ACCADDE A TESTACCIO - La bottega dello scrittore

ACCADDE A TESTACCIO
Nota introduttiva "Accadde a Testaccio"
Un laboratorio di scrittura creativa è prima di tutto il luogo dove nascono le idee dal confronto e
dal dialogo fra scrittori. All'interno del laboratorio della Bottega dello scrittore, gli iscritti
interagiscono e respirano assieme per dare vita ad una storia nuova. Storia che spesso cambia le
prospettive e le aspettative con le quali si erano iscritti. Storia che tinge le loro pagine di amicizia,
qualche volta di amore e che a volte crea e altre volte appiana i conflitti propri dell'umano esistere.
Il laboratorio da cui è nato questo racconto, ha percorso tutte queste fasi: i primi approcci alla
tecnica narrativa, il dibattito, il confronto ed infine la creazione della storia.
"Accadde a Testaccio" nasce dall'incontro di cinque scrittori (solo quattro per ora riportati
nell'antologia) che hanno sperimentato l'arte dello scrivere, hanno ricercato dentro la loro anima
l'essenza delle cose e hanno fatto in modo di forgiarla in parole. Ognuno trovando il proprio stile,
il proprio modo. Per questo, questo racconto ha cinque versioni differenti pur rimanendo lo stesso.
Dal canto mio, come conduttrice del laboratorio, mi sono limitata a traghettare i "miei scrittori"
come fossero "marinai" alla prima avventura in mare aperto, ho trasmesso loro la mia esperienza
di scrittrice nella prima parte del laboratorio e ho favorito il dialogo e la creazione di situazioni
proficue per la crescita creativa durante la secondo fase.
Ogni laboratorio cambia ed arricchisce anche me, del resto.
Detto questo, vi avverto che potreste trovare tra queste pagine temi e stili inconsueti, esperimenti
linguistici al limite dell'errore sintattico ma mai gratuiti o immotivati, io credo.
Siate buoni con questi coraggiosi "marinai della letteratura" o estremamente cattivi, a voi lettori la
scelta. Ogni scrittore è da sempre un folle che offre alla folla il suo credo per cercare di cambiare
il mondo.
Buona lettura
Chiara Borghi
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Credits
Copertina grafica: Sandro Rossetti
Impaginazione: Emiliano Frabetti
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ACCADDE A TESTACCIO
di
Lia Assanto
Corso di Scrittura Creativa anno 2014 condotto da Chiara Borghi
La bottega dello scrittore
Autore: Lia Assanto
Insegnante in pensione ama leggere e scrivere. Questa non è la sua prima prova come autrice, ha già
partecipato ad altri laboratori ma questa volta si è confrontata con la scrittura collettiva.
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PROLOGO
Federica
Uno schianto…la vita in mille schegge. Tutti i punti di riferimento disgregati. L’impressione di
annaspare, i polmoni vuoti d’aria, mentre la voce cortese e impersonale di un giovane dottore, mi
comunicava che ciò che ero, una madre, giaceva accartocciata nell’auto insieme al corpo di Marco.
La giornata si era levata serena, profumata di caffè e di vaniglia. Il mio ragazzo mi viziava, si
divertiva a farlo con la colazione preparata con cura sulla tovaglietta a quadretti. Era un momento
intimo, tutto per noi. Le preoccupazioni si addolcivano con lo zucchero a velo del cornetto, mentre
gli occhi trasparenti di mio figlio, verde- azzurri come quelli del mio povero marito, mi fissavano
sorridenti.
“Mamma,oggi pomeriggio,dopo le lezioni, devo incontrarmi con Luca,Pietro e Simone.Non vedo
l’ora di avviare assieme il doposcuola al Mandrione. Sarà una possibilità per quei ragazzini di tirarsi
fuori dalla palude. Per me, è attraverso la cultura che l’uomo può liberarsi.”
Osservavo il viso acceso di Marco: m’inteneriva quella passione ideale; mi ricordava me stessa
diciottenne. Rispecchiarmi in Marco era come essere risarcita per le prove che mi avevano colpito
ancora giovane. La morte di mio marito, abbattuto da un infarto. Marco aveva solo otto anni e da
allora la mia vita era stata dedicata a lui. Solo lui nei miei pensieri e nel cuore.
“Anche Susanna farà parte del gruppo?”avevo chiesto con noncuranza, mentre versavo il caffè nella
tazza di latte. Susanna era la fidanzatina di Marco, una ragazza dell’alta borghesia, bella e fredda
come una madonna nordica. Strideva col carattere appassionato di mio figlio. Conoscevo
abbastanza la psicologia evolutiva per fare l’errore di tante madri: oppormi in modo palese. Speravo
che il tempo, la migliore conoscenza reciproca, avrebbero aiutato Marco ad accorgersi dello sbaglio.
Susanna era il frutto perfetto di un mondo egoista per cui contava solo il successo. Certo le doveva
sembrare un bel trofeo quel giovanotto alto dal viso intenso e romantico, tanto diverso dalla schiera
di ragazzini con i capelli gelatinosi scolpiti sulla zucca.
“Susanna farà certo parte del progetto ma oggi era impegnata con le lezioni di violino. Sentissi cosa
riesce a trarre dalle corde del suo strumento! Magari potrebbe insegnare ai bimbi a suonare. Non
hanno forse diritto, quei poveretti,di elevare lo spirito con la musica,anche se vivono in baracche
invece che in ville?”
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Mi aveva salutato afferrando i libri, con un bacio sulla fronte. Dio, perché non avevo avuto nessun
presentimento?Perché quel bacio era scivolato via senza che la mia pelle conservasse memoria della
sua dolcezza? Una reliquia a cui ricorrere nel vuoto dei giorni a venire.
Ogni riemersione dalla soffice oscurità indotta dai sonniferi è dolorosa come un parto. Non avrei
voluto riallacciare i contatti con la realtà ostile: l’angoscia affluiva da qualche luogo ancora vivo in
me. Avrei voluto essere pietra scabra, insensibile a tutto.
Dopo la morte di Marco avevo perso ogni ragione di vita, per questo ero ricoverata a Villa Verde,
una clinica privata per malattie nervose.
E’ una giornata d’ottobre ancora tiepida;le bacche spiccano rosse sulle siepi,ma la bellezza non sa
più parlare al mio cuore.
La figura, sfocata dalla bruma leggera che sale dal fiume, appare all’improvviso, subito dopo la
curva.
È un luogo solitario, proteso su colline verdi e oro.
I miei occhi opachi si soffermano sul corpo imprigionato dalla carrozzina. Un corpo attraente.
Come quello di Marco, prima che le lamiere si accartocciassero su di lui cancellandolo dal mondo.
Così incontrai Lorenzo. La vita aveva perso ogni significato per noi. Chiusi in un egoismo
sofferente, eravamo due monadi apparentemente inconciliabili.
Eppure, lentamente, qualcosa si sciolse. Un’empatia nata da un comune dolore;un dialogo che si
fece comprensione.
Mi accorsi che i miei sentimenti non erano pietrificati;erano solo come arbusti irrigiditi dal gelo.
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I CAPITOLO
L’Ufficio di collocamento
Il centro di collocamento di Via Galvani ha sempre un’aria stralunata, con la perenne confusione
che vi regna, ma il lunedì mattina, e con la pioggia,diventa addirittura surreale. Nella livida luce,
che filtra dalle finestre, pare di essere in un acquario.
Giordano scuote il grande ombrello nero in uno sfarinamento di gocce. Poi si siede sulla panca di
formica verde, di quella tonalità anonima che caratterizza le scuole, gli ospedali e gli uffici pubblici
italiani. Sotto il berretto di lana blu,gli occhi sono luminosi, giovani, in contrasto con la mascella
cadente e la raggiera di rughe attorno alla bocca.
Accanto a lui siedono due vecchietti con gli occhi vispi. Sono venuti assieme per avere un colloquio
con un funzionario; vogliono esporre l’idea di un lavoro comune in favore dei bambini in difficoltà.
Ne hanno parlato con Romero, un ex prete venuto dal Brasile con cui Giordano ha stretto amicizia
al Circolo S.Pietro. Un sudamericano pieno di calore e di entusiasmo che ha gettato alle ortiche la
veste talare e convive con Sonia, una psicologa.
Ah Giorda”, fa Richetto, grattandosi la peluria bianca e sottile sul capo,”non sarà un buco
nell’acqua? Figurati si a ‘sti capiscioni gli frega qualcosa dei ragazzini e di noi vecchietti che li
volemo da aiuta’ ”
“Sei er solito disfattista!”gli si oppone Giordano. ”Come dice il proverbio?Chi no risica no rosica! E
non avemo combattuto ben altre battaglie contro lo stato borghese? Ah Valtere, te ricordi la nostra
bandiera rossa con falce e martello? Bei tempi, quelli!”
Walter non partecipa alla discussione: è distratto da un gruppetto di persone al centro della sala.
Punta lo sguardo su un colosso nero con occhi lucidi che paiono smalto e due sventole di mano
simili a pale. E’ insieme a un uomo di mezza età con l’aria distinta, nonostante l’abbigliamento fin
troppo casual. Le scarpe di coppale lucido brillano Li segue una donna di mezza età, elegante,
chiara di pelle e bionda di capelli, che osserva il caos dell’Ufficio romano con occhi critici.
La voce di Walter si leva arguta:
A Righé,a’ visto er quintale di carbone che er barbone co’ a sgrinfia se porteno appresso? Ammazza
che montagna!”
“Jeffry, ce l’ha con te? ”ridacchia il barbone, lisciando i riccioli grigi.
Jeffry, per nulla offeso, pare divertito e fissa curioso il terzetto.
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“A Va’”grida Richetto, rivolgendosi all’amico un po’ sordo con gli occhi ammiccanti “me sa che
ffai mejo a tenette sinnò er quintale c’arizzolla!I du denti che me so’ rimasti, me servono ancora!”.
L’uomo distinto scoppia in una risata a quella facezia in puro vernacolo. Si avvicina al terzetto di
anziani. Tende la mano sollevando le sopracciglia:
“Signori, permettano che mi presenti :sono Gilberto Farina e queste illustri persone. che mi sono
accanto, si chiamano Valery, la mia amabile compagna e Jeffry,un mio vecchio amico”.
“Piacere”.Il coro dei vecchietti è accompagnato dalle mani che si stringono per salutare.
“Aoh, oggi è peggio del solito! La lentezza ha raggiunto tempi de record. Ce se smorza pure
l’entusiasmo..Sapete, cercavamo il modo per avere una sovvenzione al nostro progetto. Sentite
se’,che nome “Ragazzi del futuro”. Volemo aiutà i regazzini senza famiglia.”
La fila,intanto,si è ingrossata come un fiume limaccioso:un cicaleccio confuso vibra scuotendo
l’impersonalità dell’Ufficio. Gli ombrelli gocciolanti hanno formato piccole pozze sul linoleum
rossiccio.
“Lorenzo!sei tu?”La voce di un’adolescente con capelli castani che spiovono sulle spalle, perfora il
ronzio di fondo. Stretta nei jeans, con un giubbotto blu che ne sottolinea la vita,si slancia verso un
ragazzo che se ne sta un po’ in disparte su una carrozzina. Gli occhi opachi paiono indifferenti alla
confusione che lo circonda. Accanto a lui una signora minuta, di mezza età, dall’aria dolce, con un
caschetto grigio e occhiali leggeri sul naso.
“Maria Carla! ”esclama Lorenzo stupito. Come sempre appare impacciato: non si è ancora abituato
a quella carrozzina che imprigiona la sua esistenza di sedicenne Le lunghe gambe da adolescente
sono fusti vuoti, senza vita. Arrossisce, vorrebbe quasi scomparire, ma la ragazzina ha un sorriso
allegro, che lo riporta indietro a quando, pure lui, era un ragazzo spensierato.
“Loré, dopo l’incidente,volevamo venitte a trova’,ma eri sparito. Do’ si stato?”
Lorenzo non risponde. Che le deve dire? Che tutta la sua vita si era ristretta in una stanza asettica,
azzurro pallido della Clinica Villa Sorriso? Che i ricordi bruciano come ferite aperte e per questo si
era ritratto in un mondo suo? Un mondo grigio che gli facesse dimenticare chi era stato. Non aveva
voluto più incontrare nessuno che gli ricordasse il ragazzo di una volta.
“E questa chi è?”ammicca Maria Carla. Non lo dice apertamente, ma allude scherzosa a un’amante
tardona.
“Sono Federica”si presenta spontaneamente la donna col caschetto “Ci siamo incontrati a Villa
Sorriso e siamo diventati amici, vero, Lorenzo? Grandi amici”.
Maria Carla si abbassa e bacia Lorenzo con spontaneità. Il ragazzo sobbalza: da quanto tempo
nessuno lo toccava in modo così sciolto? Sempre percepiva con le antenne sensibili da malato, la
pietà che accompagnava ogni gesto delle persone.
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“Sonia, a So’,veni che ti presento un mio compagno di scuola”.
La signora bionda dalle forme burrose, si avvicina con un simpatico sorriso.
“Scusi l’esuberanza di questa ragazzina. Io sono Sonia, faccio l’assistente sociale in una Casa
Famiglia dove vivono Maria Carla e i suoi due fratelli, Giacomo e Marco ”Eccoli là. Marco è quel
ragazzetto occupatissimo col suo videogioco; Giacomo invece sta sulla porta immerso nei suoi
pensieri. Siamo venuti per cercare un lavoro, un’occupazione proprio per lui che ha quindici anni.”
Marco ha smesso di giocare: i suoi occhi vivaci sono calamitati dalla buffa scena dei tre vecchietti e
dell’uomo alto e nero che ride ancheggiando sulle lunghe gambe.. Sta raccontando di essere stato un
pugile conosciuto un tempo.
L’assistente va a recuperare il ragazzino che, senza il minimo disagio, si è intrufolato nel
capannello.
“A So’, questo è un pugile vero! Ma com’è che se move come na femmina?”
“Vieni, va’, che ti presento un amico di tua sorella” si cava d’impaccio Sonia,arrossendo sotto il
fondotinta.
Un vocio da mercato si alza all’improvviso dalla fila.
“Nun è possibile! Ogni volta la stessa storia!” La signora con il cappellino viola ornato da
margherite, gonfia le guance minacciosa pronta a battagliare “Mica se po’ continuà così!” Due
vecchietti annuiscono e rincarano: ”Questa è la dimocrazia! La libertà di nun fa’ niente”
L’impiegata dietro il vetro cerca di placare la nascente tempesta
“Che colpa c’avemo se i terminali si so’ bloccati?Anche a noi dispiace, credeteci. Qui in Italia nun
funziona più niente”.
L’ondata di protesta raggiunge il piccolo gruppo su cui l’ex pugile troneggia.. Il primo ad
accendersi è Giordano ”E no! Mica se fa così! Ora proprio ne ho le saccocce piene! Semo delle
pecore che nun se fanno rispetta’ “E’ na vergogna”gli fanno eco gli amici.
“Signori” dice l’assistente sociale conciliante”, invece di farvi il sangue amaro, perché non andiamo
a mangiare assieme un boccone al Circolo S Pietro?Sta proprio qui vicino. Così appena riparano i
terminali,siamo sul posto”.
Si rivolge al ragazzo in carrozzina e lo invita cordiale:
”Anche tu, Lorenzo,e naturalmente la tua amica.”
Federica nicchia indecisa, in fondo non conosce nessuno di loro, ma vedendo lo sguardo di
Lorenzo, improvvisamente animato,si decide”Va bene,mi fa piacere”.
Il gruppetto si avvia all’uscita. Walter, Righetto e Jeffry si separano: preferiscono tornare a casa.
Nuvoloni di pece si accavallano in cielo. Per fortuna non piove, ma l’aria ha quella carica elettricità
che precede il temporale.
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II CAPITOLO
Al Circolo San Pietro
Il Circolo San Pietro è da sempre un luogo accogliente per i barboni, i disadattati, la gente senza
dimora. A tutti è offerto un pasto caldo e soprattutto la sensazione di avere qualcuno che si occupi
di loro.
Da qualche anno la crisi economica ha aumentato il numero dei partecipanti. Troppa gente non
riesce ad arrivare alla fine del mese con il solo stipendio e, allora, perché non approfittare di questa
provvidenziale istituzione? Verso le 12,30 si formano code davanti al portone. Una folla
eterogenea: poveri relitti umani, vestiti di stracci e signore abbigliate con eleganza.
Il gruppetto, proveniente dall’Ufficio di collocamento, è seduto attorno a una lunga tavolata.
L’aria è pervasa dall’aroma denso del sugo che condisce gli spaghetti in grandi contenitori di
plastica.
E’ facile, in quel clima disteso, sciogliere le riserve: in poco tempo tutti chiacchierano come vecchi
amici dandosi del tu.
I ragazzi scherzano vociando; lo stesso Lorenzo si è fatto coinvolgere in quel clima caciarone.
Federica non può fare a meno di osservarlo: così disteso e allegro pare un altro.
“Che peperina quella Maria Carla,” dice a Sonia che siede alla sua sinistra. “Anche i fratelli mica
scherzano”.
Sonia aggrotta la fronte.
“Non sai quante lacrime dietro quella vivacità! Poveri ragazzi. Strappati al calore familiare,
catapultati in un centro di assistenza.”
“Perché sono finiti nella Casa Famiglia?”
“Una lunga storia di miseria, di violenze, di degrado. Il padre è un uomo con problemi di
personalità. Si rapportava con i figli a forza di pugni e schiaffi. L’affetto non trovava il canale
giusto per manifestarsi in quell’atmosfera tesa e nervosa.
Quando poi la mamma si ammalò, non c’era più un argine a contenere la furia bestiale. Quante
volte, sai, Maria Carla ha fatto scudo di sé ai fratellini.
Tu la vedi allegra, euforica addirittura. E’ la maschera dietro la quale nasconde le ferite dell’anima.
A scuola era un elemento perturbatore. Godeva nello scompigliare l’ordine della classe. Se il
destino le aveva impedito di essere una ragazza come le altre, allora abbracciava quasi con orgoglio
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quel suo aspro personaggio di ribelle. Si sentiva sporca, inadeguata tra gli altri ragazzi con una
famiglia normale.
Ma io conosco la vera Maria Carla, quella che si scioglie in lacrime, diventa piccola, vorrebbe
l’abbraccio rassicurante della sua mamma.”
“Oh, povera ragazza…non immaginavo...”
“E’ ancora una bambina, ma ha già avuto esperienze devastanti. Cerca, in squallidi rapporti con
ragazzi più grandi di lei, quell’amore di cui ha una sete disperata.
Carla e Lorenzo si sentono diversi. Forse, è la loro diversità che li unisce”
Federica avverte la commozione agitarsi nel petto e guarda con occhi nuovi Sonia.
Farina interrompe il filo dei loro discorsi.
“Giacomo, per favore,fai una corsa all’Ufficio di collocamento e vedi come tira”
“E il fratello? Giacomo, lo vedi?” riprende Sonia,“ ha un’apparenza tranquilla, non sembra neppure
appartenere alla stessa famiglia. Ma dietro quell’acqua calma c’è una tempesta trattenuta. La
tensione lo consuma. Al contrario della sorella, diventata ribelle per capovolgere la sensazione
d’inferiorità, lui si è calato nel personaggio di studente modello per attrarre su di sé l’attenzione
degli insegnanti. Sempre preparato; i compiti perfetti…ma quanta energia costa perseguire
un’immagine ideale?Quali insicurezze porta dentro come ferite? L’incapacità di relazionarsi con i
coetanei in maniera equilibrata, prima di tutto.”
Sono distratte da un vociare dall’altra parte del tavolo. Giacomo è tornato tutto rosso in viso; sta
dicendo che hanno messo un cartello con scritto: Apertura in data da destinarsi.
Giordano si alza in piedi, scostando rumorosamente la sedia, la chioma scomposta che luccica
attraversata da una lama di sole. Urla infervorato in un italiano venato di romanesco:
“Signori, è venuto il momento d’agire. Basta sopportare soprusi. Il Governo non po’ cecarse li occhi
davanti ai problemi della gente. Agire, dobbiamo. Insieme. I nostri vecchi avevano ragione: è
l’unione che fa la forza…Occupazione! Occupazione!”
I ragazzi battono i pugni eccitati al ritmo del vecchio inno sessantottino francese: Ce n'est qu'un
début, continuons le combat! Come lo conosceranno? si chiede Federica stupita. Si sente tornare
giovane alunna delle medie, scossa da quei primi movimenti studenteschi.
Anche Sonia, vicino a lei, è turbata. Invece Romero, Carlos e Farina sono accumunati dallo stesso
entusiasmo. In fondo sono persone abituate a confrontarsi con situazioni difficili. Non sono certo
vissuti nella bambagia.
Giulia prova a obbiettare:
“Non ci metteremo nei pasticci?” ma è sommersa dalle voci maschili e dai fischi scherzosi dei
ragazzi.
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Sonia, infine, chiede il silenzio con un fermo gesto delle mani.
“Amici, calma. Non sarebbe meglio discuterne assieme per conto nostro? Io propongo di vederci
questa sera nella Casa Famiglia. Ora telefono a suor Gerusa, ma sono già sicura che non si
opporrà.”
La comitiva applaude.
Gilberto tira fuori dalla sacca la sua vecchia chitarra. Si china sulle corde ad occhi
chiusi,concentrato, e dalle sue dita si sprigiona una canzone struggente di Joan Baez.
“How many roads must a man walk down, before you will call him a man?
How many seas must a white dove sail before she rests in the sand?
And how many times must the cannonballs fly before they're forever banned?
The answer my friends is blowing in the wind the answer is blowing the wind.”
La luce del tardo pomeriggio avvolge in un abbraccio dorato il piccolo gruppo assorto.
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III CAPITOLO
La riunione alla Casa Famiglia
La pioggia fitta picchietta a raffiche sugli ombrelli del piccolo gruppo diretto verso la Casa
Famiglia. Il bisbigliare delle persone è soffocato dal brontolio che scende dal cielo cupo di nubi. Le
strade, avvolte da un velo liquido, sono deserte a quell’ora. Qualche pozzanghera riflette la luce
smorta dei pochi lampioni.
Davanti a tutti avanza Maria Carla spingendo la carrozzina di Lorenzo. Federica ascolta le risa
soffocate dei due ragazzi che si scambiano facezie.
“Ho fatto bene ad aderire a questo incontro, nonostante le perplessità” pensa. Era da tempo che non
vedeva il ragazzo così allegro, quasi dimentico del suo stato.
“Hai notato come stanno bene assieme quei due?”sente che Sonia le sussurra, quasi avesse letto nel
suo pensiero.
“Sei gentile a preoccuparti per il mio Lorenzo. Si capisce che hai dimestichezza con i problemi
degli adolescenti”.
“Sccc….voi due, regazzì,abbassate la voce! Che volete attirà l’attenzione di tutti gli abitanti di
Testaccio?” li redarguisce Giordano con la sua cadenza romanesca.
“Eccoci arrivati! Ehi,Mariacà, smettila di fare caciara!”gli fa eco Sonia.
La donna suona il campanello e sulla porta appare la figura slanciata di una suora.
“Entrate, presto”, sussurra.
Ha un viso ambrato e occhi scuri come lava.
Sono introdotti in una stanza spoglia con panche lungo i muri e tavolini coperti da tovagliette
fiorite. Una luce fioca scende dal soffitto, lasciando gli angoli del locale affondati nell’ombra.
“Parlate piano, vi prego. Non vorrei che qualcuno ci sentisse” sussurra suor Gerusa, avvicinando
l’indice alla bocca raggrinzita da piccole rughe.
Maria Carla, spingendo Lorenzo, si dirige verso un finestrone appena visibile dietro pesanti cortine
verdi. Sonia e Federica si siedono a un tavolino. La fiamma di un piccolo lume guizza sotto
un’immagine votiva, disegnando arabeschi gialli sulle pareti.
Tra queste persone così diverse si è creata un’atmosfera di segreta complicità, quasi si fossero
conosciuti da anni. Li cementa l’obiettivo comune.
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Giordano si alza in mezzo a loro, ravviandosi i folti capelli candidi. I suoi occhi brillano di
passione.
“E’ inutile indugiare! Qui bisogna darse da fa. Dovemo scassinà il portone dell’Ufficio!
Arripijamoce li nostri diritti! Ah…che bello, me sembra de respirà l’aria dei vecchi tempi.
Ritorniamo artefici del nostro destino!- esclama gonfiando il petto.
Romero scuote la testa. I suoi occhi penetranti, tra la raggiera di rughe, hanno come un lampo di
sconcerto.
“Calma!Calma! Teniamo a bada los cavallos,amigos…vero Giordà?”.
Dice con il suo accento esotico, un misto di castigliano e romanesco.
“Yo estoy con ustedes con todo mi corazón…Ma dovemo tené fresca la cabeza! Ascoltate a qiuen
tiene esperiencia…a chi ha un po’ di esperienza nel campo della lotta civile. Si hacemos
casino,arriva subito la polizia e corremos el riesgo que l’occupazione no abbia inicio! No.No.
Movemose con criterio.”
Sonia gli legge dentro: Romero ha davvero pagato sulla sua pelle la solidarietà con i più deboli
contro i poteri costituiti. Nessuno lo sa meglio di lei.
Federica, agitando il suo caschetto striato d’argento, propone timidamente:
“Si potrebbe magari preparare dei begli striscioni con delle scritte colorate in cui invochiamo
maggiore rispetto per l’utenza e metterci davanti all’entrata del collocamento. Lorenzo è bravissimo
in questo genere di cose, vero? Mi ha raccontato che li faceva con i suoi amici quando andava allo
stadio a vedere la sua Roma”
Il ragazzo si rabbuia: lo stadio appartiene a un’altra vita. Quella di un diciassettenne libero dai
vincoli della carrozzina. Tace. Solo i suoi occhi hanno un calo di tensione.
Alcuni del gruppo sorridono pensando che Federica ha proprio la mentalità di una professoressa:
forbici, carta, pennarelli e tutto è risolto.
“No,cara -interviene Giulia dolcemente- siamo quattro gatti, figurati se si accorgerebbero di noi.
Piuttosto potremmo nasconderci nei locali verso l’ora di chiusura e poi organizzare con calma
l’occupazione."
“Sentite -salta su allora Sonia tutta eccitata, dimenticando di parlare a voce bassa, “io conosco il
custode. Terminerà a giorni l’incarico,quindi ha poco da perdere. Potrei chiedergli il favore di
aspettare un po’, prima di chiamare i celerini.”
Suor Gerusa con il gesto secco dei palmi delle mani, chiede di smorzare i toni. La casa è immersa
nel silenzio e ogni parola rimbomba sulle pareti.
La pioggia continua a scrosciare, dando all’ambiente la liquida apparenza di un acquario.
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Farina, che è rimasto pensoso in disparte,sembra animarsi; modulando la sua voce profonda, fino a
ridurla a un sussurro,afferma:
“E’ arrivata l’ora del potente!”
Gli occhi di tutti si puntano interrogativi sull’elegante figura vestita in modo stravagante.
“Che significa?” chiede Sonia, interprete della curiosità generale.
L’uomo fa cenno di avvicinarsi. Quando tutti, anche Lorenzo in carrozzina, gli si stringono attorno,
inizia a spiegare.
“Sì, è arrivato il momento di far entrare in scena il potente. Non posso dirvi tutto, ma sapete che ho
le mie conoscenze... altolocate. Questa persona è un ricco imprenditore, ma ha molte aderenze al
governo..Basta non dico altro,ma lui certo può aiutarci”.
“E in che modo?” chiede Giordano incuriosito.
“Prima di tutto ritardando l’intervento della polizia e poi manovrando i mass media: telecamere,
giornalisti e ci troveremo sotto i riflettori in un amen. Dobbiamo, però, approfittare dell’attenzione
generale. Preparare un discorso convincente.”
“Sììììììììì! Perfetto!” esclamano tutti in coro.
“Su, fai subito quella telefonata, a Farì!”
L’uomo si apparta, mentre un silenzio denso di pensieri cala sul gruppetto. Si ode solo lo scrosciare
monotono della pioggia e un lontano rombare di tuoni.
“Evvai! Mi scusi Madre…Suora…”esclama, smorzando la voce, Farina, emerso dall’ombra “
L’abbiamo fatta. Il potente è con noi! Ci aiuterà”
Tutti sono presi dall’entusiasmo. Maria Carla e Lorenzo battano il cinque. Giordano gonfia il petto
pieno di ardore…socialista. Giulia, Sonia e Federica si abbracciano commosse.
Suor Gerusa porta una bottiglia di spumante e dei bicchieri. Poi tutti brindarono alla nuova
avventura.
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IV CAPITOLO
La lite
Il temporale si stava addensando senza che Gilberto se ne fosse reso conto... L’intero gruppo era
troppo eccitato per l’imminente occupazione. Si discuteva con ardore sugli ultimi dettagli.
“J’en ai ras l’bol de toi!” Le parole si levano,all’improvviso, al di sopra della confusione,cariche di
rabbia. “Mi hai rotto le scatole” traduce Valery per non lasciare dubbi sul loro significato. Ha il
volto duro: rughe di dispetto solcano la pelle chiara. Gli occhi limacciosi hanno perso la fragile
tonalità azzurra. Non è più la dolce compagna che tutti conoscevano.
Gilberto, strappato ai suoi ragionamenti, replica stupito:
“Che te prende,a Valery! Te ha dato de volta il cervello?”
“Je suis harassée…stanca, stufa…Me ne vado” e senza indugio spalanca il portoncino ed è fuori.
Un silenzio smarrito cala tra gli amici. Che le è successo?Una signora così per bene e gentile.
Roma è avvolta dal riverbero giallo oro del tramonto. Qualche lampione, già acceso, appare pallido
a confronto di tutta quella luce.
“Valery…ehi Valery, ma che te pija? Te voi fermà? Cavolo, ma si può dar di matto così, senza un
motivo?” grida Gilberto correndole dietro ansando.
Imboccano via Marmorale, animata dal solito traffico nervoso. Un motorino stride e il ragazzo che
lo guida sputa un’imprecazione colorita.
La donna cammina veloce. I capelli, raccolti in una coda, oscillano provocanti nell’aria.
Farina la raggiunge e le afferra un braccio per farla rallentare. Sono ormai arrivati al Ponte Sublicio
Il Tevere fluisce tra gli argini, accarezzato dai rami dei platani; i gabbiani affamati si tuffano in
acqua in un vibrare d’ali. Il sole dipinge di rosso il profilo del lontano Cupolone, i palazzi
imponenti e l’antica isola Tiberina, simile a un bastimento, da secoli alla fonda. Alcuni stranieri
immortalano il riflesso increspato delle arcate sulla superficie del fiume.
“Non capisci? Non capisci? Mi sono stancata. Stancataaaa! Non ne posso più di te, de tes fausses
promesses…Ho lasciato Paris pour toi! Parigi, capisci? Pensavo di passare delle giornate
romantiche in giro per Roma... Invece…Tu es un misérable, un morto di fame! “ Arrota le erre
come fossero coltelli. Per colpirlo. Vuole offenderlo. Ferirlo. Vendicarsi per la poca attenzione che
le ha rivolto. Ore e ore a discutere con il gruppo. Animato come non lo era mai stato con lei.
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Oh, sì, aveva perso la testa per quell’uomo, per il suo mistero, per i caldi occhi bruni, per l’aria da
principe decaduto. Anni di convivenza non hanno placato l’emozione che il suo sguardo esercita
ancora su di lei. Aveva sognato una vacanza romana finalmente soli e innamorati. Invece Gilberto si
è fatto fagocitare da quei pazzoidi e dai loro sogni di riequilibrare le ingiustizie. Illusi, ecco cosa
sono! Come se il mondo potesse raddrizzarsi con quattro striscioni! Idealisti senza senso pratico.
Il soggiorno a Roma si era rivelato un fallimento. La città puzza: é sporca, inquinata. Rumorosa.
Nulla funziona. Ha nostalgia di Parigi, dei larghi boulevard ombrosi e perfino del cielo grigio fumo
così nordico. Si sente ferita nell’orgoglio per la trascuratezza del suo compagno. E’ invidiosa del
calore con cui ha aderito al progetto dell’occupazione. Per lei non c’è mai stato simile
coinvolgimento. Certo le vuole bene. Gli piace la sua aria francese, quella sua parlata rotonda, ma
non ha mai riversato su lei tanto ardore.
“ Valery, perché sei così arrabbiata? Cosa ti ho fatto?Sei sempre stata una donna tranquilla!”
“Certo, non ti accorgi di niente tu! Ti vivo accanto da anni, ma quando mai hai cercato di capirmi?
Quando? Pour toi ho rinunciato a una famiglia mia..Nous vivons comme des clochards. Sempre in
giro, senza un tetto nostro. Je te hais!”
“Sei diventata lamentosa, pesante!” replica Gilberto.”Dov’è finita quella mademoiselle così allegra
di un tempo? Sempre pronta a seguirmi in capo al mondo. Felice solo di starmi vicino? ”
“C’est bien pratique là…là..Essere carina,gentile e mandar giù tutto…E, no, caro mio!Tu te trompe!
Je ne suis pas ta esclave! Fais attention…Io posso rovinarvi…a tutti…Je m’en fous! Posso
distruggere il vostro bel piano!” Gli occhi di Sonia, ridotti a fessure lampeggiano di rabbia”
La sera è calata sul fiume e, nell’oscurità, brillano gli antichi monumenti illuminati. Roma distende
la sua eterna bellezza, indifferente alle passioni umane.
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V CAPITOLO
Romero
L’ufficio di collocamento è ancora molto affollato, nonostante manchi poco all’orario di chiusura.
Agli sportelli il solito nervosismo caciarone: volti tesi, bambini frignanti. Un’atmosfera elettrica in
cui i diverbi scoppiano improvvisi come temporali d’estate.
“Sono tre ore che aspetto, e lei mi dice che manca un documento? Nun è possibile! Cavolo, ci
trattate come bestie. Guardi sto regazzino, piange perché ha fame. E’ quasi ora di cena! ”
Simili scene si ripetono, mentre il nervosismo monta.
Un’impiegata dagli occhi bovini dietro le lenti alla moda sbadiglia disinteressata, poi con voce
inespressiva declama:
“Un altro, prego”.
L’uomo in giubbetto e pantaloni blu scivola furtivo tra la confusione: nessuno fa caso a lui. E’
Carlos. Osserva la donna delle pulizie che sta finendo di lavare i bagni. La signora ha un viso
malinconico. Spiegazzato. Tutto appare grigio in lei: la pelle, i capelli, lo sguardo. La sua vita non
deve essere piacevole, pensa Carlos, che ha sviluppato antenne sensibili in grado di percepire i
segnali di sofferenza.
Terminato il lavoro, la donna si allontana trascinando secchio e spazzolone.
L’uomo entra veloce nel locale dalle sbiadite piastrelle verdi. Un forte odore disinfettante gli brucia
le narici.
“Quasi quasi libero la vescica: non ce la faccio più” pensa.
Mentre urina, si guarda attorno. Dalla finestrella il volto giallo della luna lo osserva indifferente tra
le inferriate. Le ombre del crepuscolo sono scese rapide; l’oscurità soffice è tagliata da lame
argentate. Il locale tetro è addolcito dal chiarore lunare.
Si avvicina alla porta; appoggia l’orecchio al legno ruvido: non si odono più voci. Un silenzio
innaturale avvolge l’ufficio prima così vociante. Si azzarda a mettere la testa fuori. Il corridoio,
completamente buio, gli rende difficile l’orientamento. Si muove rasente il muro, fino a scorgere
l’ampio locale degli sportelli. Dal finestrone scivola una tenue luce sufficiente per aiutarlo a
muoversi nel groviglio di ombre. Sicuro finalmente di essere solo, tira fuori dalla sacca di tela una
pila: il cono di luce taglia il buio. Guarda l’orologio. E’ l’ora.
“Chi c’è là? Fermati!” La voce cavernosa lo fa trasalire..
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Maledizione, e ora che succede?
Da un gabbiotto in fondo al corridoio, sfuggito al controllo di Carlos, è sgusciata una figura bassa,
tarchiata. Si avvicina caracollando minacciosa con una torcia che disegna ghirigori luminosi nel
buio. Dal chiarore opalescente emerge un viso molle e pallido su cui spiove un rado ciuffo grigio.
Un berretto a visiera gli nasconde gli occhi.
Con presa improvvisa l’uomo blocca il sudamericano al muro; gli tasta rapido il giubbotto e le
tasche:” Hai armi?” Grida strascinando una cadenza pugliese. Carlos si riprende dallo
sbalordimento. Fa mente locale. Ma, sì, il guardiano! Ne avevano parlato. C’era quella possibilità.
Superficialmente si era convinto che il locale fosse senza sorveglianza. Ricorda anche che si tratta
di un precario con ben poco da perdere.
“Non sono un ladro, te lo assicuro. Non vengo per rubare.”
“E allora che ci fai qui, di notte, oltre l’orario di chiusura?” Il guardiano ha perso l’aria
determinata:qualcosa gli dice che Carlos non sia uno di quei ladruncoli che infestano la zona. E’
elegante, compito. Un signore.
Carlos fa appello alla sua pacata capacità d’eloquio.
“Lo so che vita conduci. Per pochi euro ogni notte rischi di imbatterti in malintenzionati. Dios mio,
perfino la vita metti in gioco! E per cosa? Per due spiccioli…e a fine mese te dan una patada en el
trasero…un calcio e via…”
Approfitta dello stupore del vigilante per continuare.
“Siamo un gruppo pacifico; lavoriamo per i bambini... Vogliamo che i soldi siano stanziati per loro,
e non vadano a gonfiare le tasche di qualche papavero..No, non replicare, anche tu potresti trarre
vantaggio dalla pubblicità..Arriveranno giornali, televisioni…”
“Sì, così, io mi trovo nei pasticci. Sbattuto in prima pagina come complice” e la guardia torna a
stringere minacciosa il polso di Carlos.
“No, nessun pericolo: ti do due pillole di sonnifero e, al tuo risveglio, tutto sarà fatto. Non avrai
nessuna colpa…Fidati…come ti chiami?”.
“Giuseppe.”
“Fidati, Giuseppe.” Carlos sa che chiamare per nome un uomo aiuta ad avvicinarsi. Giuseppe si
gratta indeciso la fronte, poi pensa che ha davvero poco da perdere e, forse, qualcosa da
guadagnare.
Si arrende alla capacità persuasiva del sudamericano.
“Ok, va bene… ma mi raccomando, niente violenza!”
“Tranquillo, fratello”
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Intanto il gruppetto di adulti e ragazzi sosta in attesa. Osservano la strada furtivi, ben attenti a non
cadere sotto la luce dei lampioni.
La chioma argentata di Giordano svetta su tutti. Non riesce a star fermo. Un ardore dimenticato gli
brucia il petto. Anche Romero sente l’eccitazione dell’avventura tendergli i nervi.
“Silenziosi come pantere” mormora ai ragazzi.
Lorenzo ha gli occhi brillanti. Timidamente stringe la mano di Maria Carla. Un’emozione nuova gli
pulsa nel sangue. Non sa come comportarsi e scarica l’impaccio in risatine che fanno sobbalzare i
membri del gruppo.
“Zitti! Sccccc…Volete che ci scoprano?”, mormora Federica, la più impaurita di tutti.
“Ma guarda in che situazione mi sono trovata” pensa. “ In una sommossa, io, che sono sempre stata
ligia alle leggi”. Eppure non può fare a meno di osservare il suo Lorenzo, la vivacità che anima i
suoi lineamenti. Maria Carla, con la beata incoscienza dell’età, solletica con l’indice il collo
dell’amico e poi ridono assieme, premendo le mani sulla bocca.
Sonia e Giulia controllano gli zaini accatastati in un portone: arrotolati, sopra, hanno disposto i
materassini e i sacchi a pelo. C’è tutto.
Da una finestra dell’Ufficio di collocamento lampeggia una torcia: il segnale convenuto con Carlos.
L’avventura inizia.
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VI CAPITOLO
Confidenze
Entrano in fila indiana,fasciati dal buio. Una strana combriccola, variegata, con zaini, sacchi a pelo,
cesti e vettovaglie. Li attende Carlos con una grossa torcia che traccia una scia luminosa
nell’oscurità.
Accanto a lui la faccia perplessa del guardiano.
“Questo è Giuseppe”. Si crea un’ atmosfera irreale tra chi deve sorvegliare e chi occupare. Federica,
Sonia e Giulia stringono la mano dell’uomo, quasi fosse una festa.
“Ora, tu te ne vai tranquillo nel tuo casotto e ti prendi queste due pasticchette. Dormirai fino a
domani mattina come un pupo ”, dice Carlos.
Mentre i due si allontanano, gli altri si dispongono per trascorrere la notte.
Il caos iniziale, poco a poco, si ricompone.
Le donne si sistemano sotto il finestrone, i maschi, invece, vicino alla porta, per intervenire subito
in caso di bisogno. I due ragazzi, muniti di fogli e pennarelli, s’ingegnano a trovare frasi incisive
per i cartelloni.
Si srotolano i materassini e i sacchi a pelo. Federica ha portato delle romantiche candele che
conferiscono alla stanza un’atmosfera soft. Nell’incavo caldo del buio, nel tremolio delle fiammelle,
si sciolglie ogni riservatezza. I grovigli sepolti affiorano e trovano accoglienza negli altri.
L’orgoglio si sfalda nel piacere della condivisione.
Federica si avvicina a Sonia e le sussurra:
“Ho subito provato simpatia nei tuoi confronti. Però,devo dire che so davvero poco di te. Come hai
deciso di occuparti della Casa Famiglia e come hai incontrato Romero? Ti va di parlarne?”
Sonia si libera delle scarpe e si massaggia i piedi indolenziti. Scuote i capelli chiari. Cerca le parole.
“Sono stata molto felice un tempo”sussurra. “Amavo mio marito. Era una persona speciale. Un
uomo intelligente, colto, bravissimo nel suo lavoro di architetto. Eppure con me era soprattutto un
amante dolcissimo”. Arrossisce un po’ nel raccontare ad estranei ricordi così intimi.
“La mattina della domenica mi svegliava con il tè e un maritozzo alla panna. Mi baciava con foga e
poi ridevamo assieme per i baffi bianchi che gli lasciavo sul labbro. Era allegro, un po’ cucciolo,
mentre di solito gli uomini importanti non sanno spogliarsi del loro ruolo. Dopo tanti anni c’era
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ancora passione tra noi. Certo meno ardente, ma più profonda e complice. Non erano venuti figli:
forse per questo ognuno coccolava nell’altro il bambino che non aveva.”
“E poi cosa accadde?” chiede Giulia che si emoziona alle storie d’amore.
“Una malattia. Rapida. Crudele. In pochi mesi se lo portò via e con lui la mia speciale felicità”.
Gli occhi di Sonia luccicano e Federica l’abbraccia con tenerezza.
“E poi?”, incalza Giulia
“Poi”, dice Sonia asciugando una lacrima, “ poi ci fu un lungo inverno del cuore. La vita senza di
lui era arida come una steppa. Nulla più mi interessava. Se non avessi incontrato suor Gerusa e i
ragazzini della Casa Famiglia, non so come sarebbe andata a finire. E’ stata la mia salvezza. Gli
occhi di quei piccoli feriti precocemente dal destino mi sono entrati dentro. L’stinto materno,
relegato in fondo a me, si è risvegliato di colpo. Viscerale. Forse c’è pure un po’ di egoismo nel mio
spendermi per loro. Erano…sono…i figli che non ho mai avuto.”
“E Romero? Come mai ti sei messa con lui?”. Federica si stupisce della spigliatezza con cui lei, così
timida, pone domande tanto personali. Deve essere il vibrare magico della fiammella nell’oscurità
che le avvolge.
“Romero mi piacque subito. Il suo bel volto in cui ogni ruga raccontava storie di sofferenza. Il
mistero che lo racchiudeva come un’aurea Quando per la prima volta mi strinse tra le braccia e
sentii il sangue riprendere a pulsare nel mio corpo, pensai che forse il passato potesse ripetersi. Ora
so che nulla può replicarsi.
A me solo Romero ha raccontato le sue sofferenze ed io le ho accolte per custodirle. Di me sola si
fida. Abbiamo tanti ideali in comune. Insieme abbiamo lavorato in favore di chi è povero,
disprezzato, abbandonato. Ma credo che il suo terribile passato sia inciso indelebile nell’animo. E’
un estremista, rigido, senza sfumature. Ne ho paura a volte…Certo dovrò affrontare il problema del
nostro rapporto. Non ora, però.
Dall’altra parte della stanza giungono le voci soffocate di Carlos, Romero e Giordano che discutono
su come portare avanti il progetto. Gilberto sta in disparte, il volto cupo e la mente colma di
pensieri.
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VII CAPITOLO
Valery
Una sagoma scura si staglia contro la vetrata. Tic… tic… tic…qualcuno bussa leggermente, eppure
il rumore pare deflagrare nel silenzio come uno scoppio, amplificato dalla paura.
Gilberto sente il cuore in gola. E’ lei, Valery. L’ha riconosciuta. Forse ha mantenuto la promessa
del tradimento. Giuda che conduce i soldati per arrestarli. I poliziotti sono forse nascosti nelle
tenebre?
Gli occupanti si rannicchiano contro i muri quasi per difendersi. Infine Gilberto si decide e apre la
porta.
Valery entra in una folata umida di notte. E’ fasciata in un impermeabile stretto che ne disegna le
curve. Le belle gambe scoperte caracollano su tacchi altissimi. Un contrasto più netto con le
occupanti in tute e jeans non sarebbe possibile.
“Scusate, gente. Avrei bisogno di parlare con Gilberto. In privato”. La bocca rossa spicca nel viso
lunare.
Gilberto è arrabbiato. Le stringe il polso fino a farle male.
“Vieni con me”, le dice. ”Sei sola?” Il tono di voce è sarcastico, venato di amarezza.
“Sì, sola. Non mi credi?”
“Allora, andiamo di là. Scusate, amici, per lo spavento che questa matta vi ha procurato”.
La trascina con rabbia nella saletta contigua ai bagni. Accende la torcia e il buio opaco si dirada.
Valery toglie l’impermeabile. La maglietta nera sembra scoppiare tesa dal suo seno prorompente.
La minigonna scopre il candore delle cosce nude.
Gilberto vorrebbe ferirla, cacciarla da sé, ma il suo corpo è come calamitato, senza energia, senza
volontà. Tutta la forza sembra concentrarsi in basso, nel ventre. La rabbia si trasforma in passione,
mentre Valery gli chiude il viso tra le sue lunghe dita. Le unghie laccate di rosso gli pungono la
pelle. Lei gli sfiora incerta le labbra con le sue, poi le bocche si aprono, si uniscono. I respiri si
fondono. Caldi.
Prima che sia troppo tardi, Gilberto si strappa dall’incantesimo. In qualche parte di lui una voce lo
rimprovera: ”Vigliacco, così presto ti arrendi?”
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“Non m’ incanti, Valery con le tue arti de courtisane. Non ho dimenticato, sai, le tue minacce? Non
sono un pupazzo che si fa accalappiare da due tettone!”. Pronuncia le parole con voce roca, dove
ancora guizzano scintille di passione.
Valery sente la tenerezza sciogliere ogni proposito di vendetta.
“Io ti amo veramente, tesoro. Sì, volevo ferirti. Renderti pan per focaccia. Ma non riesco a starti
lontano. Non sono capace di farti del male. Ho bisogno di te.”
Si stringe a lui con disperazione. Gli percorre il viso con piccoli baci.
“Amo il tuo volto. I tuoi occhi caldi. Amo il tuo corpo che conosco in ogni centimetro. Il tuo corpo
che sa rendermi felice”.
Gli prende una mano e la porta alla bocca. Gliela mordicchia come un cucciolo. Le difese cadono.
Gilberto cede: ricambia la stretta. Rimangono così, avvinghiati, tremando. Valery sente il sesso del
compagno pulsare contro di sé. Sorride. Lui appoggia la testa sul seno di lei, ansando. Ha le gambe
molli.
“Oh Valery!Valery! Che fattura mi hai mai fatto?” chiede con voce arrochita dalla passione. Poi la
trascina verso una brandina dal materasso polveroso, in un angolo della stanzetta. Si spogliano con
foga. Non possono più attendere: un’urgenza incontrollabile li pungola.
Valery accoglie Gilberto in sé tremando. Il piacere appanna le coscienze. Gemono assieme e stille
di sudore si confondono tra i corpi intrecciati.
Alla fine, l’uomo si abbandona esausto sulla donna. Piccoli sussulti ancora scuotono il ventre di
Valery. Gilberto ne è commosso. La bacia con tenerezza insolita.
“Valery, ero disperato senza di te”, mormora, mentre intreccia con dolcezza le dita della sua mano a
quelle di lei.
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VIII CAPITOLO
Conclusione
“Senti quei due come ci danno sotto?” ridacchia Maria Carla.
Lei e Lorenzo sono attorno a un tavolo nella debole luce di una lanterna a kerosene, quella che
Federica usava al campeggio.
Con pennarelli colorati hanno scritto slogan inneggianti ai diritti dell’infanzia; al rispetto per i
cittadini; suggerimenti su come dovrebbe essere speso il denaro pubblico. Punti esclamativi urlano i
contenuti sociali. Li appendono con circospezione sulle mura esterne del palazzo.
Ora che hanno terminato il dovere, possono distendersi chiacchierando.
Lorenzo è più impacciato a toccare il tema del sesso. Si limita ad ammiccare in modo eloquente.
“Tu hai già fatto l’amore?”
La domanda della ragazza lo coglie impreparato. Arrossisce. Si odia per quell’imporporarsi delle
guance che rivela la sua timidezza.
Maria Carla appoggia la sua mano su quella di Lorenzo con dolcezza.
“Hai delle mani molto belle”, dice, “mani sensibili, da artista. Scusa se faccio domande dirette
senza pensare di essere inopportuna. Io so’ fatta così…”
Un silenzio denso colma lo spazio tra i due. Poi la voce di Lorenzo si leva inaspettata.
“Prima…prima…dell’incidente, avevo una ragazza. Si chiamava Serena. Era…speciale. Mi bastava
vederla da lontano perché….insomma…mi batteva forte er core e il sangue sembrava scorre’ più
veloce nelle vene. Me pare di dire cose stupide da romanzetto Harmony, ma proprio così me
sentivo.”
Lorenzo è sbalordito: ma che fa? Lascia affiorare i suoi sentimenti più intimi e li affida a quella
ragazzetta appena conosciuta? Devono essere la luce fioca, il silenzio della notte, i gemiti che
provengono dallo stanzino.
“E…ora... lei dov’è? State ancora assieme?”
La ferita, mai rimarginata, brucia e gli occhi si riempiono di lacrime a quella domanda. Lorenzo se
le asciuga con furia. Non vorrebbe soffrire. Non vorrebbe che il suo cuore fosse ancora così vivo e
vulnerabile. Non vorrebbe vedere la compassione nello sguardo della nuova amica.
Le parole stridono quasi con rabbia.
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“Insieme? Ma hai visto o no come so’ conciato? La paralisi non ha nulla di romantico. E’ zozza,
crudele! Sai che per i primi mesi me pisciavo addosso come un neonato? Sì, non facevo mai in
tempo, per quanto fossi sempre all’erta. La vita pareva ruotare attorno alla mia vescica. Alla
ginnastica per rinforzarla. Ma perché te sto a raccontà ste’ miserie? E tu mi chiedi se sono ancora
insieme a Serena? Oh, sì, lei è stata cara. Dopo l’incidente veniva a trovarmi. Ma nei suoi occhi
leggevo solo smarrimento per il mio stato. Ero arrabbiato con tutti. Con la vita, il destino, e sì, pure
con lei che non sapeva vedermi come un ragazzo normale. Pure per lei, come per mi padre, ero lo
sciancato da compatire. Lo sai che significa? Che nessuno ti guarda, ti tocca più con tenerezza o con
desiderio, ma solo con pietà. La vescica, a forza di esercizi, riprese a funzionare, ma era la mia testa
che… Non avevo più voglia di vivere. Ecco. Desideravo solo sprofondare in una fossa buia dove
non arrivassero stimoli vitali. Chiudermi in una prigione senza suoni. Senza colori. Diventare
inanimato, scabro come una pietra. A volte ci riuscivo. Mi allenavo a sbarrare la porta all’esterno.
Trascorrevo giornate intere nel mio mondo d’acquario senza pesci. Allontanai tutti. Non volevo
commiserazione. Desideravo sentirmi normale, ma la gente vedeva non Lorenzo, ma le sue gambe
inerti. Solo quelle”
Maria Carla vorrebbe stringere il ragazzo, fargli sentire che per lei non è uno sciancato. Ma i
sentimenti fanno fatica, anche nell’adolescenza, a superare il muro del pudore.
“ Ora, però, sei uscito da quello stato. Ho visto oggi come hai collaborato alla preparazione dei
manifesti!”.
“Sì, ora sto meglio.” Volge gli occhi a Federica con dolcezza. E’ stata lei a strapparlo al mondo
senza vita. Lei che pure aveva il cuore oppresso dal dolore. Era bastata la sua mano sulla propria,
sentire non la compassione, ma la comprensione per un’esperienza che li accumunava.
“So che significa stare su una carrozzina,” la voce di Maria Carla è un sussurro. “Da anni mia
mamma c’ è inchiodata sopra. Ma lei non ha speranze con cui cullarsi…Perché la vita le sfugge
giorno dopo giorno, anche se non vorrebbe…Credo che per questo cerchi di incontrarci il meno
possibile…”.
Tutta la pena, aggrovigliata dentro al suo cuore,trapassa la solita maschera allegra e precipita in
singhiozzi.
Lorenzo istintivamente la abbraccia, quasi per contenere i sussulti delle spalle infantili. Rimangono
per un po’ così, avvolti in una tenerezza che non ha bisogno di parole.
Quasi tutti gli occupanti cedono, infine alla stanchezza. Il giorno li trova raggomitolati nei loro
sacchi a pelo.
Un trambusto di macchine, di sirene, di clacson, li trae fuori dai sogni agitati.
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“Che succede?” E’ Federica la prima ad accorgersi che nella strada qualcosa sta accadendo. Ora
sono tutti svegli con gli occhi gonfi.
Giordano solleva con circospezione una serranda.
“Sono arrivati” mormora…”Che Dio ce la mandi buona! ”
Appena aprono la porta, sono bersagliati dai flash dei fotografi. Una radiocronista, che pare una
ragazzina, parla a raffica in un microfono.
“Cari ascoltatori, l’Ufficio di collocamento del Testaccio è stato occupato da un gruppo di persone.
Ci sono anche due ragazzini, uno è invalido, in carrozzina. Ora provo ad avvicinarmi per chiedere il
motivo della loro protesta.”.
Giordano srotola il foglio con le richieste. La sua voce pastosa, dalla cadenza romanesca, zittisce il
vociare.
“ Ora vi leggo i punti stabiliti assieme” dice.
1- Miglioramento immediato del funzionamento dell’Ufficio di Collocamento.
2- Decreto attuativo per usare finalmente i fondi, già stanziati per legge, e destinati a dare lavoro ai
giovani.
3- Ottenere in gestione il Teatro Palladium, con una sovvenzione sia della regione che del comune”.
I poliziotti, allineati in assetto anti sommossa, osservano sconcertati. Attendono ordini. Il tempo
sembra essere sospeso.
Il comandante, grassoccio e sudato, arriva ansante.
“Stop, guagliò..non se ne fa niente..So’ giunti ordini da…be’… dall’alto, di limitarci a controllare
senza intervenire”.
La telecamera del Tg regionale ronza mentre riprende la scena.
Si formano capannelli di persone.
“Bravi”, grida una signora applaudendo. “Finalmente, qualcuno con un po’ di fegato. Non se ne
poteva più dei disservizi di questo ufficio..Peggio delle bestie ci trattano!” “Bravi,sì” Il coro è
unanime, mentre i giornalisti della cronaca registrano i loro pezzi.
Dentro l’ufficio si brinda a coca cola nei bicchieri di plastica. Rimane solo da aspettare la risposta
delle autorità, ma si respira un’aria di entusiasmo.
“Abbiamo vinto!” urlano. Ci si abbraccia con trasporto.
Ognuno esce da quell’esperienza con una nuova consapevolezza di sé, dei propri diritti, del valore
di una lotta condivisa. Sono stati giorni intensi, si sono dovuti superare contrasti ideologici, paure e
condizionamenti. Ci si sente più forti.
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EPILOGO
Il tramonto si liquefa, rosato, sui palazzi carichi di storia e tra gli ombrelli scuri dei pini. Roma
freme, riflessa, sulle acque del Tevere. Sempre nuova. Sempre antica. Eterna.
Dalla spalletta del ponte Fabricio la osservò pensierosa. Era da tempo che non venivo sull’Isola
Tiberina. Sono da poco uscita dal massiccio ospedale, dove è ricoverato Lorenzo. Una serie di
operazioni gli hanno restituito la deambulazione, anche se non la completa autosufficienza. Ma non
disperiamo.
All’improvviso vedo l’elegante figura: abito mini, stivaletti, caschetto spettinato e occhiali scuri.
Ma sì, è lei, non mi sbaglio.
“Giulia!”, chiamo.
Si volta sorpresa, corruga la fronte, poi la bocca si spiana in un sorriso.
“Federica! Possibile? Tu?”.
Ci baciamo con calore.
“Oh,cara, come sono felice di vederti! Dobbiamo chiacchierare un po’. Andiamo al baretto lì,
all’angolo”.
Ci sediamo in un piccolo locale con quattro tavolini all’aperto. L’aria è ancora fresca, ma le sedie
metalliche trattengono il tepore del sole. I lampioni si accendono e le luci scintillano riflesse
dall’acqua.
“Cosa mi racconti,Fede? Ma da quanto non ci vediamo?Due anni minimo. E Lorenzo?” La
parlantina di Giulia mi travolge, mi ubriaca.
Finalmente riesco a rispondere.
“Sto bene. Mi sono ripresa. Quella nostra comune esperienza; quella lotta decisa e coraggiosa per
ottenere giustizia, mi ha dato una carica nuova.
Seguo Lorenzo come se fosse mio figlio. Con affetto, liberata dal veleno della depressione. Sono
una donna se non felice, almeno realizzata. Lorenzo, sai? è molto migliorato. Ha subito due delicate
operazioni, ma ora cammina, appoggiato alle stampelle”.
“Oh che stupenda notizia! Non sai come sono felice!”
Esito, poi mi decido:
“E tu,Giulia? Ti ricordi quella notte al lume di candela al Collocamento? Quell’atmosfera intima di
confidenze? Su di te, però, ho sempre saputo poco…Sì, il tuo matrimonio fallito, la solitudine…”
Giulia mi prende una mano con calore.
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“Anche per me quell’esperienza, l’occupazione dell’ufficio, è stata importante. Avevo perso ogni
interesse per la vita. Vedevo il mondo come un luogo ostile; mi ero rifugiata nella mia solitudine
come in un utero protettivo ”.
“Un po’ come me, allora. In fondo, abbiamo riunito, in quella lotta, i nostri animi feriti”.
“Avevo perso tutto, Federica. Il lavoro, la famiglia, che si era disgregata. Il mio compagno di vita,
che si era rivelato un immaturo. Mi sentivo sola, sola ad affrontare una montagna di problemi.
L’angoscia mi aveva stretto tra le sue spire e rischiava di soffocarmi.
Poi vi ho incontrato. Insieme abbiamo superato le perplessità della nostra educazione borghese.
Abbiamo abbracciato una lotta per la giustizia ”.
“Sì, ti ricordi Giordano? Con che passione ci incitava a non tirarci indietro’ E Gilberto?
Uh…mentre,nella’altra stanza faceva l’amore con Valery, sentivo anche il mio sangue tornare
a….scaldarsi”.
Arrossisco per quelle confidenze così intime. Ma Giulia mi sorride comprensiva.
“E Romero? Uh, che uomo! Affascinante, misterioso, con quel suo linguaggio variegato, italiano
spagnolo…Come ne era innamorata Sonia! Eppure qualcosa non funzionava tra loro”.
“E’ così, infatti. Io sono rimasta in contatto con Sonia. Si sono lasciati. Ora lei è tutta per i suoi
ragazzi. E’ una donna generosa. Una cara amica”.
“L’occupazione è stata un’esperienza importate; mi ha rivelato risorse segrete e soprattutto mi ha
fatto conoscere persone simili a me. Non mi sentivo più sprofondata nel buco nero dell’angoscia
individuale. Condividere è un po’ già superare. Sentire la solidarietà di chi è caduto come te. Mi
avete comunicato una grande forza”.
Giulia mi guarda con tenerezza. So cosa pensa. Chi si aspettava dalla piccola Federica, così timida,
quel fluire di pensieri intimi?
“Senti, Fede, ora che ci siamo ritrovate non dobbiamo più perderci di vista”.
Ci scambiano gli indirizzi, i numeri di telefono, mentre una luna tonda bagna d’argento la piazzetta
affacciata sul Tevere.
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ACCADDE A TESTACCIO
di
Fanny Corona
Corso di Scrittura Creativa anno 2014 condotto da Chiara Borghi
La bottega dello scrittore
Autore: Fanny Corona
La corona il segno distintivo di dignità regale, la sua rotondità evoca la perfezione nella
partecipazione alla natura celeste, che il cerchio simboleggia. Timida, riservata, con il tempo si apre
e sa farsi amare. Tranquilla e allegra un concentrato di curiosità ed energia.
2014 - “Accadde a Testaccio” è il suo primo romanzo.
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PROLOGO
Storia di naufraghi, che attraverso la forza della resilienza, riemergono dai flutti, e si trovano uniti
in una visione filantropica della vita, realizzata nel massimo rispetto dell’altro. Ogni riferimento a
storie e persone esistenti è puramente casuale.
30
UFFICIO DI COLLOCAMENTO
Un lunedì qualunque presso l’Ufficio di collocamento in Via Galvani, a Testaccio, operatrici
asettiche nelle loro postazioni ultra moderne, ampi saloni freddi ed insonorizzati, il rumore dei passi
riecheggia in un silenzio abissale.
L’arrivare in anticipo, consente di osservare il contesto in questa dimensione fredda ed impersonale,
quasi sinistra.
Il vociare del vicino mercato arriva attutito, anche gli odori giungono smorzati.
All’interno del mercato due “fruttaroli”, scherzano e coccolano un adolescente, “a Marco
c’hail’occhi più grossi della bocca”, che voi che te damo stamattina datteri…papaia, amano
coccolare quel bambino sfortunato ma pieno di vita, che alloggia presso la Casa Famiglia alle spalle
del mercato.
La ragazza acqua e sapone che serve al bar interno al mercato, chiacchiera con una coetanea
graziosa e sorridente, a Maria Ca’ no Nicolò nun l’ho visto, compita nel suo slang romanesco.
Maria Carla è una simpatica, esuberante, adolescente, sorella di Marco, anche lei in casa famiglia e
alla ricerca di affetti e realizzazioni adolescenziali, che nel mercato trova calore e solidarietà.
Un sedicenne con due occhi scuri e penetranti e un cipiglio determinato, mercanteggia un cambio di
dvd, con un eritreo che li vende sottobanco, è Giacomo il terzo fratello di Marco e Maria Carla,
ospite anche lui di Casa Felicita.
Nel largo sottopassaggio antistante l’ufficio di collocamento, si è formata pian piano una fila
chiassosa e variopinta, che ha umanizzato e scaldato l’ambiente.
Un ragazzo appoggia tristemente i suoi glutei su una sedia a rotelle, indifferente e rassegnato, in
compagnia di una signora di mezza età minuta e delicata, anche se un po’ grigia, che lo guarda con
profonda dolcezza e tanto affetto. Lorenzo e Federica, i loro nomi, due anime riemerse, grazie alla
reciproca vicinanza.
Improvvisamente il ragazzo si allontana in direzione di una coetanea allegra e sorridente, Maria
Carla, Lorenzo, che bella sorpresa, davvero inaspettata, siamo così fuori mano dalla nostra vecchia
scuola, mi hai riconosciuta subito, nonostante i capelli lunghi e il nuovo modo di truccarmi!!!
Dopo un serrato cicaleccio, Lorenzo sembra finalmente uscito dalla camera iperbarica, Maria Carla
gli ha fatto una trasfusione di vitalità.
Sei da solo? no è con me una “amica speciale”, allora ti sei fatto la ragazza, no, no. è una amicizia
di altro genere, ma cosa vai a pensare, ecco è quella la che parla con la signora con il caschetto
striato di bianco.
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Lorenzo quella è Sonia, la nostra Tutor, si occupa, di me Marco e Giacomo…ricordi i miei fratelli.
Qui, Francesi, Inglesi, Spagnoli, semo tutti uguali, a more nun ce provà, io sto prima de voi, e nun
fate l’americani vero Riche, si Walter hai ragione, se penseno che semo nati la notte della
sgrullata!!!
Eccoli Richetto e Walter, due amici accomunati dalla sorte e reciprocamente vicini nella loro
difficile quotidianità, dipendenti e ospiti di una trattoria del rione.
Sonia, una volta che ha visto Federica tranquilla per Lorenzo e Maria Carla, è tornata in fila con
Vincenzo; è li con lui per vedere, eventuali concrete possibilità di inserimento lavorativo, visto che
tra breve i sussidi comunali verranno tagliati.
Vincenzo si stacca dalla fila con una rapidità per lui inconsueta, ciao Eleonora, la Calabria, l’odore
degli alberi di clementine, la nduja, mi sembra di non essere mai partito, le nostre affettuose
chiacchierate mi sono mancate, anche io ti ho cercato nel giardino dove ci incontravamo ma
nessuno sapeva più nulla di te. Vincenzo le spiega la sua situazione attuale presso Casa Felicita.
Per favore, avete da cambiare 50 euro, una giovane donna si avvicina alla fila e chiede di poter
cambiare 50 euro per pagare il taxi, si signora le ho trovate dice rivolta ad un’altra rappresentante
del gentil sesso…..Grazie mille gli spicci non si trovano mai, proprio quando hai fretta, non vi
preoccupate non ve perdete niente….la fila non cammina fanno in coro gli astanti.
Siamo due occasionali malcapitate……arrivate insieme ma in realtà non ci conosciamo, io Chiara,
io Paola.
Sonia nel mezzo della fila, non nasconde la sua scocciatura e la consueta impazienza, che palle è
sempre così, di tutte le postazioni soltanto due sono attive, “il numero delle addette sembra essere
inversamente proporzionale a quello degli utenti!!!
Marco ironicamente canta (grazie Roma….la vecchia canzone di Venditti, e Richetto divertendolo
assai risponde, grazie Roma un par de ciufoli!!!!
Sonia sperava di riuscire a completare “la pratica” prima dell’arrivo di Romero e dei suoi
amici…niente da fare.
Romero il saggio, generoso, impavido “spretato” che attraverso tortuosi percorsi e geografici e
esistenziali è approdato a Roma, con tanti progetti, che lo hanno ancor di più avvicinato a Sonia, sua
compagna. Nell’accostarsi a lei la osserva divertito, smettila di sbuffare, le dice, non è che il tuo
irritarti mette le ali alla fila, Romero cosa devo fare pregare, ribatte lei. Sempre così Sonia ti spendi
e ti presti per tutti ma non sei equipaggiata per pazientare.
Gli amici stanno per arrivare informa Romero, ecco Giulia, la sua graziosa e amabile figuretta si
distingue sul varco d’ingresso, dinamica ed elegante, cammina verso Romero “buenas dias”
“buenas dias” ma soprattutto “Buena Suerte” vista la fila che non va, rincalza Romero.
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Giordano è a parcheggiare sai a quest’ora….
Anche Sonia e Giulia si salutano con cordialità Giulia cerca di incoraggiare Sonia, dai Sonia le file
sono noiosissime ma c’è sempre qualcosa o qualcuno interessante da osservare o da accogliere,
ecco la parola magica per Sonia, accoglienza.
Marco e Giacomo confabulano: non è possibile, fico, Romero conosce anche il nero con le movenze
da gay e il signore con le scarpe lucide, lucide, (che scopriremo chiamarsi rispettivamente Jeffrey e
Gilberto, dimenticavo con loro c’è anche Valerie).
Ecco Giordano: ho finalmente parcheggiato, ci tenevo ad essere qui con Giulia per accompagnarla.
Ci sono anche, per i primi beneficiari del nostro ambizioso progetto “I bambini del futuro”, Marco
Giacomo e Maria Carla, ospiti della Casa famiglia qui dietro vicino al cinema, di cui Sonia è
responsabile.
Mi farà piacere presentarti, altre persone, Giordano, amico di una delle mie tante vite da prete e
non, ripete Don Romero.
Ciao Gilberto, hai definitivamente smesso con i preziosi? Che brutto mondo, in larga parte
responsabile del tuo trovarti qui anche con Jeffrey. Le vostre vite ad un certo punto si sono legate
indissolubilmente, Jeffrey dal ruolo di guardaspalle è passato a quello di amico, confidente, fratello,
compagno di sventure.
No signore non voglio approfittare, vado a raggiungere il mio compagno che è lì…e poi non sono
una concorrente, percepisco una pensione francese, dice una signora con le sue erre arrotate. Valerie
dai vieni qui, la chiama Gilberto, interrompendo in suo battibecco con Walter.
La fila si blocca definitivamente, un addetto esce dagli uffici per informare i presenti che, il blackout informatico in atto, impedisce la prosecuzione dell’attività.
Proteste, rabbie, delusioni, esternazioni variopinte, quanti stati d’animo in quella fila: si è fatta una
certa, come dicono a Roma, Sonia e Romero dopo aver confabulato propongono al gruppo ristretto
di conoscenti, di andare al vicino Circolo S. Pietro (si la mensa dei poveri), dietro la piazza del
vecchio mercato.
Ognuno con e per motivazioni diverse accetta di buon grado.
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CIRCOLO SAN PIETRO
La scalcinata compagnia si dirige verso il circolo S. Pietro, il varco del mercato più prossimo per
raggiungere via Mastro Giorgio è quello su via Lorenzo Ghiberti, l’uscita verde.
Al mercato ogni uscita è contraddistinta da un diverso colore, Sonia commenta: guardate tra i colori
dei vari accessi, abbiamo avuto l’abilità di entrare dall’entrata/uscita verde di Via Galvani, e uscire
dall’entrata/uscita del medesimo colore di Via Alessandro Volta, il verde è il colore della speranza
commenta Giordano…
Marco vispo, vispo, (quando c’è di mezzo il cibo si gasa), chiede a Romero: che ci daranno da
mangiare oggi, bravo Marco, interviene Sonia, dobbiamo avvertire le Suore che non torniamo a
pranzo, me ne stavo dimenticando.
Maria Carla spinge energicamente la carrozzina di Lorenzo, chiacchierano e chiacchierano.
Federica procede al fianco di Sonia, è assorta e silenziosa, Federica ti vedo assente, sei sempre
convinta di venire, si si Sonia, ogni tanto brutti ricordi riemergono dalla mia mente.
Giacomo, si è affiancato a Gilberto, fin dall’inizio è stato calamitato dalle sue scarpe lucide,
quell’uomo intorno ai 50 dal tratto educato e riservato, lo incuriosisce, ciao sono Giacomo, ho visto
che anche tu conosci Romero.
Giulia e Giordano canticchiano, “la società dei magnaccioni… la società della gioventù e mo ie
dimo e mo ie famo ch’ai messo l’acqua e nun te pagamo….”
Jeffrey e Valerie sono i più lenti del gruppo, Marco si presenta e chiede, da dove venite siete
stranieri? e tu così grosso che sport fai?
Romero giriamo per Via Alessandro Volta, è la più diretta, chiede Sonia, si poi al secondo angolo a
destra e siamo arrivati.
Via Alessandro Volta è delimitata da vecchi palazzi popolari, dei primi del 900, i cortili sono
animati, i panni stesi svolazzano alle finestre, Giordano dice a Romero: vedi i palazzi di Pirani e
Bellucci, sono soltanto di 4 piani, non come le attuali cattedrali nel deserto. La nuova edilizia
popolare, per opera delle varie amministrazioni capitoline, ha ulteriormente deturpato la città.
Giulia osserva: il nostro arrivo non è passato inosservato, una signora dal 2° piano ci scruta
incuriosita, Laura Laura guarda sti’ poveracci aumentano sempre, mo’ addirittura arriveno in
gruppo e ce so pure i regazzini….,gira gira co’ st’andazzo ce dovremo da anda pure noi al San
Pietro.
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Giordano e Romero, dalla chiostrina del palazzo antistante l’ingresso del San Pietro, si dirigono
verso la porta, si Romero è meglio se prendiamo i posti, guarda quei quattro tavoli vicini sono ad
hoc per noi tutti.
Sonia ammutolisce, quegli avventori abituali, incurvati dal pesante bagaglio esistenziale, con i loro
sguardi rassegnati, sono la prova tangibile di non ce l’ha fatta; la falcidia della globalizzazione li ha
colpiti a dispetto dell’età, del sesso, del ceto sociale, della nazionalità, sono i nuovi poveri.
Vincenzo ulteriormente intristito si dirige verso Sonia, ha bisogno della sua vicinanza rassicurante,
in quelle persone vede la materializzazione dei i suoi peggiori incubi, Sonia domani torniamo al
collocamento, vero, funzioneranno i terminali….lo sai per me è importante…..lei lo abbraccia e
cerca di rassicuralo, dai Vincenzo non stare a pensarci troppo su, poi sai per te ci siamo…io e
Romero intendo…
Sonia mente spudoratamente, rivolgendosi a Federica confessa: non ho alcuna certezza per lui,
anche io entrando qui ho provato la stessa sensazione di disagio.
Federica le prende la mano, io nutro gli stessi timori, ma insieme è meglio.
Romero Giordano e Giulia sono più temprati, nei paesi dell’America del sud hanno visto di ogni: su
sistemiamoci ai tavoli, diffondiamo calore e allegria, è il dono che questa brigata può fare al
contesto, dai Sonia aiutiamoci per aiutare.
Quanta forza, quanta grinta in Giulia e Giordano, Giulia sei una fonte di energia, osserva
convintamente Sonia, magari la avessi anche per me…..le risponde, devi solo imparare a farla
emergere anche nei momenti in cui l’insicurezza e le paure ti attanagliano.
Paese mio che stai sulla collina disteso come un vecchio addormentato, la noia, l’abbandono son la
tua malattia …paese mio ti lascio io vado via, una delle addette alla mensa canticchia quella che
potrebbe essere la colonna sonora della vita di buona parte dei presenti…
L’ambiente è pulito, il contesto accogliente, i vecchi tavoli di formica ricordano gli anni 60’, è tutto
retrò, il menù consiste in 3 primi, 3 secondi, yogurt e frutta a scelta, vino ed acqua per il modico
prezzo di 3,10 euro.
Un uomo in fondo alla sala con l’aspetto da intellettuale “decaduto” colpisce Sonia per il riserbo e
la palese voglia di passare inosservato.
Sonia bando alle riflessioni dolorose dice Romero, non puoi caricarti i problemi del mondo, si hai
ragione, come sempre mi riporti nella giusta angolazione mentale e visiva.
Prendiamo posto, su prendiamo posto, incita il signore con le scarpe lucide, Gilberto Farina, è la
prima volta che sento la sua voce, è calda e rassicurante; questo contesto mi ha riscaldato e animato,
per dire il vero animato già lo ero, davanti a palesi inefficienze e completo disinteresse ”mi animo”,
il mio spirito di dirigente del PCI riemerge, l’imprimatur non si perde mai…..
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Romero ricorda agli altri di tenere il posto anche per Carlos che non è ancora arrivato.
Marco si sposta da uno all’altro, la sua iperattività non gli permette di stare fermo.
Giacomo parla, con Farina: sei stato a Marsiglia, hai conosciuto qualcuno del clan dei marsigliesi,
chiede incuriosito.
Maria Carla e Lorenzo: lei è riuscita a farlo parlare della sua triste condizione, Maria Carla riesco a
dirti cose che ho paura di confessare anche a me stesso, afferma lui stupito, anche io sai non parlo
facilmente della mia povera mamma come te su una sedia a rotelle, vittima di una ”storiaccia” che
ci ha allontanati tutti.
Ciascuno fa la sua scelta alimentare, la constatazione è unanime, per 3.10 euro si mangia
decorosamente.
Anche Carlos apprezza, finalmente un pasto seduto, mi sono sentito un “senorito” seduto a tavola,
non sono abituato.
Tra chiacchiere, commenti, ricordi, il pasto è finito, Romero chiama Marco, Marco per favore, vai a
vedere se per caso lo sportello del collocamento ha riaperto, tu fai in una volata.
Buona idea Rome, ma ci spero poco, anche io Giorda, ma facciamo un gesto di fede.
Marco torna a breve, no è chiuso e c’è un cartello che dice: la riapertura è rimandata a data da
destinarsi.
Non è possibile dice Giulia, Vincenzo ammutolisce del tutto, Jeffrey e Valerie, commentano, certo
in Francia difficilmente questi imprevisti accadono, il rispetto per l’utenza c’è, qui siete dei numeri
senza anima, vero Gilberto, capisco ancor più la tua fuga di tanti anni fa….
Sonia e Federica non parlano più, annichilite dalla notizia.
Una rabbia prodromica alla ribellione monta in ognuno di loro, Gilberto improvvisamente chiede la
chitarra a uno dei presenti e intona una coinvolgente nenia evocativa, che fa partire un coro
collettivo “si c’è un’isola lontana una favola cubana, che vorrei tu conoscessi almeno un po’, c’e
un’ipotesi migliore per cui battersi e morire e non credere a chi dice no, perché c’è o credo ci sia
stato un fedelissimo soldato che diceva “vinceremos adelante”.
Romero e Gilberto hanno contemporaneamente un’ idea…la nenia ha riacceso il loro spirito
rivoluzionario: perché non occupiamo il collocamento, Giordano anche lui vecchio militante si
trova subito d’accordo.
No no andate voi, non si può fare…..e poi l’occupazione giorno e notte, i ragazzi la scuola…
No Sonia sono ancora in vacanza, ribatte Romero e poi tu sei la loro diretta responsabile, sai che
l’ambiente è protetto, il contesto sano.
Si si dai anche i ragazzini sono d’accordo, Sonia stiamo con te nessuno può dire nulla, ripetono.
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Giacomo, senza staccarsi da Farina….si Sonia stiamo con te e ti assicuro se Marco fa una delle sue
ti aiuto a metterlo in riga, mi piace stare con Gilberto e ascoltarlo.
Sonia è spaventata il suo cuore si è scaldato all’idea, ma come conciliare la sua posizione di
assistente sociale, interfaccia delle istituzioni con una protesta di questo tipo.
No no Romero, ne va della mia credibilità professionale e non posso esporre i ragazzi.
Federica anche lei è tra due fuochi, Lorenzo insiste, ma lei non è avvezza a esperienze di questo tipo
il massimo della protesta per lei è scrivere dei diari!
Giulia ha profonde riserve mentali e nutre dubbi sull’efficacia dell’iniziativa.
Sonia si arrovella, per trovare una possibile soluzione, occupare contro lo stesso organismo
pubblico che la stipendia al fine di supportare i ragazzi….rischia il lavoro.
Finalmente una lampadina si accende nella sua testa, parlare con le Suore della Casa Famiglia e
coinvolgerle nella protesta, solo in questo modo la sua presenza, vista come supporto potrebbe,
forse, essere accettabile, la sua testa lavora, si allontana dagli altri per elaborare una strategia
vincente, da presentare a Suor Gerusa, che in fondo ha un’anima pasionaria.
Chiama i ragazzi e si dirige con loro verso Casa Felicita, non parlate di nulla al nostro arrivo
preferisco farlo io….
E’ suor Gerusa ad aprire la porta, Sonia chiede subito udienza.
Suora…lei conosce il problema di Vincenzo, e il suo star male, per l’incertezza e la delusione, le
moltiplichi per 50/60, tante sono le persone che da giorni si recano al collocamento di Via Galvani e
che anche oggi sono state disattese nelle loro speranze, di tutte le età, ceti e razze, e poi non devo
dirle nulla lei viene dal Brasile.
Romero, lei sa tutto di lui, ha riacceso il nostro desiderio di ribellione al sistema, ha proposto di
occupare gli uffici, ma io come faccio a espormi e i ragazzi….non trovo soluzione.
Suor Gerusa non manifesta alcuna emozione.
In serata il nodo è sciolto, Suor Gerusa, ha parlato con Romero e con la superiora, e ha fatto altre
telefonate riservate, anche noi abbiamo di che lamentarci, il comune non ci paga da mesi, sarò io la
faccia della protesta e mi avvarrò del suo aiuto Sonia, e della forza dei ragazzi per renderla più
efficace, la mia sarà si una figura di protesta, ma soprattutto di garanzia per voi tutti, e lei sarà lì su
mia richiesta, ma ad una condizione, l’occupazione non dovrà assolutamente, almeno verso
l’esterno, avere una matrice politica, è la condizione per il nostro assenso.
M’ impegno sin d’ora in tal senso, grazie. Sonia telefona a Romero.
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MOTIVAZIONI E RESISTENZE ALL’OCCUPAZIONE
Contro: l’occupazione mi spaventa
Pro: l’occupazione mi affascina
Contro: dopo anni di percorsi lavorativi su terreni accidentati e insoddisfacenti, poi il lavoro
che desideri, un sogno realizzato, posso mettere a repentaglio tutto?
Pro: il non aderire per come sono fatta equivarrebbe a snaturarmi nel mio ruolo e nella mia
”mission”, a discapito della serenità, la parte di spettatrice non è nelle mie corde
Devo ragionare con lucidità, libera da condizionamenti, deve essere però la mia scelta
Contro: per ognuno di noi è difficile e rischioso: io rischio il lavoro, Romero e Carlos la
loro invisibilità, le suore “qualche scomunica”. Non so gli altri, mettere la vita di gente
comune sotto i riflettori, è una grossa responsabilità, si può essere triturati dai media di
sistema
Contro: un esercito di straccioni (definizione con affetto) …..quale possibilità di riuscita
Pro: se ragiono così vanifico il mio credo basato su principi di cooperazione e solidarietà
con i più deboli
Pro: non sono mai stata egoista, il lavoro di assistente sociale importantissimo, ma non deve
portarmi a compressi con la mia coscienza
Pro: Suor Gerusa, mi ha tranquillizzata con la sua adesione e il suo dictat “no matrice
politica”, e anche con la sua misteriosa telefonata..
Pro: il sociale è allo sbando, chi meglio di noi per accendere i riflettori su : sussidi che non
arrivano o vengono sospesi, disinteresse dei servizi sociali e dei tribunali dei minori,
superficialità lavorativa degli operatori. Focalizzare l’attenzione dei media su problematiche
dimenticate, è fondamentale
Pro: l’occupazione per i ragazzi sarà un’ottima scuola di vita, nessuno li ha forzati, hanno
manifestato un’ entusiasta curiosità
Pro: quale occasione migliore per esternare il progetto “ I bambini del futuro”
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RIUNIONE CLANDESTINA PRESSO CASA FELICITA
Sonia è a Casa Felicita
Si certo Suor Gerusa, comprendo, si, si ho molto riflettuto sulla cosa, il mio convincimento, il mio
convincimento, ripete a mo’ di cantilena Sonia, come in un rituale propiziatorio.
E’ fondamentale che, almeno per il momento, i ragazzi non intuiscano nulla, certo difficile da
attuare, le loro orecchie, e gli altri sensi sono sempre allertati.
Suor Gerusa
Si Sonia, top secret, qui all’interno, soltanto, io te e la superiora e poi naturalmente…….., siamo a
conoscenza dell’intelaiatura del tutto, direi che l’orario giusto, potrebbe essere, 19,30/20, a
quell’ora i nostri ospiti, sono e indaffarati e stanchi, la stanchezza fiacca anche le intuizioni più
acute, puoi andare a telefonare a tutti per gli accordi.
Sonia al telefono
Sonia con il cellulare in mano, si sente come una dilettante allo sbaraglio, arrossisce, trema, ma si
congratula con se stessa, questa occupazione è anche la sua riscossa, la risposta attiva a quanto ha
visto di arbitrario e ingiusto, lungo gli scali della sua memoria.
Questo nuovo “imbarcadero” dove la condurrà, cosa produrrà, come la cambierà, e quale prezzo
dovrà pagare? In ogni esperienza c’è sempre un prezzo da pagare, ma in fondo il buon esito, è la
somma di tanti prezzi pagati, speriamo i nostri non troppo alti, dice a se stessa.
Federica chiamo te per prima, ti ho sentita molto vicina nella titubanza e nel timore, spero tu non
abbia avuto ripensamenti, il “Tutto” è per domani 19,30/20, l’ingresso è quello sul retro, ma cercate
di non arrivare tutti insieme e portate un vangelo o una bibbia.
Giulia carissima, non devi dirmi nulla, io mi sento come un gelo di melone sotto il sole di agosto,
ma è troppo importante, l’appuntamento è per domani 19,30/20, Sonia fa le stesse raccomandazioni
anche a Giulia.
Ciao Romero, cosa posso dirti, l’olio per gli ingranaggi del motore siete tu Giordano e Carlos,
dall’alto della vostra autorevole esperienza, ehm… scusami potrei avere il numero dei tuoi amici o
preferisci contattarli tu? No fallo tu, risponde Romero. Ripete sempre le stesse raccomandazioni
Sonia: orario non tutti insieme, bibbia o vangelo in mano, ingresso posteriore.
La stessa ripetizione di indicazioni e prescrizioni anche a Farina &Co.
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L’attesa
Ore 18,30 del giorno successivo: una serie di impedimenti e imprevisti, innervosiscono Sonia e
Suor Gerusa, finalmente le 19,30, l’agenda digitale di Sonia e Suor Gerusa, cioè la pendola
nell’ingresso batte i suoi colpi, ricordando l’orario.
Suor Gerusa scende in cappella per pregare, le altre Suore sono intente a riordinare la cucina, ai
ragazzi è stato concesso di attardarsi sui loro social preferiti.
Sonia è sulla porta di servizio per evitare che i “tessitori”, con il trillare dei campanelli, allertino
qualcuno.
I primi ad arrivare sono Giulia e Giordano, Giulia ha voluto strafare, ha anche un rosario in mano.
Romero sopraggiunge senza Carlos, arriverà dopo, hanno preferito così.
Oh ecco Federica, anche lei in grande spolvero!!! Un velo nero sulla testa….la incupisce ancora di
più, se possibile, ma è stata una buona precauzione.
Romero conosce bene l’edificio, li accompagna, li fa accomodare nella saletta antistante la cappella,
dove Suor Gerusa è in preghiera.
Sonia rimane alla porta, fa freddo, una fastidiosa pioggia a vento, le ha inzuppato le scarpe, il
garbino ha scompigliato i suoi capelli, ma non ne ha percezione, la sola cosa che desidera è che gli
altri arrivino presto per poter chiudere l’uscio; si sente come quando da adolescente, aspettava
l’arrivo del “moroso”, all’insaputa di tutti, e non vedeva l’ora di tapparsi nelle segrete stanze.
La pendola rintocca, le 20 passate, ecco finalmente tre sagome ben coperte sopraggiungere con
passo rapido, entrate, entrate, gli altri sono già arrivati.
Silenziosamente procedono lungo le scale, attraversano un grande salone, scendono un’altra rampa
e eccoli tutti insieme.
Quei birilli prendono forma e si umanizzano nella percezione di Sonia, lei fino ad allora è stata
come un androide, che si muove in automatico, ha congelato le emozioni, nel timore di non saperle
governare.
Ognuno è pronto per recitare la sua parte, desideroso di imprimere al suo pezzo, il maggior
convincimento possibile.
Andiamo al punto incalza Sonia, prima è meglio è.
Giordano preciso, amante della carta e dello scrivere, si offre di aiutare Sonia a prendere appunti.
Occupazione piano e suggerimenti
Carlos, Giordano, Romero: scasso degli uffici, dopo essersi nascosti all’interno degli stessi, con
l’aiuto di un vigilantes che ha un debito di riconoscenza con Carlos.
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Giulia: arringa, bisogna chiamare la stampa con il supporto di qualche prestigioso personaggio,
Giulia il suo linguaggio è la sua energia, che si concretizza nelle parole o meglio nelle parole scritte;
ecco cosa la induce a suggerire di coinvolgere i mezzi di comunicazione come detonatore
Federica: sempre timidamente, ha trovato quello, che le sembra essere un giusto compromesso, tra
la proposta generale e il suo carattere, suggerisce una manifestazione con permessi, davanti agli
uffici del lavoro.
Sonia: sono giorni che riflette, propone di coinvolgere uno degli impiegati, ha saputo che è
all’ultimo rinnovo di contratto, con certezza con il nuovo mese non sarà riconfermato, potrebbe
essere la loro talpa, utilissima per decidere la strategia…
Farina: parla anche a nome dei suoi amici: suggerisce di spaccare la finestra di uno dei bagni e poi
da quel varco entrare negli uffici, alle obbiezioni degli altri, Farina con poche parole, svela il suo
asso nella manica, la conoscenza del “Potente”, LUI ha veramente gli strumenti tutti, non ha
bisogno di grimaldelli LUI, ha una chiave universale, il potere.
Il trillo del cellulare di Romero, annuncia l’arrivo di Carlos, che diligentemente, come convenuto
non ha fatto ricorso al campanello, è alla porta, Romero sale per accoglierlo.
Suor Gerusa:ha ascoltato in silenzio, è sempre difficile capire cosa le frulla in testa, anche lei ha il
suo numero magico, quello di una personalità insospettabile e misteriosa.
E se fossero due potenti della terra, messi in contatto tra loro, da una esile suorina brasiliana, a
creare una margotta vincente per la crescita di una nuova pianta…….a loro la scelta del ramo.
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FEDERICA LA SUA PERDITA
Sono autenticamente combattuta, l’occupazione è in contrasto con il mio temperamento, o forse
solo con la nuova personalità, che mi sono cucita addosso, che mi ha imprigionata e ingessata come
una corazza.
Perché no, magari dopo questa, per me nuova esperienza, tornerò come ero prima della perdita di
Marco, si perché la mia vita è segnata da un prima e un dopo Marco.
La stessa persona con due identità quella ante M e quella post M, è forse arrivato il momento di
rappacificarle. La prima me sensibile, partecipativa, sorridente al mondo, poi quelle lamiere
accartocciate sul corpo di Marco ormai privo di vita, e da quei relitti riemerge una nuova me chiusa,
senza interessi, solitaria, diffidente, sempre giudicante.
Il contatto forzato con gli altri (in un’occupazione è inevitabile), potrebbe essere il rimedio
specifico per aiutarmi, sia a superare il fastidio che provo davanti all’intrusione altrui, sia ad aprire
l’uscio dell’igloo, dove ho congelato sentimenti e passioni e dove mi sono chiusa a doppia mandata.
Conseguenze: disgelo e vittoria sull’indifferenza, ma in fondo mi interessa vincerla?
Il dopo Marco, è stato il niente, giornate cadenzate solo da sonno, veglia, cibo.
Poi Lorenzo, la prima emozione forte, dopo anni di deserto sentimentale, forse c’è ancora speranza
non si è seccato tutto.
Queste persone sconosciute senza alcun legame né amicale né affettivo……mi sento un po’
invasa…. ma “indeed”è proprio di una invasione che ho bisogno.
Ecco appunto i miei bisogni, li ho sotterrati, chi sono io ora? Voglio rimanere così?
Nulla accade per caso, prima l’incontro con Lorenzo, poi la proposta di occupazione. Forse questi
segnali sono propedeutici al prendere coscienza della mia,(finora negata),necessità di riapertura al
mondo.
Riuscire a vivere in armonia con gli altri e con me stessa, in un percorso di conoscenza e
cambiamento, per riscoprire il vero significato della parola esistere, in fondo è questo che voglio.
Poi ricordo una massima di grande saggezza popolare: l’unica maniera per superare una prova è
affrontarla.
Oltre a Lorenzo e all’occupazione altre sollecitazioni c’erano state, io non ne ho colta nessuna, gli
eventi erano già in moto ma i tempi non maturi… ora non posso non raccoglierle.
Devo imparare ad assaporare il messaggio, gustare quello che va bene per me e sputare il resto, in
fondo è proprio così che gira il mondo…..e io nel mondo devo tornarci.
Bene allora mi lascio travolgere da questa nuova corrente…….chissà dove mi porterà.
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MARIA CARLA, GIACOMO, MARCO GUERRA “LA LORO PERDITA”
Eravamo bambini vivaci, allegri, come tanti, avevamo una nonna, una mamma, un padre e tutti
collaboravano al nostro benessere. Correvamo nei campi, raccoglievamo i frutti direttamente dagli
alberi, eravamo pestiferi, mamma non riusciva a contenerci, per fortuna c’era nonna. Nonna ci
viziava con il cibo, ci lavava, ci vestiva e ci dava tanti baci, la sera tornava dal nonno che urlava
sempre, ma arrivava papà che giocava con noi e ci faceva un sacco di scherzi, mamma spesso
cadeva a terra come un birillo.
Avevamo tanti amichetti, in borgata ci volevano tutti bene, tutto questo un giorno si è rotto, nonna
è morta (1°perdita). Mamma cadeva sempre più spesso e sembrava imbambolata, papà le urlava
contro, noi piangevamo tanto, fino a quando lei ci abbracciava e diceva “ siete la mia vita”. Di lì a
breve è entrata in casa una signora per aiutare la mamma, ma era cattiva non ci voleva bene, anche
papà era diventato violento con mamma, la picchiava, alla fine ci picchiavamo tutti, ma mamma ci
voleva bene lo sentivamo.
Un giorno papà è andato via con la baby- sitter, per crearsi una nuova famiglia. (2°perdita).Prima
nonna poi papà, ci siamo trasferiti da nonno, mamma non ce la faceva e poi continuava a cadere,
nonno urlava e picchiava sia noi che mamma. Sentivamo quanto mamma soffrisse e ci volesse bene,
i suoi occhi si riempivano di lacrime quando nonno ci legava al letto o ci picchiava con la cinta.
Una mattina degli uomini in divisa, sono venuti a prenderci a scuola e ci hanno portato via, mamma
non l’abbiamo più vista, ma abbiamo saputo che cadeva sempre per una grave malattia degenerativa
che l’ha ridotta sulla sedia a rotelle (3°perdita).
Quando eravamo piccoli con i nostri genitori ci sentivamo felici, si a volte avevamo freddo, e paura
che litigassero, anche nonno a volte riusciva a volerci bene, non volevamo andare in istituto perché
dentro di noi sapevamo che non li avremmo più rivisti. Io avevo 8 anni circa, ci hanno portati in una
casa famiglia gestita da suore, spiegandoci che quell’istituto sarebbe stato la soluzione migliore per
permettere a nostro padre di sistemare alcune cose e tornare al più presto a riprenderci.
Entrare in quel posto è stato tristissimo, non ci piaceva per niente l’idea di essere abbandonati lì, ci
angosciava, ma eravamo anche incuriositi dalla vita di gruppo e dagli altri ospiti che sembravano
simpatici.
Le suore ci hanno accolto con calore e affetto, ma non nascondo che anche se con loro ci trovavamo
bene, con i compagni ci divertivamo, pregavamo ogni giorno di veder tornare i nostri genitori. La
mamma ogni tanto telefonava e ci rendeva tristi sentirla così, piangeva sempre e nonno urlava,
stavamo malissimo tutti e tre.
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I nostri compagni tornavano a casa per i fine settimana e le vacanze e noi lì in casa famiglia, le
suore ci portavano con loro, varie famiglie ci ospitavano e ci trattavano come figli, aiutandoci così a
ritrovare fiducia negli adulti.
Con molta difficoltà abbiamo cercato di vivere la normalità dei nostri anni, io Maria Carla ho fatto
danza e amo ballare, i miei fratelli giocano a pallone e sono tifosi sfegatati, gli amici non ci
mancano.
Poi c’è stata la conoscenza con Sonia, ci siamo sentiti accettati tutti e tre, anche se secondo me il
suo debole è mio fratello Marco. Ci ha insegnato a prenderci cura di noi stessi, anche dal lato
estetico, ha passato pomeriggi interi a spiegarci tante cose, accompagnandoci lungo il percorso di
accettazione di quanto era accaduto. In effetti, proprio nel momento in cui nostro padre scompariva
quasi del tutto è arrivata lei. Ci sgrida, ma non ci giudica e non giudica mai neanche la nostra
disastrata famiglia. Sappiamo di poterci contare, la sua vicinanza ci ha fortificato nelle nostre
difficoltà …che sono tante e di tutti i generi. Abbiamo esorcizzato ed elaborato la perdita e ora
siamo un po’ più pronti per il futuro.
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SONIA LA SUA PERDITA
IL PRIMA
Allegria, comunicativa, fiducia, mi accompagnavano e contribuivano a farmi muovere con
naturalezza in tutti i contesti.
Il lavoro anche se non rappresentava la prima scelta, mi concedeva non poche soddisfazioni,
ero mediamente appagata, pur nel difficile e gravoso impegno di orari lavorativi lunghissimi
e relazioni interpersonali non facili, in ambienti altamente competitivi (non amo la
competizione).
La vita sentimentale, nelle difficoltà tipiche dei rapporti del nostro millennio, andava ed è
andata avanti, caratterizzata dal desiderio, e di aiutare l’altro, ma anche di divertimento e
risate insieme.
Le risate e il divertimento rimpicciolivano, solo macigni da accollarsi, poi l’incontro con i
Guerra le suore che li accolgono e una congrega di deprivati, fanno riemergere la mia
attitudine originale, mai esercitata praticamente, nonostante gli studi sociologici.
Le solitudini affettive comuni, uniscono e coinvolgono, fanno uscire la parte più sana di te.
La riscoperta di valori forti, mi riavvicina all’educazione di base, e mi consente di
cominciare a far pace con me stessa.
LA PERDITA
L'impossibilità di condivisione con il mio compagno, un uomo bambino, egoista e
presuntuoso, preso dal “successo professionale” e dalla richiesta continua di soluzione alle
sue problematiche, e la falcidia delle ristrutturazioni aziendali, che colpisce anche la mia
azienda, si legano in un percorso di perdita. Da un giorno all’altro cambia tutto, perdita di
ruolo, esperienza di mobbing, solitudine profonda nell’affrontare la nuova situazione,
perdita di quell’affetto che era stato fondamentale per anni, quest’ultima dolorosissima
anche se scelta.
L’attività di volontariato sociale, iniziata in tempi non sospetti, diventa protagonista.
Ricostruirsi, reinventarsi dopo la perdita, dello status lavorativo prima, di quello di
compagna poi e in alcuni casi anche di quello di amica, le amicizie si schierano sempre con
la parte economicamente più forte, applicando una concezione puramente utilitaristica. Mi
torna alla mente a tal proposito una massima di Esiodo” chi smette di esserti amico non lo è
mai stato”.
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LA RINASCITA
L’esperienza di affezione pura e disinteressata, parallela alla progressiva e dolorosa perdita
di cose e persone, che per anni sono state il tuo investimento affettivo, il dolore lancinante
allo stomaco e la paura, il brancolare più o meno lungo in un buio fitto, poi
inaspettatamente, il potere salvifico di un lavoro da sempre sognato, la conoscenza di un
uomo empatico e accogliente.
L’opportunità di salvare altri naufraghi ha salvato me stessa, aiutandomi a ripartire per una
nuova avventura di vita.
Si, è possibile un nuovo percorso, caratterizzato dal sano riemergere, dei desideri, dei
piaceri, delle attitudini, da vicinanze affettive sincere; come quella di un uomo che ti
elargisce, con il sorriso, gli strumenti per spegnere i tuoi fuochi interiori: non sentirti
diversa, tu sei diversa, sei unica nel bene e nel male, coccola il tuo bene, sopporta il tuo
male, ringrazia sempre di essere come sei, persino quando esserlo significa soffrire con
un’intensità superiore a quella di qualcun altro.
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I POTERI NASCOSTI
Gilberto Farina
I valori della sinistra sociale e rivoluzionaria sono stati il suo patrimonio emozionale. Ha dovuto
fare i conti con se stesso Gilberto, ma vanta un credito verso il mondo. Il prezzo che ha pagato è
stato sostanzioso: tradimento, dei Compagni di partito, nei quali riponeva incondizionata fiducia
della donna che amava, sua moglie. Un dirompente scratch nella sua interiorità delusa. La solitudine
come scelta e condanna, la ricerca di un “nuovo”, lo hanno accompagnato nel duro percorso di
metabolizzazione del dolore. Poi l’adattamento alla ”realtà possibile”. Gilberto nonostante tutto ha
mantenuto intatto un sogno, un lavoro stabile in un centro di aggregazione permanente. Jeffrey e
Valerie, sono entrati a un tratto nella sua vita, non contemporaneamente, lo hanno aiutato e
motivato a ristrutturarsi, nutre per loro profondo affetto e riconoscenza. Il suo cuore non ha più
battuto con intensità, le sue pulsioni si sono acquietate, a vantaggio di una maggiore apparente
tranquillità. Una mattina, la visita ad un ufficio di collocamento della capitale, l’incontro con altri
provati e sconfitti da perdite di vario genere, fa riemergere la sua anima pasionaria. La parola
occupazione riaccende i vecchi entusiasmi, mai sopiti Pensa, riflette, Gilberto, nel farlo si sente
vivo, con questo suo entusiasmo ritrovato, è disposto, per la riuscita del progetto di occupazione, a
mettere in gioco la sua pietra più preziosa, la conoscenza del potente.
Giordano Bresci
Dalle macerie spirituali riemerge il vecchio combattente, al servizio di ideali sinceri e disinteressati.
Romero e Carlos hanno ancora bisogno di lui, dei suoi consigli e della sua fermezza. Giordano ha
un sogno nel cassetto, un ambizioso progetto, ”I bambini del futuro”, ogni tanto riapre quel cassetto,
e il solo riaprirlo gli provoca una serie variegata di emozioni. L’incontro con altri “cercatori di
stelle”, solo temporaneamente sconfitti, ma non vinti, riaccende il desiderio di combattere per cause
comuni, vagheggiando possibili vittorie d’intenti. L’occupazione, quante occupazioni nella sua vita,
ma questa sarebbe la prima con la donna che vorrebbe conquistare, che ha bisogno della sua cruda
determinazione.
Federica Trevisan
Dopo una serie infinta di giornate sempre uguali, una vita genuflessa al passato, vissuta solo nel
ricordo. L’incontro con Lorenzo, la timida riapertura al mondo. Federica ha tante resistenze ancora,
si specchia e non sa più chi è, il suo volto è cambiato, strati di pelle morta si sono sedimentati,
occorre una strigliatura energica, questa operazione di scrub la spaventa. Come accade nella
sindrome di Stoccolma dove la vittima non riesce a staccarsi dal carnefice, lei ha difficoltà a
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staccarsi dal suo, il passato. E’ lento per lei il processo, ma gli accadimenti, suo malgrado, le stanno
indicando il percorso. Splash down, primo strato di pelle si frantuma, prudenza e perbenismo,
nell’economia della vita sua e di Marco, non sono servite a nulla. Secondo strato diffidenza ed
eccessiva cautela, l’hanno soltanto privata del piacere dell’empatia, del mettersi in gioco per e con
gli altri. La segnaletica va tutta nella stessa direzione, prima Lorenzo, poi l’incontro con questi
“barricaderos” del collocamento. Ma ora i tempi sono maturi, lo strato di pelle rimasta, è vivo
luminoso e irrorato, in nome di questa vitalità ritrovata, può concedersi il piacere di agire.
Giulia Giacomelli
E’ stata brava Giulia ha colto al volo l’opportunità di ripresa, Giordano l’ha aiutata nel suo
ricostruirsi. Ha scoperto che, si può condividere, ci si può rispettare e stimare, e chi ci vuole bene
può anche valorizzarci. Gode finalmente, di un piacere a lei sconosciuto, fare come scelta, non per
senso del dovere, e non perché gli altri lo aspettano da te, come scontato e dovuto, senza poi
riconoscerlo. A lei questa congrega di “temporaneamente sconfitti” piace molto, e da subito, si
sente in sintonia con loro. Questa vicinanza solidale, e la convinta determinazione di Giordano, le
fanno vincere la paura iniziale per l’occupazione, e le disvelano potenzialità nascoste anche a se
stessa, e quindi mai espresse.
Il potente di Suor Gerusa
Travagli interiori hanno logorato la sua adolescenza, spesa in un mondo agiato ma complesso, poi la
scelta del percorso, quello di missionario. Gli angoli del mondo più remoti sono stati la sua dimora,
a contatto con i negletti, i malati, i dimenticati, cioè gli ultimi. Più volte è stato decorato sul campo,
ma il solo riconoscimento importante per lui: salvare un bambino, aiutare una madre a partorire,
insegnare ad un padre a lavorare la terra, guadagnare un adolescente ai narcos, o alla prostituzione.
Si è fatto molti nemici in questa sua costante ed efficace attività. La conoscenza di persone di tutti i
tipi, ha potenziato il suo già sensibilissimo olfatto, annusa le persone prima di sceglierle, a poche
accorda la sua fiducia, tra queste Suor Gerusa, incontrata anni prima in una missione, quando
ancora non aveva preso i voti, prima che la violentassero. Di lei aveva apprezzato l’armonia, la
riservatezza, la modestia, l’affidabilità, e una sagacia fuori dal comune. Sul suo calendario una data
per lui funesta cerchiata in rosso, la Curia Romana l’ha convocato, per rifarsi il maquillage, e
riacquistare credibilità. Lui avrebbe voluto ribellarsi all’apparato che aborriva e aborrisce, ma non
gli è stata concessa possibilità di replica. Mi sento prigioniero in queste nuove vesti, ripeteva a se
stesso, poi l’idea della doppia identità. La realizzazione di questa trama, gli ha permesso di resistere
e di continuare la sua opera caritatevole verso i deprivati, per mano di Suor Gerusa, il cui arrivo a
Roma è stato da lui fortemente voluto. La signora delle “favelas” la chiamano in Brasile, ha fatto
scouting di ninos nelle più pericolose, accogliendoli in case famiglia da lei approntate, strappando
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così all’ignoranza e alla violenza, parecchi di loro. Qui a Roma ha messo a disposizione la sua
specifica esperienza, nella creazione e gestione di case famiglia.
Il Potente di Gilberto Farina
Una laboriosa provincia italiana, gli ha dato i natali, ha respirato l’aria del consociativismo
giovanile politico e non, e ha imparato il linguaggio della solidarietà, quello che si parlava nella sua
famiglia. Il Patriarca, suo padre, non mancava di ricordare a lui e ai suoi fratelli “non occorre essere
ricchi per essere filantropi”. Il suo sogno adolescenziale: con il primo stipendio farò un viaggio in
Africa. L’orgoglio della prima busta paga, poi la ponderata decisione: non si possono postare, in un
viaggio di piacere, tanti soldi, meglio destinarli ad una buona causa. Sostenuto dalla sua indiscussa
capacità e imprenditoriale e manageriale, ha ottenuto, successo, ricchezza, prestigio. Da anni ogni
mattina, indossa abiti da squalo, per affrontare nella pugna giornaliera, crudeli e spregiudicati
avversari. Questo Zorro dei giorni nostri, quanto piacere, ha provato e prova, nel succhiare a
discutibili personaggi, losche ricchezze, per poi destinarle ad una “carità non pelosa”.
La disponibilità ad intervenire per giuste cause, lo trova sempre in prima linea, ma non vuole
assolutamente comparire. Gilberto l’ha conosciuto, quando commerciava in preziosi, per una serie
di fortuite circostanze, ha scoperto la sua veste nascosta, che ha tutelato nel tempo. Si sono piaciuti,
hanno collaborato, sanno di poter contare sul reciproco incondizionato appoggio.
Gilberto sta al suo potente, come Suor Gerusa al suo.
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GLI ANTIPATICI
L’incontro presso la Casa Famiglia, non è bastato a sciogliere alcuni nodi sulle modalità di
occupazione, non è semplice mettere d’accordo varie anime, ancor di più se sono attizzate dal fuoco
di entusiasmi, che pensavano perduti. L’emozione prevale sulla razionalità, casualmente si scoprono
insospettabili affinità, con grandi sorprese rispetto alle apparenze. Le forti passioni sono in grado di
compromettere equilibri sentimentali e amicali, diligentemente costruiti.
Romero suggerisce un nuovo incontro per l’indomani, al Circolo San Pietro. Tra i vari personaggi,
serpeggia un certo nervosismo, Suor Gerusa, consapevole delle dinamiche che si stanno mettendo in
moto, caldeggia la proposta di Romero, la notte sarà utile per chiarificazioni personali e di coppia.
Gilberto è contento di quanto gli sta accadendo, ma avverte una malcelata disapprovazione da parte
di Valerie, ad ogni apprezzamento positivo sulle persone e sul contesto, lei reagisce con commenti
negativi, non salverebbe nessuno. E’ quadrata, razionale, individualista, e riflettendoci su anche
poco propositiva, questi aspetti sottovalutati dal naufrago Gilberto, ora cominciano ad infastidirlo.
Valerie sente la disapprovazione, dopo essersi arroccata su posizioni contrastanti, capisce, da furba
quale è, che quell’atteggiamento non paga, lascia passare del tempo, poi una volta a letto, tenta un
approccio sessuale, ma con garbo viene rifiutata. Monta la rabbia in Valerie, ma anche la paura e la
frustrazione, cosa può fare, deve urlare o fingere che non sia successo nulla, certo negli anni che è
stata con Gilberto, quello sguardo non lo aveva mai visto, lo sguardo della passione, ma
l’importante è poter rimanere al suo fianco. Dopo una notte insonne, ha optato per mostrarsi
indifferente, al mattino si è alzata ha preparato la colazione, ora è pronta ad accoglierlo al risveglio
con un affabile sorriso. Gilberto una volta in piedi, ridimensiona quanto accaduto la sera prima, e si
compiace della puntuale e affettuosa attenzione della sua compagna. Valerie a che ora è
l’appuntamento a Via Mastro Giorgio, ricordi? Valerie garbatamente risponde, ma fa uno sforzo per
celare la rabbia che ricomincia a montarle dentro, al pensiero dell’appuntamento, in questo ha una
maestria di anni. Quella mattina impiega più tempo del solito nella preparazione, sta cercando di
affilare le poche armi che sente di possedere, è Francese ha buon gusto ed eleganza, si specchia e si
piace, alla faccia di quelle pasionarie del collocamento, non ha nessuna simpatia per loro, e avverte
che è reciproco. Ha vissuto passivamente l’idea dell’occupazione, maledetta la visita al
collocamento! Questa volta la tattica di assecondare Gilberto, le si è ritorta contro. Gli ha dedicato
anni, consapevole di un amore unilaterale, ma sicura di affetto e riconoscenza. Si era accontentata di
quello che Gilberto poteva darle, e le sembrava fino ad allora, di aver fatto la scelta giusta,
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avvalorata dai tanti anni insieme. Le sue menzogne e i suoi tradimenti non erano stato scoperti,
Gilberto pur essendo uomo di mondo peccava di ingenuità.
Anche Giulia e Giordano non hanno trascorso una notte serena, c’è stato qualche dissapore, proprio
in merito a considerazioni fatte da Giulia su Valerie, quella è una gatta morta, hai visto non ha mai
espresso il suo parere, e poi è Francese, lo sai anche tu Giordano sono nazionalisti, dai Giulia sei
limitata se ragioni così.
Sonia ha percepito, diffidenza e poca partecipazione da parte di Valerie, ne parla con Suor Gerusa,
Suora possiamo fidarci? Ho sentito tutti sinceri ma da parte della signora Valerie ho avvertito
disapprovazione. Suor Gerusa non commenta, Sonia vai al circolo San Pietro senza preconcetti, gli
interrogativi verranno soddisfatti in fieri.
Federica ha dormito serenamente, finalmente è convinta, e si sente anche protetta, non le accadeva
da anni, mentre si veste analizza i vari componenti del gruppo, sente di potersi fidare, c’è solo una
persona nei confronti della quale nutre perplessità.
Arieccheli questi, c’hanno preso gusto, ripete la Signora del primo piano mentre stende, io non
capisco e poi so tutti acchittati….che ce vengheno a fa qui, magari leveno il posto a chi c’ha
veramente bisogno…dovrebbero da fa un controllo prima de accettalli.
I commensali prendono posto, ognuno esprime la sua, ma l’indirizzo non è concorde, Sonia propone
di ascoltare i suggerimenti di Romero, ma nasce una contestazione nel merito, da pacifista quale è,
cerca di smorzare i toni, e si rivolge a Valerie, signora lei cosa ne pensa, ci dica finalmente anche la
sua, è importante ed utile il parere di tutti. Valerie vede, in questa mossa di Sonia, un provocatorio
trabocchetto, e le risponde in modo villano e offensivo. Gilberto visibilmente seccato, si alza e
chiama Valerie fuori nella chiostrina, l’aria si è fatta pesante a discapito della serenità necessaria.
Giordano per stemperare l’imbarazzo che si è creato, suggerisce di consultare il menù ed ordinare,
intanto dal cortile antistante provengono le voci concitate di Gilberto e Valerie, poi lacrime e passi
rapidi di scarpe femminili. Valerie fugge, e il suo cuore è pieno di odio per quei miserabili italiani,
che ancora credono alle cicogne e pensano di poter cambiare il mondo, non riflette, uno di loro è il
suo compagno. Lo ha sempre saputo Valerie, del non amore di Gilberto, ma ha sperato che,
l’equilibrio affettivo raggiunto, potesse dove non poteva l’amore; ma non comprende che non è la
mancanza di amore che ha messo in crisi il rapporto, ma la diversità di ideali…, e soprattutto la
scoperta da parte di lui della sua falsa accondiscendenza, certo prima o poi doveva accadere, dopo
anni di finzioni e bugie!
Giordano esce per cercare di capire, vede Valerie in fuga e Gilberto che la segue, la signora del
primo piano lo informa, aho l’amici tua so proprio incazzati, se le staveno a di de santa ragione….
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La corsa di Valerie è scandita dalle lacrime e dalla consapevolezza di aver perso, ma è questo a
renderla sconfitta, ci sarebbe ancora un margine, ma ormai ha indossato l’abito da perdente,
l’insicurezza sofferta silenziosamente per anni, l’ha incattivita se possibile, e l’unica cosa che riesce
a fare è sputare veleno. Gilberto la rincorre, nella sua corsa c’è e l’energia di chi è risorto, e il
desiderio di chi vuole ricomporre il passato. Corre Valeri è quasi arrivata a Via Marmorata, corre
non sa dove, Gilberto la segue, raggiungono ponte Sublicio, Valerie perde un tacco della scarpa, è
costretta a fermarsi, Gilberto cerca di calmarla e di parlare civilmente, ma lei è in preda ai fuochi
dell’odio, siete dei falliti, tu faresti ancora il barbone se non mi avessi incontrata, ti ho dedicato anni
di amore silenziosamente, spesso non ho approvato le tue scelte, ma non ti ho mai ostacolato, siete
dei falliti fumati, senza possibilità di successo destinati a passare da una sconfitta all’altra. Ti sei
giocato l’unica carta buona messa a tua disposizione dalla sorte, io, prima di me un passato da
dimenticare. Gilberto è amareggiato deluso ma non ancora sufficientemente arrabbiato, continua a
cercare un dialogo, fino quando Valerie non esce in tutta la sua meschineria, poi se voglio posso
rovinarvi tutti, voi non avete molto da perdere, ma Romero, Carlos, Suor Gerusa, e i vostri Potenti,
posso far crollare tutto. Gilberto è annichilito….. questa è la persona con cui ha vissuto e alla quale
ha accordato fiducia, le ha anche voluto un gran bene, pensava di invecchiare con lei, ma a quel
punto le uniche parole che gli vengono in bocca sono “fack you”.
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AFFINITA’ E CRITICHE
La reazione scomposta e sgradevole di Valerie, offre occasione di riflessione per il gruppo. In una
mandria di persone, nascono simpatie, antipatie, affinità, il gruppo le amplifica e le evidenzia.
Sonia era stata profondamente attratta da Giulia, le piacevano la sua grinta e il suo look divertente,
ad un certo punto però la sua prepotente determinazione, l’aveva spiazzata e disorientata.
Federica non la coinvolgeva ma la rassicurava.
Giordano sembrava un vecchio centurione, gigione e simpatico, nella genuina romanità.
Gilberto, misterioso imperturbabile, schermato dal garbato distacco.
Carlos e Romero li conosceva bene, aveva già analizzato e approfondito i loro comportamenti in
contesti collettivi.
Lorenzo la sua piacevole trasformazione, da sasso inanimato a capo branco di una negletta
compagnia di defraudati, aveva acceso in lei ammirazione e rispetto.
Con il susseguirsi degli incontri, tutto diventa più nitido, piglia forma una connotazione logica,
esplicativa dei vari comportamenti, e degli apparenti eccessi. I perdenti elaborano strategie
compensative, le illusioni ottiche consequenziali, ci confondono.
Sonia non è giudicante, in alcuni casi bisognerebbe esserlo, non tutti meritano benevolenza. Non
aveva provato particolare antipatia neanche per Valerie, cerca di vedere oltre Sonia, e di concedere
ipotetici alibi anche a comportamenti non consoni.
Federica, l’aveva intenerita, davanti alla fragilità non resiste, poi quell’affettuosa attenzione per
Lorenzo, e quella timida apprensione, altruismo e desiderio di aiutare, gli ingredienti c’erano tutti
ma conditi da un grigiore rassegnato, e a lei il grigio non piace, la annoia.
Giordano la divertiva molto, l’affinità capitolina, lo slang testaccino, la riconducevano, ad un
ameno passato di affetti romani. In Giordano riviveva la simpatica generosa paterna romanità. Se
avesse dovuto scegliere un referente nel gruppo, inizialmente si sarebbe affidata a lui.
Valerie l’aveva vista come una modesta donna di mezza età, innamorata e a rimorchio di un uomo.
Gli eventi sparigliano tutto, mettono in gioco dinamiche che sovvertono le impressioni iniziali, ci
sono poi passaggi intermedi determinanti per comprendere.
Si interroga Sonia, inizialmente sono stata attratta da Giulia, poi ne sono stata spaventata, poi ho
trovato con lei una sintonia profonda, potevamo essere complementari, la sua aggressiva veemenza,
il mio timido approcciare. Legavo la sua irruenza ad una forza, era invece figlia della debolezza
conseguente a solitudine e perdita. I nostri percorsi diversi, ma in fondo simili, segnati da disistima
e solitudine.
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Poi la delusione, aveva visto degli aspetti di Giordano, che non le piacevano affatto: poco flessibile,
giudicante, non sufficientemente propenso ad ascoltare.
Gilberto un adulto preda di una donna, vendicativa e meschina, il suo fascino in fondo era sul nulla,
aver scelto come compagna Valerie, non deponeva a suo favore; poi il gesto generoso di mettersi al
servizio di una lodevole causa, con passione e generosità, rischiando sul piatto, l’unico suo
patrimonio, la conoscenza con il potente, lo aveva riposizionato ai suoi occhi.
Federica, aveva compreso la sua perplessità iniziale all’occupazione, poi aveva apprezzato in lei il
grosso sforzo di aderirvi, l’occupazione era inversamente proporzionale a Federica, ma non si era
tirata indietro a priori aveva ragionato, e facendo anche violenza su se stessa aveva aderito.
Garbatamente con dignità aveva pagato il prezzo dell'adesione. Federica parla chiede, con
gentilezza e decisione, valuta, e soprattutto ascolta molto, e non è da tutti saper ascoltare.
Per Giordano Carlos Romero, era stato molto più semplice decidere, l’occupazione era come
docciarsi la mattina, è forse un po’ ingiusta con loro, ma è necessario per potersi staccare da
Romero.
Lorenzo, seduto sulla sua carrozzina, orienta positivamente i tre Guerra, e insieme decidono di
armarsi delle loro debolezze e combattere per un futuro degno di essere vissuto. E’ ammirevole il
loro scatto di orgoglio nel volersi riproporre nonostante. Riflette Sonia sulla veridicità di una frase
rubata ad uno delle sue tante letture: “ci sono persone che lasciano un segno nella vita, non sono
quelle che danno il meglio di se, ma quelle che riescono a tirare fuori il meglio di te”, vorrebbe dirlo
a Lorenzo e complimentarsi con lui.
Suor Gerusa, nutre nei suoi confronti, affinità, ammirazione, stima incondizionata, il suo aiuto
all’occupazione, solo una ulteriore conferma.
E’ altalenante Sonia nel considerare i suoi compagni, poi a lei non piace un giudizio definitivo né in
positivo né in negativo, la non intransigenza le fa vedere del positivo in tutti, dunque ben venga
l’occupazione, e la conoscenza di queste nuove persone, sentendole vicine con pregi e difetti.
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L’OCCUPAZIONE
I cuori e gli animi di tutti si sono persuasi, e occupazione sia. Carlos con la sua corporatura minuta e
il suo aspetto insignificante, è passato inosservato, si è nascosto in uno dei bagni dell’ufficio di
collocamento; il vigilantes addetto alla ronda di controllo gli era debitore di un grosso favore, ora è
all’interno pronto a forzare la porta di accesso per consentire a tutti gli altri di entrare.
Sonia ha spiegato e dato istruzioni ai ragazzi, fino ad allora tenuti all’oscuro di tutto, Marco, e
Maria Carla si sono dimostrati entusiasti di organizzare i manifesti per l’occupazione. Romero e
Giordano hanno reperito e messo a disposizione, attrezzature da campeggio, lampade, fornelletti,
sacchi a pelo. Suor Gerusa, ha preparato e consegnato a Sonia generi di conforto, e leccornie di
vario tipo, con poche ed efficaci raccomandazioni. Federica molto abitudinaria, e un pochino retrò,
ha portato la camicia da notte, e un beauty case fornitissimo, l’esperienza nuova dell’occupazione è
per lei assimilabile ad viaggio. Giacomo e Lorenzo hanno organizzato “un bagaglio tutto musicale”.
Giulia ha con se vari libri, non sa ancora se leggerli da sola o condividerli con gli altri, i libri le
hanno dato forza e conforto, sono la sua “coperta di Linus”. Gilberto è nervoso, si sente come
amputato, ha passato serate intere a vagheggiare l’occupazione con Valerie, ora è solo, ma per
consolarsi ripete a se stesso un vecchio proverbio “si nasce soli si muore soli ma in mezzo c’è un
gran movimento”. Sonia suggerisce una divisione razionale degli spazi, in modo che ognuno possa
sentirsi a suo agio, dapprima pensa che il suo posto sia vicino ai ragazzi anche per controllarli un
po’, Maria Carla è in una età frullina e... Lorenzo la guarda con certi occhi!, anche Federica è
allarmata per gli stessi pensieri. I ragazzi stanno completando le dicitura degli striscioni:
“ DECRETI ATTUATIVI PER FONDO GIOVANILE” STATO LATITANTE DOVE SEI
“SOVVENZIONE COMUNALI PER LE FAMIGLIE INDIGENTI” COMUNE SVANITO DOVE SEI
“INVESTIMENTI PER HANDICAP” REGIONE MATRIGNA DOVE SEI
Ogni lettera dei fascioni è di un colore differente, gli sfondi sono arricchiti di immagini ben
disegnate ed eloquenti, l’effetto finale è efficace e divertente. Nel largo salone dell’ufficio,
serpeggia un certo imbarazzo, anche Giordano abituato a questo tipo di esperienze, si sente
intimidito, non è più un ragazzo, è ormai assuefatto a rituali abitudini e piccole manie, che esprime
all’interno delle mura domestiche, lontano da sguardi indiscreti. Romero e Carlos, sono quelli più in
pace con la realtà circostante, per loro la vita è sinonimo di collettività e condivisione, sono
concentrati solo sugli aspetti pratici, non nutrono timori o inibizioni. Ciascuno immerso nei suoi
pensieri, cerca una sua dimensione, in una realtà nuova che non gli appartiene, o per età, o per gusti
o per credo politico, ma il tutto è propedeutico alla stabilizzazione del gruppo. Sonia nonostante la
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sua esigenza di attenzione ai ragazzi, sente nascere il desiderio di “chiacchiere” con le sue
compagne di viaggio. Purtroppo ha di nuovo consapevolezza che l’ultimo dei suoi pensieri è
Romero, sono giorni che cerca di allontanare questa idea dalla sua testa. Sonia vuole la sua
occupazione, per lei e per i ragazzi, per tutta la vita ha cercato di compiacere gli altri, non
centrandosi su stessa, ora è determinata a farlo.
Il gruppo maschile, segue le ultime notizie ANSA sul tablet di Romero, Gilberto prova a
strimpellare qualche nota sulla sua chitarra. I ragazzi sono insieme ma ognuno è isolato sul suo
strumento tecnologico, in una realtà di solitudine di gruppo. Sonia si concede di allontanarsi, può
stare tranquilla è tutto sotto controllo, questa maledetta mania, del controllo e della responsabilità,
per una volta prende le distanze, nei limiti del consentito. Gilberto intona una melanconica canzone
di Chris Rea, Josephine…. e anche lei inizia a canticchiarla, chi se ne frega è stonata, dice tra se e
se, chi non la vuole ascoltare si tapperà le orecchie. Giulia si avvicina, con compiacimento e chiede
notizie sul pezzo musicale, che non conosce, ma le piace molto, iniziano a parlare, scoprendo tra le
altre affinità anche l’amore per una scrittrice belga tale Amèlie Nothomb; sentendo parlare di libri e
lettura anche Federica si avvicina, ascolta con attenzione e interviene in modo pertinente e garbato,
anche se un po’didattico. Stendono a terra delle stuoie, e dei cuscini per poter cazzeggiare in
comodità, sono in sintonia nonostante le loro evidenti diversità. Libri, musica, films, il
rompighiaccio, a poco a poco gli argomenti si fanno più personali. Sonia sente il calore della
solidarietà femminile, sono donne mature, hanno abbandonato le velleità competitive, i loro
trascorsi dolorosi le hanno rese simili. Sonia ha voglia di parlare, di aprirsi, pensa che quella è
l’occasione per farlo, si aiuta però con un bicchiere di punch al mandarino di Suor Gerusa. Federica
e Giulia si uniscono alla degustazione del punch, la penombra della sala cancella dai loro volti i
segni del tempo, sembrano delle adolescenti, i loro occhi brillano di un rimbalzante luccichio; di
quel luccichio nessuno potrà più privarle, è il patrimonio che rimane a chi ha vissuto, amato,
sofferto. La voce di Sonia come la movenza di un direttore di orchestra, da il via alla melodia delle
loro anime.
Ad un certo punto qualcuno bussa alla vetrata, una sagoma femminile sta battendo dei colpi,
preoccupate osservano, è Valerie, Gilberto si affretta ad aprirle, come se non aspettasse altro, è
irriconoscibile, ha tagliato i capelli, indossa un un’impermeabile molto glam, tacchi alti e calze
velate con la riga, ha perso 20 anni e incede con un sex appeal squisitamente francese. Nessuno si
muove, l’imbarazzo, si taglia con il coltello, Giulia, Sonia e Federica si confrontano su cosa è
meglio fare, decidono di ignorare la scena in modo che Gilberto e Valerie si sentano liberi. Valerie
si appoggia ad uno degli sgabelli davanti ai personal computer, nel sedersi l’impermeabile si apre, e
lascia intravedere il bellissimo pizzo della calza autoreggente, Gilberto mentre la guarda perde
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rigidità posturale e si ammorbidisce, parlano a voce bassissima, in un dialogo non solo di voci.
Valerie è molto audace le sue intenzioni sono ben evidenti, lui appare piacevolmente lusingato,
Sonia ad un certo punto si preoccupa per qualche scena che potrebbe turbare i ragazzi. Giulia con
tono ironico si rivolge a Sonia: dovremmo imparare dalla Francese, ha arte e mestiere, ecco il
collante segreto con Gilberto, ma speriamo non si esprima in tutta la sua carica sessuale qui davanti
a tutti, Federica interviene speriamo di no, mi sentirei davvero in imbarazzo e poi che spettacolo per
i ragazzi. Valerie si alza accende una sigaretta e giocherella seduttivamente con una scarpa, Gilberto
non ha occhi che per lei, la carica sessuale pervade l’ambiente. Giordano è stato distratto, dalla
piacevole avvenenza di Valerie e la saluta con ammirazione, come se la vedesse per la prima volta,
questo innervosisce Giulia, che si avvicina con la scusa di una sigaretta, nessuno se la fila, e lei si
irrita oltremodo con Giordano. Torna verso le amiche e esordisce: gli uomini più sono maturi e più
sono rincoglioniti, scarpa di vernice, tacco 13, calza velata e non capiscono più un cazzo, speriamo
che adesso non si mettano tutti a fare la ola a quella stronza. Noi qui comode in tuta da ginnastica a
confidarci con un’ innocenza adolescenziale e ti arriva sta’ francese in calore, la stessa che ha
minacciato di denunciarci tutti, e tutto è normale, ma che andassero a fottere da qualche altra parte.
Come se la avessero ascoltata Valerie e Gilberto si allontano dirigendosi sul retro del salone, dalla
parte opposto alla loro. Sonia deve andare in bagno, è dal lato di Gilberto e Valerie, ma non può
farne a meno, prima del bagno c’è la porticina di uno stanzino, è semiaperta, Sonia sente Gilberto
ansimare, Valerie inginocchiata ai suoi piedi indossa soltanto una sottoveste di seta, le spalline sono
scese, i suoi capelli sono scomposti dalla mano di Gilberto che accompagna la sua testa. Le
mutandine di Valerie sono a terra, entrambi sono immersi in una dimensione magica che li isola dal
mondo, solo loro due lì uno per l’altra, ad un certo punto Gilberto, violentemente la adagia a terra, e
la possiede con impeto e brutalità, in quell’amplesso sta mettendo rabbia, delusione, ma anche tutta
la passione di cui è capace. Il loro o dialogo è sempre stato prevalentemente sessuale, era Gilberto a
parlare e a confidarsi, Valerie ascoltava e fotteva…..ecco perché lui non la conosceva, è stato
sufficiente un invito succulento per fargli dimenticare il rischio a cui sta esponendo tutti, Valerie
non ha dichiarato il suo pentimento, ha soltanto buttato un amo egregiamente preparato. Sonia al
ritorno dal bagno è pervasa da una strana inquietudine, non sa se attribuirla al suo perbenismo, o a
qualcosa di più profondo. Quel bicchierino di punch, ha fatto emergere, una serie di interrogativi,
oltre all’incalzante desiderio di confidarsi, vorrebbe essere abbracciata di un abbraccio ideale ma
rassicurante, quello che solo tra donne è possibile.
Sonia si avvicina a Giulia e Federica pudicamente prende le loro mani, ha bisogno di quel contatto
epidermico, e di una partecipazione non asettica per iniziare a parlare: per anni non ho risposto alle
richieste del mio corpo e dalla mia anima, mi sono esercitata nei mille esercizi che mi riuscivano
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meglio, aiutare gli altri, in quello ero e sono bravissima. Ho iniziato a farlo già quando la mia vita
era piena di cose, persone, eventi, alla fine sopraffatta dalle voci degli altri non ho più ascoltato la
mia. Conclusione: nel controcanto esistenziale, la voce principale non era mai la mia. Le abilità le
mettevo al servizio degli altri senza chiedere contropartita, a un certo punto ogni mia azione era
dovuta, mi sentivo come il cricetino sulla ruota, ma non demordevo e andavo avanti. Le mie
indubbie capacità non venivano riconosciute, erano scontate, e la posta da pagare diventava sempre
più alta. La solitudine sentimentale è stata una scelta liberatoria, nel dovere e nell’altruismo avevo
sotterrato qualsiasi altro piacere, a volte vagheggiavo delle trasgressioni, ma subito il mio io
giudicante mi rimetteva in riga. Dopo un periodo di clausura sentimentale, la conoscenza con
Romero, un uomo esperto di umane debolezze, e per questo abile manipolatore. Il misterioso
Romero si materializzava in un deserto affettivo, facendo leva sulle mie assonanze con lui, mi
avvicinava pian piano, senza forzatura; scivolavo senza rendermene conto nella sua rete, una rete di
fili d’oro, ma pur sempre una rete. Mi ha sostenuta, aiutata e spesso valorizzata, è stato un egregio
amante, rispettoso delle mie chiusure, mai invadente, la sua vicinanza mi ha confortata
nell’impegnativa attività presso Casa Felicita, ma ad un certo punto, ne sto prendendo coscienza
ora, mi sono sentita condizionata da una personalità così forte e carismatica che mi schiacciava.
Vedete, anche questa occupazione, voglio che sia la mia non la sua ed inevitabilmente se è vicino,
mi è difficile farlo. Ho preso consapevolezza, sono un uccello migratore, ho bisogno di lidi diversi
dove sperimentarmi, e poi quella passione tra Gilberto e Valerie, io non l’ho provata, e il toccarla
con mano ha riacceso tante curiosità e desideri inespressi. Parla, Sonia, con tanto pudore ma si sente
accolta, Giulia con la sua sagace e pungente dialettica la difende criticamente, Federica nei suoi
timori, e nelle sue incertezze, le è familiare, poi questo suo risveglio al mondo per opera di Lorenzo
le accomuna. Continua nel racconto Sonia, si sente ascoltata, compresa, le tre donne si metteranno a
nudo, anche la più diffidente Federica, si spoglierà dei suo pregiudizi e della sua atavica diffidenza,
si leccheranno le ferite, e nascerà una sincera amicizia, caratterizzata anche da severe critiche,
funzionali alla loro ulteriore crescita, ma mai malevole. In quella notte torneranno i loro passati, per
Sonia l’antico felice matrimonio adolescenziale, che ha contribuito a fare di lei la donna di oggi,
aperta, generosa, altruista, desiderosa di dar amore a chi è stato più sfortunato, a prescindere
dall’età, dal sesso, dal ceto sociale. Nel raccontare ricorda flash dimenticati, rivede l’immagine di
suo marito Marco, alto occhi scuri sguardo penetrante, sempre pronto al sorriso, che aveva cercato
di cancellare per sublimare la sua sofferenza. L’incoscienza e l’adrenalina da rischio erano stati i
suoi unici avversari, e glielo avevano rubato definitivamente. Circuiti automobilistici, corse in
moto, vivere pericolosamente, in una realtà di equilibrio e responsabilità giornaliera, ma in fondo
era questo che l’aveva affascinata, affidabilità ma anche un pizzico di gioiosa pazzia. Il prezzo
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pagato un incidente sul circuito di Misano, e di Marco e della sua moto non rimarranno che
frammenti.
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ORGANI DI STAMPA, MEDIA, SOCIAL NETWORK
Quattro mondi: intimistico delle donne, guerrigliero degli uomini, sessuale di Valerie e Gilberto,
informatico dei ragazzi, provano a compattarsi. L’argomento che interessa tutti è: come
programmare al meglio la loro visibilità, utilizzando gli strumenti di divulgazione disponibili.
Le diverse, proposte sono in ugual modo interessanti; i ragazzi suggeriscono Youtube,
significherebbe un attimo di gloria agli occhi loro compagni e poi Lorenzo potrebbe creare un sito,
è un mago del computer.
Giordano, Carlos, Romero hanno agganci al Manifesto, e all’Unità. Gilberto propone di coinvolgere
un giornalista inviato speciale della stampa. Valerie con aria sorniona cercando di recuperare
credito, si fa vedere interessata e collaborativa, ha un’amica, Hannelore Ronald, che lavora al
“DerSpiegel, la stampa estera è meno collusa con la politica, le notizie non vengono troppo
manipolate, quindi potrebbe garantire una veridicità divulgativa maggiore.
Sonia esprime la necessità, a suo avviso, di coinvolgere, quotidiani a larga tiratura come
Repubblica, il Corriere della sera, il Messaggero, La stampa, ma anche i giornali gratuiti, tipo Metro
e Leggo, che arrivano a tutti, e possono contare su cronisti di strada, abili a sensibilizzare la massa,
con il loro linguaggio senza troppi orpelli. Marco è gasatissimo, vuole fare il video su Youtube, il
suo aspetto istrionico e narcisista, non perde occasione per emergere; le sue movenze, l’eloquio
seduttivo, l’innata faccia tosta potrebbero tornare utili. Il messaggio affidato a dei ragazzi non
offende la morale comune, “so’ ragazzi”, ed è meno frontale.
Federica la pensa, più o meno, come Sonia, e ricorda agli altri la promessa fatta a Suor Gerusa, non
estremismi, né radicalismi politici, e nel ricordarlo sembra acquietare i suoi timori, che nonostante
la decisione dell’occupazione permangono.
Giulia è ancora incazzata con Giordano, e mal cela la sua antipatia per Valerie, anche gli altri la
provano, lei non riesce a nasconderla, nella sua genuinità mediterranea; Valerie sembra non farci
caso, non le frega niente dell’opinione altrui, il suo unico scopo era riagganciare Gilberto.
Non è semplice arrivare ad una sintesi, lo zoccolo duro sono gli uomini, ancora troppo
ideologizzati, puri e sinceri nelle loro convinzioni, ma poco flessibili, e soprattutto abituati a
comandare. Sono stati uomini forti e combattivi, le battaglie della vita li hanno induriti e
radicalizzati, bisogna trovare il modo di traghettarli su un terreno più neutro; la componente
femminile è concorde su questo, stanno studiando la strategia migliore per arrivarci, buttando giù un
chiaro manifesto programmatico.
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Sonia prova a parlare con Romero, non è facile scalfire i suoi convincimenti, questo l’aspetto, che
pian piano, l’ha allontanata, ma questa volta è decisa, c’è in ballo la buona riuscita dell’operazione,
e lei sta rischiando in prima persona. Caro Romero, i tuoi suggerimenti organizzativi, la tua
convinzione, sono stati determinanti a i fini dell’occupazione, però né tu né Carlos potete esporvi,
quindi sulla scena dovrà salire qualcun altro, che per essere convincente, adotterà uno stile e
rispettoso della delicata situazione e nelle sue corde. Tu sei abilissimo a muoverti nella
clandestinità, ma questa occupazione è un atto dimostrativo aperto, vuole e deve arrivare all’esterno
in modo efficace ma neutro, poi sai ci siamo coinvolti tutti e noi compariamo. Romero hai potuto
fare scelte anche pericolose, la tua apparente debolezza, fatta di latitanza e anonimato, è stata anche
la tua forza, la mia invece è proprio una sana visibilità.. Tu sei abituato ad essere la mente, e hai
bisogno di braccia, io d’ora in poi non voglio essere braccia. Romero ascolta in silenzio, è
profondamente attratto da Sonia e per il fisico e per la sua onesta chiarezza, sta avendo conferma
che il loro distacco non è temporaneo…come aveva già intuito.
Giulia intenta a dialogare con Giordano, è ancora molto seccata, e forse anche un po’ ingiusta nei
confronti del suo interlocutore: Giordano la devi smettere di vagheggiare un passato che non torna, i
sessantottini hanno fallito, e guarda che società schifosa, nella presunzione giudicante, non siete
stati in grado di arginare fenomeni politici, civili. mediatici, che hanno prodotto la palude in cui
siamo. Parole tante, ideali tanti, nell’autocompiacimento masturbatorio di Voi saccenti. Giordano è
addolorato e rabbioso, purtroppo ha tanti pregi ma non accetta le critiche, forse Giulia avrebbe
potuto dirglielo con più garbo, ma in ogni caso non avrebbe accettato.
Lorenzo è al lavoro sta approntando il sito, l’idea è di raccogliere adesioni via web, inoltre
suggerisce, noi ragazzi possiamo sfruttare le nostre diverse disgrazie, per ottenere consenso, è una
vita che so di poterlo fare, ne ho parlato con Maria Carla e Giacomo, anche loro sono disposti a
vendere i loro dolori, per una giusta causa. Saremo attori per una volta e non spettatori impotenti, ci
siamo già riusciti, questa notte o forse all’alba, confessandoci reciprocamente, non riesco a
ricordare la collocazione temporale delle nostre confessioni. Il sito sarà in collegamento con
Facebook e Youtube, dove Marco si è impegnato a fare proseliti. Si sono accordati facilmente,
complice la duttilità adolescenziale. I racconti a cuore aperto li hanno ancor più avvicinati.
Espongono il loro programma all’esame degli adulti, positiva la divulgazione su più fronti, la parte
relativa ai social potrebbe tranquillamente essere affidata a loro, ma tutto deve muoversi sotto una
attenta regia, non devono esserci sfasamenti temporali. Dopo una serie di riflessioni guadagnano
l’ok generale.
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Giulia, pensa ad un coinvolgimento del TG3, della testata regionale, e della 7. Suor Gerusa si sta già
muovendo con alcuni vaticanisti. Giulia ha una vecchia compagna di scuola che lavora al TG3,
potrebbe rispolverarla, non solo Valerie, può vantare amicizie giornalistiche.
Gilberto è poco propositivo, l’inaspettata performance sessuale, lo ha sfiancato, Valerie è di nuovo
sul ponte di comando, la notte calda non ha giovato al suo aspetto, dimostra nuovamente tutti i suoi
anni, ma Gilberto la guarda trasognato. C’è un vecchio volgare proverbio popolare tira più un
pelo………..che un carro di buoi, non si può fare a meno di constatarne la veridicità.
Sonia, Federica e Giulia decidono di non disperdere energie nei meandri del giudizio, e si
concentrano solo sulla stesura del manifesto programmatico. La prima adesione, dal tg regionale,
più attento a quello che avviene nella capitale; Hannelore Ronald non è minimamente interessata,
forse anche lei non nutre troppa simpatia per Valerie. Giulia attraverso una sua amica arriva al
direttore del TG3, Bianca Berlinguer, attenta a storie nuove, con un fiuto particolare per la notizia.
Il cronista dell’AVVENIRE, chiamato da Suor Gerusa, è il primo ad arrivare, e sceglie come
interlocutrice Federica, che è poi la persona più adatta, per quel tipo di testata. Sonia, contatta
Repubblica e il Corriere della Sera, Gilberto rianimatosi prende accordi con Federico Geremicca
della Stampa.
Giordano parla telefonicamente con Vittorio Emilani dell’Unità. I compiti si sono divisi: Sonia
Repubblica e Corriere della Sera, Gilberto La Stampa e il Messaggero, Giordano l’Unità, Federica
l’Avvenire, GiuliaTG3 e testate regionali. I ragazzi sono attivissimi sul web, stanno riscuotendo un
infinità di adesioni, ma il portavoce ufficiale sarà Giordano, il piglio energico e la indiscussa
capacità dialettica non potranno che giovare alla causa.
Ben presto l’androne davanti al collocamento è pieno di troupe televisive, e i telefoni degli
occupanti sono bollenti. Anche il quartiere si mobilita, si ai decreti attuativi, si a tante altre cose,
come sono caldi e accoglienti questi romani.
E’ semplice il programma stilato dalle 3 donne:
• Richiesta di un ufficio del lavoro (collocamento) più efficace e organizzato
• Richiesta corale al ministro del WELFARE: “Decreto attuativo per smobilitare i fondi
stanziati (anche quelli Europei) per il lavoro dei giovani”.
• Disponibilità del Teatro Palladium, alla Garbatella, che sulla carta è in dotazione all’Ateneo
di Roma3, ma in realtà è chiuso ed inutilizzato da anni, per poterne fare una associazione
culturale permanente, al servizio dei ragazzi, e di chiunque condivida il progetto.
L’ultima richiesta fonde la realizzazione dei desideri di Gilberto e Giordano, e placa anche il
nervosismo di quest’ultimo.
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Suor Gerusa e il Potente, da dietro le quinte, contribuiranno non poco, all’assenso finale del
Ministro alle istanze degli occupanti.
I ragazzi sono sereni, e per la nuova esperienza ma principalmente per la notte di parole, che li ha
liberati dalle dolorose maschere.
Federica e Sonia, in primis, ma anche gli altri, nel loro torpore, hanno ascoltato le dolorose
confessioni, dei tre adolescenti che si sono “dichiarati” in una maratona di dolori lunga fino all’alba.
Maria Carla, Lorenzo, Giacomo, Marco hanno trovato il coraggio di mettersi a nudo, senza timore
del giudizio degli adulti, apparentemente assopiti.
Maria Carla la prima ad aprirsi, è come un fiume in piena: la mia strategia, sublimare il dolore
buttandola in caciara, nella caciara tutto si confonde i confini non sono nitidi e ci si nasconde
meglio. A scuola ero la casinista di turno, quella che si distraeva disturbando gli altri, così
difendevo la mia fragilità da occhi indiscreti. La parte della commiserata non faceva per me, potevo
decidere di usare il mio dolore come arma di convincimento, ed ero abilissima nel farlo, ma dovevo
essere io a deciderlo. La notte quanti pianti, per tornare ad essere il giorno, quella che fa macello.
Sognavo mia madre che mi carezzava e mi parlava dolcemente, in quel modo stentato, dettato dalla
sua malattia, ma pieno di amore. Poi quei Natali, ospite di famiglie consolidate, elargitrici di affetti
sinceri ma provvisori, tutto nella mia vita era provvisorio. Avrei voluto anch’io vivere una realtà
dove una mamma può difendere i suoi figli, da un padre indifferente e menefreghista e da violenze
familiari di altro genere. Mi buttavo su amorazzi improbabili, ripetendo quel copione potevo
confermare la profonda disistima per il genere maschile. Poi una mattina come tante, Lorenzo, bello
e sensibile nella sua infermità, e si è aperto un varco, potevo liberarmi del personaggio ed essere me
stessa, sapevo che lui non ne avrebbe approfittato. Parla Maria Carla parla di tutti i passaggi più
scabrosi della sua vita, che le sembrava di aver rimosso, il passato riemerge prepotentemente,
piangendo stringendo la mano confortante di Lorenzo, si riappropria di se stessa e della sua storia.
Poi nasconde le sue lacrime dietro la folta massa di capelli scuri, e i suoi occhi neri di velluto
brillano nella penombra, il trucco si è sciolto, ma si sente in ogni caso bella e attraente per il suo
Lorenzo.
Giacomo, riservato, orgoglioso, e schivo, trova una profonda sintonia con Lorenzo, ne apprezza
capacità, dignità, e pacatezza, inaspettatamente inizia a parlare: sono vissuto per anni in una casa
dove tutti urlavano, e dove l’affetto si manifestava con calci e schiaffi, ad eccezione della mia
mamma malata, tutto faceva paura, nostra sorella cercava di difenderci come poteva, soprattutto con
la lingua, (da grande dovrebbe fare l’avvocato) riuscirebbe a zittire chiunque. Mi vergognavo,
quando arrivavo a scuola, pesto e sporco, respiravo la diffidenza e il disprezzo degli altri, ero un
diverso, io non volevo sentirmi così, cercavo di fare tutto al meglio, i compiti erano perfetti, la
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condotta esemplare, la mia strategia per farmi accettare, riposta tutta nel dovere. Il dovere mi pesava
e mi ha spesso sommerso, ma non ho mai smesso, avevo troppo bisogno di apprezzamenti positivi
che bilanciassero la mia vergognosa condizione. Questa notte però l’ho saputo finalmente
verbalizzare, senza timore di giudizi malevoli, perché anche i miei fratelli hanno parlato, si sono
spiegati, ora mi sono chiare tante cose che non capivo, la provocatoria irriverente e spesso
inappropriata parlantina di Maria Carla, la violenza e l’individualismo di Marco e poi tanto altro.
Lorenzo osserva, sembriamo un gruppo di auto aiuto, non sempre sono efficaci, ma questo mi
sembra funzionare alla grande. Sapete, anche io mi sono nascosto dietro questa carrozzella, la prima
a cui ho consentito di stanarmi, Federica, ha saputo farlo con tatto e discrezione. Tutti mi trattavano
come un malato, si sono un handicappato, ma ho ancora tante capacità intatte, gli altri anche i miei
familiari, erano concentrati soltanto sull’handicap, non volevo la loro continua commiserazione, ma
un aiuto a riposizionarmi, quello di cui non avevo bisogno una mano che stabilizzasse la mia
condizione patologica. Mi sono chiuso non ho più accettato nulla dagli altri, non li ho più guardati.
Incontrando casualmente Federica ho annusato il suo profondo composto dolore, e tra annientati ci
siamo subito capiti. Nulla accade a caso, ora ne sono convinto, Federica, mi ha condotto idealmente
per mano al collocamento, se non lo avesse fatto, non ti avrei rivisto Maria Carla, ora posso provare
a ricucire la cesura tra un prima e un dopo. Mi sono sentito accolto, apprezzato, e anche ammirato,
indipendentemente dalla carrozzina, che è un appendice e non un tutt’ uno con me. Il tuo
entusiasmo Maria Carla mi ha contagiato, la tua sofferenza, finalmente espressa, mi ha fatto
innamorare. Sono un maschio adolescente ancora capace di pulsioni sentimentali e sessuali, lo dico
con gioia e senza timore anche davanti a Giacomo e Marco. Al liceo ero tra i più ambiti dalla fauna
femminile, agli sguardi di commiserazione non mi sono mai abituato, ma oggi sto rispolverando la
vecchia piacevole sensazione, il piacere di piacere.
Marco, mentre gli altri parlano, non trova pace, ogni tanto si alza per guardare qua e là, è l’unico
che ha avvertito, quanto stava accadendo tra Valerie e Gilberto, che ha compreso il distacco tra
Sonia e Romero. Nel momento in cui i racconti dei fratelli erano troppo dolorosi, si alzava, non
voleva ascoltare, i suoi di ricordi erano più sfumati ma vedere rappresentato il film della loro triste
vita gli faceva veramente male; inizialmente provava una rabbia sorda nei confronti di sua sorella,
perché mettere in piazza le loro miserie, il suo orgoglio non lo consentiva, pian piano però
irrequietamente ha capito che anche lui doveva guadare il fiume, per poter passare sull’altra sponda.
Lorenzo, la sua naturale, dignitosa e sincera confessione di un dramma che lo accompagnerà per
tutta la vita, ne ha parlato con loro, ha scelto loro come interlocutori, ecco per la prima volta si è
sentito scelto. Scelta, apprezzamento, fiducia, e il tappo esplode: i miei fratelli parlavano e
seguivano i programmi scolastici senza difficoltà, per me tutto era più faticoso, ho avuto bisogno di
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un logopedista, duro da digerire. Giacomo aveva rendimenti scolastici eccellenti, Maria Carla
incantava con la parlantina, io come potevo distinguermi in questo esasperato desiderio di
attenzione: litigare con gli altri venendo spesso alle mani, assumere atteggiamenti improbabili e
inopportuni a scuola, provocare e offendere, non rispettare le regole, il mio canone
comportamentale. L’unico talento che nessuno poteva mettere in discussione la mia abilità
calcistica, era diventato per me un’ossessione, anche quello che mi riusciva bene e mi piaceva non
mi procurava serenità, non potevo viverlo in modo equilibrato. Sonia è stata la prima persona a
credere in me, a ripetermi più volte l’elenco delle, a suo dire, mie straordinarie eccezionalità, e poi
la diagnosi di dislessia. Dapprima sofferenza, anche in questo non sono come gli altri, poi la presa
di coscienza, che gli scarsi risultati scolastici non erano dovuti a cattiva volontà. Programmi
differenziati, scuola più leggera, hanno consentito la visibilità di quelle eccezionalità che solo Sonia
fino ad allora aveva visto. Anche per me ci sarà un futuro di possibilità, mi dice Sonia che molti
grandi geni, sono dislessici, e poi se Lorenzo può pensare all’amore con Maria Carla, perché io non
posso aspirare a fare l’ingegnere.
Il timore di tutti è il paventato arrivo della forza pubblica, che consegue alle occupazioni di edifici,
solo Sonia è tranquilla, Suor Gerusa, insieme alle colazioni, le ha fatto avere un messaggio: state
tranquilli la polizia ci sarà, ma non entrerà negli uffici, resterà fuori, quindi non temere né per voi
né per i ragazzi, è tutto sotto controllo.
Dopo un periodo di tempo non quantificabile, arriva una comunicazione di disponibilità da parte del
Ministro, anche in merito alla fruizione del Palladium, il pacchetto è stato approvato in toto.
La tensione si stempera, nella soddisfazione collettiva, ora il rammarico di tutti è salutarsi, i saluti
non si sa mai se sono definitivi o provvisori…..Gilberto suggerisce un nuovo incontro presso il
Circolo San Pietro, per buttare giù il programma culturale e sociale del Palladium.
La sua proposta tranquillizza tutti, si sentono orgogliosi della riuscita del progetto, e delle
conseguenze, anche quelle meno evidenti, che ha prodotto.
Lorenzo si invita a Casa Felicita, Sonia apprende con piacere che Federica lo accompagnerà. Giulia
anche lei vuole esserci a Casa Felicita, reclama la ricetta miracolosa di quel punch.
Gilberto parla con Valerie esternandole il desiderio di nuovi incontri con Suor Gerusa, lo ha
confortato premurosamente, nel momento del loro distacco.
Carlos e Romero continueranno a frequentare Casa Felicita, nonostante Sonia, e alla fine anche
Giordano non disdegnerà qualche buona degustazione preparata dalle Consorelle.
Un saluto e poi……posdomani Circolo San Pietro.
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EPILOGO – L’ULTIMO GIRO DI PROGRAMMA
l San Pietro, una processione disarticolata nello spazio e nel tempo.
Sonia percorre la strada tra Casa Felicita e il San Pietro, sta shakerando vari pensieri nella sua testa,
è sola, lei e Romero si sono definitivamente allontanati, ma respira a pieni polmoni, osserva la
gente, il quartiere, valuta con la sua zucca e si sente libera; le vicinanze ingombranti, spesso
riducono gli spazi, con conseguenze claustrofobiche. Nell’occupazione a ciascuno è stato garantita
la sua opportunità di collaborazione, per alcuni è stato naturale, altri hanno dovuto faticare di più
per guadagnarsi la scena. Ciascuno di loro si è rappresentato con limiti ed eccellenze, ma si è sentito
importante e, valorizzato. Non c’era competizione, remavano tutti nella stessa direzione, per il buon
esito del progetto. La sua società ideale Sonia, la sogna così, un luogo non luogo dove tutti, possono
trarre vantaggi dalla cooperazione, intanto prende forma l’idea di proporre ai suoi commensali, la
creazione di una “onlus”, è già tutto nella sua testa il programma che illustrerà.
Federica è stata la prima ad arrivare, cammina impazientemente sul marciapiedi di Via Mastro
Giorgio, le piacerebbe mettere a disposizione, la sua esperienza didattica, aiutando coloro che nella
non conoscenza della lingua italiana, sprofondano sempre di più nella ghettizzazione, naufragando
senza riuscire a spiegarsi e a capire.
Giulia guida nervosamente nel caotico traffico mattutino, anche la sua testa è piena di idee, le
piacerebbe essere il legale dei poveri e dei bisognosi, tutto il suo sapere, giuridico e non, al servizio
degli altri, ecco finalmente il canale giusto per la sua veemenza.
Giordano era pronto già da tempo con il suo progetto “I bambini del futuro”, l’incontro con Gilberto
ha fatto si che, sinergie simili si convogliassero su uno stesso programma. Il Palladium, il luogo
dove domiciliare i loro nobili disegni, (in senso anche figurato Gilberto è bravissimo con la sua
matita).
Valerie anche lei vorrebbe collaborare, così può rimanere accanto a Gilberto, molti rifugiati politici
sono di madre lingua Francese, dunque potrebbe svolgere la funzione di mediatrice culturale per i
francofoni.
Romero e Carlos, con la loro mensa si presteranno a fornire un servizio di catering, in
collaborazione con le Suore di Casa Felicita, per happy- hour, feste di compleanno, rinfreschi vari,
presso il Palladium, quanto ricaveranno, sarà in buona parte devoluto per progetti all’interno del
teatro stesso.
I ragazzi, in particolare Lorenzo, forniranno a richiesta, assistenza informatica gratuita.
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Le Suore confezioneranno, biscotti, liquori, torte per un mercatino solidale, per chi lo vorrà ci sarà
una scuola di catechismo.
Il Palladium, sarà un centro polivalente, ognuno offrirà il suo servizio gratuitamente, potrà anche
barattarlo in caso di necessità, una specie di Banca del tempo.
Giordano si occuperà della gestione dei locali e della parte burocratica, Gilberto dell’aspetto ludico,
artistico e teatrale, che gli è particolarmente congeniale.
C’è stato poco da parlare, al San Pietro, ognuno aveva contezza del suo ruolo e della sua utilità, ma
anche dell’indispensabile partecipazione degli altri, ancora una volta si sono trovati d’accordo. Non
sarà necessario fissare altri appuntamenti, il Palladium, d’ora in poi, ci sarà per tutti loro, e per
quanti ne avranno bisogno.
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INDICE
1 Ufficio di collocamento
2 Circolo San Pietro
3 Motivazioni e resistenze all’occupazione
4 Riunione clandestina presso Casa Felicita (Programma Occupazione)
5 Federica la sua perdita
6 I Guerra la loro perdita
7 Sonia la sua perdita (percorso della perdita)
8 I Poteri nascosti
9 Gli Antipatici
10 Affinità e critiche
11 L’Occupazione
12 Organi di Stampa, Media, Social Network
13 Epilogo – L’ultimo giro di programma
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ACCADDE A TESTACCIO
di
Dina Strazza
Corso di Scrittura Creativa anno 2014 condotto da Chiara Borghi
La bottega dello scrittore
Autore: Dina Strazza
Madre di tre figlie, ha viaggiato per il mondo e ha vissuto buona parte della sua vita in Argentina.
Poliglotta ed appassionata di culture diverse ora abbraccia la scrittura. Questo è il suo primo
racconto.
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PROLOGO: LA PERDITA
Sono Giulia, e ho perso tutto. Ho 53 anni, devo incominciare, inventarmi una’altra vita.
Prima c’è stato un lento sprofondare, un desiderio compulsivo di rimanere in un guscio, il mio letto.
Quasi fosse un utero. In posizione fetale.
Poi ho sentito rabbia, tanta, che fa male, ti squarcia e allontana gli affetti.
A un certo punto però, ho capito che questa rabbia per forza, doveva trasformarsi in qualcos’altro.
Magari in una sorta di energia che mi spingesse verso la riplasmazione di me.
Adesso è arrivato il momento di liberarmi di tutti quei condizionamenti che puntualmente mi hanno
portato a fare le scelte sbagliate.
Ho passato così tanto tempo ad essere ruoli che ho perso la mia identità. Sento che devo integrarmi,
essere di nuovo una persona, una donna. Penso a tutte le cose che ho fatto in passato. Prendo un
quaderno e scrivo le mie competenze, scrivo, scrivo e mi accorgo delle risorse che mi supportano.
Sono state sempre lì, dormienti. Adesso devo usarle, mi devono servire a spronarmi, a ricordarmi
chi sono. Ma sento un bisogno impellente di agire. Tutta questa vita vissuta per gli altri, senza
occuparmi di me, delle mie emozioni.
Certo, tutti sappiamo che trovare lavoro a questa età è diventato un’utopia, ma non voglio
permanere in questo status quo che mi ha tenuta lontana, sospesa, come anestetizzata.
Bisogna uscire da questa inerzia. Fare il primo passo, incontrare nuove persone, impegnarsi in
nuove attività.
Ripercorro i momenti gloriosi della mia vita, questa è la mia forza. Ricordo un incontro importante
con un personaggio unico. Allora era un prete. Le nostre chiacchierate erano illuminanti. Lui,
saggio e didattico mi conduceva, quasi per mano, ai misteri di quel Perù che volevo conoscere e
nessuno mi raccontava.
Avevo provato con i libri, e fu proprio la proprietaria della libreria a presentarmi Padre Romero.
Quello che ho imparato è diventato un tesoro, mi ha insegnato molto di me, poi la vita me l’ha fatto
nascondere in un angolo della mia mente.
E’ arrivato il momento di andarmelo a prendere, di ricuperare quella strada abbandonata in favore
di altre priorità. Già, Io non sono mai stata una priorità per me stessa.
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Ora si cambia. E’ il caso, possiamo chiamarlo il fato, ma io non ci credo. Penso che ogni cosa
accada per un preciso motivo.
Comunque questo caso mi sussurra che Padre Romero e proprio qui, a Roma, certo, dopo una vita
di clandestinità, ora è soltanto Romero. So dove trovarlo, ci vado fiduciosa. Lui, o quello che lui
rappresenta, sarà il mio punto di partenza.
Mentre lo attendo, “casualmente “ conosco un uomo, come quelli di una volta, tutto di un pezzo.
Anche lui vuole incontrare Romero. Consumiamo l’attesa bevendo un caffè, e da subito si stabilisce
un’empatia che mi fa aprire. Si chiama Giordano, e di vita ne ha vissuta. Ma il suo entusiasmo mi
contagia.
Finalmente incontriamo Romero, gesti furtivi ci fanno capire che dobbiamo essere cauti, il passato
non deve venire fuori, rimarrà per sempre dentro i nostri cuori.
Lo troviamo in ottima forma, sempre impegnato nel sociale, gestisce una mensa per poveri,ma
molto altro. Ha una compagna, Sonia, che subito ci presenta. Una donna affascinante, assistente
sociale. Capisco subito che due anime gemelle si sono incontrate. Al seguito di Sonia ci sono tre
ragazzini, abbandonati, senza affetto, quasi senza speranza, eppure gioiosi, e davanti a questo
incontro, la nostra indole non ci tradisce, incominciamo subito a confabulare per contribuire, per
equilibrare questa società diventata spietata, c’è tanto da fare.
Ho incominciato, un tepore,ormai dimenticato, riscalda la mia povera anima sofferente.
Di certo, soltanto questo non basta, bisogna anche lavorare, bisogna trovare una mezzo di
sostentamento, e quindi ci diamo appuntamento all’Ufficio di collocamento del Mercato di
Testaccio, lunedì mattina, ed è un inizio, la mia giornata finisce e finalmente sono grata.
La mia gratitudine è un risveglio. Improvvisamente sento il bisogno di leggere.
Quanto mi è mancata la lettura!
Il mio più grande piacere. Perso, caduto nell’oblio e nel bisogno di stordirmi per non pensare.
Incapacità di godere.
La lettura è piacere, evasione, arricchimento, nutrimento. E non riuscivo più a leggere.
Oggi sono grata, e prendo le Rime di Michelangelo. Lieve, il ritmo mi culla.
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CAPITOLO UNO
Un Lunedì mattina
Fa freddo, il Mercato di Testaccio ha guadagnato ordine e pulizia a discapito del colore, si capisce
che è ancora un luogo d’incontro, ma non sarà mai più la stessa cosa purtroppo. Dentro funziona
l’Ufficio di collocamento; entrando si riesce a percepire persino le sfumature dei pensieri delle
persone in fila, speranza, diffidenza, miraggio, sconforto. Ci sono giovani, gente di mezza età e
addirittura anziani. C’è una persona che spicca però, una bella donna settantenne con lo chignon
accuratamente morbido e lo sguardo vivace. Attorno a lei si è formato un gruppetto di persone. Lei
chiacchiera con una signora di mezza età e con un signore più anziano, ma tre ragazzini le stanno
quasi attaccati. Poi si apre la porta, entra una strana coppia, lei sessantenne che spinge la carrozzina
di un giovanissimo handicappato, si apparta un po’. Curioso, la ragazza riconosce il ragazzo malato
e gli si avvicina, -oh Lorenzo ma quanto tempo è passato! Dice lei, lui la guarda e sorride, quasi
come se si fosse dimenticato come si sorride. Incominciano un dialogo fitto per raccontarsi le loro
vicende, è dalle medie che non si vedono, Lorenzo le dice, come avrai capito, sono messo male, se
non fosse per il mio angelo custode, anzi te la presento, ecco Federica ti presento Maria Carla,
pensa eravamo compagni alle medie- e così il gruppetto si allarga, perché Sonia, sempre vigile si
avvicina, e così Maria Carla la presenta, Ecco il mio di angelo custode, vi presento Sonia, e questi
sono i miei fratelli, Marco e Giacomo. Nel frattempo Romero, Giordano e Giulia si avvicinano e si
fanno le presentazioni, si parla delle aspettative. Ci s’incoraggia a vicenda. Ci sono tante cose che li
accomunano. La porta si riapre ed entrano tre personaggi alquanto bizzarri, un uomo sulla
cinquantina, con le scarpe lucide e lo sguardo di chi ne ha viste troppe, una bella donna e un
Signore alto e robusto di colore, molto eccentrico nel vestire. Si fanno avanti e riconoscendo
Romero, incominciano le nuove presentazioni. A farle è l’uomo dalle scarpe lucide, si chiama
Farina, presenta la sua compagna, francese Valéry e poi Geoffrey. Farina prende da parte Romero e
gli dice_ ma veramente pensi che possiamo trovare lavoro Geoffrey ed io? Sto poveraccio già è
nero in più frocio, insomma, Romero lo rassicura, -sono tempi duri per tutti, ma se hai la volontà e
la salute, alla fine un posto si trova. E così discorrono sulle difficoltà, il disincanto generazionale, la
tristezza dei giovani, ma comunque la speranza non demorde, ognuno di loro merita il suo pezzetto
di cielo blu.
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Dura poco, questa contagiosa allegria per l'incontro, un impiegato informa alzando la voce che il
sistema è caduto, quindi l’ufficio non è più operativo quella mattina, Un vocio di protesta si
diffonde e il povero impiegato non sa cosa rispondere, dipende dal sistema, quando torna? E chi può
dirlo? A questo punto Giordano prende la parola e si rivolge al gruppetto dicendo: sentite, per ora è
andata male, ma qua vicino c’è il circolo San Paolo, si mangia benissimo e si paga monete, ma
perché non ci andiamo tutti? Non capita spesso di trovare questo tipo di comitiva. Giulia si sente di
aggiungere- sarebbe bello conoscerci di più, forse tutti insieme riusciamo a inventarci qualcosa, a
spingere affinché quest’ufficio ci dia delle risposte. Sonia è dubbiosa per i ragazzi, ma poi a voce
alta dice, ma sì uno strappo alla regola ogni tanto ci vuole, vero ragazzi? Magari avvertiamo la Casa
Famiglia che arriviamo più tardi. Farina parla a nome dei suoi e non esita a dire, io un boccone e un
bicchiere di vino in buona compagnia non me lo faccio scappare di sicuro! E così la comitiva si
avvia uscendo dalla linea verde su via Volta per raggiungere il Circolo, sono chiassosi, fa quasi
tenerezza vederli così eccitati per questo programma inaspettato.
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CAPITOLO DUE
Mentre il gruppo appena formato, consumava il suo pasto, si chiacchierava a gruppi.
C’erano Maria Carla e Lorenzo che si aggiornavano, erano tanta anni che non si vedevano.
La loro giovane vita è segnata dalla perdita, dal dolore.
Federica, Sonia e Giulia, parlano dei ragazzi. Sono sollevate di vederli vicini, mentre Marco e
Giacomo si aggregano al gruppo.
Valery rimane appartata, ogni tanto scambia qualche parola con Geoffrey.
Che strano questo gruppo, che si è formato spontaneamente, che vive una giornata diversa. Sambra
tanto eterogeneo, ma gli accomuna il senso della perdita.
Si, ognuno di loro ha perso qualcosa di insostituibile.
E’ evidente, che quello che denota il gruppo è il dialogo appassionato tra Giordano, Romero e
Carlos, che gli ha raggiunti da poco.
Farina si avvicina, anche lui, nonostante la sua vita avventurosa, ha tanto da spartire con questi
uomini, forse medesima ideologia. Perdita del partito, della moglie. Ma rimane in silenzio, gli
ascolta, spesso assente. Parlano di politica, di ingiustizia sociale.
Sentono il vecchio sogno, riemergere con forza.
Incominciano a tessere una tela in sintonia con le comuni idee politiche.
Ipotizzano un’occupazione, perché gli risulta intollerabile l’indifferenza delle istituzioni, davanti a
tanto disagio; uno Stato latitante.
Disoccupazione, tasse esagerate, risorse stanziate per leggi e non usate per l’ignavia dei Ministeri,
che non vagliano i Decreti Attuativi.
Bisogna muoversi, si dicono. E’ necessario attirare l’attenzione dei media.
E’ necessario scuotere la coscienza del Potere.
Certo, l’occupazione sarebbe la soluzione ideale, per quanto rischiosa, e stramba, venendo da queste
persone.
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Una cosa è chiara, però, Romero deve rimanere defilato, per il suo passato. Ne parleranno con Suor
Gerusa, della Casa Famiglia. Si conoscono dai tempi della missione in Brasile.
Organizzarsi, è la parola d’ordine, serve una logistica che gli appoggi dall’esterno.
Farina interviene per la prima volta, ormai sono tutti intorno a loro ad ascoltare, e lui, si limita a
dire, che nel corso di questa vita piena di avventure, ha fatto amicizia con un Potente, gli è debitore,
sa che lo aiuterà, sa che può accendere i riflettori della stampa, della televisione, delle radio, dei siti
web, che non è poco.
Ecco, il processo è cominciato, non è un’utopia, si farà per il Futuro dei Giovani.
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CAPITOLO TRE
Arringa di Giordano
C’era una volta, un gruppo molto eterogeneo. Per età, vissuto e ceto sociale. Ma una cosa gli
accomunava il senso della giustizia. La preoccupazione per il futuro dei giovani.
Questo gruppo, che si era riunito al Circolo San Pietro, aveva appena finito di mangiare.
Uno di loro Romero, propose a Marco di fare una corsa all’Ufficio di Collocamento per vedere se il
sistema informatico, era stato ripristinato. E così mentre Marco si occupava della commissione
affidatagli, gli altri parlavano dell’ingiustizia vissuta la mattina stessa, ragione che gli aveva portati
a desinare insieme al Circolo.
Ci vollero pochi minuti perché Marco, rosso in volto e tutto affannato tornasse, ripreso il fiato disse;
C’è un cartello che chiudono, e riaprono in data da destinarsi!
Le proteste si fecero sentire, questo era troppo, era inconcepibile! Bisognava fare qualcosa!
Giordano prese la parola: cari signori e signore, è arrivato il momento di agire. IL SISTEMA ci
mette alle strette. Noi abbiamo il dovere di rispondere, dobbiamo assolutamente occupare l’ufficio,
tanto cos’abbiamo da perdere? Dobbiamo dire basta, ci stanno prevaricando. IL governo non può
continuare a ignorare le necessità delle persone. Dove vanno finire i soldi delle nostre tasse.
Dov’è andata a finire la Giustizia Sociale?
Con foga, sentiva rinascere dentro di se, il vecchio compagno del PC, che pur contrastandolo, era
rimasto ancorato all’ideologia.
In Romero, Carlos e Farina, trovò degli alleati, erano tutti d’accordo, anche loro si pronunciarono.
La delusione gli aveva sopraffatto, e adesso vedevano l’occasione di agire, finalmente. Erano
stanchi di lavorare in silenzio, e di starsene a guardare il divario che cresceva a vista d’occhio, tra
ricchi (pochissimi) e poveri. Anzi, di classe media, rimaneva ben poco.
Invece le donne erano silenziose. Erano d’accordo, era ingiusto, bisognava far qualcosa. MA
L’OCCUPAZIONE’? Non era troppo per loro?
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Ascoltavano in silenzio, erano dalla loro parte, ma i loro dubbi servivano a riflettere, a trovare il
modo giusto per l’ottenimento del loro obiettivo.
Forse Federica, borghese di nascita, era la più stupita, di trovarsi in quella situazione.
Giulia dal canto suo, sentiva di entrare in una sorta di nuova sospensione nel tempo, lei doveva
costruirsi una vita nuova.
La più provata, però, era Sonia, per lei c’era tanto da perdere. Aveva un lavoro, faceva l’assistente
sociale. Quindi, levò la sua voce, a modo suo, sempre dolce e conciliante;
Sentite, io vi capisco, ma s’impone la riflessione. Dobbiamo far la cosa perbene, se vogliamo
ottenere dei risultati. Vi propongo di parlare con Suor Gerusa, lei d’ingiustizie ne ha viste tante, non
dimenticate il suo lavoro in Brasile. E poi, è una donna forte, intelligente e coraggiosa.
Se me lo consentite, la chiamo, le racconto e se lei è d’accordo, ci riuniamo e ne riparliamo con
calma, Sono sicura, che ci aiuterà a trovare la strada giusta ma sicura.
Anche se con riserva, furono tutti d’accordo. Sarebbero andati avanti col loro piano di occupazione.
Erano persone intelligenti, sensibili, alcuni più viscerali, ma comunque persone di buon senso.
Quel dopopranzo finì in modo insolito, Farina aveva preso la sua chitarra, e si mise a suonare una
canzone, gli adulti la conoscevano e lo assecondarono cantando. I giovani erano perplessi, ma una
piacevole sensazione li invadeva, che bella sensazione, c’erano persone che li guardavano. Che
volevano occuparsi di loro.
Il tramonto calava, Roma gli assecondava con un tiepido sole che dolcemente se ne andava
dall’altra parte del globo.
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CAPITOLO QUATTRO
Un dolore invasivo mi ha riempito. Ho perso mio figlio, non c’è più, e quindi non c’è spazio per
nient’altro che il dolore. La perdita delle motivazioni, il desiderio di scomparire. Se almeno per un
attimo potessi vedere al di là di questo dolore. E’ come un muro tra me e il mondo. Che senso ha
respirare? Poi il ricovero, ero in una condizione quasi vegetale. Qui poso piangere, non fare niente.
Non sono costretta a sentire quelle voci, che con tutta la buona volontà, mi dicono che ho me stessa.
Non sono costretta a usare i cinque sensi.
Non hanno capito che non ci sono più. Che sono andata via insieme a lui. Il massimo che riesco a
fare sono le passeggiate in giardino.
Allora succede un piccolo miracolo, perché scopro Lui. Un bel ragazzo triste, seduto su una
carrozzina. Ho bisogno di sapere che cosa gli è successo; a seguito di un brutto incidente stradale è
rimasto deprivato dell’uso delle gambe, ha solo diciassette anni.
Mi commuovo. Quasi senza accorgermene, incomincio a avvicinarmi a lui. E’ chiuso quanto me.
La tenerezza, dimenticata, affiora in me, che strano questo sentimento che pensavo di non provare
mai più. Poi è venuta la perseveranza, non voleva parlare, desiderava soltanto essere lasciato in
pace come me. Ho guadagnato la sua fiducia col silenzio, faticosamente. Prima ci scambiavamo
appena monosillabi. Poi la diga si è frantumata e ci siamo raccontati. Abbiamo incominciato a
parlare di noi. Ci capivamo. Giuro che non l’avevo programmato mentre mi avvicinavo a Lorenzo,
già si chiama così. Ma è successo.
Un giorno ho preso a spingere la carrozzina per una passeggiata in giardino. E non ho smesso più.
Che singolare, i miei sensi addormentati, si sono risvegliati. Per lui. Gli parlavo del profumo dei
fiori, dei colori. Di quello che vedevamo.
Ogni tanto prendevo un libro, glielo leggevo. Solo dopo l’ho accarezzato, sfiorandolo appena. Lui
timidamente ricambiava. Anche i suoi sensi, si erano svegliati.
Ora siamo inseparabili. La strana coppia, ci chiamano. Va bene così. Non importa, siamo vicini, io
mi prendo cura di lui, e lui, mi ha dato il risveglio. La sua lotta per vivere è diventata la mia
Missione. Voglio aiutarlo a vivere una vita il più normale possibile.
Quante cose ho scoperto di me! So che ci sono sempre state, ma lui me le ha fatte venire a galla.
Mi ha fatto venire a galla.
Gli sono enormemente grata. La sua gratitudine, invece, è più ruvida direi, ma non manca. Ha tanta
strada da fare, ed io, piccola donna borghese, che stava svanendo nel nulla, ho ritrovato la vera me.
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Quella nascosta tra i veli del condizionamento sociale, tra il dovere, tra quel senso assurdo di come
devono andare le cose. Seguire le regole non scritte.
Invece, adesso, dopo essere stata stravolta, mi ricostruisco, consapevole delle mie paure, fragilità,
dubbi e debolezze. Ma non sono più assente.
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CAPITOLO CINQUE
La sera dell’incontro alla Casa Famiglia, per pianificare l’occupazione, pioveva davvero tanto, e poi
c’era un vento freddo che ribaltava gli ombrelli: Parecchi lampioni erano spenti, le strade allagate,
le strade deserte. Roma era la loro complice per questo appuntamento clandestino.
Una volta arrivati tutti si buttarono subito a discutere sull’organizzazione, ognuno diceva la sua, si
confrontavano. Era bizzarro, persone che quasi non si conoscevano ma si riconoscevano, che a volte
è meglio. Giordano partì all’attacco, senza poter tener a bada i suoi destrieri, come spesso diceva:
Dobbiamo fare lo scasso e occupare nelle prime ore dell’alba, senza paura, dobbiamo farlo e basta.
Di nuovo falce e martello. Ormai la società e le istituzioni non ci guardano, facciamo la nostra
piccola rivoluzione.
Carlos fremeva per dire la sua, così col suo italiano claudicante disse: si companero, dobbiamo fare
scaso, yo estoy con te, faciamolo!
Romero aveva una strana luce che illuminava i suoi occhi, prima brillava, poi quasi si spense e poi
parlò: Ragazzi, nessuno meglio di me può capirvi, ma così non va bene. Qua si rischia che arrivi
subito la polizia e l’occupazione manco incomincia, dobbiamo trovare un’altra strada che ci assicuri
l’esito positivo. Concentriamoci sull’obiettivo piuttosto.
Sonia era sbalordita, forse era tra tutti, quella che aveva di più da perdere. Suor Gesualda se ne
accorse, e prima che aprisse bocca disse: bisogna essere mansueti come agnelli ma furbi come
volpi.
Farina che fino a quel momento taceva propose: e se entriamo dalla finestra? Sonia questa volta la
bocca la aprì: ma allora non ci siamo! Sempre scasso è!
Federica timidamente alzò la sua vocina delicata: e se facessimo una bella manifestazione con gli
striscioni? A quel punto tutti scoppiarono a ridere, senza cattiveria, tanta era l’ingenuità di questa
donna. Allora Giulia con dolcezza le disse: ma siamo quattro gatti chi vuoi che se ne accorga!
Secondo me dobbiamo piazzarci dentro vicino all’orario di chiusura e far partir da lì l’occupazione.
Sonia ebbe un sussulto e tutta eccitata disse: io conosco uno degli impiegati, è un precario, non ha
niente da perdere, possiamo chiedergli di ritardare il momento di chiamare la polizia, sapete che è
doveroso in queste situazioni vero?
A questo punto, Farina, il più silente di tutti, gli aveva ascoltati mentre rifletteva, la sua mente non
si fermava mai, così con una voce che chissà da dove gli veniva, ma faceva venire i brividi, disse: è
arrivato il momento di chiamare IL POTENTE, sapete che ho i miei agganci, lui ha il potere, anche
se è quasi invisibile, soltanto un imprenditore di successo. Chiediamogli aiuto, che ritardi l’arrivo
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della polizia, che ci mandi i giornalisti con le telecamere, e tutti i riflettori saranno puntati su di noi.
Potremo dire la nostra. Dobbiamo documentarci però, dobbiamo fare delle proposte attendibili,
dobbiamo mettergli all’angolo, nessuna scusa, nessuna scorciatoia.
Prima ci fu silenzio, ma quando parlarono, lo fecero quasi in coro: fa quella telefonata subito!
Farina si appartò col cellulare in mano. Tutti erano sospesi mentre lui telefonava, non si capiva
niente, Farina bisbigliava. I minuti furono pochi, ma a loro parvero un’eternità, tra i lampi e i tuoni
che fuori scatenavano una guerra. Come un rullo di tamburi in attesa della risposta.
La risposta arrivò secca e determinata: Ha detto che ci sta. Soltanto questo, però bastò per farli
rinvigorire, che fatica non battere le mani e rimanere a limare i dettagli con toni sommessi! La
certezza li accarezzava, erano pletorici, si stavano battendo per una causa giusta. Lorenzo e Chiara,
che per motivi di età, partecipavano senza voto, finalmente dissero all’unisono: bella rega! Glielo
facciamo vedere noi a sti cojoni come si fa, certo che voi con rispetto parlando, avete du palle
grosse così, fece Lorenzo. Brindarono, quando ci vuol ci vuol, anche suor Gesualda non rifiutò il
calice di prosecchino che si era portato appresso Giordano. Bella Notte.
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CAPITOLO SEI
Ecco che lo strano Gruppo dell’Occupazione si ritrovava a pranzo al Circolo San Pietro.
Erano passati appena due giorni dall’incontro clandestino e avevano tante cose di cui parlare per
preparare il piano.
Già s’insinuavano piccoli contrasti, ma la più insofferente, era senz’altro Valery. Si vedeva da
lontano quanto era tesa, ma non si capiva perché. Anzi, non si era mai pronunciata, se non per dire
che in Francia le cose funzionavano meglio.
Così, quando si alzò di scatto e corse verso la chiostrina del circolo, tutti ammutolirono, proprio
perché il suo gesto era quasi sonoro, il suono del disappunto. Subito Gilberto le corse dietro stupito
e adirato urlò: o ma che c’hai?
Che c’ho? E lo domandi? Non ti vergogni? Le sue parole uscivano forti e chiare, l’italiano l’aveva
imparato, anche se andava fiera del suo accento francese.
Gilberto rafforzando il suo stupore era sempre più arrabbiato: Ma quanti anni hai? Te pare er
comportamento de na signora alzasse così? Non lo vedi che mi metti in imbarazzo. O i panni
sporchi se laveno a casa!
Valery era diventata rossa in viso: qua di panni sporchi vedo soltanto quelli che indossi. Ma non
capisci che non ne posso più delle tue avventure improbabili? Sei un cochon! Egoista, mi hai
ingannato. Dovevamo vivere un mondo tutto nostro, ti pare questo il modo? Io che ci faccio qua?
Questa causa non è la mia. Tu mi estrometti dalla tua vita. Non mi guardi, non conto più niente,
MERDE.
Al quel punto rivoli di lacrime le scivolavano lungo le guance, e Gilberto, uomo inconsapevole, non
capiva niente e rimase impalato, allora Valery prese a correre.
Uscì dalla chiostrina e verso Galvani raggiunse via Marmorata con Gilberto che correva appresso a
lei, voleva calmarla, cercava di capire, la chiamava, Valery, Valery! E così fino al Ponte Sublicio,
poi si fermò, ah le donne pensò, che creature misteriose. Meglio lasciarla sola, se calma e quanno
torna se chiarimo.
Al Circolo, il gruppo aveva sentito tutto. Erano basiti, ma si sa, tra moglie e marito…Solo Geofrey,
che si era affacciato sembrava veramente preoccupato.
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Intanto Valery rallentò il passo e incominciò a camminare il Lungotevere, ma pensava, il suo
cervello non si fermava, tutta la sua rabbia era una folla di pensieri.
Non ci posso credere, alla mia età mi ritrovo a supplicare a un uomo che mi guardi. Com’è possibile
che non se ne accorga che mi trascura? Che non mi guarda più?
Parla soltanto con queste persone, chi gli conosce, dico io.
Persone squallide, tristi, sempre preoccupate. Questo paese che cambia tutto e non cambia niente e
ci ritroviamo con i soliti problemi. Ma non sono i nostri problemi cavolo! Noi quando eravamo
giovani pure abbiamo avuto problemi, e ce li siamo risolti da soli.
Ora questi tutti presi, per aiutare i giovani, ma dico no, che generazioni fragili, sempre mamma e
papà dietro a sgomberare il campo per loro. E pure i nonni, Merde.
Odio la debolezza, come la odio! E odio questa gente, che vive nel paese dei balocchi, ma non son
cresciuti? Pensano che possano salvare il mondo? Assurdo. E chi ci va di mezzo? Io, che non
c’entro niente.
Ho lasciato tutto per seguire Gilberto, MERDE. Gli ho creduto quando parlava di un mondo tutto
nostro, che alla nostra età bisogna godersi la vita e così mi ha preso in giro.
La sua indole è questa. Lui si butterà sempre in queste strambe avventure con gente che neanche
conosciamo,
Però, senza volere sono arrivata all’Isola Tiberina. Adesso i miei pensieri sono ordinati. Ho fatto il
punto della situazione,so cosa voglio e come ottenerlo.
Mentre continuava a camminare, si calmava, forse la città, quasi ammutolita, la aiutava a pensare
meglio. Un vento lieve, sfiorava i suoi capelli. Gli alberi dondolavano e le foglie ballavano leggere.
Inquietante questo silenzio, in mezzo alla città, poi. Mi piace, mi fa riflettere meglio.
Senza contare, che neanche una volta ha chiesto il mio parere, (proseguiva il suo soliloquio) proprio
estromessa, messa da parte.
Formo parte dell’arredamento. Prima mi diceva, quanto sei intelligente, sei piena di risorse, e ora?
Non ho niente da dire? Certo! Un discorso lo potrei fare, io gli ho capiti, gli ho osservati, potrei dire
tante cose.
Ma sto lì, zitta, umiliata e annoiata! Ma sai che ti dico, a forza di farmi vedere i film italiani ho
imparato qualcosa, mi viene in mente il Marchese del Grillo, ora appena lo rivedo Gilberto gli dico:
sai che c’è?
IO SONO VALERY E VOI NON SIETE UN CAZZO!
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CAPITOLO SETTE
Il gruppo aveva raggiunto la chiostrina del Circolo San Paolo. Erano basiti. Il litigio tra Gilberto e
Valery, li aveva lasciati perplessi. Dopo lo stupore, che si evidenziava dalle loro espressioni, ci
furono dei commenti al riguardo. Era chiaro che si trattava di una questione personale e decisero di
non spendere tempo perché avevano una missione da compiere, non erano dei pettegoli che
s’interessavano di faccende prettamente intime.
Dalle dinamiche scaturite nel corso dei giorni, era evidente che si erano formati due gruppi. Erano
nati in modo assolutamente spontaneo. Non c’era la volontà di schieramento alcuno.
Mentre Giulia, Federica e Sonia si sentivano in sintonia, e quindi si era creata tra di loro una sorta
d’identificazione, generazionale, ma soprattutto di genere, di vissuto. Tutte e tre avevano patito la
perdita, la stavano superando. Erano tre donne diversissime, eppure, madri, eppure realistiche.
Giordano, d’altro canto aveva rafforzato la sua amicizia con Romero, ed era più che ricambiato.
Carlos, peruviano di nascita, aveva trovato il suo posto, anche lui era diventato amico di Romero.
Gli accomunava questo sogno di rivoluzione rimandata fin troppo. Romero e Carlos per le loro
vicende latinoamericane che gli avevano profondamente segnato. Giordano, invece, manteneva la
sua posizione critica nei confronti del PC, tant’è che l’aveva abbandonato. Tuttavia, il sogno gli era
rimasto nel cassetto, il sogno di cambiare il mondo, di fare la Rivoluzione.
Tutti e tre erano votati all’uguaglianza sociale, ma il loro sguardo era quasi anacronistico, oscurava
i loro pensieri. Era il faro che li conduceva con impetuosità verso lo scasso, quella sera stessa, senza
soppesare le conseguenze.
Carlos per prima volta alzò la sua voce e disse: Hermanos, è arrivato il momento, dobbiamo fare lo
scaso stasera pues, basta di dubbi, dobbiamo agire!
Romero parlò, finalmente si esponeva: Sono perfettamente d’accordo con Carlos, basta di remore,
bisogna fare la nostra rivoluzione, scassiniamo l’ufficio di collocamento, e se ci deve essere
violenza per essere ascoltati, CHE VIOLENZA SIA!
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Giordano, da galantuomo che era, aveva lasciato che i suoi compagni si esprimessero, solo allora f
la sua voce si levò, suadente ma nel contempo determinata: Sono d’accordo anch’io, è inutile
continuare a gingillarsi tra pro e contro. Ormai la decisione l’abbiamo presa, chi se ne frega delle
conseguenze, per una volta tiriamo fuori gli attributi e facciamo sentire la nostra voce, forte e
chiara! Facciamo lo scasso stasera, sorprendiamoli!
Le tre donne si guardarono, e stranamente fu Federica a intervenire per prima: Scusate, ma non
riesco a farmi convincere da questo borborigmo, non possiamo assolutamente trascurare le
conseguenze. Vi domando, cosa importa di più? Ottenere delle agevolazioni per i giovani o
prendere l’ufficio con la violenza e finire in galera? Ma non vi rendete conto che il nostro fine è
intoccabile? Non eravamo tutti d’accordo? Allora, calmiamoci e ragioniamo!
Giordano era indignato: ma cosa blateri, e poi perché te ne esci fuori con queste parole
incomprensibili da piccola borghese?
Era la prima volta che i contrasti, fino a quel momento, calmi, venivano fuori in questo modo.
Federica non esitò a rispondere: Senti Giordano, borborigmo è un termine medico che indica il
rumore intestinale prodotto dal gas all’interno dell’intestino, ed è quello che sento da voi. Piuttosto
andiamo avanti, cerchiamo un modo efficace e sicuro per ottenere quello che vogliamo, non vi
pare?
Giulia che, taceva, e di solito quando interveniva lo faceva con irruenza, questa volta parlò in modo
pacato. Si rendeva conto che il loro compito, come donne, era stemperare, contenere questa diga
ormai screpolata: Ragazzi, calmiamoci, sennò sarà difficile organizzarsi. Ho l’impressione che
stiamo perdendo di vista il nostro obiettivo. Qua, sappiamo bene che la violenza non porta niente di
buono. Io voto per l’astuzia. E lo dico io, che sono stata fregata dalla vita per la mia ingenuità.
Facciamo come avevamo già ipotizzato, diamoci ancora un paio di giorni. V’invito a riflettere,
approfittiamo degli strumenti che hanno messo a disposizione i Potenti, solo così saremo ascoltati.
Sonia era d’accordo, si erano confrontate le donne, erano affiatate loro, sapevano che dovevano
moderare, mediare, quello era il loro ruolo.
Sonia: io sono d’accordo con le mie compagne d’avventura, bisogna ponderare, e se dobbiamo
usare un po’ di parsimonia, meglio, meno rischi. E poi vi ricordo le parole di Suor Gerusa, mansueti
come agnelli ma furbi come volpi! Non facciamoci prendere dall’urgenza di giustizia. Operiamo
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con scaltrezza, se è funzionale alla nostra causa. C’è una domanda che non vi fate, voi tre uomini
coraggiosi; vogliamo veramente ottenere che i politici usino i soldi già stanziati, per dar lavoro ai
giovani? Se la risposta, sincera e onesta è sì, allora, ragioniamo insieme, con calma, senza perdere
di vista questa domanda. Questo è il nostro obiettivo, vi prego, non perdiamolo di vista!
Il crepuscolo calava su Roma, c’era un silenzio surreale, anche i colori della città erano diversi.
Un’altra volta la città era complice di questo gruppo che si batteva per i giovani. La città offriva
loro la calma di cui avevano bisogno per superare i loro contrasti e arrivare a un’equa soluzione.
Condivisa, sentita, e poi attuata.
Il crepuscolo aveva colto di sorpresa anche Gilberto, che camminando sgomento, si era ritrovato su
via Marmorata. Era stanco, non sapeva cosa fare, si sentiva solo. La sua difficoltà nel rapporto con
le donne, era venuta a galla un’altra volta. Non voleva perdere Valery, ma non voleva neanche
snaturarsi, come fare allora? Camminava a testa bassa, sommerso dai sui pensieri, invaso dai suoi
dubbi. Alzò lo sguardo per caso, e il fato gli portò una specie di risposta. Più avanti intravide Suor
Geusa. Per lui era un faro, era una donna ma non lo era, almeno così la percepiva lui, al di sopra dei
generi, al di sopra delle parti. Li univa un passato tormentato. Li univa la capacità di tessere
relazioni con potenti che poi gli erano debitori. C’erano intese tra di loro senza parlare. Bastavano
gli sguardi, si capivano.
La raggiunse spinto dal bisogno della sua vicinanza, solo questo, non gli andava di parlare, a voce
alta la chiamò: Suor Gerusa!
La suora si voltò e lo vide. Vederlo e capire era per lei una sola cosa. Era abituata a vedere dentro le
persone. Si avvicinò e con dolcezza prese il gomito di Gilberto e continuarono a camminare.
Per Gilberto bastò questo contatto per provare un fremito di tenerezza, la sua solitudine per quel
tratto di strada sarebbe svanita.
Parlarono del più e del meno, tra di loro non c’era bisogno di discorsi. E così Gilberto trovò
l’agognata calma che gli serviva, e Suor Gerusa fece il suo dovere, lenire le ferite, portare conforto.
Sotto il crepuscolo romano, un venticello lieve agitava il suo velo, era appagata, dentro di sé pensò,
Signore, grazie per permettermi di essere la tua sposa.
86
CAPITOLO OTTO
Finalmente arrivò la sera dell’occupazione. Come convenuto, Carlos si nascose nel bagno, e quando
sentì che il guardiano sbarrava le porte, inviò un sms a Giordano.
Il gruppo, teso, spaventato e nel contempo deciso, aspettava quel messaggio. Così quasi di corsa, si
presentarono alla porta dell’Ufficio di collocamento, dove Carlos, forzando la serratura, aprì loro e
incominciò l’Occupazione.
Nel retro dell’?Ufficio, c’era il guardiano, s’intratteneva seguendo una partita di calcio da un
piccolo televisore. Non se la sarebbe persa; La Roma Contro la Lazio, lui era un romanista di cuore.
A un certo punto, anche se preso dalla partita, sentì dei rumori inconsueti, quindi si precipitò
nell’Ufficio. L’immagine che gli si presentò era raccapricciante. Un gruppo eterogeneo riempiva la
sala, muniti di sacchi a pelo, torce, vivande e chi più ne ha più ne metta.
Fece due più due e capì che si trattava di una sorta di occupazione. Intervenne con voce ferma:
Ma che ci fate qua? Mo chiamo subito la polizia e ci metto due minuti a rimandarvi da dove siete
venuti, pazzi che non siete altro. Ma che volete?
Giordano, dopo un incrocio di sguardi col gruppo prese la parola, già la sua presenza imponeva
rispetto: Senti, tu non sei diverso da noi, che ti credi che non lo sappia che sei un precario? Esodato
a cinquant’anni, cosa credi di guadagnare mettendoti contro di noi? Ma non capisci? Il Sistema ci
ha tagliato fuori. Fidati che sappiamo cosa facciamo. Domani i giornali parleranno di noi.
Finalmente otterremo che i fondi stanziati per legge, destinati a dare lavoro ai giovani siano
investiti. Ministri del cazzo, manca soltanto il Decreto Attuativo, e noi lo otterremo facendo tanto
rumore.
Il guardiano sgranava gli occhi mentre la sua mente assorbita quello che gli era appena stato detto,
rimase in silenzio e ci fu una pausa.
Giordano capì che era arrivato il momento di fare la proposta: Senti, siamo uguali, tutti quelli che
stiamo qui, ti propongo di aiutarci, faremo finta di averti bloccato, così non devi chiamare la polizia
e nessuno ti potrà accusare. Ma in cuor tuo saprai che hai contribuito a una buona causa.
Il guardiano, sconfitto dalla vita, che Giordano chiamava sistema, non ci mise molto ad accettare,
l’accordo fu sigillato con queste sue parole: E va bene, però vi avverto, niente violenza!
E se ne tornò alla sua partita.
Al gruppo non pareva vero che fosse stato così facile. Si godettero quella prima piccola vittoria e
poi incominciarono a organizzarsi.
87
Gli uomini rimasero svegli a sorvegliare, e chiesero ai giovani di fare gli striscioni da apporre sulla
vetrata dell’Ufficio per l’arrivo della stampa. Sapevano che sarebbe arrivata al mattino seguente.
Invece alle donne fu affidato il compito di comporre il Manifesto, in altre parole una sorta di
comunicato stampa, che avrebbe riferito motivazioni e richieste.
Sonia, Federica e Giulia, ormai si erano calate nella parte. Presero foglio e penna e incominciarono,
Ma erano donne, non potevano evitare di parlare, confrontarsi. Tirare le somme.
Stranamente fu Sonia la più estroversa. Fin lì non si era mai sbilanciata,aveva parlato poco di sé. La
sua emozionalità, trattenuta troppo a lungo, si versò su quelle donne, sentiva che l’avrebbero capita.
Aveva bisogno di raccontare, la sua di perdita, i suoi dubbi, i suoi sogni infranti, quelli nuovi.
Bisbigliavano, e anche Giulia sentiva il bisogno di mettere a fuoco il suo futuro. La sua perdita era
avvenuta, tempestosa, devastante. Era rimasta vuota. Aveva raccolto i pezzi rimasti e li aveva messi
insieme. Stava ricominciando, inventandosi una nuova vita a cinquantatré anni. Era fiera di aver
recuperato il rapporto con le figlie. Certo, gli equilibri erano precari, ma l’affetto c’era. Figlia
dell’anaffettività, alla fine aver raggiunto la consapevolezza del proprio valore, e anche l’agognata
serenità.
Mentre le donne facevano una specie di catarsi, Gilberto, che era rimasto triste, cupo e silenzioso,
intravide dalla vetrata la figura snella di Valery, corse subito ad aprirle la porta. Si guardarono,
c’era un’intensità in quegli sguardi, che le parole non avrebbero potuto sostituire.
Lui la afferrò per mano, la portò nell’ufficio, dove avevano messo i sacchi a pelo e le vivande.
Valery sentì l’urgenza di dire subito il lungo discorso che si era preparato. Ma non fu in grado, le
uscì dalle labbra soltanto una frase: ti amo, non ti voglio perdere, ti accetto come sei e ti voglio stare
vicino!
Anche Gilberto si sentiva addosso al peso di tanto silenzio da parte sua, la resistenza a credere che
avesse in Valery una seconda opportunità, riuscì a malapena a sussurrare: Ti amo, niente al mondo
è più importante di te! A quel punto le loro anime si erano liberate e scatto una passione a lungo
trattenuta. Caddero sul primo sacco a pelo e incominciarono a fare l’amore in modo viscerale,
imprevisto, quasi furioso.
Si mischiarono le carezze, gli odori, le parole d’amore, e l’amplesso prese le dimensioni di
un’unione più forte di quanto potessero immaginare. Godettero a lungo, prolungando il piacere che
si regalavano mutuamente, poi dopo un orgasmo in perfetta sintonia, urlato, metafora delle loro
anime che si univano. si lasciarono andare alla tenerezza. Erano sudati, stanchi, ma felici, si erano
ritrovati.
88
Nell’ufficio, il gruppo sentiva tutto, erano tutti perplessi, ma nel contempo contenti, complici. E’
meraviglioso sentire l’amore che esplode. Si sentivano complici, anche se dovettero superare
l’imbarazzo dei primi momenti. Non ci furono commenti, non ce n’era bisogno, si guardavano l’un
l’altro come sanno fare soltanto i bambini..
E Sonia, che non si era mai raccontata fino in fondo, incominciò finalmente, a parlare di sé: Io non
vi ho raccontato chi sono veramente. Mi sono fatta conoscere soltanto come assistente sociale, e
compagna di Romero. Ne ho passate tante nella vita! Sono vedova, e penso che il dolore di questa
perdita rimarrà per sempre nel mio cuore. Lui era l’uomo più gentile che avessi mai conosciuto.
Una splendida persona piena di valori. Ci amavamo follemente Stare insieme era un piacere
infinito. Mai un momento di noia. Purtroppo non abbiamo avuto figli, malgrado tutti i nostri
tentativi. Ma avevamo trovato il nostro equilibrio, eravamo una famiglia.
Lui faceva l’architetto, ma era un intellettuale. Le nostre conversazioni, mio Dio quanto mi
mancano! Ed io decisi di occuparmi dei bambini bisognosi. Certo che mi riconosco un po’ di
egoismo; era il modo di appagare la mia mancata maternità. La sua morte mi stravolse. E da allora
mi sentii sempre sola.
Quando conobbi Romero, rimasi folgorata dalla sua diversità, pure lui un uomo gentile, generoso.
Pensai che il miracolo fosse avvenuto, mi sentii innamorata. Per un periodo tutto andò liscio, ci
completavamo, avevamo tanto in comune!
Ma adesso, tutto è cambiato. Non lo vedo più così. Il suo estremismo mi spaventa. Sono piena di
dubbi. Ma sono consapevole che non è il momento di affrontare una rottura.
Quando tutto questo sarà passato, comunque vada, affronterò l’argomento. Non posso stare con una
persona così diversa da quello che credevo. Il suo anacronismo ideologico mi destabilizza. Ho
bisogno di stare serena, non voglio convivere con la paura.
Certo che mi spaventa rimanere da sola. Ma qui, vedo tre donne sole, che si sono rialzate, con
fatica, ma l’abbiamo fatto. E a me toccherà farlo un’altra volta.
Vi voglio dire, credetemi, ci tengo tanto, non perdiamoci di vista. Il Signore, il fato, o come
vogliamo chiamarlo ci ha messo sulla stessa strada per un tratto, per compiere una missione che ci
accomuna. Ma conoscendovi, ho scoperto quante altre cose ci accomunano!
Giulia fu la prima a rispondere, era la più spigliata di tutte e tre, aveva le idee chiare: certo Sonia,
anch’io ho sentito la stessa cosa. Vedrai, ci aiuteremo, faremo progetti, ci daremo da fare.
E Federica, con la delicatezza che la contraddistingueva, disse: sono d’accordo, sembriamo i tre
moschettieri! E dentro di sé pensò, toh, è la prima volta che faccio una battuta da quando è mancato
Lui.
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E senza un’altra parola, si dedicarono finalmente al Manifesto.
Gli uomini discorrevano, raccontandosi le proprie vicende, naturalmente intrise d’ideologia. Le
parole che spiccavano erano; Lotta, Partito, Sistema…
I ragazzi, una volta finiti gli striscioni, mangiarono un boccone, ascoltavano la musica con le cuffie
che condividevano, e poi, senza proporselo si addormentarono, cullati dalla presenza di queste
persone che ci tenevano tanto a loro.
Domani è un altro giorno, recita l’attrice di Via col Vento, mai frase più azzeccata, in questo
mondo, dove sia il Comunismo, sia il Capitalismo, si erano mangiati l’UOMO.
90
CAPITOLO NOVE
L’alba è arrivata, gli adulti sono ancora vigili.
Le donne danno gli ultimi ritocchi al manifesto confrontandosi con gli uomini, ci sono tre punti
essenziali, perché Farina, ha fatto una proposta. Ha incominciato con una domanda:
Dico io, ora che ci faremo sentire per i giovani, perché dovremmo smettere di coltivare progetti?
Non vi pare che sia arrivata l’ora di metterci veramente in gioco?
Sentite, c’è il Palladium, avete presente il teatro di Garbatella?
Ovviamente tutti lo conoscevano.
Farina continuò; Ebbene, l’hanno dato in gestione all’Università Roma Tre, che ci fa poco. UN
PECCATO MORTALE! Perché non lo chiediamo noi in gestione? Così apriamo un’ Associazione
Culturale?
V’immaginate cosa potremmo fare? Laboratori, corsi di formazione, spazio per attori, musicisti,
artigiani, pittori, scrittori, eventi culturali, che so io, la lista è infinita, mostre, salone letterario, che
ve ne pare?
I presenti incuriositi, si misero subito a ipotizzare l’infinità di attività che si potevano svolgere, al
grande potenziale di quella struttura. E poi, Garbatella, cavolo, disse Giordano, più significativo di
così si muore!
Ci volle poco perché tutti fossero d’accordo. E quindi si elencarono i punti del Manifesto:
1. Miglioramento immediato del funzionamento dell’Ufficio di Collocamento.
2. Pressione sul Ministero del Wellfare, doveva vagliare in tempi brevissimi i decreti attuativi
per usare i fondi, già stanziati dalla legge e destinati a dare lavoro ai giovani.
3. 3- Ottenere in Gestione, il Teatro Palladium, con una sovvenzione della regione e un’altra
del Comune.
Ecco fatto. La mattina incominciava bene, erano entusiasti, ancora tesi, aspettavano l’arrivo della
polizia, ma erano fiduciosi, pure la stampa sarebbe arrivata.
91
Intanto Suor Gerusa, tramite galoppino, aveva provveduto alla colazione. Si era tenuta in contatto
telefonico con Sonia per tutta la notte.
I giovani, tra uno sbadiglio e l’altro, tra un cornetto e il caffelatte, chiacchieravano. Gli striscioni gli
avevano già esposti. Ora si trovavano un po’ trattenuti, perlopiù, parlavano di quello che gli stava
intorno, del futuro.
A un certo punto, Lorenzo lasciò il suo cornetto e disse; ragazzi, io non me lo posso più tenere
dentro. Ho sofferto tanto, Sapete cosa significa vedersi stroncata la vita così, alla mia età? Mi
sentivo morto dentro. Ma non lo dicevo a nessuno, avevo solo rabbia. Non voglio essere compatito.
E gli sguardi della gente, proprio indecenti, mi fanno sentire tagliato fuori, aoh sono su una
carrozzina, le gambe non mi funzionano, ma er cervello, er core, la lingua tutto l’altro funziona
troppo bene!
Ho pensato che la mia vita fosse finita, ho persino bestemmiato, e me ne vergogno, perché il
Signore m’ha tenuto in vita?
Per conoscere Federica, mi sono detto. Ci siamo trovati noi, con le nostre vite stroncate, col nostro
immenso dolore. Pensa che non volevo manco essere toccato, ma quando lei mi ha sfiorato la prima
volta, giuro che ho provato un brivido che pensavo non avrei provato mai più!
Ora, tutto è diverso, ci siete voi, lo so che avete sofferto pure voi, a modo vostro. Ma io mi sento
rinato. La vita mica finisce se non puoi camminare, rimane la testa. I pensieri, la voglia. La
speranza, ecco cosa mi avete dato tutti. Con voi ho imparato che c’è chi mi guarda in maniera
diversa, ed è bellissimo rega!!
A Marco e Giacomo scapparono delle lacrime che scendevano agli angoli della bocca. Giacomo
rimase in silenzio, lui i suoi sentimenti li custodiva gelosamente, mentre Marco, con la voce rotta,
riuscì a dire: sapeste quanto mi manca la mia mamma, la mia casa!
Maria Carla aveva ascoltato con trasporto, la prima apertura di Lorenzo, e tratteneva i singhiozzi,
era una tosta lei. Si sentì di dire la sua però. Era la più grande, e quindi aveva più ricordi, quelli
bello e quelli che le provocavano gli incubi: Ah Lore, sapessi noi, che vitaccia! Mia madre malata
che manco ce la fanno vede, quello sciagurato di mio padre che si prende i soldi per noi e non ci si
fila manco di striscio. Carogna, ci ha abbandonati, manco se lo ricorda che c’ha tre figli.
92
Se non fosse per Suor Gerusa, e soprattutto per Sonia, a quest’ora mi toccava battere per dar da
magna a sti disgraziati di fratelli miei. Ma che c’aspetta a noi secondo te? Anche se c’avemo le
gambe? La fame. Meno male che l’istruzione ce la danno. Io però, mi mangio le lacrime ogni notte,
e prego, dico al Signore di non farmi arrender, ce la posso fa io. Vedi, chi se lo aspetta, che sta
brava gente pensasse a noi? Siamo fortunati.
Adesso ci siamo ritrovati, a me me ne frega un tubo se stai su una carrozzella, ar core nun se
comanda. Tra tutti, vedi un po’ che riusciamo a fa. Come che me chiamo Maria Carla, che un futuro
ce l’avemo pure noi.
Le donne, avevano sentito, facendo finta di niente ma col cuore stretto e il groppo in gola.
Soltanto questo le appagava. Erano sagge le moderatrici, un passo alla volta. Neanche loro si
sarebbero arrese.
Verso le nove, s’incominciò a sentire una sorta di trambusto, i primi giornalisti stavano arrivando. Il
Potente era stato di parola. Perlopiù, ragazzi molto giovani, del Messaggero, Radio Radicale, TG
Regione Lazio, anche due o tre rappresentanti di siti web. I fotografi erano i più rumorosi.
Ma tutti erano curiosi, che scoop, una notizia così mica capitava tutti i giorni! Sia per i protagonisti
della vicenda che per il contenuto. Ammazza, commentavano, un’occupazione.
Bussarono alla porta per intervistarli. Si era deciso di scegliere un portavoce, chi meglio di
Giordano? Fece un cenno ai compagni e uscì, manifesto in mano, lo consegnò alla stampa. Non si
trattenne, come si era promesso. I suoi destrieri, ormai erano indomabili, quindi rispose a tutte le
domande che gli furono poste. Contrariamente al suo solito comportamento, la sua ideologia si
travestì di realtà, per l’occasione.
Quella lunga notte insonne, gli aveva portato consiglio. Era giusto che il messaggio, arrivasse forte
e chiaro. Non voleva aggiungere né pensieri suoi, tantomeno posizioni estreme, che alla lunga,
avrebbero distolto l’attenzione dal vero obiettivo.
Anche la Polizia arrivò, puntualmente in ritardo. Certo, erano stupefatti, ma che dovevano fare con
quello strano gruppo? Portarli tutti in gattabuia? Erano perplessi, si consultavano, ma il problema lo
risolse una telefonata arrivata proprio dal Prefetto: Ordine chiaro, osservare senza intervenire.
L’occupazione durò due lunghi giorni. La diffusione della notizia si allargò più del previsto. E la
fine arrivò in modo inconsueto.
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Dichiarazione Stampa del Ministro del Welfare, promessa di legiferare il famoso Decreto Attuativo.
Promessa di94 migliorare il funzionamento dell’Uffficio di Collocamento (e questa, politica pura,
era appena uscita la notizia di quanto funzionassero bene in Germania)
Promessa di rivedere la gestione del Palladium. Fine. Corto. Indolore.
Certo il gruppo non si aspettava di meglio, già le promesse bastavano. Erano un inizio. E non si
preoccupavano, sapevano di aver imboccato la strada giusta. Ora tutti sapevano. E chi li fermava
adesso?
Ancora una volta, si ritrovarono al Circolo San Pietro, dove tutto era nato. Stanchi, ma soddisfatti,
si cibarono, e poi, come evitarlo? Iniziarono a tessere la trama di un’altra avventura, quella
dell’Associazione Culturale Palladium. E già, il nome era emblematico, lo dovevano mantenere.
94
EPILOGO
Sono Giulia, ho cinquantacinque anni. Sono serena.
Ormai sono passati due anni da quando la perdita mi fece sprofondare. Soltanto i miei valori e tanto
coraggio, mi permisero di riemergere.
Incominciai per guardare dentro di me, nosce te ipsum, fieri quod sis tu, dice l’Oracolo di Delfi.
Vissi una vicenda straordinaria. Riprendendomi mi avvicinai a un gruppo di persone, diverse,ma nel
contempo simili.
Alcuni li conoscevo, altri no. Tutti avevamo perso tanto. Formammo un gruppo compatto,avevamo
in comune i nostri valori, la voglia di ricominciare. Il desiderio di spenderci per il futuro dei
giovani.
E arrivò il momento di occupare l’Ufficio di Collocamento di Testaccio. Chi l’avrebbe detto?
Non sono mai stata estremista, ma ci voleva un gesto eclatante. Ottenne successo.
Fece clamore, qualcosa riuscimmo a cambiarla.
L’Associazione Culturale fondata da noi, funziona benissimo. Io gli aiutai, sono brava con la
burocrazia e con i rapporti interpersonali. Per un anno feci parte di quell’avventura.
Ora, invece, ho capito che la mia strada è individuale. Ho accettato la mia solitudine. Sto bene con
me stessa. Mi sono, finalmente, inventata una nuova vita.
Ho raggiunto quell’obiettivo che mi pareva una chimera, e sono grata a tutte le persone che mi
hanno accompagnata in questo percorso. Molte non ci sono più nella mia vita, come spesso accade.
Le più leali sono rimaste, come sempre.
Frequento il gruppo spesso, rimarranno nel mio cuore eternamente.
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ACCADDE A TESTACCIO
di
Sandro Rossetti
Corso di Scrittura Creativa anno 2014 condotto da Chiara Borghi
La bottega dello scrittore
Autore: Sandro Rossetti
Nato a Roma, insegnante, alla mia prima scrittura, dopo aver frequentato un corso a La bottega
dello scrittore, sono arrivato alla conclusione che la vita bisogna viverla ma anche scriverla. Ogni
riferimento a fatti e persone è puramente casuale.
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PROLOGO
Sono un inviato, free-lance, del TG Regionale del Lazio; ci troviamo al quartiere di Roma
“Garbatella”, dove un altro evento, in questa città ha risvegliato la gente, di questo quartiere.
Dopo circa 2 anni il cinema “Palladium“, di proprietà del comune di Roma, ha riaperto i battenti
con una iniziativa del comitato di”occupazione”La Testa”(proveniente dal quartiere Testaccio).
Dopo, lunghi lavori di restauro, a cui hanno partecipato, non sempre gratuitamente per uso di
costose attrezzature, gli artigiani del quartiere e con la solidarietà degli abitanti, storicamente di
“sinistra”, oggi il cinema-teatro, riapre in una nuova veste, come centro permanente di aggregazione
culturale.
Ora avviamoci verso l’entrata ed iniziamo con l’intervistare questi due anziani dall’aria vivace e
popolana.
Buon giorno!, siamo del TG Regionale, come avete fatto, soltanto con le vostre forze, a far
rinascere il locale? Il vostro nome per favore?
Io sò Vartere e lui è Richetto, noi se semo m’biancati tutto er cinema, un mese e mezzo a m’biancà!,
un culo!.., mò stamo fori a pià n’po’ d’aria e a fumasse nà sigheretta, però voi entrate, prego! che ce
stà la presentazione der libbro! Nun l’avemo scritto noi due eh! però, ce stamo dentro, bella storia
eh Richè!!
Bella!! nà favola, entrate daije nun fate complimenti!..
Un bel ragazzo con una barbetta da adolescente, in carrozzina, spinto da una bella ragazza dai
lunghi capelli neri, ci vengono incontro.
Ciao! Io sono Lorenzo e lei è Maria Carla ma accomodatevi, giù in fondo sul palco, chiedete pure a
loro.
Sul palco, due signori sui 50 e passa, uno sembra dell’America latina, stanno ancora inchiodando le
tavole di legno grezzo del pavimento, piacere!, io sono Gilberto, scusate ma abbiamo da fare,
chiedete a destra, loro sapranno spiegarvi.
Più a destra, un tavolo improvvisato con dei cavalletti, con quattro persone, tre donne ed un uomo,
anche loro di mezz’età ma ben curati ed in abito da sera, elegantissimi.
Allunga la mano per primo l’uomo al centro, presentandosi:
piacere!, Giordano, voi siete? Ah vedo, del TG Regionale, bene!, stiamo presentando il nostro libro,
prendetene una copia, per favore, è la nostra storia, la nostra rinascita e speriamo che in questo
locale, possa rinascere una parte di Roma.
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Grazie! Si chiama? “Accadde a Testaccio”!, una favola del passato? Cosi ci avevano detto
all’entrata!
No! Che favola!, è la realtà!, parla della formazione del nostro comitato, le nostre storie più intime e
personali, di come siamo rinati.
Oggi, grazie all’aiuto di tutta questa brava gente, che vedete ora montare la struttura delle luci,
laggiù dove stanno facendo le pulizie del locale…, oggi siamo molti di più!!
Questa gente era stata privata di un centro di “cultura”, ed è rimasta “digiuna”, fino ad oggi, sono
affamati di relazioni sociali, di eventi culturali, la vita insomma!!
Mi scusi, non ho presentato le nostre donne coraggiose: alla mia sinistra: Federica e Giulia, alla mia
destra, Sonia, ah! E lassù a cucire le tende Valery.
Il Comune di Roma e i ristoratori della zona, ci ringrazieranno di questa nobile iniziativa, senza
nessunissimo scopo di “lucro”, ci sarà: cinema, biblioteca di quartiere, concerti di musica di tutti i
generi, sale di ricreazione, giochi, dibattiti, letture di poesie, corsi di arte e mestieri, niente
gastronomia purtroppo, non si può…
Grazie! STOP! Basta cosi, a voi la linea…
Auguri a tutti voi, vi verremo a trovare senz’altro,vi auguriamo buon lavoro e grazie per il libro.
Grazie a voi!! Dicono in coro i quattro.
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CAPITOLO 1
Personaggi del racconto, che si incontrano, nell’Ufficio del lavoro, nei pressi del mercato rionale di
Testaccio.
Romero, Sonia, Giordano, Giulia, Carlos, Gilberto, Valery, Jeffrey, Maria Carla, Marco, Giacomo,
Lorenzo, Federica, Valter, Righetto .
Sonia, sociologa, conduce i tre fratelli, Maria Carla, Marco, Giacomo, dei quali è responsabile, nella
casa famiglia in cui opera, nello stesso rione di Roma.
Ella pensa, che là possa avere dei riconoscimenti, da parte del comune, del suo operato, inoltre i
ragazzi, devono imparare a conoscere il percorso istituzionale dell’ambito lavorativo.
Giordano, approfitta del giorno libero di Valter e Righetto(che lavorano e risiedono, in una trattoria
di Testaccio, con riposo il lunedì) per condurli, ad un appuntamento che ha preso, per presentare
alcune istanze.
Il fatto è, che Giordano e Romero, stanno cercando di dare corpo ad un’ambiziosa idea, un progetto
“i bambini del futuro”, coinvolgendo anche Sonia, Giulia, Carlos e anche, per l’aspetto folkloristico
ed emozionale, Valter e Righetto .
Gilberto, insieme alla sua compagna Valery (vive della pensione di bibliotecaria, dello
statoFrancese), ed il suo amico e guardaspalle:Jeffrey (ex pugile, proveniente dalla Lousiana,
residente In Francia) . Così anche questi tre, dovranno avere contatti, con il medesimo ufficio,per
avere notizie, riguardo i permessi per aprire un “centro culturale”permanente”,stanchi ormai del
loro peregrinare,per il mondo, come corrieri di “preziosi”.
I tre, un finto barbone,accompagnato da una graziosa e distinta sessantenne ed un gigantesco
lottatore negro, oltrepassano l’ingresso dell’ufficio.
Valter e Righetto, sono i primi a notarli, fissano il gigante, per primo, con occhi arguti e curiosi di
“ragazzi invecchiati”, e per non smentire l’uso dei rioni popolari di Roma, di ironizzare il
malcapitato di turno, sfacciatamente, dice Valter: Ah righè! ha visto che quintale de bistecche
abbruciate, che er barbone e a sgrinfia se porteno appresso!!
Righetto: Ah Và!! Me sa che fai meglio a tenette, che sinnò “Lothar”(personaggio del fumetto anni
70, L’uomo mascherato”), ce sfonna li denti e a me ancora me serveno!!
Gilberto, in un italiano impeccabile, rivolto a loro, risponde:Debbo ringraziarvi, per la simpatica
battuta, che ha avuto l’innegabile merito di spingermi a presentare me e i miei compagni, sono
sicuro che avremo mille cose interessanti da raccontarci in un prossimo futuro.
99
Dopo una lunga e snervante attesa, tutti in fila, davanti all’unico sportello aperto, sopraggiunge un
usciere, che ad alta voce avvisa il pubblico, che per un malaugurato “guasto “al terminale, la cui
riparazione non è prevista, in tempi certi, ovviamente, ci scusiamo per il disturbo ed il disagio
arrecato e consigliamo di tornare il giorno successivo, per non causare un'altra inutile attesa agli
utenti.
Esclamazioni di frustrazione,qualche bestemmia e cori di mugugni, si levano subito dalla sala.
La fila si frammenta,formando dei piccoli capannelli, che indugiano sul da farsi.
Dal capannello di Sonia, Maria Carla, vede passargli davanti, un bel ragazzo, sfortunatamente, su
una sedia a rotelle, lo guarda attentamente e riconosce in lui un ex compagno della scuola media.
Superato il primo istante di disagio, gli si avvicina e lo abbraccia baciandolo teneramente,quindi si
appartano per narrarsi le proprie vicissitudini .
Federica, che si era momentaneamente allontanata da Lorenzo, chiede a Sonia: Ma era con
lei,quella ragazza che si è allontanata con quel ragazzo sulla sedia a rotelle?
Si, io sono Sonia,una sociologa, posso garantirle che il suo ragazzo, con lei, non corre alcun
pericolo e anzi, già che ci siamo, mi permetta di presentarle, i suoi fratelli: Marco e Giacomo,
piacere!! rispondono loro, signora, posso sapere il suo nome?
Oh! mi scusi, io sono Federica, una grande amica di Lorenzo, il ragazzo con la sua Maria Carla.
“Ebbene, visto che abbiamo del tempo, mi permetta di presentarla al gruppo di cui faccio parte”…
Con un largo gesto della mano, chiama gli altri, e si presentano, alla donna appena conosciuta.
Federica, si sente rassicurata, dalla cordiale accoglienza del gruppo,nel frattempo arrivano anche
Maria Carla e Lorenzo, quest’ ultima, raggiante si presenta a Federica.
Sonia, a voce alta, rivolgendosi al gruppo ed anche alla sala intera, propone che: dato che si è fatta
l’ora di pranzo,”noi andiamo quà vicino, al Circolo S. Pietro, perché non vi aggregate?”
Gilberto e i suoi sentendo la proposta, si aggrega al gruppo, ormai di più di una decina di persone.
Nel circolo (mensa per i poveri), che occupa un ex magazzino, all’interno del cortile di una
chiostrina del caseggiato popolare, in via Mastro Giorgio, tutta la brigata, vivace e rumorosa,
occupa quattro tavoli, mischiandosi agli avventori del locale,per lo più,immigrati stranieri ma anche
italiani precipitati in basso, nella scala sociale,dai trenta ai settant’ anni, donne e uomini.
Il gruppo si accoda alla fila (per la seconda volta, nella stessa mattinata),in attesa, che le due
simpatiche inservienti,addette alla distribuzione, attraverso una finestrella,posino sui loro vassoi i
vari piatti, scelti, da una dignitosa lista di cibi, offerti a 2,50 euro per un pasto completo.
Gilberto, Valery e Jeffrey, euforici per la calda accoglienza, sentono di condividere un particolare
momento, dopo aver passato la vita in giro per il mondo.
100
Terminato il pasto, si avviano verso l’uscita, indugiando, però, nel cortile del refettorio,
improvvisamente, ispirato, Gilberto chiede al giovane dell’est, la sua chitarra e come per incanto
ogni brusio cessa per dar luogo ad un silenzio d’ attesa.
Gilberto,vuole ripagare la cortesia e l’affetto dimostratogli e osservando i visi di Romero, Carlos gli
viene in mente una storica canzone cubana che canta le gesta del CHE’, qualche accordo e la voce,
intensa e velata intona: Apprendimos a quererte!!...
Inimmaginabile che chiunque in quel frangente, mostra di conoscerla, anche dal caseggiato un coro
si unisce in un canto che si fà possente, dopo le dovute strofe, termina in:“De tu cherida presencia
comandante Che Guevara”!!...
Un silenzio profondo e poi lacrime di commozione insieme ad un lungo applauso per salutare un
sogno di unità ed appartenenza, che di lì a poco svanirà, risvegliando quei sentimenti che
sopravvivono alla sconfitta.
101
CAPITOLO 2
Giordano, approfittando della compattezza del gruppo,incalzante e ad alta voce:…Amici miei,
questo insperato senso di unità che accomuna la nostra sorte, in qualche modo, ha radici nella
esperienza di alcuni di noi, militanti della sinistra politicizzata ed ha riacceso la luce di quella
fiamma della speranza .
Ora mi domando, che cosa ne sarà del nostro futuro, che ne sarà di noi e della generazione che
verrà? I nostri genitori e nonni, ci avevano consegnato un pianeta in “buono stato”, la guerra
finita,speravano e contavano su di noi, per ricostruire un “uomo nuovo”.
Incline alla pace, alla solidarietà, alla giustizia tra i popoli, certamente non immaginavano
questa“evoluzione-devoluzione”dei diritti acquisiti e dello spirito che ci accomunava, come
appartenenti a questo pianeta .
Una contraddizione che mai si sarebbero aspettati, in questo pseudo avanzamento economico,ed una
regressione nei bisogni reali e nei legami sociali, utili per combattere e reagire, a non essere mai
soli, davanti alla menzogna spacciata per verità.
Ora ci propongono un surrogato di civiltà e verità, cercando di autoconvincerci, che sia l’idealmente
tutto quello passato era “illusione”.
Viene ora riproposto come una moda di ritorno, in un cammino completamente svuotato di
significati
come le banche che usano le immagini di Woodstock per promuovere i loro “rivoluzionari”tassi di
interesse, oppure i palestrati che fanno sfoggio di tatuaggi del”CHE”, è il gioco delle tre
carte…mischia, mischia…
Il pianeta sta cambiando la sua natura ed il tumore è arrivato ora, al vicino di casa.
I nostri sensi da cinque che ne avevamo, quanti ce ne sono rimasti?
Udito: distorto dai falsi e manipolati notiziari
Odorato: le superfici nasali, sono stratificate di smog e odori artificiosi
Gusto: questo è una continua violenza a cui ci si deve continuamente frapporre
Vista: attraverso pareti e muri di cemento ed insieme a persone che si muovono in una continua
frenesia, non è l’ideale…
Tatto: non ci tocchiamo quasi più, siamo lontani uno dall’altro...,un sesto senso però, quello che
appartiene allo spirito, che alberga nella casa del cuore, della ragione, della libertà, della dignità,
questo mi dice che dobbiamo resistere e continuare a lottare, anche soltanto per la nostra
indipendenza, un lavoro, una casa, ogni uomo ne ha diritto!!
102
Propongo quindi un efficace metodo di lotta che, fin’ora, non ha mai fallito, l’“Occupazione”.
Carlos subito incalzante: come già sapete e conoscete le nostre militanze politiche, svolte in
circostanze, drammatiche, nell’America Latina, dove le proteste, iniziano dal salvare la propria
incolumità, dalla sopravvivenza a morte sicura e violenta per mano di pochi, dittatori pronti ad
espropri e pulizie etniche in cambio di denaro e potere.
Romero; sullo stesso tono: troverete in me un depositario di tutte le fedi e le ideologie che,
appartengono al concetto di, rispetto, giustizia e solidarietà, non aggiungo altro,dico soltanto che,
io, un Gesù Cristo, l’ho visto in faccia, non quello biondo con gli occhi azzurri che sta in Vaticano
ma quello che è morto in Bolivia, nero di botte con le labbra viola, che è realmente morto per il
desiderio di vedere un popolo libero, finalmente, el “CHE”.
Applausi e fischi di approvazione, “Occupazione”è la parola d’ordine .
Sta iniziando a fare buio,prima che il gruppo si disperda, Sonia, invita tutti a scambiarsi i propri
recapiti e telefoni poiché a breve, si terrà una riunione per prendere opportune decisioni, in merito
alle proposte scaturite da questo, primo, coinvolgente, incontro.
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CAPITOLO 3
Riunione nella casa famiglia (decisioni sull’occupazione)
Gilberto: Sono le undici! Valery, Jeffrey, siete pronti? dobbiamo andare!
Jeffrey: Sii!, siamo pronti da un ora, perché così tardi?
Gilberto: Ha detto suor Gerusa a Sonia, che preferiva che tutti i ragazzi stessero dormendo nella
casa, di modo che nessun’altro venisse coinvolto, né sconvolto dai nostri discorsi.
(Valery guarda fuori dalla finestra): C’è nebbia stasera, che tempo assurdo, pensavo che venendo
più a sud, avrei trovato sempre sole e giornate chiare, mentre oggi sembra di essere a Londra .
Gilberto: E’ colpa dei cambiamenti climatici, del “sistema”che continua a iniettare cemento il
pianeta e tagliare le foreste, bruciando tutto, è uno schifo, porci politici assassini!!
Valery: Ultimamente ti trovo più aggressivo, che forse ti tornano in mente le frasi del tuo passato da
P.C.I.?
Gilberto: Ahaaaaaa!! Ancora!!, il P.C.I. è ormai cosa morta, è la giustizia, quella si ci vuole.
Va beh! Allora andiamo? Le tre ombre, si allontanano percorrendo il viale Aventino, immersi nella
nebbia, tutti e tre sottobraccio, con al centro Valery .
Valery: Perché non prendiamo la macchina?
Gilberto: No! Hanno detto che non dobbiamo essere rintracciabili in nessun modo, anche se Jeffrey,
con la sua mole,però c’è nebbia ed è notte e lui è così scuro, ti si vedono soltanto i denti ed il bianco
degli occhi, prova un po’ a chiuderli!!
Jeffrey: Spiritoso!!, guardati tu, sembri uno del “Signore degli anelli “,con quel cappottone lungo,
nero e il cappello nero, ti manca solo la spada sotto!!
Valery: Voi uomini!, siete sempre, come si dice? in superficie, non pensate a quei poveri bambini,
senza i loro genitori, lasciati in un luogo che non potrà mai, essere la loro vera casa, quale sarà il
loro futuro, quando saranno donne e uomini soli al mondo? in questo mondo di “merd”!?
Da un debole alone, di luce nebbiosa, si vedono sagome scure, come lente ombre nello spazio
deserto, si approssimano ad entrare nella Casa Felicita, dalla porticina secondaria, nessuno in giro!
Jeffrey abbassa la testa, ed entriamo, Salve a tutti! In silenzio…, c’è un‘atmosfera cupa e di
tensione, tutti sono seri ma con gli occhi attenti.
Nel refettorio,con le panche predisposte in circolo, con un unico debole lampadario al centro e sulla
parete, sotto l’immagine di una Madonna col bambino, una decina di candele accese, nella
104
penombra riusciamo a riconoscere tutti e Sonia ci invita a sedere sulle panche, dure e di legno
scuro, si sente ancora l’odore di minestra in brodo…
Suor Gerusa, in abito nero, con voce bassa e sottile ma determinata, inizia dicendo:
Siete a casa mia!, sarò io quindi ad introdurre la riunione!, gli altri dormono tutti, per cui vi invito a
moderare il tono della voce, che situazione!!, comunque diciamo, dobbiamo decidere il come ed il
quando, di questa,come si dice? Ah”occupazione”nell’ufficio del lavoro, prima di tutto, siete
proprio tutti convinti? Suor Gerusa scruta, in senso orario, il gruppo…tutti, alcuni con un po’ di
ritardo, abbassano il capo in cenno di assenso, in silenzio .
Bene! dice suor Gerusa, che Dio ci aiuti! Adesso a voi la parola.
Romero si alza in piedi ed inizia:
Abbiamo già elencato, i giusti e motivati principi, che ci hanno portato a questa scelta, nel nome di
una equa giustizia sociale e per rivendicare un nostro”sacrosanto diritto”.
Per spirito di eguaglianza, ognuno di noi, dovrà esprimersi sulla tattica da usare, per appropriarci
dell’ufficio, nessuno escluso.
Io, personalmente, insieme a Carlos e Giordano, abbiamo pensato ad un metodo pacifico e corretto,
senza effrazione: Carlos, dal pomeriggio, si nasconderà nello stanzino in fondo tra gli attrezzi per le
pulizie, appena chiuso l’ufficio, ci aprirà dall’interno ,staccherà l’allarme e la luce ed entreremo nel
buio, tutti quanti ed è fatta!
Carlos e Giordano, approvano, sottolineando che in caso di necessità, il guardiano verrà persuaso
con le buone, da Jeffrey.
Nel frattempo, Gilberto, allontanandosi dal gruppo, telefona al “potente”:
Ciao, sono Bert, (a bassa voce, bisbigliando) qui a Roma, io ed una quindicina di persone, abbiamo
la necessità di occupare, l’ufficio del lavoro a Testaccio, in via Galvani, non ti stò a spiegare il
perché ma sappi che è una giusta azione, impellente, poi ti farò sapere il giorno e l’ora precisa,
potresti tenere buono quel commissario capo, sai, quello dello smeraldo colombiano?
Dall’altra parte del telefono, in italiano, c’è una risposta affermativa: va bene!per te, se vuoi ti posso
mandare anche la R.A.I., ciao a presto e mi raccomando.
Giulia, senza aver ascoltato nulla della telefonata, interviene ad alta voce ma, suor Gerusa la
ammonisce subito, con uno Shhhh!!! tipo sciacquone. Scusi, dice educatamente Giulia, volevo
proporre, prima di occupare, una conferenza stampa, con i giornali e le tv, tutti devono sapere che
l’Europa ha stanziato, in Italia, dei fondi per l’occupazione giovanile, che sono fermi per motivi
burocratici e di malagestione dei ministeri.
Federica: Io penso che, dobbiamo agire nella legalità, chiedere prima il permesso e svolgere una
manifestazione, coinvolgere anche la gente ed insieme a loro occupare. Sonia: Dovremmo
105
coinvolgere, anche gli stessi impiegati, che io conosco e so che hanno un contratto precario, magari
a fine turno, li coinvolgiamo a rivendicare il loro diritto ad un contratto a tempo indeterminato,
dopo anni di precarietà, se poi, potessimo evitare scontri con la polizia ed incontri in Questura…
Gilberto: Mi hanno assicurato che, verranno telecamere e giornalisti e che la polizia se ne starà
tranquilla, sicuro!, io per me penso che entrando dalla finestrella del bagno che non chiude bene,
forzando con un tubo la grata, si potrebbe entrare di là, un piccolo danno.
Sonia, dopo aver confabulato con Giulia e Federica, propone:
Direi che ancora non siamo d’ accordo tutti, su come procedere, vedo molta vitalità ma ancora delle
incertezze, proporrei di rimandare l’argomento del “come”, ad una prossima, recente, riunione e nel
frattempo potremmo decidere il “quando”, vista anche l’ora che si è fatta.
Romero: Giusto!, io proporrei Venerdì, cioè trà cinque giorni da oggi.
Tutti approvano con un cenno del capo ed in silenzio, si alzano, si stringono le mani con complicità
di sguardi e si avviano verso l’uscita,alcuni, prima, si fanno il segno della croce, altri, accelerano il
passo, verso fuori; è notte fonda, silenzio assoluto, freddo e nebbia, che contengono ogni emozione
o frase.
Approfondimento 1
(Il Potente)
Dall’unione di una hippy, che andò a vivere, negli anni 50, nella riserva indiana ed un discendente
di Cochise, nacque un bambino.
Cochise, fu un grande guerriero della tribù degli Apache, che tenne testa numerose volte alla
invasione dell’esercito statunitense, rischiò di morire in un tranello, cioè: doveva recarsi in città, per
firmare un trattato di pace con il generale, il quale prima ancora lo avrebbe fatto uccidere,non si
fidò e continuò a vivere fino al 1874,sempre combattendo.
Il figlio, cresce nella riserva in Arizona, compiendo i riti di iniziazione, tipici della tribù; uno dei
quali, lo vide legato ad uno scheletro di grosso animale, in mezzo al deserto di Sonora, interrogato
per diversi giorni, dai nativi, non avrebbe dovuto rivelare i l luogo, dove un giorno era stato a
cacciare il lupo .
Successivamente, gli fecero conoscere la “miniera segreta”, a cui si arrivava da un fiume, in canoa,
tuffandosi, c’era una apertura di un Canyon, dove si entrava in una galleria che saliva, verticalmente
parallela alla parete della montagna, in alto c’era una botola che, l’ignaro, al solo aprirla, avrebbe
fatto scoccare,frecce avvelenate, che uccideva l’usurpatore,trascinando il resto nel fondo del
Canyon.
106
Questa miniera, era di estrazione dell’Opale, una pietra che contiene tutte le sfumature e i colori
dell’universo terreno e celeste, di uno splendore divino e con striature multicolore, questa era uno
dei beni più preziosi, tramandatasi nella famiglia.
Sposò una donna indiana, da cui ebbe un figlio, ma per poter migliorare le condizioni,sue e della
famiglia, scelse di andare a vivere in Francia, lasciando il figlio, ormai ventenne, a studiare in un
Campus in Australia, sarà lui che lo rifornirà segretamente, dalla miniera .
Stabilitosi a Marsiglia, lo si vede passeggiare, al fianco della moglie indiana,come un artista dai
lineamenti americani ma dalla pelle scura,sui sessant’anni,ancora conserva le tradizioni del suo
popolo,un tatuaggio al centro della schiena,che indica il suo vero nome “selce tagliente”, per le sue
frasi che “rimuovono le oscurità delle tenebre”.
Le sue tradizioni, vorrebbero liberare il suo spirito “guerriero “ma ormai entrato nel commercio di
preziosi, è costretto a vivere segretamente, come pittore di stregoni e di simboli strani,(in realtà
dipinge i suoi riti religiosi per la protezione sua e della sua tribù),in una vita da eccentrico signore .
Gilberto Farina, lo conobbe un giorno che girovagava, come un barbone, pensieroso, per le strade di
Marsiglia,distrattamente l’occhio si fissò su di un cagnolino, che stava attraversando i binari di un
tram in arrivo frenando e stridendo,Gilberto senza pensare si gettò sul cane, riconsegnandolo al suo
padrone, sul marciapiede.
Il signore, insieme alla moglie (il potente), dopo vari ringraziamenti, un po’ in francese e un po’in
inglese, fece capire che, per il suo dimostrato coraggio, la sua bontà d’animo e sprezzo del pericolo
sarebbe stato, il suo uomo ideale per il suo commercio, tra una birra e l’altra si concluse ad offrirgli
il lavoro di, corriere di preziosi nel mondo .
Nel tempo il loro rapporto di fedeltà reciproca, si è andato rinforzando, per qualsiasi aiuto altolocato
avesse bisogno Gilberto, lui si sarebbe offerto, soprattutto in casi dove sia possibile riscattarsi, di
fronte a delle ingiustizie sociali o di solidarietà dei popoli più deboli.
Approfondimento 2
“Gilberto Farina”
Una coppia, equilibrata, decisamente di”sinistra”, lei, Amanda Neri; vice presidente del P.C.I., in
Via delle botteghe oscure, lui Gilberto Farina;impiegato nell’ufficio elettorale del Partito.
Lui: figlio di artigiani, diplomato al Tecnico Industriale, persona sincera e sognatore, con talento
artistico, impegnato politicamente, media statura, volto asciutto,occhi grandi, un piccolo neo al
centro della fronte.
Lei: laurea in Diritto ed Economia, rimasta orfana all’età di trenta anni,figlia unica, a causa di un
incidente stradale, lineamenti del volto, rotondi ma con occhi sottili, freddi e distaccati, anche lei
politicizzata, con una predilezione però alle “soap opera”, bravissima in cucina.
107
Vivono a Roma, in un luminoso attico dell’EUR, completamente assorbiti dalle amicizie e dalla vita
di partito, senza figli, non per scelta. Tutto sembra andare per il giusto verso, tranne qualche
pensiero, catalogato dalla moglie ”artistico”, che porta Gilberto ad avere seri dubbi sulla sua,
consolidata, esistenza .
Mentre, in una piovosa notte di Novembre, Gilberto, sudato, si alza di scatto dal letto…per
l’ennesima volta, colpa di un suo incubo ricorrente ormai da due mesi .
Sognava, che lui e sua moglie, si specchiavano,lei piena di gioielli ed anche lui, con catena ed
orologio d’oro, mentre dalla cabina doccia, fuoriusciva un fiume di fango che pian piano li
sommergeva, facendoli soffocare,bloccati nel bagno.
Questo incubo, iniziò il giorno in cui, lui, si rese conto, della complicità della moglie, in un broglio
elettorale, che favorì un collega di lei a diventare presidente del partito.
Così, la mattina successiva, col suo scooter,attraversò la città, ancora inondata d’acqua,con
fermezza entrò nella sala riunioni, dove in quel momento, era convocata, la segreteria al completo.
Aprì la porta a vetri ed a voce alta, rivelò la verità, taciuta fin ora,sulla immorale e disonesta
manovra, compiuta dai due, che ora sedevano, uno accanto all’altra, al vertice del Partito.
Convinto, di aver fatto un gesto di correttezza e sincera fede nel Partito, rimase di gesso …quando
gli comunicarono, subito dopo, il suo, di licenziamento, i suoi vecchi amici lo guardavano e lo
tenevano a distanza, come uno stupido, un reietto .
Dicevano che, non aveva compreso quale fosse veramente la realtà, del partito, che politicamente, la
lotta doveva proseguire, senza inutili ostilità o messa al bando dall’opinione pubblica, mettendo
anche in discussione gli insindacabili principi del P.C.I.
Tornato a casa, la moglie, gli aveva già fatto le valigie e senza neanche rivolgergli la parola, lo
metteva alla porta.
“La Perdita”
Abbandonato, su di uno scalino, di una chiesa…, il travertino, freddo, gli dà un senso di
“fermezza”, si ritrova a ricordare la sua infanzia, il suo carattere giocoso, una continua curiosità che
lo lasciava sorpreso, con gli occhi spalancati, quando c’era una novità, la mente era libera di
scoprire,era un nuovo gioco e poi ancora un altro.
Ogni uomo, ha sempre dentro di sé il “bambino”, riappare, soprattutto, ogni volta, che si è coscienti,
di una perdita del “senso “della vita, RESET!!
Adesso si sente, veramente solo, avvolto in una nebulosa grigia e carica di elettricità, lo stomaco gli
brucia per la tensione ma rimane fermo, immobile, a braccia conserte, la schiena appoggiata alla
colonna di marmo scanalato, gli dà dolore, ma gli ricorda che il suo corpo è ancora lì.
108
Ecco!!, il termine giusto è “disoccupato”, dalla vita, dall’amore dall’amicizia, è diventato in
esubero, uno come lui non serve più alla società .
La sua sincera bontà, la sua creatività, il suo pensiero orgoglioso ed ostinato,che era sempre solito
trovare una logica soluzione.
Come, distrattamente, vede un sampietrino irregolare, sparso sul marciapiede, cerca,
ripercorrendone il tragitto a mente, da dove si è staccato, la sua è una mania tecnico-logica.
Mentre ora, si sente più simile a quella pianta, che aveva in balcone, che crescendo troppo
lentamente, non riusciva ad attaccarsi ai ferri, che già il vento la portava via…
Il matrimonio, la politica, nel profondo lo percepiva che erano uno “status comportamentale”, come
una coccarda che, ogni mattina, si attaccava sul cuore, per farlo stare fermo, stabilizzato.
Il denaro, il Potere, ti costruiscono un mondo di cartapesta, che se accendi una lucetta, ti sembra di
essere vivo!.
Libertà, fraternità, uguaglianza . tutte parole e sangue sacrificato, portate via dalla prima pioggia
abbondante di ignoranza e brutale arroganza .
Le riunioni di”autocritica”, nei depositi dei tram, al freddo, con odore di olio bruciato addosso,per
sconfiggere l’egoismo, il maschilismo, aprire gli orizzonti verso un futuro solare, che distribuiva i
suoi raggi in maniera equa, in tutto il pianeta,bianchi e neri,morti e vivi.
L’individuo “in sé”, però, non era mai nominato, la sua essenza, il suo destino, la sua potenzialità
i suoi limiti umani, l’Arte invece, valorizza le potenzialità personali,è diversa in ognuno di noi,
ognuno di noi è un artista, a suo modo, con le sue manie, i suoi gusti, i suoi gesti, perché in politica
non si parla mai di individuo?
Ricominciare, questo è il punto,recuperare la propria dignità, l’amor proprio, questo pensa Gilberto,
sentendo una profonda insicurezza .
Ha perso tutto, in uno schiocco di dita,si guarda, di riflesso ai vetri della porta secondaria della
chiesa, verniciata di un color grigio opaco,come in senso di neutralità tra la indisponibilità a varcare
la soglia ed entrare.
Vede la sua faccia, particolare con un neo quasi al centro perfetto della fronte, gli occhi grandi,il
naso sottile e perfetto, le orecchie con dei lobi grassi,i capelli color castano rosso ondulati, si
pavoneggia soddisfatto,girando il collo come un piccione, pensa: è una bella faccia, la mia, somiglia
a mio nonno .
Il nonno, Artigiano “ebanista”, con la mania delle scarpe sempre perfette e lucidate, era un’ artista,
certe volte, lo sorprendevi a guardarsi nel riflesso delle punte, di cuoio nero brillante,era sempre in
collegamento, testa e piedi, eh si! la vecchia guardia, ha vissuto, poche cose avevano, niente, il
mondo era piccolo, però avevano tutto?, oppure non avevano alternativa?
109
Non posso smettere di sognare!!, creare!,ostinato e coraggioso, lo sono, andrò avanti per conto mio
anche se la gioia e la benevolenza, non fanno più parte di questo mondo!
Inizia a camminare senza sosta,per tenersi “attivo”, non riconosce più la sua città, la gente, i luoghi
li vede ora con altri occhi,altre emozioni, non ha più in cuore l’ideologia che lo faceva sentire parte
di una, grande famiglia, coccolato dai, Marx, Engels, Berlinguer, Mao, Che Guevara,Lenin .
A volte li sognava, nelle loro stanze buie intenti a scrivere e fare progetti per la costituzione di un
“nuovo mondo”, dove tutto sarebbe stato regolato ed uguale per tutti,sanità, istruzione, anche gli
abiti e la musica da “indossare”era giusto!, si domanda ora…
Adesso io, chi sarei? Gilberto Farina, figlio di Acrisio e di Lisetta,e poi…, freddo,pioggia e fango,
in queste strade che non hanno più la luce di una volta, non ho più una casa, le mie finanze mi
abbandonano, non potrò tornare a quella stanza in affitto a Torre Spaccata,dove almeno avevo una
spazio, in un deserto di periferia e campagna.
Ho tagliato i legami, da quella falsa moglie, che probabilmente mi tradiva anche, da quella vita
all’EUR, che per me è rimasto sempre il Luna Park del Duce, pieno di solitudine, grandi architetture
che sembrano vivere in un inverno, freddo e perenne, non è lo stesso marmo che trovi al Panteon, al
Gianicolo caldo di antico, ma freddo e sembra che ci sia un occhio vigile che ti sorveglia, come in
un libro di Orwell .
Preferisco i quartieri antichi, dove senti la storia,la cultura, vicoli stretti più vicini, la decadenza e la
crescita del popolo .
L’uomo non è costruito per stare da solo, ha gambe per incontrare, braccia per salutare,bocca e
orecchi e occhi, per comunicare, è diverso dagli altri animali, non è una talpa, un serpente, né un
criceto, anche se gli somigliamo sempre di più.
Me ne vado verso il Verano, là forse il mio cervello troverà pace con se stesso, un morto tra i morti,
ecco quello che sicuramente posso fare!, forse la morte, non è anche quando il tuo cuore non sente
più necessità, voglie, mantiene un battito costante, salute anche, e nessun sogno che valga la vita da
vivere!!
Il freddo e la pioggia aumentano, almeno qua, hanno un altro significato, c’è calma, è il capolinea
anche dei tram, che sferraglia e stride, metallo su metallo, scintille e fumo, ormai da cinquant’anni,
in un questo quartiere, che fu distrutto dalla guerra, ma che ha resistito fino alla fine, all’invasione e
alla dittatura .
Entro dentro, da un cancelletto di ferro nero, con motivi floreali sbalzati sopra,”la natura”,
moccolotti accesi e lumini, nonostante, la pioggia stia lavando tutto, statue giganti, villini in stile
Liberty, con finestrelle colorate,petali di fiori portati dall’acqua nei viottoli, volti di poeti, artisti,
storici, socialisti, comunisti, tutti qua.
110
Chissà!, forse trovo una porta aperta per ripararmi …
No!! Un momento, non è questo il mio posto, né lo sarà mai!!,anche mio padre lo diceva: e che me
faccio fracigà e famme magnà da li vermi, come nà sarciccia secca!!
Un fuoco, un fuoco che disinfetta l’anima e il corpo, un ricordo, per gli altri,asciutto, pulito,
essenziale essenza, per tutti, calore e energia, vita eterna.
Via di qua! cammino, è dalle quattro del pomeriggio che cammino, un piede dopo l’altro, senza
pensare né a dove né a quando .
Non c’è quasi nessuno adesso, solo qualche macchina sulla sopraelevata e qualcuna sulla Tiburtina,
piena di buche sui sanpietrini, Scracrasch!!, fanno le macchine passando,vado verso lo scalo dei
treni, sotto al ponte vedo un fuoco, c’è qualcuno!!
Saranno barboni o zingari, comunque sfrattati dalla comune società, come me, d’altronde, avranno
cose da raccontare, esperienze,strade e città percorse, guardando dall’esterno la vita che scorre, gli
altri, inventando risorse, dagli scarti, degli altri, però facendo musica nelle strade e forse poesia.
Mi fermo un po’, da lontano, a guardare …, vedo figure scure, i visi illuminati dal fuoco, cotti
anche dal sole e vento, immondizia, cartoni e vecchi materassi, accatastati in varie postazioni
personalizzate, sopra al ponte, passa un motorino con la marmitta rotta, quasi a denunciare un
degrado, una violenza ma anche una ribellione alla consuetudine, alle regole dette, civili.
Faccio un gesto di saluto, Ehi!!,con la mano,, per attirare la loro attenzione, si girano lentamente e
senza nessuna voglia di rispondere al saluto.
Oltrepasso la rete che divide il loro territorio, gli vado incontro con un po’ di paura e diffidenza, ma
con energia, anche se nervosa, sono sei persone, quattro uomini, una donna ed un bambino,si
distinguono appena, nella porzione di luce gialla, del bidone incendiato, il vento sparge scintille, su
di loro che rimangono immobili.
Al momento, mi rendo conto, che i miei abiti sono diversi,anche sé bagnato, ho sempre l’aspetto di
una persona che appartiene al mondo “di fuori”, l’orologio d’oro però?,però non si vede sotto al
cappotto e poi, non ho niente altro che le mie gambe stanche e fradice, che finalmente mi hanno
portato in un posto caldo e asciutto .
Mi accuccio vicino al fuoco e finalmente li vedo bene: un signore anziano,con una lunga barba
bianca e capelli bianchi,lunghi e incolti,con occhi sottili e scintillanti, con addosso una vecchia
coperta, poi una donna, non si comprende l’età, né se grassa per tutti gli stracci che ha addosso, un
bambino vicino a lei che avrà avuto, dieci anni e altri tre uomini sui trent’anni, forse zingari, arrivati
da poco perché ancora con i capelli neri lunghi appiccicati alla faccia per la pioggia, si guardano tra
di loro e poi l’anziano bianco mi chiede: Chi sei? Che è? Che vuoi?!
111
Mi chiamo Gilberto, rispondo, non ho più niente, proprio come voi, posso restare a riscaldarmi?
faccio il gesto con le mani, stropicciandole vicino al fuoco e in quel gesto,salta fuori il mio orologio
d’oro a brillare alla luce del fuoco…
I tre più giovani, si guardano un secondo e poi mi si buttano addosso,prendendomi per il collo e per
le gambe, mentre il terzo mi sfila l’orologio e il portafoglio, poi calci, pugni, mi sollevano e mi
buttano, in una pozza d’acqua sporca e fango, oltre la rete di recinzione urto anche una gamba, sul
marciapiede di travertino…
Li vedo ancora lì, in piedi a dirmi in una lingua strana, di andarmene via,e zitto, si capisce dai gesti
e dal tono di voce, mi tirano il portafoglio svuotato, ma con i documenti ancora.
OK!!!, basta capito!!, bella esperienza è stata, me ne vado oltre, a dormire dentro ad un treno, oltre
il vostro mondo, oltre quello civile, solo il mio, bene cosi!!
E’ giusto cosi!! Chi sono io?, per meritare un gesto gratuito di solidarietà! uno sconosciuto, per di
più con l’orologio d’oro al polso!! pensavo di essere in uno di quei ridicoli, programmi in
televisione? oppure al circo a vedere lo spettacolo dei morti di fame vestiti da clown?
Potrei chiamare la polizia? e farmi ridare l’orologio, certo così combinato arresterebbero anche me,
e poi non sarebbe neanche giusto, io ero l’animale che aveva invaso il loro territorio affamato e
pieno di privazioni, con venti grammi d’oro al polso, da convertire in dieci chili di bistecche e
patate per un mese…
La gamba fa un po’ male, però la stanchezza è tanta e ormai sono pieno d’acqua, come una tubatura
di fogna, qua c’è uno scalino di ferro, il portellone è aperto,salgo e mi metto in fondo, nell’angolo
buio, di questo vagone merci, per di più, chiudo la porta a tutto e a tutti, al mondo intero, solo, solo
io, solo.
Ma! che …cazzo!! quanto ho dormito? È fermo?,che è sto rumore… apro il portellone.
Sdradadramm è giorno, che posto è?, gli occhi mi bruciano e sono appiccicati come una suola col
Bostik, una scritta: Marsiglia, bene c’è il mare! anche se fa freddo però…
Gilberto è indeciso ancora sul da farsi, poi salta giù dal treno, si scrolla la paglia dal cappotto sporco
ma di buona fattura, le scarpe ancora fradice, la gamba indolenzita, però non sembra fratturata.
Scavalca i binari come fosse in trance ma attento a non dare nell’occhio, anche se poi vede dietro di
sé, un operaio delle ferrovie francesi, che scherzosamente gli dice:bonjour messiè!como sa và bien!,
lui nemmeno risponde preso dalla sua faticosa concentrazione nel riuscire a reggersi in piedi, manda
soltanto un cenno di saluto, esce dalla stazione da un buco sulla rete metallica e da qui inizia il suo
vero viaggio…
112
Marsiglia
L’aria è fresca però c’è il sole che riscalda, si incammina, sporco e claudicante verso il mare, con la
spiaggia di ciottoli ghiaiosi ed il mare che sembra congelato,a fianco c’è un fornaio ed un odore di
pane appena sfornato…,la gente uscendo, si incammina con questi, lunghi pani sotto al braccio, che
sembrano dare loro la direzione del cammino, chi a destra, chi a sinistra, chi aspetta al semaforo.
Tutti un po’ infreddoliti e assonnati, mentre il sole, salendo riscalda, mettendo in moto la città,
pensa…Bono il pane!! Il pane cotto profumato, fresco, che fame!!!, adesso conosco anche questa,
brutta e tremenda debolezza e forza nervosa senza controllo.
La fame, che ha il potere di annullarti,davanti ad una proposta corrotta, davanti ad un possibile
futuro di prostituzione,di vendita di bambini, di organi,paura della morte di sé e della propria
famiglia,che spinge a dei gesti impossibili da immaginare, irrevocabili nel proprio destino futuro.
Che forse un uomo non ha il “sacrosanto diritto”di poter nutrirsi, senza dover umiliarsi o peggio
ancora, dover essere in guerra con il mondo, senza aver presente il vero motivo, come uno dei tanti
chiodini che tengono insieme, una scarpa vecchia di centomila anni, dove hanno tenuto al caldo i
piedi, sempre gli stessi, pochi contro i tanti disgraziati.
Bisognerebbe infilarsi, (come chiodo),sempre più dentro, fino ad arrivare a fargli sanguinare il
piede e infettarlo!; Ho fame!! Ieri non ho mangiato, quasi mangerei la cintura, se solo potessi
masticarla, ora che si è ammorbidita con l’acqua, in fondo è carne di vitello!se solo riuscissi ad
ingoiarla .
Vicino ad una barca, rovesciata, intravede dei piccoli pesci attaccati, forse dal giorno prima,
accelera l’andatura e si getta sulla rete, strappando e masticando, tutto quello che trova appeso, alici
secche e sardine, non di buon odore ma, in fondo servono allo scopo,trova dei pezzi di pane secco,
sulla spiaggia, e più su una fontanella, da farne una bevuta sovrana.
Si sciacqua abbondantemente la faccia, si passa la mano nei capelli, ricci e crespi,come non aveva
mai avuto, nel frattempo passa una anziana signora con un barboncino nero, che gli inizia ad
abbaiare, come per dirgli:Basta!!, hai finito con questo spettacolo indecoroso nella terra di Francia?
Farina, si sente depresso ma, il suo è uno stato confusionale e di iperattività,deve fare qualcosa,
risolvere questa incertezza, riorganizzarsi,soprattutto economicamente.
“Cosi non posso!, un altro giorno così e mi ritrovano, sotto una barca, morto di freddo!”
Si avvia verso i cassonetti, per trovare qualcosa che lo aiuti a sopravvivere, ad uscire da una triste
fine preannunciata, già più di una volta…, nel fondo, batte un “cuore d’artista”, di genio creativo,
che adesso ha bisogno di andare a ripescare .
OH! Guarda!!, una vecchia macchina da scrivere Olivetti,ci sono anche dei tubi di diversa
grandezza e colore, forse avanzati ad un cantiere in ristrutturazione, prende la, pesante macchina e
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spinge sui tasti, Bene!, sgrulla i tubi,dalla terra e polvere, ci soffia dentro e scopre che i diversi
diametri,
emettono un suono differente, poi prende un vecchio scolapiatti, che servirà da struttura portante
(guardando la “Olivetti”): Chissà quante cose avrà scritto!!, questa vecchia signora in nero e
cromata avrà la mia stessa età, all’incirca, ed ha ancora un cuore che batte forte, (spinge sui tasti)
forte,bella!
Bene!, mettiamo su questa orchestra!, lega i tubi col filo da pesca, sul primo ripiano dello scola
piatti, mette la macchina da scrivere; sette tubi colorati e una tastiera a percussione, sembra un
organo! a fiato .
Gilberto si avvia verso la piazza centrale, portandosi dietro questo armamentario colorato di tubi e
nell’altra mano, la vecchia signora, presa dalla manigliona dei tasti.
Certo!, in Francia l’Arte, viene riconosciuta sempre,non come in Italia!! e lui si sente un artista.
Dopo aver suonato, per tre ore la stessa canzone, l’unica che riesce a fare, degli”Inti Illimani”, nella
scatola davanti a sé ha raccolto quanto basta per poter mangiare un piatto caldo, decente e si riavvia
verso il porto di Marsiglia.
Prima di entrare in una locanda, in realtà un po’ “scura”, nasconde lo strumento, sotto una lancia,
capovolta, con un nome da non dimenticare “Fraternitè”…
Entra, si siede e ordina una zuppa di pesce e del pane,tanto pane, riesce a farsi capire a gesti,
facendo il pesce che si tuffa dentro un piatto e indicando il pane, descrive la forma di una montagna.
Di fronte a lui, quando ha finito di mangiare tutto, si accorge di un uomo molto robusto, dalla pelle
scura ma che lo sta fissando calmo e sorridente, e gli dice:Messiè, vous es italienne?
Io mi chiamo Jeffrey Bloor, lavoro quà al porto, per qualsiasi cosa capiti, lavori di fatica,lei invece?
Piacere!, Gilberto Farina, sono qui da questa mattina, per ora suono per la strada, mi arrangio, ho
dovuto ricominciare, proprio da zero .
Capisco!, hai perso tutto in Italia?, prendiamoci due birre, offro io!
Certo!!,sono contento di poter scambiare, parlare, con qualcuno, anche se lei non parla un perfetto
italiano ma ha, dei modi gentili e civilmente corretti nel modo di porsi con il prossimo, finalmente!
Così Gilberto, inizia a raccontare le sue disfatte e di come è giunto fin qua, in questo paese che in
fondo gli piace, silenzioso,pulito, più civile insomma.
Capiamoci subito! Irrompe Jeffrey con la sua voce, baritonale, guardandolo bene in faccia:
IO sono Gay!!, ed avevo un ragazzo più giovane di me, laggiù in Louisiana, poi sono dovuto andar
via, per via di un bianco razzista che mi perseguitava, e che ho tramortito con un pugno ma, era
ancora vivo!!!.
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Se vuoi,io ho una piccola casa in città, non ti allarmare, ho capito perfettamente, che non sei
interessato agli uomini, stai tranquillo che non avrai, da parte mia, nessun tipo di approccio se non
come amico, solidale e corretto.
Gilberto, in un primo momento si sente irrigidire, è un po’ preso dal panico, poi guardandolo negli
occhi, capisce che anche lui ha il bisogno di condividere un po’ di buone maniere, di buone idee e
giusti principi .
Quindi, ancora con una leggera remora,per via delle fattezze fisiche da gigante, anche se buono,
decide comunque di accettarne l’ospitalità,pagando il conto a metà ciascuno, si avviano verso la
casa di Jeffrey.
Stride il contrasto forte, tra la casa, piccola, tutta scrupolosamente in bleu oltremare e bianco,con
tendine e merletti alle finestre, e la grande sagoma, con un grembiule rosso bordò,dell’amico
massiccio ma elegante nei modi .
Passata la notte a chiacchierare,tranquillamente, dei propri ideali, alcuni spenti ma, alcuni ancora
vivi .davanti ad un piatto di uova, formaggio ed una bottiglia di bordeaux, dopo tre, quattro ore di
sonno, escono ed ognuno prende la strada del proprio lavoro, se così si può dire, con il proposito di
rincontrarsi .
Dopo aver “suonato”nella piazza, Gilberto, era solito andare in un parco, a mangiare la sua baguette
con formaggio e “acqua di fontana”, là incontrerà la donna che lo accompagnerà: Valery Tremont.
Rimorchiandola all’italiana, con le sue poche forze a disposizione ma, con la convinzione che fosse
la donna della sua vita, si ritroverà ora con una donna al suo fianco ed un sincero amico, in un
terzetto affiatato, che gironzola per la città di Marsiglia, non affatto sicura la notte, anche per loro
che hanno affrontato già, le sfide della vita.
Anche, quando, accetterà il lavoro offertogli dal “Potente”,saranno un unione inseparabile con tre
caratteristiche costituzionalmente differenti e variopinte di una “rappresentanza umana”.
Viaggeranno per l’Oriente ed il nord Europa, sud America, con l’accordo di spartire il salario di
Gilberto e appropriarsi di nuova “conoscenza”, culture di popoli diversi, tradizioni impensabili ad
un residente circoscritto nella sua piccola nazione europea.
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CAPITOLO 4
Introspezione, sull’occupazione: Gilberto Farina
Certo!, adesso a quasi sessant’anni, un occupazione?, tornano di nuovo alla memoria, le lotte sociali
degli anni 70-80, gli ideali che per quasi vent’anni avevo sepolto nel cuore, ma che ogni tanto
sentivo nello stomaco, per ogni volta che dovevo subire o vedere un ingiustizia.
Soprattutto, quando mi rendevo conto delle assurdità, di una vita che scorre, giorni, mesi, anni,
senza dare valore all’amore, alla creatività,all’Arte,potenzialità di ogni essere umano.
Perché, costruire l’uomo, con tanti organi e complicati circuiti idraulici, elettrici e di biodinamica,
che portano alla commozione, per una cosa bella, alla rabbia per un ingiustizia,all’emozione per un
opera artistica…
Non basterebbe forse, un “Cubo”sopra una carriola, con un buco davanti e uno dietro per defecare,
a cui si può dare un nome qualsiasi per es. “Er Trota”(parlamentare politico) e vivere ugualmente in
questa società?
E’ per assurdo,ma ogni mattina, mangio, scarico i rifiuti, mi lavo e per quasi tutto il resto della
giornata, i miei pensieri, le mie sensazioni, le mie riflessioni, le mie pennellate di gusto, rimangono
dentro di me.
Si muovono,rimbalzano, nel mio corpo, ma non ne escono, fuori, io le regalerei se potessi, vorrei
conoscere quelle degli altri che mi camminano accanto, vorrei una televisione che mi offra cultura,
musica soave per le strade e negli autobus …
Mentre quello che comunico adesso, è una sola frase, Taxii!!, e il conducente mi guarda anche con
sospetto per il mio camuffamento da barbone, gli faccio vedere un “ventone”ed una seconda frase:
Viale Aventino 714.
Finalmente verso casa, dopo un piccolo viaggio d’affari, Valery mi aspetta …, avrà cucinato, riso
con piselli, ma và bene!!,importante ci sia lei, che finalmente ha preso spazio in me, ed io ho una
buona stanza in lei, dove depositare tutte le mie emozioni.
Poi c’è Jeffrey, ed ora ho conosciuto persone molto interessanti, come Giordano, Giulia, Romero e
Sonia, Federica,Vartere e Richetto e gli altri…, persone buone e sincere, pronte a compartire senza
oscuri stratagemmi di facciata,tutti alla luce del sole, e che il sole ci illumini ancora una volta.
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Sii!! “Occupazione“, e poi riuscirò finalmente in questo progetto, di un centro dove la vita, possa
scorrere nelle sue vene, cultura, giustizia sociale, come il delta di un fiume che comincerà ad
invadere la città, addormentata.
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CAPITOLO 5
In attesa dell’evento, ancora da definirsi, il gruppo si ritrova ancora una volta, a sfamarsi nella
economica mensa del circolo S. Pietro, anche con stupore delle inservienti, che non accolgono
frequentemente, un gruppo di persone così discordante, dal resto dei commensali quotidiani.
Valery è silenziosa e un po’ tesa, al tavolo non rivolge la parola a nessuno, sembra infastidita,
Federica gli chiede; come mai non hai mangiato niente, eppure è discretamente buono e abbastanza
sano, non credi? chiede.
A quel punto Valery, sbotta con un inaspettato scatto d’ira, nel suo francese–italiano dicendo: Io,
non ho nulla a che spartire con voi!, sognatori illusi che credete di cambiare il mondo, in questo
locale che odora di povertà, siete convinti che il povero sia il germe della rivoluzione, vi illudete
che un gruppuscolo di persone, possa esercitare una qualche pressione sui governanti!!!
Poi scoppia in lacrime, coprendosi il volto con le mani, Gilberto la prende per un braccio,
delicatamente ed escono nel cortile esterno .
Gilberto: Ma che ti prende? che discorsi fai? hai offeso tutti i miei amici,che c’è forse ti sono
antipatici?, tu non stai bene…
Valery: No!! non sto bene!!, da quando siamo arrivati a Roma, tu sei cambiato nei miei confronti, in
casa ti fissi a pensare a non so cosa, la notte, mi accorgo sai!, che non sei con me, la tua testa, il tuo
cuore, non sono con me .
Gilberto cerca di calmarla, perché si accorge che gli trema la voce, ed il corpo ha dei fremiti, cerca
di sostenere, che tra di loro, nulla è cambiato, che questa cos’è?, una forma di gelosia? di
possessione, afferma che lui non è proprietà di nessuno, che così è un rapporto democraticamente
scorretto!!
Valery: Mene frego io!! della democrazia e dei vostri ridicoli atteggiamenti, di italiani amiconi e
presuntuosi! Io ti ho conosciuto che eri un povero barbone che dormiva dove capitava, senza una
dignità, un disgraziato eri!!, prima di incontrare me!
Due signore anziane, aprono le finestre del primo piano, richiamate dal tono alto della
conversazione però si soffermano incuriosite, sia dagli argomenti trattati, così passionalmente
espressi, sia per l’aspetto così particolare dei personaggi dell’alterco, decidono quindi che valga la
pena soffermarsi, e lanciandosi uno sguardo di intesa, prendono un cuscinetto per meglio
accomodarsi al davanzale .
Sotto,continua ancora il diverbio, sempre più accalorato…
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Gilberto: tu sei diventata matta!!, l’aria di Roma t’ha dato alla testa, io, anche se non avevo un posto
dove stare, non ho mai perso la mia dignità!!, non è una cosa che si può comprare, è parte di noi è
l’orgoglio di essere uomini, non venduti, camuffati da benestanti dignitosi!!
Valery: ti ascolti, lo senti che discorsi fai?, non parlavi così, quando eri in Francia, a te ha fatto male
l’aria di questa città, sporca e senza regole, con tutti questi chiacchieroni, liberi di essere ignoranti!!
(le due anziane): Ahooo! Adelì ma a senti questa!! chi ce l’ha mannata, perché n’ se ne torna ar
paese suo? n’do se magnano er dorce cò la pasta, e quella schifezza der fegato d’oca, legata e
n’tubbata a ingozzasse! mejo dù vorte li fegatelli, cò nà foja d’alloro!
Valery: ma io vi denuncio, dico tutto a la polizia!, racconto tutta la storia e faccio i nomi di tutti,
così la finiamo qui e si scioglie questo gruppo di “Merd”!!.
Gilberto, allarmato, la prende con forza per un braccio e gli intima:basta!! vieni via di qui stai
dando un numero da circo!
All’interno della mensa, sentendo le grida dei due, Jeffrey si alza e si affaccia alla porta, vede che i
due si allontanano in fretta, quindi, riflettendo decide che, comunque è una faccenda privata.
(le due anziane): Peccato! se stava a fà interessante…l’altra risponde: Essì! Ce stava pure er
commissario Montarbano frà n’po’!, chissà che voleveno dì? Boohh! Chissenefrega! …
Gilberto cammina tenendo un passo veloce, su Via Marmorata con alle spalle la Piramide Cestia,
tenendo Valery, bloccata con forza sotto braccio, arrivano quasi al Lungotevere, di fronte al
monumentale ed immenso edificio di Ripa grande .
EX carcere femminile ed ancora prima, magazzino e porto, dove le merci romane, arrivavano dal
Tevere, sede del Dazio (dogana),sostavano le navi romane colme di anfore di olio e vino, e vari
generi di mercanzie,i residui di queste anfore accumulate, hanno creato il Monte di Testaccio, poi la
distribuzione, con carri a cavalli, la consegnavano nei vicoli di Trastevere e del centro. Trastevere,
quartiere popolare ricco di spazi, incastonati l’uno con l’altro, in quella luce particolare dei quartieri
pieni di storia,dove è passata la Guerra, la rivoluzione dei “Carbonari”, la vittoria di Garibaldi,nei
vicoli stretti, le sue case da presepe, piccole porte e piccole finestre, portali di stalle di cavallari, a
pochi passi un palazzo di valore, permeato di umore ecclesiastico, odore di antico trasuda dalle
strade di sanpietrini e di marciapiedi consumati dalle carrozze .
Di maestri d’Arte e di artigiani, ancora se ne vedono le opere,il “sacro “e il “profano “,convivono in
un conflitto pacato di appartenenza, l’uno con l’altro.
Gilberto: sono vent’anni che siamo insieme!, vuoi rovinare tutto? Ti ricordi quando ci siamo
conosciuti?!
Tu venivi a leggere nel parco,a tre panchine da dove sempre stavo io, mi accorgevo che mi
guardavi, solo che nello stato in cui ero, non riuscivo neanche ad immaginare che avrei potuto
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parlarti, cercavo di distogliere lo sguardo ma, tu eri seduta sempre lì per quattro mattine
consecutive.
Poi, una settimana dopo, mi hanno offerto quel lavoro e mille franchi in tasca, mi sono ripulito,
vestito a n uovo e sono corso là da te,; tu eri sempre lì,con un libro in mano, ti sono passato davanti
ma, tu niente…,dopo un largo giro, sono tornato, ho notato il titolo del libro, conosciuto di
B:Russell, ed ho provato ad articolare in francese: interessante vero! questo libro!,viene spesso qui?
le piace leggere!!
Rispondesti che avevi sempre vissuto con i libri …,sei scrittrice?,domandai…no! lavoro in
biblioteca, ancora per un anno, rispondesti .
Mi piacquero molto le tue gambe, che donna!, pensavo, tre quarti di gambe e un quarto di busto,
con sopra un viso con degli occhi grandi e profondi come una orientale .
Prendemmo un tè caldo, ricordi?, e il giorno dopo, mentre camminavamo e parlavamo,poco, tu
inciampasti in un gradino e ti abbracciasti a me e io guardandoti, ti baciai .
(Valery, piangendo): Certo che ricordo ma, tu adesso sei un altro, sei innamorato di qualcuna di
loro?, quella bruna che è con Giordano, che parla tanto, oppure la bionda soave?
Gilberto non risponde .
Valery: sei, come si dice, “coglione “, qui a Roma, mi hai portato insieme a questi disgraziati, a
mille kilometri da casa, sei inaffidabile, vecchio, nostalgico e stupido!, io adesso vi denuncio e
uccido il vostro progetto!!, gridando ad alta voce inveendo verso il maestoso palazzo alle spalle, in
stile “barocco Mozartiano”, con terrazze comunicanti a tre livelli, busti e colonnine, tutto color
pastello giallo e verde, come esprimesse una partitura musicale d’opera lirica .
Gilberto: Sei una idiota!! Vaffanculo!!
Valery, traversa la strada in fretta, senza vedere il semaforo rosso, per i pedoni, le macchine frenano
stridendo e strombazzano, inveendo a gran voce, mentre lei, indifferente si affretta a scendere.
La scala, in marmo bianco, che scende giù al Tevere, in direzione del ponte Quattro Capi e della
Isola Tiberina.
Mentre lei è tremante di rabbia, si guarda intorno…,i marmi bianchi degli argini, la città antica che
scorge di sopra, le cupole in lontananza, di S.Pietro,il ponte completamente in marmo bianco, con
una gobba al centro e le statue ormai con i volti sfigurati di antichi visi e l’imponente “Ponte
Rotto”, lei segue con la mente l’acqua del fiume,così calma e inopportuna al suo stato d’animo,
tutto è troppo eterno, immobile,irremovibile,più avanti l’acqua del fiume comincia a fare rumore,
nelle cascatelle, questo un po’ la fà sentire più in sintonia.
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Si siede sulla riva per riposare le gambe stanche ma, subito le ritorna alla mente il ricordo del litigio
con Gilberto, si alza e risale la scala, dal fiume, si ritrova in una piazzetta,che sta a ridosso del
convento,in mattoni scuri, dei frati Cappuccini,decide di entrare nella piccola chiesetta .
L’incenso, la penombra crepuscolare, gli affreschi e gli stucchi dorati alle pareti,il silenzio fuori da
tutto il rumore e il disordine della città gli danno, un respiro lungo.
Ripensa a tutti gli anni passati con Gilberto, quando la notte si svegliava, per un brutto sogno, e lui
allora prendeva la chitarra ed a bassa voce gli cantava quella canzone che ancora ricorda:
La senti questa voce, chi canta è il mio cuor, amore amore amore, è quello che so dire ma tu mi
capirai… i rami sono in fiore, profumi anche tu, la prima cosa bella che ho avuto dalla vita è il tuo
sorriso giovane sei tu…
Avevano disegnato tutte le loro paure, per conoscersi più nel profondo,per scacciare le negatività
avevano viaggiato insieme,nel mondo, per trasportare preziosi insieme al loro amico Jeffrey.
Guarda ora l’opale incastonato in argento, che gli ha messo al collo Gilberto, in segno di affetto e
tornano alla mente tutti i ricordi, ispirati dalla lucentezza e il policromatismo della pietra, e pensa:
troppo, troppo tempo è stato quello vissuto con lui.
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CAPITOLO 6
Nel mentre, nel Circolo S:Pietro…Gli altri, sono usciti in cortile e poi si sono radunati nella piazza
di fronte, dove era l’ex mercato rionale .
Giordano, con decisione in accordo con Carlos e Romero: Basta con le indecisioni ed i rinvii,
dobbiamo “occupare”, stanotte stessa,che cosa dobbiamo aspettare, chi?? che cosa ci occorre?
Federica con voce calma, risponde che: ancora dobbiamo organizzarci,non così su due piedi! Giulia
e Sonia, sanno che il loro compito è quello di frenare l’impeto dei tre,rispondendo quasi
all’unisono: Non siamo organizzati ancora, non possiamo senza una preparazione, calmiamoci e
ragioniamo…
Carlos, interviene: So jò como fare, jo entro nell’officina,prima della chiusura,mi escondo dentro y
appena chiude, stacco la corriente y abro dall’interno, yà està todo preparado, sabemos yà como
fare, fidateve de noi!!
Romero: adesso, dividiamoci, prendiamo delle borse da viaggio e riempiamole di cibo,sacchi a
pelo, coperte, lampade da campeggio, quello che ci servirà per la notte, ci rivediamo alle 18,30
davanti l’entrata del “Monte dei Cocci”, come turisti in attesa della guida, silenziosi.
Nello stesso momento Gilberto stà tornando dal Lungotevere,dove si è lasciato con Valery, triste e a
capo chino, cammina con le mani in tasca …
Suor Gerusa, affacciata al portone della casa famiglia, lo vede svoltare l’angolo della strada e gli và
incontro,lo vede anche in lontananza che è sofferente .
Sorridente e triste nello stesso tempo, Gilberto gli và incontro anche lui, si salutano stringendosi le
mani, e suor Gerusa inizia a parlargli …
Tutto nella vita è mutabile, soprattutto nei rapporti umani,le persone si avvicinano e si allontanano,
ma noi dobbiamo cercare di mantenere una “nostra”personalità, quella và sempre difesa a tutti i
costi è un dono quello che abbiamo, il “nostro”.
Certamente, risponde Gilberto, è questa forse la nostra “battaglia quotidiana”, con voce molto fioca
e lo sguardo perso nel vuoto.
Tutto potrà accaderci, afferma suor Gerusa, il nostro spirito, quello che alcuni chiamano
“carattere”quello dovrà essere sempre con noi, la vita è una sola, ed è la nostra, l’abbiamo ricevuta e
dobbiamo esserne grati, dobbiamo dimostrare che ce la facciamo a viverla.
I due camminando vicini, lentamente, vanno per la strada grande che costeggiando l’ufficio del
lavoro, arriva all’incrocio con l’entrata del “Monte dei Cocci”, sono le ore 18,00.
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Federica, Lorenzo e Giulia, sono già lì, li vedono e li chiamano dall’altro lato della strada: Ehii!!!,
Buonasera a voi che ci fate qua? (rispondono i due). Voi piuttosto,vi abbiamo cercato,telefonato a te
Gilberto, sempre con il telefono spento, ti abbiamo lasciato detto al Circolo,che saresti dovuto
venire qua alle 18,30 (dicono i tre), Shhh!! È per stasera! , tra un’ora circa, appena chiudono, noi
entriamo… suor Gerusa dice che assolutamente ora deve tornare dai ragazzi ma,poi gli facessero
saper,se serve qualcosa,anche un aiuto, Gilberto in uno scatto, prende e accende il cellulare e
chiama il “Potente”:E’ per stasera alle 19,00,mi raccomando chiama chi sai tu!!, aspetta conferma,
poi chiude . Si stà facendo buio, tutti ora sono presenti, pronti con i loro troller e borsoni da
viaggio…
Romero e Giordano, attraversano la strada, Giordano si ferma sul lato del marciapiede,mentre
Romero prosegue verso l’ufficio del lavoro, poca gente in giro,il quartiere, è solito animarsi la tarda
notte,per la “movida romana”.
Carlos, all’interno del ripostiglio degli attrezzi, sente il rumore di chiavi e serrature che si chiudono
poi tutto è silenzio, esce dallo stanzino e và subito a staccare la corrente ed anche l’emergenza,
strappa i fili dell’allarme,poi apre piano la porta e vede Romero , il quale subito fa cenno a
Giordano che fa cenno agli altri di venire avanti.
In fretta tutti entrano, occupando lo stanzone grande della sala d’aspetto, spostano le panche sui lati
della parete, e si apprestano ad organizzarsi per la notte.
Nel frattempo, Jeffrey, stà parlando con il sorvegliante, che è tornato, dopo un pasto veloce, per
affrontare la notte di lavoro .
Jeffrey, piantato davanti alla porta d’ingresso, il sorvegliante,con paura e sorpresa:E te chi sei?!!
Questo è er posto mio! che stai a fà qua?
Jeffrey (con voce bassa e profonda): Tu!! Non lavori questa notte, è occupato!.
La porta si apre ed esce Romero, con un cappello da baseball, per non farsi riconoscere …Romero è
un ex prete che con Carlos ha lavorato nei paesi del Sud America, Nicaragua al fianco dei
Sandinisti, in Bolivia, Argentina (dove conobbe anche Giulia), ha sostenuto le lotte contro le
dittature e aiutato i popoli dell’America Latina,finchè non fù scomunicato dal Vaticano e inserito
successivamente nella “Killing List”della C.I.A., è ora nascosto con l’aiuto di alcuni frati a Roma.
Romero, cerca di spiegare, tutta la situazione nel suo complesso,al vigilante, che dopo aver
ascoltato la storia, risponde dicendo:
Seee,và bbeh!,forse c’avete pure raggione,però l’importante è che nun dovete da rompe gnente!!
sinnò ce vado de mezzo io! Capito? vabbeh! Bonanotte ar secchio!!
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In lontananza si vede una figura di donna, venire avanti dal mercato, Jeffrey la riconosce e chiama
subito Gilberto: Gil c’è Valery!! lui esce e la vede, in uno stato un po’ confusionale ma, anche
cosciente di aver fatto il primo passo verso di lui .
La prende per la vita,baciandola con irruenza ed entra portandola, verso il bagno più giù a destra
della sala .
Chiude la porta e, si avvinghiano come animali,la fa salire sopra un gradino con le spalle alla parete,
gli solleva una gamba, si sbottona i pantaloni e la blocca, con un braccio dietro la schiena,
prendendogli il collo e tirandogli i capelli indietro.
Cerca di sbottonare il vestito e si fa largo spostandogli le mutandine sottili…
Sono come animali feroci, di passione e rabbia, come reduci da una morte certa, di solitudine ed
amarezza.
Non parlano, lui la bacia sul collo, gemiti, lacrime di gioia,voglia di possesso l’uno dell’altra,
entrare a far parte del corpo dell ‘altro,se potessero si aprirebbero il costato, per entrarci dentro .
Sono sudati, i punti di appoggio, sulle piastrelle di ceramica, scivolano come fossero oliati, il su e
giù diventa sempre più pressante nel ritmo, si leccano e si aspirano, il contatto della pelle, così
umida e vibrante, il gusto massimo del tatto.
Tutti i sensi sono “attivi”, compreso quel respiro “grave”che appartiene al proprio essere animale
“toro e vacca”…, una luce forte passa tra i loro occhi, prima un fremito ed un gemito,come di ferita
aperta ed insieme l’altra che si apre e defluisce, le due entità si uniscono in un fluido che dalla
spinta quasi bruciava, uniti per sempre …
Sudati, sfiniti, col fiato grosso ma, con un senso di pace serena, la vista un po’ annebbiata ma pieni
di calore umano, acqua e sapone e carta igienica cancelleranno le tracce.
Un dialogo breve: Valery chiede: mi hai tradito mai qua?
Gilberto: Una sola volta ho pensato di farlo ma mai con questa intensità questo non è solo
amore,questo è come matrimonio, per la vita…
Valery, piange e lo abbraccia, convinta che comunque vadano le cose, lei sarà sempre al suo fianco.
Un po’ traballanti(sessant’enni ormai), tenendosi per mano, escono riunendosi al gruppo, qualche
colpo di tosse allusivo,risolini mal celati tra i ragazzi, che insieme a tutti hanno udito i gemiti
primordiali dei due, attraverso la parete .
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CAPITOLO 7
Continua la notte, nella grande sala, tutti in circolo, in senso orario:Valery, Lorenzo, Maria Carla,
Gilberto, Giulia, Romero, Marco, Jeffrey, Giacomo, Carlos, Sonia, Federica, Giordano.
All’esterno il fragore del traffico si và attenuando, gli occupanti dopo un pasto frugale si concedono
un caffè, sdraiati sui sacchi a pelo si dispongono in cerchio, attorno ad una lampada a gas, come
fosse un bivacco davanti al fuoco .
Dopo un breve silenzio di attesa, Giordano con voce pacata che tradisce un intima soddisfazione
interviene: Due cose, sento di dovere a tutto il gruppo: La prima è costituita dalle mie più vive
congratulazioni per l’azione che abbiamo compiuta .
La seconda è rappresentata dalle mie sincere scuse per essere stato forse troppo pressante sulla
decisione da prendere, devo comunque dare atto ad ognuno di voi, del coraggio nella trasgressione
che abbiamo compiuto verso le istituzioni, pur forti della convinzione e della giustezza delle nostre
rivendicazioni .
La mia esperienza, mi ha insegnato che trasgressione e rischio, sono una cosa sola ma, che spesso
ripagano lo sforzo costato.
Federica: Io sono convinta che siamo nel giusto!, certo abbiamo forzato il nostro istinto di
conservazione, di rispetto per l’ordine costituito ma, devo dire che per la prima volta, sento di aver
compiuto un atto liberatorio,ed ho sentito crescere la mia autostima .
Sento quest’atto come una catarsi, mi sorprendo di essere disposta al rischio…
Lorenzo: Ehi Ehi!! Federica, è la prima volta che vedo i tuoi occhi così accesi e sento la tua voce
così chiara e decisa .
Sonia: Credo che il momento che stiamo vivendo,sia irripetibile e di ciò dobbiamo averne piena
coscienza, in un primo tempo avevo pensato che, prendendo questa decisione, avrei dato un cattivo
esempio ai ragazzi che ho affidati (Marco, Giacomo,Maria Carla),ora invece sono convinta che
questo percorso, possa giungere a dei risultati importanti, che contribuiscano alla loro crescita come
cittadini.
Personalmente, questi ultimi giorni, ho acquisito una maggiore consapevolezza,recuperando la
fiducia che avevo perso in me stessa.
Valery: Ahahaha!!(una fragorosa risata), e dice: Ecco il teatro degli amiconi italiani “monge
spaghetti”!!
Gilberto: Ancoraaa!!!(pensa: ma allora è diventata matta?) Perché sei così ingiusta con questi amici
che ti hanno accolto come una sorella?
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Maria Carla: A francesì!!, si senti a puzza sotto ar naso, chi te tiene? Ma rivattene a casa tua!!!
Marco e Giacomo, in coro,: A valè, tiè! becchete questa!!
Jeffrey: please Valery!!,don’t be a pain in the ass to all!(per favore Valery, non essere una spina nel
culo a tutti), noi, tra uomini,dopo l’amore siamo meglio disposti uno verso l’altro …
Valery: Sii, voi uomini …
Romero: Sò che le dinamiche di gruppo, riservano spesso situazioni imbarazzanti ma, vorrei che
queste pulsioni disgreganti e distruttive, non finissero per dominarci…
(Guardando Valery con tenerezza): Alcuni anni fa, sono stato accolto da questi “mangia spaghetti”e
sono felice di essere il compagno di una di loro, che ha dato senso a quel che resta della mia vita.
Sonia (senza parlare) è commossa e lo guarda con intensità.
Giulia: Quest’ azione mi ha portato, forse per la prima volta dopo molto tempo, a contatto con le
mie vere emozioni,sento essere, un momento di svolta nella mia esistenza, finalmente ho dato corpo
alla pulsione del fare, come persona, nel vissuto con altri, che hanno la stessa mia visione del
mondo e del condividere .
Carlos: Negli ultimi mesi, ho avuto la fortuna di operare en un mundo de solidariedad y tollerancia,
raro de encontrarse, nella mia visione espiritual, el mundo no ha frontera, por esto no puedo decir de
appartener a alcuna etnia o nazione, aquì ho sentito tra voi, che questi valori buscan el più alto
livello, ve ne sono grato!!, dico solo esto Evviva l’occupacion y lunga vida a los occupantes!!
Righetto e Valter arrivati da una mezz’ora, dal loro lavoro nel ristorante dicono la loro:
Righetto: Io so entusiasta de potè stà,cò voi, così istruiti e così per bene,c’hò la licenza elementare
però,ho capito tutto, certe vorte,posso sembrà un po’ scemo …, comunque me piace er progetto de
Farina de er centro e si posso, quarsiasi cosa, so bono a pitturà, a fa li mobili, quarsiasi cosa io ce
Starò sempre!!
Valter: Io pure, contate su de me,questa è a storia mejo che m’è capitata, io so lavorà in cucina, tirà
er collo a le galline, pulì er pesce, faccio certi polli arosto che…, quarsiasi cosa io ce stò!!
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CAPITOLO 8
E’ già l’alba, tutti ancora dormono, nei sacchi a pelo distanziati a gruppi, sembra un deposito di
sacchi di caffè, un po’ più variopinto .
Carlos è il primo a svegliarsi, si avvicina alla porta a vetri per vedere .
Il mercato vicino, comincia ad animarsi, cassette di frutta, serrande che si aprono, il sole sembra
impadronirsi dello spazio, fuori dalla porta dell’ufficio, ancora nessuno.
Carlos, gridando nella sala: Vamos, adelante,! che ogi es el giorno della television, bisogna lavarse
e vestirse bien!!
Tutti o quasi, si alzano, da una parte il fornello è pronto per il caffè, dall’altra c’è la fila per l’unico
bagno, mentre i giovani non ne vogliono sapere .
Sonia và da loro e li incita: Forza!!, non vorrete farvi trovare così per andare in TV?
Dopo circa un’ora arrivano, fuori i giornalisti e anche la polizia (che ha ricevuto ordine di non
prendere iniziative, solo “ordine pubblico”).
Giordano, prontamente, esce insieme a Sonia, Giulia, i ragazzi, Lorenzo sulla carrozzina, spinto da
Federica,Gilberto, jeffrey e Valery, tutti tranne Romero, Carlos, Valter e Righetto che dovranno
andare al ristorante, mentre i primi non si dovranno esporre .
Giordano consegna il manifesto ai giornalisti, in cui il principale motivo è quello di ottenere un
immediato interesse, da parte del governo, per sbloccare i fondi europei, stanziati per l’occupazione.
Ancora fermi per burocrazie in continua disarmonia tra i numerosi cavilli legali.
Un mazzo di microfoni viene offerto a Giordano,il quale, come fosse il giorno del suo compleanno,
non si fa pregare ed inizia subito a rispondere ai giornalisti
C’è il cronista giovane del Messaggero, un altro di una radio web, uno di Radio città futura e una
telecamera, con il microfono a calzino, del TGRegionale.
Giordano: Vedete voi stessi, siamo semplici cittadini, non facciamo parte di nessuna
organizzazione, né di sigle di partito
Stiamo conducendo questa lotta, pacifica, per perorare una causa originata da un principio di
“giustizia sociale “il “lavoro”.
Sappiamo che i fondi europei, sono bloccati e chissà per quanto lo rimarranno, per questo
chiediamo al governo di, prendere, affrettatamente una posizione, netta e imprescindibile.
Crediamo che, il governo debba dimostrare di saper attuare i proponimenti che, ci vengono offerti
addirittura dalla Comunità Europea
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Per questo noi, attenderemo, conferme certe, per un provvedimento operativo e poi, lasciare, questo
locale, nelle medesime condizioni, di quando lo abbiamo occupato, ringrazio tutti voi per l’interesse
mostrato .
Rientrano in fretta chiudendo la porta, prima che la polizia faccia un passo avanti…, si
prepareranno per una seconda notte .
I “grandi, si riuniscono,attorno ad una radiolina, che gli aveva portato suor Gerusa,insieme al
pranzo, a base di lasagna, patate arrosto e frutta, consapevole che avevano ancora molto tempo di
attesa, davanti a loro .
Più in là, Lorenzo, facendosi aiutare si è sdraiato su dei sacchi a pelo a mò di divano, con le spalle
appoggiate alla parete, insieme a Maria Carla .
Lei, ora lo vede come èra prima dell’incidente, ai tempi della scuola media, èra già innamorata di
lui della sua calma, delicato ed insieme sicuro di sé, un ragazzo che studiava molto ma, che non
disdegnava di partecipare, senza presunzione, ai più goliardici scherzi, messi in moto dalla giovane
e spensierata classe .
Maria Carla si ricorda, di quando un giorno, un brunetto, alto, secco, più grande d’età, chiamato
“Mizza”, orgoglioso di far parte di una piccola banda di S. basilio, la derideva di fronte alla classe.
“Mizza” diceva: A Marì, tè uscita nà ciliegia dai pantaloni, oppure è nà fragola?!!
Lorenzo gli si mise di mezzo dicendogli che forse la sua ragazza (che non aveva) avrebbe avuto lo
stesso problema,a meno che non fosse troppo piccola d’età!!
Quel giorno, lei era andata nel panico, e sarebbe scappata dall’aula, convinta che il flusso una volta
iniziato non finiva mai,insieme ad un malessere generale e all’offesa ricevuta davanti a tutti.
Poi si ricordò di Sonia, sua unica madre “affettiva”, che gli aveva preannunciato il fenomeno,
dicendole che: fà parte della crescita, sarai Donna allora, così, insieme ad un abbraccio di Lorenzo
che la calmò, pensò che sarebbe stata la donna per lui.
Lorenzo, ora in questa posizione, più naturale, parlando con lei e avendo vicino tutta questa gente,
si sente veramente inserito e pensa che il suo primo desiderio è: continuare gli studi e perché
no!!imparare ad usare bene il computer per lavorarci, forse con gli anni poi, potrò anche guarire?
Ma in fondo, và bene anche così, perché ora mi sento di far parte di un gruppo ed il mio handicap,
sento che non è più un problema che non mi permette di vivere!!.
Fuori, arriva il commissario di zona, vestito in borghese, un tipo pelato ma con due basette alla
Elvis, con baffi ed un cappotto blu col bavero alzato, ha ricevuto ordini (il potente), di spostare il
gruppo di agenti,per un servizio di scorta ad un parlamentare in riunione notturna, soltanto due
dovranno rimanere, per qualsiasi comunicazione.
Ancora un’altra notte di occupazione, dunque.
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CAPITOLO 9
Da un altro lato della sala, si è formato un gruppetto, in semi cerchio con una candela accesa al
centro,Gilberto sta intrattenendo sei persone, come un narratore di favole .
Al centro, di questa piccola riunione c’è un sacchettino aperto di pelle chiara, da cui fuoriescono
pietre preziose di vari colori e forme e una candela accesa .
Gilberto prende una pietra, la avvicina alla candela per farla vedere nelle sue mille sfaccettature e
riflessi di colore .
Eh Jeffrey!! dice: ti ricordi dove abbiamo comperato questo zaffiro blu, ti ricordi quel vecchio
indiano, quasi cieco che teneva la mano ad un bambino scalzo?
Eravamo sempre noi tre, io Jeffrey e Valery, che adesso vuole stare per conto suo,è un po’ nervosa,
perduta, chissà!!...
Comunque, il vecchio ci portò in un vicolo stretto, buio, con gli scarichi delle fognature ai lati della
stradina,tutto puzzava e nello stesso tempo sentivi zaffate di incenso, patchouli, ed aromi che
provenivano dalle piccole cucine a carbone,odore di churri, curcuma e zafferano, era una sferzata di
energia per l’olfatto .
Tirò una tenda ed entrammo in una casa, fatta di tre piccole stanze, dove soltanto la sua aveva un
letto di legno,con la rete fatta di corde intrecciate, come si usano là in India .sotto una gamba del
letto, scavò una buca,togliendo terra con le mani e disseppellì un sacchetto di tela sporca, ci teneva
venti di queste pietre, le portò fuori nel patio, alla luce della luna,restammo là a guardarle incantati
da tanto splendore, le prendemmo tutte per duemila dollari.
Facemmo noi il prezzo, alzandolo un po’, perché la situazione di quelle persone era veramente
disastrosa .
Il vecchio, non si fermava più dalla gioia, fece preparare il tè, accese una lampada a gas,nel cuore
della notte e così ci rendemmo conto che in quelle altre due stanze dormivano almeno venti
persone, una accanto all’altra, donne e uomini e bambini .
Quelli che svegliammo ci riverirono, come usano loro, con le mani giunte all’altezza della fronte, e
con cortese gentilezza ci sorriderono salutandoci.
Ci allontanammo da quella casa, con il sacchetto in tasca ma, con una ferita nel cuore, pensando che
i risparmi di quella, povera ma dignitosa famiglia,sarebbero serviti come vezzo, per una ricca donna
o per una prostituta d’alto bordo o la moglie di un senatore, che è la stessa cosa .dovete sapere una
cosa ragazzi!!, ora erano sopraggiunti anche Lorenzo e Maria Carla.
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Dove vedete ricchezza ed opulenza, sappiate che in egual misura ha causato povertà!!, è come una
coperta, se la tiri da una parte, ti scopri dall’altra .
Abbiamo visitato,città, piene di mendicanti, storpi, spesso con gonfiori sulle gambe, grossi come un
pallone da calcio, si trascinavano su dei carretti a rotelle, là non campano né cani né gatti,solo le
scimmie che sono sacre e poi molto furbee agili .
Ammazza!! Teribbile! Dice Valter, è nà guera continua pe la fame!, però seguita, nun te fermà le
artre, quella gialla rossa, verde …
La gialla, il topazio, abbiamo risalito una montagna del kashmir, si quello della lana pregiata! con
un trenino, sempre in curva e salite, sembrava impossibile che potesse portarci in cima .
Sul treno, tre appartenenti alla tribù dei Sick!!, con dei pugnali curvi alla vita e grossi bracciali
d’acciaio ai polsi, barboni e con il turbante, ci guardavano fissi e con odio, come fossimo due spie
americane, se non fosse perché c’era Jeffrey ci avrebbero “scannati“, là sul treno stesso.
Arrivati in cima, alla casupola della stazione, vendevano tè con burro di yak, che è un montone del
posto,dolci fritti al momento e polpette piccantissime, rosse, potenti come bombe a mano, tutto
incartato con carta di giornale .
Risalimmo a piedi, la montagna, in mezzo alle pecore dalla fitta ma leggerissima lana,ed in una
vallata un po’ in basso, vedemmo un santuario, tutto bianco e riflettente la luce del giorno, come
fosse di cristallo,sottile ed altissimo come una lama nel cielo, circondato da un lago di montagna,
limpido e azzurro come il cielo stesso .
Scendemmo per il sentiero, pieno di cacca di pecora,perché pure se kashmir sempre pecore so!! e
davanti all’entrata c’era il nostro uomo, che disse era là dal giorno prima ad aspettare,trattammo e
comprammo dieci di questi splendidi, tondi, occhi gialli come il sole .
Ad ogni pietra Gilberto, gli faceva dare il riverbero alla luce della candela, prima sul bianco della
parete,proiettandone le sfaccettature e i colori,poi davanti agli occhi, degli attenti ascoltatori in
circolo, davanti a lui.
Questa rossa, è un rubino del Siam, più giù in Asia, anche laggiù,povertà ed estrema ricchezza nei
templi religiosi, colossali sempre alti e sottili, sono tutti decoratissimi, in oro splendente, come
grandi sculture di oreficeria, con grandi statue, dagli occhi sognanti saggezza,con il taglio a forma
di foglia stretta e lunga, all’orientale, tutto intorno la Giungla, elefanti, tigri, donne vestite di una
eleganza raffinata, con stoffe a colori e tinte naturali, pensate c’era una bottega di sarte, che faceva
abiti a seconda del proprio disturbo corporeo, se avevi la pelle irritabile, oppure se avevi problemi
di digestione,c’era un materiale ed un colore, naturale sempre,apposta per te .
Culture antiche e millenarie,persone con uno stile nei movimenti ed una educazione incredibile per
un popolo che muore di fame…
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Questa verde, invece si chiama, smeraldo, viene dalla Colombia, un paese bellissimo, con gente
coloratissima ed allegra, sempre apparentemente, ottimista, anche sé in realtà, vivono in una
dittatura, piena di corruzione, smercio di droga e di tutto quello che si possa contrabbandare, un
caos di musica e soldi sporchi, povertà, ladri di strada e ladri di governo,pistole e dollari.
Chi mai direbbe che dietro a queste bellezze, create dalla natura, perché, nascono nelle montagne a
decine di kilometri in profondità, la gente che le recupera, lavora in condizioni di schiavitù, molti
restano seppelliti,altri si distruggono i polmoni, sputando sangue, mentre è la stessa “natura”, che
crea questi cristalli, vengono su gratis, dovremmo averne tutti un po’, come l’acqua, il sale sono
come “uova”che nascono partorite dalla madre terra.
L’uomo è la bestia più schifosa che sia stata creata non gli basta nutrirsi e mantenersi in vita, deve
avere il potere, creare guerre, uccidere altri come lui, il suo obiettivo non è l’amore, è il possesso di
tutto quello da cui possa trarre profitto, nessun animale è così bestiale come lui!!
Per questo,io,Jeffrey e Valery, abbiamo deciso di non affiancare più,questo mercato di morte e
povertà, ci siamo sporcati anche troppo di sangue umano.
Così abbiamo deciso,con i nostri risparmi e le nostre conoscenze, che non aspettano altro che il
potersi riscattare anche loro,servendo un progetto che dia respiro,cultura, e forse possa convertire il
“marcio”in “sano”.
Ringrazio tutti voi, per aver avuto l’opportunità di far parte di questo gruppo, finalmente “umano”e
chi vorrà sarà parte integrante in questo centro multiculturale permanente, di Arte, mestieri, scienze,
socialità, giustizia, divertimento .
Bravo!! Dice Marco, ma le altre,quella bianca, e quella di tutti i colori dentro?
Ahh!!Marco!!,devi capire che i discorsi non possono essere troppo lunghi se no la gente che legge o
ascolta, dopo un tanto, se stufa!! No, non è così?
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EPILOGO
Il lunedì alle ore 13,00 il TG Regionale annuncia, con grida di trionfo del gruppo che: il ministro
del lavoro, è in possesso di un decreto attuativo che permette lo sblocco dei fondi europei, a
disposizione della cittadinanza.
Gilberto ricorda a tutti, che non è ancora finita!!, ci dobbiamo organizzare ora per costruire questo
Centro permanente di cultura, aperto a chiunque.
Il luogo sarà il cinema teatro “Palladium”a Garbatella, di proprietà del Comune, ma allo stato
attuale abbandonato, forza allora!!! Metro B da Piramide a Garbatella.
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