i coloranti - isis "giulio natta"

I COLORANTI
Di
Silvia Piazzalunga
I.S.I.S. GIULIO NATTA
Classe V Sez. A – Indirizzo Ecologico
Anno scolastico 2013-2014
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INDICE
1. Prefazione
2. Industria dei coloranti
3. La percezione del colore
4. Coloranti
5. Sostanze coloranti
6. Pigmenti
7. Coloranti solubili
8. Coloranti naturali
a) Coloranti naturali gialli
b)Coloranti naturali rossi
c) Coloranti naturali blu
9. Coloranti sintetici
10.
Sintesi dei coloranti azoici
11.
Meccanismo di diazotazione
12.
Utilizzo dei coloranti
13.
Coloranti: un problema per fiumi e corpi idrici
14.
Bibliografia
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Ho scelto di trattare i coloranti nella mia tesina perché durante il periodo scolastico ho effettuato
uno stage presso l’azienda Carvico, specializzata nella produzione di tessuti e nella tintura degli
stessi. Le prove svolte nel laboratorio tintoria consistevano nella tintura di piccoli campioni di
tessuto fino al raggiungimento del colore richiesto dal cliente, test sulla solidità del colore cioè la
resistenza delle tinture al degrado delle tonalità per effetto delle diverse condizioni a cui si
sottopone il tessuto tinto, per esempio l’esposizione alla luce solare, allo sfregamento, al sudore, ai
lavaggi ecc.
I coloranti utilizzati per la preparazione delle soluzioni per i bagni di tintura erano in polvere e
venivano sciolti e preparati direttamente dalla macchina, che successivamente li dosava per
preparare il bagno. Una cosa interessante che ho notato è che per la preparazione delle soluzioni
colorate utilizzate per tingere, qualsiasi fosse il colore finale che si voleva ottenere (giallo, rosso,
verde, azzurro ecc..) i colori di partenza erano sempre il rosso, il blu e il giallo nonostante esistano
già colori predefiniti in commercio.
Un altro test effettuato era il controllo del pH del bagno di tintura che doveva essere leggermente
acido. Quindi in laboratorio venivano riprodotti i processi di tintura in scala più piccola, che poi
verranno effettuati dalla produzione su grandi quantità di tessuto.
Da questa esperienza è scaturita una curiosità personale su cosa fossero i coloranti e su come essi
funzionassero.
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L’INDUSTRIA DEI COLORANTI
Dall’antichità fino alla metà abbondante del XIX secolo i tintori non ebbero a loro disposizione un
gran numero di sostanze coloranti. Alcuni colori erano di origine vegetale, altri minerale come il
Blu di Prussia e il giallo cromo e altri di origine animale. I colori inorganici erano ottenuti
direttamente sulle fibre facendo reagire i prodotti minerali di cui uno era fissato sulla fibra e l’altro
posto nel bagno di tintura, mentre fra quelli animali solo la cocciniglia, scoperta nel 1500, era
ancora utilizzata. Le stoffe, gli arazzi e i filati erano tinti soprattutto con i colori vegetali estratti dai
legni importati dall’Oriente e da altri paesi d’oltremare.
L’unico colorante artificiale disponibile nel 1800 fu l’acido picrico la cui produzione industriale
avvenne nel 1849 per nitrazione del fenolo. Esso era usato nella tintura in giallo della seta.
Le sintesi dei coloranti artificiali iniziarono con i risultati casuali di Runge, (che studiava la
realizzazione di una sfera cromatica a partire dai tre colori primari rosso, giallo e blu per ottenere
una vasta gamma di sfumature), che precipitò il nero d’anilina senza accorgersi che si trattava di
una sostanza colorante.
I lavori sull’anilina furono ripresi da Perkin (assistente del direttore del Royal College of Chemistry
di Londra) il quale, tentando di sintetizzare la chinolina, incappò nella famosa Malveina, una
sostanza colorante che fu poi prodotta dallo stesso Perkin a Greenford Green.
Hoffmann nel 1856, mentre studiava i composti del trifenilmetano, fece reagire tetracloruro di
carbonio su anilina ed ottenne una sostanza color cremisi che lui stesso considerò un’impurezza da
eliminare.
Verguin, in Francia, ripetendo i medesimi tentativi di sintesi, usando al posto del tetracloruro di
carbonio, il cloruro stannico, ottenne la stessa sostanza, fucsina. Dopo i derivati del trifenilmetano
iniziarono, in Inghilterra ed in Francia, le ricerche sui coloranti azoici e nel decennio 1858-68 ne
furono messi in commercio un certo numero. I coloranti artificiali ottenuti per sintesi organica non
ebbero subito un grande successo in quanto la loro solidità alla luce lasciò molto insoddisfatti i
tintori e ciò comportò un ritorno ai legni da tintura. Il problema della solidità alla luce fu risolto
con la sintesi dell’alizarina. Graebe, Liebermann e Caro, nel 1868, isolarono l’idrocarburo
principale delle radici della pianta della robbia, l’antracene e da qui risalirono alla struttura
molecolare dell’alizarina che fu poi sintetizzata in laboratorio. L’alizarina sintetica entrò subito in
concorrenza con quella naturali fino al punto che le coltivazioni della robbia sparirono.
La strada della sintesi dei coloranti artificiali era stata definitivamente aperta e dopo l’alizarina un
altro colorante antichissimo come l’indaco fu ottenuto per via sintetica.
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Il monopolio dell’industria dei coloranti sintetici era all’epoca detenuto da Francia e Inghilterra
anche se in questo paese l’industria sorse con un certo disinteresse generale. In Germania, invece,
forse per l’influenza che ebbe Liebig e i suoi lavori di chimica organica l’attenzione fu maggiore. Si
formò, pertanto, una scuola di chimici che, oltre all’amore per la teoria, aveva sempre presente
l’applicazione pratica delle nuove scoperte.
In tal modo si originò una grande industria tedesca. Alla crescita industriale tedesca non partecipò
solo l’attitudine dei chimici germanici, ma anche la legge sui brevetti che, oltre al prodotto,
prevedeva la possibilità di salvaguardare la proprietà intellettuale anche del metodo di
preparazione.
L’industria chimica prosperava armonicamente (non a strappi come può sembrare dalla nostra
cronistoria) e con la prima guerra mondiale l’industria chimica diventò grande ulteriormente.
Negli Stati Uniti si formarono i primi grandi complessi industriali il cui scopo era quello di
antagonizzare il monopolio dell’industria tedesca. In Italia l’industria dei coloranti di sintesi non si
accrebbe fino al 1919 e non fu mai in grado di sostenere la concorrenza straniera. Questo
comportò la scelta di sintetizzare prodotti più semplici e meno pregiati.
Nel 1931 ad opera del gruppo Montecatini i principali impianti italiani di produzione di coloranti
furono raggruppati in un unico stabilimento che prese il nome di ACNA, Azienda Coloranti
Nazionali ed Affini la quale poi si aggiunsero altri impianti di minor importanza .
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LA PERCEZIONE DEI COLORI
La parte visibile dello spettro che comprende lunghezze d’onda nell’intervallo 380 nm – 760 nm,
può essere scomposta per rifrazione attraverso un prisma, in radiazioni colorate corrispondenti ai
sette colori dell’iride: violetto, indaco, blu, verde, giallo, arancio e rosso.
Frequenza (ν): numero di oscillazioni in 1 secondo (Hz = 1 ciclo/s)
Velocità
Lunghezza d’onda (λ): distanza tra due massimi
frequenza e lunghezza d'onda sono inversamente proporzionali: λ = c / n
Costante di Planck: h = 6.63 . 10-34 J. S
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La percezione del colore dipende dalla luce che la materia ritrasmette al nostro occhio. Un corpo
apparirà quindi bianco se non assorbirà nessuna lunghezza d’onda e rifletterà completamente la
luce incidente; al contrario un corpo apparirà ai nostri occhi nero, perché assorbirà tutte le
radiazioni incidenti.
Un corpo apparirà colorato poiché, a causa della sua struttura molecolare, assorbe alcune
lunghezze d’onda del visibile, riflettendo invece quelle che determinano il colore che verrà
percepito dal nostro occhio (colore complementare).
Affinché sia colorata, una sostanza deve essere in grado di assorbire una frazione della radiazione
visibile; per fare questo deve contenere degli elettroni mobili.
L'assorbimento delle radiazioni nel regione del visibile (350-700 nm) e nel vicino UV (200-350 nm)
da parte delle molecole, è in grado di provocare delle transizioni energetiche degli elettroni esterni
della molecola, sia impegnati che non impegnati in un legame. Gli elettroni interessati passeranno
dallo stato fondamentale ad uno stato eccitato.
Questi elettroni possono essere:
- di tipo sigma (σ), costituiti da una nube elettronica addensata lungo l'asse congiungente i nuclei
dei due atomi legati (i legami semplici sono di questo tipo).
- di tipo pi-greco (π) costituiti da nubi elettroniche che presentano la maggior densità al di fuori
dell'asse che congiunge i nuclei (come avviene nei legami doppi o tripli).
- elettroni di non legame (n): sono elettroni non impegnati in alcun legame (per esempio i
doppietti elettronici presenti sull'ossigeno o sull'azoto). Gli elettroni π sono meno legati e risultano
perciò più facilmente eccitabili rispetto ai σ; per gli elettroni n occorrerà un'energia ancora minore
e quindi una radiazione con lunghezza d'onda maggiore.
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Se in una molecola sono presenti doppi legami coniugati, si verifica una delocalizzazione
elettronica con conseguente diminuzione energetica tra un livello e l'altro; per effettuare
transizioni occorreranno quindi radiazioni di minor energia, quali ad esempio quelle nel campo del
visibile.
Normalmente, saranno perciò gli elettroni delocalizzati e quelli di non legame a determinare la
possibilità di una sostanza di essere colorata.
In definitiva una molecola può essere colorata nel caso in cui siano possibili le transizioni nello
spettro visibile, quindi la molecola deve essere altamente insatura e avere elettroni di non legame.
COLORANTI
Con il termine coloranti si indicano sostanze in grado di modificare il colore di un determinato
substrato; la sostanza deve essere colorata, ma deve anche essere in grado di legarsi al substrato
in modo omogeneo.
Nei coloranti organici e sintetici, esistono gruppi di atomi altamente insaturi che interagiscono con
la radiazione elettromagnetica.
I raggruppamenti di atomi di questo tipo sono stati definiti nel 1876 gruppi cromofori (ad es.
gruppo etilenico, acetilenico, dienico, carbonilico, azoico, azometinico, chinonico ecc.). Le
molecole che contengono uno o più di questi gruppi si definiscono cromogene.
Si tratta dei gruppi responsabili del colore, devono essere in grado di assorbire una frazione della
radiazione visibile; per fare questo devono contenere degli elettroni mobili.
La banda del visibile è compresa tra 400 e 700 nm, all’interno di queste lunghezze d’onda stanno
tutti i colori rilevabili dall’occhio umano. Esiste all’interno di questo campo una correlazione tra la
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lunghezza d’onda ( ) della radiazione assorbita e il colore osservato che viene detto
complementare
nm
<400
400-435
435-480
48'-490
490-500
500-560
560-580
580-595
595-650
650-750
colore
assorbito
U.V.
violetto
blu
blu-verde
verde-blu
verde
giallo-verde
giallo
arancio
rosso
colore
osservato
giallo-verde
giallo
arancio
rosso
porpora
violetto
blu
blu-verde
verde-blu
Bisogna tenere presente che l’occhio umano non ha potere risolutivo e che quindi non è in grado
di distinguere i vari colori quando viene contemporaneamente colpito da due radiazioni di
diversa; ciò significa che la tabella sopra indicata non ha valore assoluto ma esistono oltre ai colori
puri, dovuti ad una radiazione monocromatica riflessa, le combinazioni dei diversi colori assorbiti.
L’introduzione di gruppi funzionali come NH2 , NHR, NR2 , OH, con caratteristiche leggermente
acide o basiche, detti auxocromi, conferiscono alla molecola la proprietà di tingere, attraverso la
formazione di legami con il substrato. Un’altra funzione molto importante dell’auxocromo è quella
di rendere il colorante solubile (o di migliorarne la solubilità) in un dato solvente.
Un esempio: l’anilina, derivato amminico del benzene, è incolore.
Se si introduce un cromoforo diazo (N=N) si forma il cromogeno azobenzene, composto colorato
ma non colorante.
Nel caso in cui vengono introdotti gruppi auxocromi NH2 (gruppo amminico) o OH (gruppo
idrossile), si formano specie coloranti come l’amminoazobenzene (Anilina Yellow) o
l’idrossiazobenzene.
I sostituenti che aumentano l’intensità del colore e inducono quindi ad aumentare la capacità di
assorbimento selettivo di una lunghezza d’onda dello spettro, determinano l’effetto ipercromo.
I sostituenti che spostano l’assorbimento della radiazione verso lunghezze d’onda maggiori,
determinano l’effetto batocromo, ossia un incupimento del colore.
Anilina
Azobenze
ne
Anilina yellow
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SOSTANZE COLORANTI
Le sostanze coloranti sono definite come sostanze (organiche o inorganiche) che miscelate ad altre
sostanze conferiscono al preparato una determinata colorazione, inoltre le sostanze devono anche
essere in grado di legarsi al substrato.
Viste le due caratteristiche richieste una molecola colorante deve avere due funzioni, una
responsabile del colore e l’altra responsabile della fissazione; esse si chiamano rispettivamente
cromoforo il gruppo che conferisce il colore e auxocromo il gruppo che lega la molecola del
colorante al substrato da tingere.
Ogni colorante possiede diversi nomi chimici, l'unico sistema di definizione univoco è il Colour
Index, nato nel 1925 e continuamente aggiornato.
A seconda del Colour Index i coloranti possono essere suddivisi in tre grandi gruppi:
- coloranti organici di sintesi
- coloranti organici naturali
- pigmenti inorganici
Si effettua nell’ambito delle sostanze coloranti un’altra importante distinzione che le suddivide in:
• coloranti: sono sempre solubili in un solvente, qualunque esso sia;
• pigmenti: non sono solubili e per questo motivo devono essere fissati al supporto tramite resine
nelle sono dispersi;
• lacche: presentano caratteristiche intermedie tra le due classi precedenti, chimicamente sono
sali solubili di coloranti insolubili.
Classificazione coloranti:
Esistono fondamentalmente due classificazioni dei coloranti, una tecnica nella quale i coloranti
vengono raggruppati a seconda della tecnica di applicazione, e una chimica che ordina i coloranti
in riferimento alla loro costituzione chimica e quindi in base ai cromofori che contengono.
Classificazione tecnica
1. coloranti acidi
2. coloranti basici
3. coloranti diretti
4. coloranti sostantivi
5. coloranti a mordente
6. coloranti premetallizzati
7. coloranti reattivi
8. coloranti allo zolfo
9. coloranti al tino
Classificazione chimica
1. azo coloranti
2. nitroso coloranti
3. nitro coloranti
4. coloranti del difenilmetano
5. coloranti del trifenilmetano
6. coloranti indigoidi
7. coloranti antrachinonici
8. coloranti dello stilbene
9. coloranti azinici
10. coloranti ossazinici
11. coloranti tiazinici
12. coloranti della mono- e triclorotriazina
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PIGMENTI
PIGMENTI INORGANICI:
I Pigmenti Inorganici Naturali
Sono minerali, di solito ossidi o solfuri di uno o più metalli o terre rare, estratti da depositi minerali
naturali. Con alcune eccezioni, questi pigmenti inorganici naturali non sono più usati, perché
l’estrazione è antieconomica e non producono un’ adeguata consistenza del colore.
I Pigmenti Inorganici Sintetici
Sono preparati industrialmente da minerali grezzi e rappresentano l’80% della produzione
mondiale di pigmenti. Sono quelli più ampiamente utilizzati in make-up e comprendono sia
sostanze colorate che bianche.
PIGMENTI ORGANICI:
I Pigmenti Organici Sintetici
Il Nero Fumo (C.I. 77266) è uno degli esponenti più famosi, essendo ampiamente utilizzato nei
toner e nel mascara. Il Nero Fumo è un pigmento nero costituito da particelle finissime di carbonio
amorfo ottenute per combustione incompleta di idrocarburi.
COLORANTI SOLUBILI
I coloranti sono prevalentemente organici e si dividono in:
I Coloranti Naturali
I coloranti naturali vengono ricavati generalmente da vegetali. Fin dall'antichità venivano utilizzati
per la colorazione degli alimenti e dei tessuti. Presentano un ottimo profilo tossicologico e sono
quasi tutti ammessi per uso alimentare. Tuttavia possono presentare problemi di stabilità al pH,
alla luce e al calore. Possono essere sia liposolubili (la maggior parte) che idrosolubili.
I Coloranti Sintetici
Offrono una grande varietà di colori e risultano più stabili ed economici dei coloranti naturali.
Da un punto di vista chimico comprendono derivati azoici, xantenici, antrachinonici, indigoidi, ecc.
Anche in questo caso esistono sia coloranti liposolubili che idrosolubili.
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Principali coloranti in uso nell’industria:
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I COLORANTI NATURALI
Coloranti naturali gialli
La curcumina (E 100) è un colorante giallo-arancio estratto dai rizomi macinati di ceppi naturali
della Curcuma Longa, pianta erbacea originaria dell'Asia sud-orientale e largamente impiegata
come spezia (curry) soprattutto nella cucina indiana, medio-orientale e tailandese.
E’ usata per colorare mostarde, dadi, latticini, prodotti dolciari, gelati alla crema.
La curcumina appartiene alla classe dei polifenoli e può esistere in due forme tautomeriche, quella
chetonica e quella enolica.
La forma enolica è energeticamente più stabile, sia in solido che in soluzione.
La sua struttura è stata identificata nel 1910.
La riboflavina (E 101), o lattoflavina, o vitamina B2, è il colorante (giallo) naturale del latte, ma è
presente anche in molti ortaggi verdi, in particolare cavolo e pomodoro.
E’ usata anche come nutriente, associata ad altre vitamine del gruppo B, per colorare biscotti e
dolci.
La riboflavina è un composto eterociclico ottenuto da una molecola di flavina cui è legata una
catena derivante da ribitolo. Venne isolata per la prima volta nel 1927.
La forma attiva della vitamina B2 è il FAD, un coenzima trasportatore di elettroni.
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Coloranti naturali rossi
Il rosso oricello è un colorante ottenuto dalla fermentazione dei licheni della specie Roccella
tinctoria, il cui costituente è l’orceina (E 121), noto fin dall’antichità e citato nel Papyrus
Holmiensis, in un antico ricettario egiziano, che contiene degli accorgimenti per renderlo più
resistente alla luce.
L’orceina è una miscela di composti a struttura fenossazonica e ha colore rosso-porpora scuro.
Veniva utilizzato soprattutto per caramelle e gelatine.
È vietato dal 1977.
Le soluzioni alcoliche di orceina vengono utilizzate in
microbiologia per colorare i flagelli dei microrganismi.
Coloranti naturali blu
Gli antociani (E 163) sono una classe di coloranti naturali appartenente alla famiglia dei flavonoidi.
I flavonoidi sono dei composti polifenolici, metaboliti secondari delle piante. Sono principalmente
idrosolubili, sono di solito presenti nella pianta come glicosidi e nella stessa pianta un aglicone può
esistere in combinazione con diversi zuccheri. Si conoscono attualmente più di 4000 glicosidi dei
flavonoidi e più di 1800 agliconi appartenenti a questa classe.
Scheletro base flavonoidi
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catione flavilio, struttura base degli antociani
(R1, R2, R5-7 = H, OH, OCH3; R3 =glicoside; R4 = H
o glicoside)
Gli antociani (o antocianine) (dal greco anthos = fiore, kyáneos = blu) si ritrovano nei fiori, come il
fiordaliso e alcune dalie, e frutti di quasi tutte le piante superiori, e nelle foglie autunnali.
Il colore può variare dal rosso al blu e dipende dal pH del mezzo in cui si trovano e dalla
formazione di sali con metalli pesanti presenti nei tessuti.
Gli alimenti ricchi di queste sostanze sono il ribes, le fragole, l’uva, le ciliegie, i frutti di bosco e il
vino rosso.
Le antocianine svolgono un ruolo importante anche in piante giovani o con getti nuovi,
proteggendole dai raggi ultravioletti quando la produzione di clorofilla non è ancora iniziata.
A questo punto anche l'intera pianta può assumere una colorazione rosso-brunastra (come per
esempio i nuovi getti di rose in primavera), che si riduce man mano che la produzione di clorofilla
inizia.
Questi pigmenti sono inoltre in grado di attirare insetti e animali, provvedendo così un aiuto per la
riproduzione delle piante e il trasporto dei semi.
Gli antociani sono molto sensibili alle variazioni di pH:
si presentano di colore rosso in soluzione fortemente acida, violetto in soluzione debolmente
acida, blu verde in soluzione debolmente basica, giallo in soluzione fortemente basica.
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Come tutti i composti poliaromatici poliossidrilati, gli antociani sono in grado di reagire con gli
ossidanti quali l'ossigeno molecolare e i radicali liberi, riducendo così i danni che queste molecole
possono provocare alle cellule e ai tessuti.
Grazie a questa loro attività antiossidante e antiradicalica, queste sostanze possono essere molto
utili in medicina.
Questi pigmenti sembrano proteggere contro la fragilità capillare, e contro vari processi di
invecchiamento o modificazioni cellulari provocati dall'ossigeno, tra cui processi infiammatori e
modificazioni cancerogene.
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COLORANTI SINTETICI
I coloranti di sintesi sono prodotti derivati da reazioni chimiche, e possono offrire una vasta
gamma di colori e sfumature. Rispetto ai coloranti precedentemente descritti, offrono una
maggiore stabilità e soprattutto sono economici. Dal punto di vista chimico i coloranti sintetici
comprendono molte molecole chimiche, come i derivati azoici, xantenici, antrachinonici, il
trifenilmetano, gli indigoidi e molti altri.
I coloranti azoici sono caratterizzati dalla
presenza di uno o più gruppi cromofori azoici
–N=N– , sono maggiormente utilizzati
nell’industri cosmetica e alimentare.
Questa categoria copre una vasta gamma di
colori, che va dal giallo al rosso, al viola e al
nero. Maggiore è il numero dei gruppi azoici
contenuti nella molecola, più il colore prodotto
tende a scurirsi. Un aspetto svantaggioso dei
coloranti azoici è il fatto che possono presentare
problemi di tossicità. Per questo motivo, nel
2002 una direttiva dell'Unione Europea ha
proibito l'uso di alcuni coloranti appartenenti a
questa classe per la tintura di prodotti che prevedono contatto prolungato con la pelle (abiti,
lenzuola, parrucche, ecc.).
Questi coloranti sono metabolizzati dalla microflora intestinale ad amine aromatiche primarie,
molte delle quali sono genotossiche e carcinogene. Queste vengono portate, attraverso il sistema
sanguigno, al fegato.
Ormai da molti anni però, i coloranti azoici usati in campo alimentare contengono un gruppo
solfonico (-SO3H) che li rende idrosolubili; per questa ragione vengono eliminati molto
rapidamente e non risultano nè genotossici e nè carcinogeni.
In casi rari sono state riscontrate reazioni allergiche per ipersensibilità.
Attualmente sono permessi nei cibi solo una decina di coloranti artificiali. Numerosi altri, utilizzati
per decenni, sono stati eliminati negli anni recenti.
SINTESI DEI COLORANTI AZOICI
Si sintetizzano da sali di diazonio aromatici e fenoli (o ammine aromatiche)
(reazione di diazocopulazione).
Sale di diazonio
fenolo
Composto azoico giallo-arancio
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Sali di diazonio
MECCANISMO DI DIAZOTAZIONE
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UTILIZZO DEI COLORANTI
I coloranti, sia di origine biologica che industriale, trovano largo impiego nell’ industria tessile,
nell’industria cosmetica, nell’industri alimentare e nell’industria farmacologica.
L’industria tessile ha usufruito dei coloranti ben prima che l’industria stessa nascesse: la
colorazione dei tessuti avveniva già nelle società antecedenti l’impero romano idem per l’industria
cosmetica: l’utilizzo di pigmenti naturali per
cosmesi personale risale anch’essa alle società
precedenti l’impero romano.
In epoca moderna con l’avanzare della
tecnologia, delle conoscenze scientifiche e
della produzione industriale hanno reso i
coloranti parte fondamentale del processo
produttivo: dai vestiti al cibo il design moderno
non punta solo all’utilizzo finale del prodotto
ma anche al senso estetico dell’acquirente.
Sembrerebbe dunque che la funzione dei coloranti sia relegata solo ad una mera funzione estetica;
questo non è vero: i coloranti hanno, specialmente negli ultimi quarant’anni, trovato largo impiego
nel settore diagnostico-farmaceutico e nelle tecniche biologiche.
Una delle tecniche biologiche per il riconoscimento dei batteri più note è la colorazione di Gram.
E’ una colorazione fondamentale in batteriologia perché permette l’osservazione della forma e
della disposizione delle cellule. Inoltre consente di classificare i batteri in Gram+ e Gram- .
Si tratta di una colorazione differenziale perché utilizza più di un colorante.
Il colorante primario è il cristal violetto, esso viene mordenzato dall’aggiunta del liquido di Lugol
(soluzione iodo-iodurata), le cellule si colorano di viola. Successivamente si tratta con un
decolorante (acetone o alcol etilico) che decolora i batteri e infine il secondo colorante utilizzato è
la safranina o fucsina. I batteri Gram+ saranno colorati di viola mentre i batteri Gram- saranno
colorati di rosso.
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I COLORANTI: PROBLEMA PER FIUMI E CORPI IDRICI
I reflui coloranti derivanti principalmente dall’industria tessile rappresentano un problema per la
salute umana e per l’ambiente. Essi contengono principalmente alte concentrazioni di coloranti
sali e metalli pesanti, da qui si trae la necessità di trattare adeguatamente i reflui derivanti
dall’industria tessile tramite trattamenti chimici e fisici come l’ozonizzazione, scambio ionico o
elettrolisi oppure mediante trattamenti biologici.
Sotto viene riportato un caso di scarico delle acque reflue da impianti industriali tessili in Cina.
E’ stata riscontrata la presenza di una vasta gamma di sostanze chimiche pericolose nelle acque di
scarico di due tra le principali zone industriali della Cina note per la presenza di più di
novemila fabbriche tessili: Shaoxing e Linjiang, nella provincia di Zhejiang.
In questo distretto industriale le fabbriche non scaricano le acque attraverso i loro impianti di
depurazione, ma inviano i propri reflui a un impianto centrale: ciò rende estremamente
complicato attribuire precise responsabilità alle singole aziende per l'uso e lo scarico di sostanze
chimiche pericolose.
Tutti i campioni prelevati allo sbocco degli scarichi in queste località sono stati inviati ai
laboratori di ricerca di Greenpeace presso l'Università di Exeter, Regno Unito contenevano una
vasta gamma di prodotti chimici, molti dei quali pericolosi. Molte sostanze sono riconducibili ai
processi di produzione tessile, altre hanno impieghi anche in altri settori industriali: distinguere le
fonti esatte di queste sostanze chimiche è praticamente impossibile. Tra le sostanze rilevate erano
presenti in grande quantità:
• Aniline clorurate: sono composti, connessi alla fabbricazione e all'uso di coloranti, in molti casi
tossici per organismi acquatici. Alcuni sono cancerogeni noti o sospettati di essere cancerogeni.
• Acidi perfluorooctanoidi (PFOA): sostanze chimiche tossiche altamente persistenti e
bioaccumulanti che possono derivare dai composti perfluoroclorurati (PFC). Sono utilizzati nella
produzione tessile o per altri usi industriali. Possono entrare nell'organismo tramite ingestione o
attraverso la respirazione. CTMDD (2,4,7,9 - tetrametile - 5 - decyne - 4,7 - diolo): è un
tensioattivo, associato anche all'uso di formulazioni di tintura, persistente nell'ambiente acquatico
e moderatamente tossico per gli organismi acquatici.
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• Dibutilftalato (DBP): è una sostanza chimica con numerosi usi industriali, tra cui la produzione di
tessuti. Il DBP è un contaminante ambientale diffuso, ed è pericoloso per il sistema riproduttivo.
• Benzotiazolammine: queste sostanze chimiche (che comprendono derivati clorurati) sono
comunemente associate con la produzione e l'uso di coloranti. Vi sono informazioni limitate sulla
loro tossicità.
• Cloronitrobenzeni (CNB) e Nitrobenzeni: sono entrambi utilizzati nella fabbricazione di coloranti.
Sono cancerogeni per gli animali e probabilmente anche per l'uomo.
• Vari benzeni clorurati (tre diclorobenzeni, e tracce di tri-e penta-clorobenzene ): sono inquinanti
organici persistenti e ben noti contaminanti ambientali. I loro effetti più comuni sono danni al
fegato e ai reni, mentre il 1,4-diclorobenzene è cancerogeno negli animali.
• Varie sostanze chimiche pericolose clorurate di provenienza incerta: tra esse 1,2-dicloroetano,
cancerogeno per gli animali e, si sospetta, anche per l’essere umano, e cloroetano, nocivo per gli
organismi acquatici con effetti di lunga durata.
Oltre al fatto che l'analisi delle responsabilità per l'uso e lo scarico di sostanze chimiche pericolose
per i singoli impianti è estremamente complicata, nel distretto industriale di Shaoxing e Linjiang, la
situazione è ulteriormente aggravata dalla mancanza di informazioni pubbliche sulla posizione di
alcuni scarichi.
Inoltre, il 51,7% dei 70 punti di monitoraggio delle acque superficiali, non soddisfano (secondo
informazioni comunicate da fonti governative) gli standard di qualità delle acque.
La costruzione di grandi depuratori comunali all'interno di zone industriali ha lo scopo di
migliorare la qualità degli effluenti nei corsi d'acqua in Cina. Tuttavia, i depuratori sono efficaci
contro l’inquinamento organico prodotto da reflui biologici, ma non impediscono che molte
sostanze pericolose scaricate dalle fabbriche raggiungano inalterate i corsi d’acqua, dove possono
entrare nella catena alimentare e accumularsi nei sedimenti.
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BIBLIOGRAFIA
 http://www.istitutoconciario.com/berto/coloranti.htm
 http://it.wikipedia.org/wiki/Colorante
 Fiorin Maria Grazia (2012) “Biologia e microbiologia ambientale e sanitaria” Zanichelli.
 Cox Michael M. , Nelson David L. (2011) “Introduzione alla biochimica di
Lehninger” - Zanichelli.
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