32 Femminile Maschile La Guida un libro, una storia “Vedo le parole e non riesco a dirle”. A scriverlo sul pc, grazie al metodo della scrittura facilitata, è Andrea Antonello. Il mondo parallelo in cui abita da quando aveva 30 mesi è l’autismo. Oggi ha vent’anni e al suo fianco ha un padre tenace, resistente e speciale, Franco. Saranno entrambi a Cuneo per Scrittorincittà, giovedì 13 novembre alle ore 18 presso la sala Blu della Provincia. “Vedo le parole e non riesco a dirle”. A scriverlo sul pc, grazie al metodo della scrittura facilitata, è Andrea Antonello. Il mondo parallelo in cui abita da quando aveva 30 mesi è l’autismo. Oggi ha vent’anni e al suo fianco ha un padre tenace, resistente e speciale, Franco. Saranno entrambi a Cuneo per Scrittorincittà, giovedì 13 novembre alle ore 18 presso la sala Blu della Provincia, per raccontare una storia che non ha niente di leggero, a parte i suoi protagonisti e il modo in cui la stanno affrontando. Non a caso “Sono graditi visi sorridenti “(Feltrinelli 2014) è il titolo del libro che hanno scritto insieme. Si tratta di una delle frasi che Andrea ha digitato sul computer, attraverso la strada che ha trovato per trasmettere all’esterno i suoi pensieri. Sì, perché, come scrive Franco Antonello “a un certo punto comincio a capire meglio cos’è l’autismo: una ricetrasmittente che riceve tutto ma trasmette solo rumore bianco. Entra tutto: dettagli, concetti, ogni minimo messaggio. Esce poco o niente.” La scrittura facilitata non è prevista dai programmi ministeriali e non tutti ci credono. E forse non con tutti funziona. Con Andrea, sì. Anche se all’inizio nemmeno Franco ci credeva. Il facilitatore prende la mano del ragazzo e la guida sulla tastiera del computer per permettergli di rispondere alle domande che gli vengono poste, ma a poco a poco (ci vuole tempo) basterà tenergli il braccio, poi la spalla, un semplice dito appoggiato sulla schiena. In questo modo Andrea è divenuto pressoché autonomo nella digitazione. In questo modo, seppure con pazienza e lentezza, è diventato possibile accedere al suo mondo e ai meravigliosi pensieri che lo attraversano. “Crederci quando non ci crede nessuno”: lo spirito pio- nieristico soffia in tutta questa storia, attraverso tutte le strade battute alla ricerca di una risposta, un varco, una speranza, ma soprattutto attraverso la disponibilità a pensare e tentare l’impensabile: un viaggio di cinque mesi negli Stati Uniti e in America latina, in aereo, in moto e in macchina, cambiando albergo ogni giorno, ristorante due volte al giorno, per un totale di 40 mila chilometri percorsi. “Ma un ragazzo autistico non è meglio che se ne stia tranquillo, cullato dalla ripetitività e lontano da quegli imprevisti che lo mettono in agitazione”? Andrea in viaggio interagisce, si apre, vive… Evidentemente non tutto è già stato detto e scritto. La storia di quest’avventura on the road è raccontata nel romanzo di Fulvio Ervas “Se ti abbraccio, non avere paura “ (Marco y Marcos 2012). Il dolore e la rabbia che scaturiscono dall’impossibilità di rassegnarsi non sono solo una manifestazione dell’impotenza, ma possono trasformarsi in energia utile a far muovere le cose. La Fondazione I bambini delle fate nasce proprio dal desiderio di Franco Antonello di “fare qualcosa” per i ragazzi autistici e per le loro famiglie, in modo non improvvisato e affidato alla sola carità e beneficenza, estemporanee e quindi lente in un mondo che invece va veloce e dispone di modelli organizzativi in grado di far funzionare le iniziative. Franco Antonello è un imprenditore veneto di successo, uno che il lavoro lo sa organizzare. “Far bene le cose buone”: da qui l’idea della Fondazione, che utilizza l’abilità, l’energia, le competenze, la rete di relazioni di Franco per dare continuità nel tempo a progetti che così evitano di fermarsi perché il volontario di turno è malato o perché sono finiti i fondi disponibili. “Non è possibile che dove di lavora per il lucro tutto è perfetto e invece dove si la- venerdì 7 novembre 2014 “Vedo le parole ma non riesco a dirle” Con la scrittura facilitata Andrea, autistico, ha trovato una via per comunicare vora per la vita tutto è lasciato al caso. Non possono esistere due mondi così”, si ribella Franco a un certo punto. Cosa fa dunque la Fondazione I bambini delle fate? Chiede alle aziende di sposare un progetto in modo continuativo, piccole cifre mensili costanti, dando un riscontro preciso su cosa si sta facendo con quei soldi. Franco cerca progetti per disabili seri e affidabili che le aziende possano sponsorizzare. E una volta al mese su Il Sole 24 Ore e Il Corriere della Sera si pubblica una pagina informativa per ogni progetto attivo e sotto i marchi delle aziende che vi hanno contribuito. Vincono tutti: i progetti sociali e i loro destinatari, le aziende che scaricano i soldi come investimento pubblicitario e hanno inoltre un ritorno d’immagine. E’ semplice e proprio per questo funziona. E sta incominciando piano piano anche qui da noi, a Cuneo grazie alla Cooperativa MOMO e all’Associazione Fiori sulla Luna. Un nuovo modo di lavorare per il sociale. Un nuo- vo mondo possibile per entrare in contatto col mondo parallelo, difficile e misterioso dell’autismo , della disabilità e dei bambini che lo abitano. Donatella Signetti Nella fotografia a sinistra Andrea e Franco Antonella. Sopra la copertina del volume che racconta la loro storia. Il libro sarà presentato giovedì 13 novembre a Cuneo dalgi autori Gli adolescenti e la dipendenza da internet Ma tutti siamo diventati più compulsivi Il 15% degli adolescenti dopo un anno rischia di sviluppare una dipendenza da internet, con stato depressivo e consumo di nicotina e alcool. È quanto emerso da un’indagine dell’università di Taipei su un campione di 2.315 studenti, riportata nella ricerca sull’Internetpatia a cura dell’Aiart durante un convegno sulla dipendenza dal web. In Italia l’esperienza più significativa nel campo è quella dell’Ambulatorio dipendenza da internet del Policlinico Gemelli: in 5 anni ha preso in carico oltre 700 pazienti, di cui l’80% dagli 11 ai 24 anni, maschi, fruitori di chat, social network e giochi di ruolo. Alcuni sono connessi a internet anche 18 ore al giorno. “La dipendenza nasce dal fatto che sul web non c’è il rispecchiamento emotivo, non ci si guarda negli occhi per riconoscersi, mentre i bambini hanno bisogno di essere visti e considerati”, ha spiegato lo psichiatra Federico Tonioni, responsabile dell’ambulatorio: “L’impossibilità di vivere le emozioni causa il ritiro sociale, l’aggressività naturale si trasforma in rabbia e nasce il cyberbullismo”. I presupposti della dipendenza da internet “si radicano nella mancanza di continuità nel vissuto affettivo che lega ogni bambino all’ambiente in cui è chiamato cresce- re”. Ma tutti noi “siamo diventati più compulsivi”. L’Aiart compie 60 anni a novembre, ha ricordato il presidente Luca Borgomeo: “Abbiamo il dovere di occuparci di questi temi. Non abbiamo nessun atteggiamento ostile. Non demonizziamo il web, che è un formidabile strumento di sviluppo e mezzo di straordinaria importanza. Ma va giudicato l’uso che se ne fa. Obiettivo del nostro rapporto è far crescere la consapevolezza che l’uso distorto o l’abuso dei mezzi può far nascere gravi danni”. LAiart chiede di far entrare nei programmi scolastici “in modo più incisivo” la “media education“ z Armonizzare in noi le polarità femminile e maschile EDUCARSI ALLA RELAZIONE Ogni uomo possiede, così come ogni donna, una componente femminile e una componente maschile.La componente femminile è quella che “riceve”, accoglie, accudisce e quella maschile agisce, porta all’esterno, manifesta, rende concreta l’intenzione. Tutto semplice e lineare, ma solo in apparenza perché le due polarità (maschile e femminile) sono determinate in gran parte dalla cultura, dalle credenze del collettivo e da quelle individuali, quindi da ciò che si ritiene “debba essere” femminile e maschile. Quando la società vive un periodo di stabilità, fa esperienza della ripetizione: in un modo si comporta una generazione e con le stesse modalità si comporta la generazione succes- siva (le “trasgressioni” sono riconosciute e severamente punite con l’esclusione, l’emarginazione dalla comunità). Le crisi (come quella odierna) danno invece uno scossone a questo impianto. Per qualcuno questa situazione è fortemente destabilizzante perché vengono a mancare i punti di riferimento, crollano le certezze, altri vivono questo periodo come opportunità per rimettere in discussione, rivedere ciò che è connotato culturalmente e non ha più senso che permanga. Quando tutto sembra crollare, non ci sono molte possibilità di scelta. “Dormire” non si può e per trovare un nuovo equilibrio, è importante tenere desta la ricerca . Se il maschile e il femminile “fuori” sembrano allontanarsi (separazioni, scelta di non sposarsi..), una possibilità è quella di guardare che cosa è in conflitto “dentro”. Se è vero che la realtà esterna è lo specchio di ciò che accade all’interno dell’essere umano, lo sguardo va riportato al punto di partenza, al “femminile” e al “maschile” separati dentro di noi. Alcune generazioni fa era più facile (apparentemente) tenere insieme gli opposti perché sostanzialmente non si incontravano (le guerre, con gli uomini al fronte, l’emigrazione…) e perché gli ambiti e i compiti erano ben definiti. Tutto si muoveva su binari stabiliti e poco discutibili. Poiché oggi i ruoli non sono più fissi e immutabili, anche le risonanze interiori cambiano. Il diverso valore attribuito alla donna la legittima a sentirsi “presente”, a desiderare di esserlo. Ogni passaggio, ogni spostamento, crea però un iniziale disequilibrio. Le cose non sono più al loro posto, dove erano prima. Ogni movimento esterno prevede un cambiamento, un adeguamento interiore. Per capire la vera essenza di ciò che sta accadendo, è necessario che lo sguardo dall’esterno, da ciò che in apparenza sta fuori, si sposti dentro. Riportare lo sguardo dentro di noi quando tutto sembra accadere fuori, non è sempre facile perché non siamo abituati. Riportare il conflitto dentro di noi, accoglierlo come occasione che ha qualcosa da mostrarci è il primo passo per evitare che irrompa all’esterno con modalità che perpetuano l’incomprensione. In queste occasioni possiamo prima far dialogare le due polarità insite in noi. La componente femminile accoglie e quella maschile esamina, pondera . Insieme, le due componenti possono chiarire il conflitto, creando una condizione in cui ci sia un’ armonia interiore, in modo da poter incontrare su un piano di confronto e non di scontro, il maschile e il femminile fuori. Gabriella Daniele
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