PRIMO PIANO È napoletano il brevetto del vaccino contro l’ebola Martelli a pag.3 DAL MONDO In Amazzonia è in aumento la deforestazione Non c’è tregua per la foresta Amazzonica,dopo anni in cui sembrava esserci una riduzione della deforestazione, quest’anno, così come l’anno scorso, il taglio dei grandi alberi ha ripreso quota. Alla fine di luglio il disboscamento è cresciuto del 29% rispetto all’anno precedente e solo un anno fa eravamo al 28% in più rispetto all’anno prima. Maisto a pag.5 NATURA & BIODIVERSITÀ La prima stazione di monitoraggio della fauna “Un altro obiettivo raggiunto, un altro importante traguardo per l’Ente che presiedo!”. Queste le parole del dott. Alessio Usai, Presidente dell’Ente Riserve “Foce Volturno-Costa di Licola” e “Lago di Falciano”, parole piene di soddisfazione e di speranza. Utilizzare al meglio le risorse ed avviare importanti collaborazioni Arpac, nuove attività al servizio dell’ambiente Continua l’opera di risanamento sia economico che sul piano dell’immagine dell’ Agenzia Regionale per la protezione dell’ambiente, messo in atto dal Commissario Straordinario dell’Ente Pietro Vasaturo. Tra gli interventi principali attuati per ridurre i costi, il Commissario, come un padre esemplare, ha deciso di partire proprio da se stesso: niente segreteria particolare, niente auto di servizio se non quando vi è la necessità di recarsi in enti locati nelle zone limitate al traffico, fino ad ottenere un risparmio di circa 250mila euro riguardo i suoi stessi emolumenti. Vasaturo si dice soddisfatto di essere riuscito a trasmettere al personale uno spirito di cooperazione che purtroppo mancava, rivalutando professionalità sopite o accantonate ma soprattutto riorganizzando al meglio le risorse umane disponibili. a pag.2 Sfamare il mondo. Alimentazione, agricoltura e ambiente Non immaginavo che dalla terrazza dell’Università Suor Orsola Benincasa, Napoli fosse così…vicina, racchiusa in un estasiante fermo immagine. Basterebbe un click, per raccontarla al mondo intero. Proprio così com’è: immediata, “silenziosa”, scompigliata. Una donna fantastica, piena di sfaccettature, geometrie e colori. Liguori a pag.4 Buonfanti a pag.8 NORMATIVA EUROPEA L'Europa a difesa delle acque sotterranee LAVORO & PREVIDENZA Renzi e il tentativo di “riparare” l’Italia Il 4 ottobre scorso, il Premier si è recato ad Assisi, con il ministro Giannini, per le celebrazioni in onore di San Francesco, patrono d’Italia. L’occasione è stata veramente propizia per poter rispondere al pungente attacco della CEI.... Ferrara a pag.18 Progetto CDI OEVO Carta d’identità per l’olio extra-vergine di oliva La carta d'identità è un documento di riconoscimento dove sono contenuti i dati anagrafici (cognome, luogo di nascita, residenza, ecc.) ed una foto che viene mostrata per provare “chi siamo” nelle più svariate occasioni. Potrebbe capitarci, però, che se abbiamo con noi una bottiglia di olio extra vergine di oliva, alla richiesta di un pubblico ufficiale di fornire un documento di riconoscimento, mostreremo due carte d’identità: una che riguarda noi ed una per l’olio. Patrizio a pag.12 AMBIENTE & TRADIZIONE BIO-ARCHITETTURA Sorrento e la tarsia Le stazioni intermodali urbane Un luogo e un prodotto della tradizione L’arte dell’intarsio è un’arte antichissima. Le sue origini risalgono alla civiltà egiziana e nel VI-VII secolo la troviamo nella penisola sorrentina grazie ai monaci benedettini che, rinchiusi nei propri studi, eseguivano i loro preziosi lavori. Morlando a pag.11 De Crescenzo-Lanza a pag.14 Palumbo a pag.15 NATUR@MENTE Felicità: quello che si è non quello che si ha Dopo ventidue anni non ho goduto della felicità di partecipare attivamente alla festa di San Francesco. Ma che roba è la Felicità? L'etimologia fa derivare la parola da: felix-icis, la cui radice fe significa abbondanza, ricchezza, prosperità. In modo simile, l'origine del termine festa viene da festum, dunque la festa richiama il concetto di felicità. La ricerca della felicità è argomento filosofico di tutti i tempi, tema centrale in tutte le culture, le arti, le religioni e nella vita di ogni individuo. Vi invito a leggere la lettera di Epicuro a Meneceo, nella quale il filosofo greco scrive che: “Non si è mai troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. Tafuro a pag.19 Arpac, nuove attività al servizio dell’ambiente Utilizzare al meglio le risorse ed avviare importanti collaborazioni Continua l’opera di risanamento sia economico che sul piano dell’immagine dell’ Agenzia Regionale per la protezione dell’ambiente, messo in atto dal Commissario Straordinario dell’Ente Pietro Vasaturo. Tra gli interventi principali attuati per ridurre i costi, il Commissario, come un padre esemplare, ha deciso di partire proprio da se stesso: niente segreteria particolare, niente auto di servizio se non quando vi è la necessità di recarsi in enti locati nelle zone limitate al traffico, fino ad ottenere un risparmio di circa 250mila euro riguardo i suoi stessi emolumenti. Vasaturo si dice soddisfatto di essere riuscito a trasmettere al personale uno spirito di cooperazione che purtroppo mancava, rivalutando professionalità sopite o accantonate ma soprattutto riorganizzando al meglio le risorse umane disponibili. Oltre l’ ordinarietà, infatti, molte attività sono state rafforzate e riconosciute in tutte le sedi istituzionali grazie all’utilizzo di personale a pieno regime compreso quello della Società partecipata Multiservizi gestita dall’Arpac. Questi ultimi lavoratori attualmente fungono da supporto per tutte le azioni a favore delle magistrature, tra queste gli interventi a Salerno nell’ambito di una vasta indagine che parte da Positano ed Agropoli fino a Sapri per il controllo di eventuali scarichi abusivi, abbandoni di materiale pericoloso e via dicendo. Tale intervento non è limitato soltanto all’area costiera ma abbraccia tutto l’entroterra anche in considerazione del fatto che la flotta di Arpac è stata potenziata al massimo non solo per quanto attiene il monitoraggio della balneabilità. Le future operazioni che sono sul punto di essere attuate tramite “blitz” (tipico intervento del Vasaturo “sbirro”) hanno lo scopo di scandagliare, almeno sino a 6 miglia dalla costa, il fondale marino con le apposite apparecchiature presenti sull’ammiraglia oceanografica Helios, alla ricerca di eventuali relitti utilizzati quali “tombe” per rifiuti pericolosi. Inoltre, l’Arma dei Carabinieri si è resa disponibile, su richiesta di Vasaturo, ad ospitare il personale dell’Agenzia, unitamente al professor Massimiliano Lega (dell’Università degli Studi Parthenope di Napoli) a bordo dei propri elicotteri per monitorare il territorio, così come anche il Corpo della Guardia di Finanza sta valutando di fare lo stesso. Sempre in tema di risanamento economico il Commissario ha assicurato che il grave contenzioso di cui l’Agenzia è parte è stato affrontato e risolto applicando le norme pubblicistiche e di contabilità generale sulla deflazione anche grazie alla comprensione dei creditori con i quali si è instaurato un rap- porto di collaborazione e fiducia. Utilizzando i trasferimenti finanziari decisi e da decidere della Giunta regionale, pur nel pieno rispetto dei vincoli e dei limiti di spesa, inoltre, sono stati aggiornati i laboratori di analisi dell’ Agenzia, acquisite nuove apparecchiature e sono stati promossi la formazione e l’aggiornamento del personale completando l’organico. L’oltre trentennale esperienza in diversi settori della pubblica amministrazione del Commissario e la L. n°16 del 2014, che stabilisce che il direttore generale dell’Agenzia vada scelto tra i dirigenti pubblici e non tra esterni come in passato, fa auspicare che Vasaturo possa restare alla guida dell’Arpac permettendo così il prosieguo del suo rilancio. I VERTICI DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA A NAPOLI Tra proteste annunciate e slogan anti austerità Domenico Matania Lo scorso 2 ottobre si è svolto a Napoli il vertice della BCE, la Banca Centrale Europea. Ottima vetrina per la città che si è preparata ad accogliere autorità provenienti da tutta Europa, per la prima riunione mensile, per discutere delle più spinose questioni economiche e monetarie. Ad ospitare il summit è stato il Parco di Capodimonte con la sua Reggia, che per l’occasione è stata chiusa al pubblico, per consentire tutti i preparativi del caso. Fin dalla prima mattinata la città si è predisposta per mettere in moto la macchina organizzativa, a partire dal piano di traffico speciale per evitare ingorghi nei pressi di Capodimonte. Una nota curiosa che non è passata inosservata ha riguardato le condizioni di sicurezza dell’edificio borbonico all’interno del Parco. Fino a due giorni prima del summit, nella zona circostante la struttura, erano presenti avvisi (poi misteriosamente spariti) che ammonivano sulle precarie condizioni architettoniche dell’edificio: “Attenzione caduta materiali” e “Stare lontani a breve saranno eseguiti i lavori”. Le ipotesi sono due: i car- telli sono stati nascosti per l’occasione o in due giorni è stato messo in sicurezza lo stabile (magari!). Stabilità edilizia a parte non sono mancate le manifestazioni contro i vertici della Banca Centrale Europea. Nonostante siano stati gli scontri a fare più notizia, la maggior parte dei manifestanti ha contestato in maniera del tutto pacifica. Presenti ad aprire il corteo volti coperti dalle maschere di Pulcinella. Tra gli slogan gridati a gran voce: "Più case per tutti ma i banchieri nelle cantine", "Block Bce perchè la spesa dei governi la decidiamo noi". "No Bce, no austerità, case e reddito per tutti". Secondo una stima di massima erano presenti quattro mila manifestanti tra disoccupati, studenti o semplici cittadini. Sul capitolo scontri, alcuni dei manifestanti si sono posizionati a pochi passi dal Parco di Capodimonte ed a volto coperto hanno cominciato a lanciare bottiglie e pietre; la polizia in assetto antisommossa ha risposto con idranti e lacrimogeni. Il vertice si è svolto ad ogni modo nella più completa regolarità. Nella cena di gala che ha preceduto il giorno dell’incontro, il presidente della Bce Mario Draghi ha chiamato in causa la mitologia greca, paragonando le difficoltà economiche attuali alle "fatiche" di Ercole (la cena si teneva nella Sala di Ercole del Palazzo Reale). "Come quando lottava contro l'idra a più teste, anche a noi sembra che quando superiamo una sfida, come la crisi sui debiti pubblici, ne saltano fuori due nuove, come la bassa inflazione e la ripresa a rilento". Ceinge: il centro di ricerca per cervelli non in fuga È NAPOLETANO IL BREVETTO DEL VACCINO CONTRO L’EBOLA Giulia Martelli Ebola. Il virus ha varcato i confini africani ed ha purtroppo raggiunto il Vecchio continente. Risale infatti a qualche giorno fa la scoperta del primo caso accertato di contaminazione in Europa: vittima, un’infermiera madrilena contagiata da un missionario che aveva contratto la malattia in Sierra Leone. I livelli di allerta si sono dunque alzati anche nel nostro Paese e mentre i quotidiani “strillano” l’allarme, altre notizie, in maniera quasi inspiegabile “camminano sottovoce”. Ortaggi contaminati, pizza cancerogena (?), roghi e tumori riempiono le prime pagine di tutte le testate e, fermo restando la condivisibile volontà di mettere in guardia cittadini e consumatori, ci sarebbe da chiedersi in quanti sanno, invece, che sono nate e si sono svolte proprio in Campania, a Napoli, nei laboratori del Ceinge (Centro di Ingegneria Genetica), le ricerche della italiana Okairos che ha sviluppato il brevetto per il vaccino contro l'ebola. Del resto non è un caso che la prima Facoltà di Biotecnologie d’Italia sia targata “Federico II”, così come non è un caso che la Campania sia oggi tra le regioni più ricche di strutture di ricerca specializzate in genetica. Il CEINGE - Biotecnologie Avanzate è una società consortile senza scopo di lucro costituita nel 1983 e che ha tra i suoi soci la Regione Campania (attraverso l'Ente Funzionale per l'Innovazione e lo Sviluppo Regionale - E.F.I. S.p.A.), l'Università degli Studi di Napoli Federico II, la Provincia di Napoli, la Camera di Commercio, Indu- stria ed Artigianato di Napoli, ed il Comune di Napoli. In particolare la Regione Campania costituisce il socio di maggioranza detenendo il 60% del capitale sociale, attraverso l'E.F.I. S.p.A. che fa capo all'Assessorato Attività Produttive. La Okairos, invece, è stata acquisita lo scorso anno per 250 milioni di euro dalla multinazionale GlaxoSmithKline (Gsk). La notizia da evidenziare è che entro dicembre verranno consegnate circa diecimila dosi di vaccino all'Organizzazione Mondiale per la Sanità (Oms) mentre si sta trattando per la fornitura, nel 2015, di un milione di dosi del vaccino che, al momento, appare l'unico disponibile. "Il Ceinge, che quest'anno festeggia i 30 anni dalla sua na- scita – ha spiegato Franco Salvatore, da circa trent’anni anima del Centro - è un grande esempio di sviluppo economico e strutturale di un centro di ricerca. Nato come piccolo laboratorio universitario è oggi un centro di eccellenza di fama internazionale con oltre 20 gruppi di ricerca, 250 studiosi e un incubatore di imprese". Sfamare il mondo. Alimentazione, agricoltura e ambiente XI Forum Internazionale dell’informazione per la salvaguardia della natura Fabiana Liguori Non immaginavo che dalla terrazza dell’Università Suor Orsola Benincasa, Napoli fosse così…vicina, racchiusa in un estasiante fermo immagine. Basterebbe un click, per raccontarla al mondo intero. Proprio così com’è: immediata, “silenziosa”, scompigliata. Una donna fantastica, piena di sfaccettature, geometrie e colori. Appena arrivata, davanti a tanta bellezza, sapevo già che sarebbe stata una fantastica avventura e così è stato. Nell’accogliente Aula Magna dell’ Università si è svolto l’XI Forum Internazionale dell’Informazione per la Salvaguardia della Natura organizzato dall'associazione Greenaccord Onlus in collaborazione con l'Assessorato all'Ambiente del Comune. Si è trattato di un interessantissimo incontro di scienziati, istituzioni e giornalisti di tutto il mondo per discutere della situazione del mercato agricolo mondiale, dei modelli di sviluppo, del ruolo dei produttori e distributori, ma anche di alcuni problemi che attanagliano il Pianeta, come la malnutrizione e la fame. I vari relatori che si sono avvicendati sul palco, infatti, hanno illustrato la “fotografia” delle coltivazioni agricole, i dati più aggiornati sulla denutrizione e gli obiettivi di riduzione della fame, dimostrando, numeri alla mano, i vantaggi degli investimenti a tutela degli ecosistemi e delle produzioni agricole di qualità. Uno dei primi interventi è stato quello di Ren Wang, vicedirettore Dip. Agricoltura della FAO, che ha fornito importanti spunti. La prevalenza della malnutrizione a livello mondiale è scesa a circa l’11% dal 19 % di 20 anni fa, e dal 23 % al 14 % nei paesi in via di sviluppo. Tuttavia, circa 805 milioni di persone rimangono denutrite, rispetto a 1 miliardi nei primi anni 1990. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, inoltre, la popolazione mondiale aumenterà raggiungendo entro il 2050 i 9,15 miliardi. La FAO stima che la domanda alimentare, quindi, crescerà di almeno il 60%. Secondo quanto detto da Wang, però, il mondo, con tutte le sue risorse, è di certo in grado di produrre la necessaria quantità di cibo per soddisfare il fabbisogno collettivo, se solo la produzione fosse fatta in modo più sostenibile e scrupoloso. Il degrado, i cambiamenti climatici, l’uso sconsiderato del suolo, delle acque e della biodiversità sono il grave problema dell’umanità. Dello stesso avviso, il professor Stefano Padulosi, ricercatore del Bioversity International, secondo il quale gli agricoltori potrebbero senza saperlo contare su una grande diversità di colture, alberi e specie vegetali selvatiche, animali e acquatiche, soprattutto per migliorare l’apporto nutritivo e i mezzi di sussistenza, in particolare nelle zone meno stabili dal punto di vista climatico e socio-economico. Oggi, infatti, la sicurezza alimentare globale dipende solo da un manciata di colture e varietà: riso, frumento, mais, forniscono più del 50% delle calorie di origine vegetale del mondo (su circa 7000 specie presenti sul Pianeta). I due principali punti negativi per la produzione agricola, invece, sono: l’urbanizzazione e i cambiamenti climatici. Per quanto riguarda la prima, le previsioni sono molto poco confortanti: secondo le stime, circa 5 miliardi di persone si trasferiranno in città entro il 2030, il 60 per cento della popolazione mondiale. Con tutte le conseguenze del caso: aumento della domanda alimentare, dell’inquinamento cittadino, dello spreco energetico e della contemporanea diminuzione di terre e produzioni coltivate. Oggi, l'80% di tutte le aziende agricole sono piccole aziende. Sono molto produttive, investono in quello che fanno e creano posti di lavoro. Circa il 63% di tutti prodotti agricoli in Europa, ad esempio, proviene da aziende a conduzione familiare. Tendono, per definizione, ad essere tramandate di generazione in generazione, con tutto il loro bagaglio di tradizioni e valori. Da qui la necessità di tutelare queste persone, questi habitat, queste produzioni necessarie alla sopravvivenza del Pianeta. Per quanto attiene i cambiamenti climatici, la maggiore frequenza e intensità di alcuni eventi estremi (siccità, inondazioni, temperature estreme e così via), così come le alterazioni dei tempi e della distribuzione delle precipitazioni nell’ultimo decennio hanno creato non pochi danni alle produzioni agricole e potrebbero avere man mano un impatto sproporzionato sulle popolazioni più vulnerabili, ad agricoltura-dipendenti e dei paesi in via di sviluppo. È importante attuare pratiche agricole che rafforzino la resilienza e l’adattamento a condizioni meteorologiche diverse, in particolare per i piccoli agricoltori. Se da un lato del mondo, un tassello dolente è senz’altro lo spreco di cibo (1,3 miliardi di tonnellate di cibo è sprecato nel mondo ogni anno, circa un terzo della produzione mondiale annua), dall’altro è quello della fame: la dottoressa Adriana Opromolla, Responsabile Advocacy Caritas Internationalis, durante il suo intervento, ha segnalato con forza quali sono i fattori che incidono negativamente su questa terribile piaga: mancanza di sistemi alimentari equi e sostenibili, carenza d’impegno da parte delle istituzioni, deboli sistemi di monitoraggio sui fattori che determinano la malnutrizione, impoverimento dei piccoli produttori alimentari, e degrado ambientale. La vera grande causa del grande divario che esiste tra ricchi e poveri, sazi ed affamati, però, non è tanto l’impossibilità di produrre abbastanza cibo per tutti ma quella di “concedere” l’accesso al cibo a tutti, la distribuzione equa dei prodotti alimentari. Bisogna che i Governi diano mezzi e supporti socio economici ai vari Paesi, alle singole famiglie, affinchè tutti siano in grado di essere autosufficienti, producendo o acquistando il cibo necessario al proprio sosten- tamento. C’è un diritto alla nutrizione che va regolamentato. Ma, come sempre, la domanda è una sola: “Chi è che decide a favore dei poveri?” La cosa che ha reso la kermesse molto piacevole e stimolante, a parte i sostanziosi interventi dei relatori (tra i quali anche Gary Gardner, Alison G. Power, Cinzia Scaffidi) è stata quella di poter ascoltare la voce di tanti colleghi, provenienti da ogni parte del mondo, che hanno posto interrogativi e raccontato esperienze e difficoltà vissute nelle loro realtà locali. Ognuno, infatti, ha avuto la possibilità di informarsi e confrontarsi su temi di vitale importanza per il Pianeta: un modo sano e costruttivo per ricominciare a pensare come un’unica e grande famiglia. In Amazzonia è in aumento la deforestazione Rosario Maisto Non c’è tregua per la foresta Amazzonica,dopo anni in cui sembrava esserci una riduzione della deforestazione, quest’anno, così come l’anno scorso, il taglio dei grandi alberi ha ripreso quota. Alla fine di luglio il disboscamento è cresciuto del 29% rispetto all’anno precedente e solo un dell’agricoltura, il mercato del legname di qualità, gli interessi nelle società petrolifere, la richiesta di nuove strade e dighe stanno facendo risalire la quota di foresta persa. Per quanto siano alti gli interessi nella regione, affinché si possa disboscare senza interferenze esterne, si commettono anche gravi crimini,e questo lo sottolinea l’assassi- maniera incontrollata violando le leggi, tra le cause principali della distruzione delle foreste. Infatti il legno illegale può essere anche “conflicttimber” (legno di guerra), ossia proveniente da operazioni legate a conflitti armati alimentati o finanziati con lo sfruttamento delle foreste e il commercio di legname, oppure nel caso di Nelle Filippine parte il rimboschimento flash Anna Paparo anno fa eravamo al 28% in più rispetto all’anno prima.I satelliti mostrano che circa 6.000 kmq di foresta, quasi due volte la superficie della Valle d’Aosta, sono stati ripuliti negli ultimi 12 mesi. La deforestazione ha colpito gli stati di Para e Mato Grosso, dove si sta verificando una crescita senza paragoni dell’agricoltura. La deforestazione aveva toccato il suo massimo nel 2004 quando vennero rasi al suolo circa 30.000 kmq di foresta, ossia un decimo della superficie dell’Italia. Da quell’anno, una forte pressione internazionale fece prendere al governo brasiliano una serie di provvedimenti per frenare lo scempio che ebbero effetto negli anni a seguire. Ma ora l’espansione nio avvenuto in questi giorni, di quattro attivisti peruviani che lottavano contro il disboscamento e che erano partiti dalla loro comunità di Saweto, in Perù, per incontrarsi con i capi indigeni che in Brasile lottano per la stessa causa. L'opinione condivisa è che la loro fine sia stata decisa per rallentare le pressione delle popolazioni indigene che lottano per salvare le loro foreste. Anche l’Italia fa la sua parte, infatti ha recepito la disciplina europea e il Consiglio dei ministri ha approvato definitivamente il decreto legislativo del ministero delle Politiche agricole sul divieto di importazione di legno tagliato illegalmente. Non entreranno più nel nostro Paese tronchi prelevati e commercializzati in conflitti emersi per il controllo di questa risorsa. Per questo motivo si è deciso che oltre ad avvalersi del Corpo forestale dello Stato per la sua alta professionalità,rendendo più efficaci i controlli e trasparenti i passaggi commerciali creando un registro degli operatori e fissando delle dure sanzioni penali e amministrative,ci sarà anche la collaborazione del Mipaaf con il Ministero dell'Ambiente della tutela del territorio e del mare, dove verrà istituito un organo di consultazione permanente, la Flegt (Forest Law Enforcement, GovernanceTrade) e TimberRegulation. Sperando di arginare così un fenomeno che impatta negativamente sull’ambiente e sulla nostra economia. Record mondiale battuto per le Filippine. Si è riusciti nell’ardua impresa. In pratica, sono stati piantati circa 3,2 milioni di alberi nell’arco di una sola ora, rientrando nell'ambito di un piano di rimboschimento generale che coinvolge l’intero territorio. Ci troviamo di fronte ad una vera e propria impresa colossale, senza eguali, da annoverare nel libro dei Guinness dei primati. Battuta l’India che è riuscita a piantare circa due milioni di alberi il 15 agosto del lontano 2011, il mega-rimboschimento “flash” filippino è stato compiuto in sei regioni dell'isola meridionale di Mindanao da centosessanta mila persone fra funzionari e studenti, come ha ben precisato il direttore regionale per l'Ambiente, il Dottor Marc Fragada. Inoltre, ha aggiunto che non si fermeranno qui, ma nuove cifre sono in arrivo, che potrebbero modificare leggermente il numero ufficiale del dossier che verrà poi inviato alla commissione dell Guinness dei primati per poter essere riconosciuta come impresa da record. I protagonisti sono gli alberi. In particolare ad essere impiantati sono stati alberi di cacao, caffè e gomma, che sono stati scelti con la speranza che gli abitanti li possano curare per farli diventare parte dei loro proventi. L'obiettivo originario era quello di arrivare a piantare 4,6 milioni di esemplari di alberi, cifra che al momento non è stato ancora raggiunta, ma sicuramente verrà tagliato questo traguardo visto l’impegno e la caparbietà delle istituzioni delle Filippine. Purtroppo è cosa risaputa che l'arcipelago filippino ha perso la maggior parte delle proprie foreste a causa dello sviluppo economico, degli abbattimenti e dell’agricoltura e questo rimboschimento ha rappresentato e rappresenta una vera e propria ancora di salvezza. Il podio è tutto per le Filippine, che hanno dimostrato presa di coscienza dei problemi legati al progresso economico, che sotto certi aspetti non sempre porta una ventata di positività, anzi danneggia la natura senza che nessuno guardi o se ne interessi. Il prendere atto di questa situazione catastrofica fa delle Filippine un esempio da emulare, cercando di migliorare le condizioni di salute legate alla natura, che continuamente chiede aiuto inviando messaggi e segnali che non sempre sono colti dall’uomo che preferisce fare orecchie da mercante. L’uomo è sordo, è miope di fronte ai problemi legati all’ambiente, senza comprenderne la gravità e l’importanza vitale per la nostra Madre Natura ma soprattutto per lui stesso. Inquinamento acustico, un problema trascurato È una fonte di stress ben nota alle persone, ed è oggetto di norme dettagliate Anna Gaudioso Un' eccessiva esposizione ad elevata intensità di suoni e rumori determina l’inquinamento acustico. Oggigiorno se ne parla tanto, probabilmente perché, come riporta una proposta di direttiva europea del 2000, una percentuale di popolazione dell’Ue pari almeno al 25% ha sperimentato un peggioramento della qualità della vita a causa dell’annoyance (sensazione di disturbo e fastidio genericamente intesa) e una percentuale compresa fra il 5 ed il 15% soffre di seri disturbi del sonno dovuti al rumore. Dunque potrebbe essere questa la causa della diffusione dell’attuale attenzione verso l’inquinamento atmosferico. Il rumore è costituito dall'insieme dei suoni che possono risultare indesiderati se di intensità eccessiva, fastidiosi, e creare problemi e disagio alla concentrazione delle persone esposte. Questo può avvenire sia nelle città che in ambienti naturali. Il rumore si misura in Decibel. Il Decibel è una convenzione, un’unità di misura relativa e non assoluta. Se 0dB è la soglia teorica di udibilità umana, più salgono i Decibel più si registra una sensazione di fastidio fino a raggiungere una sensazione di dolore. L'inquinamento acustico può causare nel tempo problemi psicologici, di pressione e di stress alle persone che ne sono continuamente sottoposte. Tra le fonti dell'inquinamento acustico ci sono sicuramente le fabbriche,, l’aeroporto,le autostrade il traffico veicolare, ferroviario e portuale,attività industriali,discoteche,e locali musicali. L´inquinamento acustico è definito dalla Legge 447 del 26/10/1995 come «l´introduzione di rumore nell´ambiente abitativo o nell´ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell´ambiente abitativo o dell´ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi». Oltre alla legge sopra indicata a regolare l’inquinamento acu- stico c’è anche il DPCM del 14 novembre del 1997 relativa alla Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore; il decreto del ministero dell’Ambiente del 16 marzo 1998 sulle Tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico il D.Leg.n.194 del 19 agosto 2005 relativo alla Attuazione della direttiva 2002/49/CE per la determinazione e alla gestione del rumore ambientale; L'inquinamento acustico si è svilup- pato nelle zone urbane ed è ora una delle problematiche che più preoccupano i cittadini. Si stima che circa il 20% della popolazione dell'Europa occidentale (ovvero 80 milioni di persone) subisca livelli di inquinamento acustico considerati inaccettabili dagli esperti. Le conseguenze dell'esposizione al rumore possono variare da un individuo all'altro; tuttavia in una relazione dell'Oms del 1996 sul rumore, l'ambiente e la salute si dà particolare risalto ad effetti quali i disturbi del sonno, danni uditivi o fisiologici. Solitamente il rumore viene definito semplicemente come un suono non gradito, non desiderato o come una «sensazione uditiva sgradevole e fastidiosa o intollerabile». Al riguardo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce il rumore come «suono non gradito». La definizione del sonoro non è espressa come concetto di sonoro assoluto altrimenti si passerebbe dal suono al rumore. Le condizioni perché possa sussistere un problema di esposizione al rumore sono dunque la percettibilità di un suono, il giudizio che se ne fa il soggetto percepente e la reazione che tale suono provoca. La “politica estera” delle Arpa. Gli enti ambientali fanno da tutor per programmi di organismi stranieri Patto tra l’agenzia emiliana e la città di Pechino Luigi Mosca Segnaliamo alcune iniziative di carattere internazionale comunicate dalle agenzie ambientali italiani nelle ultime settimane. A inizio settembre a Bologna è stato siglato un accordo tra Arpa Emilia Romagna e Comune di Pechino: oggetto dell'intesa sono i sistemi di monitoraggio della qualità dell'aria. Come sappiamo la affollata capitale della Repubblica popolare è, da questo punto di vista, una delle città più problematiche al mondo, per la frequente presenza di una densa coltre di smog causata innanzitutto dal traffico soffocante e dalle industrie. Le autorità cinesi sono consa- pevoli del problema, tanto che la sola amministrazione comunale di Pechino dispone di un fondo equivalente a circa quattrocento milioni di euro, da spendere ogni anno per programmi di protezione dell'ambiente. La capitale d'altronde è dotata di una sua autorità municipale di protezione ambientale, che in soli sei mesi, da marzo ad agosto di quest'anno, ha multato ben 615 aziende, per un totale di circa un milione e mezzo di euro in contravvenzioni elevate per illeciti ambientali, così come riporta una nota diffusa a settembre dal comune di Pechino. Dunque, da diversi anni, le autorità di questa grande metropoli si propongono di tutelare i suoi cittadini dalla cattiva qualità dell'aria. Non solo con la repressione, ma anche con programmi di monitoraggio. In questo senso, la collaborazione con l'Italia è storica. Nel 2011 quindici tecnici dell'amministrazione comunale sono stati inviati nel nostro Paese per un corso di formazione sulla gestione del monitoraggio ambientale, nell'ambito del quale gli ospiti cinesi hanno visitato sedi del Cnr, dell'Arpa Lazio, dell'Arpa Emilia Romagna e dell'Arpa Veneto. A settembre, come abbiamo detto, è stato siglato un accordo di collaborazione triennale con l'agenzia emiliana: l'accordo prevede che l'Arpa fornisca ai colleghi cinesi il proprio modello di monitoraggio e di previsione della qualità dell'aria. Come spiega l'agenzia emiliana sul suo sito web, verranno organizzati inoltre seminari e incontri con il coinvolgimento delle due parti. Stefano Tibaldi, direttore generale Arpa Emilia Romagna, ha sottolineato che collaborare al monitoraggio della qualità dell'aria nella ca- pitale cinese va considerato un «grande onore». Salendo un po' più a nord, si segnala un'iniziativa ospitata dall'Arpa Lombardia nella sua sede di Milano. Negli uffici della direzione generale, situati nello storico grattacielo Pirelli, sono giunti a metà settembre i tecnici polacchi della Direzione generale per la protezione ambientale, la struttura che a tutti gli effetti va considerata come l'agenzia ambientale governativa della Polonia. Anche in questo caso, oggetto del confronto sono i sistemi di monitoraggio della qualità dell'aria. All'incontro hanno preso parte anche Amat (l'azienda milanese di mobilità), il Joint Research Centre europeo e Finlombarda. Vivremo un inverno eccezionalmente freddo? Vantaggi e limiti delle previsioni stagionali Gennaro Loffredo Circolano sempre con più insistenza gli annunci di un inverno eccezionalmente freddo su tutta la nostra penisola. Il caldo fuori stagione, le spiagge ancora affollate e le piogge torrenziali in Liguria (come la recente alluvione a Genova) farebbero presagire una tropicalizzazione del clima Mediterraneo improntato a temperature sempre più alte e precipitazioni abbondanti. Le ondate di gelo e neve, invece, secondo le ultime elaborazioni dei modelli di previsione stagionale, colpirebbero a ripetizione molte regioni, soprattutto durante il mese di gennaio 2015. Responsabile di tutto ciò sarebbe un’invasione di aria molto fredda di origine siberiana. Su alcuni principali quotidiani online da qualche mese vengono redatti articoli riguardanti le previsioni del prossimo inverno. Praticamente con 4-5 mesi di anticipo sono riusciti a prevedere particolari schemi di configurazioni bariche sull’Europa, talmente difficili da realizzarsi che ancora oggi, con i più sofisticati modelli numerici di previsione, non è possibile ipotizzare nemmeno a 7-10 ARPA CAMPANIA AMBIENTE del 15 ottobre 2014 - Anno X, N.19 Edizione chiusa dalla redazione il 15 ottobre 2014 DIRETTORE EDITORIALE Pietro Vasaturo DIRETTORE RESPONSABILE Pietro Funaro CAPOREDATTORI Salvatore Lanza, Fabiana Liguori, Giulia Martelli IN REDAZIONE Cristina Abbrunzo, Anna Gaudioso, Luigi Mosca, Andrea Tafuro GRAFICA E IMPAGINAZIONE Savino Cuomo HANNO COLLABORATO I. Buonfanti, F. Clemente, P. D’Auria, F. Cuoco, G. De Crescenzo, A. Esposito, E. Ferrara, R. Funaro, G. Loffredo, R. Maisto, D. Matania, B. Mercadante, A. Morlando, A. Palumbo, S. Patrizio, A. Paparo, F. Schiattarella SEGRETARIA AMMINISTRATIVA Carla Gavini DIRETTORE AMMINISTRATIVO Pietro Vasaturo EDITORE Arpa Campania Via Vicinale Santa Maria del Pianto Centro Polifunzionale Torre 1 80143 Napoli REDAZIONE Via Vicinale Santa Maria del Pianto Centro Polifunzionale Torre 1- 80143 Napoli Phone: 081.23.26.405/427/451 Fax: 081. 23.26.481 e-mail: [email protected] Iscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Napoli n.07 del 2 febbraio 2005 distribuzione gratuita. L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiederne la rettifica o la cancellazione scrivendo a: ArpaCampania Ambiente,Via Vicinale Santa Maria del Pianto, Centro Polifunzionale, Torre 7-80143 Napoli. Informativa Legge 675/96 tutela dei dati personali. giorni di distanza. Ma quello che stupisce di più è il modo con il quale vengono fatti questi annunci. Innanzitutto con titoli sensazionalistici ed a effetto che fanno sembrare non una previsione o una proiezione, bensì una cosa certa. Le previsioni stagionali sono studi seri e sono ancora allo stato sperimentale. Sono in grado di tracciare solo una linea di tendenza molto approssimativa riguardante macro-aree geografiche e non certamente singole nazioni. Invece queste previsioni che circolano sui giornali riguardano, manco a farla apposta, proprio l’Italia, una delle nazioni europee dove anche la previsioni a pochi giorni sono molto complesse da elaborare a causa della posizione geografica, dell’orografia del territorio e soprattutto della sua estensione in senso meridiano. Affinché il gelo e il freddo di origine siberiana giungano sull’Italia, così come prospettano questi ”scienziati”, occorre un particolare schema barico sull’Europa costituito da tanti tasselli ben incastrati: innanzitutto, un anticiclone delle Azzorre che tende a rafforzarsi in Atlantico e a spingersi verso nord-est; poi occorre che sull’est Europa sia presente un serbatoio di aria gelida o un nocciolo di aria molto fredda giunto dalla Siberia; e infine questo nocciolo freddo deve dirigersi proprio verso il Mediterraneo ed entrare sull’Italia dalla porta della bora (Golfo di Trieste). Con questa configurazione il freddo e la neve sarebbero garantiti sul versante adriatico. Il problema è la neve annunciata su Roma e Napoli. Qui le cose si complicano ulteriormente poiché occorrerebbe l’inserimento di aria più tiepida ed umida dal basso Mediterraneo, il quale favorirebbe (come diceva il ben noto Edmondo Bernacca) un incontroscontro tra l’aria caldo umida e quella molto fredda dalla Siberia dove si andrebbe a generare un centro di bassa pressione sul Tirreno centro-meridionale. Insomma chi prevede una simile configurazione sin da ora con simili incastri è un ciarlatano della meteorologia e i giornali che pubblicano queste notizie fanno parte della meteo-spazzatura. Con questo non intendo dire che il prossimo inverno non sarà freddo o nevoso. Dico semplicemente che su basi scientifiche, simili proiezioni non si possono fare. Occorre aspettare e procedere passo dopo passo per cercare di capire, a grandi linee, quali potrebbe essere le reali intenzioni del prossimo inverno sull’Italia. Raccontiamo il meteo La prima stazione di monitoraggio della fauna A Castel Volturno, l’Oasi dei Variconi, esempio di conservazione della biodiversità Ilaria Buonfanti “Un altro obiettivo raggiunto, un altro importante traguardo per l’Ente che presiedo!”. Queste le parole del dott. Alessio Usai, Presidente dell’Ente Riserve “Foce Volturno-Costa di Licola” e “Lago di Falciano”, parole piene di soddisfazione e di speranza. Il 4 settembre scorso è stata istituita la Stazione di Monitoraggio della Fauna all’interno dell’Oasi dei Variconi, in seguito ad un Accordo di Programma tra l’Ente Riserve e l’IGF (Istituto di Gestione della Fauna). L’Oasi dei Variconi è inserita nell’ambito della Rete Natura 2000, sia come sito comunitario (SIC), sia come Zona di Protezione Speciale (ZPS), sia come Zona Umida Ramsar, e rappresenta un luogo ricco di biodiversità. La Stazione di Monitoraggio, che sarà permanente, è la prima in Campania e consentirà una costante osservazione delle specie del territorio e dello stato di conservazione degli habitat, favorendo la conoscenza delle dinamiche naturalistiche all’interno dell’area di interesse. Dal 2011, da quando il dott. Usai ha accettato la presidenza, è stato svolto un impor- tantissimo e costante progetto di inanellamento che ha coinvolto tecnici del settore, veterinari, naturalisti, volontari e semplici appassionati. 92 sono state le specie inanellate fino ad oggi e 2400 individui circa sono stati misurati, pesati e naturalmente inanellati. Il progetto vanta anche alcuni primati, ad esempio la prima cattura in Campania del Pigliamosche pettirosso, appartenente all’ordine dei Passeriformi. La presenza di una Stazione di Monitoraggio permanente consentirà un maggiore controllo del territorio su tutti i fronti e fornirà importanti dati per lo studio della fauna campana. Gli obiettivi prefissi per il 2015 sono: una checklist completa delle libellule presenti nell’Oasi ed una catalogazione degli anfibi e dei rettili. Inoltre è importante studiare e controllare le specie invasive che purtroppo potrebbero danneggiare più o meno seriamente le altre specie ed il loro habitat. La nutria è una specie invasiva di vecchia conoscenza nell’Oasied il problema sta nel suo impatto sugli ecosistemi che frequenta: le sue tane provocano l’indebolimento degli argini e, alimentandosi della vegetazione palustre, causa la scomparsa di alcune specie vegetali. Inoltre questa specie è responsabile della distruzione dei nidi e della predazione di uova e di pulli di uccelli che nidificano a terra (Germano reale,Cavaliere d’Italia, Folaga etc). Nelle nostre zone non ha antagonisti naturali, a differenza di quanto avviene nei paesi d’origine, dove i caimani rappresentano i principali predatori. Un’altra specie invasiva altrettanto pericolosa è la tartaruga dalle orecchie rosse, inserita nell’elenco delle 100 specie esotiche invasive più dannose al mondo. Non ci sono fondi al momento per la Stazione di Monitoraggio, il lavoro viene svolto esclusivamente dai volontari nella speranza che in un prossimo futuro quest’area possa portare lavoro a coloro che si occupano di natura e ambiente. “Finalmente un parco che fa il Parco!” conclude il Presidente Usai,“Un parco che rispetta le leggi della natura, un parco che accoglie i visitatori, che viene costantemente vigilato, che insegna alle scolaresche, un parco che racconta la speranza. Un parco in cui le specie animali e vegetali vengono realmente protette e ora, grazie alla Stazione di Monitoraggio, verranno ulteriormente controllate e catalogate, rendendo quest’Oasi un vero e proprio Osservatorio della Biodiversità!”. Il veliero Tara ha fatto tappa a Napoli A caccia di microplastiche nelle acque del golfo partenopeo Un viaggio lungo sette mesi, da maggio a novembre 2014: 22 fermate, 11 paesi e un’unica sosta in Italia. È arrivata a Napoli giovedì scorso presso il Molo San Vincenzo la goletta Tara, protagonista di Tara Méditerranée, una grande esplorazione scientifica per quantificare la presenza delle microplastiche nel Mediterraneo e i conseguenti effetti sull’ambiente, sulla biodiversità e sulla salute dell’uomo. Lungo 37 metri, largo 10 e pesante 130 mila tonnellate il Tara è ormai soprannominato il "plancoton hunter", il "cacciatore di plancton". E' uno splendido esemplare di veliero bialbero, con lo scafo interamente in alluminio (per resistere alla forte pressione esercitata dalla banchisa del- l'Artide e Antartide) che ha sostato nelle acque del capoluogo partenopeo per un soggiorno di carattere sia scientifico, con ricerche e prelievi di campioni di microplastica nello specchio del golfo, che di divulgazione, attraverso un fitto programma di incontri, inseriti nel calendario di appuntamenti per il Forum Universale delle Culture e che si concluderà con la proiezione in anteprima (venerdì 31 ottobre Città della Scienza – ingresso libero ) di un film sulla tappa napoletana di Tara e il lavoro dei ricercatori della Anton Dohrn. Questi ultimi, infatti, hanno partecipato in prima persona alla spedizione, in particolare: Daniele Iudicone (il cui compito è identificare il ruolo delle correnti marine nel determinare la diversità planctonica), Maria Grazia Mazzocchi (studiosa del plancton che vive insieme ai frammenti di microplastica), Gabriele Procaccini (esperto di diversità molecolare degli organismi marini) e Adriana Zigone (che rileva al microscopio la biodiversità del fitoplancton raccolto da Tara). Duecentocinquanta miliardi di frammenti. Soltanto nel Mediterraneo. È il numero dei detriti di plastica che, si stima, siano sparsi nel nostro mare, c'è chi definisce la loro diffusione capillare come "microinquinamento": quei piccoli frammenti parcellizzati, lunghi tra gli 0.3 e i 20 millimetri, impiegano circa trecento anni a decomporsi, costituiscono un mostro ambientale, invisibile ai nostri occhi, che si insinua in tutte le forme di vita che abitano il mare, microplancton incluso, minandone il delicato ecosistema. Mission di Tara è quindi quella di valutare l’impatto di questo fenomeno e capire come impostare eventuali politiche per risolvere questo tipo di inquinamento. G.M. Stop ai crimini di natura. Da che parte stai? Al via la campagna WWF contro il bracconaggio Alessia Esposito Il bracconaggio non uccide solo gli animali e la biodiversità, ma anche l'uomo a causa di un mix innescato fatto di violenze, guerre, terrorismo e malattie. Lo sottolinea il WWF lanciando la campagna "Stop ai crimini di natura - Da che parte stai?", promossa in collaborazione con Traffic. Molte le specie rischiano l'estinzione per colpa dei comportamenti scellerati dell'uomo: elefanti, rinoceronti, tigri, oranghi, uccelli migratori, lupi e orsi e cetacei. Ecco alcuni numeri da brivido: 22- 25mila elefanti uccisi nel 2013, ovvero circa 70 al giorno, in Sudafrica dai 13 rinoceronti uccisi nel 2007 si è passati ai 1.004 del 2013. Oltre 1.400 gli esemplari di tigre uccisi dal 2000 al 2012, circa due a settimana. Il bracconaggio insieme alla deforestazione e alla pesca illegale è un business da 213 miliardi di dollari, che alimenta il traffico di droga e di armi, il terrorismo e le guerre che affliggono Asia, Africa e non solo. Si tratta, come si legge sul sito del WWF, di veri “crimini di Natura: sanguinose rapine che sottraggono al nostro Pianeta enormi risorse economiche su cui fondare un futuro migliore.” Per sostenere la campagna e informarsi si può chiamare al numero verde 800.990099 o andare sul sito web dedicato all'iniziativa www.wwf/criminidinatura e sottoscrivere la petizione "Sanzioni più severe contro chi uccide specie selvatiche". L'obiettivo ultimo della campagna è supportare l'azione di ranger, guardie e volontari del Wwf di tutto il mondo dotandole di strumenti di ultima tecnologia per combattere più facilmente i bracconieri. Oltre che, ovviamente, un modo per sensibilizzare l'opinione pubblica nei confronti dei pericoli che vengono dai trafficanti illegali. Dichiara a questo proposito Donatella Bianchi, presidente del Wwf Italia: "Siamo tutti connessi, l'umanità, le specie animali, gli habitat, tutto è legato in una grande rete della vita che viene strappata ogni giorno, ogni minuto in ogni angolo del pianeta. Il mercato il- ORIGINI E CAUSE DELLE ERUZIONI DI FANGO legale di natura è un circolo vizioso che si alimenta grazie al valore sempre più alto delle specie che via via si estinguono. Alla base di tutto c'è sempre un atto criminale dei bracconieri e una domanda di prodotti illegali da parte di paesi e consumatori. Contro la nuova piaga del millennio l'Italia deve dare un segnale forte combattendo anche in casa propria il bracconaggio e gli altri crimini di natura, con tutte le forze e con l'aiuto di tutti". Lo stesso virus dell'Ebola può essere trasmesso attraverso il commercio abusivo di animali cacciati nella foresta illegalmente e utilizzati a fin alimentari. Come ad esempio accade nel caso di gorilla e scimpanzè. Il dossier WWF "Natura con- nection" presentato insieme alla campagna approfondisce i rischi per l'uomo e per la società. Ha commentato a tal proposito Isabella Pratesi, responsabile del programma di Conservazione Internazionale del Wwf Italia: "Mettendo in scena l'uccisione di un finto rinoceronte a Milano abbiamo voluto portare sotto casa degli italiani un problema che purtroppo molti sentono ancora lontanissimo. La scena del crimine è una finzione, ma in natura è una drammatica realtà che si ripete incessantemente. Il saccheggio delle specie non solo indebolisce i sistemi naturali ma devasta quelli sociali e politici, offende il senso della vita e rende tutti infinitamente più poveri''. La notizia delle eruzione di alcuni vulcanelli di fango in Sicilia, che ha provocato anche la morte di due bambini di 7 e 10 anni, ha destato l’interesse di mezzo mondo, alla luce anche degli altri eventi simili manifestatisi negli scorsi anni in Indonesia ed in altre regioni asiatiche. Sebbene il fenomeno avesse già dei precedenti anche in Italia, come l’esplosione del 2008 nei pressi di Caltanissetta, non ha mai incuriosito l’opinione pubblica come accaduto per l’eruzione di un mese fa, probabilmente per la mancanza di una notizia di cronaca nera ad esso collegata. Di sicuro, l’argomento è molto interessante e merita un approfondimento, a prescindere dalle conseguenze che può provocare. I vulcani di fango, in realtà, sono collinette, che, a causa della risalita di acqua e gas sotto pressione, eruttano periodicamente argilla, resa molle dalla stessa acqua e da sostanze saline ed è accompagnata spesso da gas metano ed idrocarburi. In Italia ne esistono due tipologie: la maccaluba, protagonista delle eruzioni degli ultimi anni in Sicilia, e la salinella. Sebbene la manifestazione del fenomeno sia analoga per entrambe le forme, le stesse differiscono per l’origine: mentre la prima, infatti, è frutto di un fenomeno geologico chiamato vulcanesimo sedimentario, consistente nella presenza di terreni argillosi e livelli di acqua salmastra che sovrastano bolle di gas metano sotto pressione, la seconda, secondo gli studi effettuati, è costituita da lave bollose ricche di pirite. Nonostante la massiccia presenza in Italia di aree di fango soggette ad eruzioni, purtroppo, il fenomeno è poco studiato, tanto che l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vucalnologia (Ingv) ha più volte dichiarato l’impossibilità di prevederle e la necessità di monitorare le aree a rischio, così come accade per terremoti ed attività vulcaniche. Sarebbe possibile, in realtà, prevenire le eruzioni, se lo Stato concedesse più fondi per la ricerca in questo campo, come richiesto dagli scienziati dell’Ingv. F.Cu. “Biologia della resurrezione” Riportare in vita animali ormai estinti, giusto o sbagliato? La tigre di Giava, il dodo, magari anche il mammut di nuovo tutti tra noi. Potrebbe succedere grazie alla de-estinzione, una vera e propria “biologia della resurrezione”, un intero filone di ricerca che lavora per riportare in vita le specie animali ormai scomparse, spesso scomparse proprio a causa dell’uomo. Una lista bella lunga, che conta esperimenti anche molto promettenti in laboratorio, in cui però nessun esemplare è mai sopravvissuto, se non nel caso dello stambecco dei Pirenei dove il cucciolo, venuto alla luce grazie all’impiego del grembo di una madre di un’altra specie (una capra), è rimasto però in vita solo per una manciata di minuti per malformazioni respiratorie. E allora risulta spontaneo chiedersi: “E’ giusto? E quanto siamo pronti noi, come società, ad accogliere un cambiamento dall’impatto così radicale sul nostro ambiente?” La questione è estremamente complessa. Cosa manca a livello prettamente scientifico-tecnolo- gico agli scienziati per iniziare davvero a ripopolare le specie estinte? Non moltissimo a loro dire, tanto da poter affermare che su questo piano siamo, se non quasi preparati, in fase di preparazione. L’idea di base è utilizzare il dna recuperato dai resti delle specie estinte per fecondare la femmina di una specie diversa, anche se molto simile. Se i rimasugli di dna delle specie defunte non sono completi al 100% (cosa estremamente frequente in quelle estinte da molto tempo), questi vengono integrati con tratti di materiale delle specie ausiliarie. Se sul versante tecnico-scientifico il tema della de-estinzione suscita un generale entusiasmo, grosse curiosità e anche un certo ottimismo, nel campo del dibattito etico e giuridico la situazione è ben più frenata. Gli stessi scienziati invitano ad attente riflessioni sull’impatto, sia in positivo che in negativo, di questo tipo di pratiche, mettendo in guardia sulla possibilità di un’imminente svolta epocale. Ma finora con scarsi risultati, con dibattiti che hanno (ma solo di recente) infiammato le aule delle università. Forse perché in generale la possibilità che questo fenomeno possa realmente verificarsi viene ancora percepito come un’ipotesi remota e i “campanelli d’allarme” non hanno ancora davvero iniziato a suonare. I.B. Produrre energia pulita dalle nuvole Un dirigibile condensa il vapore e lo riversa in un sistema idroelettrico Fabio Schiattarella Ormai la scienza mista all’innovatività e alla creatività permette di raggiungere qualsiasi risultato. Così parlare di produzione di energia pulita dalle nuvole non è una cosa impensabile, un delirio della mente. Oggi infatti è possibile produrre energia pulita dalle nuvole grazie ad un dirigibile capace di condensare il loro vapore acqueo e riversarlo in un sistema idroelettrico che fa ormeggiare l’aerostato a terra. Stiamo parlando dell’idea di un ambizioso e preparato inventore russo di nome Andrew Kazantsev,che si è posto questo obiettivo coinvolgendo nel suo lavoro un team di esperti per mettere a punto un particolare dirigibile capace di sfruttare le idrometeore in modo tale da ottenere energia pulita da una parte e acqua potabile dall’altra. L’innovativo dirigibile, che prenderà il nome di “Air Hes” nasce dalla commistione di due differenti tipi di tecnologie. Da una parte sfrutta una tradizionale idroturbina volta alla produzione di energia pulita e dall’ altra si avvale di uno speciale dispositivo per condensare il vapore acqueo. Per produrre energia pulita, secondo il progetto del dott. Andrew Kazantsev, sarebbe sufficiente che il dirigibile, dopo essere accuratamente connesso a terra attraverso un cavo molto sottile, galleggiasse tra le nuvole, raccogliendo le particelle d’acqua e inviandole all’impianto idroelettrico localizzato alla fine del cavo. Per funzionare efficacemente l’ “Air Hes“ dovrebbe essere posizionato ad un altezza di almeno 2.100 metri da terra, in modo tale che possa raggiungere le nubi di medio livello nella troposfera. Dotata di speciali maglie studiate per condensare il vapore, dovrebbe produrre una quantità d’acqua sufficiente a produrre 185KW di energia pulita. Una volta raggiunta l’altezza necessaria, una grande vela dotata di maglie integrata insieme al dirigibile, condenserebbe il vapore acqueo delle nuvole, raccogliendo le particelle liquide e convogliandole nel tubicino sottostante, convogliando nell’idroturbina. Il prossimo passo, spiegano i progettisti, sarà quello di realizzare un sistema su scala reale e completamente funzionante del dirigibile. Nel frattempo è stata lanciata una campagna di crowdfunding su Indiegogo, il sito internazionale di crowdfunding fondato nel 2008, con l’obiettivo di raccogliere i 14.000 dollari per realizzare il primo modello. Intanto in Gran Bretagna viene presentato un prototipo di dirigibile, l’aeronave più grande del mondo. Il dirigibile è il 70% più verde di un aereo cargo. Il Tibet nuovo alleato per scoprire i segreti del clima Il Tibet da oggi sarà un valido alleato per comprendere meglio il clima. Infatti, per la prima volta nella storia, sarà monitorato l'altopiano tibetano. Con l'uso di palloni meteorologici, droni e sensori di terra si cercherà, appunto, di capire la sua influenza sul clima ed in particolare sui monsoni asiatici. Con i suoi circa quattro mila e cinquecento metri di altezza, l'altopiano tibetano ricopre un ruolo chiave nel sistema climatico mondiale, ma molti dettagli finora rimangono ancora un mistero tutto da scoprire. Perciò, da agosto, i ricercatori della China Meteorological Administration e della National Natural Science Foundation of China hanno deciso di iniziare a posizionare rilevatori di temperatura e di umidità nel suolo costruendo torri alte 32metri cariche di sensori in grado di monitorare le proprietà delle nubi. Nelle ultime settimane la squadra ha, inoltre, inco- minciato la distribuzione di sensori montati su palloni meteorologici e su velivoli senza pilota. I dati di queste ultime tecnologie dovrebbero contri- buire a determinare la misura in cui le diverse tipologie di superficie terrestre riscaldano l'aria sovrastante e come questo fenomeno potrebbe variare in risposta a diversi fattori, quali la copertura nevosa e il cambio di vegetazione, ha spiegato Wu Guoxiong, autore principale dello studio pubbli- cato su Nature. Il monitoraggio dell'altopiano è ritenuto, quindi, un passo significativo nello studio dei sistemi climatici. Il nuovo progetto cinese da ben 49milioni di dollari potrebbe aiutare, pertanto, a prevedere le diverse conseguenze di fenomeni meteorologici estremi, tra cui anche i monsoni, per i quali l'altopiano tibetano sembra svolgere un ruolo predominante. E ancora, i ricercatori hanno ben spiegato che l'altitudine dell'area in questione fa sì che riceva molta più luce solare ed immagazzini molto calore che, poi disperdendosi nella troposfera superiore, influenza la circolazione atmosferica. Tale riscaldamento intensifica i monsoni, che nascono proprio a causa di una differenza di temperatura tra la terra e gli oceani. La ricerca non si ferma e continua a compiere passi da gigante, cercando di dare una risposta ai misteri della natura. A.P. L'Europa continua a difendere le acque sotterranee Commento alla nuova direttiva n. 2014/80 Angelo Morlando A causa della sempre maggiore importanza della tutela delle acque è fondamentale commentare la direttiva 2014/80/UE della Commissione del 20 giugno 2014 che modifica l'allegato II della Direttiva 2006/118/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento e dal deterioramento. Il primo punto fondamentale è legato alla precedente direttiva che aveva lasciato degli argomenti correlati in sospeso, di cui si cita il primo: "...Sulla base della prima revisione a norma dell'articolo 10 della direttiva 2006/118/CE, non sono disponibili informazioni sufficienti per determinare nuove norme di qualità per le acque sotterranee di cui all'allegato I della suddetta direttiva per gli inquinanti, ma, ai sensi dell'articolo 8 di tale direttiva, è necessario modificare l'allegato II alla luce degli adeguamenti tecnici..." In sintesi, la precedente direttiva, che aveva la necessità di normare alcuni aspetti fondamentali, aveva chiaramente indicato che l'Allegato I doveva essere ampliato e completato e di conseguenza, doveva essere modificato anche l'Allegato II, strettamente correlato al primo. Dal punto di vista tecnico gli approfondimenti dovevano riguardare: l'applicazioni di principi comuni per la determinazione dei livelli di fondo; la verifica della presenza e degli effetti di azoto e fosforo nelle acque sotterranee con la necessita di introdurre anche i nitriti e i fosfati tra le sostanze da controllare; la necessità di ottenere nuove informazioni e di adottare eventuali provvedimenti in merito ad altre sostanze che rappresentano un potenziale rischio. La nuova Direttiva, inoltre, ha sentenziato che "...le informazioni che gli Stati membri hanno fornito sugli inquinanti e gli indicatori per i quali sono stati stabiliti valori soglia...si sono rivelati insufficienti, tanto che per i primi piani di gestione dei bacini idrografici non è stato possibile giungere a una comprensione e a un confronto adeguato dei risultati...". Le sostanziali modifiche e integrazioni della nuova Direttiva possono così sintetizzarsi: "...la determinazione dei livelli di fondo dovrebbe essere basata sulla caratterizzazione di corpi idrici sotterranei ... e sui risultati del monitoraggio delle acque sotterranee..."; "...la strategia di monitoraggio e l'interpretazione dei dati dovrebbero tenere conto del fatto che condizioni di flusso e la chimica delle acque sotterranee presentano variazioni a livello laterale e verticale...". Nella parte B, punto 1, sono state aggiunti anche i nitriti e i fosfati tra le sostanze da monitorare, scelta indispensabile per ridurre l'eutrofizzazione dei corpi idrici sotterranei. La parte C è sostituita e sono stati obbligati gli Stati Membri "...a fornire informazioni su ciascuno dei corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei caratterizzati come a rischio, comprese le seguenti indicazioni: le dimensioni dei corpi; ciascun inquinante o indicatore di inquinamento in base a cui i corpi idrici sotterranei sono caratterizzati come a rischio; gli obiettivi di qualità ambientale a cui il rischio è connesso, tra cui gli usi legittimi, reali o potenziali, del corpo idrico e il rapporto tra i corpi idrici sotterranei e le acque superficiali connesse e agli ecosistemi terrestri che ne dipendono direttamente; nel caso di sostanze presenti naturalmente, i livelli di fondo naturali nei corpi idrici sotterranei; informazioni sui superamenti se i valori soglia sono oltrepassati..." Sempre nella parte C si obbligano gli Stati Membri a fornire una serie di ulteriori elementi significativi compresa "... qualsiasi informazione pertinente in materia di tossicologia, ecotossicologia, persistenza e potenziale di bioaccumulo nonché tendenza alla dispersione degli inquinanti...". La nuova Direttiva presenta sicuramente delle significative modifiche, ma ci sono troppi "condizionali". Si potrebbe fare decisamente di più e questo lo potrebbero fare i singoli Stati. Le direttive sono delle linee guida, ma i singoli Stati devono impegnarsi a fare di più e a non fare solo il compitino... Le acque sotterranee sono a rischio e in Campania, ad esempio, si rilasciano concessioni macroscopiche senza studi idrologici e sistemi di monitoraggio adeguati all'importanza delle risorse prelevate e che non garantiscono la durabilità delle stesse risorse a medio / lungo periodo. Il sistema attuale è tale che ci sono domande semplici a cui nessuno, in questo momento, saprebbe rispondere: quanta acqua viene complessivamente estratta dal sottosuolo per l'imbottigliamento? Quanta ne viene ricaricata e con quale qualità? Quale è il bilancio idrico complessivo delle acque sotterranee in Campania? Se si pensa che nella Legge Regionale della Campania si parla delle acque sotterranee come "giacimenti", è chiaro che, ancora ad oggi, si punta solo a garantire posizioni consolidate e privilegiate. Progetto CDI OEVO Nasce la carta d’identità per l’olio extra-vergine di oliva Salvatore Patrizio* La carta d'identità è un documento di riconoscimento dove sono contenuti i dati anagrafici (cognome, luogo di nascita, residenza, ecc.) ed una foto che viene mostrata per provare “chi siamo” nelle più svariate occasioni. Potrebbe capitarci, però, che se abbiamo con noi una bottiglia di olio extra vergine di oliva, alla richiesta di un pubblico ufficiale di fornire un documento di riconoscimento, mostreremo due carte d’identità: una che riguarda noi ed una per l’olio. Questo oggi è possibile grazie al progetto di ricerca denominato CDI OEVO “Carta d’Identità (CDI) per la valorizzazione dell’Olio Extra Vergine di Oliva (OEVO) italiano di qualità”, finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali nell’ambito di un Bando OIGA (Osservatorio per l'Imprenditorialità Giovanile in Agricoltura), che vede la proficua collaborazione del mondo della ricerca (con il Laboratorio di Termodinamica dell’Istituto per i Processi Chimico-Fisici del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa - Resp.le dr. E. Tombari) ed il mondo imprenditoriale (con l’Azienda Agricola “Podere de’ Pardi” di Vicopisano-Pisa). La Carta di Identità OEVO ha proprietà e finalità analoghe al documento di identità per le persone fisiche: contiene la descrizione e la “fotografia” del prodotto, associata a natura e provenienza. La CDI è stata studiata e progettata per accompagnare ogni confezione di OEVO dall’origine (produttore, frantoio o confezionatore) fino allo scaffale del negozio, fornendo un valido strumento di identificazione e tracciabilità e mettendo in stretto rapporto il produttore con il consumatore. Il test messo a punto nel progetto CDI OEVO si basa sulla caratterizzazione calorimetrica delle transizioni di fase (solido-liquido e viceversa) dell’olio extra vergine di oliva. Registrando la solidificazione e la successiva fusione del campione di olio, secondo un preciso protocollo tempo-temperatura messo a punto nei laboratori dell’IPCF ed impostato su di un Calorime- tro Differenziale a Scansione di temperatura (DSC), si ottiene un termogramma calorimetrico (la futura “fotografia” della CDI) frutto dei processi fisici che si innescano durante la variazione di temperatura che sono, a loro volta, correlati alla composizione chimica e alle interazioni a livello molecolare tra i diversi componenti dell’olio. La Carta di Identità (corredata di fotografia calorimetrica, delle caratteristiche chimico–fisiche e organolettiche e di un codice alfanumerico univoco), viene associata al contenitore dell’olio mentre tutti i dati presenti su di essa vengono immessi in un sistema di tracciabilità informatico che permette di verificare on line la conformità del prodotto in ogni momento. Ogni modifica della composizione chimica dell’olio provoca un cambiamento della curva calorimetrica per cui tentativi di contraffazione o errate conservazioni del prodotto sono facilmente rilevabili ripetendo l’analisi calorimetrica e confrontando i risultati ottenuti con quelli presenti sulla carta d’identità e/o con quelli conservati nella Banca Dati del Gestore del Sistema CDI OEVO (l’Azienda Agricola Po- dere de’ Pardi – www.guidaolio.it ), consultabili via Internet. È importante sottolineare che il test di conformità, che si effettua con semplici apparecchiature, ha il triplice vantaggio di essere rapido (30 minuti), economico (60 euro) e di facile lettura. Se invece la falsificazione riguarda le etichette, c’è da tener presente che ogni confezione ha un codice alfanumerico specifico. Quello e solo quello da accesso allo specifico termogramma salvato in banca dati. La calorimetria delle transizioni di fase si va, così, ad aggiungere agli altri test già esistenti nella lotta alla contraffazione dell’OEVO, come ad esempio l’analisi degli isotopi stabili messo a punto dal CNR/Istituto di Biologia Agro- ambientale e Forestale (IBAF). C’è da considerare, inoltre, che il concetto di carta di identità è estendibile anche ad altri prodotti alimentari di cui si vogliano riportare le “caratteristiche” (anche di legge) di quel determinato alimento e si voglia fornire, contemporaneamente, una “impronta o una fotografia” ricavata da una analisi chimico-fisica specifica che sia propria e univoca di quel prodotto. Un altro grosso vantaggio della CDI OEVO è la possibilità di collegare Punti Vendita, Agriturismi e Ristoranti, in modo da promuoverne le attività e creare nuove sinergie tra produttori e operatori del settore a tutto vantaggio del consumatore. In conclusione l’obiettivo della CDI OEVO è quello di offrire a tutti gli attori della filiera olivicola uno strumento semplice, diretto e di facile lettura (anche per i non addetti) che possa racchiudere e riassumere tutte le caratteristiche di quel prodotto, di promuoverlo e di valorizzarlo per le sue specifiche peculiarità e di garantire al consumatore finale la provenienza e la genuinità dell’Olio Extra Vergine di Oliva Italiano di qualità. *CNR/IBAF UOS Napoli ALIMENTAZIONE BIO: PRO E CONTRO Biologico non significa salutare a prescindere Fabio Cuoco Da un po’ di tempo a questa parte è nata una vera e propria moda del cibo biologico: molte persone non si fidano più della provenienza degli alimenti ed alcune catene di supermercati mettono il proprio marchio sui prodotti “bio”, approfittando dell’elevata richiesta dei consumatori. Ma come nasce questa moda e, soprattutto, come si fa a capire se mangiando cibi biologici, si traggono degli effettivi benefici per il nostro organismo? Lo abbiamo chiesto al Dr. Biologo Nutrizionista Giuseppe De Carlo, iscritto all’Ordine Nazionale dei Biologi (ONB). Dott. De Carlo, cosa vuol dire “alimento bio” e che differenza c’è con quelli tradizionali? Per alimento bio si intende un prodotto ottenuto da un’agricoltura biologica, ossia nel rispetto di alcuni canoni di trattamento, come ad esempio l’assenza di qualsiasi tipo di diserbante o so- stanza chimica che favorisca la crescita dell’alimento stesso. La differenza con i prodotti tradizionali sta, appunto, nei metodi e nelle tecniche di coltivazione, oltre che nel rispetto della stagionalità, del terreno e del territorio. Come si riconoscono i prodotti bio sfusi, ossia senza un contenitore su cui ci sia riportata la provenienza? Le etichette a garanzia del consumatore sono fondamentali, quindi un alimento che non riporta alcuna etichetta, probabilmente non ha subìto alcun controllo e, per questo, nessuno può certificarne l’origine. Ed è possibile, nel caso in cui ci fosse un’etichetta, che questa sia contraffatta? Sul mercato è molto difficile trovare etichette contraffatte, in quanto la certificazione viene verificata dai NAS, oltre a subire controlli HACCP. Chi mangia biologico ottiene dei vantaggi fisici, come ad esempio, la preven- zione per alcune malattie? Innanzitutto un prodotto, per definirsi biologico, deve rispettare molte condizioni e in generale è quasi impossibile fare agricoltura di questo tipo. Nell’ipotesi in cui un alimento fosse al 100% bio, allora sarebbe totalmente naturale e, mangiandolo, si godrebbe a pieno delle sue proprietà organolettiche e nutrizionali. L’alimentazione biologica può essere più salutare di quella tradizionale, ma esclusivamente seguendo una sana e corretta alimentazione, accompagnata da uno stile di vita sano. Quindi, ci sta dicendo che biologico non vuol dire salutare a prescindere? Proprio così: se, ad esempio, eccediamo oltre gli standard calorici giornalieri richiesti dal nostro organismo, anche se lo facciamo con prodotti biologici, andremo comunque incontro a malattie collegate ad un’errata alimentazione. Non esiste cibo “bacchetta magica”, come si crede sia quello biologico. Dati i prezzi molto elevati dei prodotti bio e alla luce di quanto ci ha appena detto, quali tipologie di alimenti consiglierebbe a chi vuole mangiare un po’ più sano senza spendere troppo? Sicuramente è bene controllare l’origine dei prodotti “dell’orto”, quindi frutta, verdura ed ortaggi, mentre sconsiglierei prodotti che già sono sottoposti a controlli rigidi, come ad esempio i cereali. Olio di enotera: dalla natura Autunno: anche i capelli cadono un alleato per la nostra salute Brunella Mercadante Fabiana Clemente L'enotera - Oenotherabiennis, famiglia dellOnagraceae - è una pianta erbacea alta fino a 150 centimetri. E’ originario del nord America e dell’Inghilterra. L'enotera è nota anche come bella di notte, primula di sera, rapunzia ed enagra. Ma cosa nasconde questa pianta, dalle sembianze comuni, da suscitare la nostra attenzione?Illo tempore, gli indiani d’America usavano questa pianta per curare ferite e problemi cutanei. E infatti, i recenti utilizzi confermano la propensione l’azione risolutrice dell’enotera in questi ambiti. Ovviamente la ricerca ha scoperto anche altro. Dai semi di questa pianta si ricava il famoso olio di enotera, fonte importante di acido gamma-linolenico o GLA. L’elevata presenza di acidi grassi polinsaturi, ed in particolare di GLA, rende questo prodotto particolarmente indicato in casi di dermatite atopica, artrite reumatoide, diabete, patologie coronariche. A livello epidermico riduce il bruciore causato dalla psoriasi, contrasta il prurito e la secchezza provocati dall’eczema, contrasta i brufoli da acne, ed è in grado anche di lenire i dolori muscolari. Tuttavia il suo potere terapeutico va ben oltre! Focalizzando l’attenzione su malattie decisamente più preoccupanti, scopriamo il vero potenziale di questa pianta. La sua azione vasodilatatrice è un valido supporto per contrastare i problemi cardiovascolari. Riduce i livelli di colesterolo , inibisce la formazione di coaguli o trombi, e contribuisce al buon funzionamento del sistema immunitario. Per i malati di diabete sarà utile sapere che questo particolare olio ha azioni simili all’insulina e addirittura ne aumenta gli effetti. Non finisce qui! L’elevata presenza di Omega-6 garantisce un buon funzionamento dei neuroni e delle trasmissioni chimiche. Quindi risulta essere una risorsa preziosa per prevenire e curare malattie quali alzheimer, depressione e sclerosi multipla. Un alleato femminile grazie alla sua capacità di ridurre i processi infiammatori, ricorrenti durante il periodo premestruale. Ergo, una risorsa a tutto tondo da che si presenta in più varianti. Infusi, olio o capsule. Ovviamente la posologia varia in base alla fascia d’età. Enotera: una sola soluzione a molteplici problematiche! La caduta dei capelli è sempre un'esperienza che viene vissuta con apprensione, specialmente durante l'autunno, il periodo in cui il fenomeno tende notevolmente ad intensificarsi. In realtà la perdita dei capelli stagionale è un fenomeno temporaneo, naturale e reversibile, che va affrontato semplicemente, senza troppi allarmismi, non facendosi prendere dal " panico della caduta dei capelli", questa condizione, infatti, per via psicosomatica, ne accentua la caduta. In effetti, quotidianamente, si perdono tra i 50 e i 70 capelli al giorno, ma nei mesi autunnali il numero aumenta visibilmente. Nella maggior parte dei casi si tratta però di un fenomeno fisiologico di ricambio naturale: i capelli hanno un loro ciclo che durante l'autunno, a volte anche in primavera, tende ad accelerare a causa del cambiamento climatico. In questi casi la perdita dei capelli è un naturale e fisiologico "rinnovamento", e tutto tende a tornare normale nel giro di poche settimane. Shampoo medicati e lozioni possono essere utili e, in fase acuta, è possibile agire sul problema anche assumendo integratori alimentari a base di vitamine del gruppo B ed E e sali minerali, in modo da accelerare la fase di ricrescita successiva alla caduta. Va posta attenzione, inoltre, all'alimentazione che deve privilegiare frutta e verdura di stagione, pesci ricchi di omega 3, latticini, uova e legumi. I capelli, poi, non dovrebbero essere lavati troppo spesso, al massimo due lavaggi a settimana, usando prodotti delicati e non aggressivi. Questi rimedi possono risultare efficaci sia quando la perdita dei capelli è stagionale sia quando è legata a fattori transitori come stress, stanchezza e scompensi ormonali, in altri casi invece è sempre consigliabile approfondire la causa. I rimedi, infatti, sono strettamente legati alle cause e i fattori responsabili della caduta dei capelli sono veramente tanti: innanzitutto la predisposizione genetica, che è il fattore più importante, poi gli ormoni, o meglio la risposta dell'organismo agli ormoni, la carenza di ferro conseguenza di diete drastiche, e ancora lo stress prolungato, gli interventi chirurgici od anche traumi psichici e fisici. Sorrento e la tarsia Un luogo e un prodotto della tradizione Gennaro De Crescenzo Salvatore Lanza L’arte dell’intarsio è un’arte antichissima. Le sue origini risalgono alla civiltà egiziana e nel VI-VII secolo la troviamo nella penisola sorrentina grazie ai monaci benedettini che, rinchiusi nei propri studi, eseguivano i loro preziosi lavori. Si utilizzavano diverse qualità di legno (limone, arancio, noce, ulivo, tra gli altri, in considerazione di ciò che la natura forniva “in loco”). La tecnica della tarsia consiste nell’assemblare piccoli pezzi di legno di varie tonalità, di colore e di spessore inferiore ad un millimetro e incollarli sull’oggetto da decorare. E’ così che oggetti e mobili vengono decorati per “raccontare” ai turisti gli splendidi paesaggi e i costumi locali o scene di vita quotidiana (“tarantella” in testa). Quella complessa composizione di piccoli pezzetti di legno diventa un elemento importante sotto il profilo turistico-culturale ed economico. Dal 1999 un apposito museo, il Museo-bottega della Tarsia Lignea nel centro storico, presso via San Nicola, è stato aperto nell’antico palazzo dei Pomarici Santomasi macchinari, foto, documenti, quadri e oggetti sintetizzano la geniale e laboriosa attività di molte generazioni di sorrentini. Il museo, però, non è un museo ordinario e “statico”: conserva il passato ma cerca anche di pensare al futuro con l’importante filone della formazione, più che mai attuale in tempi di crisi lavorative. Mai forse come per Sorrento dare indicazioni di carattere turistico può essere superfluo: siamo di fronte ad uno dei luoghi più belli e famosi del mondo sia sotto il profilo storico-artistico-architettonico che eno-gastronomico e naturalistico. Dopo una interessante visita al Museo, allora, si può passeggiare per le piccole vie della città fondata dai Fenici e che fu colonia prima greca e poi romana. Già gli antichi patrizi l’avevano scelta come destinazione privilegiata (e non a caso) delle loro villeggiature, come dimostrano le tante ville “marittime”, sontuose e dotate di approdi privati a mare. Passato il Medioevo e i pericoli saraceni, tipi di tutta l’area, Sorrento ritornò ad essere meta preferita per i viaggiatori del famoso Grand Tour settecentesco (i meravigliosi quadri di Hackert ce lo testimoniano). Tutto ruota intorno alla piazza Tasso, dedicata allo scrittore che lì era nato e che fu dei padri più geniali della letteratura italiana nei suoi tormenti controriformistici e nei suoi sogni letterari che preannunciano a tratti la moderna fantascienza. Frequentato e ricco di negozi, palazzi signorili e chiese, il corso Italia con il parallelo, affollato e sempre profumato dedalo di viuzze cariche di piccole botteghe, di bar e ristoranti. Da visitare anche il Museo Correale, nel Palazzo Correale di Terrranova, dono di Giovanna d’Angiò ai proprietari: 24 stanze con reperti greci, romani e medievali, e una collezione di porcellane italiane e straniere provenienti da vari paesi. Caratteristica anche la Villa Comunale che affaccia, immersa nel verde e adiacente alla chiesa e al Chiostro di S. Agostino, sul mare. Da lì l’accesso anche per il porto e gli stabilimenti balneari. Le stazioni intermodali urbane Condensano al loro interno infrastrutture, servizi e spazi urbani Antonio Palumbo Le cosiddette Urban Hubs sono delle stazioni intermodali urbane, mediante le quali si possono realizzare, in maniera semplice, veloce ed efficace, una o più modalità di scambio tra i vari sistemi di trasporto, soprattutto nelle città metropolitane. Tra le opportunità più interessanti offerte dalle Urban Hubs vi sono l’utilizzo preminente del trasporto collettivo, a tutto vantaggio di una significativa riduzione delle emissioni inquinanti, ed i vari meccanismi di sviluppo economico generati dagli imponenti flussi di persone che le attraversano giornalmente. Grazie alla capacità di condensare infrastrutture, servizi e spazi urbani al suo interno l’interscambio permette di definire ed organizzare i rapporti fisici con la città. La struttura gerarchizzata si basa solitamente sulla divisione in livelli, che consente una maggiore sinergia tra i diversi spazi, pur mantenendo la chiarezza dei singoli elementi; la verticalità all’interno dell’hub si trasforma poi in orizzontalità nei collegamenti col tessuto cittadino. Il continuo sviluppo delle città sta portando alla nascita e alla crescita di molte di queste strutture, e non è difficile immaginare come esse pos- sano diventare sempre più importanti in futuro e come il rapporto tra organismo urbano e polo attrattivo si possa invertire, trasformando l’hub nel motore responsabile della nascita e della crescita di un nuovo modello di città sostenibile. Due progetti di Urban Hubs già realizzati sono quello dello Studio di architettura UN per la Arnhem Station (Arnhem, Olanda) e quello dei Grimshaw Architects per la Bijlmer Arena Station (Amsterdam, Olanda). Nella stazione di Arnhem lo spazio interno sembra assecondare in maniera equilibrata tutti i tipi di flussi che si mescolano nel polo intermodale: l’edificio che ne deriva è caratterizzato da una forma relativamente semplice, che non enfatizza il carattere infrastrutturale, ma che appare invece come una sorta di grande centro polifunzionale. Il traffico su rotaia non si mescola con le altre funzioni e rimane marginale rispetto all’edificio, così come lo spazio dedicato agli autobus: questo permette ai singoli elementi di mantenere una loro identità ben definita, a scapito forse del sistema globale, che appare non sufficientemente adeguato se si considera la struttura come un polo intermodale. Nella Bijlmer Arena Station la struttura prende forma dall’organizzazione dei binari, attorno ai quali ruotano la grande copertura e la pianta del livello zero, tanto da far sembrare l’intero complesso una semplice stazione ferroviaria. Le banchine rialzate al primo livello permettono il passaggio dei flussi senza creare un taglio netto: particolare al quale l’architetto ha prestato molta attenzione, per inserire il progetto all’interno del tessuto preformato. Il complesso, organizzato in livelli, garantisce il minimo spostamento per passare da un sistema all’altro e permette un’integrazione piuttosto efficace, riuscendo a far convergere tutte le componenti al suo interno. Il Garigliano rinasce grazie allo sport Sarà inaugurata il 25 ottobre la palestra sorta su un territorio confiscato In programma il prossimo 25 ottobre l’inaugurazione della palestra “Green fitness “ che nasce sul suolo della cooperativa sociale “Al di là dei sogni”, sita in Maiano di Sessa Aurunca, su un terreno confiscato alla camorra, precisamente al clan Moccia, in ricordo di Andrea di Marco, giovane ucciso dalla malavita e gettato nel fiume Garigliano. Dopo la pubblica consegna delle licenze da parte del sindaco Luigi Tommasino al presidente della coop. Simmaco Perillo,la struttura è stata edificata nel giro di un anno grazie ai finanziamenti di “Fondazione con il Sud ” che ha destinato 350 mila euro per la realizzazione della palestra e per la messa a punto di uno stabilimento volto alla pratica della canoa e della para-canoa presso il Parco Ulisse, situato su una sponda del fiume Garigliano, su un terreno di tre ettari concesso in comodato d’uso dall’ Enel. Il Parco Ulisse, nasce in seno alla sto- ria della cooperativa ed è legato allo sviluppo del territorio. Lo scorso 5 Ottobre si è tenuta la prima gara di paracanoa e questo è il primo di tanti eventi che verranno organizzati. Nella palestra verranno praticate tre discipline principali: la canoa, la scherma ed il judo, oltre ad attività legate al fitness in genere. In occasione dell’evento inaugurale sono in programma dimostrazioni di scherma e judo da parte di esperti del settore. La palestra vuole dare continuità invernale alle attività di canoa che si svolgono in primavera ed estate sul Garigliano insieme all’associazione ASD Ulisse. La rivalutazione del fiume serve anche ad arginare gli atti vandalici di scarico rifiuti lungo un corso d’acqua che torna ad essere vivo e fruibile per la comunità. L’intento è quello di creare un centro d’aggregazione sportivo per tutta la comunità locale andando a creare anche occa- sioni d’ incontro tra diversamente abili e normodotati. Sport come mezzo d’integrazione sociale ed ambientale. La palestra risulterà anche A Salerno la biennale d’arte ecosostenibile Rosa Funaro La prima Edizione della Biennale Internazionale d'Arte Contemporanea ha aperto i suoi battenti lo scorso sabato (e li chiuderà il 25 ottobre prossimo) nel Centro Storico di Salerno, presso Palazzo Fruscione, in una cornice di maestosa tradizione. La Biennale attribuirà premi prestigiosi, intitolati e dedicati a Trotula de Ruggiero, la prima donna medico della storia, insigne nome della cultura salernitana, proprio per sottolineare la salernitanità della manifestazione e per connetterla idealmente alla sua importante storia artistica, scientifica e culturale. Una rassegna internazionale d'Arte, a cadenza biennale, costituisce un evento - al di là delle tante parole e delle eccelse celebrazioni monografiche di valenti artisti – in grado di offrire una sofisticata vetrina espositiva ad artisti noti e meno noti e di instaurare un dialogo con il pubblico e con gli specialisti del settore, met- tendo a confronto esperienze e risultati diversi. La Biennale si configura come un network articolato che coinvolge enti, gallerie, artisti indipendenti ed associazioni, con l'esigenza di estrapolare i comparti espressivi dal ghetto delle specializzazioni, sperimentando percorsi multidisciplinari. La paternità dell'iniziativa spetta a Salerno in Arte, sui cui esponenti è gravato il compito di elaborare il progetto iniziale e fungere da fulcro di tutta l'organizzazione. Si tratta della prima Biennale d'Arte al mondo a sperimentare gli allestimenti e le scenografie ecosostenibili: tutto ciò che è utilizzato all'interno delle sale espositive, dagli ar- redi al punto ristoro, è completamente realizzato attraverso il riciclo (artistico) dei rifiuti. Ottima è stata l'intuizione degli organizzatori, l'avv. Olga Marciano (Presidente di Salerno in Arte) e l'arch. Giuseppe Gorga (Vicepresidente di Sart), che sono innanzitutto due artisti. Da anni si occupano di tematiche ambientaliste proprio attraverso l'arte (il Premio internazionale di pittura e design Rifiuti in cerca d'Autore, una delle loro iniziative più importanti). Per vocazione geografica, storica ed antropologica, l'area campana è chiamata a svolgere il ruolo di cerniera culturale fra l'Europa ed il bacino del Mediterraneo, con una estensione inevitabile alle altre culture: dell'Africa, dei Paesi dell'Est, del Medio Oriente e dell'America Latina. A tal proposito, saranno riservati specifici spazi ad artisti provenienti da altre realtà e Paesi esteri che, a loro volta, ospiteranno il Tour della Biennale in un reciproco scambio d'esperienze e di mercato. fonte, per gli utenti della cooperativa, o meglio, soci lavoratori, di inserimento lavorativo attraverso il sistema dei budget di salute che prevede un progetto personalizzato rispondente ai bisogni dell’utente, finanziato al 50% dall’Asl e al 50% dall’ente loF.S. cale. Di Caprio messaggero di pace ONU Il nuovo Messaggero di Pace delle Nazioni Unite è l'attore hollywoodiano Leonardo di Caprio. L'italoamericano è stato insignito dell'incarico da parte del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. A portare agli onori delle cronache la star italoamericana è il grandissimo impegno profuso in questi anni a favore dell'ambiente. Si segnala la sua donazione di 7 milioni di dollari a favore della salvaguardia degli oceani e la creazione della Fondazione Leonardo di Caprio per la difesa delle aree del pianeta rimaste ancora incontaminate. La nomina viene infatti assegnata all'attore proprio nel settore in cui il suo operato si è maggiormente distinto: la lotta al cambiamento climatico. L'investitura è commentata così da Ban Ki-moon: "Mister DiCaprio è una voce credibile nel movimento ambientalista e ha una piattaforma considerevole per amplificare il messaggio. Sono lieto che abbia deciso di unire la sua voce agli sforzi dell'ONU per innalzare la consapevolezza dell'urgenza e dei benefici dell'azione immediata nel combattere i cambiamenti climatici". Leonardo Di Caprio afferma: "E' un onore accettare il ruolo di Messaggero di Pace dell'ONU per il Cambiamento Climatico e supportare il Segretario Generale nei suoi sforzi su uno dei tempi più importanti che affrontiamo come comunità globale. Sento l'obbligo morale di parlare in questo momento chiave della storia umana, il momento di agire. Come risponderemo alla crisi, negli anni a venire, molto probabilmente determinerà il fato del Pianeta e dell'Umanità stessa". A.E. Freemarket: il supermercato dove non si paga Prodotti gratis in cambio di pubblicità sui social network Cristina Abbrunzo Si chiama Freemarket e ha aperto a Copenhagen recentemente riscuotendo un successo oltre le aspettative. Si tratta di un supermercato insolito, dove puoi ricevere prodotti senza pagare. Freemarket chiede alla propria clientela pubblicità sui social network in cambio di prodotti gratis. Quasi gratis, insomma. Non si paga con il denaro, ma con il tempo dedicato a fare pubblicità al supermercato e, naturalmente, con una parte della propria privacy. L’idea è stata quella di rimodellare vecchie strategie di marketing, adattandole all'era del 2.0 e della condivisione. Il piccolo negozio danese è adatto a chi è aperto a nuove sperimentazioni e disponibile a cambiare le regole classiche del fare acquisti. L'idea è nata da un gruppo di giovani imprenditori che ha deciso di creare una startup, seguendo lo slogan "Prova prima di comprare". L'idea è di promuovere un nuovo modo di fare la spesa. In poche parole funziona così: si entra nel negozio e si lasciano i propri dati personali, poi si scatta una foto ai prodotti scelti e la si pubblica su Facebook o su altri social, come Twitter e Instagram. Ogni foto deve essere accompagnata da una descrizione e da un giudizio sul prodotto. Alla clientela che decide di usufruire del negozio è richiesto solo il pagamento di una piccola quota mensile, pari a 2,50 euro. Le aziende che desiderano esporre i prodotti a Freemarket pagano a loro volta una somma pattuita con i gestori, che contribuisce al mantenimento del punto vendita.Cloetta, Storck, Läkerol, A Bolzano: apre “Passamano” il primo non-negozio Spazio libero di oggetti ed idee Ma anche l’Italia ha i suoi assi nella manica in merito alla ricerca di modi alternativi di fare la spesa. E, in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, la filosofia che i soldi non siano tutto, sembra non solo diventare realtà, ma aprire nuove strade di speranza verso un futuro migliore. Nasce a Bolzano, un "negozio" davvero particolare dove non servono banconote, né monete per prendere ciò che ti serve. Si chiama Passamano ed è il primo non-negozio basato sulla filosofia del recupero e del riutilizzo, dove cioè si "compra" senza pagare, perché gli oggetti non hanno prezzo. Anzi, qui si possono prendere e portare via senza denaro in cambio. Nato grazie a un gruppo di volontari che non ricevono compenso e che chiedono solo una libera of- ferta facoltativa per coprire le spese fisse del negozio, il progetto appartiene a una rete di iniziative che favoriscono il riuso dei beni e un approccio più cosciente alle risorse e lottano contro gli sprechi, la società dei consumi, l'usa e getta. Ma come funziona? Semplice: ci vai, cerchi tra gli scaffali quello che ti piace e lo prendi senza pagare niente. Potrai poi mettere a disposi- zione qualcosa di tuo che non utilizzi più o lasciare offerte volontarie per il pagamento delle spese della struttura L’idea alla base di Passamano è che tutto può avere una seconda vita e non è detto che un oggetto non più utile per qualcuno non possa rivelarsi prezioso per qualcun altro. Chi vuole donare può portare gli oggetti che ha in casa e che non gli servono più: l’importante è che siano in ottimo stato, puliti e perfettamente funzionanti. Ogni persona può inoltre prelevare gratuitamente una volta a settimana fino a un massimo di cinque oggetti. Di successo la sezione “Passalibri”, in cui è possibile prendere gratuitamente fino 5 volumi tra cui i libri scolastici e i dizionari, molto richiesti dagli studenti che non possono permettersi di acquistarli nuovi. Ma non finisce qui. Passamano nella sua formula originaria vuole anche essere una rete tra le persone. Per questo motivo in questo innovativo negozio non trovano spazio solo gli oggetti, ma anche le idee, lo scambio di saperi e di relazioni. E' qui infatti possibile trovare informazioni su vari argomenti e iniziative che toccano i temi della decrescita economica, dell'ecologia, di forme di vita alternative ed ecosostenibili. Comprende anche una biblioteca e una sala riunioni da 30 posti a sedere per serate e incontri tematici. Ma soprattutto è un laboratorio condiviso con chiunque volesse dare il proprio contributo in termini di tempo, disponibilità e collaborazione. Perché i soldi non sono tutto. C.A. San Pellegrino sono ad esempio aziende che hanno deciso di riempire gli scaffali del negozio. E per loro il Freemarket è un'occasione per testare i propri prodotti e il loro impatto su un mercato ridotto, analizzare il comportamento di acquisto e fare una valutazione prima di lanciarli a livello nazionale. Quali sono i vantaggi? Oltre alla possibilità di avere a disposizione dei prodotti gratis, sono proprio i consumatori a decidere le sorti del prodotto e quali marchi premiare o affondare con le loro recensioni e grazie alle scelte personali. Il successo di un prodotto sarà dunque determinato soprattutto dal passaparola e dai giudizi positivi. Il negozio sta ottenendo feedback positivi: in meno di un mese è passato da 5.000 a 10.000 clienti. Dopo aver superato la prova del nove con un paese come la Danimarca, paese notoriamente di spirito conservatore rispetto alle innovazioni, il fondatore di Freemarket Simon Taylor sta già pensando di aprire altri negozi in Svezia , Finlandia ed Inghilterra entro il 2016. Pensate che un simile progetto sostenibile potrebbe funzionare anche in Italia? Vi piacerebbe fare la spesa gratis in cambio di un po' della vostra privacy? L AVORO E PREVIDENZA Renzi e il tentativo di “riparare” l’Italia Eleonora Ferrara Il 4 ottobre scorso, il Premier si è recato ad Assisi, con il ministro Giannini, per le celebrazioni in onore di San Francesco, patrono d’Italia. L’occasione è stata veramente propizia per poter rispondere al pungente attacco della CEI, secondo la quale “ Basta slogan, Renzi ridisegni l’agenda politica. La Chiesa pensa che bisogna guardare con più realismo alle persone che non hanno lavoro e che cercano lavoro. Il dibattito su articolo 18 sì, articolo 18 no, è meno centrale e si vedono troppe bandiere che sventolano”. Monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della CEI, ha auspicato, quindi, che si potesse raggiungere una soluzione ottimale della questione, senza sterili antagonismi di sorta, puntualizzando che il cambiamento non deve avvenire a scapito dei diritti, poichè “se la logica fosse modernizzazione uguale minori diritti, io direi non ci sto. C’è una differenza d’approccio sostanziale tra un vescovo e i teorici della materia ”. La risposta immediata di Renzi, in visita alla FIAT Chrysler nel Michigan, è stata quanto mai laconica. “Difatti rispetto ogni tipo di considerazione, che venga dalla CEI o da altri, ma commentare da qui è fuori luogo. …”. Il 4 ottobre, perciò, non appena arrivato ad Assisi, accolto da Padre Mauro Gambetti e dopo aver preso parte alla santa messa officiata in Basilica, il Premier ha tenuto il suo discorso, focalizzando, da subito, l’attenzione sul problema dell’ambiente, con particolare attenzione non solo al modello sostenibile ma al modello umano in cui “ l’uomo non è solo un numerino”. Nella considerazione di stare effettuando il percorso inverso rispetto a Francesco, uscito dalla sua città per andare a Roma a spiegare ad Innocenzo III cosa stesse accadendo ad Assisi, Renzi ha affermato di essersi recato ad Assisi “ per spiegare cosa stesse succedendo in Italia.” Ha ritenuto poi, consapevole della molteplicità di cose da riparare in Italia, che il messaggio francescano “ Va’ e ripara la mia casa”, è del tutto atti- nente all’azione dell’attuale governo per il Paese, in cui le tre questioni fondamentali da affrontare restano lavoro, scuola e pubblica amministrazione. “Dovremmo fare nostro il concetto francescano della perfetta letizia, oggi in Italia molto difficile. Ci deve ricordare uno stile, un modo di vivere” afferma il Premier e soggiunge “Facciamo uno sforzo per ricordarci che ci chiamiamo Italia e non molliamo nel portare avanti il nostro futuro e la nostra storia”. Sicuramente le parole di Renzi sono rassicuranti e ci fanno ben sperare, anche se, fino ad oggi purtroppo non è stato ancora trovato l’accordo sul tema del lavoro, con la minoranza PD. In ogni caso, per il Governo è importante affrontare la staffetta generazionale, come ha precisato il ministro Maria Elena Boschi. Al riguardo, il ministro della Pubblica amministrazione e Semplificazione, Marianna Madia, ritiene che con la pensione anticipata ai lavoratori statali contenuta nella riforma P.A., si possano creare 15.000 nuovi posti di lavoro per i giovani nel pubblico impiego. Intanto, il segretario generale della FIOM CGIL, Maurizio Landini, ha dichiarato, durante la manifestazione contro il vertice su lavoro e pensioni dell'Unione Europea: “Le proposte del Governo Renzi sono sbagliate, perché peggiorano le condizioni. Il vero cambiamento ha sog- giunto poi in tema di riforma del lavoro e delle pensioni è estendere i diritti, far ripartire gli investimenti, combattere la corruzione e andare a prendere i soldi dove ci sono”. Viaggio nelle leggi ambientali AMBIENTE E SICUREZZA Secondo la Cassazione Penale, il prestanome di un'azienda risponde per reati ambientali e di sicurezza anche se non la gestisce di fatto. Con la sentenza del 1° ottobre 2014 n. 40527, la Terza Sezione Penale della Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui sull'Amministratore di una Società, benché estraneo alla gestione della stessa, gravano i connessi doveri di vigilanza e controllo in virtù della semplice accettazione della carica. La Cassazione come già affermato in giurisprudenza, conferma che "l'amministratore di una società, ancorché estraneo alla gestione dell'azienda anche se esclusivamente riconducibile all'amministratore di fatto - risponde del reato omissivo contestatogli quale diretto destinatario degli obblighi di legge, dunque anche se questi fa mero prestanome di altri soggetti che abbiano agito quali amministratori di fatto, atteso che la semplice accettazione della carica attribuisce allo stesso doveri di vigilanza e controllo." INQUINAMENTO ACUSTICO Il gestore di un esercizio commerciale è responsabile del reato di cui all’art.659 comma 1 c.p. per i continui schiamazzi e rumori provocati dagli avventori dello stesso, con disturbo delle persone. Infatti la qualità di titolare della gestione dell’esercizio pubblico comporta l’assunzione dell'obbligo giuridico di controllare che la frequentazione del locale da parte dei clienti non sfoci in condotte contrastanti con le norme concernenti la polizia di sicurezza. Perché, però, l’evento possa essere addebitato al gestore dell’esercizio commerciale è necessario che esso sia riconducibile al mancato esercizio del potere di controllo e sia quindi collegato da nesso di causalità con tale omissione. Cass. Sez.III n.37196 del 5 settembre 2014 (Ud 3 lug. 2014). SITI INQUINATI DI INTERESSE NAZIONALE Sulla G.U. n. 229 del 2 ottobre 2014 è pubblicato il decreto del 7 agosto 2014 del Ministero dello Sviluppo Economico, che attua le disposizioni recate dall’art. 4, commi da 2 a 10 e 14, del D.L. n. 145/2013, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 9/2014, relativo all’istituzione di un credito d’imposta per le imprese sottoscrittrici di accordi di programma nei Siti inquinati di interesse nazionale. Il decreto stabilisce le condizioni, i limiti, le modalità e i termini di decorrenza per la concessione delle agevolazioni in favore delle imprese che intendano realizzare, nei siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale, progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica nonché la riconversione industriale, al fine di promuoverne il riutilizzo in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale. Le imprese, specificate all’art. 2, possono beneficiare di tali agevolazioni nella forma di un credito d’imposta a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del medesimo D.L. n. 145/2013, e fino alla chiusura del periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2015. A.T. FELICITÀ: QUELLO CHE SI È NON QUELLO CHE SI HA “Non si è mai troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità” Andrea Tafuro Dopo ventidue anni non ho goduto della felicità di partecipare attivamente alla festa di San Francesco. Ma che roba è la Felicità? L'etimologia fa derivare la parola da: felix-icis, la cui radice fe significa abbondanza, ricchezza, prosperità. In modo simile, l'origine del termine festa viene da festum, dunque la festa richiama il concetto di felicità. La ricerca della felicità è argomento filosofico di tutti i tempi, tema centrale in tutte le culture, le arti, le religioni e nella vita di ogni individuo. Vi invito a leggere la lettera di Epicuro a Meneceo, nella quale il filosofo greco scrive che: “Non si è mai troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell'anima. Chi sostiene che non è ancora giunto il momento di dedicarsi alla conoscenza di essa, o che ormai è troppo tardi, è come se andasse dicendo che non è ancora il momento di essere felice, o che ormai è passata l'età…”. Zygmunt Bauman afferma che nella cultura occidentale, durante le diverse epoche storiche, la felicità è stata vista come ricompensa (cristianesimo), diritto (illuminismo), dovere (post-modernità). Intervistato su cos'e' la felicità, Baumann ha risposto: “Rispondere a questa domanda e' difficile. Abbiamo le idee abbastanza chiare sul momento in cui siamo felici. Sappiamo riconoscere quando attraversiamo questa dimensione. Dire cosa sia la felicità e' molto più complicato. La felicità e' uno stato mentale, corporeo, che sentiamo in modo acuto, ma che e' ineffabile. Una sensazione che non e' possibile condividere con altri. Ciononostante, la caratteristica principale della felicità e' quella di essere un'apertura di possibilità, in quanto dipende dal punto di vista con il quale la esperiamo. Nell'antichità' la felicità era una ricompensa per pochi eletti selezionati. In un momento successivo venne concepita come un diritto universale che spettava a ogni membro della specie umana. Successivamente, si trasformò in un dovere: sentirsi infelici provoca senso di colpa. Dunque chi e' infelice e' costretto, suo malgrado, a trovare una giustificazione alla propria condizione esistenziale. Esiste poi una seconda linea di evoluzione del concetto di felicità: la felicità come stato finale, come obbiettivo al quale dobbiamo tendere. All'interno di questa seconda prospettiva, l'evoluzione e' stata verso un'esperienza della felicità legata direttamente al piano della vita quotidiana, che nella contemporaneità ha indebolito l'idea della felicità come obiettivo. A ciò si lega anche la parallela evoluzione del concetto di desiderio. Ora, non ci si ferma soddisfatti, e felici, quando un nostro desiderio si realizza. Piuttosto, ci si spinge subito a desiderare qualcos'altro che ci possa soddisfare in maniera migliore. Desideriamo il desiderio più che la realizzazione di esso. Quest'atteggiamento da' luogo ad una catena tendenzialmente infi- nita di frustrazioni e insoddisfazioni”. L'era moderna iniziò propriamente con la proclamazione del diritto universale dell'uomo alla ricerca della felicità e con la promessa di rendere tale ricerca agevole, facile e al tempo stesso più efficace, attestando così la supremazia del nostro modo di vivere rispetto a quello precedente. In questa epoca storica, strana e inconcludente, d’altra parte la parola attendere è diventata un vocabolo scostumato, poiché abbiamo disinserito dalla nostra anima digitalizzata la necessità dell'attesa e il correttore automatico ci impone di sostituirla con l'aggettivo istantaneo. Felicità, riuscita, popolarità, vigore, compiacimento, dominio sono avvertiti come anelli di un’unica catena, se se ne spezza uno tutto si riduce in frantumi. In questo modo, ci si impedisce di vivere la vita nella sua completezza e in tutto il suo confine esteso fra terra e mare, comprendente anche ciò che sommariamente viene annoverato e rubricato come negativo: sofferenza, conflitto, insuccesso, dolore, fallimento… Che cos’è dunque questo dovere di ricercare la felicità che perseguita, invece di fare insorgere l’ uomo globalizzato? Per cercare una risposta a questo famelico e bulimico bisogno di desideri, mi rifugio nella modernità del pensiero di San Francesco d’Assisi. In un passo dei Fioretti, florilegio sulla vita del figlio di Pietro di Bernardone e dei suoi discepoli, Francesco spiega a frate Leone un concetto, che ci può essere utile, quello della vera e perfetta letizia. Per il santo di Assisi la letizia è il risultato di un’esistenza che si sente preservata dalla delicatezza di Dio. In quest’ottica il momento della crisi diventa opportunità per fermarsi, è l’inizio della trasformazione che ti cambia nel profondo dell’anima. La testimonianza di chi ha attraversato la crisi e ora mette a disposizione la sua esperienza è una ricchezza. L’incontro con chi, pur nel dolore, si mantiene lieto è un segno di speranza, poiché la presenza di qualcuno che non ci lascia soli e attraversa con noi il tempo della prova è una forza e ha una potenzialità davvero significativa. La relazione, il riconoscimento del valore assoluto dell’altro, che parte dall’esperienza della solidarietà come modalità di cura reciproca possono offrire ago e filo per ricucire gli strappi che lacerano il nostro tessuto sociale. Sono le uniche ragioni per ricominciare a sperare, c’è una vita che nasce dalla letizia, che non teme il domani e questa vita è affidata alla libertà di ciascuno di noi. E allora perchè mi avete impedito di assaporare la felicità della mia festa di san Francesco...con Padre Eugenio? Foto di Fabiana Liguori Progetto “Tara Méditerranée” Goletta Tara a Napoli: un viaggio lungo 7 mesi per la salvaguardia del Mediterraneo
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