercare per quanto possibile di non fare ricadere
sul consumatore finale gli adeguamenti tariffari». L’ipotesi su
cui si sta lavorando è dunque
che ci sia una condivisione degli
oneri tra le parti. Alla fine, comunque, potrebbero essere gli
stessi produttori di smartphone
e tablet a ritoccare all’insù il
prezzo finale dei prodotti. Il ministero ha stimato un mese di
confronto prima di arrivare alle
nuove tariffe. Sempre che le parti giungano a un accordo.
Umberto Torelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IL COMMENTO
di Edoardo Segantini
nelle Idee&Opinioni
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italia: 57525754585250
Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
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italia: 57525754585250
Economia
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La lente
LA CONSOB
E IL COMMISSARIO
CHE MANCA
L
o slittamento delle
nomine al vertice della
Consob fa parte delle
tradizioni. Così è accaduto
spesso in passato e così sta
accadendo ora. Michele
Pezzinga, il terzo
commissario, è scaduto il
16 dicembre scorso. Non
per un colpo di scena ma
perché era arrivato al
termine del mandato, di
durata sette anni. Quindi
la necessità di provvedere
alla designazione del
successore era ampiamente
programmabile e,
considerando che la
procedura richiede un
mese, l’ideale sarebbe stato
individuare il sostituto a
metà novembre. Invece,
quasi tre mesi dopo, non si
muove foglia. Certo siamo
ancora lontani dal lungo
periodo d’incertezza
seguito all’uscita del
commissario Filippo
Cavazzuti nel 2004 oppure
dalla travagliata
sostituzione del presidente
Lamberto Cardia nel 2010.
Ma il problema c’è, anche
se potrebbe trasformarsi in
una opportunità. La
decisione, per legge, tocca
esclusivamente al
presidente del consiglio,
oggi Enrico Letta, senza
neppure l’obbligo di
Giuseppe Vegas,
presidente Consob
consultare chicchessia,
compreso il ministro
dell’Economia, Fabrizio
Saccomanni. Letta può
quindi cogliere l’occasione,
e dovrebbe farlo, per dare
un segnale inequivocabile
di rinnovamento. In
Consob servono
commissari determinati,
disposti ad andare
controcorrente, senza
timori reverenziali.
Quanto occorre per dare
una bella scossa. Magari
cogliendo l’occasione per
abbassare l’età media e
puntando su energie nuove
e meno imbrigliabili. Nel
nome delle quote rosa, che
peraltro non
rappresentano un obbligo,
il terzo commissario
dovrebbe essere donna. E
forse anche qui nasce
qualche difficoltà nel
trovare la persona giusta.
Ma, come si sa, chi cerca
trova. E trovare la persona
giusta non è poi cosi
difficile.
Fabio Tamburini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il caso Ferrario: sullo stabilimento vogliamo vedere la proposta di sindacati e governo e poi daremo una risposta
Electrolux, marcia indietro svedese
I manager in Parlamento: non lasciamo l’Italia, ma Porcia è in perdita
Nella vertenza Electrolux si
volta pagina e la trattativa per
scongiurare l’addio degli svedesi all’Italia può decollare. E’
stato l’amministratore delegato di Electrolux Italia, Ernesto Ferrario, a esplicitare ieri
davanti alla commissione Industria del Senato l’apertura
di una nuova fase. «Vogliamo
restare in Italia, non abbiamo
alcuna intenzione di andar
via» ha dichiarato il manager,
che poi ha rilasciato altre due
dichiarazioni molto importanti. «Non abbiamo mai detto o scritto che avremmo
chiuso lo stabilimento di Porcia e non abbiamo mai proposto un taglio del salario del
40%». La Electrolux si aspetta
«un aiuto per ridurre il costo
del lavoro, non vogliamo arrivare al livello di Polonia o Romania ma c’è bisogno di intervenire contro il suo costante aumento e per questo
siamo disponibili a discutere
con i sindacati e il governo».
Che, però, ha sottolineato
Ferrario, fino ad ora non hanno messo per iscritto nulla, si
sono limitati a criticare i documenti dell’azienda. Il manager ha chiarito anche di
non aver mai chiesto di ridurre l’orario a 6 ore, «abbiamo
solo chiesto di continuare con
l’orario 6+2, di cui le ultime
con i contratti di solidarietà».
Più netta di così la retromarcia degli svedesi non poteva essere, pur perseverando
nella polemica contro CgilCisl-Uil - accusati di aver fatto
disinformazione sui veri numeri - l’intervento di Ferrario
rimette le cose al loro posto in
attesa della data del 17 febbraio, quando Electrolux sarà
ancora più esplicita sul futuro
produttivo di Porcia presentando un vero piano indu-
La fabbrica
L’impianto di Porcia, Pordenone
A «Ballarò»
Della Valle
critica
gli Agnelli
«Come italiano
direi che non è
stato piacevole, in
un momento in cui
serve essere tutti
compatti su un
progetto di rilancio
del Paese, vedere
che un’azienda e
una famiglia che
hanno avuto così
tanto dall’Italia e
dagli italiani se ne
scappa via alla
chetichella». Così
Diego Della Valle
intervistato ieri a
«Ballarò»
sull’acquisto da
parte di Fiat del
100% di Chrysler.
striale. Si tratterà di vedere se
la missione dello stabilimento friulano resterà nel campo
della fabbricazione di lavatrici o verrà individuato un nuovo mix produttivo, ma si tratta comunque di una continuità operativa che fino a ieri
sembrava ampiamente compromessa. Anche nella delicatissima materia del costo del
lavoro gli svedesi hanno mutato la loro posizione. Nel documento consegnato alla
commissione Industria del
Senato si passa sostanzialmente dalla “via polacca” alla
“via friulana” e si quantifica
nel 10-15% del Clup (costo del
lavoro per unità di prodotto)
l’obiettivo di riduzione. Non a
caso si esprime una valutazione positiva sul contributo
dei saggi della Confindustria
di Pordenone che avevano ragionato su parametri analoghi con effetti di taglio più limitati sulle buste paga degli
operai.
Il terzo elemento di novità
sta negli strumenti individuati per recuperare competitività. Scontato il ruolo centrale del costo del lavoro,
Electrolux apre però all’esame di altri fattori come gli incentivi per la ricerca. Di conseguenza si amplia la tastiera
sulla quale il governo può lavorare per risolvere il caso e
Il nuovo piano
Il 17 febbraio l’azienda
svedese di
elettrodomestici rivedrà
governo e sindacati
allontanare definitivamente
l’ipotesi di delocalizzazione
dall’Italia in Polonia. Sperando che, come ha dichiarato di
recente il ministro Flavio Zanonato, il dossier sia portato
in tempi brevi anche all’attenzione del premier Enrico
Letta. Nel frattempo è auspicabile che anche il sindacato
superi il torpore di queste settimane e oltre a indire sacrosante manifestazioni di protesta a Roma e a Pordenone
elabori in parallelo una propria proposta da negoziare
con svedesi e governo. In proposito una posizione interessante è venuta dal segretario
della Cisl del Friuli Venezia
Giulia, Giovanni Fania, che ha
espresso un incoraggiamento
nei confronti della mediazione della Confindustria locale:
«Il loro documento contiene
sicuramente dei punti sui
quali siamo critici ma l’impianto merita di essere discusso e di diventare oggetto
di trattativa».
Resta, infine, in secondo
piano una polemica tra il ministero dello Sviluppo economico e la Electrolux sull’innovazione e lo spostamento verso produzioni di fascia alta. Il
sottosegretario Claudio De
Vincenti lo considera un elemento-chiave della strategia
di contrasto alla crisi del
bianco in Italia, gli svedesi nel
loro documento rispondono
indirettamente che se c’è un
produttore che negli ultimi
anni ha innovato questo si
chiama Electrolux con investimenti per oltre 245 milioni.
E aggiungono che negli stabilimenti italiani sono allocati i
prodotti più innovativi e a
maggior valore aggiunto. La
querelle si riproporrà nei
prossimi giorni ma intanto
vanno monitorati con attenzione gli sviluppi del caso Indesit. Il gruppo marchigiano
sta attivamente ricercando un
partner internazionale e non
è affatto secondario se alla fine lo troverà in Europa o in
Asia.
I risultati preliminari
Enel, il debito
sotto 40 miliardi
Conti: raggiunti
gli obiettivi 2013
MILANO — La crisi dei consumi presenta
il conto anche al colosso dell’energia
nazionale: l’Enel ha archiviato il 2013 con
ricavi in calo del 5,2% a 80,5 miliardi di
euro. Però il debito netto è sceso a 39,9
miliardi, in diminuzione di 3 miliardi
rispetto a un anno prima, e meglio di
quanto messo in preventivo. La società,
ha spiegato l’amministratore delegato
Fulvio Conti, ha mantenuto e superato gli
obiettivi annunciati al mercato per il 2013
grazie al contenimento dei costi (il
personale è sceso da 73.702 dipendenti a
71.394), all’ottimizzazione degli
investimenti e alla crescita del gruppo
soprattutto nei mercati emergenti e nelle
fonti rinnovabili. La riduzione dei ricavi
da vendita di energia elettrica sono stati,
infatti, solo parzialmente compensati dai
maggiori ricavi da trasporto di energia
elettrica e da vendita di combustibili. Un
«aiuto» è arrivato dalla cessione della
società Artic Russia per 1,8 miliardi di
dollari (plusvalenza pari a 1 miliardo di
euro), che in joint venture con l’Eni
possedeva il 49% di SeverEnergia.
Operazione che ha spinto il margine
operativo lordo (Ebitda) a 17 miliardi, in
crescita del 7,6% rispetto al 2012. «Gli
obiettivi annunciati al mercato per il 2013
sono stati conseguiti – ha spiegato
l’amministratore delegato dell’Enel,
Fulvio Conti (in scadenza a primavera) – e
nel caso dell’indebitamento finanziario
netto, superati, nonostante il persistere di
un quadro macroeconomico e regolatorio
negativo in Italia e in Spagna».
Dario Di Vico
Francesca Basso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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La sperimentazione Coinvolti 5.000 dipendenti. Purassanta (Microsoft): ma serve un cambio di mentalità
Un giorno di «lavoro agile», 100 aziende ci provano
MILANO — Lavoro agile: la
sperimentazione «di massa» organizzata dal comune di Milano
per domani, 6 febbraio, ieri sera
aveva l’adesione di 92 aziende.
Qualcuno si sta aggiungendo all’ultimo minuto. Così l’amministrazione conta di superare quota cento. Si stima saranno oltre
cinquemila le persone coinvolte
dall’«esperimento». In sostanza,
domani le imprese aderenti alla
giornata del «lavoro agile» lasceranno i dipendenti liberi dalla timbratura del cartellino.
Ognuno lavorerà a casa o in ufficio, a seconda delle esigenze.
Le aziende mobilitate appartengono ai settori più diversi. Si
va da Siemens a Unicredit
group, da Cisco Italia a Barilla e
Sia. Tra le banche anche Barclays, Popolare di Milano, Deut-
sche Bank. Nell’alimentare Nestlé, Coca Cola. E ancora: Microsoft, Shell, Mars, Sisal, Ubisoft,
Ibm, Sanofi, Philips.
A favore del «lavoro agile» si è
schierato nei giorni scorsi il
commissario del governo Letta
per l’agenda digitale del governo, Francesco Caio. Nel mondo
delle imprese si spende «senza
se e senza ma» Carlo Purassanta,
amministratore delegato di Microsoft Italia. «Prima ancora
delle tecnologie e dei pc, per realizzare lo smartwork serve un
cambio di mentalità. E’ necessario smettere di valutare i dipendenti in base alla quantità di
tempo che passano in ufficio. E
misurare i risultati prodotti,
In streaming su Corriere.it
Imparare a fare rete, il Tempo delle donne
Nuovo appuntamento con Tempo delle Donne, il palinsesto di eventi
ideato dal Blog del Corriere La 27esima Ora. Questa mattina, in Sala
Buzzati, nella sede del Corriere, gli aperitivi lasciano il posto alle colazioni:
faremo formazione professionale insieme alle lettrici. In collaborazione
con ValoreD, associazione di imprese creata per sostenere la leadership e i
talenti femminili. L’incontro in streaming dalle 9 alle 11 su Corriere.it.
premiando il merito».
Per Microsoft l’organizzazione «smart» del lavoro è servita
anche a mantenere al proprio
interno una motivazione alta, tipica delle start up, nonostante il
gruppo in Italia conti 900 dipendenti distribuiti nelle sedi di
Roma, Milano e Torino. «Quando si tratta di fare una riunione,
ormai non serve che il collega
sia presente in ufficio – continua Purassanta –. Può essere
benissimo a casa o non importa
dove».
Anna Zattoni, direttore generale di Valore D, associazione
che raggruppa una novantina di
imprese che hanno in comune
l’obiettivo di valorizzare il contributo femminile, fa notare i risvolti positivi del telelavoro
smart in materia di conciliazio-
Direttore
Anna Zattoni, direttore di Valore D,
associazione che
valorizza il lavoro
femminile
ne famiglia-lavoro. «I dipendenti, uomini e donne, possono
decidere di lavorare da casa
quando un figlio è malato e non
può andare a scuola o il tecnico
deve venire a riparare la lavastoviglie – fa qualche esempio Zattoni – . In questo modo le imprese riducono le assenze e i lavoratori fanno fronte a qualche
incombenza in più».
E i costi per l’azienda? Sia Purassanta che Zattoni, sono concordi: l’investimento iniziale per
garantire le tecnologie casalinghe al dipendente sono largamente compensate dai risparmi:
uffici più piccoli e meno costosi,
più produttività, meno assenteismo. Su 27esimaora.corriere.it il testo della proposta di
legge tripartisan Mosca-Tinagli-Saltamartini sul lavoro agile
depositata in parlamento.
Rita Querzé
rquerze
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
italia: 57525754585250
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Tel. 039-2842611 Fax 039-2842927
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Via Stelvio 25 - 23100 Sondrio - Italia Tel. 0342.521070 Fax.0342.521075 e mail
[email protected] procedura di aggiudicazione: aperta ai sensi degli art. 54 e 55 del
D.Lgs 163/2006; Fornitura di Dispositivi Medici
Specialistici per Ginecologia ed Ostetricia (per un
periodo dal 24.01.2014 al 23.01.2018); data aggiudicazione: 16.12.2013 con atto deliberativo n.
1105 visionabile sul sito aziendale: www.aovv.it;
criterio di aggiudicazione ai sensi art. 83 del
D.Lgs 163/2006; valore finale totale dell’aggiudicazione: Euro 503.600,00 IVA esclusa; avviso
integrale presentato alla Gazzetta Ufficiale U.E.
con il n. 2014-013155 del 29.01.2014 e sul
sito dell’Azienda al seguente indirizzo internet:
http://aovv.it; Responsabile del procedimento:
Dott. Renato Paroli.
IL COMMISSARIO STRAORDINARIO
Dott.ssa Maria Beatrice Stasi
Per la pubblicità
legale e finanziaria
rivolgersi a:
REM IN LIQUIDAZIONE S.R.L.
Fallimento n. 366/2012
Tribunale di Roma - Sezione Fallimentare
AVVISO DI VENDITA DI IMMOBILI
Il fallimento della società REM S.r.l. in liquidazione intende procedere alla cessione del complesso
immobiliare sito in Bari, Via Bruno Buozzi n. 88 e del complesso immobiliare sito in Bari, Via Laricchia n. 1, di proprietà della stessa. A tal fine, il Curatore invita chiunque sia interessato all’acquisito
a formulare un’offerta di acquisto ad un prezzo pari o superiore all’importo minimo di Euro
9.563.032,39 (novemilionicinquecentosessantatremilatrentadue/39) per l’immobile in Bari, Via
Bruno Buozzi n. 88 e di Euro 1.931.850,00 (unmilionenovecentotrentunomila ottocentocinquanta/00) per l’immobile in Bari, Via Laricchia n. 1. In caso di più offerte validamente presentate,
il Curatore, in seduta pubblica, chiederà agli offerenti di presentare rilanci sul prezzo più alto. Le offerte dovranno pervenire entro e non oltre le ore 18.00 del 11 marzo 2014 presso lo Studio del
notaio Silvia Teodora Masucci, in Roma, Via Giovanni Pierluigi da Palestrina, n. 19; l’esame delle
offerte avrà luogo a partire dalle ore 10.00 del giorno 12 marzo 2014, in seduta pubblica. Il testo
integrale del presente avviso è pubblicato sul sito www.fallimentoremsrl.altervista.org, unitamente
agli altri atti della procedura di vendita, e potrà essere altresì richiesto tramite posta elettronica certificata all’indirizzo: [email protected].
Roma, 4 Febbraio 2014
Il Curatore - Prof. Avv. Franco Paparella
BANDO DI GARA
Expo 2015 S.p.A. ha indetto la “Procedura aperta n. 110/2014 finalizzata alla conclusione
di un Accordo quadro con un operatore economico, ai sensi dell’ art. 59, comma 4, del
D.Lgs. n. 163/2006, avente ad oggetto l’affidamento del servizio di ideazione, sviluppo e
realizzazione del piano di comunicazione per Expo Milano 2015”. Modalità per la presentazione delle offerte e reperibilità della documentazione di gara: l’intera documentazione
di gara è disponibile sul profilo committente http://www.expo2015.org/expo-in-chiaro/gareappalti-e-rfp/gare-in-corso/gare-per-via-telematica. Importo complessivo a base di gara:
L’importo massimo stimato della procedura è pari ad Euro 6.000.000,00 (seimilioni/00),
IVA esclusa e spese accessorie incluse come meglio specificato nella documentazione di
gara. Termine ricezione delle Offerte: ore 12.00 del 07/03/2014. Responsabile del
Procedimento di Affidamento: Dott. Christian Malangone.
Il Responsabile del Procedimento di Affidamento
Dott. Christian Malangone
CONSIP S.p.A. a socio unico
Via Isonzo, n. 19/E
00198 - Roma
Avviso esito di gara
RCS MediaGroup S.p.A.
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
Tel. 02 2584 6665/6256 - Fax 02 2588 6114
Via Valentino Mazzola, 66/D - 00142 Roma
Tel. 06 6882 8650 - Fax 06 6882 8682
Vico II San Nicola alla Dogana, 9
80133 Napoli
Tel. 081 49 777 11 - Fax 081 49 777 12
Via Villari, 50 - 70122 Bari
Tel. 080 5760 111 - Fax 080 5760 126
FONDAZIONE CA’ D’INDUSTRIA ONLUS
Via Brambilla 61 - 22100 Como
La Fondazione rende noto che il servizio di
noleggio, lavaggio, sanificazione, asciugatura,
stiratura e piegatura della biancheria piana; di
noleggio, lavaggio, sanificazione, asciugatura,
stiratura delle divise del personale; di lavaggio, sanificazione, asciugatura, stiratura e piegatura della biancheria degli ospiti è stato
aggiudicato definitivamente dal Consiglio di
Amministrazione alla Ditta Servizi Ospedalieri
Spa di Ferrara.
IL DIRETTORE GENERALE
f.to dott.ssa Marisa BIANCHI
Con il presente avviso si comunica che Consip S.p.A. ha definitivamente aggiudicato la gara per la Fornitura del servizio
sostitutivo di mensa mediante Buoni pasto cartacei di qualsiasi valore nominale e dei servizi connessi in favore delle
Amministrazioni Pubbliche (edizione 6), in 7 Lotti, ai sensi
dell’art. 26 legge n. 488/1999 e s.m.i. e dell’art. 58 legge n.
388/2000 di cui al bando di gara pubblicato sulla G.U.U.E. n.
S 219 del 14/11/2012 e sulla G.U.R.I. n. 133 del 14/11/2012.
Il criterio di scelta usato ai fini dell’aggiudicazione è stato
quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Relativamente al lotto 1 sono state presentate n. 4 offerte e
la procedura è stata definitivamente aggiudicata alla Società
Qui! Group S.p.A., in data 16 settembre 2013, che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa con uno
sconto pari al 18,45% rispetto al valore nominale del buono
pasto. Relativamente al lotto 2 sono state presentate n. 5
offerte e la procedura è stata definitivamente aggiudicata alla
Società Day Ristoservice S.p.A., in data 16 settembre 2013,
che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa
con uno sconto pari al 15,86% rispetto al valore nominale del
buono pasto.
Relativamente al lotto 3 sono state presentate n. 4 offerte e
la procedura è stata definitivamente aggiudicata alla Società
Qui! Group S.p.A., in data 16 settembre 2013, che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa con uno
sconto pari al 18,59% rispetto al valore nominale del buono
pasto.
Relativamente al lotto 4 sono state presentate n. 6 offerte e
la procedura è stata definitivamente aggiudicata alla Società
Repas Lunch Coupon S.r.l., in data 16 settembre 2013, che
ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa con
uno sconto pari al 19,25% rispetto al valore nominale del
buono pasto.
Relativamente al lotto 5 sono state presentate n. 5 offerte e
la procedura è stata definitivamente aggiudicata alla Società
Repas Lunch Coupon S.r.l., in data 16 settembre 2013, che
ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa con
uno sconto pari al 20,75% rispetto al valore nominale del
buono pasto.
Relativamente al lotto 6 sono state presentate n. 4 offerte e
la procedura è stata definitivamente aggiudicata alla Società
Day Ristoservice S.p.A., in data 16 settembre 2013, che ha
presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa con
uno sconto pari al 17,58% rispetto al valore nominale del
buono pasto.
Relativamente al lotto 7 sono state presentate n. 5 offerte e
la procedura è stata definitivamente aggiudicata alla Società
EP S.p.A., in data 16 settembre 2013, che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa con uno sconto pari al
15,29% rispetto al valore nominale del buono pasto.
Dott. Domenico Casalino (L’Amministratore Delegato)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI PALERMO, I Sezione Civile ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 1372 del Registro Generale degli Affari Contenziosi Civili dell’anno 2010 tra CHIARELLI GIACOMA, in qualità di tutore
dell’interdetto legale CUFFARO SALVATORE (attore) e DI PIETRO ANTONIO (Convenuto)…
P.Q.M.
in accoglimento della domanda proposta da Cuffaro Salvatore con atto
di citazione notificato in data 25.01.2010, condanna Di Pietro Antonio al
pagamento in favore dell’attore dell’importo di € 6.000,00, oltre interessi
al saggio legale con decorrenza dalla data della presente pronunzia sino
al dì dell’effettiva corresponsione;
ordina la pubblicazione, a spese del convenuto, della presente sentenza
per estratto ed una sola volta sui quotidiani “La Repubblica” ed il “Corriere della Sera”;
condanna il convenuto alla refusione in favore dell’attore delle spese di
lite;
Così deciso in Palermo, 10 aprile 2013.
Il Giudice
REGIONE TOSCANA
ENTE PER I SERVIZI TECNICO-AMMINISTRATIVI
DELL’AREA VASTA NORD OVEST
Sede Legale: via Cocchi 7/9, loc. Ospedaletto - 56121 PISA
AVVISO DI GARA PER ESTRATTO
L’ESTAV Nord Ovest indice la seguente procedura di gara:
“Procedura aperta, in modalità telematica per l’affidamento della
fornitura triennale di materiale di consumo per laboratorio alle
Aziende Sanitarie afferenti l’ESTAV Nord Ovest”, per un importo
totale dell’appalto a base di gara, suddiviso in cinque lotti, pari
ad € 684.000,00 + IVA. Le imprese interessate ed in possesso
dei requisiti potranno scaricare la documentazione di gara dal
sito dell’ESTAV www.estavnordovest.toscana.it. Le offerte
medesime dovranno pervenire entro e non oltre le ore 13.00.00
del 19/03/2014. Il bando integrale della gara è stato spedito in
data 30/01/2014 alla Guue e verrà pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica - 5ª Serie speciale. Responsabile
del procedimento è il dr. Antonio Riccò, telefono 0585/655816 e
mail [email protected]. Le offerte non
vincolano l’amministrazione.
IL DIRETTORE DIPARTIMENTO ACQUISIZIONE BENI E SERVIZI
(Dott. Massimo Santini)
FORNITURA DI TNT NON STERILE
E SI T O D I GA RA
I.V.G. di MONZA S.r.l.
ISTITUTO VENDITE GIUDIZIARIE
Ente Appaltante: Intercent-ER – Regione Emilia-Romagna – Viale A. Moro
n. 38 – 40127 Bologna – tel. 051.5273082 – fax 051.5273084 – pec
[email protected].
Oggetto: Procedura aperta per la fornitura di TNT non sterile 2.
Data di aggiudicazione: 20/12/2013.
Aggiudicatario: il dettaglio delle aggiudicazioni è disponibile al sito web
intercent.it.
Importo: Euro 6.172.704,51 IVA esclusa.
Il Direttore di Intercent-ER
(Dott.ssa Alessandra Boni)
Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
Economia 25
italia: 57525754585250
Previdenza Il «buco» per l’incorporazione Inpdap. Nuovo vertice, spunta Marè
Bankitalia
Inps in rosso per 12 miliardi
Ma lo Stato salda i conti
Il governatore
Ignazio Visco
L’ente: pensioni, nessun rischio. Anzianità in calo del 43%
Riciclaggio record
a quota 85 miliardi
Visco: freno alla crescita
ROMA — Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, non
fornisce cifre sul volume di affari della criminalità ma la sua
analisi mette in luce i gravi rischi del fenomeno. «L’illegalità
nelle sue diverse forme - dalla corruzione nell’esercizio di
pubblici servizi alle violenze della criminalità organizzata condiziona pesantemente la crescita economica, impedisce la
corretta allocazione dei fondi pubblici per lo sviluppo, si
ripercuote, a volte, sulla stessa possibilità di operare delle
imprese». Contrastarla è dunque uno dei motori dell’azione di
vigilanza della Banca, perché «soltanto il rispetto – formale e
sostanziale – delle regole, garantito anche da un’attenta attività
di controllo, consente di
mitigare i peculiari fattori di
Il Governatore
rischio insiti nell’attività di
intermediazione». Tra questi,
«L’illegalità
secondo Visco, che apre un
condiziona
convegno a Palazzo Koch «vi
pesantemente
sono rilevanti asimmetrie
lo sviluppo»
informative» connesse a
«possibili opacità dei bilanci
bancari», come pure
«comportamenti opportunistici» volti a trarre profitto dalle
difficoltà dei consumatori nel comprendere la natura di
determinati prodotti finanziari; l’evoluzione tecnologica e la
rapidità e la complessità delle transazioni». E poi c’è il
riciclaggio, nel cui contrasto la Banca d’Italia è impegnata anche
attraverso l’Uif (Unità di informazione finanziaria)che in cinque
anni ha quintuplicato le sue segnalazioni di operazioni sospette
arrivate a toccare nel 2013 l’importo record di 85 miliardi.
«Il riciclaggio mina il corretto funzionamento dei mercati»,
insiste il governatore soffermandosi anche sulla tenuta del
sistema bancario italiano. Le verifiche e i test avviati dalla Bce,
rileva il governatore, rappresentano per le 15 banche che
saranno vigilate in forma accentrata, «un importante banco di
prova». «Guardiamo ai risultati con consapevole fiducia» anche
se la profondità della crisi ha avuto ripercussioni negative sulla
qualità dei prestiti alle imprese, da far configurare «in taluni
casi, esigenze di ricapitalizzazione».
ROMA — Il ministro del Welfare, Enrico Giovannini, riceverà oggi i rappresentanti sindacali per una consultazione in vista della nomina del nuovo presidente dell’Inps, dopo le
dimissioni di Antonio Mastrapasqua. Tra i papabili, oltre al
«tecnico» Gianni Giroldi spunta
il nome di Mauro Marè, presidente del Mefop (istituto per lo
sviluppo dei fondi di previdenza). Ma intanto emergono i primi dati del bilancio preventivo
dell’Istituto per il 2014, che sarà
esaminato a breve dal proprio
Comitato di vigilanza.
E con i numeri tornano le polemiche sul «buco» dei conti
che, secondo il bilancio preventivo 2014, sarebbe per l’anno in
corso di oltre 12 miliardi rispetto ai 14,4 del 2013, con un patrimonio netto di -4.529 milioni
dai 7.468 milioni di fine 2013. A
fine 2012 il patrimonio dell’Inps
era positivo per 21.875 miliardi.
E per oltre 41 miliardi nel 2011
prima dell’unificazione con
l’Inpdap (dipendenti pubblici).
Ma una nota dell’Inps spiega
che la legge di Stabilità ha già
fatto fronte allo squilibrio generato dall’accorpamento all’Inps
dell’Inpdap, rendendo definitivo le anticipazioni farre dallo
Stato per 25,2 miliardi. Quindi
di fatto il patrimonio 2014 resterà in attivo per oltre 20,6 miliardi. Nella nota bilancio si legge
che lo stanziamento «protegge il
patrimonio Inps dall’erosione
determinata dall’incorporazione Inpdap» e rende «il sistema
previdenziale perfettamente in
equilibrio». Tale miglioramento
di oltre 25 miliardi di euro sarà
rilevato «in occasione della prima nota di variazione al bilancio
preventivo 2014 dell’Inps».
Canale
Impregilo,
vicino accordo
su Panama
E’ in dirittura d’arrivo
l’intesa tra Panama e il
consorzio guidato da
Impregilo sui costi
aggiuntivi per il Canale.
Oggi è attesa la firma.
Il disavanzo sarebbe ancora
più accentuato senza la riforma
Fornero, ovvero della «stretta»
sulle pensioni di anzianità (fino
a fine 2012 si usciva ancora con
la finestra mobile e i vecchi requisiti) che ha prodotto un calo
nel numero dei nuovi assegni liquidati del 43% tra il 2012 e il
2013: da 1,14 milioni a 649 mila.
Dall’altra parte preoccupano
le gestioni dei lavoratori pubblici con 8,8 miliardi di «rosso» nel
2013 e 11,48 previsti per il 2014
(il patrimonio è a -26,2 miliardi
a fine 2013 e a -37,7 nel 2014),
anche se l’Inps fa sapere che «la
problematica è avviata a risoluzione». Anche il fondo pensioni
lavoratori dipendenti registra
un risultato negativo per il 2013
per 1,4 miliardi e oltre 120 miliardi di passivo per il patrimonio. Un altro fattore di fragilità
emerge dal «quadro di riferimento macroeconomico»:
l’Inps assume che il Pil italiano
cresca nel 2014 dell’1%, come ha
previsto il ministero dell’Economia, ma la maggior parte dei
previsori nazionali e internazionali converge ora nell’indicare
un tasso di crescita di circa 0,7
punti.
Antonella Baccaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
S. Ta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Banche
Carige, a marzo nuovo piano
e aumento di capitale
Malacalza riapre il dossier
Il titolo di Banca Carige ha aperto ieri con un balzo del 7,9%
per raffreddarsi e chiudere comunque al 2,33% a 0,39 euro,
sostenuto dalle voci di un interesse di Andrea Bonomi e
Vittorio Malacalza. Il nome di quest’ultimo aleggia intorno a
Carige dall’autunno scorso quando, caduto Berneschi,
l’imprenditore ligure fece sapere che se a capo della banca
fosse arrivato un «manager di alto livello» la sua famiglia era
pronta a valutare l’investimento. Poi è stato nominato
amministratore delegato Piero Montani ma nonostante ciò
sembra che poco di concreto si sia mosso. Nuovo invece
l’interesse di Investindustrial — appeno uscito da Bpm —
anche se fonti vicine al fondo di Bonomi escludono che stia
studiando il dossier, tuttavia
potrebbe farlo dopo la
Le cessioni
presentazione del piano
industriale e la definizione
Si allontana la
vendita in tempi brevi dell’aumento di capitale.
Entrambi impegni che il
del ramo assicurativo consiglio di Carige riunito ieri
dell’istituto ligure
si è impegnato ad assolvere
entro marzo, subito dopo
l’approvazione dei conti 2013.
Il consiglio non ha avuto buone notizie dall’advisor Leonardo
sulle trattative per la cessione del ramo assicurativo, vera
spina nel fianco della banca oltre che oggetto, per la
pregressa gestione, di un’inchiesta della procura di Genova.
La speranza di vendere in tempi utili l’asset e contenere la
ricapitalizzazione (indicata da Banca Italia in 800 milioni
prima della rivalutazione delle quote Carige in Via Nazionale)
si allontana, pur rimanendo in campo Aquiline e Ageas. La
banca si prepara a un piano industriale lacrime e sangue con
una completa revisione di costi e ricavi, la chiusura di filiali e
la diminuzione di circa 500 dipendenti con incentivi. Quanto
al principale azionista, Fondazione Carige, il neopresidente
Paolo Momigliano lavora di forbice a tutti i livelli mentre
continua la corrispondenza con il ministero dell’Economia
che chiede chiarimenti in particolare sull’operazione Ior, il
poi saltato ingresso della banca vaticana nell’azionariato.
Erika Dellacasa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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26
italia: 57525754585250
Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
Economia 27
italia: 57525754585250
Alleanze
Alitalia, Etihad chiede un taglio dei debiti della compagnia
ROMA — Alitalia ha ottenuto dalle
banche creditrici, oltre a un
prestito da restituire a dicembre
2016 da 165 milioni, anche un
rinvio al giugno 2015 del rimborso
dei crediti pregressi per 560
milioni (420 per cassa e 140 per
firma).
Si tratta di una boccata di ossigeno
che consente alla compagnia di
proseguire a lavorare sul piano
industriale insieme al vettore
emiratino Etihad, interessato
all’acquisto di una quota di Alitalia.
Lo slittamento delle scadenze
concesso ieri potrebbe essere
considerato un primo passo verso
la richiesta che, secondo
indiscrezioni, sarebbe stata posta
dalla compagnia aerea del Golfo,
Etihad, di un taglio
dell’indebitamento complessivo.
Intanto la polemica sollevata dai
tedeschi di Lufthansa circa
presunti aiuti di Stato che
sarebbero concessi a Alitalia con
l’ingresso nel capitale di Etihad, si
sgonfia sull’onda di alcune voci
provenienti dalla Commissione
europea secondo cui la richiesta
della compagnia tedesca di
bloccare l’operazione non rientra
nelle competenze dell’Antitrust Ue.
Ieri si erano anche diffusi nuovi
rumors circa l’ingresso degli arabi
in Aeroporti di Roma, la società
che gestisce Fiumicino: il titolo di
Adr ha guadagnato in Borsa lo
0,4%. Ma il gruppo Atlantia, che
controlla Adr, ha precisato in una
nota che «non c’è alcuna
negoziazione in corso. Peraltro la
società Adr, con l’ultima emissione
di bond del dicembre 2013,
dispone dell’intera provvista
finanziaria necessaria per fare
fronte a tutti gli impegni di
investimento previsti nel piano
quinquennale».
Ieri c’è stato un nuovo round della
trattativa tra azienda e sindacati
sul nuovo piano industriale di
Alitalia: al momento si tratta di un
avvio di dialogo nell’attesa che le
condizioni poste dagli arabi sulla
L’Istat Carovita fermo da tre mesi. Tra i beni per misurare la spesa anche le sigarette elettroniche
L’indice dei prezzi si è ridotto di un terzo, allo 0,7%. Il nuovo paniere
I CONSUMI
I prezzi
Variazioni % tendenziali
Nel nuovo paniere
zione
per calcolare l’inflazione
entrano
1.463
Capsule
del caffè
caff
I prodotti
del paniere per il calcolo
dell’inflazione 2014
(1.451 nel 2013)
Sigarette
elettroniche
Sacchetti ecologici
per la raccolta
dell'umido dei rifiuti
2,2
2,3
1,6
Abbonamento online
al quotidiano
1,9
1,1
1,2 1,2 1,2
1,1
D G
2012
F
M
ra si gioca dopo, con la famosa
ponderazione, cioè la scelta del
peso da dare ai singoli prodotti o
categorie nel calcolo dell’inflazione. Anche quest’anno le associazioni dei consumatori parlano di pesi falsati rispetto alla
spesa reale. Il Codacons, in parti-
A
0,9
M
G L
2013
0,7 0,7
A
colare, contesta il calo delle spese per «abitazione, acqua ed
elettricità», la «solita discesa del
peso» delle assicurazioni e anche dei parcheggi e dei pedaggi,
nonostante l’ultimo ed ennesimo ritocco delle tariffe di inizio
anno. Tutte variabili che, sem-
0,8
S
O
N
D
D’ARCO
pre secondo il Codacons, possono «falsare il calcolo dell’inflazione» con «ripercussioni sulla
rivalutazione di pensioni e stipendi» e quindi sul reale potere
d’acquisto delle persone.
L’ultimo dato, diffuso proprio
ieri dall’Istat, registra un’infla-
zione ferma a gennaio allo 0,7%
su base annua. Lo stesso valore
rilevato sia a dicembre sia a novembre. È il valore più basso dal
2009, un terzo di quello segnato
appena un anno fa. Ma non è
una notizia positiva. Anzi.
Se negli anni 70 l’incubo si
chiamava inflazione ai giorni
nostri il pericolo è la deflazione,
cioè la diminuzione del livello
generale dei prezzi che arriva
quando si indebolisce la domanda di beni e servizi. Una spirale
pericolosissima, che ha messo in
ginocchio il Giappone all’inizio
del Duemila. È uno spettro che
riguarda non solo l’Italia ma che
si aggira per l’intera Europa. Come uscirne? Pochi giorni fa il governatore della Banca centrale
europea Mario Draghi ha detto
che «se dovesse mai esservi deflazione, la risposta arriverebbe
utilizzando tutti gli strumenti
disponibili». In casa nostra si
moltiplicano gli appelli a sostenere la domanda. «Non ci stancheremo mai di ripetere che il
punto centrale per la crescita è
ridare fiato ai consumi restituendo potere d’acquisto alle famiglie», dice il presidente di Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli. Ma per farlo bisogna
tagliare le tasse. Non proprio
uno scherzo in un momento come questo.
Lorenzo Salvia
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’inchiesta Tutti i benefici della liberalizzazione sono stati azzerati dalla crescita abnorme di tasse e oneri
LA CORSA DELLA BOLLETTA ELETTRICA
DAL ‘99 È PIÙ SALATA DEL 42 PER CENTO
di SERGIO RIZZO
ROMA – Quattro euro in un anno sono poco più di un centesimo al giorno. Diciamo la
verità: chi ci fa caso? Ma è pur sempre una
sorpresina che non ti aspetti, se il prezzo del
petrolio è fermo e quello del gas è in discesa.
L’autorità dell’Energia ha spiegato che se da
gennaio la bolletta elettrica aumenta dello
0,7% è perché bisogna finanziare le agevolazioni per le imprese energivore concesse dal
governo Monti. Magari ci sta pure, con l’aria
che tira per certi settori industriali, tipo alluminio.
Resta il fatto che oggi una famiglia tipo si
trova a pagare bollette più care di circa il 90%
rispetto al 1999, quando è partita la liberalizzazione. Il costo medio è di 191,8 euro al megawattora, a fronte dei 101,2 euro di 15 anni
fa. In termini reali, tenendo cioè conto dell’inflazione, l’aumento si aggira intorno al 42%.
La ragione? L’Italia dipende ancora molto
dai combustibili fossili e nel periodo preso in
esame il prezzo reale del petrolio brent è salito di ben il 242%. Ma sappiamo che il peso del
greggio è progressivamente sceso, a vantaggio delle energie rinnovabili. La materia prima, poi, pur avendo subito un rincaro reale
del 52 per cento, rappresenta poco più di metà della tariffa. È’ il 51,3 per cento. Il resto è assorbito per il 14,7 per cento dai costi di trasmissione e distribuzione: ed è solo qui che si
possono apprezzare gli effetti della liberalizzazione, considerando che dal 1999 a oggi
questi hanno registrato un calo effettivo del
32 per cento. Peccato che ogni beneficio sia
stato azzerato dall’abnorme crescita della voce “tasse e oneri di sistema”. Erano il 21,6 per
cento della bolletta nel 1999, sono schizzati al
34 per cento oggi: se quindici anni fa valevano
21,9 euro, oggi pesano per 65,3 euro. L’aumento monetario è stato del 199 per cento,
quello reale del 123 per cento. Tutto ciò principalmente per effetto degli incentivi astronomici alle energie rinnovabili: siamo a 13
miliardi di euro l’anno. Nessun Paese garantisce contributi così elevati a chi produce con le
pale eoliche o il fotovoltaico, se si pensa che il
costo dell’energia solare in bolletta è arrivato
a superare di sette volte quello del petrolio.
Ma non c’è solo questo negli oneri di sistema. Sopravvivono, per esempio, gli anacronistici sconti al sistema ferroviario in vigore da
mezzo secolo: qualche centinaio di milioni. E
c’è anche il costo delle sovrastrutture create
per accompagnare la liberalizzazione. Parliamo di quelle società pubbliche spuntate come
i funghi e che rendono l’Italia un caso unico
fra tutti i Paesi che hanno aperto il mercato
elettrico. Sono la bellezza di sei. Quattro fanno capo al Gse, o Gestore dei servizi energetici: società che ha principalmente la funzione
di erogare gli incentivi alle energie rinnovabili, fare i controlli relativi e certificare i rispar-
mi. Da notare che nel settore elettrico un ufficiale pagatore con compiti del tutto simili già
esiste: è la Cassa conguaglio un ente pubblico
vigilato dall’authority e dal governo. Dal 2006
al 2012 il personale del gruppo Gse è passato
da 364 a 1.186 dipendenti, con costi saliti da
26,8 a 78,2 milioni. Cifra alla quale sarebbe
corretto sommare le consulenze. Sestuplicate:
da 2,3 a 13,2 milioni. Il Gse controlla tre società. La prima è una società di ricerca. Si chiama
Rse, ovvero Ricerca sul sistema energetico. La
seconda è il Gme, sigla che sta per Gestore del
mercato elettrico. Si tratta della famosa borsa
elettrica, cioè il cuore della liberalizzazione.
La terza ha un nome curioso: Acquirente unico. Questa società ha il compito di acquistare
l’energia in borsa per conto di quei clienti che
non hanno voglia di cimentarsi con le complicazioni del mercato libero, ma non per
questo devono rinunciare ai suoi vantaggi.
34%
Il peso degli oneri di sistema sulla
bolletta. Nel 1999 erano pari al 21,6 per
cento. Si tratta di tutti quei costi
parafiscali come incentivi e aiuti alle
imprese
A. Bac.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Editoria
L’inflazione calcolata con le cialde del caffè
ROMA — Il vizio entra nel paniere. Come ogni anno l’Istat aggiorna la lista dei beni tenuti
sottocchio per misurare l’inflazione che, per inciso, anche a
gennaio continua la sua frenata.
E come ogni anno il saldo fra
new entry e cancellazioni ci consegna una fotografia dei nuovi
consumi degli italiani. Per dire,
nel 1954 era entrata la brillantina, nell’86 il cardigan, nel 1991
(con un certo ritardo) il personal
computer. Adesso la lista dell’Istituto nazionale di statistica si
arricchisce con la sigaretta elettronica, il caffè in cialde o capsule e anche la macchinetta per
prepararlo. Entrano pure l’abbonamento ai quotidiani on line, le
gomme termiche, il test di gravidanza e il sacchetto biologico
per i rifiuti. Mentre dopo anni di
onorato servizio diciamo addio
al tailleur, sostituito da un più
generico abito femminile. E anche alla «riparazione di apparecchi audiovisivi e informatici»,
che evidentemente non usa più,
anche perché costa sempre di
più.
Ma come si decide cosa far entrare e cosa far uscire dal paniere? Vengono semplicemente aggiunti i prodotti che vedono crescere le loro vendite e cancellati
quelli che stanno scomparendo
dagli scaffali dei negozi. Inevitabilmente l’aggiornamento arriva
con un po’ di ritardo, in genere
un paio di anni. Ma la partita ve-
ristrutturazione si facciano più
chiare.
Oggi il ministro dei Trasporti,
Maurizio Lupi, risponderà a un
question time alla Camera proprio
sullo stato della trattativa tra le due
compagnie che ha avuto una svolta
dopo la missione del premier
Enrico Letta negli Emirati arabi.
L’Acquirente unico, in sostanza, è una specie di broker per le famiglie pigre, o che semplicemente non hanno particolari esigenze di
consumo: deve comprare ai costi migliori e
rivendere al prezzo più vantaggioso. Sul risultato, però, non tutti gli esperti sono disposti a metterci la mano sul fuoco. C’è chi ha calcolato che se tutte le famiglie rifornite dall’Acquirente unico negli ultimi quattro anni avessero comprato direttamente l’energia
elettrica in borsa avrebbero risparmiato fra
1,5 e 2 miliardi di euro.
La curiosa liberalizzazione all’italiana ci ha
poi proposto la Sogin: società che ha il compito di curare, ancora a 27 anni di distanza
dalla fine della nostra era atomica, lo smantellamento delle vecchie centrali nucleari e lo
smaltimento delle scorie. Sorvoliamo su alcune perle che in passato le hanno fatto guadagnare gli onori delle cronache, come quella
sede non esattamente frugale aperta a Mosca
quando noi italiani, con l’uranio delle nostre
centrali ancora da sistemare, avremmo dovuto occuparci di smontare i sommergibili atomici dell’Armata rossa. O come le assunzioni
di parenti e amici. Vecchie storie.
Certo però la cura dimagrante che a un certo punto era sembrata imprescindibile non si
può dire abbia dato i frutti sperati. I dipendenti della Sogin e della sua controllata Nucleco, scesi alla fine del 2008 al numero comunque non trascurabile di 816, nel dicembre 2012 erano risaliti a 967. Ottanta assunti
solo nell’ultimo anno di cui esistono dati ufficiali. D’obbligo ricordare che nel 2011 l’azienda aveva speso 2,9 milioni per incentivare gli
esodi del personale.
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La Gazzetta dello Sport,
leadership confermata
Classifica stabile
C’è sempre la «Gazzetta dello Sport» al
primo posto nella classifica dei
quotidiani più letti d’Italia. Sono i
risultati della nuova indagine Audipress
— la «2013/III» — sui lettori medi
giornalieri dei quotidiani: la risultante
delle rilevazioni dal 2 aprile al 7 luglio
per il secondo ciclo 2013 e dal 16
settembre al 15 dicembre per il terzo
ciclo 2013, basate su 27.474 interviste
totali. Confermato l’intero podio:
insieme alla «Gazzetta» nella lista dei
primi tre quotidiani più letti ci sono
«Repubblica» e il «Corriere della Sera».
La rilevazione nel complesso segna una
lieve riduzione dei lettori in Italia
mediamente più contenuta rispetto ai
dati delle analisi precedenti : quotidiani
–0,9%, settimanali -2,6%
e mensili -1.8%.
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Per le imprese
I crediti con lo Stato
per chiudere
i contenziosi con il Fisco
Le imprese italiane lo chiedevano a gran
voce da anni: usare i crediti vantati nei
confronti della Pubblica
Amministrazione per chiudere i conti con
il fisco. Da domani e’ possibile effettuare
la compensazione tra le somme dovute
dalle amministrazioni pubbliche e gli
importi dovuti per versare al fisco quanto
dovuto con l’ accertamento con adesione,
l’ acquiescenza o la conciliazione
giudiziale, cioè con tutti gli strumenti che
alleggeriscono il contenzioso tributario.
L’ Agenzia delle Entrate ha infatti reso
noto il codice tributo che consente la
compensazione, che diventa così
operativa. Il codice tributo consentirà di
utilizzare in un modo nuovo i crediti
«certificati» vantati dai contribuenti nei
confronti delle amministrazioni
pubbliche.
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Il consiglio
Telecom Italia
stringe sulla riforma
della governance
Il consiglio di Telecom Italia si prepara a
discutere della nuova governance. Oggi il
comitato controllo e rischi esaminerà i
diversi modelli di corporate governance
internazionali in vista della riunione del
consiglio d’amministrazione di Telecom
in programma giovedì. Non è detto che
sul tavolo arrivi già una proposta di
modifica. Il tempi sono stretti e
potrebbero servire ancora diverse
settimane per decidere come modificare
lo statuto per dare più peso alle
minoranze. Non è quindi escluso che per
l’assemblea di aprile tutto rimanga così
com’è, ovvero con i 4/5 del consiglio
nominato dalla lista di maggioranza, cioè
da Telco, la cassaforte di Telecom. La
quale ieri ha riunito a sua volta il
consiglio per l’analisi dei conti
semestrali.
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28
Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
italia: 57525754585250
Nome
Data Valuta
Quota/od.
Quota/pre.
Nome
Data Valuta
Quota/od.
Quota/pre.
AZ F. Bond TargetSettem.2016 ACC 31/01 EUR
5,749
5,746
03/02 EUR
15,189
15,569
AcomeA America (A2)
03/02 EUR
15,623
16,012
AcomeA Asia Pacifico (A1)
03/02 EUR
4,122
4,183
AcomeA America (A1)
AcomeA Asia Pacifico (A2)
03/02 EUR
4,226
4,287
AcomeA Breve Termine (A1)
03/02 EUR
14,351
14,342
AcomeA Breve Termine (A2)
03/02 EUR
14,494
14,485
AcomeA ETF Attivo (A1)
03/02 EUR
4,190
4,289
AcomeA ETF Attivo (A2)
03/02 EUR
4,282
4,383
AcomeA Eurobbligazionario (A1)
03/02 EUR
16,719
16,702
AcomeA Eurobbligazionario (A2)
03/02 EUR
16,891
16,874
AcomeA Europa (A1)
03/02 EUR
12,303
12,487
AcomeA Europa (A2)
03/02 EUR
12,583
12,770
AcomeA Globale (A1)
03/02 EUR
10,654
10,828
AcomeA Globale (A2)
03/02 EUR
11,021
11,200
AcomeA Italia (A1)
03/02 EUR
18,211
18,690
AcomeA Italia (A2)
03/02 EUR
18,644
19,133
AcomeA Liquidità (A1)
03/02 EUR
8,881
8,879
AcomeA Liquidità (A2)
03/02 EUR
8,882
8,879
AcomeA Obbligaz. Corporate (A1)
30/01 EUR
7,734
7,711
AcomeA Obbligaz. Coroprate (A2)
30/01 EUR
7,823
7,800
AcomeA Paesi Emergenti (A1)
AcomeA Paesi Emergenti (A2)
03/02 EUR
6,164
03/02 EUR
6,208
6,317
6,362
UK Equity Fd B
Data Valuta
Quota/od.
Quota/pre.
Data Valuta
Quota/od.
Quota/pre.
Data Valuta
Quota/od.
Quota/pre.
04/02 GBP
3,312
3,359
Nome
Asia Consumer Demand A
03/02 USD
12,880
12,950
KIS - Europa P
31/01 EUR
122,470
122,790
5,478
Asia Consumer Demand A-Dis
03/02 USD
12,560
12,620
KIS - Europa X
31/01 EUR
122,820
123,130
5,331
5,330
UK Equity Fd X
04/02 EUR
4,156
4,220
Asia Infrastructure A
03/02 USD
12,930
12,940
KIS - Global Bond P
31/01 EUR
100,170
100,340
5,243
UK Equity Fd X
04/02 EUR
4,038
4,100
Asia Infrastructure A-Dis
03/02 USD
12,220
12,220
KIS - Income D
31/01 EUR
104,380
104,360
AZ F. Cat Bond ACC
31/01 EUR
5,293
5,288
UK Equity Fd X
04/02 GBP
0,496
0,502
Asian Bond A-Dis M
03/02 USD
9,905
9,943
KIS - Income P
31/01 EUR
107,850
107,830
AZ F. Cat Bond DIS
31/01 EUR
5,275
5,288
UK Equity Fd X
04/02 GBP
3,342
3,388
Balanced-Risk Allocation A
03/02 EUR
14,370
14,380
KIS - Italia P
31/01 EUR
127,630
127,910
PS - 3P Cosmic A
03/02 EUR
UK Equity Fd X
KIS - Italia X
31/01 EUR
126,460
126,680
PS - 3P Cosmic C
03/02 CHF
77,490
77,650
KIS - Key
31/01 EUR
126,790
126,510
PS - Absolute Return A
03/02 EUR
109,860
109,900
KIS - Key X
31/01 EUR
127,200
126,930
KIS - Multi-Str. UCITS A USD
30/01 USD
154,660
154,540
PS - Algo Flex A
28/01 EUR
108,620
110,520
PS - Algo Flex B
28/01 EUR
103,420
105,190
5,464
5,462
04/02 USD
UK Equity Fd B
5,398
AZ F. CGM Opport Corp Bd
31/01 EUR
5,906
5,904
Em. Loc. Cur. Debt A
03/02 USD
13,929
13,883
AZ F. CGM Opport European
31/01 EUR
6,576
6,601
Em. Loc. Cur. Debt A-Dis.M
03/02 USD
8,998
9,007
AZ F. CGM Opport Global
31/01 EUR
6,098
6,121
Em. Mkt Corp Bd A
03/02 USD
11,619
11,640
04/02 USD
5,494
5,576
AZ F. CGM Opport Gov Bd
31/01 EUR
5,412
5,403
Euro Corp. Bond A
03/02 EUR
16,180
16,186
AZ F. Commodity Trading
31/01 EUR
4,120
4,130
Euro Corp. Bond A-Dis M
03/02 EUR
12,379
12,412
Euro Short Term Bond A
03/02 EUR
10,824
10,821
European Bond A-Dis
03/02 EUR
5,506
5,507
AZ F. Conservative
31/01 EUR
6,355
6,333
AZ F. Core Brands
31/01 EUR
5,508
5,512
Num tel: 178 311 01 00
www.compamfund.com - [email protected]
Bluesky Global Strategy A
AZ F. Corporate Premium ACC
31/01 EUR
5,557
AZ F. Corporate Premium DIS
31/01 EUR
5,335
5,333
AZ F. Dividend Premium ACC
31/01 EUR
5,446
5,440
31/01 EUR
4,866
31/01 EUR
5,585
5,559
31/01 EUR
3,128
3,130
AZ F. Emer. Mkt Lat. Am.
31/01 EUR
4,512
4,517
AZ F. European Dynamic
31/01 EUR
5,159
5,161
31/01 EUR
3,161
3,165
AZ F. Formula 1 Absolute
31/01 EUR
5,279
5,310
AZ F. Formula 1 Alpha Plus ACC
31/01 EUR
5,567
5,562
AZ F. Formula 1 Alpha Plus DIS
31/01 EUR
5,524
5,532
AZ F. Formula Target 2014
AZ F. Formula Target 2015 ACC
31/01 EUR
31/01 EUR
4,692
5,921
1464,705
Bond Euro A
03/02 EUR
1233,524
1233,645
03/02 EUR
1193,608
1193,760
03/02 EUR
1402,522
4,691
5,919
3,777
AZ F. Formula Target 2015 DIS
31/01 EUR
5,486
5,483
AZ F. Formula 1 Conserv.
31/01 EUR
4,918
4,919
Glob. Bond A-Dis
03/02 USD
5,718
5,719
Glob. Equity Income A
03/02 USD
57,650
57,710
Glob. Equity Income A-Dis
03/02 USD
14,530
14,540
1402,081
Glob. Inv. Grade.Corp. Bond A-Dis M 03/02 USD
4,861
AZ F. Emer. Mkt Asia
AZ F. Emer. Mkt Europe
AZ F. European Trend
1463,328
Bond Euro B
Bond Risk A
AZ F. Dividend Premium DIS
03/02 USD
5,555
3,878
Bond Risk B
03/02 EUR
1345,068
1344,694
CompAM Fund - Em. Mkt. Corp. A
03/02 EUR
1583,608
1586,140
CompAM Fund - Em. Mkt. Corp. B
03/02 EUR
1525,993
1528,487
CompAM Fund - SB Bond B
31/01 EUR
1057,328
1057,202
CompAM Fund - SB Equity B
31/01 EUR
1071,895
1072,620
CompAM Fund - SB Flexible B
31/01 EUR
997,886
997,983
European Equity A
03/02 EUR
1358,702
1372,865
European Equity B
03/02 EUR
1288,169
1301,662
Multiman. Bal. A
31/01 EUR
114,896
115,094
Multiman. Bal. M
31/01 EUR
114,420
114,617
Multiman. Eq. Afr. & Mid. East A
29/01 EUR
72,134
Multiman. Eq. Afr. & Mid. East M
29/01 EUR
75,034
77,454
Multiman.Target Alpha A
29/01 EUR
104,933
105,574
11,035
11,087
Glob. Structured Equity A-Dis
03/02 USD
39,410
39,500
Glob. Tot. Ret. (EUR) Bond A
03/02 EUR
12,592
12,596
KIS - Target 2014 X
31/01 EUR
102,140
102,130
Agriculture Euro R1C A
31/01 EUR
58,530
57,870
AZ F. Income ACC
31/01 EUR
6,193
6,179
Comm Euro R1C A
31/01 EUR
102,890
103,000
AZ F. Income DIS
28/01 EUR
104,980
105,558
22/01 EUR
83,230
83,120
Sol Invictus Absolute Return
23/01 EUR
107,520
31/01 EUR
5,756
5,742
Comm Harvest R3C E
03/02 EUR
75,870
75,400
AZ F. Int. Bd Targ. Giugno 2016 ACC 31/01 EUR
4,482
4,468
Currency Returns Plus R1C
03/02 EUR
929,730
933,190
AZ F. Int. Bd Targ. Giugno 2016 DIS 31/01 EUR
4,239
4,226
Dyn Aktien Pl R1C A
03/02 EUR
107,100
108,510
03/02 EUR
111,330
112,210
AZ F. Institutional Target
31/01 EUR
5,415
5,411
DB Platinum IV
AZ F. Italian Trend
31/01 EUR
3,405
3,412
Croci Euro R1C B
4,670
Croci Japan R1C B
107,493
AZ F. Lira Plus ACC
www.azimut.it - [email protected]
AZIMUT CAPITAL MANAGEMENT SGR - tel.02.88981
Azimut Dinamico
31/01 EUR
26,314
26,319
Azimut Formula 1 Absolute
31/01 EUR
7,075
7,120
Azimut Formula 1 Conserv
31/01 EUR
6,851
6,849
31/01 EUR
4,658
AZ F. Lira Plus DIS
31/01 EUR
4,658
4,670
AZ F. Macro Dynamic
31/01 EUR
5,916
5,916
AZ F. Opportunities
31/01 EUR
5,100
5,097
AZ F. Pacific Trend
31/01 EUR
4,073
4,051
AZ F. Patriot ACC
31/01 EUR
6,189
6,162
AZ F. Patriot DIS
31/01 EUR
5,801
5,776
AZ F. Qbond
31/01 EUR
5,048
5,039
AZ F. Qinternational
31/01 EUR
4,992
4,995
AZ F. QProtection
31/01 EUR
5,128
03/02 JPY
8165,400
8275,520
Croci US R1C B
03/02 USD
149,900
153,100
Dyn. Bd Stabilität Plus R1C A
03/02 EUR
96,050
95,680
Dyn. Cash R1C A
31/01 EUR
101,560
101,560
Paulson Global R1C E
22/01 EUR
6225,180
6266,230
31/01 EUR
105,230
105,050
Systematic Alpha R1C A
31/01 EUR
9998,370
03/02 JPY
2989,000
3038,000
PS - Liquidity A
03/02 EUR
124,070
124,040
03/02 EUR
17,080
16,980
PS - Opportunistic Growth A
03/02 EUR
94,880
94,920
Pan European Eq. A-Dis
03/02 EUR
15,470
15,390
PS - Opportunistic Growth B
03/02 EUR
99,760
99,800
03/02 EUR
84,620
84,560
03/02 USD
83,500
83,450
Pan European Eq. Inc. A-Dis
03/02 EUR
11,170
11,140
PS - Podium Flex A
Pan European High Inc A
03/02 EUR
18,060
18,050
PS - Podium Flex C
Pan European High Inc A-Dis
03/02 EUR
13,210
13,190
Pan European Struct. Eq. A
03/02 EUR
13,420
13,300
31/01 EUR
6,886
6,884
AZ F. Qtrend
31/01 EUR
4,756
4,764
31/01 EUR
6,663
6,662
AZ F. Renminbi Opport
31/01 EUR
5,405
5,406
Social Responsability
Azimut Garanzia
31/01 EUR
12,882
12,880
AZ F. Reserve Short Term
31/01 EUR
6,293
6,292
Fondi Unit Linked
Azimut Prev. Com. Crescita
31/01 EUR
10,755
10,841
AZ F. Short Term Gl High Yield ACC 31/01 EUR
5,033
5,035
Flex Equity 100
29/01
10,647 EUR
AZ F. Short Term Gl High Yield DIS 31/01 EUR
5,005
5,007
Global Equity
29/01
5,321 EUR
Azimut Prev. Com. Crescita Cl. C
31/01 EUR
10,760
10,844
Azimut Prev. Com. Equilibrato
31/01 EUR
11,905
11,912
AZ F. Solidity ACC
31/01 EUR
5,862
5,846
US Equity A EH
03/02 EUR
13,290
13,330
US High Yield Bond A
03/02 USD
11,497
11,502
US High Yield Bond A-Dis M
03/02 USD
10,564
10,613
US Value Equity A
03/02 USD
29,540
29,780
03/02 USD
US Value Equity A-Dis
Fondi Index Linked
29/01
99,440 EUR
28,250
A S&P
Per ulteriori informazioni, visitate il sito
www.invescopowershares.net
03/02 EUR
9,122
EQQQ
03/02 EUR
62,462
64,100
EuroMTS Cash 3 Months
03/02 EUR
103,481
103,481
FTSE RAFI Asia Pacific Ex-Jap
03/02 EUR
5,376
5,415
FTSE RAFI Dev. 1000 Fund
03/02 EUR
10,943
11,172
03/02 EUR
11,519
11,663
44,560
03/02 EUR
66,560
68,030
Global Agriculture NASDAQ OMX
03/02 EUR
8,297
8,372
NM Inflation Linked Bond Europe A 03/02 EUR
103,480
103,490
Global Clean Energy
03/02 EUR
4,302
4,404
NM Italian Diversified Bond A
03/02 EUR
108,420
108,370
4,989
17,218
17,175
ABS- I
31/12 EUR
14057,114
14057,114
6,106
6,063
ABSOLUTE RETURN EUROPA
31/01 EUR
4966,627
4982,746
Azimut Scudo
31/01 EUR
8,554
8,517
BOND-A
31/12 EUR 696998,377 694086,829
Kairos Multi-Str. A
30/11 EUR 847479,331 838312,127
Azimut Solidity
31/01 EUR
8,619
8,601
BOND-B
31/12 EUR 696998,377 694086,829
Kairos Multi-Str. B
30/11 EUR 555514,933 549779,744
Azimut Strategic Trend
31/01 EUR
6,141
6,136
EQUITY- I
31/12 EUR 602512,491 601260,400
Kairos Multi-Str. I
30/11 EUR 570128,125 563754,177
PRINCIPAL FINANCE 1
30/09 EUR
31/01 EUR
12,187
12,186
31/01 EUR
12,697
12,715
Azimut Trend Italia
31/01 EUR
17,068
17,096
Azimut Trend Pacifico
31/01 EUR
6,830
6,787
Azimut Trend Tassi
31/01 EUR
10,048
10,027
Azimut Trend
31/01 EUR
26,508
26,517
AZ F. Active Selection
AZ F. Active Strategy
31/01 EUR
31/01 EUR
5,272
5,196
1,549
Abs. UK Dynamic Fd P1 H
04/02 EUR
1,702
1,705
Kairos Multi-Str. P
30/11 EUR 522536,062 517382,561
04/02 GBP
1,579
1,581
Kairos Income
31/01 EUR
6,802
6,801
Abs. UK Dynamic Fd P2 H
04/02 EUR
1,771
1,774
Kairos Small Cap
31/01 EUR
10,336
10,344
102,420
102,330
95,690
95,580
PS - Valeur Income A
03/02 EUR
109,050
109,010
PS - Value A
28/01 EUR
102,210
104,710
PS - Value B
28/01 EUR
104,310
106,850
www.pegasocapitalsicav.com
Strategic Bond Inst. C
03/02 EUR
106,410
106,490
Strategic Bond Inst. C hdg
03/02 USD
106,590
106,680
03/02 EUR
NM Italian Diversified Bond I
03/02 EUR
110,500
110,450
NM Large Europe Corp A
03/02 EUR
133,030
133,010
NM Market Timing A
03/02 EUR
102,350
102,510
NM Market Timing I
03/02 EUR
NM Q7 Active Eq. Int. A
03/02 EUR
59,850
60,230
NM Q7 Globalflex A
31/01 EUR
105,170
102,840
104,950
105,140
105,220
Strategic Bond Retail C hdg
03/02 USD
105,280
105,380
Strategic Trend Inst. C
03/02 EUR
102,970
102,990
Strategic Trend Retail C
03/02 EUR
101,000
101,030
www.sorgentegroup.com
Fondo Donatello-Michelangelo Due 30/06 EUR
52927,939
52659,382
Fondo Donatello-Tulipano
30/06 EUR
47475,755
48904,331
Fondo Donatello-Margherita
30/06 EUR
27116,197
26640,389
57863,932
57813,049
Fondo Donatello-David
30/06 EUR
Fondo Tiziano Comparto Venere
30/06 EUR 477314,036
Caravaggio di Sorgente SGR
30/06 EUR
2506,583
2547,337
102,990
59550,161
60088,629
NM Total Return Flexible A
31/01 EUR
120,040
120,090
NM VolActive A
03/02 EUR
99,430
99,060
NM VolActive I
03/02 EUR
99,650
99,270
www.vitruviussicav.com
30/01 EUR
Asian Equity B
03/02 EUR
104,720
105,940
AUGUSTUM G.A.M.E.S. A
03/02 EUR
106,110
108,270
AUGUSTUM G.A.M.E.S. I
03/02 EUR
140,780
143,630
95,470
30/01 USD
131,640
133,930
Emerg Mkts Equity
03/02 USD
419,090
423,670
Emerg Mkts Equity Hdg
AUGUSTUM EQUITY EUROPE I
93,830
Asian Equity B
03/02 EUR
409,650
414,120
European Equity
03/02 EUR
273,150
276,600
European Equity B
03/02 USD
337,600
341,870
2,566
KAIROS INTERNATIONAL SICAV
3,101
KIS - Ambiente D
23/01 EUR
110,860
112,120
Europ. Equ. (ex UK) Fd B
04/02 EUR
3,067
3,120
KIS - Ambiente P
23/01 EUR
113,450
114,740
KIS - Ambiente X
23/01 EUR
114,960
116,270
KIS - America A-USD
30/01 USD
265,260
263,100
Growth Opportunities Hdg
03/02 EUR
74,000
75,630
Japanese Equity
03/02 JPY
129,960
132,930
Japanese Equity B
03/12 SGD
0,000
116,290
04/02 EUR
3,075
Europ. Equ. (ex UK) Fd X H
04/02 GBP
2,696
2,743
5,173
Pan Europe Fd A
04/02 EUR
3,439
3,506
04/02 GBP
2,868
2,920
04/02 USD
4,630
4,717
5,414
4,762
Pan Europe Fd A
Tel: 848 58 58 20
Sito web: www.ingdirect.it
3,129
5,284
5,414
Dividendo Arancio
03/02 EUR
46,290
47,110
Convertibile Arancio
03/02 EUR
59,530
59,970
Cedola Arancio
03/02 EUR
56,940
56,930
Borsa Protetta Agosto
AZ F. Alpha Man. Them.
31/01 EUR
3,473
3,467
Pan Europe Fd B
04/02 EUR
3,419
3,485
AZ F. American Trend
31/01 EUR
3,099
3,100
Pan Europe Fd B
04/02 USD
4,597
4,684
5,475
Pan Europe Fd X
04/02 EUR
3,697
AZ F. Asset Power
31/01 EUR
5,306
5,303
Pan Europe Fd X
04/02 EUR
3,414
3,480
31/01 EUR
5,010
5,008
Pan Europe Fd X
04/02 GBP
2,818
2,869
AZ F. Best Bond
31/01 EUR
5,329
5,323
04/02 GBP
1,043
1,044
AZ F. Best Cedola ACC
31/01 EUR
5,550
5,558
Strategic Debt Fd A H
04/02 EUR
1,227
1,228
5,077
Strategic Debt Fd A H
04/02 USD
1,735
1,736
Strategic Debt Fd A
29/01 EUR
61,370
Greater China Equity B
KIS - America F
23/01 EUR
186,150
187,440
KIS - America P
30/01 EUR
186,530
185,010
KIS - America X
30/01 EUR
187,390
185,860
KIS - Bond A-USD
03/02 USD
167,720
167,570
KIS - Bond D
03/02 EUR
120,320
120,210
61,850
Borsa Protetta Febbraio
29/01 EUR
59,790
59,780
Borsa Protetta Maggio
29/01 EUR
62,460
62,630
Borsa Protetta Novembre
29/01 EUR
59,620
60,390
Inflazione Più Arancio
03/02 EUR
55,180
55,080
Mattone Arancio
03/02 EUR
41,300
41,360
3,769
AZ F. Asset Timing
KIS - Bond F
Profilo Dinamico Arancio
03/02 EUR
61,870
62,100
Profilo Equilibrato Arancio
03/02 EUR
60,150
60,250
Profilo Moderato Arancio
03/02 EUR
57,020
56,980
Top Italia Arancio
03/02 EUR
44,910
46,120
23/01 EUR
121,000
121,060
KIS - Bond P
03/02 EUR
124,160
124,050
KIS - Bond Plus A Dist
31/01 EUR
124,470
124,440
KIS - Bond Plus D
31/01 EUR
126,500
126,480
KIS - Bond Plus P
31/01 EUR
128,240
128,210
KIS - Dynamic A-USD
03/02 USD
172,380
31/01 EUR
4,987
4,988
Strategic Debt Fd X
04/02 GBP
1,062
1,063
KIS - Dynamic D
03/02 EUR
120,140
120,180
31/01 EUR
5,872
5,869
Strategic Debt Fd X H
04/02 EUR
1,288
1,289
KIS - Dynamic F
23/01 EUR
120,870
120,740
AZ F. Bond Target 2015 DIS
31/01 EUR
5,436
5,433
Strategic Debt Fd X H
04/02 USD
1,767
1,768
KIS - Dynamic P
03/02 EUR
122,290
122,320
AZ F. Bond Target 2016 ACC
31/01 EUR
5,270
5,272
UK Abs. Target Fd P1
04/02 GBP
1,226
1,229
KIS - Dynamic X
14/10 EUR
121,000
120,940
AZ F. Bond Target 2016 DIS
31/01 EUR
5,022
5,023
UK Abs Target Fd P2
04/02 EUR
1,173
1,175
AZ F. Bond Target 2017 Eq Op ACC 31/01 EUR
5,037
5,038
UK Abs Target Fd P2
04/02 GBP
1,255
1,258
La lista completa dei comparti Invesco autorizzati in Italia
è disponibile sul sito www.invesco.it
Numero verde 800 124811
[email protected]
Nextam Bilanciato
03/02 EUR
6,462
6,530
Nextam Obblig. Misto
03/02 EUR
7,140
7,159
BInver International A
03/02 EUR
6,138
6,206
Cap. Int. Abs. Inc. Grower D
03/02 EUR
5,200
5,385
CITIC Securities China Fd A
03/02 EUR
4,922
5,058
Fidela A
03/02 EUR
5,358
5,354
Income A
03/02 EUR
5,560
5,563
International Equity A
03/02 EUR
6,624
6,762
30/01 EUR
111,860
111,170
Greater China Equity B
30/01 GBP
100,910
100,310
Greater China Equity B
30/01 SGD
104,100
103,480
Greater China Equity B
30/01 USD
159,230
158,270
Growth Opportunities
03/02 USD
67,490
03/02 USD
Japanese Equity B
128,990
68,990
131,950
Japanese Equity Hdg
03/02 EUR
169,230
173,130
Swiss Equity
03/02 CHF
125,540
127,120
Swiss Equity Hdg
03/02 EUR
95,280
96,480
US Equity
03/02 USD
156,470
160,450
US Equity Hdg
03/02 EUR
172,370
176,730
172,430
AZ F. Best Equity
AZ F. Bond Target 2015 ACC
Italian Selection A
03/02 EUR
6,504
6,614
Liquidity A
03/02 EUR
5,339
5,338
Multimanager American Eq.A
03/02 EUR
4,586
4,660
Multimanager Asia Pacific Eq.A
03/02 EUR
4,184
4,203
KIS - Emerging Mkts A
30/01 EUR
120,330
120,880
Multimanager Emerg.Mkts Eq.A
03/02 EUR
3,977
4,001
KIS - Emerging Mkts D
30/01 EUR
119,160
119,700
Multimanager European Eq.A
03/02 EUR
4,387
4,413
31/01 EUR
5,037
5,038
UK Equity Fd A
04/02 GBP
3,295
3,341
Invesco Funds
KIS - Emerging Mkts F
23/01 EUR
120,970
121,970
Strategic A
03/02 EUR
4,932
4,982
AZ F. Bond Target Giugno 2016 ACC 31/01 EUR
5,531
5,528
UK Equity Fd A
04/02 USD
5,318
5,397
Asia Balanced A
03/02 USD
22,800
22,800
KIS - Europa D
31/01 EUR
120,700
121,020
Usa Value Fund A
03/02 EUR
5,747
5,874
AZ F. Bond Target Giugno 2016 DIS 31/01 EUR
5,167
5,164
UK Equity Fd B
04/02 EUR
3,966
4,026
Asia Balanced A-Dis
03/02 USD
15,050
15,050
KIS - Europa F
23/01 EUR
124,570
126,110
Ver Capital Credit Fd A
03/02 EUR
5,391
5,391
AZ F. Bond Target 2017 Eq Op DIS
03/02 EUR
03/02 EUR
2,525
4,759
5,069
PS - Total Return A
PS - Total Return B
3,048
31/01 EUR
31/01 EUR
110,930
105,610
04/02 GBP
31/01 EUR
AZ F. Best Cedola DIS
110,100
103,600
04/02 EUR
AZ F. Alpha Man. Credit
5,477
111,020
28/01 EUR
28/01 EUR
Europ. Equ. (ex UK) Fd A
AZ F. Alpha Man. Equity
31/01 EUR
110,190
PS - Target B
Europ. Equ. (ex UK) Fd A
Pan Europe Fd A
AZ F. Asset Plus
Tel: 02 77718.1
www.kairospartners.com
Abs. UK Dynamic Fd P2
Europ. Equ. (ex UK) Fd X
AZ FUND MANAGEMENT SA - tel.00352 2663811
28/01 EUR
PS - Target A
102,550
5,506
31/01 EUR
Azimut Trend America
NM Balanced World Cons A
NM Global Equities EUR hdg A
31/01 EUR
Azimut Trend Europa
182,860
143,220
9,708
Azimut Reddito Euro
1,547
182,840
143,220
9,825
Azimut Reddito Usa
04/02 GBP
03/02 EUR
03/02 EUR
9,598
7,758
Abs. UK Dynamic Fd P1
NM Augustum Corp Bd A
NM Augustum High Qual Bd A
9,561
8,815
5,546
100,370
PS - Titan Aggressive A
Strategic Bond Retail C
www.newmillenniumsicav.com
Distributore Principale: Banca Finnat Euramerica - Tel: 06/69933475
03/02 EUR
10,316
31/01 EUR
1552,030
03/02 EUR
7,566
AZ F. US Income
1524,690
FTSE RAFI Switzerland
8,648
10,007
03/02 EUR
FTSE RAFI US 1000
10,279
10,071
WM Biotech I
129,860
Global Listed Private Eq.
28/01 EUR
PS - Prestige A
99,390
136,860
03/02 EUR
31/01 EUR
152,840
43,880
03/02 EUR
Azimut Prev. Com. Obbli. Cl. C
99,080
129,380
03/02 EUR
4,989
99,650
150,130
136,920
MENA NASDAQ OMX
5,831
98,640
03/02 EUR
03/02 EUR
NASDAQ OMX Global Water
4,996
03/02 EUR
WM Biotech A
03/02 EUR
6,701 EUR
5,827
03/02 EUR
Sparta Agressive A
03/02 EUR
6,083 EUR
31/01 EUR
Orazio Conservative A
NM Euro Bonds Short Term A
4,929 EUR
31/01 EUR
911,342
NM Euro Equities A
29/01
AZ F. Top Rating DIS
907,863
4,836
29/01
AZ F. Trend
03/02 EUR
14,362
29/01
11,825
SHORT DURATION CAP RET EUR
4,694
Progress
10,007
24,580
14,293
Quality
11,782
111,330
24,251
03/02 EUR
5,507
10,071
109,219
03/02 EUR
5,641
31/01 EUR
03/02 EUR
03/02 EUR
FTSE RAFI Hong Kong China
5,522
31/01 EUR
HIGH GROWTH CAP RET EUR
ITALY CAP RET A EUR
FTSE RAFI Italy 30
5,643
Azimut Prev. Com. Protetto Cl. C
106,300
5,675
31/01 EUR
Azimut Prev. Com. Obbli.
103,310
104,630
8,400
31/01 EUR
4,996
101,670
28/01 EUR
5,598
AZ F. Solidity DIS
31/01 EUR
28/01 EUR
PS - Quintessenza B
8,257
AZ F. Strategic Trend
AZ F. Top Rating ACC
PS - Quintessenza A
90,748
03/02 EUR
11,910
11,822
106,853
91,946
03/02 EUR
10,692
11,777
107,346
FTSE RAFI Emerging Mkts
11,907
31/01 EUR
03/02 EUR
03/02 EUR
FTSE RAFI Europe
10,747
Azimut Prev. Com. Protetto
FLEX QUANTITATIVE HR6 A EUR
FLEX STRATEGY RET EUR
9,411
31/01 EUR
Maximum
12,220
www.multistarssicav.com [email protected]
T. +41 (0)91 640 37 80
Azimut Prev. Com. Equilibrato Cl. C 31/01 EUR
Azimut Prev. Com. Garantito
11,962
28,480
10060,160
5,133
Azimut Formula Target 2013
03/02 EUR
ASIAN OPP CAP RET EUR
FTSE RAFI Dev. Europe Mid-Sm
Azimut Formula Target 2014
97,950
Japanese Eq. Advantage A
Dynamic US Market
Sovereign Plus R1C A
98,000
Pan European Eq. A
9,894
5,051
03/02 EUR
107,230
10,817
5,050
PS - Fixed Inc Absolute Return A
109,280
4,915
31/01 EUR
98,090
107,020
12,800
AZ F. Hybrid Bonds DIS
100,170
109,070
9,929
20,895
134,010
99,450
03/02 EUR
10,819
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PS - Inter. Equity Quant A
03/02 EUR
AcomeA Performance (A2)
03/02 EUR
PS - EOS A
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KIS - Sm. Cap D
03/02 EUR
PS - Dynamic Core Portfolio A
PS - Equilibrium A
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03/02 EUR
DB Platinum
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Pan European Struct. Eq. A-Dis
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03/02 EUR
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Renminbi Fix. Inc. EUR A-Dis
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03/02 EUR
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Renminbi Fix. Inc. A
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KIS - Selection P
PS - Bond Opportunities A
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99,050
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31/01 EUR
121,930
03/02 EUR
4,080
31/01 EUR
121,590
12/11 EUR
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AZ F. Global Sukuk DIS
23/01 EUR
KIS - Sm. Cap P
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KIS - Selection F
KIS - Sm. Cap X
31/01 EUR
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108,210
108,330
42,800
11,583
31/01 EUR
20,620
117,030
03/02 EUR
104,720
107,150
108,370
24,690
AZ F. Global Curr&Rates ACC
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KIS - Selection D
103,660
28/01 EUR
03/02 EUR
42,910
11,580
AZ F. Global Curr&Rates DIS
20,558
KIS - Multi-Str. UCITS X
28/01 EUR
PS - Best Global Managers A
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PS - Best Gl Managers Flex Eq A
24,470
4,999
03/02 EUR
116,300
03/02 EUR
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AcomeA Patrimonio Prudente (A2) 03/02 EUR
115,990
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115,790
03/02 EUR
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AcomeA Performance (A1)
113,630
115,730
30/01 EUR
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03/02 USD
4,972
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113,720
23/01 EUR
KIS - Multi-Str. UCITS P
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Glob. Tot. Ret. (EUR) Bond E-Dis
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KIS - Multi-Str. UCITS F
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India Equity E
AcomeA Patrimonio Dinamico (A1) 03/02 EUR
AZ F. Global Sukuk ACC
KIS - Multi-Str. UCITS D
Tel: 0041916403780
www.pharusfunds.com [email protected]
Greater China Eq. A
AcomeA Patrimonio Dinamico (A2) 03/02 EUR
Invictus Global Bond Fd
Quota/pre.
5,243
3,748
Invictus Macro Fd
Quota/od.
31/01 EUR
3,848
5,890
Data Valuta
31/01 EUR
AcomeA Patrimonio Aggressivo (A1) 03/02 EUR
5,874
Nome
AZ F. Cash 12 Mesi
AcomeA Patrimonia Aggressivo (A2) 03/02 EUR
AcomeA Patrimonio Prudente (A1) 03/02 EUR
Nome
AZ F. Cash Overnight
AZ F. Bond TargetSettem.2016 DIS 31/01 EUR
AcomeA SGR - numero di tel. 800.89.39.89
[email protected]
Nome
Tel 0332 251411
www.ottoapiu.it
8a+ Eiger
03/02 EUR
5,764
5,848
8a+ Gran Paradiso
03/02 EUR
5,312
5,300
8a+ Latemar
03/02 EUR
5,775
5,807
8a+ Matterhorn
24/01 EUR 783865,750 801265,665
Legenda: Quota/pre. = Quota precedente;
Quota/od. = Quota odierna
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
Sussurri & Grida
Piazza Affari
DEBOLI LUXOTTICA E SAIPEM
BALZO DI POLTRONA FRAU
di GIACOMO FERRARI
Piazza Affari ha tentato il
rimbalzo dopo il tonfo di lunedì
ma al picco di metà mattinata è
seguita una nuova flessione.
L’apertura positiva di Wall Street,
spinta dal dato sugli ordinativi
all’industria Usa, ha poi rimesso
le cose a posto. Così l’indice Ftse-Mib è riuscito a
chiudere in progresso (+0,6%), recuperando quota 19
mila punti, livello ritenuto cruciale dagli analisti
tecnici. Altrettanto volatili le altre Borse europee,
terminate a cavallo della parità. Sul listino italiano
hanno pesato i ribassi di Luxottica (-1,66%) e di due
titoli petroliferi: Snam (-1,47%) e Saipem (-1,29%).
Ben più consistente il plotone dei rialzi, guidato da
Yoox (+6,59%). A seguire A2a (+2,84%) e Banca
Popolare di Milano (+2,81%), spinta dalle nuove
ipotesi, rilanciate dagli analisti di Mediobanca, di
alleanze nell’ambito delle banche popolari. Bene,
inoltre, Mediolanum (+2,32%) e Intesa-Sanpaolo
(+2,31%), quest’ultima sostenuta dalle voci sulla
possibile costituzione al suo interno di una bad bank
sulla quale dirottare parte dei crediti in sofferenza. Ha
recuperato anche Fiat (+2,03%), mentre nel segmento
Star ha preso il volo Poltrona Frau (+6,89%).
La Ue dovrà alzare il velo sull’ingresso di Atene nell’euro
(g.str.) Fare più luce su quei mesi che, circa 15 anni
fa, hanno aperto le porte dell’euro alla Grecia: l’Ombudsman europeo Emily O’Reilly ha raccomandato alla
Commissione di pubblicare 140 documenti sull’ingresso della Grecia nell’Eurozona, datati gennaio 1999-giugno 2000. La mossa dell’Ombudsman non arriva a caso,
ma dal ricorso di un giornalista tedesco. Su richiesta del
reporter, la Commissione aveva fornito in passato una
serie di documenti non completa. Alcuni atti importanti - è stato l’argomento di Bruxelles - non erano reperibili perché allora non c’era la registrazione elettronica.
Da qui è nato il ricorso del giornalista all’Ombudsman.
Tra i documenti richiesti ci sarebbero carteggi, rapporti
vari, lettere tra i servizi della Commissione incluso il
gabinetto dell’allora presidente Romano Prodi (dal settembre 1999), e tra Bruxelles e il governo ellenico. Correva il mese di giugno dell’anno 2000, quando al vertice
di Feira in Portogallo i capi di Stato e di governo Ue diedero il via libera all’ingresso di Atene nella moneta unica, ratificando il primo ok del consiglio Ecofin di maggio. Il seguito è ben noto. «Specialmente in periodi di
crisi è vitale che il pubblico capisca come sono state
prese decisioni importanti che hanno effetti sulla vita
delle persone», ha detto O’Reilly.
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Bertani, il riassetto delle cantine
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(f.ch.) Mantenere la diversificazione dei brand in eti-
chetta, ma accorpare tutte la cantine in un’unica società
per avere più forza commerciale. Questa la strategia per
l’internazionalizzazione di Bertani, azienda del vino nata nel 1857 nel veronese, che ha cominciato a produrre
la prima bottiglia di amarone classico nel 1958 e che oggi conta sei marchi, produce tre milioni di bottiglie e nel
2013 ha fatturato circa 20 milioni di euro, il 60% provenienti dall’export. Dal 2014 è stato conferito nella Cav.
G.B.Bertani il ramo d’azienda Tenimenti Angelini relativo alle attività delle Marche e della Toscana. La Cav.
G.B.Bertani ha modificato la propria denominazione
sociale in Bertani Domains, conservando la sede sociale
a Grezzana (Verona). Le singole tenute manterranno la
propria autonomia e individualità e i prodotti continueranno a essere contraddistinti dalle singole marche
Bertani, Val di Suga, Tre Rose, San Leonino, Collepaglia
e Puiatti. Ma ci sarà un unico braccio commerciale nella
capofila. Il re dell’amarone accorcia, quindi, la catena
per aggredire meglio i mercati esteri. Il riassetto è funzionale soprattutto per l’espansione in altri mercati.
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Giro di nomine alla Bce, sale il francese
Coeuré
(m.d.f.) Il board della Bce presieduto da Mario Draghi
ha deciso ieri a tempo di record la redistribuzione dei
compiti all’interno del «governo» della Bce, mentre
monta sul Consiglio direttivo di domani la pressione
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dei mercati per ritoccare i tassi e aumentare la liquidità
in eccesso. Al francese Benoit Coeuré va l’incarico di
“ministro degli Esteri” del board, con il dipartimento
internazionale e relazioni europee; ma tiene anche
Market Operations, diventato molto importante dopo
lo scoppio della crisi per le manovre non standard e la
distribuzione della liquidità alle banche; e controllerà
anche i Sistemi di pagamento, diventando così il membro forte all’interno del board. Mentre l’altro uomo forte del presidente Mario Draghi, il capoeconomista Peter
Praet, che prepara tutte le decisioni di politica monetaria per la Bce attraverso Economics si occuperà anche di
Risorse Umane, Budget e Organizzazione, altro incarico
molto importante, anche per via delle assunzioni di un
migliaio di funzionari per la nuova autorità di Vigilanza
(SSM). Alla nuova arrivata Sabine Lautenschläger, oltre
alla vicepresidenza dell’ Ssm spetta anche Statistica e le
attività del direttorato Legale per tutte le questioni del
nuovo meccanismo. Mentre il lussemburghese Mersch
sarà responsabile per tutte le altre questioni legali della
Bce, e rimangono immutate le altre competenze (Banconote, Target2, Risk Management, Pagamenti). Si rafforza anche il vicepresidente portoghese Vitor Constancio, con la supervisione sui lavori per le due nuove torri,
dove la Bce traslocherà entro fine anno, e continuerà a
seguire la Politica Macro-Prudenziale e Stabilità finanziaria, i Sistemi Informatici e la Ricerca economica.
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Cultura
Addio all’Africa di Okhai Ojeikere
All’ultima Biennale d’arte di Venezia le sue magnifiche teste di donna,
acconciate secondo la tradizione africana, avevano conquistato il
pubblico: il fotografo nigeriano Okhai Ojeikere (a fianco) è morto
domenica a Lagos (aveva 83 anni). Uno stile tutto in bianco e nero,
quello di Ojeikere, che sapeva felicemente amalgamare creatività,
immaginazione e antropologia. Nel segno della sua Africa. (m.ta.)
L’analisi Un saggio di Emanuele Felice (il Mulino) risale alla politica «estrattiva» dello Stato borbonico. E lancia un allarme
Se tutta l’Italia diventa Mezzogiorno
La minaccia di una deriva dall’Europa
I mali irrisolti del Sud come causa di un possibile declassamento
di MICHELE SALVATI
Il volume
«I
l primo problema del Mezzogiorno non è quello della riscossa delle energie locali, la
grande strada che occorre
tentare. È invece quello della fiducia, senza la quale quella strada non può neppure essere tentata: fiducia del Mezzogiorno in se stesso, fiducia degli altri verso il
Mezzogiorno, fiducia del Mezzogiorno
verso gli altri. Ma fiducia vuol dire prima
di tutto sentirsi protetti dalla giustizia e
dall’ordine pubblico. Protetti quando si
agisce, quando si intraprende, quando si
innova per il progresso, quando ci si difende. Il più vero nemico del Mezzogiorno non sono le Leghe del Nord. Non sono
ipotetici sfruttatori appollaiati in luoghi
lontani. È la congiura contro la fiducia,
che parte dalla violenza, passa per la paura e l’omertà, viene sfruttata, nelle sue
cause e nei suoi effetti, da una perversa
democrazia del consenso». Chi scrive potrebbe essere Saviano. È invece Luciano
Cafagna, uno dei più grandi storici economici italiani e profondo conoscitore
dello sviluppo economico del nostro Paese, del Settentrione e del Mezzogiorno.
(Nord e Sud. Non fare a pezzi l’unità
d’Italia, Marsilio, 1994).
Anche Emanuele Felice è uno storico
economico, uno dei tanti giovani studiosi italiani emigrati in ambienti più favorevoli alla ricerca di quanto non siano oggi le nostre università (insegna all’Università Autonoma di Barcellona): avvicinarlo a Cafagna è il più grande
complimento che gli si possa fare. Ma le
conclusioni politiche cui approda, la
scelta interpretativa che adotta, la qualità
delle ricerche che ha svolto giustificano il
confronto. Per il Mulino aveva già pubblicato un buon lavoro d’insieme sull’intervento pubblico nel Mezzogiorno (Divari
regionali e intervento pubblico, 2007).
Quello che è appena uscito, sempre per
lo stesso editore (Perché il Sud è rimasto
indietro) è assai più ambizioso.
Anzitutto può essere letto come un’accurata rassegna delle ricerche svolte in
questi ultimi trent’anni dagli storici dello
sviluppo economico italiano: rispetto ai
tempi in cui Cafagna scriveva i suoi principali lavori, c’è stato un grande progresso nella quantità e qualità dei dati disponibili e dunque nella possibilità di appoggiare l’interpretazione storica a robuste basi empiriche. Avendo lui stesso
partecipato ad alcune delle ricerche che
hanno prodotto la documentazione di
cui oggi disponiamo, Felice ci porta dentro la «fucina dei dati» ed è ammirevole
come riesca a rendere interessante anche
la costruzione e la critica di una serie sto-
Un’immagine di vita napoletana nei primi anni Sessanta fotografata da Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, 1930)
rica, sicuramente un lavoro minuto e faticoso. Ma reso interessante da due suoi
aspetti: anzitutto l’ingegnosità e l’esperienza necessarie a trasformare pochi appigli sicuri in serie storiche affidabili. E
soprattutto perché una serie affidabile
può confermare o smentire ipotesi interpretative in precedenza avanzate, sulla
base di dati parziali o, come talora avviene, puri pregiudizi. Le interpretazioni
fondate sui dati lungamente discussi da
Felice — perché il Sud sia oggi così mal
messo — confermano le intuizioni di Cafagna e smentiscono, sono ancora parole
di Cafagna, «quella storiografia meridionalistica intrisa di spiriti revisionistici e
insofferente a categorie come arretratezza e sottosviluppo, dualismo e… persino
Mezzogiorno». In particolare esse mo-
Il giudizio
Nel Regno delle Due Sicilie
vennero esasperati quei tratti
reazionari e regressivi che poi
ne avrebbero causato il crollo
strano l’infondatezza di quell’atteggiamento «rivendicativo e «risarcitorio» che
ancora è presente in alcuni studiosi, e assai diffuso in chi studioso non è: un atteggiamento basato sulla presunta responsabilità per i danni che la classe politica dell’Italia unita avrebbe arrecato al
Mezzogiorno. La verità è un’altra: il governo borbonico, specie nel periodo in
cui altrove in Italia e in altri Paesi europei
ritardatari si creavano le premesse istituzionali per l’imminente sviluppo capitalistico — il mezzo secolo precedente
l’Unità — deliberatamente si pose controcorrente, esasperando quei tratti reazionari, regressivi ed «estrattivi» che
avrebbero condannato il Mezzogiorno alla minorità economica e istituzionale
nella successiva fase unitaria.
Dunque, dati più solidi e sicuri per sostenere l’interpretazione dei motivi per
cui «il Sud è rimasto indietro», in larga
misura interni al Mezzogiorno stesso. Ma
anche categorie teoriche più moderne,
che consentono di collegare meglio il
Mezzogiorno ai tanti casi di sviluppo
stentato o distorto che la letteratura degli
ultimi decenni ha studiato a fondo.
Prima ho virgolettato il termine
«estrattivo» per caratterizzare quei tratti
— istituzionali, economici, politici —
che il governo borbonico aveva accentuato nella sua ultima fase, che il regno d’Italia e il fascismo non hanno estirpato e
anzi hanno assecondato, e che ancora in
forme diverse permangono in regime repubblicano. La dicotomia tra istituzioni
economiche e politiche «inclusive» e
istituzioni «estrattive» è dovuta ad un
importante lavoro di Daron Acemoglu e
James A. Robinson (Perché le nazioni falliscono, Il Saggiatore, 2013). Le prime favoriscono il coinvolgimento di larghi
segmenti della società in attività economiche libere, regolate da uno Stato autorevole che difende i diritti dei cittadini:
ciò conduce alla crescita economica e allo sviluppo umano e civile. Le seconde
sono finalizzate a estrarre rendite a vantaggio di una minoranza di privilegiati,
ciò che avviene anche se, anzi proprio
perché, l’economia ristagna: diritti di libertà garantiti e ampiamente diffusi, e di
conseguenza la crescita economica e civile, minaccerebbero gli equilibri politici
che garantiscono l’estrazione di rendite.
Il saggio
di Emanuele
Felice
«Perché il Sud
è rimasto
indietro»
è pubblicato
dal Mulino
(pagine 247,
16)
I capitoli
principali sono
dedicati a «Il
divario
all’Unità» e
a «Il divario
dall’Unità a
oggi»,
mentre
l’ultima
sezione è
quella che dà il
titolo all’intero
volume
Emanuele
Felice insegna
Storia
economica
nell’Università
Autonoma di
Barcellona.
Nel 2007,
sempre per
l’editrice il
Mulino, ha
pubblicato
«Divari
regionali e
intervento
pubblico. Per
una rilettura
dello sviluppo
in Italia»
Sullo
stesso
argomento
nel 1994
Luciano
Cafagna
aveva
pubblicato per
Marsilio il
saggio «Nord
e Sud. Non
fare a pezzi
l’Unità d’Italia»
Rinvio chi è interessato ad una valutazione critica del lavoro di Acemoglu e Robinson a un bel simposio sulla rivista
«Stato e mercato», 2013/1, cui hanno
partecipato Arnaldo Bagnasco, Leonardo
Morlino e Salvatore Rossi, un sociologo,
un politologo e un economista. Qui mi limito ad osservare che Felice fa un buon
uso delle categorie dei due autori americani: l’analisi dell’ultima fase del governo
borbonico, delle grandi organizzazioni
criminali, della debolezza delle istituzioni statali, del funzionamento della politica meridionale, specie della politica locale, e di tanti altri pezzi del puzzle del Mezzogiorno si adatta bene alle categorie di
Acemoglu e Robinson. E dove se ne discosta — nessun Paese è uguale a un altro — la migliora, come avviene per la
maggiore attenzione che Felice dedica alla diseguaglianza tra le diverse regioni
italiane, alla più alta sperequazione nei
redditi e nelle ricchezze che già caratterizzava il Sud all’inizio dell’esperienza
unitaria.
Un lavoro importante, dunque, molto
utile e facilmente leggibile, a tratti appassionante, per chi voglia disporre di una
interpretazione documentata dell’origine e della permanenza dello sviluppo
dualistico del nostro Paese. Ma proprio
perché l’interpretazione è convincente e
affidabile, si tratta anche di un libro
sconfortante: se tutti i pezzi del puzzle
«estrattivo» si tengono così bene, come
si fa a romperlo? Dove applicare la leva
del cambiamento?
Dovrebbe essere politica la leva, ma la
politica è parte del problema, non della
Mali cronici
La disuguaglianza tra le diverse
regioni è accompagnata
dalla più alta sperequazione
nei redditi e nelle ricchezze
soluzione: come diceva Cafagna nella citazione da cui sono partito, è una «perversa democrazia del consenso» quella
che regge le sorti delle amministrazioni
locali del Sud, inquina quelle nazionali e
dunque sostiene le istituzioni estrattive
del Mezzogiorno. Ma lasciamo la parola a
Felice: «Lo Stato italiano si è talmente indebolito che alla fine è diventato incapace di qualunque spinta modernizzatrice… E anche le istituzioni economiche e
politiche del Nord hanno preso ad assomigliare sempre di più a quelle del Mezzogiorno. Se continua così, nei prossimi
decenni il divario si potrebbe forse colmare, ma al ribasso, con il Nord che sempre di più si avvicina al Mezzogiorno. Per
allora si sarà creato un altro divario, ancora più profondo, tra l’Italia e i Paesi
avanzati».
Che dire? «Allegria!» avrebbe esclamato Mike Bongiorno. Ma ad uno studioso compete il lavoro di scienziato e al
massimo la segnalazione dei problemi
che poi, sulla base di una ben diversa
«vocazione», sarà compito del politico
affrontare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La biografia Lo storico Andrea Nelli ripercorre la carriera del grande giornalista, modello per le nuove generazioni
A scuola da Ronchey, l’uomo che inventò il «fattore K»
di ARRIGO LEVI
A
ndrea Nelli, un giovane storico laureato all’Università di
Pisa, ha dedicato il suo primo
libro a una biografia di Alberto Ronchey, pubblicata da Della Porta con
un’eccellente prefazione di Alberto
Sinigaglia (Ronchey. La Russia,
l’Italia e il fattore K, pp. 238,
13,50). Il libro di Nelli merita di esser letto non soltanto dagli specialisti. Il suo ritratto di quello che è stato il più importante giornalista della generazione postbellica è completo e penetrante, e ravviva i
ricordi di chi fu amico di Ronchey e
suo compagno di esperienze giornalistiche: dalla Russia di Krusciov
all’America di Kennedy, all’Europa
che costruiva, con un successo superiore alle aspettative degli stessi
europeisti, la sua pace e la sua unità.
Ministro dei Beni culturali nel
governo di Carlo Azeglio Ciampi, fu
Ronchey l’inventore, come elemento interpretativo della politica italiana, del «fattore K» (kappa per comunismo). Il suo rigore nel porre
ordine nei fatti e nelle dottrine politiche del suo tempo gli meritò, sull’«Unità», la definizione di «Ingegner Ronchey», che voleva essere
critica, ma che non credo gli dispia-
Il giornalista e storico Alberto Ronchey, 1926-2010 (foto Contrasto)
cesse. La biografia di Nelli rende
omaggio alla vastità, non soltanto
geografica, dei suoi interessi giornalistici e culturali.
Nel giornalismo italiano, la nostra generazione era stata preceduta da quella a cavallo tra fascismo e
Repubblica, ricca di grandi personalità. Indro Montanelli, Luigi Barzini Junior, Domenico Bartoli, Virgilio Lilli, Vittorio G. Rossi erano stati
nostri maestri, anche se ci sentivamo diversi. A loro confronto avevamo probabilmente acquisito un
maggiore interesse per i fatti dell’economia e un maggiore impegno
politico-sociale; e avevamo ovvia-
mente una più vasta visione delle
speranze come dei pericoli immensi che l’umanità avrebbe corso nell’epoca nucleare. Sentivamo forse
un minore impegno nella «bella
scrittura». Ma Ronchey era anche
uno straordinario scrittore. Ancora
oggi penso che la sua cronaca, intensa e straziante, della tragedia degli aviatori italiani massacrati a Kindu, che anche Nelli ricorda e a cui
rende omaggio, rimanga uno dei testi più alti del nostro giornalismo.
Quando Gianni Agnelli, alla sua
prima esperienza di editore, lo scelse, con un salto di generazione,
quale successore alla direzione del-
la «Stampa» del grande De Benedetti, la sua apparve come una scelta obbligata. All’epoca, Ronchey
aveva già girato tutto il mondo, dall’Europa all’Asia e all’America, e
aveva stabilito, attraverso il periodico «Europa», uno stretto rapporto
di collaborazione alla pari con i
maggiori quotidiani europei, dal
«Times» a «Le Monde» a «Die
Welt». Quale direttore aprì le porte
del giornale a molti giovani. Ma tornò presto al suo lavoro di inviato e ai
suoi amati e creativi viaggi intorno
al mondo. A un mondo che continuava a cambiare in modo imprevedibile: una sfida, ancora oggi per
dei giornalisti che, per mestiere (un
bel mestiere!), debbono capirlo e
spiegarlo ai loro lettori. In modo
chiaro e soddisfacente.
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
Cultura 33
italia: 57525754585250
Vintage Andar per mostre tra Amburgo e Dresda. Divertissement e qualche didascalia senza rigore tedesco
La campagna virale Rizzoli
Guardare a Roma, mito nordico
I libri non si bruciano
E Augias invita
L’attrazione del Mediterraneo da Füssli a Alma Tadema e Munch
il suo (ex) lettore
di ALBERTO ARBASINO
U
n punto fermo e chiaro, nel flusso infinito
di opinioni, distinguo, battute brillanti e
fesserie che si possono scrivere e leggere
sui social network. Ieri la frase
#ilibrinonsibruciano è stata molto condivisa e
rilanciata da case editrici e lettori su Twitter, con
un’adesione inconsueta per un media che genera
facilmente controversie e ironie: che i libri non si
brucino non è, dunque, un concetto banale; e non
solo perché l’ha reso attuale il gesto dissennato di
un militante grillino che venerdì scorso ha arso nel
camino una copia autografata de I segreti d’Italia
(Rizzoli) di Corrado Augias, pubblicando poi la foto
del rogo domestico su Facebook, come ritorsione
per le dure critiche al Movimento 5 Stelle da parte
dello scrittore. La sortita del biblio-piromane
pentastellato ha generato indignazione ma pure
consensi; così, lunedì scorso, in seno alla Rizzoli è
nata l’idea di mettere nero su bianco, con una
pagina intera di pubblicità apparsa ieri sul
«Corriere della Sera», lo slogan
#ilibrinonsibruciano; poi
rilanciato come hashtag
dall’account Twitter. «Lo spunto è
stato quanto successo a Corrado
Augias e al suo libro — precisa
Luca Ussia, direttore editoriale
Rizzoli — ma il messaggio è
universale e infatti è stato
rilanciato da altri editori: i libri
ci fanno fermare a riflettere,
nello scrivere e nel leggere, per
approfondire il presente e
immaginare il futuro; il
contrario di quanto spesso
avviene in Rete. Penso alle
Memorie di Adriano di
Marguerite Yourcenar, dove i
libri sono presentati come
Corrado Augias
riserve di grano da ammassare
(nato a Roma nel
contro l’inverno dello spirito».
1935), giornalista
I brividi di questo inverno,
e scrittore
comunque, Corrado Augias li ha
sentiti non per il gesto in sé, ma
per il consenso che ha suscitato. «Faccio una mia
ricostruzione psicologica — racconta al telefono da
Roma —; quello di Francesco Neri è stato un atto
semi-involontario, inconsapevole, istintivo, fatto
forse senza rendersi conto della sua gravità. Come
gli è venuto in mente? A livello inconscio poteva
avere l’immagine dei roghi di Goebbels e li ha
riprodotti su scala artigianale, domestica... a
Zagarolo. Inquietante, certo. Ma la cosa poteva
finire lì; il problema è che il gesto ha riscontrato
molti mi piace e per prenderne le distanze Grillo ci
ha messo tre giorni». Alla domanda se rifirmerebbe una copia di un suo libro a Neri, magari
in un incontro a Zagarolo, Augias risponde sereno:
«Assolutamente sì, anzi, mi piacerebbe parlare con
lui; non per spirito missionario, ho una sincera
curiosità. Mi piacerebbe avere un colloquio franco
con lui: se mi scrivesse, potrebbe succedere».
Ieri intanto, su Facebook, Neri continuava a
spiegare le sue ragioni, incassando sostegni e
critiche, mostrandosi impreparato alla notorietà:
«La tv non la guardo — scrive a chi segnala il
servizio di Piazzapulita su La7—, La Zanzara non
l’ho sentita, ero sdraiato sul divano». E poi, poco
presente a se stesso, chiede agli altri: «Cosa ho
detto?». Per mostrare il suo amore per i libri, ha
messo una foto della sua libreria, dove si
riconoscono un libro di Raymond Carver e Inferno
di Dan Brown. Tra i commenti, quello di Eleonora è
forse il più efficace: «Non ti avvicinare alla libreria».
I granai prendono fuoco facilmente, anche
d’inverno.
criticalmastra.corriere.it
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Fumetti
Il festival di Angoulême premia
«La proprietà» di Rutu Modan
Il festival dei fumetti di Angoulême, il secondo più
importante al mondo dopo quello di Tokyo, ha emesso i
suoi verdetti: il premio per il miglior album è andato a
Come prima di Alfred e quello del pubblico a Mauvais
genre di Chloé Cruchaudet, autrice edita in Italia da
Coconino Press; il Gran premio della giuria della
rassegna francese è andato invece a La proprietà di
Rutu Modan, pubblicato in Italia da Rizzoli Lizard.
Israeliana, già pluripremiata (anche con il prestigioso
«Andersen»), Rutu Modan affronta in La proprietà il
tema della memoria della Shoah in coloro che, per
ragioni anagrafiche, non l’hanno sperimentata
direttamente. La graphic novel racconta infatti il viaggio
a Varsavia di una nonna e della nipote, sulle tracce di un
passato atroce che la capitale polacca ancora restituisce.
E la ricerca della «proprietà» immobiliare del titolo apre
la strada a imprevedibili sviluppi narrativi. (d.frn.)
U
na quarantina
d’anni fa, diventava indispensabile recarsi
almeno quattro volte ad
Amburgo. Infatti, per un
ciclo sulla pittura nordica intorno al 1800, alla
Kunsthalle, dopo un inizio sulla poesia ossianica risolta con olio su tela da Cotman,
Gérard, Girodet, Ingres e Runge, su ispirazione di Goethe, Diderot, Chateaubriand,
ecco le nevi e i ghiacci e gli alberi secchi e le
rovine gotiche di Caspar David Friedrich,
con albe livide e barche in pericolo e vascelli alla fonda. Quindi, il Füssli più shakespeariano ed eroico fra streghe e pugnali e fantasmi e risvegli da incubo. «Hamlet + Macbeth». Poi William Blake, poeta e pittore visionario, con fitte strutture sull’Antico e
Nuovo Testamento; nonché ovviamente
sulla mitologia pagana e certi personaggi
storici come Newton e Nelson. Infine, scarti
rispetto alla norma e horror sotto o dietro il
classicismo, da parte di Sergel, scultore svedese di Corte, con ambiguità e devianze e
mostri caricaturali ma popolari e anticlericali, con l’ossessione dell’assassinio di Gustavo III, illuminato acquirente dei depositi
romani di Piranesi figlio. Ed elaborati fraseggi dunque di Sergel, commentati anche
da Giuliano Briganti nei Pittori dell’immaginario.
***
Stavolta, la Kunsthalle si limita a presentare una collezione danese di pittura molto
settentrionale in confronto con le proprietà
locali fra Eckersberg e Munch. Spiagge, tramonti, cipressi, riflessi, chaises longues in
giardino, fiori primaverili, vecchiette, lettucci di malaticce, colonie di artisti, artigianato, scuole serali, fedeli in chiesa, famigliuole natalizie, ritratti e autoritratti di pittori e pittrici, con spettinature varie, ritorni
di pescatori, preparazione di formaggi…
***
Molto più succulenta, «Rausch und Extase», cioè «sbornie ed estasi», ovvero Dioniso al Bucerius Forum, anche per classi scolastiche in ora di lunch, accanto al Rathaus.
Quanti baccanali, con satiri e menadi e baccanti e pantere, e che trionfi della grassezza, fra Mantegna e Picasso, Alma Tadema e
Lovis Corinth e von Stuck. Trionfali bevute
soprattutto ferraresi, parrebbe. Con Arian-
UNA DELLE VERSIONI DI «LA MALINCONIA» CHE EDVARD MUNCH DIPINSE NEL 1892
di LUCA MASTRANTONIO
ne sempre meno abbandonate. E superbi
successi del sempre più panzone Pan.
Importanti pinguedini, prossimamente
anche a Dresda, in una natura poussiniana
e tizianesca tra infanti appollaiati e fette di
frutta provenienti dai Musei Vaticani e dal
Poldi Pezzoli, da Washington, Wuppertal,
Vienna, Londra, Madrid, Braunschweig…
Greci e Romani classicismi, in compagnia
molto bacchica coi bronzetti del Riccio padovano, Guido Reni e Bartholomeus Spränger, Romney e Gérôme, nonché madame
come la Kauffmann, la Cassatt, la Vigée-Lebrun.
***
Vaste e abbondanti offerte di innovazione, a teatro. Pipistrelli, Schiaccianoci, Flauti
Magici sintetizzati e abbreviati e modernizzati a Bregenz o Dresda o Verona, col coniglione Harvey e Ibsen e Moby Dick e una
notte di karaoke o Fuck your Ego da Camus,
o Arsenico e vecchi merletti per qualche
Paesaggi
La Kunsthalle si limita a
presentare una collezione danese
di pittura: spiagge, tramonti,
cipressi e chaises longues
sconsolata distesa di vecchietti dimessi, in
golfini dalla nascita in poi…
In questa Staatsoper ricostruita nel dopoguerra povero simile al cortile di un condomino economico (manca la biancheria
stesa, come nel Sud non anseatico), l’orchestra pare mediocre, e una bambinaccia
compie i suoi dodici anni festeggiata in salotto con bambola e teatrino. Servi grulli,
birichinate, culetti, scuola di balletto in un
Nulla luminoso, tra profili di scale e albero
natalizio.
Fantasie! Schiaccianoci! Drosselmeier!
Ambiguo ma fondamentale buono insegnante, fra costumi pomposetti, e giovinetti bruttini. Come ci vorrebbe Bolle.
Qualche inanità nelle didascalie. Divertissement in gusto Settecento con fondali
galeotti e costumi sfrangiati, pazienza. Invece delle fiabe fantasiose, tipo Fata Confetto, esibizioni scolastiche di un complesso
non extra, pieno di grazia, con pittoreschi
egizi eccellenti. Si levano le quinte, ecco un
libro-teatro con fondalino verde. Poche le
movenze. Duetti finalmente stupendi. Ma è
stato tutto un sogno, come ormai tante volte. E la piccina, passato il compleanno, viene portata a letto. Coreografie di John Neumeier.
***
Insomma, sommando tutto quanto, si
stava certamente meglio qualche decennio
fa.
C’era un importante e ridanciano editore
che raccontava di aver conosciuto spesso le
nonne e le mamme e le figlie nel quartiere a
luci rosse di St. Pauli, dove gli allegri marinai sbarcavano direttamente e ancora traballando presso le ragazze in vetrina. Ma in
tarda età aveva trovato una Lady inglese un
po’ ragnatelosa ma sorella d’una diva bellissima della Dolce Vita.
C’era un suo direttore per cui una ricca
dama organizzò una venuta di cibi che cuocevano in apposite macchine, da Düsseldorf ad Amburgo. E un potente editore di
magazines che amava le anatrelle di plastica nella vasca da bagno. Flotte. E un direttore di un simil-Playboy che doveva separarsi
da una moglie non più subordinata a Sylt
ma terrorista acclamata e deceduta misteriosamente in prigione. E una baronessa
baltica in estrema fuga a cavallo davanti all’avanzata sovietica ma subito fondatrice di
Die Zeit non appena giunta ad Amburgo. E
un grande fotografo, con villa a Bellevue sul
maggiore dei due laghi, e accesso diretto,
erede di un fotografo ancora più notevole,
specializzato nella bellezza greca degli anni
Venti.
Ci saranno ancora, personaggi simili?
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Trieste Al Revoltella, un omaggio alla firma del «Corriere»
Il personaggio Uno studio sul Nobel italiano 1907
Guarino, ritratti d’artista
come geniale ottantenne
Moneta, tutto per la pace
ma in nome della patria
di STEFANIA ULIVI
C
hi è Ugo Guarino? Non si poteva
trovare titolo più adatto per un
omaggio a un artista unico e indefinibile come il quasi ottantasettenne
che i lettori del «Corriere» hanno imparato a conoscere grazie alle sue folgoranti illustrazioni nella pagina delle lettere. Pittore, grafico, vignettista, scultore. E, poi, giornalista, testimone, attivista, a volte anche un po’ poeta. Attivo
nella sua Trieste, a Milano, a Parigi, a
New York.
L’incontro si terrà oggi
pomeriggio al Museo Revoltella di Trieste. In tanti
proveranno a rispondere.
Gli amici psichiatri Franco
Rotelli e Peppe Dell’Acqua, i
compagni di strada di Franco Basaglia, che con Guarino si inventarono i Collettivi d’arte Arcobaleno. Michele Zanetti, presidente della provincia
di Trieste negli anni caldi di quella rivoluzione. Guido Botteri che ha ricostruito
la sua traiettoria artistica a cominciare
dalle illustrazioni per la «Cittadella», il
settimanale satirico del «Piccolo». Silvia Magistrali e Francesca Tramma della
Fondazione Corriere della Sera che da
anni pazientemente mettono ordine
nell’immensa produzione di Ugo che
comprende anche tavole per «La Domenica del Corriere» e il «Corriere dei Piccoli». Una risposta arriverà anche dalle
fotografie di Claudio Erné realizzate all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di
San Giovanni. Quelle pareti si riempiro-
no dei murales dipinti da Guarino man
a mano che si scioglievano le camice di
forza, a partire dal celebre La libertà è
terapeutica che stava sulla facciata della
direzione accanto all’entrata del civico
16 di via San Cilino. Non c’è più, cancellato come tutti gli altri da una mano di
vernice bianca nella ristrutturazione
della vecchia struttura manicomiale.
Lo aveva rilanciato anche Indro Montanelli, quando lo aveva come coinquilino nella sua Stanza, quell’interrogativo.
«Chi è Ugo Guarino?», gli chiedevano i
lettori. «Io non so se esiste», rispose
A sinistra Ugo Guarino, 87
anni, triestino, artista
eclettico e noto ai lettori
del «Corriere» anche per le
sue illustrazioni satiriche
sulle pagine delle Lettere
Montanelli accumunando la sua «pazzia» a quella di Saul Steinberg.
A rispondere ci aveva pensato in verità Guarino stesso: «La prima volta che
son rivà al reparto Q sulla porta iera un
mato che no me voleva far passar», raccontò anni fa. «“Chi te son e cosa te fa”.
“Son Ugo Guarino pitor”. “ Bon disegnime un caval”. “Mi ghe lo go fato in do
minuti e lui xe restà de merda”».
C’è da sperare che l’incontro di oggi
serva come antipasto della mostra monografica di cui si discute vanamente da
anni. Invisibile, più del suo protagonista.
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di ARTURO COLOMBO
A
veva 54 anni, Ernesto Teodoro Moneta, quando dava vita a Milano nel
1887 a quella «Unione lombarda per
la pace e l’arbitrato internazionale», che sta
alla base del suo pacifismo, per cui nel 1907
gli venne assegnato, unico italiano finora,
il Nobel per la pace. Adesso una studiosa
dell’ateneo napoletano, Francesca Canale
Cama, pubblica il saggio La pace dei liberi e
forti, con introduzione di Angelo Varni, che
illustra «la rete di pace di Moneta» (Bononia University Press, pp. 204, € 26), ripercorrendo i momenti-chiave
dell’itinerario biografico che
lo vide impegnato a tentare
una conciliazione tra spirito
patriottico risorgimentale e
prospettiva pacifista.
Non tutti lo capivano, né
condividevano questa battaglia: tant’è vero che fin dal
1881 Eugenio Torelli Viollier,
allora direttore del «Corriere», aveva
espresso un giudizio tutt’altro che positivo:
«Il Moneta vive in un ordine di idee fantastiche, mistiche, nuvolose e imbrogliate, in
cui è difficile al volgo dei comuni mortali
trasportarsi». Viceversa, la lotta per la pace,
considerata da Moneta «innanzitutto scelta morale», non aveva tardato a raccogliere
consensi anche fuori dall’Italia.
Erano soprattutto inglesi e francesi, che
vedevano in questo «missionario della pace», come si autodefiniva, un personaggio
capace (anche nel suo ruolo di direttore, fino al 1896, del quotidiano «Il Secolo») di
accrescere consensi e adesioni fra quanti
erano pronti a respingere il continuo au-
mento delle spese militari. Fra il 1904 e il
1910 Moneta pubblica 4 volumi a illustrare
Le guerre, le insurrezioni e la pace nel secolo XIX.
La Canale Cama segue bene l’attivismo
di Moneta (anche se spiace constatare la
mancanza di riferimenti bibliografici alle
ricerche di altri studiosi, da Riccardo Bauer
ad Alberto Castelli), specie quando mette
in luce che proprio «l’internazionalismo
della lotta per la pace non escludeva il concetto di patria, anzi lo compendiava». C’è
un momento, nella vita di Moneta, che
continua a suscitare giudizi critici: perché
Ernesto Teodoro
Moneta (a sinistra, 18331918) è stato giornalista e
patriota. Nobel per la pace,
ha diretto il giornale
«Il Secolo» dal 1869 al 1896
nel 1915 Moneta fu un sostenitore convinto
dell’entrata in guerra dell’Italia, non già —
precisava lui stesso — perché avesse abbandonato il pacifismo, ma perché la pace
— spiega la Canale Cama — «poteva solo
seguire e non precedere lo sforzo per l’indipendenza e la tutela della nazione» (portando così a compimento l’unità nazionale).
Insomma, anche l’esperienza della guerra mondiale acquistava agli occhi di Moneta il valore di lezione «dolorosa ma necessaria»: che gli assicura ancora oggi un posto di primo piano nella storia del pacifismo fra Ottocento e Novecento.
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34
Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
italia: 57525754585250
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RICETTE
La strada è tutta in salita per il
prossimo presidente afghano. Lo
attendono decisioni difficili, forse impossibili: dovrà gestire la transizione del ritiro
del contingente Nato previsto entro la fine
del 2014, soprattutto sarà chiamato a scegliere se restare legato agli Stati Uniti o
cercare equilibri diversi. Intanto l’Afghanistan è destabilizzato, impaurito. L’offensiva militare talebana prosegue a suon di attentati e minacce. Il rischio del ritorno alla
guerra civile su basi etniche, tribali e religiose non è mai stato tanto alto dai tempi
del ritiro sovietico nei primi anni Novanta.
Al cuore dei problemi sta proprio l’attuale presidente Hamid Karzai, l’uomo
che nel 2001 venne scelto dall’amministrazione Bush quale motore primo della rinascita, ma che negli ultimi anni si è progressivamente rivelato un ostacolo, se non
addirittura un nemico insidioso dei piani
di stabilizzazione. Alle presidenziali previste per il 5 aprile non potrà candidarsi. La
costituzione prevede il limite dei due
mandati. Già alle elezioni del 2009 la sua
vittoria era stata minata dalle accuse di pesanti brogli. Il presidente americano Obama avrebbe voluto che si ritirasse allora.
Ma i rischi di gravi tensioni interne indus-
✒
sero poi a chiudere un occhio (o anche entrambi) e a malincuore ad accettare il fatto
compiuto. Ora undici candidati si presentano per la successione. Tra i favoriti sono
l’ex ministro degli Esteri Abdullah Abdullah, che cinque anni fa era il contendente
diretto, assieme all’ex ministro delle Finanze, il filo-occidentale Ashraf Ghani, e a
Qayum Karzai, fratello maggiore del presidente proprietario di ristoranti di lusso
negli Stati Uniti.
A loro Karzai lascia la patata bollente
dei rapporti con la Nato, e anche con gli
italiani che operano nella regione di Herat. Le rivelazioni pubblicate ieri dal New
York Times circa i suoi contatti segreti con
i talebani alle spalle degli alleati non promettono nulla di buono. È da novembre
che Karzai avrebbe dovuto firmare l’accordo per regolare le modalità operative di un
piccolo contingente militare Nato guidato
dagli Usa e destinato a restare in Afghanistan dopo il ritiro del grosso. Ora lascia intendere che dovrà invece farlo il suo successore. Il rischio è però che lui cerchi di
costruirsi una nuova legittimità presso i
talebani a spese del prossimo presidente.
Lorenzo Cremonesi
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LE PROTESTE DI LUFTHANSA SU ALITALIA
E LA CONCORRENZA A SENSO UNICO
L’alleanza tra Alitalia ed Etihad fa
veramente paura ai tedeschi. Si
spiega solo così la reazione della Lufthansa, che ha impropriamente parlato di
«aiuti di Stato» chiedendo alla Commissione europea di bloccare le possibili nozze tra i due vettori. Nella squadra guidata
da José Manuel Barroso nessuno parla ancora ufficialmente, ma a Bruxelles si spiega con chiarezza che l’Antitrust non ha titolo per intervenire quando i sussidi
arrivano da un Paese extracomunitario, come è il caso che riguarda la compagnia di Abu Dhabi. «La base legale per il controllo
della validità degli aiuti di
Stato si riferisce solo agli
aiuti dati da uno Stato
membro dell’Unione», ha
spiegato un funzionario della Commissione alle agenzie di stampa. «È una trattativa tra privati», ha tagliato corto il ministro
dei Trasporti Maurizio Lupi, replicando
alla compagnia tedesca che aveva parlato,
con qualche evidente esagerazione, della
necessità di intervenire contro «la parziale
nazionalizzazione» dei suoi concorrenti.
La realtà è, al di là di questo scontro,
che il possibile accordo apre una prospet-
✒
tiva nuova non solo per il futuro dell’Alitalia (mettendo fine ad un passato più che
tormentato) ma anche per gli stessi utenti.
Le due compagnie che stanno realizzando
il progetto sono infatti complementari e
possono distribuire con profitto la presenza dei passeggeri sulle loro reti.
Alitalia può servire da secondo vettore
per chi arriva da Oriente ed è diretto in
Nord e Sud America o in
destinazioni europee servite da compagnie, come
per esempio Air Berlin,
che sono già state acquisite
da Etihad. Ne trarrebbero
beneficio anche gli aeroporti italiani. Sicuramente
Fiumicino, con qualche interrogativo aperto sulla tenuta di Malpensa. Tutto
questo può far bene al trasporto aereo, qualsiasi cosa dica la Lufthansa, che aveva molto da guadagnare in
una scomparsa della presenza italiana.
L’impressione è che da parte dei tedeschi
si invochino le leggi della concorrenza un
po’ à la carte, come direbbero i francesi.
Solo quando sono in gioco i loro interessi.
L’Italia, sedicente paradiso della
creatività, è il luogo d’Europa in
cui il lavoro creativo — informazione,
letteratura o musica che sia — è più difficile da difendere. Un’ulteriore conferma
la si è avuta ieri, quando si è diffusa la notizia, poi rivelatasi infondata, che sarebbe arrivata una «nuova tassa» sui supporti digitali. È poi intervenuto, finalmente, il ministro dei Beni culturali Massimo Bray per spiegare che non c’è
alcuna tassa in arrivo sui telefonini.
La norma di cui si sta parlando è contenuta in un decreto imminente che prevede la revisione del cosiddetto «equo
compenso», cioè il contributo versato alla Siae da produttori e importatori di dispositivi elettronici (pc, chiavette Usb, tablet, smartphone) come indennizzo per
la copia privata di brani musicali e film, a
favore dei titolari dei diritti. Non di tassa
si tratta, insomma, ma di un adeguamento di «compensi per le riproduzioni
personali a scopo privato» (questa la definizione tecnica), finalizzato a sostenere
la produzione culturale del Paese e i lavoratori del settore: revisione che, secondo
la legge, deve avvenire ogni tre anni.
di ALBERTO BRAMBILLA
C
aro direttore, nelle ultime settimane alcuni autorevoli membri del
Governo hanno affermato che
siamo giunti «all’inversione del
ciclo economico» e che per i prossimi anni ci sarà crescita e sviluppo. A situazione data (livello di fiscalità e burocrazia) e senza un progetto di riduzione della
spesa, queste affermazioni mi sembrano
prive di fondamento e tipiche di chi non ha
mai gestito in proprio alcuna attività commerciale, di servizi o produttiva; ha solo
avuto una busta paga ogni mese! Siccome
la matematica non è un’opinione vorrei
condividere con i lettori quanto segue in
modo semplice e comprensivo. Da noi l’incidenza fiscale (imposte dirette, indirette,
bolli, dichiarazioni contributive e fiscali e
Imu o come si chiamerà) sulle aziende è
prossima al 60% e ciò determina l’impossibilità sia di sviluppo, investimenti, ricerca e
occupazione. Vediamo alcuni casi.
1) Partiamo dal caso più favorevole, cioè
un’azienda che fa utili, non ha eccessive
esposizioni debitorie e tutti i suoi clienti
pagano regolarmente; non è frequente ma
ce ne sono. Il 60% circa degli utili se lo
prende l’azionista di maggioranza (lo Stato)
che non rischia nulla e in cambio non
favorisce l’attività, ma cambia le regole
fiscali, del mercato del lavoro creando così
incertezza che non aiuta a concentrarsi
sull’attività. Questa azienda con il restante
40% cercherà di fare accantonamenti pro
futuro incerto e investirà il minimo
possibile in risorse umane e tecnologia.
2) È lo stesso caso 1) ma con la differenza
che due importanti clienti non pagano
perché falliti o altro; lo Stato incassa il suo
60% in quanto al fisco non interessa se
dopo la fatturazione c’è stato il pagamento;
anzi entro il 15 del mese si deve pagare l’Iva
anche se non incassata e magari pagare
l’acconto per l’anno successivo sulla base
del precedente. Per inciso in lingua italiana
acconto è un po’ meno del totale 100% ma il
nostro Governo è riuscito a inventare un
acconto oltre il 100%. Nel caso due il
mancato pagamento crea più variabili: a) si
mangia buona parte del 40% di «ex utile» e
quindi come minimo l’azienda non farà
investimenti ne assunzioni; b) si mangia
tutto l’utile e in questo caso siamo sull’orlo
del fallimento perché la banca (che
conosce e controlla gli incassi) chiederà un
rientro degli affidamenti; c) si mangia più
del 40% di utile per cui o l’imprenditore ci
mette soldi suoi o visto il comportamento
delle banche, l’azienda fallisce.
3) Penultimo caso: l’azienda non fa utili e
chiude il bilancio in pareggio ma poiché ha
dipendenti e possiede l’immobile in cui
opera lo Stato gli chiede sia l’Irap sia l’Imu;
con quattro dipendenti (neanche tanti) e
con 600 metri quadri di immobile potrebbe
dover pagare non meno di 30 mila euro;
con che soldi? Anche in questo caso o
l’imprenditore li ha messi da parte per la
sua vecchiaia oppure addio azienda.
4) L’azienda è in perdita; per quanto
abbiamo detto finora è fallita! Come si fa in
queste condizioni a vedere la luce in fondo
al tunnel? E infatti l’Istat e Bankitalia ci
dicono che nel 2014 la disoccupazione
aumenterà con conseguenze disastrose nei
bilanci dell’Inps e dello Stato e anche il
debito pubblico continuerà la sua folle
corsa; altro che incremento dei consumi!
Cosa fare allora? La dico in sintesi con i
rischi del caso: 1) anzitutto tagliando la
spesa per la macchina pubblica (che nel
2011 è stata pari a 800 miliardi circa di cui
oltre il 40% per la Pubblica
amministrazione e il 49% per welfare)
accorpando per decreto tutti i Comuni che
stanno sotto i 2 mila abitanti. Passeremmo
da 8.101 a poco più di 4.000 e le partecipate
municipali da 20 mila a meno della metà
con accorpamenti vitali nei settori trasporti
(la vera bomba dei prossimi anni) e servizi
(acqua, nettezza urbana, energia ecc); per
inciso i primi 1.000 Comuni hanno meno di
300 abitanti in media, i secondi mille meno
di 700 e i terzi mille meno di 1.300.
Accorpare le Regioni sotto i 2 milioni di
abitanti con le rispettive citta capoluogo; il
Molise fa 300 mila abitanti (meno di un
quartiere di Roma) ma ha tutte le strutture
pubbliche regionali, capoluogo, provinciali
e un sacco di comuni micro; Valle D’Aosta
con 124 mila abitanti ma anche Basilicata,
Umbria ecc. Via le Province elettive e dò per
scontato la riduzione della politica centrale
con una camera, metà deputati e senato
non elettivo. 2) Semplificare il mercato del
lavoro (oggi sono 1.500 pagine di leggi e
norme) che non consentono occupazione.
3) Migliorare l’uso del welfare integrativo
per aumentare le buste paga. 4) Introdurre
il contrasto di interessi per evitare che oltre
7 milioni di italiani lavorino in nero
facendo concorrenza sleale. 5) Consentire
ammortamenti annuali per spese e
investimenti (oggi chi investe paga subito e
scarica dalle tasse i costi in 10 anni). Con
quello che abbiamo detto dove si prendono
i soldi? Tra tagli alla macchina,
razionalizzazioni sul welfare e contrasto di
interessi si possono risparmiare oltre 40
miliardi l’anno; un bel sollievo per
lavoratori e aziende.
Coordinatore Giornata nazionale
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per garantire una vera ripresa
BEPPE GIACOBBE
AFGHANISTAN VERSO LE PRESIDENZIALI
KARZAI LASCIA UNA PESANTE EREDITÀ
L’argomento ha così riacceso le divisioni, in seno a Confindustria, fra i produttori di hi-tech e i creatori di contenuti. Da un lato Confindustria Digitale, dall’altra Confindustria Cultura Italia.
In realtà non è affatto in discussione,
come qualcuno lascia intendere, l’innovazione tecnologica o l’uso digitale della
musica e degli altri contenuti, da cui al
contrario gli autori e gli editori hanno
tutto l’interesse a trarre vantaggio, ma la
possibilità di allineare i compensi all’evoluzione dei dispositivi elettronici e
al diverso, anzi ai diversi modi, di ascoltare la musica, leggere i libri, guardare i
film. In altri Paesi come Germania e
Francia, che la creatività la difendono sul
serio, questo adeguamento ai tempi c’è
già stato da un pezzo ed è ben più consistente delle ipotesi italiane. Forse l’argomento meriterebbe più serenità e meno
demagogia, anche se rivestita in formato
digitale.
Edoardo Segantini
[email protected]
@SegantiniE
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I rischi delle nuove porte di Internet
di MASSIMO SIDERI
D
alla nascita della Rete il dominio
universale «.com» è stato una sorta
di parola franca senza confini linguistici. Un sinonimo stesso di Internet, prima, e di aziende nate sul
web, le famose «dotcom», alla fine degli anni
Novanta. Difficile immaginare un Paese dove il
«.com» possa avere bisogno di una qualche
Stele di Rosetta per essere decifrato o compreso. Ma le parole hanno una loro storia e il più
famoso tra i top-level domain, dominio di livello primario come vengono chiamati, non fa
eccezione. «Com» stava per «commercial» —
non come si pensa comunemente per «communication» — e fu introdotto nel 1985 sotto
la gestione del Dipartimento della Difesa Usa.
Il suo successivo passaggio sotto l’Icann (Internet Corporation for Assigned Names and
Numbers, l’ente che gestisce gli indirizzi Internet e che, nella sostanza, è un governo della
Rete) non ha lavato mai veramente via questo
«peccato originale».
In questo senso l’arrivo del primo top level
domain in alfabeto arabo la cui traslitterazione in caratteri latini è Shabaka, cioè Net, si
presenta come un importante passo in avanti
nel governo di Internet. Sia in termini culturali
che, se vogliamo, in termini geopolitici. E non
arriva ora a caso: dopo anni di monopolio
americano — questa è sempre stata la critica
mossa alla defilata ma potentissima associa-
zione — la decisione è stata presa da Fadi
Chehadé, presidente e amministratore delegato dell’Icann da circa un anno, un colto poliglotta cresciuto in quella Beirut «Parigi
d’Oriente» che ancora si sente in qualche racconto di chi ha avuto la fortuna di vederla. Una
dose di marketing probabilmente ha giocato
un ruolo nel cambio di governance. Ma sia come sia la «politica estera» di Chehadé, ricco
imprenditore con spiccate doti diplomatiche,
è chiara: evitare una sorta di «guerra fredda»
sul web con la formazione di due blocchi. È
stato chiamato all’Icann un non nato negli Stati Uniti per questo motivo, anche se il suo
compito non è stato favorito dallo scandalo
del programma «spione» della National Security Agency Usa, Prism.
Grazie a lui per la prima volta gli arabi potranno avere un sito che inizia e finisce in caratteri arabi. Shabaka, un antico termine egizio che ha 2.700 anni di storia, avrà dunque il
compito di diffondere il web. Nel mondo arabo è ancora un nome comune, usato sia per i
maschi sia per le femmine, e deriva da Shabaka Neferkare, «l’anima del Re è bellissima»,
un faraone del 700 avanti Cristo. La stessa cosa
accadrà subito dopo per gli ideogrammi cinesi
e il cirillico. In tutto saranno 117 i suffissi non
latini. È lecito però domandarsi se una così
importante parcellizzazione non possa andare
in senso contrario rispetto a quella che è sem-
pre stata la missione primaria e la forza di Internet: la condivisione, la connessione globale
di cui Facebook, che ieri ha compiuto 10 anni,
è diventato un campione diventando un infinito condominio poliglotta e multiculturale.
I «.com» o i «.net» con tutti i loro difetti
erano delle porte di facile accesso universale,
dei passepartout che univano e permettevano
un facile atterraggio. I 117 suffissi non latini rischiano — beninteso non volendo — di balcanizzare Internet o, nel migliore dei casi, di «leopardizzarlo». Dal principio dei vasi comunicanti, con tutte le differenze culturali, il nuovo
Internet rischia di scivolare in quello dei vasi
non comunicanti: una situazione potenzialmente sfruttabile da governi che, come insegna la storia anche contemporanea, non sempre sono così aperti e tolleranti nei confronti
della piazza globale. L’ombra dell’autoritarismo non nasce certamente ora ma potrebbe
trovare nella rielaborazione del web una coltura adatta a inoculare dei virus maligni della separazione e del controllo. Una scelta a priori di
democrazia potrebbe a posteriori trasformarsi
nel suo opposto. La molteplicità delle voci rimane beninteso il sale della democrazia. Ma
se Internet inizierà ad avere bisogno di una
Stele di Rosetta moderna varrà la pena chiedersi se è più o meno debole di prima.
@massimosideri
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
35
italia: 57525754585250
Lettere al Corriere
LE MOLTE VERITÀ GIUDIZIARIE
DEI TROPPI PROCESSI ITALIANI
Risponde
Sergio Romano
Senza entrare nel merito del
caso, ho sempre ritenuto che
il fine del processo penale sia
quello di condannare gli
imputati quando l’eventuale
colpevolezza venga provata al
di là di ogni ragionevole
dubbio. In presenza di
ragionevoli dubbi, in
ossequio al principio di
civiltà «in dubio pro reo», gli
imputati dovrebbero essere
prosciolti. Ora, nel caso
Knox-Sollecito, era stata già
emessa una sentenza di
proscioglimento con formula
piena e non è emersa alcuna
nuova prova o testimonianza.
La sussistenza di legittimi
dubbi non è quindi già
provata «ipso facto»?
Fabrizio Averardi Ripari
Roma
A proposito del processo per
l’omicidio di Meredith
Kersher, con condanna,
prima, seguita da
CONTRO L’OSTRUZIONISMO
Uso della «tagliola»
Questa estate i media italiani
esaltarono «l’impresa» della
senatrice Wendy Davis, che
aveva parlato per 13 ore
consecutive per bloccare una
legge contro l’aborto. Ora
molti lodano il fatto che la
presidente della Camera ha
applicato la «tagliola» per
consentire la conversione in
legge di un decreto altrimenti
in scadenza. L’intento della
tagliola — che i pesi e
contrappesi statunitensi
difficilmente avrebbero
ammesso — è, in astratto,
condivisibile per mettere un
freno all’ostruzionismo più
cocciuto. Nel merito, però, lo è
assai meno, visto che
l’ostruzionismo era il solo
modo con cui l’opposizione
avrebbe potuto impedire il
varo di un decreto che accorpa
all’abolizione della seconda
rata dell’Imu, una riforma di
Bankitalia opinabile e non
Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a:
«Lettere al Corriere» Corriere della Sera
via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79
assoluzione e decisione della
Cassazione, per un nuovo
procedimento, nei confronti
di Amanda Knox e Raffaele
Sollecito, con condanna a
Firenze, in attesa di un altro
grado di giudizio, colpisce
ancora una volta, la
macchinosità del nostro
sistema giudiziario.
Evidentemente la prima
sentenza Bebawi del 1966 con
assoluzione e la succesiva
condanna del 1968 ancora
fanno testo: non sono bastati
46 anni per progredire.
Lamberto Gori
lambgori@
gmail.com
Cari lettori,
el diritto penale americano esiste un principio che è stato spunto
di innumerevoli trame per
film e romanzi. È quello diretto a evitare il «doppio rischio» (double jeopardy), fre-
N
urgente. Nella prospettiva di
un maggioritario spinto e di
un sempre più diffuso abuso
della decretazione anche
senza urgenza, potrebbe
trattarsi di un pericoloso
precedente, soprattutto in
relazione alle alternative
forme di dissenso che, chi sta
all’opposizione, si sentirebbe
legittimato adottare.
CORRUZIONE
Il rapporto europeo
Marco Lombardi
[email protected]
Sarò disposto a considerarlo
un pericoloso precedente
quando i tempi del Parlamento
italiano saranno più simili a
quelli dei maggiori parlamenti
europei.
La tua opinione su
sonar.corriere.it
Secondo voi la libertà
della Rete ha reso
Internet anche uno
strumento di facili
eccessi?
quentemente evocato ogniqualvolta una persona corre il
rischio di essere processata
due volte per lo stesso reato.
Se questo principio esistesse
anche nel diritto penale italiano, gli appelli sarebbero possibili soltanto in presenza di
nuove prove, rinvenute dopo
la celebrazione del primo processo; e verosimilmente i due
imputati di Firenze (Amanda
Knox e Raffaele Sollecito) starebbero ancora scontando la
pena della sentenza pronunciata nel 2009. Per la verità vi
è stata in Italia, nel 2006, una
legge che introduceva nel linguaggio giuridico italiano
un’altra massima delle giurisprudenza anglosassone («al
di là ogni ragionevole dub-
Si sa da anni che un appalto
su due è truccato e che il costo
della corruzione comporta un
maggior onere di 60 milardi
l’anno per le casse dello Stato.
Ora anche il rapporto della
Commissione europea sulla
corruzione conferma tale dato
che rappresenterebbe il 50%
del costo della corruzione nei
28 Paesi della Ue. Si calcola
bio») e stabiliva l’inappellabilità delle assoluzioni. Se la
parte relativa all’inappellabilità non fosse parsa tagliata
sulle esigenze di Silvio Berlusconi e non fosse stata eliminata dalla Corte costituzionale nel 2007, i due imputati di
Firenze non sarebbe stati processati per la terza volta e si
godrebbero indisturbati la libertà conquistata nell’ottobre
del 2011.
Nel mondo del diritto,
quindi, non esiste la Verità
con la maiuscola. Esiste una
più modesta verità giudiziaria
rappresentata dall’atto finale
di un percorso che in Italia è
particolarmente lungo e che
ha prodotto, nel tempo, una
impressionante sequenza di
sentenze contraddittorie.
Qualcuno potrebbe sostenere
che il percorso è garantista,
ma altri potrebbero osservare
che tante sentenze di segno
opposto su una stessa vicenda
creano, come osserva giustamente Averardi Ripari, il sentimento dell’esistenza di un
«ragionevole dubbio». È forse
irragionevole avere qualche
dubbio se magistrati di pari
grado e di analoga esperienza
professionale giungono a
conclusioni così diverse?
Aggiungo che questo sentimento è rafforzato dai pubblici interventi di molti magistrati. Penso in questo caso
all’intervista concessa a La
Stampa del 1° febbraio dal
presidente della Corte d’assise
d’appello di Firenze che ha
condannato Knox e Sollecito.
Il giudice non ha fatto rivelazioni e non ha detto a mio
giudizio nulla di compromettente, ma ha inevitabilmente
collegato il processo alla sua
persona e ha involontariamente incoraggiato il dubbio
che le sentenze possano cambiare da un giudice all’altro.
che le bustarelle facciano
impennare mediamente del
40% il costo delle grandi opere.
Di fronte a tale degenerazione,
che aspetta la magistratura a
intervenire, visto che la
politica ha finora dimostrato
disinteresse al problema?
studenti seguono i corsi di
lingua italiana. Vedere
rompersi il legame con l’italia,
Paese che tanto amiamo, sarà
per loro fonte di grande
tristezza.
Monica Alessandri
[email protected]
Chiuso nel 2014
Emma Bonino ha deciso la
chiusura dei centri culturali in
Francia. Dopo Grenoble e
Strasburgo, nel 2014 toccherà
a Lione, dove attualmente 600
La domanda
di oggi
Sì
Una scuola elementare
inglese ha deciso di
multare i genitori che
portano i figli in ritardo.
Siete d’accordo?
No
François Chauviré, Denise
Mollard, francois.chauvire@
numericable.com
CONSIDERAZIONI
CENTRO CULTURALE DI LIONE
SUL WEB Risposte alle 19 di ieri
83
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17
Ergastolano in fuga
La rocambolesca fuga di un
ergastolano avvenuta ieri mi
induce a queste
considerazioni. Quando una
persona è condannata in via
definitiva a una pena così
grave, perché l’eventuale
coinvolgimento in altri
processi non viene gestito, a
livello organizzativo,
attraverso una video
conferenza? Se l’ergastolano
verrà ripreso, lo faremo di
nuovo uscire sotto scorta per
processarlo per tentata
evasione ?
Paolo Novaresio, Torino
Interventi & Repliche
Italicum: rischi di incostituzionalità
Diciamo la verità. L’ipotesi di legge
elettorale scaturita dall’intesa tra Renzi e
Berlusconi è pessima e non serve a
nobilitarla il fatto che, finora e
colpevolmente, le forze politiche hanno
fatto melina. Su una materia così
delicata Renzi avrebbe fatto meglio ad
applicarsi a un più approfondito studio
della materia proprio per evitare che
l’accordo frettolosamente raggiunto sia
esposto alle insidie e alle trappole
dell’iter parlamentare. Così non è stato e
adesso ci troviamo un «Italicum» che
non corrisponde affatto, su due aspetti
decisivi, a quanto statuito dalla Corte
costituzionale con la Sentenza n.1/2014.
Il primo aspetto riguarda il corretto
esercizio della sovranità popolare che
presuppone la possibilità di poter
scegliere, direttamente e non
indirettamente, i propri rappresentati in
Parlamento. Le liste bloccate corte non
superano il parametro di costituzionalità
in quanto, come rilevato dalla Corte a
proposito del Porcellum con parole che
valgono anche per l’Italicum «Dette
norme, non consentendo all’elettore di
esprimere alcuna preferenza per i
candidati, ma solo di scegliere una lista
di partito (…) renderebbero, infatti, il
voto sostanzialmente «indiretto» (…)
sottraendo all’elettore la facoltà di
scegliere l’eletto». Né è dato inferire dalla
argomentazioni meramente esplicative
della Corte sul punto alcun avallo a tale
soluzione come si è cercato di far
credere. Dice, infatti, la Corte: «Simili
condizioni di voto [..] rendono la
disciplina in esame non comparabile né
con altri sistemi caratterizzati da liste
bloccate solo per una parte dei seggi, né
con altri caratterizzati da circoscrizioni
elettorali di dimensioni territorialmente
ridotte, nelle quali il numero dei
candidati da eleggere sia talmente
esiguo da garantire l’effettiva
conoscibilità degli stessi e con essa
l’effettività della scelta e la libertà del
voto (al pari di quanto accade nel caso
dei collegi uninominali)». Pertanto la
Corte si è limitata a evidenziare
un’astratta compatibilità con il principio
di personalità e libertà di voto da un lato
di quei sistemi elettorali che prevedono
liste bloccate per eleggere solo una parte
dei seggi ma non tutti come accadrebbe
invece con l’Italicum; dall’altro dei collegi
uninominali i quali, per definizione,
consentono la piena conoscibilità dei
candidati. Parimenti come non
conforme ai parametri di proporzionalità
e ragionevolezza è la «nuova» soglia
minima del 37% (anziché 35%) dei voti
per far scattare il «nuovo» premio di
maggioranza del 15% (anziché del
FONDATO NEL 1876
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
CONDIRETTORE
Luciano Fontana
VICEDIRETTORI
Antonio Macaluso
Daniele Manca
Giangiacomo Schiavi
Barbara Stefanelli
PRESIDENTE Angelo Provasoli
VICE PRESIDENTE Roland Berger
AMMINISTRATORE DELEGATO Pietro Scott Jovane
CONSIGLIERI
Fulvio Conti, Luca Garavoglia,
Attilio Guarneri, Piergaetano Marchetti,
Laura Mengoni, Carlo Pesenti
DIRETTORE GENERALE DIVISIONE QUOTIDIANI
Alessandro Bompieri
Tuttifrutti
di Gian Antonio Stella
Convinti di lasciare
l’impronta nella storia
L’
ex pornostar e pensionata parlamentare Ilona Staller,
sulla «Navicella», si pregiava di aver dato battaglia al
nucleare girando «nuda in macchina per Roma con
un carciofo radioattivo in mano» e di aver girato «Carne bollente al fianco del superdotato John Holmes».
Anche Alessandro «Er più» Di Battista, giovane e «gajardo» deputato del Movimento 5 Stelle, è convinto di essere a modo suo
superdotato. E a Daria Bignardi che gli chiedeva se si sarebbe visto
in una sfida con Matteo Renzi per la presidenza del Consiglio, ha
risposto: «Beh, non sono così banale com’è lui. Però credo che con
il gruppo parlamentare, insieme ai miei colleghi, io sarei all’altezza. Tranquillamente». Della serie: «E che ce vo’ a guida’ ‘n governo? So’ bboni tutti...». Per carità, niente di nuovo. Compresi gli assalti alla giornalista, rea di avere fatto domande scomode. Fa un
certo effetto, però, che il virus della «ganassite» che già ha fatto
danni devastanti a questo Paese dove scadenti avvocaticchi da «un
giorno in Pretura» e praticoni delle più varie umanità si sono per
decenni ritenuti all’altezza di qualunque compito, abbia contagiato così in fretta l’aspirante «nuova classe dirigente» grillina.
Certo, come ghignava Giulio Andreotti, in un mondo di nani c’è
la tentazione di sentirsi dei giganti. E di nani, in Parlamento, ce ne
sono sempre stati tanti. Ma il bullismo di quel «tranquillamente»
lascia stupefatti. «Lei se la sentirebbe di fare un trapianto cardiaco?». «Potrebbe progettare un radiotelescopio per onde cosmiche?». «Pensa che sarebbe in grado di scrivere Guerra e pace?». A
ciascuna di queste domande perAlessandro
fino Di Battista risponderebbe:
Di Battista pronto
«Non credo». Tirar fuori dai guai
l’Italia, risanarla, ricostruire una
a guidare il Paese
cultura, un’economia, un’etica cosembra la lumaca
mune all’altezza dei Paesi civili gli
pare più facile?
di Trilussa
Ogni persona con la testa sul
collo, davanti all’ipotesi di prendersi responsabilità così pesanti, dovrebbe dire: «Non so se sarei
all’altezza». Quelle sarebbero parole serie. Ma sono rare. Le ha
dette Emma Bonino dopo avere fatto in modo eccellente il commissario europeo: «In vita mia non mi sono mai sentita né pronta
né in grado di fare niente». Gerardo Bianco: «Non gonfiamola
troppo, questa storia del “latinista”. Davanti ai grandi latinisti io
sono solo un topolino». Norberto Bobbio, quando lo esaltavano
come un grande filosofo: «Esageruma nen». Umberto Veronesi,
deluso dal senso di impotenza provato alla Sanità: «Parliamoci
chiaro, come ministro non ho fatto granché...». Per contro, nella
scia della «ganassite» stratosferica di Silvio Berlusconi («Non c’è
nessuno sulla scena mondiale che può pretendere di confrontarsi
con me») abbiamo visto di tutto. Due esempi? Vincenza Bono Parrino, leggendaria ministra dei Beni culturali, si vantava d’«avere
scritto articoli su Flora Tristan, Proudhon, Lassalle, Turati, Kuliscioff, Luxemburg». Massimo D’Alema d’avere un problema solo:
«L’enorme abbondanza di persone di altissima qualità». Si è visto.
Meglio rileggere Trilussa: «La lumachella de la vana gloria /
ch’era strisciata sopra un obbelisco / guardò la bava e disse “Già
capisco / che lascerò ‘n’impronta ne la storia». Tranquillamente...
❜❜
18%) proprio perché esso trasforma
una maggioranza molto relativa in una
maggioranza assoluta dei seggi con
conseguente «grave alterazione della
rappresentanza democratica e una
eccessiva divaricazione tra la
composizione dell’organo della
rappresentanza politica (..) e la volontà
dei cittadini espressa attraverso il voto»
per dirla ancora con la Consulta. Di qui la
necessità di una soglia molto più elevata
proprio per ridurre tale divaricazione e
che dovrebbe oscillare quantomeno tra
il 45 ed il 48% in modo da dare il «giusto
peso» al premio di maggioranza. È
auspicabile che il Parlamento apporti gli
indispensabili correttivi se si vuole
evitare di esporre la nuova legge
elettorale ai patenti rischi di
incostituzionalità da cui è, allo stato,
palesemente affetta.
Vincino
Andrea Pinto, [email protected]
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2,00; Monaco P. e 2,00; Olanda e 2,00; Portogallo/Isole e 2,00; SK Slov. e 2,20; Slovenia e 2,00; Spagna/Isole e 2,00; Hong Kong HK$ 45; Thailandia THB 190; UK
Como e 1,20 + e 0,20; ven. Corsera + Sette + Cor. Como e 1,20 + e 0,50 + e 0,20; sab.
Corsera + IoDonna + Cor. Como e 1,20 + e 0,50 + e 0,20. In Campania, Puglia, Matera e
prov., non acquistabili separati: lun. Corsera + CorrierEconomia del CorMez. e 0,93 + e
0,47; m/m/g/d Corsera + CorMez. e 0,93 + e 0,47; ven. Corsera + Sette + CorMez. e 0,93
+ e 0,50 + e 0,47; sab. Corsera + IoDonna + CorMez. e 0,93 + e 0,50 + e 0,47. In Veneto,
non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorVen. e 0,93 + e 0,47; ven. Corsera +
Sette + CorVen. e 0,93 + e 0,50 + e 0,47; sab. Corsera + IoDonna + CorVen. e 0,93 + e 0,50
+ e 0,47. In Trentino Alto Adige, non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorTrent. o CorAltoAd. e 0,93 + e 0,47; ven. Corsera + Sette + CorTrent. o CorAltoAd. e 0,93 +
e 0,50 + e 0,47; sab. Corsera + IoDonna + CorTrent. o CorAltoAd. e 0,93 + e 0,50 + e 0,47.
A Bologna e prov. non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorBo e 0,62 + e 0,78;
ven. Corsera + Sette + CorBo e 0,62 + e 0,50 + e 0,78; sab. Corsera + Io Donna + CorBo e
0,62 + e 0,50 + e 0,78. A Firenze e prov. non acquistabili separati: l/m/m/g/d Corsera +
CorFi e 0,62 + e 0,78; ven. Corsera + Sette + CorFi e 0,62 + e 0,50 + e 0,78; sab. Corsera +
Io Donna + CorFi e 0,62 + e 0,50 + e 0,78.
ISSN 1120-4982 - Certificato ADS n. 7682 del 18-12-2013
La tiratura di martedì 4 febbraio è stata di 493.613 copie
Lg. 1,80; Ungheria Huf. 650; U.S.A. USD 5,00. ABBONAMENTI: Per informazioni sugli abbonamenti nazionali e per l'estero tel. 0039-02-63.79.85.20 fax
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promozioni).
* Con "Sette" e 2,90; con "Io Donna" e 2,90; con "Style Magazine" e 3,40; con "Living" e 4,90; con "I campioni ricordano" e 9,30; con "Supereroi. Il Mito" e 11,39; con "Braccialetti Rossi" e 14,30; con "Giorgio Scerbanenco e il giallo italiano" e 8,30; con "Le grandi storie Disney" e 9,39; con "Barenboim il mio Beethoven" e 8,39; con "Il Cosmo" e 12,30; con "I dolci di Benedetta" e 9,39;
con "Classici dell’Avventura" e 8,30; con "Francesco Guccini. Storie di libertà" e 11,30; con "Manara, maestro dell’Eros" e 12,39; con "Holly e Benji" e 11,39; con "Il commissario Montalbano" e 11,39; con "Luigi Pirandello. Romanzi, novelle e teatro" e 9,30; con "English da Zero" e 12,39; con "Grandi Italiani" e 13,30; con "Biblioteca della Montagna" e 10,30; con "Il Mondo" e 4,40
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Spettacoli
Rivelazioni sull’attore morto
«Seymour Hoffman cacciato dalla compagna»
tunnel della droga e proprio per
questo era stato cacciato di casa
dalla compagna e madre dei suoi
tre figli, Mimi O’Donnell.
Nuove rivelazioni su Philip
Seymour Hoffman, morto
domenica per un’overdose. L’anno
scorso l’attore era ricaduto nel
❜❜
350 brani
Ho la sensazione di
aver fatto tanto.
Forse troppo...
Insomma ho scritto
350 brani. Per ogni
concerto
devo scegliere
L’intervista Nuovo tour del
cantautore che salirà sul palco
dell’Ariston con Fazio dopo
l’occasione mancata del ‘98
E
dire che aveva pensato di smettere. In pochi mesi Claudio Baglioni ha pubblicato «ConVoi»,
primo album di inediti a dieci
anni dall’ultimo, fatto una serie di
show solo voce e pianoforte, il 27 febbraio debutterà a Rieti col nuovo tour
e sarà anche ospite a Sanremo. «Visto
che il Festival non me lo fanno presentare — ride —, ci vado come ospite»
Il messaggio a Giancarlo Leone,
direttore di Rai1, è lanciato... Se la
chiamassero per il 2015?
«Credo che ci siano molti pretendenti...».
Baglioni e Sanremo?
«Non è la prima volta. Ci andai nell’85. Quell’anno “Fantastico”, condotto
da Baudo, aveva un concorso sulla
canzone del secolo. Vinse “Questo piccolo grande amore”. Fu un onore pazzesco. Ricordo che il giorno della proclamazione, il 6 gennaio, portai a
spasso i cani in una Roma sotto la neve. Ridevo dicendo loro: “il vostro padrone è l’autore del secolo”. Baudo mi
invitò a Sanremo per celebrare».
Come andò all’Ariston?
«Feci “Questo piccolo grande amore” voce e pianoforte. Erano anni in cui
il Festival era tutto in playback. Di lì a
un paio d’anni i cantanti tornarono a
cantare e l’orchestra a suonare. Forse
ho cambiato qualcosa di quei meccanismi».
Mai andato in gara, però...
«La mia è stata una carriera diversa.
Sono stato però a un passo dalla conduzione...».
Quando?
«Dopo “Anima mia”, nel ‘98 proposero a me e Fazio di farlo. La discografia si oppose all’idea di un cantante come presentatore e non se ne fece nulla. Fabio lo fece poi più avanti. Altri
tempi rispetto a quando hanno chiamato Morandi».
Suonerà o farà coppia col suo vecchio amico Fazio?
«Ci sarò una sola serata. E ho pensato a due interventi: uno antologico e
uno più odierno, con arrangiamenti
particolari. Poi con Fazio non si sa
mai... A me piacerebbe fare quello che
Voce
e chitarra
Claudio Baglioni, 62 anni: il suo debutto discografico è del
1970. In alto
con Fazio ai
tempi di
«Anima mia»
nel 1997
«Rischiai di condurre Sanremo
Ora mi diverto come ospite»
Baglioni: da ragazzo votavo da casa, ero un pioniere dei talent
fece un grande del jazz come Lionel
Hampton nel ‘68: suonò i ritornelli di
tutti i brani col vibrafono, una specie
di riassunto della competizione».
Baglioni spettatore del Festival.
Lo guardava?
«Certo. Tanta musica che ha avuto
una vita lunga è passata da lì, non solo
le canzoni “sanremesi”. Ricordo “La
voce del silenzio” cantata da Dionne
Warwick (e Tony Del Monaco ndr),
“Che sarà” con José Feliciano (e i Ricchi e Poveri ndr). E poi “Ciao amore
ciao” di Tenco: stavo a casa con i miei
genitori e facevamo le votazioni con i
fogliettini, eravamo pionieri delle giurie dei talent show».
Ricordi a colori?
«Col passare degli anni è diventato
qualcosa per gli occhi più che per le
orecchie. E allora ci sono il pancione
di Loredana Bertè, Peter Gabriel che si
lancia sulle prime file con una liana
per “Shock the Monkey”...».
Cosa sta preparando per le oltre
30 date de tour di «Con Voi»?
«Sarò con 13 polistrumentisti. Suoneremo tutto live, senza sequenze.
Stiamo provando e le prove sono
un’esperienza di vita, un bilancio di un
percorso che raccoglie quello di memorabile che uno pensa di aver fatto e
qualcosa di contemporaneo».
E lei che ha fatto?
«Ho la sensazione di aver fatto tanto. Forse troppo o abbastanza... In-
somma, ho scritto 350 brani. Per un
concerto, anche se i miei arrivano a tre
ore mettendo a dura prova la resistenza del pubblico, devo scegliere».
Come costruisce una scaletta?
«Due linee guida. I titoli inamovibi-
«I momenti cult dei Festival»
Il grande Feliciano (‘71)
«Ricordo la sua Che sarà: grande
musica a Sanremo»
Il pancione di Loredana (‘86)
«A un certo punto il Festival è
diventato qualcosa per gli occhi»
li che sono come i senatori a vita e gli
altri che si scelgono seguendo le vie
della musica e del cuore, con qualche
sgambetto, la rivincita dell’autore che
recupera pezzi meno noti dal repertorio. La speranza è che dopo lo show, al
ristorante, nessuno ti incontri e dica:
“Non mi hai fatto quella tal canzone!”.
Siamo in un momento particolare della storia del Paese, siamo in mezzo al
guado: legati al passato e col futuro
che è un bozzetto. L’idea della scenografia viene da lì: un cantiere».
E come sta il cantiere Italia?
«Il cantiere è qualcosa che costruisce o qualcosa che è rimasto abbandonato. Siamo un Paese gravemente ammalato e siamo in un momento critico. Si parla ancora di mali endemici,
mafia, corruzione, i favori all’italiana,
astuzia, arroganza...».
E Lampedusa... Lei è impegnato
con O’ Scia’ per portare attenzione
sui clandestini. La tragedia dei mesi
scorsi ha mosso qualcosa?
«Nulla. È da un quarto di secolo che
la classe dirigente non ha un atteggiamento volto a risolvere. Temo che finiremo per conviverci come si fa con la
fame nel mondo e le guerre. La questione è più grave della sola Lampedusa: quello è soltanto il 10 per cento dei
flussi di trasmigrazione».
Andrea Laffranchi
@alaffranchi
Peter Gabriel e la liana (‘83)
«Ricordo che si lanciò con una
fune sulle prime file della platea»
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Strane coppie Dopo le polemiche su Woody la mossa spiazzante del giovane avvocato che intervista la popstar sulla rivista americana «W»
Ronan Farrow-Miley Cyrus: dialogo su eros e social network
iley Cyrus e Ronan Farrow. L’ex brava ragazza
che è passata dalle favole
Disney alle esibizioni porno-soft
dei suoi concerti e il figlio, per
niente prodigo, di Woody Allen.
La cantante è la protagonista della
copertina della rivista americana
W, il giornalista (ma anche avvocato e attivista) ha raccolto le sue
confessioni: il porno e la marjuana, i social network e il successo.
Un po’ ritratto, un po’ dialogo,
l’incontro tra la fu Hannah Montana (ora 21enne) che ha rotto i
ponti con zio Walt e il figlio
26enne di Mia Farrow e Woody
Allen, che ha rotto i ponti con il
padre (in questi giorni sui giornali per i presunti abusi alla figlia
adottiva Dylan quando aveva 7 an-
M
Incontro
Nel tondo Ronan
Farrow, il figlio
26enne di Mia
Farrow e Woody
Allen. A fianco
Miley Cyrus
(21 anni) sulla
copertina di «W»
ni). Teorizza Miley Cyrus: «I ragazzi guardano troppi film porno.
Quelle donne non esistono. Non
sono vere. Lo stesso discorso vale
per i film romantici che guardano
le ragazze». Tutto finto, sia le ragazze a luci rosse, sia i principi azzurri. Miley non è solo a favore
della legalizzazione della marjuana. La vuole pure buona. «Amo
l’erba. Mi piace l’effetto. Vorrei
che si tornasse a quella buona,
biologica».
Ha 16,9 milioni di follower su
Twitter, ma i social network non
le piacciono granché: «Con Instagram e Twitter chiunque può trasformarsi in paparazzo. Non fa
paura? Non sei mai al sicuro. Anche le persone comuni pensano
di poter parlare di te come se ti
conoscessero». Odia i bambini,
lei che ne è stata un modello. Forse proprio per questo. «Io non li
amo i bambini perché penso di
essere stata in mezzo a troppi
bambini a un certo punto della
mia vita. A volte sento come si rivolgono ai loro genitori e vorrei
solo andare via, o prenderli a
schiaffi. Gli sento dire, “mamma
non sai come si usa l’iPhone???” e
penso che se da piccola mi fossi
Il legale del regista in tv
«False accuse, Allen innocente»
«Le accuse di molestie sessuali dirette a Woody Allen da Dylan
Farrow (figlia adottiva di Mia Farrow) sono falsi ricordi
indotti». Lo ha detto Elkan Abramowitz, legale di Woody
Allen, intervenuto ieri in tv su NbcNews, per difendere il
regista americano dalle accuse che gli sono state rivolte dalla
28enne con una lettera aperta pubblicata sul New York Times.
rivolta così a mia madre non avrei
avuto nessun cellulare, nessun
computer, nessuna tv».
La star più redditizia della Disney (1 miliardo di dollari di introiti tra il 2006 e il 2001), la persona più cercata su Google dagli
americani lo scorso anno, la ragazza dai 21 tatuaggi insiste —
scrive Ronan Farrow — sul fatto
che le sue provocazioni sono calcolate. Miley Cyrus invita le ragazze a essere autentiche e a non
truccarsi per forza. Poco credibile, detto da una che nelle foto che
accompagnano l’intervista appare piallata oltre misura dai falegnami di Photoshop.
Renato Franco
@ErreEffe7
RIPRODUZIONE RISERVATA
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Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
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Il maestro riconfermato
Le dichiarazioni ufficiali dei manager (in euro lordi all’anno)
Stéphane
Lissner
(61 anni)
Teatro
alla Scala
Milano
Bruno
Cagli
(71 anni)
Accademia
Santa Cecilia
Roma
507.000
300.000
Walter
Vergnano
(60 anni)
Teatro
Regio
di Torino
Francesco
Girondini
(52 anni)
Arena
di Verona
250.000
Muti a Chicago
fino al 2020:
«Sarò alla soglia
degli 80 anni»
Cristiano
Chiarot
(61 anni)
Teatro
La Fenice
di Venezia
187.000
167.000
Trasparenza La pubblicazione stabilita dalla legge Bray. Ai primi posti anche Santa Cecilia e Arena
Direttori dei teatri, stipendi sul web
Lissner il sovrintendente più pagato
Alla Scala il capo del coro batte Barenboim sul compenso base
MILANO — La cultura non ha
prezzo, ma i cultori sì. Stanno
uscendo, obbligatoriamente sui siti dei teatri, per la prima volta in
Italia, gli stipendi che ricevono sovrintendenti, direttori artistici,
amministrativi e musicali delle 14
fondazioni lirico-sinfoniche e dei
teatri che ricevono sovvenzioni
statali dal Fus (Fondo unico per lo
spettacolo). Ciò è dovuto a una
norma introdotta della Legge 33
del 2013, suggerita dal direttore generale dello Spettacolo Salvatore
Nastasi e recepita nella legge dal
ministro Massimo Bray. Prevede
che finché non sono resi pubblici
gli emolumenti di tutti i ruoli apicali non verranno erogati i fondi
Fus. I teatri dovrebbero averli già
pubblicati alla voce «Amministrazione trasparente».
I più lo stanno facendo ora; la
Scala ieri pomeriggio. Non è semplice trovare all’interno dei siti dove sono pubblicati i dati e qualche
inesattezza è possibile. Alcuni dati
sono in via di perfezionamento e
di pubblicazione.
Spigoliamo tra le curiosità. Gli
stipendi pubblicati sono al lordo,
ma sottratti — in alcuni casi — di
molti benefit e di prestazioni sotto
altre voci. «Mattadore», come direbbero Piave e Verdi, è il sovrintendente e direttore artistico della
Scala Stéphane Lissner (507 mila
euro dichiarati), segue Bruno Cagli
di Santa Cecilia (200 mila da sovrintendente più 100, alcuni dicono 130, come direttore artistico);
Rosanna Purchia del San Carlo arriva a 151 mila e Francesco Ernani a
Bologna a 112 mila. Altri non sono
pubblicati (come a Cagliari con
Mauro Meli o Triste con Claudio
Orazi) o nei teatri sono commissa-
Elogi e punture a Mediaset
riati. Nella pubblicazione si nota la
ritrosia a diffondere i dati della
parte artistica, come quella dei direttori musicali: tra le star della
bacchetta appaiono solo gli stipendi base (ben inferiori al complessivo) di Antonio Pappano (150
mila euro) e Daniel Barenboim (112
mila). Tra gli amministrativi i meglio retribuiti sono Maria Di Freda
della Scala (270 mila), Giorgio Pace
del Massimo di Palermo (120 mila)
Claudia Brizzi (Santa Cecilia, 110
mila) e Catello De Martino (Opera
di Roma, 180 mila): il suo ruolo a
direttore generale era previsto come clausola alla decadenza dalla
sovrintendenza (avvenuta nel dicembre 2013). Tra i direttori artistici Fortunato Ortombina della Feni-
L’opera in scena
«Lucia di
Lammermoor»
di Gaetano
Donizetti in
scena alla Scala.
Sul podio Pier
Giorgio Morandi,
regia di Mary
Zimmerman
ce (165 mila), Paolo Gavazzeni dell’Arena (98 mila), Fulvio Macciardi
a Bologna (97 mila), Alessio Vlad a
Roma (95 mila). Ma in realtà è Santa Cecilia a spendere di più dividendo la competenza in tre diverse
figure; fa un po’ così anche per le
direzioni operative (attività culturali 105 mila, finanza 110, programmazione 146, marketing 105 e personale 140). Tra i direttori del Coro
spiccano Ciro Visco a Santa Cecilia
(130 + 36 mila) e Bruno Casoni alla
Scala (143 mila, più
della «base» di Barenboim, 112 mila). I
consiglieri del Cda lo
fanno praticamente
tutti a titolo gratuito.
Casi interessanti
sono anche in teatri
che ricevono il Fus ma
non sono tra le fondazioni. Il Regio di Parma pubblica i cud dei
consiglieri (i cui guadagni non dipendono
dal teatro) ma non
quelli dei dirigenti artistici (Carlo Fontana,
Paola Arcà, Paola Calvetti) ; quelli dell’Accademia chigiana non
li abbiamo trovati. In
compenso, al Verdi di
Pisa il presidente Toscano arriva a 240 mila euro, il vicepresidente Messina a 210
mila, il consigliere
Donati a 180 mila. Il
contrario del Franco Parenti di Milano, dove pare non risultano stipendiati: André Ruth Shammah
non percepisce compenso e gli altri pochissimo; al Piccolo, 228 mila
euro per il direttore Sergio Escobar
e 120 mila per il consulente artistico Luca Ronconi.
Pierluigi Panza
NEW YORK — Riccardo Muti resta a
Chicago per altri sei anni. Il maestro
italiano ha firmato un nuovo
contratto con la Chicago Symphony
Orchestra che lo terrà sul podio di
una delle più importanti orchestre
mondiali fino all’agosto di
quell’anno. Muti (foto), che ha 72
anni, ha annunciato il rinnovo
quinquennale del suo mandato a
partire dal 2015, durante una
conferenza stampa al Symphony
Centre convocata per annunciare la
stagione 2014-15, la quinta per lui
come direttore musicale. «Nel 2020
non avrò ancora 80 anni», ha
scherzato Muti ricordando che lo
spirito vitale nella sua famiglia si
estende nella Terza Età avanzata: «Il
mio bisnonno si è risposato a 76
anni». Due le ragioni — ha spiegato
il maestro — che lo hanno indotto a
restare a Chicago: da un lato l’amore
per i musicisti dell’Orchestra, «con
cui si è stabilita una simbiosi, un
modo caldo e unico di lavorare
assieme», dall’altra la relazione
produttiva con Deborah Rutter, la
presidente uscente della Cso
Association. Tra Muti e Chicago è
stato amore a prima vista. Muti
negli anni ha aperto regolarmente
le prove a gente che altrimenti non
avrebbe potuto permetterselo:
studenti, anziani, giovani musicisti,
e ha portato l’orchestra nelle
prigioni. «Amo Chicago, amo far
musica con gli straordinari
musicisti della Chicago Symphony
Orchestra», ha ribadito il maestro
napoletano per cui la città sul Lago
Michigan, che nel 2010 l’aveva
accolto, letteralmente, con i fuochi
d’artificio, è diventata «la mia
seconda casa: e sono felice che
continui ad essere così».
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Personaggi L’ascesa dell’attore romano, protagonista della commedia di Genovese che ha già incassato 5 milioni di euro
«Sul set sogno con Freud, prima scaricavo bibite»
Giallini: mia moglie non c’è più, chissà che faccia farebbe per il mio successo
De Filippi parla di tv
dietro un nickname
commetto che l’anno prossimo
gli Skyisti o i Raisti di fronte
alle esibizioni di Italia’s Got
Talent giudicate trash su Canale 5
scriveranno “che divertente”». L’ironia
di Sokolino passerebbe inosservata
nella marea di commenti a un post che
si occupa di tv. Non fosse che dietro quel
nickname (il nome del suo cane, l’avatar
è la foto di un lupo), c’è lei, la vera
Maria De Filippi (52 anni, foto). Che da
oltre un mese ha iniziato a essere parte
attiva della community di TvBlog, sito
che si occupa di tv. È lei? Possibile? Sì, è
davvero lei. Ogni tanto entra e dialoga
con gente che si firma amazing1972 o
effy90, lettori prima increduli (è uno
scherzo), poi sempre più convinti. È
pronta a pungere la sua rete («Canale 5
è spento, non c’è abitudine a
sintonizzarsi attualmente») ma anche a
difenderla, sempre per Italia’s Got
Talent («Sicuramente che Canale 5
avesse battezzato un nuovo linguaggio
televisivo ce ne saremo dimenticati»).
«S
R. Fra.
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ROMA — Tutta colpa di Freud è
una commedia insolita di Paolo
Genovese che, con il passaparola,
in dodici giorni è arrivata a 5 milioni d’incasso. Ma anche per il protagonista, Marco Giallini, beato tra le
donne, è un ruolo insolito. «Per
una vita ho fatto il duro». Per strada gli urlavano «Ah Terribile!», riconfinandolo nel malavitoso di Romanzo Criminale da cui si è affrancato.
Qui è uno psicoanalista tollerante, aperto, «la classica persona che
vorresti avere come amico o come
padre». Ha tre figlie che adora, Vittoria Puccini, Anna Foglietta e Laura Adriani, ognuna alle prese con
casi sentimentali fuori controllo. A
dirla tutta, Giallini era stato già
sdoganato dal marchio del bandito, «ma erano borghesi furbi, vitelloni. Il 70 percento della mia carriera la devo a Verdone per Posti in
piedi in Paradiso. Il film di Genovese ricorda le commedie romantiche americane, o quelle francesi.
Se ci aspettavamo questo successo? Ormai non si aspetta niente
nessuno, non si sa mai quello che
la gente vuole. Ma certo ha una sua
grazia, non volano parolacce tranne una volta, quando parlo con
Alessandro Gassman che ha una
relazione con mia figlia piccola, un
mio coetaneo il quale dice sempre
di essere in procinto di lasciare la
moglie».
La vita di questo romano di 50
anni è già un film. La racconta con
semplicità, evitando ogni retorica.
«Sono nato in una borgata sulla
Nomentana. Mio padre era un operaio con la passione per il cinema.
Ho fatto mille mestieri, dall’imbianchino al bibitaro, come si dice
a Roma, scaricavo la Coca-Cola dal
camion. La mia prima passione era
la musica, mi vanto di essere un
profondo conoscitore di rock. E
poi il cinema, anche se non ho mai
avuto il sacro fuoco. Mi sono accorto che ero bravo a esprimere sentimenti. La penso come Mastroianni
quando diceva che gli attori sprecano la vita a essere famosi e quando lo diventano si mettono gli occhiali scuri per non farsi riconoscere». Più che incontrarla, con la
cultura si è scontrato: «Leggevo
l’Ulisse di Joyce e non ci capivo
niente. Mi sono diplomato da adulto, mi sono iscritto a una scuola di
recitazione e ho debuttato a teatro». La compagnia, neanche a farlo apposta, si chiamava Magazzini
Criminali. Fu mia moglie Loredana
a dare un’accelerata ai miei sogni».
È morta dalla sera alla mattina
mentre stava girando con Verdone:
Psicanalista Marco Giallini, 50 anni, nel film «Tutta colpa di Freud»
❜❜
Ambizione
Aspetterò un film
d’autore, di quelli
che incassano poco e
fanno vincere premi
«Credevo fosse svenuta. Ci siamo
messi insieme a 20 anni e per quasi
30 non ci siamo lasciati un giorno.
La forza di ricominciare me l’hanno data i miei due figli, Diego ha 8
anni e Rocco 15, mi fissavano come
a dirmi: e adesso? Dormiamo insieme in un lettone enorme, c’è un
rapporto fisico, mi piace sentire
l’odore dei loro capelli. Ho una
nuova compagna, è una cosa recente, stiamo bene, vedremo. So
che si muore e la morte l’ho vista
più volte, per un incidente in moto
avevo 52 fratture, dopo tre mesi recitavo in Romanzo Criminale, posavo le stampelle durante i ciak.
Sono un ragazzo preso dal bar e
buttato in mezzo alla cultura. E non
posso essere più come prima, nell’approccio con la gente, con gli
amici di una volta. Vieni frainteso.
Cambi anche non volendo». Ma
nel mondo che ha trovato, il cinema, la battaglia contro i cliché non
è finita: «Quando mi dicono attore
romanesco...Se Abatantuono o
Bentivoglio recitano in milanese
nessuno si arrabbia. Meno male,
aggiungo. Ecco, mi sarebbe piaciuto vedere le facce di mio padre e
Loredana, ora che ce l’ho fatta; vedere la loro reazione alla campagna contro la violenza alle donne a
cui ho partecipato, anche se non
mi sento un paladino. Ora devo interpretare una commedia di Massimiliano Bruno. E poi mi metto a
aspettare». Che cosa? «Il film d’autore. Quello che incassa 3.000 euro
e devo stare zitto per mezz’ora. Così
magari mi danno il David di Donatello».
Valerio Cappelli
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40
Sport
il sondaggio
In serie A stanno debuttando un buon numero di under
20. Secondo voi è giusto che i club diano responsabilità
a talenti giovanissimi (A) o meglio farli crescere ancora
senza pressioni eccessive (B)?
Vota con uno squillo. Chiamata gratuita
A
+39 029 475 4851
B
+39 029 475 4852
Michael Laudrup esonerato
Lo Swansea ha esonerato Michael Laudrup. Il tecnico danese era stato ingaggiato nel giugno 2012. Dopo aver guidato la squadra alla coppa di Lega, unico trofeo vinto dal club gallese, lo Swansea, prossimo avversario del Napoli in Europa
League, è incappato in una stagione deludente: una vittoria nelle ultime 10 gare.
Per ora Laudrup è stato sostituito da Garry Monk, ex capitano dello Swansea.
Predestinato
Domenico Berardi,
19 anni, già 13 gol
al debutto in A, quattro in
una sola partita
come Silvio Piola (Ansa)
Speranze
Talenti Il bomber
del Sassuolo e il
diciottenne della
Lazio fanno da
traino. Da Kovacic
a Benassi, fino
a Bruno Fernandes
qualcosa si muove
Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
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Keita Baldé Diao, senegalese della
Lazio, 19 anni l’8 marzo e 3 gol
Il portiere Scuffet dell’Udinese
esordio baby in A: 17 anni e 8 mesi
Marco Benassi, 19 anni del Livorno,
ma a metà tra Torino e Inter
Venti nuovi
La serie A e l’effetto Berardi e Keita
Gli under 20 all’inseguimento
Ma crescono altri «baby fenomeni»
Sono venti di speranza, più che
di cambiamento. Anzi, a ben guardare non sono ancora venti, gli anni di Domenico Berardi e Keita
Balde Diao, ragazzi d’oro che le difese della serie A stanno imparando a conoscere, a proprie spese. Il
calabrese Mimmo ha già segnato
tredici gol con il Sassuolo, tanto
che spesso ci si dimentica della
sua età. Il diciottenne senegalese
di gol ne ha fatti tre, giocando
molto meno, ma con l’assist per
Candreva e altre delizie domenica
a Verona ha dimostrato ancora
una volta il suo talento, affinato
nella cantera del Barcellona da cui
è «scappato». Dietro di loro gli under 20 non spopolano, ci mancherebbe, nel campionato dall’età
media più alta. Ma qualcosa si
muove. Dai milanisti Cristante e
Petagna, a Fernandes e Scuffet dell’Udinese (all’esordio tra i pali prima di Zoff e Buffon), dagli interisti
di Livorno Benassi e Mbaye, a Mateo Kovacic. Sono loro, in attesa di
qualche sorpresa arrivata con il
mercato di gennaio come il paraguayano Tonny Sanabria che la
Roma ha girato al Sassuolo, la
classe che non ha ancora varcato la
linea d’ombra dei vent’anni e che
cerca spazio in un calcio che in
Laboratorio Roma
I giallorossi sono
i più attivi nel reclutare
i campioni del futuro:
Paredes prestato
al Chievo e Sanabria al
Sassuolo, sono già attesi
certi casi considera ancora come
giovani da utilizzare con parsimonia perfino i venticinquenni.
Indietro, ma non troppo
Prendete un diciannovenne
della serie A, della Bundesliga,
della Premier League, della Liga e
della Ligue 1. E indovinate in quale
campionato giocherà meno. Risposta esatta: in Italia sono entrati
in campo 25 calciatori Under 20,
due sono anche già ripartiti per
l’estero (Niang e Wallace). La maggior parte ha giocato pochi spiccioli, abbassando la media complessiva di impiego a 324 minuti a
testa, meno di quattro partite su
ventidue giornate di campionato.
In Inghilterra, dove la stella baby è
Januzaj dello United, i minuti diventano 475 e i giocatori 22: più
qualità che quantità, quindi. Discorso opposto in Francia: ben 45
gli Under 20 in campo, con Ocampos del Monaco in evidenza e una
media di 329 minuti a testa. In
Germania (occhio a Max Meyer
dello Schalke 04) e Spagna (dove la
scoperta è Oliver Torres del super
Atletico Madrid di Diego Simeone)
c’è più logica: 24 giocatori con 402
minuti di media in Bundesliga e 20
con 451 minuti sulle gambe in
Spagna. I
nostri ragazzi restano
in coda, ma almeno vedono all’orizzonte le targhe straniere.
L’effetto Berardi
Prendete un diciannovenne d’Europa, fatelo debuttare in un contesto poco
generoso coi giovani e guardatelo segnare come un
bomber collaudato: Berardi è l’unico giocatore nei
campionati del continente,
compresi quelli meno importanti come Turchia,
Olanda o Belgio, ad aver segnato più della metà dei
gol della propria squadra
(sono 13 su 23). Domenico non ha la cresta e
altri ammennicoli,
non twitta quando
mangia la pizza
capricciosa o
porta a
spasso il
c a n e
Quanti attaccanti
Quagliarella
ancora teso
La Juventus:
non c’è caso
Da Barcellona con furore
TORINO— Osvaldo c’è, Quagliarella no. Il nuovo acquisto della Juve ha svolto
ieri il primo allenamento con i compagni e punta alla convocazione per
Verona. Assente invece Quagliarella: oggi si allenerà in orari diversi dalla
squadra ma, precisa il club bianconero, «non è fuori rosa». «Non ne
sussistono i motivi — rileva l’ad Beppe Marotta — Fabio si è allenato a
parte perché reduce dall’influenza». Resta la tensione tra giocatore e
società, dopo il mercato, l’esclusione dall’Europa League e le parole
del procuratore. Marotta: «I regolamenti impongono scelte
spiacevoli, ma obbligate. Il calciatore è stato preventivamente
avvisato». Ancora in piedi l’ipotesi del Guangzhou di Lippi.
f.bon.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Canterani in fuga
Sia Keita della Lazio sia Sanabria del Sassuolo (via Roma) sono
usciti dalla cantera (il vivaio) del Barcellona, creando non poche
polemiche in Catalogna. Sanabria era arrivato a 11 anni dal
Paraguay, con lo stratagemma (per aggirare l’articolo 19 della
Fifa) dei motivi di lavoro del padre
Scommesse e investimenti
Sanabria è stato venduto per 4,5 milioni che dopo le 100
presenze potranno crescere fino a 12. Per Keita è stata
riconosciuta l’indennità di formazione di 300 mila euro: celebre
il video in cui il senegalese a 10 anni riceve i consigli di Eto’o
Nuovo look Il taglio dal parrucchiere di Cazzago San Martino. «Mi ha detto: voglio una svolta»
Balotelli si fa la cresta da combattente
Lo psicologo: «Ma è educato e gradevole»
MILANO — Massimiliano Allegri lo voleva normalizzare. «I giocatori non devono essere esempi
solo perché si fanno la cresta o si
mettono tre orecchini». Seedorf
gli consente di esprimere la propria creatività (che talvolta sconfina nell’eccentricità se non nell’esuberanza) senza porre freni.
Nei mesi scorsi a Mario Balotelli
era stato suggerito di tagliare i capelli, rivedere il look eccessivo,
utilizzare l’auto aziendale. Mario
aveva cessato di essere Supermario e smesso di segnare: in campo
si era intristito; probabilmente in
quel periodo si era rotto il feeling
con il tecnico toscano. Seedorf ha
optato per la strategia opposta:
dialogare con il centravanti, re-
sponsabilizzarlo, non limitarlo
nelle sue scelte extra-campo (anche se stravaganti): vedere le foto
postate su Twitter dove è ritratto
con una cresta da mohicano e disegni maori ai lati, per credere.
«Clarence ha instaurato con
Mario un rapporto adulto e professionale, molto empatico, basato sul dialogo» spiega Bruno De
Michelis, lo psicologo tornato a
Milanello su convocazione improvvisa del neo tecnico olandese. «Clarence è una persona che
cerca di capire i bisogni delle persone e se può cerca di soddisfarli.
Sono qui da poco, Mario mi è
sembrato un ragazzo educato e
gradevole».
Così Seedorf ha deciso di asse-
La scelta Cresta e con disegni ai lati che dovrebbero addolcirne
l’impatto. Ecco le foto postate su Twitter da Balotelli (23 anni)
condare i gusti del suo giocatore
che ha di nuovo tirato fuori dal
garage la Ferrari, ripreso a frequentare i social network (dopo
mesi di silenzio) e sfoggiato un
taglio di capelli che non passa
inosservato. «Questo è il look che
rispecchia maggiormente la sua
personalità: una cresta da combattente, ma accompagnata da
un’armonia di forme dolci come il
suo animo» dice Amos Bersini, il
parrucchiere di Cazzago San Martino, frazione di Bornato (Brescia), che ha sollevato nel giorno
di chiusura la serranda del negozio per arabescare la testa del
campione. «Per evitare la folla di
curiosi davanti alle vetrine, per lui
apro in orari extra-lavorativi» dice Bersini, che lo segue da due anni. «È entrato dicendo “voglio dare una svolta”». Per verificare se
propizierà anche quella del Milan,
non resta che aspettare sabato sera.
Monica Colombo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
Sport 41
italia: 57525754585250
Brasile, sciopero contro la violenza Triplo: per Greco guaio muscolare Boxe, muore il messicano Gonzalez
In Brasile i calciatori minacciano di scioperare contro la violenza dei tifosi.
Tutto questo dopo che sabato i giocatori del Corinthians, sconfitti per 5-1 dal
Santos, sono stati minacciati da un centinaio di tifosi: momenti di grande tensione, i più esagitati minacciavano addirittura di morte o di «spezzare le gambe»
ad alcuni giocatori, tra cui l’ex milanista Pato, accusati di scarso rendimento.
Un problema muscolare ferma Daniele Greco e mette in dubbio la partecipazione del triplista ai Mondiali indoor a Sopot in Polonia (7-9 marzo). Sabato
scorso ad Ancona l’azzurro ha fatto il suo esordio con 16,65 m, domenica nel
lungo (7,44) Greco ha sentito un dolore acuto al momento dello stacco. Ieri
l’ecografia ha rilevato una lesione al semitendinoso della coscia sinistra.
Il pugile messicano Oscar «Fantasma» Gonzalez di 33 anni è morto ieri per i traumi riportati durante il match di sabato scorso contro il messicano Jesus Galizia in un match dei pesi gallo. Gonzalez era ricoverato in
terapia intensiva in un ospedale di Città del Messico per lesioni cerebrali. La Wbc ha garantito alla famiglia 50 mila dollari di assicurazione.
Crisi Inter Puntualizzazione del presidente: «Abbiamo idee chiare per un grande futuro»
Roma-Napoli
Thohir vota la fiducia a Mazzarri
«È il tecnico di oggi e di domani»
Tonny Sanabria, 17 anni, dal Barcellona
al Sassuolo: ma è un colpo della Roma
(non twitta proprio) e parla il meno possibile, praticamente mai,
per timidezza e diffidenza, non
certo per snobismo. Il Sassuolo nel
mercato invernale ha preso un
nuovo allenatore, ha cambiato
modulo e gli ha messo a fianco
(domenica scorsa) un nuovo compagno d’attacco come Floccari. Berardi non è sembrato nel complesso molto a suo agio con tutte queste novità. La speranza, non solo
in chiave azzurra, è che non rallenti il ritmo: la Juventus è proprietaria di metà cartellino e lo
considera un investimento importante.
Derby a distanza
Keita è il futuro della Lazio, ma
sta già lasciando il segno. È di
scuola Barcellona, come l’ultimo
arrivato in Italia: la Roma, ha parcheggiato il diciassettenne Sana-
Rincorsa e scouting
La A è il campionato
dove i giovani sotto
i vent’anni giocano
meno, ma il gap può
diminuire con la caccia
ai nuovi prospetti
bria proprio al Sassuolo, dopo
averlo pagato 4,5 milioni che potranno salire fine a 12. Per i blaugrana è stata una ferita. Per la serie
A è un gioiello (una seconda punta) tutto da scoprire. Per la Roma è
l’ennesimo colpo giovane, anzi
giovanissimo, grazie a Walter Sabatini che lancia in grande stile la
sfida alla Juve non solo con la
squadra dei «grandi» ma anche
con quella dei talenti emergenti, «i
migliori under 20 del mondo» come nel sogno del suo direttore generale: Skorupski, Jedvaj, Romagnoli, Paredes (girato adesso al
Chievo) e Berisha saranno i probabili protagonisti del prossimo futuro. Sono venti forti quelli che
soffiano, verso il cambiamento.
Paolo Tomaselli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Udinese
Fiorentina
2
1
Marcatori: Di Natale 36’, Vargas
44’ p.t.; Muriel 37’ s.t.
UDINESE (3-5-2): Scuffet 7;
Heurtaux 6, Domizzi 6, Bubnjic 6;
Widmer 6,5, Pinzi 6 (Badu s.v. 33’
s.t.), Allan 6,5, Pereyra 6,5 Gabriel
Silva 6; Di Natale 6,5 (Bruno
Fernandes 6 1’ s.t.), Nico Lopez 6
(Muriel 7 21’ s.t.). All.: Guidolin 7
FIORENTINA (4-3-3): Neto 6;
Diakitè 6,5, Gonzalo Rodriguez
5,5, Savic 6, Pasqual 5,5; Mati
Fernandez 5, Pizarro 5,5, Borja
Valero 6 (Anderson s.v. 30’ s.t.);
Joaquin 5,5 (Cuadrado s.v. 25’
s.t.), Matri 6, Vargas 6,5 (Matos
s.v. 43’ s.t.). All.: Montella 6
Arbitro: Russo 5
Ammoniti: Borja Valero
Recuperi: 1’ più 3’
L’iniziativa di un’associazione di tifosi a sostegno finanziario del club
MILANO — Per la prima volta
dall’estate 2003, la presentazione di un nuovo giocatore dell’Inter, in questo caso Ruben
Alejandro Botta, 23 anni, argentino, numero 20 (come Recoba),
è avvenuta in assenza di Marco
Branca. Come si sapeva da giorni, il d.t. è arrivato alla conclusione della sua avventura; resta
soltanto da definire il giorno di
una separazione (con relativa
buonuscita), che è già nei fatti.
La coincidenza segnala la fase di
profonda trasformazione non
soltanto della squadra, dove
convivono giocatori con troppe
battaglie alle spalle e giovani
acerbi, ma anche della società.
Dopo la fine del mercato e la
caduta di Torino, Erick Thohir
ha ritenuto opportuno una puntualizzazione articolata in tre fasi, attraverso il sito del club
(www.inter.it). Il primo: «Abbiamo uno dei migliori allenatori italiani, Walter Mazzarri, sul
quale basare le nostre scelte di
oggi e con il quale pianificare il
futuro». Il secondo: «Stiamo vivendo un anno di transizione
nel quale l’obiettivo principale è
quello di gettare le basi per il futuro: è una stagione difficile, in
cui è evidente la difficoltà a rimettere in moto i meccanismi
vincenti di qualche anno fa. Per
questo bisogna avere pazienza,
idee chiare e due concetti base
su cui appoggiare il futuro: come migliorare la nostra performance tecnica e come costruire
la squadra del futuro». Il terzo:
«Per centrare il primo obiettivo
abbiamo individuato uno dei
migliori allenatori italiani, Mazzarri, sul quale basare le nostre
scelte di oggi, e con il quale pianificare il futuro. Gli acquisti di
Hernanes e D’Ambrosio, voluti
da me, dai dirigenti e dall’allenatore con grande sintonia,
vanno letti in quest’ottica: si
tratta di due elementi fondamentali per il nostro rilancio; il
loro contributo sarà importante
oggi ed essenziale domani».
Nel frattempo, si sta sviluppando l’iniziativa, promossa dal
prof. Enzo Bonora, endocrino-
8
Garcia vuole
«un vantaggio»
Benitez rilancia
i suoi gioielli
punti in dieci partite
il bilancio di Erick Thohir
da presidente dell’Inter. Dopo
la sua nomina il 15 novembre
2013, i nerazzurri hanno vinto
una partita (il derby), ne hanno
pareggiate 5 e perse 6. Ancora
nessuna vittoria nel 2014
Uniti Il tecnico interista Walter Mazzarri, 52 anni.
In alto il presidente Erick Thohir, 43 (Ansa)
logo di Verona, della quale si era
già parlato una settimana fa:
non un azionariato popolare,
ma «un’associazione che abbia
come unico scopo statutario
quello di sostenere economicamente l’Inter. Una società che
sia il collettore del denaro, versato dai tifosi e necessario per
dare risorse al club. Ci sarebbero
le quote di socio simpatizzante,
socio sostenitore, i contributi
una tantum e altre soluzioni.
Cinquanta euro versati da 10
milioni di interisti sparsi nel
mondo significherebbero 500
milioni di euro. Cento euro a te-
Bologna
Guaraldi: «Chiedo ai tifosi una tregua»
BOLOGNA — Contestazioni, richieste di
dimissioni, è arrivata l’ora di chiedere
una tregua. E così ha fatto il presidente
del Bologna, Albano Guaraldi,
rivolgendosi ai tifosi e alla stampa: «Ho
fatto tanti errori ma il più grande è stato
quello di sottovalutare che, quando
qualcuno varca il cancello di
Casteldebole, diventa lo zimbello della
città e io non ne ho voglia. Pensavo di
fare quello che in 50 anni a nessuno è
riuscito. Difficile lavorare in simili
condizioni, vi chiedo una tregua per
questi tre mesi, per il bene del
Bologna». Per Guaraldi subito una
partita delicata, la permanenza di
Diamanti. «Continua a fare pressioni
per andare via...», ha detto Guaraldi. E i
cinesi del Guangzhou di Lippi pagano
molto bene.
Stelle azzurre Higuain e Hamsik
sta porterebbero in cassa 1 miliardo di euro. E i 500 euro che
potrebbero dare i 100.000 sostenitori più generosi significherebbero altri 50 milioni».
Il prof. Bonora, che non ha interessi personali, ma è mosso
soltanto dalla passione per l’Inter, ha consultato «un autorevole esperto di aspetti societari e
fiscali; mi ha confermato che il
progetto è giuridicamente fattibile e neppure troppo complicato. Si tratterebbe di un’associazione non riconosciuta, regolamentata dall’art. 36 del codice
civile, che, una volta costituita
con un piccolo fondo comune (il
patrimonio sociale) e da un numero limitato di persone, potrebbe incassare le donazioni
dei tifosi e poi consegnarle periodicamente all’Inter. La nuova
società dovrebbe avere alcune
regole (nessun fine di lucro, trasparenza nell’elezione degli organi sociali) e incombenze da
sostenere. L’iniziativa non dovrebbe collidere con le dinamiche societarie del club. Anzi: dovrebbe averne il gradimento». Si
attendono sviluppi.
Fabio Monti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ROMA — Una doppia grande sfida di Coppa Italia, che ha
il solo difetto di incastrarsi tra
partite di campionato (LazioRoma e Napoli-Milan) che
Garcia e Benitez avrebbero
preferito affrontare con più
calma. Roma e Napoli giocano
la semifinale di andata stasera
all’Olimpico: previsti 40 mila
spettatori, temuta la pioggia
che domenica scorsa ha fatto
rinviare Roma-Parma. Un
«vantaggio» che Benitez ha
rinfacciato all’avversario e che
Garcia non considera tale«perché può complicarci la
vita: quando c’è una gara da
recuperare, spesso si danno
per scontati punti che sono
ancora da conquistare».
La Roma farà turnover: dentro Ljajic e Destro, in panchina
Florenzi e Totti. Garcia chiede
alla squadra «di prendere un
vantaggio» ma non prendere
gol. Benitez ha fatto turnover a
Bergamo, ha perso 3-0 ed è
andato incontro alle polemiche. Stasera Higuain e Hamsik
giocheranno. Non si scherza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Roma, ore 20.45
Roma
Napoli
(4-3-3)
26 De Sanctis
13 Maicon
17 Benatia
5 Castan
35 Torosidis
44 Nainggolan
16 De Rossi
6 Strootman
8 Ljajic
22 Destro
27 Gervinho
(4-2-3-1)
25 Reina
11 Maggio
21 Fernandez
33 Albiol
31 Ghoulam
8 Jorginho
88 Inler
7 Callejon
17 Hamsik
24 Insigne
9 Higuain
Arbitro: BERGONZI di Genova
Tv: ore 20.45 Raiuno
Internet: www.corriere.it
Coppa Italia I bianconeri ritrovano i gol degli attaccanti, la Fiorentina segna con Vargas e punta sul ritorno
Di Natale e Muriel, l’Udinese sogna la finale
DAL NOSTRO INVIATO
UDINE — I gemelli del Friuli
sotto la pioggia incessante gelano
la Fiorentina nella prima semifinale di Coppa Italia: Di Natale, che
su azione non segnava dal 15 settembre, rompe l’equilibrio nel
primo tempo. Ma la rete che conta, quella che può fare la differenza nella partita di ritorno tra una
settimana al Franchi, porta la firma di Muriel al tramonto della
partita. Il colombiano, approfittando dell’errore di Gonzalo Rodriguez, uscito fuori tempo dalla
propria area, fulmina Neto dal limite con un destro basso e imprendibile. L’acuto di un campione, che suona come una beffa per
i viola che alla fine del primo
tempo con Vargas avevano rimontato e nella ripresa avevano
controllato la partita cercando timidamente di vincerla. Il calcio
però è così. I giocatori di talento
fanno la differenza e gli errori si
pagano. Alla Fiorentina, martedì
al Franchi, basterà l’1-0 per centrare la finale, ma la strada è in salita per almeno tre motivi: l’Udinese potrà impostare la gara che
sognava Guidolin, cioè sfruttando le ripartenze per colpire; la tenuta difensiva non è la caratteristica principale degli uomini di
Montella; inoltre mancherà Borja
Valero che, ammonito, salterà il
ritorno per squalifica.
Sino a quando la partita resta
inchiodata sullo 0-0 l’Udinese
gioca meglio della Fiorentina. La
squadra di Montella assomiglia a
quella lenta e impacciata che aveva perso a Cagliari. I friulani, invece, dopo un inizio timido au-
Ritorno al gol Totò Di Natale
mentano il ritmo, entrando bene
dentro il campo, sfruttando le fasce, rendendosi pericolosi. Neto è
bravo a deviare un tiro cross molto insidioso di Gabriel Silva e respinge con prontezza il destro di
Pinzi dal limite dell’area. La Fiorentina gigioneggia in mezzo al
campo. Pizarro perde troppi palloni, Borja Valero è impreciso, Joaquin e Vargas non spingono sulle fasce e Matri rimane isolato.
Poi, dopo il contropiede da manuale orchestrato da Pereyra e
impreziosito dal cross di Widmer,
che permette a Di Natale di sbloccare il risultato, la Fiorentina ha
un’impennata d’orgoglio. Negli
ultimi dieci minuti reclama un rigore (gomito di Domizzi dopo un
tacco di Matri), costringe il giovane Scuffet ad un’uscita disperata e
tempestiva sullo stesso centra-
Il tabellone
Semifinali
Il programma di Coppa Italia
Gare d’andata
Così ieri
UDINESE-FIORENTINA
2-1
Così oggi
ore 20.45: ROMA-NAPOLI
Tv: diretta Raiuno
Gare di ritorno
11/2
ore 21: FIORENTINA-UDINESE
Tv: diretta Raidue
12/2
ore 20.45: NAPOLI-ROMA
Tv: diretta Raiuno
Finale
3/5 a Roma
vanti viola, pareggia con un sinistro fulminante di Vargas, alla fine di un’azione viziata da un fallo
di Gonzalo Rodriguez su Di Natale.
Nella ripresa, sulla spinta del
pareggio, la Fiorentina guadagna
campo, ma esercita una supremazia sterile: Matri ci prova da ogni
posizione senza trovare la porta,
Scuffet prima e Gabriel Silva dopo
fermano i tiri a botta sicura di Joaquin e la punizione di Vargas è
troppo centrale e fiacca per spaventare i friulani. Uriel è la mossa
vincente. Guidolin, che nell’intervallo aveva sostituito Di Natale
pensando alla sfida di sabato contro il Chievo, lo inserisce per Nico
Lopez spaesato da prima punta. Il
colombiano tocca pochi palloni,
soprattutto quello decisivo e alla
fine festeggia. «Sono contento
per il gol e per la vittoria. Abbiamo un piccolo vantaggio e a Firenze cercheremo di sfruttarlo».
Alessandro Bocci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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42
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
Austriache
minacciate
di sequestro
Sport 43
italia: 57525754585250
Minacce di sequestro per due
atlete austriache, la sciatrice
Marlies Schild e la campionessa
europea di skeleton Janine
Flock: al comitato olimpico
austriaco sono arrivate due
lettere anonime.
-2
Nipoti in gara:
di Valcareggi
e della Lollo
Due «nipoti d’arte» ai Giochi: la
pattinatrice di velocità Francesca
Lollobrigida, nipote di 2° grado
della grande Gina, e Massimiliano
Valcareggi, pronipote di Ferruccio,
ex ct dell’Italia. Ma Max scia per la
Grecia: la mamma è cittadina greca.
Pattinaggio L’incontro a Torino 2006, lui degli Usa e lei bronzo a 16 anni: «Ci aiutiamo e sosteniamo»
Fontana e Lobello, la love story
che ha sciolto i due cuori di ghiaccio
Anthony diventa italiano per stare con Arianna, ora le gare e le nozze
DAL NOSTRO INVIATO
SOCHI — Amore, ghiaccio e
short track. Si erano conosciuti ai Giochi di Torino, quando
lei, Arianna Fontana, non aveva ancora 16 anni ma già veleggiava verso un bronzo nel
«rollerball gelato» e quando
lui, Anthony Lobello, oggi
trentenne, americano con radici calabresi, gareggiava per
gli Usa. Poi si persero di vista,
ma un giorno si incontrarono
di nuovo. Piccolo, grande intoppo: Arianna si era fidanzata
con un pattinatore inglese.
«Doveva mettersi di mezzo
quello lì?», bofonchiò Anthony. Non sapeva che il destino stava giungendo in suo
soccorso: l’inglese «intruso»
lasciò l’azzurra. Lobello prese
la palla al balzo, non mollò più
la Fontana e cominciò a indagare sull’albero genealogico
che dalla Florida, dove è nato,
conduceva alla Calabria. Ed eccolo qui, con la cittadinanza
acquisita e con un posto nella
staffetta azzurra dei 5000 metri, a fianco di Arianna, che a
fine maggio sposerà.
Gli impianti del ghiaccio di
Sochi-Adler spuntano sullo
sfondo, «bellissimi e facili da
raggiungere» dice la ragazza
della Valtellina, e loro due —
giunti a Sochi con il primo
scaglione della nazionale —
sono l’una a fianco dell’altro
davanti alla palazzina italiana
per raccontare di loro stessi. È
una storia particolare, tra
quelle sulle coppie dei cinque
Da podio
Arianna Fontana è nata a
Sondrio il 14
aprile 1990.
Ha vinto nello
short track
due bronzi
olimpici a Torino e Vancouver e la Coppa
del Mondo
2012, specialità dei 500 m.
Con il successo di Torino
è l’italiana
più giovane
a conquistare
una medaglia
ai Giochi
invernali
(Epa)
silenzioso, pare di capire: «Mi
sta vicino ed è più critico di un
coach» sorride la Fontana.
«Lei però con me è più pignola
di quanto io lo sia con lei» ribatte Lobello guardandola con
tenerezza e approdando infine
a un verdetto condiviso:
«L’Olimpiade di coppia è più
bella perché ci si aiuta a vicenda — aggiungono entrambi
—: si sta vicini e ci si sostiene». E Anthony nota una diversità rispetto all’esperienza
con gli Usa: «Il clima è più rilassato».
Evidentemente l’Italia era
nel suo orizzonte e anche nel
corteggiamento ad Arianna ha
usato schemi più latini che anglosassoni. A insaputa della fidanzata, infatti, ha chiesto la
mano al padre di lei. E la scor-
L’aiuto reciproco
«Lui è più critico di un
coach». «Lei però con me
è più pignola di quanto io
lo sia con lei»
cerchi. Ed è una vicenda nella
quale le ambizioni da medaglia riguardano più che altro
lei, ma nella quale lui gioca un
ruolo fondamentale. «La staffetta — dice Anthony — è solo
outsider. Arianna, invece, può
farcela a salire sul podio». Però
la Fontana, che a Vancouver fu
di nuovo di bronzo, stavolta
nei 500 metri individuali, gioca di rimessa. Da un lato ammette di aspettarsi «di disputare tutte le finali delle quattro
prove alle quali parteciperò»,
ma dall’altro inorridisce quando le si riferisce che i bookmaker la indicano tra le favorite: «A queste cose non do retta.
So solo che sono tranquilla e
che sto lavorando sui dettagli
per essere pronta e al meglio».
Sono terminate anche le polemiche di Vancouver contro
lo staff tecnico, ora gli allenatori sono due canadesi e il lavoro è improntato a «una
maggiore qualità rispetto alla
quantità». Ma il tecnico in più
è Anthony. E non è nemmeno
La scelta tricolore
Anthony Lobello, oggi trentenne, americano della Florida con radici calabresi,
ha frugato nell’albero genealogico fino a ottenere la cittadinanza italiana
sa estate, andarono negli Usa
per le presentazioni alla famiglia Lobello, Anthony durante
un party si inginocchiò davanti alla Fontana e chiese di sposarla: smaltita la sorpresa, fu
impossibile dirgli di no. Ci sarà allora una festa di fidanzamento in America, poi il 31
maggio, sul lago di Como, Anthony e Arianna si sposeranno
con rito civile. Lobello probabilmente lascerà lo short
track: il laureato di Michigan
State cercherà di diventare un
manager sportivo. La Fontana,
invece, la rivedremo in pista, a
maggior ragione se dopo due
bronzi arrivasse qualcosa di
meglio: «Io ci proverò, nella
stagione sono cresciuta: se entro in finale, me la gioco con
tutte».
Da oggi il via Con Nibali, Sagan, Cavendish, Cancellara, Rodriguez l’Emirato scopre il grande ciclismo
DUBAI — Nel ciclismo di altissimo livello l’innovazione
conta quanto l’allenamento, la
motivazione è decisiva, il denaro (se speso bene) aiuta non poco. E così l’Emirato di Dubai,
stato vergine nel professionismo delle due ruote dove i pochi valichi di montagna non superano in altezza i grattacieli
metropolitani, punta deciso
sullo sport più legato a tradizione e strade europee. Oggi, con
una cronometro disegnata attorno agli 828 metri del Burj
Khalifa, scatta la corsa a tappe
breve più ambiziosa del pianeta. Al Dubai Tour (oltre alla crono due tappe per velocisti e una
per uomini da classiche) partecipano otto dei dieci corridori
più forti del ranking mondiale.
Tolti Quintana e Froome (che
debutterà nel vicino Oman la
prossima settimana) gli altri sono qui: da Nibali al campione
del mondo Rui Costa, dal fenomeno Sagan al fulmine Cavendish, dai super cronoman Cancellara e Martin agli spagnoli
Purito Rodriguez e Valverde. Per
gestire al meglio l’evento Dubai
ha scelto Rcs Sport: la macchina
organizzativa è la stessa del Giro d’Italia e della Milano-Sanremo.
Che c’entra il grande ciclismo
John Malone, magnate della tv via cavo Usa, presidente di
Liberty Global e Media, ha contattato il fondo Cvc Capital
Partners per rilevare la società che gestisce la F1. Secondo il
Financial Times, Malone avrebbe avuto trattative
preliminari con Cvc che controlla il 35% della F1. Un
eventuale accordo valuterebbe la F1 9 miliardi di dollari
incluso il debito. Da capire la posizione di Bernie Ecclestone.
Il primo giorno di test MotoGp ieri in Malesia è stato come
l’ultimo del 2013: comanda Marquez, già velocissimo con
la sua Honda. La novità è il pilota che lo insegue, Valentino
Rossi, secondo a 518 millesimi e pieno di buone sensazione
sulla Yamaha: «Abbiamo già trovato qualche soluzione.
Sono felice perché ho un buon feeling con la moto». Dietro
Pedrosa e Lorenzo, primo ducatista è Iannone, ottavo a 1’’2.
con Dubai? È solo questione di
catturare nuovi sponsor? Il re
delle superclassiche Fiandre e
Roubaix, Fabian Cancellara, non
la pensa così: «Bisogna aprirsi a
nuovi pubblici e aprire strade
non battute, anche se diverse
dalla nostre. Solo così il nostro
sport diventerà universale». Per
gli emiri di Dubai il ciclismo è
qualcosa di diverso dall’equitazione, dal golf, dal tennis e dall’atletica, che qui pure hanno
palcoscenici di altissimo livello.
Nei video presentati ieri notte in una sontuosa cerimonia
inaugurale in stile olimpico, davanti all’emiro Al Maktoum, il
viaggiare e le fatiche del ciclismo venivano assimilati a quelle degli uomini che nel corso dei
secoli hanno colonizzato questa
zona del Golfo Persico, strappandola con fatica alla sabbia.
Per Dubai la bici è anche un antidoto al mostruoso sviluppo
verticale, stradale e di traffico
della metropoli. Fino al 2010 la
polizia sequestrava le poche bici
in circolazione, per evitare che i
ciclisti sprofondassero nel fiume di auto in circolazione. Oggi
il «Masterplan Dubai ciclabile»
(che prevede mille chilometri di
piste costruite entro il 2016 e
connessioni con tutte le stazioni
delle metropolitana) procede a
ritmo serrato. Una «riumanizzazione» metropolitana basata
sulla bici che non ha precedenti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Marco Bonarrigo
Subito la crono
Quattro tappe
Si parte oggi con 9,9 km
a cronometro individuale
con i due migliori
al mondo, Cancellara e
Martin. Venerdì la tappa
più lunga, 162 km
Protagonisti
Sedici le squadre al via,
per un totale di 128
corridori. Protagonisti
saranno i velocisti, coi tre
migliori al via: Sagan,
Cavendish, Kittel
Mondializzazione
Il campione svizzero:
«Bisogna aprirsi
a nuovi pubblici per
diventare universali»
Festa Campioni a Dubai. A lato il n. 1 del mondo Rui Costa (Ansa)
Trattative
MotoGp
Il magnate della tv Usa Malone Marquez non ha perso il vizio
vuole comprare la Formula 1
Rossi secondo: «Sono felice»
Tra Malagò
e Barelli
guerra di
carte bollate
Un caldo giorno del luglio
2005, all’hotel Sheraton di
Montreal, stanchi ma felici e
sodali, Giovanni Malagò,
Paolo Barelli e Gianni Rivera,
rispettivamente presidente
del comitato organizzatore,
presidente della Federnuoto e
rappresentante del Comune di
Roma, festeggiavano
l’assegnazione alla Capitale
dei Mondiali di nuoto 2009.
Alla sera sarebbero andati a
cenare alla Queue de Cheval,
una delle migliori steak house
del mondo. Nulla faceva
presagire che la decisione
della Fina avrebbe trascinato
Barelli e Malagò in
un’inimicizia personale e in
una faida che, con uno scarno
comunicato, il Coni ha
riacceso annunciando di aver
trasmesso «gli atti all’autorità
competente». In discussione
ci sarebbe un doppio
finanziamento che la Fin,
però, sostiene essere regolare.
Si tratta delle risultanze
dell’audit (verifica) sulle varie
federazioni avviato nell’estate
2013. Guarda caso, l’unica con
presunte magagne
(addirittura di «rilevanza
penale» secondo un parere
«pro veritate») è la
Federnuoto dell’odiato Barelli.
Tutta la faccenda è stata
accelerata per chiudere prima
dell’Olimpiade. Perché
proprio ora? Cosa costava
aspettare la fine dei Giochi?
Strana vicenda, non gradita
da molti altri presidenti di
federazione, perché, secondo
una prassi consolidata, prima
di portare le carte in tribunale,
si regola la faccenda
all’interno del Coni,
Flavio Vanetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I big della bici battezzano il Dubai Tour
Il caso Coni-Fin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Duello Barelli e Malagò (Inside)
chiedendo ragione nel merito.
La Federnuoto, «sorpresa»
(ma non troppo) e pronta a
sua volta ad andare in
tribunale, replica punto su
punto, citando cifre,
provenienza e utilizzo.
Perché siamo arrivati qui? Per
un fatto personale. Barelli e
Malagò entrarono in
collisione quasi subito per la
gestione dei Mondiali. Barelli
tentò di far fuori Malagò,
considerandolo inadeguato al
ruolo. Alla fine si trovò un
compromesso: a Roma 2009,
c’erano due di tutto, da due
direttori generali a due
bagnini. Malagò, non ancora
presidente Coni, appoggiò
Giorgio Quadri contro Barelli
alle ultime elezioni Fin.
Diventato capo dello sport
italiano, ha avviato l’attacco
finale: nell’estate del 2013,
complice involontaria
Federica Pellegrini e
volontaria la potente Pro
Recco, le prime bordate.
Obbiettivo: con il puntello di
irregolarità amministrative si
può arrivare al
commissariamento della Fin e
ad estromettere Barelli. Per
ora due cose sono certe: la
presunzione d’innocenza e la
pessima immagine dello sport
italiano alla vigilia di Sochi.
Roberto Perrone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
&RGLFHFOLHQWH
44
Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
italia: 57525754585250
La mamma Gianna Felletti affranta per l'improvvisa perdita dell'amato primogenito
Rudi Reichmann
lo piange con il figlio Victor e la nuora Margherita. - Milano, 4 febbraio 2014.
Profondamente addolorati per l'improvvisa
scomparsa del caro
Rolfi
zia Carmela e i figli Ferruccio e Massimo sono
partecipi al dolore della famiglia.
- Milano, 4 febbraio 2014.
Laura con Oscar, Lucetta con Sofia e Ernesto,
Giulia con i figli, danno l'addio a
Rudi
e sono vicini a Anna, Sarah e Thomas nel suo
ricordo. - Milano, 4 febbraio 2014.
Franco con Virginia e figlie piange
Rudy
l'amico di sempre.
- Montevecchia, 4 febbraio 2014.
Lisa, Claire, Riccardo sono vicini a Sarah, Thomas e Anna nel rimpianto per
Rudi
affettuoso biografo, amico prezioso.
- Milano, 4 febbraio 2014.
Un forte abbraccio a tutti coloro che dovranno
sopportare la perdita di
Rudy
Giuseppe Margherita Matilde Francesca Matteo
Razzanelli. - Firenze, 5 febbraio 2014.
Francesco Zanelli Quarantini e Cristina Riva
Crugnola con affetto e stima ricordano
Rodolfo Reichmann
- Milano, 4 febbraio 2014.
Ciao
Rudy
grazie per la tua affettuosa e generosa accoglienza.- Graziano Gatta.
- Parabiago, 4 febbraio 2014.
Marta Badoni, Simonetta Diena con Giancarlo
Graziola, Valeria Egidi Morpurgo, Ronny Jaffè
con Anna Calabi, Noè Lojacono, Anna Meregnani, Paola Molone abbracciano forte Anna e figli
per la dolorosa e improvvisa scomparsa di
Rodolfo Reichmann
- Milano, 4 febbraio 2014.
Addolorati per la morte di
Rudi
siamo vicini a Viki, Ita, alla mamma Gianna, alla
moglie Anna, ai figli Sarah e Thomas e ai nipoti.Eugenia e Franco, Anna e Alfonso, Marusa e Gigi, Catharina e Moritz.
- Milano, 4 febbraio 2014.
Rudi Reichmann
Ci mancherai immensamente ma ti terremo con
noi durante il cammino.- Niccolò, Tobia, Greta e
Claudio Robotti. - Milano, 4 febbraio 2014.
Il Presidente, l'Esecutivo e i soci della Società
Psicoanalitica Italiana sono vicini ad Anna Ferruta, a Thomas e Sarah Reichmann, nel dolore per
la perdita del loro caro
Rodolfo Reichmann
- Milano, 4 febbraio 2014.
I Fratelli della Cinque Giornate 844 di Milano
partecipano al dolore della famiglia Reichmann
per la perdita del carissimo
Rodolfo
maestro di vita e compagno di fecondi lavori.
- Milano, 5 febbraio 2014.
Rodolfo Reichmann
Partecipa al lutto:
– Silvia Banfi.
Ricordando il carissimo amico
È mancata al nostro affetto la mamma
È tornato alla casa del Padre il
Paolo
Lycia Villani
dott. Carlo Maria Dupré
siamo vicini ai suoi cari.- Franco Roberto Beppe
Edgardo Alberto. - Milano, 5 febbraio 2014.
Lo annunciano con papà Francesco, i figli Filiberto, Emanuela, Anna e Gianni, con Andrea, Ludovica, Francesco, Lorenzo, Costanza, suoi amati
nipoti.- I funerali si svolgeranno giovedì 6 ore 11,
Santa Maria di Nazareth, Sestri Levante.
- Sestri Levante, 4 febbraio 2014.
Lo annunciano la moglie Amalia, i figli Francesco
con Barbara, Benedetta con Stefano, il fratello
Giangaleazzo.- La cerimonia funebre si terrà
mercoledì 5 febbraio 2014 alle ore 14.45 presso
la chiesa di San Gregorio in Milano.- La tumulazione avverrà in seguito nella tomba di famiglia
a Rimini. - Milano, 4 febbraio 2014.
Il Presidente, il Consiglio Direttivo, il Segretario
Generale e tutto il personale di Manageritalia Milano sono vicini alla famiglia per la scomparsa
dell'amico
dott. Gianpaolo Pietra
- Milano, 5 febbraio 2014.
Partecipiamo al dolore della famiglia per la
scomparsa del tanto stimato
Gianpaolo
Il Presidente, l'Amministratore Delegato, il Consiglio di Amministrazione, il Collegio Sindacale e
i colleghi tutti di Assidir S.r.l.
- Milano, 4 febbraio 2014.
Gli amici Lions del Milano Borromeo si stringono affettuosamente a Chicca e alle figlie di
Gianpaolo Pietra
Di lui ci mancherà tanto la disponibilità, l'assiduo
e generoso lavoro per tutte le attività del club a
sostegno degli altri.
- Milano, 3 febbraio 2014.
Consiglio Direttivo e Collegio dei Revisori di
aidWeb - portale Lions sulle malattie rare - di cui
Gianpaolo Pietra
è stato collaboratore attivo e prezioso si associano al dolore della famiglia.
- Milano, 3 febbraio 2014.
I colleghi di Revistudio Alessandro, Daria, Fabio, Fosco, Marco, Maurizio, Paolo, Piera, Silvia,
con Carla partecipano commossi alla perdita
dell'amico
Dott. Gianpaolo Pietra
- Milano, 4 febbraio 2014.
Tutti i colleghi di Crowe Horwath, FIS e Antex
partecipano al dolore della famiglia per la scomparsa di
Gianpaolo Pietra
- Milano, 4 febbraio 2014.
John Stewart, Luciana Dolci, Gian Paolo Giannini, Giusi Lamicela, Emanuele Borgonovo, Pietro
Magnoni, Gaetano Pizzitola, Carlo Dragani e Deborah Peracchi con profondo cordoglio partecipano al dolore dei familiari per la perdita di
Gianpaolo
- Milano, 4 febbraio 2014.
Si è spento per sempre lo straordinario luminoso sorriso di
Gianna Ichino Marchesi
Elena Ichino con Gabriele Reda, Valeria, Federico e le loro famiglie, assieme a Luca e Laura De
Lorenzo e le loro famiglie, ne ricordano l'innata
gioia di vivere, l'estrosa vivacità intellettuale, le
generosa e disponibile presenza negli affetti.- Un
grazie al nostro infermiere "storico" che l'ha seguita con impegno e perizia, alla "piccola" che ha
speso energie nuove e positive ma sopratutto a
Zhanna, senza la quale niente, di tutto quello che
abbiamo fatto, sarebbe stato possibile.- La Messa
funebre sarà celebrata nella chiesa dei SS. Martino e Silvestro, in viale Lazio, giovedì 6 febbraio
alle ore 11; da qui si proseguirà per il cimitero di
Chiaravalle dove Gianna riposerà nella tomba di
famiglia.- Piuttosto che fiori la mamma avrebbe
gradito un'offerta alla Vidas, corso Italia 17.
- Milano, 4 febbraio 2014.
Partecipano al lutto:
– I nipoti Maria Paola, Pietro, Giovanna, Andrea con le loro famiglie.
– Dina e Gianni Cortesi.
Partecipano al lutto:
– Sergio e Luciana Barenghi.
– Beppe e Marily Podda.
– Gontrano e Lolli.
– Maria Pia, Eugenio e Ludovica.
– Sergio e Adriana.
Addolorati per la morte di
Lycia Villani Patti
i fratelli Liliana con Gustavo, Mario, Massimo con
Anna ed i nipoti Riccardo con Cinzia, Lorenzo con
Laura e Maddalena con Giuseppe la ricordano
con affetto. - Milano, 4 febbraio 2014.
Dino e Paola, Roberto e Elda con figli e nipoti
sono vicini a Francesco, Filiberto ed Emanuela nel
dolore per la perdita della cara
Lycia Patti Villani
- Milano, 4 febbraio 2014.
Franco e Lulli Giacomazzi, unitamente a Francesca e Cecilia, si stringono con commozione e
grandissimo affetto a Francesco, Filiberto e Emanuela nel ricordo della carissima
Licia Villani Patti
- Milano, 4 febbraio 2014.
Fabrizio Clara Luca Karyn Linda ed Enrica sono
affettuosamente vicini a Francesco e a tutta la
famiglia nel ricordo di
Lycia Patti Villani
- Milano, 4 febbraio 2014.
Siamo affettuosamente vicini a Francesco e figli per la dolorosa perdita della carissima
Lycia
Antonella Assunta Clara e Jo Ileana Maria Laura
Pia e Valeria. - Milano, 4 febbraio 2014.
Gli amici di sempre sono vicini a Francesco,
Emanuela e Filiberto nel ricordo di
Lycia
Marisa, Laura, Marika, Alberto, Armanda, Paolo,
Marisa, Anna Paola, Maria Teresa.
- Milano, 4 febbraio 2014.
I figli, i fratelli e la famiglia tutta annunciano
con grande dolore la scomparsa di
Carloedgardo Minoli
Il funerale si terrà oggi alle 16.30 presso la chiesa di San Salvatore in Lauro a Roma.
- Roma, 4 febbraio 2014.
Giovanni, Matilde, Giulia e Salvo si stringono
commossi a Cristina, Francesca, Chiara e Jacopo
e alle rispettive famiglie e ricordano con profondo affetto
Carloedgardo Minoli
- Roma, 4 febbraio 2014.
Carledgardo Minoli
Francesco, Giovanna e Ludovica Minoli rivolgono
l'ultimo affettuoso saluto a Carledgardo e si stringono in un abbraccio ai nipoti e cugini Francesca,
Jacopo e Chiara. - Milano, 4 febbraio 2014.
Carlito
con amore sempre nel cuore.- RobertoToni con
Maddalena e Lorenzo Martino.
- Firenze, 4 febbraio 2014.
Giovannella
È piaciuto a Dio, nostro Signore, di chiamare a
sé il nostro fratello
Cecilia, Paola, Francesco e famiglia abbracciano tutti i cugini nel ricordo della
zia Gianna
che ha raggiunto i suoi amati Renato, Silvia e Pino.- Grazie Elena per la cura amorevole e rispettosa di questi anni. - Milano, 5 febbraio 2014.
Benedetta Dupré Pulga insieme al marito Stefano si unice al dolore della mamma Amalia per
la perdita del papà
Carlo
- Milano, 4 febbraio 2014.
La famiglia Pulga partecipa al dolore della famiglia Conti Dupré per la scomparsa di
Carlo Maria Dupré
- Milano, 4 febbraio 2014.
Pietro e Mariapaola Lunardi con Giuseppe,
Martina e Giovanna partecipano con affetto al
dolore di Cesare e famiglia per l'improvvisa perdita della carissima
Nicoletta
- Milano, 4 febbraio 2014.
I colleghi e amici del gruppo Rocksoil sono vicini con affetto a Cesare e famiglia in questo triste momento per l'improvvisa scomparsa della
cara
Nicoletta Tribbia
- Milano, 4 febbraio 2014.
Luigi e Bruno assieme a Giuliana e Teresa con
figli e nipoti annunciano la scomparsa della loro
cara mamma
Tina Ferrari
- Milano, 4 febbraio 2014.
L'Ospedale Villa Pineta partecipa al dolore di
Luigi e Bruno Nobile e delle loro famiglie per la
perdita della cara mamma
Ernestina Ferrari Nobile
- Pavullo nel Frignano, 4 febbraio 2014.
Il caro e amato amico
Padre Michele Simone
Presbitero
I confratelli Gesuiti desiderano ringraziarlo per la
coerente testimonianza di religioso, per l'umile e
profondo servizio della chiesa come vicedirettore
e scrittore de La Civiltà Cattolica, e intelligente
conoscitore della società italiana.- Le esequie sono fissate per giovedì 6 febbraio, alle ore 10, nella cappella di Villa Malta, in Roma, via di Porta
Pinciana 1. - Roma, 5 febbraio 2014.
Giorgio Bertoli
Ne danno il triste annuncio la moglie Anna, i figli
Gloria, Maurizio e Ursula, la sorella Nella, la
nuora Stefania, il genero Gigi e i nipoti.- I funerali avranno luogo il giorno 5 febbraio alle ore
10 nella chiesa di Santa Maria in Zivido, via Gorki
- Zivido di San Giuliano Milanese.
- Zivido di San Giuliano Milanese, 4 febbraio
2014.
Dopo lunga malattia è mancato all'affetto dei
suoi cari il
Commendatore
Dott. Adrio Guerneri
Ne danno l'annuncio i figli, il genero, la nuora ed
i nipoti.- La camera ardente è allestita presso la
Casa Funeraria San Siro di Milano, via Amantea,
dalle ore 8 alle ore 19.- Per il giorno e l'ora dei
funerali contattare il n. 0232867.
- Milano, 4 febbraio 2014.
Cinzia, Bernardo, Veronica e Beatrice annunciano la scomparsa dell'amata nonna
Marisa Moscati
I funerali si terranno il 5 febbraio ore 10, presso
la Basilica di Santa Sabina all'Aventino, Roma.
- Roma, 3 febbraio 2014.
Nel decimo anniversario della scomparsa di
Giovanna Musati
in Tronchetti Provera
la famiglia la ricorda con profondo amore.- Una
Santa Messa verrà celebrata il 7 febbraio alle ore
17,15 nel santuario di Santa Maria delle Grazie
in corso Magenta, Milano.
- Milano, 5 febbraio 2014.
Da un anno è mancato
Sandro Cannavale
Silvana, Manuela, Fabio, Dario e le loro famiglie
lo ricordano con immutato affetto.- Oggi alle
18.30 sarà celebrata una Santa Messa nella chiesa di San Babila. - Milano, 5 febbraio 2014.
5 febbraio 2000 - 5 febbraio 2014
Marina Franceschini
Sei sempre la nostra stella che brilli lassù.- I tuoi
cari. - Milano, 5 febbraio 2014.
Enzo Muzii
ci ha lasciato.- Siamo vicini a Caterina e Andrea.Mirella, Simone, Jacopo e Lalla.
- Roma, 4 febbraio 2014.
Ancora un saluto caro
Enzo
ricordando il coraggio della tua contagiosa allegria.- Giovanni e Maddalena.
- Milano, 4 febbraio 2014.
Silvia, Marco, Gabriela e Matilde abbracciano
con affetto Daniele, Manuela, Matteo, Alessandro e Giorgio per la perdita dell'amata nonna
Lidia
- Milano, 5 febbraio 2014.
La famiglia Torrisi si unisce al dolore di Daniele
e Anna per la scomparsa della loro cara mamma
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Corriere della Sera
- Milano, 4 febbraio 2014.
Dopo una vita a Roma si è spenta serenamente
a Parigi
Ciao
Alice racconterà a Mattia, Riccardo, Giulio e
Valerio che la bisnonna
amava affidare alle note delle canzoncine il suo
tenerissimo, mai banale, affetto per loro!
- Milano - Roma, 4 febbraio 2014.
Partecipano al lutto:
– Tina, Adele con Piercarlo, Anna Maria con Silvia con fraterna amicizia.
Il giorno 4 febbraio è improvvisamente mancato all'affetto dei suoi cari
Odette Ousset
Ne danno il triste annuncio i figli Bertrand con
Helene Huber, Xavier, Sabine con Tommaso Pignatti Morano, i nipoti Celestine, Filippo con Monica, Giacomo e i nipotini tutti.- A esequie avvenute una Santa Messa sarà celebrata a Roma
nella chiesa di San Luigi dei Francesi venerdì 7
febbraio alle 19. - Parigi, 26 gennaio 2014.
Il 3 febbraio ci ha lasciato all'improvviso il nostro caro papà
Giorgio Pizzochero
alpino, sciatore, bio-agricoltore, tenace lavoratore, amante della natura e del bello.- Eterno ragazzo con le sue stravaganti imprese ci ha riempito la vita.- Pierdavid ed Elisabetta.
- Roma, 5 febbraio 2014.
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Necrologie: € 1,90
Adesioni al lutto: € 3,70
A MODULO:
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e ringraziamenti: € 258,00
Diritto di trasmissione:
pagamento anticipato € 1,67 - pagamento differito € 5,00
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è subordinata al pagamento
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tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30
fax 02 25886632 - e-mail: [email protected]
Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
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Giochi e pronostici
Come si gioca
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riga, colonna e riquadro
contengano una sola
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12 Numero SuperStar
Jackpot indicativo prossimo concorso: 9.300.000,00
Ai 6:
- Ai 5 stella:
23.043,00
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Ai 3 stella:
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il ministro Bray frena sul decreto
Miami, un super attico da 25 milioni di dollari
2 Il proprietario è un italiano, amico di Galliani
ce la può fare: da Amato a Monti, ecco
3 L’Italia
come secondo cinque ex premier
Napolitano a Strasburgo: «Basta austerity»
4 I parlamentari leghisti lo interrompono
assolto il semaforo con il trucco
5 Segrate,
Neanche un euro agli automobilisti
Valentino in forma
Prime prove della stagione a
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superato solo da Marquez.
Coppa Italia
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Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
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PER RICORDARE
PER RIFLETTERE
Seymour Hoffman Amanda Knox:
prete moderno
film e speciale
Per ricordare l’attore Philip
Seymour Hoffman, scomparso
nei giorni scorsi, stasera va in
onda il film Il dubbio (2008)
scritto e diretto da John
Patrick Shanley: 5
candidature agli Oscar 2009,
per l’intero cast Meryl Streep,
Philip Seymour Hoffman
(nella foto insieme: lei nel
ruolo di suor Alovsius; lui di
Padre Flynn) e per la miglior
sceneggiatura non originale.
Trama: 1964, Padre Flynn è un
sacerdote che insegna in una
chiesa cattolica del Bronx, la
cui preside è Sorella Aloysius.
Lui è moderno e simpatico; lei
severa, rigida, e cerca di
mantenere metodi all’antica.
Inevitabile lo scontro.
La sentenza della Cassazione
è ancora fresca: Amanda
Knox e Raffaele Sollecito sono
colpevoli dell’assassinio di
Meredith Kercher. Stasera si
comincia con il film basato
sulla storia dell’omicidio di
Perugia. Il film ci lascia con
una domanda: Amanda
(Hayden Panettiere, foto) la
studentessa di Seattle ha
commesso quel crimine? O è
vittima del sistema
giudiziario? A seguire alle 22,
il documentario «Oltre la
cronaca: Amanda Knox - Un
caso aperto» che analizza il
sistema legale italiano,
mostra le opinioni dei genitori
di Amanda, dei suoi amici,
degli investigatori, dei pm.
Il dubbio
Rai2, ore 23.20
Amanda Knox: la storia senza
fine - Crime+Investigation, 21
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$/!2 Film e programmi
Brad Pitt
nasce vecchio
Tre storie di vita
firmate Bbc
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Tratto da un racconto del
1920 di F. Scott Fitzgerald: la
storia di un uomo (Brad Pitt,
foto) nato 80enne che
ringiovanisce man mano che
il tempo passa.
Il curioso caso di Benjamin
Button; Rete 4, ore 21.15
Tre storie di vita vera firmate
Bbc: 2 donne e 1 uomo inglesi
lasciano casa e famiglia
per mettersi alla prova con
esperienza lavorative tra
Guatemala, Filippine e Liberia
Lavori al limite
laeffe, ore 21.30
Blasi e Mammucari
fra rifiuti e molestie
Paragone e la lite
Grillo-Boldrini
Ilary Blasi e Teo Mammucari
lanciano i servizi: Nadia Toffa si
occupa di rifiuti tossici a
Crotone. Pablo Trincia indaga
sul caso di un prete condannato
per molestie su minori.
Le Iene Show
Italia 1, ore 21.10
Gianluigi Paragone e le
polemiche infinite tra Beppe
Grillo e Laura Boldrini. Tra gli
ospiti del programma Claudio
Borghi, Maurizio Zamparini,
Sandro Gozi.
La gabbia
La7, ore 21.10
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Corriere della Sera Mercoledì 5 Febbraio 2014
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Film
e programmi
Huppert gallerista
ama un operaio
Isabelle Huppert è la gallerista
d’arte radical chic che si trova,
complici i figli, a innamorarsi di
un operaio di specchiata
ignoranza. Gli opposti
s’attraggono: per sempre?
Il mio migliore incubo!
Sky Cinema 1, ore 21.10
A Londra teppistelli
contro extraterrestri
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Extraterrestri cattivi a Londra.
Stavolta ad averci a che fare sono
teppistelli (John Boyega, Jodie
Whittaker e Luke Treadaway, foto)
che difendono il ghetto coi denti.
Attack the block - Invasione
aliena
Sky Cinema Hits, ore 21.10
Matt Damon
cura gli animali
Rimasto vedovo, lo scrittore
Benjamin Mee (Matt Damon,
foto) lascia il lavoro e si trasferisce
coi figli in una tenuta all’interno di
un vecchio zoo. Per contratto
deve tenere attivo il parco.
La mia vita è uno zoo
Sky Cinema Family, ore 21
La spada di Kitano
tra clan e geishe
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Zatoichi (Takeshi Kitano, foto,
che cura anche la regia) è un
vagabondo e un maestro della
spada: dovrà vedersela con
spietati clan e con misteriose
geishe.
Zatoichi
Sky Cinema Cult, ore 21
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A fil di rete
di Aldo Grasso
Il boss dei matrimoni
e il reality nella vita
I
l programma che in questo momento mi diverte di più è
«Il boss delle cerimonie», il docu-reality che Real Time
trasmette il venerdì sera. Il programma è dedicato ai cosiddetti matrimoni «alla napoletana» che hanno offeso la
sensibilità di alcuni. Avete presente la scena iniziale del
film «Reality» di Matteo Garrone dove si celebra un matrimonio? Non era un’invenzione.
La location è il famoso «castello» «La Sonrisa» di Sant’Antonio Abate: un trionfo del kitsch,
di sale finto-barocco, di arredi
Vincitori e vinti
sfarzosi, di fuochi d’artificio, di
giochi d’acqua, di balli, di serenate, di cantanti neomelodici,
Elisa
persino di elicotteri. Pare che in
Isoardi
quel «castello» si celebrino un
Tv del
numero elevato di matrimoni,
mattino,
una sorta di gara a chi stupisce
Raiuno batte
di più gli invitati.
Canale 5. Il tradizionale
Il divertimento non consiste
appuntamento con
«Uno Mattina» (prima
nell’analizzare uno «spaccato»
parte), condotto da
di vita napoletana, nel fare della
Elisa Isoardi, ottiene
facile sociologia, nell’irridere la
una media nella
pacchianeria del tutto. Questa
settimana di 958.000
Disneyland del matrimonio sorspettatori, 18% di
prende proprio per la nozione
share.
stessa di reality. Che non è solo
un’invenzione televisiva, un genere; è un’interpretazione della
Federica
realtà, un modo d’intendere la
Panicucci
vita, l’enfasi con cui si fanno le
Tv del
cose.
mattino,
Il copione è sempre lo stesso:
Canale 5
a dominare la scena c’è immansuperata da Raiuno.
cabilmente la madre della sposa
L’appuntamento con
che vuole avere l’ultima parola
«Mattino 5», condotto
su tutto. Il padre si rassegna a
da Federica Panicucci,
svolgere la funzione dell’ufficiaraccoglie una media
le pagatore e gli sposi vivono il
nella settimana di
tutto tra la fiaba e l’affermazione
704.000 spettatori,
sociale. Adesso è venuta fuori
per una share del
una storia che riguarda il gestore
12,5%.
e proprietario del «castello», il
boss delle cerimonie. Antonio
Polese è stato condannato a 2 anni e mezzo di carcere negli anni 80 per favoreggiamento, sono scoppiate polemiche e ci sono persino interrogazioni parlamentari circa un matrimonio
tra figli di boss.
Sarà compito della magistratura fare luce su questi episodi.
Resta il fatto che il reality è nella vita, prima ancora che in televisione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Mercoledì 5 Febbraio 2014 Corriere della Sera
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