MIYAMOTO MUSASHI Il libro dei cinque anelli GO RIN NO SHO © 2012 Susaeta editore, Madrid © 2012 CREABOOKS packagers snc Ideazione e impaginazione: Donatella Bergamino Testi: Giorgio Bergamino, Gianni Palitta Consulenza redazionale: Laura Aceti, Donatella Bergamino Ricerca iconografica: Giorgio Bergamino TUTTI I DIRITTI RISERVATI Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in copia o trasmessa in alcuna forma e con alcun mezzo elettronico, fotocopia, disco o altro modo, senza autorizzazione scritta dell’editore. MIYAMOTO MUSASHI - IL LIBRO DEI CINQUE ANELLI SOMMARIO Amici e ospiti 168 Buddismo 170 Storie 172 Seppuku 174 Sommario Introduzione 7 I samurai 8 LA SHINSENGUMI 12 Miyamoto Musashi 18 IL GIAPPONE AL TEMPO DI MUSASHI 22 Go Rin No Sho - Il libro dei cinque anelli 27 Prologo 29 Il libro della Terra 31 IL BUSHIDO 38 I NINJA 46 Il libro dell’Acqua 49 IL CONFUCIANESIMO 56 IL SEPPUKU 64 Il libro del Fuoco 67 LO ZEN 74 KOJIRO SASAKI 80 Il libro dell’Aria 83 IL BUDDISMO 88 Il libro del Vuoto 95 IL KENDO 98 Il testamento di Musashi: il Dokkodo 100 Yamamoto Tsunetomo - Hagakure 103 Yamamoto Tsunetomo 104 Il libro 106 Convergenza leggera nel buio della notte 108 4 La Via del samurai 110 LA SCUOLA NITEN RYU 112 Tra la vita e la morte 114 Saggezza 116 Il comportamento degli antichi 118 HAIKU E CHA NO YU 120 Il proprio signore 122 La forza 124 IL JUDO 126 La giustizia 128 Grandi uomini 130 L’età 132 Lo stile di vita del samurai 134 I RONIN 136 L’arte della scherma 138 I giovani samurai 140 Il combattimento 142 Maestro e discepoli 144 Fiori, calligrafia e poesia 146 I DAIMYO 148 Meditazione e concentrazione 150 Il dolore 152 CASTELLI E FORTIFICAZIONI 154 Samurai 156 Qualità interiori ed esteriori 158 Il vassallo 160 TAKEDA SHINGEN 162 Monaci 164 La cerimonia del tè 166 Le armi dei samurai 177 Katana 178 I maestri spadai 180 Spade corte e lunghe 182 Tessen 184 LA SCUOLA DAITO-RYU AIKIJUJUTSU 186 Bokken 188 Yari 190 BENKEI 192 Naginata 194 Yoroi 196 Daikyu 198 Atakebune 200 DONNE SAMURAI 202 Tanegashima-teppo 204 Armi “non nobili” 206 YOSHITSUNE MINAMOTO 208 Sotto l’armatura 210 IL KARATE 212 Le grandi battaglie del Giappone 215 Dan-no-ura 216 Baia di Hakata 218 Minatogawa 220 Le cinque battaglie di Kawanakajima 222 I VENTIQUATTRO GENERALI DI TAKEDA SHINGEN 224 Nagashino 226 Noryang 228 Sekigahara 230 Shiroyama 232 L’AMMIRAGLIO TOGO 234 Port Arthur 236 Tsushima 238 Nanchino 240 Midway 242 I KAMIKAZE 244 Storia militare del Giappone 247 Dal mito al periodo Asuka 248 L’epoca Nara 250 Il periodo Heian 252 Dal periodo Kamakura al periodo Muromachi 254 L’arrivo degli Europei 256 ODA NOBUNAGA 258 Il periodo Azuchi-Momoyama 260 Il periodo Edo 262 La Restaurazione Meiji 264 L’imperialismo giapponese 266 I QUATTRO HITOKIRI DEL BAKUMATSU 268 Il periodo Taisho 270 Il periodo Showa 272 GLI EREDI DEI SAMURAI 274 La seconda guerra mondiale 276 YUKO MISHIMA 278 Indice analitico 280 Bibliografia 287 5 INTRODUZIONE S pesso paragonato all’Arte della guerra, Il libro dei cinque anelli di Miyamoto Musashi è la risposta giapponese al grande stratega cinese Sun Tzu. Il libro è diviso in cinque capitoli e ogni capitolo prende il nome di un elemento: Terra, Acqua, Fuoco, Aria e Vuoto ed è per questo che è conosciuto anche come Il libro degli elementi o Il libro dei cinque elementi. Musashi, che ha scritto questo trattato di strategia militare nel 1645, afferma che solo il guerriero che sappia padroneggiare perfettamente i cinque elementi può essere invincibile. I suoi consigli sono relativi al combattimento e al conseguimento di una vittoria, ma possono anche essere applicati per la riuscita in qualsiasi impresa, per questo forniscono suggerimenti preziosi a chiunque affronti un impegno gravoso e irto di difficoltà sia esso un militare o un uomo d’affari, un atleta o una persona comune, che ogni giorno deve affrontare la sua “guerra” per cercare di realizzare i propri desideri. 7 MIYAMOTO MUSASHI - IL LIBRO DEI CINQUE ANELLI I samurai L a figura del samurai è certamente tra quelle che evoca, nell’immaginario collettivo, maggiore curiosità per l’alone di leggenda che spesso l’accompagna. La storia del Giappone li vide protagonisti a partire dal III e IV secolo d.C. quando cominciarono ad apparire élite armate divise in gruppi tribali che controllavano un territorio estremamente frastagliato. In un primo tempo erano conosciuti come bushi (soldati) e soltanto qualche tempo dopo vennero identificati con il termine samurai che significava “servo” o “accompagnatore” perché il guerriero era al servizio di un signore. Le origini del samurai si perdono pertanto nella prima fase della storia del Giappone, in cui erano presenti clan formati da un gruppo elitario che era al tempo stesso guerriero e aristocratico, ma queste figure, per l’evolversi della situazione politicosociale del paese, scomparvero per circa quattrocento anni a favore del soldato semplice proveniente dall’ambiente contadino. Solo verso il VIII secolo d.C. durante l’epoca Heian (dal nome della capitale, l’attuale Kyoto) l’inadeguatezza di un esercito formato da contadini male addestrati, costrinse il governo a richiedere alle famiglie nobili di fornire truppe valide, formate dai ranghi inferiori dell’aristocrazia, anche perché bisognava fronteggiare delle ribellioni che si erano sviluppate nell’est del paese, la zona a nord e a oriente dei laghi del Fuju dove operavano gli azumabito (uomini dell’est) i quali, benché rozzi, erano abilissimi nell’uso della spada. Intanto il debole potere centrale, nel tentativo di conservare l’appoggio 8 dell’aristocrazia, favorì gli shoen, territori affidati alle famiglie nobili delle province che avendo bisogno di uomini per difenderli alimentarono la prima classe di guerrieri. Questa nuova aristocrazia era caratterizzata da patti d’armi personali tra signore (tono) e il vassallo (kenin) e si formarono dei clan sempre più potenti che agivano autonomamente senza più ascoltare il volere del potere centrale. In questo periodo il legame che univa il signore e il guerriero era basato su due concetti: quello di hoko (servizio) e quello di goon (favore); in cambio del favore il signore che si manifestava con la distribuzione del bottino o l’assegnazione di terre, il guerriero forniva la sua prestazione militare e si occupava dell’esazione delle imposte. Non solo guerrieri Alla fine del periodo Heian (794-1185) il potere centrale aveva perso il controllo politico del Giappone che era in mano ai potenti clan militari e tra questi emersero quelli dei Taira e dei Minamoto; nel frattempo la figura del samurai si stava sempre più delineando non solo come un abile guerriero ma anche come un letterato e un fine artista. sempre più condizionato dalle correnti spirituali e culturali dell’epoca. Verso il 1000 era ancora lo Gusoku, armatura del periodo Edo, XVII secolo; marcatura a nome Yukinoshita Sadaiye. È realizzata con maglie di ferro, seta e rame con doratura. INTRODUZIONE I SAMURAI MIYAMOTO MUSASHI - IL LIBRO DEI CINQUE ANELLI L’epopea dei samurai ha ispirato molti film, fra questi quello che narra la loro ultima tragica battaglia contro le moderne mitragliatrici durante la rivolta di Satsuma nel 1877. esautorando del tutto l’imperatore e stabilendo la supremazia della casta dei samurai che per quattro secoli avrebbe giocato un ruolo decisivo sia nella difesa del paese, respingendo l’attacco dei Mongoli (1274 e 1281), sia nelle lotte feudali che caratterizzarono quella fase di storia giapponese. tevano in versi il proprio epitaffio. Grazie a queste scuole i rozzi guerrieri divennero dei raffinati poeti, mecenati, pittori, cultori delle arti, collezionisti di porcellane sempre seguendo le regole del Bushido (la via del guerriero), un codice etico a cui non si ci poteva sottrarre se non si voleva cadere nella più grave colpa: il disonore. Ispirato alle dottrine del buddismo e del confucianesimo adattate alla casta dei guerrieri, il Bushido esigeva il rispetto dei valori di onestà, lealtà, giustizia, pietà, dovere e onore, i quali dovevano essere perseguiti fino alla morte. Il venir meno a questi princìpi causava il disonore del guerriero, che espiava la propria colpa commettendo il seppuku, il suicidio rituale. Nella società giapponese del XVI secolo i samurai formavano una casta famigliare al servizio dell’alta no Un dipinto del 1293, di autore anonimo, mostra i samurai a cavallo che affrontano i Mongoli sbarcati in Giappone. La via del guerriero Shintoismo la principale fonte d’ispirazione per i samurai, credo religioso che imponeva la fedeltà all’imperatore, ma in seguito i concetti taoisti, buddisti e confuciani iniziarono a diffondersi e a sovrapporsi allo Shintoismo. In particolare ebbero grande fortuna, dopo il buddismo cinese, il buddismo zen e il buddismo esoterico (quest’ultimo soprattutto nelle casate nobili più ricche e potenti). Alla fine del XII secolo il clan Minamoto prese il potere e il capo del clan Minamoto no Yoritomo assunse il titolo di shogun (capo militare) 10 In questi anni nacquero molte scuole in cui ai doveri del samurai era associato l’obbligo di svolgere fedelmente i propri compiti al massimo delle proprie capacità, unendo la grazia ed l’eleganza, per dimostrare con il gesto la propria superiorità. Questo precetto venne contestato nel XVI secolo (quando venne rivalutata l’efficacia e non la forma del gesto), tuttavia è rimasto in molte scuole di pensiero samurai. La prima grande codificazione di questa svolta avvenne nel Heike Monogatari, opera letteraria più famosa del periodo Kamakura (1185-1249), che attribuiva alla via del guerriero l’obbligo dell’equilibrio tra la forza militare e la potenza culturale. Gli eroi di quest’epopea (la storia di una lotta tra i due clan dei Taira e dei Minamoto) e di altre che si ispirarono a questa negli anni immediatamente successivi, sono gentili, ben vestiti, molto attenti all’igiene, cortesi con il nemico nei momenti di tregua, abili musicisti, competenti poeti, letterati talvolta particolarmente versati nella calligrafia o nella disposizione dei fiori, appassionati cultori del giardinaggio, spesso interessati alla letteratura cinese. Inoltre morendo, se ne avevano il tempo e la possibilità, spesso met- 11 APPROFONDIMENTI LA SHINSENGUMI MIYAMOTO MUSASHI - IL LIBRO DEI CINQUE ANELLI I samurai La Shinsengumi opo la forzata apertura al commercio occidentale imposta con la potenza dei propri cannoni dal commodoro americano Matthew Perry, nel 1853, in Giappone nacquero diversi partiti, alcuni dei quali sostenevano la necessità di instaurare dei buoni rapporti con gli Occidentali, mentre altri erano fermamente contrari a ogni contaminazione con il mondo esterno. È nell’ambito di questi ultimi che sorsero dei movimenti radicali che propugnavano un ritorno al potere dell’imperatore e di conseguenza si opponevano a tutte le iniziative dello shogunato. Uno di questi fu quello di Sonno Joi che con il motto «Onore all’Imperatore, espellere i Barbari» iniziò una serie di azioni violente nell’area di Kyoto, l’allora capitale imperiale, che richiesero l’intervento dello shogunato Tokugawa. Nel 1863 lo shogun formò un corpo speciale di polizia per contra- D Statua di Hijikata Toshizo, nel famoso tempio buddista di Takahata Fudo, a Hino, località oggi inserita nella cerchia urbana di Tokyo, allora città natale di Toshizo. 12 stare e contenere i sostenitori radicali dell’imperatore, il Roshigumi. Il gruppo, in un primo tempo formato da 234 guerrieri, era costituito principalmente da ronin e aveva anche l’incarico di scortare e proteggere il XIV shogun, Tokugawa Iemochi, che si preparava ad entrare a Kyoto. Tra questi 234 ronin, ne furono scelti 30 per formare il “nuovo corpo scelto”, chiamato appunto Shinsengumi. I trenta guerrieri furono prima chiamati con il nomignolo di Miburo cioè Ronin di Mibu (Mibu era il nome del sobborgo centrale di Kyoto in cui la Shinsengumi prestava servizio). Con il passare del tempo però la reputazione del corpo divenne sempre più scadente tanto da cambiare il nomignolo da Ronin di Mibu a Lupi di Mibu pronunciato allo stesso modo del precedente. I principali comandanti del corpo Hijikata Toshizo fotografato in abiti occidentali, ma con la fedele spada al fianco. Fu un grande spadaccino e animò la resistenza dello shogunato contro la restaurazione imperiale. furono Kamo Serigawa, Isami Kondo e Nishiki Niimi, ed era composto da tre squadre principali, di Serigawa, Kondo e Tonouchi, malgrado quest’ultimo, Yoshio Tonouchi, fosse stato assassinato poco dopo la sua fondazione assieme a Tsuguo Iesato. Molte sono le storie, legate a questo gruppo, che sono state riprese da scrittori e registi moderni, oltre ai creatori di manga che hanno fatto di questi guerrieri degli eroi dei fumetti e dei cartoni animati giapponesi. CURIOSITÀ ✑ Bakumatsu ✑ Manga Sono così chiamati gli ultimi anni (1853-1867) del periodo Edo in cui sorse la Shinsengumi per fronteggiare i continui disordini che caratterizzarono quel periodo in cui il Giapponne concluse la sua politica isolazionista conosciuta come sakoku. In Giappone questo termine, che significa letteralmente “immagini libere”o “immagini stravaganti”, indica gerericamente ogni tipo di fumetto, mentre nel resto del mondo con “manga” si identificano le storie a fumetti giapponesi. 13 MIYAMOTO MUSASHI - IL LIBRO DEI CINQUE ANELLI biltà, i daimyo (signori), a loro erano legati da un rapporto di fedeltà assoluta. Erano tenuti a rispondere alla chiamata in guerra quando il proprio signore era in conflitto con qualche daimyo rivale, muniti del proprio equipaggiamento di cui la corazza e la spada erano gli elementi più importanti. Nel 1191 Minamoto no Yoritomo, il fondatore dello shogunato di Kamakura in una lettera la padre dettò le regole che rimarranno per sempre nell’etica dei samurai: «I samurai devono prestare la stessa cura nel servire il loro signore che i sacerdoti mettono nel servire il Budda. Essendo ora il paese governato dal potere politico e civile dello shogun, tutti i suoi sottoposti e i loro familiari dovranno servire i superiori con spirito di devozione ed essere pronti a sacrificare la propria vita in ogni momento in cambio dei favori ricevuti. Essi quindi dovranno ritenere la vita come qualcosa che non appartiene più a loro; dovranno essere sempre pronti in ogni circostanza, in modo da sconfiggere qualunque attacco nemico. Il samurai deve prendere tutte le precauzioni per non perdere la propria vita inutilmente, ma deve sacrificarla soltanto per l’onore e la salvezza del proprio signore». Il rapporto tra signore e samurai legava entrambe le parti: in cambio del servizio e della cieca fedeltà il samurai veniva ricompensato con un possedimento terriero (chigyochi), e come per i cavalieri europei veniva sottoposto ad una cerimonia di investitura, incentrata su un giuramento scritto con un pennello intinto nel sangue del samurai, mentre la “firma” era rappresentata dall’impronta insanguinata (keppan) di un dito del samurai. Il documento (kishomon) veniva poi bruciato davanti all’altare delle divinità tutelari del clan e le sue ceneri sciolte in un liquido che veniva bevuto dal samurai. Il legame era così forte che, quando un 14 daimyo moriva, alcuni suoi samurai si suicidavano per accompagnarlo anche nel mondo ultraterreno; questa usanza (junshi) era talmente radicata e causò così tante vittime che venne vietata per legge, anche se non sparì completamente. Samurai al potere La figura del samurai subì profondi cambiamenti dall’epoca della sua affermazione in poi, già nel periodo Muromachi (1338-1573) acquisì nuove caratteristiche, ma le trasformazioni maggiori avvenne con l’istituzione della figura del daimyo. All’inizio erano semplici comandanti di truppe che col tempo acquisirono anche un potere civile, oltre a quello militare che già avevano; diventarono così veri e propri signori che, secondo il codice dei samurai, esigevano fedeltà assoluta da tutte le famiglie a loro sottoposte. Furono i daimyo a cambiare i rapporti interpersonali per cui i signori minori, le cui terre erano entrate nella loro giurisdizione furono legati più a questi che allo shogun. Fu a questo punto che il samurai perse parte della sua importanza come uomo d’armi in quanto molte delle forze militari furono integrate dai soldati a piedi, gli ashigaru, reclutati fra i contadini. D’altra parte verso la fine del periodo Muromachi i samurai più potenti si erano già trasformati in daimyo, mentre i samurai minori avevano formato una piccola aristocrazia di militari e funzionari al loro servizio. Inoltre fino al XV-XVI secolo non esisteva una distinzione Un comandante samurai, l’hatamoto Sakai Tadatsugu, al servizio del clan Tokugawa, lancia le sue truppe all’assalto del castello di Nagashino durante la guerra del 1575. INTRODUZIONE I SAMURAI MIYAMOTO MUSASHI - IL LIBRO DEI CINQUE ANELLI netta tra samurai e contadini, tanto che molti di questi ultimi si trasformarono in samurai; fino a raggiungere alti gradi nell’aristocrazia militare come per Toyotomi Hideyoshi, fino a diventare daimyo. D’altra parte molti, piccoli samurai diventano spesso contadini, tanto che a un certo punto Nobunaga (1534-1582) prima e poi Hideyoshi (1536-1598) furono costretti a decretare la netta separazione tra guerrieri e contadini, rafforzando la classe dei samurai e legando indissolubilmente i contadini alla terra. Con l’Editto delle Tre Clausole (1588) poi Hideyoshi proibì ogni mobilitazione tra le varie classi e i contadini furono iscritti nei registri dei loro villaggi. I samurai invece furono registrati dai daimyo e fu loro vietato di cambiare signore. Con i Tokugawa infine i samurai vennero divisi in ranghi: i più importanti erano i samurai legati allo shògun da vincoli di parentela, poi venivano i samurai di rango medio e infine quelli di basso rango. Il Buke-Sho-hatto (1615) codificò rigidamente comportamento, cerimoniale, vita della classe dei samurai di ogni rango. Erano tenuti a seguire gli studi, dovevano prestare servizio di guardia al- l’imperatore, dovevano astenersi dal frequentare i samurai di rango inferiore. La natura guerriera dei samurai a questo punto si trasformò completamente; il samurai diventò un burocrate. Questa società in cui ognuno venne inserito in un proprio spazio adottò i principi neoconfuciani di Zhu Xi che sottolineavano l’importanza della fedeltà e sottomissione al superiore e servirono quindi a cementare l’intera società. Il lungo periodo di pace indusse ulteriori cambiamenti nella natura del samurai: non potendo esercitare la propria professione nei conflitti con altri clan, avevano un solo modo per mostrare la loro abilità nelle arti marziali: il duello. In questo periodo Miyamoto Musashi, uno dei più celebri samurai della storia e autore del Libro dei cinque anelli incrociò la spada per più di 60 volte contro singoli avversari e il suo primo duello mortale lo sostenne a soli 13 anni contro il ben più esperto Arima Kihei. Questo lungo periodo senza conflitti permise ai samurai di dedicarsi ad ampliare la propria cultura e ciò gli permise di occupare ruoli importanti sia nell’amministrazione che nelle varie scuole di formazione che erano sorte. Questo cambiamento di ruolo avvicinò la classe dei guerrieri alla borghesia, precedentemente tanto disprezzata, che consentì ai borghesi di conoscere e fare propri quei valori che caratterizzeranno la società giapponese fino alla fine del secondo conflitto mondiale. Altri samurai invece a causa della soppressione di feudi o la morte di un daimyo rimasero senza padroni e divennero guerrieri erranti, disposti a mettersi al servizio di qualcuno Una raccolta di oggetti di antiquariato giapponese fra i quali armature e armi diverse (archi lunghi, picche e alabarde, spade del tipo katana e tachi). 16 per denaro oppure dedicandosi al brigantaggio. Erano i ronin (uomini onda), molti dei quali si macchiarono di orrendi delitti, ma altri divennero degli eroi popolari come i quarantesette ronin che dopo aver vendicato il loro padrone, ingiustamente costretto al suicidio, preferirono la morte mediante hara-kiri (letteralmente “aprire il ventre”) piuttosto che subire il processo dello shogun. La fine di un’epoca Quando il 13 febbraio del 1854 lo shogun Ieyoshi fu costretto a firmare un trattato di commercio con gli Stati Uniti le porte del Giappone si aprirono all’Occidente e ovviamente oltre alle merci arrivarono anche nuove idee e nuovi modelli sociali. In pochi anni avvenne un profondo rivolgimento: il potere feudo-militare passò a sostenere di nuovo la figura imperiale, la classe militare che aveva dominato per secoli il Giappone decretò da sola la sua fine. Furono i daimyo di Satsuma Choshii, Hizen e Tosa con il loro memoriale a chiedere all’imperatore di riassumere il comando del Paese, come era sempre stato stabilito dalla tradizione giapponese. L’ultimo shogun, Tokugawa Yoshinobu, presentò le dimissioni al sovrano, ma i suoi samurai si ribellarono (1867) e mossero verso Kyoto per cercare di restaurare il potere del loro shogun. Sconfitti dalle truppe imperiali a Kyoto, a Toba e a Fushimi continuarono a combattere anche se ridotti in pochi nel Nord del paese. Queste opposizioni locali non arrestarono comunque gli eventi, tanto che nel 1868 i principi feudali rassegnavano nelle mani imperiali le loro cariche e veniva proclamata la Restaurazione Meiji (il “governo illuminato”). La classe dei samurai fu abolita e lasciò il posto a un esercito nazionale in stile occidentale. 17 INTRODUZIONE MIYAMOTO MUSASHI MIYAMOTO MUSASHI - IL LIBRO DEI CINQUE ANELLI Miyamoto Musashi N acque nel 1584 a Miyamoto-Sanoma nella provincia di Mimasaka, che oggi fa parte della prefettura di Okayama, in una famiglia appartenente al clan Arima di Kyushu. All’età di sette anni morì la madre e il padre Munisai, un guerriero di professione, lo affidò alle cure di uno zio materno e se ne andò; già da piccolo mostrò un carattere forte e lo zio per temperare la sua violenza innata gli insegnò i principi base delle arti marziali e l’uso della spada. Nel 1596 un samurai di nome Arima Kihei, molto abile con la spada e con lo yari (una lancia), arrivò in città e mise un annuncio in cui cercava coraggiosi disposti a combattere contro di lui; Musashi, che aveva solo tredici anni, ma per la sua già grande stazza ne dimostrava di più, si fece avanti per accettare la sfida. Subito lo scontro si trasfromò in un corpo a corpo e quando Kidei cadde Musashi lo colpì con la sua spada di legno, inferendogli un colpo mortale alla testa. All’età di quindici anni lasciò il villaggio in cerca di avventure e di un’affermazione personale come uno dei tanti ronin che percorrevano il paese in cerca di gloria o di un ingaggio da parte di un signore. Il 21 ottobre 1600 parecipò alla battaglia di Sekigahara combattendo per gli Ashikaga, che vennero sconfitti e Musashi si sottrasse a stento al massacro di migliaia di guerrieri e all’inseguimento da parte dei nemici; dopo quella terribile esperienza visse per diverso tempo quasi in isolamento nelle foreste più impervie, dedicandosi solamente all’af- 18 finamento delle tecniche marziali. A venti anni si trovava a Kyoto, l’allora capitale del Giappone e qui sfidò il miglior spadaccino dell’epoca, Yoshioka Seijuro, forse per vendicare suo padre che era stato battuto e forse ucciso da Seijuro. Miyamoto Musashi non vinceva i suoi duelli solo grazie alla sua grande forza e sulle sue evidenti doti tecniche, ma era un maestro nell’uso di diversivi che operavano sulla psicologia dell’avversario in modo da minarne la forza. Un tipico esempio fu il duello con Yoshioka che, oltretutto, era a capo di una famosissima scuola di arti marziali. Musashi arrivò tardi al duello facendo così infuriare l’avversario che non si attendeva una mancanza di rispetto, soprattutto da chi aveva gettato il guanto della sfida. Il duello iniziò, ma la mente di Yoshioka, essendo ancora turbata dall’affronto subito, non aveva la lucidità che la situazione richiedeva. Venne deciso che lo scontro non fosse all’ultimo sangue e che fosse combattuto con spade di legno. Il duello si concluse nel giro di pochi minuti con un grande colpo che Musashi assestò alla spalla sinistra di Yoshioka; il colpo fu così violento che Yoshioka dovette essere rianimato e portato via a braccia. Non aveva ancora compiuto vent’anni e Miyamoto Musashi era già diventato lo spadaccino più famoso del Giappone. L’affronto subito da Seijuro recò vergogna sull’intera famiglia e il fratello minore, Denshichiro, sfidò immediatamente Miyamoto cercando così di risollevare le fortune della famiglia. Anche in questo duello Miyamoto ripeté lo scherzetto fatto a Yoshioka: arrivò in ritardo innervosendo così l’avversario. Lo scontro fu senza storia e Denshichiro, che era un samurai piuttosto dotato, vi trovò la morte. Per la famiglia Yoshioka l’affronto subito era intollerabile: doveva essere vendicato a tutti i costi. Solo la morte di Miyamoto Musashi avrebbe potuto rendere ai Yoshioka l’onore perduto. L’adolescente Hanshichiro, non era ancora un samurai, ma sfidò ugualmente Musashi e fidando del fatto che l’avversario si presentava sempre in ritardo sul luogo del duello gli preparò un agguato insieme a molti uomini armati. Ma questa volta Musashi anticipò le mosse dell’avversario e si recò sul luogo molte ore prima, nascondendosi fra i cespugli: quando il gio Un indovino osserva Miyamoto Musashi riflesso in uno specchio. Dipinto del famoso artista giapponese Utagawa Kuniyoshi realizzato verso il 1850. 19 INTRODUZIONE MIYAMOTO MUSASHI MIYAMOTO MUSASHI - IL LIBRO DEI CINQUE ANELLI Il più famoso avversaio di Musashi, Sasaki Kojiro, mentre impugna la sua spada usando la tecnica da lui stesso creata detta Tsubame Gaeshi (volo di rondine). vane Hanshichiro si presentò sbucò fuori all’improvviso, prendendo alla sprovvista il folto gruppo di samurai avversari; individuò il giovane e lo uccise prima ancora che potesse impugnare la spada, poi, approfittando del caos, si aprì un varco attraverso i nemici e riuscì a fuggire. Negli anni successivi Miyamoto Musashi continuò a duellare per tutto il Paese; attraverso questi duelli all’ultimo sangue, cercava di raggiungere l’Illuminazione, lo stadio finale, il perfezionamento dell’arte del combattimento. Nel 1605 visitò il 20 tempio di Hozoin e volle sfidare, non in un duello mortale, Oku Hozoin, un monaco maestro delle arti marziali, e lo batté due volte. Ma il duello che lo rese più celebre fu quello con Sasaki Kojiro (Ganryu), uno dei più famosi samurai dell’epoca, benché avesse solo diciotto anni. Lo scontro si svolse sull’isola Funa-jima, che oggi è soprannominata Ganryu-jima. Anche questa volta Musashi arrivò in ritardo facendo così innervosire l’avversario. Prima di sbarcare sull’isola, Musashi si costruì una spada di legno ricavandola da un remo della barca. Ganryu appena vide il suo rivale sbarcare, gettò il fodero della spada e si lanciò all’attacco, ma il suo colpo sfiorò solamante la testa di Miyamoto che rispose con un terribile colpo sulla testa di Sasaki che crollò a terra. Anche da terra Sasaki mostrò la sua abilità con un colpo che, però, non andò a segno: bucò solo il kimono di Musashi, il quale con un colpo in pieno petto pose fine al duello e alla vita dell’avversario. Miyamoto combatteva spesso con un bokken, una spada di legno usata in allenamento. Si diceva, inoltre, che fosse di carattere difficile, scortese e poco amante dell’igiene personale. Non si sposò mai, ma ebbe tre figli adottivi. Nel 1614-1615 partecipò all’episodio finale della guerra tra i clan Tokugawa, che governava il Paese, e Toyotomi. Musashi era ancora al servizio di Toyotomi Hideyori quando il suo quartier generale, il castello di Osaka, venne circondato dalle truppe dello shogun Tokugawa. Dopo lo scontro con Kojiro, Musashi diradò i duelli a favore di altre attività. Certamente non si sottrasse ai duelli, quando sfidato, ma non li cercò di proposito, come prima. Si dedicò, invece, alla sua scuola e ai suoi discepoli che affluirono sempre più numerosi. Partecipò alla costruzione del castello di Akashi e alla riorganizzazione della città di Himeji dove si stabilì nel 1621. L’anno successivo era di nuovo in viaggio e raggiunse Edo dove cercò, invano, di diventare Maestro di Spada dello shogun Tokugawa. Insieme al figlio adottivo Miyamoto Iori, continuò il suo pellegrinare per il Paese per arrivare infine ad Osaka. Nel 1634 si spostarono nella città di Kokura ed en- trarono al servizio del daimyo Ogasawara Tadazane. Padre e figlio parteciparono alla rivolta di Shimabara dove militarono tra le file delle forze shogunali impegnate a schiacciare la rivolta. Iori, durante questo conflitto, si distinse ottenendo il grado di Karō, il grado più elevato tra i samurai, e venne ferito da pietre lanciate dagli assediati. Successivamente, dopo essersi legato al daimyo Hosokawa Tadatoshi, si trasferì a Kunamoto, nel Menpo, un tipo di maschera da guerra che, unita all’elmo, proteggeva il volto e voleva incutere timore nell’avversario. 21 APPROFONDIMENTI IL GIAPPONE AL TEMPO DI MUSASHI MIYAMOTO MUSASHI - IL LIBRO DEI CINQUE ANELLI La società giapponese Il Giappone al tempo di Musashi urante il periodo Edo, in cui governava la potente famiglia dei Tokugawa, la società giapponese era organizzata in una struttura sociale ben definita, in cui ciascun individuo aveva una posizione nella scala gerarchica. Al vertice era l’imperatore con la sua corte anche se il suo potere era puramente simbolico in quanto chi reggeva le sorti dello stato era lo shogun della famiglia Tokugawa, dopo la vittoria nella battaglia di Sekigahara del 1600. Alle sue dirette dipendenze erano i daimyo, signori feudali il cui rango era indicato dalla loro vicinanza ai Tokugawa: erano circa 250 e governavano i loro feudi (han) che avevano una produzione annuale di circa 10 000 o più koku di riso (1800 t). Immediatamente sotto nella scala sociale D c’erano i 400 000 samurai divisi in numerosi ranghi. Alcuni di grado superiore erano eleggibili ad alti uffici, la maggior parte erano fanti (ashigaru) con doveri minori. I samurai erano affiliati ai loro signori in una ben stabilita catena di comando. Lo shogun disponeva di 17 000 samurai, ogni daimyo ne aveva qualche migliaio. La maggior parte viveva in case modeste vicino al quartier generale del loro signore e si manteneva con rendite e stipendi ereditari. Insieme con i gruppi superiori della scala sociale costituivano circa il 6% del totale della popolazione. Ordini sociali inferiori Il resto della popolazione era diviso in due segmenti principali: i contadini che costituivano circa l’80% della popolazione e gli artigiani e commercianti. Il maggior prestigio dei contadini era dovuto al fatto che a loro spettava il compito di produrre i beni di cui tutta la società si Carta geografica del Giappone dell’epoca Tokugawa datata 1630, che mostra le isole Oki e i limiti occidentali dell’Impero unitamente con la mappa e i confini delle prefetture. serviva, ma tra loro serpeggiava molto malcontento per l’eccessivo peso delle tasse. Erano illetterati e vivevano in villaggi controllati da un ufficiale incaricato di mantenere la pace e raccogliere le tasse. Molto più ricchi, ma a un livello inferiore nella scala sociale erano i mercanti e gli artigiani. Non possedevano potere politico e anche i più ricchi mercanti trovavano difficile sollevarsi in una società in cui il posto e il valore sociale era fissato dalla nascita. Un artigiano dell’epoca Tokugawa nel suo laboratorio. Fra le categorie più famose quella degli spadai, veri e propri artisti. Infine c’erano gli intrattenitori, le prostitute, i lavoratori e i servi, i ladri, i mendicanti e i fuoricasta. Questi erano strettamente controllati dagli ufficiali locali e non era permesso loro di mischiarsi a persone di ceto sociale superiore. CURIOSITÀ 22 ✑ Buke Sho Hatto ✑ A ognuno la sua missione Nel 1615 vennero imposti i codici di vita per la classe militare, che prevedevano, tra gli altri, l’obbligo a risiedere, in alternanza, a Edo e nelle provincie e delineavano la condotta di vita austera e sobria dei bushi, basata sulla dottrina del buddismo zen. Fu durante la lunga dominazione dei Tokugawa che si gettarono le basi per la struttura sociale orientale moderna, nella quale ogni persona assume un preciso ruolo sociale e deve adempiere alla sua missione attraverso il lavoro. 23 INTRODUZIONE MIYAMOTO MUSASHI MIYAMOTO MUSASHI - IL LIBRO DEI CINQUE ANELLI Kyushu, dove si dedicò, principalmente, alla scrittura e all’insegnamento della sua materia preferita: la strategia del combattimento. Per Tadayoshi scrisse un documento che riassumeva la sua esperienza, intitolato Heiho Sanjugo Kaiho (I trentacinque precetti dell’heiho), ma quando il daimyo morì all’improvviso, Musashi ne soffrì così tanto che il suo fisico cominciò a decadere, a tal punto che doveva essere aiutato anche a salire un semplice gradino. Nel 1643 si ritirò in una caverna dove cominciò a scrivere il suo Libro dei Cinque Anelli. Poco dopo aver terminato il libro, morì: era il 13 giugno del 1645. Si pensa che sia stato stroncato da un cancro ai polmoni. L’ultima opera letteraria fu il Dokkodo, composto una settimana prima di morire; una raccolta di diciannove precetti, un testamento spirituale per i suoi allievi. Il suo corpo è sepolto nel villaggio di Yuge. La figura di Miyamoto Musashi è leggendaria e si è stabilita con grande autorità nell’immaginario popolare; ha ispirato decine fra film e prodotti per la televisioni, videogame, libri, Isoai Juroemon Masahisa che impugna la sua arma preferita, la lunga lancia detta naginata. I ronin erano un esempio di dedizione e lealtà verso il proprio signore. anime e manga, libri. Non è possibile sopravvivere a sessanta duelli senza avere delle qualità e senza poi entrare nella Storia. Musashi combatteva spesso con una spada di legno contro nemici armati di spade d’affilato acciaio, a volte affrontava anche più avversari contemporaneamente, ma uscì sempre vittorioso. La sua grande forza fisica e la maestria nel saper padroneggiare la tecnica, da sole, non bastano a spiegare il suo successo; era anche un profondo conoscitore della strategia militare e della psiche umana che spesso gli permise di ottenere quel vantaggio necessario a vincere i duelli. Fondò una scuola di scherma, la Niten Ichi-ryū, attiva ancora oggi, in 24 Il leggendario duello sulla spiaggia fra Musashi e Kojiro rappresentato in una statua posta a ricordo nel luogo in cui avvenne, l’isola di Ganryujima. cui veniva insegnato il combattimento con due spade, una lunga e una corta. Ai suoi numerosi discepoli, insegnò il coraggio, il disprezzo per il pericolo e per la morte; volle che, come lui, vivessero una vita austera e piena di sacrifici nella ricerca dell’Illuminazione, meta finale di ogni guerriero. 25 GO RIN NO SHO Il libro dei cinque anelli PROLOGO M i chiamo Shinmen Takezo Musashi no Kami Fujiwara no Genshin, nato come bushi nella provincia di Arima e ora che sono arrivato a sessant’anni voglio rendere una testimonianza scritta della mia esperienza nella Via. Già da quando ero giovane ho intrapreso il sentiero dell’heido e a soli tredici anni ho combattuto il mio primo duello e ucciso un samurai, Arima Kihei, molto abile nell’uso della spada. Da allora ho combattuto contro i migliori spadaccini del Giappone e in più di sessanta scontri ho sempre sconfitto i miei avversari. Arrivato all’età di trent’anni ho cominciato a riflettere sul valore della mia vita e ho concluso che tutti questi successi non erano dovuti alla mia particolare padronanza nei segreti dell’arte della spada, ma molto più probabilmente dalla volontà degli dèi o dalla scarsa abilità dei miei avversari. A quel punto ho dedicato tutto me stesso alla ricerca di una conoscenza più profonda e dopo una meditazione durata anni ho realizzato in me stesso l’essenza dell’heiho all’età di cinquant’anni. Raggiunta l’illuminazione ho applicato questo metodo alle varie arti senza dover rivolgermi a un maestro o a un istruttore. Anche per scrivere questo libro non trovo ispirazione in Budda o Confucio e non voglio confrontarmi con gli antichi libri sulla guerra o sull’uso delle armi: oggi, alla luce del sentiero del Cielo e di Kwannon, prendo semplicemente il pennello in mano e comincio a scrivere. 29 I IL LIBRO DELLA TERRA Chi no macki O gnuno di noi ha sempre più possibilità tra cui scegliere per trovare la Via giusta in cui realizzare se stesso: c’è chi sceglie la Via della saggezza e della conoscenza, chi quella della fede religiosa, chi si dedica all’arte del fare il tè o del del tiro con l’arco e molte altre ancora. La cosa principale è farsi guidare delle proprie inclinazioni ed è così che alcuni scelgono la via della guerra, il cammino del guerriero, la cui prima dote è quella di essere pronti a morire in qualsiasi istante; ma non solo i guerrieri: tutti gli uomini comuni dovrebbero possedere questa inclinazione al dovere e questo vantaggio non riguarda pertanto solo lo spadaccino, che combatte escludendo dalla sua mente ogni pensiero. Per Musashi quattro sono le vie da seguire: quella del guerriero, del contadino, dell’artigiano e del mercante e, per ognuna di queste, conoscenza, pratica e strategia sono indispensabili per la migliore realizzazione di se stessi nella vita quotidiana, nella propria attività, ma anche nel proprio io interiore. 31
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