PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA E STUDIO DI INCIDENZA RAPPORTO AMBIENTALE Il Commissario Straordinario della Provincia di Massa Carrara Autorità Proponente:: Provincia di Massa Carrara – Settore B3 Pianificazione Rurale e Forestale-Protezione Civile –Programmazione Sviluppo economico e territoriale- Trasporto pubblico locale Autorità Competente:Nucleo tecnico di valutazione della Provincia di Massa Carrara Autorità Procedente: Giunta Provinciale Cartografia: Dati cartografici forniti dalla Regione Toscana e dal Servizio Cartografico Provinciale 1 INDICE 1Premessa……………………………………………………………….3 2 INTRODUZIONE..........................................................................................................3 2.1. Inquadramento legislativo.........................................................................3 2.2. Scopo e finalita’ del documento................................................................4 2.3. Soggetti coinvolti nel procedimento..........................................................5 2.4 Recepimento osservazioni………………………………………………. 6 3 PIANO Faunistico Venatorio Provinciale 2012-2017………………………….. 9 3.1Iter di Pianificazione e Valutazione……………………………………….9 3.2. Obiettivi del Piano Faunistico Venatorio Provinciale 2012-2017…… .10 4 RAPPORTO AMBIENTALE………………………………………………….. 11 4.1 Rapporto con Altri Piani e Programmi ( Analisi di coerenza esterna)………12 4.1.1. Coerenza con il Piano Regionale di Sviluppo (PRS) 2011-2015…………….12 4.1.2 Coerenza Con Il Piano Regionale di Azione Ambientale 2007-2010………...12 4.1. 3 Coerenza con il V Programma Regionale per le Aree Protette 2009-2011…..16 4.1.4 Coerenza con il Piano Regionale Agricolo Forestale (PRAF) 2012-2015……16 4.1.5 Coerenza con il Piano Territoriale di Coordinamento (PTC) della Provincia di Massa Carrara ……………………………………………...26 41.6 Coerenza con il Piano del Parco Nazionale dell’Apennino Tosco-Emiliano…..28 4.1.7 Coerenza con il Piano del Parco delle ALPI APUANE ……………………..28 4.1.8 Coerenza con i Piani di gestione dei Siti di Importanza Regionale …………...33 4.2. CARATTERIZZAZIONE DELLO STATO DELL’AMBIENTE E SUA EVOLUZIONE PROBABILE SENZA IL PFVP 2012-2017……………….. .35 4.2.1CAMBIAMENTI CLIMATICI ………………………………………………. 36 4.2.2 -Analisi Sintetica del Contesto Provinciale …………………………………...36 4.3 I POSSIBILI SCENARI EVOLUTIVI………………………………………. .76 5. CARATTERISTICHE AMBIENTALI, CULTURALI E PAESAGGISTICHE DELLE AREE CHE POTREBBERO ESSERE SIGNIFICATIVAMENTE INTERESSATE E PROBLEMATICHE AMBIENTALI ESISTENTI …………………………………89 6.OBIETTIVI DI PROTEZIONE AMBIENTALE DI INTERESSE CHE SI SONO TENUTI IN CONSIDERAZIONE NEL PROCEDIMENTO DI PIANIFICAZIONE …………………………………………………………… .99 6.1.Quadro sintetico degli obiettivi di protezione ambientale …………………… 102 7.INDIVIDUAZIONE E VALUTAZIONE IMPATTI SIGNIFICATIVI ……… 106 8. POSSIBILI MISURE PER IMPEDIRE, RIDURRE E COMPENSARE GLI EFFETTI NEGATIVI SULL’AMBIENTE A SEGUITO ALL’ATTUAZIONE DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE 2012-2015 ………………………………………..112 9.LE RAGIONI DELLA SCELTA DELLE ALTERNATIVE INDIVIDUATE …..113 10. INDICAZIONI SU MISURE DI MONITORAGGIO AMBIENTALE ……….115 11.STUDIO DI INCIDENZA 119 2 1.PREMESSA Il presente documento viene redatto nell’ambito della procedura di VAS relativa alla stesura del nuovo PIANO FAUNISTICO VENATORIO della Provincia di Massa Carrara, avviata con DGP n.47 del 17/05/2012. Nel Rapporto Ambientale vengono pertanto indicate le informazioni ritenute utili per individuare, descrivere e valutare i potenziali effetti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione del PFV provinciale. Attraverso la VAS si attua un processo sistematico che ha come finalità l’analisi e la valutazione degli effetti ambientali derivanti da Piani e Programmi e pertanto assume una valenza strategica in quanto tende a riunire in maniera sintetica i diversi indirizzi derivanti dalla partecipazione dei diversi soggetti che occupano uno stesso territorio. Il suo obiettivo è quello della pianificazione sostenibile, termine che vuole significare un utilizzo della risorsa ambientale soddisfacente per il presente ma che tenga conto e ne garantisca la fruibilità , anche alle future generazioni. 2. INTRODUZIONE 2.1 INQUADRAMENTO LEGISLATIVO Le norme di riferimento attengono: -Il procedimento di Valutazione Ambientale Strategica in Regione Toscana è disciplinato dalla legge regionale 12 febbraio 2010, n. 10 , di recepimento della disciplina in materia contenuta nel D. Lgs. 152/06 e smi..La norma precisa che l’attività di valutazione è volutamente preordinata a garantire che gli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione dei piani o programmi, o loro integrazioni, siano prese in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione. Il Procedimento di VAS , in base all’art. 7 della l.r. 10/10 prevede che questo sia avviato dal proponente contestualmente all’avvio del procedimento di formazione del Piano e deve concludersi anteriormente alla sua approvazione.La Provincia di Massa Carrara lo ha attivato in data 21 giugno 2012. -La L.R. 3 febbraio 2010, n. 2 , di modifica della l.r. 12 gennaio 1994, n. 3 “Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio»”, ha determinato la sostituzione dell’art. 7 “Programmazione regionale” che stabilisce che nel PRAF, di cui all’articolo 2 della L.R. n. 1/2006, siano definiti gli obiettivi generali e le strategie di intervento per la gestione del territorio agricolo forestale destinato alla protezione delle fauna e alla caccia programmata nonché i criteri generali di sostenibilità nelle aree vocate alla presenza degli ungulati, i criteri e le modalità per il monitoraggio della fauna, per la prevenzione e per il risarcimento in favore degli imprenditori agricoli per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi. -Il Piano Regionale Agricolo Forestale , documento di riferimento per le strategie settoriali di intervento nonché unico Piano di erogazione finanziaria in agricoltura e nelle foreste, finanziato con fondi regionali e nazionali. Tale piano, per rilanciare lo sviluppo economico della regione, si articola in base a tre obiettivi generali principali : 1. Miglioramento della competitività del sistema agricolo, forestale, agroalimentare e del settore ittico mediante l’ammodernamento, l’innovazione e le politiche per le filiere e le infrastrutture 2. Valorizzazione degli usi sostenibili del territorio rurale e conservazione della biodiversità Il territorio, il paesaggio e la qualità delle produzioni sono ribaditi quali punti di forza della regione. Per cui diventa necessaria un’attenzione costante verso l’ambiente l’uso sostenibile della risorsa idrica ed il sostegno alle attività di conservazione delle sistemazioni agrarie tradizionali. In tale obiettivo rientra anche la definizione di criteri, finalità generali e strategie di intervento di gestione faunistica e faunistico venatoria del territorio regionale da realizzare a livello provinciale 3 anche mediante interventi di riqualificazione ambientale che favoriscano il rilancio dell’economia agricola rurale. 3. Valorizzazione del patrimonio agricolo forestale regionale La Pianificazione faunistico venatoria si inserisce nel secondo obiettivo. 2.2. SCOPO E FINALITA’ DEL DOCUMENTO Il presente documento costituisce il Rapporto ambientale del Piano faunistico venatorio provinciale 2012-2017, elaborato dal Proponente, di cui all’art. 24 della LR 10/12, rappresentato dal Settore Pianificazione Rurale e Forestale, Protezione civile, Trasporti e PTC della Provincia di Massa Carrara . Tale documento riporta le analisi e le valutazioni inerenti il Piano Faunistico Venatorio Provinciale, relativamente ai possibili effetti ambientali significativi conseguenti alla sua attuazione. Con la procedura di VAS, si evidenziano la congruità delle scelte pianificatorie e di gestione rispetto agli obiettivi di sostenibilità definiti ai diversi livelli, internazionale e nazionale nonché rispetto alla strategia ed agli obiettivi ambientali definiti dalla legge regionale 3/94 e dal Piano Regionale Agricolo e Forestale che contiene criteri ed indicazioni per la pianificazione e gestione della fauna selvatica e delle attività antropiche ad essa connesse. Il processo di valutazione individua le alternative proposte nell’elaborazione del Piano, gli impatti potenziali, nonché le misure di mitigazione e compensazione di cui si dovrà tener conto nelle successive fasi di attuazione del piano. La Direttiva VAS stabilisce infatti che i risultati del processo valutativo siano riportati nel Rapporto Ambientale e che debbano essere individuati, descritti, e valutati gli effetti significativi che l’attuazione del piano o del programma potrebbe avere sull’ambiente. A questo scopo, l’allegato I di detta Direttiva comunitaria illustra i contenuti del Rapporto ambientale di cui all’art. 5, indicando in particolare i seguenti: a) illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano con altri pertinenti piani o programmi; b) aspetti pertinenti dello stato attuale dell'ambiente e sua evoluzione probabile senza l'attuazione del piano; c) caratteristiche ambientali delle aree che potrebbero essere significativamente interessate; d) qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al piano, in particolare quelli relativi ad aree di particolare rilevanza ambientale, quali le zone designate ai sensi delle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE; e) possibili effetti significativi sull'ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l'acqua, il patrimonio culturale, il paesaggio e l'interrelazione tra i suddetti fattori; f) misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali effetti negativi significativi sull'ambiente dell'attuazione del piano o del programma; g) sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione, nonché le eventuali difficoltà incontrate; h) descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio di cui all'articolo 10; i) sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere precedenti. 4 2.3. SOGGETTI COINVOLTI NEL PROCEDIMENTO Proponente: Settore Pianificazione Rurale e Forestale Autorità Competente: Nucleo Tecnico di Valutazione formato da tutti i dirigenti interessati dal piano/programma, DCP n. 34/2011 Autorità Procedente: Consiglio Provinciale I Soggetti Competenti in materia Ambientale (SCA) per la VAS del PFVP sono stati individuati nei soggetti di cui al seguente elenco: - Regione Toscana –Settore POLITICHE AGROAMBIENTALI, ATTIVITA' FAUNISTICAVENATORIA E PESCA DILETTANTISTICA -Regione Toscana - Settore TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE AMBIENTALI Comuni della Provincia di Massa Carrara -Unione dei Comuni di lunigiana -ANPIL -ATC Ms13 -Sovraintendenza ai beni architettonici, paesaggistici e storici -ASL -ARPAT -Provincia di Massa Carrara– Settori Ambiente, Sviluppo Rurale, Forestazione, Assetto del Territorio -ISPRA -Corpo Forestale dello Stato - Comando Provinciale Ai fini dell’espletamento di quanto previsto dall’articolo 25 “Consultazioni”, di seguito è riportato l’elenco dei enti territoriali interessati. -Comuni della Provincia di Massa Carrara -Unione dei Comuni di Lunigiana -Comuni di altre Province confinanti con al Provincia di Massa Carrara -Province confinanti con la Provincia di Massa Carrara -Regioni confinanti con la Provincia di Massa Carrara Ai fini dell’espletamento di quanto previsto dall’articolo 25 “Consultazioni”, di seguito è riportato l’elenco dei pubblico interessato. -Associazioni venatorie maggiormente rappresentative -Associazioni agricole maggiormente rappresentative -Associazioni ambientaliste maggiormente rappresentative -Organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative -Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative -Organizzazioni economiche e sociali maggiormente rappresentative. In relazione alle consultazioni del Rapporto Ambientale e del PFVP medesimo, verrà coinvolto anche il pubblico attraverso la messa a disposizione del documento sul sito della Provincia, con contestuale informativa sul BURT, in ottemperanza con quanto previsto all’art. 25 della L.R. 10/2010, e ai sensi della LRT n. 1/2005, fino alla conclusione del procedimento di VAS e di successiva approvazione del Piano faunistico venatorio. Il link al sito web della Provincia di Massa Carrara cui sarà reso disponibile tutto il materiale a partire dal 30 aprile 2013 è: http://www.provincia.ms.it L’indirizzo di posta elettronica specifico cui inviare eventuali comunicazioni è: [email protected] [email protected] (garante della comunicazione del PFVP) [email protected] (responsabile del procedimento del PFVP) 5 2.4 RECEPIMENTO DELLE OSSERVAZIONI AL DOCUMENTO PRELIMINARE DI VAS Si riporta un quadro sintetico delle osservazioni pervenute all'autorità competente e al proponente in merito all’informativa di piano ed al documento preliminare di VAS: 1) Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Toscana: La Direzione suggerisce ulteriori approfondimenti rispetto al documento preliminare in termini di articolazione e di contenuto riferibili alla normativa vigente in materia di beni culturali e paesaggistici , come si seguito specificato: NORMATIVA a) L.78/2001( Tutela del patrimonio storico della prima guerra mondiale): b) Convenzione Europea del Paesaggio adottata dal Comitato ministri Cultura ed Ambiente del CE il 19 luglio 2000; c) L.378/2003 ( Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale); d) DLgvo 3/2004: Riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali; e) DLgvo 42/2004: codice dei beni culturali e del paesaggio; f) DPR 233/2007, regolamento di riorganizzazione del Ministero per i Beni e le attività culturali come modificato dal DPR 91/2009; g) L 14/2006: ratifica ed esecuzione della Convenzione Europea del paesaggio; h) D.Lgvo 156 e 157 del 2006 : disposizioni correttive ed integrative al decreto Lgvo 42/2004 in relazione ai beni culturali ed al paesaggio; i) Dlgvo 62 e 63 del 2008:ulteriori disposizioni integrative e correttive al DLgvo 42/2004 in relazione ai beni culturali ed al paesaggio; PROTOCOLLI DI INTESA/ACCORDI DI PROGRAMMA QUADRO BENI CULTURALI a) Intesa Istituzionale di Programma Stato-regione Toscana sottoscritta in data 3 marzo 1999; Accordi di programma quadro sottoscritto in data 16 dicembre 1999; I Atto integrativo APQ MiBAC-RT sottoscritto in data 22 dicembre 2003; II Atto integrativo APQ MiBAC-RT sottoscritto in data 24 giugno 2004; III Atto integrativo APQ MiBAC-RT sottoscritto in data 27 giugno 2005; IV Atto integrativo APQ MiBAC-RT sottoscritto in data 30 novembre 2006; V Atto integrativo APQ MiBAC-RT sottoscritto in data 28 maggio 2007. b) Protocollo d’intesa MiBAC-RT_Consulta delle Fondazioni di origine bancaria della Toscana per il coordinamneto degli interventi di valorizzazione del patrimonio culturale regionale sottoscritto in data 22 gennaio 2010. PAESAGGIO a) Protocollo di Intesa Istituzionale MiBAC-RT sottoscritto in data 23 gennaio 2007 per la redazione progressiva e congiunta dello statuto e del PIT. - disciplinare di attuazione del MiBAC-RT sottoscritto 23 gennaio 2007 ; - Atto Integrativo del disciplinare MiBAC-RT sottoscritto in data 24 luglio 2007; b) Protocollo di intesa MiBAC-RT- Associazioni degli Enti territoriali della Toscana sottoscritto in data 18 novembre 2008 per il coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti della pianificazione. Relativamente ai DATI conoscitivi suggerisce la consultazione di : SITAP; Carta dei vincoli storico artistici archeologici Paesaggistici della Toscana; Carta del rischio ; PIT, PTCP, PS; Carta delle risorse Archeologiche;Indicatori Ambientali di cui alle 6 Linee guida per la valutazione ambientale strategica . Fondi Strutturali 2000-2006 di cui esemplificati come indicatori di stato: -Censimento del Patrimonio paesaggistico ( quadri visivi di pregio per bellezze naturali singole, bellezze naturali d’insieme; zone omogenee ex L431/1985; Aree naturali corograficamente definibili per singolarità geologica , i cui caratteri morfologici siano da tutelare; Strade e percorsi panoramici) - Censimento degli insiemi correlati di beni culturali ( caratteri paesistici delle aree archeologiche e delle emergenze architettoniche; sistemi urbanistici architettonici;) - Censimento della viabilità storica - censimento degli insediamenti urbani, periurbani e rurali; - Sistema del verde urbano e degli spazi aperti. Parchie giardini storici - Sistemi del paesaggio agrario -Analisi del Paesaggio forestale -Sistemi di regimazione idrica; -Morfologia INDICATORI DI PRESSIONE -Rischio di pressione antropica e naturale -Censimento e catalogazione - Censimento degli elementi del paesaggio agrario storico -Delimitazioni ambiti paesistici e individuazione della evoluzione storica del paesaggio forestale…. RECEPIMENTO: Nel quadro conoscitivo sono assunti come componenti sostanziali la cartografia presente nel quadro conoscitivo del PTC provinciale . Vengono recepiti i contributi della soprintendenza dei Beni Archeologici della Toscana : 2) ISPRA Esprime coerenza con quanto previsto dalla direttiva 42/2001/CE e suggerisce il completamento e l’aggiornamento dell’inquadramento normativo di riferimento , sottolineando la necessaria coerenza del PFVP con il PTC nonché con la normativa regionale e sovraordinata. Raccomanda di menzionare e considerare, in relazione alle specie di interesse conservazionistico , i piani di azione elaborati a livello europeo e quelli nazionali, nonché la IUCN red list of Treatened Species e più in generale, ove opportuno, cita tra i documenti quelli della collana “ Quaderni di conservazione della Natura” ( INFS, ISPRA, MATTM) e della collana “ Biologia e conservazione della Fauna ( INFS) e l’Atlante della migrazione delgli uccelli in Italia( IWSPRA –MATTM). Suggerisce inoltre una integrazione dello schema di indice con: Quadro conoscitivo completato per assetto territoriale con tutte le tipologie di Aree Protette, con paragrafi inerenti la “ Vigilanza Venatoria e infrazioni”, la quantificazioni dello sforzo di caccia , dei centri di recupero, con analisi critica del fenomeno degli incidenti stradali associandola a mappa di rischio e descrizione dei dispositivi di prevenzione se applicati. Per l’aspetto faunistico: 7 a) descrizione dello status locale delle specie di interesse conservazionistico; b) avifauna migratrice ( abbondanza e distribuzione, direttrici di migrazione, valichi montani interessati dalle rotte di migrazione, aree di sosta e svernamento, problematiche inerenti la gestione ed il prelievo); c) eventuali altre specie alloctone Nell’ambito della pianificazione faunistica raccomanda: a) l’individuazione dei comprensori omogenei; b) menzione dei centri pubblici di riporduzine della fauna, se presenti; c) densità obiettivo per specie e unità di gestione; d) elementi della programmazione dell’approvigionamento di richiami vivi di cattura e di allevamento. A corredo cartografie tematiche ( di vocazione faunistica per specie, di distribuzione e di densità delle specie di interesse venatorio, di distribuzione delle aree oggetto di censimento ( es fauna migratrice,,), dei danni per specie o gruppi di specie. Del rischio di danno, di densità di prelievo venatorio, dei siti Natura 2000, con evidenza degli istituti faunistici. RECEPIMENTO: Si sono recepite le osservazioni inerenti l’aggiornamento normativo di coerenza del PFVP con il PTC e la normativa sovraordinata regionale , nonchè assunto il presupposto di menzionare e considerare rispetto alle specie di interesse conservazionistico gli eventuali piani di azione elaborati sia a livello europeo che nazionale. Nel quadro conoscitivo si è tenuto conto di tutte le tipologie di Aree Protette anche se non si dispone per il periodo di riferimento di dati inerenti la “ Vigilanza Venatoria e infrazioni” che direttamente sono trasmesse dalla Polizia provinciale alla Regione Toscana. E’ stata riportata la quantificazioni dello sforzo di caccia , mentre non sonon disponibili nel territorio centri di recupero, e l’ analisi critica del fenomeno degli incidenti stradali associandola a mappa di rischio e descrizione dei dispositivi di prevenzione se applicati, non è stata fatta per mancanza di presupposto.Si è rilevato solo un incidente. Bilancio delle Udienze: Durante la fase preliminare, finalizzata alla redazione del Rapporto Ambientale, si sono attivate consultazioni con il pubblico attraverso incontri mirati a definire sia le perimentrazioni degli istituti faunistici privati che quelle di protezione ambientale e venatoria, con la contemporanea pubblicazione, nel sito dedicato al nuovo PFVP, delle implementazioni ed aggionamenti cartografici. Dopo la data indicata come termine per la presentazione delle osservazioni al documento preliminare, ed a seguito delle cartografie man mano pubblicate, sono pervenuti contributi ed osservazioni inerenti la nuova pianificazione che si elencano: COMUNE DI PONTREMOLI: 01/08/2012, proposta di modifica dei confini attuali della Zona di Protezione PontremoliII ed istituzione di nuova zona di protezione per la lepre e pernici individuata in cartografia; ( Accolta la istituzione di nuova ZP in loc. Lago verde e parzialmente la modifica confini della ZP Pontremoli II perché questa viene sostituita con una ZRV i cui confini sono coerenti in parte con quanto richiesto) LIBERA CACCIA: 07/08/2013, limitare o destituire l’oasi esistente di PontremoliII ( Accolta la eliminazione perché trasformata e ridelimitata in ZRV) REFERENTI DISTRETTI 4B , SQUADRA 29 E 30: 9/09/2012, richiesta di modifica dei confini del distretto ed inserimento dell’area denominata “Tufo” in area vocata al cinghiale, eliminazione della zrv arlia/Bottignana; ( modifica dei confini del distretto e di ZRV non accolta perché di competenza di ATC, Area Tufo , accolta) 8 COMMISSIONE CONSILIARE del 19/11/2012, richiede la ricollocazione della zrc esistente e la sospensione del divieto della Mandriola per la inconsistenza degli effetti della protezione. Terreno vocato alla beccaccia ed alla migratoria ; ( Accolta) FEDERCACCIA LICCIANA NARDI: 26/11/2012, chiede allargamento della ZRV come da cartografia che allega; ACCOLTA INCONTRO DEL 28/03/2013 con Associazioni Venatorie , ATC MS13, ANPIL, valutazioni in merito alla perimetrazione della ZRC Fiume Magra ed a seguire incontri settimanali con Associazioni venatorie per la delimitazione degli altri istituti; ( ACCOLTA) ARCICACCIA provinciale: 12/04/2013, propone la revoca della ZRV (Costamala)ubicata nel Comune di Licciana Nardi, la istituzione nello stesso comune di una ZRV il località Amola, di cui propone la delimitazione, la istituzione di altra ZRV denominata Piano di Licciana - Ponte bosioGabanasco) e l’inserimento della zona “Tufo” in area Vocata al cinghiale; (ACCOLTO) ATCMS13: in data 13/04/2013, propone un riassetto delle ZRV elencando quelle da destituire( Arlia-Bottigliana, Costa Praschione, Due Santi Aracci,Giucano, Loppiedo, Monti-Costamala, Pomarino Gorasco; ( ACCOLTA) INCONTRI pubblici destinati ai proprietari dei terreni pubblicizzati tramite stampa e tramite avviso depositato all’albo dei comuni: -in data 27/03/2013 c/o Comuni di Licciana Nardi, Comano, Bagnone per verifica AFV presenti nel territorio; - in data 9/04/2013 c/o Comune di Fivizzano per verifica AFV ed AAV presenti nel territorio ; - in data 17/04/2013 c/o Comuni di Pontremoli e Mulazzo per verifica AFV ed AAV presenti nel territorio; COMUNE DI COMANO:in data 16/04/2013 autorizza ampliamento del perimetro dell’AFV Monte Giogo sulle aree comunali di cui definisce i riferimenti catastali; ( ACCOLTA) CPA provinciale in data 2/05/2013, propone la modifica delle ZRV Ponte Bosio-Gabanasco e Molisana-Amola per migliorare la loro efficacia; (ACCOLTA) COMUNE DI FIVIZZANO: in data 3/05/2013, chiede l’inserimento di clausula per l’AFV Valle del Mommio per garantire il reinserimento dei loro territori, nel caso un cui il Ministero procedesse alla nuova perimentrazione del Parco Appennino Tosco Emiliano, quale compenzazione; ( Non accolto l’inserimento della clausula perché attinente una eventuale successiva fase non dipendente dalla Provincia di Massa Carrara che comunque attiverà il processo di variazione su sollecitazione dell’azienda) FEDERCACCIA provinciale: in data 31/05/2013 esprime il proprio consenso alla proposta di istituzione di una ZRV nel Comune di Pontremoli tra SIR Lago Verde e Monte Spiaggi e la riduzione della Zona di protezione pontremoliII, ed il dissenso alla costituzione di ZRV il località Casa Corvi; ( ACCOLTA) AGRICOLTORI zona Caprigliola, Chiamici, Albiano Magra, in data 7/06/2013 esprimono il loro dissenso alla istituzione del divieto venatorio il località Madonna degli Angeli e l’inserimento del territorio coltivato in area non vocata al cinghiale; (Parzialmente accolta: la zona viene ridimensionata e trasformata in zrv , l’area che libera se coltivata, inserita in base alla prevalenza, in zona non vocata) AGRICOLTORI di Stadano: in data 7/06/2013, richiesta di inserimento in area non vocata al cinghiale del territorio di Stadano; ( Accolta parzialmente) PETIZIONE per la rimozione del divieto della Colombera: in data 17/06/2013, 44 sottoscrittori chiedono la rimozione del divieto per eccessiva presenza di cinghiali; (Parzialmente accolta: la zona viene ridimensionata e trasformata in zrv , l’area che libera se coltivata, inserita in base alla prevalenza, in zona non vocata) COMUNE DI AULLA: in data 25/06/2013, chiede il mantenimento del divieto di caccia a protezione del Santuario della Madonna delgi Angeli, la destinazione del territorio venatorio di Stadano , di Chiamici, Caprigliola ed Isola di Caprigliola, e delle zone del loro piano strutturale classificate come 5S, definito coma Parco Agricolo, venga definito come zona di caccia non 9 vocata al cinghiale; ( Accolto parzialmente : la vocazionalità viene determinata dalla prevalenza di ambienti vocati o meno) AZIENDA FV VALLE DEL MOMMIO: in data 25/06/2013, delega un socio per incontro istituzionale teso a definire i confini; ( Accolto) PROPRIETARI terreni nella ZP Madonna degli Angeli: in data 13/09/2013, dichiarano di rifiutare l’istituzione del diveto nella loro proprietà; ( Accolto) 3 PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE 2012-2015 3.1. ITER di pianificazione e valutazione Ambientale. La tempistica del procedimento di Valutazione Ambientale Strategica e di Valutazione di Incidenza del Piano faunistico è disciplinata dagli art. 23, 24, 25, 26 e 27 della LR 10/10 e sue modificazioni. Per il PFVP della provincia di Massa Carrara la tempistica, in via preventiva, è la seguente: PROPONENTE INVIA AL NTV IL DOCUMENTO PRELIMINARE DI VAS (ART. 23) (avvenuto il 4 giugno 2012) INVIO DOCUMENTI AI SOGGETTI COMPETENTI IN MATERIA AMBIENTALE CON LA TEMPISTICA DI INVIO DEI CONTRIBUTI(inviati con nota del 21 giugno 2012 per A/R) PRESA VISIONE DEI CONTRIBUTI PERVENUTI ; INVIO DEL RAPPORTO AMBIENTALE, DELLA VALUTAZIONE DI INCIDENZA, DELLA COERENZA INTERNA ED ESTERNA DEL PIANO, DELLA SINTESI NON TECNICA, DEL CERTIFICATO DEL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO E DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO AL NTV provinciale per le osservazioni. (novembre 2013); APPROVAZIONE DA PARTE DELCONSIGLIO PROVINCIALE delle Linee di Indirizzo per la redazione del PFVP,(24Aprile 2013 seduta di Consiglio provinciale); ADOZIONE DA PARTE DELLa GIUNTA PROVINCIALE DEGLI ELABORATI DELLA Proposta di PIANO FAUNISTICO VENATORIO COSTITUITO DA : Proposta di PFVP , Rapporto Ambientale Valutazione di Incidenza, Sintesi non tecnica del rapporto Ambientale. (novembre 2013); PUBBLICAZIONE SUL BURT DELL’AVVENUTA ADOZIONE DELLA Proposta di PFVP. TEMPO DI 60GG, DALLA PUBBLICAZIONE DELL’AVVISO, PER INVIARE OSSERVAZIONI AL PIANO E AL RAPPORTO AMBIENTALE DI VAS E ALLA VALUTAZIONE DI INCIDENZA. Le osservazioni andranno inviate sia al Settore pianificazione rurale e forestale che all’autorità competente (NTV c/o Dirigente dell’Area Tecnica, settore B3, Via Marina Vecchia 78, 54100 Massa) (scadenza ipotetica gennaio 2014); VALUTAZIONE DELLE OSSERVAZIONI pervenute EVENTUALE MODIFICA DEL PIANO E DEL RAPPORTO AMBIENTALE INVIO DEL PIANO E RAPPORTO AMBIENTALE E DELLE OSSERVAZIONI AL NUPAV PER L’ESPRESSIONE DEL PARERE MOTIVATO INOLTRO AL COMMISSARIO STRAORDINARIO DI TUTTI GLI ELABORATI DI PIANO E L’ESPRESSIONE DEL PARERE MOTIVATO DI VAS PER APPROVAZIONE. (entro 30/06/2014) 3.2 OBIETTIVI DEL PIANO Faunistico Venatorio Provinciale 2012-2017 a1) illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano o programma In sintonia con la programmazione regionale, l’obiettivo del PFVP è quello di contribuire alla valorizzazione degli usi sostenibili del territorio rurale e della conservazione della biodiversità. 10 Il territorio, il paesaggio insieme alla qualità delle produzioni continuano ad essere i punti di forza anche del nostro territorio e diventa importante mantenere e stimolare un’attenzione costante verso l’ambiente, considerato in senso più generale elemento di salvaguardia della salute del consumatore che si attua anche attraverso la definizione di criteri, finalità generali e strategie di intervento di gestione faunistica e faunistico venatoria del territorio provinciale con interventi di riqualificazione ambientale che favoriscano il rilancio dell’economia agricola rurale. Per questol’obiettivo specifico del piano non può che coincidere con quello indicato nella proposta di piano regionale al punto 2.3. “Migliorare, gestire e conservare il patrimonio genetico e la biodiversità vegetale e animale” . In questa direzione l’aspetto importante per la tutela del territorio è rappresentato dalla corretta gestione della fauna selvatica elemento questo che fa ritenere fondamentale che le attività connesse all’ambito faunistico venatorio facciano parte di una programmazione a livello regionale, e quindi provinciale, a garanzia dell’ambiente e del mondo produttivo agricolo. La programmazione regionale è tesa a garantire a livello provinciale, una destinazione differenziata del territorio agricolo forestale . Per questo motivo è necessario verificare il rispetto delle percentuali di territorio previste dalla legge per la protezione della fauna e per la gestione privata dell’attività venatoria. Con il PRAF la Regione Toscana ha stabilito i criteri orientativi, da applicarsi a livello provinciale per la gestione del territorio agricolo forestale destinato alla protezione della fauna e alla caccia programmata, anche al fine di garantire l’individuazione, di comprensori omogenei in cui sono presenti tutti gli istituti faunistici e faunistico venatori previsti dalla legge e individuati i criteri per l’autorizzazione e la gestione degli istituti faunistici e faunistico venatori. Nel documento di programmazione la Regione Toscana ha definito gli obiettivi gestionali faunistici e faunistico venatori finalizzati a garantire la conservazione, l’incremento e la coesistenza della fauna con le attività antropiche presenti sul territorio mediante la riqualificazione ambientale e l’esercizio venatorio. In questa direzione, i criteri e gli obiettivi uniformi per la gestione degli ungulati sul territorio regionale hanno consentito di individuare le aree vocate alla presenza del cinghiale e degli altri ungulati, la sostenibilità delle aree vocate alla presenza del cinghiale e degli altri ungulati, la determinazione della saturazione dei distretti per la caccia al capriolo, finalizzati a garantire il raggiungimento e il mantenimento delle densità di ungulati, anche interspecifiche, definite a livello locale dalla Provincia. Vengono inoltre definiti criteri e modalità per il monitoraggio della fauna, impostando l’attività di monitoraggio e stima della fauna selvatica presente sul territorio regionale sulla base di metodologie scientificamente testate e uniformi sul territorio regionale in modo da avere dati regionali sulle consistenze faunistiche misurabili e confrontabili. In base agli obiettivi specifici individuati sono state delineate le linee di indirizzo per gli Enti, riportate nella specifica sezione del PRAF, e misure finanziarie. Nella sezione faunistico venatoria, le misure finanziarie prevedono a)Sostegno alle attività di prevenzione dei danni alle colture causate dalla fauna selvatica, b)Contributo regionale per lo svolgimento di attività delegate ed istituzionale relative alla gestione faunistico-venatoria , c)Sostegno alle attività di valorizzazione dell'ambiente e della fauna di interesse regionale, d)Attuazione degli interventi di programmazione faunistico venatoria. Le misure finanziarie rispondono agli obiettivi specifici individuati dal PRAF che diventano obiettivi del PFVP in quanto strumento che attua la politica di indirizzo regionale a livello locale. Nello specifico gli obiettivi generali sono identificabili in: -Difendere le colture e gli allevamenti dalle avversità ; - Migliorare, gestire e conservare il patrimonio genetico e la biodiversità vegetale e animale ; - Tutelare l’ambiente. All’interno degli obiettivi generali si rilevano nel PRAF gli obiettivi specifici: 11 -Semplificazione amministrativa, informatizzazione e sostenibilità attraverso il Contributo regionale per lo svolgimento di attività delegate ed istituzionale relative alla gestione faunisticovenatoria; - Valorizzazione e tutela dei prodotti e delle attività produttive toscane attraverso il Sostegno alle attività di prevenzione dei danni alle colture causate dalla fauna selvatica; -l’Attuazione degli interventi di programmazione faunistico venatoria, funzionali anche alla raggiungimento dell’obiettivo della tutela ambientale . La provincia di Massa Carrara fa propria la cultura e la pratica della gestione conservativa degli ambienti naturali e della fauna selvatica, in quanto unica scelta razionale possibile per continuare nel tempo l’utilizzo di risorse rinnovabili ma non inesauribili, e la politica della collaborazione e dell’intesa fra i protagonisti del territorio rurale. In applicazione della nuova normativa regionale la Provincia di Massa Carrara integra la programmazione e gestione faunistico-venatoria nelle politiche complessive di governo del territorio, con una visione unitaria del territorio rurale, nella quale si attua il coordinamento degli obbiettivi e dei programmi di gestione faunistica, il ruolo della gestione faunistica per il rilancio dell’economia agricola, la finalizzazione della pianificazione al conseguimento della densità ottimale delle specie selvatiche. A questo proposito si rilevano , negli ultimi anni, nel territorio provinciale problematiche riferibili a variazioni oggettive del quadro ambientale, faunistico e sociale che hanno determinato condizioni che richiedono la massima attenzione nella pianificazione e nella gestione. Nel nostro territorio si sta sempre più assistendo all’affermazione degli ungulati quale realtà faunistica prevalente che attrae sempre più gli interessi del mondo venatorio, che sembra determinata anche dalla generale diminuzione della presenza della piccola selvaggina stanziale e dagli andamenti fluttuanti della migrazione. Inoltre , anche se non si assiste, come nel contesto regionale ad una costante tendenza della diminuzione dei cacciatori, nel quinquennio 2005-2010, in realtà questa si è realizzata, in termini assoluti, con una diminuzione quantitativa degli stessi, accompagnata dal loro progressivo invecchiamento. Sulla base delle predette considerazioni generali e dei dati disponibili, si attuano pertanto con il PFVP, gli obiettivi generali del PRAF in materia faunistico venatoria , declinandoli nella seguente puntuale articolazione : 1)Garantire una destinazione differenziata del territorio agricolo forestale a fini faunisticovenatori nel rispetto della normativa e delle finalità di ciascuna tipologia gestionale, per il raggiungimento degli equilibri di cui al punto 2 e di un utilizzo ottimale delle risorse faunistiche . Con il piano faunistico venatorio provinciale viene garantita la coesistenza di tutte le tipologie di istituti previsti dalla legge, nel rispetto della normativa e dei criteri orientativi dettati dalla Regione, a garanzia di una equilibrata ripartizione del territorio agro-silvo pastorale tra le diverse forme di destinazione a fini faunistico-venatori, di aree destinate alla protezione della fauna (Aree protette, Oasi e zone di protezione, Zone di ripopolamento e di rispetto venatorio…), di aree riservate ad una gestione privata della risorsa faunistica (aziende faunistico ed agrituristico venatorie), nonché del restante territorio a gestione programmata della caccia (costituente l’ Ambito territoriale di caccia o ATC MS13).Si rimanda agli specifici punti della proposta di PFVP, per la dettagliata descrizione. 2) Garantire la conservazione ed incremento della fauna selvatica , anche al fine di per garantirne la coesistenza con le attività antropiche presenti sul territorio nonché la applicazione dei criteri uniformi individuati nel PRAF per la gestione degli ungulati sul territorioprovinciale ; 12 Con la pianificazione faunistico venatoria provinciale si attua la promozione e la salvaguardia gli equilibri naturali delle specie di interesse presenti nei diversi habitat, nonché la possibilità di garantire livelli di densità faunistica compatibili (ottimali) con le diverse forme di utilizzo del territorio agro-silvopastorale e le attività agro-silvo-pastorali in esse presenti. Il PRAF 2012-2015 pone infatti particolare attenzione ed individua criteri per la gestione della piccola stanziale, per la fauna migratrice, per il mantenimento di un equilibrio tra popolazioni di ungulati ed attività agricole e forestali .Si rimanda per l’approfondimneto al documento di proposta di PFVP. 3)Applicare criteri e modalità uniformi per il monitoraggio della fauna ; La pianificazione provinciale fa propri i criteri e le modalità di monitoraggio di ungulati, della piccola selvaggina stanziale , migratoria e dei predatori così come indicati nel PRAF , che indica come elementi di riferimento per i diversi censimenti sia in territorio di Ambito territoriale di caccia che per gli istituti faunistici privati e che si descrivono più puntualmente nei rispettivi capitoli del piano. 4) Applicazione di criteri e modalità per la prevenzione e risarcimento dei danni . Vengono acquisite con la programmazione provinciale le modalità omogenee individuate nel PRAF per la prevenzione dei danni e di eventuale risarcimento degli stessi a favore degli imprenditori agricoli per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole ed alle opere approntate sui fondi. 4 RAPPORTO AMBIENTALE L’articolazione ed i contenuti del Rapporto ambientale del PFVP, sono stati definiti conformemente a quanto previsto dall’art.24 della L.R.T. n.10/2010 e s.m.i. “Norme in materia di valutazione ambientale strategica (VAS), di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di valutazione di incidenza” (di recepimento del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 “Ulteriori disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152 recante norme in materia ambientale” e della Direttiva Europea 2001/42/CE concernente la valutazione degli impatti di determinati piani e programmi sull'ambiente e sulla base dei requisiti dell’Allegato 2 della L.R.T. n.10/2010 che prevede tra le informazioni da fornire nell’ambito del Rapporto ambientale quelle relative ai punti : “a) illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano o programma e del rapporto con altri pertinenti piani e programmi”; b) Aspetti pertinenti dello stato attuale dell’ambiente e sua evoluzione probabile senza l’attuazione del piano o del programma; c)Caratteristiche ambientali, culturali e paesaggistiche delle aree che potrebbero essere significativamente interessat;, d) Qualsiasi problema ambientale esistente pertinente al piano e programma ; e)Obiettivi di protezione ambientale ai diversi livelli ; f)possibili impatti significativi sull’ambiente( biodiversità, popolazione,salute umana, flora, fauna, suolo, acqua, aria, fattori climatici, beni materiali, patrimonio culturale, architettonico, archeologico, paesaggistico, loro interazioni); g)misure previste per impedire, ridurre, compensare eventuali impatti negativi significativi per l’ambiente; h) sintesi delle motivazioni della scelta delle alternative individuate e descritte di come è stata fatta la valutazione, eventuali difficoltà incontrate, (carenze tecniche, novità problematiche….), nella raccolta delle informazioni richieste; i)descrizione delle misure previste per il monitoraggio ed il controllo degli impatti ambientali significativi derivanti dall’attuazione del piano, definendo modalità di raccolta ed elaborazione 13 degli indicatori necessari alla Valutazione di Incidenza, periodicità di produzione del rapporto per illustrare i risultati della valutazione degli impatti e misure correttive; f) Sintesi non tecnica delle informazioni precedenti. 4.1) RAPPORTO CON ALTRI PIANI E PROGRAMMI a2) rapporto con altri pertinenti piani e programmi” La valutazione della relazione con gli altri pertinenti piani e programmi, detta anche analisi di coerenza esterna, consente di realizzare la verifica della compatibilità, integrazione e raccordo degli obiettivi del PFVP rispetto alle linee generali della pianificazione di settore provinciale e regionale. In particolare, si verifica la coerenza del PFVP rispetto ai seguenti piani e programmi: - PRS (2011-2015) -PRAA ( 2007-2010); -V Programma Regionale per le Aree Protette 2009-2011; - PRAF 2010-2015; - PTC della Provincia di Massa Carrara; - Parco Nazionale Apennino Tosco Emiliano; - Parco regionale delle Alpi Apuane. 4.1.1 Coerenza con il Piano Regionale di Sviluppo (PRS) 2011-2015 Obiettivo generale del PRS 2011-2015 assume come prioritario il rilancio dello sviluppo economico della regione attraverso la crescita di tutti i comparti del sistema produttivo, ritenuto condizione necessaria per aggiornare e ridefinire il modello di coesione sociale che caratterizza la Toscana. Nello specifico l’indirizzo politico per il comparto faunistico venatorio, è rappresentato dalla locuzione “ conservazione e miglioramento del patrimonio faunistico venatorio,..”, al fine di preservare l’equilibrio fra presenza di fauna selvatica e attività agrosilvopastorali o turistiche ed enogastronomiche. Il PFVP tiene conto delle realtà delle aziende agricole, sia attraverso la individuazione delle aree non vocate agli ungulati che attraverso le azioni di prevenzione, di risarcimento danni subiti dalla fauna selvatica, nonché l’inidicazione di possibilità di coinvolgimento per i miglioramenti ambientali funzionali alla conservazione degli habitat. . 4.1.2 Coerenza con il Piano Regionale di Azione Ambientale 2007-2010 La coerenza con il Piano Regionale di Azione Ambientale 2007-2010 (prorogato con L.R. 66/2011) è garantita dalla individuazione di obiettivi di protezione ambientale di riferimento per la VAS del PFVP 2012-2015, collocati all’interno delle aree prioritarie del VI Programma di Azione Ambientale 2002-2012 dell’Unione Europea e dei macrobiettivi del Piano regionale stesso. All’interno del PRAA non si fa alcun cenno alla pianificazione agricoloforestale in generale (PRAF 2012-2015) e faunistico venatoria in particolare (PFV Provinciali), come piani e programmi che abbiano delle ricadute ed effetti in campo ambientale. Nel PFVP non sono stati individuati obiettivi specifici collegati all’area “Cambiamenti climatici” ed alla riduzione delle emissioni di gas serra, anche se potrebbe essere di interesse un’analisi del bilancio di gas serra legata al controllo delle popolazioni di ungulati selvatici,che in analogia agli allevamenti di ungulati domestici, risultano responsabili di importanti emissioni di CO2 in atmosfera. Il loro contenimento programmato può essere letto in una azione che contribuisce comunque alla riduzione delle emissioni di gas serra in accordo col Protocollo di Kyoto , obiettivo specifico dell’area dei cambiamenti climatici . 14 Per quanti attiene l’area della Natura, biodiversità e difesa del suolo, il PFVP si pone l’obiettivo di garantire una destinazione differenziata del territorio agricolo forestale a fini faunistico-venatori, per il raggiungimento degli equilibri tra le diverse componenti della fauna selvatica omeoterma (predatori e non predatori), e tra queste e gli habitat naturali, per un utilizzo ottimale delle risorse faunistiche nonché garantire la coesistenza con le attività antropiche presenti sul territorio . Si persegue pertanto la finalità della protezione e del ripristino del funzionamento dei sistemi naturali proprio per contribuire ad arrestare la perdita di biodiversità . Con la destinazione differenziata del territorio che contempla il rispetto delle zone di protezione e l’individuazione di aree da destinare al ripopolamento e cattura, si opera di fatto un aumento della percentuale delle “aree protette”, in senso lato, tesa a migliorare la gestione e conservazione della biodiversità terrestre. L’attuazione di una politica di coinvolgimento delle aziende agricole territoriali si colloca all’interno degli obiettivi più vasti del mantenimento della biodiversità animale e vegetale, che si attua attraverso la diffusione di coltivazione di colture, cosiddette “a perdere”, per l’alimentazione della fauna selvatica o, tramite la ricostituzione di aree rifugio per la fauna selvatica, e della conservazione delle risorse paesaggistiche e ambientali, che si realizza con la diffusione di una cultura che tenga conto della frammentazione dell’uso del suolo , della formazione di corridoi ecologici, di una corretta gestione del pascolo, del recupero di elementi del territorio importanti per la tutela della biodiversità (siepi, muretti a secco, abbeveratoi, etc.), di inerbimento di seminativi per ridurre l’erosione superficiale. Relativamente all’area Ambiente salute , il PFVP pur non avendo specifica attività di riferimento tematico, prevede la possibilità di collaborazione con le aziende agricole , azione questa con la quale potranno essere previsti accordi per garantire una riduzione degli impatti dei prodotti fitosanitari e delle sostanze chimiche pericolose sulla salute umana e sull’ambiente. Altro elemento di difesa per l’ambiente la prescrizione del divieto di utilizzo di pallini di piombo per l’attività venatoria in prossimità di zone umide e la diffusione di una buona prassi per l’esercizio dell’attività venatoria . Il PRAA individua nel territorio provinciale zone di criticità ambientale, identificate come H1 Alpi Apuane,inserito comunque in area protetta, H10 Massa Carrara, SIN da bonificare , H23 Pontremolese , per le quali sono stati determinati obiettivi specifici ed interventi territoriali riportati di seguito, di cui il PFVP tiene conto. H.1 Alpi Apuane Le Alpi Apuane rappresentano il maggior sistema carsico d’Italia e, insieme al complesso amiatino, il più importante acquifero della Toscana. I maggiori problemi per l’integrità ambientale della zona provengono dall’attività estrattiva, che provoca impatti non soltanto per il rischio di inquinamento delle acque superficiali e profonde o per la dispersione delle polveri nell’atmosfera, ma anche perché, asportando materiale roccioso, modifica la morfologia dei luoghi e dei profili dei pendii e ha talvolta cancellato o temporaneamente ricoperto elementi geomorfologici di rilievo. Fra le altre criticità ambientali della zona si segnalano i fenomeni di dissesto idrogeologico nella parte alta dal bacino del fiume Frigido. 15 H.10 Massa Carrara Oltre all’inquinamento atmosferico, legato al traffico e al riscaldamento domestico, il principale problema ambientale dell’area è rappresentato dall’alta concentrazione di siti contaminati. L’area industriale di Massa Carrara è stata un importante polo chimico. A seguito della progressiva dismissione delle attività si è manifestato il problema della bonifica delle aree inquinate, che comprendono diversi impianti industriali dismessi (farmaceutici, petrolchimici, siderurgici). Altre emergenze riguardano la falda acquifera contaminata dalle attività industriali, l’area marina antistante la zona industriale, l’area portuale e infine i ravaneti, ritenuti i maggiori responsabili dei frequenti intorbidamenti delle sorgenti captate dal Comune di Carrara. A fronte di ciò l’area è stata definita di “Sito da bonificare di interesse nazionale”. Anche il litorale presenta una serie di criticità: oltre al fenomeno dell’erosione costiera, collegato alla mancanza di apporto di materiali da parte dei fiumi, vi sono problemi legati all’anomalo approfondimento dei fondali, alla qualità del materiale utilizzato per il ripascimento artificiale degli arenili, nonché alla manutenzione delle opere di difesa costiera. 16 H.23 Pontremolese Il potenziamento della ferrovia pontremolese è finalizzato a dotare la linea di adeguate caratteristiche funzionali per lo sviluppo del traffico merci; realizzare un collegamento trasversale veloce delle Direttrici Dorsale e Tirrenica. Le criticità ambientali derivano dalle attività di costruzione e di esercizio dell’opera. La fase di costruzione prevede la realizzazione e la gestione di un numero elevato di cantieri, che determinano occupazione fisica del suolo, produzione di rumore, vibrazioni, scarichi idrici, traffico indotto, terre di scavo e hanno bisogno di inerti per le attività costruttive. La realizzazione degli interventi in progetto consentirebbe di soddisfare una domanda di trasporto merci pari a 2,85 milioni t/anno. L’intervento rientra nel primo programma nazionale delle infrastrutture strategiche di cui alla Delibera CIPE n. 121 (G.U. n. 68 del 21.3.2002). Per la parte toscana del tracciato: – per la tratta Santo Stefano Magra-Aulla sono già state realizzate le opere civili; – per la tratta Aulla- Chiesaccia sono in corso i lavori di raddoppio. L’opera è stata sottoposta a procedura di V.I.A.di competenza statale (art. 6 L. 349/86): la Regione Toscana ha espresso parere favorevole con Delibera della Giunta Regionale n. 1182 del 29.10.2001. Il Ministero dell’Ambiente di concerto con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha espresso pronuncia positiva di compatibilità ambientale con DEC/VIA/6922 del 28.1.2002. La Regione Toscana, con deliberazioni della Giunta Regionale nn. 931 e 940 del 22.9.2003, ha espresso parere favorevole alla localizzazione dell’opera (ai sensi del D.Lgs. 190/02), individuando altresì le problematiche ambientali inerenti il progetto. La Commissione Speciale di Valutazione di Impatto Ambientale del Ministero dell’Ambiente ha 17 richiesto alla proponente Società Italferr alcune integrazioni sul progetto e la documentazione ambientale. Tale progetto risulta concluso ed è in atto la fase di recupero ambientale consistente nella risistemazione della cassa di espansione con il materiale di escavazione. Il PFVP esclude le prime due aree dalla attività venatoria in quanto aree inserite rispettivamente in area Parco delle Alpi Apuane, nell’area industriale di bonifica come SIN ( Zona di Protezione Area costiera), mentre l’area del cantiere “ La chiesaccia” , risulta oggi come cassa di espansione del fiume Magra. 4.1.3 Coerenza con il V Programma Regionale per le Aree Protette 2009-2011 - La coerenza del PFVP 2012-2015 con il Piano V Programma Regionale per le Aree Protette 2009-2011 è garantita per legge in quanto nel sistema delle Aree Protette e delle ANPIL è in vigore il divieto di caccia. Con il piano faunistico si prende atto di quanto disciplinato con la LR 56/2000, della rete delle aree protette e delle ANPIL esistenti sul territorio, senza alcuna competenza relativa a varianti di perimetrazione o nuove costituzioni e si indicano le misure di mitigazione degli impatti riferibili ai SIR/ SIC , nell’apposita relazione di STUDIO di Incidenza quando interessanti l’attività venatoria . - Per l’individuzione dei SIR si è preso come riferimento la DGR 834/2011, XII aggiornamento delle aree protette regionali – ultimo aggiornamento elenco SIR ( all.D della LR56/2000)approvato con DCR 1/2014 4.1.4 Coerenza con il Piano Regionale Agricolo Forestale (PRAF) 2012-2015 L’articolo 7 della L.R. 3/94 “Programmazione regionale”, al comma 1 recita: 1. Nel piano agricolo regionale (PAR) di cui all’articolo 2 della legge regionale 24 gennaio 2006, n. 1 (Disciplina degli interventi regionali in materia di agricoltura e di sviluppo rurale), 18 sono definiti gli obiettivi generali e le strategie di intervento per la gestione del territorio agricolo forestale destinato alla protezione delle fauna e alla caccia programmata nonché i criteri generali di sostenibilità nelle aree vocate alla presenza degli ungulati, i criteri e le modalità per il monitoraggio della fauna, per la prevenzione e per il risarcimento danni in favore degli imprenditori agricoli per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi. L’articolo 8, comma 1 “Piani faunistico venatori provinciali” della stessa legge, prevede: 1. Le province, nel rispetto del PAR e degli atti di pianificazione territoriale ed ambientale, nazionali, regionali e locali, sentiti i comuni, le comunità montane e gli ATC, entro centottanta giorni dall’approvazione del PAR, approvano il piano faunistico venatorio provinciale e lo trasmettono alla competente struttura della Giunta regionale che procede a verificarne la rispondenza con gli obiettivi del PAR. Qualora venga riscontrata la mancata corrispondenza del piano faunistico venatorio provinciale con gli obiettivi del PAR la provincia interessata deve adeguarsi entro il termine di sessanta giorni. Il PFVP 2012-2015 per la Provincia di Massa Carrara, ancorché in ritardo per quanto attiene la tempistica indicata nel documento di indirizzo regionale, viene redatto in conformità agli “Indirizzi per gli enti”, di cui al paragrafo 7.1 della Sezione C: Gestione faunistico venatoria del PRAF 20112015 della Regione Toscana, che detta le disposizioni per definire: 1) Destinazione differenziata del territorio agricolo forestale 2) conservazione e incremento della fauna selvatica, anche al fine di garantirne la coesistenza con le attività antropiche presenti sul territorio e criteri uniformi per la gestione degli ungulati sul territorio regionale; 3) criteri e modalità per il monitoraggio della fauna; 4) criteri e modalità per la prevenzione e per il risarcimento danni in favore degli imprenditori agricoli per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate sui fondi. Per gli specifici approfondimenti si rimanda al documento di bozza di PFVP 2012-2015 di cui si elencano i contenuti obbligatori, ai sensi della normativa dello Stato, la L. 157/1992 articolo 10, comma 7 e 8, ed ai sensi della L.R. 3/1994, e che risultano così riassumibili: 1) destinazione differenziata del territorio per comprensorio omogeneo all’interno del quale sono individuati gli istituti e le strutture faunistico venatorie , per la massima valorizzazione del territorio; 2) individuazione degli istituti e delle aree destinate alla protezione della fauna selvatica la cui estensione complessiva non risulta inferiore al 20 % ne superiore al 30 % della superficie agrosilvo -pastorale e più precisamente: a) localizzazione ed estensione delle Zone di Ripopolamento e Cattura (Z.R.C.) di cui all’art. 16 della L.R. 3/94: viene riproposta una nuova perimetrazione che solo in parte coincide con la precedente , per garantirne il reale funzionamento eliminando la promiscuità di competenza per azioni di intervento con le aree già inserite in zona ANPIL ; b) localizzazione ed estensione delle Oasi di Protezione di cui all’art. 15 e delle Zone di Protezione lungo le rotte di migrazione di cui all’art. 14 della L.R. 3/94: viene confermata l’oasi del Battello e proposto la eliminazione delle seguenti Zone di protezione individuate nelle precedente programmazione: Pontremoli II, , collocata in territorio particolarmente vocato alla specie cinghiale, di difficile gestione, che ha prodotto nella precedente gestione pesanti conseguenze sulle limitrofe coltivazioni in termini di danni peraltro difficilmente risarcibili per la tipologia di conduzione; Aulla : non inserita in rotte di migrazione segnalate da ISPRA , in territorio vocato alla specie cinghiale; e confermate le ZP di Bagnone e di Filattiera, nella dorsale Apeninnica, Pontremoli I, in SIR, e di Zeri ; 19 Dette aree sono riportate nelle specifiche carte allegate alla proposta di Piano; c) non sono previsti centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale di cui all’art. 17 della L.R. 3/94; d) localizzazione ed estensione delle zone di rispetto venatorio di superficie superiore a 150 ha di cui all’art. 17 bis della L.R. 3/94: sono descritti nella proposta del piano e riportati nella cartografia allegata allo stesso . e) localizzazione ed estensione delle aree protette istituite ai sensi della L.394/91 e L.R. 49/95: si prende atto della nuova perimetrazione del Parco dell’Apennino Tosco Emiliano che si Comuni di Fivizzano e Bagnone con una superficie complessiva di ha 6224 e del Parco delle Apuane, con una superficie a salvaguardia stretta di ettari 6878. f) Foreste demaniali non ricomprese in aree a divieto di caccia di cui ai punti precedenti , quale altre superfici poste in divieto di caccia e computate nella percentuale di SAF destinata alla protezione della fauna : l’area della foresta demaniale del Bratello è ricompressa nell’Oasi omonima; g) Aree di rispetto intorno ai valichi montani individuati dalla Regione Toscana : sono stati evidenziati nella cartografia allegata al piano e computati come specifica superficie; h) Fondi chiusi, quale altre superfici poste in divieto di caccia e computate nella percentuale di SAF destinata alla protezione della fauna : zone militari recintate non riportabili in cartografia , per un asuperficie complessiva di ha 571; i) Fondi esclusi dalla gestione programmata della caccia (art. 25 L.R. 3/94), quale altre superfici poste in divieto di caccia e computate nella percentuale di SAF destinata alla protezione della fauna: risultano istanze di esclusione di superficie superiore a 3 ettari in numero di 12 per una estensione complessiva di ettari138 e 21 fondi chiusi da mettere a norma attraverso una comunicazione alla proprietà che rivestono una superficie di 157 ettari circa.Nella proposta di piano faunistico vengono esplicitati il comune, la località , lo stato di conservazione e la superficie. 3) Individuazione degli istituti destinati a gestione privata, la cui estensione non può risultare superiore al 15 % della SAF, e più precisamente: j) sono state riportate in cartografia le localizzazioni ed estensioni delle Aziende faunistico venatorie di cui all’art. 20 della L.R. 3/94: risultano invariate rispetto alla precedente programmazione nella localizzazione ma non nella estensione che ha subito arrotondamenti e riperimetrazioni in base alle verifiche effettuate. Si rimanda al piano per laloro specifica definizione. k) localizzazione ed estensione delle aziende agri-turistico venatorie di cui all’art. 21 della L.R. 3/94: risultano invariate rispetto alla precedente programmazione nella localizzazione ma non nella estensione che ha subito arrotondamenti e riperimetrazioni in base alle verifiche effettuate. Si rimanda al piano per laloro specifica definizione. l) non sono richiesti Centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale di cui all’art. 18 della L.R. 3/94; 4) Individuazione della localizzazione ed estensione delle aree destinate all’addestramento, all’allenamento ed alle gare cinofile, di cui all’articolo 24 della L.R. 3/94, suddivise in aree in cui l’allenamento si svolge su fauna selvatica naturale senza abbattimento, e aree in cui l’allenamento è effettuato su fauna selvatica di allevamento con possibilità di abbattimento. L’estensione di tali superfici non può superare complessivamente il 2 % della SAF, mentre le aree di addestramento con sparo non possono superare lo 0,5 % di detta superficie. 5) Anche se non espressamente indicato all’art. 8, il PFVP dovrà contenere l’indicazione dell’estensione e possibilmente della localizzazione degli allevamenti con particolare riferimento a 20 quelli a fini alimentari di cui all’art. 41 della L.R. 3/94, e a fini di ripopolamento, di cui all’art. 39 stessa legge: sono presenti 6 allevamenti di selvaggina ad uso alimentare, cui all’art.41 e 5 allevamenti di fauna selvatica per fini di ripopolamento di cui all’art.39, per una estensione di 36 ettari; 6) sono stati riportati in cartografia le zone dove sono collocabili gli appostamenti fissi ai sensi dell’articolo 75 del D.P.G.R. 26 luglio 2011, n. 33/R “Regolamento di attuazione della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”) che coincidono con il territorio a caccia programmata all’interno del comprensorio dell’ATC MS13 escudendo i comuni della zona costiera per le nuove richieste e le aree limitrofe a SIR, SIC e ZPS. 7) Nel PFVP sono stati inseriti i Criteri per la prevenzione ed il risarcimento danni in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole su fondi ricompresi nelle oasi di protezione, zone di protezione e zone di ripopolamento e cattura congruenti con i criteri definiti dalla Regione nel proprio PRAF. 8) Criteri per la corresponsione delle risorse previste nel PRAF destinate alla realizzazione di pogetti di valorizzazione del territorio, per l’incremento della fauna e per il ripristino degli equilibri naturali anche in applicazione dell’articolo 15, comma 1 della legge 11 febbraio 1992 n.157. 9) richieste di deroga ai termini di apertura e chiusura della caccia ai sensi dell’art. 18, comma 2) della L. 157/92 e dell’art. 30 della L.R. 3/94, per la specie storno quando rientrante nei parametri regionali e per quanto espressamente previsto dalla normativa . In una visione organica della pianificazione faunistico venatoria il PFVP fornisce, oltre agli elementi sopra descritti, anche gli altri contenuti richiamati dalla L.R. 3/94 e dai regolamenti regionali importanti al fine del raggiungimento degli obiettivi individuai nel PRAF Regionale 20122015, che nello specifico si riassumono in : 10) individuazione dei territori vocati per la gestione faunistico venatoria dei cervidi, e del cinghiale, , ai sensi dell’art. 87 del del D.P.G.R. 26 luglio 2011, n. 33/R. e smi, che per il cinghiale è ricompresa entro la delimitazione individuata nel PRAF 2012- 2015 , sui quali predispone annuolamente i programmi di gestione, ai sensi dell’art. 88 della stessa norma; 11) nel PFVP viene individuata la densità agricolo forestali sostenibili degli ungulati, ai sensi del comma 2 dell’art. 28 bis “Gestione faunistico venatoria degli ungulati” della L.R. 3/94 e s.m.i. e vengono definiti e degli obiettivi per la redazione del Piano di gestione e prelievo degli ungulati di cui al comma 3 dello stesso articolo, in armonia con le indicazioni del PRAF 2012-2015. 12) vengono indicate le direttive tecniche per le operazioni di censimento e monitoraggio delle principali specie di fauna stanziale per garantire l’omogeneità di rilevazione e censimento volta a definire le consistenze faunistiche necessarie per definire i criteri di programmazione, come richiamato all’art. 10, comma 11 della L. 157/92 e sono redatte in accordo con i criteri indicati nel PRAF 2012-2015. Queste saranno utilizzate anche per le verifiche periodiche della consistenza faunistica delle specie di indirizzo degli istituti faunistico-venatori (ZRC, AFV) previste dalla normativa nonché per le attività di censimento nel territorio a gestione programmata effettuate dagli ATC e finanziate dalla Provincia sulla base del Piano annuale di gestione provinciale di cui all’art. 9, comma 1 della L.R. n. 3/94; 13) Viene realizzato il catasto degli appostamenti fissi di caccia su cartografia in scala 1: 25000, ai sensi dell’art. 81 del T.U. n. 33/R.; 21 14)vengono seguite le linee d’attuazione dell’art. 37 della L.R.T. n. 3/94 sul Controllo della fauna selvatica, comprensive dei Metodi ecologici per il controllo della fauna selvatica e dei documenti specifici contenenti le indicazioni tecniche per il controllo delle specie cinghiale, gazza, cornacchia grigia, volpe e nutria. 1) Nello specifico della applicazione della norma regionale in materia faunistico venatoria, l’ unità di riferimento sulla quale operare le sue differenziazioni , nel nostro territorio è rappresentato dall’ATCMS13. Figura 1: I 19 Ambiti Territoriali di Caccia (ATC) presenti in Toscana.(tratto da PRAF, BURT2012) Il comprensorio , così come definito dalla normativa regionale, è composto da aree omogenee. L’articolo 6 bis della l.r. 3/1994 prevede che all’interno del comprensorio le Province individuino: a) le zone e le oasi di protezione; b) le zone di ripopolamento e cattura; c) i centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale; d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica alla stato naturale; e) le aziende faunistico venatorie; f) le aziende agrituristico venatorie; 22 g) le aree addestramento e allenamento dei cani; h) le zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi; i) le aree in cui la presenza del cinghiale e degli altri ungulati è compatibile con lo svolgimento delle attività agricole; j) tutte le ripartizioni del territorio necessarie per l'organizzazione del prelievo venatorio; k) i parchi e le aree protette di cui alla legge regionale 11 aprile 1995, n. 49 (Norme sui parchi, le riserve naturali e le aree naturali protette di interesse locale). Il territorio agro-silvo-pastorale quindi viene solo in parte utilizzato per l’attività venatoria programmata in quanto, una parte significativa, deve essere destinata come già riferito a : - alla protezione della Fauna,( territori ove l'attività venatoria è vietata per effetto di varie leggi o disposizioni, come i parchi nazionali o naturali, i fondi chiusi ecc.), quota compresa tra il 20% ed il 30% ; - alla gestione privata (aziende faunistico venatorie ed aziende agri turistico venatorie, centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale),una quota massima del 15% ; - ad aree per l’addestramento, l’allenamento e le gare per cani; quota massima del 2% . Ciò che residua del territorio agro-silvo-pastorale è destinato all’attività venatoria programmata. La Regione Toscana ha individuato nel PRAF 19 comprensori omogenei ai quali corrispondono altrettanti Ambiti Territoriali di Caccia (ATC). In ogni comprensorio, quindi la parte del territorio agro-silvo-pastorale che residua dalla presenza sullo stesso degli istituti faunistici e faunistico-venatori e che non è soggetta ad altra destinazione, è destinata alla caccia programmata ed è gestita dal rispettivo Ambito Territoriale di Caccia (ATC). Il dato attuale , riportato nel PRAF indica per la Provincia di Massa Carrara una Superficie totale di 115.511 ettari , con una SAF di 102.950 ettari , che rappresenta l’89,13% della superficie totale , riaggiornato dalla Regione Toscana DGR n.262 del 02/04/2012, in ST di ettari 115.548 e SAF di ettari 104.903. PROVINCIA Superficie totale Provincia (ha) SAF Provincia (ha) % SAF su superficie totale Massa Carrara 115.548 104.903. 91% Tabella 1: Ettari di superficie totale e Superficie Agricola Forestale (SAF) per Provincia.( PRAF 2012-2015) Nella provincia di Massa Carrara l’ambito territoriale di caccia è unico ed è rappresentato dall’ATCMS13 , con una superficie destinata a caccia programmata di 70.011 ettari , che in riferimento alla nuova SAF, e sulla base delle superfici da escludere per protezione, per divieto di caccia e per utilizzazione privata, viene rettificato ad ettari 71.825. PROVINCIA Comprensorio Superficie totale Comprensorio (ha) MASSA Massa 115.548 CARRARA 23 SAF ATC Comprensorio (ha) SAF a caccia programmata* (ha) 104.903. 72.236 MS13 Tabella 2: Il comprensorio provinciale, sua superficie totale e relativa SAF (espressa in ettari).* La SAF destinata alla caccia programmata, gestita dagli ATC di competenza, è stata ricavata a livello residuale e calcolata complessivamente in ettari di superficie per Provincia. Il comprensorio di Massa (MS13) , comprendente i comuni di :Aulla, Bagnone, Carrara, Casola in Lunigiana, Comano, Filattiera, Fivizzano, Fosdinovo, Licciana Nardi, Massa, Montignoso, Mulazzo, Podenzana, Pontremoli, Tresana, Villafranca in Lunigiana, Zeri. All’interno del comprensorio provinciale risultano: Parco nazionale Parco regionale Apennino Tosco Emiliano Alpi Apuane Area (ha) 4.654 (6224 da SIT) Area (ha) 6.323 ( da Parco) Tabella 3: Parchi regionali e nazionali presenti in Provincia Provincia MS MS Aree Naturali Protette di Interesse Locale (ANPIL) Fiume Magra Filattiera Fiume Magra In Lunigiana Lago Di Porta Area a Area Area divieto cacciabile (ha) totale (ha) caccia (ha) 311 0 311 373 0 373 MS 82 totale 766 Tabella 4: Aree naturali protette di interesse locale presenti in Provincia. Oasi di protezione ha MS Brattello 400 0 82 766 Tabella 5 : Oasi di protezione presenti in Provincia Zone di Protezione nome MS Area Costiera MS Aulla MS Bagnone ha area 4.453 141 585 ha nuovo PFVP 4.453 (ZPS) - MS Filattiera MS Pontremoli 1 MS Pontremoli II MS Zeri Totale 414 585 388 6.629 360 394 5.207 Tabella 6: Zone di Protezione presenti in Provincia Demani non compresi in altri istituti a divieto di caccia provincia superficie totale ha MS 571 Tabella 7: Superfici sottratte all’esercizio venatorio per effetto della sola presenza della proprietà demaniale 24 Zone di Rispetto Venatorio ha > 150 ha nuovoPFVP idcart. >150Ha a divieto di caccia nome MS padula MS Loppiedo MS Uliveto di Caprio MS Cissò-Bergugliara MS Giucano MS Pomarino Gorasco MS Vallunga MS La quercia malacosta dorbola MS Arlia bottigliana area 30 20 90 110 72 30 50 89 222 MS Monti Costamala • 30 0 196 110 0 0 50 123 0 C13 non riproposto C11 ● C10 non riproposto non riproposto C15 C12 non riproposto 222 • 0 non riproposto MS Piano di Pallerone Sabbione 219 ++ • 219 C14 ● MS Varano Ripola 184 • 184 C16 ● Ms due santi aracci 110 MS Battilana 166 ZP 166 166 MS Capanne-Bregoscia 169 ZP 169 169 MS Grondola 184 0 non riproposto MS Monte Cocchiello 155 0 non riproposto MS Sabbione Sabbione 154 incluso in Piano di Pallerone MS San Cristoforo-Loghi 369 ZP 369 1941 847 912 Totale ++ 0 non riproposto 369 Da Istituire MSPontremoli 2 218 C5 ● MSLagoverde 215 C9 ● MSMadonna degli Angeli 54 MS Bagnone-Corlaga 82 MS Amola Molesana 99 C8 MS Pontebosio-Gabanasco 68 C7 Totale nuovo piano C20 C6 1648 1032 Tabella 8: Zone di rispetto venatorio PRAF e proposta di PFVP 2012-2015. In grassetto riproposti e da istituire. Zone di Ripopolamento e Cattura nome MS Fiume Magra ha area 1.701 nuovoPFVP MS FiumeMagra ha area 1.172 id.Cart. C17-18-19 Tabella 9: Zone di Ripopolamento e Cattura presenti Provincia ( vecchio piano e proposta nuovoPFVP). La revisione di questo istituto ha prodotto una nuova conformazione del confine di questa area che vede una sua distribuzione parallela all’asse del Fiume Magra e contigua alle ANPIL Fiume Magra in Lunigiana e Fiume Magra a Filattiera , che dal comune di Licciana Nardi arriva fino a quello di Pontremoli, interessando i Comuni di Licciana Nardi, Villafranca Lunigiana, Filattiera,Bagnone, Mulazzo, con il ribaltamento dell’area più accorpata , dalla piana di Arpiola a quella di di Filetto- 25 Villafranca , di una estensione di 294 ettari, più adatta per la conservazione e sviluppo di piccola fauna selvatica stanziale di interesse venatorio, pernice rossa, fagiano e lepre, sia per quanto riguarda il territorio aperto che in quanto maggiormente controllabile. La ZRC essendo attigua alle aree ANPIL, consente attivando politiche di coordinamento, di ottenere i benefici derivanti anche dalla protezione di queste aree che nei fatti , ampliano la sua superifice protetta a 1805 ettari, implementandola di circa 100 ettari rispetto alla precedente programmazione. ZONA DI RIPOPOLAMENTO E CATTURA DEL FIUME MAGRA ettari Superficie di ZRC nei singoli comuni interessati PONTREMOLI 176,02 FILATTIERA 103,51 MULAZZO 140,72 VILLAFRANCA IN LUNIGIANA 695,27 BAGNONE 26,97 LICCIANA NARDI 29,15 1.171,64 totale Altri divieti di caccia nome ha nuovo Piano area art25 ettari MS art 25 fondi chiusi ed altri divieti 2.079 altri divieti (valichi) ettari 1.347 732 Tabella 10: Altre superfici sottoposte a divieto di caccia (art.25 fondi chiusi ed altri divieti ). Nel 2008 è stata realizzata la rilevazione e georeferenziazione dei fondi chiusi che ha evidenziato la presenza di fondi chiusi con superficie superiore a 3 ettari regolarmente dichiarati e cartellati che assommano a 138,563 ettari, fondi sella stessa tipologia ma non dichiarati ne cartellati per una superficie di 157 ettari, e tra i precedenti, fondi chiusi suscettibili di gestione a fini faunistici. AREE A GESTIONE PRIVATA DELL'ATTIVITÀ VENATORIA Aziende Faunistico Venatorie provincia nome MS Monte Giogo MS Valle del Mommio MS Sasso Bianco MS Groppo del vescovo ha nuovo PFVP area 1.573 1.209 866 1.623 1.923 803 828 1.520 Totale 5.271 Tabella 11: Aziende faunistico venatorie presenti in Provincia. Aziende Agrituristico Venatorie ha provincia nome area MS Madonna del Monte MS Montagne Verdi 374 488 5.075 nuovo PFVP 216 485 26 MS Soliera Agnino MS Valle del Deglio Totale 1.306 482 2.650 1.307 494 2.503 Tabella 12: Aziende agrituristico venatorie presenti in Provincia. Aree addestramento cani provincia S.T. con abbattimento (ha) S.T.senza abbattimento(ha) MS 757 Nuovo piano Ms 184 totale 172 929 1095 1279 %SAF 0,9 1,22% Tabella 13: Superficie aree addestramento cani presenti in Provincia e proposte nel nuovo PFVP . Riassuntivo delle aree a divieto di caccia Provinci a di Massa Carrara Regione Toscana pn pp pr rn rp anpil dem oasi zp zrc zrv Art,25 , f.c. e altri divieti Area totale Ha %SAF 6224 0 6323 0 0 766 571 709 5.831 1.172 1.032 2.079 23.774 22,66 42.755 7.14 7 42.64 3 699 1 32.39 5 3.74 1 2434 6 2870 4 67.29 4 143.39 8 50.73 3 34.027 485.45 5 10,8 0 17,1 0 0 20.4 2,3 1,3 9,8 1,1 1,6 4 4.9 % Tabella 14: Riassuntivo delle aree a divieto di caccia (pn=Parchi Nazionali, pp=Parchi Provinciali, pr=Parchi Regionali, rn=Riserve Naturali, rp=Riserve Provinciali, ANPIL=Aree Naturali Protette di Interesse Locale, dem=demanio, oasi=Oasi, zp=Zone di Protezione (art. 14), zrc=Zone di Ripopolamento e Cattura, zrv=Zone di Rispetto Venatorio, art. 25=aree a divieto art. 25 L.R. 3/94, fc=Fondi Chiusi).( PRAF 2012-2015) % Di territorio protetto rispetto alla SAF provinciale Provincia Superficie protetta (ha) SAF Provincia (ha) MS 23.774 104.903 % di territorio protetto su SAF 22,66 AR 67.883 301.523 22,51 GR 89.013 433.690 20,52 FI 65.066 317.592 20,49 LI 35.302 106.499 33,15 LU 36.251 152.815 23,72 PI 55.967 224.144 24,97 PO 6.567 29.074 22,59 PT 17.069 84.270 20,26 SI 88.076 363.806 24,21 Tabella 15: Percentuale di territorio protetto, calcolato sulla SAF. ( PRAF 2012-2015, DGR 262/2012) 27 MS 22,66 Superficie protetta (ha 23.774) SAF Provincia (ha 104.903) Fig.2. Superficie protetta provinciale rapportata alla SAF Percentuale di territorio occupato da istituti a gestione privata calcolata sulla SAF della provincia e delle altre province Toscane. Provincia aac aav afv cps priv MS(PRAF) 929 2.650 5.271 0 Superficie di territorio a gestione privata della caccia (ha 8.678 SAF Provincia (ha) 102.950 % territorio a gestione privata della caccia su SAF 8,43% Proposta PFVP 1279 2.503 5.075 36 8.893 104.904 8, 48% AR 1.624 4.814 13.550 19.988 301.523 6,63 FI 3.686 9.464 28.469 557 42.176 317.592 13,28 GR 3.305 9.296 41.784 54.385 433.690 12,54 LI 736 2.414 4.921 8.071 106.499 7,58 LU 497 0 4.297 4.794 152.815 3,14 PI 1.914 7.297 19.388 28.599 224.144 12,76 PO 268 0 461 729 29.074 2,51 PT 448 977 673 2.098 84.270 2,49 SI 1.412 6.687 34.003 581 42.683 363.806 11,73 Tabella 16: Percentuale di territorio occupato da istituti a gestione privata calcolata sulla SAF (aac=Aree Addestramento Cani, aav=Aziende Agrituristico Venatorie, afv=Aziende Faunistico Venatorie, cps priv.=Centri Privati di Produzione Selvaggina).( PRAF 2012-2015) In definitiva, la SAF provinciale risulta ripartita in territorio a divieto di caccia (22,66 %), territorio a gestione privata dell’attività venatoria (8,48 %) e territorio a caccia programmata 68,86 % coerente con quanto indicato nel PRAF. 28 Destinazione differenziata del territorio agricolo forestale Provincia Massa Carrara Superficie di territorio a gestione privata della caccia (ha 8.680) Territorio a caccia Porgrammata (ha 71.516) 8,48% 22,66% Superficie protetta (ha 24.707) 68,86% Figura 3. Destinazione differenziata del territorio Agricolo-forestale della Provincia di Massa Carrara Nella proposta di PFVP sono riportate le nuove perimetrazioni, che rispettano le % indicate dalla Regione Toscana, alle quali si demanda per l’opportuno approfondimento. 4.1.5 Coerenza con il Piano Territoriale di Coordinamento (PTC) della Provincia di Massa Carrara Il Piano di coordinamento territoriale rappresenta lo strumento di attuazione delle politiche di sinergia definite nel PRS che individua nella implementazione paesaggistica del Piano di Indirizzo Territoriale (PIT) un elemento significativo delle politiche per l'agricoltura, quale elemento fondamentale che contribuisce a creare e riprodurre la specificità del paesaggio toscano. La costruzione delle politiche agricole e delle politiche di pianificazione del territorio e dei suoi aspetti paesaggistici richiedono dunque una stretta interrelazione, in quanto le esigenze produttive e gli effetti sul paesaggio sono da considerare come due facce della stessa medaglia. Per questo, il PRAF, attraverso le proprie azioni, si è posto l’obiettivo di favorire l’inversione della tendenza allo spopolamento di vaste aree della regione e all’abbandono delle attività agricole e forestali. E’ infatti presente nel PRAF l’obiettivo della conservazione e del ripristino delle aree di grande valore naturale perseguito attraverso l’ incentivazione delle attività silvo-pastorali con finalità produttive e di difesa del suolo ed orientando gli strumenti di gestione economicofinanziaria delle politiche agricole e forestali verso il sostegno di tale strategia. Il PTC che assume i contenuti e l’efficacia di piano urbanistico territoriale, con specifica considerazione dei valori paesistici, di cui alla legge 431/85, in materia di protezione delle bellezze naturali e di tutela delle zone di particolare interesse ambientale con l’elaborazione della “variante di conformità”, conseguenti le indicazioni del P.I.T., ha previsto l’integrazione e l’implementazione di parte del quadro conoscitivo, con indagini e analisi di tipo settoriale finalizzate a fornire un adeguato impianto di conoscenze a supporto delle scelte territoriali e progettuali da individuare e definire. In particolare le nuove indagini sono riferite alle seguenti tematiche generali: - analisi delle risorse naturali, con l’allestimento della carta della natura (paesaggio vegetale, emergenze faunistiche e floristiche, geotopi; - analisi del sistema insediativo e storico culturali, con l’allestimento della carta degli insediamenti (residenziali, produttivi, ecc.) e l’individuazione dei centri storici; - analisi sull’assetto socio-economico, con l’allestimento della carta dell’offerta ricettiva della provincia, e l’individuazione dei principali servizi di carattere socio-culturale di interesse provinciale (musei, poli espositivi, attrezzature sportive e scolastiche); 29 - analisi sui caratteri del paesaggio, con l’allestimento, attraverso l’implementazione e l’integrazione di precedenti materiali, della carta degli ambiti territoriali di paesaggio e delle relative schede descrittive, nonché con l’individuazione degli elementi territoriali di particolare interesse per la valorizzazione e tutela del territorio rurale; - monitoraggio dello stato di attuazione della pianificazione urbanistica comunale, del P.T.C. e della pianificazione e programmazione di carattere settoriale della provincia. La variante al Piano Territoriale di Coordinamento di conformità al P.I.T. regionale risulta costituita dagli elaborati del quadro conoscitivo (che sono parte integrante e sostanziale del P.T.C. stesso) e da quelli di progetto. In particolare compongono il quadro conoscitivo: a) la relazione descrittiva degli elaborati grafici e cartografie tematiche, degli studi e degli atti che costituiscono il quadro delle conoscenze di riferimento utilizzati per la formazione del primo di P.T.C. Esso è stato definito sulla base degli obiettivi assunti per il perseguimento dello sviluppo sostenibile; b) Le cartografie tematiche relative a specifiche indagini di cui quelle di interesse specifico risultano seguito elencate: . Aree protette Scala 1: 50.000 . Paesaggio vegetale, aree di interesse faunistico e floristico Scala 1: 50.000 . Uso del Suolo Scala 1: 50.000 . Sistema insediativo ed infrastrutturale Scala 1: 50.000 . Beni storici e culturali Scala 1: 50.000 Il PFVP 2012-2015, assume nel quadro conoscitivo i contenuti presenti nel quadro conoscitivo del PTC ed in tema di aree protette, di uso del suolo, di paesaggio vegetale di interesse faunistico ,si evidenziano nello specifico: il “Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano”; il “Parco Regionale delle Alpi Apuane”; i siti del progetto Bioitaly (S.I.C., S.I.N., S.I.R., Z.P.S.); le zone classificate b), c), d) ai sensi della D.C.R. 296/88, integrate con D.C.R. n° 489/93; le aree protette di interesse locale del “Lago di Porta”, del “Fiume Magra”1 e 2, nonché le aree di “particolare interesse naturalistico ed ambientale” del sistema funzionale per l’ambiente quali contesti a prevalente e diffusa naturalità” al fine di garantire le connessioni ecologiche (elementi della rete ambientale) e dei collegamenti paesistici (elementi della rete culturale) del territorio rurale. Più in particolare le aree di particolare interesse naturalistica di cui alla “Carta del rispetto della natura, della flora spontanea e della fauna”, parte essenziale del quadro conoscitivo del PTC, sono state inserite tra le aree di particolare rilevanza ambientale, accanto al sistema delle aree protette, alla rete Natura 2000, alla IBA ( Important Bird Areas) ed alle aree di divieto di caccia di cui alla L. 157/92, al fine della valutazione degli impatti potenzialmente significativi del PFVP. Si è inoltre fatto riferimento alla relazione naturalistica allegata al PTC e agli allegati “Emergenze naturalistiche della Provincia di Massa Carrara ( Note alla Carta della natura”) . Si ritiene pertanto inclusa all’interno del quadro conoscitivo del PTC la componente relativa al Censimento del Patrimonio paesaggistico ( quadri visivi di pregio per bellezze naturali singole, bellezze naturali d’insieme; zone omogenee ex L431/1985; Aree naturali corograficamente definibili per singolarità geologica , i cui caratteri morfologici siano da tutelare; Strade e percorsi panoramici), il Censimento degli insiemi correlati di beni culturali ( caratteri paesistici delle aree archeologiche e delle emergenze architettoniche; sistemi urbanistici architettonici), il Censimento della viabilità storica , il censimento degli insediamenti urbani, periurbani e rurali, il Sistema del verde urbano e degli spazi aperti, i Parchi e giardini storici, il Sistemi del paesaggio agrario, l’Analisi del Paesaggio forestale , il Sistemi di regimazione idrica, nonché la Morfologia del territorio. Il PFVP prevede la determinazione della densità sostenibile per gli ungulati nonché misure di tutela per la salvaguardia dei diversi habitat, in relazione alle diverse misure previste dalla normativa per 30 la salvaguardia delle diverse tipologie di target . Si rimanda alla specifica trattazione nella Valutazione di Incidenza inerente la rete Natura 2000 . 4.1.6Coerenza con il Piano del Parco Nazionale dell’Apennino Tosco-Emiliano Gli obiettivi del PFVP risultano coerenti con quelli del Piano del Parco nazionale in quanto come questo persegue finalità di conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale, di specie animali o vegetali, associazioni vegetali o forestali, per la salvaguardia dei valori delle attività agro-silvo-pastorali, di promozione sociale ed economica, delle attività di educazione, formazione e ricerca scientifica. Il Piano del Parco Nazionale suddivide il territorio del Parco in zone: Zone A: riserve integrali; Zona B: riserve generali orientate; Zona C: aree di protezione; Zone D: aree di promozione economica e sociale. Di queste nel territorio provinciale sono presenti: A1 zona 1.1 Monte Matto - Monte Malpasso Licciana Nardi A2 zona 1.2 Monte Acuto - Alpe di Succiso Ramiseto / Comano D6 centro abitato di Sassalbo (Fivizzano) D8 impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (Comano) D9 aree infrastrutturate di Lagastrello (Comano) D10 aree infrastrutturate del Passo del Cerreto (Collagna e Fivizzano) D12 centro abitato di Camporaghena (Comano) D13 centro abitato di Torsana (Comano) In queste zone vengono disciplinate le attività per la conservazione dell’ambiente naturale e della biodiversità. Al suo interno si articola la RETE NATURA 2000, rete di aree diffusa su tutto il territorio dell’Unione Europea istituita ai sensi della Direttiva 92/43/CEE “Habitat” e che comprende anche le Zone di Protezione Speciale individuate ai sensi della Direttiva 79/409/CEE “Uccelli”, i cui siti ricadenti nel territorio provinciale sono rappresentati da : SIC Monte Orsaro cod. IT5110002; SIC M. Matto – M. Malpasso cod. IT5110003; SIC M. Acuto – Groppi di Camporaghena cod. IT5110004; SIC M. La Nuda – M. Tondo cod. IT5110005; Queste aree sono state individuate per garantire il mantenimento, a lungo termine, dello stato di conservazione degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario (Allegati I-IV Direttiva 92/43/CEE). Il PFVP assume in toto le perimentrazioni di queste aree quando inserite all’interno di un’area parco e pertanto di fatto risultano aree sottratte all’esercizio venatorio , e valutando l’impatto dello stesso esercizio qualora esterne, riportando apposita Valutazione di incidenza , a cui si rimanda, contribuendo al raggiungimento dell’ obiettivo di “Contribuire al mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente gli habitat naturali e le specie di flora e fauna selvatica di cui alle Direttive CE 1992/42 “Habitat” e 1979/409 “Uccelli” e alla L.R. 56/2000, nonchè mitigare il declino di alcune specie legate agli ambienti agrari e promuovere buone pratiche di gestione delle altre specie oggetto di caccia . 4.1.7 Coerenza con il Piano del Parco delle ALPI APUANE 31 Gli obiettivi del PFVP 2012-2015 risultano del tutto coerenti e compatibili con gli obiettivi del piano del Parco delle Alpi Apuane in quanto orientati alla tutela dei valori naturalistici, paesaggistici ed ambientali ed alla realizzazione di un equilibrato rapporto tra attività economiche ed ecosistema. Il Piano del Parco prevede, in particolare, la formazione di programmi di valorizzazione in rete, volti a promuovere e coordinare iniziative ed interventi per realizzare, potenziare o qualificare le reti di risorse, servizi ed infrastrutture da cui dipendono la funzionalità e la fruibilità del Piano, coinvolgendo la pluralità dei soggetti istituzionali e, eventualmente, degli operatori ed attori locali interessati. In questa affermazione si legge la volontà di attuare programmazioni concertate con i diversi attori , tesa a realizzare sinergie programmatorie istituzionali. Tali Programmi riguardano, tra l’altro: a1) reti ecologiche e la riqualificazione ambientale del Parco nel più ampio contesto regionale; in questa direzione assumono importanza le aree di protezione di cui alla direttiva Habitat che risultano inserite nel parco delle Alpi Apuane: pSIC Monte Sagro (IT5110006 , pSIC Monte Castagnolo IT5110007 , pSIC Monte Borla – Rocca di Tenerano IT5110008, pSIC Valli glaciali di Orto di Donna e Solco di Equi IT5120008, pSICValle del Serra - Monte Altissimo IT5120010, pSIC M. Tambura - M. Sella IT5120013, ZPS Praterie primarie e secondarie delle Apuane IT5120015 b) “programmi di valorizzazione territoriale”, volti a promuovere e coordinare iniziative ed interventi utili a favorire forme di conservazione attiva e di sviluppo endogeno sostenibile in parti rilevanti del territorio apuano, stimolando la cooperazione e l’interazione degli Enti locali e degli operatori ed attori locali interessati. Nello specifico si ritiene utile riportare gli obiettivi di gestione delle unità territoriali sotto identificate: - U.T. 8 - ALTA VALLE DEL F. FRIGIDO riguardante il Comune di Massa, identificata come Unità di paesaggio: UP9 Alta valle del Frigido: 9A Focolaccia, 9B Resceto, 9C Filanda di Forno, 9D Contrario, 9E Valle delle Rose; UPP Media valle del Frigido: P3 Antona; UPZ: 20, ha come OBIETTIVI DI GESTIONE Primari, quelli della conservazione della biodiversità e degli habitat naturali e seminaturali della tutela dei siti geologici, archeologici e storico-culturali, e delle forme naturali del territorio; ricostituzione della continuità delle matrici ambientali; tutela di entità vegetali di particolare significato geobotanico, a principiare dalle stazioni di Hymenophyllum tumbrigense presso Redicesi e Gronda, nonché la stazione di Horminum pyrenaicum presso La Vettolina e M. Castagnolo; gli ambienti rupicoli dei versanti caldi (esposizioni sud ed ovest) presso Renara e Secco; i nuclei esistenti di tasso (Taxus baccata) nella valle degli Alberghi nonché la riqualificazione e valorizzazione del patrimonio storico-culturale, insediativo ed infrastrutturale, con particolare riferimento al centro storico ed alla Filanda di Forno, all’area di Pian della Fioba (rifugio città di Massa e Orto Botanico), al nucleo di Resceto, alla Via Vandelli, alle vie di lizza storiche ed a quella meccanica di cava Cruze e Secondari, definibili nella manutenzione paesistica, preservazione della diversità paesistica e dei caratteri culturali tradizionali, salvaguardia dei valori panoramici e della leggibilità del paesaggio con particolare riferimento al centro storico di Resceto e relativo contesto (Via Vandelli, vie di lizza storiche, lizza meccanica cava Cruze; valle degli Alberghi, lo sviluppo del turismo sostenibile e delle attività ricreative diffuse a basso impatto ambientale, con particolare riferimento al centro storico ed alla Filanda di Forno, all’area di Pian della Fioba (rifugio città di Massa e Orto Botanico) ed ai nuclei di Redicesi, Gronda e Guadine; lo sviluppo delle attività di ricerca scientifica, di comunicazione sociale e di interpretazione del Parco, 32 di conoscenza ed educazione ambientale, con particolare riferimento alla Filanda di Forno e all’area di Pian della Fioba (Orto Botanico, ecc.). - U.T. 9 - M. SAGRO-VINCA, riguardante i Comuni di Casola in Lunigiana, Carrara, Fivizzano, con Unità di paesaggio:UP10 Sagro; UP11 Vinca; UP12 Solco d’Equi: 12A Tecchia d’Equi, 12B Solco d’Equi; UPM Equi-Monzone: M1 Alta valle del Lucido, M3 Monzone; UPN TeneranoGragnana: N1 Tenerano, N2 Gragnana, N3 Puntone; UPO Bacino di Carrara: O1 Aree esterne al Bacino marmifero industriale.OBIETTIVI DI GESTIONE Primari sono anche in questo caso la , conservazione della biodiversità e degli habitat naturali e seminaturali, la tutela dei siti geologici,archeologici e storico-culturali, e delle forme naturali del territorio; ricostituzione della continuità delle matrici ambientali, con particolare riferimento alla popolazione di Centaurea montis-borlae dell’omonimo rilievo, alle faggete mista a tasso (Taxus baccata) del Solco d’Equi e Cantonaccio ed agli ambienti rupicoli media quota tra Equi Terme e il gruppo del Pizzo d’Uccello, quale ambiente elettivo di nidificazione dell’aquila reale (Aquila crysaetos); la riqualificazione del patrimonio forestale, la tutela della vegetazione caratterizzante con particolare riferimento ai boschi di conifere e ai castagneti da frutto della valle di Vinca. Gli obiettivi Secondari riguardano la , valorizzazione delle tradizionali attività agro-silvo-pastorali, con innovazioni nelle tecniche e nelle pratiche, tali da ridurne gli impatti negativi sugli ecosistemi, da consolidarne e migliorarne i servizi ambientali e da tutelare o ricostituire le matrici ambientali con particolare riferimento ai terrazzamenti coltivati di Vinca; la riqualificazione e valorizzazione del patrimonio storicoculturale, insediativo ed infrastrutturale, con particolare riferimento al centro storico di Vinca ed all’alpeggio del Vergheto; lo sviluppo del turismo sostenibile e delle attività ricreative diffuse a basso impatto ambientale con particolare riferimento al sistema della Buca di Equi Terme (da collegare all’Antro del Corchia), all’area di Campocecina e di Foce di Pianza; lo sviluppo delle attività di ricerca scientifica, di comunicazione sociale e di interpretazione del Parco, di conoscenza ed educazione ambientale, con particolare riferimento al nucleo di Vinca. Tra le Relazioni critiche dei fattori antropici e naturali da eliminare o ridurre vengono riportate : - la discontinuità ecologiche: da Foce di Navola al fondovalle del Lucido; - le interferenze tra viabilità e risorse naturali: sentiero da Equi Terme a Punta Nattapiana, con gli ambienti naturali del Solco d’Equi; - le interferenze tra sentieri e risorse naturali: sentiero da M. Borla a M. Sagro e ambienti naturali del Balzone. Il PFVP fa propria la problematica del superamento di tali criticità, escludendo tali aree dalla attività venatoria quando ricadenti nel perimetro del Parco ed adottando la disciplina prevista dal parco per la gestione venatoria nella aree contigue non intercluse, che comunque includono le altre porzioni. La programmazione venatoria provinciale attua infatti quanto previsto agli art. 3 e 5 del Piano del Parco , nello specifico : Art. 3 - Caccia 1. Nell’area contigua, non interclusa nell’area protetta, il numero complessivo delle giornate di caccia alla fauna migratoria, sono stabilite in 40 giornate complessive a stagione, rispetto agli altri territori a disciplina ordinaria, secondo modalità da stabilirsi annualmente nel calendario venatorio, a cura di ogni singola Amministrazione provinciale. 2. Il carniere giornaliero della beccaccia (Scolopax rusticola L.) è ridotto numericamente del50% rispetto agli altri territori provinciali, con eventuale arrotondamento all’unità superiore.Riguardo alle altre specie della fauna migratoria, il carniere giornaliero è ridotto a 15 capi, con la sola eccezione del colombaccio (Columba palumbus L.). 3. I limiti numerici di cui ai precedenti commi possono essere variati dai calendari venatori provinciali, con atto motivato dei rispettivi enti, nella misura massima di un 30% rispetto ai valori indicati, nel caso in cui la sperimentazione e l’andamento numerico delle popolazioni suggeriscano opportune variazioni. 4. È vietata l’introduzione e, comunque, l’immissione, anche a scopo venatorio, di specie estranee all’avifauna e alla mammalofauna italiana, nonché la transfaunazione, ovverosia l’introduzione di entità 33 che pur facendo parte dell’elenco faunistico nazionale, non comprendono l’area apuana entro i limiti del loro areale specifico. 5. La reintroduzione di specie animali d’interesse venatorio è soggetta a specifica intesa tra Ente Parco ed Amministrazione provinciale competente. Art. 5 - Aree di collegamento ecologico-funzionale 1. Le aree di collegamento ecologico-funzionale, ricadenti all’interno dell’area contigua, sono indicate nell’elaborato a) di cui al precedente art. 2, al fine di conservare e di aumentare la stabilità, la ricchezza e la varietà degli ecosistemi e, in particolare, le possibilità di migrazione e di dispersione delle specie vegetali e animali, evitando la formazione di barriere o di soluzioni di continuità tra gli habitat interessati. I perimetri di tali aree sono sottoposti a specifica definizione nella fase di individuazione degli stessi nei P.T.C. della Provincia di Lucca e di Massa Carrara. 2. Nelle aree di collegamento ecologico-funzionale, ricadenti in area contigua, la regolamentazione dell’attività venatoria e della pesca sportiva segue, di norma, quanto previsto dai precedenti artt. 3 e 4. 3. Nelle aree di collegamento, le opere e gli interventi devono tendere al superamento o, quanto meno, alla mitigazione delle barriere o delle soluzioni di continuità tra gli habitat interessati. In esse trovano piena applicazione le norme previste e derivate dalla L.R. n. 56/00 e succ. mod. ed integr. 4. I miglioramenti e le riqualificazioni ambientali nelle aree di collegamento hanno priorità nei piani d’intervento e nei bandi approvati dalle Amministrazioni provinciali. 5. Le Amministrazioni provinciali favoriscono i progetti che prevedono forme di gestione,anche sperimentale, di miglioramento e reintroduzione faunistica nelle aree di collegamento. In questi casi, l’autorità competente può disporre limitazioni o interdizioni dell’attività venatoria. 4.1.8 Coerenza con i Piani di gestione dei Siti di Importanza Regionale Gli obiettivi del PFVP 2012-2015 risultano del tutto coerenti e compatibili con gli obiettivi individuati nei Piano di gestione del SIR-SIC-ZPS , laddove presenti. La legge regionale 56/2000, individua i Siti di Importanza Regionale (SIR), alcuni dei quali riconosciuti anche come Siti classificabili di Importanza Comunitaria (pSIC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS), di cui alla deliberazione del Consiglio regionale 10 novembre 1998, n. 342 (Approvazione siti individuati nel progetto Bioitaly e determinazioni relative all’attuazione della direttiva comunitaria «Habitat»)”. Secondo quanto stabilito nell’art. 12 della 56/2000, la Regione definisce le norme tecniche relative, fra l’altro, “alle modalità di tutela e di conservazione dei Siti di Importanza Regionale” che dovranno essere attuate dagli Enti competenti. ( Aggiornamento DCR 1/2014 e con la proposta di PAER di cui alla scheda B1 strategie regionali per la biodiversità)) Per i siti classificati anche come pSIC o come ZPS, oltre alle indicazioni contenute nella LR 56/2000 , valgono anche le norme contenute nel DPR 8 settembre 1997, n. 357 e successive modifiche (DPR 120/2003), nella Direttiva 92/43/CEE e nella Direttiva 79/409/CEE. Il fine della redazione di norme per l’individuazione delle principali misure di conservazione per ciascun SIR, è stato quello di costituire un quadro di riferimento organico per l’intera rete ecologica.Per ciascun sito, sono stati evidenziati i principali beni d’interesse naturalistico presenti, i principali obiettivi di conservazione da perseguire e delle principali misure di conservazione da adottare, che costituiscono oltre che un riferimento certo per gli atti che devono essere adottati dagli enti competenti, un riferimento anche per le valutazioni di incidenza e prefigura, ove possibile e necessario, le eventuali misure di compensazione adottabili. Alle misure di conservazione indicate in ciascun sito, così come agli obiettivi di conservazione, è stato attribuito un livello di importanza relativo a quel sito (EE = molto elevata; E = elevata; M = media; B = bassa). In questo caso il valore, anch’esso attribuito come “giudizio di esperti”, tiene conto sia dell’importanza (a scala regionale) degli elementi alla cui conservazione la misura è rivolta, sia della necessità e dell’urgenza dell’adozione di detta misura ai fini della tutela degli elementi stessi. Le misure di conservazione possono limitarsi a misure di carattere normativo o regolamentare, contrattuale (di incentivazione) e gestionale, possono comprendere un’integrazione 34 degli strumenti di pianificazione vigenti (in particolare piani urbanistici, forestali, venatori, itticopiscatori, sul rischio idraulico, ecc.), oppure possono richiedere l’elaborazione di appositi piani di gestione. Si rimanda per la loro trattazione alla Valutazione di incidenza. Coerenza con Important Bird Areas (IBA) Si ritiene utile precisare che le Important Bird Areas o IBA, sono delle aree che rappresentano un ruolo chiave per la salvaguardia degli uccelli e della biodiversità, è un progetto a carattere mondiale, curato da BirdLife International. Questo progetto è una conseguenza della esigenza di individuare dei criteri omogenei e standardizzati per la designazione delle ZPS. Le IBA sono state utilizzate proprio per valutare l'adeguatezza delle reti nazionali di ZPS designate negli Stati membri, infatti il 71% della superficie delle IBA è anche ZPS. Un sito, per essere riconosciuto come IBA, deve possedere almeno una di queste caratteristiche: ospitare un numero significativo di individui di una o più specie minacciate a livello globale; fare parte di una tipologia di aree importante per la conservazione di particolari specie (es. zone umide); essere una zona in cui si concentra un numero particolarmente alto di uccelli in migrazione. L’inventario delle IBA realizzato da “BirdLife International” , basato su criteri ornitologici quantitativi, è stato riconosciuto dalla Corte di Giustizia Europea (sentenza C-3/96 del 19 maggio 1998) come strumento scientifico di riferimento per l’individuazione dei siti da tutelare come ZPS e rappresenta quindi il sistema di riferimento nella valutazione del grado di adempimento alla Direttiva Uccelli, in materia di designazione di ZPS. L’individuazione delle IBA per lo stato italiano è stata effettuata da LIPU ed in Provincia di Massa Carrara è stata individuata una parte di area di 1 IBA, e precisamente parte di quella identificata con numero 039- “Alpi Apuane”, contenuta all’interno del perimetro del Parco . 039 - ALPI APUANE Nome e codice IBA 1998-2000: Alpi Apuane - 039 Regione: Toscana Superficie: 21.849 ha ( provincia di Massa Carrara e Lucca) di cui 6.840 ettari in Provincia di Massa Carrara ( fonte scheda B1 proposta PAER in vi adi approvazione) Descrizione e motivazione del perimetro: l’IBA comprende le praterie montane e le pareti delle Alpi Apuane. L’IBA include, ricalcandone i confini, la ZPS IT5120015- Praterie primarie e secondarie delle Apuane ed i seguenti SIC di rilevante valore ornitologico per le specie montane: IT5110008- Monte Borla – Rocca di Tenerano di ha 1081,3; IT5110006- Monte Sagro di ha 1223,28; IT5120008- Valli Glaciali di Orto di Donna e Solco d’Equi di ha 2832,62 ; IT5120013- Monte Tambura – Monte Sella di ha 2009,88 ; IT5110007- Monte Castagnolo di ha 116,1 ; IT5120009- Monte Sumbra di ha 1862,57; IT5120010- Valle del Serra – Monte Altissimo di ha 1857,08; IT5120014- Monte Corchia - Le Panie di ha 3962,87; IT5120011- Valle del Giardino di ha 783,17; IT5120012- Monte Croce – Monte Matanna , di ha 1246,48. Categorie e criteri IBA Criteri relativi a singole specie Specie Nome scientifico Status Criterio Aquila reale Aquila chrysaetos W C6 Gracchio corallino Pyrrhocorax pyrrhocorax B C6 Specie (non qualificanti) prioritarie per la gestione 35 Biancone (Circaetus gallicus), Albanella minore (Circus pygargus), Falco pellegrino (Falco peregrinus), Codirossone (Monticola saxatilis), Magnanina (Sylvia undata), Averla piccola (Lanius collurio). Queste aree, per quanto riguarda la provincia di Massa Carrara, risultano inserite all’interno del parco delle Alpi Apuane, o nella sua zona contigua e pertanto sono inserite in territorio vietato alla attività venatoria nel primo caso, o in territorio disciplinato dallo specifico regolamento quando in zona contigua. 4.2 CARATTERIZZAZIONE DELLO STATO DELL’AMBIENTE E SUA EVOLUZIONE PROBABILE SENZA IL PFVP 2012-2017 All. 2 della l.r. 10/10, b) Aspetti pertinenti dello stato attuale dell’ambiente e sua evoluzione probabile senza l’attuazione del piano o del programma] La procedura di VAS, finalizzata a valutare gli effetti sull’ambiente di particolari piani e programmi, necessita di un quadro di riferimento sulla situazione ambientale di partenza. Pertanto sembra opportuno focalizzare l’attenzione sulle componenti e temi ambientali coerenti con il PFVP , semplificandone la descrizione per maggiore facilità di lettura e di comunicazione , per procedere nel processo concertato di pianificazione di priorità, criticità ed opportunità. Di seguito si riportano in forma sintetica i dati di riferimento inerenti l’oggetto del piano. Dalla bibliografia inerente la stesura del PRAF, si è ricostruita la conoscenza del contesto ambientale in ambito provinciale, che tiene conto dei contenuti riportati nel rapporto ambientale del PRAF redatto in base alla Relazione sullo Stato dell’Ambiente, (ARPAT- Relazione 2011), dei dati riscontrabili nel portale del SIRA – Sistema Informativo Regionale Ambientale di ARPAT, della Regione Toscana e degli Enti locali toscani e del servizio web del Settore Sistema Statistico regionale della Regione Toscana. In base all’analisi effettuata relativamente alla disponibilità di dati in ambito provinciale , tenendo conto dei documenti di monitoraggio di piani e programmi prodotti dalle strutture regionali e provinciali (ad esempio, documenti di monitoraggio del PIT, del PRAA, -Piano regionale Rifiuti ( DCRT 88/98, DCP 36/2004, , Piano straordinario ATO toscana Costa, dGR 476/2009, DCRT 106/2013) e del PIER) e degli indicatori individuati per il monitoraggio e la valutazione del PRS 2011-2015), si riporta una caratterizzazione di alcune componenti socio-economiche ed ambientali ritenute maggiormente pertinenti ai fini della valutazione del PFVP. In particolare, tale sintesi è stata espressa in termini di: - analisi sintetica di contesto provinciale per gli elementi ritenuti maggiormente pertinenti al piano in oggetto ; - caratterizzazione del possibile scenario evolutivo ambientale provinciale. 4.2.1CAMBIAMENTI CLIMATICI ( fonte PRAF, ARPAT) Emissioni gas climalteranti Come riportato nel Rapporto ambientale regionale relativo al PRAF, le emissioni in atmosfera hanno fatto registrare negli ultimi anni, un andamento in linea di massima incoraggiante in quanto le emissioni di gas clima alteranti dal 2000 in poi e le emissioni di polveri sottili, si sono ridotte. Il dato riferibile al 2007 per le emissioni regionali di CO2 equivalente , riportano oltre 35,3 milioni di tonnellate, determinato in buona parte dai settori della produzione di energia, da quello dei trasporti e da quello delle combustioni industriali e che rispetto al 1990 porta un incremento del 7,3%, ridotto rispetto al 2000 che riportava un incremento del 15,9%. Nel documento di PRAA , relativamente ai cambiamenti climatici si sancisce l’impegno a ridurre, nel periodo 2008-2012, le emissioni di gas serra del 6,5% rispetto ai valori del 1990. Le proiezioni ipotizzate per il futuro, anche nella condizione di perseguimento di un miglioramento tecnico in 36 grado di abbassare le emissioni per unità di produzione, sono comunque di un leggero incremento delle emissioni al 2030 rispetto a oggi , situazione che viene ritenuta non in grado di comportare a livello aggregato situazioni di insostenibilità. Viene ritenuto necessario tuttavia porre attenzione, fin da subito, alla distribuzione sul territorio: alcune zone della provincia potrebbero cominciare a mostrare elementi di difficoltà anche dal punto di vista della qualità dell’aria, ed i dati mostrano una dicotomia tra le zone a più alta densità di abitazioni, infrastrutture e imprese. Consumi energetici Dai dati riportati nel Rapporto ambientale regionale si evince un contesto di sostanziale staticità riferibile a quello dei primi anni 2000, ed i dati provinciale riferiscono di una crescita della domanda complessiva di energia. In tredici anni il consumo di energia, nel nostro territorio, è aumentato del 21%, cioè un quinto in più: la maggior parte in trasporti (41%), segue il consumo residenziale (25%), le attività produttive (23%) ed infine il terziario (11%). Le emissioni di gas serra nello stesso periodo sono aumentate del 15% e di queste ben oltre la metà (55%) sono dirette. Anche per la realtà provinciale, il consumo energetico è ancora molto legato alle fonti non rinnovabili, in gran parte importate; questo è un aspetto che pone delle criticità per quanto riguarda la sicurezza degli approvvigionamenti, il costo dell’energia che non è in nessun modo controllabile, gli impatti e le ricadute di carattere più strettamente ambientale. Diventa quindi importante adottare politiche di risparmio energetico che tradotte nel Piano energetico provinciale, PEP, consistono in azioni pilota sugli edifici pubblici con linee guida per il servizio calore, piani di intervento per ridurre la domanda di energia, divulgazione delle iniziative a scopo dimostrativo. Per le utenze diffuse, sul versante termico, il PEP prevede che la Provincia indirizzi i comuni verso l’introduzione negli strumenti urbanistici di profili di qualità edilizia, con valori di riferimento per i consumi specifici, individuando un livello minimo obbligatorio e dei livelli più restrittivi, volontari, ma incentivati. Sempre sul versante termico viene previsto un piano di riqualificazione degli impianti termici (introduzione di moderni sistemi di riscaldamento ad altissima efficienza, sostituzione degli impianti singoli a favore degli impianti centralizzati con contabilizzazione individuale, incremento dei controlli sugli impianti con età superiore a 15 anni). Un ambito importante per il risparmio energetico e l’impiego di fonti rinnovabili è quello del turismo: sono ipotizzati accordi tra le associazioni di categoria ed i comuni interessati per avviare una collaborazione in questo senso. Energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili Il documento regionale riferisce che la produzione di energia elettrica mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili si è lentamente avvicinata nel corso degli ultimi anni alla quota del 41,5% del totale di energia elettrica prodotta in regione, soprattutto per effetto della tenuta della fonte geotermica, di quella idrica e malgrado l’attenuazione dell’incidenza delle biomasse. Nonostante i notevoli incrementi in termini percentuali, la produzione di energia elettrica da fonte eolica e fotovoltaica continua a costituire una quota residuale dell’energia elettrica prodotta in regione (1,30%). Relativamente alle fonti rinnovabili , per abbattere le emissioni e incrementare l’autosufficienza del territorio (dall’attuale 6,8% al 20%), il PEP prevede quattro tipologie rappresentate da biomasse, eolico, idroelettrico e solare. Dal PEP risulta un potenziale disponibile inutilizzato di biomassa legnosa derivante dalla gestione dei boschi pari a 207.000 quintali annui che rappresentano un potenziale energetico di 192 TJ/annuo(TJ, unità di misura del potenziale energetico espressa in tera joule), che tradotto in energia elettrica producibile significa oltre 13.000 MWhe (megawatt elettrici): a questo deve 37 aggiungersi la disponibilità teorica di residui da coltivazioni agricole (6.000 tonnellate annue, pari ad un potenziale energetico di 103 TJ/annuo). Il programma energetico, a questo proposito, prevede la promozione di una adeguata gestione del soprasuolo agricolo e forestale, lo sviluppo di filiere bioenergetiche, la realizzazione di progetti dimostrativi ed il supporto ai comuni a vocazione forestale per la promozione di impianti a biomasse di media e piccola taglia. Il Pep individua sul territorio provinciale 9 siti come possibili sedi di campi eolici, per un potenziale eolico dell’ordine di circa 100 megawatt, per un valore netto di produzione elettrica di oltre 200 GWh, corrispondente ad oltre il 20% del consumo di energia elettrica rilevato nel 2003, sufficiente a coprire l’intero fabbisogno attuale di energia elettrica di tutto il settore residenziale della provincia. Nell’ambito idroelettrico, il programma prevede la valutazione del potenziale energetico dell’utilizzo a scopo idroelettrico delle acque destinate ad usi diversi e del ripotenziamento degli impianti idroelettrici esistenti. Per il Solare, un progetto di solare termico di grande dimensione in luogo pubblico che contribuisca alla promozione della tecnologia anche presso l’utenza residenziale, commerciale e industriale; infine sarà avviato uno specifico programma di sostegno alla tecnologia fotovoltaica attraverso interventi pilota sul patrimonio edilizio pubblico. Sono comunque iniziative orientate sia al risparmio energetico, che alla incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili nel tentativo di ridurre la criticità in termini di sicurezza degli approvvigionamenti ed al contenimento delle emissioni in atmosfera. NATURA E BIODIVERSITA Specie animali e vegetali terrestri minacciate inserite in liste di attenzione In questo ambito risulta utile considerare il dato regionale relativo alle Specie animali e vegetali terrestri minacciate inserite lista di attenzione ( fonte PRAF), che comprende in totale 938 specie, di cui 547 sono animali. Di questi gli insetti costituiscono il gruppo tassonomico con il maggior numero di specie in lista di attenzione (316), seguite dagli uccelli (81), dai molluschi (65), e dai mammiferi (42). Le specie vegetali rare ed endemiche incluse nella lista di attenzione sono invece 391. Valutando nel complesso lo status in Toscana di tali specie secondo le categorie di minaccia predisposte all’IUCN, si può notare come le entità minacciate (451) rappresentino quasi il 50 % delle specie in lista di attenzione e tra queste siano ben 137 (il 15% del totale della lista) quelle a più alto rischio di conservazione.Uno studio condotto da BirdLife International, European Bird Censis Council e Royal Society for the Protection of Birds, che analizza l’andamento delle popolazioni negli ultimi 40 anni, evidenzia un calo numerico per 54 specie di uccelli, rispetto alle 124 più diffuse in Europa. Nello specifico delle specie animali minacciate o bisognose di una conservazione più rigorosa , si riportano le schede relative nelle aree di Natura 2000 della Provincia di Massa Carrara, così come inserite nel documento del Parco Apennino Tosco Emiliano ed identificate con codice IT511002,003,004,005, ed a seguire quelle inserite nel parco delle Alpi Apuane con codice (IT5110006, IT5110007 , IT5110008, IT5120008, IT5120010, IT5120013, IT5120015 e quelle non inserite in parchi, con codice IT5110001, IT5110022 . Nel Parco Appennino Tosco Emiliano,che si sviluppa nei Comuni di Bagnone, Comano, Filattiera, Fivizzano, Licciana Nardi, risultano: 38 1)IT5110004- SIC Monte Acuto – Groppi di Camporaghena: 39 40 41 2) IT 5110005 -SIC Monte La nuda Monte Tondo 42 43 3)IT5110003_ Monte Matto Monte Malpasso 44 45 4) IT5110002- SIC Monte Orsaro 46 47 48 49 Compresi nell’area del Parco Alpi Apuane : 5) Monte Sagro (IT5110006), classificato anche pSIC, con una estensione 1223,28 ettari, in gran parte compreso nel Parco Regionale "Alpi Apuane". La tipologia ambientale prevalente è costituita da zona montana con versanti rocciosi acclivi, con pareti verticali e cenge erbose, praterie secondarie e boschi di latifoglie (faggete e castagneti).Altre tipologie ambientali rilevanti sono determinate da Brughiere, uliceti e calluneti, aree estrattive abbandonate. Principali emergenze HABITAT : Brughiere xeriche. Praterie dei pascoli abbandonati su substrato neutro-basofilo (Festuco-Brometea). Praterie acidofitiche del piano subalpino e montano a dominanza di Nardus stricta (Nardion strictae; Violo-Nardion). Pavimenti calcarei .Formazioni di suffrutici, arbusti striscianti e erbe perenni del piano subalpino e alpino su substrato calcareo (Seslerietea albicantis).Presenza di creste e versanti calcarei con formazioni discontinue del piano alpino e subalpino e di ghiaioni rocciosi su substrato calcareo con clasti a varia granulometria del piano alpino, subalpino e montano con formazioni di erbe perenni e/o felci (Thlaspietea rotundifolii). Pareti rocciose verticali su substrato calcareo con vegetazione casmofitica (Saxifragion lingulatae).Vegetazione casmofitica delle rupi calcaree delle Alpi Apuane .Pareti rocciose verticali su substrato siliceo dal piano alpino a quello basale, della Regione Eurosiberiana e Mediterranea con vegetazione casmofitica (Androsacion vandellii; Asplenio billotii-Umbilicion rupestris; Asplenion cuneifolii). Sottotipologia di habitat non presente nella L.R. 56/2000, con nome di cui al Progetto RENATO. FITOCENOSI:Faggeta del Catino (Alpi Apuane). SPECIE VEGETALI: Athamanta cortiana - Specie endemica delle Alpi Apuane. Aquilegia bertolonii - Specie endemica delle Alpi Apuane. Popolamenti floristici endemici (delle Alpi Apuane o apuano-appenninici) per lo più costituiti da specie dei versanti rocciosi o detritici calcarei. SPECIE ANIMALI: Speleomantes ambrosii (geotritone di Ambrosi, Anfibi). Bombina pachypus (ululone, Anfibi). Euplagia [=Callimorpha] quadripunctaria (Insetti, Lepidotteri). Parnassius apollo (L.) (Insetti, Lepidotteri).Coenonympha dorus aquilonia (Higgins) (Insetti, Lepidotteri). 50 Myotis nattereri (vespertilio di Natterer, Chirotteri, Mammiferi). Pyrrhocorax pyrrhocorax (gracchio corallino, Uccelli) – Nidificante.Popolamenti di uccelli con specie minacciate legate alle praterie montane.Grotte di rilevante importanza faunistica (presenza di endemismi). Altre emergenze: Area della Valle delle Rose e del bacino del Torrente Regolo, di elevato valore naturalistico. Vaste estensioni di castagneti da frutto. Principali elementi di criticità interni al sito - Riduzione delle attività di pascolo nel settore occidentale del M.te Sagro. - Denso sviluppo di arbusteti a Ulex europaeus nella Valle delle Rose, con riduzione delle praterie secondarie. - Progressiva riduzione e degradazione dei castagneti da frutto per abbandono delle attività colturali e per invasione spontanea di ontano napoletano Alnus cordata proveniente da rimboschimenti adiacenti ai castagneti. - Parziale realizzazione della strada di collegamento Vinca–Sagro. - Ridotta superficie del sito interna ad una “area contigua speciale” del Parco delle Alpi Apuane potenzialmente destinata ad attività estrattive. - Gestione selvicolturale della faggeta del Catino non finalizzata a obiettivi di tipo naturalistico. - Frequenti incendi estivi. - Notevole carico turistico legato a escursionismo, alpinismo e speleologia. Principali elementi di criticità esterni al sito - Presenza di attività estrattive marmifere nel settore occidentale del Monte Sagro, al Monte Maggiore e in Loc. Vallini del Sagro. Presenza di cave di inerti alla confluenza dei torrenti Regolo e Secco. - Riduzione del pascolo nell’intero comprensorio apuano. - Elevato carico turistico. PRINCIPALI MISURE DI CONSERVAZIONE DA ADOTTARE Principali obiettivi di conservazione a) Mantenimento delle praterie di versante, con particolare riferimento agli habitat prativi prioritari (EE). b) Mantenimento degli elevati valori di naturalità del sistema di pareti rocciose verticali e cenge erbose, con popolamenti floristici e faunistici di interesse conservazionistico (E). c) Conservazione dei nuclei forestali di pregio, con particolare riferimento ai castagneti da frutto di Vinca e del Vergheto e alla faggeta del Catino (E). d) Conservazione dei popolamenti floristici endemici (M). e) Riduzione/eliminazione degli impatti sulla fauna troglobia e sugli uccelli degli ambienti rupestri causata da attività speleologiche e alpinistiche (M). f) Gestione degli arbusteti a Ulex per impedirne l'evoluzione verso formazioni boschive (B). Indicazioni per le misure di conservazione - Esame della situazione attuale del pascolo, verifica rispetto agli obiettivi di conservazione e adozione delle opportune misure contrattuali per il raggiungimento di modalità ottimali di gestione (E). - Mantenimento/recupero dei castagneti da frutto e delle faggete del Catino (aumento della maturità, migliore caratterizzazione ecologica) mediante piani particolareggiati di gestione selvicolturale con finalità naturalistiche (E). - Poiché alcune delle principali cause di degrado/disturbo dipendono da pressioni ambientali originate nel contesto esterno al sito, per queste dovrà essere opportunamente applicato lo strumento della valutazione di incidenza (E). - Risistemazione dei siti estrattivi abbandonati e della viabilità re lativa, contenimento degli impatti dovuti alle attività estrattive in atto in aree limitrofe (E). - Controllo/gestione periodica degli arbusteti a Ulex europaeus ed Erica arborea (M). - Elaborazione di un Piano di gestione delle attività speleologiche e alpinistiche (M). 51 - Conservazione delle raccolte di acqua (in particolare le pozze di abbeverata) utilizzate dagli anfibi (M). 6) Monte Castagnolo (IT5110007), classificato anche pSIC, con una estensione di 116,10 ettari, sito in gran parte compreso nel Parco Regionale "Alpi Apuane". Tipologia ambientale prevalente è costituita da versanti rocciosi acclivi con pareti verticali e cenge erbose, praterie secondarie e arbusteti (uliceti, ericeti), prati pascoli in corso di abbandono. Altre tipologie ambientali rilevanti, rappresentata da boschi radi di latifoglie eliofile, imboschimenti di conifere. Principali emergenze HABITAT :Pavimenti calcarei ,Brughiere xeriche. Praterie dei pascoli abbandonati su substrato neutro-basofilo (Festuco- Brometea).Ghiaioni rocciosi su substrato calcareo con clasti a varia granulometria del piano alpino, subalpino e montano con formazioni di erbe perenni e/o felci (Thlaspietea rotundifolii). Pareti rocciose verticali su substrato calcareo con vegetazione casmofitica (Saxifragion lingulatae).Vegetazione casmofitica delle rupi calcaree delle Alpi Apuane SPECIE VEGETALI:Horminum pyrenaicum (orminio) - Specie presente sulle montagne calcaree dell’Europa sud-occidentale, prevalentemente nei Pirenei e nelle Alpi. La stazione toscana delle Alpi Apuane rappresenta l’unica area appenninica relitta ove vegeta la specie. Nelle Alpi Apuane la specie è molto rara, localizzandosi in un’area ristretta del territorio massese. Popolamenti floristici endemici apuani o apuano-appenninici. SPECIE ANIMALI: Bombina pachypus (ululone, Anfibi). Euplagia [=Callimorpha] quadripunctaria (Insetti, Lepidotteri). Principali elementi di criticità interni al sito - Scarsa disponibilità di informazioni sullo stato di conservazione delle rare stazioni di Horminum pyrenaicum. - Riduzione delle attività di pascolo con processi di ricolonizzazione arbustiva. - Presenza di “aree contigue speciali” del Parco delle Alpi Apuane potenzialmente destinate ad attività estrattive. - Evoluzione dei densi arbusteti (uliceti ed ericeti) verso formazioni boschive. - Frequenti incendi estivi, che banalizzano le praterie ma mantengono gli arbusteti. Principali elementi di criticità esterni al sito - Presenza di attività estrattive marmifere nel settore occidentale del Monte Castagnolo con strada di arroccamento e ravaneto. - Riduzione del pascolo nell’intero comprensorio apuano. PRINCIPALI MISURE DI CONSERVAZIONE DA ADOTTARE Principali obiettivi di conservazione a) Tutela delle stazioni di Horminum pyrenaicum (EE). b) Conservazione dell’integrità dei versanti rocciosi del M.te Castagnolo (EE). c) Mantenimento delle aree prative (ex pascoli) (E). d) Gestione degli arbusteti a Ulex per impedirne la trasformazione in formazioni boschive (M). e) Conservazione dei popolamenti floristici endemici (M). Indicazioni per le misure di conservazione - Indagine sull’attuale distribuzione e stato di conservazione di Horminum pyrenaicum (EE). - Progressiva cessazione delle attività estrattive nel versante occidentale del Monte Castagnolo e recupero delle aree dismesse (EE). - Verifica dei rapporti tra sito e area contigua speciale per le attività estrattive del Parco delle Alpi Apuane (E). - Poiché alcune delle principali cause di degrado/disturbo dipendono da pressioni ambientali originate nel contesto esterno al sito, per queste dovrà essere opportunamente applicato lo strumento della valutazione di incidenza (E). 52 - Esame della situazione attuale del pascolo, verifica rispetto agli obiettivi di conservazione e adozione delle opportune misure contrattuali per il raggiungimento di modalità ottimali di gestione (E). - Conservazione delle raccolte di acqua per la tutela degli anfibi (M). 7) Monte Borla – Rocca di Tenerano (IT5110008), classificato anche pSIC, con una estensione 1081,30 ettari , sito in gran parte compreso nel Parco Regionale "Alpi Apuane". La Tipologia ambientale prevalente risulta costituita da Area alto montana, con rilievi prevalentemente calcarei interessati da boschi di latifoglie (faggete, ostrieti, castagneti), versanti rocciosi e aree prative.Altre tipologie ambientali rilevanti sono rappresentate da Doline con calluneti, vaccinieti montani, modesti nuclei di rimboschimenti di conifere, aree estrattive abbandonate. Principali emergenze HABITAT:Pavimenti calcarei ,brughiere xeriche. Praterie dei pascoli abbandonati su substrato neutro-basofilo (Festuco- Brometea).Ghiaioni rocciosi su substrato calcareo con clasti a varia granulometria del piano alpino, subalpino e montano con formazioni di erbe perenni e/o felci (Thlaspietea rotundifolii). Pareti rocciose verticali su substrato calcareo con vegetazione casmofitica (Saxifragion lingulatae).Vegetazione casmofitica delle rupi calcaree delle Alpi Apuane. Pareti rocciose verticali su substrato siliceo dal piano alpino a quello basale, della Regione Eurosiberiana e Mediterranea con vegetazione casmofitica (Androsacion vandellii; Asplenio billotii-Umbilicionrupestris; Asplenion cuneifolii). FITOCENOSI Calluneti di Campocecina (Alpi Apuane). SPECIE VEGETALI Aquilegia bertolonii - Specie endemica delle Alpi Apuane. Centaurea montis-borlae (centaurea del monte Borla) - Specie endemica delle Alpi Apuane, con l’unica stazione situata nel versante sud-orientale del Monte Borla. Da verificare la sua presenza sul vicino M.te Spallone. Popolamenti floristici endemici (delle Alpi Apuane, apuano appenninici), per lo più costituiti da specie delle pareti e delle aree detritiche calcaree. Stazioni u mide relittuali con rara flora igrofila. SPECIE ANIMALI Parnassius apollo (L.) (Insetti, Lepidotteri). Coenonympha dorus aquilonia (Higgins) (Insetti, Lepidotteri). Euplagia [=Callimorpha] quadripunctaria (Insetti, Lepidotteri). Speleomantes ambrosii (geotritone di Ambrosi, Anfibi). Pyrrhocorax pyrrhocorax (gracchio corallino, Uccelli) - Area di rilevante importanza per l’alimentazione, frequentata da cospicui contingenti della specie. Varie specie rare di Passeriformi legati a praterie discontinue. Principali elementi di criticità interni al sito - Intrinseca fragilità della popolazione di Centaurea montis-borlae, presente in una stazione ristretta con esiguo numero di esemplari, situata in vicinanza e nell’ambito di un bacino estrattivo marmifero e attraversata da un sentiero escursionistico (la specie è anche potenzialmente soggetta a raccolta). - Pressione del carico turistico (parte del sito è facilmente accessibile attraverso la rete stradale) ed escursionistico. - Chiusura dei prati e delle altre cenosi “aperte” per l’evoluzione della vegetazione causata dalla cessazione/riduzione del pascolo. Principali elementi di criticità esterni al sito - Estesi bacini estrattivi marmiferi ai limiti del sito. - Riduzione del pascolo nell’intero comprensorio apuano. 53 PRINCIPALI MISURE DI CONSERVAZIONE DA ADOTTARE Principali obiettivi di conservazione a) Conservazione della stazione di Centaurea montis-borlae e dell’integrità del versante sudorientale del Monte Borla (EE). b) Conservazioni delle stazioni umide (prati torbosi) relittuali (E). c) Conservazione dei prati secondari di Campo Cecina e dei calluneti in loc. Pozzi (M). Indicazioni per le misure di conservazione - Razionalizzazione delle attività estrattive nel bacino del Monte Sagro, con limitazione dello sviluppo di attività di escavazione nel versante orientale del Monte Borla (EE). - Esame della situazione attuale del pascolo, verifica rispetto agli obiettivi di conservazione e adozione delle opportune misure contrattuali per il raggiungimento di modalità ottimali di gestione (E). - Realizzazione di un programma di conservazione ex situ per la tutela di Centaurea montis-borlae (E). - Poiché alcune delle principali cause di degrado/disturbo dipendono da pressioni ambientali originate nel contesto esterno al sito, per queste dovrà essere opportunamente applicato lo strumento della valutazione di incidenza (E). - Verifica dell’impatto della sentieristica ed eventuale spostamento del sentiero CAI nel tratto in attraversamento della stazione di Centaurea montis-borlae (B). - Controllo del carico turistico con particolare riferimento all’area Acqua Sparta–Campo Cecina e Morlungo- M.te Borla (B). Non necessario il Piano di Gestione specifico del sito.In tutto il territorio apuano la necessità di piani di gestione delle aree aperte (pascoli, praterie secondarie, arbusteti, ex coltivi terrazzati), è molto alta e strategica per la conservazione degli elevati valori naturalistici. 8) Valli glaciali di Orto di Donna e Solco di Equi (IT5120008), sito classificato anche pSIC, distribuito tra due province, quella di Lucca e di Massa Carrara, con una estensione di 2.832,62 ettari, in gran parte compreso nel Parco Regionale "Alpi Apuane". La Tipologia ambientale prevalente è costuituita da Valli montane di origine glaciale, con boschi di latifoglie (faggete, ostrieti, castagneti), versanti rocciosi silicei e calcarei con pareti verticali e cenge erbose, praterie primarie e secondarie.Altre tipologie ambientali rilevanti sono rappresentate da Brughiere montane e subalpine, arbusteti, bacini estrattivi attivi e abbandonati, ecosistemi fluviali di alto corso. Principali emergenze HABITAT:brughiere xeriche. Praterie dei pascoli abbandonati su substrato neutro-basofilo (Festuco-Brometea).Praterie acidofitiche del piano subalpino e montano a dominanza di Nardus stricta (Nardion strictae; Violo-Nardion).Pavimenti calcarei ,boschi a dominanza di faggio e/o querce degli Appennini con Ilex e Taxus. Boschi a dominanza di faggio con Abies alba degli Appennini. Formazioni di suffrutici, arbusti striscianti e erbe perenni del piano subalpino e alpino su substrato calcareo (Seslerietea albicantis). Creste e versanti calcarei con formazioni discontinue del piano alpino e subalpino .Ghiaioni rocciosi su substrato calcareo con clasti a varia granulometria del piano alpino, subalpino e montano con formazioni di erbe perenni e/o felci (Thlaspietea rotundifolii).Pareti rocciose verticali su substrato calcareo con vegetazione casmofitica (Saxifragion lingulatae). Vegetazione casmofitica delle rupi calcaree delle Alpi Apuane .Pareti rocciose verticali su substrato siliceo dal piano alpino a quello basale, della Regione Eurosiberiana e Mediterranea con vegetazione casmofitica (Androsacion vandellii; Asplenio billotii-Umbilicion rupestris; Asplenion cuneifolii) . FITOCENOSI Popolazioni naturali di Abies alba delle Alpi Apuane. Fitocenosi casmofile di Cresta Garnerone (Alpi Apuane). Bosco di Taxus baccata del Solco d'Equi (Alpi Apuane). 54 SPECIE VEGETALI Athamanta cortiana - Specie endemica delle Alpi Apuane. Aquilegia bertolonii - Specie endemica delle Alpi Apuane. Melampyrum pratense - Specie rara sporadica in Toscana. Euphorbia hyberna ssp. insularis - Specie tirrenica nord-occidentale, in Toscana è presente solo in una stazione delle Alpi Apuane (100-150 mq sul versante settentrionale del M. Contrario). Presenza di specie rare e di popolamenti floristici endemici, per lo più costituiti da specie litofile e rupicole calcicole. SPECIE ANIMALI Maculinea rebeli (Insetti, Lepidotteri) – Unica stazione (puntiforme) apuana. Coenonympha dorus aquilonia (Insetti, Lepidotteri). Parnassius mnemosyne (Insetti, Lepidotteri). Parnassius apollo (Insetti, Lepidotteri). Euplagia [=Callimorpha] quadripunctaria (Insetti, Lepidotteri). Plecotus auritus (orecchione, Chirotteri, Mammiferi). Pyrrhocorax pyrrhocorax (gracchio corallino, Uccelli) – Il sito comprende probabilmente le principali colonie apuane della specie. Aquila chrysaetos (aquila reale, Uccelli) – Sono presenti siti di nidificazione noti sin dall’800, ancora utilizzati. Varie specie ornitiche rare degli ambienti rupicoli: in particolare il sito ospita le maggiori colonie nidificanti di gracchio alpino Pyrrhocorax graculus, e vi si concentrano spesso, nel periodo post riproduttivo, gran parte dei gracchi (di entrambe le specie) delle Apuane. Varie specie ornitiche rare delle praterie montane, presenti sia nelle praterie del fondovalle, sia in quelle dei crinali. Presenza di grotte con rilevanti popolamenti faunistici. Altre emergenze Sistema di valli di origine glaciale di alto interesse naturalistico e geomorfologico (con importanti comp lessi carsici). Vaccinieti alpini relitti degli Zucchi del Cardeto. Principali elementi di criticità interni al sito pratiche agricole e la riduzione o cessazione del pascolo comporta la chiusura delle aree aperte. Locali fenomeni di sovrapascolo sono causa di processi di erosione del cotico erboso e del suolo. per deposizione di fanghi derivanti da limitrofi siti estrattivi. lare riferimento alle strutture presenti nelle valli più interne. Euphorbia hyberna ssp. insularis, prossima a un frequentato sentiero escursionistico. attività estrattive. Abies alba. Liliaceae, Amaryllidaceae, Orchidaceae, Paeoniaceae). ti utilizzando materiale vegetale non autoctono. Maculinea rebeli. -Valli glaciali di Orto di Donna e Solco di Equi 55 Taxus baccata del solco d’Equi, in gran parte alterata dal taglio degli esemplari maggiori e dalla vicina presenza di un sito estrattivo. Principali elementi di criticità esterni al sito occupazione del suolo, inquinamento dei corsi d’acqua, disturbo sonoro. Pur non inclusi nel SIR, alcuni bacini estrattivi costituiscono “isole” interne al sito, aumentandone gli effetti di disturbo. penninico. PRINCIPALI MISURE DI CONSERVAZIONE DA ADOTTARE Principali obiettivi di conservazione a) Conservazione degli elevati livelli di naturalità delle zone a maggiore altitudine (sistema di cime, pareti rocciose e cenge erbose) (EE). b) Mantenimento dell’integrità dei popolamenti floristici e faunistici di interesse conservazionistico (EE). c) Mantenimento delle praterie secondarie e dei relativi popolamenti faunistici (EE). d) Conservazione delle specie ornitiche nidificanti negli ambienti rupicoli, anche mediante la limitazione del disturbo diretto (E). e) Conservazione della stazione puntiforme di Maculinea rebeli (E). f) Conservazione delle cenosi ad Abies alba (E) e a Taxus baccata (M) e dei vaccinieti subalpini (M). g) Conservazione di complessi carsici importanti per la fauna troglobia (M). h) Conservazione della stazione di Euphorbia hyberna ssp. insularis (M). i) Tutela e riqualificazione degli ecosistemi fluviali (B). Indicazioni per le misure di conservazione adozione di opportune misure contrattuali per il raggiungimento delle modalità ottimali di gestione (EE). il mantenimento di stazioni di specie arboree di interesse conservazionistico (E). discariche di cava (ravaneti) e dei tratti fluviali soggetti a fenomeni di inquinamento (E). originate nel contesto esterno al sito, per queste dovrà essere opportunamente applicato lo strumento della valutazione di incidenza (E). ex situ per la tutela delle specie vegetali rare e minacciate di scomparsa (Euphorbia hyberna ssp insularis, ecotipi di Abies alba) (E). - Elaborazione di un piano per la conservazione della stazione puntiforme di Maculinea rebeli, la cui tutela richiede presumibilmente opportune azioni di gestione dell’habitat (è legata a praterie secondarie, la cui permanenza è garantita da sfalcio o pascolo, ma è minacciata da taglio/raccolta/calpestio delle specie nutrici) (E). attività di raccolta di entomofauna e di specie vegetali con vistosa fioritura primaverile (M). Non necessario il Piano di Gestione specifico del sito. Sono auspicati piani di gestione delle aree aperte (pascoli, praterie secondarie, arbusteti, ex coltivi terrazzati), proprio per la conservazione degli elevati valori naturalistici. 56 9) Valle del Serra - Monte Altissimo (IT5120010), classificato anche pSIC, inserito anche questo parte nel territorio della provincia di Massa Carrara e parte in quella di Lucca, con una etensione 1.857,08 ettari, in gran parte compreso nel Parco Regionale "Alpi Apuane". La Tipologia ambientale prevalente è determinata da Area in gran parte compresa nell’alto bacino del Torrente Serra, caratterizzato da boschi di latifoglie (castagneti, faggete, ostrieti), stadi di degradazione arbustiva (ericeti, uliceti), crinali e versanti rocciosi, con praterie per lo più secondarie. Altre tipologie ambientali rilevanti sono rappresentate da bacini estrattivi abbandonati; ecosistemi fluviali. Principali emergenze HABITAT:Brughiere xeriche. Praterie dei pascoli abbandonati su substrato neutro-basofilo (Festuco- Brometea). Pavimenti calcarei , ghiaioni rocciosi su substrato calcareo con clasti a varia granulometria del piano alpino, subalpino e montano con formazioni di erbe perenni e/o felci (Thlaspietea rotundifolii). Pareti rocciose verticali su substrato calcareo con vegetazione casmofitica (Saxifragion lingulatae). Vegetazione casmofitica delle rupi calcaree delle Alpi Apuane Pareti rocciose verticali su substrato siliceo dal piano alpino a quello basale, della Regione Eurosiberiana e Mediterranea con vegetazione casmofitica (Androsacion vandellii; Asplenio billotii-Umbilicion rupestris; Asplenion cuneifolii) SPECIE VEGETALI Aquilegia bertolonii - Specie endemica delle Alpi Apuane. Vandenboschia speciosa - Specie atlantica presente in modo relittuale in Italia nelle uniche stazioni delle Alpi Apuane. Campanula spicata (campanula spigata) - Presente in Toscana solo nella stazione del M.te Carchio e in una stazione nell’Appennino Tosco-Emiliano. Popolamenti floristici endemici delle Alpi Apuane e popolamenti di pteridofite (ad esempio Pteris cretica, Hymenophyllum tunbrigense). SPECIE ANIMALI Euplagia [=Callimorpha] quadripunctaria (Insetti, Lepidotteri). Supplemento al Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 32 del 11.8.2004 53 Parnassius apollo (Insetti, Lepidotteri). Bombina pachypus (ululone, Anfibi). Pyrrhocorax pyrrhocorax (gracchio corallino, Uccelli) - Aree di alimentazione. Varie specie ornitiche rare degli ambienti rupicoli e consistenti popolazioni di specie legate agli arbusteti a Ulex ed Erica e alle praterie pascolate (nella dorsale M. Focoraccia – M. Carchio). Altre emergenze Castagneti umidi con sottobosco ricco di pteridofite rare e di interesse conservazionistico. Principali elementi di criticità interni al sito − Riduzione delle attività di pascolo (effetto rilevante in aree limitate), con rapidi processi di ricolonizzazione arbustiva. − Inquinamento delle acque. − Piccole porzioni del sito interne ad “aree contigue speciali” del Parco delle Alpi Apuane potenzialmente destinate ad attività estrattive. − Frequenti incendi, con forte degradazione del soprassuolo arboreo nei versanti in destra idrografica del Torrente Serra. Il frequente passaggio del fuoco permette però la conservazione degli arbusteti a Ulex ed Erica. − Possibile danneggiamento delle stazioni di rare pteridofite per gli eventi alluvionali del 1996. − Ridotte dimensioni della stazione di Campanula spicata, da verificarne l’attuale stato di conservazione. − Possibile riduzione della superficie occupata dagli arbusteti a Ulex ed Erica per l’evoluzione della vegetazione (in eventuale prolungata assenza di incendi). − Elevata pressione turistica nelle aree sommitali. 57 Principali elementi di criticità esterni al sito − Vasti bacini estrattivi circostanti il sito, con cave, discariche e strade di arroccamento. Pur non compresi nel SIR, alcuni bacini estrattivi costituiscono “isole” interne al sito, aumentandone gli effetti di disturbo. − Vicina presenza di centri abitati e strade. − Riduzione del pascolo nell’intero comprensorio apuano e appenninico. PRINCIPALI MISURE DI CONSERVAZIONE DA ADOTTARE Principali obiettivi di conservazione a) Conservazione delle stazioni di Hymenophyllum tunbrigense e di Campanula spicata (da accertarne l’attuale presenza) (EE). b) Mantenimento delle praterie secondarie (e dei relativi popolamenti faunistici) e ostacolo aiclasiificato anche processi di chiusura, particolarmente importante nella dorsale M. Focoraccia – M. Carchio (EE). c) Miglior inserimento ambientale dei siti estrattivi e salvaguardia del sistema di cime e pareti rocciose (E). d) Tutela e riqualificazione degli ecosistemi fluviali (M). e) Gestione selvicolturale e controllo degli incendi per il mantenimento dei castagneti con sottobosco ricco di pteridofite (M). f) Conservazione di estensioni significative di arbusteti a Ulex ed Erica (M). Indicazioni per le misure di conservazione - Esame della situazione attuale del pascolo, verifica rispetto agli obiettivi di conservazione e adozione di opportune misure contrattuali per il raggiungimento delle modalità ottimali di gestione; in quest’ambito, favorire la diffusione di raccolte di acqua accessibili agli anfibi (EE). - Gestione selvicolturale di tipo naturalistico (E). - Verifica della distribuzione e dello stato di conservazione di Campanula spicata e Vandenboschia speciosa (E). - Poiché alcune delle principali cause di degrado/disturbo dipendono da pressioni ambientali originate nel contesto esterno al sito, per queste dovrà essere valorizzato lo strumento della valutazione di incidenza (E). - Misure gestionali per assicurare la conservazione degli arbusteti, in particolare di quelli con forte presenza di Erica scoparia (ad es., attraverso il taglio periodico delle eriche, possibilmente a fini produttivi) (M). - Realizzazione di un programma di conservazione ex situ per la tutela delle specie vegetali rare e minacciate di scomparsa (M). - Messa a norma degli scarichi civili ed eliminazione delle discariche abusive negli impluvi presso i centri abitati (M). - Interventi di risanamento delle discariche di cava (ravaneti) e dei tratti fluviali soggetti a fenomeni di inquinamento (M). - Controllo degli incendi (M). - Regolamentazione delle attività alpinistiche e speleologiche (B). Necessità di piani di settore In tutto il territorio apuano la necessità di piani di gestione delle aree aperte (pascoli, praterie secondarie, arbusteti, ex coltivi terrazzati), appare molto alta e strategica per la conservazione degli elevati valori naturalistici. Bassa, infine, la necessità di un piano di gestione della fruizione turistica, in particolare per le attività alpinistiche (soprattutto) e speleologiche. 10) M. Tambura - M. Sella (IT5120013), classificato anche pSIC, insiste sul territorio delle Province di Massa Carrara e Lucca, con una estensione di 2.009,88 ettari, in gran parte compreso nel Parco Regionale "Alpi Apuane".La Tipologia ambientale prevalente è determinata da rilievi montuosi con carattere alpino, caratterizzati da pareti rocciose calcaree, ampi circhi glaciali con detriti di falda, praterie primarie e secondarie, crinali principali dello spartiacque apuano. 58 Altre tipologie ambientali rilevanti sono rappresentate da boschi di latifoglie (prevalentemente faggete e ostrieti), arbusteti di degradazione (uliceti, calluneti), bacini estrattivi abbandonati. Principali emergenze HABITAT:Praterie dei pascoli abbandonati su substrato neutro-basofilo (Festuco- Brometea). Pavimenti calcarei , boschi a dominanza di faggio e/o querce degli Appennini con Ilex e Taxus. Formazioni di suffrutici, arbusti striscianti e erbe perenni del piano subalpino e alpino su substrato calcareo (Seslerietea albicantis).Creste e versanti calcarei con formazioni discontinue del piano alpino e subalpino. Ghiaioni rocciosi su substrato calcareo con clasti a varia granulometria del piano alpino, subalpino e montano con formazioni di erbe perenni e/o felci (Thlaspietea rotundifolii). Pareti rocciose verticali su substrato calcareo con vegetazione casmofitica (Saxifragion lingulatae). Vegetazione casmofitica delle rupi calcaree delle Alpi Apuane . FITOCENOSI Fitocenosi casmofile e calcicole del Monte Tambura (Alpi Apuane). SPECIE VEGETALI Athamanta cortiana - Specie endemica delle Alpi Apuane. Aquilegia bertolonii - Specie endemica delle Alpi Apuane. Menyanthes trifoliata (trifoglio fibrino) – Specie rara legata agli ambienti umidi e palustri. Presenza di specie rare e di popolamenti floristici endemici per lo più costituiti da specie litofile e rupicole calcicole. SPECIE ANIMALI Coenonympha dorus aquilonia (Insetti, Lepidotteri). Euplagia [=Callimorpha] quadripunctaria (Insetti, Lepidotteri). Parnassius apollo (Insetti, Lepidotteri). Bombina pachypus (ululone, Anfibi). Speleomantes ambrosii (geotritone di Ambrosi, Anfibi). Aquila chrysaetos (aquila reale, Uccelli) – Nidificante con alcune coppie nelle Apuane, il sito è utilizzato come area di caccia. Pyrrhocorax pyrrhocorax (gracchio corallino, Uccelli) – Importanti aree di alimentazione, scarsi siti di nidificazione. Varie specie ornitiche rare delle praterie montane e degli ambienti rupestri.Fauna troglobia di interesse conservazionistico. Altre emergenze Circo glaciale della Carcaraia, con vasti complessi carsici e con importanti popolamenti di specie di flora e fauna rare e/o endemiche. Numerose emergenze geomofologiche. Castagneto da frutto su morena glaciale tra Vagli di Sopra e Campocatino. Principali elementi di criticità interni al sito attività di pascolo con processi di ricolonizzazione arbustiva. attività estrattive. Taxus baccata nella Valle di Renara. Campocatino). Principali elementi di criticità esterni al sito occupazione di suolo, inquinamento delle acque e modifica degli elementi fisiografici. Pur non compresi nel SIR, alcuni bacini estrattivi costituiscono “isole” interne al sito, aumentandone gli effetti di disturbo. 59 PRINCIPALI MISURE DI CONSERVAZIONE DA ADOTTARE Principali obiettivi di conservazione a) Conservazione degli elevati livelli di naturalità delle zone a maggiore altitudine (sistema di cime, crinali, pareti rocciose e cenge erbose) (EE). b) Mantenimento dell’integrità dei popolamenti floristici e faunistici di interesse conservazionistico (E). c) Mantenimento dei castagneti da frutto presso Campocatino (E). d) Mantenimento delle praterie secondarie (e dei relativi popolamenti faunistici) e ostacolo ai processi di chiusura e/o degrado (M). e) Conservazione delle pozze per la riproduzione di anfibi e degli habitat utili per specie minacciate di insetti (M). f) Tutela dei nuclei di Taxus baccata in Val di Renara (M). g) Conservazione di complessi carsici importanti per la fauna troglobia (M). h) Conservazione delle specie ornitiche nidificanti negli ambienti rupicoli, anche mediante la limitazione del disturbo diretto (B). Indicazioni per le misure di conservazione (attraverso misure contrattuali) e delle stazioni di specie arboree di interesse conservazionistico (misure normative o gestionali) (E). - Poiché alcune delle principali cause di degrado/disturbo dipendono da pressioni ambientali che si originano nel contesto esterno al sito, per queste dovrà essere opportunamente applicato lo strumento della valutazione di incidenza (E). - Esame della situazione attuale del pascolo, verifica rispetto agli obiettivi di conservazione e adozione di opportune misure contrattuali per il raggiungimento delle modalità ottimali di gestione (M). raccolta di entomofauna e di specie vegetali con vistosa fioritura primaverile (M). Non necessario il Piano di Gestione specifico del sito in quanto è prossima l’adozione dello strumento di Piano del Parco, nel cui ambito sono previste indicazioni di massima inerenti gli obiettivi di cui sopra. Utile l’elaborazione di alcuni piani di settore (che dovrebbero riguardare tutti i siti delle Apuane), relativi alla riqualificazione dei siti degradati (necessità elevata), alla gestione forestale (media), all’organizzazione della fruizione turistica (media), alla regolamentazione delle attività speleologiche (media) e alla gestione del pascolo (media). 11) Praterie primarie e secondarie delle Apuane (IT5120015), sito classificato anche come ZPS, con una estensione di 17.320,84 ettari, in gran parte compreso nel Parco Regionale "Alpi Apuane" che interessa sia la Provincia di Massa Carrara che quella di Lucca. La tipologia ambientale prevalente è costituita da porzioni montane dei rilievi apuani, con pareti e affioramenti rocciosi calcarei e silicei, praterie primarie e secondarie.Le altre tipologie ambientali rilevanti sono rappresentate da brughiere, arbusteti, boschi di latifoglie, castagneti da frutto, bacini estrattivi attivi ed abbandonati. Principali emergenze SPECIE ANIMALI (UCCELLI) Aquila chrysaetos (aquila reale) – Area di notevole importanza per la specie a livello regionale. Falco biarmicus (lanario) – Varie osservazioni recenti in periodo primaverile -estivo, nidificazione possibile (sarebbe l’unico sito della Toscana settentrionale). 60 Pyrrhocorax pyrrhocorax (gracchio corallino) – Unica popolazione della Toscana di una specie in declino su gran parte dell’areale, presumibilmente del tutto isolata, interamente compresa nel sito. Emberiza hortulana (ortolano) – Popolazione nidificante ormai ridottissima, fra le ultime ancora presenti in Toscana. Varie specie ornitiche rare degli ambienti rupestri presenti con l’unica (gracchio alpino Pyrrhocorax graculus) o con la principale popolazione della Toscana (ad es., sordone Prunella collaris, picchio muraiolo Tichodroma muraria), o comunque con popolazioni di consistenza molto rilevante (ad es., pellegrino Falco peregrinus, codirossone Monticola saxatilis). Varie specie ornitiche rare delle praterie montane, presenti con popolazioni di notevole importanza a scala regionale. Popolazioni rilevanti di specie ornitiche rare legate agli arbusteti e in particolare alle formazioni a Ulex europaeus ed Erica scoparia. Altre emergenze sono rappresentate da un sistema montano caratterizzato da notevole eterogeneità ambientale, che comprende vaste estensioni di ambienti rupestri alternati a praterie primarie e secondarie, a costituire un’area di assoluto valore avifaunistico. Principali elementi di criticità interni al sito erie montane. Locali fenomeni di sovrapascolo. attività estrattive. n perdita degli habitat preferenziali per l’ortolano). assai minore, speleologiche (queste ultime minacciano soprattutto i Chirotteri ma, localmente, anche Pyrrhocorax pyrrhocorax). Ulex europaeus ed Erica scoparia, in assenza di incendi o di interventi di gestione attiva. Principali elementi di criticità esterni al sito del pascolo nei rilievi appenninici circostanti e conseguente aumento dell’isolamento per le specie di prateria. occupazione di suolo, e modifica degli elementi fisiografici. Pur non compresi nel SIR, alcuni bacini estrattivi costituiscono “isole”interne al sito, aumentandone gli effetti di disturbo. PRINCIPALI MISURE DI CONSERVAZIONE DA ADOTTARE Principali obiettivi di conservazione a) Mantenimento delle praterie secondarie (e dei relativi popolamenti faunistici) e ostacolo ai processi di chiusura e/o degrado (EE). b) Mantenimento dell’integrità del sistema di cime, pareti rocciose e cenge erbose (EE). c) Mantenimento/recupero dell’eterogeneità ambientale legata alle attività agricole tradizionali sui rilievi minori (E). d) Mantenimento di superfici adeguate di arbusteti a Ulex europaeus ed Erica scoparia. (M). e) Riduzione del disturbo alle specie rupicole, durante la nidificazione, causato da attività alpinistiche e, in misura minore, speleologiche (M). Indicazioni per le misure di conservazione - Esame della situazione attuale del pascolo, verifica rispetto agli obiettivi di conservazione e adozione di opportune misure contrattuali per il raggiungimento delle modalità ottimali di gestione (EE). risistemazione dei bacini estrattivi abbandonati (E). 61 à agricole tradizionali nei rilievi secondari (M). originate nel contesto esterno al sito, per queste dovrà essere opportunamente applicato lo strumento della valutazione di incidenza (E). Ulex europaeus ed Erica scoparia, favorendo la diffusione di quest’ultima specie (M). scala regionale, sono concentrate esclusivamente o in gran parte nelle Alpi Apuane (M). attività possono minacciare la nidificazione di specie rare e regolamentandole opportunamente (M). Non compresi in aree parco : 12) Valle del Torrente Gordana (IT5110001), classificato anche pSIC , ha una estensione di 522,27 ettari . Sito non compreso nel sistema delle aree protette. La tipologia ambientale prevalente , identificabile nell’alto corso del Torrente Gordana, è determinata da pareti rocciose e forre, da versanti boscati con castagneti, ostrieti e altri boschi di latifoglie mesofile, vegetazione ripariale arborea e arbustiva lungo le sponde.Contiene altre tipologie ambientali rilevanti determinate da formazioni prative secondarie, praterie arbustate. Principali emergenze HABITAT costituito da boschi ripari a dominanza di Salix alba e/o Populus alba e/o P.nigra. SPECIE ANIMALI Speleomantes strinatii (geotritone di Strinati, Anfibi) - Unica stazione conosciuta in Toscana, specie endemica dell'Europa sud-occidentale. Canis lupus (lupo, Mammiferi) - Buona presenza, possibile area nucleo (core area) estesa anche attorno al SIR. Altre emergenze Ecosistema fluviale di alto-medio corso e versanti circostanti con elevati livelli di naturalità (con particolare riferimento al tratto caratterizzato da forre). Principali elementi di criticità interni al sito - Stress idrico dovuto a derivazione verso il Torrente Teglia. - Abbandono dei castagneti da frutto. - Scomparsa/riduzione dei pascoli e delle altre cenosi erbacee secondarie. - Possibili immissioni di trote. - Conoscenze insufficienti delle emergenze naturalistiche, delle tendenze in atto e delle cause di minaccia. Principali elementi di criticità esterni al sito - Possibile alterazione della qualità delle acque per eventuali scarichi a monte del sito, ove si localizzano centri abitati montani con turismo estivo. - Previsione di nuovi siti estrattivi lungo il Torrente Gordana a monte del sito. PRINCIPALI MISURE DI CONSERVAZIONE DA ADOTTARE Principali obiettivi di conservazione a) Conservazione della popolazione di Speleomantes strinatii (E). b) Mantenimento/miglioramento qualità complessiva del corso d’acqua (E). c) Mantenimento dell’elevata naturalità e della continuità della matrice boschiva (requisito per la conservazione 62 di Canis lupus), nel sito e nel bacino idrografico a monte (M). d) Miglioramento delle conoscenze su specie e habitat (M). e) Mantenimento dei castagneti da frutto (B). f) Mantenimento/recupero dell’uso a pascolo delle residue praterie arbustate (B). Indicazioni per le misure di conservazione - Applicazione dello strumento della valutazione di incidenza per opere da realizzare a monte del sito in oggetto, con particolare riferimento a eventuali impatti sull’integrità dell’ecosistema fluviale (E). - Verifica della qualità del corso d’acqua, anche in rapporto alla presenza della derivazione, e adozione di eventuali misure normative necessarie (M). - Verifica delle indicazioni della pianificazione forestale rispetto agli obiettivi b), e), f) e adozione delle eventuali misure normative necessarie (M). - Misure contrattuali per assicurare/favorire il raggiungimento degli obiettivi b), e), f) (M). Per quanto riguarda i boschi cedui, non ostacolare la diffusione di specie arboree autoctone diverse dal castagno, al fine di far raggiungere alle formazioni forestali un maggior grado di naturalità. - Mantenimento del reticolo idrico superficiale e delle opere di terrazzamento, anche come habitat di Speleomantes strinatii (M). - Attuazione di indagini sugli aspetti naturalistici (M). Necessità di piani di settore Non necessari. E’ sufficiente la verifica, e l’eventuale adeguamento, degli strumenti urbanistici e della pianificazione di settore rispetto agli obiettivi di conservazione. 13) Lago di Porta (IT5110022) - Precedentemente classificato come: B02 Lago di Porta (IT5110103), classificato anche ZPS, con una estensione 155,8 ha, interamente compreso nelle Aree Naturali Protette di Interesse Locale (ANPIL) “Lago di Porta” (MS) e “Lago e Rupi di Porta” (LU). La Tipologia ambientale prevalente è costituita da una Palude di acqua dolce con canneti e cariceti, boschi igrofili e planiziali.Altre tipologie ambientali rilevanti sono riferibili a macchia mediterranea discontinua su rupi calcaree, terreni agricoli, altre aree antropizzate. Principali emergenze HABITAT:boschi ripari a dominanza di Salix alba e/o Populus alba e/o P. nigra SPECIE VEGETALI Importanti stazioni di rare specie igrofile quali Potamogeton berchtoldii, Hottonia palustris, Nymphaea alba,Nymphoides peltata, Spiranthes aestivalis, ecc. Di elevato interesse la presenza della relitta Periploca graeca. SPECIE ANIMALI Emys orbicularis (testuggine d’acqua, Rettili). Botaurus stellaris (tarabuso, Uccelli) - Nidificante con una coppia. Circus aeruginosus (falco di palude, Uccelli) - Nidificante con una coppia. Presenza di piccole popolazioni nidificanti di Passeriformi e Ardeidi di canneto di interesse conservazionistico. Il sito ospita eccezionali concentrazioni di rondini durante la migrazione autunnale. Altre emergenze Area umida relitta di elevato interesse naturalistico, soprattutto in considerazione degli elevati livelli di antropizzazione del territorio circostante. 63 Principali elementi di criticità interni al sito - Natura relittuale e isolamento della zona umida in un contesto fortemente antropizzato. - Interrimento del corpo d’acqua, accelerato dall’abbandono delle attività tradizionali di taglio della vegetazione elofitica. - Interventi di gestione idraulica (in particolare sul Fiume Versilia) che riducono i livelli di naturalità. - Proprietà privata di gran parte del sito, che ne condiziona la gestione. - Presenza di abitazioni sparse e di altri insediamenti. - Vie di comunicazione (strade e ferrovie) ai confini del sito. - Disturbo diretto causato da escursionismo, passeggiate, pesca dilettantistica. - Diffusione di specie alloctone invasive (particolarmente rilevante Procambarus clarkii). - Presenza di elettrodotti a bassa e media tensione. - Abbandono incontrollato di rifiuti solidi. - Attività agricole intensive (colture in serra). - Deterioramento del suolo in aree utilizzate come discariche di marmettola. - Possibili atti di bracconaggio. - Transito abusivo di mezzi motorizzati Principali elementi di criticità esterni al sito - Il sito è inserito in un contesto territoriale fortemente urbanizzato, interessato dalla presenza di insediamenti abitati e industriali, importanti vie di comunicazione, aree estrattive. - Inquinamento delle acque. - Siti estrattivi in aree limitrofe. PRINCIPALI MISURE DI CONSERVAZIONE DA ADOTTARE Principali obiettivi di conservazione a) Completamento del recupero della qualità ambientale, soprattutto relativamente al rischio di interrimento (E). b) Tutela e gestione delle diverse formazioni elofitiche e delle specie collegate (E). c) Tutela delle stazione di specie igrofile rare (E). d) Tutela dello specchio d’acqua libera e dei boschi igrofili (M). e) Riduzione degli impatti diretti e indiretti delle attività antropiche e dell’isolamento del sito (M). f) Controllo/eradicazione delle specie alloctone (M). Indicazioni per le misure di conservazione - Prosecuzione degli interventi per il miglioramento della qualità delle acque e per il rallentamento dei fenomeni di interrimento (E). - Esecuzione di interventi di gestione della vegetazione elofitica, da definire in dettaglio in base ai risultati degli studi naturalistici in corso (E). - Avviamento di azioni per il controllo della fauna alloctona (M). - Ampliamento delle superfici palustri o di bosco igrofilo (possibilmente in aree attualmente occupate da accumuli di marmettola) (M). - Azioni di informazione/sensibilizzazione (installazione di pannelli informativi e tabellazione perimetrale dell’area) (M). - Definizione ed esecuzione di interventi per la rinaturalizzazione e l’incremento della maturità dei boschi (B). Necessità di Piano di Gestione specifico del sito Media. Le scelte di gestione sono affidate al “Coordinamento Lago di Porta”, supportato da un comitato di gestione con funzioni di indirizzo e consulenza tecnica, l’ANPIL “Lago di Porta” dispone di un regolamento di gestione. 14) B01 Lago Verde di Passo del Brattello (IT5110101), SIR non incluso nella rete ecologica europea Natura 2000. Ha una estensione di 229,97 ettari, e non è compreso nel sistema regionale delle aree protette. 64 La tipologia ambientale prevalente è riferibile all’Alto bacino montano del Torrente Verde con lago naturale e corso d’acqua, versanti con boschi di latifoglie mesofile (prevalentemente faggete). Le altre tipologie ambientali rilevanti sono riferibili a formazioni elofitiche, arbusteti su coltivi e pascoli abbandonati, rari insediamenti rurali sparsi. Principali emergenze HABITAT: boschi misti di latifoglie mesofile dei macereti e dei valloni su substrato calcareo (Tilio-Acerion). SPECIE ANIMALI Presenza di popolamenti di varie specie di Anfibi di interesse conservazionistico. Altre emergenze L’alto corso del Torrente Verde, che scorre in un ambito prevalentemente boscato, è di notevole qualità complessiva. Principali elementi di criticità interni al sito - Insediamenti rurali sparsi che potrebbero minacciare la stabilità dell’ecosistema lacustre. - Gestione privata a fini di pesca sportiva del Lago Verde (area di pesca a regolamento specifico). - Possibili rischi di progressivo disseccamento del lago. - La riduzione/cessazione del pascolo rappresenta una possibile minaccia per le rare praterie secondarie. - Insufficiente livello di conoscenza su presenza e stato di conservazione delle emergenze naturalistiche, così come sull’assetto complessivo e le tendenze in atto dell’ambiente lacustre. Principali elementi di criticità esterni al sito frammentazione dell’habitat per numerose specie minacciate. PRINCIPALI MISURE DI CONSERVAZIONE DA ADOTTARE Principali obiettivi di conservazione a) Conservazione dell’ecosistema lacustre in buone condizioni di qualità e naturalità, favorendo la presenza di habitat diversificati, la ricchezza delle cenosi animali e vegetali e la salvaguardia delle specie di maggiore rilevanza (E). b) Incremento dei livelli di conoscenza sulle emergenze naturalistiche e sulle problematiche del sito con particolare riferimento alla gestione idraulica e piscatoria del lago (E). c) Mantenimento di livelli elevati di naturalità degli ambienti forestali e del corso d’acqua e salvaguardia delle formazioni di maggior valore naturalistico e degli habitat prioritari (M). d) Analisi dei livelli di criticità in relazione alla presenza di insediamenti e alle attività turisticoricreative ed eventuale individuazione delle eventuali misure di conservazione necessarie (M). Indicazioni per le misure di conservazione - Esame dell’assetto complessivo e monitoraggio della qualità delle acque e delle comunità vegetali e animali del lago; successiva definizione/attuazione delle misure di conservazione eventualmente necessarie (E). Da definire il Piano di Gestione specifico del sito successivamente ad un miglioramento del livello di conoscenza delle emergenze naturalistiche e delle tendenze in atto nell’area. La zona del lago è attualmente gestita da una società polisportiva come area di pesca a regolamento specifico di cui all’art.15 della L.R. 25/84. Come ben evidenziato nelle relative schede, in queste aree sono al momento segnalate come presenti o nidificanti 9 specie di uccelli elencate all’ ALL. I della Direttiva 2009/147/CE “Specie che necessitano di misure speciali di conservazione”, e II. Tra i mammiferi , nella altre specie importanti di fauna , si segnalano la lepre del Capo , e la Arvicola delle nevi. Il PFVP non può chiaramente prevedere misure di protezione dirette o istituire zone speciali di conservazione aggiuntive, rispetto agli atti di pianificazione di settore (Piani nazionali e regionali sulle aree protette, Rete natura 2000) già esistenti, ma concorre ad implementare e potenziare lo stato di 65 conservazione di queste emergenze naturali attraverso l’attuazione delle specifiche misure ed azioni in esso previste, come la istituzione delle zone e oasi di protezione e del zone di rispetto venatorio non compresi entro la rete natura 2000 e nel sistema delle aree protette , attraverso interventi di miglioramento ambientale, con il controllo di predatori opportunisti (corvidi), del cinghiale, del capriolo e di altre specie ritenute comunque impattanti per quegli habitat. Prevede altresì di attuare in queste aree le misure di conservazione applicando i criteri definiti con DM 17 Ottobre 2007 , e relativi ai “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)”, che sono stati recepiti a livello regionale. I criteri minimi suddetti, validi per ogni SIC, sono i seguenti: a) divieto di bruciatura delle stoppie e delle paglie, nonchè della vegetazione presente al termine dei cicli produttivi di prati naturali o seminati, sulle superfici specificate ai punti seguenti: 1) superfici a seminativo ai sensi dell'art. 2, punto 1 del regolamento (CE) n. 796/2004, comprese quelle investite a colture consentite dai paragrafi a) e b) dell'art. 55 del regolamento (CE) n. 1782/2003 ed escluse le superfici di cui al successivo punto 2); 2) superfici a seminativo soggette all'obbligo del ritiro dalla produzione (set-aside) e non coltivate durante tutto l'anno e altre superfici ritirate dalla produzione ammissibili all'aiuto diretto, mantenute in buone condizioni agronomiche e ambientali a norma dell'art. 5 del regolamento (CE) n. 1782/2003. Sono fatti salvi interventi di bruciatura connessi ad emergenze di carattere fitosanitario prescritti dall'autorità competente o a superfici investite a riso e salvo diversa prescrizione della competente autorità di gestione; b) sulle superfici a seminativo soggette all'obbligo del ritiro dalla produzione (set-aside) e non coltivate durante tutto l'anno e altre superfici ritirate dalla produzione ammissibili all'aiuto diretto, mantenute in buone condizioni agronomiche e ambientali a norma dell'art. 5 del regolamento (CE) n. 1782/2003, obbligo di garantire la presenza di una copertura vegetale, naturale o artificiale, durante tutto l'anno, e di attuare pratiche agronomiche consistenti esclusivamente in operazioni di sfalcio, trinciatura della vegetazione erbacea, o pascolamento sui terreni ritirati dalla produzione sui quali non vengono fatti valere titoli di ritiro, ai sensi del regolamento (CE) n. 1782/2003. Dette operazioni devono essere effettuate almeno una volta all'anno, fatto salvo il periodo di divieto annuale di intervento compreso fra il 1° marzo e il 31 luglio di ogni anno, ove non diversamente disposto dalle regioni e dalle province autonome. Il periodo di divieto annuale di sfalcio o trinciatura non può comunque essere inferiore a 150 giorni consecutivi compresi fra il 15 febbraio e il 30 settembre di ogni anno. È fatto comunque obbligo di sfalci e/o lavorazioni del terreno per la realizzazione di fasce antincendio, conformemente a quanto previsto dalle normative in vigore. In deroga all'obbligo della presenza di una copertura vegetale, naturale o artificiale, durante tutto l'anno sono ammesse lavorazioni meccaniche sui terreni ritirati dalla produzione nei seguenti casi: 1) pratica del sovescio, in presenza di specie da sovescio o piante biocide; 2) terreni interessati da interventi di ripristino di habitat e biotopi; 3) colture a perdere per la fauna, ai sensi dell'art. 1, lettera c), del decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali del 7 marzo 2002; 4) nel caso in cui le lavorazioni siano funzionali all'esecuzione di interventi di miglioramento fondiario; 5) sui terreni a seminativo ritirati dalla produzione per un solo anno o, limitatamente all'annata agraria precedente all'entrata in produzione, nel caso di terreni a seminativo ritirati per due o più anni, lavorazioni del terreno allo scopo di ottenere una produzione agricola nella successiva annata agraria, comunque da effettuarsi non prima del 15 luglio dell'annata agraria precedente all'entrata in produzione. Sono fatte salve diverse prescrizioni della competente autorità di gestione; c) divieto di conversione della superficie a pascolo permanente ai sensi dell'art. 2, punto 2, del regolamento (CE) n. 796/2004 ad altri usi; 66 d) divieto di eliminazione degli elementi naturali e seminaturali caratteristici del paesaggio agrario con alta valenza ecologica individuati dalle regioni e dalle province autonome con appositi provvedimenti; e) divieto di eliminazione dei terrazzamenti esistenti, delimitati a valle da muretto a secco oppure da una scarpata inerbita; sono fatti salvi i casi regolarmente autorizzati di rimodellamento dei terrazzamenti eseguiti allo scopo di assicurare una gestione economicamente sostenibile; f) divieto di esecuzione di livellamenti non autorizzati dall'ente gestore; sono fatti salvi i livellamenti ordinari per la preparazione del letto di semina e per la sistemazione dei terreni a risaia; g) divieto di esercizio della pesca con reti da traino, draghe, ciancioli, sciabiche da natante, sciabiche da spiaggia e reti analoghe sulle praterie sottomarine, in particolare sulle praterie di posidonie (Posidonia oceanica) o di altre fanerogame marine, di cui all'art. 4 del regolamento (CE) n. 1967/06; h) divieto di esercizio della pesca con reti da traino, draghe, sciabiche da spiaggia e reti analoghe su habitat coralligeni e letti di maerl, di cui all'art. 4 del regolamento (CE) n. 1967/06; i) divieto di utilizzo di munizionamento a pallini di piombo all'interno delle zone umide, quali laghi, stagni, paludi, acquitrini, lanche e lagune d'acqua dolce, salata, salmastra, nonchè nel raggio di 150 metri dalle rive più esterne a partire dalla stagione venatoria 2008/09. Relazione tra agricoltura, selvicoltura e biodiversità (Farmland Bird Index, Woodland Bird Index) Farmland Bird Index Questo indicatore (FBI o “avifauna nelle zone agricole”) risulta di notevole interesse in quanto rappresenta un indice aggregato, calcolato in base ad indici di popolazione relativi ad un gruppo selezionato di 28 specie di uccelli nidificanti , che dipendono per la riproduzione dagli ambienti rurali. L’andamento dell’avifauna infatti si è rilevato un indicatore direttamente legato allo stato della biodiversità in quanto ha dimostrato forti relazioni con i cambiamenti in atto nella catena alimentare o negli habitat, fornendo chiari segnali dei mutamenti in corso. Dalla bibliografia di riferimento si ritrova che in Europa, di 195 specie di uccelli con status di conservazione sfavorevole, 116 sono specie associate agli habitat agricoli, il cui declino viene imputato ai cambiamenti nell'uso e nella gestione del territorio conseguenti alla specializzazione, all'intensificazione e all'abbandono dell'attività agricola. Di queste specie , 33 sono tipiche degli ambienti agricoli ed in 25 anni hanno subito quasi un completo dimezzamento. In Italia la diminuzione delle specie agricole è ancora più marcata: a farne le spese sono la Rondine, il Balestruccio, il Beccamoschino, il Saltimpalo, l’Allodola, l’Averla piccola, la Ballerina bianca, la Passera d’Italia e la Passera mattugia. Dal rapporto ambientale regionale, si rileva però che le specie di ambiente agricolo, in Toscana, mostrano complessivamente un lieve aumento, tra il 2000 e il 2005, pari al 4,0%, non si dispone purtroppo del dato provinciale che dovrà comunque essere costruito promuovendo collaborazioni con cacciatori, aziende agricole, per realizzare censimenti mirati. I risultati pubblicati da rete Rurale Nazionale e Lipu a scala nazionale e disponibili presso il sito: http://www.reterurale.it/farmlandbirdindex , relativi ad una recente analisi realizzata in Italia da Lipu con il patrocinio di Rete Rurale Nazionale, fanno emergere che la biodiversità ornitica del macroecosistema delle aree boscate mostra un indice (di abbondanza e quindi di stato di conservazione) stabile o in lieve miglioramento, senza differenze tra aree di pianura e di collina, e senza differenze tra aree protette (natura 2000) e aree non protette, mentre le specie legate agli agro ecosistemi delle aree coltivate, mostra invece un indice in flessione. Tale andamento, è stato analizzato separatamente tra aree di pianura e di collina, ed ha rilevato che il peggioramento è quasi esclusivamente legato alle aree di pianura, mentre in quelle collinari l’andamento è stabile o lievemente positivo come per le aree boscate. 67 Relativamente agli agro ecosistemi tale indice si è rivelato migliore nelle aree rete natura 2000 che nelle restanti aree (anche se ciò potrebbe essere dovuto al fatto che le aree natura 2000 hanno una maggiore diffusione nelle aree collinari). Queste considerazioni , ancorché di carattere più generale, inerenti la differenza di abbondanza dell’avifauna tra le aree boscate in generale , le aree protette e le aree coltivate, sono comunque da tener presente nella pianificazione delle attività faunistiche del nostro territorio , quale elemento di valutazione per la adozione delle misure di miglioramento ambientale da includere nel PFVP e per gli approfondimenti inerenti lo stato delle specie oggetto di caccia. AMBIENTE E SALUTE Qualità dell’aria L’analisi conoscitiva regionale è stata effettuata per gli inquinanti NO2, SO2, O3, CO, Pb,PM10, PM2,5 e Benzene basandosi sulle misurazioni ottenute dalle reti di rilevamento, in riferimento ai valori limite fissati per le varie sostanze inquinanti. Verificando i dati relativi alla rete di rilevamento provinciale, ( fonte: ARPAT – rapporto qualità dell’aria provincia id Massa Carrara), si conferma quanto indicato nel PRAF come tendenza più generale. Il biossido di azoto (NO2), con l’esclusione di alcune stazioni orientate al traffico, negli ultimi anni il mostra il superamento della media oraria molto raramente; un po’ più critico risulta il rispetto delle medie annuali, per le quali non si riscontrano variazioni significative negli anni. Relativamente agli altri inquinanti presi quali biossido di zolfo (SO2), monossido di carbonio (CO), piombo (Pb), e negli ultimi anni anche benzene, i livelli di concentrazione anche in tutto il territorio provinciale sono al di sotto dei valori limite. Si confermano, invece, criticità riguardo al materiale particolato fine (PM10) e all’ozono (O3). I dati del monitoraggio per il PM10 nel periodo 2006-2010, pur confermando che purtroppo, in alcune realtà non sono ancora rispettati pienamente i limiti normativi, indicano chiaramente una netta e costante diminuzione del numero di giorni di superamento dei valore limite. La media annua è in netto miglioramento e presenta criticità legate soltanto ad alcune e localizzate situazioni urbane. Il 2010 rappresenta il primo anno di operatività per la rilevazione delle PM2.5. I dati su scala regionale, sebbene non completi, indicano che il valore limite viene generalmente rispettato . La principale criticità che si rileva dai dati della qualità dell'aria della rete di monitoraggio della provincia di Massa Carrara nel 2010 e dal confronto dei dati degli anni precedenti è proprio quella dei PM10; il numero dei superamenti della media giornaliera risulta piuttosto alto anche se in leggera diminuzione, il valore medio tende invece ad assestarsi sui valori degli ultimi anni. Dall'andamento settimanale del PM10 risulta evidente che la concentrazione delle polveri dipende dal traffico pesante durante i giorni lavorativi. Uso fertilizzanti e fitofitosanitari Il dato di livello nazionale in materia di fertilizzanti riporta che nel 2009 sono stati immessi in commercio oltre 4,4 milioni di tonnellate di fertilizzanti.Di questi il 47,4% è costituito dai concimi minerali, il con il 36% dagli ammendanti. Il dato mostra una flessione rispetto al 2008, dei fertilizzanti di oltre 472 mila tonnellate, pari al 9,6%. La flessione interessa esclusivamente i concimi che, nel complesso, registrano un calo di 826 mila tonnellate Un’elaborazione dell’ISPRA su dati forniti dalle Agenzie Regionali e delle Province Autonome per la Protezione dell'Ambiente, sulla contaminazione delle acque superficiali e sotterranee da residui di prodotti fitosanitari attesta che, nel corso del 2008, nelle acque superficiali sono stati rilevati residui di pesticidi nel 47,9% del totale dei punti di monitoraggio, in concentrazioni che nel 30,9% dei casi superavano i limiti di legge per le acque potabili. Nelle acque sotterranee è risultato contaminato il 28,8% del totale dei punti di monitoraggio, che nel 15,6% dei casi avevano concentrazioni superiori ai limiti. Residui di ogni tipologia di fitosanitari sono stati rinvenuti nelle acque superficiali e sotterranee, gli erbicidi e i relativi metaboliti sono le sostanze più largamente 68 rinvenute (inclusa la famigerata atrazina, sostanza fuori commercio da circa due decenni, ma ancora presente quale residuo di una contaminazione storica). Si reputa in questo ambito di riportare il dato riferito alla regione Toscana, nel quale nel corso degli ultimi anni circa il 20-30% delle stazioni di monitoraggio delle acque superficiali e il 7-10% dei punti di monitoraggio delle acque sotterranee presentano residui di fitofarmaci. I dati di aggiornamento 2008-2009 sulle vendite dei prodotti fitosanitari confermano una riduzione delle quantità totali di vendita di sostanze attive, contemporaneamente a un aumento delle quantità vendute di sostanze attive registrate per l’agricoltura biologica, particolarmente rilevante negli ultimi due anni . La tendenza è senza dubbio presente anche nel territorio provinciale, ma non si dispone del dato strutturato. TERRITORIO Aree Artificializzate I dati riferiti alla Regione Toscana indicano che le aree urbanizzate al 2007 coprono, rispetto alla superficie totale del territorio regionale il 7,4%; tale quantità comprende la superficie occupata dagli insediamenti e dalle infrastrutture (reti stradali, porti, aeroporti, reti ferroviarie, ecc), le aree estrattive, le discariche, i cantieri e le aree verdi (sia quelle urbane che quelle ricreative e sportive che quelle in abbandono). Se calcoliamo l’incidenza delle aree urbanizzate al netto delle aree verdi, il valore si attesta sul 6,8 %. Nella Provincia di Massa Carrara le aree urbanizzate coprono , rispetto alla superifice totale del territorio provinciale, l’8,5%.L’incidenza delle aree urbanizzate calcolate rispetto al territorio stimato come “disponibile” continua ad essere più alta e con valori superiore alla media regionale. L’incidenza, invece, delle aree urbanizzate rispetto alla superficie disponibile, ovvero al netto dei territori poco appetibili per l’edificazione, le aree destinate agli insediamenti e alle infrastrutture coprono l’8,7% del territorio regionale ed a livello provinciale l’11%.Inoltre, la composizione percentuale delle aree urbanizzate indica una maggioranza di quelle prevalentemente residenziali (51,8%) che a livello provinciale risulta del 75,5% ; tra queste spiccano le aree a tessuto discontinuo (27,5%) e gli insediamenti sparsi (21,7%). Alle funzioni industriali e commerciali è destinato il 14% delle aree urbanizzate, che a livello provinciale è del 20.5%, mentre la rete infrastrutturale (la quasi totalità della superficie è destinata alla rete viaria) copre il 21,7% di tali superfici. Dal 1996 al 2007, la crescita delle aree urbanizzate a livello regionale è stata di 16.472 ettari, ovvero del 10,7%, con un tasso di incremento annuo dell’1%, il livello provinciale ha contribuito con una % , del 4,7%, la più bassa rispetto al contributo delle altre province, corrispondente ad ettari 774 . In termini assoluti, a livello regionale la crescita annuale è stata di poco inferiore ai 1.500 ettari (4 ettari al giorno). Tabella LE AREE “URBANIZZATE” NELLE PROVINCE TOSCANE. 1996-2007 Valori % 1996 2007 Incidenza lorda Incidenza netta Incidenza lorda Arezzo 5,7 7,7 6,4 Firenze 8,7 10,0 9,7 Grosseto 3,1 3,6 3,6 Livorno 11,8 12,0 13,2 Lucca 10,7 14,1 11,3 Massa Carrara 8,2 10,5 8,5 Pisa 6,5 6,9 7,4 Pistoia 10,5 13,9 11,1 Prato 17,1 19,4 19,0 Siena 4,1 4,7 4,6 TOSCANA 6,7 7,9 7,4 Incidenza netta 8,6 11,2 4,1 13,5 14,8 11,0 7,8 14,7 21,6 5,3 8,7 Variazioni % 11,9 11,5 15,2 12,1 5,1 4,7 13,5 5,3 11,2 13,3 10,7 Variazioni Rispetto alla sup. territoriale 0,7 1,0 0,5 1,4 0,5 0,4 0,9 0,6 1,9 0,5 0,7 Fonte:IRPET- elaborazioni su dati Servizio geografico regionale Il commento fatto da IRPET evidenzia che tra la variabili che condizionano lo sviluppo insediativo un certo peso è da attribuire al profilo territoriale delle province ovvero alla reale disponibilità di territori appetibili per l’edificazione. Tenendo quindi conto di questo parametro il peso delle aree urbanizzate può variare anche 69 sensibilmente in particolare in quegli ambiti dove maggiore è la quota dei territori montani e/o con pendenze accentuate. L’incidenza delle aree urbanizzate calcolate rispetto al territorio stimato come “disponibile” continua ad essere più alta anche in quella di Massa Carrara che registra valori superiore alla media regionale. L’analisi provinciale consente di individuare quegli ambiti ove i processi insediativi hanno investito il territorio con maggiore evidenza. In questo caso è stato valutato il peso delle aree urbanizzate sia rispetto alla superficie totale sia rispetto alla superficie teoricamente disponibile ovvero più appetibili per l’edificazione. Aree ad alta criticità idrogeologica Ben 280 comuni della Toscana presentano aree con alta criticità idrogeologica, per un totale complessivo di 2.542 chilometri quadrati. A livello regionale si registrano valori percentuali di superficie franabile pari a 5,6% ed aree alluvionabili pari al 5,4%, per un totale di territorio ad alta criticità dell’11,1%. Nel territorio provinciale riscontriamo una situazione differenziata tra la zona costiera e quella del retroterra lunigianese Assetto idrogeologico del territorio Dal punto di vista idrogeologico, la Provincia di Massa Carrara si puo’ dividere in due sistemi sostanzialmente diversi: l’Area costiera e l’entroterra della Lunigiana. Il Sistema Costiero (Fonte dei dati: Piano di Bacino Toscana Nord) Si estende per una superficie di circa 180 Kmq nei quali i Comuni territorialmente compresi sono, da nord a sud, Carrara, Massa, Montignoso. I maggiori bacini fluviali sono riportati nella tabella seguente: Area bacino (Kmq) T. Carrione 46.6 Lunghezza corso d'acqua (Km) Affluenti principali 15.4 Canale di Torano Carrione di Colonnata T. Ricortola 6.9 8.0 Canale della Foce Fosso Castagnara Fosso Cocombola Fosso Pernice Fosso Codupino F. Frigido 63.2 17.5 Canale di Regolo Canale Secco 24.0 T. Serra T. Vezza Rio Strettoia T. Montignoso T. Canalmagro F. Versilia 91.0 E’ evidente come parte del Bacino del F. Versilia sia ricompreso nel territorio della Provincia di Lucca. Si tratta di corsi d’acqua a carattere tipicamente torrentizio caratterizzati da un percorso piuttosto breve, con andamento generalizzato est-ovest e forti dislivelli determinati da una catena montuosa (le Alpi Apuane) che distano solo pochi chilometri (in media una quindicina) dal mare, conferendo alle acque una elevata energia. Oltre a questi corsi d’acqua si deve aggiungere una rete di canali di acque basse con sbocco diretto in mare quali il fosso Lavello ed il fosso Poveromo. La caratteristica morfologica della zona Apuana è causa altresi’ di forti precipitazioni a causa dell’intercettazione delle correnti umide provenienti dal mare che determinano condizioni di elevata piovosità media annua con valori che talora raggiungono e superano i 3.500 mm all’anno. La forte acclività dei bacini montani, unito alla presenza di coperture detritiche ed alle intense ed elevate precipitazioni determinano condizioni di generale e diffuso dissesto idrogeologico. 70 In particolare nella fascia costiera, un tempo caratterizzata da territori paludosi, si rilevano problemi di ristagno (buona parte del territorio è soggetta a bonifica con scolo meccanico), di intrusione salina accelerata dalla bonifica, dall’antropizzazione e dai pompaggi di acqua dal sottosuolo, di potenziale subsidenza. Questi fenomeni appaiono più rilevanti nella parte centro meridionale. Per quanto riguarda la fascia montana, il problema principale è legato alla stabilità dei versanti. Si rilevano spesso situazioni di crisi dovute alle caratteristiche idrologiche, morfologiche e geologiche, sulle quali sovente ha inciso negativamente la viabilità realizzata, mentre altri problemi vengono determinati dalle attività estrattive presenti in quota, che hanno determinato l'invasione di pendici e compluvi con gli scarti di lavorazione. Tale situazione di instabilità è altresi’ influenzata da fenomeni di erosione spondale che determinano cedimenti strutturali delle aree adiacenti ai corsi d’acqua. Inoltre, i fenomeni di trasporto solido, unitamente a situazioni strutturali di riduzione degli alvei fluviali operati nel tempo da interventi antropici, determina fenomeni alluvionali che negli ultimi anni hanno creato allagamenti in aree fortemente abitate. Il Sistema Lunigiana (Fonte dei dati: Piano di Bacino Fiume Magra) A differenza del sistema costiero, l’entroterra Lunigianese è caratterizzato dalla presenza di un unico bacino di raccolta, il Fiume Magra, che attraversa tutto il territorio per poi sfociare in Provincia di La Spezia L’asta principale riceve un numero elevato d’affluenti caratterizzati da superfici drenate oggettivamente significative a scala di bacino (Aulella, 317,6 kmq; Taverone, 87,2 kmq ; Verde, 68 kmq; Bagnone, 59 kmq; Gordana 50 kmq); o in ogni caso rilevanti (Caprio, Civiglia Teglia, Magriola, Mangiola, Osca, ed altri con bacini tra i 40 e i 20 kmq). Questo territorio, a differenza dell’area costiera fortemente antropizzata è caratterizzato una percentuale di superficie comunque boscata pari al 76% della superfici drenate. Gli studi condotti per la realizzazione del Piano di Bacino hanno permesso di individuare e perimetrare diverse aree in dissesto a diverso stato d’attività, le piu’ importanti delle quali si rinvengono a: Patigno(1 Kmq), Gravagna San Rocco (2,17 Kmq). Si tratta per lo più di fenomeni classificabili fra gli scivolamenti rotazionali, anche con superfici di scorrimento plurime e profonde, che evolvono in fenomeni di colamento nelle porzioni di piede. Un altro tipo litologico che presenta scadenti caratteristiche geomeccaniche e che quindi può essere fra le cause predisponenti di fenomeni franosi è la Scaglia rossa toscana: in tale tipo litologico, infatti, si impostano fenomeni franosi marcatamente attivi come quello di Camporaghena, nella valle del Taverone di Comano. Anche in questo caso si tratta di uno scivolamento rotazionale – colamento. Riguardo agli altri elementi geomorfologici, le coperture deritiche riconosciute e perimetrate superano di gran lunga il migliaio. Quello delle coperture detritiche è un aspetto di particolare importanza nella stima dell’assetto idrogeologico delle aree montane e collinari. Si puo’ indicativamente stimare che le aree a diversa pericolosità geomorfologica si possono stimare nel 20% della superficie della Lunigiana, dei quali il 6% della superficie totale a maggiore pericolosità. Per quanto riguarda la pericolosità idraulica si possono stimare nel 8% di cui il 2% a rischio idraulico molto elevato ed il 6% negli altri casi. A fronte di percentuali che possono sembrare basse, c’è da evidenziare che la maggior concentrazione di abitazioni è proprio nelle aree di fondovalle ovvero quelle soggette a maggior pericolosità di allagamenti. In conclusione: il bacino, nel suo complesso, è oggettivamente e statisticamente molto piovoso; i periodi di massima intensità sono ben definiti e abbastanza temporalmente concentrati; 71 al di là di possibili fasi particolari attuali, sono decisamente frequenti gli eventi meteorologici caratterizzati da piogge intense e molto intense, concentrate in breve spazio di tempo; Il tratto terminale del Magra riceve a brevissima distanza dalla confluenza, oltre ad un affluente decisamente rilevante rispetto al bacino principale qual è il Vara, affluenti particolarmente significativi come il T. Taverone, ma soprattutto come il T. Aulella. I medesimi affluenti scendono con tragitti medio - brevi da quote tra le più elevate del bacino; Il Magra montano ha un corso relativamente breve: 53,8 km; la copertura del suolo mostra un bacino molto boscato o comunque vegetato e le aree di denudamento e di diffusa erosione, seppure in vistoso aumento, rimangono ancora oggi in percentuali contenute; i versanti segnalano fenomeni di instabilità in atto o appena latenti, vuoi di prima generazione vuoi più spesso di riattivazione a carico di unità geomorfologiche più ampie e antiche, in misura, secondo una distribuzione areale e con caratteristiche proprie di un bacino ad alta energia di rilievo e a significativa suscettività al dissesto di versante; il fondovalle, fortemente antropizzato, è soggetto ad elevata, diffusa e varia fenomenologia esondativa, con livelli di pericolosità assai elevati. Erosione Costiera La Toscana ha 207 chilometri di litorale sabbioso e di questi circa 16 sono caratterizzati da erosione con un tasso superiore a 2 m/anno. Da questo calcolo sono esclusi circa 8 Km di costa costituiti da spiagge protette da scogliere aderenti a ridosso di centri abitati e vie di comunicazione o che ospitano strutture portuali. I tratti di costa interessati da fenomeni erosivi sono circa il 41% dell’intero litorale, contro il 42% in avanzamento e il 17% stabile. Rispetto al periodo precedente (1973-1984) si è riscontrato comunque un modesto trend positivo (aumentano i km di spiaggia in avanzamento e diminuiscono quelli in erosione). La realtà provinciale, inserita all’interno dell'unità fisiografica, lunga circa 65 km, che si estende dalle propaggini settentrionali dei Monti Livornesi fino a Punta Bianca , pur avendo un apporto sedimentario da parte dei fiumi sufficiente a compensare la perdita di materiale dalla spiaggia, non ha una distribuzione uniforme di tali sedimenti su tutto il litorale, a causa della presenza di numerose opere che intercettando il flusso dei sedimenti lungo riva provocano un surplus sedimentario nel tratto di costa sopraflutto ed un deficit nel tratto sottoflutto. L'erosione delle spiagge poste a sud di Bocca di Magra si è estesa via via sempre più a sud, fino a che non è stato costruito il porto di Marina di Carrara; da questo momento la spiaggia posta sopraflutto ha avuto una notevole espansione, mentre su quella sottoflutto il processo erosivo si è notevolmente aggravato. USO SOSTENIBILE DELLE RISORSE NATURALI E GESTIONE DEI RIFIUTI 72 Produzione di rifiuti Dal rapporto ambientale regionale si evidenzia che una delle principali pressioni ambientali risulta l’elevata produzione di rifiuti urbani e speciali, anche se nell’anno 2009 si conferma a livello regionale l’inversione di tendenza sull’andamento di produzione dei rifiuti urbani totali, con una diminuzione effettiva dei rifiuti prodotti, a partire dal 2007. Anche la percentuale di raccolta differenziata, dopo anni di stabilità, dal 2008 ha avuto un incremento rilevante, raggiungendo valori superiori al 38%, ancora inferiori, però, agli obiettivi nazionali e regionali. Per confrontare un dato , nell’anno 2002, la provincia di Massa Carrara aveva raggiunto una efficienza delle Raccolte Differenziate pari al 27,17%. In attuazione della LR 25/98, prima versione, La Provincia di Massa Carrara è stata poi definita come Ambito territoriale Ottimale n°1, ambito che conta 17 Comuni, per un totale di 200.000 abitanti circa e 142.000 tonnellate di rifiuti annui prodotti. Di interesse gli insediamenti presenti sul territorio di Massa-Carrara che presenta 200 centri abitati e 253 nuclei abitati.: complessivamente le quattro province dell’ATO Toscana Costa sono caratterizzate da 749 centri abitati e 913 nuclei abitati. A livello comunale, la maggior parte dei comuni è costituita da meno di 10 centri abitati e solamente per 2 comuni Fivizzano e Pontremoli, il numero è superiore a 20. Complessivamente la produzione dei rifiuti nell’Ato Toscana Costa nel corso del 2007 è stata pari a 956.958 t, con un incremento del 26% nel decennio 1998-2007e Massa-Carrara ha contribuito con circa 141.000 t (15%). Per quanto riguarda la tendenza nel tempo, sebbene nel periodo considerato si evidenzi un incremento considerevole, che raggiunge addirittura il 36% nella provincia di Massa–Carrara, analizzando i dati nel dettaglio si osserva che l’aumento della produzione dei rifiuti è avvenuto prevalentemente fino al 2004 (tra il 1998 e il 2004 si registrano incrementi tra il 16% e il 32%), mentre successivamente si registra una stabilizzazione, con crescite contenute tra l’1% e il 3%. Con riferimento al 2007, i SEL che incidono maggiormente sulla produzione dei rifiuti sono la Versilia (ben il 15% dei rifiuti complessivi dell’ambito), l’Area Pisana (14%), l’Area Lucchese (12%) e l’Area Livornese e di Massa-Carrara (11%), mentre tutti gli altri ambiti incidono per percentuali inferiori al 7% Anche a livello sub provinciale si osserva la stessa evoluzione evidenziata a livello provinciale, con un incremento consistente fino al 2004 e successivamente una progressiva stabilizzazione. Associando alcuni indicatori economici, come l’andamento del valore aggiunto nel tempo, alla produzione dei rifiuti si evidenzia una proporzionalità solo fino al 2004, successivamente a fronte di un continuo aumento del valore aggiunto si rileva invece una stabilizzazione della produzione dei rifiuti.Analizzando la produzione di rifiuti per unità di valore aggiunto, si rileva che la provincia che produce più rifiuti è Massa-Carrara (37 t/milione di €) mentre, a scala sub provinciale, spiccano i SEL della Lunigiana e della Val di Cornia. Analizzando la tendenza nel tempo, si osserva che sebbene il livello di raccolta differenziata nel decennio 1998-2007 sia aumentato in media del 168%, considerando la percentuale netta di raccolta differenziata (RD/RUtot) nessuna provincia raggiunge gli obiettivi previsti dalla normativa, mentre usando il metodo standard della Regione Toscana, solo la provincia di Lucca supera il 35% per il 2006 e 2007. Anche a scala inferiore si nota un deciso aumento della raccolta differenziata negli ultimi dieci anni.Tuttavia, se fino al 2004 tale incremento è importante in tutti i SEL, negli anni successivi si rileva un aumento più limitato e spesso una decrescita, particolarmente marcata nella Media Valle del Serchio (-22%) e nell’Area di Massa Carrara (-23%). 73 Fonte: Piano Interprovinciale Ato Costa-elaborazione su dati ARRR Nel periodo 1998–2007, a livello di ambito l’incremento del rifiuto residuo è stato limitato, pari a circa il 2%, tuttavia, analizzando le realtà provinciali si osservano comportamenti differenti. Se per Lucca e Pisa il rifiuto residuo è rimasto pressoché costante (incremento del 4%), nella provincia di Livorno ha registrato una netta diminuzione (-10%), mentre la provincia di Massa-Carrara segna un aumento del 20%. Da notare che a tale incremento, concentrato soprattutto nel periodo 2004 – 2007, corrisponde nello stesso periodo una diminuzione della raccolta differenziata. L’analisi della ripartizione merceologica della raccolta differenziata a livello provinciale mostra in linea di massima, nel 2007, la stessa composizione osservata a livello di ambito. In particolare in tutte le province il peso maggiore è dato dalla raccolta di carta e cartone, seguito dagli ingombranti (provincia di Livorno e Massa Carrara), dagli sfalci, potature e legname o dall’organico. Da notare invece la bassa percentuale di incidenza dell’organico nella provincia di Livorno e di MassaCarrara, dove in particolare tale raccolta è praticamente assente. Analizzando la tendenza nel tempo si rileva che negli ultimi dieci anni la raccolta è incrementata in generale per tutte le province e per tutte le merceologie (con la significativa eccezione della raccolta della frazione organica in provincia di Massa-Carrara). Restringendo l’analisi agli ultimi due anni tuttavia si rileva una diminuzione della raccolta in alcuni settori. In particolare nel 2007 in provincia di Massa-Carrara si registra la diminuzione della carta (-5%), del multi materiale (-6%) e degli ingombranti (-7). Analizzando i quantitativi pro capite si rileva che la provincia di Massa – Carrara, ha raggiunto valori più bassi per la carta e l’organico (rispettivamente 48 kg/ab e 0 kg/ab) . Nella Provincia di Massa-Carrara esiste un’unica stazione ecologica di proprietà del Comune di Montignoso, direttamente gestita dagli operatori del Comune. Il Piano d’Ambito prevedeva la realizzazione di sei stazioni ecologiche: due nell’area della costa di Massa, due nell’area della costa di Carrara, due nell’area della Lunigiana. ACQUA Acque balneazione Il dato regionale riporta che dai campionamenti effettuati nella stagione 2009 sono risultati idonei alla balneazione 363 punti su 370 (98,1%) , tra i quali si riscontra la completa balneabilità del 74 litorale apuano.Di 13 Km di costa , risultano infatto controllati 10,3 Km che , dal rapporto sulle acque di balneazione del Ministero della salute, risultano tutte balenabili. In merito alla qualità delle acque marine, i nuovi indicatori previsti dal DM 260/2010 sono stati applicati per la prima volta in Toscana nel corso della campagna di monitoraggio 2010: -lo stato ecologico si ottiene dagli Elementi di qualità biologica, dalla valutazione degli elementi chimico fisici e idromorfologici e dalla valutazione delle concentrazioni medie rilevate di inquinanti chimici specifici nelle acque e nei sedimenti. (La sua definizione prevede 5 classi: elevato, buono, sufficiente, scarso e cattivo); -lo stato chimico ( la sua definizione prevede due sole classi: buono e non buono) Gli elementi di qualità biologica risultano in tutta la costa toscana in stato elevato/buono. Lo stato ecologico è nella generalità dei casi sufficiente, nella maggior parte dei casi per la presenza di arsenico e cromo sopra soglia. Lo stato chimico risulta non buono su tutti i corpi idrici indagati, anche se è da considerare che in molti casi la norma prevede che sia utilizzato il valore peggiore calcolato per ciascun anno del triennio di monitoraggio. Stato ecologico dei corsi d’acqua (SECA) I valori assunti dall’indice SECA nel 2009 per la Toscana rileva che il 53%- 56% dei punti monitorati è di classe elevata o buona, in linea con gli obiettivi di qualità della Direttiva Europea al 2015. Con la pubblicazione della DGRT n.100 del 2010 è stata comunque approvata la nuova rete di monitoraggio dei corpi idrici della Regione e il nuovo programma di attività coerente con l’applicazione della norma. Si è individuata una rete costituita da 316 stazioni, con tre categorie di rischio relative alla probabilità di non raggiungere o mantenere lo stato ecologico e lo stato chimico di tipo “buono” al 2015. Nel nostro territorio risultano analisi relative al bacino idrografico afferente il Magra interregionale del quale ARPAT fornisce i dati relativi solo alla parte compresa nel territorio regionale toscano; E’ un fiume nel quale lo sviluppo dell’asta fluviale risulta di 62 km, e la Superficie totale del bacino, per la parte toscana è di 990 km². Il Regime idrico dipendente dalle piogge, abbondanti e distribuite specialmente in autunno e in primavera, periodi nei quali si registrano le massime piene (generalmente 3 -5 in un anno). La minor portata si registra in estate. Relativamente alla Caratterizzazione geologica ed alla indicazione sulla tipologia dei substrati si evidenzia che nel tratto della Bassa Val di Magra , il fiume scorre tra due dorsali: l’occidentale, che corrisponde al promontorio che delimita il golfo di La Spezia, e l’orientale, che culmina al monte Cornoviglio e continua al di là della Media Val di Magra con le Alpi Apuane. Lungo il fiume Magra sono presenti boschi di aghifoglie e castagneti nella parte più in alto, mentre nelle aree a quota più bassa ci sono vigneti e uliveti; la pianura è intensamente coltivata. Le Condizioni climatiche dell’area sono sintetizzate dalle mappe di piovosità climatologiche della Toscana (periodo 1951 - 1994) che riportano regimi pluviometrici con stagionalità molto marcata: due massimi in primavera e in autunno e un minimo in estate, tipico della classe dei climi mediterranei. Valutazioni in termini percentuali riferite al quinquennio 1995 - 2000 rispetto al valore medio climatologico, indicano un decremento delle precipitazioni estive, più marcato lungo la zona costiera. A questo fa fronte un rilevante incremento della pioggia autunnale che ha determinato nel 2010 e nel 2012 gravi esondazioni. Per quanto riguarda la temperatura, è evidente l’effetto mitigante del mare, che tende a ridurre i valori in estate e a incrementarli in inverno. È confermato il riscaldamento generale invernale. La classificazione e le considerazioni riportate effettuate sono state realizzate sulla base del LIM (livello inquinamento da macrodescrittori - D.Lgs. 152/99) o dell’IBE. Quando i dati sono stati disponibili è stato determinato il SECA (stato ecologico dei corsi d’acqua) che per il Magra, nel tratto toscano, a monte della foce che è in Liguria, che dimostra una qualità sostanzialmente buona (SECA 2). 75 Per gli altri bacini non si dispone dell’indice SECA. Approvvigionamento idrico Questo dato è riferibile al settore l’agricolo che per il nostro territorio, non può confermare il dato indicato dalla Regione Toscana che evidenzia che, in relazione alle caratteristiche morfologiche ed idrologiche del territorio toscano e alla mancanza di corpi idrici superficiali naturali di un certo rilievo, oltre il 55% delle aziende irrigue toscane utilizza esclusivamente acque sotterranee, in quanto trattasi per la maggior parte , nel nostro caso, di agricoltura di tipo estensivo e collinare, nella quale la pratica irrigua viene praticata solo come soccorso utilizzando comunque quella disponibile superficiale canalizzata attraverso impianti di irrigazione gestiti pubblicamente. 4.3 I POSSIBILI SCENARI EVOLUTIVI Nella Provincia di Massa Carrara, come abbiamo visto più nel dettaglio. l’incidenza delle aree urbanizzate calcolate rispetto al territorio stimato come “disponibile” continua ad essere più alta e con valori superiore alla media regionale. Si concentra sostanzialmente nella zona costiera e nel retroterra Lunigianese nel fondovalle con densità abitativa molto elevata , con un l livello di urbanizzazione alto poiché è elevata la commistione tra funzioni residenziali e produttive. Allo stesso tempo esiste, come in tutta la Toscana , una bassissima densità abitativa nella quale ha operato un processo di redistribuzione interna nelle aree più periferiche sempre più marginali. In entrambi i casi la situazione è tale da configurare la presenza di rischi: di congestione nel primo caso, di rarefazione ulteriore della residenza nel secondo. Gli effetti sono in entrambi i casi di perdita di benessere, a causa della accresciuta inefficienza del sistema, del maggiore disagio ambientale, della compromissione del paesaggio. Se infatti l’inquinamento ambientale da traffico e da cemento è facilmente percepibile, insieme alla perdita di identità dei luoghi, nel secondo caso il minor presidio del territorio provoca degrado ambientale, effetti negativi sulla regimazione delle acque, riduzione della coesione sociale e del livello dei servizi di prossimità per la popolazione residua. Congestione da un lato ed abbandono dall’altro sono quindi i pericoli che si presenteranno anche nel territorio provinciale del futuro. Gli abbandoni rappresentano potenziali ambienti di rinaturalizzazione funzionale soprattutto alla colonizzazione di cinghiali con le conseguenze derivanti dalla presenza di questa specie in termini di contributo al dissesto idrogeologico. Si ripropone la stessa sintesi contenuta nel Piano Regionale Agricolo Forestale 2012-2015 Rapporto ambientale VAS, delle evidenze derivanti dalla ricerca (a cui si rimanda per ulteriori e specifici approfondimenti) relative ai fattori ambientali presi in considerazione. CAMBIAMENTO CLIMATCO Emissioni gas climalteranti . Con riferimento alle emissioni di gas climalteranti , per i quali il tasso di riduzione delle emissioni, attribuito all’Italia risulta del 6,5% per il decennio 1990-2012, l’obiettivo non è stato centrato , anzi le emissioni nazionali sono cresciute del 6%. Pur non essendo stato attribuito alcun obiettivo a livello regionale,e pertanto neppure provinciale, la dinamica delle singole regioni avrebbe dovuto essere stata tale da permettere di raggiungere l’obiettivo a livello aggregato. In realtà, in Toscana le emissioni complessive di gas climalteranti sono lievemente cresciute. Nonostante vi sia stato un contributo alla riduzione da parte del comparto della produzione di energia e di quello agricolo, mentre il comparto manifatturiero, quello dei servizi e il sistema dei trasporti da soli avrebbero fatto crescere le emissioni regionali di gas serra di circa 12 punti percentuali. Con riferimento invece alle emissioni di polveri sottili, la riduzione appare generalizzabile a tutti i processi di produzione e di consumo. 76 Nel territorio provinciale, riportando i dati ricavati dal sito ARPAT news, la rete di controllo di qualità dell’aria , nel 2010, in riferimento alla zona costiera, maggiomente sottoposta a stress ambientali, era costituita da una centralina fissa sull’Aurelia in via Frassina (periferica da traffico), da un mezzo mobile alla Lugnola (Via Carriona, Carrara) per la rilevazione della situazione locale, una centralina in via Galvani a Massa (urbana di fondo) una cabina a Carrara al Colombarotto (urbana di fondo), una cabina a Massa in piazza S. Francesco (Cappuccini, sub urbana di fondo), si riscontra che per i PM10 è stato superato il valore limite annuale (40 μg/m³) per la protezione della salute umana, nella stazione di Via Frassina. Per quanto attiene il Monossido di carbonio , non si sono avuti superamenti dei valori limite.; la tendenza è alla stabilità dei dati degli ultimi anni. Per il Biossido di azoto, la tendenza nel periodo preso in considerazione è alla stabilità dei dati con un leggero aumento per la stazione del Colombarotto. Ugualmente per l’Ozono per il quale dopo il picco dei valori del 2008 la tendenza è quella di un assestamento sui valori degli ultimi anni; in prospettiva occorre tenere presente che la soglia (presa come valore obiettivo) per la protezione della salute umana di 120 μg/m³ , media su 8 ore, è stata superata per più di 25 volte (57 al Colombarotto, 27 in piazza S. Francesco). La principale criticità , riportata da ARPAT News, che si rileva dai dati della qualità dell'aria della rete di monitoraggio della provincia di Massa Carrara nel 2010 e dal confronto dei dati degli anni precedenti è quella dei PM10; il numero dei superamenti della media giornaliera risulta piuttosto alto nelle stazioni di via Frassina e della Lugnola anche se in leggera diminuzione, il valore medio tende invece ad assestarsi sui valori degli ultimi anni. Dall'andamento settimanale del PM10 risulta evidente che alla Lugnola la concentrazione delle polveri dipende dal traffico pesante durante i giorni lavorativi. In prospettiva viene indicata come opportuno tenere sotto controllo la concentrazione degli ossidi di azoto e dell'ozono. Pertanto il quadro delineato e la recente evoluzione delle emissioni non sembrano far emergere situazioni di particolare criticità per il prossimo futuro. Dal RA Regionale si evince che gli anni recenti sono stati oggetto di una crescente attenzione alle condizioni ambientali e in particolare agli effetti negativi potenziali derivanti dal cambiamento climatico causato dall’aumento della concentrazione di gas clima alteranti in atmosfera e la considerazione che l’assorbimento di emissioni di gas clima alteranti da parte del patrimonio ambientale naturale è fondamentale nel contributo alla riduzione delle pressioni. Tali considerazioni , anche nel nostro territorio, lasciano aperti diversi scenari emissivi possibili per i prossimi anni, a seconda della tipologia tendenziale di sviluppo, del terziario ripetto al manifatturiero o se, introducendo tecnologie ecocompatibili, puntare alla conservazione del patrimonio naturale e all’attuazione delle politiche volte alla riduzione degli impatti in atmosfera. Anche nella nostra area, se si ipotizza una dinamica economica e demografica contenuta per il prossimo ventennio, accompagnata da uno spostamento dell’attività delle imprese verso il settore terziario, allora anche le emissioni atmosferiche dovrebbero essere più contenute. Auspicabile , come fattore strategico , la maggiore diffusione di tecniche produttive caratterizzate da un minore impatto in ambiente . Pertanto, gli elementi considerati nell’ipotizzare uno scenario evolutivo delle emissioni per gli anni fino al 2030 si possono sintezzare in un presunta crescita bassa, che riprende il suo lento percorso dopo le forti riduzioni registrate nel 2009 e che dovrebbe seguire , una lenta transizione verso il terziario; un graduale raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica, risparmio energetico, adozione di tecniche in grado di abbattere le emissioni. A queste condizioni le emissioni di gas clima alteranti in Toscana, e quindi nel territorio provinciale, dovrebbero mantenersi sotto il livello registrato nel 2005 per quasi tutto il periodo considerato. Le emissioni di polveri sottili, che concorrono alla definizione della qualità dell’aria che respiriamo, dovrebbero mantenersi in riduzione anche nel breve-medio periodo. Il contributo più rilevante potrà essere fornito dalle imprese, che se miglioreranno il percorso di efficienza intrapreso dovrebbero ridurre le proprie emissioni; mentre l’andamento atteso delle emissioni generate attraverso le attività delle famiglie per la mobilità ed il riscaldamento, mostrano una dinamica in continua, seppur lieve, crescita. 77 In questa cornice la pinificazione faunistico venatoria può rappresentare un contributo per mantenere e rafforzare strategie di preservazione e valorizzazione del patrimonio naturale esistente, perché l’ambiente forestale e boschivo potrebbe continuare a offrire quel servizio ambientale di assorbimento che contribuisce in maniera rilevante al contenimento delle emissioni di gas serra. Politiche di rilancio dell’economia che passano attraverso strategie ambientalmente sostenibili anche a livello provinciale potrebbero infatti , se non ridurre, almeno stabilizzare, o rallentare le pressioni determinate delle emissioni di gas clima alteranti in atmosfera. Consumi Energetici In tredici anni il consumo di energia, nel nostro territorio, è aumentato del 21%, cioè un quinto in più: la maggior parte in trasporti (41%), segue il consumo residenziale (25%), le attività produttive (23%) ed infine il terziario (11%). Le emissioni di gas serra nello stesso periodo sono aumentate del 15% e di queste ben oltre la metà (55%) sono dirette. Anche per la realtà provinciale, il consumo energetico è ancora molto legato alle fonti non rinnovabili, in gran parte importate; questo è un aspetto che pone delle criticità per quanto riguarda la sicurezza degli approvvigionamenti, il costo dell’energia che non è in nessun modo controllabile, gli impatti e le ricadute di carattere più strettamente ambientale. Diventa quindi importante adottare politiche di risparmio energetico che tradotte nel Piano energetico provinciale, PEP, consistono in azioni pilota sugli edifici pubblici con linee guida per il servizio calore, piani di intervento per ridurre la domanda di energia, divulgazione delle iniziative a scopo dimostrativo. Per le utenze diffuse, sul versante termico, il PEP prevede che la Provincia indirizzi i comuni verso l’introduzione negli strumenti urbanistici di profili di qualità edilizia, con valori di riferimento per i consumi specifici, individuando un livello minimo obbligatorio e dei livelli più restrittivi, volontari, ma incentivati. Sempre sul versante termico viene previsto un piano di riqualificazione degli impianti termici (introduzione di moderni sistemi di riscaldamento ad altissima efficienza, sostituzione degli impianti singoli a favore degli impianti centralizzati con contabilizzazione individuale, incremento dei controlli sugli impianti con età superiore a 15 anni). Sul versante elettrico il PEP prevede lo sviluppo di un programma finalizzato ad incentivare l’acquisto di prodotti ad alta efficienza energetica, monitorando, possibilmente a cadenza annuale, le tipologie energetiche degli apparecchi venduti. Un ambito importante per il risparmio energetico e l’impiego di fonti rinnovabili è quello del turismo: sarà promosso un accordo che coinvolga le associazioni di categoria ed i comuni interessati per avviare una collaborazione in questo senso. Relativamente alle fonti rinnovabili , biomasse, eolico, idroelettrico e solare rappresentano i quattro punti previsti dal PEP per produrre energia abbattendo le emissioni e incrementando l’autosufficienza del territorio (dall’attuale 6,8% al 20%). Dal PEP risulta un potenziale disponibile inutilizzato di biomassa legnosa derivante dalla gestione dei boschi pari a 207.000 quintali annui che rappresentano un potenziale energetico di 192 TJ/annuo(TJ, unità di misura del potenziale energetico espressa in tera joule), che tradotto in energia elettrica producibile significa oltre 13.000 MWhe (megawatt elettrici): a questo deve aggiungersi la disponibilità teorica di residui da coltivazioni agricole (6.000 tonnellate annue, pari ad un potenziale energetico di 103 TJ/annuo). Il programma energetico, a questo proposito, prevede la promozione di una adeguata gestione del soprasuolo agricolo e forestale, lo sviluppo di filiere bioenergetiche, la realizzazione di progetti dimostrativi ed il supporto ai comuni a vocazione forestale per la promozione di impianti a biomasse di media e piccola taglia. 78 Il Pep individua inoltre sul territorio provinciale 9 siti come possibili sedi di campi eolici, per un potenziale eolico dell’ordine di circa 100 megawatt, per un valore netto di produzione elettrica di oltre 200 GWh, corrispondente ad oltre il 20% del consumo di energia elettrica rilevato nel 2003, sufficiente a coprire l’intero fabbisogno attuale di energia elettrica di tutto il settore residenziale della provincia. Nell’ambito idroelettrico, il programma prevede la valutazione del potenziale energetico dell’utilizzo a scopo idroelettrico delle acque destinate ad usi diversi e del ripotenziamento degli impianti idroelettrici esistenti. Per il Solare, verrà promosso un progetto di solare termico di grande dimensione in luogo pubblico che contribuisca alla promozione della tecnologia anche presso l’utenza residenziale, commerciale e industriale; infine sarà avviato uno specifico programma di sostegno alla tecnologia fotovoltaica attraverso interventi pilota sul patrimonio edilizio pubblico. Sono comunque iniziative orientate sia al risparmio energetico, che alla incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili nel tentativo di ridurre la criticità in termini di sicurezza degli approvvigionamenti ed al contenimento delle emissioni in atmosfera. NATURA E BIODIVERSITA’ Come riferito nel RA regionale, il mutamento del clima ha già avuto una profonda influenza su molti sistemi fisici e biologici a livello planetario a partire dalla metà del secolo scorso. Nello specifico dei sistemi naturali, la problematica della alterazione climatica, come condiviso e descritto da esperti del settore, potrebbe anche aumentare il rischio di estinzione di specie animali e vegetali, nonché un aumento del rischio di carestie e dell’incidenza di malattie. Segnali di alterazione climatica si stanno verificando anche nel nostro territorio nel quale è palese il rischio di precipitazioni estreme e di ondate di calore con gravi danni e conseguenze per le stabilità degli ambienti , antropizzati e non, basta riferirsi alle diverse calamità naturali che si sono realizzate che, per citare solo quelle interventute negli ultimi due anni , sono riferibile a due nubifragi ed uno stato di siccità. Il fattore natura e biodiversità è quello che maggiormente è influenzato dalla pianificazione venatoria in quanto gli obiettivi di protezione previsti con il PFVP attengono le strategie inerenti la Conservazione ,il miglioramento dello stato di conservazione di specie in declino, con particolare riferimento a quelle legate agli ambiente agricoli (FBI), il mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente delle specie di cui all’allegato I della direttiva CE 43/92 Habitat , a migliorare gli habitat, con particolare riferimento al ripristino dell’agricoltura tradizionale nelle aree marginali ove questa è stata abbandonata nonché a contribuire a mantenere la funzionalità degli ecosistemi forestali mediante il controllo degli Ungulati ed il monitoraggio delle specie, con particolare attenzione a quelle prioritarie. Da studi reperiti in altre realtà, nello specifico del cinghiale, questa specie sembra rappresentare un fattore di significativo disturbo per molte altre , perché ad livelli alti di densità, svolge un ruolo di predazione di piccoli mammiferi, di nidi, di uova, di rettili ed anfibi. Gli effetti consistenti riscontrati per i cervidi, invece , ed in particolare il cervo, sono riferibili alla composizione specifica degli starti erbacei ed arbustivi del bosco, e sul condizionamento della capacità di rinnovazione sia per via gamica (fustaie) che agamica (cedui). Dal punto di vista conservazionistico la crescita delle popolazioni di ungulati determina pertanto nuove problematiche, anche se, altri studi rilevano un loro ruolo centrale per il miglioramento della presenza del lupo, mammifero che nella nostra realtà assume una notevole importanza conservazionistica. Le indagini effettuate nel nostro territorio ( Bongi 2010, 2011) riferibili a questa specie, confermano la presenza del canide sull’intero crinale appenninico, che dalle vette del Monte Tondo e di Cima Belfiore nel Comune di Casola in L. ad est arriva fino al passo dei Tre Confini nel Comune di Zeri ad ovest. La presenza della specie sembra accertata senza soluzione di continuità e 79 ciò rispecchia la biologia e l’ecologia del lupo che, essendo una specie territoriale, tende a formare branchi e ad occupare aree limitrofe all’ultimo branco affermatosi. Normalmente è proprio l’elevata disponibilità di prede selvatiche ed una forte riduzione della presenza dell’uomo su vaste porzioni di territorio, che determinano l’ incremento della presenza di questa specie anche se il lungo dibattito tra ricercatori e gestori della fauna non ha chiarito se il lupo sia in grado, da solo, di mantenere le popolazioni di ungulati entro livelli di densità e consistenza sostenibili e compatibili con le attività agroforestali. In altre realtà è stato affermato con ragionevole sicurezza, che quando il livello di produttività dei ecosistemi forestali è molto elevato, il lupo da solo (in assenza cioè di lince ed orso) non è in grado di regolare le popolazioni di ungulati, in particolar modo di cervo (preda di medio grosse dimensioni, da noi poco diffusa) e di cinghiale (specie ad elevato tasso di incremento). Pertanto, nonostante che le catene trofiche degli ecosistemi forestali in molti territori siano più complesse e stabili rispetto a 30-50 anni fa, appare ancora oggi necessaria ed inevitabile una attenta pianificazione della gestione delle popolazioni di ungulati per mantenere i loro numeri entro livelli compatibili con lo svolgimento delle attività agricole e con il mantenimento degli ecosistemi forestali. Nel nostro territorio è stata riscontrata la presenza certa di 5 branchi di lupo , che si dispongono in aree molto spesso confinanti con altre Province e/o Regioni. Così, ad est troviamo il branco di Casola, che sicuramente espande il proprio territorio nella vicina Garfagnana e potrebbe arrivare fino alla Riserva Naturale dell’Orecchiella, un’altra aggregazione che dispone il suo territorio proprio tra l’Ospedalaccio, il passo del Lagastrello e le prime cime dell’Appennino Apuo-Parmense. Chiaramente questi territori si spingono anche verso valle e raggiungono le colline fino ad una altitudine di circa 650 metri s.l.m. Un altro branco potrebbe aver instaurato il proprio territorio tra il Monte Sillara ed il passo del Cirone; in quest’area rientrano anche i Prati di Logarghena e, nel versante parmense, la Riserva Integrale Guadine-Pradaccio che costituiscono due aree protette fondamentali per la realizzazione di rendez-vous sites nei momenti più critici del ciclo biologico della specie. Altri due nuclei avrebbero occupato le zone tra il passo del Cirone ed il passo del Bratello l’uno e le alture dello zerasco tra Fontana Gilente ed il passo del Rastrello. Servono comunque altri approfondimenti per avere un quadro completo e la conoscenza della specie nel nostro territorio.E’ comunque possibile tracciare un primo profilo dell’ecologia alimentare condotta su due branchi, i cui territori sono stati individuati nel Comune di Zeri e nei pressi di Logarghena nel Comune di Filattiera. Dallo studio effettuato ( Bongi 2011), come in altri condotti in zone appenniniche (Mattioli et al., 2011;Rappucci, 2007; Gazzola et al., 2005; Capitani et al., 2004), la preda principale è risultata essere il cinghiale e l’elevata preferenza per questo suide è da ricercarsi in diversi fattori, che sono approfonditi nelle specifiche ricerche commissionate in questi anni dal servizio caccia ed a cui si rimanda. Analizzando le componenti delle diete in relazione all’età delle prede consumate è emerso un elevato utilizzo dei cinghiali sub adulti, in particolare quelli compresi tra i 20 ed i 30 kg, e dei caprioli giovani, ovvero al di sotto dei due anni di età. Ciò si allinea con quanto rinvenuto anche in altri studi, in cui la preponderanza nella dieta è risultata essere quella di giovani cinghiali . In definitiva la classe maggiormente selezionata è risultata essere quella dei cinghiali sub adulti, in quanto non godono più del controllo e della difesa delle scrofe e non sono ancora abbastanza esperti da sfuggire, e tantomeno controbattere, l’attacco di un lupo. Un cenno particolare merita la predazione sulla componente domestica, in quanto nella dieta del branco di Zeri sono emerse percentuali di domestico che meritano attenzione. In questo territorio la preda che maggiormente concorre a creare una percentuale di allarme è la pecora,nello specifico la zerasca, per la sua maggior disponibilità sul territorio. Le pratiche di pastorizia sono rimaste immutate dai tempi in cui il lupo non era presente in questi monti, con pascolo brado nelle praterie appenniniche o comunque in radure di altitudine, con due o pochi di più cani da guardiania e soprattutto senza la sistematica applicazione di strumenti difensivi da eventi predatori. Queste 80 condizioni connesse con il ritorno del lupo e la presenza di un habitat ottimale per il canide (boschi alternati a prati-pascoli) hanno determinato un aumento nel tempo del conflitto lupo-zootecnia. Per fortuna però i dati della dieta del branco di Zeri consentono di affermare che non ci troviamo di fronte ad una situazione allarmante per la pastorizia, ma che alcune norme di sicurezza, permetterebbero una miglior convivenza tra la specie allevata ed il loro naturale predatore. La dimensione della popolazione lupina riscontrata in Provincia è sicuramente in linea con i livelli medi del nostro Paese, in quanto i branchi risultano essere costituiti mediamente da 4 individui, valore che si inserisce bene nel panorama europeo in cui sono state riscontrate popolazioni da 2 a 7 individui. Oltre agli ungulati, specie come la gazza, cornacchia grigia, nutria, piccione (Columba livia, forma domestica) e volpe hanno implicazioni e ripercussioni sullo stato di conservazione della biodiversità ed , in alcuni casi, possono influenzare anche quello della salute pubblica. I dati disponibili , raccolti su scala provinciale, indicano tendenze in crescita per i corvidi, mentre per la nutria, si sta rilevando la necessita di controllo, in particolare nel Lago di Porta, area ANPIL, per problemi collegati alla sicurezza e lo stato di manutenzione delle opere idrauliche da questo interessate. Per il piccione riteniamo necessaria una attività di monitoraggio ed eventuale controllo delle popolazioni per contenere i suoi effetti , anche collegati a rischi sanitari. Pertanto l’adozione di un Piani faunistico, con i piani di prelievo venatorio commisurati alle densità obiettivo, con azioni di controllo attivabili in casi straordinari, e misure di gestione dell’ambiente si realizzano gli strumenti indispensabili, anche per una conservazione globale degli ecosistemi. ASPETTI SOCIO-ECONOMICI E TERRITORIO Impatto della fauna su agricoltura e foreste Come la specie uomo, attraverso le attività agro-forestali incide sul paesaggio e sugli ecosistemi in generale , influendo con ciò sulla biodiversità, anche le specie animali provocano degli impatti sui diversi ecosistemi , compreso quelli agro-forestali. In questo ambito il sistema si allarga alle attività socio-economiche, nelle quali gli impatti maggiori sono determinati dagli ungulati. Il loro forte incremento produce anche a scala provinciale forti problematiche proprio per i danni di natura economica e non solo, provocati sia alle coltivazioni che alle sistemazioni a queste funzionali ed a quelle forestali, causando talvolta anche incidenti stradali.. Per la Provincia di Massa Carrara l’indicatore degli importi economici corrisposti agli agricoltori per i danni causati dalla fauna selvatica e le stime di consistenza elaborate annualmente dalla Provincia e dall’ ATC, riferibili al cinghiale, ancorché importanti, non esprimono però il reale impatto di questa specie sulle produzioni agricole in quanto la tipologia di queste attività è molto frammentata, generalmente marginale e comunque di tipo estensivo , su morfologie territoriali con forti e medie pendenze per le quali al danno alle produzioni si aggiunge soprattutto nella zona costiera, un danno maggiore determinato dalla distruzione dei terrazzamenti con conseguente rischio di dissesto anche idorogeologico.L’indicatore diventa ancora più parziale in quanto prende come riferimento unicamente gli agricoltori iscritti alla CCIAA, con partita IVA , che nella realtà provinciale sono una minima parte degli Imprenditori agricoli ai sensi del codice civile. Risultano frammentari i dati relativi all’impatto degli ungulati sul bosco e sulle attività forestali, per i quali manca ancora un quadro di sintesi di tutte le informazioni. Nonostante il grande sforzo gestionale negli ultimi 5-10 anni, non siamo ancora giunti a stabilizzare le popolazioni di questa specie su livelli sostenibili, per quanto ancora elevati, in particolare dal punto di vista economico, sociale ed ambientale. La pianificazione faunistico venatoria in generale e l’attività di caccia e controllo svolta su queste specie è indispensabile per mantenere entro limiti tollerabili, anche dal punto di vista socioeconomico, il loro impatto sugli ecosistemi agro-forestali. 81 AMBIENTE E SALUTE Inquinamento da metalli pesanti E’ chiaramente condiviso ed accertato che le attività antropiche siano fonte continua di immissione nell’ambiente di sostanze chimiche, con un diverso grado di degradazione nel tempo, variabile a seconda delle sostanze, da giorni a decenni. Ricerche specifiche hanno determinato negli anni metodi e valutazioni per la determinazione del rischio ambientale fino ad arrivare anche ad individuare delle specie, animali e vegetali, definiti animali o piante “sentinella” o “ spia”, utili per la sua determinazione. Da queste indagini, nel caso delgli animali, emerge che i mammiferi selvatici possono essere considerati dei validi indicatori dell’inquinamento da metalli pesanti (Chyla, 1998; Chyla et al., 2000), proprio per la loro longevità che determina un’esposizione a stress ambientali relativamente duratura nel tempo. La loro vicinanza filogenetica con l’uomo li rende anche interessanti per comprendere i meccanismi attraverso i quali l’inquinamento può influenzare la salute dell’uomo (Furness, 1993). Nell bibliografia esistono molti studi e ricerche dalle quali emerge che normalmente il ruolo primario nell’assunzione di metalli dal suolo è rappresentato dalle piante e che pertanto gli erbivori sono gli animali nei quali si rileva la maggiore concentrazione di questi elementi. Questa osservazione ha portato a considerare che anche gli ungulati selvatici possano essere utilizzati come indicatori del grado di salute dell'ambiente in cui vivono, in quanto bioaccumulatori di eventuali contaminati assunti nelle diverse zone di foraggiamento, in ipotesi di assenza di “pasturazione”. A questo proposito si ritiene utile nella nostra realtà, procedere nella sistematizzazione di controlli per comprendere se esiste e quale sia l’eventuale grado di diffusione del foraggiamento abusivo , noto come pasturazione, e con quale tipologia di alimento questa viene eventualmente praticata, per consentire di acquisire eventuali dati funzionali alla determinazione di rischi ambientali, non “inquinati” da apporti esterni. Una altra fonte di inquinamento è determinata dal piombo delle munizioni da caccia che viene diffuso sul territorio nel corso dell'attività venatoria: come è noto, questo metallo può entrare nella catena alimentare e può causare gravi intossicazioni (saturnismo) sulle popolazioni selvatiche, in particolare le specie ornitiche (acquatici e rapaci) , in grandi predatori come il lupo ed avere effetti dannosi anche per la salute umana. (http://www.peregrinefund.org/Lead_conference/2008PbConf_Proceedings.htm). Diventa pertanto importante prevedere con la pianificazione faunistico venatoria 2012-2015 , in collaborazione con gli Enti di ricerca, anche attività di monitoraggio e/o di coordinamento per la determinazione dell’accumulo di metalli pesanti in organi e tessuti degli ungulati selvatici cacciati nella Provincia di Massa Carrara ( cinghiale e capriolo) , e determinare, attraverso apposite ricerche su soggetti rinvenuti morti nel nostro territorio ( in particolare lupo e rapaci), l'eventuale impatto su predatori, per acquisire dati inerenti ipotetici rischi per la salute pubblica e per la biodiversità derivanti dall'interazione diretta o indiretta tra fauna e sostanze tossiche presenti nell'ambiente. Zoonosi Con questo termine, si indicano le malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo e pertanto sono strettamente correlate alla salute umana . Dalla bibliografia si ritrova che solo raramente gli animali sono direttamente fonte di infezione: solitamente i germi sono trasmessi all’uomo da acqua e cibi contaminati, ma le zoonosi possono rappresentare un rischio più serio soprattutto per persone con sistema immunitario compromesso o che si trovino in particolari condizioni, come ad esempio la gravidanza. Nel caso di animali domestici , è possibile attivare una prevenzione, attuando una serie di pratiche, che vanno dal mantenerli puliti alla sistematica vaccinazione, mentre per gli animali selvatici , il 82 rapporto è più complesso , non consente di attuare alcune prevenzione e per questo questi animali non dovrebbero mai essere portati a vivere a contatto con gli ambienti domestici umani. Un esempio di zoonosi in fase attuale di controllo da parte delle strutture sanitarie, è la trichinellosi (detta anche trichinosi) , causata da vermi cilindrici (nematodi) appartenenti al genere Trichinella, parassita che inizialmente si localizza a livello intestinale per poi dare origine a una nuova generazione di larve che migrano nei muscoli, dove poi si incistano. Questo parassita è in grado di infettare i mammiferi, gli uccelli e i rettili, soprattutto quelli carnivori e onnivori (maiale, volpe, cinghiale, cane, gatto, uomo). La trasmissione all'uomo avviene esclusivamente per via alimentare, attraverso il consumo di carne cruda o poco cotta contenente le larve del parassita. In Italia, il veicolo di trasmissione è la carne suina (maiale o cinghiale), equina e più raramente di carnivori selvatici (volpe). La trichinosi non si trasmette da persona a persona ed ha un periodo di incubazione generalmente di circa 8-15 giorni, ma può variare da 5 a 45 giorni a seconda del numero di parassiti ingeriti. Nell'uomo il quadro clinico varia dalle infezioni asintomatiche a casi particolarmente gravi, con alcuni decessi. La sintomatologia classica è caratterizzata da diarrea (che è presente in circa il 40% degli individui infetti), dolori muscolari, debolezza, sudorazione, edemi alle palpebre superiori, fotofobia e febbre. Esistono chiaramente misure igienico-sanitarie per prevenirla, come quella di consumare la carne ben cotta, in modo che le eventuali larve presenti vengano inattivate o distrutte dal calore (è sufficiente 1 minuto a 65°C), la selvaggina e i maiali macellati a domicilio devono essere esaminati da un veterinario per determinare l'eventuale presenza delle larve del parassita nelle carni, oppure congelarla per almeno 1 mese a -15°C: un congelamento prolungato, infatti, uccide le larve. (http://www.epicentro.iss.it/focus/suis/schedastrepto.asp). La OMS ha lanciato una campagna con la quale cambia il metodo di approccio alla malattia considerata non più come entità assoluta, ma correlata ad altri parametri interdipendenti e legati al contesto ambientale di origine ( eco-patologia della fauna). E’ un approccio multidisciplinare che focalizza l’attenzione sulle connessioni tra ambiente, specie ospiti umane e non, agenti patogeni. (sito:www.onehealthinitiative.com). La protezione della salute umana dalle malattie e le infezioni direttamente o indirettamente trasmissibili tra gli animali e l’uomo è diventata così una azione prioritaria nella politica sanitaria della Unione Europea e la sorveglianza epidemiologica e sanitaria della fauna selvatica viene considerata un valido strumento per la conoscenza dell’ecosistema, lo studio delle interazioni tra animali selvatici e domestici ed i possibili rischi per l’uomo. In questa logica, la conoscenza ed il controllo delle malattie degli animali diventa un mezzo per la tutela della salute pubblica in quanto questi possono essere vettore o semplicemente ospite occasionale di agenti eziologici responsabili sia di patologie comuni , favorendo la diffusione , che di patologie emergenti. In questo ultimo caso si riscontra che più del 70% delle patologie emergenti (o ri-emergenti) nell’uomo sono dovuti all’azione di diffusione operata dagli animali selvatici. Il PFVP anche se non contiene misure dirette di Igiene e Sanità pubblica, sostiene una politica di coordinamento e condivisione delle informazioni attraverso appositi protocolli d'intesa con le Autorità Sanitarie competenti ( Istituto Zooprofilattico, Usl1-Massa-Carrara), per affrontare sinergicamente eventuali emergenze zoonotiche che possano coinvolgere la fauna selvatica ed azioni dirette organizzando attività di divulgazione ed aggiornamento specifico . TERRITORIO L’urbanizzazione è relativamente bassa anche nel territorio provinciale, se confrontata con altre realtà sviluppate, e si concentra sostanzialmente in un territorio molto ristretto: 83 le maggiori concentrazioni di popolazione si trovano nella fascia costiera. Infatti, nel tratto compreso tra Carrara e Montignoso, di 13 Km, su 601 km regionali, si hanno densità medie di 791,85 abitanti/ km²( dato IRPET) sul 16% della superficie provinciale.Il 72% della popolazione è addensata nella fascia costiera che rappresenta il 16% della superficie territoriale : Massa, 733,20 ab/kmq ( 93,84 Kmq), Montignoso, 610,91 ab./Kmq,( 16,74 Kmq), Carrara 909 ab/Kmq (71,01Kmq). La Popolazione provinciale ammonta a 199.437 abitanti (01/01/2012 - ISTAT), con una Densità 172,72 ab./km², su una Superficie complessiva di 1.154,68 km². La popolazione per comune risulta così distribuita: Aulla11.279, Bagnone1.914, Carrara 64.606, 1.007Casola in Lunigiana, 750Comano, 2.360 Filattiera, 8.249Fivizzano, 4.977Fosdinovo, 4.938Licciana Nardi, 68.802Massa, 10.226Montignoso, 2.550Mulazzo, 2.150Podenzana, 7.605Pontremoli, 2.095Tresana, 4.735Villafranca in L., 1.194Zeri. Andamento demografico della popolazione residente in prov. di Massa-Carrara nel decennio intercensuario 2001-2011. Popolazione residente al 31 dicembre di ogni anno fino al 2010 e al 8 ottobre 2011, giorno precedente il Censimento. Dati ISTAT. Per riallineare la serie dei dati 2001-2011 risultante dai conteggi delle Anagrafi comunali con i dati rilevati al 15° Censimento della Popolazione è necessario effettuare delle operazioni di ricostruzione intercensuaria della popolazione per ogni singolo Comune.In particolare, la popolazione residente in prov. di Massa-Carrara al Censimento 2011, rilevata il 9 ottobre 2011, 84 era di 199.650 individui, mentre alle Anagrafi comunali, sempre alla stessa data, ne risultavano 203.658, calcolati registrando le variazioni anagrafiche annuali della popolazione a partire dal Censimento 2001. si è registrata una differenza negativa fra popolazione censita e popolazione anagrafica pari a 4.008 unità (-1,97%). Si assiste anche qui alla coesistenza di aree a bassissima densità abitativa ed aree altamente urbanizzate, nelle quali gli effetti sono per entrambe la perdita di benessere, a causa della accresciuta inefficienza del sistema, del maggiore disagio ambientale, della compromissione del paesaggio. Infatti nelle aree altamente urbanizzate risulta facilmente percepibile l’inquinamento ambientale da traffico e da cemento, la perdita di identità dei luoghi, ed in quelle meno urbanizzate, con il conseguente minor presidio del territorio si realizza un degrado ambientale,che culmina nella riduzione della coesione sociale e del livello dei servizi di prossimità per la popolazione residua. Congestione ed abbandono sono quindi i pericoli che continueranno a coesistere anche nella Provincia di Massa Carrara del futuro. Nel nostro territorio si assiste ad un continuo abbandono di alcune aree che già oggi sono caratterizzate da elevati livelli di spopolamento che sommato all’innalzamento dell’età della popolazione e una base produttiva molto ridotta, rischia di innescare maggiori processi involutivi. La conseguenza di territori sempre meno presidiati, con popolazione anziana,con poche attività produttive e redditi bassi non possono che favorire un ulteriore allontanamento dei residenti, con l’effetto probabile di indurre crisi fiscali anche nelle amministrazioni locali che si trovano comunque a dover fronteggiare spese immutate con una base contributiva sempre minore. Per capire in quale misura cambierà l’urbanizzazione è necessario capire in quale misura l’urbanizzazione sia spiegabile con l’evoluzione generale del sistema provinciale. L’ipotesi più semplice che viene esplicitata nel RA Regionale per l’intera regione, è che le tre componenti dell’urbanizzazione (residenza, aree produttive e infrastrutture sociali ed economiche) dipendano 85 rispettivamente, la prima dalla dinamica demografica, la seconda dalla dinamica economica e la terza da un effetto combinato delle due, oltre che dalla discrezionalità del potere pubblico. Considerata la difficoltà di valutare quest’ultimo elemento, nel RA viene operata una valutazione relativa a come questi elementi si siano modificati nel più recente periodo per stimarne la covariazione, se non il rapporto causa effetto, senza peraltro riuscire ad effettuare un modello di previsione sulle dinamiche dell’urbanizzazione basate sui parametri sopra indicati, a causa della presenza di estesi territori oggettivamente inedificabili. Le previsioni sull’evoluzione socioeconomica ed ambientale del sistema provinciale non possono peraltro che essere quelle già indicate nel RA regionale che costituiscono una sintesi di un progetto di ricerca sul futuro della Toscana elaborato da IRPET e denominato “Toscana 2030”. Lo studio propone un inquadramento della realtà toscana di oggi evidenziando i suoi punti di forza e di debolezza e disegna alcuni probabili scenari al 2030 che incorporano le tendenze demografiche, sociali, economiche e di pressione ambientale registrate negli ultimi decenni. Pertanto si ribadisce in questa fase l’auspicio dell’applicazione del concetto di sostenibilità del modello di sviluppo; sostenibilità da intendersi come sostenibilità ambientale, economica, politica e sociale. Il dato riferito dal modello regionale in ipotesi di relazione causale tra le grandezze sopra riferite, porta alla conclusione che i processi di urbanizzazione mostrano una elasticità superiore all’unità rispetto alle dinamiche economiche e demografiche e potendo compiere una valutazione prospettica di lungo periodo, in ipotesi di una elasticità costante, stima che al 2030 i livelli di crescita dell’urbanizzazione rispetto all’ultimo dato disponibile (il 2007) sarebbero di circa l’11% per le aree residenziali e di quasi il 25% per quelle produttive equivalenti che in estensione assoluta si riferirebbero a quasi 10mila ettari in più per le prime e a quasi 6mila per le seconde. Sulla base del modello che si è realizzato negli ultimi anni l’ipotesi è che le nuove edificazioni dovrebbero concentrarsi nelle aree contigue a quelle urbane, con minori prezzi dei terreni e una buona dotazione infrastrutturale che per la nostra realtà si configura nelle aree pianeggianti costiera e di fondovalle , stante la particolare presenza di territori oggettivamente in edificabili per morfologia e per protezione. La Pianificazione faunistico venatoria 2012-2015, con le attività inerenti il miglioramento degli habitat , il mantenimento delle densità obiettivo per gli ungulati, il pagamento dei danni alle imprese agricole, procede nella logica di evitare gli abbandoni dei territori ed implementare le occasioni di fruibilità degli stessi. USO SOSTENIBILE DELLE RISORSE NATURALI E GESTIONE DEI RIFIUTI In termini di rifiuti, abbiamo visto che la produzione di rifiuti urbani pro capite risulta alta , così come a livello regionale, per effetto della alta incidenza di alcune tra le principali determinanti del rifiuto urbano: i pubblici servizi, le strutture ricettive, le piccole imprese. Se si aggiunge un sistema di gestione che è ancora molto orientato alla discarica e non molto sviluppato nel riuso/ recupero/ riciclo fino alla valorizzazione energetica finale, si comprende come l’evoluzione tendenziale ipotizzabile in termini di produzione e capacità di gestione dipenda dall’ evoluzione demografica,dall’ evoluzione dell’attività economica,dai settori economici, da quali risorse saranno a disposizione per gli investimenti nelle strutture di gestione e da quali indirizzi di politica influiranno sul sistema di gestione e sulla sua capacità di farsi carico dell’evoluzione delle produzioni. Pertanto in ipotesi di costanza di quantitativo complessivo dei rifiuti prodotti in un contesto di bassa crescita demografica e economica, potrebbero comunque essere necessari modalità di gestione adeguate ad una crescente quota di raccolta differenziata, alla necessità di aumentare la quota di recupero di materia e di energia, alla esigenza di eco compatibilità nell’individuare strutture e mercati per incentivare al massimo il riuso, riciclo e recupero (di materia o di energia) di queste tipologie di rifiuti. 86 Si reputa con la pianificazione faunistico venatoria, di sviluppare e promuovere pratiche di buona gestione della risorsa faunistica con la riduzione, raccolta e quando possibile , riciclo dei rifiuti prodotti nell’esercizio dell’ attività venatoria, con riferimento ai bossoli di plastica e agli scarti di macellazione degli ungulati. Il raccordo in questa direzione sarà effettuato tenendo conto del Piano regionale rifiuti di cui alla DCRT 88/98, al Piano regionale di gestione dei rifiuti di cui alla dCP 36/2004 che approva il Piano di gestione rifiuti provinciale pubblicato con DGRT 1211 del 29/11/2004 sul BURT 51, parte II Suppl.227 del 22.12.2004 e al Piano Straordinario relativo all’ATO Toscana Costa di cui alla DGRT 476 dell’8.6.2009. Non esistono dati di base,dai quali determinare l’effettivo impatto del fenomeno dell’ abbandono di rifiuti sul campo da parte dell’attività venatoria per la difficoltà intrinseca a distinguere la sorgente da parte delle tante altre attività che vengono svolte nell’ambiente (trekking, mountain-byking, enduro, raccolta funghi…). E’ ritenuto importante anche attivare momenti di incontro e soprattutto di collaborazione tra cacciatori, agricoltori, cittadini ed utilizzare la potenzialità di “volontariato” del sistema caccia come strumento per realizzare misure di prevenzione e di formazione nell’ambito della salvaguardia dell’ambiente nel senso più ampio per rilevare attraverso segnalazioni, anche eventuali siti utilizzati come discariche abusive, esercitare azione dissuasiva indiretta nei confronti di eventuali piromani. Acqua I consumi idrici sono stimati in lieve crescita, tale da riportarsi solo nel 2030 ai livelli del 2005. Anche in questo caso, però, elementi di criticità della struttura attuale sono riscontrabili nell’alta percentuale di perdite idriche, nonché nella futura minore disponibilità idrica derivante anche dal cambiamento climatico in atto. Il nostro territorio risente in misura minore delle criticità evidenziate a livello regionale sia per le diverse condizioni climatiche conseguenti la diversa conformazione orografica che per il diverso posizionamento geografico.Le piogge si stanno concentrando però in determinatio periodi dell’anno, spesso in forma eccessiva abbondanti, e le nevi presenti nella parte montana consentono spesso di formare buone riserve . Solo i prolungati periodi di siccità potrebbero compromettere le coltivazioni in atto in quanto normalmente la tipologia di agricoltura praticata , di tipo estensivo, anche quando specializzata, con colture di pregio, difficilmente adotta la pratica della irrigazione e pertanto no entra in competizione la possibilità di sosta o di nidificazione di specie migratorie o provocare spostamenti di popolazioni di animali verso il fondovalle TIPOLOGIA ED ENTITÀ DELLE FONTI DI IMMISSIONE Turismo Una caratteristica saliente riferita dal documento regionale è l’aumento che si osserva tra 1992 e 2000 per tutta la costa regionale : questo fenomeno, come si è già messo in evidenza per la popolazione, è una tendenza diffusa a livello di bacino mediterraneo, vuoi proprio per il sempre maggior sfruttamento delle risorse turistiche balneari e marine, vuoi per un aumentata competitività del trasporto marittimo e della navigazione di tipo crocieristico. In particolare, in alcune località, anche già ben conosciute, assistiamo ad un vero e proprio raddoppio nel numero di turisti tra il 1992 ed il 2000, tra queste Massa. Industria e portualità Le concentrazioni industriali e portuali di Massa e Carrara, costituiscono senza dubbio “aree critiche” per quanto concerne la qualità delle acque marine costiere; anche se in riferimento agli 87 scarichi industriali, questi non hanno rilevanza per Massa e Carrara perché non presentano industrie fortemente impattanti. In virtù della Legge 9 dicembre 1998, n. 426 “Nuovi interventi in campo ambientale”, è stata individuata una serie di siti di interesse nazionale nei quali sono necessari primi interventi di bonifica. Come riporta la legge essi sono “quelli compresi nelle seguenti aree industriali e siti ad alto rischio ambientale i cui ambiti sono perimetrati, sentiti i comuni interessati, dal Ministero dell’Ambiente…”. Tra gli interventi di bonifica di interesse nazionale è presente anche l’area industriale di Massa Carrara. Agricoltura Il territorio provinciale non presenta grandi estensioni coltivate, prevalgono, talvolta, sistemi di coltura intensiva in serra, tipologia intensamente sviluppata più a sud, nel tratto versiliese - pisano e, l’impatto che queste coltivazioni possono avere sulle risorse idriche, sia come prelievo ed uso delle acque che come immissioni inquinanti, non è così notevole come per le altre realtà toscane. Un fenomeno che desta una certa preoccupazione nella zona costiera è l’intrusione salina, cioè la penetrazione di acqua salata in falde idriche costiere comunicanti con il mare, a causa dell’eccessivo prelievo. Tutta la fascia collinare è invece intensamente coltivata a vigneti ed oliveti che, rispetto alle immissioni possono impattare , soprattutto nella zona costiera, con l’uso di diserbanti e di prodotti per la difesa delle piante. Pressioni esercitate sui bacini afferenti Magra. Carico organico potenziale: AbEq 163.762; carico trofico teorico: N tonnellate1.644; P tonnellate 645. (carico organico potenziale riferito al 2000 espresso in AbEq; carico trofico teorico riferito al 2000 espresso, in tonnellate/anno di N e P, come totale delle frazioni demografica, industriale, agricola e zootecnica) 3.4.2.4 Monitoraggio acque marino costiere-ARPAT anno 2010 Il risultato dei dati è stato valutato anche in base alla qualità ambientale data dall’indice TRIX nel periodo 2001-2007 ed è risultata BUONA lungo la costa settentrionale della Toscana, fino al porto di Livorno. I risultati sopra soglia degli elementi chimici a sostegno (altri inquinanti), identificano per tutti i corpi idrici indagati una classificazione di stato ecologico “sufficiente”. In questa situazione diventa sempre più emergente intensificare gli sforzi per realizzare le indagini che, tradotto negli obiettivi del piano si concretizza con indispensabili approfondimenti delle conoscenze legate alla presenza delle diverse specie sul territorio ed in generale, dell’analisi dell’ambiente naturale in cui esse vivono. Le azioni ascrivibili ai monitoraggi, al miglioramento della raccolta dei dati e l’implementazione degli studi, finalizzati ad una maggiore conoscenza del territorio, rappresentano pertanto una modalità di implementazione degli effetti positivi per il raggiungimento dell’equilibrio tra le diverse componenti ambientali. L’obiettivo del raggiungimento delle densità ottimali delle popolazioni di ungulati rappresenta in questa logica, un’azione di mitigazione degli impatti che la fauna selvatica ha su alcune componenti del territorio , come le aree agricole , i boschi, sia per quanto attiene la perdita di produzioni , che , soprattutto per il rischio di destabilizzazione dei versanti che nella nostra realtà rappresentano oltre che una caratterizzazione di tipo paesaggistico, un serio rischio per l’ambiente antropico in generale, in quanto può causare decisioni di ulteriore abbandono delle aree non vocate alle specie in esame. 88 Lo stesso piano di prelievo , sulle specie oggetto di attività venatoria, anche di selezione, basato sul presupposto che gli abbattimenti sono tesi al raggiungimento di densità obiettivo e al mantenimento dell’equilibrio nel rapporto tra le classi di età e sesso della popolazione, rientra nella strategia delineata del raggiungimento dell’equilibrio tra le diverse componemti ambientali, includendo in questo la prevenzione dei danni alle persone determinata dal rischio di collisioni con autoveicoli lungo le vie di comunicazione. Anche il miglioramento dello status di alcune popolazioni ,come l’incremento della lepre, pernice ed altri galliformi e le relative azioni di tutela rappresentano un’altra categoria di obiettivi tesi a mantenere e rafforzare strategie di preservazione e valorizzazione del patrimonio naturale esistente. 5. CARATTERISTICHE AMBIENTALI, CULTURALI E PAESAGGISTICHE DELLE AREE CHE POTREBBERO ESSERE SIGNIFICATIVAMENTE INTERESSATE E PROBLEMATICHE AMBIENTALI ESISTENTI [Ai sensi dell’All. 2 della L.r. 10/10, tra le informazioni da fornire nell’ambito del Rapporto ambientale è inclusa: c) Caratteristiche ambientali, culturali e paesaggistiche delle aree che potrebbero essere significativamente interessate, d) Qualsiasi problema ambientale esistente pertinente al piano e programma (…)] Nel presente capitolo sono descritti i principali elementi specifici relativi alle aree di rilevanza ambientale su scala provinciale definite all’interno del quadro della pianificazione e programmazione provinciale e regionale , quali: - Aree Protette e Aree Natura 2000; - Zone di criticità ambientale secondo il Piano Regionale di Azione Ambientale; - Aree a Vincolo Storico-Artistico, Archeologico e Paesaggistico della Toscana; - Ambiti di paesaggio contenuti nel Piano di Indirizzo Territoriale. In Europa le direttive Habitat (1992/42/CEE) e Uccelli (1979/409/CEE) hanno introdotto il concetto di rete ecologica europea “Natura 2000”.Per garantire la conservazione dei siti della rete ecologica, l’art. 6 della direttiva habitat, l’art. 5 del D.P.R. n.357/1997 di recepimento di tale direttiva, prevedono una procedura di Valutazione di incidenza per i piani o programmi che possano avere effetti significativi sullo stato di conservazione degli habitat e delle specie in essi ospitati. Devono essere quindi sottoposti a Valutazione di incidenza tutti i Piani o Progetti non direttamente connessi e necessari alla gestione dei siti della rete Natura 2000 e che possono avere ripercussioni negativi sui siti stessi. La regione Toscana con la L.R. 56/2000 “Norme per la conservazione e la tutela degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche ha recepito la Direttiva 1992/42/CEE “habitat” e la Direttiva 1979/409/CEE “Uccelli”. Con la Deliberazione del C.R. n. 6/2004 è stata definita la rete ecologica regionale. Di seguito è riportato soltanto l’elenco del le aree di rilevanza ambientale presenti in Provincia di Massa Carrara con la relativa classificazione ai sensi della legislazione sulle Aree protette L.R. n.49/2005, della Direttiva 1992/42/CEE “habitat” e la Direttiva 1979/409/CEE “Uccelli”: - Aree Protette - Aree Natura 2000 - IBA (Important Bird Areas) - Aree di particolare interesse naturalistico di cui alla “Carta della natura” del PTC Aree Protette e Aree Natura 2000: Aree Protette Il sistema delle aree protette della Provincia di Massa Carrara comprende: Parco Nazionale dell’Apennino Tosco-Emiliano per una superifice di circa ha 6224,00; Parco delle ALPI APUANE per una superficie di circa ha 6878 ; 89 La superficie complessiva delle Aree protette di cui alla L. 394/91 e L.R. 49/20 di ha 13102,56. Le aree naturali protette di interesse locale – ANPIL Lago di Porta, ANPIL Fiume Magra in Lunigiana–ANPIL Fiume Magra Filattiera, con una superficie di ha 82, ha 363 ed ha 310. Rete Natura 2000 Alle aree protette propriamente dette è affiancata la rete ecologica Natura 2000 che è una rete di zone naturali protette dall’UE e istituite in attuazione della Direttiva Habitat 43/92/CEE, il cui scopo è quello di garantire il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente di tipi di habitat naturali e di specie vegetali o animali bisognose di uno stato di protezione particolare e indicate negli allegati della direttiva stessa. La rete, oltre a comprendere una serie di habitat importanti e in pericolo, include anche i siti già designati ai sensi della Direttiva sugli uccelli selvatici 79/409/CEE. Il recepimento a livello regionale della Direttiva Habitat e del D.P.R. 357/97 (di attuazione nazionale) è stato effettuato con la L.R. 56/00 “Norme per la conservazione e la tutela degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche (…)”. Con questa legge si amplia la rete ecologica europea affiancando alle “proposte di Siti di Importanza Comunitaria” (pSIC) e alle Zone di Protezione Speciale, (ZPS) i Siti i Interesse Regionale (SIR) e i Siti di Interesse Nazionale (SIN). I SIC in Toscana sono 127, individuati tra le regioni biogeografiche mediterranea e continentale per un totale di 305.378,96 ha. 13 SIC, ricadono parzialmente od interamente nel territorio della Provincia di Massa Carrara, per una superficie esterna alle aree protette circa 2350 ettari. Più precisamente: Valle del Torrente Gordana (IT5110001), classificato anche pSIC , ha una estensione di 522,27 ettari e non è compreso nel sistema delle aree protette. Monte Orsaro (IT5110002), anche questo è classificato pSIC, con una estensione 1983,15 ettari, ed è in gran parte compreso nel Parco Nazionale "Appennino Tosco-Emiliano". Monte Matto – Monte Malpasso (IT5110003), classificato anche come pSIC, con una estensione di 754,09 ettari, è in parte compreso nel Parco Nazionale "Appennino Tosco-Emiliano". Monte Acuto – Groppi di Camporaghera (IT5110004), classificato anche come pSIC, con estensione di 464,60 ettari, sito in gran parte compreso nel Parco Nazionale "Appennino ToscoEmiliano". Monte La Nuda – Monte Tondo (IT5110005), classificato anche pSIC, con estensione di 520,72 ettari, sito in gran parte compreso nel Parco Nazionale "Appennino Tosco-Emiliano". Sagro (IT5110006), classificato anche pSIC, con una estensione 1223,28 ettari, in gran parte compreso nel Parco Regionale "Alpi Apuane". Monte Castagnolo (IT5110007), classificato anche pSIC, con una estensione di 116,10 ettari, sito in gran parte compreso nel Parco Regionale "Alpi Apuane". Monte Borla – Rocca di Tenerano (IT5110008), classificato anche pSIC, con una estensione 1081,30 ettari , Valle del Serra - Monte Altissimo (IT5120010), classificato anche pSIC, inserito anche questo parte nel territorio della provincia di Massa Carrara e parte in quella di Lucca, con una etensione 1.857,08 ettari, in gran parte compreso nel Parco Regionale "Alpi Apuane". M. Tambura - M. Sella (IT5120013), classificato anche pSIC, insiste sul territorio delle Province di Massa Carrara e Lucca, con una estensione di 2.009,88 ettari, in gran parte compreso nel Parco Regionale "Alpi Apuane". Praterie primarie e secondarie delle Apuane (IT5120015), sito classificato anche come ZPS, con una estensione di 17.320,84 ettari, in gran parte compreso nel Parco Regionale "Alpi Apuane" che interessa sia la Provincia di Massa Carrara che quella di Lucca. Lago di Porta (IT5110022) - Precedentemente classificato come: B02 Lago di Porta (IT5110103), classificato anche ZPS, con una estensione 155,8 ha, interamente compreso nelle 90 Aree Naturali Protette di Interesse Locale (ANPIL) “Lago di Porta” (MS) e “Lago e Rupi di Porta” (LU). B01 Lago Verde di Passo del Brattello (IT5110101), SIR non incluso nella rete ecologica europea Natura 2000.Ha una estensione di 229,97 ettari, e non è compreso nel sistema regionale delle aree protette. Nel parco Apennino Tosco Emiliano risultano : SIC/ZPS Monte Acuto, Alpe di Succiso cod. IT4030001; SIC/ZPS Monte La Nuda, Cima Belfiore, Passo del Cerreto cod. IT4030003; SIC/ZPS Monte Prado cod. IT4030006; SIC Monte Orsaro cod. IT5110002; SIC M. Matto – M. Malpasso cod. IT5110003; SIC M. Acuto – Groppi di Camporaghena cod. IT5110004; SIC M. La Nuda – M. Tondo cod. IT5110005; Le ZPS sono previste e regolamentate dalla Direttiva comunitaria 79/409 "Uccelli" (abrogata e sostituita dalla Dir. 2009/147/CE). L'obiettivo delle ZPS è la "conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico" che viene raggiunto non solo attraverso la tutela dell’avifauna ma anche attraverso la protezione dei loro habitat naturali. Le ZPS entrano automaticamente a far parte quindi della rete Natura 2000. I SIR della L.R. 56/00 vengono definiti come siti che contribuiscono in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale, sono quei luoghi che presentano gli elementi fisici o biologici essenziali alla vita e alla riproduzione delle specie animali e vegetali (art. 2 comma 1 lettera m), le ZPS sono invece un territorio idoneo per estensione e/o per localizzazione geografica alla conservazione delle specie di uccelli elencati nell’allegato I della direttiva 79/409/CEE. Ad oggi la rete di Sir comprende 161 siti di importanza regionale per una superficie complessiva di oltre 317.000 ettari, quasi il 14 per cento dell’intero territorio regionale. Vincoli Storico-Artistici, Archeologici, Paesaggistici e patrimonio culturale della Provincia di Massa Carrara Nel territorio regionale sono presenti 6 siti iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO . Per il territorio provinciale risulta proposto il bacino del marmo di Carrara. Aree tutelate ai sensi dell’art.142 Dlgs 42/2004 ( atlante delle risorse archeologiche) di cui alle carte sotto riportate. Ambiti di paesaggio del PIT La disciplina paesaggistica del PIT, attualmente adottata, oltre alle direttive, prescrizioni e salvaguardie contenuti nella disciplina generale del PIT, fa riferimento ad obiettivi di qualità ed azioni orientate al loro perseguimento. Gli obiettivi di qualità sono contenuti in apposite “schede dei paesaggi e individuazione degli obiettivi di qualità” allegate al piano e sono relativi ai valori naturalistici, storico-culturali ed estetico - percettivi degli elementi costitutivi di ciascun ambito di paesaggio. Detti obiettivi di qualità e dette azioni costituiscono, con riferimento ai beni paesaggistici, prescrizioni d’uso per gli strumenti della pianificazione dei comuni e per gli atti di governo del territorio. Costituiscono altresì indicazioni per le politiche di sviluppo con esse compatibili da attuarsi con gli strumenti programmatori di settore e con il concorso delle forze economiche e sociali. Di seguito si riportano le carte dei vincoli riferibili alle zone di interesse ambientale: 91 92 93 94 95 96 97 Nella provincia di Massa Carrara sono stati individuati 2 Ambiti di Paesaggio: 1 LUNIGIANA : Il crinale appenninico, nel versante di ponente, prevalentemente costituito da rilievi arrotondati, si qualifica per la fitta macchia boscata caratterizzata dalle faggete in alta quota e dal castagneto nel medio versante, nonché dalle colture di abetine e da boschi conifere posti, questi ultimi, su limitate ma significative porzioni di crinale, dalla cui massa emergono – distinguendosi paesisticamente – i pascoli e le aree agricole dei terrazzi. Ovunque il mosaico agrario è misto e le monocolture industrializzate sono assenti. I livelli di integrità del paesaggio rurale sono stati garantiti fino ad oggi dalla sostanziale tenuta delle relazioni funzionali, socio- economiche e ambientali che legano la rete diffusa degli insediamenti rurali al complesso delle risorse agro- ambientali rappresentate principalmente dai castagneti, dai pascoli e dalle aree agricole terrazzate. La diversificazione dell’assetto agrario è in molti casi minacciata dalle dinamiche di spopolamento e scivolamento a valle della popolazione con conseguente abbandono delle pratiche agricole di versante e rinaturalizzazione degli spazi aperti. Alle quote più alte le aree interessate da emergenze naturalistiche fanno riscontrare alcuni elementi di criticità tra i quali: - la riduzione delle attività di pascolo che ha come conseguenza il progressivo sviluppo di arbusteti responsabili della riduzione delle praterie secondarie; - la degradazione dei castagneti da frutto per effetto dell’abbandono; - il rischio di incendi. I settori per lo sviluppo più rilevanti sono quello agricolo e zootecnico. 2 MASSA CARRARA : L’ambito è suddivisibile in due zone, quella montana e quella della pianura costiera . L’area montana è caratterizzata da versanti piuttosto ripidi, con ampie aree boscate (carpino, cerro, faggio), i castagneti, le aree agricole di pertinenza degli insediamenti permanenti e stagionali (alpeggi), frequentemente sistemate a terrazze e ciglioni e le praterie di crinale, costituiscono la matrice dell’ecosistema naturale disposto a corona della catena montuosa La pianura costiera risente di una fortissima pressione insediativa: le poche aree extraurbane di pianura sono oggetto di nuove edificazioni a carattere prevalentemente residenziale, a cui si alternano aree incolte e zone umide. La forte pressione insediativa esercitata sulla pianura costiera ha messo in crisi la qualità ambientale del territorio rurale e gli equilibri idrogeologici anche a seguito di occupazione di suolo e dell’impermeabilizzazione delle aree di pertinenza fluviale (argini, aree di naturale esondazione, casse di laminazione, ...). Le cave e i bacini marmiferi (Carrara e Massa) con le relative strutture ed infrastrutture segnano profondamente il paesaggio apuano caratterizzandone l’ambiente locale. 98 6.OBIETTIVI DI PROTEZIONE AMBIENTALE DI INTERESSE CHE SI SONO TENUTI IN CONSIDERAZIONE NEL PROCEDIMENTO DI PIANIFICAZIONE [Ai sensi dell’All. 2 della L.r. 10/10, tra le informazioni da fornire nell’ambito del Rapporto ambientale sono incluse: “ […] e) obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri, pertinenti al piano o al programma, e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale] Contesto internazionale: VI Programma di Azione Ambientale 2002-2012 dell’Unione Europea approvato dalla Commissione Europea quasi contestualmente al vertice di Johannesburg del 2002 e che recepisce un lungo cammino della Comunità inteso a rendere effettivo l’art. 6 del Trattato istitutivo per realizzare le condizioni di sostenibilità dello sviluppo, a livello comunitario come a livello regionale. A Johannesburg la comunità mondiale ha affermato che “l’eliminazione della povertà, il cambiamento degli stili di produzione e consumo, e la protezione e la gestione delle risorse naturali fondamentali per lo sviluppo sociale ed economico sono gli obiettivi ed i presupposti essenziali per lo sviluppo sostenibile” ed ha individuato proprio le comunità locali come fulcro di questo processo favorendo un approccio “locale” ad un problema “globale” e ribadendo che gli organismi subnazionali devono svolgere la funzione fondamentale di inserire nel processo decisionale, attraverso le loro politiche, le necessarie prassi per introdurre dal basso i principi e le forme della sostenibilità. Il VI Programma ha individuato i principali obiettivi ed azioni in relazione a quattro aree prioritarie: - Cambiamenti climatici: ridurre le emissioni inquinanti in linea con gli andamenti concordati in sede europea in un quadro di misure che tenga conto delle specificità nazionali e della complessiva competitività del sistema economico; - Natura e biodiversità: tutelare, conservare, ripristinare e sviluppare il funzionamento dei sistemi naturali, degli habitat naturali e della flora e fauna selvatiche; - Ambiente, salute e qualità della vita: migliorare il livello di qualità della vita e di benessere sociale riducendo i livelli d'inquinamento, garantire la sicurezza alimentare e rendere sicure le attività produttive con particolare riguardo alla produzione e l'utilizzo delle sostanze chimiche; - Gestione delle risorse naturali e rifiuti: garantire una migliore efficienza delle risorse e una migliore gestione dei rifiuti e determinare il passaggio a modelli di produzione e di consumo più sostenibili. L’ottica è quella di un ambiente sistema complesso e articolato, privo di confini, in cui ogni componente ambientale interagisce con l’altra senza soluzione di continuità e nel quale le politiche economiche, sociali ed ambientali sono affrontate in modo sinergico” secondo una strategia che “introduca nuove modalità di interazione con il mercato e coinvolga i cittadini, le imprese ed altri ambienti interessati, per indurre i necessari cambiamenti dei modelli di produzione e di consumo pubblico e privato che incidono negativamente sullo stato dell’ambiente e sulle tendenze in atto”. Nel VI programma sono state definite sette Strategie Tematiche riguardanti l’ inquinamento atmosferico,l’ uso sostenibile delle risorse naturali, la prevenzione e riciclaggio dei rifiuti, le politiche sull’ambiente marino, sull’ambiente urbano,l’ uso sostenibile dei pesticidi, la protezione del suolo (sono state tutte approvate tra il 2005 e il 2006, tranne la strategia sulla protezione del suolo in fase di approvazione), alle quali è chiesto di rispondere con un obiettivo di razionalizzazione e di modernizzazione secondo il quale invece di tanti singoli atti legislativi si auspicano quadri giuridici e strategici più flessibili ritenendo che, in particolari aree , soltanto un pacchetto di misure coordinate possa dare i suoi frutti. I nuovi impegni della Carta di Aalborg, i cosiddetti Aalborg Commitments +10, segnano un importante passo in avanti, da una fase programmatica ad una pragmatica e strategica per tutte quelle amministrazioni locali che intendano volontariamente assumere impegni precisi per un orientamento sostenibile dello sviluppo. 99 Nel 2004 sono stati così approvati tali impegni, che suddividono l’azione di sostenibilità in 10 aree di azione (governance, gestione locale della sostenibilità, risorse naturali comuni, consumo responsabile e stili di vita, pianificazione e progettazione urbana, migliore mobilità e meno traffico, azione locale per la salute, economia locale sostenibile, equità e giustizia sociale, da locale a globale). La costruzione della attuale pianificazione venatoria ha seguito il principo della gestione locale della sostenibilità, del rispetto delle risorse naturali comuni, la divulgazione di una cultura di un consumo responsabile dell’ambiente in senso lato, previsto azioni sinergiche per la salute , rimborsi per danni agli agricoltori e pertanto suppota la sostenibilità dell’economia locale, si è sviluppata in concertazione con le diverse forze sociali per consentire con la partecipazione e condivisione delle scelte il mantenimento dell’equilibrio sociale, il tutto nella cornice delle indicazioni regionali . Il contesto nazionale Delibera CIPE del 30 Ottobre 2002,che recepisce molti dei principi e degli obiettivi del VI Programma richiamando sia le 4 aree di azione prioritaria sia il principio di integrazione, sottolineando come la protezione ambientale non vada considerata come una politica settoriale, ma come un denominatore comune per tutte le politiche. I principi ispiratori della Strategia di Azione Ambientale per lo Sviluppo Sostenibile in Italia sono fondamentalmente: 1. l’integrazione dell’ambiente nelle altre politiche; 2. la preferenza per stili di vita consapevoli e parsimoniosi; 3. l’aumento nell’efficienza globale dell’uso delle risorse; 4. il rigetto della logica d’intervento “a fine ciclo” e l’orientamento verso politiche di prevenzione; 5. la riduzione degli sprechi; 6. l’allungamento della vita utile dei beni; 7. la chiusura dei cicli materiali di produzione-consumo; 8. lo sviluppo dei mercati locali e delle produzioni in loco; 9. la valorizzazione dei prodotti tipici e delle culture della tradizione; 10. la partecipazione di tutti gli attori sociali alla determinazione degli obiettivi e degli impegni e alla corrispondente condivisione delle responsabilità. Il contesto regionale La decisione della Giunta Regionale n. 2 del 6 novembre 2006 di “Approvazione del modello analitico per l’elaborazione e la valutazione dei piani e programmi regionali previsto dall’articolo 10 della L.R. 49/99 e s.m.i., delle linee guida per la valutazione degli effetti attesi e delle forme di partecipazione per la valutazione integrata di piani e programmi regionali”, nella quale si esplicita l’attenzione verso la conservazione, valutazione e governo delle risorse ambientali e territoriali delle Toscana, promuovendo, al contempo, la valorizzazione delle potenzialità locali dello sviluppo e la massima integrazione fra i diversi territori della regione, nell’ambito di un sistema delle città equilibrato e policentrico, di uno sviluppo delle potenzialità della montagna, della fascia costiera e delle aree rurali, nel rispetto delle esigenze di tutela ambientale e territoriale ad esse peculiari. Programma Regionale di Sviluppo 2011-2015 contiene l’indicazione delle linee strategiche per la programmazione settoriale pluriennale, tra cui quelle relative alle politiche ambientali, configurandosi come un atto di vera e propria programmazione di legislatura, e non più un mero atto di indirizzo. Tali indirizzi ambientali possono essere riassunti nei seguenti punti: - razionalizzare e ridurre i consumi energetici, migliorare l’efficienza energetica degli edifici, a partire dagli edifici pubblici, e dei processi produttivi, sviluppare le energie rinnovabili per 100 raggiungere gli obiettivi comunitari al 2020, compreso l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas climalteranti; - produrre un corretto equilibrio fra tutela e sviluppo, consolidando e arricchendo il Sistema Regionale dei Parchi e delle Aree Protette, anche marine, valorizzandone, insieme alle aree rurali, le potenzialità di sviluppo (con particolare riferimento al settore turismo), conservando la biodiversità terrestre e marina, promuovendo una specifica strategia d’azione regionale per la biodiversità che sarà trasversale alle altre politiche di settore; - mettere in sicurezza il territorio e ridurre il rischio idrogeologico e sismico, puntando sulla prevenzione quale approccio prioritario nei confronti di eventi alluvionali e calamità naturali. Particolare attenzione sarà data agli interventi di difesa del suolo dal dissesto idrogeologico, fondamentali per garantire la sicurezza della popolazione, un adeguato sviluppo territoriale, nonché importante elemento in grado di attivare risorse e produrre occupazione e sviluppo in un’ottica di green economy; - favorire l’integrazione tra ambiente e salute attraverso politiche di prevenzione del rischio ambientale e di riduzione degli inquinamenti, con particolare attenzione all’inquinamento atmosferico, anche attraverso un approccio integrato con le politiche per la mobilità; - tutelare la qualità delle acque interne e costiere, promuovere un uso sostenibile della risorsa idrica e perseguire una visione integrata della fascia costiera e del mare che ne valorizzi, anche mediante la ricerca, le risorse ambientali, naturalistiche e, allo stesso tempo, le potenzialità economiche e sociali; -raggiungere una gestione sostenibile dei rifiuti, sia urbani che speciali, attraverso un approccio integrato nella definizione di obiettivi ed interventi, che da una parte tuteli l’ambiente e dall’altra produca effetti positivi di sviluppo economico. Con la Convenzione europea del paesaggio, firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata dal Governo italiano con Legge 9 gennaio 2006, n. 14, è stata affermata la unitarietà del rapporto fra paesaggio e territorio superando in tal modo ogni ambiguità in merito al tema paesaggio inteso esclusivamente come bellezza da tutelare o come vista e panorama da mantenere. La Convenzione Europea ha fornito una più chiara definizione del concetto di paesaggio: “Il paesaggio designa una parte di territorio, per come è percepito dalle popolazioni, le cui caratteristiche sono il risultato delle azioni e delle interazioni dei fattori naturali e/o umani”, ovvero ogni lembo di territorio è definibile attraverso il suo particolare e specifico paesaggio .La pianificazione urbanistica e paesistica non possono essere disgiunte in quanto le politiche del paesaggio si identificano con la formulazione, da parte delle autorità politiche competenti, di principi generali, di strategie e di orientamenti che consentono di adottare misure particolari mirate alla protezione, alla gestione e alla pianificazione del paesaggio, relativamente al perseguimento dei cosiddetti obiettivi di qualità ovvero alla definizione di ambienti in grado di rispondere alle aspirazioni delle popolazioni che risiedono in quei territori. In questi ambiti vanno perseguite azioni che tendano sia alla conservazione dei luoghi di pregio come alla modifica dei paesaggi degradati e quindi rivolte alla valorizzazione di ogni luogo in relazione alla sua storia ed alle sue caratteristiche peculiari. Paesaggio e popolazione, paesaggio e trasformazioni, paesaggio e storia, ma soprattutto paesaggio e patrimonio culturale come è stato sancito dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 42/2004 e successive modificazioni) in cui si dichiara che il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e da quelli paesaggistici. Nella III Parte del Codice, inoltre, interamente dedicata ai beni paesaggistici, si evidenzia un chiaro allineamento ai principi della Convenzione Europea:contenuto e contenitore diventano un concetto unitario che esprime l’identità dei luoghi e si esplicitano in quei caratteri che derivano loro “dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interazioni”. 101 6.1.Quadro sintetico degli obiettivi di protezione ambientale Il quadro sintetico di riferimento ambientale strategico per la VAS è stato sviluppato a partire dal modello analitico regionale in corso di aggiornamento e frutto dell’analisi comparata degli obiettivi ambientali stabiliti in ambito europeo, nazionale e regionale: Quadro di sintesi degli obietti di protezione ambientale di riferimento per la VAS Riduzione , lotta ai processi di cambiamento climatico: riduzione di emissioni di CO2. Con il piano si indicano le densita obiettivo per le specie ungulate funzionali alla determinazione dei piani di abbattimento, che riportano le specie in esame alla densità sostenibile a fine piano , con eliminazione dei capi stimati e conseguente implicita diminuzione di CO2 , ancorché non quantificabile. Tutela dell'ambiente e della salute: Riduzione emissioni atmosferiche inquinanti, con divieto di utilizzo di pallini di piombo in aree umide, sensibilizzazione nella prevenzione di zoonosi. Uso sostenibile delle risorse naturali e gestione dei rifiuti : Destinazione differenziata del territorio, Ottimizzazione gestione dei rifiuti,sviluppo di buone prassi inerenti l’attività venatoria, determinazione delle densità obiettivo per gli ungulati e altre specie non carnivore, determinazioni delle vocazionlaità dei territori. Salvaguardia della natura e della biodiversità:Rispetto delle vocazionalità degli ambienti e salvaguardia degli habitat , controllo delle specie predatrici, controllo degli ungulati, riduzione del rischio idrogeologico Salvaguardia dei beni Storico Artistici, Archeologici Paesaggistici e del patrimonio culturale: Tutela e riqualificazione dei beni Storico-Artistici, Archeologici e Paesaggistici e del patrimonio Culturale Nell’ambito della pianificazione venatoria tali obiettivi si possono meglio esplicitare in: Riduzione Lotta ai processi di cambiamento climatico: -Il raggiungimento della densità obiettivo attraverso i piani di abbattimento degli ungulati, comporta comunque una riduzione di CO2 prodotta da questa fauna, ancorché non definita, analogamente agli allevamenti zootecnici; Tutela dell'ambiente e della salute attraverso -Divieto di utilizzo di pallini di piombo in appostamenti fissi di caccia a palmipedi e trampolieri; -Incentivazione dell’uso di palle atossiche nella caccia agli ungulati; -Divulgazione di una cultura della buona prassi venatoria tesa anche a contribuire a ridurre il rischio per la salute pubblica e per le attività zoo-economiche legato alla fauna selvatica ed al consumo delle loro carni; -Programma di sorveglianza sanitaria della fauna selvatica e valutazione del rischio connesso con la salute pubblica e le attività zoo-economiche (in collaborazione con USL e IZS). Uso sostenibile delle risorse naturali e gestione dei rifiuti : -Destinazione di una quota compresa tra 20 e 30 % della SAF ad aree con finalità di protezione e tutela della fauna; - Per le specie carnivore di interesse prioritario : azioni di tutela e mantenimento delle capacità riproduttive; 102 - per specie non carnivore: individuare, raggiungere e mantenere, densità compatibili con attività Agrico le e forestali, -Individuazione delle vocazioni faunistiche del territorio per la fauna stanziale oggetto di caccia, con particolare riguardo per gli ungulati; -Sviluppo e promozione di pratiche di buona gestione della risorsa faunistica tesa a consentire una riduzione, raccolta e riciclo dei rifiuti prodotti nell’esercizio dell’ attività venatoria, con riferimento ai bossoli di plastica e agli scarti di macellazione degli ungulati. Salvaguardia della natura e della biodiversità -Conservare e se possibile migliorare lo stato di conservazione di specie in declino, con particolare riferimento a quelle legate agli ambiente agricoli (FBI); -Contribuire a mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente le specie di cui all’allegato I della direttiva CE 43/92 Habitat ; -Contribuire a migliorare gli habitat, con particolare riferimento al ripristino dell’agricoltura tradizionale nelle aree marginali ove questa è stata abbandonata; -Contribuire a mantenere la funzionalità degli ecosistemi forestali mediante il controllo degli ungulati; -Contribuire a sviluppare il monitoraggio delle specie, con particolare attenzione a quelle Prioritarie. Nello specifico : Controllo delle specie aliene (nutria), o diffuse dall’uomo (piccione), o invasive (cinghiale) Individuazione delle Oasi di protezione e delle zone di protezione in aree di elevato pregio ambientale, con particolare riferimento alle aree demaniali; Controllo localizzato di predatori opportunisti che possono avere effetti negativi sulla biodiversità (corvidi,volpe….); Istituzione di Zone di ripopolamento e cattura e delle Zone di rispetto venatorio in aree con prevalente vocazione agricola e non vocate alla presenza del cinghiale; Indirizzi per la costituzione di nuove Aziende faunistico venatorie in aree a prevalente vocazione agricola e di elevato pregio; Indirizzi per la costituzione di nuove Aziende agrituristico venatorie in aree ad agricoltura marginale; Promozione di misure di miglioramento ambientale favorevoli al mantenimento di habitat e specie tutelate dalla direttiva habitat; Promozione di ripristino dell’agricoltura tradizionale in aree marginali ove è stata abbandonata (colture a perdere, siepi, mantenimento di pascoli,..) Contribuire a mitigare il declino di alcune specie (es: allodola, beccaccia, beccaccino, codone, combattente, frullino, marzaiola, starna) anche attraverso l’adozione di misure da prevedere nel calendario venatorio; Mantenimento di zone di protezione o di divieto di caccia in aree sensibili ; Miglioramento delle operazioni di ripopolamento mediante l’adozione di misure di prevenzione del rischio sanitario e di inquinamento genetico; Contributo al monitoraggio della avifauna migratoria da parte dei titolari degli appostamenti fissi di caccia. Definizione dei criteri e modalità per il risarcimento dei danni causati da animali selvatici alle attività agricole. Salvaguardia dei beni Storico Artistici, Archeologici Paesaggistici e del patrimonio culturale: Tale obiettivo viene raggiunto attraverso le azioni riferibili alla salvaguardia degli habitat , alle azioni tese a reintegrare l’agricoltura tradizionale nelle aree marginali ove questa è stata abbandonata , al mantenimento delle densità obiettivo degli ungulati, alle azioni inerenti le 103 politiche di risarcimento dei danni alle coltivazioni agricole, e comunque riferibili alle attività di migliormento ambientale o di sostegno per il ripristino di elementi caratterizzanri la specifica ruralità . Quadro di sintesi degli obiettivi di protezione ambientale di riferimento per la VAS Lotta ai processi di cambiamento climatico Tutela dell’ambiente e della salute Ridusione emissioni di CO2 Raggiungimento della densità obiettivo attraverso i piani di abbattimento degli ungulati: ridurzione di CO2 prodotta da questa fauna, ancorché in quantità non definita; -Riduzione emissioni atmosferiche inquinanti; -prevenzione zoonosi -Divieto di utilizzo di pallini di piombo in appostamenti fissi di caccia a palmipedi e trampolieri -Incentivazione dell’uso di palle atossiche nella caccia agli ungulati attraverso adeguata formazione di tipo ambientale/sanitaria ; -Divulgazione di una cultura della buona prassi venatoria tesa anche a contribuire a ridurre il rischio per la salute pubblica e per le attività zoo-economiche legato alla fauna selvatica ed al consumo delle loro carni; -Programma di sorveglianza sanitaria della fauna selvatica e valutazione del rischio connesso con la salute pubblica e le attività zoo-economiche (in collaborazione con USL e IZS) Uso sostenibile delle risorse naturali e gestione dei rifiuti -Destinazione differenziata del territorio; -eterminazione DAF ungulati; -censimenti uccelli. -ottimizzazione gestione dei rifiuti. - Destinazione di una quota compresa tra 20 e 30 % della SAF ad aree con finalità di protezione e tutela della fauna; - Per le specie carnivore di interesse prioritario : azioni di tutela e mantenimento delle capacità riproduttive; - per specie non carnivore: individuare, raggiungere e mantenere, densità compatibili con attività Agrico le e forestali, -Individuazione delle vocazioni faunistiche del territorio per la fauna stanziale oggetto di caccia, con particolare riguardo per gli ungulati; -Sviluppo e promozione di pratiche di buona gestione della risorsa faunistica tesa a consentire una riduzione, raccolta e riciclo dei rifiuti prodotti nell’esercizio dell’ attività venatoria, con riferimento ai bossoli di plastica e agli scarti di macellazione degli ungulati; -Proposta di Attività educative alle AAVV per sensibilizzazione cacciatori per raccolta bossoli durante i corsi di preparazione alla abilitazione ( giorni di volontariato per bonificare boschi/ realizzazione opuscoli informativi specifici) -definizione dei criteri per il pagamento dei danni causati da animali selvatici alle attività agricole. Salvaguardia -Rispetto delle -Conservare e se possibile migliorare lo stato di 104 della natura e della biodiversità vocazionalità degli ambienti e salvaguardia degli habitat; -controllo delle specie predatrici e degli ungulati; -Riduzione del rischio idrogeologico Salvaguardia dei beni Storico Artistici, Archeologici Paesaggistici e del patrimonio culturale Tutela e riqualificazione dei beni StoricoArtistici, Archeologici e Paesaggistici e del patrimonio culturale conservazione di specie in declino, con particolare riferimento a quelle legate agli ambiente agricoli (FBI); -Contribuire a mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente le specie di cui all’allegato I della direttiva CE 43/92 Habitat ; -Individuazione delle vocazioni faunistiche del territorio per la fauna stanziale oggetto di caccia, con particolare riguardo per gli ungulati; -azioni riferibili alla salvaguardia degli habitat ,( Istituzione oasi di protezione, ZRV, ZRC, indirizzi per le AVF ed AAV, mitigazione declino di alcune specie con prescrizioni in calendario venatorio, miglioramenti ambientali, sostegno all’agricoltura marginale) -Contribuire a migliorare gli habitat, con particolare riferimento al ripristino dell’agricoltura tradizionale nelle aree marginali ove questa è stata abbandonata; -Contribuire a mantenere la funzionalità degli ecosistemi forestali mediante il controllo degli ungulati; -Contribuire a sviluppare il monitoraggio delle specie, con particolare attenzione a quelle Prioritarie. azioni tese a reintegrare l’agricoltura tradizionale nelle aree marginali ove questa è stata abbandonata , - mantenimento delle densità obiettivo degli ungulati, per ridurre danni alle coltivazioni e quindi al paesaggio; - azioni inerenti le politiche di risarcimento dei danni alle coltivazioni agricole, e comunque riferibili alle attività di migliormento ambientale o di sostegno per il ripristino di elementi caratterizzanri la specifica ruralità per evitare ulteriori abbandoni. - definizione dei criteri e modalità per il risarcimento dei danni causati da animali selvatici alle attività agricole - acquisizione dati inerenti la presenza nella sentieristica RET e via Francigena - 105 7.INDIVIDUAZIONE E VALUTAZIONE IMPATTI SIGNIFICATIVI [Ai sensi dell’All. 2 della L.r. 10/10, tra le informazioni da fornire nell’ambito del Rapporto ambientale sono incluse: “ […] f) possibili impatti significativi sull’ambiente, compresi aspetti quali la (…) devono essere considerati tutti gli impatti significativi, compresi quelli secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi] Come riferito nel PRAF , la valutazione degli effetti ambientali del PFVP rappresenta il passaggio più significativo del Rapporto Ambientale. Gli effetti ritenuti pertinenti ed importanti, devono essere generalmente valutati su una scala territoriale e confrontati con opportune soglie di rilevanza definite da un preciso set di criteri basati su standard di tolleranza dei sistemi ambientali (capacità di carico, impatti su specie minacciate, ecc.) o standard di capacità dei servizi (in termini di disponibilità idriche, capacità di smaltimento dei rifiuti, ecc.) L’Allegato 1 della L.R.T. 10/2010 definisce alcuni criteri di valutazione della significatività degli effetti, tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi: - probabilità, durata, frequenza e reversibilità degli effetti, - carattere cumulativo degli effetti, - rischi per la salute umana o per l'ambiente (ad es. in caso di incidenti), - entità ed estensione nello spazio degli effetti (area geografica e popolazione potenzialmente interessate), - valore e vulnerabilità dell'area che potrebbe essere interessata a causa: delle speciali caratteristiche naturali o del patrimonio culturale, del superamento dei livelli di qualità ambientale o dei valori limite, dell'utilizzo intensivo del suolo, effetti su aree o paesaggi riconosciuti come protetti a livello nazionale, comunitario o internazionale. Riconfermando l’approccio del modello analitico regionale, la definizione degli effetti ambientali del PFVP può essere efficacemente espressa da una rappresentazione a matrice, per consentuire una visione sintetica dei risultati e dei processi di analisi. Nella prima colonna della matrice verranno riportati tutti gli interventi che rappresentano l’articolazione operativa degli obiettivi del Programma: ogni singolo intervento individuato su tale colonna è oggetto di valutazione degli effetti. Nella prima riga sono invece considerati gli effetti attesi derivanti dalla considerazione degli obiettivi di protezione ambientale prioritari per la valutazione ambientale strategica . Pertanto per ogni obiettivo generale del PFVP definito nella matrice, i singoli interventi previsti sono oggetto di valutazione relativamente ai loro potenziali effetti ambientali, ovvero degli effetti attesi in riferimento agli obiettivi ambientali presi in considerazione nel RA. Nelle celle della matrice, corrispondenti a ciascuna coppia intervento di piano/obiettivo ambientale, la direzione dell’ effetto atteso è descritta seguendo i seguenti 4 livelli di valutazione: - effetto atteso con effetti ambientali potenzialmente positivi, rilevanti o significativi, o comunque compatibili con il contesto ambientale di riferimento; - effetto atteso dall’intervento con effetti ambientali potenzialmente negativi, rilevanti o significativi, per cui si rendono necessarie opportune misure di mitigazione o compensazione perché possa diventare coerente con gli obiettivi strategici di carattere ambientale; - effetto atteso dall’intervento con effetti ambientali incerti; l’intervento può contribuire in modo sinergico al perseguimento degli obiettivi strategici di carattere ambientale grazie all’introduzione di specifici indirizzi ambientali; - non è individuabile un effetto significativo atteso dall’intervento sugli aspetti ambientali considerati 106 Matrice di valutazione degli effetti ambientali del PFVP della Provincia di Massa Carrara OBIETTIVI SPECIFICI / EFFETTI ATTESI Lotta al cambiamento Tutela amb.e salute Uso sostenibile Salvaguardia natura Climatico risorse naturali e biodiversità Obiettivo Generale / Obiettivo specifico Riduz. Emissioni Rid. Emissi inquinanti Ottimizz. Gestione Salv biodivers. CO2 rifiuti 1) Garantire una destinazione differenziata del territorio paesagg. Effetti rilev.i positiv Effetti rilev.i positivi Effetti rilev.i positiv 3) Criteri e monitoraggio della fauna Effetti rilev.i positiv Nessun effetto Nessun effetto Effetti sign. positivi Tutela beni terrestre 2)Conservazione e incremento della fauna Selvatica al fine di garantire la coesistenza con Attività antropiche presenti sul territorio ed adeguamento criteri per la gestione degli ungulati sul territorio provinciale Effetti signif. Positivi Effetti signif. Positivi 4) Criteri e modalità per la prevenzione E per il risarcimento danni in favore Degli imprenditori agricoli per danni Arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate sui fondi Salv Beni st.arch.paesag Effetti rilev.i positiv Effetti sign. Positivi Effetti sign. positivi Nello specifico gli elementi contenuti nel PFVP ritenuti significativi in base all’allegato I della L.R.T. 10/2010 , possono essere esplicitati come segue: Tutela dell'ambiente e della salute: -Riduzione degli inquinanti prodotti durante l’esercizio dell’ attività venatoria, con particolare attenzione alle aree umide per le quali si vieta l’uso di pallini di piombo; -Contribuire a ridurre il rischio per la salute pubblica e per le attività zoo-economiche legato alla fauna selvatica ed al consumo delle loro carni attraverso apposita formazione e sensibilizzazionenonchè attraverso azioni di coordinamento con gli istituti di ricerca ed ASL. -promozione di una cultura rispettosa dell’ambiente tesa ad eliminare le munizioni di Pb anche nelle altre zone attraverso attività educative da proporre ad Associazioni venatorie che dovranno sensibilizzare i propri iscritti sulla tematica per far bandire spontaneamente l’uso del Pb. - Per la sicurezza acquisizione di dati inerenti la presenza di persone impegnate in attività ricreative od economiche all’aperto ed in particolare sulla sentieristica RET e sugli itinerari di lunga percorrenza ( via Francigena), per valutare la interferenza derivante dalle arrività venatorie con le stesse. Uso sostenibile delle risorse naturali e gestione dei rifiuti: - Destinazione di una quota compresa tra 20 e 30 % della SAF ad aree con finalità di protezione e tutela della fauna; - azioni di tutela e mantenimento delle capacità riproduttive per le specie carnivore di interesse prioritario ; - individuazione, e mantenimento delle densità compatibili con attività Agrico le e forestali, per le specie non carnivore; -Individuazione delle vocazioni faunistiche del territorio per la fauna stanziale oggetto di caccia, con particolare riguardo per gli ungulati; 107 -Sviluppo e promozione di pratiche di buona gestione della risorsa faunistica tesa a consentire una riduzione, raccolta e riciclo dei rifiuti prodotti nell’esercizio dell’ attività venatoria, con riferimento ai bossoli di plastica e agli scarti di macellazione degli ungulati; - definizione dei criteri e modalità per il risarcimento dei danni causati da animali selvatici alle attività agricole. Salvaguardia della natura e della biodiversità : - Previste azioni per la conservazione e dove possibile il miglioramento dello stato di conservazione di specie in declino, con particolare riferimento a quelle legate agli ambiente agricoli (FBI), nonché contribuire a mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente le specie di cui all’allegato I della direttiva CE 43/92 Habitat ,per migliorare gli habitat, con particolare riferimento al ripristino dell’agricoltura tradizionale nelle aree marginali ove questa è stata abbandonata. Tra le attività Contribuire a mantenere la funzionalità degli ecosistemi forestali mediante il controllo degli ungulati nonché contribuire a sviluppare il monitoraggio delle specie, con particolare attenzione a quelle prioritarie. Il raggiungimento di alcuni obiettivi specifici del PFVP può avere ricadute diverse sugli obiettivi ambientali del RA, proprio per la complessità e numerosità delle interrelazioni tra le diverse componenti di un ecosistema, e per le diverse modalità di attuazione delle azioni previste inoltre una stessa azione può essere considerata ad impatto positivo o negativo sulla base della specie target che si vuole favorire o inibire. Qui di seguito è riportanta la matrice relativa agli obiettivi del PFVP 2012-2015, così come integrate rispetto alla documento preliminare al rapporto ambientale. Nelle celle della matrice, corrispondenti a ciascuna coppia intervento di piano/obiettivo ambientale, la direzione dell’ effetto atteso è descritta seguendo i seguenti 4 livelli di valutazione: - effetto atteso con effetti ambientali potenzialmente positivi, rilevanti o significativi, o comunque compatibili con il contesto ambientale di riferimento; - effetto atteso dall’intervento con effetti ambientali potenzialmente negativi, rilevanti o significativi, per cui si rendono necessarie opportune misure di mitigazione o compensazione perché possa diventare coerente con gli obiettivi strategici di carattere - effetto atteso dall’intervento con effetti ambientali incerti; l’intervento può contribuire in modo sinergico al perseguimento degli obiettivi strategici di carattere ambientale grazie all’introduzione di specifici indirizzi ambientali; - non è individuabile un effetto significativo atteso dall’intervento sugli aspetti ambientali considerati. LEGENDA Effetti di direzione incerta: ? Nessun effetto: 0 Effetti rilevanti o significativi negativi: Obiettivi/ Effetti Tutela dell’ambiente e della salute Riduzio ne degli inquinan ti prodotti durante l’eserciz io Riduzio ne dei rischi per la salute pubblica e per le attività - Effetti rilevanti o significativi positivi: + Uso sostenibile delle risorse naturali e gestione dei rifiuti Promuo Promuovere vere la riduzione, buone la raccolta ed pratiche il riciclo dei di rifiuti gestion prodotti e dall’esercizio faunisti venatorio Salvaguardia della natura e della biodiversità Migliorar e lo stato delle specie in declino (FBI) 108 Conservazione specie All. I Direttiva Habitat Migliorare habitat e promuover e agricoltura in aree marginali Mantenere funzionalit à del bosco mediante controllo ungulati Mo nito rag gio di spe cie, in dell’ attività venatori a zooeconomi che legati alla fauna ca part icol are prio ritar ie 1.1. Destinazione di una quota compresa tra 20 e 30 % della SAF ad aree con finalità di protezione e tutela della fauna + ? 0 0 + + 0 ? 0 1.2. Destinazione di una quota non superiore al 5 % della SAF ad aree destinate all’allenamento,al l’addestramento ed alle gare dei cani 0 ? 0 0 0 -/0 -/0 0 0 1.3 Individuazione delle Oasi di protezione e delle zone di protezione in aree di elevato pregio ambientale, con particolare riferimento alle aree demaniali + 0 + 0 + + + -/0 + 1.2 Destinazione 0 ? 0 0 0+- 0+- + ? 0 0 ? -+ 0 + + 0 0 0 0 + 0 0- 0 + 0 0 0 + 0 + 0 0 0 0 1.Destinazione differenziata del territorio di una quota non superiore al 15 % della SAF ad aree destinate alla gestione privata (Aziende Faunistiche e agrituristico venatorie 1.4Individuazione delle Aziende faunistico venatorie in aree a prevalente vocazione agricola e di elevato pregio 1.5 Individuazione delle Aziende agrituristico venatorie in aree ad agricoltura marginale 1.6 Individuazione delle Zone di ripopolamento e cattura e delle Zone di rispetto venatorio in aree 0 0 109 con prevalente vocazione agricola e non vocate alla presenza del cinghiale 1.8.Individuazio ne delle aree dove sono collocabili gli appostamenti fissi di caccia 0 0 0 0 ? ?- 0 0 + 2. Conservazione e incremento della fauna selvatica, anche al fine di garantire la coesistenza con le attività antropiche presenti sul territorio e criteri uniformi per la gestione degli ungulati 2.1.Criteri gestione piccola stanziale - 0 0 0 0 + + + 0 + 2.2 Criteri gestione fauna migratrice 2.3 criteri gestione ungulati 2.4Criteri gestione predatori e specie dannose 2.5Sicurezza nell’esercizio venatorio e operazioni controllo 3- Criteri e modalità monitoraggio fauna 3.1 Monitoraggio ungulati 3.2 monitoraggio piccola stanziale 4. Criteri e modalità per prevenzione e risarcimento danni in favore degli Imprend.Agric. per danni arrecati da fauna selvatica alle produzioni e opere sui fondi 4.1 Competenze 0 0 0 0 + + + 0 + + + + 0 0 0 0 + 0 0 0 0 0 + 0 + 0 + + + 0 0 0 0 0 + 0 + + + + + 0 0 + + 0 0 0 0 + + + 0 0 + 0 0 0 + 0 0 4.2 soggetti 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4.3 Prevenzioni 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 + + 0 4.4 risarcimenti + + 0 0 110 + A seguire gli effetti con i cambiamenti climatici e con la salvaguardia del patrimonio architettonico e paesaggistico, Obiettivi/ Effetti Cambiamenti climatici Riduzione di CO2 Salvaguardia beni storici-architettonici paesaggistici Tutela beni paesaggistici 1.Destinazione differenziata del territorio 1.1. Destinazione di una quota compresa tra 20 e 30 % della SAF ad aree con finalità di protezione e tutela della fauna 1.2. Destinazione di una quota non superiore al 5 % della SAF ad aree destinate all’allenamento,all’addestramento ed alle gare 1.3 Individuazione delle Oasi di protezione e delle zone di protezione in aree di elevato pregio ambientale, con particolare riferimento… 1.4Individuazione delle Aziende faunistico venatorie in aree a prevalente vocazione agricola e di elevato pregio + + 0 0 + + + + 1.5 Individuazione delle Aziende agrituristico venatorie in aree ad agricoltura marginale 0 0 1.6 Individuazione delle Zone di ripopolamento e cattura e delle Zone di rispetto venatorio in aree con prevalente vocazione agricola e non vocate alla presenza del cinghiale + + 1.8.Individuazione delle aree dove sono collocabili gli appostamenti fissi di caccia 0 + 0 + 0 0 2. Conservazione e incremento della fauna selvatica, anche al fine di garantire la coesistenza con le attività antropiche presenti sul territorio e criteri uniformi per la gestione degli habitat 2.1.Criteri gestione piccola stanziale 2.2 Criteri gestione fauna 111 migratrice 2.3 criteri gestione ungulati 2.4Criteri gestione predatori e specie 2.5Sicurezza nell’esercizio venatorio e 3- Criteri e modalità monitoraggio fauna 3.1 Monitoraggio ungulati 3.2 monitoraggio piccola stanziale 4. Criteri e modalità per prevenzione e risarcimento danni in favore degli Imprend.Agric. per danni arrecati da fauna selvatica alle produzioni e opere sui fondi 4.1 Competenze 4.2 soggetti 4.3 Prevenzioni 4.4 risarcimenti + 0 + 0 0 0 0 0 0 0 0 0 + 0 0 0 + 0 A seguire gli effetti con i cambiamenti climatici e con la salvaguardia del patrimonio architettonico e paesaggistico, Obiettivi/ Effetti Cambiamenti climatici Riduzione di CO2 Salvaguardia beni storici-architettonici paesaggistici Tutela beni paesaggistici 1.Destinazione differenziata del territorio 1.1. Destinazione di una quota compresa tra 20 e 30 % della SAF ad aree con finalità di protezione e tutela della fauna 1.2. Destinazione di una quota non superiore al 5 % della SAF ad aree destinate all’allenamento,all’addestramento ed alle gare 1.3 Individuazione delle Oasi di protezione e delle zone di protezione in aree di elevato pregio ambientale, con particolare riferimento… 1.4Individuazione delle Aziende faunistico venatorie in aree a prevalente vocazione agricola e di elevato pregio + + 0 0 + + + + 1.5 Individuazione delle Aziende agrituristico venatorie in aree ad agricoltura marginale 0 0 1.6 Individuazione delle Zone di ripopolamento e cattura e delle Zone di rispetto venatorio in aree con prevalente vocazione agricola e non vocate alla presenza del cinghiale + + 112 1.8.Individuazione delle aree dove sono collocabili gli appostamenti fissi di caccia 0 + 0 + 0 0 + 0 + 0 0 0 0 0 0 0 0 0 + 0 0 0 + 0 2. Conservazione e incremento della fauna selvatica, anche al fine di garantire la coesistenza con le attività antropiche presenti sul territorio e criteri uniformi per la gestione degli habitat 2.1.Criteri gestione piccola stanziale 2.2 Criteri gestione fauna migratrice 2.3 criteri gestione ungulati 2.4Criteri gestione predatori e specie 2.5Sicurezza nell’esercizio venatorio e 3- Criteri e modalità monitoraggio fauna 3.1 Monitoraggio ungulati 3.2 monitoraggio piccola stanziale 4. Criteri e modalità per prevenzione e risarcimento danni in favore degli Imprend.Agric. per danni arrecati da fauna selvatica alle produzioni e opere sui fondi 4.1 Competenze 4.2 soggetti 4.3 Prevenzioni 4.4 risarcimenti 8. POSSIBILI MISURE PER IMPEDIRE, RIDURRE E COMPENSARE GLI EFFETTI NEGATIVI SULL’AMBIENTE A SEGUITO ALL’ATTUAZIONE DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE 2012-2015 [Ai sensi dell’All. 2 della L.r. 10/10, tra le informazioni da fornire nell’ambito del Rapporto ambientale sono incluse: “ […] g) misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali effetti negativi significativi sull’ambiente dell’attuazione del piano o del programma”] Per maggiore chiarezza si ritiene di indicare le misure soltanto per gli interventi per i quali sono previsti effetti negativi sull’ambiente per i quali si definiscono i requisiti di compatibilità ambientale, rappresentati da prescrizioni inerenti le modalità di attuazione degli interventi previsti dal PFVP, al fine di minimizzarne le pressioni ambientali potenzialmente prodotte. Tali requisiti rappresentano quindi veri e propri elementi di mitigazione degli effetti ambientali negativi causati dall’intervento e possono riguardare aspetti gestionali, tecnologici e immateriali. Altra misura è rappresentata dagli indirizzi ambientali, indicazioni inerenti le modalità di attuazione degli interventi previsti dal PFVP al fine di minimizzarne le pressioni ambientali potenzialmente prodotte. Questi hanno la caratteristica della prescrizione vera e propria ma possono comunque 113 determinare un miglioramento significativo del livello di sostenibilità dell’intervento. Gli indirizzi ambientali possono riguardare aspetti gestionali, tecnologici e immateriali e possono essere tradotti anche in criteri premiali per l’assegnazione di finanziamenti. Quadro di sintesi dei possibili elementi per l’integrazione della componente ambientale nel PFVP 2012-2015 della Provincia di Massa Carrara Obiettivi che producono effetti ambientali significativi negativi e/o incerti Effetti significativi attesi negativi e/o incerti Requisiti ammissibilità e Possibili indirizzi di compatibilità o compensazione ambientale Destinazione di una quota non superiore al 5 % della SAF ad aree destinate all’allenamento, all’addestramento ed alle gare dei cani Disturbo o distruzione di specie in periodi sensibili (nidificazione) - Immissioni di fauna selvatica di allevamento che possono favorire specie opportuniste, come la volpe Destinazione di una quota non superiore al 15 % della SAF ad aree destinate alla gestione privata (Aziende Faunistiche e agrituristico venatorie e centri privati di produzione della fauna) Intensificazione del disturbo di specie da parte dei cani durante l’esercizio venatorio nelle aziende agrituristico venatorie - Immissioni di fauna selvatica di allevamento nelle aziende agrituristico venatorie che possono favorire specie opportuniste, come la volpe, - Incremento eccessivo delle specie ungulate in aziende agrituristico venatorie con conseguenti danni al bosco Incremento eccessivo delle specie ungulate con conseguenti danni al bosco Non vengono autorizzate AAC in aree sensibili (ZPS); - Le AAC con sparo devono essere ubicate soltanto in aree di scarso valore ambientale, e comunque esterne alle aree di cui alla rete natura 2000, IBA, carta della natura Non autorizzare eventuali nuove Aziende agrituristico venatorie in aree natura 2000, IBA, Carta della Natura; - Limitare le immissioni di fauna selvatica di allevamento nelle Aziende agrituristico venatorie e faunistico venatorie se ubicate nelle aree natura 2000, IBA, carta della natura o limitrofe. - Controllo degli ungulati nelle AAV Individuazione delle Aziende agrituristico venatorie in aree ad agricoltura marginale Individuazione delle Oasi di protezione e delle zone di protezione in aree di elevato pregio ambientale, con particolare riferimento alle aree demaniali Individuazione delle aree dove sono collocabili gli appostamenti fissi Promuovere il ripristino dell’agricoltura tradizionale in aree marginali ove è stata abbandonata (colture a perdere, siepi, mantenimento di pascoli,..) Uccisione accidentale di specie protette simili a specie cacciabili Trasformazione di aree a pascolo permanente in seminativo - Danneggiamento di nidi di specie nidificanti a terra Monitoraggio dell’impatto degli ungulati sul bosco ed eventuali interventi di controllo numerico delle specie ungulate Non autorizzare ulteriori appostamenti fissi di caccia all’interno di ZPS /SIR e nei comuni della zona di costa. Loro graduale riduzione con eliminazione entro il 2020 Divieto di finanziare interventi che prevedano la trasformazione di aree a pascolo permanente o a prato in seminativo entro le ZPS - Divieto di finanziare interventi che prevedano lo sfalcio, la trinciatura, l’aratura nel peridoo 1° marzo-31 luglio entro le ZPS 9.LE RAGIONI DELLA SCELTA DELLE ALTERNATIVE INDIVIDUATE [Ai sensi dell’All. 2 della L.r. 10/10, tra le informazioni da fornire nell’ambito del Rapporto ambientale sono incluse: “h) sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione […]” Per definire i motivi delle scelte è opportuno definire quali sono le problematiche in atto e gli obiettivi generali a cui si vuole tendere. 114 Sulla base del contesto generale di riferimento e del quadro degli obiettivi legati alla programmazione ambientale, si sono considerate tre ipotesi di scenario: - Alternativa A0: situazione in cui lo stato dei parametri ambientali che descrivono il sistema provinciale non subisce modificazioni dall’attuale assetto pianificatorio (alternativa zero); - Alternativa A1max: situazione in cui l’andamento dei parametri ambientali che descrivono il sistema provinciale è modificato con l’attuazione del nuovo PFVP, mediante l’adozione di criteri di massima tutela ed efficienza ambientale; - Alternativa A1min: situazione in cui l’andamento dei parametri ambientali che descrivono il sistema provinciale è modificato con l’attuazione del nuovo PFVP, senza l’adozione di specifici indirizzi di tutela ambientale per ogni specifico intervento. In particolare, ipotesi senza l’intervento del PRAF rappresenta l’Alternativa zero (). La considerazione delle alternative A1max ed A1 min, deriva invece dall’attuazione più o meno intensiva delle misure per ridurre, compensare, mitigare gli effetti ambientali negativi. Valutazione comparativa tra scenari alternativi Obiettivi di protezione ambientale di riferimento per la VAS del PFVP Alternativa A0 Alternativa A1min Alternativa A1max Evoluzione senza PFVP Evoluzione con PFVP senza misure di tutela Evoluzione con PFVP con misure di tutela Riduzione degli inquinanti prodotti durante l’esercizio dell’attività venatoria, con particolare attenzione alle aree umide + + ++ Contribuire a ridurre il rischio per la salute pubblica e per le attività zoo-economiche legato alla fauna selvatica ed al consumo delle loro carni O O ++ Sviluppare e promuovere pratiche di buona gestione della risorsa faunistica O + ++ Riduzione, raccolta e riciclo dei rifiuti prodotti nell’esercizio dell’ attività venatoria, con riferimento ai bossoli di plastica e agli scarti di macellazione degli ungulati - + ++ Conservare e se possibile migliorare lo stato di conservazione di specie in declino, con particolare - + ++ 115 riferimento a quelle legate agli ambiente agricoli (FBI) Contribuire a mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente le specie di cui all’allegato I della direttiva CE 43/92 Habitat O O ++ Contribuire a migliorare gli habitat, con particolare riferimento al ripristino dell’agricoltura tradizionale nelle aree marginali ove questa è stata abbandonata -- O ++ Contribuire a mantenere la funzionalità degli ecosistemi forestali mediante il controllo degli ungulati -- + ++ Contribuire a sviluppare il monitoraggio delle specie, con particolare attenzione a quelle prioritarie O + + Legenda :+ + miglioramento rilevante ; + miglioramento lieve; O tendenza non evidente ;- peggioramento lieve;- - peggioramento rilevante 10. INDICAZIONI SU MISURE DI MONITORAGGIO AMBIENTALE [Ai sensi dell’All. 2 della L.r. 10/10, tra le informazioni da fornire nell’ambito del Rapporto ambientale sono incluse: “ […] i) descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio”] Il sistema di indicatori ambientali di monitoraggio viene indicato in analogia a quanto effettuato dalla Regione Toscana nel PRAF 2012-2015, utilizzando tre categorie principali di riferimento: indicatori di realizzazione, indicatori di risultato ed indicatori di impatto. - Gli indicatori di realizzazione sono direttamente legati all’attuazione delle varie linee di attività; - gli indicatori di risultato sono direttamente legati agli effetti prodotti dall’attuazione delle varie linee di attività; - gli indicatori di impatto sono finalizzati a monitorare gli effetti del piano/programma rispetto agli obiettivi di sostenibilità ambientale ed alle aree di rilevanza ambientale assunti come parametri di valutazione. 116 Di seguito si riportano alcune batterie di indicatori per ciascuna delle tre aree obiettivo del PFVP 20122015 il cui valore base relativo all’ob 1 è riportato nel documento di sintesi non tecnica. Indicatori di monitoraggio del Piano Faunistico Venatorio Provinciale OBIETTIVO GENERALE 1. Garantire una destinazione differenziata del territorio a fini faunisticovenatori nel rispetto della normativa e delle finalità di ciascuna tipologia gestionale, al fine del raggiungimento degli equilibri di cui al punto 1 e di un utilizzo ottimale delle risorse faunistiche Definizione Unità di Misura Indicatori di realizzazione (o di prodotto) Numero di istituti di protezione Numero Numero di istituti a gestione privata Numero Numero di aree addestramento cani Numero Numero di varianti istituti PFVP Numero Indicatori di risultato Superficie per protezione e rispetto fauna % SAF Superficie per gestione privata % SAF Superficie per addestramento cani % SAF Superficie per gestione programmata % SAF caccia Indicatori di impatto Saturazione territorio a protezione (%SAF protetta/ 30) Range (0,67 – 1) Saturazione territorio a gestione privata (% aree private/ 15) Range (0 – 1) Densità venatoria (TCP/n° cacciatori) Ettari 117 Valore base 2012 Saturazione TCP (n° cacciatori iscritti/n° posti disponibili) % Saturazione AAC (% AAC/ 5) (0 – 1) Qualità aree di protezione (% aree di protezione in aree di pregio: demanio, rete natura 2000, sistema aree protette) % % Qualità aree a gestione privata (% aree private in area vocata piccola selvaggina) % % OBIETTIVO GENERALE 2 e3. Conservazione e incremento della fauna selvatica, anche al fine di garantire la coesistenza con le attività antropiche sul territorio e criteri uniformi per la gestione degli ungulati sul territorio provinciale / Criteri modalità monitoraggio fauna Definizione Unità di Misura Indicatori di realizzazione (o di prodotto) Interventi di controllo su ungulati Numero giornate operatore Interventi di controllo su predatori opportunisti Numero giornate operatore Numero giornate operatore Interventi di controllo su specie aliene o domestiche Giornate di caccia per ungulati Numero giornate operatore Interventi di miglioramento ambientale Numero/dimensioni Interventi di colture a perdere in aree marginali Numero/dimensioni N° controlli sanitari effettuati su fauna selvatica Iniziative di recupero rifiuti Numero soggetti campionati Numero giornate/uomo Indicatori di risultato Controllo predatori opportunisti (corvidi, volpe) Numero capi prelevati Controllo specie aliene o domestiche (nutria, colombo) Numero capi prelevati 118 Valore base 2012 Prelievo/controllo ungulati Numero capi prelevati Densità di prelievo/controllo ungulati Capi prelevati/100 ha Tasso prelievo/controllo ungulati Capi prelevati/capi presenti (%) Gruppi di lupo presenti nel territorio provinciale Numero gruppi, numero lupi % soggetti positivi/infetti % Quantità di rifiuti conferiti Kg Segnalazioni di nidificazioni in appostamenti fissi a palmipedi e trampolieri di specie in Direttiva Habitat Numero Indicatori di impatto Impatto economico ungulati Danni/capo prelevato (€) Danni da fauna selvatica €/ ha di SAF Collisioni con fauna selvatica N° collisioni/Km Misure di polizia veterinaria per focolai infettivi da fauna selvatica Numero specie cacciabili con trend + / specie cacciabili con trend -/specie % % Lepri prelevate/lepri immesse Numero Fagiani prelevati/fagiani immessi Numero OBIETTIVO GENERALE 4. Criteri e modalità per la prevenzione e per il risarcimento danni in favore degli IA per danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate sui fondi. Definizione Indicatori di realizzazione Unità di Misura Richieste di prevenzione danni Numero Richieste di risarcimento danni alle produzioni Richieste di risarcimento danni alle opere funzionali all’attività agricola Indicatori di risultato Numero Realizzazione opere di prevenzione Lunghezze/ interventi € / ha coltura Numero Importo liquidazioni Indicatori di impatto 119 Valore base 2012 Incidenza dei danni da fauna Aziende colpite % Entità dei danni/azienda Danno medio/azienda (€) STUDIO DI INCIDENZA ALLEGATO AL RAPPORTO AMBIENTALE inerente la proposta di PIANO FAUNISTICO VENATORIO 2012-2015 DELLA PROVINCIA DI MASSA CARRARA 11. VALUTAZIONE DI INCIDENZA ai sensi dell’articolo 34 della L.R.T. n.10/2010. Come evidenziato nel Rapporto ambientale regionale,sulla base di quanto contenuto nel PRAF sono state considerate quali aree di rilevanza ambientale anche le aree facenti parte della Rete Natura 2000 (SIC e ZPS) provinciali. Con il PFVP vengono individuate e localizzate precise tipologie di intervento da realizzarsi nell’ambito della sua attuazione, per le quali è possibile, prevedere o escludere influenze sulle aree protette. Il PRAF rappresenta lo strumento di finanziamento di una serie di attività , escluse a priori dalle aree protette, come ad esempio quella dell’attività venatoria, o soggette a particolari norme e restrizioni, qualora esercitate all’interno di aree protette o nelle zone contigue, come indicato negli strumenti di gestione, con l’area protetta stessa. In realtà però , pur se non direttamente attuate all’interno di aree protette,alcune delle azioni previste dal PRAF e quindi riportate nel PFVP, possono concorrere, per analogia di obiettivi, alle stesse finalità di tutela e conservazione della fauna e della flora. Per i piani di settore, ed i Piani Faunistico Venatori Provinciali sono considerati tali, , la L.R. 56/2000 prevede la procedura di valutazione di incidenza degli effetti del piano sulle aree della rete natura 2000, che deve essere svolta contestualmente all’approvazione del piano stesso sulla base di uno studio di incidenza. Ai sensi dell’articolo 34 della L.R.T. n.10/2010, per i piani sottoposti a valutazione di incidenza, tale valutazione deve essere effettuata nell’ambito della VAS, allegando al Rapporto Ambientale lo studio di incidenza contenente gli elementi di conoscenza e valutazione degli effetti del piano sui siti. In particolare lo studio di incidenza del PFVP 2012-2015, contiene le valutazioni relative ai possibili effetti significativi che le misure e gli interventi previsti nel PFVP potranno avere sullo stato di conservazione dei siti natura 2000, mediante gli interventi previsti sia al loro interno, sia , eventualmente , nelle aree immediatamente contermini. Lo studio di incidenza è allegato al Rapporto Ambientale di VAS del PFVP 2012-2015 della Provincia di Massa Carrara e ne cosituisce parte integrante e sostanziale. La ricognizione fatta sugli istituti presenti nel territorio provinciale, vede interessate da Valutazione di incidenza una azienda faunistico venatoria , l’incidenza dell’attività venatoria rappresentata dagli appostamenti fissi e dalla caccia alla selvaggina vagante ed al cinghiale, in aree SIR e la Valutazione di impatto delle attività cinofile all’interno dellarea di addestramento cani “Il Campaccio”. . Si riporta a seguire : 11.1 la Valutazione di Incidenza realizzata dal tecnico faunistico incaricato dall’AFV Sasso Bianco 11.2 Aree di interesse conservazionistico del territorio provinciale 11.3.La Valutazione di incidenza per le aree SIR presenti sul territorio provinciale, non inserite nelle perimentrazioni dei parchi . 120 11.1 STUDIO DI INCIDENZA DEL PROGRAMMA DI CONSERVAZIONE E DI RIPRISTINO AMBIENTALE (Art. 30 DPGR 33/R.2011) DELL’AZIENDA FAUNISTICO VENATORIA “SASSO BIANCO” SUL SITO MONTE LA NUDA – MONTE TONDO (IT5110005) 1. IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO RELATIVO AI SITI NATURA 2000 1.1. Le Convenzioni internazionali Le prime politiche ed i primi strumenti normativi in materia di tutela della biodiversità hanno avuto origine a livello internazionale. Le numerose convenzioni fra gli stati da recepire nelle legislazioni nazionali costituiscono elementi fondamentali per le politiche comuni in tema di conservazione della natura e della biodiversità e rappresentano i presupposti delle politiche comunitarie e nazionali. I trattati internazionali più importanti in materia sono i seguenti: 1. Convenzione relativa alla conservazione della fauna e della flora allo stato naturale, Londra 08/11/1933 2. Convenzione internazionale per la protezione degli uccelli , Parigi 18/10/1950 3. Convenzione relativa alle zone umide di importanza internazionale, Ramsar, 02/02/1971 4. Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, Parigi, 16/11/1972 5. Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione, Washington, 03/03/1973 6. Convenzione per la protezione del Mediterraneo Barcellona, 16/02/1976 7. Convenzione sulla conservazione delle specie migratrici appartenenti alla fauna selvatica, Bonn 23/06/79 8. Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, Berna 19/09/79 9. Convenzione per la protezione delle Alpi, Salisburgo 07/11/91 10.Conferenza di Rio de Janeiro e Convenzione sulla diversità biologica, Rio de Janeiro 05/06/92 11.Convenzione europea sul paesaggio, Firenze 20/10/2000 La Convenzione sulla diversità biologica approvata nella Conferenza di Rio del 1992 (3-14 giugno 1992) nella Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo, costituisce il caposaldo di gran parte delle politiche dell’Unione Europea, dell’Italia e della stessa Regione Toscana. Gli obiettivi della Convenzione sono la conservazione della diversità biologica a livello genetico, di specie, di comunità e di paesaggio e la utilizzazione durevole dei suoi elementi. I 187 paesi firmatari si sono quindi impegnati a cooperare per la conservazione e l’utilizzazione durevole della diversità biologica. La stessa convenzione evidenzia come la conservazione della biodiversità sia un problema scientifico, biologico ed ecologico, ma anche economico, politico e sociale e che riguarda tutti i paesi del mondo. In particolare ogni paese firmatario è tenuto a: Elaborare strategie, piani e programmi per la diversità biologica. Integrare la conservazione della diversità biologica nei piani, programmi e politiche di settore. Realizzare studi, ricerche ed attività di monitoraggio. Analizzare e monitorare le attività che possono condizionare negativamente la conservazione della diversità biologica. Gestire i dati derivanti dalle attività di cui sopra. 121 La Convenzione è stata quindi ratificata dall’Italia con L. 14.2.1994, n.124. Una volta ratificata la Convenzione è stato predisposto il documento “Linee strategiche per l’attuazione della Convenzione di Rio de Janeiro e per la redazione del piano nazionale sulla Biodiversità ” (Del.CIPE 16 marzo 1994, n26). Per quest’ultimo è prevista l’organizzazione secondo i seguenti contenuti: Conoscenza e monitoraggio; Educazione e sensibilizzazione; Conservazione in situ; Promozione delle attività sostenibili; Contenimento dei fattori di rischio; Conservazione ex situ; Biotecnologie e sicurezza; Cooperazione internazionale ed ecodiplomazia. 1.2. La strategia europea e le direttive Habitat e Uccelli Tra gli obiettivi della direttiva l’adozione di “misure necessarie per preservare, mantenere o ristabilire, per tutte le specie di uccelli ..., una varietà e una superficie sufficienti di habitat”. La preservazione, il mantenimento e il ripristino dei biotopi e degli habitat comportano anzitutto le seguenti misure: istituzione di zone di protezione; mantenimento e sistemazione conforme alle esigenze ecologiche degli habitat situati all'interno e all'esterno delle zone di protezione; ripristino dei biotopi distrutti; creazione di biotopi. Per le specie elencate nell’Allegato I sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione. A tal fine si tiene conto: delle specie minacciate di sparizione; delle specie che possono essere danneggiate da talune modifiche del loro habitat; delle specie considerate rare in quanto la loro popolazione è scarsa o la loro ripartizione locale è limitata; di altre specie che richiedono una particolare attenzione per la specificità del loro habitat. Gli Stati membri classificano come Zone di Protezione Speciale (ZPS) i territori più idonei “... alla conservazione di tali specie … “ (art.4, direttiva 79/409/CEE, abrogata e sostituita dalla Direttiva 2009/147/CE). Nel 1992 con la Direttiva 92/43/CEE, definita “Direttiva Habitat”, l’Unione Europea ha ribadito l’importanza del mantenimento della biodiversità nel territorio comunitario in quanto “nel territorio europeo degli Stati membri gli habitat naturali non cessano di degradarsi e un numero crescente di specie selvatiche è gravemente minacciato”; per tale motivo “è necessario adottare misure a livello comunitario per la loro conservazione” (considerazioni espresse nella Direttiva Habitat). La Direttiva inserisce il concetto di specie di flora e di fauna di interesse comunitario (allegato II, IV e V), di habitat di interesse comunitario (allegato I) e di Sito di Importanza Comunitaria, quest’ultimo definito come “un sito che, nella o nelle regioni biogeografiche cui appartiene, contribuisce in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale di cui all'allegato I o una specie di cui all'allegato II in uno stato di conservazione soddisfacente e che può inoltre contribuire in modo significativo alla coerenza di Natura 2000 … , e/o che contribuisce in modo significativo al mantenimento della diversità biologica nella regione biogeografica o nelle regioni biogeografiche in questione. Per le specie animali che occupano ampi territori, i siti di importanza comunitaria corrispondono ai luoghi ... che presentano gli elementi fisici o biologici essenziali alla loro vita e riproduzione”. In base ai criteri di cui all'allegato III della Direttiva habitat e alle informazioni scientifiche pertinenti, ogni Stato membro propone un elenco di siti, indicante quali tipi di habitat naturali di cui all'allegato I e quali specie locali di cui all'allegato II si riscontrano in detti siti. La stessa Direttiva Habitat individua inoltre strumenti per la tutela delle specie e dei Siti di Importanza comunitaria, nelle Misure di conservazione, nei Piani di gestione dei Siti e nelle procedure di valutazione di incidenza (art. 6 della direttiva): “Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di 122 una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito ... le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa …” I siti della rete Natura 2000 costituiscono oggi delle aree di grande interesse ambientale ove sono presenti habitat e specie, di flora e di fauna, di interesse comunitario o prioritari, la cui conservazione, da realizzarsi attraverso la designazione di aree speciali di conservazione, è ritenuta prioritaria dall’Unione Europea. Con la Direttiva 97/62/CEE è stata modificata la Direttiva 92/43/CEE in seguito all’adeguamento tecnico e scientifico. Tale nuova direttiva è stata recepita con Decreto Ministeriale 20 gennaio 1999. Nel 2002, con DM 3 settembre 2002, sono state approvate le linee guida per la gestione dei Siti Natura 2000. Tra il 2004 e il 2006 sono quindi stati approvati con diversi atti normativi a livello nazionale e di Commissione europea i Siti della Regione biogeografica alpina, mediterranea e continentale. Con DM 17 Ottobre 2007 sono infine stati approvati i “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)”, poi recepiti a livello regionale. I criteri minimi suddetti, validi per ogni SIC, sono i seguenti: a) divieto di bruciatura delle stoppie e delle paglie, nonchè della vegetazione presente al termine dei cicli produttivi di prati naturali o seminati, sulle superfici specificate ai punti seguenti: 1) superfici a seminativo ai sensi dell'art. 2, punto 1 del regolamento (CE) n. 796/2004, comprese quelle investite a colture consentite dai paragrafi a) e b) dell'art. 55 del regolamento (CE) n. 1782/2003 ed escluse le superfici di cui al successivo punto 2); 2) superfici a seminativo soggette all'obbligo del ritiro dalla produzione (set-aside) e non coltivate durante tutto l'anno e altre superfici ritirate dalla produzione ammissibili all'aiuto diretto, mantenute in buone condizioni agronomiche e ambientali a norma dell'art. 5 del regolamento (CE) n. 1782/2003. Sono fatti salvi interventi di bruciatura connessi ad emergenze di carattere fitosanitario prescritti dall'autorità competente o a superfici investite a riso e salvo diversa prescrizione della competente autorità di gestione; b) sulle superfici a seminativo soggette all'obbligo del ritiro dalla produzione (set-aside) e non coltivate durante tutto l'anno e altre superfici ritirate dalla produzione ammissibili all'aiuto diretto, mantenute in buone condizioni agronomiche e ambientali a norma dell'art. 5 del regolamento (CE) n. 1782/2003, obbligo di garantire la presenza di una copertura vegetale, naturale o artificiale, durante tutto l'anno, e di attuare pratiche agronomiche consistenti esclusivamente in operazioni di sfalcio, trinciatura della vegetazione erbacea, o pascolamento sui terreni ritirati dalla produzione sui quali non vengono fatti valere titoli di ritiro, ai sensi del regolamento (CE) n. 1782/2003. Dette operazioni devono essere effettuate almeno una volta all'anno, fatto salvo il periodo di divieto annuale di intervento compreso fra il 1° marzo e il 31 luglio di ogni anno, ove non diversamente disposto dalle regioni e dalle province autonome. Il periodo di divieto annuale di sfalcio o trinciatura non può comunque essere inferiore a 150 giorni consecutivi compresi fra il 15 febbraio e il 30 settembre di ogni anno. È fatto comunque obbligo di sfalci e/o lavorazioni del terreno per la realizzazione di fasce antincendio, conformemente a quanto previsto dalle normative in vigore. In deroga all'obbligo della presenza di una copertura vegetale, naturale o artificiale, durante tutto l'anno sono ammesse lavorazioni meccaniche sui terreni ritirati dalla produzione nei seguenti casi: 1) pratica del sovescio, in presenza di specie da sovescio o piante biocide; 2) terreni interessati da interventi di ripristino di habitat e biotopi; 3) colture a perdere per la fauna, ai sensi dell'art. 1, lettera c), del decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali del 7 marzo 2002; 4) nel caso in cui le lavorazioni siano funzionali all'esecuzione di interventi di miglioramento fondiario; 5) sui terreni a seminativo ritirati dalla produzione per un solo anno o, limitatamente all'annata agraria precedente all'entrata in produzione, nel caso di terreni a seminativo ritirati per due o più 123 anni, lavorazioni del terreno allo scopo di ottenere una produzione agricola nella successiva annata agraria, comunque da effettuarsi non prima del 15 luglio dell'annata agraria precedente all'entrata in produzione. Sono fatte salve diverse prescrizioni della competente autorità di gestione; c) divieto di conversione della superficie a pascolo permanente ai sensi dell'art. 2, punto 2, del regolamento (CE) n. 796/2004 ad altri usi; d) divieto di eliminazione degli elementi naturali e seminaturali caratteristici del paesaggio agrario con alta valenza ecologica individuati dalle regioni e dalle province autonome con appositi provvedimenti; e) divieto di eliminazione dei terrazzamenti esistenti, delimitati a valle da muretto a secco oppure da una scarpata inerbita; sono fatti salvi i casi regolarmente autorizzati di rimodellamento dei terrazzamenti eseguiti allo scopo di assicurare una gestione economicamente sostenibile; f) divieto di esecuzione di livellamenti non autorizzati dall'ente gestore; sono fatti salvi i livellamenti ordinari per la preparazione del letto di semina e per la sistemazione dei terreni a risaia; g) divieto di esercizio della pesca con reti da traino, draghe, ciancioli, sciabiche da natante, sciabiche da spiaggia e reti analoghe sulle praterie sottomarine, in particolare sulle praterie di posidonie (Posidonia oceanica) o di altre fanerogame marine, di cui all'art. 4 del regolamento (CE) n. 1967/06; h) divieto di esercizio della pesca con reti da traino, draghe, sciabiche da spiaggia e reti analoghe su habitat coralligeni e letti di maerl, di cui all'art. 4 del regolamento (CE) n. 1967/06; i) divieto di utilizzo di munizionamento a pallini di piombo all'interno delle zone umide, quali laghi, stagni, paludi, acquitrini, lanche e lagune d'acqua dolce, salata, salmastra, nonchè nel raggio di 150 metri dalle rive più esterne a partire dalla stagione venatoria 2008/09. Con Determinazione della Conferenza Stato-Regioni del 7 ottobre 2010 è stata approvata l’intesa sullo “Schema di Strategia Nazionale per la Biodiversità” predisposta dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ai sensi dell’Art. 6 della Convenzione sulla Diversità Biologica (Rio de Janeiro, 5 giugno 1992), ratificata dall’Italia con legge 14 febbraio 1994 n. 194. Il quadro complessivo dei SIC e delle ZPS presenti nelle regioni italiane è riassunto nel DM 3 aprile 2000 “Elenco dei siti di importanza comunitaria e delle zone di protezione speciali, individuati ai sensi delle direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE” ove tali aree sono elencati negli allegati A e B. L’ultimo aggiornamento a livello nazionale è per le ZPS il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 19.06.2009, mentre per i SIC sono i tre decreti del Ministero, per ciascuna delle regioni biogeografiche italiane, approvati nel 2011. 1.3. La normativa regionale in materia di conservazione della biodiversità La politica regionale ed il quadro normativo della Regione Toscana, in tema di conservazione della biodiversità e di “recepimento” della normativa nazionale in materia, risulta assai articolato. Nel 1996 la Regione Toscana, utilizzando le competenze delle Università della Toscana (Progetto Bioitaly), ha individuato, cartografato e schedato i Siti di Importanza Comunitaria e le Zone di Protezione Speciale1. Oltre a tali SIC e ZPS nell’ambito dello stesso progetto sono stati individuati “Siti di Interesse Regionale” (SIR) e “Siti di Interesse Nazionale” (SIN). L’individuazione di queste ulteriori aree (SIR e SIN) ha rappresentato un approfondimento regionale del quadro conoscitivo. Con L.R. n. 56 del 6 aprile 2000 la Regione Toscana ha approvato una legge per la tutela della biodiversità riconoscendo il ruolo strategico dei Siti di importanza comunitaria, nazionale e regionale. Nell’ambito di tale legge sono state individuate nuove tipologie di habitat e nuove specie, considerate di elevato interesse regionale, non ricomprese negli allegati delle direttive comunitarie. In tale contesto le diverse tipologie di siti (SIC, ZPS, SIR, SIN) sono state complessivamente classificate quali Siti di Importanza Regionale (SIR). Con il termine Siti di Importanza Regionale si indicano pertanto i siti classificati come di Importanza Comunitaria (SIC), le Zone di Protezione Speciale (ZPS) ed il sistema di Siti di Interesse Regionale e di Interesse Nazionale. Tale legge estende a tutti i Siti di Importanza Regionale le norme di cui al DPR 357/97 e succ. modif. La L.R. 56/00 si inserisce in quadro di riferimenti normativi regionali assai ricco e distribuiti nel tempo: 124 Decisione G.R. n.16 del 9.12.1997, riguardante determinazioni relative alle modalità e procedure di recepimento della Direttiva comunitaria Habitat in Toscana. Del.C.R. 10 novembre 1998, n.342 di approvazione dei siti individuati con il Progetto Bioitaly. Del.G.R. 23 novembre 1998, n.1437 di designazione come ZPS di siti classificabili di importanza comunitaria compresi nelle aree protette. art.81 del Piano di Indirizzo Territoriale approvato con Del.C.R. 25 gennaio 2000, n.12. Del.C.R. 10 aprile 2001, n.98 di modifica della L.R. 56/00. Del.C.R. 29 gennaio 2002, n.18 di individuazione di nuovi siti di importanza regionale e modifica dell’allegato D. Del.G.R. 21 ottobre 2002, n. 1148 relativa alle indicazioni tecniche per l’individuazione e la pianificazione delle aree di collegamento ecologico. Del.G.R. 2 dicembre 2002, n.1328 di individuazione come zona di protezione speciale (Dir. 79/409/CEE) del sito di importanza regionale SIR 118 Monte Labbro e Alta Valle dell’Albegna”. Del.C.R. 21 gennaio 2004 n.6, con la quale si approvano le modifiche dei perimetri dei SIR e si istituiscono 26 nuove ZPS . Del.G.R. 5 luglio 2004, n.644 approvazione norme tecniche relative alle forme e alle modalità di tutela e conservazione dei SIR. Del.G.R. 22 novembre 2004, n.1175 LR 56/00 – art.12 comma1 lettera E - Definizione dei requisiti strutturali dei centri previsti dall’art.9, nonché dei requisiti organizzativi e strutturali dei soggetti gestori dei centri stessi. Capo XIX della L.R. 3 gennaio 2005, n.1 Norme per il governo del territorio di modifica degli articolo 1 e 15 della L.R. 56/00. Del. C.R. 19 luglio 2005, n.68 – LR 56/00 – aggiornamento dell’allegato A punto 1 Lista degli habitat naturali e seminaturali. Del.G.R. 11 dicembre 2006, n. 923 - Approvazione di misure di conservazione per la tutela delle Zone di Protezione Speciale (ZPS), ai sensi delle direttive 79/409/CEE, 92/43/CEE e del DPR 357/1997 come modificato con il DPR 120/2003. Del. G.R. 19 febbraio 2007, n. 109 - Ampliamento delle zone di protezione speciale (ZPS) dell’Arcipelago Toscano. Del. G.R. 30 luglio 2007, n. 572 - DGR n. 923/2006 recante approvazione delle misure di conservazione per la tutela delle ZPS. Integrazione del punto 11 dell’allegato 1 in materia di cave. Del. C.R. 24 luglio 2007, n.80 - LR 56/00. Designazione di nuovi siti di importanza comunitaria (SIC) ai sensi della Direttiva 92/43/CEE e modifica dell’allegato D (Siti di Importanza Regionale). Del. G.R. 12 dicembre 2007, n. 939 – Approvazione Schema di Protocollo d'Intesa Regione WWF Italia – ONLUS per la redazione di un Piano d'Azione per conservazione della diversità biologica nell'ambito della Biodiversity Vision per l'Ecoregione Mediterraneo Centrale. Del. G.R. 16 giugno 2008, n.454 - DM 17.10.2007 del Ministero dell’Ambiente – Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relativa a zone speciali di conservazione (ZSC) e zone di protezione speciale (ZPS). Attuazione. Legge regionale 12 febbraio 2010, n. 10 - “Norme in materia di valutazione ambientale strategica (VAS), di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di valutazione di incidenza”. Essa all’art. 70 modifica la L.R. 56/00, demandando la Valutazione di Incidenza all’ente a cui compete il rilascio della autorizzazione per le opere sottoposta a V.I. (sentito il parere della Provincia, se si tratta di ente diverso da questa): i proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nei siti di importanza regionale di cui all’allegato D o dei geotopi di importanza regionale di cui all’articolo 11, ma che possono avere incidenze significative sugli stessi, anche se ubicati al loro esterno, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, un apposito studio volto a individuare i principali 125 effetti sul sito o sul geotopo, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi. […] la valutazione di incidenza relativa agli interventi […] è effettuata dalla stessa amministrazione competente alla approvazione dell’intervento, previa acquisizione del parere obbligatorio della provincia o dell’ente parco regionale o nazionale[…]. Del. G.R. del 28 ottobre 2011, n. 916 - In attuazione della legge regionale 6 aprile 2000 n.56 (articolo 15 comma 1 septies) e di quanto introdotto dalla L. R. 12 febbraio 2010 n. 10 (Norme in materia di valutazione ambientale strategica (VAS), di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di valutazione di incidenza). I contenuti della LR 56/00 sono risultati assai innovativi nel panorama normativo regionale italiano, con particolare riferimento alla sua natura di “Direttiva habitat” Toscana. La legge regionale ha infatti ampliato la tutela degli habitat e delle specie di interesse comunitario a quelle “di interesse regionale”, traducendo in tutela attiva le informazioni, relative a specie e habitat, derivanti dalla banca dati naturalistica della Toscana derivante dal progetto RENATO (Repertorio Naturalistico Toscano). La presenza di aree con esclusiva presenza di specie ed habitat di interesse regionale ha condotto anche alla istituzione di Siti esclusivamente di importanza regionale. Con Del.C.R. 68/2005 gli habitat di interesse regionale sono stati oggetto di un primo aggiornamento che ha riguardato in particolare l’inserimento, nell’allegato A1, degli habitat marini. La presenza di habitat e specie di flora e fauna di interesse regionale, inseriti negli allegati alla LR 56/00 e succ. modif., quali elementi aggiuntivi alle liste delle direttive habitat e uccelli, ha costituito un elemento in grado di meglio tutelare il patrimonio di biodiversità della Regione Toscana. La tutela delle specie e degli habitat di interesse regionale costituisce infatti un elemento obbligatorio ed aggiuntivo nell’ambito della redazione degli studi di incidenza di piani e/o progetti o nella realizzazione degli eventuali piani di gestione dei Siti. La definizione e la traduzione normativa delle “aree di collegamento ecologico funzionale”, dei “geotopi di Importanza Regionale”, dei “centri di conservazione della fauna e della flora selvatiche” ed i rapporti con le procedure di VIA e incidenza hanno costituito alcuni elementi caratterizzanti la nuova norma regionale. Strumento importante per la conservazione della biodiversità a scala vasta è risultata la Del.G.R. 21 ottobre 2002, n. 1148 contenente indicazioni tecniche, elaborate da un gruppo di esperti italiani, per l’individuazione e la pianificazione delle aree di collegamento ecologico. L’elenco completo e aggiornato dei siti presenti in Toscana è contenuto nell’Allegato D della Del.C.R. 80/2009, che ha modificato gli Allegati dei Decreti precedenti. 2. RIFERIMENTI ISTITUTIVI E NORMATIVI SPECIFICI DEL SITO NATURA 2000 2.1. I formulari Natura 2000 Il formulario standard natura 2000 contiene tutte le informazioni rilevanti ai fini della designazione o della classificazione del sito e cioè informazioni sulla sua denominazione, la sua ubicazione, la sua estensione, nonché tutte le informazioni pertinenti sulle specie di flora e fauna e sugli habitat in esso presenti. Nell’Allegato 1 sono riportati i formulari standard relativi al sito Monte La Nuda – Monte Tondo (IT5110005). 2.2. La cartografia ufficiale La Regione Toscana, con Deliberazione del Consiglio Regionale n. 6 del 21 gennaio 2004, ha approvato la perimetrazione di dettaglio dei SIR, che comprendono anche tutte le aree natura 2000. Sono seguite anche riperimetrazioni in accordo con gli enti locali per definire confini certi (fiumi, infrastrutture viarie) dei siti. Di seguito è riportata la carta del Sito Natura 2000 interessato dal presente piano. 2.3. Le schede Natura 2000 Le schede relative ai siti sono state approvate dalla Giunta Regionale con Deliberazione n. 644 del 5 luglio 2004, “Attuazione art. 12, comma 1, lett. a della L.R. 56/00 (Norme per la conservazione e la tutela degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche). Approvazione norme tecniche relative alle forme e alle modalità di tutela e conservazione dei Siti di Importanza Regionale (SIR)”. Esse costituiscono le misure di conservazione che le Province sono tenute a 126 definire e adottare per il mantenimento o il ripristino in uno stato di conservazione soddisfacente degli habitat naturali e/o delle specie presenti nei siti della Rete Natura 2000, secondo quanto stabilito nelle Direttive. Di seguito è riportata la scheda del sito Natura 2000 interessato dal presente piano, redatto dalla Regione Toscana. SITO DI IMPORTANZA REGIONALE (SIR) 5 Monte La Nuda – Monte Tondo (IT5110005) Tipo sito anche pSIC CARATTERISTICHE DEL SITO Estensione 520,72 ha Presenza di area protetta Sito in gran parte compreso nel Parco Nazionale "Appennino Tosco-Emiliano". Altri strumenti di tutela Tipologia ambientale prevalente Versanti alto montani acclivi, con pareti rocciose silicee, ghiaioni detritici, cenge erbose, brughiere alpine e praterie secondarie. Altre tipologie ambientali rilevanti Praterie primarie e boschi di latifoglie (faggete). PRINCIPALI EMERGENZE HABITAT Nome habitat di cui all'Allegato A1 della L.R. 56/2000 Cod. Corine Cod. Nat.2000 All. Dir. 92/43/CEE Praterie acidofitiche del piano subalpino e montano a dominanza di Nardus stricta (Nardion strictae; Violo- Nardion). 35,1 6230 AI Pareti rocciose verticali su substrato siliceo dal piano alpino a quello basale, della Regione Eurosiberiana e Mediterranea con vegetazione casmofitica (Androsacion vandellii; Asplenio billotii-Umbilicion rupestris; Asplenion cuneifolii). 62,2 8220 AI Formazioni di suffrutici, arbusti striscianti e erbe perenni del piano subalpino e alpino su substrato calcareo (Seslerietea albicantis). 36,4 6170 AI Creste dell’Appennino tosco-emiliano con formazioni erbacee discontinue primarie del piano alpino a dominanza di erbe perenni (Caricion curvulae)(1). 36,317 Ghiaioni rocciosi su substrato calcareo con clasti a varia granulometria del piano alpino, subalpino e montano con formazioni di erbe perenni e/o felci (Thlaspietea rotundifolii). 61,2 8120 AI (1) Habitat non indicato nella scheda Natura 2000. FITOCENOSI Popolamenti casmofili silicicoli del circo glaciale M. La Nuda-M. Scalocchio. SPECIE VEGETALI (AII) Primula apennina - Specie endemica dell'Appennino Tosco-Emiliano (stazioni isolate tra il Monte Orsaro e il Monte Prado), sporadica in stazioni rupestri presso il crinale, rara sul versante toscano. 127 Galium carmineum (caglio color carminio) - Specie alpina segnalata per l’Appennino in una sola stazione isolata al M.te La Nuda. Erigeron gaudinii (Cespica di Gaudin) - Specie presente sulle Alpi e sull’Appennino Toscoemiliano, presente in Toscana in una sola stazione di pochi individui al M.te Scalocchio. Rare specie dei versanti rocciosi e detritici. Altre emergenze Alta Valle del Torrente Rosaro, nell’ambito del circo glaciale del Monte La Nuda. Principali elementi di criticità interni al sito −_Parziale abbandono delle attività di pascolo nelle praterie sommitali e nei crinali secondari, con processi di ricolonizzazione arbustiva, riduzione degli habitat prativi e diffusione di brughiere a mirtillo e ginepreti. −_Stazioni isolate e con pochi individui di rare specie vegetali, con rischio di scomparsa. Principali elementi di criticità esterni al sito −_Abbandono delle attività di pascolo nelle praterie sommitali e nei crinali secondari, con processi di ricolonizzazione arbustiva. PRINCIPALI MISURE DI CONSERVAZIONE DA ADOTTARE Principali obiettivi di conservazione a) Mantenimento di habitat alto montani con rilevanti popolamenti ornitici (E). b) Conservazione degli elevati livelli di naturalità e di scarso disturbo antropico, con particolare riferimento al circo glaciale del Monte La Nuda (E). c) Tutela delle stazioni di Primula apennina (M) e delle rare e isolate stazioni di Galium carmineum e di Erigeron gaudinii (M). d) Conservazione dei nardeti sommitali (M). Indicazioni per le misure di conservazione - Esame della situazione attuale del pascolo, verifica rispetto agli obiettivi di conservazione (in particolare rispetto agli obiettivi 'a' e 'd') e adozione di opportune misure contrattuali per il raggiungimento delle modalità ottimali di gestione (E). - Conservazione dell’habitat di Primula apennina (M). - Realizzazione di un programma di conservazione ex situ per la tutela delle specie vegetali rare (M). Necessità di Piano di Gestione specifico del sito L’elaborazione del Piano di Gestione del sito è prevista entro il 2004 nell’ambito di un progetto LIFE Natura in corso di svolgimento. Necessità di piani di settore Non necessari. Note Il sito è interessato dalla realizzazione del progetto LIFE Natura “Conservazione delle praterie montane dell’Appennino Tosco-Emiliano”, che si pone come scopo principale la conservazione degli habitat mediante la gestione razionale del pascolo. Gli interventi sono limitati al settore ricadente nel patrimonio agricolo-forestale della Regione. Nel piano di gestione, previsto entro la conclusione del progetto, dovranno essere fornite indicazioni dettagliate rispetto a tutti gli obiettivi di conservazione dell’intero sito. 2.4. Il Piano di gestione del sito Attraverso il Progetto LIFE00 NAT/IT/7239 è stato prodotto il Piano di gestione del Sito “Monte La Nuda – Monte Tondo”, uno dei pochissimi Piani di gestione dei siti Rete Natura 2000 approvati in Toscana. La Provincia di Massa Carrara ha approvato tale Piano con la Delibera del Consiglio Provinciale n. 59 del 21.12.2007. Questo strumento risulta di fondamentale importanza per lo studio di incidenza riferito al Programma di gestione e di ripristino ambientale dell’AFV Sasso Bianco. 3. CARATTERISTICHE DEL SITO 3.1. Inquadramento generale 128 Il Sito di Importanza Comunitaria “Monte La Nuda – Monte Tondo” si estende, per 521 ettari, nell’alto Appennino Tosco-Emiliano, e si caratterizza per la presenza di un paesaggio vegetale di alta quota, costituito da formazioni extrasilvatiche primarie e secondarie, di alto interesse naturalistico, distribuite nell’ambito del crinale spartiacque principale. Pur essendo costituito principalmente da vegetazione extrasilvatica, le tipologie forestali presentano comunque superfici significative, con presenza di boschi mesofili a dominanza di faggio e, secondariamente, di rimboschimenti di conifere e formazioni miste di latifoglie e conifere. I versanti alto montani si contraddistinguono per la presenza di pareti rocciose silicee e ghiaioni detritici, praterie sommitali primarie e secondarie, brughiere alpine e montane (vaccinieti, calluneti, ginepreti), con unità spesso assai mosaicate, distribuite da una quota minima di 1.300 m sino ai 1.900 m del Monte La Nuda. 3.2. Vegetazione e Flora Il Sito di importanza comunitaria “Monte La Nuda – Monte Tondo” si caratterizza per la presenza di numerosi habitat di particolare valore, tra cui anche habitat di interesse comunitario o prioritari, cui si associano popolamenti floristici endemici, di elevata rarità o di particolare interesse fitogeografico. Dal Piano di gestione si può desumere la presenza delle seguenti tipologie vegetazionali: - Praterie primarie acidofitiche dei crinali sommitali con Juncus trifidus - Vegetazione erbacea rada dei versanti in erosione a dominanza di Alchemilla saxatilis - Vegetazione erbacea cespitosa a dominanza di Festuca paniculata - Rada vegetazione casmofitica delle rupi e dei litosuoli silicei - Vegetazione glareicola dei detriti di falda silicei - Prati umidi montani con vegetazione igrofila a dominanza di elofite - Brachipodieti a dominanza di Brachypodium genuense - Prati pascolo mesofili a dominanza di foraggere (Nardus stricta, Festuca nigrescens, Avenella flexuosa, ecc.) - Brughiere a dominanza di calluna (Calluna vulgaris) e secondariamente di mirtilli (Vaccinium sp.pl.) e ginepro nano (Juniperus nana) - Ginepreti a ginepro nano (Juniperus nana) - Vaccinieti con Vaccinium myrtillus e V. gaulteroides - Boschi mesofili di latifoglie a dominanza di Fagus sylvatica - Rimboschimenti di conifere. 3.3. Fauna invertebrata e vertebrata INVERTEBRATI Le informazioni sulle reali presenze di invertebrati sono quasi assenti per il sito; altre informazioni, di presenza potenziale, sono dedotte dall’idoneità degli habitat e dalla distribuzione specifica, rilevata ad una scala di medio o basso dettaglio, difficilmente riferibile alla sola area di studio in oggetto(Erebia epiphron e presenza possibile di Parnassius apollo e Parnassius mnemosyne ). PESCI La scheda Natura 2000 indica la presenza dello scazzone (Cottus gobio), ma l’assenza di corsi d’acqua significativi dal punto di vista ittico fa escludere la presenza di questa come di altre specie di pesci. ANFIBI Le informazioni sulle reali presenze di anfibi sono quasi assenti per il sito. La presenza di quattro specie è stata accertata nel corso del progetto LIFE; altre informazioni, di presenza potenziale, sono dedotte dall’idoneità degli habitat e dalla distribuzione specifica, rilevata ad una scala di medio o basso dettaglio, difficilmente riferibile alla sola area di studio in oggetto. Sono stati rilevati Tritone alpestre, Rana agile, Rospo comune, Rana Temporaria. Vi è poi la possibile presenza di Geotritone italiano, Salamandra pezzata e di Rana appenninica. RETTILI Le informazioni sulle reali presenze di rettili sono assenti per il sito; altre informazioni, di presenza potenziale, sono dedotte dall’idoneità degli habitat e dalla distribuzione specifica, rilevata ad una 129 scala di medio o basso dettaglio, difficilmente riferibile alla sola area di studio in oggetto. Vi è la presenza del Biacco, Biscia dal collare, Lucertola muraiola, Vipera comune. Vi è poi la possibilità di presenza dell’Orbettino e del Ramarro. UCCELLI Per il gruppo (classe) degli uccelli sono disponibili numerose informazioni, provenienti sia dalla scheda Natura 2000 che dai rilievi effettuati negli anni 2002, 2003 e 2004 nel corso del progetto LIFE, seppur questi ultimi limitati ad una porzione del sito. Alcune informazioni (giugno 2005) sono state raccolte nel corso di uno studio avifaunistico sugli ambienti di altitudine della Lunigiana. Sparviero Accipiter nisus Poiana Buteo buteo Aquila reale Aquila chrysaetos Gheppio Falco tinnunculus Pellegrino Falco peregrinus Cuculo Cuculus canorus Allocco Strix aluco Rondone Apus apus Picchio verde Picus viridis Picchio rosso maggiore Dendrocopus major Tottavilla Lullula arborea Allodola Alauda arvensis Balestruccio Delichon urbica Prispolone Anthus trivialis Spioncello Anthus spinoletta Scricciolo Troglodytes troglodytes Passera scopaiola Prunella modularis Sordone Prunella collaris Pettirosso Erithacus rubecula Codirosso spazzacamino Phoenicurus ochruros Stiaccino Saxicola rubetra Saltimpalo Saxicola torquata Culbianco Oenanthe oenanthe Codirossone Monticola saxatilis Merlo Turdus merula Tordo bottaccio Turdus philomelos Tordela Turdus viscivorus Sterpazzola Sylvia communis Beccafico Sylvia borin Capinera Sylvia atricapilla Luì bianco Phylloscopus bonelli Luì piccolo Phylloscopus collybita Fiorrancino Regulus ignicapillus Codibugnolo Aegithalos caudatus Cincia bigia Parus palustris Cincia mora Parus ater Cinciarella Parus caeruleus Cinciallegra Parus major Picchio muratore Sitta europaea Picchio muraiolo Thicodroma muraria Averla piccola Lanius collurio Ghiandaia Garrulus glandarius Cornacchia grigia Corvus corone cornix 130 Fringuello Fringilla coelebs Verzellino Serinus serinus Cardellino Carduelis carduelis Fanello Carduelis cannabina Ciuffolotto Pyrrhula pyrrhula Zigolo giallo Emberiza citrinella MAMMIFERI Le informazioni sulle reali presenze di mammiferi sono quasi assenti per il sito; altre informazioni, di presenza potenziale, sono dedotte dall’idoneità degli habitat e dalla distribuzione specifica, rilevata ad una scala di medio o basso dettaglio, difficilmente riferibile alla sola area di studio in oggetto. Vi è la sicura presenza di volpe, capriolo, cinghiale, lupo, cervo , lepre e la possibile presenza di arvicola delle nevi, marmotta, talpa europea e muflone. 3.4. Habitat di interesse prioritario Nell’ambito del Sito in oggetto risulta presente un solo habitat di interesse comunitario e regionale classificato anche come prioritario. Si tratta in particolare delle formazioni di nardo riconducibili alla tipologia: Nome habitat di cui all'Allegato A1 della L.R. 56/2000 Cod. Corine Cod. Nat.2000 Prioritario Praterie acidofitiche del piano subalpino e montano a dominanza di Nardus stricta (Nardion strictae; Violo- Nardion). (Formazioni erbose a Nardus ricche di specie su substrato siliceo delle zone montane e submontane) 35,1 6230 SI Nella definizione più ampia di tale habitat, comprendente anche i festuceti con bassa presenza di nardo, tale formazione risulta abbastanza diffusa nella porzione meridionale del sito (a sud del Monte Posola) e nel lungo tratto di crinale compreso tra il Monte Tondo e Cima Belfiore. I versanti del Monte Mondo e del Monte Tondo risultano invece interessati da mosaici di tale habitat con brachipodieti, calluneti e vaccinieti, a dimostrazione dei processi di abbandono e di ricolonizzazione. La Scheda Natura 2000 definisce tale habitat come di rappresentatività “significativa” (C) e in stato di conservazione “buono” (B), mentre buona “B” è la valutazione globale del sito per l’habitat. Ciò risulta confermato anche dalle presenti analisi, anche se la copertura percentuale indicata nella scheda Natura 2000 (10%) risulta in parte sovrastimata. Oltre ad esso, il sito si caratterizza per la presenza di altri 7 habitat di interesse comunitario. 3.5. Flora e fauna di interesse prioritario Il Sito in oggetto presenta una sola specie di interesse comunitario e prioritaria (fra organismi vegetali e animali), il lupo (Canis lupus). 4. CAUSE DI MINACCIA Dal Piano di gestione del sito, si evidenzia che gli elementi di criticità si possono così suddividere: Interni al sito Parziale abbandono delle attività di pascolo nelle praterie sommitali e nei crinali secondari, con processi di ricolonizzazione arbustiva, riduzione degli habitat prativi e diffusione di brughiere a mirtillo e ginepreti. − Presenza di percorsi escursionistici particolarmente frequentati, localizzati in corrispondenza di importanti stazioni floristiche. − Raccolte di flora. − Presenza di rare specie di flora con stazioni di ridotte dimensioni. − Carico di ungulati (cinghiali). − Fenomeni di erosione del suolo ed innesco di frane legate alla presenza di sentieri (presso la 131 sella tra i Monti Tondo e Posola e nel versante est del M.te Tondo). − Diffusione di cenosi monospecifiche a Festuca panicolata Esterni al sito − Abbandono delle attività di pascolo nelle praterie sommitali e nei crinali secondari, con processi di ricolonizzazione arbustiva − Presenza di impianti di risalita e piste da sci nel versante emiliano del M.te la Nuda. − Abbattimenti illegali di Canis lupus. 5. OBIETTIVI PER LA CONSERVAZIONE DEL SITO Dal Piano di gestione del sito, si evincono i seguenti obiettivi: obiettivi generali OG1. Conservazione delle praterie di crinale e dei loro popolamenti faunistici OG2. Conservazione degli elevati livelli di naturalità e di scarso disturbo antropico OG3. Diminuzione dell’isolamento degli habitat di prateria del sito per fenomeni di abbandono nelle aree limitrofe obiettivi specifici Os1) Conservazione degli habitat di interesse comunitario e regionale attraverso la gestione del pascolo Os2) Mantenimento ed incremento dei popolamenti di anfibi di interesse comunitario e regionale Os3) Mantenimento ed incremento dei popolamenti ornitici di interesse comunitario e regionale Os4) Mantenimento ed incremento di popolazioni di mammiferi di interesse comunitario e regionale Os5) Tutela delle stazioni di rare specie di flora. Tutela delle stazioni di Primula apennina e delle rare e isolate stazioni di Galium carmineum, Erigeron gaudinii, Saussurea discolor. Os6) Difesa dall’erosione nelle praterie di crinale Os7) Riduzione dei danni da cinghiale Os8) Mantenimento e miglioramento della compatibilità delle attività turistiche ed escursionistiche Os9) Mantenimento e miglioramento della compatibilità dei piani di settore con gli obiettivi di conservazione Os10) Mantenimento e miglioramento di aree prative di collegamento ecologico nell’area vasta 6. INCIDENZA DEL PROGRAMMA DI CONSERVAZIONE AFV SUL SITO L’Azienda Faunistico Venatoria Sasso Bianco ha fra le proprie finalità istitutive, individuate dalla Legge Regionale 3/94 e dal D.P.G.R 33/r 2011, la conservazione e il ripristino degli habitat naturali e agricoli, nonché l’incremento della fauna selvatica. La presenza di questo istituto di per se non ha effetti negativi, che anzi presenta un territorio gestito a livello locale e un interlocutore ben identificabile da parte dell’ente gestore del Sito (il Parco Nazionale dell’Appennino ToscoEmiliano). Con i confini attuali, il Sito rientra per 4.10 ettari all’interno dell’AFV, presso “La Tesa”, mentre la restante parte è interna al Parco Nazionale. Ma la vicinanza alla quasi totalità del Sito (almeno nella sua porzione più settentrionale) non può rendere secondaria una interconnessione fra esso e l’AFV, anche se con una discontinuità (limitata) nello spazio. La porzione del Sito che ricade all’interno dell’AFV si situa ad oltre 1.500 metri di altitudine ed è composta da aree aperte inframezzate ad aree boscate o cespugliate. Vista la localizzazione, nessuna attività fra quelle previste all’interno dell’AFV viene svolta direttamente sul Sito tranne molto saltuariamente, vista l’altitudine e la cospicua presenza di neve nel periodo invernale, il prelievo venatorio del cinghiale. Risulta impossibile raggiungere tale luogo con mezzi meccanici, e quindi effettuarvi operazioni agricole di qualsiasi tipo. Probabilmente le altre attività svolte dall’Azienda nel proprio territorio di competenza, vista la vicinanza al Sito, possono avere delle ricadute sugli organismi viventi (in special modo animali) che caratterizzano il Sito. Gli animali infatti non trovano soluzione di continuità fra i territori interni al Sito (nella maggior parte nel Parco Nazionale) e quelli esterni ad esso (posti all’interno dell’AFV Sasso Bianco). 132 In relazione agli obiettivi del Piano di gestione del Sito elencati nel paragrafo precedente, rapportandoli a quanto indicato nel Piano dell’Azienda, si possono evidenziare i seguenti fattori: Prelievo venatorio riservato ad autorizzati, con limitazioni di accesso ai territori ricadenti all’interno dell’AFV, e sotto il controllo della vigilanza aziendale (Os3, Os4) Prelievo venatorio basato su piani di gestioni annuali con indicazioni di prelievi massimi consentiti basati su censimenti e stime delle specie presenti (Os3, Os4) Prelievo venatorio del cinghiale che ha portato nel passato a elevati abbattimenti, a cui si sono affiancati anche prelievi in controllo ai sensi dell’art. 37 L.R. 3/94 (Os7) Monitoraggio (tramite censimenti annuali) e mantenimento (tramite piani di prelievo programmati) di popolazioni di cervidi (caprioli e cervi), che possono sostituire almeno in parte il pascolo di ovini e bovini, ormai scomparso e di difficile reinserimento, e diventare foraggiamento del lupo (Os1, Os3, Os4) Miglioramenti ambientali basati sul ripristino dei pascoli tramite sfalcio delle specie invasive ed eventuale semina di essenze foraggere o cereali autunno vernini, che avvengono in aree distinte e distanti dalle stazioni di Primula apennina e delle rare e isolate stazioni di Galium carmineum, Erigeron gaudinii, Saussurea discolor (Os3, Os4, Os10) Mantenimento della sentieristica e delle strade secondarie esistenti (Os8) E’ poi da sottolineare che tali attività avvengono senza costi per la collettività e a totale carico dell’AFV. Questo risolve un dei problemi maggiori, se non il maggiore in assoluto, della gestione dei Siti Natura 2000, cioè la disponibilità economica per attuare le forme di gestione del Sito o per assicurarne le misure minime di conservazione. Da quanto sopra esposto, l’incidenza del Piano non può essere che positiva sul Sito. Sicuramente, così come evidenziato nel Piano, le attività sopra menzionate potranno esprimere tutto il proprio positivo potenziale solo se saranno trovate le giuste intese con l’Ente gestore del Sito, cioè il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano. GEOFAUNA di Claudio Montigiani FORMULARIO STANDAR SITO IT5110005 11.2 AREE DI INTERESSE CONSERVAZIONISTICO DEL TERRITORIO PROVINCIALE. Prima di procedere sulla valutazione di incidenza conseguente l’esercizio dell’attività venatoria su queste aree, è utile proporre una descrizione dei target geografici presenti nell’archivio RENATO presenti nel territorio provinciale . L’analisi tiene conto della recente pubblicazione del nuovo Manuale di interpretazione degli habitat Natura 2000 (http://vnr.unipg.it/habitat/index.jsp) che ha permesso una omogeneità di classificazione. Ad ogni tipologia di habitat sono state attribuite le relative Fitocenosi, individuate nel progetto RENATO, quali esempi più rappresentativi degli habitat di interesse regionale o comunitario della Toscana riferibili ad una precisa stazione geografica . Sono inoltre state aggiunte alcune specie di flora di interesse comunitario, non inserite nella banca dati RENATO (Gladiolus palustris, Himantoglossum adriaticum, Aquilegia alpina), per le quali sono state attribuite le relative pressioni secondo le categorie RENATO. Nell’ambito di ogni target alle specie ed habitat annidati è stato quindi associato un valore di priorità di conservazione e relativamente agli habitat la priorità di conservazione è stata individuata mediante l’utilizzo dei criteri della Vulnerabilità (Fonte dato: RENATO. Alta, media, bassa), Qualità (Fonte dato: RENATO. Alta, media, bassa), Contributo toscano agli obiettivi comunitari (Specie di interesse comunitario e prioritarie. Si, No, prioritario), Contributo toscano all’areale nazionale (Calcolato su base dati Natura 2000: n. Siti toscani / n. siti italiani nei 133 quali è presente l’habitat; le % sono poi ricondotte a quattro classi di importanza; per gli habitat di interesse regionale: attribuzione alla classe di importanza in base a giudizio di esperti). Relativamente alle specie la priorità di conservazione è stata individuata mediante l’utilizzo dei criteri, Status in Toscana, Contributo toscano all’areale nazionale della specie, Status globale, categoria di minaccia a livello globale secondo la IUCN red list, Contributo toscano agli obiettivi comunitari (specie di interesse comunitario: si, no). A ciascuno dei suddetti parametri è stato attribuito un valore numerico, che è stato normalizzato su una scala 0-1 rispetto al valore massimo teorico. Il valore complessivo di Priorità di conservazione è dato dalla somma dei valori normalizzati dei singoli parametri, tutti con un peso pari a 1, tranne che per “contributo toscano agli obiettivi comunitari”, al quale è stato attribuito un peso dimezzato rispetto agli altri. Pertanto risulta che la priorità : Phabitat= vulnerabilità+qualità+contributo all’areale nazionale + (0.5 x contributo ob. comunitari) Pspecie= Status toscana+Status IUCN+contributo all’areale naz.+(0.5 x contributo ob. comunitari). Relativamente agli habitat , sono sotto elencati quelli che risultano avere priorità di conservazione >= 2. Si tratta di 25 habitat distribuiti tra i vari target, ma con numero massimo di habitat relativi al target aree umide (target 3). A livello di sistemi ambientali prevalgono quelli relativi agli ambienti rocciosi, praterie e macchie basse (target 6, 7 e 8) con 10 habitat. L’habitat di interesse regionale delle Biancane risulta quello a maggiore priorità di conservazione. Biancane dei terreni argillosi della Toscana con formazioni erbacee perenni e annue pioniere 3 Paludi calcaree a Cladium mariscus e/o Carex davalliana. 2,5 Sorgenti pietrificanti con formazione di travertino (Cratoneurion). 2,5 Garighe a Euphorbia spinosa su substrato serpentinoso. 2,5 Dune con pratelli delle Malcolmietalia. 2,25 Dune con vegetazione annua dei Thero-Brachypodietalia. 2,25 Laghi e stagni distrofici naturali. 2,25 Torbiere intermedie galleggianti su acque oligotrofiche in aree planiziali (Rhynchosporion). 2,25 Vegetazione casmofitica delle rupi calcaree delle Alpi Apuane. 2,25 Torbiere basse di transizione e torbiere alte ed instabili. 2,25 Zone umide occupate da torbiere, ricche in basi con formazioni a alti carici (Caricion davallianae) (Torbiere basse alcaline). 2,25 Boschi a dominanza di conifere del piano subalpino. 2,25 Boschi palustri e ripariali a ontano. 2,25 Querceti di farnia o rovere subatlantici e dell'Europa Centrale del Carpinion betuli 2,25 Alvei ciottolosi della Toscana meridionale con cenosi di suffrutici a dominanza di Santolina etrusca e Helichrysum italicum . 2,17 Campi di lava e mofete 2,08 Lagune salmastre costiere. 2 Pavimenti calcarei. 2 Praterie aride seminaturali e facies arbustive dei substrati calcarei (Festuco-Brometea). 2 Praterie acidofitiche del piano subalpino e montano a dominanza di Nardus stricta. 2 Stagnetti temporanei mediterranei. 2 Pratelli di erbe graminoidi e erbe annuali (Thero-Brachypodietea) 2 Boschi a dominanza di faggio e/o querce degli Appennini con Ilex e Taxus. 2 Boschi a dominanza di faggio degli Appennini con Abies alba. 2 Tabella 11.2 a -Elenco habitat a maggiore priorità di conservazione. Nel nostro territorio si ritrovano habitat che sono meglio dettagliati nelle schede relative ai SIR e che sono ricompresi nelle diverse tipologie di classificazione. Le specie che risultano a priorità di conservazione >= 2., sono 20 tra cui emergono le presenze di Molluschi (2 specie a maggiore priorità di conservazione) e 4 specie di uccelli. 134 Gruppo Specie P Molluschi Tacheocampylaea tacheoides (Pollonera, 1909) 3,1 Molluschi Xerosecta (Xerosecta) giustii Manganelli & Favilli, 1996 3 Pesci Leuciscus lucumonis 2,85 Molluschi Melanopsis etrusca Brot, 1862 2,6 Pesci Padogobius nigricans 2,45 flora Centaurea gymnocarpa Moris et De Not. 2,4 Insetti Osmoderma eremita (Scopoli, 1763) 2,35 Molluschi Chondrina oligodonta (Del Prete, 1879) 2,2 Uccelli Botaurus stellaris 2,2 Uccelli Larus audouinii 2,2 Molluschi Ciliellopsis oglasae Giusti & Manganelli, 1990 2,2 Molluschi Oxychilus (Alzonula) oglasicola Giusti, 1968 2,2 Molluschi Tyrrheniellina josephi (Giusti & Manganelli, 1989) 2,2 Mammiferi Barbastella barbastellus 2,15 Mammiferi Myotis bechsteinii 2,15 Mammiferi Myotis capaccinii 2,15 Uccelli Acrocephalus melanopogon 2,05 flora Limonium etruscum Arrigoni et Rizzotto 2 Molluschi Vertigo (Vertigo) moulinsiana (Dupuy, 1849) 2 Uccelli Circus pygargus 2 Tabella 11.2b Elenco specie a maggiore priorità di conservazione. Per quanto attiene gli uccelli, si tratta di specie per le quali non si riscontrano generalmente presenze nel nostro territorio, anche se si reputa opportuno attuare approfondimenti nel merito, trattasi di : - Botaurus stellaris ,Tarabuso , uccello solitario , difficile da trovare in Italia, appartenente alla famiglia degli ardeidi.Vive nelle paludi, negli acquitrini, nei canneti, nei pantani e nelle risaie. Le sue dimensioni sono: lunghezza 75 cm circa, peso 1200 gr, apertura alare 110 cm, becco 7 cm, tarso 10 cm, coda 11 cm. In Italia lo si trova soprattutto nella palude del parco regionale umbro di Colfiorito, nelle paludi a nord est di Bologna e nell'area prevalentemente coltivata a riso delle province di Vercelli e Pavia. Emette un verso simile al muggito, che lo rende riconoscibile anche a distanza. Nidifica in canneti e nelle vasche di risaia, purché le piante di riso siano adeguatamente cresciute. E’ considerato come rari e di passo (P.C.Kugler, C.Pacini, Natura e Paesaggio nella Provincia di Massa Carrara,2003) nel Lago di Porta. Tarabuso Gabbiano Corso 135 - Larus audouinii o Ichthyaetus audouinii,Gabbiano corso, uccello marino di medie dimensioni. Nidifica su scogliere rocciose abbastanza esposte o su isolette in mare aperto, normalmente a non più di 50 metri sopra il livello del mare. Si adatta facilmente a molti tipi di ambiente costiero. Predilige aree mediamente coperte e riparate dalla vegetazione, per poter nidificare più al fresco e al riparo dai predatori. -Acrocephalus melanopogon, conosciuto come Forapaglie castagnolo .È un piccolo uccello di palude simile alla Cannaiola e alla Cannaiola verdognola. Da esse si distingue per le striature sul dorso, il sopracciglio bianco e l'abitudine di tenere sollevata la coda. Si distingue inoltre dal Cannareccione per le dimensioni molto più piccole. Si nutre di insetti ed ha un comportamento piuttosto ritirato. È un migratore parziale, le popolazioni che abitano attorno al Mediterraneo sono per lo più sedentarie. In Italia si rinviene in poche stazioni in cui la nidificazione è certa, fra esse, le coste tirreniche settentrionali . Vive in acquitrini, paludi, rive di fiumi e laghi. Forapaglie Albanella minore Circus pygargus conosciuto come”Albanella minore” è un uccello della famiglia degli Accipitridae.L' Albanella minore in Italia nidifica in primavera inoltrata in varie regioni del centro-nord; i suoi habitat sono le zone collinari, ma con spazi aperti come terre coltivate o pascoli. Frequenta in riproduzione canneti, paludi, brughiere e campi alberati, zone steppose, savane e coltivi durante lo svernamento. Nel paleartico è specie nidificante e migratrice. È specie particolarmente protetta ai sensi della legge 157/92. A causa della scomparsa delle steppe naturali, la specie si è dovuta adattare a cacciare e a riprodursi quasi esclusivamente nei campi coltivati. Oggi, in quasi tutta Europa, la principale causa della diminuzione è la distruzione dei nidi, rigorosamente posati sul terreno, da parte dei mezzi meccanici impiegati nella mietitura; la progressiva restrizione degli areali di nidificazione e dei microambienti idonei espone sempre di più le coppie rimaste all'individuazione da parte di predoni e bracconieri. Altri fattori limitanti sono l'uso massiccio di pesticidi in agricoltura, che determina una scarsa disponibilità trofica, il bracconaggio, la predazione di uova e nidiacei (sia da parte di mammiferi sia di corvidi). Per ogni specie ed habitat la banca dati RENATO ha fornito l’elenco dei fattori di pressione (termine con cui nel modello DPSIR (Determinanti, Pressioni, Stato, Impatti, Risposte) sviluppato nell’ambito dell’EEA (European Environment Agency) dove si indicano generalmente gli agenti di impatto sull'ambiente e la biodiversità, alla scala regionale e la relativa intensità. Tali fattori di pressione hanno seguito la denominazione proposta per i formulari standard Natura 2000. 136 Tabella 11.2c-La tabella riporta il set di fattori di pressione, il numero di specie sulle quali ciascun fattore si esercita e la loro percentuale (rispetto al numero totale di specie presente nel target). Da ultimo vengono riportati i valori, aggregati per fattore, dell’intensità e dell’impatto. ( fonte: BURT) 137 Tabella 11.2 d - Fattori di pressione prevalenti per specie. La soglia di significatività è pari alla metà del totale dei valori della colonna “sommatoria impatti”. I valori più alti che, sommati tra loro, raggiungono la soglia di significatività, vengono selezionati. ( fonte:BURT) La conoscenza di questi elementi consente di effettuare opportune valutazioni di fattori di pressione riferibili all’habitat. Si reputa opportuno, per completezza di riferimenti, fare una descrizione dei diversi target, intesi come identità ambientali, individuati come presenti nel territorio provinciale: TARGET N.3 AREE UMIDE COSTIERE ED INTERNE DULCACQUICOLE E SALMASTRE, CON MOSAICI DI SPECCHI D’ACQUA, POZZE, HABITAT ELOFITICI, STEPPE SALMASTRE E PRATERIE UMIDE “Ambienti umidi salmastri costieri, con lagune, steppe e salicornieti,stagni retrodunali salmastri o dulcacquicoli, giuncheti, aree umide d’acqua dolce con specchi d’acqua, canneti, praterie umide, vegetazione flottante, torbiere basse e pozze isolate. Sono comprese in questo sistema le piccole raccolte d'acqua, anche quando trasformate o realizzate dall’uomo”. 138 Molto elevata la presenza di specie di flora e fauna di interesse comunitario o regionale o inserite nelle liste di attenzione di RENATO (175). Target con maggiore presenza di specie di flora di interesse comunitario, quali Eleocharis carniolica, Gladiolus palustris, Marsilea quadrifolia e Spiranthes aestivalis. Elevato l’interesse avifaunistico del target. Particolarmente diffuso lungo le aree costiere,nella nostra realtà il Lago di Porta. In considerazione dell’elevato valore conservazionistico di queste aree e della elevata vulnerabilità degli habitat umidi, gran parte del target risulta interno al sistema regionale di Aree protette e/o al Sistema Natura 2000. Tra le Specie di fauna vertebrata in lista di attenzione RENATO, si reputa opportuno riportare quella inerente gli uccelli: Himantopus himantopus, Il cavaliere nordamericano o cavaliere collonero;Recurvirostra avosetta, L'Avocetta;Burhinus oedicnemus, L'occhione comune;Charadrius alexandrinus, fratino;Pluvialis apricaria, piviere dorato;Lymnocryptes minimum, Il frullino;Numenius tenuirostris, chiurlottello;Numenius arquata, chiurlo maggiore;Tringa erythropus, totano moro; Sterna hirundo, sterna comune;Sterna albifrons, fraticello;Alcedo atthis, martin pescatore comune;Locustella luscinioides, Salciaiola;Acrocephalus melanopogon, forapaglie castagnolo; Acrocephalus paludicola, Pagliarolo;Panurus biarmicus, Basettino;Emberiza schoeniclus, Migliarino di palude;Anser anser, oca selvatica;Ardea purpurea, airone rosso;Ardeola ralloides, Sgarza ciuffetto; Aythya nyroca, Moretta tabaccata;Botaurus stellaris, tarabuso;Circus aeruginosus, Falco di palude;Circus cyaneus, L'Albanella reale;Egretta garzetta, garzetta;Ixobrychus minutus, Tarabusino;Nycticorax nycticorax, Nitticora;Phoenicopterus roseus, fenicottero rosa;Platalea leucorodia, spatola o spatola bianca;Plegadis falcinellus, pignattaio;Podiceps nigricollis, svasso piccolo;Tadorna tadorna, Volpoca. La tutela del target è legata la mantenimento dell’integrità degli assetti geomorfologici e idraulici delle aree umide e delle aree circostanti (o del relativo bacino idrografico). Di queste specie , nel territorio provinciale, si hanno riferimenti in bibliografia (P.C.Kugler, C.Pacini, Natura e Paesaggio nella Provincia di Massa Carrara,2003) , considerati come rari e di passo , per la nitticora, il tarabuso, l’airone bianco e rosso. Nel rapporto ambientale regionale si evidenzia che le attività di Caccia e pesca interessano direttamente circa il 12% delle specie e il 6% degli habitat e che la caccia costituisce una un fattore di pressione quando è praticata nelle zone umide o nelle circostanti aree di alimentazione (ad esempio per il chiurlo maggiore). Relativamente alle specie indicate per il target si tratta di un impatto legato ad abbattimenti illegali in quanto le specie risultano protette. Per il chiurlottello, specie protetta, gli abbattimenti illegali potrebbero costituire un serio problema ancora oggi (la specie è virtualmente estinta), visto che questo uccello può essere confuso con specie cacciabili piuttosto simili . Chiurlotello Quaderni di birdwatching(anno XI - volume 21 – 2009) L’attività venatoria in aree circostanti le zone umide condiziona negativamente anche l’oca selvatica e,durante la stagione invernale, gli abbattimenti illegali e il disturbo indiretto dovuto all’attività venatoria stessa, rappresentano il maggior problema per la conservazione del falco di palude. 139 Per molte specie di uccelli risulta potenzialmente critico l’impatto legato all’intossicazione da piombo. In riferimento alla caccia e pesca pertanto, le pressioni/minacce che queste attività possono produrre sono ascrivibili a : 1) Abbattimenti illegali. 2) Attività venatoria in aree contermini le aree umide. 3) Intossicazione da piombo. 4) Inadeguata gestione venatoria di aree umide di interesse conservazionistico. Lo Stress che attiva può provocare la riduzione delle popolazioni di specie rare, il disturbo a specie protette e la modifica di habitat palustri. Questo habitat è escluso dalla attività venatoria in quanto vietato dal regolamento dell’ANPIL che lo include, è contermine , lato Massa con la zona di protezione individuata come area costiera ,e lato Pietrasanta con la rimanente area umida, sempre a divieto di caccia . E però contermine a nord-est con l’area preparco delle Alpi Apuane nella quale è possibile l’attività venatoria, ancorché limitata da specifico regolamento. TARGET N.4 AMBIENTI FLUVIALI E TORRENTIZI, DI ALTO, MEDIO E BASSO CORSO “Corsi d’acqua montani a carattere torrentizio, ecosistemi fluviali ad alveo largo con vegetazione ripariale arborea ed arbustiva, vegetazione flottante, cariceti e canneti spondali, corsi d’acqua a carattere stagionale, lanche morte, fiumi larghi con terrazzi ghiaiosi. Mesohabitat fluviale con alternanze riffle/pool” Target a distribuzione lineare con grandi fiumi permanenti, nel nostro territorio rappresentato dal fiume Magra, con torrenti semipermanenti ed un ricco sistema idrografico minore, spesso a carattere stagionale. Questo target ospita a livello regionale 14 habitat di interesse comunitario e/o regionale; elevata la presenza di specie di flora e fauna di interesse comunitario o regionale o inserite nelle liste di attenzione di RENATO, con 43 specie di fauna vertebrata (di cui 14 specie di pesci) e 21 specie di fauna invertebrata. Il target comprende ambienti reofili di alto corso delle aree appenniniche ed alto collinari, tratti di medio corso di fiumi ad alveo largo ed acqua permanente con vegetazione spondale arborea, tratti di medio corso con alveo caratterizzato da terrazzi ghiaiosi e corso anastomizzato e tratti di basso corso e di foce. Le particolari condizioni edafiche delle sponde fluviali e le variazioni del regime idrico costituiscono il presupposto per lo sviluppo di caratteristiche formazioni vegetali arboree, arbustive ed erbacee disposte lungo le sponde secondo un gradiente ecologico (ad esempio vegetazione erbacea dei greti ghiaiosi o fangosi, formazioni di elofite delle acque lente, saliceti arbustivi, boschi igrofili a salici e pioppi, ontanete). Tra le Specie di fauna vertebrata in lista di attenzione RENATO , ritroviamo gli uccelli : Ixobrychus minutes, Tarabusino;Nycticorax nycticorax, Nitticora;Ardeola ralloides, Sgarza ciuffetto;Egretta garzetta,garzetta ;Anser anser, oca selvatica;Circus cyaneus, Albanella reale Burhinus oedicnemus, occhione comune;Charadrius alexandrinus, fratino;Alcedo atthis , martin pescatore comune. Nel nostro territorio , risultano censiti la nitticora, il martin pescatore e la garzetta (P.C.Kugler, C.Pacini, Natura e Paesaggio nella Provincia di Massa Carrara,2003). All’interno di ciascun bacino idrografico rimane costante l’organizzazione del sistema fluviale, processi di alimentazione (alto corso), processi di trasporto (medio corso) e di deposito (basso corso). L’assetto del corso d’acqua è determinato dalla interazione tra le componenti clima, vegetazione, morfologia, geologia, uso del suolo, ecc. Il presupposto per lo sviluppo di caratteristiche formazioni vegetali arboree, arbustive ed erbacee disposte lungo le sponde secondo un gradiente ecologico (ad esempio vegetazione erbacea dei greti 140 ghiaiosi o fangosi, formazioni di elofite delle acque lente, saliceti arbustivi, boschi igrofili a salici e pioppi, ontanete),è determinato dalle particolari condizioni edafiche delle sponde fluviali,dalle variazioni del regime idrico e la continuità ecologica trasversale . Per questo target le principali pressioni risultano prevalentemente legate agli aspetti qualitativi e quantitativi degli apporti idrici (minori afflussi idrici, inquinamento delle acque, prelievi idrici, ecc.), alla gestione della vegetazione ripariale (periodiche pulizie delle sponde), all’invasione di specie aliene, ai processi di antropizzazione delle sponde e di riduzione delle fasce ripariali e alle opere che interrompono la continuità fluviale. Pressioni e minacce sono rappresentate oltre che dai cambiamenti climatici , da una gestione idraulica non coerente con gli obiettivi naturalistici, senza cioè una ottimale pianificazione dell’uso delle risorse idriche alla scala di bacino, con una scarsa sensibilità/conoscenza sul valore degli ecosistemi fluviali, e dove la loro gestione si realizza con un approccio esclusivamente ingegneristico e idraulico. In questo caso le pressioni/minacce sono rappresentate da : 1. Opere traversali in alveo (dighe, briglie, centrali idroelettriche) in aree di interesse conservazionistico. 2. Non ottimale gestione livelli idrometrici e degli apporti idrici. 3. Taglio della vegetazione spondale in periodi o con modalità non compatibili. 4. Captazioni e riduzione portate. Lo Stress conseguente si evidenzia con perdita/alterazione di habitat e di habitat di specie, perdita di continuità longitudinale e trasversale dell’ecosistema fluviale, diminuzione della funzionalità dell’ecosistema fluviale,alterazione del regime idraulico, interramento e inaridimento, sommersione, disturbo a specie nel periodo riproduttivo. L’attivita’ Venatoria può provocare disturbo alle specie protette. TARGET N.5 AGROECOSISTEMI TRADIZIONALI ED ALTRE AREE AGRICOLE DI VALORE NATURALISTICO. “Agroecosistemi montani con attività agricole estensive e presenza di elementi lineari; paesaggi agricoli estesi, di pianura e collina, a prevalenza di colture non intensive, con diversa presenza di elementi seminaturali e aree incolte, con scarsi livelli di edificazione (aree ad elevata eterogeneità, aree più omogenee con prevalenza di seminativi asciutti, a carattere steppico, zone bonificate e altre aree pianeggianti con elevata umidità invernale, generalmente con buona presenza di canali). Presenza di edificato rurale sparso ed in parte abbandonato”. Nell’ambito del paesaggio agricolo toscano il target interessa le tipologie meno intensive e più tradizionali, sono i paesaggi agricoli caratterizzati da coltivazioni estensive,con presenza di elementi vegetazionali lineari (siepi, filari alberati, ecc.), boschetti, esemplari arborei isolati, sistemazioni agricole tradizionali (terrazzamenti, ciglionamenti, ecc.), ampiamente presenti nelle valli preappeniniche ed appenniniche, che si riscontrano , per il nostro territorio, nel territorio identificato come Lunigiana. In questo target, ritroviamo gli habitat di interesse comunitario, ambienti agricoli con prati regolarmente sfalciati, sia montani che di pianura, agroecosistemi tradizionali che ospitano spesso un caratteristico reticolo idrografico minore ed un articolato sistema di piccole aree umide, pozze, punti di abbeveraggio di elevato interesse per le popolazioni di anfibi . In questi habitat risulta particolarmente significativa la presenza di specie di uccelli di interesse conservazionistico e particolarmente minacciati a livello europeo. Dal rapporto Ambientale regionale si rileva che attualmente non risultano disponibili le delimitazioni delle aree agricole definite HNVF(Aree agricole ad alto valore naturalistico) riconosciute nella nuova programma 2007 – 2013 come aree importanti ai fini della salvaguardia della agrobiodiversità. Tali aree costituirebbero sicuramente gran parte del target in oggetto. Tale tema è stato affrontato dalla Commissione Europea insieme a quello degli indicatori agroambientali (COM(2000)20) ed è diventato uno dei temi principali della Conferenza 141 Interministeriale Pan-Europea “L’ambiente per l’Europa” di Kiev nel (UN/ECE, 2003) e della Conferenza Europea sulla Biodiversità del 2004. Le aree agricole ad alto valore naturalistico sono rappresentate da quelle aree in cui l’agricoltura è l’uso del suolo prevalente (normalmente il dominante) e dove quell’agricoltura mantiene, o è associata, a una grande varietà di specie e habitat o specie di interesse europeo. Andersen (2003) identifica le seguenti 3 tipologie di territori agricoli ad elevato valore naturalistico: -naturale; Tipo 2: Terreno agricolo dominato da agricoltura a bassa intensità o da un mosaico di territori seminaturali e coltivati; Tipo 3: Terreno agricolo sul quale sono presenti specie rare o una elevata proporzione di un popolazione di una specie animale e/o vegetale europea o mondiale. Secondo il RA regionale, in mancanza di delimitazione ufficiale, tali aree possono essere ricondotte a quelle definite dal PSR come C) Aree rurali intermedie e D) Aree rurali con problemi complessivi di sviluppo oltre alle aree agricole interne al sistema delle Aree protette e Natura 2000. Nella provincia di Massa Carrara,sono classificate come C) le aree rurali dei Comuni di Montignoso, Aulla,Tresana, Podenzana e Fosdinovo, e classificate come D) quelle dei Comuni di Zeri, Pontremoli, Mulazzo, Filattiera, Villafranca in Lunigiana, Bagnone, Licciana Nardi, Comano, Fivizzano e Casola in Lunigiana. Escludendo i Comuni di Massa e Carrara, tutte le aree rurali del territorio provinciale possono essere pertanto ascritte alla tipologia di ” Aree agricole ad alto valore naturalistico”. Dal punto di vista fisionomico tali aree sono costituite prevalentemente da prati permanenti e prati pascolo, allevamenti estensivi e secondariamente da coltivazioni permanenti estensive e policoltura estensiva. A tale target sono associati elevati valori di agrobiodiversità . Tra le Specie di fauna vertebrata in lista di attenzione RENATO gli Uccelli Anser anser ,oca selvatica; Pernis apivorus , falco pecchiaiolo occidentale; Milvus milvus, nibbio reale; Milvus migrans, nibbio bruno; Circaetus gallicus, biancone; Circus cyaneus, L'Albanella reale;Circus pygargus, Albanella minore;Falco naumanni, grillaio;Falco tinnunculus, gheppio comune;Falco biarmicus, Lanario ;Alectoris rufa, Pernice rossa;Coturnix coturnix, quaglia comune;Burhinus oedicnemus, L'occhione comune;Pluvialis apricaria , piviere dorato; Numenius arquata, chiurlo maggiore;Columba livia, Piccione selvatico occidentale;Otus scops, assiolo;Caprimulgus europaeus, succiacapre o caprimulgo europeo;Coracias garrulus, Ghiandaia marina;Melanocorypha calandra, Calandra;Calandrella brachydactyla, Calandrella; Lullula arborea, Tottavilla;Anthus campestris, calandro;Phoenicurus phoenicurus, codirosso; Monticola solitarius, Passero solitario;Lanius collirio, avèrla piccola;Lanius minor, Averla minore o cenerina,Lanius senator, Averla capirossa;Serinus corsicanus, citrinella,Emberiza citrinella, Zigolo giallo,Emberiza hortulana, Ortolano;Emberiza melanocephala, Zigolo capinero o zigolo testanera. Di questa lista, dai ferimenti bibliografici (P.C.Kugler, C.Pacini, Natura e Paesaggio nella Provincia di Massa Carrara,2003) , si riscontra la presenza del piccione selvatico, del biancone, dell’assiolo e del gheppio, del lanario edl passero solitario e del codirosso. Il presupposto per la conservazione di questo target è rappresentato dalla realizzazione di attività agricole e zootecniche tradizionali e dal mantenimento di paesaggi agricoli estensivi con le caratteristiche sistemazioni agricole. Questo tipo di agricoltura consente anche il mantenimento di mosaici di habitat agricoli e forestali, boschetti, siepi e siepi alberate, che assumono un elevato valore paesaggistico. Pertanto , il mantenimento di prati da sfalcio in aree alto montane, o il mantenimento di sistemi di regimazione delle acque nelle pianure alluvionali, la presenza di attività agricole legate a prodotti di qualità e tradizionali, con tecniche a basso impatto ambientale e con obiettivi di conservazione della agrobiodiversità (varietà locali, razze protette, patrimoni genetici autoctoni, ecc.) è una condizione che diventa complementare all’obiettivo di conservazione di paesaggi agricoli tradizionali. 142 Da quanto riferito, le principali pressioni rilevate nel RAR e confermabili a livello provinciale, sono quelle legate alla perdita di paesaggi agricoli tradizionali dovuta sia all’abbandono delle attività agricole tradizionali e del pascolo (con attivazione di processi di rinaturalizzazione, ricolonizzazione arbustiva ed arborea) sia alla eventuale modernizzazione delle pratiche colturali. Nell’ambito delle pianure alluvionali interne e costiere si associano fenomeni di trasformazione dell’uso del suolo soprattutto ad opera dell’edificato residenziale e industriale/commerciale e del sistema infrastrutturale. Il principale fattore di pressione per gli habitat è costituito anche nel nostro territorio dai fenomeni di abbandono delle attività agricole e pastorali , soprattutto nelle aree appenniniche, con particolare riferimento alle aree economicamente più depresse e svantaggiate. A questo fenomeno si sono associati processi di abbandono dei piccoli borghi montani con la diminuzione delle conseguenti attività rurali e delle relative sistemazioni agricole per le quali i paesaggi montani terrazzati coltivati o regolarmente sfalciati, prati regolarmente pascolati e caratteristici mosaici agricoli hanno subìto rapidi processi di ricolonizzazione arbustiva ed arborea. Tale fenomeno ha inciso, ed incide tuttora, sul complessivo insieme di habitat e specie di flora e fauna legato agli agroecosistemi. Processi analoghi, seppure in contesti ambientali ben diversi, sono avvenuti anche nelle zone collinari costiere e, in modo anche più intenso. L’eliminazione di siepi e boschetti dal paesaggio agricolo rappresenta un elemento tipico di un agricoltura più intensiva che provoca modifiche strutturali alla scala di paesaggio oltre che un fattore di pressione su numerose specie di fauna che utilizzano questi elementi come riferimenti indispensabili nello spostamento dai rifugi alle aree di foraggiamento. L’eccessivo uso di diserbanti può compromettere popolazioni di specie di flora infestanti dei campi di cereali, l’ ampio uso di pesticidi può influire negativamente su invertebrati che costituiscono la dieta di mammiferi insettivori di quali. Importante la conservazione di aree incolte, di ambienti ruderali o di arbusteti ai margini o all’interno delle aree coltivate per garantire la sopravvivenza delle relative specie di flora . Ai danni derivanti dalla perdita di aree aperte si associano spesso i danni dovuti all’aumento della presenza di ungulati (in particolare del cinghiale ). Nel RA Regionale si evidenzia che la caccia costituisce un fattore di pressione per il 17% delle specie del target che risulta legato ad abbattimenti illegali in quanto le specie risultano protette. Soprattutto nelle zone pianeggianti che rivestono interesse per la sosta e l’alimentazione di alcune specie di uccelli acquatici, il disturbo causato dall’attività venatoria costituisce un fattore limitante presumibilmente più rilevante rispetto agli eventuali abbattimenti illegali. Le pressioni e minacce derivanti da abbandono e cessazione/riduzione attività agricole tradizionali e pascolo si sostanziano in cambiamenti socio-economici nelle aree alto collinari e montane, in particolare appenniniche, nella minore presenza di servizi e infrastrutture per la comunità e le aziende nelle aree alto collinari e montane, nella scarsa redditività per le attività agricole e zootecniche in aree depresse, in un maggiore impatto del lupo sulle attività zootecniche, particolarmente elevato sul bestiame ovicaprino in aree alto collinari . Lo stress che ne consegue si evidenzia con la perdita di habitat e di habitat di specie per ricolonizzazione arbustiva ed arborea, con la frammentazione degli habitat e delle popolazioni di specie, con la riduzione della diversità alla scala di paesaggio. Per quanto attiene la’attività venatoria, questa attività può presentare criticità collegate ad abbattimenti illegali , e inadeguati sistemi di gestione venatoria che possano determinare riduzioni di popolazione di specie rare , disturbo a specie protette, o inquinamento genetico. TARGET N.6 AMBIENTI ROCCIOSI MONTANI E COLLINARI, CALCAREI, SILICEI E OFIOLITICI 143 “ Paesaggio a forte determinismo edafico, pareti rocciose verticali in ambiente montano, collinare o insulare, a dominanza di rocce silicee, calcaree o serpentinicole, detriti di falda, creste, tavolati e piattaforme rocciose, paesaggi carsici, suoli poveri ad elevata tessitura e rada copertura vegetale”. Sono ambienti, montani o alto collinari, caratterizzati dal forte determinismo edafico. Mosaici di pareti rocciose verticali, piattaforme rocciose e detriti di falda costituiscono habitat selettivi, caratterizzati dalla presenza di habitat e specie endemiche o di elevato interesse conservazionistico, soprattutto quando interessano substrati basici , nello specifico del territorio provinciale, rocce calcaree che possono dar luogo a caratteristici paesaggi carsici superficiali a cui corrispondono vasti ambienti ipogei. I più vasti complessi rocciosi montani si localizzano nelle Alpi Apuane (prevalentemente rocce calcaree) e nell’Appennino Tosco- Emiliano (rocce arenacee). Molto elevata la presenza di specie di flora annidate, con quattro specie di flora di interesse comunitario (Aquilegia bertolonii, Athamanta cortiana, Jonopsidium savianum e Primula apennina. Con 121 specie di flora e fauna, 12 habitat e 22 fitocenosi gli ambienti rocciosi costituiscono uno dei target di maggiore interesse conservazionistico. Specie di fauna vertebrata in lista di attenzione RENATO,Uccelli: Circaetus gallicus, biancone;Aquila chrysaetos, aquila reale;Falco tinnunculus, gheppio comune; Falco biarmicus, Lanario;Falco peregrinus, falco pellegrino;Bubo bubo, gufo reale;Oenanthe oenanthe, Culbianco;Monticola saxatilis, codirossone;Monticola solitarius, Passero solitario; Tichodroma muraria, picchio muraiolo;Pyrrocorax graculus, Gracchio alpino;Pyrrocorax pyrrocorax, Gracchio Corallino. Con l’eccezione del Falco tinnunculs, tutte le altre specie risultano presenti nell’habitat del territorio provinciale. (P.C.Kugler, C.Pacini, Natura e Paesaggio nella Provincia di Massa Carrara,2003). Sono habitat primari e di tipo azonale, sotto lo stretto condizionamento geomorfologico. La tutela del target è pertanto legata alla conservazione integrale delle aree interessate dal target e dei processi naturali ad esso legati. Per alcune specie animali –essenzialmente Uccelli - che utilizzano gli ambienti rupestri per la nidificazione e il rifugio, occorre che tali ambienti siano contigui ad aree idonee per l’alimentazione (generalmente praterie e altri ambienti aperti). I complessi rocciosi offrono numerosi servizi ecosistemici quali paesaggi di elevato valore turisticoricreativo, tutela delle risorse idriche dulcacquicole con sistemi che ospitano le più vaste riserve idriche e le sorgenti più importanti del territorio, nonché sistemi rocciosi ricchi di importanti risorse estrattive, con particolare riferimento al marmo. Il target presenta un prevalente e molto caratterizzante fattore di pressione legato alla perdità di habitat e stazioni di specie per la realizzazione di attività di escavazione (cave e relative discariche). Si tratta di una pressione spesso molto intensa e localizzata. Dal RAR si rileva che la presenza di cave e miniere, costituisce la principale pressione sia per gli habitat (69%) che per le specie (28%). Ciò risulta comprensibile considerando come gran parte degli habitat di interesse regionale/comunitario del target sono strettamente legati a substrati geologici, quali marmi, calcare massiccio, ofioliti, arenarie ecc. classificate in parte come pietre ornamentali e comunque di notevole interesse estrattivo. Tale criticità risulta particolarmente significativa per gli habitat delle pareti rocciose e degli ambienti detritici caratteristici, o endemici, delle Alpi Apuane, in cui si concentra una intensa attività estrattiva marmifera . Tale fattore di pressione incide anche sulle specie, soprattutto per quanto riguarda la flora, con stazioni di specie di flora rare o endemiche in parte legate a substrati calcarei marmiferi (ad esempio la stazione dell’endemica apuana Centaurea montis-borlae situata sui versanti marmiferi del Monte Borla in adiacenza ad un vasto sito estrattivo marmifero, nella zona dei Monti Sagro e Spallone (citato in Emergenze Naturalistiche della Provincia di Massa Carrara, note alla Carta della Natura, a cura di P.E tomei, P.C Kugler, 2001) le specie di interesse comunitario Athamanta cortina, Pizzo d’Uccello,Cresta Garnerone, Sagro… e Aquilegia bertolonii, Campo Cecina ,Monte Maggiore….( citato in Emergenze Naturalistiche della Provincia di Massa Carrara, note alla Carta della Natura, a 144 cura di P.E tomei, P.C Kugler, 2001), ma anche di specie di fauna (ad esempio picchio muraiolo,( Pizzo d’Uccello, citato in in Emergenze Naturalistiche della Provincia di Massa Carrara, note alla Carta della Natura, a cura di P.E tomei, P.C Kugler, 2001) gracchio alpino, ,( Pizzo d’Uccelo, Vinca citato in Emergenze Naturalistiche della Provincia di Massa Carrara, note alla Carta della Natura, a cura di P.E tomei, P.C Kugler, 2001) sul raro mollusco Chondrina oligodonta( Torano di Carrara(citato in Emergenze Naturalistiche della Provincia di Massa Carrara, note alla Carta della Natura, a cura di P.E tomei, P.C Kugler, 2001). Nel RAR viene associato a tale fattore di pressione anche la presenza di discariche (23% degli habitat) di cava in grado di alterare vaste superfici nelle aree circostanti i siti estrattivi. Relativamente alle infrastrutture (interferenti sul 31% degli habitat e sul 10% delle specie), strade di attraversamento delle aree,montane, presenza di linee elettriche (ad es. Bubo bubo) e degli impianti eolici (ad esempio su Aquila chrysaetos, Falco biarmicus) esistenti e soprattutto programmati. I fattori intrinseci/popolazionistici incidono sul 19% delle specie (secondo fattore di pressione per le specie), evidenziando la notevole vulnerabilità intrinseca di specie caratterizzate da stazioni relittuali, o da areali estremamente ridotti e/o con pochi esemplari, ecc. (ad esempio le specie di flora Centaurea montis-borlae,( Monti Sagro e Spallone, citato in Emergenze Naturalistiche della Provincia di Massa Carrara, note alla Carta della Natura, a cura di P.E tomei, P.C Kugler, 2001), Campanula medium( luoghi aridi ), Botrychium lunaria Swartz, Listera cordata, ecc.)tutte specie citate in Emergenze Naturalistiche della Provincia di Massa Carrara, note alla Carta della Natura, a cura di P.E tomei, P.C Kugler, 2001 . Dal RAR emerge che la cessazione del pascolo costituisce un fattore di pressione per l’8% delle specie del target anche se, la sua presenza (pascolo) nell’ambito di habitat climax, quale 6110 (rappresentato da una associazione endemica delle Alpi Apuane Seslerio tenuifoliae- Caricetum sempervirentis), costituisce invece un fattore di pressione (agente sull’8% degli habitat). Anche le attività ricreative, sportive e turistiche, ed in particolare escursionistiche, possono costituire locali elementi di criticità per le specie (nel RAR viene indicata una percentuale oltre l’11%) per la presenza di sentieri (con relativo calpestio), in attraversamento di rare stazioni di specie con areale ridotto e basso numero di esemplari. Tali attività, ed in particolare l’arrampicata sportiva, comportano anche disturbo diretto a specie di avifauna nidificanti in parete (ad esempio Aquila chrysaetos, Tichodroma muraria, Pyrrhocorax graculus, Pyrrhocorax pyrrhocorax). La caccia, con gli abbattimenti illegali, costituisce una delle maggiori pressioni per la popolazione toscana di Falco biarmicus e Aquila chrysaetos. Le pressioni e minacce di questo target sono rappresentate anche per il nostro territorio da un elevato valore commerciale ed elevata domanda di alcune tipologie di marmi , da insufficiente valorizzazione dei processi di VAS, VIA, su piani e progetti, da uno scarso livello di formazione degli operatori del settore. Pertanto, la presenza di cave a cielo aperto, la presenza di discariche di cava, di infrastrutture di servizio alle cave (strade, elettrodotti,ecc.), possono causare non solo la perdita/alterazione diretta di habitat, ma anche la loro frammentazione con conseguente riduzione di quella delle popolazioni di specie oltrechè rappresentare una disturbo diretto a specie di fauna. Ugualmente le attivita’ ricreative, sportive e turistiche possono rappresentare una minaccia a questo target per insufficiente regolamentazione delle attività escursionistiche e sportive nelle aree di elevato interesse naturalistico. Sentieristica e turismo escursionistico in aree con stazioni di specie/habitat vulnerabili e dalla attuazione di arrampicate sportive su pareti con siti di nidificazione di rare specie di avifauna, necessitano di specifica regolamentazione. Lo stress che si realizza attiene il disturbo a siti di nidificazione, il disturbo sonoro, alla alterazione dell’habitat e stazioni di specie per calpestio e sentieramento. Inoltre anche le inadeguate pratiche forestali , con scarsa considerazione dei valori naturalistici nella gestione di alcune aree ofiolitiche con rimboschimenti, come la presenza di rimboschimenti di 145 conifere e la diffusione spontanea da rimboschimenti, possono causare perdita/alterazione diretta di habitat, nonché la loro frammentazione e quella delle popolazioni di specie. TARGET N.7 AMBIENTI APERTI MONTANI E ALTO COLLINARI, CON PRATERIE PRIMARIE E SECONDARIE, ANCHE IN MOSAICI CON BRUGHIERE E TORBIERE “ Praterie sommitali primarie di ambiente montano e subalpino,spesso in mosaico con brughiere e torbiere, praterie mesofile delle vallette nivali, praterie secondarie montane e collinari, anche in ambiente xerico, prati pascolo”. Si tratta di un Mosaico di habitat caratteristico della catena appenninica ed apuana. In parte di origine primaria, con brughiere e praterie alpine (soprattutto nell’Alto Appennino Tosco Emiliano, Alta Lunigiana e praterie alpine delle Alpi Apuane), con numerosi habitat secondari, del piano montano, derivanti dal taglio del bosco, incendi e storiche attività di pascolo (in particolare brachipodieti, nardeti, vaccinieti e brughiere montane). Elevata la presenza di habitat e specie di flora di interesse comunitario e regionale, con numerose specie endemiche o rare. In particolare le praterie alpine ospitano alcuni endemismi e numerose specie al limite meridionale del loro areale. Le aree aperte alto montane ospitano importanti popolamenti di uccelli, rappresentando aree di nidificazione (ad es. Oenanthe oenanthe, culbianco), ma soprattutto di alimentazione (ad es. Pyrrocorax graculus, rapaci). Specie di uccelli in lista di attenzione RENATO: Pernis apivorus,falco pecchiaiolo,Circus cyaneus, Albanella reale, Circus pygargus, Albanella minore, Aquila chrysaetos, aquila reale,Falco tinnunculus, gheppio comune, Falco peregrinus, falco pellegrino,Coturnix coturnix, quaglia comune, Bubo bubo, gufo reale,Caprimulgus europaeus, succiacapre, ullula arborea, Tottavilla, Anthus campestris, calandro, Oenanthe oenanthe, Culbianco, Lanius collirio, avèrla piccola, Lanius senator, Averla capirossa, Pyrrocorax graculus, gracchio alpino,Pyrrocorax pyrrocorax, gracchio corallino,Emberiza citrinella, Zigolo giallo,Emberiza hortulana, Ortolano. Aquila reale, falco pellegrino, culbianco,gracchio alpino, gracchio corallino, gheppio comune, sono stati riscontrati nel nostro territorio( P.C.Kugler, C.Pacini, Natura e Paesaggio nella Provincia di Massa Carrara,2003). Fitocenosi RENATO 2. Brughiere altomontane Appennino tosco-emiliano. 3. Brughiere subalpine con Rhododendron ferrugineum e Vaccinium vitis-idaea. 4. Brughiere subalpine dell'Appennino tosco-emiliano. 5. Calluneti di Campocecina (Alpi Apuane). 6. Fitocenosi igrofile dei prati di Logarghena (Lunigiana). I mosaici di praterie e brughiere primarie, di tipo alpino e subalpino, sono sotto lo stretto condizionamento climatico ed edafico (altitudine oltre il limite della vegetazione forestale, permanenza del manto nevoso, ecc.). La conservazione di habitat prativi secondari è legata alla permanenza delle attività antropiche tradizionali con particolare riferimento al pascolo. Tale attività presenta carichi pascolivi ottimali diversificati a seconda delle diverse formazioni prative (nardeti, brachipodieti, festuceti, ecc.) e del tipo di pascolo (ovino, caprino, bovino, equino). In aree alto montane carichi eccessivi possono infatti mettere in atto processi di erosione del suolo e di depauperamento del cotico erboso mentre carichi insufficienti possono non essere in grado di contrastare i processi di ricolonizzazione arbustiva (pruneti, ericeti, ginepreti, ecc.). 146 Tale target offre paesaggi di elevato valore turistico ed escursionistico, ambienti in grado di sostenere attività di allevamento e pascolo nonché la produzione e commercializzazione di prodotti del sottobosco, in particolare mirtilli. Le principali pressioni per questo target sono legate ai cambiamenti climatici, alla riduzione delle attività antropiche tradizionali (in particolare riduzione del pascolo), a cui si associano opposti e negativi fenomeni di aumento del livello di antropizzazione (aumento del pascolo, fruizione turistica, ecc.) come pressione sugli habitat primari. Le caratteristiche ecologiche delle specie e la loro presenza in stazioni isolate o di ridotte dimensioni costituiscono elementi in grado di aumentarne la vulnerabilità. Thuiller et al., 2005, ha evidenziato che le montagne dell’europa meridionale rispetto ad altri rilievi montuosi europei, saranno soggette ad una maggiore perdità di biodiversità proprio a causa dei cambiamenti climatici. Con l’aumento delle temperature medie e la riduzione delle precipitazioni e della permanenza del manto nevoso risultano particolarmente a rischio le specie e gli habitat microterme oro-ipsofile non in grado di assecondare gli eventuali spostamenti verso l’alto dei piani di vegetazione, a vantaggio delle brughiere montane (a Vaccinium myrtillus) e delle praterie termoxerofile a brachipodio. L’evoluzione della vegetazione, con il complementare fattore di cessazione e riduzione del pascolo, interessa il 50% degli habitat, e rappresenta il primo fattore di pressione per le specie (25%), insieme a cessazione del pascolo (22%) e all’abbandono (16%). Soprattutto nell’ambito dei nardeti la cessazione del pascolo innesca rapidi processi di ricolonizzazione arbustiva ed arborea. Per entrambe le tipolgie di habitat, a un adeguato carico di pascolo risultano associate formazioni caratteristiche e ricche di specie di interesse mentre ad un carico eccessivo, o ad una frequente gestione mediante incendi, una forte riduzione della diversità floristica. L’evoluzione della vegetazione con chiusura delle aree aperte costituisce un importante fattore di pressione per numerose specie di uccelli che hanno nelle praterie un habitat di nidificazione o di alimentazione (ad es., Aquila chrysaetos, Pyrrocorax pyrrocorax, P. graculus, ecc.). Nonostante il pascolo in zone altomontane sia diminuito considerevolmente, quello rimasto è talvolta maldistribuito e può danneggiare zone di brughiera di particolare valore, quali ad esempio quelle rare a rododendri(Monte La Nuda, Cima Belfiore, Passo Cerreto), (Emergenze Naturalistiche della Provincia di Massa Carrara, note alla Carta della Natura, a cura di P.E tomei, P.C Kugler, 2001) (habitat 4060), praterie mesofile del piano alpino e subalpino (Cod. 6170) o vallette nivali su subtrato acido (Cod. 6150). La presenza di locali attività ricreative, sportive e turistiche costituisce un altro fattore di pressione significativo sugli habitat (75%). Si tratta di una attività potenzialmente impattante anche su circa il 20% delle specie. Nell’ambito di tale settore risultano particolarmente impattanti le attività sciistiche e, secondariamente, escursionistiche. Le prime risultano attività particolarmente critiche (apertura di piste e impianti di risalita) quando realizzate nel contesto delle brughiere alpine e subalpine. La presenza di elevati carichi turistici può aumentare anche il rischio di raccolta delle specie di flora più vistose. La captazione delle acque necessaria all’innevamento artificiale, la rottura di falde freatiche durante la costruzione delle piste e la pratica dello spargimento di prodotti di sintesi per indurire il manto nevoso costituiscono localmente elementi di criticità. La caccia rappresenta un fattore di pressione per il 9,7% delle specie con particolare riferimento agli abbattimenti illegali (ad es. Aquila chrysaetos). Inoltre, un elevato carico di ungulati (danni da selvaggina) ,può costituire un fattore di pressione per la conservazione di habitat prativi e delle specie di flora e di fauna ed esso legate, con fenomendi di “aratura” del cotico erboso, eliminazione di bulbifere ed innesco di processi di erosione del suolo. La pressione relativa alle infrastrutture è da associare alla presenza (pressione) o futura realizzazione (minaccia) di strade, linee elettriche e impianti eolici, con incidenza potenziale 147 particolarmente significativa su specie di avifauna quali Aquila chrysaetos, Bubo bubo. La presenza di infrastrutture, con il rinverdimento dei nuovi corridoi prativi realizzati per piste da sci, gasdotti, ecc. con specie o ecotipi non locali può causare diffusione di specie vegetali aliene e inquinamenti genetici in aree di alto valore floristico. Per gli habitat prativi altomontani calcarei e per le specie ad essi legate è da segnalare il fattore di pressione legato a cave e miniere (l’11,8% delle specie) in gran parte legata alle attività estrattive marmifere apuane. Danni da ungulati per l’impatto dei cinghiali sulle praterie ed effetti non conosciuti della localizzata presenza di muflone e capre inselvatichite e inadeguata gestione del pascolo in presenza di eccessiva concentrazione del bestiame e diffusa sottoutilizzazione degli stessi, possono provocare la perdita o l’alterazione di habitat con processi di erosione del suolo, alterazione delle condizioni del suolo e delle acque nonché aratura aree prative ad opera di ungulati. TARGET N.8: MACCHIE BASSE, STADI DI DEGRADAZIONE ARBUSTIVA, GARIGHE E PRATI XERICI E TEMPORANEI “ Avanzati stadi di ricolonizzazione arbustiva delle praterie secondarie e dei pascoli, stadi di ricolonizzazione arbustiva o post incendio su suoli acidi (ericeti, uliceti, ginestreti) e su suoli calcarei (ginestreti, ginepreti), arbusteti bassi e spinosi delle montagne mediterranee, macchie di sclerofille, pratelli temporanei in mosaico nelle macchie, garighe e praterie aride”. Si tratta in gran parte di formazioni secondarie di degradazione della vegetazione forestale di latifoglie e di sclerofille ampiamente distribuite dalle aree costiere a quelle montane. In aree montane e collinari sono presenti ginestreti, pruneti, ginepreti, quali stadi di degradazione dei boschi di latifoglie calcicoli o neutrofili (faggete, querceti), uliceti, ericeti e calluneti quali stadi di degradazione dei boschi di latifoglie su suoli acidi (castagneti, pinete). Nelle aree montane rapidi processi di ricolonizzazione arbustiva hanno trasformato in arbusteti antichi paesaggi pascolivi ( Lunigiana ed Alpi Apuane). In ambiente mediterraneo costiero mosaici di macchie alte, macchie basse e garighe costituiscono successivi stadi di degradazione della originaria foresta di sclerofille. Tali stadi mosaicati presentano al loro interno anche pratelli temporanei e prati aridi. Specie di Uccelli in lista di attenzione RENATO Circaetus gallicus, biancone, Circus cyaneus, albanella, Circus pygargus L'Albanella minore, Falco naumanni, grillaio ,Falco tinnunculus, gheppio,Falco biarmicus, lanario,Falco peregrinus,falco pellegrino,Alectoris rufa, Pernice rossa, Otus scops, assiolo, Caprimulgus europaeus, succiacapre,Anthus campestris, calandro, Oenanthe ispanica, Monachella, Monticola solitarius, passero solitario,Sylvia sarda, Magnanina sarda,Sylvia undata, Magnanina, Sylvia conspicillata, Sterpazzola di Sardegna, Lanius collurio, falconcello o Averla piccola, Lanius minor, Averla minore o cenerina, Lanius senator, Averla capirossa, Serinus corsicanus, Venturone Corso, Emberiza melanocephala, Zigolo capinero o zigolo testanera. I paesaggi a dominanza di cenosi arbustive derivano da naturali processi di ricolonizzazione di aree abbandonate (ex coltivi, ex pascoli). Nel lungo periodo però la loro conservazione è legata ad interventi antropici – o a incendi di origine naturale – in grado di interrompere, o far retrocedere, i processi dinamici della vegetazione. Ad esempio nell’ambito degli arbusti acidofili risultano importanti i periodici incendi (uliceti ed ericeti) oppure i tagli che venivano effettuati, fino ad anni recenti, per la produzione delle scope. Per habitat costituiti da arbusteti discontinui su praterie l’azione del pascolo consente di evitare la chiusura completa delle cenosi (ad esempio ginepreti radi su prati calcarei). La elevata erosione del suolo, la presenza di suolo povero e roccioso, costituiscono il presupposto per la presenza di garighe (formazioni cespugliose discontinue che si estendono su suolo involuto, a matrice generalmente calcarea ricco di roccia affiorante o sabbioso, in un ambiente caratterizzato da elevate luminosità, temperatura e aridità. È costituita da arbusti bassi e frutici, che al massimo raggiungono 1-1,5 metri, ma in genere inferiori ai 50 cm. penultimo stadio 148 involutivo delle associazioni fitoclimatiche e si colloca fra la macchia xerofila dell'Oleo-ceratonion e la steppa, perciò la sua presenza diffusa può essere un indice della desertificazione in ambiente mediterraneo. Questa formazione si estende nell'orizzonte montano, oltre il limite dell'areale della vegetazione arborea e la sua presenza è determinata dalle condizioni pedoclimatiche sfavorevoli. La vegetazione è tipicamente rappresentata da formazioni arbustive nane, discontinue, spesso modellate a pulvino a causa del vento. Dove le condizioni pedoclimatiche diventano proibitive la gariga montana cede il passo alla steppa mediterraneo-montana. In considerazione della natura secondaria di gran parte degli habitat del target la principale pressione è legata ai processi di evoluzione della vegetazione o alla cessazione/riduzione del pascolo. Alti livelli di antropizzazione, legati a attività turistiche, infrastrutture e urbanizzazione costituiscono diffuse pressioni sia per gli habitat che per le specie del target. Il primo fattore di pressione per gli habitat (86%) e la seconda per le specie , 36,8%., è rappresentato dalla evoluzione della vegetazione .Tale processo è negativo per gran parte degli habitat arbustivi di degradazione o di ricolonizzazione, ma in particolare per piccoli habitat prativi mosaicati all’interno della macchia mediterranea, quali Stagnetti temporanei mediterranei e Pratelli di erbe graminoidi e erbe annuali e per le rare specie ad essi associate. La perdita di eterogeneità ambientale in ambiente mediterraneo, con mosaici di macchie, garighe e pratelli, risulta un fattore di pressione per molte specie di fauna (ad es.rapaci). La cessazione del pascolo innesca processi di evoluzione e chiusura della vegetazione e rappresenta il primo fattore di pressione per le specie del target (27%), in particolare per l'avifauna; presumibilmente tale problematica riguarda diffusamente anche specie appartenenti ad altri gruppi. Per l’habitat Arbusteti radi a Juniperus communis su lande o prati calcarei e per le specie ad esso legate rappresenta la più importante pressione. L’azione degli ungulati, in particolare del cinghiale, può costituire una pressione per alcuni habitat prativi, e per alcune bulbifere di interesse, quale ad esempio la specie di interesse comunitario Crocus etruscus. Relativamente alle infrastrutture elettrodotti e impianti eolici rappresentano pressioni per numerose specie di avifauna, quali Circaetus gallicus, biancone ecc. Gli incendi sono spesso un elemento utile alla conservazione delle cenosi arbustive e al mantenimento di pratelli termofili e delle specie ad esse legate (ad es. Biscutella mollis, ecc.) anche se tende a provocare la mineralizzazione del suolo e quindi a favorire le specie e le cenosi oligotrofiche sfavorendo, ad esempio, le formazioni a ginepro. La caccia costituisce un fattore di pressione per alcune specie di avifauna, soprattutto per il disturbo e gli abbattimenti illegali di specie poco numerose (es. rapaci). L’evoluzione della vegetazione causata dall’abbandono delle attività di pascolo, dai cambiamenti socio-economici, dai cambiamenti climatici, determina riduzione di aree aperte , alterazione delle locali condizione edafiche ed idrauliche , provoca riduzione e frammentazione degli habitat, con perdita di habitat di specie, nonché modificazioni delle condizioni morfologiche e podologiche, e perdita di diversità alla scala di paesaggio. TARGET N.9 FORESTE DI LATIFOGLIE MESOFILE E ABETINE “Boschi di latifoglie mesofile del piano montano e alto collinare,faggete (calcicole, neutrofile e silicicole), boschi misti di faggio e tigli, castagneti, abetine e formazioni miste, radure dei boschi con alte erbe, boschetti di betulla. Boschi mesofili in stazione eterotopiche (forre, ecc.)”. Sono le foreste di latifoglie mesofile e le abetine che rappresentano la matrice del paesaggio vegetale delle aree appenniniche e preapenniniche che nella nostra provincia interessano la Lunigiana. Si tratta soprattutto di boschi acidofili o neutrofili con isole caratterizzate da tipologie calcicole , faggete calcicole delle Alpi Apuane. Particolare interesse conservazionistico rivestono alcune tipologie forestali meno diffuse quali i boschetti di betulla, le formazioni miste del Tilio-Acerion 149 (con ricca presenza di latifoglie di pregio), boschi di faggio con Taxus e Ilex di cui si ritrovano stazioni relitte sulle Alpi Apuane, i boschi con conifere autoctone , faggete abissali e stazioni eterotopiche di faggio. Le specie di fauna di maggiore interesse sono legate alle formazioni forestali più mature e caratterizzate da maggiore continuità e ridotta frammentazione, prevalentemente legate a mammiferi e invertebrati (molti dei quali legati alla lettiera, ai grandi alberi o al legno morto o marcescente). Per le specie di flora elementi di interesse conservazionistico sono legati anche alle cenosi di radura o di bordo forestale. Specie di Uccelli in lista di attenzione RENATO Pernis apivorus, falco pecchiaiolo; Phoenicurus phoenicurus, codirosso; Sylvia hortensis, bigia grossa; Certhia familiaris, Rampichino alpestre. Fitocenosi RENATO 5. Bosco di Taxus baccata del Solco d'Equi (Alpi Apuane). 6. Bosco di betulla del Monte Palodina (Alpi Apuane). 11. Popolazioni naturali di Abies alba delle Alpi Apuane. Queste formazioni forestali costituiscono lo stadio più evoluto della vegetazione montana e come tale la loro permanenza è legata al mantenimento delle condizioni stazionali (climatiche, edafiche, ecc.). La conservazione dei castagneti da frutto è legata alla continuazione di attività silvo-pastorali montane tradizionali ed al controllo delle diffuse fitopatologie.Ugualmente gli Interventi antropici sono funzionali al mantenimento cenosi forestali più aperte, quali i boschetti di betulla, o delle cenosi a Picea abies autoctono. Questi ecosistemi rappresentano paesaggi forestali di elevato valore turistico-ricreativo che offrono la tutela delle risorse idriche dulcacquicole, di difesa del suolo e attenuazione dell’energia delle precipitazioni atmosferiche. Funzionano come serbatoi di accumulo (soprassuolo forestale e lettiera) delle precipitazioni atmosferiche con rilascio graduale verso valle e attenuazione del rischio idraulico nonché di fissazione di anidride carbonica e produzione di ossigeno. Hanno la funzione di miglioramento del microclima locale, con attenuazione degli eventi atmosferici (venti, valanghe, ecc,), oltrechè rappresentare un ecosistema in grado di sostenere una fiorente economia del legno in un contesto montano ed economicamente svantaggiato. E’ un ecosistema produttore di una fonte energetica rinnovabile (legno e derivati) che fornisce prodotti non legnosi del sottobosco (tartufi, funghi, castagne, ecc.) I principali fattori di pressione per gli habitat e per le specie del target sono rappresentati dalle pratiche forestali, il governo a ceduo e la conseguente scarsa presenza di cenosi forestali mature. Tra le altre pressioni particolarmente importanti oltre ai cambiamenti climatici , i danni da ungulati. Per molti habitat del presente target, il mantenimento del governo a ceduo nell’ambito delle proprietà private costituisce un elemento di criticità in quanto tende generalmente a semplificare e impoverire le fitocenosi dal punto di vista ecologico e strutturale. Le misure regolamentari per i tagli boschivi adottate con il Regolamento Forestale consentono di ridurre significativamente gli effetti negativi del governo a ceduo, tuttavia è ancora troppo diffusa la tendenza ad un rilascio di matricine qualitativamente inadeguato al mantenimento delle caratteristiche ecologiche dei soprassuoli, a danno dei popolamenti animali e vegetali tipici delle foreste mature e della densità delle specie accessorie. Per l’habitat prioritario Boschi misti di latifoglie mesofile dei macereti e dei valloni su substrato calcareo la ceduazione e l’eccessiva utilizzazione favorisce le specie forestali più rustiche e resistenti rispetto alle latifoglie nobili (aceri, olmo montano, frassino maggiore e tiglio) e alle diverse rare specie del sottobosco (ad es. Ribes alpinum, Ribes multiflorum) comportando la trasformazione di queste rare cenosi forestali in faggete o querceti misti. I Boschi a dominanza di faggio e/o querce degli Appennini con Ilex e Taxus, , oggi sono relegati in stazioni relittuali (ad es. nuclei Alpi Apuane) in quanto in passato fortemente condizionati dalla 150 intensa utilizzazione selvicolturale che ne ha ridotto fortemente l’estensione, favorendo cenosi con specie forestali più rustiche e veloci dell’accrescimento. L’habitat Boschi a dominanza di faggio degli Appennini con Abies alba ha subito storicamente una forte utilizzazione selvicolturale, e i tagli selettivi hanno sfavorito l’abete bianco riducendo fortemente l’estensione di boschi misti. I rimboschimenti di Abies alba di provenienza incerta potrebbe rappresentare un pericolo di inquinamento genetico per alcuni popolamenti autoctoni. La trasformazione dei castagneti da frutto in cedui, per effetto del fenomeno dell’abbandono delle aree montane e della diffusa presenza di fitopatologie, ecc. comporta la perdita di habitat forestali maturi di elevato interesse per i popolamenti faunistici legati a grandi alberi e boschi maturi. I rifugi estivi di numerosi chirotteri, sono spesso a rischio per il taglio di alberi habitat. Analoga considerazione vale anche per importanti emergenze fra gli insetti legati agli ambienti forestali. L’aumento della luminosità all’interno delle aree forestali sottoposte a utilizzazione, sebbene porti ad un conseguente e repentino aumento della biodiversità floristica, crea le condizioni per la presenza di popolamenti meno caratteristici, cosmopoliti e tendenzialmente più eliofili, mentre le tipiche specie di flora nemorale del target sono rappresentate da elementi più sciafili e mesofili (ad es. Cardamine enneaphyllos,Epipogium aphyllum, Epipactis persica, ecc.). Alcuni interventi selvicolturali possono alterare l’habitat riproduttivo di alcune specie di rapaci, quali Pernis apivorus, Asio otus. Significativi risultano anche i rapporti tra cambiamenti climatici e habitat forestali, con potenziali effetti negativi a carico degli habitat e delle specie più mesofile e microterme (ad esempio faggete), con la possibilità di un maggiore sviluppo demografico di molti parassiti e degli incendi estivi. A rischio risultano le specie forestali boreali o artico alpine, quali i popolamenti indigeni di Picea abies del Passo del Cerreto. Dalla banca dati Renato, gli incendi costituirebbero il secondo fattore di pressione per le specie forestali, tuttavia nell’ambito dei boschi mesofili questo fattore è sicuramente poco diffuso. Negli ultimi anni in Toscana la tendenza degli incendi boschivi è per una diminuzione delle superfici interessate. In particolare il confronto tra il quinquennio 2004- 2008 e 1999-2003 evidenzia una riduzione del 9,7% del numero di incendi, del 62% della superficie boscata percorsa e del 59% della superficie totale (Regione Toscana, ARSIA, 2008). L’evoluzione della vegetazione costituisce un fattore di pressione per circa il 20% degli Habitat ( castagneti, in corso di trasformazione in boschi misti con querce, i boschetti di betulla e le formazioni autoctone di faggio con abete rosso. Nei boschi misti di peccio( abete rosso), abete bianco e faggio, gli ultimi due prevalgono nella rinnovazione. Le fitopatologie rappresentano un elemento di criticità reale e potenziale per il target. Significativi risultano i danni a carico dei castagneti da frutto legati al cancro del castagno (Cryphonectria parasitica) e Mal dell’Inchiostro (Phytophthora cambivora). L’eccessivo carico di ungulati costituisce un fattore di pressione per diversi habitat, impedendo la rinnovazione di specie forestali e impoverendo drasticamente il sottobosco. Gli ungulati selvatici, ed in particolare il cinghiale, rappresentano da alcuni decenni la maggiore causa di danneggiamento delle aree agricolo-forestali. TARGET N.10 BOSCHI PLANIZIARI E PALUSTRI DELLE PIANURE ALLUVIONALI Formazioni forestali planiziarie delle pianure alluvionali, delle zone intermontane e delle aree costiere, frassineti, ontanete e boschi di farnia. Le cenosi forestali planiziarie delle pianure alluvionali interne e costiere rappresentano uno degli habitat che ha subìto le maggiori riduzioni rispetto all’area potenziale a causa dello sviluppo delle attività antropiche (agricoltura, urbanizzazione, ecc.). I boschi igrofili relittuali rappresentano quindi una delle tipologie forestali di maggiore vulnerabilità e interesse conservazionistico, con cenosi prevalentemente dominate da ontanete, frassinete a Fraxinus oxycarpa e boschi di Quercus robur. Le maggiori estensioni di tali formazioni si riscontrano nel Parco Regionale di Migliarino, San 151 Rossore e Massaciuccoli (Selva di San Rossore, Macchia Lucchese, ecc.). Nuclei relittuali sono presenti nel Lago di Porta (LU-MS). Specie di Uccelli in lista di attenzione RENATO : Milvus migrans, Nibbio bruno;Columba oenas, Colombella; Clamator glandarius, cuculo dal ciuffo ;Otus scops, assiolo;Coracias garrulus, Ghiandaia marina. In conseguenza delle passate attività di bonifica e della localizzazione dei boschi planiziari all’interno di aree antropizzate o agricole, in gran parte delle aree interessate dal target la sua conservazione è legata ad una ottimale gestione idraulica operata dall’uomo (mantenimento del reticolo idrografico minore, gestione delle opere idrauliche, mantenimento delle portate in entrata nelle aree planiziarie, ecc.). L’ecosistema rappresenta paesaggi di elevato valore turistico-ricreativo, con funzione di tutela delle risorse idriche dulcacquicole dulcacquicole, di difesa del suolo e attenuazione dell’energia delle precipitazioni atmosferiche nonché di serbatoio di accumulo soprassuolo forestale e lettiera, delle precipitazioni atmosferiche con rilascio graduale verso valle e attenuazione del rischio idraulico. Le principali pressioni sono legate principalmente alla natura relittuale di tali cenosi (con elevata frammentazione ed isolamento). Importanti risultano anche la locale gestione idraulica e forestale dei boschi planiziari, la diffusione di specie arboree esotiche (in particolare Robinia pseudacacia) e la riduzione delle disponibilità idriche anche conseguenti ai cambiamenti climatici. Le superfici occupate dalle cenosi planiziali hanno subito in passato una drastica riduzione, dovuta a bonifiche, ampliamento delle aree agricole e delle aree urbanizzate. Una gestione idraulica non coerente con obiettivi naturalistici costituisce un diffuso fattore di pressione interessando sia gli habitat (75%) che le specie (31%). Ciò risulta comprensibile considerando lo stretto condizionamento idraulico e edafico per la presenza di cenosi e specie planiziarie. Lo stesso inaridimento è legato ad un errata gestione idraulica ma anche alla riduzione degli apporti idrici e all’allungamento dei periodi di siccità dovuti al fenomeno più vasto dei cambiamenti climatici. L’inquinamento delle acque costituisce spesso una pressione proveniente dalle aree circostanti le aree planiziarie, ove alla riduzione delle portate a causa dei prelievi si associano scarichi di reflui urbani, industriali o agricoli che ha un effetto diretto e negativo su molte specie animali, anche con riduzione di prede per specie quali Natrix tessellata e di insetti acquatici (predati da numerose specie di chirotteri). Per molti habitat del presente target, le inadeguate pratiche forestali e in particolare il mantenimento del governo ceduo nell’ambito delle proprietà private costituiscono un elemento di criticità in quanto tendono a semplificare e impoverire le fitocenosi dal punto di vista ecologico e strutturale. Un elemento di criticità importante è legato al mancato rispetto della normativa regionale in materia forestale o alla sua non totale applicazione . Il mantenimento del governo a ceduo e anche la gestione periodica della vegetazione di sponda di fossi e in impluvi, rappresentano un fattore di pressione soprattutto quando riduce i livelli di maturità del soprassuolo forestale ed altera le condizioni microclimatiche (l’apertura del soprassuolo forestale è particolarmente critica per specie igrofile del sottobosco ombroso come ad es. Lysimachia nemorum) e avvantaggia l’espansione di specie aliene (es. robinia e ailanto). In riferimento al tipo di governo prevalente nei boschi si rimanda a quanto già descritto per il target precedente. Il disturbo antropico e la riduzione di maturità e continuità dei soprassuoli boschivi planiziari è un fattore di pressione per diverse specie di uccelli nidificanti nelle aree forestali quali Milvus migrans, Otus scops, Columba oenas e Coracias garrulus. Critica è la diffusione di specie arboree aliene, quali Robinia pseudacacia o Ailanthus altissima, talora a costituire popolamenti monospecifici di sostituzione . L’eccessivo carico di ungulati costituisce un fattore di pressione per diversi habitat, impedendo la rinnovazione di specie forestali e impoverendo drasticamente il sottobosco. 152 TARGET N.12 AMBIENTI IPOGEI, GROTTE E CAVITÀ ARTIFICIALI, CAMPI DI LAVA, SORGENTI TERMALI E SISTEMI DI FALDA “ Sistemi carsici ipogei, ambiente di transizione tra le grotte e l’esterno, inghiottitoi, cavità artificiali, cave e miniere abbandonate, ambienti geotermici con campi di lava, fumarole, ambienti derivati da attività vulcanica recente, con concentrazione nell’atmosfera di CO2 e H2S, sorgenti, anche sulfuree, ambienti di falda sotterranea”. IL Target caratterizzata da ambienti ad elevata specializzazione e condizionamento edafico. Comprende i vasti complessi carsici ipogei caratteristici di diverse aree delle Alpi Apuane, cavità artificali, quali cave e miniere abbandonate. Il target comprende anche le sorgenti sulfuree e gli ambienti di falda sotterranea. Gli ambienti ipogei ospitano alcune specie di flora nei primi ambienti con stillicidi ancora a contatto con l’esterno (ad esempio con Phyllitis sagittata), e specie di fauna rare, endemiche o di elevato interesse conservazionistico, con particolare riferimento agli invertebrati (insetti troglobi e molluschi di falde freatiche e sorgenti) e Chirotteri. Presenza di briofite di interesse comunitario. Le principali pressioni sono da ricercare nelle attività in grado di ridurre qualitativamente e quantitativamente gli apporti idrici (inquinamento, gestione idraulica), nei cambiamenti climatici, nella realizzazione o riattivazione di attività estrattive e minerarie e nelle attività di fruizione turistica di questi ambienti. Un forte elemento di criticità è legato alla fruizione speleologica delle grotte, con particolare riferimento alle colonie di Chirotteri (ad esempio Rhinolophus euryale, R. ferrumequinum, Myotis capaccinii, Miniopterus schreibersii, ecc.). Le attività speleologiche possono infatti provocare un eccessivo disturbo alle colonie riproduttive in estate e alle colonie ibernanti durante l’inverno, con dispersione di colonie riproduttive e risvegli in fase di letargo. Minimi cambiamenti nel regime idraulico e nella qualità delle acque, anche conseguenti ai cambiamenti climatici, possono causare la perdita del peculiare habitat e delle specie ad esso legate. Modifiche del regime idraulico, inquinamento e captazioni sono le principali pressioni per il mollusco, La scomparsa della stazione di Equi Terme del mollusco Heleobia foxianensis testimonia della criticità legata allo sfruttamento termale delle acque sorgive. Ciò si verifica anche innescando processi di evoluzione della vegetazione verso tipologie meno legate a queste particolari condizioni ambientali (ad esempio sviluppo di arbusteti e macchie su ex aree di percolazione di acque calcaree). Le attività estrattive (cave e miniere) costituiscono un importante fattore di pressione per il target, con particolare riferimento alle attività estrattive di materiale calcareo a cui corrispondono potenzialmente importanti complessi ipogei (ad es. cave di marmo delle Alpi Apuane) (habitat 8310) o siti estrattivi da tempo abbandonati e rinaturalizzati (habitat 86,4). L’apertura di cave e le potenziali interferenze con gli ambienti ipogei il fattore di pressione più importante per Speleomantes ambrosii, anfibio endemico della Liguria orientale e della Toscana nord-occidentale, presente sulle Alpi Apuane, Speleomantes italicus, specie endemica dell’Italia appenninica settentrionale e centrale, S. strinatii, per le colonie di Chirotteri o per specie di invertebrati, quali il mollusco endemico della toscana Oxychilus paulucciae (porzione iniziale di grotte apuane), o gli insetti Dolichopoda laetitiae, Chopardina schiavazzii (endemismo italiano), Nebria apuana (endemismo toscano) e le specie dei generi Duvalius e Troglorhyncus. I fattori intrinseci/popolazionistici aumentano la vulnerabilità delle specie ai fattori di pressione; è il caso ad esempio di A.macrostoma e A. microstoma molluschi endemici rispettivamente del tratto medio e inferiore del bacino del fiume Magra entrambe con distribuzione molto ridotta e limitata a sorgenti freatiche e habitat interstiziali iporreici. Captazione di piccoli corsi d'acqua su substrato calcareo e di sorgenti freatiche. 153 TARGET N.14 ALPI APUANE ED APPENNINO TOSCO EMILIANO L’area corrisponde ai territori montani del Parco Regionale delle Alpi Apuane e del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano. E’ un vasto sistema caratterizzato da mosaici di ambienti primari e secondari montani e subalpini a costituire una vasta isola ecologica e geografica. Elevata risulta la presenza di habitat e specie endemiche, rare, relitti glaciali o al limite dell’areale, con particolare riferimento agli ambienti rocciosi calcarei. Numerose le specie di flora di interesse comunitario, quali Aquilegia bertolonii, Athamanta cortiana e Primula apennina, o endemiche. Nell’area sono presenti numerose specie di invertebrati di interesse regionale, compresi tipici endemismi apuani, come il coleottero Timarcha apuana ed endemismi italiani quali i lepidotteri Erebia neoridas sybillina o Coenonympha dorus aquilonia. Numerose sono anche le specie di invertebrati che possiedono nelle Alpi Apuane l’unica loro area di presenza toscana, come avviene per i lepidotteri Satyrus ferula o il mollusco gasteropode Renea elegantissima. All’area appenninica corrisponde una minore acclività del rilievo ed una prevalenza di praterie primarie e secondarie di crinale. Importanti presenza di formazioni vegetali primarie, con particolare riferimento alle praterie ed alle brughiere alpine. Presenza di mosaici di ambienti prativi, pascolivi e rocciosi di particolare importanza per specie di avifauna di elevato interesse conservazionistico (ad es. Aquila chrysaetos( aquila reale), Tichodroma muraria (picchio muraiolo ), Pyrrhocorax graculus ( gracchio alpino), Pyrrhocorax pyrrhocorax( gracchio corallino), Oenanthe oenanthe ( culbianco), Monticala saxatilis (codirossone) , Coturnix coturnix (quaglia comune) , ecc.. Specie di Uccelli in lista di attenzione RENATO Pernis apivorus (Falco pecchiaiolo), Circaetus gallicus (Biancone), Circus cyaneus(Albanella reale), Circus pygargus (Albanella minore) Aquila chrysaetos( aquila reale),Falco biarmicus (Lanario), Falco peregrinus(falco pellegrino), Falco tinnunculus(gheppio comune) , Coturnix coturnx( quaglia comune), Bubo bubo(gufo reale), Caprimulgus europaeus(succiacapre) , Lullula arborea(Tottavilla), Anthus campestris( calandro) , Phoenicurus phoenicurus (codirosso),Oenanthe oenanthe(culbianco), Monticola saxatilis (codirossone), Monticola solitarius ( Passero solitario), Sylvia hortensis(bigia grossa) , Sylvia undata(Magnanina) , Tichodroma muraria(picchio muraiolo) ,Lanius collurio(averla piccola) , Pyrrhocorax graculus(Gracchio alpino), Pyrrhocorax pyrrhocorax(Gracchio corallino) , Emberiza citrinella(Zigolo giallo) , Emberiza hortulana(Ortolano). Una elevata percentuale di habitat e specie del target è interessata da fenomeni di cessazione/riduzione del pascolo, abbandono e i conseguenti fenomeni di evoluzione della vegetazione. I drastici cambiamenti sociali ed economici verificatisi nelle aree montane appenniniche nel secondo dopoguerra, particolarmente rilevanti anche nell’area della Lunigiana, hanno innescato processi di abbandono delle comunità rurali e montane e delle locali attività agro-silvo-pastorali tradizionali. Si sono quindi ridotte drasticamente le storiche attività di pascolo, perlopiù ovino e caprino, su praterie di crinale e di versante, la gestione dei castagneti da frutto e dei prati permenenti e da sfalcio, la coltivazione su terrazzamenti montani (patata, farro, frumento, ecc.). Tale processo ha portato ad una riduzione della caratteristica mosaicatura del paesaggio agropastorale montano e ad una più omogenea copertura arbustiva (pruneti, roveti, felceti, ecc.) e arborea. Fra le specie che più hanno risentito, e stanno tuttora risentendo, di tale cambiamento del paesaggio vegetale emergono gli Uccelli (ad es. Oenanthe oenanthe ,culbianco, Monticola saxatilis, codirossone, Lanius collurio , averla piccola, Coturnix coturnix, quaglia comune, ecc.) che anche a livello europeo risultano particolarmente minacciati proprio dalle modificazioni dei paesaggi agricoli tradizionali. L’apparente scarsa incidenza di questi fenomeni su altri gruppi, è 154 almeno in parte spiegabile con i diversi criteri adottati dal progetto RENATO nella selezione delle specie di interesse. Per tali habitat i cambiamenti climatici , con aumento delle temperature medie annuali , riduzione delle precipitazioni, minacciano anche gli habitat forestali mesofili quali faggete, castagneti e boschi del Tilio-Acerion, la presenza di cave e pratiche minerarie, in quanto gli habitat sono strettamente legati a substrati geologici calcarei (in particolare marmi) classificati come pietre ornamentali e di notevole interesse estrattivi,tale situazione incide negativamente sulle specie, soprattutto per quanto riguarda la flora, con stazioni di specie di flora rare o endemiche in parte legate a substrati calcarei marmiferi (ad esempio la stazione dell’endemica apuana Centaura montis-borlae situata sui versanti marmiferi del Monte Borla in adiacenza ad un vasto sito estrattivo marmifero, le specie di interesse comunitario Athamanta cortiana e Aquilegia bertolonii, ecc.) ma anche di specie di fauna (ad esempio su Tichodroma muraria, picchio muraiolo, Pyrrhocorax graculus, Gracchio alpino). Anche le attività ricreative, sportive e turistiche comportano anche disturbo diretto a specie di avifauna nidificanti in parete (ad esempio Aquila chrysaetos e, in misura minore Tichodroma muraria, Pyrrhocorax graculus, Pyrrhocorax pyrrhocorax).La presenza di sentieri ed il calpestio, anche da parte del bestiame, rappresenta un elemento di criticità anche per le torbiere montane. La presenza di elevati carichi turistici può aumentare anche il rischio di raccolta (prelievo) delle specie di flora più vistose (ad es. Aquilegia sp.pl., Rhododendron ferrugineum, ecc.) e di alcune specie di fauna, soprattutto insettti (ad es. Parnassius sp.pl.). Relativamente alle infrastrutture si tratta in particolare della realizzazione di strade di attraversamento delle aree montane (diversi progetti di strade di valico o di gallerie), della presenza di linee elettriche (ad es. Bubo bubo) e degli impianti eolici (ad esempio su Aquila chrysaetos) esistenti e soprattutto programmati. La cessazione del pascolo costituisce un fattore di pressione per specie ed habitat del target anche se la sua presenza di un eccessivo pascolo di capre inselvatichite o di mufloni nell’ambito di habitat climax, quali le cenosi preative dei Seslerio tenuifoliae-Caricetum sempervirentis (habitat endemico delle Alpi Apuane), le torbiere o le brughiere alpine costituisce un elemento altrettanto negativo. Le attività di caccia rappresentano un fattore di pressione per il 10% delle specie con particolare riferimento agli abbattimenti illegali (ad es. Circus cyaneus, albanella reale, Aquila chrysaetos). Un elevato carico di ungulati localmente può costituire un forte fattore di pressione sugli habitat prativi e sulle specie di flora e di fauna ed esso legate; in particolare gli ambienti di prateria sono danneggiati dall’azione dei cinghiali (“aratura” del cotico erboso, eliminazione di bulbifere, innesco di processi di erosione del suolo, ecc.). Anche gli incendi, soprattutto nei versanti massesi e versiliesi costituiscono un elemento di criticità con perdita di habitat forestali e ampliamento di cenosi di degradazione arbustiva ed innesco di processi di erosione del suolo. Nell’ambito delle praterie secondarie il frequente utilizzo degli incendi primaverili crea cenosi monospecifiche di graminacee cespitose (quasi esclusivamente brachipodio) a bassa biodiversità (Prati del Puntato, Monte Croce, ecc.). Le formazioni arbustive acidofile presenti in queste aree, e importanti fra l’altro per varie specie di Uccelli di interesse conservazionistico, devono d’altronde la loro presenza proprio ai periodici incendi. 155 11.3 STUDIO DI INCIDENZA DELLE ATTIVITA’ FAUNISTICO- VENATORIE SUI SITI : SIR Lago Verde, SIR Valle Gordana, SIR Monte Orsaro Logarghena. Lo studio di incidenza, collegato all’attività venatoria , viene effettuata solo per queste aree in quanto gli altri SIR, già descritti nell’apposita sezione della VAS, sono inseriti in aree Parco e pertanto esclusi dall’attività venatoria anche se in questo caso, la pianificazione faunistica e l’attività venatoria che si attua al loro esterno tiene comunque conto delle loro peculiarità, criticità, potenzialità. Lo studio di incidenza è stato effettuato attuando la sovrapposizione dei SIR-SIC con i perimetri degli istituti faunistico venatori e le aree protette esistenti, con le aree in cui possono essere collocati gli appostamenti fissi, con le aree vocate al cinghiale, agli altri ungulati, alla piccola selvaggina stanziale, con le “Important Bird Areas” (IBA), e con le nuove proposte di gestione contenute nella bozza del PFVP 2012-2015, valutando la significatività dell’incidenza degli elementi di criticità segnalati. Nel caso di individuazione di incidenze negative significative, vengono proposte idonee misure di mitigazione. Per comodità di lettura si ripropongono le schede dei siti Natura 2000, interessanti la valutazione , redatte dalla Regione Toscana, seguite dalle valutazioni dell’impatto derivante dalla pianificazione venatoria : 1) IT5110002- SIC Monte Orsaro Logarghena 156 157 La sovrapposizione con l’area del parco è evidenziata nella carta sotto riportata 158 Questo Sito di Importanza Comunitaria è interamente montuoso, si estende per 1.983 ettari nei comuni di Bagnone, Filattiera e Pontremoli (MS) ed il suo territorio è compreso per il 55% all’interno del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano. Nel territorio sono presenti 9 habitat di interesse conservazionistico ed in particolare i castagneti, pareti rocciose con vegetazione casmofitica, sottotipi calcarei, ghiaioni silicei, ghiaioni del mediterraneo occidentale e termofili delle Alpi, formazioni di Juniperus communis su lande o prati calcarei, lande alpine o subalpine, formazione erbose di Nardo, rocce silicee con vegetazione pioniera e torbiere di transizione ed istabili. Tra le specie vegetali elencate nell’Allegato II della Direttiva 92/43 è presente la Primula apennina. La porzione del Sito esterna al parco Apennino tosco-emiliano, si estende per circa 730 ettari. Si situa ad oltre 1.100 metri di altitudine ed è composta per la maggior parte da aree aperte inframezzate ad aree cespugliate e circondate da aree boscate , comunque limitrofe alla viabilità principale. Tutta l’area è servita da viabilità poderale con piste bianche, percorribili preferibilmente con mezzi fuoristrada. La prevalenza dell’area è rappresentata da superfici a prato pascolo, che la inserisce nella tipologia dell’habitat di cui al target 7 del progetto RENATO. Nella scheda relativa si trova che : La caccia rappresenta un fattore di pressione per il 9,7% delle specie con particolare riferimento agli abbattimenti illegali (ad es. Aquila chrysaetos). Inoltre, un elevato carico di ungulati (danni da selvaggina) ,può costituire un fattore di pressione per la conservazione di habitat prativi e delle specie di flora e di fauna ed esso legate, con fenomeni di “aratura” del cotico erboso, eliminazione di bulbifere ed innesco di processi di erosione del suolo che possono provocare la perdita o l’alterazione di habitat. Questo sito ancorché ricompresso in area vocata al cinghiale ed al capriolo , ospita 7 appostamenti fissi.L’azione svolta da tipologia di cacciatori , oltre a garantire una minore invasività delle aree 159 sensibili, rappresenta un deterrente per il cinghiale che rappresenta un rischio per la salvaguardia di questi ambienti e per questo viene reputata importante l’attuale loro permanenza. SIR Monte Orsaro Logarghena: foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 SIR Monte Orsaro Logarghena: foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 160 SIR Monte Orsaro Logarghena: foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 SIR Monte Orsaro Logarghena: foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 161 SIR Monte Orsaro Logarghena: foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 Si ritiene indispensabile un monitoraggio (tramite censimenti annuali) e mantenimento (tramite piani di prelievo programmati) di eventuali popolazioni di cervidi (caprioli), che possono sostituire almeno in parte il pascolo di ovini e bovini, ormai scomparso e di difficile reinserimento, nonché diventare preda per il lupo , cogliendo gli obiettivi secondari di mantenimento dell’habitat. Inoltre, le attività di gestione da parte di ATC, dovranno essere improntate alla incentivazione dei miglioramenti ambientali basati sul ripristino dei pascoli tramite sfalcio delle specie invasive ed eventuale semina di essenze possibili , con possibilità di attuare convenzioni con agricoltori /associazioni venatorie anche per il mantenimento del paesaggio agricolo montano. Queste attività consentirebbero di contribuire alla gestione dei Siti Natura 2000, per assicurarne le misure minime di conservazione. Da quanto sopra esposto, l’incidenza del Piano sul Sito non può essere che positiva. 2) Valle del Torrente Gordana (IT5110001), classificato anche pSIC , ha una estensione di 522,27 ettari, compreso nei comuni di Zeri e Pontremoli. La tipologia ambientale prevalente , identificabile nell’alto corso del Torrente Gordana, è determinata da pareti rocciose e forre, da versanti boscati con castagneti, ostrieti e altri boschi di latifoglie mesofile, vegetazione ripariale arborea e arbustiva lungo le sponde.Contiene altre tipologie ambientali rilevanti determinate da formazioni prative secondarie, praterie arbustate. Principali emergenze HABITAT costituito da boschi ripari a dominanza di Salix alba e/o Populus alba e/o P.nigra. SPECIE ANIMALI Speleomantes strinatii (geotritone di Strinati, Anfibi) - Unica stazione conosciuta in Toscana, specie endemica dell'Europa sud-occidentale. 162 Canis lupus (lupo, Mammiferi) - Buona presenza, possibile area nucleo (core area) estesa anche attorno al SIR. Altre emergenze Ecosistema fluviale di alto-medio corso e versanti circostanti con elevati livelli di naturalità (con particolare riferimento al tratto caratterizzato da forre). Principali elementi di criticità interni al sito - Stress idrico dovuto a derivazione verso il Torrente Teglia. - Abbandono dei castagneti da frutto. - Scomparsa/riduzione dei pascoli e delle altre cenosi erbacee secondarie. - Possibili immissioni di trote. - Conoscenze insufficienti delle emergenze naturalistiche, delle tendenze in atto e delle cause di minaccia. Principali elementi di criticità esterni al sito - Possibile alterazione della qualità delle acque per eventuali scarichi a monte del sito, ove si localizzano centri abitati montani con turismo estivo. - Previsione di nuovi siti estrattivi lungo il Torrente Gordana a monte del sito. PRINCIPALI MISURE DI CONSERVAZIONE DA ADOTTARE Principali obiettivi di conservazione a) Conservazione della popolazione di Speleomantes strinatii (E). b) Mantenimento/miglioramento qualità complessiva del corso d’acqua (E). c) Mantenimento dell’elevata naturalità e della continuità della matrice boschiva (requisito per la conservazione di Canis lupus), nel sito e nel bacino idrografico a monte (M). d) Miglioramento delle conoscenze su specie e habitat (M). e) Mantenimento dei castagneti da frutto (B). f) Mantenimento/recupero dell’uso a pascolo delle residue praterie arbustate (B). Indicazioni per le misure di conservazione - Applicazione dello strumento della valutazione di incidenza per opere da realizzare a monte del sito in oggetto, con particolare riferimento a eventuali impatti sull’integrità dell’ecosistema fluviale (E). - Verifica della qualità del corso d’acqua, anche in rapporto alla presenza della derivazione, e adozione di eventuali misure normative necessarie (M). - Verifica delle indicazioni della pianificazione forestale rispetto agli obiettivi b), e), f) e adozione delle eventuali misure normative necessarie (M). - Misure contrattuali per assicurare/favorire il raggiungimento degli obiettivi b), e), f) (M). Per quanto riguarda i boschi cedui, non ostacolare la diffusione di specie arboree autoctone diverse dal castagno, al fine di far raggiungere alle formazioni forestali un maggior grado di naturalità. - Mantenimento del reticolo idrico superficiale e delle opere di terrazzamento, anche come habitat di Speleomantes strinatii (M). - Attuazione di indagini sugli aspetti naturalistici (M). Necessità di piani di settore Non necessari. E’ sufficiente la verifica, e l’eventuale adeguamento, degli strumenti urbanistici e della pianificazione di settore rispetto agli obiettivi di conservazione. 163 SIR Valle del Torrente Gordana :foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 SIR Valle del Torrente Gordana :foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 164 SIR Valle del Torrente Gordana :foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 SIR Valle del Torrente Gordana :foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 165 SIR Valle del Torrente Gordana :foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 SIR Valle del Torrente Gordana :foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 166 SIR Valle del Torrente Gordana :foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 SIR Valle del Torrente Gordana :foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 167 SIR Valle del Torrente Gordana :foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 SIR Valle del Torrente Gordana :foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 168 SIR Valle del Torrente Gordana :foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 SIR Valle del Torrente Gordana :foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 169 SIR Valle del Torrente Gordana :foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 SIR Valle del Torrente Gordana :foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 170 SIR Valle del Torrente Gordana :foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 30/05/2013 Questa area, in prevalenza boscata, alternata a radure ed aree a prato polifita, è ricompressa in area vocata al cinghiale, e non sono presenti appostamenti fissi. La particolare morfologia del territorio ha di fatto selezionato la tipologia di attività venatoria collegata alla caccia al cinghiale in forma collettiva. Da quanto sopra esposto, l’incidenza del Piano non può essere che positiva sul Sito. 14) B01 Lago Verde di Passo del Brattello (IT5110101), SIR non incluso nella rete ecologica europea Natura 2000. Ha una estensione di 229,97 ettari, e non è compreso nel sistema regionale delle aree protette. La tipologia ambientale prevalente è riferibile all’Alto bacino montano del Torrente Verde con lago naturale e corso d’acqua, e versanti con boschi di latifoglie mesofile (prevalentemente faggete). Le altre tipologie ambientali rilevanti sono riferibili a formazioni elofitiche, arbusteti su coltivi e pascoli abbandonati, rari insediamenti rurali sparsi. Principali emergenze HABITAT: boschi misti di latifoglie mesofile dei macereti e dei valloni su substrato calcareo (Tilio-Acerion). SPECIE ANIMALI Presenza di popolamenti di varie specie di Anfibi di interesse conservazionistico. 171 Lago Verde: Foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani- in data 3 /06/2013 Altre emergenze L’alto corso del Torrente Verde, che scorre in un ambito prevalentemente boscato, è di notevole qualità complessiva. Principali elementi di criticità interni al sito - Insediamenti rurali sparsi che potrebbero minacciare la stabilità dell’ecosistema lacustre. - Gestione privata a fini di pesca sportiva del Lago Verde (area di pesca a regolamento specifico). - Possibili rischi di progressivo disseccamento del lago. - La riduzione/cessazione del pascolo rappresenta una possibile minaccia per le rare praterie secondarie. - Insufficiente livello di conoscenza su presenza e stato di conservazione delle emergenze naturalistiche, così come sull’assetto complessivo e le tendenze in atto dell’ambiente lacustre. Principali elementi di criticità esterni al sito frammentazione dell’habitat per numerose specie minacciate. PRINCIPALI MISURE DI CONSERVAZIONE DA ADOTTARE Principali obiettivi di conservazione a) Conservazione dell’ecosistema lacustre in buone condizioni di qualità e naturalità, favorendo la presenza di habitat diversificati, la ricchezza delle cenosi animali e vegetali e la salvaguardia delle specie di maggiore rilevanza (E). b) Incremento dei livelli di conoscenza sulle emergenze naturalistiche e sulle problematiche del sito con particolare riferimento alla gestione idraulica e piscatoria del lago (E). c) Mantenimento di livelli elevati di naturalità degli ambienti forestali e del corso d’acqua e salvaguardia delle formazioni di maggior valore naturalistico e degli habitat prioritari (M). d) Analisi dei livelli di criticità in relazione alla presenza di insediamenti e alle attività turisticoricreative ed eventuale individuazione delle eventuali misure di conservazione necessarie (M). 172 Lago Verde: foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 03/06/2013 Faggeta limitrofa al lago Verde. Foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 03/06/2013 173 SIR Lago Verde:Aree pascolive . Foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 03/06/2013 SIR Lago Verde:Aree pascolive in fase di degrado . Foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 03/06/2013 174 SIR Lago Verde:Aree pascolive in fase di degrado . Foto scattata da Nunzio Di Massimo e Angelo Tongiani - 03/06/2013 Indicazioni per le misure di conservazione - Esame dell’assetto complessivo e monitoraggio della qualità delle acque e delle comunità vegetali e animali del lago; successiva definizione/attuazione delle misure di conservazione eventualmente necessarie (E). Da definire il Piano di Gestione specifico del sito successivamente ad un miglioramento del livello di conoscenza delle emergenze naturalistiche e delle tendenze in atto nell’area. La zona del lago è attualmente gestita da una società polisportiva come area di pesca a regolamento specifico di cui all’art.15 della L.R. 25/84. In questa area sono presenti 3 appostamenti fissi per la fauna migratoria ed è praticata la caccia alla selvaggina stanziale, tipologia di caccia che per la quale , con la prescrizione del divieto di utilizzo di pallini di piombo, non si riscontrano criticità rispetto all’habitat del SIR. Gli aspetti legati alla gestione e conservazione della fauna di questo sito che risultano maggiormente correlati con la pianificazione faunistico venatoria provinciale sono riferibili anche qui con le attività di gestione faunistico venatoria inerenti i piani di controllo delle specie problematiche, come per esempio quello delle popolazioni di cinghiale, è infatti in area vocata al cinghiale, la cui presenza provoca pesanti danni alla vegetazione delle praterie di crinale e, in parte, alla vegetazione forestale. Tali interazioni, da valutare sulla base del principio di precauzione, dovranno prevedere una notevole riduzione dell’eccessivo numero di capi, misure coerenti con i miglioramenti ambientali simili a quelle dei siti all’interno della rete Natura 2000, le semine a perdere ed altre operazioni ritenute utili ai fini di consentire il miglioramento dei vari habitat. Da quanto sopra esposto, l’incidenza del Piano sul Sito non può essere che positiva. Per riassumere, lo Studio di incidenza sui siti SIR-SIC e ZPS della Provincia di Massa Carrara, relativamente alla pianificazione faunistico-venatoria proposta, è stata fatta sulla base degli aspetti che riguardano: 175 -Sovrapposizione con le aree protette Parco Nazionale dell’Apennino Tosco - Emiliano, -Sovrapposizione con la pianificazione faunistico-venatoria al 01.06.2012 a) Con gli Istituti faunistico-venatori del piano. b) Con la presenza di appostamenti fissi c) Con l’A.V. al cinghiale d) Con l’A.V. al capriolo g) Con l’A.V. alla piccola selvaggina stanziale h) Con le aree IBA Sovrapposizione con le varianti del PFVP 2012 - 2015 Nessuna delle nuove proposte di pianificazione faunistico- venatoria del PFVP riguardano i siti presi in esame. La Valutazione della significatività dell’ incidenza sull’integrità del sito è stata attuata sulla base degli impatti determinati da : 1)Prelievo venatorio accidentale Tale fattore si reputa significativo prevalentemente per le forme di caccia riguardanti il prelievo dell’avifauna migratoria, per la possibilità di abbattere specie di turdidi protette (tordela), simili a quelli cacciabili o al limite di eventuali fringillidi (frosone) che per dimensioni possono essere confuse con merli e tordi. L’incidenza di tale fattore può essere ritenuta comunque marginale, nonostante la caccia alla migratoria sia una delle forme più diffuse per i due siti di Logarghena e di Lago Verde, come dimostra il numero di appostamenti fissi autorizzati e l’elevato numero di cacciatori che la svolgono in forma vagante o da appostamento temporaneo anche a ridosso dei valichi di crinale, ma queste sono comunque forme di caccia non indirizzate a specie di cui all’All. 4 della Direttiva 2007/147/CEE e all’All. 2 della Direttiva 92/43/CEE. Misure di attenuazione - In presenza di valichi collinari non si autorizzano appostamenti fissi di tipo A, B e C, ad una distanza inferiore a 300 mt dal proprio asse. 2)Disturbo causato da cani e cacciatori. L’incidenza di tale fattore non appare significativa e non in grado comunque di influire sull’integrità del sito. In nessun SIR sono presenti Aree Addestramento Cani mentre nel SIR Lago Verde ed in quello di Logarghena viene da sempre esercitata la caccia alla piccola selvaggina stanziale, che di fatto non produce disturbi importanti . L’impatto più significativo può essere considerato quello legato alla caccia in battuta al cinghiale, ma si ritiene che anche questo sia pressoché indifferente alle specie di cui all’All. 4 della Direttiva 2007/147/CEE e all’All. 2 della Direttiva 92/43/CEE, presenti nel sito. Misure di attenuazione - Creazione di un gruppo di lavoro di volontari, costituito da cacciatori di selezione, che partecipa al monitoraggio della presenza della specie ed alla raccolta di reperti, utili a studiarne la biologia 176 3) Danneggiamento di habitat durante l’accesso e lo svolgimento dell’attività venatoria o di addestramento. L’incidenza di tale fattore non è significativa, in quanto l’accesso dei mezzi a motore per motivi venatori è minimo e limitato ad un arco temporale ristretto, rispetto a quello legato ad altri motivi (raccolta funghi, attività lavorative, escursionismo, ecc.) Misure di attenuazione- nessuna. Le attività positive proposte con il Piano riguardano : 1) Controllo e riduzione di specie ritenute dannose per l’habitat 2) Censimenti, monitoraggi e raccolta dati. 3) Miglioramenti ambientali. 11.4 VALUTAZIONE DI INCIDENZA delle ATTIVITA’ Cinofile all’interno dell’area Addestramento Cani Il Campaccio trasmessa da ATCMS13: 177 178 179 180 APPENDICE: 181 Si reputa utile riportare il contenuto dell’allegato alla DGR 454/16 giugno 2009: D.M. 17.10.2007 del Ministero Ambiente e tutela del Territorio e del Mare - Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a zone speciali di conservazione (ZSC) e zone di protezione speciale (ZPS) - Attuazione. (BURT - N. 26) Allegato A Misure di conservazione valide per tutte le ZPS 1. Per tutte le ZPS, in base a quanto previsto dall' art. 5 comma 1 del Decreto del 17 Ottobre 2007 del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare recante "Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)" vigono i seguenti divieti: a) esercizio dell'attività venatoria nel mese di Gennaio, con l'eccezione della caccia da appostamento fisso e temporaneo e in forma vagante per due giornate, prefissate dal calendario venatorio, alla settimana, nonché con l'eccezione della caccia agli ungulati; b) effettuazione della preapertura dell'attività venatoria, con l'eccezione della caccia di selezione agli ungulati; c) esercizio dell'attività venatoria in deroga ai sensi dell'art. 9, paragrafo 1, lettera c), della Direttiva n. 79/409/CEE; d) utilizzo di munizionamento a pallini di piombo all'interno delle zone umide, quali laghi, stagni, paludi, acquitrini, lanche e lagune d'acqua dolce, salata, salmastra, nonché nel raggio di 150 metri dalle rive più esterne a partire dalla stagione venatoria 2008/2009; e) attuazione della pratica dello sparo al nido nello svolgimento dell'attività di controllo demografico delle popolazioni di corvidi. Il controllo demografico delle popolazioni di corvidi è comunque vietato nelle aree di presenza del Lanario (Falco biarmicus); f) effettuazione di ripopolamenti faunistici a scopo venatorio, ad eccezione di quelli con soggetti appartenenti a sole specie e popolazioni autoctone provenienti da allevamenti nazionali, o da zone di ripopolamento e cattura, o dai centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale insistenti sul medesimo territorio; g) abbattimento di esemplari appartenenti alle specie, Combattente (Philomacus pugnax), Moretta (Aythya fuligula); h) svolgimento dell'attività di addestramento di cani da caccia prima del 1° Settembre e dopo la chiusura della stagione venatoria. Sono fatte salve le zone di cui all'art. 10, comma 8, lettera e), della Legge n. 157/1992 sottoposte a procedura di valutazione di incidenza positiva ai sensi dell'art. 5 del Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, entro la data di emanazione dell'atto di cui all'art. 3, comma 1; i) costituzione di nuove zone per l'allenamento e l'addestramento dei cani e per le gare cinofile, nonché ampliamento di quelle esistenti; j) distruzione o danneggiamento intenzionale di nidi e ricoveri di uccelli; k) realizzazione di nuove discariche o nuovi impianti di trattamento e smaltimento di fanghi e rifiuti nonché ampliamento di quelli esistenti in termine di superficie, fatte salve le discariche per inerti; l) realizzazione di nuovi impianti eolici, fatti salvi gli impianti per i quali, alla data di emanazione del presente atto, sia stato avviato il procedimento di autorizzazione mediante deposito del progetto. Gli enti competenti dovranno valutare l'incidenza del progetto, tenuto conto del ciclo biologico delle specie per le quali il sito e' stato designato, sentito l'INFS. Sono inoltre fatti salvi gli interventi di sostituzione e ammodernamento, anche tecnologico, che non comportino un aumento dell'impatto sul sito in relazione agli obiettivi di conservazione della ZPS, nonché gli impianti per autoproduzione con potenza complessiva non superiore a 20 kw; m) realizzazione di nuovi impianti di risalita a fune e nuove piste da sci, ad eccezione di quelli previsti negli strumenti di pianificazione generali e di settore vigenti alla data di emanazione del presente atto, a condizione che sia conseguita la positiva valutazione d'incidenza dei singoli progetti ovvero degli strumenti di pianificazione generali e di settore di riferimento dell'intervento, nonché di quelli previsti negli strumenti adottati preliminarmente e comprensivi di valutazione d'incidenza; sono fatti salvi gli impianti per i quali sia stato avviato il procedimento di autorizzazione, mediante deposito del progetto esecutivo comprensivo di valutazione d'incidenza, nonché interventi di sostituzione e ammodernamento anche tecnologico e modesti ampliamenti del demanio sciabile che non comportino un aumento dell'impatto sul sito in relazione agli obiettivi di conservazione della ZPS; n) apertura di nuove cave e ampliamento di quelle esistenti, ad eccezione di quelle previste negli strumenti di pianificazione generali e di settore vigenti alla data di emanazione del presente atto ivi compresi gli ambiti 182 individuati nella Carta delle Risorse del Piano regionale delle Attività estrattive, a condizione che risulti accertata e verificata l'idoneità al loro successivo inserimento nelle Carte dei Giacimenti e delle Cave e Bacini estrattivi, prevedendo altresì che il recupero finale delle aree interessate dall'attività estrattiva sia realizzato a fini naturalistici e a condizione che sia conseguita la positiva valutazione di incidenza dei singoli progetti ovvero degli strumenti di pianificazione generali e di settore di riferimento dell'intervento. Sono fatti salvi i progetti di cava già sottoposti a procedura di valutazione d'incidenza, in conformità agli strumenti di pianificazione vigenti e sempreché l'attività estrattiva sia stata orientata a fini naturalistici e sia compatibile con gli obiettivi di conservazione delle specie prioritarie; o) svolgimento di attività di circolazione motorizzata al di fuori delle strade, fatta eccezione per i mezzi agricoli e forestali, per i mezzi di soccorso, controllo e sorveglianza, nonché ai fini dell'accesso al fondo e all'azienda da parte degli aventi diritto, in qualità di proprietari, lavoratori e gestori; p) eliminazione degli elementi naturali e seminaturali caratteristici del paesaggio agrario con alta valenza ecologica quali stagni, laghetti, acquitrini, prati umidi, maceri, torbiere, sfagneti, pozze di abbeverata, fossi, muretti a secco, siepi, filari alberati, canneti, risorgive e fontanili, vasche in pietra, lavatoi,abbeveratoi, pietraie; q) eliminazione dei terrazzamenti esistenti, delimitati a valle da muretto a secco oppure da una scarpata inerbita, sono fatti salvi i casi regolarmente autorizzati di rimodellamento dei terrazzamenti eseguiti allo scopo di assicurare una gestione economicamente sostenibile; r) esecuzione di livellamenti non autorizzati dall'ente gestore, sono fatti salvi i livellamenti ordinari per la preparazione del letto di semina, per la sistemazione dei terreni a risaia e per le altre operazioni ordinarie collegate alla gestione dei seminativi e delle altre colture agrarie e forestali; s) conversione della superficie a pascolo permanente ai sensi dell'art. 2, punto 2 del Regolamento (CE) n. 796/2004 ad altri usi; t) bruciatura delle stoppie e delle paglie, nonché della vegetazione presente al termine dei cicli produttivi di prati naturali o seminati, sulle superfici specificate ai punti seguenti: 1) superfici a seminativo ai sensi dell'art. 2, punto 1 del Regolamento (CE) n. 796/2004, comprese quelle investite a colture consentite dai paragrafi a) e b) dell'art. 55 del Regolamento (CE) n. 1782/2003 ed escluse le superfici di cui al successivo punto 2); 2) superfici a seminativo soggette all'obbligo del ritiro dalla produzione (set - aside) e non coltivate durante tutto l'anno e altre superfici ritirate dalla produzione ammissibili all'aiuto diretto, mantenute in buone condizioni agronomiche e ambientali a norma dell'art. 5 del Regolamento (CE) n. 1782/03. Sono fatti salvi, in ogni caso, gli interventi di bruciatura connessi ad emergenze di carattere fitosanitario prescritti dall'autorità competente o a superfici investite a riso e salvo diversa prescrizione della competente autorità di gestione; u) esercizio della pesca con reti da traino, draghe, ciancioli, sciabiche da natante, sciabiche da spiaggia e reti analoghe sulle praterie sottomarine, in particolare sulle praterie di posidonie (Posidonia oceanica) o di altre fanerogame marine, di cui all'art. 4 del Regolamento (CE) n. 1967/06; v) esercizio della pesca con reti da traino, draghe, sciabiche da spiaggia e reti analoghe su habitat coralligeni e letti di maerl, di cui all'art. 4 del Regolamento (CE) n. 1967/06. 2. Per tutte le ZPS, in base a quanto previsto dall' art. 5 comma 2 del Decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare vigono i seguenti obblighi: a) messa in sicurezza, rispetto al rischio di elettrocuzione e impatto degli uccelli, di elettrodotti e linee aeree ad alta e media tensione di nuova realizzazione o in manutenzione straordinaria o in ristrutturazione; b) sulle superfici a seminativo soggette all'obbligo del ritiro dalla produzione (set-aside) e non coltivate durante tutto l'anno e altre superfici ritirate dalla produzione ammissibili all'aiuto diretto, mantenute in buone condizioni agronomiche e ambientali a norma dell'art. 5 del Regolamento (CE) n. 1782/2003, garantire la presenza di una copertura vegetale, naturale o artificiale, durante tutto l'anno e di attuare pratiche agronomiche consistenti esclusivamente in operazioni di sfalcio, trinciatura della vegetazione erbacea, o pascolamento sui terreni ritirati dalla produzione sui quali non vengono fatti valere titoli di ritiro, ai sensi del Regolamento (CE) 1782/03. Dette operazioni devono essere effettuate almeno una volta all'anno, fatto salvo il periodo di divieto annuale di intervento compreso fra il 1° Marzo e il 31 Luglio di ogni anno, ove non diversamente disposto nel piano di gestione. Il periodo di divieto annuale di sfalcio o trinciatura non può comunque essere inferiore a 150 giorni consecutivi compresi fra il 15 Febbraio e il 30 Settembre di ogni anno. E' fatto comunque obbligo di sfalci e/o lavorazioni del terreno per la realizzazione di fasce antincendio, conformemente a quanto previsto dalle normative in vigore. In deroga all'obbligo della presenza di una copertura vegetale, naturale o artificiale, durante tutto l'anno sono ammesse lavorazioni meccaniche sui terreni ritirati dalla produzione nei seguenti casi: 1) pratica del sovescio, in presenza di specie da sovescio o piante biocide; 2) terreni interessati da interventi di ripristino di habitat e biotopi; 183 3) colture a perdere per la fauna, ai sensi dell'articolo 1, lettera c), del decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 7 Marzo 2002; 4) nel caso in cui le lavorazioni siano funzionali all'esecuzione di interventi di miglioramento fondiario; 5) sui terreni a seminativo ritirati dalla produzione per un solo anno o, limitatamente all'annata agraria precedente all'entrata in produzione, nel caso di terreni a seminativo ritirati per due o più anni, lavorazioni del terreno allo scopo di ottenere una produzione agricola nella successiva annata agraria, comunque da effettuarsi non prima del 15 luglio dell'annata agraria precedente all'entrata in produzione. Sono fatte salve diverse prescrizioni della competente autorità di gestione; c) regolamentazione degli interventi di diserbo meccanico nella rete idraulica naturale o artificiale, quali canali di irrigazione e canali collettori, in modo che essi vengano effettuati al di fuori del periodo riproduttivo degli uccelli, ad eccezione degli habitat di cui all'art. 6 comma 11; d) monitoraggio delle popolazioni delle specie ornitiche protette dalla Direttiva 79/409/CEE e in particolare quelle dell'Allegato I della medesima direttiva o comunque a priorità di conservazione. 3. Per tutte le ZPS, in base a quanto previsto dall' art. 5 comma 3 del Decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare le attività da promuovere e incentivare sono: a) la repressione del bracconaggio; b) la rimozione dei cavi sospesi di impianti di risalita, impianti a fune ed elettrodotti dismessi; c) l'informazione e la sensibilizzazione della popolazione locale e dei maggiori fruitori del territorio sulla rete Natura 2000; d) l'agricoltura biologica e integrata con riferimento ai Programmi di Sviluppo Rurale; e) le forme di allevamento e agricoltura estensive tradizionali; f) il ripristino di habitat naturali quali ad esempio zone umide, temporanee e permanenti, e prati tramite la messa a riposo dei seminativi; g) il mantenimento delle stoppie e delle paglie, nonché della vegetazione presente al termine dei cicli produttivi dei terreni seminati, nel periodo invernale almeno fino alla fine di Febbraio. La Tabella allegata alla DCR 342/98 : Approvazione siti individuati nel progetto BIOITALY e determinazioni relative all’attuazione della direttiva , che indica le superfici , le denominazioni, con il codice BIOITALY dei siti collegati alla direttiva Habitat ed alla rete Natura 2000: 184 185 DGR n.80, del 22 dicembre 2009, rielencazione dei SIR e SIC e ZPS, in sostituzione dell’allegato D della LR 56/2000. 186 187 A seguire la tabell3.8 inserita a seguito di valutazione di incidenza per area SIC/ZPS Lago di Porta inerenti la FAUNA ORNITICA migratrice e FAUNA DI ALTO VALORE CONSERVAZIONISTICO , quale Elenco uccelli acquatici stanziali e svernanti da monitorare . 188 189 190 191
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