5,00 € GENNAIO/FEBBRAIO - 2014 N°68 MAGAZINE DEL COMMERCIO MODERNO N BIMESTRALE IL ANGELO MASSARO LA DIREZIONE DEL CAMBIAMENTO MDD EXPO 2015 NORMATIVE WI-FI Conti ancora aperti con l’Industria di Marca L’identikit dei 20 milioni di visitatori La rivoluzione dell’etichettatura presto al via Custumer care e marketing in store Dal 1857 Il puro distillato d’erbe Distribuito da: OnestiGroup S.p.A. www.onestigroup.com EDITORIALE S e è vero che il lungo periodo di recessione è terminato - ma gli effetti positivi sull’ occupazione, sulla società e sui consumi tarderanno a farsi sentire - la domanda ancora inespressa, ma nel retropensiero di molti operatori dell’industria e della distribuzione, è quale sarà lo scenario dei consumi che ci attende. La caduta di 7 punti percentuali di Pil in pochi anni, consumi per intere categorie ritornati a qualche decennio fa, la capacità di spesa delle famiglie in costante contrazione (nell’ultimo anno 18 milioni di famiglie hanno dichiarato difficoltà a far fronte a spese improvvise e al pagamento delle tasse), cui aggiungiamo le pecche della politica, la fragilità istituzionale, ma anche l’arretramento della grande e media industria ( i recenti episodi di Fiat ed Electrolux, ma anche di Lactalis per rimanere nel largo consumo, qualcosa dicono): ci troviamo di fronte a un quadro certamente non proiettato verso una svolta positiva. Certo, secondo il Censis non abbiamo un paese seduto, anzi, continua a puntellare lo smottamento economico-sociale come può, appoggiandosi alla famiglia-rete e facendo scelte d’acquisto intelligenti e non pauperistiche improntate a un modello di sobrietà. E in questo quadro la celebrazione della marca del distributore, garantendo convenienza da un lato e trasparenza e qualità dall’altro, svolge un ruolo importante. Ma se il consumatore sta orientando i propri acquisti secondo modelli di convenienza e se è ragionevole pensare che così sarà ancora a lungo, quali saranno gli impatti sugli scaffali? Una recente ricerca svolta negli Stati Uniti da Catalina evidenzia che in un anno di acquisti presso quasi 10 mila supermercati alimentari i consumatori comprano meno dell’1% (per l’esattezza lo 0,7%) delle unità di prodotto presenti a scaffale, vale a dire 260 prodotti in media sugli oltre 35 mila presenti nei punti vendita. Gli Usa non sono l’Italia, si dirà. Ma il dibattito in corso nel nostro Paese se ridurre o meno i prodotti sui lineari, se e come ottimizzare lo scaffale, può certamente trarne qualche ulteriore elemento di riflessione. In qualunque direzione si proceda e qualunque sia la scelta dei retailer italiani su questo argomento, sembra urgente rivedere la proposizione di offerta ai consumatori, individuare nuove strade da percorrere e dotarsi di strumenti innovativi per ristabilire un circolo virtuoso rifocalizzato sulla relazione e sul servizio ai clienti, anche con l’uso delle tecnologie in mobilità. Se viceversa non si farà nulla, il rischio è che la ricerca di convenienza si trasformi in una strategia al ribasso da parte dei consumatori verso prodotti di minore qualità con un avvitamento a spirale che non porterebbe alcun beneficio. Anzi impoverirebbe non poco tutta la filiera del food. Fabrizio Gomarasca 1 BEVERAGE & GROCERY 5,00 € GENNAIO/FEBBRAIO - 2014 N°68 MAGAZINE DEL COMMERCIO MODERNO N BIMESTRALE IL Sommario gennaio / febbraio - 2014 ANGELO MASSARO LA DIREZIONE DEL CAMBIAMENTO MDD EXPO 2015 NORMATIVE WI-FI Conti ancora aperti con l’Industria di Marca L’identikit dei 20 milioni di visitatori La rivoluzione dell’etichettatura presto al via Custumer care e marketing in store Attualità 4 Cover Story: La nuova Gd raccontata da Angelo Massaro di Iri 10 Mdd: Il dualismo irrisolto tra Idm e Insegne Mercati 14 0LFURELUULÀFLLa birra artigianale va alla conquista del retail 18 Biologico: La crisi non ferma i consumi del comparto 22 Succhi di frutta: Un settore da rilanciare 24 Tè: Un prodotto segmentato, che valorizza le origini 28 Merendine: Pregi e difetti degli snack secondo gli internauti 10 Expo Milano 2015 32 Road Map: Tutti i numeri dell’evento 33 I target: Chi e come saranno i visitatori dell’Esposizione Universale? Etichettatura 36 Legislazione: Così cambia in Europa 38 Il consumatore: È lui il punto di riferimento della nuova normativa 36 Distribuzione 44 Sicurezza: Costano ancora troppo i furti nel retail 46 Esd: Proposte per il nuovo anno 49 4Food: Come animare pdv depressi 46 Logistica 54 P&G: La collaborazione è un obiettivo a portata di mano Tecnologia 58 Digital World: Dalla rete un monitoraggio costante dei prezzi 59 Marketing: Debutta Payback per premiare “i più fedeli” 60:LÀIl futuro della distribuzione passa da qui 62 Universo app: I nuovi traguardi dell’innovazione 54 sts italiana NUMBER1 sostiene il e la campagna contro gli sprechi: le eccedenze alimentari come opportunità. Partecipa anche tu! Scopri come fare www.bancoalimentare.it Leader nella soddisfazione. Oltre 14.000 supermercati con oltre 800.000 spedizioni, in oltre 6.000 località italiane. Specialisti nel mondo Grocery. 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NUMBER 1 Logistics Group S.p.A - PARMA - Tel. 0521.692853 - [email protected] COVER STORY A COLLOQUIO CON ANGELO MASSARO SULLA TRASFORMAZIONE STRUTTURALE CHE HA TRAVOLTO IL MERCATO E COSTRETTO IL RETAIL A CAMBIARE VOLTO E IL CONSUMATORE ABITUDINI DI SPESA di Carmela Ignaccolo Grande distribuzione: la direzione del cambiamento 4 BEVERAGE & GROCERY VOLUMI LARGO CONSUMO CONFEZIONATO IPER + SUPER + LIBERO SERVIZIO PICCOLO + DRUGSTORE TOT LCC Alimentari Bevande Casa+Persona Pet 2013 -1,5% -1,3% -3,4% -0,8% -1,2% IV Q 13 -0,7% -1,1% -1,6% 1,3% -2,3% Fonte: IRI InfoScanCensus -0,7% Calo degli acquisti nell’ultimo trimestre del 2013 12% Quota del risparmio privato negli ultimi tre anni. In riduzione quidi rispetto al 15-16% degli anni ‘90 del secolo scorso Angelo Massaro amministratore delegato Italia e Grecia di IRI «S i riduce la spesa delle famiglie per i beni di Largo Consumo Confezionato, flettono i volumi di alimentari e bevande, i prezzi registrano ancora un lieve aumento, prosegue il trading down». Non proprio un bollettino di guerra, quello che ha scandito gli ultimi mesi del 2013, ma quasi. E comunque abbastanza da rendere sempre più incerto ai nostri occhi lo scenario del prossimo futuro e porci davanti ad alcuni interrogativi intriganti. Li abbiamo quindi prontamente rivolti ad Angelo Massaro amministratore delegato Italia e Grecia di IRI. «Solo un consolidamento della situazione economica- commenta Massaro - potrebbe mettere in moto una ripresa significativa. Un’inversione di tendenza nei meccanismi legati alla fiducia dei consumatori potrebbe riattivare una macchina oggi ferma. In cui gli acquisti, dopo un calo dell’1,5% nel 2013, hanno rallentato questa loro corsa “al ribasso” per stabilizzarsi al -0,7% nell’ultimo trimestre». Quindi non si è persa del tutto la speranza che i consumi ritornino alla situazione pre- crisi? No, non la metterei in questi termini. Vede, quello che abbiamo oggi di fronte è un cambio strutturale. All’interno della filiera del LCC sono emerse alcune leve che hanno offerto la possibilità di rivedere il concetto stesso di spesa. Il largo consumo rappresenta la terza voce di spesa per le famiglie italiane ed è pari a circa 68 miliardi di euro all’anno. Bene, su questa fetta il consuma- Sul LCC il consumatore riesce oggi a risparmiare circa il 2%, riducendo i consumi e ricorrendo alle promo tore di oggi – sempre più attento e professionale nelle sue scelte di acquisto- è riuscito a risparmiare circa il 2%, riducendo i volumi, facendo ricorso ad offerte promozionali sempre più frequenti, optando per un trading down sempre più marcato, rivolgendosi a canali alternativi, aumentando la frequenza di spesa e riducendo le scorte. Ecco, non credo proprio che, anche se si fosse in presenza di una forte ripresa economica, sia ormai disposto ad accantonare queste strategie utili per la salvaguardia del budget famigliare. C’è poi un altro aspetto da non sottovalutare. Negli ultimi cinque anni il risparmio privato è sceso al 12% del reddito disponibile, mentre fino agli anni ’90 del secolo scorso viaggiava tra il 15-16%. Anche nel caso in cui si raggiungesse in tempi brevi l’obiettivo di ripristinare quella precedente soglia, tanti indicatori fanno pensare che il risparmio non andrà incanalato immediatamente nell’acquisto di prodotti di largo consumo, ma negli acquisti di beni che si erano tagliati in precedenza (mi viene in mente in primis il settore automotive) perché “non ce li si poteva permettere”. Lo spauracchio della deflazione continua a far fibrillare i mercati. Com’è la situazione nel LCC? Ben lontana da questo rischio, anche se nel comparto si è registrato nel corso degli ultimi mesi un rallentamento della crescita dei prezzi, tale da portare oggi l’inflazione BEVERAGE & GROCERY 5 COVER STORY intorno allo 0,9%. Si tratta comunque di una variazione positiva, che non consente ancora di parlare di deflazione. Quello che è invece innegabile è che l’elasticità ai prezzi (e quindi l’attenzione alle loro dinamiche) è aumentata, al punto che è la stessa filiera ad assorbire gli aumenti e a calmierare i prezzi per stare al passo con un sistema fortemente competitivo. Ovviamente si tratta di una strategia a tempo che non potrà prescindere dal fattore “marginalità”. La deflazione con la D maiuscola è quella della Grecia, dove il calo dei prezzi è arrivato al - 5% e le aziende medio-piccole, incapaci di sopportare l’elevata pressione promozionale, hanno dovuto cedere il passo alle multinazionali, oggi uniche attrici sul mercato ellenico. In Italia la dinamica è completamente diversa: da noi le aziende di media dimensione sono ancora salde. COME HANNO RISPARMIATO LE FAMIGLIE NEL 2013 Fonte: Stime IRI; Ipermercati, Supermercati, Libero Servizio Piccolo, Specialisti Casa Toilette, Discount. Dati ad anno terminate ottobre 2013 rispetto anno precedente Restano ancorate al 25% di quota di mercato (mi riferisco qui alle aziende che si trovano dal 26° al 200° posto in un rank fatto sulla base del fatturato). PRODOTTI GROCERY: EVOLUZIONE DELLA QUOTA DELLE VENDITE NEI CANALI 2008 2013 Ipermercati 17,9% 16,7% Supermercati 53,1% 54,3% Libero Servizio Piccolo 15,5% 13,6% Drugstore 2,5% 3,4% Discount 11,0% 12,0% Tot 100,0% 100,0% Fonte: elaborazioni IRI su dati interni La congiuntura economica, peggiorata negli ultimi mesi, ha reso sempre più evidente il fenomeno della trasversalità dei canali. Quanto sarà ancora sostenibile questo meccanismo, secondo lei? Ritengo che ormai sia entrato a buon diritto tra le nuove modalità di shopping. I consumatori hanno infatti avuto modo di sperimentarne in prima persona la valenza competitiva e non credo che in futuro vi rinunceranno facilmente. Diciamo pure che la trasversalità può essere tranquillamente annoverata tra le nuove leve che consentono oggi di rivedere, ripensare e modificare la vecchia concezione di spesa. Ne sono un esempio i Drug Store con il loro peculiare assortimento e maggior servizio. Ma lo è anche lo shopping PREZZI LARGO CONSUMO CONFEZIONATO IPER + SUPER + LIBERO SERVIZIO PICCOLO + DRUGSTORE TOT LCC Alimentari Bevande Casa+Persona Pet 2013 0,9% 1,3% 2,3% -1,4% 3,2% IV Q 13 0,9% 1,4% 2,0% -2,2% 4,3% Fonte: IRI InfoScanCensus 6 BEVERAGE & GROCERY PRESSIONE PROMO IPER + SUPER + LIBERO SERVIZIO PICCOLO + DRUGSTORE TOT LCC Alimentari Bevande Casa+Persona Pet 2013 27,0% 27,0% 29,0% 26,1% 20,2% IV Q 13 28,2% 28,2% 31,6% 26,4% 20,6% Fonte: InfoScanCensus on-line che, nonostante segni ancora il passo nell’alimentare (un comparto particolarmente difficile e su cui le pretese degli italiani sono elevate) sono convinto ci riservi a breve sorprese interessanti. Sempre più spinto il ricorso alle promo: si tratta di uno strumento un po’ spuntato o risulta ancora efficace? I meccanismi su cui oggi le promozioni si basano sono da cambiare? Il rischio che la leva promozionale si riveli poco efficace c’è senza dubbio. A fronte di una pressione di circa il 27%, infatti, il ritorno economico non è altrettanto elevato. E questo perché il consumatore è diverso, più infedele e tecnologicamente equipaggiato per confrontare e quindi selezionare l’offerta a volantino. Con questa mia af- fermazione, comunque, non voglio certo demonizzare le promozioni visto che hanno contribuito a fare del Largo Consumo ciò che esso è oggi. L’imperativo odierno è quello di puntare alla distinzione, è fondamentale che i consumatori le percepiscano sempre come un evento dotato di una peculiarità. Per questo occorre che ogni promozione venga mirata ad un target ben preciso. Sparare nel mucchio, oggi più che mai, è solo un dispendio inutile di risorse, tempo e immagine del brand. Che la parola d’ordine sia personalizzazione, dunque, e non massificazione. È per questo, infatti, che vedo nelle nuove tecnologie basate su engagement e gamefication, degli utili strumenti per customizzare l’approccio EVOLUZIONE DELLA MARCA COMMERCIALE Fonte: IRI. (1)Ipermercati, Supermercati. Dati 2004. (2) Ipermercati, Supermercati, Libero Servizio Piccolo. Dati 2013. promozionale. Altro consiglio che mi sento di dare a Industria di Marca e Grande Distribuzione è quello di adottare strumenti in grado di misurare scientificamente il ritorno delle operazioni promozionali. Quello cioè di investire in strumenti analitici che non guardino al passato, ma che prefigurino scenari futuribili. E di questo parlo con una certa cognizione di causa, visto che all’interno di IRI le principali linee di business riguardano proprio queste tipologie di indagine. Cresce la quota delle pl e anche se l’Italia è ancora lontana dai “big” europei, i risultati sono positivi. Saranno le marche d’insegna a costituire l’unica exit strategy dignitosa e possibile per industria, distribuzione e consumatori o anche su di esse incombe l’incognita del futuro? In Italia le Pl, con una quota media del 18,9% e una crescita di circa un punto all’anno, hanno contributo in misura proporzionale alla dinamica dei mercati. Rispetto alla marca privata in Europa noi abbiamo da colmare un gap visto che il tasso di maturità della marca commerciale in Italia è inferiore del 40% rispetto alla media europea, quindi ci sono ancora parecchi margini di crescita, anche se la situazione del retail italiano non è certo paragonabile a quella della distribuzione nel Regno Unito o in Spagna. Quanto ad attribuire alle pl il ruolo salvifico nell’attuale situazione eco- BEVERAGE & GROCERY 7 COVER STORY QUOTA VALORE DELLA MARCA COMMERCIALE 18,9 18,0 17,2 16,3 2010 2011 2012 2013 Fonte: IRI. Ipermercati, Supermercati, Libero Servizio Piccolo. Totale Largo Consumo Confezionato. nomica, andrei piuttosto cauto. Spetterebbe all’Idm il ruolo di traino, in quanto è storicamente sua la prerogativa dell’innovazione. Peccato che da qualche tempo a questa parte abbia scelto di accantonare gli investimenti in R&D, preferendo basare la propria dialettica su prezzi e promozioni. Forse la paura è che i consumatori oggi non siano disposti ad accogliere prodotti innovativi anche per una questione di costi? No, non credo, anche perché ricerche sul tema hanno dimostrato che il pubblico è ancora aperto nei confronti dei nuovi lanci per quanto questi siano meno numerosi e frequenti. Tra l’altro da un recente studio condotto da IRI emerge che le vendite medie di una nuova referenza negli ultimi quattro anni restano invariate (sono ancorate infatti a poco meno di un milione di euro). Purtroppo questa carenza di innovazione è determinata da tipologie di scelte tattiche maturate dalle aziende. Preferiscono fare volumi con le promozioni, anziché assumersi il rischio di investire in qualcosa di nuovo (con gli ovvi costi 8 BEVERAGE & GROCERY correlati). Peccato che di questo passo e con questo atteggiamento da temporeggiatori, rischino di non fare più neanche volumi… Nel 2010 il divario promozionale tra iper e super era di 6 punti; oggi si è ridotto al 4,5% Si parla da tempo della crisi degli ipermercati. Secondo lei è possibile oggi ipotizzare un nuovo futuro per questo formato distributivo? Diciamo che fattori ambientali, strutturali e competitivi hanno congiurato per mettere alle corde il format. Oggi gli ipermercati sono infatti sempre meno in sintonia con le esigenze del nuovo consumatore che ha ridotto le grosse spese di scorta e che preferisce rifornirsi sotto casa, magari senza prendere l’auto, dove forse ritrova promozioni identiche. In altri termini l’ipermercato ha perso un po’ di valore distintivo, manca di quel quid che potrebbe ancora farlo preferire ad altri formati. Basti pensare, per esempio, che il divario promozionale tra iper e super che nel 2010 era di 6 punti oggi si è ridotto al 4,5%. Una strada percorribile sarebbe quella di trovare nuove leve che accentuino le peculiarità del canale, per esempio, lavorando sul traffico nel week-end e diversificando le promozioni e i volantini. E a proposito di tempismo e sincronia con il mercato di oggi, cosa pensa del ruolo delle centrali. Garanti della sopravvivenza delle insegne o zavorra del cambiamento? Un tempo il loro ruolo di aggregati di fatturato (anche parecchio eterogenei) le rendeva una potenza in termini di contrattazione. Ma parliamo di un’epoca in cui l’enfasi veniva ancora posta proprio sugli acquisti. Oggi, in un momento in cui la domanda è debole e i volumi flat, il focus va messo su marketing e vendite e il modus operandi deve essere agile. Temo quindi che strutture pachidermiche come le centrali siano poco indicate agli sforzi che il mercato richiede oggi. Un’ultima osservazione: secondo lei per il retail italiano le insegne straniere sono una minaccia, un’opportunità o pensa che abbiano un ruolo puramente complementare? Beh, da uno sguardo alla situazione attuale viene da pensare che in Italia in questo momento siano in difficoltà. In tre anni il loro peso, infatti, è sceso di 3 punti per attestarsi al 21%. Probabilmente a disincentivarne un vero e proprio exploit è stata la loro incapacità di radicarsi sul territorio e di favorire i localismi. Un ambito, questo, molto ben presidiato invece dall’assetto cooperativistico che in Italia è molto forte. Se dall’estero è arrivata una lezione proficua, questa riguarda invece la valorizzazione delle private label, divenute anche da noi, in pochi anni, veri brand system. B MDD La marca del distributore diventa adulta NON CHIAMATELA PIÙ PRIVATE LABEL. IL NUOVO NOME CERTIFICA IL VENTO IN POPPA E IL TREND DI CRESCITA. MA CON L’IDM CI SONO ANCORA DEI CONTI DA SALDARE di Fabrizio Gomarasca G li splendori della marca commerciale - pardon d’ora in poi la si dovrà chiamare marca del distributore - sono state al centro della due giorni di Marca a Bologna, la manifestazione che da dieci anni rende conto della lunga cavalcata dei prodotti fatti realizzare dalla distribuzione. E che negli ultimi anni la cavalcata si sia trasformata in galoppo, lo stanno a dimostrare alcuni dati diffusi come consuetudine dall’Osservatorio curato dal professor Guido Cristini, prorettore dell’Università di Parma, in collaborazione con Iri, presentato nel convegno di apertura della manifestazione. Vediamoli. Il fatturato dalla Mdd nel mercato del largo consumo confezionato è arrivato nel 2013 a sfiorare i 10 miliardi, per l’esattezza 9,7. La quota di mercato in valore è cresciuta dello 0,7%, toccando il 18.9%. La quota a valore della Mdd cresce nel 56% delle categorie dove è presente, 10 BEVERAGE & GROCERY che sono il 91% del totale. Vale a dire che in ogni categoria di prodotti la marca leader non solo se la deve vedere con i follower, ma con l’alternativa costituita dalla Mdd (quando non è quest’ultima a essere leader, cosa che avviene nel 30% delle categorie). Tutto ciò si riassume in una crescita dell’offerta a scaffale della Mdd pari al 3,1% e del fatturato in Gdo pari al 2,7%. Luigi Bordoni, presidente Centromarca Crescite a due cifre Fin qui i numeri nella media. Ma, come sottolinea il presidente di Adm Francesco Pugliese, «Se in passato la frammentazione della distribuzione è stata una barriera all’ingresso e ha rallentato lo sviluppo della Mdd, oggi il suo peso all’interno delle singole catene è diverso. Per almeno i due terzi della distribuzione la quota di mercato supera il 25%. Per tutte le insegne, però, i tassi di crescita sono a due cifre e chi era più indietro cresce più velocemente» Francesco Pugliese, d.g. Conad L’ingresso della Mdd nell’età adulta è testimoniata anche dal sistema economico e produttivo che la sottende: 1.200 imprese copacker lavorano in partnership con la distribuzione, il 77% delle quali sono Pmi che complessivamente impiegano 3.500 dipendenti. È un sistema complesso nel quale la solidità delle relazioni durature tra distribuzione e copacker è importante,visto che la durata media dei contratti di copacking è di almeno dieci anni nel 54% dei casi per i prodotti a marca d’insegna o premium e nel 33% dei casi per i prodotti di primo prezzo. Rapporto non scevro però di conflittualità come l’allungamento dei tempi di pagamento e l’onerosità dei contratti per i copacker Così come è ormai un elemento non più casuale nel processo di acquisto del consumatore: le private label (possiamo chiamarle ancora così?) entrano nel carrello di nove acquirenti su 10. Se a guidarne le scelte la convenienza è la motivazione principale, Cristini dimostra quanto la Mdd sia un indicatore di fedeltà del consumatore all’insegna: tra l’85 e il 91% degli ABITUDINI DI SPESA: INDICATORI DI FEDELTÀ POSSESSORI CARTE FEDELTÀ 16% 11% 9% 16% 46% 84% 89% 91% 84% 54% MDD Insegne MDD Premium MDD Bio MDD Low Price MDD Discount Sì COPACKERS: PROSPETTIVE DI SVILUPPO DEL FATTURATO PER IL PROSSIMO BIENNIO NO shopper delle diverse linee di prodotti Mdd possiede la carta fedeltà. E anche per il futuro la convenienza sarà il driver principale per l’acquisto. Mdd vs marca RIDUZIONE CONTENUTA 0% STABILITÀ 43% CRESCITA CONTENUTA 38% CRESCITA SIGNIFICATIVA 46% CRESCITA CONSISTENTE 7% Fonte: Rapporto Marca by Adem Lab Il confronto a due tra Pugliese e Luigi Bordoni di Centromarca ha riproposto i canoni di una liturgia sperimentata, con il primo all’attacco, forte dei numeri, e il secondo pronto a replicare colpo su colpo. Così a Pugliese che prevede una ulteriore accelerazione della crescita della Mdd nei prossimi tre anni, Bordoni replica: «Attenti alle previsioni. Meglio essere prudenti. Nonostante i successi, la quota di mercato della Mdd rimane inferiore a quella di altri Paesi, nonostante l’alta incidenza della promozionalità e la crisi dei consumi. E il prodotto di marca rimane un big player e detiene l’80% della quota di mercato nel largo consumo confezionato, con un ruolo di primo piano in tutte le categorie». E Pugliese: «Non esiste Mdd eccellente se la marca leader non fa bene il Fonte: Adem Lab Università di Parma proprio mestiere. Marca non è mettere il nome su un pacchetto. Marca è innovazione, promozione dei prodotti, dare emozioni. Che tradotto vuol dire investimenti in comunicazione, in promozionalità, in innovazione. Il problema è che ci troviamo in una situazione in cui le aziende di marca hanno ridotto gli investimenti in comunicazione nel 90% dei casi, la pressione promozionale è superiore a quella della Mdd e quanto all’innovazione, oggi si fa fatica a individuarla. La coabitazione deve esserci, ma l’Industria di marca deve fare di più il proprio mestiere». Anche Bordoni concorda sulla convivenza tra le diverse tipologie di offerta con spazio sia alla competizione sia alla collaborazione e sul fatto che l’Idm continui a investire in comunicazione e nell’innovazione. «Ma è altrettanto importante che la distribuzione faccia tutto quanto è in suo potere per inserire l’innovazione nella maniera meno costosa e più efficiente. Perché oggi non è così e ci sono ancora dei dazi da pagare BEVERAGE & GROCERY 11 MDD EVOLUZIONE DELLE CONDIZIONI CONTRATTUALI NEL CORSO DEL 2013 DURATA MEDIA DEI CONTRATTI DI COPACKING MIGLIORATE 5% 4,6% 23,1% 32% INVARIATE 52% PEGGIORATE 43% 42,6% 54% 32,9% Fonte: Rapporto Marca by Adem Lab 9% 1,4% per introdurre l’innovazione sugli scaffali della Gdo». La verità, secondo Pugliese è che la Mdd è la vera alternativa di convenienza per il consumatore in questo momento di difficoltà. E scatta l’affondo: «Sono gli unici prodotti di cui si riesce a capire quale sia il valore e quale il prezzo perché il modello relazionale in atto con le marche non ci fa capire il valore reale del prodotto. Noi, ancora prima come clienti che come distributori, non abbiamo difficoltà a valutare l’innovazione. Il problema è che di vera innovazione se ne vede ben poca e chi la fa non ha nulla da temere. Le multinazionali che sgrammano i prodotti, cambiano una formula, creano continua confusone nella testa delle persone che invece sono molto più attente». Non ci sta Bordoni ad accettare «vecchie posizioni, che dovrebbero essere superate dai tanti tavoli in cui Idm e Gdo collaborano. Secondo il barometro di Episteme per Centromarca il tasso di insoddisfazione dei consumatori è passato dal 18% circa all’inizio degli anni Duemila 12 BEVERAGE & GROCERY al 43,7% nel 2012. I dati ci dicono che sono insoddisfatti per quello che acquistano, gli piace sempre meno fare la spesa, è diminuita la varietà dell’offerta, la varietà delle marche, e i distributori favoriscono eccessivamente le proprie marche a sfavore delle altre. Credo che valga la pena fare delle riflessioni insieme per tornare a rendere attrattivo fare la spesa a rinnovare la nostra offerta, altrimenti saremo soccombenti rispetto a prodotti e servizi alternativi». Marca Insegna / Premium 1 anno Oltre la convenienza Resta però il fatto che se la convenienza è il principali fattore di scelta, quali sono gli altri? Al secondo posto troviamo la qualità percepita, al terzo la sicurezza e la certificazione dei processi, al quarto le materie prime. E in un confronto con i prodotti «Di vera innovazione se ne vede poca e c’è confusione nella testa delle persone», dice Pugliese 2-5 anni Primo Prezzo 5-10 anni oltre 10 anni Fonte: Rapporto Marca by Adem Lab di marca, questi ultimi traggono i loro punti di forza nella fiducia nella qualità offerta e nella garanzia e certificazione. Questa rilevazione fa dire a Cristini che nel percorso di crescita, la Marca del distributore, lasciata alle spalle la fase di qualificazione agli occhi del consumatore, si trova, a seconda del livello di maturità raggiunta nelle singole insegna, o nella fase di aspettative crescenti nell’area della qualità percepita, della varietà, dell’etica, quindi in un’area di crescita del valore della marca o, in altri casi più avanzati, già in una dimensione, tipica della marca industriale, differenziante ed esclusiva, dove contano l’immagine, l’innovazione, l’emozione. La domanda è però: «Tutte le insegne sono in grado di raggiungere questi obiettivi?». B MICROBIRRIFICI La birra artigianale alla conquista della gdo DUE REALTÀ CHE SI STANNO “ANNUSANDO” IN CERCA DI UN PUNTO DI EQUILIBRIO E DI RECIPROCA CONVENIENZA. MA TRA LE DUE C’È UN TERZO INCOMODO: L’HORECA di Giuliano Pavone S arà anche una nicchia molto piccola, ma non è di quelle che passano inosservate. Definire quello delle birre artigianali italiane un settore in fermento non è solo un gioco di parole, ma la presa d’atto di una realtà vivace e in evoluzione, per certi versi promettente, per altri problematica. Se i pionieri della birra artigianale hanno iniziato a operare in Italia già a cavallo del nuovo millennio, è negli ultimi anni che il numero di microbirrifici ha conosciuto una vera impennata, arrivando a diverse centinaia. Quando viene imbottigliata e non solo consumata in loco, la birra artigianale viene destinata principalmente all’Horeca, ma non mancano i casi di distribuzione – diretta o attraverso distributori – nella Gdo. Quelli della birra artigianale e della grande distribuzione sono due mondi che si stanno “annusando”, alla ricerca di un punto di equilibrio di reciproca convenienza. «Per i birrifici artigianali è una vetrina importante, per la Gdo un modo per offrire qualità» spiega Simone Monetti, direttore operativo di Unionbirrai, l’associazione nazionale di operatori del settore che promuove la diffusione della cultura della birra artigianale in 14 BEVERAGE & GROCERY Per fare fronte al problema del rapporto fra Gdo e Horeca, a volte i produttori artigianali, mantenendo la stessa birra, variano il confezionamento Italia. «Ma tra i due c’è un terzo incomodo: il canale Horeca che mal sopporta la presenza di prodotti di qualità e quindi ad alto prezzo nella Gdo. Normalmente anche i locali che acquistano direttamente dai birrifici artigianali, cessano gli acquisti quando trovano le stesse birre al supermercato, poiché diventa poi difficile sostenere con il cliente l’elevato mark up praticato. Ulteriori turbative al mercato sono create dalle operazioni di clean up, che la Gdo svolge solitamente a fine estate, praticando forti sconti che per giunta danno al cliente finale l’impressione di un prodotto in svendita». Prezzi, volumi e accise Sostiene Gianni Arecco, direttore commerciale di Turatello Italia: «Le birre artigianali italiane scontano il problema dei prezzi elevati, che dipende dalle basse quantità prodotte: su centinaia di birrifici, solo pochissimi arrivano a 5.000 ettolitri, cifra che viene superata solo da cinque o sei produttori. All’estero, invece, si va dai 20mila ettolitri in su, e si arriva a superare i 100mila, come nel caso di Chimay, che nonostante i grandi volumi resta artigianale a tutti gli effetti». Secondo Angelo Ceriani di Eurosaga, però, i prezzi alti non dipendono solo dai volumi bassi. «Credo che dipenda anche da una speculazione da parte di operatori commerciali un po’ impreparati. I primi produttori di birra artigianale italiana sono partiti con prezzi molto alti, e la cosa ha funzionato. L’errore di chi è venuto dopo è stato accodarsi ai prezzi dei primi, senza pensare che non possono vantare lo stesso prestigio e la stessa credibilità. Hanno pensato che fare birra artigianale fosse una fonte di guadagno molto rapido che gli avrebbe permesso di ammortizzare gli impianti in pochissimi anni». I bassi volumi determinano anche difficoltà nella regolarità delle forniture, con alcuni produttori che si ritrovano a non essere in grado di fare fronte agli ordini, magari proprio nei periodi di massima richiesta. La Gdo propone la birra soprattutto in estate, determinando un ingolfamento nella produzione. Nella questione prezzi si inserisce poi la problematica dell’aumento delle accise, che per certi versi incide di più sui produttori artigianali, come spiega Simone Monetti: «In molti birrifici l’accisa è determinata sul mosto prodotto e non sulla birra effettivamente realizzata. Questo porta molte piccole aziende a dover pagare l’accisa anche sul prodotto che poi verrà scartato o perduto, con un aggravio di costi ben superiore a quello delle birre industriali. Certo che, visto il prezzo più elevato, la percentuale di incidenza dei rincari dell’accisa è più elevata sulle birre industriali (basso prezzo) che in quelle artigianali. Ma comunque pesano di più per un piccolo artigiano, che deve ammortizzare ancora impianti, mutui e leasing rispetto a una grande industria, che può comunque ridurre gli investimenti pubblicitari o altri sprechi. Unionbirrai comunque più che lottare per una riduzione generalizzata delle accise, sta cercando di creare consensi all’interno della politica italiana, in modo da far conoscere ed adottare la normativa europea, applicata già da diversi anni dal 70% degli stati membri, di diverso trattamento in termini di accisa da pagare, per le industrie o per le piccole aziende birrarie che producono fino a 200.000 ettolitri». Per i microbirrifici il retail è una vetrina importante, per la Gdo la birra artigianale un modo di offrire qualità Qualità, logistica e tipologie prodotte Prosegue Gianni Arecco: «Altri problemi molto frequenti sono la scarsa costanza qualitativa e una tendenza all’estremizzazione del gusto, con predilezione per le birre super amare o per aromatizzazioni particolari. Sono gusti lontani dal consumatore medio. A chi è abituato alle semplici lager non possiamo proporre un gusto che ne è l’opposto; dovremmo invece offrire qualcosa che ricordi ciò che beve di solito, ma che sia molto più buono. Fortunatamente ci sono delle azien- de che puntano sulla costanza qualitativa e sulla produzione di birre non estreme, di facile bevuta. Non tutti i consumatori sono degli esperti di birra e non sempre si può avere voglia di sperimentazioni». L’altra faccia della medaglia rispetto alla costanza qualitativa, non sempre garantita dalle birre artigianali, è la gestione logistica da parte della Gdo, come racconta Simone Monetti: «la GDO è abituata a gestire le birre pastorizzate; a volte si è assistito a scene da film dell’orrore, come bancali di birra artigianale lasciati per giorni nei piazzali sotto il sole cocente o in magazzini con quaranta gradi di temperatura». A volte, poi, non è facile districarsi fra qualità prodotte e confezione. «Per fare fronte al problema del rapporto fra Gdo e Horeca, a volte i produttori artigianali, mantenendo la stessa birra variano il confezionamento» prosegue Monetti. «Altre volte si fanno birre nuove, più adatte al canale, con etichette e nomi diversi. Però questo introduce complicazioni e quindi lavoro in più per le piccole strutture dei birrifici e per piccoli consumi, non sempre il gioco vale la candela». A questo si aggiunge il fatto che i produttori artigianali a volte producono per conto terzi, e in quel caso non hanno il controllo di dove, e con quale packaging, finisce la loro birra. Esposizione e assortimento Quali sono allora le soluzioni per una più efficace presenza della birra artigianale nella Gdo? Innanzitutto valorizzare la birra buona, esponendola separatamente da birre industriali con caratteristiche e prezzi completamente diversi. «Se viene inserita tra i localismi, nelle gondole dei prodotti di qualità o con display originali, allora si nota un traino migliore» nota Monetti. BEVERAGE & GROCERY 15 MICROBIRRIFICI Aggiunge Angelo Ceriani: «L’Officina della Birra di Bresso ha fatto un ottimo lavoro fornendo i ‘frigorini’ ai punti vendita. Alcuni punti vendita per la verità non ne vogliono sapere, ma è un’idea che dà un sentore di qualità, perché dà l’idea di una birra cruda che ha una rotazione soddisfacente, al contrario di altre birre sugli scaffali sulle cui bottiglie si posa la polvere». «Uno dei progetti di comunicazione messi a punto da Turatello prevede una sezione apposita per le birre speciali, nostre ma anche di altri distributori, purché di qualità» dice Arecco. «Lo scopo - continua - è tenere separate le birre che costano cinque euro da quelle che costano novanta centesimi. Inseriamo poi degli stopper parlanti: per ogni birra un cartellino con caratteristiche, abbinamenti, gradazione e bicchiere consigliato. Un altro progetto prevede uno speciale espositore di legno, che caratterizza l’angolo delle birre speciali e sottolinea la differenza con i prodotti industriali esposti sugli scaffali di metallo». Va poi curato l’assortimento, trovando la formula più adatta alle esigenze delle catene e dei punti vendita. «La grande distribuzione in Italia tende a diminuire gli assortimenti, secondo me sbagliando» riflette Ceriani. «Anche se non mancano esempi di verso opposto. Dipende dagli scopi che si pongono le catene. Una birra artigianale non potrà mai avere una rotazione paragonabile a quella delle birre ad alta rotazione. Con le birre artigianali vale il servizio al consumatore: gli amanti di quelle birre sono abituati a berle in pub specializzati che hanno almeno settanta referenze. Se all’ipermercato trovano un assortimento che li soddisfi, compreranno delle birre da consumare a casa. Il mio consiglio è di non allargare le gamme ma dare profondità solo a pochi marchi ritenuti affidabili: 16 BEVERAGE & GROCERY Per Turatello in gdo lo scopo è tenere separate le birre che costano cinque euro da quelle che costano novanta centesimi. Inoltre per ogni birra viene inserito un cartellino con caratteristiche, abbinamenti, gradazione e bicchiere consigliato anziché proporre molti marchi diversi, scegliere i migliori e di quelli proporre tutte le qualità prodotte». Gianni Arecco descrive un’altra iniziativa di Turatello: «Negli ipermercati e nei superstore – che stanno riducendo lo spazio per il non food a vantaggio di un food sempre più specializzato e di alta qualità – stiamo allestendo i Beershop: spazi espositivi da novanta, anche centoventi referenze, con approvvigionamento settimanale o quindicinale direttamente dal nostro deposito a ciascun punto vendita. Proponiamo anche dei bicchieri da degustazione, sulla cui confezione Negli iper e nei super Turatello sta allestendo dei Beershop: spazi espositivi da 90/120 referenze è spiegato con quali birre vanno usati, come va versata la birra, e infine è riportato il link al nostro sito turatelloitalia.it. È un modo per soddisfare le curiosità e fare cultura sulla birra anche in punti vendita in cui non c’è una persona che può spiegare il prodotto». L’ultima soluzione, ma forse la più importante e la più difficile da perseguire, è proprio quella di una maggiore comunicazione del prodotto. La birra non è il vino, e in Italia la cultura birraria non è ancora così diffusa. Visto che gli scaffali non parlano, ogni iniziativa in grado di diffondere consapevolezza e creare ulteriore curiosità sul mondo della birra di qualità, è preziosa e va incoraggiata. «Stiamo organizzando delle presentazioni di prodotti suddivise per fasce, della durata di circa un’ora, per sensibilizzare i consumatori direttamente negli Iper» conclude Angelo Ceriani. B BIOLOGICO La crisi non ferma i consumi bio SONO SEMPRE DI PIÙ LE PERSONE, SENSIBILI AI TEMI DELLA SALUTE E DEL RISPETTO DELL’AMBIENTE, CHE PREFERISCONO ACQUISTARE IN MODO PIÙ CONSAPEVOLE di Elena Cassin A nche se negli ultimi anni le tasche degli italiani sono sempre più vuote e si cerca di risparmiare su tutto, cibo compreso, c’è un settore che sta crescendo di semestre in semestre. Si tratta del mercato del biologico che, secondo i dati diffusi da Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) relativi ai primi sei mesi del 2013, ha visto aumentare le sue vendite in quasi tutte le categorie merceologiche, con un picco che riguarda in particolare biscotti, dolciumi e snack (+ 22,7%), frutta e verdura (+14,6%), omogeneizzati (+13,7%) e uova (+11,3%). Gli unici segni negativi sono stati registrati nella vendita delle carni (-16,8% rispetto al -0,8% 18 BEVERAGE & GROCERY di quelle del totale comparto) e in quella di caffè, tè e zucchero (-8,7% a fronte di un -1,5% del totale). «Nel primo caso probabilmente perché c’è poca offerta interna e meno scelta, oltre al fatto che molte persone sono diffidenti nei confronti delle carni d’importazione. Mentre il segno negativo relativo al comparto di caffè, zucchero e tè è poco indicativo perché nel semestre precedente i risultati erano stati buoni» precisa Enrico De Ruvo ricercatore Ismea. Ma come mai in un periodo di crisi questi prodotti che possono essere più cari di quelli tradizionale anche del 35-40% hanno tanto successo? «La ragione sta nel fatto che ci sono sempre più persone sen- sibili ai temi della salute e del rispetto dell’ambiente, e preferiscono ripartire le proprie risorse familiari acquistando meno ma in modo più consapevole» spiega De Ruvo. Infatti, a fronte di una diminuzione della spesa media per famiglia in diversi comparti vi è stata una crescita del numero di famiglie che hanno acquistato biologico, che hanno scelto gli omogeneizzati (+71,2%), i biscotti (+31,5%) e le uova (+18,8%). «Naturalmente parliamo sempre di un mercato di nicchia. Il cliente tipo che acquista bio di solito abita nel nord Italia, ha un buon livello di istruzione e un reddito alto o medio alto». Al contrario al centro-sud questo settore continua a fare fatica ad affermarsi e «i motivi potrebbero essere la minore presenza di canali distributivi e quindi la maggiore difficoltà a reperire prodotti bio, ma anche la minore sensibilità a questi temi. Inoltre, al Sud è molto diffusa la vendita diretta nelle azien- BIOLOGICO de, dove si ha un rapporto di fiducia con il contadino o l’allevatore e di conseguenza viene meno la necessità di cercare garanzie nel marchio Euroleaf» continua il ricercatore. Biologico e Gdo Comunque la fetta maggiore del mercato bio continua ad appartenere ai negozi specializzati che detengono un 50-55%, seguiti dalla Gdo che registra circa un 35-40% lasciando il rimanente 10% alla vendita diretta, ai farmers’ market e ai gas. Per quanto riguarda invece i brand c’è una netta distinzione tra negozi specializzati e Gdo perché nei primi vengono vendute quasi esclusivamente le marche biologiche che, anche se storiche, sono conosciute esclusivamente da un pubblico di nicchia. Mentre i supermercati, la cui clientela è meno fedele e più attenta ai costi, hanno razionalizzato l’offerta creando veri e propri marchi green che non comprendono solo prodotti biologici ma anche prodotti che, più in generale, rispettano tutta una serie di valori etici ed ecologici come il rispetto per l’ambiente, per gli animali, per la produzione equo solidale (tipo fairtrade) ecc.. Il problema delle truffe Due milioni di finte etichette biologiche e 77mila prodotti agroalimentari sono stati sequestrati dal nucleo antifrode dei carabinieri soltanto nel 2013. Cifre che insieme agli alimenti tossici spacciati per bio, alla frutta e verdura coltivata con pesticidi non ammessi e ai prodotti confezionati senza rispettare le basilari norme igienico sanitarie possono scandalizzare. Ma la situazione è davvero così critica? «È necessario ricordare che il settore del biologico è quello più controllato nell’ambito dell’agroalimentare. Detto questo capita che le cosiddette “operazioni” non vengano contestualizzate a livello mediatico, quindi un sequestro, che è lo strascico di una più ampia operazione iniziata in tempi più remoti, 20 BEVERAGE & GROCERY I CIBI BIO SONO PIÙ BUONI E SANI? Uno dei grandi luoghi comuni sul biologico è quello che si tratti di alimenti coltivati senza l’utilizzo di pesticidi e quindi più sani e genuini. Questa immagine quasi bucolica però non corrisponde alla realtà, primo perché le norme in fatto di agricoltura bio consentono di ricorrere ad alcuni pesticidi, o meglio agrofarmarci, secondo perché questi sono indispensabili per impedire alle piante di ammalarsi, e per avere frutta e verdura sicura. Perché allora comprare bio? Si tratta principalmente di una scelta etica perché come fanno sapere da Agrofarma «molti studi, condotti a livello nazionale e internazionale hanno dimostrato che non ci sono differenze sia in termini di salubrità sia in termini di caratteristiche organolettiche tra frutta e verdura ottenuta da metodo tradizionale rispetto a quello biologico». Tuttavia a volte si può riscontrare una differenza di gusto tra i cibi biologici e quelli che non lo sono, ma ciò dipende non tanto dal metodo di coltivazione quanto da altri fattori come la varietà di piante coltivate, le condizioni pedoclimatiche di crescita, il periodo e la maturità di raccolta. Inoltre per preservare le proprietà nutritive è molto importante che i cibi freschi vengano conservati senza spezzare la catena del freddo, rispettando le norme di igiene e utilizzando i contenitori adeguati a ogni alimento. «Tutte regole che i negozi di alimentari conoscono e sono tenuti a rispettare per via del sistema di autocontrollo HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points), che garantisce la massima sicurezza dei prodotti che si acquistano sui banchi. È invece all’interno delle mura domestiche che gli alimenti si deteriorano maggiormente perché manca ancora un’adeguata cultura della conservazione» sottolinea Dario De Medici direttore del Reparto Pericoli microbiologici connessi agli alimenti dell’Iss (Istituto superiore di sanità). rischia di essere divulgato come uno nuovo. I numeri che spesso circolano non corrispondono esattamente alla realtà. Inoltre, nella maggior parte dei casi di irregolarità, i prodotti vengono fermati molto prima di raggiungere il mercato» tranquillizza Paolo Carnemolla, presidente di FederBio. A questo va aggiunto che i prodotti sequestrati nel 2013 erano venduti principalmente su Internet e buona parte era costituito da olio extravergine di oliva sfuso e dalle granaglie a uso zootecnico. Il ruolo dei negozi specializzati e della grande distribuzione quindi può essere molto importante nella lotta contro i falsi, dal momento che nel caso di frodi vengono allertati e possono ritirare con immediatezza i prodotti dagli scaffali e se necessario informare i propri clienti. Inoltre possono prestare maggiore attenzione durante la selezione dei fornitori optando soltanto per quelli più affidabili. Certo questo non può evitare del tutto le frodi, anche perché la responsabilità maggiore sta nel fatto che il sistema del biologico italiano è ancora troppo burocratizzato e poco informatizzato. Dario De Medici- ISS Paolo Carnemolla FederBio «Chi compie truffe conosce molto bene il suo funzionamento e approfitta dei punti deboli di un sistema dove le informazioni non girano sempre in maniera efficace e tempestiva, motivo per il quale si sta finalmente investendo molto sull’informatizzazione» prosegue Carnemolla. Cos’altro si può fare per ovviare al problema? «FederBio sta lavorando per migliorare il sistema di regole, attraverso delle linee guida e il proprio Codice Etico, e sta creando una piattaforma informatica internazionale per la tracciabilità delle transazioni dei prodotti biologici. Quest’ultima si collega alla banca dati Data Bio dei certificati di tutti gli operatori del settore biologico italiano, che FederBio sta sviluppando in collaborazione con Accredia, l’ente unico nazionale di accreditamento degli organismi di certificazione e dei laboratori, e con il sistema informatico nazionale per il biologico realizzato dal ministero delle Politiche agricole, che si estenderà anche all’estero per le aziende che forniranno prodotti a operatori italiani inseriti nel sistema» conclude il presidente. B ging o! a k c a p iv vo s o o l u p n s e n U fresco ed chiaro, O + GUSTRIE - CALO Un’ampia gamma con i gusti da sempre più amati dai consumatori Un piacere morbido, ricco di benessere, nei pratici formati famiglia e monodose SUCCHI DI FRUTTA Q uella che ci racconta Cristina Lazzaroni, Client Service Senior Manager di Iri, è la storia di un malessere generalizzato, che investe senza significative differenze tutto il mondo delle bevande, all’interno del quale non vi è categoria che performi bene. «Comprese le acque- precisaanch’esse vittime di un’estate iniziata male dal punto di vista climatico, con temperature che a giugno sono state inferiori di due gradi e mezzo rispetto alla media e che anche successivamente non si sono alzate molto». In questo scenario poco roseo, qual è il trend delle bevande alla frutta e dei succhi di frutta più nello specifico? In questo segmento la sofferenza è ancora più spiccata. Già in chiusura del 2012 il trend era negativo (-4,3% a volume e -2,6% a valore), ma quest’anno il calo è ancora più sensibile: -7% a volume e -6,7 a valore. Un mercato in cerca di rilancio IL SEGMENTO ACCUSA LA CONTRAZIONE DEI VOLUMI, PER UN NUOVO SPRINT SI DOVREBBE TROVARE IL GIUSTO EQUILIBRIO TRA LEVA PROMOZIONALE, ADVERTISING E RICERCA & SVILUPPO di Rebecca Nasti Se poi pensiamo che i succhi rispetto ad altre categorie del beverage come i tè, per esempio, sono anche meno stagionali, non si può negare di avere a che fare con dati non positivi… Qualche eccezione? Purtroppo no: né per quanto attiene alle aree geografiche, né in relazione ai produttori, ai formati e neppure alle tipologie. Il calo riguarda infatti indifferentemente il pet quanto i brik, i grandi formati come le bottigliette in vetro, i gusti tradizionali e non. L’evidenza è chiara. I consumi si sono ridotti, gli atti di acquisto si sono contratti e tutto ciò che non è ritenuto essenziale è stato tagliato. Non crede che possano aver contribuito anche convincimenti salutistici che portano ad evitare bevande zuccherate? Se così fosse stato probabilmente avremmo assistito piuttosto a uno spostamento verso altre categorie. Ma non è andata così. Semplicemente si preferisce risparmiare. Lo dimostra bene, per esempio, il fatto che gli smoothies, caratterizzati fin dall’inizio da un’elevata battuta di cassa, accusano fortemente il calo dei consumi, sia nel segmento dei freschi sia in quello dell’uht. Già da un po’, veramente… In effetti da un paio di anni a questa parte hanno messo a nudo la loro natura di fenomeno passeggero, di moda transitoria che, in difficoltà per “l’effetto portafoglio” e per la presenza di molte anime nella stessa categoria (IV gamma, freschi e uht), ha progressivamente perso appeal. 22 BEVERAGE & GROCERY E le pl? Sono cresciute di circa due punti rispetto allo scorso anno, ma senza risultati spiccatamente positivi: non dimentichiamo che si tratta di un mercato maturo con una quota superiore al 30%, penalizzato dalla mancanza di innovazione da parte dell’Idm. poi anche perché la comunicazione langue. Oggi i big player preferiscono investire in attività dal ritorno più immediato come quelle sul punto vendita, anziché ipotecare risorse economiche su progetti, magari di più ampio respiro, ma troppo a lunga gittata, con tempi di sedimentazione poco sostenibili. Tuttavia comunicare il prodotto, rinfrescarne sistematicamente il ricordo nella memoria dei potenziali target oggi sarebbe più importante che mai. Purtroppo è un po’ il cane che si morde la coda… 50,8% Quota di mercato coperta dai tre leader Conserve Italia, Parmalat e Zuegg 32,1% Quota di mercato appannaggio delle Pl Gli smoothies, caratterizzati da un’elevata battuta di cassa, accusano fortemente il calo dei consumi 66,7% Volumi sviluppati nei super 17,5% Volumi sviluppati negli iper Nessun aiuto dalle vendite in promo? Purtroppo no, oggi devono essere divise tra un numero sempre maggiore di attori e non sono in grado di sviluppare vendite incrementali tali da compensare i volumi di base. Perché, vede, il problema sta proprio lì, nelle vendite di base profondamente in crisi: le marche oggi non hanno più la forza di un tempo, non riescono ad imporsi realmente all’attenzione dei consumatori. Perché, secondo lei? Innanzitutto perché manca l’innovazione, come dicevo prima: le aziende stanno vivendo un momento di difficoltà nel distinguersi sullo scaffale e i clienti sono meno propensi all’acquisto dei brand E Eppure bisogna cercare di uscire da questa enpasse… Senza dubbio, e le aziende lo sanno bene, al punto che, con l’obiettivo di marginare il più possibile, molte stanno già cercando di trovare un giusto equilibrio tra le varie leve a loro disposizione: advertising, ricerca e sviluppo, promozioni. Solo che non è facile perché serve coraggio, certo, ma c’è pure bisogno di risposte incoraggianti da parte della domanda. E purtroppo oggi la domanda è debole. B SUCCHI DI FRUTTA - DIMENSIONI E TREND DEL MERCATO TOTALE ITALIA IPER+SUPER+LSP (DA 100 A 399 MQ) Vendite in Volume Var. % Vendite in Volume su Anno Precedente Vendite in Valore Var. % Vendite in Valore su Anno Precedente Tot Bevande 480.191.892 -7,0 641.449.432 -6,7 Succhi Di Frutta 425.187.668 -6,7 567.113.520 -6,4 9.553.336 -15,2 28.931.020 -18,3 45.450.882 -7,5 45.404.889 -2,1 778.363 -38,8 4.853.222 -41,0 2.142.192 -8,9 9.445.489 -21,4 Succhi Freschi Bibite Alla Frutta Tot Smoothies Fresco Tot Smoothies Uht Fonte: Iri BEVERAGE & GROCERY 23 OSSERVATORIO BEVERAGE Il mondo dei tè ANCOR PIÙ DEL CAFFÈ, IL TÈ È LA BEVANDA PIÙ BEVUTA AL MONDO ED È OGGETTO DI UNA SEGMENTAZIONE DI PROPOSTE CHE VANNO DALLA VARIAZIONE DEI GUSTI ALL’ARRICCHIMENTO CON INGREDIENTI FUNZIONALI, ALLA VALORIZZAZIONE DELLE ORIGINI. UNA TAVOLOZZA DI VARIANTI SU CUI RIFLETTERE di Daniele Tirelli, Presidente Popai A nalizzare le dimensioni e le tendenze del mercato dei té liquidi è compito da far tremare i polsi. Parliamo infatti della bevanda più bevuta nel mondo e in assoluto la più versatile. Se ne consumano più o meno 290 miliardi di litri tra mass market retail e food service. A ciò si deve aggiungere il consumo (non misurato) del prodotto secco in foglie e in busta, ad uso domestico e ristorativo Le prospettive di crescita di questo comparto sono unanimemente ritenute molto incoraggianti, soprattutto nei paesi Occidentali (e dunque anche in l’Italia). La ragione di fondo è abbastanza chiara: il tè è la bevanda “postmoderna” per antonomasia. Infatti, 24 BEVERAGE & GROCERY Daniele Tirelli Presidente Popai oltre a poter essere fruita tale e quale, come previsto dai canoni della tradizione, essa, nella sua versione liquida e confezionata, costituisce la base per un’enorme, inesauribile differenziazione di sapori e funzionalità. E tutto ciò, sempre a costi più contenuti delle bevande ai gusti e del caffè. Rielaborazioni e innovazione Herbal mist arricchisce i gusto del tè con aromi di erbe e frutti I tratti antropologici sottostanti a questo modello di consumo sono molto complessi, in particolare se riferiti a popolazioni che non coltivano la Camelia Sinensis e che non la annoverano nella cultura materiale ereditata dal passato. In estrema sintesi, il rimando è allora alla caratteristica tipica del “bere” nei paesi Occidentali. Essa riguarda, in primo luogo, la temperatura alla quale un liquido viene ingerito. Il calore, infatti, concorre, assieme alla composizione, alle finalità dietetiche e al sapore a definire la collocazione di ogni bevanda nell’arco della giornata e delle diverse occasioni di consumo. La mappa concettuale a pagina 26 evidenzia la contrapposizione tra il “bere caldo” e Oggi le varie infusioni si prestano ad essere variate grazie a infiniti e sofisticati blend il “bere freddo” e simultaneamente quella tra la natura “rituale” e quella “abitudinaria” dei vari momenti di consumo e la conseguente collocazione dei vari prodotti. Ne discende che l’“innovazione” di base (se tale può ancora definirsi) dell’ ”ice tea” ha rappresentato una drastica biforcazione rispetto alla tradizione inveterata del bere té caldo. Il tè pronto ha aperto, in questo modo, la strada ad un flusso ininterrotto di mutazioni e rielaborazioni. L’adattabilità del té RTD (Ready To Drink) giustifica tuttora quello sciame di innovazioni che, secondo diversi esperti di settore americani, tra un ventennio, farà sì che la metà del mercato sia costituita da bevande oggi inesistenti o di nicchia e, tra esse, tantissime a base di tè. Soprattutto l’abitudine di berlo in forma di packaged drink solleciterà anche la propensione a sperimentare i “tè alternativi”: maté; lapacho; roiboos, runa e l’infinita sequenza dei cosiddetti “herbal teas”, che necessitano però di una trattazione separata. Boba Milk Tea Tea con perle di Tapioca e sciroppo di frutta L’abitudine a berlo in forma di packaged drink solleciterà la propensione a sperimentare i “tè alternativi” Dunque questa mappa concettuale del bere dovrà essere profondamente rivista proprio perché il tè e i suoi derivati, adattandosi a quasi tutte le occasioni di consumo che non prevedono alcool, sfrutteranno ogni spazio alimentare creato da una evoluzione culturale profonda e transnazionale. I fattori vincenti del tè Se il mercato mondiale , per quanto riguarda il prodotto da infusione, è tuttora dominato da Cina, India e Pakistan, è nei paesi Occidentali che si sta sviluppando una nuova cultura del bere libera da stereotipi, aperta a nuove suggestioni e soprattutto attenta al contenuto di servizio del prodotto. In questo senso il fattore vincente del tè è semplice da isolare. Oltre alla ricchezza gustativa delle sue tipologie, white, yellow, black, green, ... e delle sue varietà-cultivar (se ne contano oltre 1500!), la sua infusione si presta ad essere variata nel gusto grazie a infiniti e sofisticati blend (il Peach Basil Black Tea, o il Lemon Violet Tea ne sono un esempio). Il maggior contenuto di pregiati polifenoli di alcune sue tipologie comporta tuttavia una notevole astringenza per molti difficile da accettare, ma il sapore finale può essere però mascherato e reso accettabile al palato proprio dai tantissimi mix menzionati. Questa bevanda può inoltre essere ulteriormente arricchita anche nel suo contenuto funzionale attraverso la commistione con succhi di frutta (o meglio di superfruits come melograni, guanabana, prickly pear, tart cherry, marula) da un lato, e con estratti erbali e fito complessi dall’altro. In questo modo se ne possono esaltare le tipiche proprietà nervine oppure introdurne altre rilassanti e in certi casi anche probiotiche (come nei nuovi arditi abbinamenti degli yogurt-tea o dei bubble tea). Insomma questa tendenza a “meticciare” il tè sembra non avere limiti e si spinge fino a “stranezze” come il Boba Milk Tea della taiwanese Bubble Tea: una sorta di “mangia e bevi” studiato per un pubblico cosmopolita, giova- BEVERAGE & GROCERY 25 OSSERVATORIO BEVERAGE ne, aperto alle innovazioni più temerarie, e a base di tapioca e di sciroppi di frutta: una ricetta che conta oggi numerose imitazioni. Ulteriormente si potrebbe citare il Chocolate Masala Chai Tea, un composto di latte di soia, cioccolato, tè e spezie. Le motivazioni dei consumatori che frequentano i circuiti distributivi con grande varietà assortimentale risultano pertanto estremamente diversificate. Esse spaziano dalla indulgenza gastronomica, alla ricerca di conforto o di apporti rinfrescantidissetanti; dalla ricerca dell’equilibrio dietetico all’utilizzo del tè, con sempre maggior frequenza, come bevanda da pasto: un uso forse abominevole per i canoni Italiani, ma legittimato peraltro dalla tradizione Orientale! MAPPA CONCETTUALE “BERE CALDO - BERE FREDDO” PROTEI-VITAMINICO NERVINO PROTEI-VITAMINICO NERVINO Bevande alla frutta Milk shake Aranciata Birra Isotoniche e funzionali Cola Spumante Tè freddo Vino nobile Amaro digestivo Birra speciale Spiritivi Aperitivi FREDDO NON ABITUALE RITUALIZZATO NON CALDO BERE CALDO - BERE FREDDO NON FREDDO ABITUALE NON RITUALIZZATO CALDO Protei vitaminico Latte Spremuta Nervino Vino da tavola Caffè casa Protei vitaminico Brodo Vino Brulè Nervino Caffè Bar tè caldo Sperimentazioni e tè d’origine Dati questi presupposti, un altro aspetto interessante è costituito dalla possibilità di ripercorrere con il tè il percorso intrapreso dal caffè negli ultimi decenni. Non scandalizza dunque sentir parlare (anche nel nostro paese) di “teapuccino”, tea-frappé, espresso-tea, ... tutte espressioni di un mondo alternativo improntato alla È in atto anche un’altra tendenza: il favore crescente per i tè d’origine legati al “terroir” similmente ai vini Sempre più in voga l’usanza di meticciare il gusto del tè con frutti che ne mitighino il retrogusto astrigente 26 BEVERAGE & GROCERY fantasia e al “coraggio” della sperimentazione. Questo flusso di proposte innovative è un evidente portato della globalizzazione alimentare in atto ed è sostenuto da un flusso informativo egualmente abnorme, come testimonia il Web con 104 milioni di citazioni corrispondnti al tag “tea recipes”. Paradossalmente è in atto però anche un’altra tendenza, ovvero il favore crescente per i tè d’origine legati al “terroir” similmente ai vini, ai caffè, ai cioccolati. Come sempre è accaduto per gli apporti esogeni alle palette gastronomiche delle varie nazioni, la nuova passione esplorativa che motiva la ricerca delle tante eccellenze disponibili, spinge il mercato verso un innalzamento della qualità e una crescita della varietà offerta. In conclusione per trarre profitto dal dinamismo di questa categoria di bevande in futuro sarà richiesto da parte del trade un suo studio serio e un aggiornamento continuo e meticoloso. B MERENDINE SUL WEB Snack rinviati a giudizio I PRODOTTI PER LA COLAZIONE CONDANNATI (INGIUSTAMENTE) DAGLI INTERNAUTI di Gian Marco Stefanini, Web-Research S orprende il linciaggio (il termine è un po’ forte, ma pienamente giustificato dai dati emersi) cui il popolo del web sottopone biscotti, merendine, torte, muesli e cereali confezionati, utilizzati a colazione o come breakfast. Per spiegare questa esuberanza “negativa” è innanzitutto utile tenere presente che il consumatore tende ad enfatizzare più la propria insoddisfazione che palesare il proprio appagamento. Inoltre è bene ricordare pure che il web è una grande cassa armonica e moltiplica, a volte anche esponenzialmente, i pareri negativi se i contenuti sono particolarmente emozionali e/o hanno connotati allarmistici/scandalistici. E sicuramente un prodotto come le merendine, consumato in gran parte dai nostri figli, è un argomento che “scalda” gli animi dei genitori. Non va trascurato infine che il 62% dei pareri negativi non contiene, indipendentemente dal fatto che sia corretta o meno, una motivazione della propria affermazione. . Gli attacchi più diffusi Abbiamo separato i pareri negativi maggiormente riscontrati nel 28 BEVERAGE & GROCERY RIPARTIZIONE DEI GIUDIZI Nel web i pareri intercettati sul mondo degli snack confezionati sono così ripartiti: r1BSFSJQPTJUJWJ r1BSFSJOFHBUJWJ In particolare il 92% di pareri negativi è così ripartito : r$SJUJDJUÆOPOTQJFHBUF DJSDPTUBO[JBUFEBMOBWJHBOUF r$SJUJDJUÆTQJFHBUF DJSDPTUBO[JBUFEBMOBWJHBOUF 4JDVSBNFOUFVOBQFSDFOUVBMFEFMEJQBSFSJ OFHBUJWJÍTPSQSFOEFOUFNFOUFBMUB web in base al fatto che all’affermazione segua una motivazione o meno. Gli attacchi non spiegati sono il 62% del totale dei pareri negativi. Eccoli citati in ordine di frequenza: 1. Sono causa di obesità 2. Contengono ingredienti che possono favorire l’insorgere di tumori 3. Sono deleterie per fegato e reni 4. Contengono ingredienti che possono causare malattie cardiocircolatorie e vascolari, 5. Sono dannose per stomaco e intestino (apparato digerente) 6. Non è vero che sono Bio Usiamo perifrasi come “possono favorire l’insorgere” ma spesso nel web si legge : “fanno venire”, “sono la causa di” e l’impatto è sicuramente differente. Alcuni tra i pareri positivi Abbiamo già visto che l’8% dei pareri intercettati nel web, lasciati dai naviganti domestici, è positivo. Vediamo ora le argomentazioni più ATTACCHI SPIEGATI, CIRCOSTANZIATI: 38% del totale dei pareri negativi (pari al 92%) $JUBUJJOPSEJOFEJGSFRVFO[B 4POPUSPQQPDBMPSJDIFUSPQQPOVUSJFOUJPTDJMMBOP USBMFFMFDBMPSJFFUUPUSPQQP "ODIFRVBOEPTPOPQSFQBSBUFDPOJOHSFEJFOUJ OBUVSBMJTPOPUSPQQPSJDDIFEJ[VDDIFSJFHSBTTJ $POUFOHPOPUSPQQJBEEJUJWJFDPOTFSWBOUJ 2VFMMFBMDJPDDPMBUPDPOUFOHPOPUSPQQPCVSSP EJDBDBP $POUFOHPOPQPDIJTTJNFQSPUFJOF "NFOPDIFMBGBSJOBVUJMJ[[BUBTJBJOUFHSBMFMF GJCSFSJTVMUBOPQSFTFOUJJORVBOUJUÆUSBTDVSBCJMF $POUFOHPOPBMJNFOUJiLJMMFSuQFSMBTBMVUFRVBMJ PMJWFHFUBMJJESPHFOBUJHSBTTJTBUVSJ -B DPOTJTUFO[B EFJ QSPEPUUJ Í BTTJDVSBUB EBHMJ FNVMTJPOBOUJ 4POPQSFQBSBUFVUJMJ[[BOEPNPMUJBSPNJTJOUFUJDJ -BSSJDDIJNFOUP JO WJUBNJOF F NJOFSBMJ OPO Í OFDFTTBSJBNFOUFTBMVUBSF -FNFSFOEJOFFHMJBMUSJQSPEPUUJEBGPSOP /0/ TPOP."*WFHFUBSJBOFQPJDIÊDPOUFOHPOPBODIF HSBTTJBOJNBMJMBUUFCVSSPQBOOBFVPWBTUSVUUP "ODIF RVBOEP TPOP DBUBMPHBUF DPNF EJFUFUJDIFOPOOFDFTTBSJBNFOUFEBOOPVOCBTTP BQQPSUPDBMPSJDP ° QJÜ TBMVUBSF VO GSVUUP VOB GFUUB EJ UPSUB QSFQBSBUB JO DBTB RVBMDIF GFUUB CJTDPUUBUF VO TVDDPEJGSVUUBPVOCJDDIJFSFEJMBUUFBMUSPw $PTUBOPUSPQQP 4POP NBMF DPOGF[JPOBUF TJ TDIJBDDJBOP TDJPMHPOPTCSJDJPMBOPw )BOOPUVUUFHMJTUFTTJTBQPSJTPOPUVUUFVHVBMJ OPOTBOOPEJOJFOUFw 4QPSDBOPVOHPOPFNBDDIJBOP /FMMFUJQPMPHJFEJDSJUJDIFNBHHJPSNFOUFEJGGVTF TPMPMFVMUJNFOPODPOUFOHPOPDSJUJDIFTBMVUJTUJDP OVUSJ[JPOBMJ Fonte: www.web-research.it ricorrenti (in questo caso non abbiamo ritenuto necessario separare i pareri tra motivati e non motivati dallo stesso internauta). Citate in ordine di frequenza : 1. Permettono la scelta Bio 2. Ce ne sono di Integrali 3. Permettono la scelta Vegetariana/vegana 4. Ce ne sono per Celiaci 5. Sono veloci da consumare 6. Si conservano a lungo e facilmente 7. Non richiedono tempi preparazione/consentono un risparmio di tempo 8. Sono bilanciate come ingredienti/alimentazione 9. Premettono il controllo delle calorie 10. Sono nutrienti 11. Contengono vitamine 12. Contengono latte 13. Contengono Ferro 14. Contengono cacao/cioccolata 15. Sono dietetiche 16. Costano poco 17. Sono abbinate alla sorpresina Segnaliamo come, pur trattandosi solo dell’8% dei pareri intercettati, molte argomentazioni siano antitetiche rispetto a quelle riscontrate nel 92% dei pareri negativi. Ribadiamo inoltre : se un internauta è terrorizzato dal fatto che le merendine che ha sempre comperato per suo figlio siano altamente nocive ha molte più motivazioni per scrivere il proprio parere nel web rispetto ad un navigante che ritiene gli snack pratici ed economici. Quelle condannate e quelle salvate Vediamo ora le tipologie di merendine maggiormente sotto processo e quelle meno accusate. - LIEVITATE GRASSE (di pasta sfoglia, ma anche i tipi farciti e ricoperti con creme e cioccolato che, in ogni caso, sarebbe meglio evitare): 98 % di pareri negativi e 2 % di pareri positivi. - FREDDE (nel reparto frigorifero, l’ingrediente principale è il latte e i suoi derivati, mentre la farina è in piccole percentuali, componente BEVERAGE & GROCERY 29 MERENDINE SUL WEB CONDANNATE E ASSOLTE Quando nel web si parla “male” delle merendine & co. la classifica è la seguente -*&7*5"5&(3"44& '3&%%& "-$*0$$0-"50 %*&5&5*$)& -*&7*5"5&4&.1-*$* Mentre quando nel web si parla “bene” delle merendine & co. la classifica è la seguente: di fettine di pan di Spagna. Spesso sono ricche di grassi): 94 % di pareri negativi e 6 % di pareri positivi. - AL CIOCCOLATO (sempre più diffuse, anche in combinazioni di cioccolato con i cereali soffiati oppure sotto forma di biscotto secco. Hanno una composizione di sostanze nutrienti più vicina a una barretta di cioccolato che a una merenda a base di farina): 92 % di pareri negativi e 8 % di pareri positivi. - DIETETICHE (senza zucchero, con pochi grassi, senza latte e uova. Non necessariamente con un basso livello di calorie): 82 % di pareri negativi e 18 % di pareri positivi. - LIEVITATE SEMPLICI (merendine “da forno”, preparate con pasta sfoglia,come i croissant, pan di Spagna o pasta lievitata naturalmente -tipo pandorini - con la farina come ingrediente principale, e pochi additivi): 80 % di pareri negativi e 20 % di pareri postivi. Profilo degli speakers s,EDONNECHATTANOABOUTSNACKS oltre il doppio degli uomini, 68% a 32%. s,EFASCEDIETËCHEPIáPARLANODI merendine nel web sono quelle 2535 anni e 36-35 con il 32 % e 44% 30 BEVERAGE & GROCERY -*&7*5"5&4&.1-*$* %*&5&5*$)& "-$*0$$0-"50 '3&%%& -*&7*5"5&(3"44& *OCSFWFRVBOEPHMJTQFBLFSTEFMXFCiQBSMBOPNBMFuEJCJTDPUUJNFSFOEJOFUPSUF NVFTMJFDFSFBMJUFOEPOPBEJTUSJCVJSFBCCBTUBO[BVOJGPSNFNFOUFMFQSPQSJFDSJUJDIF 2VBOEPiQBSMBOPiCFOFEFHMJTOBDLTJOHFOFSFBQQSF[[BOPTPQSBUUVUUPRVFMMJ-JFWJUBUJ 4FNQMJDJFRVFMMJ%JFUFUJDJ Fonte: www.web-research.it rispettivamente, quelle che ne chattano meno sono la fascia 18-24 anni con il 5% e la fascia 56-65 con il 3%. s2IGUARDOLACOMPOSIZIONEDELNU cleo familiare parlano più le madri, col 61 %, poi i padri col 26 %; chi ne parla meno è il figlio single che vive ancora in famiglia col 3 %. s3ULWEBSONOMAGGIORIIPARERI Nei confronti degli snacks gli uomini sono meno negativi delle donne: 88% contro il 97% lasciati da persone di cultura media (47%), seguiti da quelli lasciati da persone di cultura superiore (37%), infine le opinioni scritte da persone di cultura inferiore sono il 16%. s,AMAGGIORPARTEDELLEOPINIONISULLE merendine è lasciata dagli impiegati col 30%, seguita dalle casalinghe col 26 %, quindi seguono i quadri col 10% e gli statali col 9 %. s!LASCIAREMENOOPINIONIININTERNET about snacks, rispetto alla professione, sono gli imprenditori ed i liberi professionisti con l’1%. s)MOODSINTERCETTATIPROVENGONODAL nord est nel 32% dei casi, dal nord ovest nel 29% dei casi, quindi seguo- AD ONOR DI VERITÀ -PCJFUUJWPEFMMBOPTUSBSJDFSDBEJXFCMJTUFOJOHBOBMZTJTOPOÍTUBUPWBMVUBSF MBUUFOEJCJMJUÆFMBWFSJUÆOVUSJ[JPOBMFNFEJDBTDJFOUJGJDBEJBGGFSNB[JPOJFDPNNFOUJNBEJ GPUPHSBGBSFJNPPETFEJJOEJWJEVBSFJMTFOUJNFOUEFMUBSHFU $JÖOPOPTUBOUFMBUUBDDPTGFSSBUPEBQBSUFEFJOBWJHBOUJDJÍTFNCSBUPDPTÑGB[JPTPDIFDJ TJBNPQFSNFTTJEJEJNPTUSBSFDPNFBMDVOFEFMMFBGGFSNB[JPOJOFHBUJWFTJBOPJOGPOEBUF QSPQPOFOEPVOBOPTUSBMFUUVSBFDFSDBOEPEJSJDPMMPDBSFOFMMBHJVTUBEJNFOTJPOFBMDVOF BGGFSNB[JPOJUSPQQPiSPCPBOUJu -FMFODPEFHMJJOHSFEJFOUJÍRVBTJTFNQSFNPMUPBSUJDPMBUPJORVBOUPUVUUJJDPNQPOFOUJEFM QSPEPUUPEFWPOPFTTFSFNFO[JPOBUJEBMQSPEVUUPSF (JÆRVFTUPÍJOEJDBUJWPOPOTPMPEFMMBSJHPSPTJUÆEFMMBMFHHFNBBODIFEFMRVBOUJUBUJWPEJ PHOJTJOHPMPJOHSFEJFOUFQSFTFOUFJOVOBNFSFOEJOB 4JDVSBNFOUFUSBHMJFMFNFOUJJOFUJDIFUUBWFOFÍEJEBOOPTJNBTPMPTFBTTVOUJJOFMFWBUJ RVBOUJUBUJWJ (MJJOHSFEJFOUJQSJODJQBMJTPMJUBNFOUFTPOP[VDDIFSPGBSJOBFHSBTTPWFHFUBMFFQPTTPOP FTTFSFEJWBSJPUJQP1SPQSJPDPNFTVDDFEFQFSJEPMDJQSFQBSBUJBDBTBRVJOEJOPOPTUBOUF MBUPSUBQSFQBSBUBDBTBMJOHBTJBOFMMJNNBHJOBSJPDPMMFUUJWPQFSEFGJOJ[JPOFiTBOBuMB EJGGFSFO[BOPOÍJOWFDFTFNQSFDPTÑEJSJNFOUF -BNBHHJPSQBSUFEFHMJTOBDLTIBVODPOUFOVUPDBMPSJDPJOUFSNFEJPTPMJUBNFOUFVOB NFSFOEJOBEJHSBNNJGPSOJTDFEFJHSBTTJTBUVSJFJMEFHMJ[VDDIFSJEFMMBEJFUB RVPUJEJBOBEJVOCBNCJOPEJFUÆFDPSQPSBUVSBiNFEJu 4QFUUBRVJOEJBMCVPOTFOTPEFMHFOJUPSFEPTBSFJRVBOUJUBUJWJJOCBTFBMMFDBSBUUFSJTUJDIF GJTJDIFBMMFUÆEFMQSPQSJPCBNCJOPFBMUJQPEJBUUJWJUÆGJTJDBEBMVJTWPMUB1FSOPOEJSF DIFTQFUUFSFCCFTFNQSFBJHFOJUPSJMFHHFSFQSJNBMFMFODPEFHMJJOHSFEJFOUJJONPEPEB TDBSUBSFBQSJPSJRVFHMJTOBDLDIFQFSMBMPSPSJDFUUB[JPOFTPOPFTQSFTTBNFOUFSJWPMUJ BEVOQVCCMJDPBEVMUP /POTJQPTTPOPDFSUPEFMFHBSFRVFTUFBDDPSUF[[FBJQSPEVUUPSJ no il centro col 23 % e sud e isole col 16 %. s2IGUARDOLURBANIZZAZIONEISENTI ments sulle merendine sono lasciati nel web da naviganti residenti in aree urbane nel 34% dei casi, suburbane nel 30 % dei casi, seguono le aree metropolitane col 25 % e rurali, montane e marittime con l’ 11 %. Likes e dislikes s'LIUOMINIRISPETTOGLISNACKSSONO meno negativi delle donne : 88% contro il 97 %. s,EMADRISONOLEPIáAVVERSEALLEME rendine, i figli che vivono in famiglia i meno contrari. s0ERQUANTORIGUARDALEFASCEDIETËLA maggiore avversione si concentra tra i 36 ed i 55 anni. s)NAVIGANTIDICULTURAMEDIASONO i più contrari agli snacks, seguiti da quelli di cultura superiore. s,ECASALINGHESONOLECHATTERSE blogger più accanite nei confronti delle merendine. Gli studenti i meno contrari. s,EMAGGIORICRITICHERIVOLTEALLE merendine provengono dal nord est, seguite da nord ovest, centro e sud/ isole nell’ordine. s0IáCRITICINEICONFRONTIDEGLISNACKS i residente in aree urbane e metropolitane, seguiti dagli abitanti di aree suburbane e rurali/montane/ marittime. Conclusioni Anche se molte affermazioni negative lasciate nel web domestico da speakers about biscotti, merendine, torte, muesli e cereali venduti confezionati, sono completamente false, è innegabile che quanto sopra è l’immagine che il mercato di riferimento ha degli snacks. Abbiamo già menzionato gli aspetti emozionali riguardanti quanto viene messo in cartella per la merendina scolastica dal genitore al proprio figlio, come un post allarmistico o scandalistico generi un effetto “virale” nel web, ma questo non toglie che il mood dei naviganti acquirenti o potenziali acquirenti degli snacks sia quello riportato. Pur sapendo che l’ignoranza in materia di chi scrive su internet è alla base di certi pareri sugli snacks, non possiamo non prenderne atto e non pensare ad attuare contromisure. Poiché la legge in proposito è molto severa e le descrizioni di componenti ed ingredienti sono dettagliatissime l’errore va cercato ancora una volta nel tipo di comunicazione effettuato dal produttore. Evidentemente se 30 anni fa fare vedere una famiglia felice, sana e bella vivere in un mulino creava addirittura maintreams, oggi non è più sufficiente ed i produttori devono trovare nuovi modelli per trasmetteB re i concetti di sano e salutare. WWW.WEB-RESEARCH.IT °VOQPPMEJSJDFSDBUPSJDPOTVMFOUJQTJDPMPHJFBOBMJTUJQSFTFOUJOFMTFUUPSFEFMMF SJDFSDIFEJNFSDBUPEBPMUSFBOOJ1JPOJFSJEFMMFQSJNF$BUJJO*UBMJBQPJEFMMF $BQJF$BXJDPOFTUSB[JPOFRVBOUJUBUJWBGJOEBJUFNQJEFMMFTPMFGBDFUPGBDFTJ TUBOOPPSBEFEJDBOEPDPOTVDDFTTPEBDJSDBEVFBOOJBMMFSJDFSDIFTFNBOUJDIF BMMBOBMJTJTPDJPTFNJPUJDBPWWFSPBMMF8FCMJTUFOJOHP8FCNPOJUPSJOH XXXXFCSFTFBSDIJU5FM BEVERAGE & GROCERY 31 Verso EXPO Milano 2015 I NUMERI Tema: ‘Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita’ Data: 1 maggio – 31 ottobre 2015 (184 giorni) Partecipanti Ufficiali: 143 tra Paesi e Organizzazioni internazionali (al 5 marzo 2014) Obiettivi: 20 milioni di visitatori Sito espositivo: circa un milione di metri quadri Investimenti pubblici per l’evento: 1,3 miliardi di euro Contributo del settore privato: 0,3 miliardi di euro D al l 1° maggio al 31 ottobre 2015 Milano ospiterà l‘Esposizione Universale. Il tema attorno cui si svilupperà la manifestazione è ‘Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita‘. In un mondo in cui oltre un miliardo di persone soffre di fame, o al contrario di obesità, e che nel 2050 sarà abitato da 9 miliardi di individui, i problemi legati all‘alimentazione si impongono con urgenza. Expo Milano 2015 affronterà il tema dal punto di vista economico, scientifico, culturale e sociale, chiamando a raccolta intelligenze e competenze da tutto il mondo. I Paesi partecipanti saranno chiamati a proporre soluzioni concrete per rispondere ad alcune sfide decisive: assicurare il diritto a un‘alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti; garantire la sostenibilità 32 BEVERAGE & GROCERY ambientale, sociale ed economica della filiera agroalimentare e salvaguardare la consapevolezza del gusto e della cultura del cibo. L‘obiettivo di Expo Milano è dare al mondo le linee guida, ragionate e condivise, per vincere tali battaglie. Expo Milano 2015 lascerà anche un‘eredità materiale: il sito espositivo diventerà una smart city del futuro, un quartiere intelligente ed ecologico nell ‘uso della tecnologia e dell’energia. Aziende di rilievo internazionale hanno deciso di scommettere su questo progetto: Telecom Italia, Cisco, Accenture, Enel, Intesa San Paolo, Selex ES, Came, Fiat, Coop, Illy, Fiera Milano, Eutelsat e Samsung Electronics Italia sono state le prime imprese ad aver investito risorse ed esperienze per realizzarlo, in qualità di Partner della manifestazione. I padiglioni Investimento dei partecipanti ufficiali: circa un miliardo di euro Benefici per il turismo: 5 miliardi di euro sorgeranno su una superficie di circa un milione di metri quadrati, lungo l‘asse di Rho-Fiera e di Malpensa. È un’area strategica, collegata a due autostrade, a pochi chilometri dagli aeroporti di Linate e Malpensa, servita dalla linea ferroviaria ad alta velocità e dalla metropolitana. L‘esposizione e le migliaia di appuntamenti (eventi culturali e spettacoli), previsti per i sei mesi della manifestazione, porteranno a Milano più di 20 milioni di visitatori, oltre 130 Nazioni, aziende e organizzazioni internazionali. Ad 19 novembre Expo Milano 2015 conta 143 adesioni ufficiali. B S u un punto sono tutti d’accordo: Expo Milano 2015 non sarà “semplicemente” una fiera, ma un evento molto più complesso e prospetticamente interessante in virtù dei nuclei valoriali che gli daranno l’anima. Perché l'Esposizione Universale parlerà naturalmente di alimentazione, ma declinerà in varie sfaccettature anche il tema della sostenibilità, quello del binomio sinergico Milano-Italia e quello del Mondo che, con il suo sconfinato patrimonio culturale, sarà occasione di incontro, condivisione e apprendimento. Per questo sarà importante per tutti partecipare all’evento: per i visitatori che avranno modo di approcciare realtà nuove e di conoscere meglio le proprie. E per le aziende che potranno avere un filo diretto con tanti, nuovi potenziali clienti. E per il nostro paese in particolare? Per dirla con Remo Lucchi, fondatore e presidente onorario di Gfk-Eurisko, Expo Milano 2015 rappresenta per l’Italia l’ultima occasione per trovare un elemento di aggregazione, in un momento storico i cui l’Italia come aggregato nazionale, purtroppo non esiste. Lucchi non è tenero con il nostro paese quando dice che non è ma stato una nazione. Tuttavia – e ne è convinto- una speranza c’è ancora. Se è vero che non esiste un’Italia unica, esiste però un made in Italy affermato e riconosciuto che, posto sotto i riflettori dell’Esposizione Universale, potrà rivitalizzare un orgoglio nazionale ad oggi sopito. Per portare nuovamente alla ribalta le nostre 5 A: Alimentazione, Arte, Abbigliamento, Arredo, Ambiente naturale. I target di Expo Dunque è indubbio che la manifestazione costituirà un’opportunità unica per il sistema Italia nel suo complesso. Ma per sfruttare al meglio un evento Chi e come saranno i visitatori di Expo 2015? TANTI TARGET, TANTE ASPETTATIVE, SVARIATE ESIGENZE: L’IMPATTO ECONOMICO DI UN EVENTO EPOCALE CHE COINVOLGERÀ TUTTI I SETTORI PRODUTTIVI di Carmela Ignaccolo di massa di tali dimensioni, instaurando un dialogo più mirato con i visitatori in modo da coinvolgerli e appassionarli, è interessante individuare i vari target di pubblico e comprenderne le aspettative. In quanto ciascuno avrà un proprio orizzonte d’attesa e necessiterà di un codice di engagement specifico. Un po’ come si è riproposta di fare Gfk- Eurisko che - a circa un anno dal debutto dell’evento -ha scelto di concentrarsi sui suoi contenuti, sulle opportunità e – di conseguenza- sulle azioni che, chi voglia prendere parte all’esposizione, dovrà pianificare. All’interno di un target allargato (circa 30 milioni di visitatori), comprensivo di chiunque sia a co- Il target primario sarà costituito da circa 20 milioni di visitatori con buona mobilità e capacità di spesa noscenza di Expo e abbia caratteristiche di mobilità, Gfk- Eurisko individua il vero e proprio cuore dei visitatori composto dai 5, 6 milioni di persone realmente mosse dal tema “nutrire il pianeta, energie per la vita”. La loro peculiarità sarà quella di avere un approccio esplorativo verso la cucina, le culture gastronomiche straniere e la sostenibilità nelle sue più varie accezioni. Accanto a questa nicchia con interessi specifici e perfettamente mirati, si colloca quello che Stefano Pironi di Gfk-Eurisko definisce il target primario: circa 20 milioni di visitatori caratterizzati da buona mobilità, capacità di spesa e propensione a spendere durante gli spostamenti. Un target decisamente articolato dal punto di vista socio-demografico e che Pironi disseziona in ulteriori 5 profili. Al suo interno infatti individua: il “gruppo di amici” che in Expo vede un’occasione di divertimento; “la Famiglia” che considera la manifestazione un’occasione per trascorrere una BEVERAGE & GROCERY 33 giornata diversa e che ha intenzione di viverla non solo come esperienza culturale, ma anche “palatale”; “la Signora” che pensa di trarre spunti interessanti in tema di alimentazione; “il Maturo”, un visitatore dai 50 anni in su, fortemente motivato all’esplorazione e che probabilmente ha già al suo attivo altre Esposizioni Universali; “il Giovane” (tra i 35 e i 44 anni) che rappresenta il 38% del totale e guarda all’Expo come a un evento che entrerà nella storia; “il Gruppo di Amici” che si prefigge di vivere l’evento come divertimento e socializzazione. quelli attirati esclusivamente dall’evento, ma ci saranno anche quelli legati ai normali flussi turistici che approfitteranno dello loro presenza in Italia per visitare il sito espositivo e poi ci saranno i giovani, target proto tipico dei volontari di Expo. Quindi vivace, curioso e aperto alle novità. Unico handicap la limitata capacità di spesa. Pre, post, Expo e fuori Expo Quello che abbiamo davanti non è un evento mono blocco che si esaurirà nell’arco di sei mesi. Già oggi, infatti, stiamo assistendo ad una sorta di “crescendo” delle aspettative, un PRODUZIONE AGGIUNTIVA DISTRIBUZIONE TEMPORALE Produzione aggiuntiva 30 - Expo 2015 Dati in miliardi di euro 25 11,7 23,6 20 15 7,8 10 5 4,1 0 2013-14 Evento 2015 2016-2020 TOTALE Fonte: Camera di Commercio di Milano E gli stranieri? I visitatori esteri saranno, stando alle stime ufficiali, circa 6 milioni. Tra le motivazioni più profonde che li porteranno in Italia nel semestre di Expo Milano 2015, Pironi ne individua tre predominanti. Ci saranno 34 BEVERAGE & GROCERY climax che toccherà il suo apice il 1° maggio del 2015 ma che già oggi ha innescato fervore e dinamismo. E che- si spera- prosegua a produrre i suoi effetti anche a evento concluso. Ma anche un evento “multidimensionale” in grado di giocare le sue carte pure nel fuori Expo e che potrà (dovrà) contare su un sistema urbano perfettamente allineato ai codici valoriali dell’evento. Un fuori expo, argutamente definito da Gianni Para di Gfk Eurisko, un open space capace di ospitare, divertire, offrire servizi ai visitatori, ed esaltare il valore esperienziale dei brand. Un fuori expo che dovrà essere tarato e differenziato sulla base dei diversi cluster di visitatori, delle loro esigenze e delle loro aspettative. L’impatto economico Insomma si realizzerà una sorta di arco spazio-temporale esteso non solo al di qua e al di là dell’evento, ma anche dentro e fuori il sito espositivo che farà sentire in forma dilatata e amplificata l’effetto di Expo. In proposito risulta particolarmente illuminante lo studio effettuato da Confcommercio sull’impatto economico della manifestazione sul sistema economico nazionale, lombardo e milanese. Parlando infatti di produzione PRODUZIONE AGGIUNTIVA PER SETTORE DURANTE EXPO MILANO 2015 PRODUZIONE AGGIUNTIVA PER SETTORE (2012-2020) 9.000 8.000 7.848 7.000 6.000 5.000 4.000 3.000 2.000 1.000 2.708 1.550 1.363 711 0 620 523 206 167 Fonte: Camera di Commercio di Milano - Dati in milioni di € aggiuntiva riconducibile all’Esposizione Universale, si prevedono circa 4,1 miliardi di euro tra il 2013 e il 2014 , cioè nella fase preparatoria.Per arrivare a 7,8 miliardi durante l’evento vero e proprio e a 11,7 nel periodo successivo, grazie agli effetti di propagazione economica. Dinamica simile (quindi in progressivo crescendo) si stima per il valore aggiunto che dovrebbe passare dall’1,7 miliardi del biennio 2013-2014 ai 3,4 del semestre Expo ai 4,9 dei 4 anni successivi. Ampio il coinvolgimento dei vari settori distributivi, a testimonianza del fatto che si tratterà di un evento globale. Nell’arco dell’intero periodo di analisi (2012-2020) i settori maggiormente interessati dall’impatto economico saranno l’industria (circa 6 miliardi di Euro), i servizi alle imprese (4,8 miliardi), il turismo e la ristorazione (3,9 miliardi di Euro). Ovviamente leggermente diversa sarà la situazione in base ai vari momenti: Nella fase preparatoria dell'evento la produzione aggiuntiva si attesterà intorno ai 4,1 miliardi di euro nella fase preparatoria, infatti, i settori più coinvolti saranno quelli delle costruzioni (1,4 miliardi di Euro), dei servizi alle imprese (0,9 miliardi) e dell’industria (0,7). Durante l’evento, al contrario, saranno turismo e ristorazione (2,7 miliardi di Euro), industria (1,6 miliardi) e servizi alle imprese (1,4 miliardi) quelli maggiormente interessati. Mentre nella fase successiva ad avere l’onore della ribalta (in termini di impatto economico) saranno i settori dell’industria (3,7 miliardi), dei servizi alle imprese (2,5 miliardi) e del commercio (1,5 miliardi). Quanto all’occupazione, infine, nell’intero arco considerato dall’analisi (2012-2020) crescerà soprat- tutto nel settore del turismo e della ristorazione (circa 39.400 unità lavorative), nei servizi alle imprese e nell’industria. Turismo e ristorazione, ça va sans dire, avranno un’ulteriore spinta nel semestre clou, quando si stimano circa 28 mila unità lavorative in più. Per gli imprenditori italiani, a conti fatti, le potenzialità ci sono. E tante. A cominciare dal food, certo, per proseguire con la sostenibilità, le implementazioni finalizzate alla smart city, le partecipazione al fuori expo, l’internazionalizzazione e l’expo virtuale. Ovviamente, come suggerisce Eurisko (che mette a disposizione il suo know-how sull’argomento), bisogna individuare, scegliere e lavorare sulle caratteristiche di Expo più consone alla propria realtà imprenditoriale, individuare i target cui si vuole mirare (che abbiamo visto sono più che variegati) e infine tracciare delle ipotesi di lavoro su cui mettersi subito al lavoro. E senza temporeggiare. B BEVERAGE & GROCERY 35 TUTELA CONSUMATORI Etichette, così cambiano in Europa È PARTITO IL CONTO ALLA ROVESCIA PER LE MODIFICHE ALL’ETICHETTATURA DEI PRODOTTI ALIMENTARI. MOLTI ANCORA I PUNTI DA CHIARIRE di Fabrizio Gomarasca I l 14 dicembre 2014 entra in vigore la norma europea sulle informazioni obbligatorie per le etichette alimentari. Molto il lavoro da fare per tutta la filiera, con tempi da rispettare, senza considerare i problemi di interpretazione della legge. Per i produttori significa lavorare sul packaging, considerando che in ogni paese sono previste disposizioni ulteriori, ma anche i distributori devono approntare etichette idonee dei prodotti a marchio e chi vende online deve specificare il rispetto delle disposizioni. In questo quadro la condivisione delle informazioni in maniera rapida, precisa e puntuale è determinante per il conseguimento dei migliori risultati. A questo argomento ha dedicato un seminario GS1 Italy Indicod-Ecr, anche perché le implicazioni per l’organismo che presiede agli standard di comunicazione nella filiera tra industria e distribuzione sono molteplici. Basti pensare all’impatto del nuovo regolamento sulle informazioni digitali e sull’e-commerce con dispositivi mobili (smartphone e tablet) e 36 BEVERAGE & GROCERY sulla diffusione dello scambio di informazioni sui social network. Tuttavia le informazioni online provengono per buona parte da fonti ignote, sono inattendibili e fonte di confusone. Per questo GS1 ha sviluppato GS1 Source, «una sola fonte di informazioni attendibile e standardizzate sotto la responsabilità dei titolari dei marchi a beneficio dei consumatori digitali», come ha spiegato Andrea Ausili di GS1 Italy Endicod-Ecr. Semplificazione delle norme «Il regolamento 1169/2011 giunge dopo anni di studi ed elaborazioni ha spiegato nel corso del seminario Dario Dongo, avvocato esperto in diritto alimentare - e rappresenta la riorganizzazione tra un insieme di regole generali sull’etichettatura alimentare e nutrizionale con l’obiettivo di semplificare le normative orizzontali e verticali (nazionali, settoriali, dei segnali prodotti), con un’apertura anche verso strumenti alternativi d’informazione (GS1) in tempo reale in 28 Paesi con legisla- Ingredienti, informazioni nutrizionali e origine: la nuova norma europea fa indubbi passi avanti, ma lascia ancora margini a interpretazioni zioni in parte divergenti, oltre che di salvaguardare la salute del consumatore dai rischi di sovrappeso, obesità e malattie correlate alle abitudini nutrizionali. La novità consiste nel fatto che non solo si prende in considerazione la sicurezza alimentare, ma anche quella nutrizionale». Il campo di applicazione quindi è più esteso dell’attuale e riguarda tutti i prodotti destinati al consumatore finale e a ristoranti, mense, ospedali, catering, quelli somministrati dai pubblici esercizi, le vendite a distanza, tranne i prodotti preincartati dei supermercati (tenuti a dichiarare la presenza dei soli allergeni). Tuttavia, non sono bastati anni di messa a punto e discussioni per produrre un regolamento chiaro a tutela del consumatore. Molte sono infatti le ombre che ancora lo circondano. Per esempio, dopo aver verificato la trentennale giurisprudenza in materia, stabilisce che le legislazioni nazionali non devono ostacolare la libera circolazione delle merci nel Mercato unico né discriminare i prodotti realizzati in altri Paesi. Tuttavia introduce il criterio secondo cui i legislatori nazionali possono stabilire nuove prescrizioni obbligatorie per prodotti commercializzati sul loro territorio. «Con la scusa di voler tutelare i consumatori - commenta il legale ciascun Paese membro può fare ciò che gli pare». Una novità significativa del regolamento riguarda gli ingredienti, l’origine e l’informazione nutrizionale. Riguardo agli ingredienti, vi è l’obbligo di indicare la presenza degli allergeni con evidenza grafica nella lista, di specificare la natura degli oli e grassi vegetali e indicare obbligatoriamente la presenza di acqua e altri ingredienti volatili aggiunti a carne, preparazione di carne, prodotti della pesca non processati, molluschi bivalvi non processati. Ma sono esclusi salsicce, hot dogs e simili carni processate. Indicazioni non omogenee Sono diversi i casi di contraddittorietà in cui cade il regolamento. Il caso per esempio del sistema a semafori stabilito nel Regno Unito, che tante opposizioni ha sollevato in particolare dall’Italia, che si sente a buon diritto penalizzata, è ammesso purché vi siano studi sull’effettiva comprensione da parte dei consumatori, siano fondati scientificamente, non siano discriminatori verso altri prodotti e non creino barriere al mercato interno unico. non sono bastati anni di lavoro per produrre un regolamento chiaro a tutela del consumatore Altri ne rileva Dongo, come i requisiti obbligatori per l’indicazione dell’origine delle carni suine, ovine, caprine, di pollame, ma non vi è menzione di quelle equine, di coniglio e lepre, di quaglie. Anche sugli ingredienti, il colesterolo è dimenticato e nelle informazioni nutrizionali le fibre non compaiono e si introduce il sale, invece del sodio, ignorando in tal modo la politica nutrizionale sviluppata dall’Organizzazione mondiale della sanità. «Ma è possibile indicare, ove del caso, che il sale è dovuto esclusivamente al sodio naturalmente presente nel prodotto», afferma l’avvocato. Ancora sull’origine,deve comparire il luogo, paese o regione, dove i prodotti o gli ingredienti agricoli sono interamente realizzati o dove ha avuto luogo l’ultima trasformazione sostanziale ed è facoltativa l’indicazione d’origine, a meno che la sua omissione possa indurre in errore il consumatore su Paese d’origine o luogo di provenienza del prodotto, anche a causa dell’informazione complessiva che lo accompagna. «Nessuno potrà mai affermare che l’origine del prodotto è quella dove risiedono le sue materie prime», commenta Dongo, che spiega: «Se sull’etichetta è riportata la bandiera tricolore è obbligatorio indicare l’origine e il logo di produzione qualora non coincida con l’Italia. Viceversa, se un formaggio italiano è prodotto con latte bavarese, non è obbligatorio indicarlo. Se infine l’origine non coincide con l’ingrediente primario per più del 50%, anche questa deve venire indicata». Naturalmente il regolamento fissa in maniera molto precisa i corpi dei caratteri da utilizzare in funzione anche delle dimensioni delle confezioni: altezza minima di 1,2 mm che scende a 0,9 mm i nelle confezioni con superficie inferiore a 80 centimetri quadrati. Ma anche in questo caso molti aspetti devono ancora essere definiti dalla Commissione europea (tipo di carattere, spessore, contrasto on lo sfondo, per esempio). Sulla responsabilità, invece, spiega ancora Dongo, «Chi mette la propria faccia sil prodotto è responsabile della completezza e veridicità delle informazioni in etichetta. Per quanto riguarda le private label, la responsabilità coincide con quella di chi si presenta al consumatore come colui che garantisce il prodotto, cioè il distributore. Per i prodotti di provenienza extraeuropea la responsabilità è in capo all’importatore». Nonostante la data di entrata in vigore delle nuove disposizioni per l’etichettatura sia stabilita, molte cose sono ancora poo chiare o da definire. «Nei prossimi anni conclude Dongo - la Commisione dovrà pubblicare una valutazione d’impatto sull’eventuale indicazione di origine per ulteriori prodotti, dovrà definire ulteriori criteri per la leggibilità e pubblicare una relazione su eventuali forme ulteriori di espressione nutrizionale e se del caso, definire regole sulle porzioni per categorie specifiche di prodotti». B BEVERAGE & GROCERY 37 SICUREZZA ALIMENTARE La rivoluzione L dell’etichettatura globale QUALITÀ E SICUREZZA DEI PRODOTTI ALIMENTARI PER IL CONSUMATORE SONO INSCINDIBILI: E LE INFORMAZIONI CONTENUTE NELL’ETICHETTA LE DEVONO COMUNICARE. DALLA GLOBALIZZAZIONE DEI MERCATI SCATURISCE LA NECESSITÀ DI UNIFORMARE LE INFORMAZIONI, ANCHE A SUPPORTO DELLE ESPORTAZIONI. NOVITÀ IN VISTA DALL’UNIONE EUROPEA. di Italo Mora 38 BEVERAGE & GROCERY a sicurezza alimentare fa parte della qualità del prodotto. A patto, però, che sia riconosciuta e percepita come tale dai consumatori e comunicata. È allora che può scattare la fiducia. Qualità e sicurezza: ecco la vera “etichetta” di un prodotto, ancor prima che essa appaia scritta sul packaging. E diventa un ottimo strumento di sviluppo di un’azienda nel mondo. Il convegno organizzato a Bologna il 29 ottobre scorso da Tüv Italia su “La sicurezza alimentare: una questione di ‘etichetta” ha lungamente discusso l’argomento, scandagliandone i molteplici aspetti e le loro implicazioni. Il tutto secondo il concetto di filiera (il vero convitato di pietra della giornata), naturalmente, dove produzione, distribuzione e consumo hanno pari importanza di ruolo. È vero che il mercato italiano dell’agroalimentare sembra, comparto economico più unico che raro, tenere ancora bene, ma è chiaro ormai che lo sviluppo delle imprese italiane sta cambiando caratteristica: da nazionale a internazionale e quindi globale. E questo per sua evoluzione naturale e non perché il mercato nazionale sia in forte calo. Come dire: chi non si sviluppa muore. È quindi ormai tempo di pensare almeno europeo, con proiezioni anche sul quello mondiale-globale. Con i non pochi rischi che ciò comporta. Anche se non bisogna comunque sottovalutare il consumatore italiano, uno dei più sensibili al mondo alla qualità dei prodotti, nonostante che le sue contingenti situazioni lo spingano a scelte “meno qualitative”. Ma la sicurezza dei prodotti non può essere comunque scalfita: qualità e sicurezza per lui sono inscindibili. La sua attenzione alla qualità rimane tendenzialmente alta, come dimostra, per esempio, la sua sempre crescente predilezione per i prodotti naturali/locali. Avere un consumatore con questa sensibilità è un gran vantaggio per le imprese agroalimentari italiane, perché è per esse di stimolo e verifica continui. Prodotto e comunicazione La conferma viene dalle risposte di 80 persone chiave delle grandi aziende agroalimentari intervistate da Renato Mannheimer. Per esse sicurezza alimentare e controllo di prodotto si associa all’idea di clientela soddisfatta (31%), all’obiettivo principale del loro lavoro (30%) e a migliore alleato per i prodotti made in Italy (23%). Per questi manager gli elementi che maggiormente concorrono a creare un prodotto made in Italy sono la bontà e gusto del prodotto (40%), la sicurezza alimentare (34%) e l’evocazione dell’Italia e dell’italianità (20%). All’elenco alcuni relatori del convegno vi hanno aggiunto anche la sostenibilità ambientale. IMMAGINI RELATIVE A SICUREZZA ALIMENTARE/ CONTROLLO DI PRODOTTO ORDINAMENTO DECRESCENTE PER “PRIMA RISPOSTA” (TOP OF MIND) POSSIBILI FINO A TRE RISPOSTE 31 Una clientela soddisfatta 68 L’obiettivo principale del nosrtro lavoro 30 50 Il miglior alleato per i prodotti Made in Italy 23 48 Una delle più importanti strade per uscire dalla crisi 10 19 Tanto lavoro on sempre conosciuto e riconosciuto 5 14 TOP OF MIND - Prima risposta Totale risposte 1 Non sa 1 TESTO DELLA DOMANDA: “Le leggerò ora alcune immagini che altri hanno attribuito al concetto di sicurezza alimentare/controllo di prodotto. Mi può dire quali si avvicinano di più alla sua idea di sicurezza alimentare/controllo di prodotto? Mi dica le prime tre in ordine di importanza”. Valori percentuali 31% la percentuale di chi associa sicurezza alimentare e controllo di prodotto all’idea di clientela soddisfatta È naturale, poi, che tutto il lavoro compiuto dagli operatori della filiera attorno al prodotto si riversi sulla comunicazione, fino a concretizzarsi nell’etichetta fisica, sua carta d’identità, quasi un suo “precipitato”. In effetti, se qualità è tutto ciò che ruota intorno al prodotto, a cominciare dal legame con il territorio, e alle materie prime, la sicurezza alimentare diventa in effetti anche una questione di etichetta. Ma per quest’ultima c’è una no- Sta cambiando il punto di riferimento dell’etichetta: non tanto il legislatore, quanto il consumatore vità, che interessa in realtà tutta la comunicazione sul prodotto. Sta cambiando il suo punto di riferimento: non tanto il legislatore, quanto il consumatore. Peccato che quest’ultimo sia meno definibile, dal momento che per le imprese italiane, nel loro sviluppo o nell’attività esportatrice è sempre più globale, mondiale. Gli operatori della filiera si trovano, inoltre, a dover ampliare e segmentare la loro mission tradizionale rivolta ai clienti/consumatori, per includervi soprattutto quelli potenziali di tante parti del mondo, di cui con difficoltà si intuiscono le tendenze comuni o standardizzabili, tante sono le loro differenziazioni di gusti, di atteggiamenti d’acquisto e di manipolazione dei prodotti. BEVERAGE & GROCERY 39 SICUREZZA ALIMENTARE L’IMMAGINE DEL BRAND AGRO ALIMENTARE ORDINAMENTO DECRESCENTE PER “PRIMA RISPOSTA” - POSSIBILI FINO A TRE RISPOSTE 36 Qualità/bontà del prodotto 74 18 La sicurezza alimentare 48 La storia e la tradizione del marchio e dell’azienda 12 40 10 I valori trasmessi 36 6 Il packaging I testimonial Il costo del prodotto Lo stile della comunicazione La scelta dei punti vendita, la rete di distribuzione 18 5 11 5 19 4 30 4 25 Prima risposta Totale risposte TESTO DELLA DOMANDA: “Le leggerò alcuni aspetti che concorrono a creare l’immagine di un brand agroalimentare e quindi la sua reputazione e il suo posizionamento sul mercato. Mi dica per favore quale secondo lei è l’aspetto che più di altri concorre alla creazione del brand di un prodotto alimentare, poi il secondo e infine il terzo”. Valori percentuali Per questo la domanda di sicurezza, a cui pure tutti i paesi cercano di rispondere con normative concrete, si traduce per la filiera agroalimentare italiana in un grande lavoro di rifacimento della comunicazione e dell’etichetta: trovare una standardizzazione globale non è facile, perché si tratta di percorrere vie inusuali e a volte inesplorate. Niente di nuovo sotto il sole, in teoria, ma questo nuovo atteggiamento/azione richiede sì una ristrutturazione radicale di organizzazione e di cultura delle aziende implicate, ma anche un mutamento di norme, soluzioni e comportamenti, un rinnovamento complesso e articolato e un ricorso più allargato e coinvolgente 40 BEVERAGE & GROCERY a stakeholder, anche stranieri (formatori, università, controllori, ricercatori, pubblico ecc.). Per questo il settore agroalimentare ha messo in moto un movimento culturale imponente, in cui alla comunicazione e quindi all’etichetta, “precipitato” di tutte le componenti del prodotto e luogo esplicito delle informazione a esso inerenti, è affidato un ruolo più importante che nel passato per lo sviluppo dell’azienda e del suo mercato. Consumatore poliedrico Non meraviglia quindi che oggi vengano alla luce nuove e più complesse problematiche, soprattutto in merito all’individuazione 74% aumento della nostra esportazione negli ultimi dieci anni dei fattori che possano conquistare la fiducia del poliedrico ipotetico consumatore globale anche tramite una comunicazione (ed etichetta) standardizzata. Il percorso è appena incominciato, ma è quello giusto. Purtroppo, come sistema italiano, siamo ancora fermi al primo stadio di questo percorso. Un solo esempio per capirci. Secondo Nomisma la nostra esportazione di prodotti alimentari è aumentata del 74% negli ultimi dieci anni, raggiungendo i 26,1 mld, di cui 16,7 (il 64%) nei paesi Ue. Ma l’attuale 20,4% esportato è ancora molto basso, se si pensa, per esempio, al 28,5% della Germania e al 24,7% della Francia, che ci anticipano nella classifica. Le cause? Ancora e, purtroppo, sempre le stesse: prezzi più elevati, polverizzazione delle imprese (spesso causa della precedente) e sistema Italia, sia privato sia pubblico, non all’altezza, ecc. Tutti questi fattori non aiutano naturalmente né la produzione né l’esportazione, stretta com’è la prima nella morsa del calo del consumo interno. Ma è pericoloso arroccarsi nel “piccolo è bello”, funzionale ormai solo per i prodotti di nicchia e di alta gamma. Nel settore industriale e distributivo esso non dà quella sufficiente redditività che permetta investimenti nella qualità del prodotto e nella sua esportazione. Per questo e per poter cogliere le nuove opportunità dovute alla grande crescita prevista nei prossimi anni dei consumi alimentari in Cina, Ue, Nord America e India, è importante che il sistema Italia sostenga processi di aggregazione fra imprese per aumentarne la dimensione e che si doti di una vera politica industriale che riduca le inefficienze e gli impatti sui costi delle imprese (livello impositivo, sistema infrastrutturale ed energetico, promozione dei prodotti italiani ecc.). POLITICA ASSENTE Al nuovo sviluppo delle imprese le istituzioni e le associazioni di categoria sono chiamate a dare un grande contributo, forse decisivo. È però triste sentire affermare al convegno che «nel passato (solo?) abbiamo avuto una politica assente, che non ha creduto (o crede) nel ruolo economico nazionale dell’agricoltura e della sua trasformazione. Alla politica non chiediamo soldi o sconti, ma di guardare un po’ più in là, di facilitare il nostro lavoro, di velocizzare la sua burocrazia. E subito, perché noi non abbiamo più tempo per l’attesa». Appunto. È questo il motivo per cui molti imprenditori dell’agroalimentare non attendono più la politica. Ma farne a meno è per essi molto pesante e rischioso, un vero lavoro da Sisifo, obbligati come sono a cercare da soli soluzioni e contatti. Situazione rischiosa soprattutto per il Mezzogiorno, che, dovendo operare in un contesto macroeconomico difficile se non avverso (concorrenza valutaria e fiscale dei paesi non appartenenti all’Ue, mancanza di infrastrutture efficienti, effetti delle politiche di austerità dell’Ue ecc.), deve anche sopperire alla mancanza di una politica nazionale dello sviluppo. Da parte loro le imprese non stanno certo a guardare. Infatti, secondo la stessa ricerca di Mannheimer, sono molto significative le attività che esse svolgono per la sicurezza dei prodotti: in ordine d’importanza, formazione del personale, certificazione della qualità, ricorso a fornitori di fiducia e test sui prodotti ecc.; il tutto sostenuto da una coscienza molto marcata di responsabilità sociale e di valorizzazione del brand. Qualcuno dei relatori ha aggiunto anche la fedeltà pignola al capitolato interno di produzione. L’immagine di qualità goduta dei nostri prodotti nel mondo deriva anche da qui. Normativa globale Come si vede, il discorso sulla sicurezza alimentare e sull’”etichettatura” porta molto lontano. Le imprese italiane, infatti, non lo sottovalutano affatto. Anzi lo considerano il primo requisito o punto di forza per il successo dell’esportazio- ne: qualifica il nostro sistema agroalimentare (l’immagine di italianità aiuta tutti i prodotti), lo difende dalle contraffazioni e rende felice la clientela. E oltre, ha affermato qualcuno: fino al post vendita. Se nella situazione presente, e ancor più in quella futura, il cibo è globale, è necessario che il sistema si doti anche di parametri normativi globali. Oggi, infatti, la legislazione sulla sicurezza (espressa poi anche nell’etichettatura) differisce da stato a stato. Bisogna quindi giungere, e presto, alla creazione di parametri globali, che possano rispondere ai principali e comuni requisiti richiesti dai vari stati importatori (per esempio, i livelli minimi o l’assenza di sostanze tossiche, contaminanti e antiparassitarie e informazioni nutrizionali). Ma soprattutto che non siano tanto punitivi e sanzionatori, quanto operativi e comportamentali, in modo che i produttori e distributori possano adeguarvisi con unitarietà, facilità ed efficacia. Progetto forse utopistico, ma indispensabile come orientamento del comune cammino futuro. A cominciare, per noi naturalmente, dall’Ue. Uniformare le normative Questa, infatti, sta proponendo alle imprese una nuova metodologia comune detta Pef (Product environmental footprint), che permette di valutare l’impronta ambientale di un prodotto che risponda alle aspettative dei clienti, anticipi i concorrenti delle singole imprese, mantenga la garanzia di conformità, supporti i processi innovativi e aiuti la gestione della supply chain. In tema di sicurezza bisogna giungere, e presto, alla creazione di parametri globali È effettivamente un modo nuovo, e molto significativo, per “produrre” la qualità: offrire metodologie operative e comportamentali. In questo periodo l’Ue sta preparando anche un insieme di linee guida. Una vera rivoluzione, se si pensa che solo in Italia sulla sicurezza dei prodotti vi sono ben 178 leggi, una per ogni situazione. La nuova normativa Ue richiamerà l’attenzione della filiera sui prelievi, le analisi ripetibili e irripetibili, la loro revisione e la non conformità dei prodotti (Rasff), con obblighi di ritiro e/o di richiamo dei prodotti (fenomeno, quest’ultimo, in grande diffusione). Un campo, questo, dove la filiera agroalimentare italiana ha un amplissimo margine di miglioramento. In un secondo momento (ma forse in contemporanea), poi, bisognerà anche affrontare il rapporto con le normativa di tutti gli stati non comunitari, dando priorità di tempo e d’importanza ai paesi più coinvolti nelle esportazioni europee o di maggiori potenzialità di mercato: Usa, Medio Oriente, India, Giappone, Cina, Australia/Nuova Zelanda, Brasile ecc. In merito si stanno affacciando per l’etichettatura, baluardo di sicurezza per il legislatore, alcune problematiche, di cui nei prossimi anni sentiremo parlare: la privacyriservatezza (non compariranno tanto i nomi o i marchi quanto i rischi), i costi economici e i danni per la non osservanza di norme (alcune regioni hanno già cominciato a pubblicare su siti nome e cognome di prodotti: con grande lavoro per gli avvocati…). A conferma del fatto che l’etichettatura è, come sempre e ovunque punto di riferimento concreto della sicurezza. Come vera e propria carta d’identità del prodotto e della sua qualità, anche l’etichetta, parte importante della comunicazione al consumatore, si sta incamminando velocemente verso cambiamenti radicali. B BEVERAGE & GROCERY 41 NEWS DISTRIBUZIONE Novità dal mondo 7 nuovi franchising in Sicilia Nuovo importante accordo di franchising per Simply che ha di recente siglato una partnership con un imprenditore siciliano, che gestisce 7 supermercati Situati nell’area nord-ovest dell’isola, nelle province di Trapani e Palermo. Si rafforza così la presenza dell’insegna Simply in Sicilia, territorio in cui sono presenti già 49 supermercati in franchising e 37 diretti. I nuovi Simply sono superette di prossimità o supermercati di vicinato con una superficie compresa tra 200 e 1.000 mq2 e un assortimento che punta principalmente sui freschi di alta qualità. Il nuovo accordo metterà a disposizione del giovane imprenditorie di Castellamare del Golfo, Giuseppe Blunda, tutto il know-how e la solidità di un grande gruppo internazionale con un’esperienza ventennale nel campo dell’affiliazione, ma tuttavia attento a valorizzare la profonda conoscenza del contesto locale dei propri imprenditori. La vicinanza fisica e strategica agli affiliati e l’ascolto delle loro esigenze consentono di trovare soluzioni modulate in base alle specificità locali, per aiutare gli imprenditori a riqualificarsi 42 BEVERAGE & GROCERY nel territorio dove già operano modernizzando il loro commercio e migliorando il loro business. Oltre alle sinergie d’acquisto e logistiche e al supporto commerciale e tecnico costante, Giuseppe Blunda potrà contare sulla qualità e la convenienza di oltre 2.000 prodotti a marchio Simply e sull’innovativo programma fedeltà di coalizione Nectar, il primo della grande distribuzione italiana per numero di carte attive, che riunisce oltre 6.000 punti vendita di diverse categorie merceologiche e più di 40 partner anche on-line. «Siamo particolarmente orgogliosi di aver siglato questo nuovo accordo commerciale, perché concretizza il nostro interesse per un territorio che presidiamo da oltre 25 anni. - spiega Marco Bocchiola, Direttore Rete Franchising Simply® Italia – L’affiliazione è un asse strategico di crescita che continueremo a sviluppare con lo spirito di collaborazione e ascolto che ci contraddistingue e che ci consente salvaguardare le specificità delle realtà locali e i punti di forza degli imprenditori che scelgono la nostra insegna». Nuova app mobile Anche Simplymarket lancia la sua nuova applicazione per smartphone (iOS e Android) che permette di creare e condividere (tramite email e WhatsApp) con la famiglia e con gli amici la propria lista della spesa ed essere sempre a contatto con le promozioni e le iniziative dei punti vendita della propria città. L’applicazione dispone, inoltre, di altre 4 sezioni: Store Locator, per trovare i supermercati Simply più vicini, “Promozioni” per scoprire le offerte in corso nei punti vendita preferiti, “Nectar” nella quale è possibile consultare il proprio saldo punti e i premi del catalogo e infine la sezione “Divertiti Simply” che mostra tutti i vantaggi e le agevolazioni riservate ai clienti in oltre 200 strutture per il tempo libero, il benessere e le vacanze. «Siamo lieti di mettere a disposizione dei nostri clienti questa nuova e utile opportunità, in linea con le nuove tendenze di utilizzo dei dispositivi mobili. – afferma Marco Filipponi, Direttore Marketing di Simply® Italia – Da una nostra analisi è emerso che il 22% delle visite al sito dell’azienda avviene attraverso smartphone e tablet: per questo abbiamo voluto dare agli utenti la possibilità di consultare i nostri contenuti anche in mobilità, ideando un’applicazione che semplifica anche la gestione della propria lista della spesa». Novità dal mondo Ravagnan nuovo dg Dal 1 gennaio 2014 l’Ing. Marco Ravagnan è subentrato a Gianfranco Lafelli in qualità di Direttore Generale di Sisa, Già Vice Direttore Generale, Marco Giuseppe Ceccom Presidente di Adria Nord e Sergio Cassingena Presidente di Sisa Oltre 200 nuovi pdv ex Crai È stato firmato l’accordo tra Cedi Sisa Centro Nord e Adria Nord Cons. S.r.L. Questo significa che una rete di oltre 200 punti di vendita delle Cooperative Gruppo AL.FA. e del Gruppo SPAC, (attivi su un vasto territorio compreso tra Trentino, Veneto, Friuli V.G e Emilia) passerà da Crai alle insegne SISA nei format SISA, ISSIMO e NEGOZIO ITALIA. I nuovi supermercati aderenti al sistema Sisa andranno dai 400 ai 1200 mq. circa, situati prevalentemente in punti strategici dei territori di competenza, garantendo, tra l’altro, un maggior impatto promozionale. SPAC e AL.FA. di Adria Nord manterranno la loro indipendenza gestionale, utilizzando la piattaforma del CE.DI. SISA Centro Nord su tutte le categorie merceologiche: Secco, Fresco/Freschissimo, Orto/ Frutta e Surgelato. Si tratta di un’operazione molto importante dal punto di vista strategico: consentirà, infatti, un ulteriore sviluppo e una maggiore concentrazione di Sisa in una vasta zona del nord est del paese, confermando, una volta di più e meglio, l’assoluta Leadership del Gruppo Bolognese nel format, da tempo ormai vincente, della prossimità. «Sono molto soddisfatto di questo accordo che consente alla nostra società di riaffermare il ruolo strategico di distributore nelle proprie aree di competenza” - dichiara Valter Martini A. D del Cedi Sisa Centro Nord - “gli oltre 200 pdv che hanno deciso di cambiare insegna affidandosi alle nostre capacità imprenditoriali hanno individuato in Sisa l’insegna più adatta alle loro necessità di business». Ravagnan vanta un lungo curriculum in SISA, dove è cresciuto professionalmente ricoprendo anche l’incarico di Responsabile Tecnico. Con il suo operato in questi anni ha contribuito allo sviluppo dei Cedi SISA occupandosi di aspetti tecnici, logistici e di IT. La sua scelta come nuovo Direttore Generale si inserisce in un percorso di continuità e va quindi interpretata come un segnale di solidità e sicurezza per il futuro e come un’ulteriore conferma ai programmi perseguiti in questi anni in seno al Gruppo bolognese. Marco Ravagnan Private Label a quota 18% Non si arresta la crescita della Marca del distributore di Sisa. Ad oggi, mediamente, le quote sono intorno al 18% nelle categorie in cui è presente, con una variazione positiva dello 0,8% su base nazionale. Sisa punta con grande convinzione allo sviluppo e alla valorizzazione della propria linea di primo prezzo, Primo, con ben 206 nuove referenze realizzate nel 2013. Tra le tante novità è possibile segnalare nella categoria dei surgelati le mozzarelline impanate Pepite di Mozzarella o il Crocchè di Patate; oppure la linea di Pasta secca “Grano e Sole” e la Passata Rustica di Pomodoro e Basilico. Ma Novità importanti ci sono anche per la linea premium Gusto&Passione. Per il 2014, il Gruppo ha poi stabilito alcune priorità per un ulteriore miglioramento delle sue linee. Tutte le confezioni saranno rinnovate con il QR Code, riportato sul fronte delle confezioni a marchio Sisa e Gusto&Passione che consentirà di conoscere tutte quelle informazioni che normalmente non trovano sul pack. BEVERAGE & GROCERY 43 SICUREZZA I furti nel retail costano ancora troppo DA UN’INDAGINE INTERNAZIONALE CONDOTTA IN 16 PAESI EMERGE CHE LE AZIENDE CREDONO NEI SISTEMI DI PREVENZIONE di Rebecca Nasti P iù di 3,70 miliardi di euro: tanto sono costate nel 2012 ai negozianti italiani le differenze inventariali. A dirlo il Barometro Mondiale dei Furti nel Retail, lo studio sul costo dei furti e sulla disponibilità della merce nel settore Retail, promosso da Checkpoint Systems (NYSE:CKP) e condotto da Euromonitor International. I furti a livello internazionale Dall’indagine condotta su 157 aziende di 16 Paesi di Europa, Asia/pacifico, America Latina, Nord America e Australasia (per un totale di 160 mila punti vendita) è emerso che nell’abito del campione, le differenze inventariali si sono attestate a 112 miliardi di dollari statunitensi. Una cifra corrispondente, all’incirca, all’1,4% delle vendite retail nei 16 paesi oggetto d’indagine. Risulta, inoltre che le differenze inventariali sono in crescita nella maggior parte dei paesi esaminati. È l’America Latina, con un tasso dell’1,6% ad avere le differenze inventariali maggiori. Tuttavia, ci sono state interessanti eccezioni specialmente in Giappone, Australia, Hong Kong 44 BEVERAGE & GROCERY e Germania, dove molti retailer hanno investito maggiormente nel contrastare il fenomeno. La situazione in Italia Nel nostro Paese il tasso di differenze inventariali è dell’ 1,3%, pari a 3,7 mld. Le cause principali di questi ammanchi - rivela l’edizione 201213 del Barometro Mondiale dei Furti nel Retail- sono riconducibili principalmente a fenomeni di taccheggio, frodi da parte di dipendenti o fornitori, attività della criminalità organizzata nel retail ed errori amministrativi. Ma quanto impatta sulle differenze inventariali ciascuna di queste cause? Lo studio evidenzia come esse siano da attribuirsi, per il 49% ai furti da parte dei clienti e per un 27% a quelli da parte dei dipendenti. In totale, quindi, nel 2012, si è raggiunta una quota del 76% per un valore di circa 2,81 miliardi di euro di perdite. Un dato rilevante se ne si considera l’incidenza sulle vendite Italia, che hanno raggiunto, nel 2012, i 285,20 miliardi di euro, con un numero di punti vendita di 885.738 unità, in leggero calo rispetto al 2011. Le differenze inventariali sono da attribuire per il 49% ai furti dei clienti, per il 27% a quelli del personale I prodotti più a rischio Sono quelli di piccole dimensioni, che quindi offrono un’immediata opportunità di furto (lamette, batterie, chiodi viti, serrature, cavi) e quelli di valore relativamente alto, possibilmente rivendibili, come smartphone, tablet, accessori per cellulari, ipod/lettori Mp3, fotocamere, videogiochi ma anche occhiali, piccola bigiotteria e abbigliamento firmato. Nell’ambito dell’alimentare i prodotti più “gettonati” dai ladri sono vini e superalcolici, formaggi, alimenti freschi come carne, specialità gastronomiche, caffè e snack posizionati presso le casse. Naturalmente lo scenario è complesso e variegato e segue delle specifiche leggi demografiche: le mogli/madri di famiglia gravate da situazioni economiche precarie rubano in genere prodotti alimentari, mentre i gruppi di giovani commettono tipicamente furti per divertimento e optano per articoli come le bevande alcoliche. Inoltre, è giusto ricordarlo, ci sono variazioni stagionali, come ad esempio il periodo natalizio che fa registrare, in genere, percentuali più alte di differenze inventariali. La maggior parte dei Retailer italiani intervistati ha definito le differenze inventariali, un problema di rilevante interesse, anche in virtù della crisi economica e dei ristretti bilanci familiari. Tuttavia alcuni di loro ne hanno accusato un impatto minimo, grazie dall’utilizzo di sistemi avanzati, che si sono rivelati efficaci nella prevenzione dei furti. In linea di massima per far fronte in maniera efficace e tempestiva al problema dei furti, occorrerebbe agire su diversi piani. La strategia ideale prevede l’implementazione di misure combinate per la prevenzione delle perdite (quindi no alla soluzione “che va bene per tutti”) che si avvalgano di un team ben formato e di specialisti competenti. Inoltre è utile tener presente che le soluzioni più efficaci dipendono dal tipo di nego- FURTI DEI DIPENDENTI PERDITE PER ERRORI non per attività criminali 15% Percentuale del valore totale delle differenze invernali 2012. Fonte: Euromonitor International Ltd 2013 27% FRODI DEI FORNITORI 9% ranzia per i clienti di una piacevole esperienza d’acquisto in negozio. FURTI DEI CLIENTI 49% zio e dalla dimensione dei prodotti. Particolarmente funzionali ed efficaci, ad esempio, sono risultati i sistemi EAS (sul tipo dei cartellini per vestiti) che hanno ridotto le differenze inventariali a quota 0,3%. Diversamente per prodotti piccoli come i rasoi, sortiscono maggior effetto soluzioni diverse come le custodie espositive. Un aspetto, ad ogni modo, non dovrebbe mai essere trascurato: è sempre necessario mantenere un equilibrio costante tra la protezione della merce e la ga- Investimenti in sicurezza All’interno del campione internazionale, è emerso che la quota media del fatturato totale, spesa per la prevenzione delle perdite dai retailer è stata di circa lo 0,1% nel 2012, per un valore complessivo pari a 285 milioni di euro. Inoltre, nonostante i retailer di prodotti alimentari siano i più colpiti dalle differenze inventariali, la maggior parte di loro ha indicato una spesa inferiore alla norma pari allo 0,05% del fatturato medio. In linea di massima, nonostante la congiuntura economica, nessuno ha in previsione di ridurre la cifra stanziata per la protezione dei propri assortimenti. Il trend generalizzato, invece, è quello di mantenerlo costante. B BEVERAGE & GROCERY 45 REALTÀ DISTRIBUTIVE Esd: proposte per il nuovo anno SOPRATTUTTO IN TEMPI DI CRISI L’AGGREGAZIONE RESTA UN MODELLO VALIDO, ANCHE TRA LE IMPRESE DISTRIBUTIVE di Rachele Agostoni D alla crisi si esce insieme, nel mondo distributivo più che mai. La centrale d’acquisto rappresenta l’ultimo anello di una catena fatta di tanti – più o meno grandi - imprenditori che per rimanere competitivi hanno saputo mettere da parte individualismi e rivalità, dimenticare le differenze strutturali, organizzative (e a volte anche geografiche). Solo così è possibile, se non si è dei colossi, costruire un assortimento capace di soddisfare tutte le esigenze dei propri clienti. Per fare il punto della situazione ci siamo confrontati con Marcello Poli, presidente di Esd Italia, oltre che di Agorà Network (uno dei quattro soci della centrale, insieme a Gruppo Selex, Acqua & Sapone e Consorzio SUN) e titolare di una delle principali realtà distributive del Trentino Aldo Adige Come si è chiuso il 2013 in generale e per Esd Italia? Cosa si attende per il nuovo anno appena iniziato? Il periodo è di crisi, è inutile nascondercelo; il carrello si impoverisce e, anche se aumenta il numero degli accessi, non per questo le vendite crescono di 46 BEVERAGE & GROCERY conseguenza. Non siamo particolarmente fiduciosi sul fatto che la situazione possa cambiare nel breve periodo, al contrario. Oltretutto penso che solo i miopi possano pensare che la crisi sia iniziata con lo scoppio della bolla speculativa del 2008. Gli osservatori più attenti già ne coglievano i primi segnali negli anni precedenti. Per quanto ci riguarda direttamente, per fortuna stiamo meglio di molti altri: i nostri aderenti sono tutte aziende che hanno una buona solidità finanziaria, che permette loro di far fronte con una certa tranquillità anche ai momenti più difficili. Credo che la grande distribuzione abbia modo di fare la propria parte. Come centrale d’acquisto noi possiamo lavorare ancora meglio sul fronte della negoziazione, per mettere a disposizione delle famiglie prodotti il più possibili vicini alle loro necessità. Poiché non possiamo ricercare sinergie a valle delle filiera (che l’Antitrust mostra di non apprezzare particolarmente) possiamo e dobbiamo invece lavorare a monte, con i fornitori. La crisi permette quindi di delineare un diverso rapporto con l’industria di marca? Finalmente sì. Ora molti capiscono che arroccarsi nelle proprie posizioni o imporre adeguamenti di listino non è più un comportamento attuabile. A tutti sono richiesti sacrifici per permettere alle famiglie di salvaguardare il proprio potere d’acquisto. La difficoltà funge da stimolo a mettere in campo iniziative collaborative, piuttosto che di contrapposizione. Forse questo è uno dei pochi buoni aspetti della crisi. Marcello Poli, presidente di Esd Italia La negoziazione è importante, ma non può essere l’unica attività della centrale: lavoriamo anche sulle PL Ritiene che il modello della centrale d’acquisto sia ancora vincente, in questo contesto economico? Certo che sì, altrimenti non avrei accettato la presidenza di Esd Italia! A parte la battuta, credo davvero nell’importanza di questo organismo, ma ritengo anche che non possa rimanere sempre uguale a sé stesso, riproducendo all’infinito un modello che in passato è risultato vincente. Per poter essere sempre competitivo un buon modello deve sapere evolversi, adeguandosi a quello che richiede il mercato. Ciò che andava bene in tempi di vacche grasse, può non essere più sufficiente oggi. Mi fa l’esempio di quale potrebbe essere, secondo lei, un ambito di miglioramento dell’attività delle centrali? A mio parere fino ad ora ci siamo concentrati troppo sulla sola negoziazione, che è sì importante, ma non può essere l’unica attività della centrale. Un ambito in cui si è iniziato a lavorare è la private label. Ormai i prodotti a marchio sono vicini al 20% del mercato e in certi comparti sono il primo fornitore di una insegna. In particolare, stanno crescendo soprattutto nei segmenti di nicchia, come i prodotti premium. Un singolo gruppo di insegne potrebbe non avere i numeri sufficienti per coprire tutte le nicchie di mercato con prodotti con il proprio marchio a un prezzo competitivo. Diverso sarebbe approcciare la questione come centrale, che permetterebbe, per certe referenze, di raggiungere masse critiche altrimenti impossibili. Non dimentichiamoci che offrire un buon servizio alle famiglie non significa solo prodotti vantaggiosi dal punto di vista del prezzo, ma anche un assortimento il più possibile completo e vicino alle loro esigenze, anche nei prodotti a marchio. Verso un’identità più forte NEL 2014 SUN RAFFORZERÀ L’IMMAGINE DELLA PROPRIA PRIVATE LABEL CONSILIA Domenico Trezzini, Direttore del Consorzio Sun Scendendo di un gradino nella filiera distributiva, tra gli aderenti ad Esd Italia c’è il Consorzio SUN – Supermercati Uniti Nazionali. Il 2014 sarà un anno importante per il gruppo, perché si porteranno a compimento due importanti progetti per rafforzare la propria brand equity. Il primo è il rinnovo del marca privata Consilia, che beneficerà di un nuovo font più impattante e di una più chiara segmentazione in quattro linee (basica, premium, benessere e bio); il secondo il nuovo sito Consilia. Ne parliamo con Domenico Trezzini, direttore del consorzio. Nel 2014 la gamma Consilia sarà oggetto di una rivisitazione. Nelle foto, le “vecchie” confezioni e i nuovi logo delle 4 linee Come è andato lo scorso anno per il vostro consorzio e quali progetti che porterete avanti nel 2014? Il 2013 è stato un anno particolarmente importante, caratterizzato da un considerevole sviluppo del gruppo Sun. L’ingresso di Gros Gruppo Romano Supermercati e lo sviluppo delle aziende degli altri soci hanno comportato una crescita nei volumi di merce venduta - anche ovviamente a marchio Consilia - e del numero di punti vendita, rendendo sempre più capillare la presenza nei territori di riferimento compresi nelle regioni Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Lazio Umbria, Abruzzo e Molise. Nel corso dell’anno appena trascorso abbiamo avuto il recesso del socio Grandi Supermercati Conti di Terni. Nel 2014 sono previsti ulteriori step di crescita. Questo non rischia di cozzare con l’individualismo che di solito caratterizza il nostro Paese? Certo, d’altronde io rappresento una cinquantina di mandatari e non posso prendere iniziative del genere senza averne preventivamente verificato l’ampia condivisione. Però sicuramente esperienze come quella di Agorà Network, di cui la mia impresa fa parte, o anche il recentissimo accordo tra distributori che operano nell’area di Brescia e Bergamo, che ha portato alla costituzione in ambito SUN di Italbrix, dimostrano che, ora più che mai, il proverbio “Chi fa da sé fa per tre” è superato. “L’unione fa la forza” è quello da prendere come linea guida in una congiuntura come questa. BEVERAGE & GROCERY 47 REALTÀ DISTRIBUTIVE La ricca offerta del lineare dei soft drinks in un ipermercato di una delle insegne aderenti a GROS – Gruppo Romano Supermercati SUN è costituito da società fortemente radicate sul territorio. Quali sono, a suo parere, i punti di forza e di questo modello organizzativo? La presenza capillare sul territorio è stato da sempre un tratto distintivo delle aziende che fanno parte del Sun. Soprattutto negli ultimi anni questa peculiarità si è trasformata in un importante fattore competitivo. Conoscere bene i propri clienti ha permesso di assecondare le loro esigenze in particolar modo in una fase di crisi economica generale come quella che stiamo vivendo. Molte insegne che fanno parte del gruppo Sun hanno messo in cam- po, ad esempio, iniziative a sostegno di alcune categorie come i cassintegrati, i lavoratori in mobilità, le famiglie numerose ecc. La presenza capillare sul territorio è stato da sempre un tratto distintivo delle aziende che fanno parte del Sun GROS: IMPRESE DI FAMIGLIA PER LE FAMIGLIE Il legame con il territorio e la sinergia tra imprese sono i valori fondanti di GROS – Gruppo Romano Supermercati, l’ultimo in ordine di tempo ad entrare in SUN, insieme al Gruppo Gabrielli, Cadoro, Italmark e Orvea. I primi sei mesi dello scorso anni sono stati positivi per le dodici insegne che aderiscono a Gros: +7,97% di fatturato (+ 3,5% al netto delle nuove aperture), una quota del 18,9% del mercato di riferimento di Roma e provincia, oltre 3.000 addetti. Un successo frutto della gestione familiare delle insegne. “I nuclei familiari dei soci – spiega il presidente Giorgio Trombetta – sono sempre presenti nei propri pdv. Questo si riflette positivamente sul contatto con il cliente”. I punti di forza dell’offerta Gros sono caratterizzati dai reparti freschi; per i confezionati si è scelto un posizionamento competitivo. Oltre ai 400-500 prodotti di ogni volantino (sono 33 i periodi promozionali ogni anno), Gros ha selezionato 500 prodotti di marche commerciali che propone a prezzi concorrenziali. Attraverso essi, conclude Trombetta “Offriamo alla clientela prezzi da discount, ma qualità di marche di ottimi produttori, per lo più locali, cui Gros garantisce una importante massa di ordini”. 48 BEVERAGE & GROCERY Giorgio Trombetta, presidente di GROS – Gruppo Romano Supermercati. Esd Italia Come si costruisce l’assortimento della marca privata tenendo conto di esigenze che possono essere anche molto diverse? Attualmente facciamo un assortimento basico, anche se comunque soddisfa le esigenze dei consumatori dei diversi territori, considerando i controlli qualità sui prodotti che li rendono estremamente competitivi e molto apprezzati dai consumatori finali. Eventuali esigenze territoriali vengono avallate dal Sun attraverso una certificazione del fornitore da parte del nostro sistema di controllo qualità. La certificazione della qualità del prodotto avviene nel rispetto delle procedure del piano di analisi strutturato in sede e attraverso uno sviluppo del pacacking che deve tener conto del system nazionale . B CONVERGENZE di 4Food GLI ACQUISTI DEVONO ESSERE STIMOLATI POICHÉ I FATTURATI DERIVANTI DALLE VENDITE DEI SOLI PRODOTTI PIANIFICATI DIFFICILMENTE RIESCONO A COPRIRE I COSTI DI PUNTI DI VENDITA Come animare pdv depressi D iamo per scontato che vendere oggi è difficile. Prendiamo coscienza del fatto che gli acquisti devono essere stimolati e devono essere create nuove occasioni di shopping, poiché i fatturati derivanti dalle vendite dei soli prodotti pianificati difficilmente riescono a coprire i costi di punti di vendita concepiti con business plan pre-crisi. Il problema è come fare tutto ciò. Ancora più difficile sembra farlo per il settore delle bevande, dove tradizionalmente si vende solo per abitudine di acquisto ricorrente. Passiamo in elenco qualche spunto di marketing, opportunamente rivisto con le logiche retail del 2014. Il cross marketing Mai sufficientemente praticato in Italia, per incapacità creativa e per rigidità operative. Eppure è in questo modo che si lavora nelle insegne di eccellenza all’estero. Faticoso, nel pensiero e nell’azione, ma unica possibilità di mettere in evidenza le novità di prodotto facendole uscire dalla consuetudine dello scaffale. Permette di creare di suggerimenti di soluzione per i consumatori in modo elegante e opportuno, agli antipodi rispetto alle consuetudini di massificazione promozionale o di carnevalata fuoribanco. Il beverage sembra poi particolarmente adatto a giocare questo ruolo: sia per soft drink che per alcolici gli abbinamenti ad alimenti dolci o salati, ad occasioni di shopping anche non food, sono assai facili. Necessaria una buona programmazione, in modo da avere rotazione delle proposte e sensatezza dei contenuti. Eventi e assaggi 4FOOD è una struttura di consulenza che si occupa di concept di nuovi prodotti alimentari, del riposizionamento di quelli esistenti, di immagine coordinata e packaging, di art&food design e di retail design nel settore ristorazione. Anche questo strumento di marketing proprio nuovo non è, ma può essere ripensato opportunamente alla luce delle necessità attuali. Il senso dell’evoluzione è quello di passare da animazioni sporadiche, slegate da loro, ad un piano di azioni opportunamente costruito e comunicato. La tendenza ad abbinare vendita a somministrazione è fortissima oggi, persino in settori non alimentari (proliferano ormai le librerie e i negozi di abbigliamento con ristorazione integrata). In spazi commerciali food tutto ciò può essere ben meglio sfruttato costruendo un calendario di eventi, comunicandolo non come se si trattasse di una promozionalità (del tipo “assaggia e compra”) oppure un’animazione da hostess di basso livello, ma come un servizio di soluzione e intrattenimento di insegna e brand, che fornisce valore alla clientela e che pertanto può essere sicuramente remunerata dai clienti (cioè avere un prezzo). Dalla prova veloce e gratuita in mezzo alla corsia promozionale, occorre passare ad una degustazione con adeguato accompagnamento alimentare in area dedicata e attrezzata del negozio. Inutile sottolineare questo genere di attività porta benefici non solo alle vendite dei brand coinvolti o della categoria beverage, ma di tutto lo store (crea animazione, affluenza, interesse) Shop in shop Le grandi superfici food hanno ormai spesso spazio che avanza: tra tagli assortimentali, eliminazione di interi settori merceologici e diminuzione della massificazione promozionale, uno dei temi caldi oggi è come riutilizzare i metri quadrati in più e come renderli al meglio proficui. Ovvio che la momentanea e retribuita ospitalità di qualche iniziativa delle marche può essere una soluzione semplice e immediata. Il problema è che fatto in questo modo (nello stile di dieci anni fa, intendo) il risultato è anche peggiore della situazione iniziale: lo store si riempie di materiale pop, comunicazioni, strutture temporanee che peggiorano la qualità complessiva dello spazio e tolgono leggibilità. Occorre dunque pensare a realizzazioni meno improvvisate, in continuità con gli allestimenti adiacenti, innovativi e ma non confusionari. Insomma, occorre ripensare in modo nuovo a strumenti di marketing anche già usati (e abusati). I risultati possono essere a portata di mano, se le nuove sensibilità retailing e consumer sono riconosciute e preservate. B BEVERAGE & GROCERY 49 AZIENDE Sanpellegrino: la creazione del valore condiviso è un must IL VALORE GENERATO NELLA FILIERA DALLE ATTIVITÀ DEL GRUPPO, HA PORTATO ECONOMISTI E SOCIOLOGI A DIBATTERE SUL TEMA CALDO DELL’OCCUPAZIONE A lla logica della creazione di valore condiviso il Gruppo Sanpellegrino ci crede eccome. E lo ha dimostrato nel corso dell’incontro milanese che ha visto riunirsi alcuni dei massimi esperti del panorama socio-economico nazionale del calibro di Francesco Daveri, Economista, Emilio Reyneri, Sociologo del Lavoro, Stefano Agostini, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Sanpellegrino, e Alessandro Marangoni, Amministratore Delegato di Althesys. Durante l’evento, il cui obiettivo era quello di fare il punto sugli effetti della recessione e sulle previsoni di ripresa, non solo a livello italiano, ma anche mondiale ed europeo, il Gruppo Sanpellegrino ha presentato l’analisi del valore che le sue attività hanno generato lungo l’intera filiera nel 2012, in Italia, e le relative ricadute sull’economia del Paese. Per Sanpellegrino, infatti, la chiave del successo è creare valore per sé, per i propri azionisti, ma anche per la società in cui opera, apportando benefici concreti alle persone, all’economia e al territorio. Dallo studio condotto dall’Istituto Althesys sui risultati dell’approccio adottato dal Gruppo Sanpellegrino, è emerso che, considerando tutti gli attori della filiera, il valore creato nel 2012 in Italia è 1,1 miliardi di Euro, pari a circa lo 0,10% della produzione industriale nazionale e a 2,4 volte il fatturato stesso di Sanpellegrino in Italia (465 milioni di Euro). Questo dato si compone del valore aggiunto generato dai fornitori del Gruppo (agricoltura, indu- 50 BEVERAGE & GROCERY stria e servizi), pari a 208 milioni di Euro, da Sanpellegrino stesso, pari a 448 milioni di Euro, dal sistema logistico, pari a 77 milioni di Euro, e dai canali distributivi, pari a 371 milioni di Euro.Dell’1,1 miliardi di Euro totali, 258 milioni di Euro è il contributo dell’export al valore condiviso creato nell’intera filiera in Italia. «Le caratteristiche “Made in Italy” dei prodotti Sanpellegrino sono, infatti, un importante volano per la creazione di valore nel nostro Paese: le vendite all’estero sono una componente essenziale, in quanto i prodotti sono realizzati in Italia e generano anch’essi valore aggiunto e occupazione a livello nazionale», spiega Alessandro Marangoni, Amministratore Delegato di Althesys. Stefano Agostini, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Sanpellegrino Spinta occupazionale Tutta la filiera coinvolge circa 4.550 aziende che, nel corso del 2012, hanno portato occupazione a 7.000 persone in Italia, pari allo 0,17% degli impiegati nell’industria italiana. Quasi 1.600 sono i dipendenti diretti di Sanpellegrino e ciò significa che, per ciascuno di loro, sono stati creati 3 posti di lavoro. Il Gruppo Sanpellegrino genera, quindi, nuova occupazione, portando benefici alle imprese e al sistema economico nazionale nel suo com- Il valore creato nel 2012 in Italia è 1,1 mld di euro, pari a circa lo 0,10% della produzione industriale nazionale plesso, con ricadute a cascata sul PIL e sui consumi, e, nel corso del 2012 in Italia, ha portato una contribuzione fiscale pari a 390 milioni di Euro. «La creazione di valore condiviso ha permesso, a noi di Sanpellegrino, di creare un link virtuoso e biunivoco tra qualità del territorio e competitività dell’impresa. Come azienda che imbottiglia acqua minerale siamo, infatti, depositari di una risorsa strettamente legata al territorio, che non può essere delocalizzata, e che quindi ci permettere di accrescere e accelerare la competitività del paes», ha chiosato Stefano Agostini, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Sanpellegrino. Il ruolo dei leader Quello del Gruppo Sanpellegrino è un esempio lampante di come stia crescendo nelle imprese la consapevolezza che non è sufficiente creare valore, ma che è necessario che questo sia condiviso con l’insieme degli stakeholder, attraversando l’intera catena del valore di cui ogni impresa è parte, fino a giungere al consumatore finale. In altri termini: l’impresa rimane il motore dello sviluppo economico, ma la visione è sempre più improntata alla responsabilità e sostenibilità sociale nel lungo periodo. «In uno scenario economico-sociale difficile, è di cruciale importanza riattivare i moltiplicatori dei posti di lavoro, scommettendo sui settori e le aziende trainanti»- ha infatti commentato l’Economista Francesco Daveri. E questo è vero soprattutto in una realtà depressa come quella dell’Italia dove, secondo l’indagine Istat sulle forze di lavoro, il tasso di disoccupazione, nel 2013, ha superato il 12,5%, livello mai raggiunto dagli anni Settanta e dove «il tasso di occupazione – secondo quanto ha spiegato Emilio Reyneri, Sociologo del Lavoro - è inferiore di quasi 10 punti percentuali alla media UE: 55% contro 65%, secondo Eurostat». L'OPINIONE DI DAVERI Cos’è un moltiplicatore dei posti di lavoro? Per spiegarlo, Daveri ricorre alla descrizione di Enrico Moretti (Università di Berkeley) che (a proposito degli Usa) dice:«Un posto di lavoro creato nel settore trainante (in Usa è l’highFrancesco Daveri tech) genera 5 posti di lavoro fuori dall’high tech, mediamente 2 lavoratori qualificati (ad esempio, un ingegnere e un avvocato) e ben 3 lavoratori non qualificati (ad esempio, un addetto al distributore di carburante, un cameriere, una badante)». In Italia, spiega Daveri, di moltiplicatori di posti di lavoro c’è bisogno. Eccome. Perché, se è vero che nel secondo semestre 2013, dopo 8 trimestri di crescita negativa, è finita la recessione. È vero pure che non sono finiti i suoi effetti sull’economia né sulla società italiana. Infatti il Pil è a -9% rispetto a 5 anni fa, i disoccupati sono più di 3 milioni, le famiglie e gli individui in povertà sono rispettivamente 1,7 milioni e 5 milioni. La politica può contribuire in due modi. In primis, scommettendo sui settori e le aziende trainanti, non per spremerle dal punto di vista fiscale, ma perché diventino la leva del successo degli altri collocati intorno a loro. E, in secondo luogo, rendendo l’attività più semplice alle piccole e grandi aziende legate alle aziende trainanti da contiguità geografica o da relazioni di fornitura o di clientela. Per questo non servono soldi pubblici, ma un’accelerazione nella modernizzazione della pubblica amministrazione. Ma anche le imprese possono e devono dare il loro contributo, ad esempio, investendo nella loro qualità e in quella dell’infrastrutturale ambientale e sociale intorno a loro. Una ricerca condotta su un campione di oltre 57 mila imprese italiane ha riscontrato che, tra il 2008 e il 2011, le imprese dotate di certificati di qualità hanno visto salire i loro fatturati di oltre il 4% rispetto a chi non ha investito; per le imprese dotate di certificati ambientali il guadagno è stato di 6,5 Disoccupazione, scarsa occupazione e inattività giovanile COSA NE PENSA REYNERI, SOCIOLOGO DEL LAVORO ALL’UNIVERSITÀ DI MILANO BICOCCA Nel corso dell’incontro in cui il Ma, sempre secondo l’indagine Gruppo Sanpellegrino ha presentato Istat, la crisi ha provocato un signil’analisi del valore generato dalle ficativo aumento delle famiglie ove sue attività, è emerso che secondo nessuno lavora: dal 2008 al 2012, Emilio Reyneri il dato più preoc- nel Nord dal 4% al 6%, nel Sud dal cupante nel nostro Paese, non è 14% al 17%. tanto quello relativo alla disoccupazione (che ha Quanto alla disoccusuperato il 12,5%, ma che pazione giovanile, è vecomunque è superiore soramente così elevata (4 lo di un punto percentuale giovani su 100?) alla media UE). A tenere Probabilmente – dice più sulle spine è invece Reyneri- si tratta di un quello dell’occupazione, dato un po’ gonfiato dal che- secondo Eurostat- è momento che nella fascia inferiore di quasi 10 punti Emilio Reyneri compresa tra i 15 e i 24 anpercentuali alla media ni il 60% è ancora a scuola UE: 55% contro 65%. Escludendo o all’università. Semmai, è più grave Grecia, Spagna e Croazia, tra i 28 pa- la situazione dei giovani adulti, da 25 esi UE l’Italia è quello che crea meno a 34 anni, poiché i disoccupati sono occupazione. Ciò si deve soprattutto oltre l’12% e molti non vivono più alla bassa occupazione femminile: con i genitori. soltanto Malta, Grecia e Croazia fanno peggio. E con la crisi il divario Proseguire gli studi conviene con la maggior parte dei paesi UE si ancora? è accentuato. Si, nonostante tutto. In quanto un più elevato titolo di studio consente Come mai, allora, il tessuto sociale ancora ai giovani di trovare lavoro non ha ancora ceduto? più rapidamente (o meglio meno Perché – è la convinzione di Reyneri lentamente) e agli adulti di correre - la scarsa occupazione è ridistribuita un minore rischio di cadere in disoctra le famiglie. L’Italia infatti non è cupazione. solo il paese dei figli unici, ma anche Purtroppo, però, il rendimento quello delle famiglie monoreddito. dell’istruzione (anche in termini di In altri termini, è stata l’alta occupa- retribuzione e qualità del lavoro oltre zione dei maschi capifamiglia a con- che di rischio di disoccupazione) in sentire di mantenere moglie e figli Italia è decisamente più piccolo che senza lavoro. Ciò ha ridotto i rischi negli altri paesi europei, nonostante di grave povertà, sia pure a scapito la presenza di laureati tra i giovani dell’indipendenza economica delle sia ancora minore. Quella che è donne e dei giovani (che escono tardi carente in Italia è la domanda di dalla famiglia di origine). lavoro giovanile molto istruito. B BEVERAGE & GROCERY 51 AZIENDE Freschello, per l’ottavo anno il più venduto in Gdo IL PRODOTTO DI PUNTA DI CIELO E TERRA MANTIENE LA LEADERSHIP NEL FORMATO DA 0,75 L CON 8,5 MILIONI DI BOTTIGLIE VENDUTE NEL 2013 I n numerologia l’otto fa parte dei numeri influenzatori, promette ottimi esiti professionali e dona la capacità di sapersi amministrare con efficienza e incrollabile volontà. Un numero ubertoso, insomma, votato al successo. E quindi colpisce positivamente il fatto che Freschello, prodotto dall’azienda Cielo e Terra di Montorso Vicentino, si confermi il vino preferito dagli italiani e il più venduto nella GDO per l’ottavo anno consecutivo. Ma a prescindere da questo, pur senza scomodare la numerologia, il primato, rinnovato per l’ottava volta, è ammirevole. Anche perché si parla di cifre ragguardevoli, che permettono a Cielo e Terra di mantenere la leadership nelle vendite per il formato 0.75 l: 8,5 milioni di bottiglie di cui 4,5 per la referenza Freschello Bianco e più di 4,1 milioni per Freschello Rosso. Analizzando i dati IRI 2013 emerge anche un altro primato: l’azienda Cielo e Terra è prima tra i Top Produttori veneti e italiani nel segmento vino da 0.75 l, con oltre 12 milioni di bottiglie vendute nel canale della distribuzione orga- 52 BEVERAGE & GROCERY nizzata, un passo avanti a grandi gruppi del settore. E non basta: buone pure le performance di vendita nel 2013 per il vino spumante Freschello Extra, che - pensato per rispondere ai profondi cambiamenti in termini di gusto del consumatore degli ultimi anni - ha raggiunto traguardi ragguardevoli in poco tempo anche grazie alla sua gradazione alcolica moderata di soli 9,5°.È Luca Cielo, Direttore Generale della Cantina – a raccontarci la storia di questo successo. «Freschello è nato quindici anni fa come un progetto contro corrente; l’idea era quella di proporre un vino a bassa gradazione (10,5°) in un mercato in cui andavano alla grande i vini barricati e di struttura complessa. E il tempo ci ha dato ragione…». Qual è la vostra filosofia in merito al posizionamento di prezzo? Abbiamo optato per un posizionamento competitivo, ma non bassissimo, che esprima al meglio l’equazione: qualità di prodotto/ immagine accattivante/prezzo equo. Luca Cielo Direttore Generale della Cantina Cielo e Terra E la medesima filosofia ispira la nostra concezione di attività promozionale. Le promo ci vogliono perché è il mercato che le chiede. Ma eccedere è sbagliato. Per questo nel 2013, a fronte di una pressione promo sulla bottiglia da 0,75 del 50%, Freschello si è distinto, non andando oltre il 35%. Quanto all’intensità promozionale, aumentata in media dello 0,5%, noi possiamo affermare con orgoglio di essere scesi del 4%, senza con questo incidere sui volumi che hanno continuato a crescere. La vostra strategia di comunicazione contempla anche delle operazioni in store? Se si riferisce a specifici corner di degustazione allestiti dei pdv, le dico subito che questo non rientra del modus operandi che abbiamo scelto di adottare. Le degustazioni in genere non hanno grandi ritorni nel vino, usiamo piuttosto dei box pallet per la promozione dei prodotti e abbiamo preferito puntare sull’impegno etico del nostro vino, pienamente coinvolto in un progetto di charity finalizzato alla costruzione di pozzi in Sierra Leone. dall’altra quel controllo di filiera, peculiare dell’assetto cooperativo, che garantisce continuità qualitative al prodotto dal campo fino alla tavola. Obiettivi per il prossimo futuro? Beh, senza dubbio ci sono molti margini di crescita, innanzitutto in termini di ponderata - oggi al 60% - e poi lavorando sullo spumante Freschello Extra, che ha ottime rotazioni e una spiccata propensione alla destagionalizzazione. Un fattore, questo, su cui intendiamo puntare molto. Nel 1999 Cielo e Terra ha fatto entrare la cooperativa all’interno dell’azienda familiare. Senza questa mossa (siete stati i primi) Freschello sarebbe lo stesso quello che è diventato oggi? È proprio questa duplice natura che ha conferito all’azienda da una parte l’agilità tipica del privato, Ancora una cosa: cosa rappresenta l’estero per Cielo e Terra? Tanto. In numeri parliamo infatti del 50% del fatturato, che nel 2013 ha avuto un incremento del 20%. E inoltre - e ci tengo a dirlo - lo scorso anno abbiamo acquisito ben 10 mercati. Un bel traguardo, direi. Rispetto all’Italia c’è però una differenza importante: varcata la frontiera, è il canale tradizionale a prevalere, mentre il retail rappresenta solo il 5%. L’esatto contrario di quanto accade nel nostro Paese, insomma. B BEVERAGE & GROCERY 53 LOGISTICA Collaboriamo, parola di P&G LA COLLABORAZIONE LOGISTICA È UN OBIETTIVO A PORTATA DI MANO COME DIMOSTRANO DUE RECENTI CASE HISTORY di Donatella Rampinelli D opo anni di tentativi, progetti pilota iniziati e sospesi, riunioni ai tavoli commerciali, partenze, sterzate e frenate improvvise, finalmente alcuni progetti di collaborazione logistica veri e propri stanno realizzando vantaggi concreti per le aziende che hanno deciso di credere in questa possibilità di generare valore sulla filiera della Supply Chain. È quanto emerso nel corso del convegno “ Logistica Collaborativa 3.0 “ realizzato da Assologistica Cultura e Formazione a Milano, lo scorso dicembre. Tante le storie di successo presentate e tanta la volontà di percorrere la strada della collaborazione logistica a più livelli e su più fronti: non solo quindi collaborazione verticale tra produzione e distribuzione, ma anche e soprattutto collaborazione orizzontale tra più partner della filiera produttiva e, addirittura, tra distributori, in passato anni luce distanti da questa prospettiva. I fattori che si sono dimostrati decisivi nel facilitare questa svolta risiedono principalmente nelle mutate condizioni del contorno, dall’economia in forte clima depressivo, all’accelerazione portata 54 BEVERAGE & GROCERY dalla decisione dei ”big” di creare partnership con altri interlocutori senza farsi scoraggiare da quelli che da sempre sono considerati i fattori critici dei progetti collaborativi: le regole di ridistribuzione dei vantaggi economici. Non da ultimo, in questo territorio di possibili sinergie logistiche, hanno trovato spazio per portare un contributo al dialogo e allo sviluppo di nuove iniziative sia gli operatori logistici (i grandi gruppi in primis, ma anche realtà evolute capaci di trovare attività di collaborazione in contesti di” rete” ) che i provider di soluzioni informatiche legate al mondo della logistica e delle transazioni commerciali. 20 La case history di P&G 16,5 L’evento si è aperto con la case history di Procter& Gamble , illustrata da Sergio Barbarino, Research Fellow che opera nel Centro per l’Innovazione della Supply il costo di un’auto a pieno carico (5 persone) pagato da un solo ente 12,5 il costo di un’auto a pieno carico (5 persone) pagato con il modello di sharing 4 +1 il costo di un’auto a pieno carico (5 persone) pagato con il modello di sharing 3+2 Per P&G il riempimento dei mezzi è passato da 55% all’85% e la CO2 è calata di più di 200 ton Chain del Gruppo a Bruxelles. La ricerca di sinergie ha portato la società, leader nell’innovazione del prodotto, ad una formula di logistica collaborativa in grado di fornire una compensazione tra prodotti pesanti, ma poco voluminosi , come quelli di P & G, e prodotti leggeri e voluminosi. È nata così una storia di successo condivisa tra la multinazionale americana e Tupperware. I saving, recuperati attraverso un sistema di trasporto intermodale con nodi di cross-docking, nella tratta di collegamento tra il Belgio e la Grecia, sono stati equamente ripartiti utilizzando la formula di Shapley, non innescando quindi fastidiose diatribe tra i due partner. Nel dettaglio, il progetto ha portato ad un maggior riempimento, sia per peso che per volume, che è passato dal 55 all’85, ad una ridotta emis- sinergie endogene sia ormai arrivata ai massimi livelli. Se si analizza un modello di car sharing (vedi schema della pagina successiva) si vedrà con grande evidenza come, nel caso in cui il costo di un’auto a pieno carico (5 persone) pari a 100 sia pagato da un solo ente, il costo per ogni componente sia uguale a 20 e quindi maggiore di quanto si avrebbe utilizzando modelli di sharing quali 4 più 1 (costo pari a 12,5 ) o 3 più 2 (costo 16,5 ). In entrambi i casi, infatti, il costo per chi offre la percentuale maggiore di saturazione del mezzo si riduce grazie alla condivisione del mezzo stesso , così come si riduce in modo significativo anche per chi partecipa con una quota di saturazione residua all’ottimizzazione. La seconda case history sione di CO2 calcolata in più di 200 ton, ottenuta anche grazie all’utilizzo dell’intermodalità, ed ad un complessivo risparmio del 17% sui costi di trasporto. Il processo utilizzato per arrivare alla collaborazione tra i due player è stato caratterizzato da una procedura attenta e scrupolosa per non tralasciare alcun dettaglio operativo, commerciale e legale. Ben 14 sono state le fasi del processo seguite e monitorate. Ne è emerso quanto sia necessaria la profondità dell’analisi legata all’identificazione del partner ideale congiunta ad una gestione efficace del progetto per il quale prima della La formula di Shapley utilizzata per ripartire equamente i saving partenza devono essere chiariti definitivamente tutti gli aspetti di carattere legale. La formula di Shapley Ma cosa è questo “astrusa” formula di Shapley, vincitore insieme a Roth del premio Nobel per l’Economia del 2012? L’esempio portato da Barbarino è stato molto utile a chiarire la dinamica del calcolo e spiega anche perché la soluzione collaborativa sia l’unico mezzo, soprattutto utile ai grandi gruppi, per ridurre i costi logistici in quei sistemi in cui l’ottimizzazione ottenuta utilizzando Il riferimento alla formula di Shapley è stato fatto anche nella seconda case history presentata nel corso del convegno e relativa ad una collaborazione tra quattro società: Mars, United Biscuits, Saupiquet e Wrigley e avviata in Francia nel corso del 2012. La collaborazione si era resa necessaria per venire incontro alla volontà manifestata dai retail di ridurre fortemente gli stock: ciò avrebbe notevolmente diminuito la quantità di prodotto per ogni consegna , richiedendo quindi rifornimenti più frequenti e con incidenze di costo maggiori. I quattro produttori, guidati da Mars, quale capo progetto, hanno quindi avviato un progetto di VMI (Vendor Managed Inventory) affidando questa attività ad un Operatore Logistico, sulla cui piattaforma,situata ad Orléans,hanno deciso di costituire un magazzino condiviso. Attraverso questa collaborazione i quattro produttori sono riusciti a consolidare carichi completi di rifornimento su 30 piattaforme re- BEVERAGE & GROCERY 55 LOGISTICA tail, arrivando a gestire 3 consegne alla settimana sullo stesso punto di rifornimento con una riduzione dello stock presso i distributori variabile dal 15 al 30% ed aumentando del 35% la possibilità di gestire gli stessi rifornimenti con carichi completi. Per Mars inoltre lo stock presso il deposito dell’Operatore Logistico è passato da 14 a 10 giorni ed il numero di mezzi in uscita dalla piattaforma di stoccaggio si è ridotto di oltre 1000 mezzi in un anno, con una diminuzione delle emissioni di CO2 calcolata in circa 400 ton. Il caso presentato ha sicuramente creato un precedente di forte impatto sui presenti : pensare di affidare ad un operatore logistico la possibilità di effettuare attività delegate dal produttore di Continuous Replenishment non è sicuramente prassi comune da noi, dove ben poche sono le società fornitrici di servizi logistici in grado di offrire queste opportunità, ma soprattutto veder affidata tale operazione da parte di più società di produzione allo stesso ente significa essere in grado di pensare ben oltre i classici schemi di relazione commerciale e di concorrenza o competitività. Ancora una volta quindi l’esempio ci venuto da un paese dove il sistema distributivo è effettivamente evoluto ed in grado di smuovere Per Mars il numero dei mezzi in uscita si è ridotto di oltre 1000 mezzi in un anno e la Co2 di circa 400 ton chi produce verso soluzioni per noi ancora impensabili… Per questo la proposta fatta nel corso della stessa giornata da parte di Carrefour di condivisione di un progetto di gestione presso un Operatore Logistico esterno di una piattaforma di stoccaggio e rifornimento per i prodotti vinicoli è sembrata alla fine quasi “ normale”, ma non nascondo che molta è stata la soddisfazione quando altri distributori presenti alla tavola rotonda, moderata da Massimo De Donato, giornalista RAI, hanno manifestato un reale interesse ad approfondire l’argomento, suscitando un ottimismo su questi temi che ha migliorato il clima in sala. Coraggio quindi, le possibilità di aprire nuovi ambiti di sinergia e di possibili risparmi esistono e se la volontà di tutti confluisce nella stessa direzione i risultati dovrebbero palesarsi a breve… Almeno noi ce lo auguriamo. B ANALISI DELLE PERFORMANCES DI VARI MODELLI DI CAR SHARING Passengers Car A Passengers Car B Cost Saved Loading Efficiency after Cost Saving xA Cost Saving XB Cost PP Car A Cost PP Car B 4 1 100 100% 50 50 12.5 50 3 2 100 100% 50 50 16.5 25 5 “Best in Class” 0 100% 0 0 20 56 BEVERAGE & GROCERY SERVIZI LOGISTICI DHL Partner logistico di Vandemoortele Italia D HL Supply Chain, società del gruppo DHL specializzata nel management dei servizi logistici integrati per le imprese, è stata scelta dallo storico gruppo alimentare belga Vandemoortele come unico partner logistico per l’Italia. A dieci anni dal primo contratto di collaborazione, il nuovo accordo con il produttore di margarina è stato firmato grazie alle soluzioni competitive offerte da DHL Supply Chain; l’ampia gamma di servizi a valore aggiunto e le innovazioni introdotte consentiranno un’attenta gestione dei prodotti secondo principi di lean production e una distribuzione in grado di coprire in maniera pun- 52 BEVERAGE & GROCERY tuale ed efficiente tutte le regioni diminuendo ulteriormente il lead time delle merci. La partnership ha come oggetto lo stoccaggio e la distribuzione di prodotti a temperatura controllata lungo tutta la catena di approvvigionamento. Il progetto si avvale della reingegnerizzazione dell’area di stoccaggio con cella frigorifera modulare su differenti range di temperatura sita nel Campus di Corteolona, che consentirà la gestione delle consegne garantendo la qualità del prodotto grazie al rispetto dei vincoli della catena del freddo dall’inbound alla consegna finale. La partnership con Vandemoortele sarà gestita dalla Business Unit ConsumerdiDHLSupplyChain. B DIGITAL WORLD Diego Martone IL PORTALE “SPESA OK CONSUMATORI” OFFRE IN MODO GRATUITO UN MONITORAGGIO SULL’ANDAMENTO DI UN RICCO PANIERE DI PRODOTTI ALIMENTARI SUL TERRITORIO Il prezzo è ok? Chiedilo alla Rete L a competizione basata sul prezzo per attrarre nei punti vendita i consumatori ha registrato un’accelerazione negli ultimi anni, sia per l’evoluzione del modello della grande distribuzione organizzata italiana, che per la ricerca di risparmio da parte delle famiglie. Al moltiplicarsi delle formule di incentivazione, dal taglio prezzo al sottocosto, dal 3x2 al 4x2, dalle tessere fedeltà agli acquisti alimentari online sui siti dei produttori, dal cashback ai buoni sconto, le possibilità di acquisto sono diventate variegate e, a volte, di difficile interpretazione da parte del consumatore finale. La promessa di risparmio infatti può risultare in alcuni casi vana, se i prodotti in promozione risultano esauriti o se l’acquisto a prezzo pieno degli altri generi alimentari e non, vanificano il potenziale risparmio. Strumenti per risparmiare Diego Martone ricercatore, partner di Demia, società di consulenza strategica e innovazione per le imprese (demia.it). 58 BEVERAGE & GROCERY Secondo una recente ricerca di mercato, il consumatore italiano ritiene di risparmiare in media circa il 20% del valore complessivo dello scontrino: ipotizzando, a livello di esempio, che il valore delle merci nel carrello sia di 100 , si consegnano alla cassa poco meno di 80 . Nonostante il fatto che si tratti di un dato medio, che quindi sintetizza differenze anche molto marcate tra fasce di consumatori includendo sia coloro che dichiarano di non risparmiare quasi nulla che altri che dichiarano di essere grado di raggiungere risparmi superiori al 40%, le percezioni e i conseguenti comportamenti di scelta tra gli scaffali sono molto più complessi del semplice inserimento nel carrello dei generi memorizzati nella propria lista della spesa. Tra le esigenze emergenti vi è anche quella di avere un riscontro in tempo reale dell’effettiva convenienza di una promozione, come pure della possibilità di acquistare altrove ad un prezzo più conveniente. Grazie alla progressiva diffusione di dispositivi in grado di accedere ad internet in mobilità anche in Italia stanno crescendo portali che offrono comparazioni di prezzi, promozioni e volantini. Per quanto concerne invece la verifica del cosiddetto prezzo pieno, risulta di particolare utilità il portale concepito e sviluppato sotto l’attenta regia del Ministero Delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e la collaborazione di molti enti e associazioni consumatori, denominato “Spesa OK Consumatori”. Il sito, che è attivo dal 2008, offre in modo gratuito un monitoraggio sull’andamento di un ricco paniere di prodotti alimentari costantemente censito su tutto il territorio nazionale indicando i prezzi all’origine, all’ingrosso e al dettaglio. Il servizio permette di interrogare il database tramite sms gratuiti per verificare il prezzo medio di un prodotto ed eventualmente segnalare delle anomalie riscontrate (sia prezzi troppo alti che troppo bassi rispetto alla media). La conoscenza di questi strumenti digitali dedicati agli acquisti alimentari tuttavia non ha ancora raggiunto una diffusione tale da incidere in modo rilevante. Secondo alcuni esperti, infatti, la costante rilevazione dei prezzi avrebbe dovuto agevolare le procedure degli organismi di vigilanza preposti costringendo il mercato a calmierare aumenti ed anomalie, proprio grazie al controllo capillare esercitato dai consumatori. Sebbene per ora non sia andata così, con un’infrastruttura ormai collaudata e funzionante, la possibilità di renderla incisiva è ormai nelle mani dei consumatori, anzi nei devices in mano ai consumatori. B MARKETING Payback premia la fedeltà “multitasking” UN SODALIZIO MULTI-MARCA PER FIDELIZZARE IL CLIENTE IN MODO NUOVO. E STIMOLANTE T anti punti, in diversi settori (dalla telefonia alla pay Tv) con un’unica carta? Beh oggi è possibile. Grazie alla fidelity card che si distingue dai programmi fedeltà tradizionali perché – lei da sola- consente di accumulare punti con tutti i Partner della coalizione e di godere di promozioni, sconti aggiuntivi ed offerte di punti extra. Ma cerchiamo di capire meglio il meccanismo. Con Payback si possono raccogliere punti su un’unica carta in moltissimi modi: facendo la spesa da Carrefour, i rifornimenti di carburante alla Esso, volando con Alitalia, usufruendo dell’abbonamento Mediaset Premium e dell’abbonamento o delle ricariche telefoniche 3. Ma non basta: anche con le offerte American Express e Carrefour Banca. E per gli amanti dell’online? Niente paura: anche in questo caso ci sono numerosi partner (e nel tempo aumenteranno- ci assicurano gli ideatori del progetto) - tra i quali Ebay e Zalando - che fanno accumulare ulteriori punti anche sugli acquisti online effettuati tramite il sito Payback.it. Qualche numero Payback, in occasione del lancio sta distribuendo circa 160 milioni di coupon con punti e sconti per un valore complessivo di 460 milioni di euro, che offrono alle famiglie un risparmio fino a 200 Euro nei primi HANNO DETTO «La logica di Payback – ha commentato Eric Uzan Ad di Carrefour Italia – corrisponde alla nostra strategia di riposizionamento e gioca un ruolo importante visto che in passato Carrefour non aveva una sua fidelity». «È l’ubiquità di più marchi in una carta sola – spiega Giancarlo Villa di Esso Italiana- ciò che apprezzo maggiormente di Payback, insieme alla sua grande fruibilità». «È la sinergia, la grande forza di Payback – sintetizza Dina Ravera, direttore Generale di 3 Italia- insieme alla sua carica innovatrice in grado di sbaragliare la concorrenza.». «Confido nel fatto che quella di Payback sarà una potenza di fuoco unica sul mercato – proclama entusiasta Massimo Quarra. Il nostro obiettivo è quello di coinvolgere in breve tempo un bacino potenziale di 22 milioni di utenti». tre mesi di vita del Programma: un contributo reale e quantificabile per chi possiede una carta fedeltà Payback. In termini di occupazione, grazie alla presenza di Payback in Italia si stima che verranno creati qualche centinaio di nuovi posti di lavoro, tra assunzioni dirette ed indotto, ma la cifra sale a qualche migliaio se si considerano incarichi a tempo determinato, come sono, ad esempio, quelli di hostess e promoter nella fase di lancio. Payback: la storia Payback è stato lanciato in Germania nel 2000 riscuotendo un immediato successo tanto da diventare la terza carta più importante nel portafoglio dei tedeschi, dopo bancomat e tessera sanitaria. Come sottolinea Massimo Quarra, Presidente di Payback Italia, «Dopo l’acquisizione di Payback da parte di American Express nel 2010 e l’avvio della strategia di espansione internazionale del Programma, l’Italia è il primo Paese del continente europeo dove abbiamo deciso di investire significativamente. Payback vuole contribuire a rilanciare i consumi, offrendo alle famiglie italiane concrete opportunità di risparmio e vero valore. Gli italiani, si sa, amano i programmi fedeltà. E con Payback vogliamo dare qualcosa di più: una raccolta punti che consenta a tutti di raggiungere un premio aspirazionale. Come un viaggio, per esempio o dei servizi finanziari». B BEVERAGE & GROCERY 59 TECNOLOGIA IN STORE/1 Il futuro del retail passa per il wi-fi UN SERVIZIO AL CLIENTE? SÌ, MA PER LE CATENE L’OFFERTA DI COLLEGAMENTI WI-FI DEVE ESSERE UN MEZZO PER COMUNICARE CON IL CLIENTE. IN SINERGIA CON LE STRATEGIE DI CUSTOMER CARE, MARKETING E COMMERCIALI. di Anna Muzio T he next big thing nel retail? Potrebbe essere il wi-fi libero. Se ne parla da anni, e per ora il servizio in Italia è per lo più confinato ai centri commerciali. Ma l’interesse è alto e le opportunità per i retailer decisamente interessanti. Già, perché il wi-fi libero nel punto vendita, che consente di navigare anche dove il collegamento 3G non arriva (tra gli scaffali o nei seminterrati), è sì un servizio gradito e ricercato dal cliente, ma consente soprattutto di dialogare con lui tramite quei dispositivi che ormai sono diventati l’onnipresente interfaccia tra noi e il mondo. «L’utilizzo di smartphone e tablet ha cambiato i paradigmi di accesso alla rete che ormai avviene anche in situazioni nomadiche – spiega Nicola De Carne, Ad di Wi-Next, l’unico provider di tecnologia wifi interamente italiano, fornitore di grandi aziende e telecom –. Lo smartphone diventa quindi l’interfaccia ideale per comunicare con il cliente, davanti allo scaffale. Offrire un collegamento wireless ha senso però solo se il servizio è inserito nelle attività di marketing della catena». Non solo. «Il retailer oggi ha di fatto l’opportunità di avere molti più dettagli sul comportamento del 60 BEVERAGE & GROCERY cliente in negozio, anche senza ricorrere ad interviste e sondaggi - spiega Paolo Maioli di Indeed, web agency bresciana -. Le reti wi-fi, se adeguatamente configurate, consentono di raccogliere e analizzare tutta una serie di dati: i movimenti e i flussi sul pdv, le visite in store e le frequenze, le permanenze in particolari aree e i rapporti con l’ambiente o con i prodotti. Non da ultimo la possibilità di attivare un dialogo continuo, circostanziato, diretto e personalizzato con il cliente direttamente sul suo dispositivo, per aumentare customer experience ed engagement». L’app al centro Auchan ha da poco lanciato “Il Fresco di Filiera” per conoscere l’impatto dei prodotti di filiera controllata Le potenzialità sono varie: si possono proporre promozioni in real time anche personalizzate, premiare il ritorno nel punto vendita o nella catena, proporre contenuti ad hoc anche in cobranding. “L’ultima evoluzione della tecnologia wi-fi, il beacon, consente di localizzare con uno scarto inferiore al metro la posizione dell’utente collegato all’interno del pdv rispetto alla tecnologia RTLS che presenta uno scarto fino a 10 m. Grazie a nodi figlia wi-fi a bassissima potenza e consumo è possibile interpretare la posizione di un cliente e inviargli, tramite apposita APP, un messaggio contestualizzato alla sua posizione, ad esempio davanti ad uno specifico prodotto. In questo modo possiamo inviare in modo relazionare rispetto al prodotto buoni sconto, informazioni, contenuti a valore aggoiunto come ad esempio un video, eccetera” spiega De Carne. Sembra fantascienza, anche perché le app delle catene al momento sono piuttosto limitate: store locator, orari, volantino scaricabile e poco più. Ma qualcosa si sta muovendo. Ad esempio Crai con InForma segnala se un prodotto private label è compatibile con l’allergia o l’intolleranza segnalata. Auchan ha appena lanciato “Il Fresco di Filiera” per conoscere l’impatto dei prodotti di filiera controllata (per ora le carote), ed è in arrivo una app che permetterà in alcuni ipermercati di fare la spesa, dal self scanning al pagamento, con il proprio smartphone. Con l’app Salvatempo di Coop Estense, attivata da 10.200 persone, il selfscanning via smartphone è presente in 42 punti vendita a Modena, Ferrara e in Puglia. Per i soci registrati con Coop Card è possibile il mobile payment. L’app Esselunga consente di scegliere sei prodotti su cui applicare uno sconto personale (leggendo il codice a barre direttamente sulla confezione si può verificare l’esistenza dello sconto). Questione generazionale Qualcosa c’è insomma ma si può fare di più. Le fasce più giovani di clientela non solo sono pronte, ma si aspettano servizi sempre più evoluti. Nel Regno Unito un’indagine di IGD Shopper- IL VUOTO NORMATIVO Sul fronte legilsativo qual è la siuazione? «Per anni lo sviluppo dello spot ha sofferto il decreto Pisanu – spiega l’ Ad di Wi-Next Nicola De Carne -, che obbligava il fornitore di un servizio wi-fi a registrate l’utente e conservare i dati Nicola De Carne per due anni». Un’anomalia tutta italiana. La norma è stata cancellata definitivamente con il Decreto del fare lo scorso giugno. Lasciando però un vuoto normativo. «È stato cancellato l’obbligo di registrazione, ma il codice delle telecom prevede che si tenga traccia di ogni comunicazioni a fini investigativi. Ciò significa che l’esercente che fornisce un servizio wi-fi potrebbe essere chiamato a ripondere alla Polizia Postale di eventuali atti illeciti avvenuti per mezzo del suo collegamento, perché sul tracciato della compagnia telefonica tutti i collegamenti fanno riferimento all’intestatario della rete». Un motivo in più per attivare sistemi di autoidentificazione tramite social o sms. Vista ha rilevato che il 72% della clientela userebbe dei buoni inviati al loro cellulare durante la spesa (un servizio che Sainsburys offre da tempo), percentuale che sale al 95% tra gli under 35. Paolo Maioli Grosse opportunità per la prossimità Un settore al momento scoperto è quello dei supermercati di prossimità, dove ci sarebbero grandi potenzialità. «Quando la sera faccio la spesa nel supermercato sotto casa la prima domanda che mi pongo è: cosa cucino? – dice De Carne – Un’app che mi proponesse una ricetta con gli ingredienti che ho davanti e l’abbinamento con il vino giusto sarebbe ideale». I comuni potrebbero installare il servzio sulle strade dello shopping, come ci spiega Maioli di Indeed: «L’idea è integrare il wi-fi per i turisti e rilevare tramite telecamere i flussi sulle vie interessate e gli ingressi nei singoli negozi, limitando il raggio degli spot all’interno degli esercizi aderenti». Il boom nel prossimo futuro A cosa è dovuto quindi il ritardo della Gdo in Italia? La possibilità di fornire un collegamento che sarà utilizzato per verifiche sul prodotto in store, un comportamento d’acquisto ormai diffuso, è ancora vissuta come una minaccia secondo Maioli. Ma è una motivazione risibile perché l’utente attua comunque le strategie di confronto o ricerca, anche prima di arrivare in negozio. Secondo De Carne le ragioni del ritardo vanno dalla bassa marginalità al fatto che il wi-fi non è considerato attività prioritaria. E aggiunge: «I processi decisionali poi sono molto lenti. Esistono vari pilota che vanno verificati, e ciò richiede tempo, ma l’interesse è alto». Nessuno azzarda una data precisa, ma tutto fa presupporre che “nei prossimi tempi” il wi-fi al supermercato potrebbe diventare un fatto acquisito. B TUTTO CIÒ CHE SI PUÒ “AGGANCIARE” AL FREE WI-FI - gestire le promozioni del punto vendita in tempo reale, quotidianamente - gestire la customer care accogliendo eventuali messaggi di lamentela - ottenere statistiche sui flussi dei clienti all’interno del pdv - agganciarsi nel caso di registrazione con carta fedeltà al Crm di cui il pdv è dotato - inviare messaggi o promozioni personalizzate (a seconda del livello di profilazione del cliente e del consenso concesso) - premiare i comportamenti fedeli (ritorno nel pdv), anche con couponing ad hoc - attivare azioni di co-marketing con fornitori o brand per spingere un reparto o un prodotto - consigli d’uso e suggerimenti (abbinamenti o ricette che utilizzano ingredienti acquistati) - estensioni virtuali del magazzino, per ridurre la superfici in esposizione BEVERAGE & GROCERY 61 TECNOLOGIA IN STORE/2 I nuovi traguardi dell’innovazione TANTE SORPRESE INTERESSANTI DAL MONDO DELLE APP. PER GIOCARE CON I CONSUMATORI, MA ANCHE PER DAR LORO CERTEZZE CONTRO LE “BUFALE” di Carmela Ignaccolo T ramontati (o meglio metabolizzati) i fasti di internet, siamo entrati a pieno titolo nell’era del mobile e dei social. Come ci dicono senza mezzi termini i numeri che parlano per l’Italia di 17.9 milioni di utenti su smartphone, di 3,7 milioni su tablet (Audiweb Trends marzo 2013) e di ben 24 milioni di persone (l’87% degli internauti) con un profilo face book attivo. In pratica parliamo di una platea vasta, già sensibile alle lusinghe delle nuove tecnologie e ben attrezzata sul tema. Ovviamente nel nostro paese non siamo certo ai livelli Usa, dove il ricorso a device mobili ha quote molto significative: non solo l’80% on the go, ma anche un ottimo 65% in store con poche differenze tra uomini e donne. Negli States infatti si ricorre quotidianamente alla comunicazione tramite cellulare all’interno dei punti vendita per fare la scansione dei bar code, ma anche per paragonare i prezzi,scattare delle foto e ricevere a distanza il parere di un amico sul papabile acquisto o confrontare più articoli simili. In Italia non siamo così avanti, ma i presupposti ci sono. A patto che gli utenti vengano stimolati, attirati, motivati e fidelizzati: è su questo punto che si gioca la sfida. 62 BEVERAGE & GROCERY Brand, game e fidelizzazione E proprio engagement e gamefication sono due dei concetti principali su cui si basa la filosofia di Pointstic, la prima piattaforma mobile di rewarding che premia i consumatori per le azioni legate allo shopping come scattare fotografie di prodotti ed eventi, fare la scansione di codici a barre, procedere al check-in nei negozi. In questo modo il dispositivo mobile diventa una sorta di scettro “biunivoco” che -da un lato- avvicina il consumatore al brand facendogli acquistare maggiore familiarità, dall’altra consente al marchio di rivelarsi più appealing e - tramite la funzione di geolocalizzazione - di contestualizzare al meglio le proprio azioni di marketing. «Con i brand- ci spiega Giorgio Marandola Sales & Business Dev. Manager- costruiamo azioni concrete di shopping, che – grazie alla mobilità e al divertimento- vadano Engagement e gamefication sono due dei concetti principali su cui si basa la filosofia di Pointstic a colmare quel gap tra marca e consumatore». Il cliente viene cercato, grazie all’apposita app, sul suo dispositivo e invitato alla sfida. Come è successo, per esempio, nel caso di Decathlon che tramite Pointstic ha di recente coinvolto i clienti nella scansione di tre prodotti per la Zumba. Naturalmente con un premio finale… Beh, pare che l’esito del concorso, sia andato ben al di là delle aspettative. Anche perché abbiamo potuto contare sulla possibilità di “amplificare socialmente” il gioco, tramite i social (essenzialmente Facebook). E questo non fa che contribuire a diffondere in modo virale la sfida». In effetti Facebook su mobile è un alleato non indifferente come testimoniano le sue performances, che a fine 2013 sono addirittura state migliori di quelle su desktop. «Vede- prosegue Marandola- nasce tutto dalla constatazione che oggi i mobile device sono sempre più presenti negli atti e nelle scelte d’acquisto. Per le aziende è quindi giunto il momento di passare (e di far passare il consumatore) da un approccio desktop a un approccio diretto al prodotto, che sfrutti proprio le sfaccettate potenzialità del mobile. La forza coinvolgente di Pointstic sta dando ottimi risultati: lo dimostra il fatto che è la terza Lifestyle app più scaricata in Italia nel 2013, ma anche l’aver vinto lo “SMAU MobApp Award 2013 – Consumer Marketing». Divertirsi con lo shopping E parlando di mobile, app e consumi, non mancano certo gli spunti per il settore del commercio e dello shopping. Come LOIX, per esempio, l’App (per iOs e Android) sviluppata da Innovina per fornire ai retailer di ogni dimensione la possibilità di implementare un programma di fidelizzazione potenziato da attività di location based marketing. Il suo motto? “Lo shopping divertente”. Infatti i negozi, tramite notifiche push e di prossimità potranno comunicare in tempo reale con i propri clienti, facendo loro scoprire sconti, promozioni o offerte speciali. Un modo più accattivante, insomma, per coinvolgerli maggiormente nell’acquisto e ottimizzare anche i momenti di bassa affluenza e, conseguentemente, aumentare le vendite. In teoria Loix può benissimo sostituire le vecchie carte punti e carte fedeltà. LO SCENARIO IN ITALIA GLI ITALIANI E L’ACCESSO A INTERNET (IN MIGLIAIA) 74,5% COMPUTER DA CASA 35.098 individui 21,6% COMPUTER DA LAVORO COMPUTER DA LUOGO STUDIO 10.202 individui 7,9% 3.723 individui 37,9% CELLULARE SMARTPHONE TABLET 17.885 individui 7,8% 3.661 individui 17,9 milioni da smartphone 3,7 milioni da tablet Fonte: dati Audiweb Occhio ai falsi Interessante pure Younivocal, l’etichetta interattiva, unica e irriproducibile, in grado di dialogare con dispositivi dotati di tecnologia NFC (Near Field Communication), tramite un app specifica. Si tratta di strumento tecnologico con grandi potenzialità, premiato, all’interno del concorso ChangeMakers for Expo Milano 2015, tra le 10 idee più innovative. Younivocal che è associata ad un certificato di Firma Digitale e pertanto non è falsificabile né CURIOSITÀ TECNO-LOGISTICA E restando in tema di nuove implementazioni tecnologiche, incentrate sul mobile e finalizzate a migliorare la fruizione degli spazi e l’organizzazione dei consumi e della movimentazione delle merci non possiamo non citare routist.com, l’applicazione web pensata come supporto per la gestione di piccole e medie flotte di veicoli o di tecnici e prodotta della start up KKT (www.kkt.it), spin-off dell’Università di Firenze. Infatti routist.com, che combina Cloud, Mobile e Analytics, fornisce ai suoi utenti uno strumento flessibile per la gestione integrata, efficace ed efficiente della logistica su strada. Pianificando e ottimizzando gli itinerari di flotte di veicoli in consegna/ritiro di merce o di tecnici su strada impegnati in attività di manutenzione o controllo, routist. com permette di ridurre sensibilmente costi e tempi di trasporto, migliorando sia la qualità del servizio erogato verso i clienti, che l’utilizzo ed il bilanciamento del carico di lavoro dei mezzi. riproducibile, si rivela un vero e proprio passaporto elettronico del prodotto. È semplicissima da usare: basta avviare la app, avvicinare il dispositivo NFC al prodotto e leggere ciò che appare sul display. Grazie a queste sue prerogative, inoltre, Younivocal rappresenta un’efficace sistema per scoraggiare i furti. Il Brand potrà infatti richiedere di inserire in una black list ogni singola etichetta di prodotti persi o rubati. Se re-immessi furtivamente nel mercato, questi verranno immediatamente identificati. In questo modo lo stesso acquirente, in forma del tutto anonima, potrà segnalare, con un semplice click, la posizione geografica del luogo in cui l’App gli ha rilevato il problema. Curato, infine, anche il versante della fidelizzazione, con Younivocal infatti, il Brand può comunicare direttamente con il consumatore fornendo informazioni dettagliate sul singolo prodotto; lanciare nuove campagne promozionali in tempo reale; fidelizzare i consumatori tramite social network. B BEVERAGE & GROCERY 63 Fiera Milano Official Partner AZIENDE WWWMIXERPLANETCOM WWWFOODHOSPITALITYIT WWWlERAMILANOMEDIAIT Dolomia presenta il formato tascabile per la gd Acqua Dolomia sgorga dalle montagne del Parco Naturale delle Dolomiti Friulane,Patrimonio Naturale dell’Umanità per l’Unesco e si contraddistingue per essere una tra le più leggere e basiche acque oligominerali in Europa. Dalla sua fonte, tra le più ricche d’acqua in Europa, immersa per chilometri nella natura incontaminata, fuoriescono oltre 2,5 miliardi di litri d’acqua ogni anno. Dolomia ha ricevuto le tre stelle d’oro del Superior Taste Award 2013, massima valutazione attribuita dall’International Taste&Quality Institute di Bruxelles. L’azienda è certificata ISO 9001 e BRC FOOD ed IFS per la sicurezza alimentare. Dolomia è disponibile in tre linee di prodotto: Pet Classic per la GdO, Pet Elegant per l’Ho.re.ca. e Vetro Exclusive per la ristorazione e l’hotellerie di fascia alta. Dal 2014 è disponibile per la GdO la Pet Elegant nel formato tascabile da 0,33l. INFORMATIVA AI SENSI DEL CODICE IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI INFORMATIVA ART. 13, D. LGS 196/2003 I DATI DEGLI ABBONATI SONO TRATTATI, MANUALMENTE ED ELETTRONICAMENTE, DA FIERA MILANO MEDIA SPA – TITOLARE DEL TRATTAMENTO –STRADA STATALE DEL SEMPIONE 33, N. 28 - 20017 RHO (MILANO), - PER L’INVIO DELLA RIVISTA RICHIESTA IN ABBONAMENTO, ATTIVITÀ AMMINISTRATIVE ED ALTRE OPERAZIONI A CIÒ STRUMENTALI, E PER OTTEMPERARE A NORME DI LEGGE O REGOLAMENTO. INOLTRE, SOLO SE È STATO ESPRESSO IL PROPRIO CONSENSO ALL’ATTO DELLA SOTTOSCRIZIONE DELL’ABBONAMENTO, FIERA MILANO MEDIA SPA POTRÀ UTILIZZARE I DATI PER FINALITÀ DI MARKETING, ATTIVITÀ PROMOZIONALI, OFFERTE COMMERCIALI, ANALISI STATISTICHE E RICERCHE DI MERCATO. ALLE MEDESIME CONDIZIONI, I DATI POTRANNO, ALTRESÌ, ESSERE COMUNICATI AD AZIENDE TERZE (ELENCO DISPONIBILE A RICHIESTA A FIERA MILANO EDITORE SPA) PER LORO AUTONOMI UTILIZZI AVENTI LE MEDESIME FINALITÀ. LE CATEGORIE DI SOGGETTI INCARICATI DEL TRATTAMENTO DEI DATI PER LE FINALITÀ SUDDETTE SONO GLI ADDETTI ALLA GESTIONE AMMINISTRATIVA DEGLI ABBONAMENTI ED ALLE TRANSAZIONI E PAGAMENTI CONNESSI, ALLA CONFEZIONE E SPEDIZIONE DEL MATERIALE EDITORIALE, AL SERVIZIO DI CALL CENTER, AI SERVIZI INFORMATIVI. AI SENSI DELL’ART. 7, D. LGS 196/2003 SI POSSONO ESERCITARE I RELATIVI DIRITTI, FRA CUI CONSULTARE, MODIFICARE, CANCELLARE I DATI OD OPPORSI AL LORO UTILIZZO PER FINI DI COMUNICAZIONE COMMERCIALE INTERATTIVA RIVOLGENDOSI A FIERA MILANO MEDIA SPA – SERVIZIO ABBONAMENTI – ALL’INDIRIZZO SOPRA INDICATO. PRESSO IL TITOLARE È DISPONIBILE ELENCO COMPLETO ED AGGIORNATO DEI RESPONSABILI. INFORMATIVA RESA AI SENSI DELL’ART. 2, CODICE DEONTOLOGICO GIORNALISTI AI SENSI DELL’ART. 13, D. LGS 196/2003 E DELL’ART. 2 DEL CODICE DEONTOLOGICO DEI GIORNALISTI, FIERA MILANO MEDIA SPA – TITOLARE DEL TRATTAMENTO - RENDE NOTO CHE PRESSO LA REDAZIONE DI MILANO, STRADA STATALE DEL SEMPIONE 33, N. 28 - 20017 RHO (MILANO), VENGONO CONSERVATI GLI ARCHIVI DI DATI PERSONALI E DI IMMAGINI FOTOGRAFICHE CUI I GIORNALISTI, PRATICANTI E PUBBLICISTI CHE COLLABORANO CON LE TESTATE EDITE DAL PREDETTO TITOLARE ATTINGONO NELLO SVOLGIMENTO DELLA PROPRIA ATTIVITÀ GIORNALISTICA PER LE Sede legale¬s¬0IAZZALE¬#ARLO¬-AGNO¬¬¬¬¬-ILANO Sede operativa ed amministrativa 33¬DEL¬3EMPIONE¬¬¬¬2HO¬-) tel. +39 02 4997.1 fax +39 02 49976573 - www.mixerplanet.com Direzione Giampietro Omati¬s¬0RESIDENTE Antonio Greco¬s¬!MMINISTRATORE¬$ELEGATO Redazione Antonio Greco¬s¬$IRETTORE¬2ESPONSABILE¬ Fabrizio Gomarasca ¬s¬%DITOR FABRIZIOGOMARASCA lERAMILANOMEDIAIT¬s¬TEL¬¬¬ Carmela Ignaccolo¬s¬2EDATTORE¬¬#OORDINATORE¬DI¬TESTATA CARMELAIGNACCOLO lERAMILANOMEDIAIT¬¬s¬TEL¬¬¬ David Migliori ¬s¬6ICECAPOREDATTORE DAVIDMIGLIORI lERAMILANOMEDIAIT¬s¬TEL¬¬¬¬ Maria Elena Dipace¬s¬2EDATTORE MARIAELENADIPACE lERAMILANOMEDIAIT¬¬s¬TEL¬¬¬¬ Elena Cotos¬s¬3EGRETERIA¬E¬ABBONAMENTI ELENACOTOS lERAMILANOMEDIAIT¬¬s¬TEL¬¬¬¬ Collaboratori¬s¬2ACHELE¬!GOSTONI¬%LENA¬#ASSIN¬)RI¬$IEGO¬¬ -ARTONE¬)TALO¬-ORA¬!NNA¬-UZIO¬'IULIANO¬0AVONE¬¬ ¬ $ONATELLA¬2AMPINELLI¬'IAN¬-ARCO¬3TEFANINI¬$ANIELE¬4IRELLI¬¬ &OOD ¬ ¬ ¬ ¬ ¬ ¬ Grafica e produzione ¬ ¬ ¬ ¬ Diego Alfidi ¬s¬'RAlCA DIEGOALlDI lERAMILANOMEDIAIT¬s¬TEL¬¬¬¬ Luca Balliro¬s¬'RAlCA¬E¬PROGETTI¬SPECIALI¬AREA¬&OOD"EVERAGE LUCABALLIRO lERAMILANOMEDIAIT¬s¬TEL¬¬¬¬ Giulio Ziletti, Istockphoto, 123rf , Fotolia ¬s¬&OTO Alberto Decari¬s¬#OORDINAMENTO¬$40 ALBERTODECARI lERAMILANOMEDIAIT¬s¬TEL¬¬ Reggiani spa¬¬"REZZO¬DI¬"EDERO¬6!¬s¬3TAMPA¬ Nadia Zappa¬s¬5FlCIO¬4RAFlCO NADIAZAPPA lERAMILANOMEDIAIT¬s¬TEL¬¬¬ Pubblicità ¬ ¬ Giorgio Lomuoio ¬s¬3ALES¬-ANAGER GIORGIOLOMUOIO lERAMILANOMEDIAIT TEL¬ Marco Fumagalli ¬s¬+EY¬ACCOUNT ¬ -ARCOFUMAGALLI lERAMILANOMEDIAIT ¬ TEL¬ Chiara Donini ¬ CHIARADONINI lERAMILANOMEDIAIT ¬ TEL¬¬¬¬ Piera Pisati ¬s¬¬,OMBARDIA ¬ PIERAPISATI lERAMILANOMEDIAIT ¬ TEL¬¬¬¬ Mondo Media Srl ¬s¬¬6ENETO¬4RENTINO¬!LTO¬!DIGE¬&RIULI¬6ENEZIA¬'IULIA ¬ INFO MONDOMEDIASRLIT¬ ¬s¬¬4EL¬ ¬ N. di conto corrente postale per sottoscrizione abbonamenti: ¬)"!.¬)4¬¬!¬¬¬ INTESTATO¬A¬&IERA¬-ILANO¬-EDIA¬3P!¬ 0IAZZALE¬#ARLO¬-AGNO¬¬¬-ILANO¬ TEL¬¬¬s¬FAX¬¬¬s ABBONAMENTI lERAMILANOMEDIAIT ¬ ¬ !BBONAMENTO¬ANNUALE¬E ¬)6!¬INCLUSA !BBONAMENTO¬PER¬LESTERO¬E¬ Abbonamenti ¬ FINALITÀ DI INFORMAZIONE CONNESSE ALLO SVOLGIMENTO DELLA STESSA. I SOGGETTI CHE POSSONO CONOSCERE I PREDETTI DATI SONO ESCLUSIVAMENTE I PREDETTI PROFESSIONISTI, NONCHÉ GLI ADDETTI PREPOSTI ALLA STAMPA ED ALLA REALIZZAZIONE EDITORIALE DELLE TESTATE. I DATI PERSONALI PRESENTI NEGLI ARTICOLI EDITORIALI E TRATTI DAI PREDETTI ARCHIVI SONO DIFFUSI AL PUBBLICO. AI SENSI DELL’ART. 7, D. LGS 196/2003 SI POSSONO ESERCITARE I RELATIVI DIRITTI, FRA CUI CONSULTARE, MODIFICARE, CANCELLARE I DATI OD OPPORSI AL LORO UTILIZZO, RIVOLGENDOSI AL TITOLARE AL PREDETTO INDIRIZZO. SI RICORDA CHE, AI SENSI DELL’ART. 138, D. LGS 196/2003, NON È ESERCITABILE IL DIRITTO DI CONOSCERE L’ORIGINE DEI DATI PERSONALI AI SENSI DELL’ART. 7, COMMA 2, LETTERA A), D. LGS 196/2003, IN VIRTÙ DELLE NORME SUL SEGRETO PROFESSIONALE, LIMITATAMENTE ALLA FONTE DELLA NOTIZIA. PRESSO IL TITOLARE È DISPONIBILE L’ELENCO COMPLETO ED AGGIORNATO DEI RESPONSABILI. 64 BEVERAGE & GROCERY 4ESTATA¬ASSOCIATA¬s¬!SSOCIAZIONE¬.AZIONALE¬ Editoria Periodica Specializzata &IERA¬-ILANO¬-EDIA¬Ò¬ISCRITTA¬AL¬2EGISTRO¬/PERATORI¬DELLA¬#OMUNICAZIONE¬ Nª¬¬DEL¬¬ 4UTTI¬I¬DIRITTI¬DI¬RIPRODUZIONE¬DEGLI¬ARTICOLI¬PUBBLICATI¬SONO¬RISERVATI "IMESTRALE¬¬¬2EGISTRAZIONE¬DEL¬4RIBUNALE¬DI¬-ILANO¬N¬¬DEL¬¬ ¬ ¬ ¬
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