HOMBRES LA RIVISTA DI CHI AMA RACCONTARE W R I T E R S 2014 - ANNO DUE - Speciale NUMERO DUE Premio Hombres itinerante Poesia - Narrativa - Giornalismo - Immagine X edizione 2014 Lettopalena (CH) 4/10/2914 Benvenuti in Abruzzo nel Borgo Autentico di Lettopalena, impegnato in un percorso di qualità per una Comunità Ospitale Associazione HOMBRES 2 Hombres emozione autentica a Lettopalena di Carolina De Vitis Sono trascorsi 10 anni dalla prima edizione del premio Hombres, tenutasi nel 2004 nel borgo autentico di Pereto (Aq), e dopo aver trovato spazio ed affermatosi tra le iniziative culturali dei nostri piccoli borghi, divenendo nel 2011 un evento letterario itinerante, quest’anno sará ospitato dal comune di Lettopalena, una piccola comunità di circa 400 persone immersa nello splendido scenario della Maiella. Il premio vuole promuovere i borghi e creare una forte relazione tra i territori e la cultura, attraverso i canali della letteratura, dell’immagine, del giornalismo professionale e non. Il borgo diventa così un contenitore in grado di promuovere la propria comunità attraverso l’arte e la cultura. Le edizioni precedenti hanno contato sulla presenza di numerosi autori, provenienti da moltissime regioni italiane e dall’estero, di personaggi come il regista Sergio Castellitto, l’astronauta Umberto Guidoni, l’ex vice presidente del Senato Gavino Angius, il regista FerzanOzpetek, (ricordiamo che il Comitato d’Onore, negli anni, è stato formato, tra l’altro, dalla scrittrice Margaret Mazzantini, dall’ex sindaco di Firenze Leonardo Domenici, dall’ex sindaco di Roma Walter Veltroni, dai presidenti della regione Abruzzo e della provincia dell’Aquila, dal magnifico rettore dell’Università dell’Aquila prof. Ferdinando Di Iorio, dal presidente dell’associazione BAI, dai sindaci dei comuni BAI). Quest'anno proseguendo sulla scia dei precedenti illustri padrini il premio é dedicato all’attore e regista Massimo Troisi, a ricordo dei vent’anni dalla sua scomparsa, e sarà presente per l’occasione la sorella Rosaria. Con un numero di adesioni raddoppiato rispetto al gran successo dell’anno scorso, il Premio Hombres conferma la sua crescita e la sua importanza nell’ aprire un fronte solido per la difesa e la divulgazione della cultura nei territori autentici di una Italia che vuole e deve reagire. Portare questo format, ormai ben strutturato e dai contenuti culturali rilevanti, in una piccola comunità di Lettopalena, entrata a far parte dei Borghi Autentici solo nel 2013, è un’importante occasione di promozione del territorio attraverso l’arte e la cultura oltre che un momento di aggregazione, di confronto e di crescita senza pari; una splendida iniziativa locale, in linea con l’impegno dell’amministrazione nel cercare di migliorare il contesto sociale, ambientale e culturale. 3 Il Premio Hombres Itinerante Da Scurcola Marsicana a Lettopalena di Enzo D’Urbano La carovana del Premio Hombres Itinerante, dopo Pereto e Scurcola Marsicana, si trasferisce a Lettopalena in Provincia di Chieti , alle pendici della Mejella, sotot la grotta del Cavallone, tra i comuni di Palena, Taranta Peligna, Lama dei Peligni, Colledimacine, Montenerodomo e la città romanica di Jovanum e al monumento ai caduti della Brigata Majella. Un luogo autentico di rara bellezza ambientale, ma anche di storia antica e contemporanea. Lettopalena un borgo di 378 abitanti a 680 mt s.l.m., di origine medioevale , nel novembre 1943 fu raso al suolo e nulla rimane dell’antico borgo. Il Sindaco, la dott.ssa carolina De Vitis, ha voluto ospitare il premio perchè è convinta , come noi e tanti sindaci della rete Borghi Autentici d’Italia, che uno dei percorsi per la riqualificazione e rilancio del borgo sia proprio la cultura vissuta, organizzata e percepita. La Direzione del Premio el’associazione Hombres ringraziano il sindaco per questa sensibilità e con lei il Sindaco di Scurcola Marsicana che ha ospitato la VIII e la IX edizione dle concorso. Si ringraziano, altresì le comunità dei due borghi che hanno dimostrato interesse e forte senso della ospitalità. Un ringraziamento ed un saluto va alal Comunità di Pereto e al suo ex Sindaco Giovanni Meuti Per aver creduto prima di tutti alla bontà della manifestazione. Quest’anno vi è stata una incredibile partecipazione di autori, quasi il doppio delle precedenti edizioni, a conferma che Hombres cresce e raccoglie ocnsensi tra la vasta rete di autori che cercano spazi utili e seri per potersi esprimere. Il nostro ringraziamento di cuore va proprio agli autori che ci regalano ogni anno preziosi opere di vera cultura e d elementi di grande emozione. Fosse per me li premierei tutti, ma essendo un concorso bisogna stilare una classifica e su questo la giuria, presieduta dall’ottimo Prof. Ilio Leonio, è spietat e molto severa. Direi giusta. Un ringraziamento speciale va proprio ai componenti la giuria per l’enorme mole di lavoro a cui si è sottoposta anche quest’anno . HOMBRES Writers La rivista a-periodica online di chi ama scrivere Direttore Editoriale: Enzo D’Urbano [email protected] www.premiohombres.com Associazione Culturale Hombres Via di Villa romana 78 67061 Carsoli Aq Testi e illustrazioni, anche quando richiesti, non vengono restituiti. 4 Premio Hombres itinerante X edizione La classifica Sezione Poesia Primo. Dove volano gli aquiloni di Rita Muscardin Secondo. A mio figlio di Dario Marelli Secondo. Another day di Luca Capannolo Terzo. Noi L'Aurora di Angela Caccia Terzo. Amal di Floredana De Felicibus Segnalati dalla giuria Di là dalla finestra il mare di Maria Pia De Martino In ricordo di te di Angelo Cocozza Vecchie pietre di Elena Malta Canto nel vento della ginestra di Caterina Franchetti Di gigli e di bianco di Paolo Lorussi Sedici ottobre di Pietro Catalano Pongo uno sguardo di Daniela Basti Perchè... (le stragi del sabato sera) di Aurora Cantini Fiume d'amore di Silvana Zuccarini Il meccanico clochard di Antonio Cirillo Sezione racconti Primo. Il crudo destino d'una giovane matematica di Giovannino Giosuè Secondo. Il ponte di ferro di Paolo Menon Terzo. La strega di Giovanna Rotondo Segnalati dalla giuria Quello che conta di Cinzia Anedda 30 maggio 2014 (dal cielo) di Rita Muscardin Le incredibili storie di Pojana di Daniele Coccia I manichini di Simone Morini H come Hemingway di Santo Minonne Sarà estate di Antonio Magrì Il lustrascarpe della cattedrale di Martina Dei Cas Sezione Silloge di poesia Primo. Oltre le latomie di Pietro Catalano Sezione Per Troisi Primo. Il segreto di Pulcinella e il postino dei sogni di Rita Muscardin Sezione Libri di poesia Primo. Un abito qualunque di Elena Malta Sezione Giornalismo Primo. Luciano Vanni editore per la rivista “Il turismo culturale Primo. Rosaria Villa per l'articolo “Viaggiando lungo le rotaie” pubblicato sul blog “unmarzianoaroma.net Sezione Fotografia Primo. Diana di Berardino per la foto: “Titanismo” Secondo. Marco Cavaliere per la foto: “Silhouette” Menzione Speciale. Danilo Recchia per la foto: “Il bacio a Sant'Antonio” Sezione Premi speciali della Direzione e della Giuria Rosaria Troisi per il libro “Oltre il respiro”. Carlo Felice Casula per il libro “Insegnare il Novecento – Chiavi di lettura e casi di studio con percorsi di storia e cinema”, Edizioni Anicia Mauro Francesco Minervino per il libro: “Statale 18”,Edizioni Fandango Edoardo Micati per la ricerca “I pastori della Majella” pubblicata sul blog “Pietre d'Abruzzo” Roberta De Santis per il libro “Volevo dirle tante cose”, Edizioni Minerva Matteo Cosenza per il libro: “Lettopalena. Un paese, una storia. Dalle origini alla distruzione bellica del novembre 1943” Fabrizio Di Stazio per il libro “Vita nuova”, Edizioni Nuova Phromos Maria Angela Ferrara e Gabriele Ronchetti per il libro: “La linea Gustav. I luoghi della battaglia da Ortona a Cassino” Edizioni Mattioli I Briganti di Cartore per la poesia: “I sogni di Chiara” Associazione La Fonte a monte per il libro “Voci di Rocca. Parole e sguardi di un borgo d'Abruzzo” Nando Napoleone per aver custodito, con le immagini, la identità di Lettopalena Agostino Terenzini, memoria storica di Lettopalena Giannina Di Martino per il libro:” Pietro Di Donato: attività culturale ed impegno civile”. Linda Bolognesi Paolo Turchi, momoria storica di Lettopalena 5 SEZIONE POESIA DOVE VOLANO GLI AQUILONI Narra il vento con gelida voce di tempesta segreti rubati ai sospiri della notte. Un sorriso disegnato dietro a una lacrima per fermare il passo del tempo e nascondere l’inganno dei giorni. Nate all’ombra di un sogno, laggiù ad oriente dove il mare è dolce nenia di conchiglia e infinite lune brillanosulle dune profumate di sabbia. Donne invisibili nascoste dietro a veli, prigioniere di un’ideanel crepuscolo di un tramonto mentre lenta si consuma,fra muri di silenzi, l’agonia di stagioni mai sbocciate. Ignoti i loro passi al cuore della terra, sul viso un’innocente euforia e sulle labbra strette memorie di sorrisi. Forse sognano di fuggire e pensano ad un mare lontano dove le onde sussurrano un canto di stelle e gli aquiloni volano nell’azzurro fino a svanire nel grembo dell’infinito. Ma Sharazad non ha più fiabe da narrare per sconfiggere la notte. Mani di falce hanno fatto scempio di quei sorrisi e solo una sottile traccia di dolore resta nel ventre della sera. Adesso le puoi scorgere nell’arco del cielo dove si perde l’ultimo raggio del tramonto, indossano vestiti di fiori e sandali di sabbia e con le dita sottili accarezzano capelli di vento. Una barca le conduce oltre le nuvole, la rotta è già tracciata e l’onda è quieta. Dolce è l’approdo sulle rive del cuore per ascoltare l’eco del mare e svanire nel candido splendore dell’aurora. Rita Muscardin Ha vinto il primo premio sezione poesia Premio Hombres itinerante X edizione 2o14 Rita Muscardin 6 SEZIONE POESIA A mio figlio Amo la solitudine nei giorni in cui la pioggia sferza le persiane si sfocano i contorni ed i profumi e i tuoni rimbalzano tra i muri. Non cerco la folla nelle piazze la polvere e il rumore tra le case bensì l’incanto di parlare adagio, di una piuma che danza nel silenzio. Ditemi del candore e l’innocenza del bimbo che reclama la sua mamma del crepitio di legna intorno al fuoco della nenia a blandire la sua nanna. Ditemi della nostalgia di nonno fra una pipa e una nuvola di fumo dello sguardo proteso a una carezza sul dondolo che insegue il suo ritorno. Sulla mensola foto color seppia e una tivù in formato digitale a raccontare il vento della vita che riporta la sabbia in fondo al mare. E dentro alla cornice in mezzo al cielo il ricordo di un grande arcobaleno, l’inizio, il senso, il fine della storia, la mia mano che passa il testimone. Cammineremo insieme il primo tratto fino a superare il muro e la paura di volare, poi te ne andrai da solo, con passo lieve, appena più sicuro. Amo la solitudine nei giorni uggiosi di malinconia e rimpianto e ancor di più quel figlio tanto caro che tu volevi ed io non ti ho mai dato. Dario Marelli Dario Marelli Ha vinto il secondo premio (ex aequo) sezione poesia Premio Hombres itinerante X edizione 2o14 7 Another day Siamo stanchi di stringere breccia e graffiarci i palmi con schegge di maioliche, tingendoci le dita di vecchia ruggine . Non una goccia da pupille opache, nè una parola da denti serrati. E’ duro accettare un solo freddo e ballare la danza stonata di una terra inquieta. Non si può chiedere ai figli di Adamo di idmenticare il dolce rosseggiare delle ciliegie e di inaridire nelel strade dove sono cresciuti. Non si può chiedere di camminare in vie sorde e mandare baci ai timidi fantasmi affacciati alle finestre, di palazzi consumati dalla carie. Pure i santi vagano piangendo ed annnusano l’aria vecchia, anelando il grasso incenso che lento brucia altrove. Piange il giovane massimo, si indigna il vecchio Bernardino, tace ad occhi bassi Equizio, trema il buon Celestino mentre incredulo rimane il padre Vittorino. Le loro preghiere dove sono finite, svanite davanti ad un trono vuoto. Fa male portare una croce, che graffia la schiena, ed è impossibile togliersi i chiodi. La tentazione di scendere alletta la coscienze. L’Amore però conforta, sostiene, mentre il dolce Soffio sussurra ed incoraggia la speranza di una futura Resurrezione. Another day Luca Capannolo Luca Capannolo Ha vinto il secondo premio (ex aequo) sezione poesia Premio Hombres itinerante X edizione 2o14 8 SEZIONE POESIA E' fisiologico: il figlio dovrà "uccidere" il padre perché la sua personalità trovi spazio, cresca e si consolidi. Dall'angolo, il genitore seguirà il suo percorso di crescita. A volte il cammino si ferma: troppi i cocci da riassemblare, la notte è più buia -omologa ogni strada- e si fa basso il rumore del sangue nelle arterie... Spetterà al genitore spezzare i denti di silenzi che attaccano e lo mordono, soffiare vita in parole senza più senso, puntare un dito ad est: ritto e fermo, finché negli occhi di entrambi non brillerà all'unisono il giorno. NOI L’AURORA E chiedi a me il senso della vita … a me che ho mille risposte e nessuna - forse una certezza: di lui, mio padre, mi resta un’orma fonda e la sua morte. Un rubino il sole stamattina il cielo lo reggevano gli alberi un abbraccio questa notte d’estate ci raccoglie nella stessa nota dolcissima e muta raccorda cuori sfuma parole … Restiamo insieme ti prego in quei pensieri informi ciottoli che si staccano da un monte, rumori sordi, alcuni senza tonfo rapiti da una pietosa luna e insieme nell’ultimo spicciolo di notte saremo noi l’aurora gli occhi puntati ad est e il fiato corto. Angela Caccia Angela Caccia Ha vinto il terzo premio (ex aequo) sezione poesia Premio Hombres itinerante X edizione 2o14 9 AMAL SEZIONE POESIA Mai più tornerai nel Daraa a schiudere il varco acerbo della tua giovinezza, hanno tolto le radici, fragili, dal tuo germoglio di vita, non esploderanno dai tuoi rami i frutti del domani. E non basterà il silenzio delle bombe, oggi, a lenire le lacrime di un defraudato grembo, né il silenzio che attende una ciotola di grano caldo a gettare fango sulla tua memoria. Mortificate le tue membra dalla crudeltà dei tuoi stessi padri e dall’indifferenza di questo mondo che troppo spesso, osserva e tace, distrattamente mentre esseri umani ridotti a brandelli sprofondano nel torpore delle loro menti. No, tu non tornerai a dare voce alle tue albe, né ai tuoi tramonti, né a sperare e a lottare per un ideale. Aleggerai impalpabile in altre dimensioni, il tuo urlo di dolore rimarrà sopito come il tormento per il domani. Tu non ci sarai e già sale in cielo un altro bagliore, non della tua innocenza fattasi ormai raggio d’alba, ma di barbagli di venti perversi tornati a spegnere per sempre l’arsura del tempo. Tu hai conosciuto, Amal, una terra dove l’uomo gioca enigmi crudeli di vita, non ti hanno raccontato di fiabe dove passi di spighe germogliano al sole e bimbi come te giocano in un mondo inventato di fiaba. Sappi che come soffio trascendente anche tu vi resti dentro coi pensieri anelanti a barbagli di luna, coi tuoi respiri liberi e puri. La terra, Amal, è la nostra anima e noi per sempre vi rimarremo dentro. Siamo custodi perenni della nostra Terra! Floredana De Felicibus Floredana De Felicibus Ha vinto il terzo premio (ex aequo) sezione poesia Premio Hombres itinerante X edizione 2o14 10 SEZIONE POESIA Segnalati Premio Hombres X edizione 2014 ETERNITA’ Non volare via capinera che posi nell’arsa siepe. Tutto si compie tra le bacche rosse di quest’anima che batte, pura, il tempo dell’universo. E’ questa l’ora di agosto che incanta l’eternità. VECCHIE PIETRE Maria Pia De Martino IN RICORDO DI TE ( A mio padre ) Alla fine del cielo mi par di scoprire i nudi istanti della tua semplice vita sciogliere i nodi di antiche illusioni. Ti rivedo nel tempo più florido accettare in silenzio la barriera dei dubbi avvolgerti il cuore. Non ci sono follie ma solo battaglie e sconfitte nella tua saggia esistenza trasformata in cristallo. Hai frantumato i calici del tuo dispiegato amore sull’impenetrabile scogliera dei sentimenti umani. Mi hai lasciato in un pomeriggio assolato limpidi sorrisi e questo grande buco nero. Vecchie pietre di questo antico borgo cotte di sole, raffreddate al gelo, sfinate ai venti urlanti tra le rue, impressi vi portate tutti i passi feriali e silenziosi dei miei avi e ancora sostenete le mie orme come un sicuro, morbido sentiero, tappeto levigato di memorie. Antiche e vecchie pietre spianate al calpestio nel selciato dei gradoni, ve ne scendete strette tra le case; salite le scalee dei portali delle svettanti chiese e dei palazzi; vi siete fatte duttili al tempo logorante e intatte mi narrate le vite dei passanti, il caldo dei tramonti, le promesse di ogni alba. Vi siete fatte strade e piazze ed archi e salda muratura e ferme, assottigliate, un po’ sconnesse per me voi qui restate in geometrie splendide e squadrate, insieme intersecate intimamente. Ed io, che oggi passo tra di voi, mi inchinerei fino a toccare intatta quell’anima sacrale e senza tempo infissa ed ancorata nella roccia. Elena Malta Angelo Cocozza 11 SEZIONE POESIA Segnalati Premio Hombres X edizione 2014 PERCHE’…(LE STRAGI DEL SABATO SERA) Perché è sempre così febbrile la voglia di afferrare l’orizzonte, perché ogni strada, ogni curva sono come fili di lana attorcigliati sulle dita, perché non lasciano mai che il respiro si posi sull’ombra di una foglia, perché… Io, come un pallido graffio sull’orizzonte, osservo le notti inchinarsi all’oro e al vento di queste meteore inquiete. Posso solo chiedermi perché, perché quando l’alba piange l’agonia di tanti sogni infranti, non sappiamo tergere con quest’ acqua benedetta la vergogna e il dolore che bagnano il cuore. Perché li lasciamo andare così, senza una parola, senza il senso del ritorno, perché noi nell’attenderli li crediamo vincitori e immortali noi stessi, perché… Il muto orizzonte osserva e tace il suo segreto lasciando che il miraggio dell’infinito fondo avvinca ancora e sempre fino all’ultima alba. Aurora Cantini Canto nel vento e della ginestra Scivola tra levigate pietre del ricordo il canto nel vento sul Morrone. In terra aspra di mezza montagna tra bianchi sassi mia nonna raccoglie rosse cerase e piccole patate. La cupola del sole affonda nella piana avvolge distese di grano ancora verde. Appena scorgevo segni di figure indaffarate in non so qual mietitura ma percepivo le voci spiegate, d’antico canto, affidate al vento, e delle parole, chiaro era a me l’eco d’un rassegnato suono. E se la ginestra canta ha il suono degli Appennini, di sentieri scoscesi, d’assolate chine, d’irte brusche discese, cespugli sparsi l’un l’altro alla rincorsa di colline, corde di mandolini, di marine lontane; di balzi sui sassi nel rumorio d’Arolle a cogliere dai grappoli dischiusi becchi gialli, infiorescenze d’arbusti dalle fibre forti; e alla festa dell’Ascesa dall’odoroso cesto pieno di corolle stendere sulla via ali giallodorate mischiate a petali di rose. In quelle ali gialle tutta la forza della vita, nel vento il tempo che cangia i colori. Caterina Franchetta 12 Di gigli e di bianco Sapore di cioccolato tra le labbra si spande baci ad occhi socchiusi si aprono al cielo. Sussulta la voce, canta l'amore parentesi muta con voce tremula radiata di stelle. In simbiosi a due voci è il canto ti amo, ti amo. Un'eco in valli pure, verdi amor che mai avrei meritato il ventre accarezzo, scivola piano la mano sulla pelle. Solo specchi, freddi spettatori dell'amor che non ha più pace solo tormento per l'età che avanza pensare al tempo che verrà agli ostacoli del cammino al pianto che scorrerà dentro e la voglia di correre senza chiedere un passaggio al destino. Muterò il tempo, chiederò un dono fanciullo che svanisca il riverbero per il tempo che fu che tutto rinasca ed io sia il tuo sì in quel dì di gigli e di bianco. Paolo Lorussi IL MECCANICO CLOCHARD Alla serena sta sulla panchina contando le stelle una per una pregando Dio d’avere la fortuna di vedere il sole domattina. Il miagolio acuto di gattina diretto verso la nascente luna frange la quiete ed importuna, simile a sirena d’officina. Rotto l’incantesimo del sogno l’idea del tornio lo attanaglia ricorda trascorsi della schiavitù: l’uomo ch’è oggi, non quello che fu dà l’ ultimo sorso alla bottiglia per darsi pace d’ogni suo bisogno. Antonio Cirillo SEZIONE POESIA Segnalati Premio Hombres X edizione 2014 FIUME D’AMORE Non so che accade al cuore spesso impazza, come fiume che dal letto esonda e intorno tutto abbraccia. Per breve tempo poi si acquieta il tempo di un respiro ed ecco che riesplode al tocco di un’unica goccia caduta giù dal niente. E allora ancora con soffice impeto fluente s’ingrossa e sommerge d’amore il mondo intero. Silvana Zuccarini Ho tempo per te E’ difficile questo amore, fughe, ricatti, aperture improvvise e poi messaggi d’ira, delusione, tu hai detto, tu hai fatto. Fermati, ascolta, ho tempo per te, condividiamo una focaccia calda tra le dita corrose dalle assenze del cuore. Abbandoniamo la notte, andiamo verso acque di stupore. Ogni bufera si placa quando le mani stringono altre mani e dicono: condividiamo il vento che porta libere le spore a impollinare un nuovo senso. Daniela Basti 13 IL CRUDELE DESTINO D’UNA GIOVANE MATEMATICA di Giovannino Giosuè Sedici ottobre millenovecentododici, ore sei e trenta pomeridiane. Un treno con il suo carico di persone e di cose corre lungo la tratta Roma Pescara avvolto in una sorta di nebbia a tinte scure, accompagnato dal tipico rumore assordante prodotto dal suo sferragliare. Alcuni viaggiatori scambiano quattro chiacchiere, altri leggono un giornale o un libro, altri ancora rimangono silenziosi, compostamente seduti al proprio posto, lo sguardo quasi assente ma la mente rivolta a quel che la buona sorte vorrà riservare alle proprie aspirazioni o ai propri progetti di vita. Diverse persone sono dirette ad Avezzano, la cittadina capoluogo della Marsica situata proprio a metà della tratta. Se un visitatore ha scelto il treno come mezzo di trasporto, non riesce a sottrarsi alle bellezze del paesaggio naturale già dal momento in cui, lasciandosi Tagliacozzo alle spalle e procedendo verso Scùrcola e quindi verso il capoluogo marsicano, si ritrova immerso in una vasta distesa pianeggiante con la bella riserva naturale del Monte Salviano alla sua destra e, più in lontananza, sulla sinistra, il maestoso gruppo del Monte Velino. «Avezzano! Stazione di Avezzano!». La comunicazione più volte ripetuta a squarciagola da un inserviente della stazione, sovrapponendosi allo stridio dei freni arrivò ai passeggeri interessati. I ferrovieri addetti aprirono le porte del treno e alcuni passeggeri ne discesero. Fra questi, la signorina Maria Gramegna. Anzi, per meglio dire, la professoressa Maria Paola Gramegna, una giovanissima e molto promettente matematica di origine piemontese, con in tasca la nomina ministeriale per l'insegnamento presso la locale Regia Scuola Normale Femminile “Maria Clotilde di Savoia”. Ma come mai una ventitreenne con spiccate capacità riconosciute già in ambito accade SEZIONE RACCONTI Giovannino Giosuè Ha vinto il primo premio sezione racconti Premio Hombres itinerante X edizione 2o14 Lettopalena (CH) mico, e dunque con più ghiotte e interessanti prospettive, decide di accettare un incarico di insegnamento, seppur con nomina ministeriale, in un posto così distante da quello d'origine? Probabilmente la necessità di avere una remunerazione da un lavoro immediato e sicuro influì sulla decisione presa. Maria Gramegna era arrivata ad Avezzano dalla natia Tortona con in tasca una laurea conseguita con pieni voti assoluti. Con l'approvazione del suo relatore, il grande matematico Giuseppe Peano, venne pubblicata l'interessantissima tesi riguardante i sistemi di infinite equazioni integro-differenziali, un tema non certo facile da indagare. Con la stima e l'appoggio del Maestro, si prospettava per la giovane un avvenire molto gratificante. Pur provenendo da una regione che in quanto a bellezze naturali non è da considerarsi seconda ad altre, la giovane Gramegna non dovette rimanere indifferente di fronte alle notevoli bellezze del paesaggio abruzzese, all'affabilità e al senso di ospitalità della gente. Tutto questo, con ogni probabilità, le fece balenare l’idea di fissare definitivamente la dimora ad Avezzano. E questa idea cominciò a prendere una certa consistenza subito dopo aver conosciuto un giovane del posto un po' più grande di lei. Attilio Mastri era studente presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università “La Sapienza” di Roma, piuttosto in ritardo con gli studi a causa del suo interesse - ma sarebbe più giusto dire una vera e propria passione nei confronti della campagna e di tutto ciò che questa avrebbe potuto elargire a chi 14 l'avesse amorevolmente coltivata. Era conosciuto in città come un tipo piuttosto eccentrico. Di bell'aspetto, alto, moro, occhi luminosi e sguardo intenso. Un tratto distintivo come la folta capigliatura apparentemente non curata gli dava l'aspetto di un bohémien o di un filosofo. Aveva conosciuto Maria nell'aprile del millenovecentotredici in modo del tutto casuale davanti a una di quelle bancarelle che nei giorni di festa riempivano la piazza prospiciente la chiesa di San Bartolomeo, proprio durante i festeggiamenti in onore del santo patrono. Aveva acquistato un po' di dolci alla mandorla e caramelle al miele. Dopo aver pagato, girandosi su se stesso, fece per andar via. Maldestramente, senza guardare. Lo scontro, inevitabile, rischiò di mandare Maria per le terre. «Oh! Mi scusi … sono desolato … signorina, la prego di perdonarmi, sono stato uno sciocco … mi creda, non l'ho fatto apposta ...». «Va bene, accetto le sue scuse, ma non esageri; in fin dei conti non è successo nulla» fece di rimando la giovane con voce ferma e un chiaro accento settentrionale. «La ringrazio per la sua indulgenza, signorina … posso offrirle un dolcetto?». «Oh, grazie, ma non posso ...». «La prego, accetti almeno una caramella al miele». «Va bene, grazie, accetto» fece lei arrendevole, vista l'insistenza. «Signorina, lei è stata davvero gentile e comprensiva – fece lui porgendole le caramelle – e io me ne ricorderò. Permetta che mi presenti, mi chiamo Attilio. E lei? Posso?». «Il mio nome è Maria» acconsentì con garbo la giovane. «Grazie, signorina Maria … la saluto e le auguro una buona giornata». «Buongiorno a lei signor Attilio, grazie». Il casuale incontro provocò nei due giovani un certo turbamento. Attilio, che si era ripromesso di rivederla al più presto, dopo aver esperito approfondite indagini si recò presso la sede della Scuola Normale femminile chiedendo di lei. Maria Gramegna, che proprio in quei giorni era stata messa al corrente di certe meschine macchinazioni che parte del mondo accade- mico torinese stava tramando nei confronti del suo illustre mentore Giuseppe Peano, era di pessimo umore. Quando ricevette Attilio si trovava in uno stato di totale sfiducia. L'inevitabile delusione le aveva procurato un tale stato d'animo che, di fronte ad Attilio, la portò ad assumere un atteggiamento piuttosto distaccato. Ma Attilio non era tipo da scoraggiarsi per così poco, il cuore gli suggeriva comprensione e tolleranza. «Non sono qui per importunarla, mi creda. Mi sento in debito con lei, e per questo ho fatto di tutto per ritrovarla. E poi, avendo saputo delle sue competenze, le vorrei chiedere qualcosa che ha a che fare col mio status di studente di Filosofia ...». «Ah, dunque lei è uno studente lavoratore ...» lo interruppe lei, con un tono più accomodante. «Beh, considerando l'età e le priorità manifestate, direi più un lavoratore … studente!» le confessò lui con un tono tra il serio e il faceto. A questo punto, guardandosi negli occhi, scoppiarono in una fragorosa risata, che in un certo qual modo segnò l'inizio della loro storia. Cominciarono a frequentarsi come due vecchi amici, e nello stesso tempo Attilio sentiva crescere dentro di sé un sentimento più profondo, ma non riusciva a trovare il coraggio di esternarlo. Chiuso l'anno scolastico, Maria risalì a Tortona, dove dimorava la sua famiglia d'origine. L'estate di Attilio si rivelò densa di impegni. Si buttò a capofitto sia nei lavori di campagna che nello studio della Filosofia della Scienza, l'esame che gli rimaneva da sostenere, dedicandosi anche alla preparazione della tesi di laurea, riguardante alcuni particolari aspetti della filosofia medioevale. Le sue giornate erano piene, senza un attimo di respiro. E mai avvertiva stanchezza, le energie gli venivano fornite dal solo pensiero rivolto a Maria. Per lei, ne era ormai sicuro, provava un amore vero e profondo. La giovane matematica con la sua forte personalità lo aveva colpito nel cuore e nella mente a tal punto da riuscire a limitarne il pensiero e l'azione. E ben sapendo che di fronte a lei non sarebbe mai riuscito a trovare né le parole giuste né soprattutto il coraggio di dichiararsi, 15 si decise a scriverle una lettera. Gentilissima signorina Maria, per prima cosa le chiedo scusa per l'ardire di questo mio scritto, ma la prego fin da adesso, qualunque sia la sua reazione e il suo pensiero in merito, di mantenermi la sua stima e la sua amicizia così come con tanta disponibilità me le ha mostrate in passato. È troppo importante per me poter ancora contare su di lei. Il mio ardire si riferisce ai sentimenti che nutro per lei fin dal primo momento che l'ho vista, e che ho sentito gradualmente crescere in me man mano che venivo a conoscenza delle sue molteplici e nobili qualità. Dal profondo del mio cuore, ormai conquistato dalla sua grazia e dalla sua leggiadria, non mi è stato difficile tradurre questi sentimenti in una parola che tutti li racchiude: amore! Sì, signorina Maria, io l'amo, con tutto me stesso. E se questo mio sentimento non dovesse trovare riscontro, o peggio ancora la dovesse ferire, la prego fin d'ora, in ginocchio, faccia conto di non aver mai ricevuto questa missiva, e mi tenga ancora e per sempre tra i suoi amici più devoti. Aspetto con trepidazione il suo ritorno, sempre suo affezionatissimo Attilio Scrisse con attenzione l'indirizzo sulla busta, con molta cura vi applicò il francobollo e spedì. Maria rispose quasi subito, dichiarandosi lusingata per le belle parole e i buoni sentimenti espressi. “Li ho sentiti veri e profondi, sicuramente sinceri - gli confessò nella sua missiva – e degni di una persona brava e ben educata, come lei ha sempre mostrato di essere. E non posso né voglio nasconderle che anche il mio cuore m’aveva dato segni in tal senso fin dal nostro primo incontro”. Attilio rischiò di non reggere alla forte emozione che la risposta di Maria gli aveva procurato. L'anno scolastico successivo segnò un periodo idilliaco per loro. A riconoscimento delle sue notevoli qualità, Maria ebbe dall’amministrazione comunale anche la nomina a direttrice del convitto annesso alla Scuola Normale con sede all’interno del Castello Orsini. I due giovani innamorati, accomunati dalla stessa passione per l’arte e l’archeologia, spesero molto del tempo libero visitando i tanti siti del territorio marsicano. In queste occasioni Attilio si rivelò un perfetto cicerone, e Maria pendeva letteralmente dalle sue labbra, affascinata dal suo sobrio e dotto eloquio. Purtroppo però, non solo luci. Proprio quell'anno segnò l’inizio di quell’evento scellerato che verrà ricordato come la grande guerra. A un mese esatto dall'attentato mortale di Sarajevo, il ventotto luglio l'Austria dichiarò guerra alla Serbia e ben presto si ritrovarono coinvolte nel conflitto molte potenze. Inizialmente l'Italia riuscì a starne fuori ben interpretando gli accordi stipulati nella Triplice Alleanza, ma il clima nel paese risentiva ormai dei venti di guerra che già soffiavano in ogni direzione. Il solo pensiero di un disgraziato coinvolgimento nell'evento bellico produsse nel paese un'aspettativa di paura e di angoscia. E come la storia dell'uomo ha insegnato, le disgrazie non vengono mai da sole. La Marsica, che poteva vantare tanti tesori come la bellezza dei suoi paesaggi, lo splendore dei siti archeologici, il senso dell'ospitalità e l'affabilità della sua popolazione, la cultura delle sue millenarie tradizioni, dovette soccombere di fronte a un evento imprevedibile e tragico come quello rappresentato da un rovinoso sisma. Nulla lasciava presagire che il destino di Avezzano e degli altri paesi della Marsica potesse subire un colpo così drammatico e subdolo come quello inferto da un terremoto di intensità inaudita, che nei suoi rovinosi effetti coinvolse la quasi totalità delle abitazioni e degli abitanti, impreparati, indifesi, impotenti di fronte alla rovinosa azione distruttiva. Nel giro di poche decine di secondi tutto finisce, tra i pianti e le urla di dolore dei pochi sopravvissuti. Nemmeno il tempo di rendersi conto dell'immane tragedia, ed ecco che in un attimo viene spazzato via e azzerato tutto il processo di rinnovamento che con tanta fatica e abnegazione era stato portato avanti dal popolo marsicano fin dal prosciugamento del lago del Fucino. Due boati intorno alle otto del mattino di quel disgraziato tredici gennaio del milleno- 16 vecentoquindici annunciano l'arrivo di un grave sconvolgimento che nel giro di poche decine di secondi trasforma in maniera radicale il territorio, l'urbanistica e l'assetto demografico. Avezzano, come quasi tutti i paesi della Marsica, viene raso al suolo. Abitazioni, stalle, uffici, chiese, scuole, vecchi monumenti e lo stesso castello Orsini diventano un unico ammasso di ruderi senza tetto, e tutt'intorno solo macerie in mezzo a nugoli di polvere e qualche principio d'incendio. La valutazione più drammatica verrà realizzata soltanto il giorno dopo, quando le stime cominciano a delineare l'incredibile gravità della tragedia: ad Avezzano erano sopravvissute poco più di un migliaio di persone - solo un decimo della popolazione! - riportando ferite più o meno gravi. Il particolare periodo dell'anno, il freddo gelido, la neve e le scarse comunicazioni ritardarono notevolmente gli aiuti e ogni possibile intervento. I pochi sopravvissuti vagavano come fantasmi per le strade, alla ricerca di aiuto o di un parente o di un amico. Tra loro anche Attilio Mastri, risparmiato dalla belva malvagia, che invece s'era portata via mamma Amelia. Col cuore a pezzi e ancora sotto shock, come un automa si diresse verso il Castello Orsini, la sede del convitto annesso alla Scuola Normale femminile. I suoi sensi percepivano solo macerie, desolazione e lamenti d'oltretomba, e un brutto presentimento lo stava già divorando. Alla vista delle condizioni del vecchio castello non riuscì a frenare le lacrime, e quando un inserviente miracolosamente scampato al crollo lo informò che le giovani allieve e la direttrice erano state sorprese nel refettorio al momento della colazione e senza possibilità di scampo erano rimaste sepolte sotto le macerie, si lasciò cadere per terra e, noncurante del freddo gelido che gli penetrava dentro fin nelle ossa, pianse amaramente e senza alcun ritegno come solo un bambino privo di ogni forma di difesa può fare. La sua Maria non c’era più. Un crudele destino se l’era portata via insieme ai suoi sogni. Era rimasto solo Attilio. Solo, in preda a una sofferenza indicibile che forse neanche il tempo, in questi casi unica medicina, sarebbe riuscito a lenire. 17 IL PONTE DI FERRO di Paolo Menon (Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale). «La signora Torregiani… non c’è più: ci ha lasciato da qualche mese, povera donna, non lo sapeva? E comunque il vedovo non è in casa, signora, è uscito da un paio d’ore… in confidenza, ho l’impressione – ma è solo un’impressione, per carità! – che l’architetto sia sempre più in crisi, pover’uomo… e comunque, dopo la morte della moglie – quant’era bella la signora Lara, aah com’era elegante, che vera signora! – dopo la sua morte, le dicevo, l’architetto non sembra più lo stesso, pover’uomo!», sermoneggia la portinaia, dispensando i suoi «comunque» seguiti da generose indiscrezioni in dialetto meneghino. Nel contempo, l’anziana inquilina del piano rialzato che vive ormai in semisordità con una badante polacca, attende la visita dell’amica coetanea che da circa una decina di minuti si sta intrattenendo, ammutolita, con la portinaia. Quest’ultima, abbassando la voce e avvicinandosi sempre di più all’orecchio dell’ignara visitatrice, chiosa confidandole che «il vedovo non ha più voluto recarsi al cimitero dal giorno del funerale» e che lo sa per certo «dai titolari del bar di fronte che conoscono bene le abitudini dell’architetto». L’amica brianzola della vecchia donna è visibilmente turbata per la ferale notizia – «aah, mio Dio, che dispiacere, ma che tragedia! questa proprio non ci voleva!» – che la priverà d’ora in poi delle stuzzicanti ricette di cucina etnica che l’adorabile signora Lara le proponeva e spiegava così bene… e del piacere di contraccambiare, di quando in quando, con prodotti tipici delle colline brianzole, come i furmagitt (1) o la robiola di Montevecchia di cui la signora Lara era ghiotta… ---------------------------------------------------------------------(1) Il «Furmagitt di Montevecchia» è un formaggio di latte vaccino. In passato era prodotto anche con latte di «pecora brianzola», ovino autoctono della regione Lombardia. SEZIONE RACCONTI Paolo Menon Ha vinto il secondo premio sezione Racconti Premio Hombres itinerante X edizione 2o14 Poi sale i pochi gradini di pietra grigia con il pacchetto dei furmagitt sul palmo della mano, come se fosse appena uscita dalla latteria, e con aria preoccupata sparisce dietro la porta socchiusa dell’amica che la attendeva, lamentando subito con la badante di avere appreso soltanto ora – «… aah, davvero imperdonabile!» – della tragica morte della signora Lara. Giulio Anfossi Torregiani è un famoso designer della Milano che conta: due Compassi d’Oro, quarantaquattro anni portati da dio, carattere solare ed estroverso, collezionista d’arte del Novecento italiano, oggi maledettamente in crisi per la perdita di Lara. Di lui non si parla d’altro che del suo stato di salute e, soprattutto, che si stia ammalando di solitudine o «molto probabilmente di depressione», come gli abituali clienti ben informati del bar di fronte vogliono far sapere. E non a torto, dopotutto, perché i contorni del disagio ormai quotidiano appaiono sempre più chiari anche allo stesso Giulio, come se fossero disegni progettuali che di ora in ora mutano, evolvono, si ridefiniscono. E come una metamorfosi di silenzi assordanti, la malinconia pervade la sua mente, si ramifica ovunque nutrendosi di ricordi che non intendono sbiadire, che anzi si moltiplicano come mondi inesplorati e surreali in cui le disavventure più impensabili prendono corpo invadendo ogni spazio riservato allo spirito, sino a convivere forzatamente ogni giorno sempre di più con l’ossessione dei sogni che tornano inquietanti a visitare ininterrottamente le sue notti. E a trasformarsi in incubi, come quello ricorrente di Daila, la stupenda cavalla araba di Lara, dalle cui 18 gengive la saliva si riversa fluida sulle labbra arse dal sole impietoso mentre il sudore si cristallizza sul muso, disegnando sottili ricami sui muscoli lignei, sino a che la giumenta si accascia esausta sugli arti esilissimi tirando un sospiro affannoso; poi morde la terra e nitrisce senza voglia, lasciando che il ventre si tragga e si ritragga in spasmi sempre più continui e più forti. Quindi Daila chiude gli occhi, inspira profondamente, leva il muso al sole e con uno sforzo deciso reggendosi sulle ginocchia, contrae gli addominali con violenza. E quando sente il ventre liberarsi del feto si spaventa! Sorpresa, scalpita con gli occhi nell’infinito, cadendo a ritroso sulla terra secca senza un gemito, mentre la polvere si solleva da sotto il corpo raggiungendo il respiro di Giulio che nel frattempo si sveglia uscendo traumaticamente dall’incubo, come pure dalle apnee notturne di cui soffre. Giusto sei mesi sono trascorsi dal quel tragico incidente d’auto, ma «Lara si è soltanto allontanata a cavallo, col nostro bambino in grembo, in sella alla sua Daila per qualche giorno», continua a sperare Giulio, anzi, ne è sempre più convinto, chiedendosi cosa succederebbe se contrariamente Lara non tornasse mai più a casa. Di quella duplice perdita dovuta all’ineluttabilità del destino non riesce a farsene una ragione, tormentandosi e riconducendo i progetti in sospeso nella progettualità più ampia di un disegno catartico su cui da tempo nutre un crescente, morboso interesse. Del resto, trova davvero lacunosa la scienza psichiatrica che non potrà mai soddisfare o, meglio, riempiere la sua vita della felicità pienamente vissuta con Lara, nonostante le pesanti misure terapeutiche adottate per migliorare il tono dell’umore e alleggerire la sofferenza. L’architetto abita nei dintorni dell’Alzaia Naviglio Grande al terzo e ultimo piano annesso alle ex mansarde di una vecchia casa di ringhiera senza ascensore. L’appartamento completamente ristrutturato è arredato con gusto minimalista, raffinato, colto e governato con ossessivo senso dell’ordine e dell’igiene. Sul tavolo l’agenda dello scorso anno, intonsa. E’ giorno, si alza, si lava, si veste, dispone meticolosamente le pillole sul vassoietto di porcellana bianca, come ogni giorno prima di deglutirle, iniziando dall’Alprazolam (2) , proseguendo con il Flurazepam (3), quindi il Risperidone (4), per finire con l’Escitalopram (5): quanto basta per curare la sua depressione classificata ormai maggiore. Poi esce. La giornata è ventosa, mista a pioggia leggera, ma fastidiosa come sa essere l'autunno milanese privo di sole. Vaga per la Milano dei Navigli con in tasca i suoi tanti, tantissimi foglietti di carta per appunti e schizzi. Le tasche della giacca sono gonfie di carta, ormai sventrate e dal taschino fanno capolino mezza dozzina di matite gialle, di varie lunghezze e perfettamente temperate. Acquista il giornale per abitudine. Starnutisce e, riparato dal maxiombrello di Lara, s’incammina verso Porta Genova. Starnutisce di nuovo maledicendo l’inverno incipiente e pure il giornale che titola sempre sulla crisi economica, quella governativa e sui gossip di merda! Indispettito, lo butta. Poi, mentre estrae distrattamente dalla tasca della giacca il nuovo pacchetto di fazzoletti, dalla tasca fuoriescono decine e decine di fogli che svolazzano ovunque mentre sta passando davanti alla stazione ferroviaria. Centinaia di foglietti finiscono sotto le suole della gente ignara e frettolosa. Quando si china per raccoglierne qualcuno sotto il grande ombrello, c’è chi si scusa per averli inconsapevolmente imbrattati, ma è troppo tardi perché i foglietti si sono ormai imbevuti di scura fanghiglia urbana, marchiati da impronte di scarpe, pneumatici di taxi e di quant’altro. Dapprima turbato e meditabondo raccoglie pazientemente ogni foglietto, entra nella hall della stazione e con cura sistema le piccole carte tra le pagine dei giornali gratuiti abbandonati sulle panchine delle sale d’attesa. Ne imbottisce una risma, poi sorride. Sorride perché alcuni foglietti, mentre si asciugano, sembrano raccontare ciascuno ---------------------------------------------------------------------(2) Medicina per combattere gli attacchi di panico. (3) Farmaco che riduce lo stato di ansia. (4) Principio attivo utilizzato nel trattamento delle psicosi schizofreniche. (5) Farmaco antidepressivo 19 l’incedere, la fretta, il peso, la postura delle persone… E si diverte come un bambino a osservare incuriosito le suole stampigliate dai loghi dei calzaturifici impressi sui fogli per indovinare la tipologia della scarpa indossata. Esce dalla stazione con la risma dei giornali sotto braccio. Non piove finalmente e sorride con malcelata malinconia incamminandosi verso il bar della piazza dove bere l’acqua con cui mandar giù una manciata di pillole che sfila dalla tasca dei pantaloni, portandole alla bocca con aria indifferente. Quindi, conversando piacevolmente con se stesso, raggiunge il Pont de ferr. Sale i gradini del vecchio ponte di ferro con insolita lentezza appoggiandosi all’ombrello come a un bastone e seminando ovunque con plateale gratificazione ogni foglietto in suo possesso che ovviamente viene calpestato ancora una volta dalla gente. Sciorina pensieri al vento su ogni traccia lasciata dal passaggio umano sul ponte che attraversa i binari per accedere in via Savona e di lì alla Mecca del design e della moda. Scruta le reazioni di ogni singola persona per poi chiedersi se un ponte sia davvero una realtà fisica o un gesto inafferrabile e percorribile al tempo stesso come la poesia visiva di un arcobaleno… se davvero un ponte possa unire culturalmente popoli, religioni, etnie, medicina, economia, arte, letteratura, architettura, ingegneria, design, grafica, musica, pittura, gestualità, segni, scultura, conoscenza, scienza… e bellezza. «Sì, bellezza… la bellezza salverà il mondo!», grida inaspettatamente a squarciagola e «Dostoevskij aveva ragione! Anzi, ne aveva da vendere!». E gridando alla gente, incalza: «Il ponte è una biblioteca dei saperi… che unisce la vecchia carta con le future tecnologie visuali! Ma non vi accorgete che questo è un ponte tra passato e futuro, tra generazioni diverse che si raccontano?», prosegue eccitato puntando l’ombrello verso la gente che lo evita come un appestato. «Ma cosa blateri?» gli chiede un passante. E lui: «Questo è un ponte tra etnie, le più disparate, che si confrontano per conoscersi, per convivere, per condividere. Sì, condividere! Questo è un ponte tra laboratori di dialogo… tra culture e religioni…». «Ma checcazzo stai dicendo!», urla un altro. E lui di rimando, come se sillabasse: «Da qualunque parte lo si attraversi, mio caro, un ponte è e sarà sem-pre si-no-ni-mo di spe-ran-za!». «Sei proprio messo male, figliolo: avresti proprio bisogno di cure…» gli risponde un’anziana passante con l’aria di chi ha trascorso la vita a soccorrere il prossimo. «Perché non passate sopra ai miei fogli? Perché? Vi prego… è un esperimento, sì, un esperimento artistico!», insiste l’architetto, invitando la gente a passarci sopra senza timori. Infatti qualcuno sta al gioco e si diverte, ma altri imprecano, c'è chi sorpreso scuote la testa compatendolo e altri ancora che biascicano volgari commenti…. Poi, improvvisamente, Giulio è sopraffatto dal silenzio… Il Pont de ferr, da verde sporco qual é si sta tingendo di rosso… Anche i volti delle persone, tante – mai viste prima d’ora così tante intorno a sé – assumono colori piatti e solarizzati come quelli delle serigrafie di Andy Warhol, per poi attenuarsi sfumando ogni cromia e diventare grigi e… si accascia a terra tra i passanti. La sirena di un’ambulanza si fa meno assordante, forse. Le palpebre pesano più del solito, anzi si stanno chiudendo rabbuiando ogni cosa, mentre sente una mano calda che gli sfiora la fronte… gli tasta il polso... gli solleva l’altro. Socchiude gli occhi per un istante e intravvede tra la gente sfocata, proprio Lara… ma nitida e bellissima nel suo trench nero e gli stivali da equitazione che gli si avvicina allungando le braccia con apprensione, inginocchiandosi e ricoprendolo di baci, di carezze, tante, più di quante ne avesse mai ricevute in tutta la sua vita… Quindi Giulio accenna a un sorriso compiaciuto, tanto agognato quanto estremo. A casa, sopra il tavolo della cucina dell’architetto, i blister vuoti dei farmaci sono perfettamente allineati sul vassoietto di porcellana bianca, come sul set di uno still-life fotografico per riviste di arredamento di classe. 20 La strega di Giovanna Rotondo La donna era in piedi su un carro. Le mani legate, l’aspetto dimesso, malandato. Un uomo, il boia, accanto a lei, la torturava con tenaglie infuocate, piagandole la carne. Lei pareva non avvertire il dolore, l’espressione del viso assorta… lontana. “Presto sarà finita”, pensava. “Sono contenta, non potrà essere peggio di così, quando sarò morta”. Gli occhi non vedevano la folla urlante, ma i campi fioriti nelle estati della sua breve infanzia, quando, piccola fanciulla, raccoglieva fiori e ne faceva ghirlande o, insieme alle contadine del suo villaggio, nella pianura padana, cercava erbe per tisane e decotti. Il padre, di professione maestro, le aveva insegnato a leggere e scrivere e a far di conto. A lei, ragazzina svelta e intelligente, lo studio piaceva molto e imparava in fretta. In seguito, la lettura era diventata la sua passione, il suo faro: leggeva quando poteva. Non c’erano tanti libri intorno, ma, nelle case benestanti in cui andava a servizio, trovava sempre qualcosa. Lei, di nascosto, leggeva tutte le parole scritte che trovava. Le grida della gente le giungevano distanti, remote. Al rogo, al rogo la strega… Brucerai all’inferno! Suo padre aveva deciso di darla in sposa, non ancora quattordicenne, a uno che non conosceva, che non era dei luoghi in cui viveva. Sapeva solo che era un mercante e abitava a più di una giornata di cammino dalla loro casa. L’aveva implorato di non farlo, di tenerla lì ancora qualche tempo. Ricordava di essersi inginocchiata davanti a lui. “Ti prego, padre, non farmi andare via. Tienimi qui con te. Lavorerò giorno e notte. Qualsiasi cosa. Ti prego!” L’aveva supplicato, ma lui non aveva voluto sentire ragioni, né aveva dato giustificazioni alla sua decisione. Il matrimonio era stato un’esperienza terribile, il marito aveva un carattere violento, la picchiava spesso e la obbligava a prosti- SEZIONE RACCONTI Giovanna Rotondo Ha vinto il terzo premio sezione Racconti Premio Hombres itinerante X edizione 2o14 tuirsi, lei era lontana dalla sua casa con nessun a cui chiedere aiuto… aveva pregato in cuor suo di morire, ma era morto lui, accoltellato in una rissa. Aveva trovato lavoro come domestica e, per qualche anno, era andata a servizio nella casa di una famiglia benestante che l’aveva portata a Milano. Il lavoro era duro, ma almeno nessuno la picchiava, né la costringeva a prostituirsi. Lei riusciva anche a leggere e a dedicarsi alla sua altra passione: la ricerca di erbe e fiori. Siamo qui per giudicare questa donna, colpevole di preparare e somministrare intrugli malefici e di avere rapporti con Satana! L’aveva accusata perentorio l’Inquisitore, alcuni mesi prima. “Il processo è stato una farsa inquietante. Tutte quelle persone potenti contro una poveretta come me. Anche se fossi stata una strega, come dicono, e forse lo sono, non vuol dire che io abbia commesso dei crimini”. La folla gridava sempre: Strega, strega… devi morire! Qualcuno le lanciava degli oggetti, la copriva d' insulti e sputi. “Poveri creduloni” rifletteva lei, “non esistono le streghe, né il diavolo, né l’inferno. Li inventano loro per controllarci meglio. Esiste solo tanto dolore”. “I medici sono delle botti tronfie, piene di vino cattivo… non sanno come lenire le sofferenze della gente”. Gli avvenimenti degli ultimi mesi, in quelle aule di tribunale, mentre la processavano con prove inesistenti e false, o nella pri- 21 gione, sotto tortura, per farle confessare colpe mai commesse, erano stati per lei una rivelazione. L’accusata pratica la magia nera. Si è macchiata di gravi peccati: atti di stregoneria, rapporti promiscui con il Demonio. Omicidio. Continuò l’Inquisitore rivolgendosi ai membri della Corte: tutti maschi, vestiti di nero, seri, severi. Che cos’ha da dire a sua discolpa? Le chiese, guardandola. Nulla. Rispose, scuotendo la testa. Prepara pozioni e filtri magici? Sì… Per quale ragione? Per alleviare il dolore di chi soffre… Sacrilegio! Questo è compito di Dio, non delle donne, né tantomeno delle streghe. Solo Dio può alleviare il dolore. Ha mai avuto rapporti carnali con il Diavolo? Sì. Assentiva lei, annuendo. “Sì, ho avuto rapporti con il diavolo ogni qualvolta sono stata stuprata, violentata o picchiata da qualcuno di voi”. Ma non lo disse. Quante volte? Non lo so! Molte? Forse. Sussurrava, tenendo gli occhi bassi. Ha tentato volontariamente di avvelenare le persone presso le quali era a servizio? “Ho preparato solo delle bevande calmanti, con fiori di camomilla o foglie di malva”. Ma taceva e piegava la testa: Sì. Bisbigliava. Si chiedeva se tutti quegli uomini di scienza, di cultura, di chiesa, si rendessero conto dell’assurdità di ciò che facevano o dicevano. “Lo faranno per paura, perché ci credono o gli va bene così?” Rispondeva “sì” a qualsiasi folle domanda le venisse posta, qualsiasi cosa, purché non la torturassero. Non c’era scampo, come nel supplizio dell’acqua che veniva inflitto a una presunta strega: se questa fosse andata a fondo, con una pietra legata al collo, sarebbe stata innocente, ma sarebbe morta annegata, se fosse rimasta a galla, sarebbe stata colpevole e giustiziata. Un meccanismo perverso! Ed erano tutti uomini… “Come mai non c’è mai una donna in queste strane assemblee?” Aveva scoperto il potere degli uomini: ti violentavano e poi ti accusavano di aver peccato, ti chiedevano delle erbe per i loro mali e poi ti accusavano di essere una strega. T’ imprigionavano, ti torturavano finché non confessavi ciò che volevano… ti bruciavano sul rogo per peccati che non avevi commesso, né pensato si potessero commettere. − E’ vero che l’accusata ha abbandonato le sue figlie avute fuori dal matrimonio, frutto della sua fornicazione? “No, non è vero, non è assolutamente vero”. L’impulso di urlare con tutta la forza di cui era ancora capace, l’aveva scossa con violenza. Ma sapeva che poi l’avrebbero torturata per farle dire che era vero! Non intendeva stare al gioco, avrebbe detto loro tutto ciò che volevano dicesse. Glielo avrebbe detto da subito. Un giorno aveva incontrato un uomo d’arme, un capitano, viveva solo e le aveva chiesto di tenere casa per lui. Lei aveva accettato. Nel giro di pochi anni erano nate due figlie. Lei ascoltava il loro respiro, ne vegliava il sonno e, mentre dormivano, sfiorava i contorni dei loro visini con la punta delle dita _ Risponda! _ Sì, è vero. Mormorò in un sospiro di dolore! Sentiva nel cuore il grido delle figlie che piangevano: “mamma, mamma dove sei?” Lo sentiva ogni momento, da allora. Chiuse gli occhi e sorrise tra sé rivedendo i loro volti di neonate e di più grandicelle, poi. Le aveva amate più di ogni ragione! Le accarezzò teneramente: “Addio bambine mie!” L’avevano costretta a lasciarle in tenera età. Il vescovo aveva ingiunto a lei e al loro padre di dividersi. Erano insieme da molti anni, senza essere sposati e vivevano nel 22 peccato: dovevano essere separati! Il padre delle sue figlie non aveva potuto o voluto sposarla. “Speravo di accudirvi per tutta la vita, di insegnarvi a leggere e scrivere!” La obbligarono a prendere servizio in casa di una nobildonna. Confessa di essere una strega e di aver compiuto riti di magia nera, con l’aiuto di Satana? Sì! Rispose, lei decisa. Dopo aver esaminato i gravi crimini di stregoneria, i rapporti perversi con il Demonio, i comportamenti sacrileghi attribuiti a questa donna e liberamente confessati dall’accusata, questo Tribunale la condanna al rogo! A lei non interessava ascoltare la sentenza, sapeva che l’avrebbero condannata a bruciare, viva o morta, non cambiava molto. Non aveva più nulla, neanche il suo nome. Si concentrò sulla visione delle sue creature. “Vi cantavo una ninna nanna per farvi addormentare, cambiavo sempre le parole: dormi, dormi mia piccina, dormi, dormi bel visino, ninna nanna piccoline!” Erano quasi giunti a destinazione, si vedeva, sul fondo, la catasta con il palo su cui sarebbe stata issata e giustiziata. Intonò una dolce nenia, il suo viso si distese in un attimo di amore. Il boia scambiò per lamenti la cantilena sommessa e le inflisse altre torture, altro dolore, ma nulla poteva turbare la strega in quel momento. “Vi auguro ogni bene, figlie mie. Addio!” Il carro si fermò, erano arrivati al punto in cui lei doveva essere impiccata e poi arsa, non molto distante era stato allestito il fuoco. Lanciò un’occhiata distratta alla folla, che si era zittita: “Senza dubbio, altre sciagurate si sono rese conto degli orrendi misfatti perpetrati nel nome di Dio. In nome di Dio e mostrando il crocifisso, si commettono crimini terribili”. Pensò per un momento, guardando i monaci che pregavano con il crocefisso alto, visibile a tutti. La chiesa perseguiva una violenta caccia alle streghe. Una caccia fiorente e proficua: confiscava i beni delle presunte streghe e di tutti coloro che avevano, si credeva, rapporti con il diavolo, o erano denunciati perché praticavano riti magici, o ritenuti colpevoli di eresia. Il boia la fece scendere dal carro e la spinse verso l’impalcatura, c’erano dei gradini di legno, li salì. “Chissà se mi bruciano da subito o mi strangolano prima come atto di clemenza, per aver confessato, concedendomi di soffrire meno…” Non capitava spesso che una donna arrivasse a delle conclusioni, era accaduto a una come lei: povera e sola, a cui era stata inflitta una condanna assurda. E forse era proprio questa la ragione! Aveva compreso che chi fosse capitato nell’ingranaggio veniva stritolato. La giustizia non esisteva, non c’era e non c’entrava. Non poteva esserci giustizia là dove era ammessa la tortura. La tortura era strumentale alla confessione, se non confessi, ti faremo confessare con insopportabile dolore. Solo la mente umana poteva escogitare mezzi talmente perversi a cui non si poteva resistere. La tortura era un’arma immonda: si confessava qualsiasi cosa! Le tenaglie infuocate, le forche, i roghi e quant’altro, erano nulla in confronto. Si mise a cantare piano, con voce dolce, intanto che saliva i gradini: − Ninna nanna, dormi dormi, mia piccina che la mamma ti è vicina ================================= Premio Hombres Itinerante www.premiohombres.com [email protected] 23 da Oltre le latomie di Pietro Catalano L’albero Sono un albero vecchio, profonde radici che succhiano memorie in umide zolle, fusto freddo, sordo rumore secco, m’angoscia non sapere il destino del nido fra i rami, coppia di passeri che cinguettano fino a sera, incurante del freddo nella prossima notte. E’ tardi, non sento più la linfa scorrere nel tronco muto e le foglie cadono senza rumore, secco l’eco dello schianto. M’hanno tagliato le braccia perché scoppiassero gemme fra nodi aggrovigliati, incavo di cicale di giorno assopite, non sento più il calore verde sotto la corteccia ma colpi sordi d’una scure, lama aguzza lacerare le mie carni. SEZIONE SILOGE DI POESIA Pietro Catalano Ha vinto il primo premio sezione Silloge di Poesia Premio Hombres itinerante X edizione 2o14 Il mondo sconosciuto Perché questo è l'ostacolo, la crosta da rompere: la solitudine dell'uomo – di noi e degli altri. Cesare Pavese, Saggi letterari. Quale giorno mi viene incontro quando ritrovo suonatori di flauto fra strade affollate e nomadi che chiedono qualcosa a passanti frettolosi che guardano l’orologio della vita correre più veloce dei loro piedi? Dove vanno la sera questi uomini, quale casa l’inghiottirà nella notte e chi li aspetterà ansioso di ritrovarli ancora vivi, nell’anima? Ciascuno consuma il giorno sollecitando quello successivo, ma il tempo presente rintocca lo scorrere della vita. Chi sono gli uomini che incontro la mattina nei tram affollati, quali speranze abitano nei loro cuori? Ognuno è solo dentro abiti fabbricati da altri sconosciuti, eppure siamo tutti così vicini, stretti negli aliti dei vetri appannati la mattina, ma così lontani come mondi sconosciuti. 24 SEZIONE GIORNALISMO Luciano Vanni editore e il Turismo Culturale Il Turismo Culturale nasce nel novembre del 2006 in seno alla Vanni Editore srl e raccoglie attorno a sé alcune delle firme più prestigiose del giornalismo enogastronomico e del reportage di viaggio nonché esperti nella editoria di carattere archeologico, letterario, scientifico e storico-artistico. Nel corso degli anni Il Turismo Culturale è diventata una piattaforma editoriale così vasta da farsi leader in ambito nazionale per quanto concerne il viaggio, la comunicazione di eventi culturali, la promozione di eccellenze enogastronomiche-artigianali e la valorizzazione dei siti italiani di alto interesse artistico e naturalistico. Dal 2013 l’asset edititoriale è così composto: Il Turismo Culturale Un mensile formato tabloid, stampato su carta giornale, dedicato all’informazione sugli eventi culturali più rilevanti organizzati in tutta Italia, al reportage di viaggio e alle eccellenze culturali, paesaggistiche, turistiche ed enogastronomiche del nostro Paese. Avrà una distribuzione massiva nel circuito delle edicole con una tiratura di 25.000 – 30.000 copie. Le Guide de Il Turismo Culturale Collana di guide turistiche di alta qualità dedicate all’Italia dei piccoli centri e delle piccole municipalità. www.ilturismoculturale.it Webzine dedicata agli eventi culturali organizzati in Italia e database “Di Sosta in Sosta”, ovvero luoghi del ristoro, del benessere e Ha vinto il primo premio sezione Giornalismo Premio Hombres itinerante X edizione 2o14 dell’accoglienza, ma anche botteghe artigianali, produttori agroalimentari e aziende vitivinicole: gli indirizzi dell’eccellenza del territorio. Il web ospita uno shop e una tv. Il Turismo Culturale Card Tessera attraverso la quale si può accedere a convenzioni con l’Italia dell’eccellenza dei ristoranti, b&b, agriturismi, musei, trattorie, artigiani, etc. Il Turismo Culturale Tv Canale multimediale con servizi video, reportage, servizi e interviste con i protagonisti del mondo della cultura, dell’enogastronomia e dell’artigianato. Il Turismo Culturale Shop Shop on-line dove fare abbonamenti e acquistare guide; a partire dalla primavera del 2013 ospiterà il catalogo di prodotti di editori che operano in ambito turistico, culturale ed enogastronomico. 25 SEZIONE GIORNALISMO Rosaria Villa Ha vinto il primo premio sezione Giornalismo Premio Hombres itinerante X edizione 2o14 Viaggiando lungo le Rotaie La vertenza per la storica linea ferroviaria Avezzano-Roccasecca, da subito ha assunto un’importanza strategica fondamentale. E il merito va ascritto interamente al Comitato interrregionale sorto per la sua riapertura lo scorso anno, che si è caratterizzato per la duplice capacità di coinvolgimento delle popolazioni locali e la proiezione oltre i propri confini territoriali: raccordando questa battaglia ad una dimensione di respiro nazionale. di Rosaria Villa La Ferrovia Avezzano Roccasecca, rappresenta la storia travagliata non solo di una linea ferroviaria, ma di un conflitto sempre aperto in Italia, tra slanci sognatori di progresso e legacci atavici che ne impediscono sempre un decollo sicuro e definitivo. Una Ferrovia che, raccordando trasversalmente l’Italia centrale oltre che longitudinalmente il centro ed il sud, tutto poteva essere tranne quello che spesso è stato, ‘un ramo secco’. A leggere la storia di questa ferrovia ci si rende conto facilmente che di crisi ne ha attraversate tante, è rimasta sempre aperta come ‘se si dovesse chiudere da un momento all’altro’. Eppure oggi, anno 2014, sono in corso imponenti lavori di ristrutturazione, seguiti naturalmente ad una delle tante crisi, forse la peggiore degli ultimi dieci anni. E’ nella estate del 2013 che iniziano a circolare sempre più pesanti i rumors di una possibile ‘chiusura della linea’. Ed è sulla spinta di questi rumors che nasce il Comitato Salviamo la Ferrovia Avezzano Roccasecca, ‘frutto del lato buono dei social network’. Infatti, mentre cercavo dati sulla linea e l’idea di una battaglia a difesa già si faceva strada nell’anima, mi sono imbattuta in una pagina Facebook, Salviamo la Ferrovia Avezzano Roccasecca. Convinta sostenitrice della collaborazione di associazioni, e che bisogna contrastare la strategia del ‘dividi et impera’ con cui negli ultimi anni tante energie civili sono state annientate dai cosiddetti poteri forti, tendo la mano al gestore della pagina e gli mando un messaggio privato. Mi presento e lascio i miei recapiti offrendo una collaborazione. Dall’altra parte trovo altrettanta disponibilità. Era Emilio Cancelli. Una settimana dopo promuoviamo il nostro primo incontro presso la Stazione Ferroviaria di Sora ed aderiscono già alcuni simpatizzanti. Continua a leggere sul blog: http://unmarzianoaroma.net/archives/182 26 Elena Malta, Un abito qualunque, ed. Tracce Dalla premessa di Vito Moretti Questi testi di Elena Malta, che finalmente si fanno libro, recano il respiro e le parole 56rf44sentimenti a lungo carezzati nel silenzio della riflessione, le profondità che inducono a scrutare i tempi della natura, gli aneliti intorno ai quali ciascuno organizza e giustifica la propria vita e i tratti che sorreggono le cose stesse dell’esistenza o l’anima che, a suo modo, vi discende e vi libera le voci. È una raccolta che dice e che chiama all’ascolto, che costruisce nel presente e che ha memoria dei suoi territori più lontani, che rinchiude e serra fra le mura ben salde delle sue proiezioni e delle sue giaciture e che, per effetto del mistero dell’essere che ci fa grandi e piccoli nella medesima circostanza, lascia evadere e scorrere brezze e rumori, mormorii e suoni, passioni e ozii che permettono alla poesia, specie quando essa è autentica, di simboleggiare la condizione dell’uomo, il suo guadagno di verità e di certezze. [...] Elena Malta giunge al traguardo di questo libro dopo una lunga frequentazione della poesia, soprattutto novecentesca, e dopo un esercizio riservato e pudico della versificazione, che le hanno permesso via via di dare sostanza e forma ad una lirica tutta sua nei timbri, negli argomenti, nelle ragioni e nei linguaggi: una poesia che indossa, appunto, un abito qualunque e che veste le parole di tutti i giorni, com’è nell’esistenza concreta e reale degli individui, ma che si concede alla pagina con versi di saggezza, con tensioni perfettamente scrutinate e con la sorpren- SEZIONE LIBRI DI POESIA Elena Malta Ha vinto il primo premio sezione Libri di poesia Premio Hombres itinerante X edizione 2o14 dente capacità di far coincidere [...] gli oggetti del cielo e della terra, degli ampi spazi (anche metafisici) e della tenera ordinarietà dei nostri quotidiani. [...] Elena Malta è originaria di Pianella, in provincia di Pescara, dove risiede; ha maturato la sua preparazione professionale presso la Facoltà di lingue e letterature straniere dell’Università “G. d’Annunzio”, laureandosi con una tesi in Letteratura anglo-americana. Dal 1973 al 1979 è stata in Canada, dove ha svolto l’attività di Professore Associato di Lingua Italiana presso la “University of Toronto”, Department of Italian Studies. Durante questo periodo è stata membro di un gruppo di ricerca specializzato nello studio delle interferenze linguistiche e multiculturali italo-canadesi; ha contribuito alla realizzazione di un Vocabolario linguistico di nuovi termini ed espressioni delle varie parlate regionali italiane che si sono innestate nella lingua anglo-canadese. Rientrata in Italia, ha proseguito la carriera di insegnante nelle scuole pubbliche ed è tuttora Professore di lingua e letteratura inglese-americana nella Scuola secondaria superiore: Liceo Scientifico ”L. Da Vinci” Pescara. È attiva da vari anni anche come poeta, con lavori in lingua italiana, in inglese e nel proprio dialetto pianellese. È vincitrice di primi premi in concorsi di poesia sia in competizioni nazionali che regionali ed ha conseguito numerosi riconoscimenti di merito. Questa è la sua prima raccolta a stampa di versi trascelti dalle sue ultime scritture. 27 SEZIONE PER MASSIMO TROISI IL SEGRETO DI PULCINELLA E IL POSTINO DEI SOGNI (in memoria di Massimo Troisi) I All’ombra della luna seduto sta Pulcinella ad ascoltare il respiro del vento, riposa su un cuscino di stelle e il suo letto è il grembo del mare. Non sorride più né disegna piroette, stanco e a passo lento s’attarda lungo strade lastricate di silenzi. Qualche nota pizzicata sulle corde di un vecchio mandolino fra una lacrima e un sorriso. Pulcinella dei nostri giorni non indossa più la maschera e stringe le spalle in un riverbero di sogni. Riposti gli abiti di scena, è tanto tempo ormai che è calato il sipario sull’ultimo spettacolo. Ma ancora lo puoi sentire, in un bisbiglio di vento, cantare una serenata sull’altra riva dovesi posa l’ala del tramonto. Fermati un poco e ascolta ignaro lettore dei miei poveri versi, il cuore di Napoli ti parla e la sua voce accarezza l’anima: è magia, è incanto, è il segreto di Pulcinella! II Adesso corri libero nel vento con la tua bicicletta di stelle per consegnare lettere ai poeti dell’altrove e non trema più la sera nel tuo fragile respiro. Sul cavo delle mani ancora qualche lacrima per quella vita che sfiorì prima che il cielo disegnasse il tuo profilo fra le pagine bianche dell’eterno. Nell’isola il mormorio del mare è l’eco di una voce che ritorna a cercare parole nel vento adesso che il tuo cuore ha ricamato ali per volare oltre ogni orizzonte. Dolce è l’approdo, ma ignoto a noi il viaggio e abbiamo solo mani di pioggia e un grembo di neve per accogliere l’assoluto. Ma se breve come un sussurro è stata l’ora, sospesa nell’azzurro di una triste felicità, largo è il passo che conduce all’anima del cielo ora che nel cuore ti risplende l’infinito. Rita Muscardin Ha vinto il primo premio sezione Per Massimo Troisi Premio Hombres itinerante - X edizione 2o14 28 Rosaria Troisi per il libro “Oltre il respiro” A diciassette anni dalla scomparsa di Massimo Troisi, sua sorella Rosaria riapre lo scrigno dei ricordi. Attraverso i racconti sull'infanzia e sulla famiglia, emergono le figure che hanno plasmato la sensibilità dell'attore napoletano, insieme ai personaggi e ai contesti che hanno ispirato la sua arte. Ma emerge anche il ritratto di un uomo che ha affrontato gli ostacoli della vita con determinazione, sfidando con coraggio la sua ma- SEZIONE SPECIALE lattia e il suo destino. Dai primi passi in palcoscenico alla Smorfia, fino alla fine della sua carriera cinematografica, l'arte di Troisi è stata sorretta da una profonda sensibilità sociale che, abbattendo gli stereotipi sulla meridionalità, lo ha reso beniamino di tutto il Paese. Il racconto omaggio di Lilly Ippoliti testimonia il legame viscerale che l'artista seppe instaurare col suo pubblico. Il volume è corredato da molte fotografie inedite provenienti dall'archivio di Rosaria Troisi e da estratti di interviste e dichiarazioni dell'attore, oltre a una cartella contenente 10 incisioni tratte da foto di scena, appositamente realizzate da Rancho. ............................................................ In esclusiva, una lettera che Rosaria Troisi, sorella di Massimo, indirizza all’attore scomparso il 4 giugno 1994, …… “Dove sei? Ti sei allontanato che indossavi ancora una divisa grigia di tela grezza e una logora tracolla di cuoio che ti pendeva dalle spalle visibilmente stanche. Fino a poche ore prima eri stato il postino di Neruda, e con occhi incantati e mani tremanti avevi recapitato posta profumata di mare al maestro cileno, in quell’isola che odorava di malvasia in ogni casa e in ogni contrada. Poi, all’improvviso, come in un gioco di prestigio, da portalettere ti sei ritrovato destinatario, sommerso da cartoline, biglietti di fortuna, pupazzi e fiori, rosari, santini. E noi qui, testimoni attoniti del tuo lascito, circondati da quella strana bellezza che fioriva da tanto dolore........ Continua a legegre su: http://www.corriere.it/cultura/14_luglio_25 /caro-massimo-io-so-che-ci-sei-troisi-letterasorella-378f1bec-13d3-11e4-9950e546b7448c47.shtml 29 Carlo Felice Casula Per il libro “Insegnare il Novecento. Chiavi di lettura e casi di studio con percorsi di storia e cinema” SEZIONE SPECIALE rivisitazione-bilancio dei 150 anni dello Stato unitario. Del Novecento sono discusse criticamente anche le interpretazioni più ricorrenti: secolo-mondo, secolo degli estremi e delle ideologie, secolo americano, secolo del comunismo, secolo delle organizzazioni internazionali, secolo del lavoro, secolo delle donne, secolo dei giovani. Particolare attenzione è rivolta alle fonti letterarie e ai rapporti tra storia e cinema, con indicazione di specifici percorsi di studio e di ricerca, come quello sui genocidi e sulle violenze di Stato. ....................................................................................... Gli studi di Casula vertono sull'epoca contemporanea, sulla storia delle idee, sui movimenti politici e sindacali, sulla storia delle istituzioni e della Chiesa, sui mutamenti sociali e dei processi formativi, sulla Sardegna, nonché su Roma e il Lazio. Casula si è laureato in Scienze Politiche (1971) presso l'Università La Sapienza di Roma, con una tesi di storia contemporanea (relatore prof. Pietro Scoppola) poi pubblicata dalla casa editrice Il Mulino. D'estate, per mantenersi agli studi, ha lavorato in Svezia come operaio metalmeccanico. Ha compiuto gli studi di perfezionamento postuniversitario, presso l'Istituto Luigi Sturzo di Roma e L'École pratique des hautes études en sciences sociales di Parigi. Insegnare il Novecento, nelle sue dinamiche di secolo breve, già trascorso da 25 anni, è possibile e doveroso. Se ne propongono in questo libro stimolanti chiavi di lettura, a partire dalla sua natura antinomica di secolo nel quale si sono create le condizioni materiali e ideali per inedite potenzialità di benessere e libertà, ma anche di distruzione e oppressione. Antinomie semplici, a partire da quella tra guerra e pace e tra democrazie e totalitarismi. Del Novecento sono ricostruiti, dal punto di vista storico e storiografico, con un approccio multidisciplinare, alcuni grandi eventi periodizzanti, come le due guerre mondiali e decisivi processi di mutamento, come lo Stato sociale, le migrazioni, la grande trasformazione dell’Italia repubblicana. Si propone anche una Dal 1989 è professore ordinario. Dal 2001 insegna storia contemporanea, storia sociale e storia e cinema alla Facoltà di Scienze della formazione dell'Università degli Studi di Roma Tre. È coordinatore del Master internazionale di secondo livello in Scienze della cultura e della religione presso L'Università degli Studi di Roma Tre. Ha collaborato con vari periodici e alcuni quotidiani (Paese Sera, Il Secolo XIX, L'Osservatore Romano). Sul quotidiano L'Unione Sarda scrive spesso nelle pagine culturali. È stato autore e conduttore di vari programmi RAI, su temi legati alla storia contemporanea e all'attualità politica e sociale. Inoltre è stato coautore di film di montaggio (Roma occupata, Le passioni dell'accademia, Il 1948 in Italia). È direttore scientifico di Rerum Novarum. Quaderni di studi sociali dell'Istituto culturale Leone XIII e dirige l'Archivio storico dell'Ufficio studi delle ACLI. È inoltre responsabile culturale, a titolo di volontariato, della Fondazione Comunità intitolata a Domenico Tardini. 30 Mauro Francesco Minervino per il libro “Statale 18” La statale 18 è una delle tante arterie stradali del sud. Strada mortale, disseminata di curve, gallerie, incantevoli scorci, ma anche brutture vergognose. Il dissennato abusivismo, la gestione sconsiderata delle coste cementificate, ma anche le contraddizioni di località sul mare che uniscono ai loro panorami mozzafiato, un’inquietudine nascosta. A pochi chilometri dalla più famosa e famigerata Salerno-Reggio Calabria questo lembo di asfalto, che unisce le località tirreniche della Calabria, è lo specchio più fedele di una regione e di un paese. Mauro Francesco Minervino, antropologo e scrittore tra invettiva e poesia racconta ed emoziona come SEZIONE SPECIALE affronta la Statale 18 come se fosse il percorso di un intellettuale in mezzo alle macerie in cui si gioca una partita tra conservazione e ricostruzione, paese legale e paese nascosto, cosche e istituzioni, la continua dialettica di un sud che va narrato Da Statale 1“Con le formazioni sociali spesso in “liquefazione” l'unico argine sarebbe la presenza di regole legate ai valori intrinseci dei luoghi: una nuova soggettività sociale in cui riemergono “dalla società fluida” nuove, seppur modeste intese di tipo comunitario. Riaggregare la gente ai paesi, attorno ai valori ecologici e culturali di una misura sostenibile. Più in generale basterebbe favorire le opzioni di ri-territorializzazione e di difesa del patrimonio ambientale. Basterebbe in fondo amare i luoghi, voler bene davvero alla terra, la propria”. i narratori ottocenteschi del gran tour. La Statale è un pretesto per descrivere un’Italia ancora pasolinianamente impossibilitata alla modernizzazione, tra degrado ambientale e la natura che resiste. Con la stessa efficacia e la malinconia di George Gissing, Minervino Mauro Francesco Minervino è professore di Antropologia Culturale ed Etnologia. Scrittore e notista, collabora alle pagine culturali de Il Riformista, L’Unità, Il Manifesto, Il Mattino, International Herald Tribune. È autore di programmi Rai e collaboratore di «Nuovi Argomenti» e «Diario». Un suo racconto compare nell’antologia «Italville. Nuovi narratori sul paese che cambia», pubblicata da Mondadori nel 2004. Il suo libro In fondo a Sud (Philobiblon, 2006) è uscito con prefazione di Marc Augé, Calabria Brucia (Ediesse) è uscito nel 2008. 31 "Roberta De Santis Per il libro “Volevo dirle tante cose” Volevo dirle tante cose" racconta la storia di Sara, donna bambina nella sua speciale ingenuità, responsabile di una libreria che è il centro della sua esistenza. La sua vita scandita da ritmi precisi, sembra apparentemente serena: ha una sorella che adora e che la sostiene, un'amica preziosa ed i clienti della libreria che in lei trovano un punto fermo e affidabile. Sara in realtà nasconde SEZIONE SPECIALE nel cuore un difficile rapporto con la madre, un dialogo assente da sempre, parole giuste che cerca in continuazione e regolarmente vane. L'importanza delle parole raggiunge il suo apogeo quando Sara incontra l'amore. Il romanzo diventa così uno scrigno di riflessioni luminose ed accorate, un contenitore prezioso di emozioni e confidenze struggenti, a tratti commoventi, utili a chi forse sta sprecando parole e tempo, sicuro di avere ancora mille opportunità per risistemare rapporti dolorosi, che zoppicano. ..................................................................... Roberta De Santis, di Avezzano in provincia de L’Aquila, è stata responsabile per quindici anni di una libreria nel centro della sua città. Ora si dedica a tempo pieno alla sua più antica passione, la narrativa. Con il racconto Fiore di Iris ha vinto il Primo Premio del concorso letterario edito da “Pagine Aperte” I Rassegna letteraria 2012 “Omaggio a Vittoriano Esposito”, con il racconto Punto perso ha vinto il Primo Premio del concorso indetto dall’agenzia letteraria Ponte di Carta di Avezzano e con il racconto Capelli biondo pane ha vinto il Primo Premio per la sezione racconti del Premio Hombres itinerante IX edizione 2013. 32 Edoardo Micati I pastori della Majella Io pascevo la mandra alla montagna,alla montagna debbo ritornare.(G. d'Annunzio, "La figlia di Iorio" Atto I, Scena II) Se immaginiamo un pastore non lo vediamo mentre bada al proprio gregge sui pascoli del Tavoliere. Non pensiamo alle sue interminabili giornate passate sulle aride distese invernali, o nel casone della posta pugliese. Nella stessa transumanza risalta prevalentemente il fatto che il pastore lascia la montagna e il pastore torna alla montagna. Il pastore appartiene alla montagna, è una presenza che non può essere scissa da essa, anche se la sua esistenza si divide equamente fra il monte ed il piano. Per la maggior parte di loro la montagna SEZIONE SPECIALE rappresentava il ritorno a casa, anche se poche erano le notti che i pastori passavano nel loro letto; ma era comunque il ritorno, durante il quale essi curavano le angosce e i dubbi che nascevano nella lontananza. Micati Edoardo- Nato a Pescara il 25-5-1943- Socio della Deputazione Abruzzese di Storia Patria dal 1986- Collaboratore del "Museo delle Genti d'Abruzzo" di Pescara- Collaboratore dell'École Française in un progetto di 4 anni sulla transumanza- Referente Nazionale Comitato Scientifico Centrale "Gruppo Terre Alte" del C. A. I.- Docente in Corsi per Operatori turistici organizzati dalla Regione AbruzzoDocente in Corsi per il restauro di capanne e muri a secco- Docente Master "Il restauro del paesaggio", San Salvo (Ch) 2005- Docente Corso Nazionale Operatori Naturalistici del C.A.I., Pescara 2005, Caramanico 2006, Fano 2008- Docente Corso di aggiornamento nazionale per insegnanti, Caramanico 2007- Docente Corso Nazionale Operatori Naturalistici e Operatori Tutela Ambiente Montano, Ceraso (Salerno) 2012- 1° Premio Europeo del C.E.R.A.V. (Centre d'études et de recherches sur l'architecture vernaculaire) di Parigi per il contributo alla conoscenza dell'architettura in pietra a secco dell'area mediterranea- Incaricato dalla Giunta Regionale d'Abruzzo per il censimento delle capanne in pietra a secco- Direttore scientifico del Progetto P.I.M. "Interventi per la conservazione degli eremi e delle testimonianze storico-archeologiche diffuse" redatto nell'ambito del progetto strategico regionale Parchi Naturali-L.R. 10/93- Consulente scientifico per i restauri dei muri a secco e del sagrato di S. Maria in Valle Porclaneta di Rosciolo (Monumento Nazionale)Premio Nazionale di Letteratura Naturalistica ìParco Majellaî, Abbateggio 2013- Maestro Nazionale di Sci Alpino dal 1973 (Specializzazione in organizzazione gare e tracciatura percorsi)- Istruttore di Sci Alpinismo dal 1979- Collaudatore piste di sci per la Regione Abruzzo Moltissime le opere e le ricerche pubblicate da Edoardo Micati su vari argomenti riguardanti l’Abruzzo 33 Gabriele Ronchetti e M. Angela Ferrara, La linea Gustav Mattioli editore SEZIONE SPECIALE Una guida per andare alla scoperta dei luoghi e della storia della "Linea Gustav", il sistema di fortificazioni che i tedeschi approntarono su disposizioni di Hitler nell'autunno 1943 dalla foce del Sangro a quella del Garigliano, un taglio trasversale dell'Italia dall'Adriatico al Tirreno per bloccare l'avanzata anglo-americana. Il volume apre con un'introduzione storica dove sono narrate con taglio divulgativo le vicende accadute su questo fronte di guerra: la battaglia di Ortona, i sanguinosi combattimenti e gli eccidi, la nascita della Resistenza con gli eroi della Brigata Majella e le battaglie di Montecassino culminate con la distruzione e la presa dell'Abbazia. Nella seconda parte una ricca rassegna di itinerari di visita sui luoghi degli avvenimenti della Linea Gustav da Ortona fino a Cassino, ove ancora rimangono tracce e testimonianze della lunga stagione di guerra che si concluse nel maggio 1944. Una guida storico-turistica rivolta non solo ai lettori appassionati di storia, ma anche ai semplici viaggiatori o ai turisti occasionali. 34 Fabrizio Di Stazio VITA NUOVA, Nuova Phromos Afferma Fabrizio in una intervista Per Carlo, uno dei protagonisti del mio romanzo, la scrittura è una valvola di sfogo, una finestrella da aprire appena sente la necessità di rifugiarsi altrove, ed io utilizzo questo meraviglioso mezzo esattamente come lui. Grazie alla scrittura riesco a comunicare ciò che sento, cosa che forse non riuscirei a fare in altri modi, mi permette di esprimere le mie emozioni e le mie sensazioni in modo libero. Osservo la realtà e attraverso la scrittura ho la possibilità di manipolarla e creare il mio mondo. SEZIONE SPECIALE Dalla Prefazione di Beatrice Minati Nel libro troviamo sicuramente uno dei modi possibili che Fabrizio si è creato. La scrittura è così immediata che sembra di guardare un film, le descrizioni così figurative che sembra di essere in un quadro, i dialoghi sono così brillanti, teatrali, assolutamente convincenti. I personaggi sono così veri che ognuno può trovare un po' di sé. Dalle pagine di Vita Nuova traspaiono una sensibilità fuori dall'ordinario, vivacità e brillantezza, grande ironia. La trama è coinvolgente, nulla è lasciato al caso tutto si incastra come un puzzle perfetto che parla di vita vera, di sentimenti reali, straordinari nella loro semplicità. 35 Giannina Di Martino Pietro Di Donato: attività culturale e impegno civile, Giulio Perrone editore SEZIONE SPECIALE è laureata in Editoria e Scrittura alla Sapienza. Il libro è il risultato delle sue ricerche per la tesi di laurea. Attualmente vive a Taranta Peligna dove gestisce un piccola locanda. Si occupa di comunicazione e di marketing territoriale. Pietro Di Donato Nacque il 3 aprile1911 nel New Jersey, da genitori italiani originari di Vasto, la nonna era di Taranta Peligna. Ha avuto poca formazione scolastica ma ha raggiunto una grande popolarità con il suo primo romanzo "Cristo tra i muratori" del 1939. Il romanzo fu ispirato L’intento del libro è di ridonare luce a dalla tragica morte del padre dello scrittore, un operaio edile, morto sul una figura che, attraverso la sua tticantiere di lavoro il Venerdì Santo del vitò culturale e il suo impegno civile, continua a parlare nel nostro tempo e 1923. Di Donato aveva all'epoca soli del nostro tempo. Espressione di una dodici anni ed era il primo di otto figli: quel tragico giorno ha cambiato per tensione mai sopita e di tematiche sempre la sua vita. Fu egli stesso un che tornano a galla continuamente. La tensione di sottofondo del lavoro si operaio edile e mantenne l'iscrizione nutre dell’idea che la cultura, e la sua al sindacato degli edili per tutta la diffusione, possano essere il ponte tra vita. "Cristo tra i muratori" è un romanzo proletario scritto da un proleil passato e il presente. La via preferenziale per arrivare alla coscienza in- tario. Fu immediatamente un grande successo e se ne trasse anche un film. dividuale, l’antido al circolo vizioso Di Donato è stato un obiettore di codella Storia che si ripete. scienza durante la seconda guerra Giannina Di Martino è nata a Roma, si mondiale. Si è spento a New York nel 1992. 36 I Briganti di Cartore, I sogni di Chiara Tu hai un’anima innocente che nei cuori si fa strada, pura come una sorgente o una goccia di rugiada. Quell’aria serena, amabile e buona, rende adorabile la tua persona. Esprimi la grazia di splendidi fiori dai petali bianchi o di mille colori. Quando dal cielo ti guarda una stella si accorge presto che sei la più bella e se ti bacia un raggio di sole, risplende il viso di tutto il tuo amore. Talvolta nei sogni insegui un delfino, che va veloce sulle onde del mare, anche i gabbiani ti stanno vicinoe fanno festa col loro vociare. Il vento ti riempie di magica ebbrezza, mentre, invadente, il tuo viso accarezza. Appena i tuoi sogni ti portano altrove, suona la sveglia,... son quasi le nove, Alzati, svelta, devi andare a scuola, lo sai, l’insegnante proprio ci tiene, con i ocmpagni non ti senti sola e come è bello apprendere insieme. Agli altri chiedi un sorriso e il rispetto, in cambio offri tutto il tuo affetto e con quegli occhi chiari e profondi un senso di bene in ognuno tu infondi. La composizione in versi rappresenta un chiaro invito ad aprirsi alla diversità ed a valorizzarla. La diversità viene presentata come fonte di arricchimento, in una società più umana, SEZIONE SPECIALE più evoluta, in cui ci sia davvero spazio e attenzione per tutti. Lo stile è musicale e armonioso e dalle parole traspare un grande senso di amore e di rispetto per i ragazzi diversamente abili. ------------------------------------------------------------------- Associazione La Fonte a Monte, Voci di Rocca. Parole e sguardi di un borgo d’Abruzzo E’un piccolo libro che ha la prerogativa, attraverso le storie di vita, di censire un luogo, un borgo. Una ricerca della propria identità attraverso il racconto delle persone che hanno vissuto o ritornato o che hanno scelto un borgo. Racconto, interviste, biografia ed immagine percorrono una esaltante “Narrazione popolare” e che fa si che certe memorie non si perdano nel tempo. E, come scrive Lucilla Pietroletti, presidente dlel'Associazione “La Fonte a Monte”, che la storia, intesa come identità soggettiva, interpersonale e collettiva di chi vive e ama questo paese non si perda, ma si rinnovi nel tempo. Ecco uno dei tanti pensieri; Alfredo Tarquini: “Ho più di 90 anni e non mi sono mai mosso da Rocca, songo come la lepre, addò nasco a ecco moro. Sono un grande lettore, vedi quanti libri ho? Mi piace anche camminare! Ed ogni giorno cammino proprio molto. A Rocca spesso nevica e dopo aver spalato la neve bisogna usare la scopa di zeppi che è la migliore per pulire”. 37 la rivista sarà implementata nei prossimi giorni ci scusiamo per il disagio 38 www.premiohombres.com [email protected]
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