MANAGEMENT DELLA QUALITA’ APPUNTI A cura di Stefania Aiello 1 MODULO 1 Esame scritto 3 domande ( diverse tra freq e nn freq) Maggio pre appello INTRODUZIONE “Gestire la qualità significa conseguire l’efficacia e l’efficienza presidiando la qualità”. - Efficacia: capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati - Efficienza: realizza i migliori processi al minor costo possibile Il management della qualità è un modo di porre una questione specifica (la qualità) in maniera: Permeante Trasversale Arricchente (attiva dinamiche positive) Quality Management: “Insieme delle attività di gestione aziendale che determinano la politica per la qualità, gli obiettivi e le responsabilità e li traducono in pratica, nell’ambito del sistema qualità, con mezzi quali: - La pianificazione della qualità - Il controllo della qualità - L’assicurazione della qualità - Il miglioramento della qualità (ISO 9000:94) QUALITA’: CONDIZIONE INDISPENSABILE? La qualità prima di tutto è una scelta culturale, una filosofia. Poi è un elemento della strategia aziendale. La qualità: - Non è affatto detto che sia indispensabile; - E’ chiaro che a seconda del prodotto che voglio lanciare, e del suo prezzo, dovrò considerare la qualità in modo coerente; quindi la qualità certamente non è sempre indispensabile - Entra in gioco là dove c’è il mercato - E’ un prerequisito che occorre affermare. Ad esempio: molte aziende elaborano la carta dei servizi, un documento che dichiara al pubblico cosa si devono aspettare dal prodotto e afferma certi standard di qualità perseguiti dall’azienda stessa. Rappresenta un vero e proprio patto tra impresa e cittadino. CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO E QUALITÀ I progetti di qualità sono diventati un elemento fondamentale, forse addirittura il più rilevante, per la progettazione e l’implementazione dei cambiamenti organizzativi. Il cambiamento organizzativo quindi sempre più si fonda sui progetti di qualità. Si manifesta in forma forte (cioè con implicazioni sul riorientamento strategico) o in forma debole (cioè con implicazioni su aspetti più circoscritti, settoriali o funzionali). La riscoperta della qualità come fattore chiave di successo strategico nel cambiamento organizzativo può essere colta ripercorrendo il processo culturale avvenuto nel passaggio dal controllo di qualità al sistema della qualità. Adottando la prospettiva della qualità, possiamo perciò individuare i diversi passaggi che caratterizzano il cambiamento organizzativo: Controllo di qualità: nei primi anni del secolo prendeva forma il controllo di qualità contemporaneamente alla crisi della domanda di mercato avvenuta negli anni 20, e alla conseguente necessità da parte delle imprese di fornire prodotti a prezzi più bassi e a qualità più elevata. Gli studi sul controllo di qualità dagli anni 20 agli anni 50 erano tuttavia a contenuto prevalentemente statistico, di natura sperimentale. Solo dalla seconda guerra mondiale, grazie alle esperienze 2 dell’industria bellica, il controllo di qualità trovava la piena affermazione non solo sul piano teorico ma anche nell’industria americana. Il controllo è quindi uno strumento per gestire la crisi di domanda; il tentativo delle imprese è quello di migliorare la qualità dei loro prodotti (ad esempio facendo in modo di non commercializzare più “prodotti difettosi”). Controllo statistico di qualità: calcola la frequenza con cui devo intervenire, la numerosità del campione, ecc.. Affidabilità: è un concetto che prescinde dalla qualità dei componenti e dal livello di prestazione del prodotto nel momento della consegna al cliente. La mia produzione viene infatti qualificata rispetto alla durabilità nel tempo: capacità di mantenimento delle prestazioni durante il ciclo di vita del prodotto. E’ un concetto che nasce negli anni 50 Controllo totale della qualità: solo negli anni 60 la qualità si avviava ad assumere un contenuto manageriale con gli studi di Juran e Feigenbaum. Prendeva così forma il controllo totale della qualità, che si basava sui seguenti principi fondamentali: metodo scientifico per la prevenzione dei difetti, individuazione di standard di qualità e controllo del grado di adeguamento del prodotto ai requisiti standard, analisi degli scostamenti fra qualità standard e qualità effettiva del prodotto e interventi con azioni correttive per migliorare la qualità. Il controllo totale della qualità era ancora fortemente legato alla qualità del prodotto e alla qualità del processo produttivo; mancava ancora quel concetto di qualità legato all’azienda che emergerà violentemente negli anni 80. Assicurazione della qualità: fine anni 70: il sistema della qualità doveva garantire, assicurare, dare fiducia al cliente che il prodotto, il processo e l’organizzazione avessero la qualità richiesta dal cliente stesso. E’ quindi un concetto che riguarda la funzionalità del prodotto (è bello, ho usato componenti ecologici ecc.., ma funziona?) Company Wild Quality Control (CWQC) e Qualità totale (QT): costituiscono l’ultimo passo di un nuovo approccio alla qualità. Il CWQC (è la via giapponese) è il programma aziendale di miglioramento della qualità, soluzione organizzativa per la qualità verso la quale si stanno muovendo con parecchi decenni di ritardo le aziende occidentali. Si basa su una serie di progetti operativi realizzabili in un arco di tempo limitato. L’organizzazione per la qualità è quindi un’organizzazione per progetti proposti e realizzati dalla base grazie al coinvolgimento e alla libera contribuzione, ma voluti e approvati dal vertice aziendale. E’ perciò un sistema di mezzi (lo strumento fondamentale utilizzato è il metodo PDCA) per produrre economicamente un bene o un servizio che soddisfi le richieste del cliente. L’implementazione efficace del CWQC necessita della collaborazione di tutto il personale dell’azienda: alta direzione, direttori, supervisori, lavoratori di tutte le aree di attività, ecc.. Tutto e tutti contribuiscono alla qualità . La QT (è la via americana) è la ricerca della qualità lungo tutto il processo lavorativo. E’ fare bene tutto subito. La qualità totale è “essenzialita”. CWQC E Qualità Totale a confronto Il sistema giapponese del Cwqc ha qualcosa in più del tradizionale Total Quality Control americano. Per capire il Cwqc occorre individuare di seguito le caratteristiche vincenti dei progetti di qualità presenti nell’approccio giapponese mancanti in quello americano: - Approccio nazionale al problema della qualità: in Giappone la qualità non è stata una metodologia proposta da studiosi, consulenti, e applicata da alcune imprese avanzate (come è avvenuto in Italia), ma è stata una scelta di fondo della nazione per superare la concorrenza internazionale. - Ruolo fondamentale della formazione e addestramento: nell’esperienza giapponese la formazione e l’addestramento a tutti i livelli aziendali, dal top management ai singoli operatori, ha avuto un ruolo fondamentale. - Rapporti fra management, impiegati e tecnici: i rapporti con il personale rappresentano l’espressione più rilevante della diversità culturale fra il mondo del lavoro giapponese, quello occidentale in generale e quello italiano in particolare. La concezione quasi familiare che il dipendente ha dell’impresa, la fiducia cieca e assoluta nel management, la mancanza di conflitti sindacali, la consapevolezza che ciò che è bene per l’azienda è bene per il dipendente sono stati sicuramente fattori di successo per l’introduzione della qualità nelle imprese giapponesi. 3 - I circoli di qualità (Quality Control Circle, Qcc): i circoli di qualità sono incontri tra i dirigenti, tecnici, operatori ai diversi livelli della struttura per esaminare problemi, proposte, soluzioni di natura qualitativa relativa a prodotti e processi. In conclusione, il Cwqc è oggi il progetto di qualità che ha dato migliori risultati e si ritiene che molti fattori di successo siano esportabili anche nelle altre realtà nazionali. Si ritiene tuttavia anche che taluni fattori di successo del Cwqc siano tipici della cultura, dei rapporti sociali giapponesi e questi difficilmente potranno essere recepiti in altre realtà nazionali. Il sistema di gestione per la qualità Il concetto di Qualità deve essere analizzato evidenziando le sue relazioni esistenti con: Gli altri sistemi aziendali: gestione, organizzazione, amministrazione, controllo. Le attività generatrici di valore: logistica, produzione, marketing, vendite, servizi, approvvigionamenti, sviluppo delle tecnologie, gestione delle risorse umane, attività infrastrutturali. Le strategie e le politiche aziendali. Questa molteplicità di relazione fa emergere nella qualità un aspetto sistemico così rilevante da poterla definire “sistema della qualità”: è un vero e proprio sistema con una sua autonomia scientifica di pari rilevanza rispetto agli altri fondamentali sistemi aziendali (gestione, amministrazione e controllo, organizzazione). Il sistema di gestione della qualità è perciò il sistema di gestione aziendale comprendente struttura organizzativa, responsabilità, prassi, procedure, procedimenti e risorse per la determinazione e l’attuazione della specifica politica aziendale. Qualità ed eccellenza imprenditoriale L’impresa eccellente regge la sua attività su qualità, produttività e creatività, valori insiti dentro la cultura organizzativa dell’impresa stessa. Fare qualità significa quindi essere eccellenti in tutte le funzioni: è importante concentrarsi sulla qualità di tutto. La qualità è fondamento effettivo per l’eccellenza se è: pervasiva: si “intrufola” ovunque nell’organizzazione penetrando nella cultura di tutto il personale dell’impresa duratura: la durabilità è una delle caratteristiche fondamentali della dimensione economica della qualità. La capacità di competere basandosi sulla qualità permette all’impresa di affrontare le sfide a M-L termine. La qualità eccelsa ma occasionale non soddisfa le aspettative. La qualità deve quindi avere una validità temporale permanente Il successo giapponese nel mondo è stato reso possibile da come è vissuto nella cultura aziendale il valore imprenditoriale cardine della qualità. Questa deve essere: rivolta al cliente e non alla produzione presente in tutte le attività aziendali non solo in quelle produttive, ma anche quelle di progettazione, marketing, ecc.. relativo non al prodotto, ma agli uomini, introducendo un concetto di qualità umana come fondamentale componente della Qualità Totale una via per ridurre le perdite aziendali intese in senso lato come maggiori costi, come costi intangibili, come minori profitti, come minore competitività Rapporto tra qualità, tempo, e pervasività PERMANENTE VALIDITA’ TEMPORALE CONTINGENTE 3. Qualità del prodotto intesa come valore da sacrificare rispetto ad altri valori 1. Qualità Totale 4. Qualità del prodotto intesa 2. Qualità Totale, ma come sopra, ma ancora più ancorata a contenuti contingente, ovvero legata tecnologici e valenze alle attuali tecnologie e a contingenti valore limitativo TOTALE 4 PARZIALE GRADO DI PERVASIVITA’ 1. Situazione costante nel tempo e diffusa su tutta l’organizzazione e oltre 2. Faccio qualità ad esempio perchè sono arrivato prima di altri a sviluppare un’innovazione tecnologica di prodotto 3. Rispetto ad un’analisi dei costi, l’impresa può decidere di sacrificare parte della qualità 4. La difendibilità economica della qualità è bassa L’eccellenza, in termini di qualità, si misura anche attraverso il profitto. Il profitto deriva dalla percezione di qualità che i clienti hanno e da quanto sono disposti a pagarla. Questa caratterizzazione vale in particolare nel medio lungo termine. Connessione logica tra qualità e profitto Numerose ricerche hanno messo in correlazione la qualità con il reddito aziendale o con il profitto dell’area di business. Il programma di ricerca Pims (Profit Impact of Market Strategies), articolato su 450 imprese negli USA, ha dimostrato che la strategia che maggiormente agisce sul profitto delle imprese è la strategia della qualità. Nel breve termine, una qualità migliore implica un aumento dei prezzi ed una riduzione dei costi di qualità. Questo, nel breve periodo, non è detto che porti maggiori profitti. Nel lungo periodo, aumentare la qualità (ipoteticamente) permette un aumento delle vendite; di conseguenza, tendenzialmente, aumenta la quota di mercato → economie di scala → minori costi di produzione → maggiori profitti. Ragionevolmente, possiamo quindi sostenere che se nel breve periodo non è detto che migliorare la qualità permetta un aumento del profitto, nel lungo periodo ciò solitamente accade → una strategia di aumento della qualità nel breve periodo non paga! Qualità per il cliente o qualità attesa La qualità per il cliente può essere anche esplicitata con il termine “qualità attesa” dal cliente. La qualità che il cliente si attende dall’impresa è: una qualità percepita, ovvero una qualità che il cliente è in grado di comprendere una qualità relativa, ovvero una qualità confrontabile con la qualità dei concorrenti La qualità per il cliente si può definire come l’insieme delle caratteristiche tecniche e costruttive che la clientela vorrebbe fossero presenti nel prodotto sia nel momento in cui viene venduto dall’impresa (qualità in senso stretto), sia durante tutta la sua vita utile (affidabilità). Pertanto occorre analizzare i processi decisionali del cliente relativi non solo al prodotto, ma anche alla qualità del servizio. Grande difficoltà nel determinare la qualità per il cliente sta nella scelta delle priorità dei desideri da soddisfare. Infatti, soltanto nel caso di produzione su commessa c’è una perfetta conoscenza dei desideri del cliente, in quanto il cliente è unico e si possono conoscere esattamente le sue richieste. Nel caso di produzione di serie invece esiste una pluralità di clienti, i cui desideri spesso sono contrastanti. Di fronte a questi contrasti vi sono due possibili politiche nel determinare la qualità per il cliente: massimizzare i desideri della maggioranza dei consumatori, o minimizzare lo scontento della minoranza. La curva prezzo prestazione Con un sistema di indici di qualità si può determinare, dando un peso appropriato alle singole caratteristiche qualitative, una relazione fra le qualità per il cliente e il prezzo. All’aumentare del livello qualitativo richiesto aumenta anche il prezzo che il cliente è disposto a pagare. Graficamente questo rapporto è rappresentato da una spezzata di andamento crescente: per passare a una successiva unità di prezzo, il livello qualitativo deve aumentare sempre di più, fino ad arrivare al punto limite in cui nessun aumento qualitativo può essere compensato da un aumento del prezzo. P A B 5 qualità attesa A: il cliente è disposto a comprare a un prezzo Y con qualità X che rappresenta l’indice minimo della qualità di mercato per il prezzo Y. B: il cliente esprime il livello qualitativo massimo da lui desiderato, senza dover sopportare il sacrificio di un maggior prezzo di acquisto. Quando l’impresa è in una situazione quasi monopolistica immette il prodotto sul mercato nelle condizioni di cui al punto A, cioè al prezzo massimo accettabile dal consumatore col livello qualitativo minimo. Per effetto della libera concorrenza la situazione cambia. La mappa del valore Valore e quota di mercato La correlazione tra maggiore valore e quota di mercato è stata dimostrata dal Pims sulla base delle informazioni in possesso nella loro banca dati. Si dimostra infatti che il 62% dei prodotti che hanno un valore più elevato dei concorrenti aumentano nel tempo la loro quota di mercato, in quanto i clienti scelgono in base al valore. Ne consegue che le strategie per aumentare il valore e conseguentemente la quota di mercato sono due: diminuire i prezzi di qualità relativa per il cliente aumentare la qualità relativa per il cliente a parità di prezzi L’aumento della quota di mercato consente a sua volta a parità di prezzi di aumentare i margini di contribuzione per un effetto di volume di vendita e di diminuire i costi variabili per un maggiore volume di produzione. Ne consegue che nel lungo periodo la strategia di miglioramento della qualità aumenta il reddito aziendale. La qualità e il vantaggio competitivo La strategia della qualità si inserisce nelle più generali strategie competitive e consente di raggiungere contemporaneamente i due fondamentali vantaggi competitivi (costo e differenziazione). Per valutare l’impatto dei progetti di qualità sulle strategie aziendali , occorre collegare la concezione strategica di Porter al sistema qualità. Il punto di partenza nel modello strategico di Porter è la catena del valore dell’azienda, inserita in un più generale sistema del valore. La catena del valore è rappresentata dalle attività generatrici del valore che si combinano all’interno dell’azienda al fine di produrre un margine. 6 Le attività generatrici del valore si distinguono in primarie e di supporto. Le prime riguardano il ciclo produttivo-distributivo del prodotto: log. in entrata, attività operative, log. in uscita, marketing e vendite, servizi. Le attività di supporto forniscono alle attività primarie gli input acquistati, le risorse umane, le tecnologie e le attività infrastrutturali dell’impresa. Le attività primarie possono essere distinte in: attività dirette (che riguardano in modo diretto la creazione di valore per il cliente); attività indirette (che non producono direttamente valore, ma sono indispensabili per lo svolgimento delle attività dirette); assicurazione della qualità (sono tutte le attività svolte per garantire la qualità all’interno delle attività primarie e di supporto). L’assicurazione della qualità è quella che riguarda più da vicino la strategia della qualità, essa riguarda sia attività primarie sia attività di supporto, ma è solo una parte del sistema della qualità. Le attività di assicurazione della qualità possono avere costi elevati e influiscono sui costi o sull’efficacia di altre attività. Il modo in cui le altre attività vengono svolte influenza a sua volta il fabbisogno e la tipologia delle attività di assicurazione della qualità. La possibilità di semplificare o eliminare le attività di assicurazione della qualità svolgendo meglio le altre attività sta alla radice dell’idea che la qualità possa essere gratis (Porter, 1987). Il secondo concetto fondamentale che collega la strategia di Porter alla strategia della qualità è il concetto di vantaggio competitivo (di costo e di differenziazione): la strategia della qualità consente di ottenere contemporaneamente un vantaggio di costo inteso come minore costo della qualità e un vantaggio di differenziazione inteso come maggiore qualità percepita dal cliente rispetto a quella fornita dai concorrenti. L’impatto della qualità nel cambiamento organizzativo delle attività generatrici di valore Per individuare l’impatto della qualità sul cambiamento organizzativo nelle attività generatrici di valore, occorre ricollegare lo schema delle attività primarie e di supporto di Porter al sistema della qualità. L’impatto della qualità nel cambiamento organizzativo delle attività primarie La qualità nella logistica in entrata: all’interno della logistica esiste un’attività di assicurazione della qualità che prevede il controllo e collaudo del materiale entrato. Il concetto di qualità nella logistica in entrata non è tuttavia ristretto all’assicurazione della qualità, ma si ricollega alle moderne tecniche di gestione delle scorte (un esempio è il connubio tra qualità e just in time). La qualità nell’attività operativa: l’attività di controllo della qualità durante il processo produttivo ha sempre avuto un’importanza fondamentale. Nell’ambito dell’attività operativa può essere allocata l’ingegnerizzazione del prodotto con tutte le problematiche di prevenzione dei difetti qualitativi inerenti il processo produttivo. Sull’attività operativa si riflette pesantemente la metodologia del just in time, che parte dalla logistica in entrata e giunge alla logistica in uscita. La qualità nella logistica in uscita: nella logistica in uscita si svolgono attività di assicurazione della qualità quali il collaudo del prodotto finito, la determinazione dell’indice di qualità, ispezioni varie, il controllo di qualità sugli imballi, etc. In queste attività incominciano a emergere le problematiche connesse non più alle caratteristiche qualitative del prodotto, ma alle caratteristiche qualitative del servizio, quali ad esempio la tempestività e puntualità delle consegne. La qualità nel marketing e nelle vendite: Porter sintetizza una serie di attività dirette che si possono a loro volta scomporre in mkt strategico, mkt operativo, pubblicità, amministrazione e gestione delle forze di vendita, promozione, ecc. La qualità percepita dal cliente deve essere gestita nell’ambito del mkt strategico. Inoltre molte caratteristiche qualitative del servizio nascono nell’ambito dell’attività di marketing e vendite. La qualità nell’attività di servizi: la qualità è essenzialmente nei servizi di assistenza al cliente prevendita, durante la vendita e postvendita. L’impatto della qualità nel cambiamento organizzativo delle attività di supporto La qualità nell’attività di sviluppo delle tecnologie: per Porter lo sviluppo tecnologico è l’insieme di attività riguardanti le tecnologie impiegate in azienda con un’accezione molto più ampia della R&S: non è collegato solo al prodotto finale, ma anche ad attività primarie e di supporto che utilizzano tecnologie (ricerca di base, concezione nuovo prodotto, ricerca sui media, progettazione apparecchiature di processo e per assicurazione tecnica). Nell’ambito dell’attività diretta di sviluppo delle tecnologie c’è un’integrazione totale con la qualità. In particolare la qualità del progetto assume una grande importanza. Secondo Ealey il principale fattore 7 competitivo consiste nella qualità del progetto, che da una parte soddisfa la qualità percepita dal cliente, dall’altra parte consente la realizzazione di un prodotto con minore difettosità, minori costi di avviamento, di produzione, di assistenza, ecc. Ad esempio di ciò si confrontano i metodi tradizionali di progettazione e il metodo Taguchi. La grande innovazione di questo metodo consiste in una progettazione del sistema e dei parametri che possa fare a meno di sperimentare le migliaia di combinazioni possibili per realizzare un prodotto. Ealey paragona le tecniche tradizionali alla ricerca di un ago in un pagliaio. Un’altra tecnica che consente di collegare la qualità del progetto alla qualità richiesta dal cliente e alla qualità nel processo produttivo è il Quality Function Deployment: una metodologia utilizzata per trasformare le esigenze della clientela in caratteristiche misurabili da inserire nel progetto. La qualità nell’attività di approvvigionamento: l’attività di approvvigionamento rappresenta l’anello di congiunzione tra la catena del valore dell’impresa e quella dei fornitori. In questa logica il rapporto tra impresa e fornitore diventa sempre più collaborativo: il prezzo assume minor rilievo, mentre la qualità diventa più importante. In particolare l’assicurazione della qualità nell’attività di approvvigionamento tende ad assumere non più una logica di controllo e collaudo in entrata, ma di prevenzione e ottimizzazione della qualità presso il fornitore. Per passare dalla fase in cui l’impresa controlla l’intera produzione in entrata del fornitore a quella di free pass, cioè di entrata diretta sulla linea produttiva, occorre, secondo Imai, svolgere una serie di operazioni: valutazione dei fornitori; formulazione col fornitore del piano generale della qualità e del piano di fabbricazione e collaudo del prodotto acquistato; controllo presso l’impresa tramite indici di qualità del fornitore/prodotto; messa a punto di un sistema di gestione delle non conformità e del process-capability; attuazione di un controllo in entrata riducendo i campionamenti e di un controllo statistico presso il fornitore; audit periodici sul sistema della qualità presso il fornitore; free pass, ovvero accettazione del prodotto senza controlli. La qualità nell’attività di gestione delle risorse umane: la grande rivoluzione culturale nell’esperienza giapponese della qualità è rappresentata dal ruolo fondamentale dell’uomo di fronte alla qualità. La gestione delle risorse umane deve essere articolata su tre livelli: quali risorse coinvolgere, come coinvolgerle e come monitorare la cultura della qualità. Il coinvolgimento del personale deve essere totale. Un ruolo di fondo su come coinvolgere tutti spetta alla formazione e all’addestramento. Infine particolare attenzione deve essere data al continuo aggiornamento e monitoraggio delle esperienze fatte dal personale sulla qualità. La qualità nelle attività infrastrutturali: per infrastrutture Porter intende tutte le attività aziendali non precedentemente esaminate quali la direzione aziendale, la pianificazione, l’amministrazione, il controllo di gestione, la finanza, il personale, gli affari legali e la gestione della qualità. Eccetto nella direzione aziendale e nella gestione della qualità che meritano un discorso a parte, nelle altre attività è difficile individuare immediatamente un coinvolgimento nella qualità, ma può essere significativo riprendere la definizione giapponese del Cwqc in cui si afferma che perfino il controllo finanziario e l’amministrazione del personale devono essere coinvolti nella qualità. La qualità e la direzione aziendale: è necessario che la strategia della qualità sia profondamente radicata nel top management. La strategia della qualità può essere articolata solo in un’ottica di medio periodo, perché incide prima sugli uomini e poi sulle macchine, prima sulla cultura e poi sull’operatività. Gli obiettivi di profitto a breve, i CdA che richiedono utili, gli azionisti, la quotazione in borsa sono alcuni dei molti fattori che spingono il management ad operare con un’ottica di breve periodo e a diventare esso stesso il vero nemico della qualità. La qualità e la struttura per la gestione della qualità: il sistema della qualità è una responsabilità diretta della direzione aziendale; l’attività di assicurazione della qualità è presente in tutte le funzioni aziendali e pertanto deve dipendere dai singoli responsabili operativi; la funzione centrale della qualità ha il compito di pianificare, sviluppare, coordinare il progetto della qualità a tutti i livelli aziendali. Al responsabile della qualità non si richiedono compiti operativi, demandati alle singole unità aziendali, ma la capacità di pianificare la qualità, di stimolare la formazione e l’addestramento, di raccordare in gruppi di lavoro le culture diverse del settore commerciale produttivo e della R&S, ecc. Questa cultura aziendale è molto lontana dalla cultura statistica del controllo della qualità. QUALITÀ E STRATEGIA: CHE RAPPORTO C’È? 8 La qualità è scarsamente definibile in termini assoluti. Sotto un profilo strategico la qualità deve essere esaminata nella sua dimensione competitiva; pertanto, in primo luogo, il concetto basilare di qualità è sempre relativo alla qualità della concorrenza. Per meglio dire, le caratteristiche qualitative del prodotto e del servizio sono elevate nella misura in cui siano superiori a quelle dei concorrenti. In secondo luogo, il concetto di qualità deve essere ricondotto alle due strategie fondamentali: la strategia di leadership di costo e la strategia di differenziazione. Difficilmente l’azienda riesce congiuntamente ad attuare entrambe le strategie; infatti solitamente una strategia di differenziazione dà origine a un costo della differenziazione che tende ad intaccare la leadership di costo. Nella qualità ciò non avviene e la strategia della qualità dà origine contemporaneamente a vantaggi di costo (derivanti da minori costi della qualità) e vantaggi di differenziazione (generato dalla maggiore qualità percepita dal cliente rispetto ai concorrenti). Il costo della differenziazione non riduce quindi la leadership di costo → la qualità è perciò fattore di successo strategico: ha una dimensione competitiva che incide sulle strategie possibili (differenziazione e costo) consentendo di non scegliere tra le due. I vantaggi di costo si ottengono intervenendo sul processo produttivo – distributivo (che consiste nelle attività svolte dall’impresa a partire dall’inizio del processo produttivo fino ad arrivare al funzionamento del prodotto presso il cliente), facendo in modo che la qualità effettiva sia coerente con la qualità progettata/standard: Qualità effettiva: l’insieme delle caratteristiche qualitative del prodotto e servizio che effettivamente sono presenti nel prodotto alla fine del processo produttivo-distributivo. Tali caratteristiche possono essere individuate nel prodotto nel momento in cui viene venduto al cliente (qualità effettiva in senso stretto) o durante tutto il periodo di funzionamento (affidabilità effettiva). L’elemento che caratterizza la qualità effettiva in senso stretto è il difetto di qualità, mentre l’elemento che caratterizza l’affidabilità effettiva è il guasto. Qualità standard: la qualità standard per l’azienda si può definire come l’insieme delle caratteristiche qualitative del prodotto e del servizio che l’impresa decide debbano essere presenti nel prodotto e nel servizio sia nel momento in cui esso viene venduto alla clientela (qualità standard d’azienda in senso stretto) sia durante tutto il periodo di funzionamento (affidabilità standard d’azienda). Questa configurazione di qualità è presente in due momenti: - nel momento finale del processo decisionale - nel momento iniziale del processo produttivo Per qualità standard si intendono perciò le direttive di qualità individuate in fase di progettazione; è la qualità sulla base della quale ho fatto i miei conti e fissato il prezzo. Quando qualità effettiva e qualità standard coincidono riesco ad ottenere vantaggi in termini di costo, quindi miglioro il processo produttivo – distributivo. In questo senso possiamo dire che “la qualità non costa”. Questa logica è tipica del modello giapponese. I vantaggi di differenziazione si ottengono intervenendo all’interno dei percorsi di differenziazione agendo sulla qualità percepita e rispetto alla qualità offerta dai concorrenti. Il costo della differenziazione, che c’è sicuramente in termini di comunicazione ad esempio, viene ammortizzato con la crescita della quota di mercato e quindi con l’aumento del profitto nel M-L termine. La strategia della qualità si è rivelata nell’esperienza giapponese come una strategia vincente che ha consentito di raggiungere il successo aziendale. Questa strategia è diventata vincente in quanto i giapponesi più dei loro concorrenti hanno saputo adeguare la qualità effettiva alla qualità relativa percepita dal cliente. Pertanto la strategia della qualità vincente passa attraverso queste fasi: massimizzazione della qualità relativa per il cliente nella qualità standard minimizzazione delle esigenze economiche, finanziarie, tecniche aziendali nella qualità standard adeguamento della qualità effettiva alla qualità standard La situazione ideale è: qualità effettiva = qualità per il cliente. Non è tanto rilevante la definizione astratta delle dimensioni qualitative, ma è rilevante che la mia qualità prodotta internamente sia percepita come tale esternamente (cioè dal cliente) → la qualità la si fa dentro ma la si verifica fuori dai confini dell’impresa. E’ per questo che le operazioni di controllo di qualità e di costumer satisfaction sono così importanti; attraverso le richieste, ricerche, questionari, l’impresa ha la finalità di far coincidere qualità effettiva e qualità percepita. Ma poiché la qualità per il cliente è più dinamica, a causa dell’ambiente competitivo, rispetto alla qualità standard, la strategia della qualità richiede un continuo riaggiustamento delle condizioni di equilibrio. 9 Più particolarmente, in termini numerici l’obiettivo di una strategia vincente della qualità consiste nell’uguagliare l’indice di qualità del processo di differenziazione e del processo produttivo-distributivo. Se si pongono a confronto le configurazioni di qualità individuabili nel momento iniziale e finale dei due processi è possibile determinare un indice di qualità del processo: A. Indice di qualità del processo di differenziazione: l’indice è dato dal rapporto fra qualità standard e qualità per il mercato: Iqd = Qstd/Qc ove Qc = qualità per il cliente. Questo rapporto può variare tra 0 a 1. Se Iqd = 1 vuol dire che la qualità standard per l’azienda è uguale alla qualità per il cliente; il prodotto qualitativamente risponde alle aspettative della clientela. Se 1 > Iqd > 0 vuol dire che la qualità standard per l’azienda è minore della qualità per il cliente. B. Indice di qualità del processo produttivo-distributivo: è dato dal rapporto fra la qualità effettiva e qualità standard per l’azienda. Il rapporto può variare tra 0 e 1; più particolarmente si può affermare che questo rapporto assume un valore crescente quanto meno il prodotto, durante il processo di lavorazione, si è allontanato dagli standard qualitativi stabiliti. Se Iqp = 1 vuol dire che la qualità effettiva è uguale alla qualità standard per l’azienda; se 1 > Iqp > 0 vuol dire che la qualità effettiva è minore della qualità standard per l’azienda. Concludendo, il progetto qualità diventa una strategia vincente del cambiamento organizzativo quando la qualità effettiva, intesa come risultante delle caratteristiche qualitative presenti effettivamente nel prodotto, corrisponde alla qualità per il cliente, intesa come insieme delle caratteristiche qualitative attese dalla clientela. QUALCHE DEFINIZIONE Nell’uso “normale”, qualità è: - Un lavoro ben fatto, apprezzabile - È la certificazione - È la caratteristica del servizio (oggigiorno ogni bene è legato ad un servizio) - È la Qualità Totale (consideriamo l’insieme degli elementi che caratterizzano il nostro fornitore) La qualità secondo... - Feigenbaum: “..integrazione degli sforzi dei vari gruppi dell’organizzazione: la qualità e il suo controllo devono cominciare con il disegno del prodotto e terminare solamente quando esso è stato consegnato nelle mani del cliente e questo ne è rimasto soddisfatto” - Deming: “La qualità è quella che chiede il cliente. Per questo la difficoltà di definire la qualità consiste nel tradurre le necessità future del consumatore in caratteristiche misurabili affinché un prodotto possa essere progettato...in modo soddisfacente a un prezzo che il consumatore sia disposto a pagare” - Juran: “Qualità è adeguatezza all’uso”; Crosby: “Qualità è assenza di difetti” - Qualità secondo ISO (9000:2000): la qualità è l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche permanenti di un prodotto (o di un servizio) che soddisfano i requisiti - Qualità secondo Sincert (organismo italiano deputato al controllo della qualità): qualità significa capacità di soddisfare esigenze di tipo morale e materiale, sociale ed economico, tradotte in determinati requisiti...Tali requisiti della qualità sono tanto più completi ed efficaci quanto più ampio è il grado di soddisfazione da essi sotteso e maggiore è il numero di parti interessate, i cosiddetti stakeholders...La condizione limite di qualità perfetta è raggiunta quando tutte le esigenze, di tipo morale e materiale, sociale ed economico, di tutti gli stakeholders, risultano pienamente soddisfatti. 10 MODULO 2 SLIDES: LA QUALITA’: UN CONCETTO IN MOVIMENTO LA QUALITA’ IN PROSPETTIVA EVOLUTIVA, VISTA ATTRAVERSO LE RIVOLUZIONI INDUSTRIALI La qualità in prospettiva evolutiva: 1. La qualità prima della qualità 2. la qualità nell’organizzazione della produzione 3. l’imperativo della qualità 1. Nella prima rivoluzione industriale: la qualità prima della qualità 1750/1850: fase iniziale del capitalismo industriale Nasce il modello inglese (capitalismo in GB) Dal punto di vista tecnologico: la tecnologia è incorporata in macchine isolate, di varia dimensione, disgiunte tra loro → standardizzazione del prodotto e dei mezzi di produzione Dal punto di vista dell’impresa: imprenditore-proprietario-guida Più in generale, le caratteristiche comuni riscontrabili in questa fase possono essere così sintetizzate: Impiego di nuove fonti di energia e messa a punto di macchine per la produzione tessile e meccanica Diffusione del “sistema di fabbrica” Evoluzione e diffusione dei mezzi di trasporto Imprese caratterizzate da piccole dimensioni, organizzazione semplice fortemente accentrata Ambiente competitivo di tipo concorrenziale Assenze di politiche di regolazione del sistema economico (laissez – faire) La meccanizzazione porta ad un salto di qualità: prodotti a qualità superiore rispetto a prima. Non è più solo l’artigiano a creare il prodotto ma sono le macchine: più beni prodotti e tutti uguali → la qualità viene incorporata nella macchina produttrice. La produzione è ancora confusa, non organizzata; la qualità c’è ma è ancora poco definibile. Si può dire che qualità significava produrre prodotti “idonei all’uso”, conformi a deteminate specifiche, condizione per cui potevano essere scambiati sul mercato. La qualità è interiorizzata in ciò che si produce, si spiega nel contenuto intrinseco del prodotto. Le relazioni tra imprese in questo primo stadio sono essenzialmente relazioni di mercato. Il mercato è il mezzo efficiente di governo della relazione e il prezzo delle merci scambiate sintetizza efficacemente l’interfaccia tra i vari punti del sistema. La qualità del prodotto è contenuta nel prezzo: non esiste ancora un concetto esplicito di qualità, l’attenzione è spostata sul mercato, ma gli scambi possono essere alimentati solo da beni idonei all’uso. La centralità del mercato e del libero scambio fra imprese produttrici di beni strumentali e di beni di consumo, pone dunque la “qualità mercantile” come condizione base per garantire efficienza al meccanismo degli scambi. 2. Nella II Rivoluzione industriale: la qualità nell’organizzazione della produzione 1850/1970 La scienza e la tecnica applicate al mondo produttivo portano ad un vero e proprio mutamento del paradigma tecnico – economico. Le innovazioni tecnologiche consentono lo sviluppo della produzione di massa attraverso il congiunto sviluppo di tre fattori, che rimangono dominanti fino agli anni 70: la standardizzazione dei prodotti e dei mezzi di produzione, l’avvio della produzione sistematica di pezzi intercambiabili e la progressiva specializzazione delle macchine utensili. La produzione di massa implica: - Specializzazione di unità produttive e di posizioni di lavoro; massiccia concentrazione di manodopera - Coordinamento 11 - Prodotti ottenuti in serie - Aumenta l’intensità di capitale e la dimensione delle unità produttive - Delega decisionale Introduzione del taylor-fordismo Si sviluppa la forma si società per azioni, si diffondono nuovi titoli di credito, si aprono mercati mobiliari. Si determina una separazione fra proprietà e controllo dell’impresa. Dal punto di vista sociopolitico, al laissez – faire si contrappone gradualmente il Welfare State, per correggere le distorsioni nella distribuzione di ricchezza e di prodotto interno generate dalla mano invisibile del mercato. Il costo/prezzo più che la qualità o l’innovazione costituiva la vera variabile competitiva. Una volta individuata la formula di un prodotto questo doveva continuare per lungo tempo senza varianti. Il passaggio di modalità di produzione artigianale a modalità di produzione industriale di prodotti complessi poté realizzarsi solo attraverso una scomposizione del prodotto in componenti elementari. Il processo di aggregazione si realizza da una linea di montaggio finale che assembla le diverse componenti del prodotto. - Qualità e standard: In questa fase del capitalismo industriale la sola qualità mercantile non è più sufficiente a governare la nuova complessità affrontata della produzione di massa. La produzione è organizzata. La qualità diventa “utile”, funzionale a governare il processo → concezione di qualità misurabile oggettivamente, definibile a priori. In questo contesto la capacità di coordinamento della qualità si realizza attraverso la definizione di uno “standard astratto di qualità” per ciascuna operazione elementare. Ciò che governa il processo è l’obiettivo di produrre un bene corrispondente al bene predefinito e immaginato all’inizio del flusso produttivo. Il processo quindi si governa rispettando gli standard astratti predefiniti a priori → netta separazione di progettazione ed esecuzione. La qualità “utile”, cioè la qualità che crea valore per l’impresa della seconda rivoluzione industriale, è la qualità che consente da un lato di sfruttare appieno le economie di scala fornendo la garanzia della continuità e dell’integrazione del processo e dall’altro di minimizzare i costi di transazione interni, risolvendo ex ante i problemi di coordinamento, attraverso la definizione di rigide procedure operative, all’interno di un più vasto sistema di programmazione della produzione. Ma questa qualità crea valore anche per il consumatore attraverso la possibilità offertagli di acquistare una maggiore quantità di un dato bene con la stessa somma di denaro e, in definitiva, di poter condurre “una migliore vita di quella attuale”. - Qualità come strumento di coordinamento: rispetto alla qualità mercantile, che si configurava prioritariamente come idoneità all’uso, la qualità nello Scientific Management e nell’impresa fordista aggiunge il significato di “conformità agli standard interni”. Gli standard sono documenti tecnici che codificano l’informazione, sia essa tecnica o oganizzativa; il loro ruolo fondamentale è quello di ottimizzare l’adattamento/coordinamento delle parti. - Qualità e produzione di massa: Il concetto di qualità come conformità agli standard si sviluppa secondo dimensioni implicite e esplicite: Qualità implicita: nel senso che è data per scontata; è ricompresa nella definizione del prodotto stesso Qualità esplicita: qualità come caratteristica del prodotto che misura lo standard per il quale il prodotto era stato progettato. E’ la qualità formalizzata. Qui la conformità allo standard deve garantire l’intercambiabilità dei pezzi componenti il prodotto finito. Inizia ad essere utilizzata la statistica per rilevare dati sui prodotti e qualità. L’obiettivo era qualità = zero difetti. 3. Terza rivoluzione industriale: l’imperativo della qualità Il contesto economico che ha sorretto il sistema della produzione di massa sino a gran parte degli anni settanta, si è progressivamente dissolto nel corso degli anni successivi. La diminuzione della stabilità della domanda, la segmentazione dei mercati, l’estrema differenziazione dei bisogni dei consumatori ha imposto nuove logiche produttive e nuove logiche relazionali non solo all’interno della produzione ma anche fra produzione e mercato. La qualità diventa fonte del vantaggio competitivo: produrre beni a zero difetti permette al produttore di occupare una posizione di vantaggio. Siamo negli anni 70. Si assiste a: Accantonamento della logica quantitativo – centralistica tipica della grande impresa (perchè tendenzialmente il mercato non era più stabile) 12 Flessibilità e diffusione di nuovi modelli organizzativi di tipo destrutturato e reticolare. Risulta vincente il modello dei distretti industriali; dominanti sono le piccole imprese poiché riescono a garantire flessibilità (capacità di rapido adattamento alle modificazioni del mercato) Necessità di creare “differenza” per il cliente e di fargliela percepire, affinché questi vi attribuisca un valore positivo. I principali fattori che hanno messo in moto questo cambiamento sono: la globalizzazione dei confronti competitivi; la crescente terziarizzazione dell’impresa industriale; l’accelerazione dei mutamenti tecnologici. Sul piano delle azioni strategiche, l’impatto della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell’espansione degli ambiti competitivi si traduce in una crescente rilevanza della differenziazione competitiva: la nuova logica consiste nell’ampliare la varietà dell’offerta attraverso la flessibilità dei sistemi produttivi e la riduzione dei tempi di risposta alle sollecitazioni del mercato. Cambiano i modelli organizzativi: si appiattiscono, si destrutturano, si flessibilizzano. La qualità post fordista, a differenza della qualità nella produzione di massa, presenta una forte base comunicazionale. E’ la qualità della rete (e non solo della singola impresa), intesa come un insieme interattivo di catene del valore, che costituisce la più importante fonte di vantaggi competitivi per tutte le imprese componenti. LA QUALITA’ IN PROSPETTIVA EVOLUTIVA: I MODELLI PRODUTTIVI DA TAYLOR A OHNO La distinzione tra taylorismo e fordismo ci consente di immaginarli come due dimensioni che possono incrociarsi tra di loro dando luogo a quattro diverse situazioni ideali. SI 1. Taylorismo – fordismo Classico 2. Fordismo non – taylorista (job enrichment) FORDISMO NO 3. Taylorismo non fordista (piccole imprese) SI 4. Nuovi modelli produttivi post fordisti e post tayloristi TAYLORISMO NO Taylorismo – Fordismo La casella 1, regime fordista – taylorista, corrisponde alle tipiche situazioni delle industrie occidentali nel cuore del 20° secolo. Taylorismo in breve: Organizzazione scientifica del lavoro Ha in mente una fabbrica piccola, una fabbrica a vista ; “one best way” progettazione – esecuzione grande formazione dei lavoratori Fordismo in breve: l’uomo deve fare ciò che la macchina richiede poca formazione del lavoratore grande fabbrica con economie di scala produzione di massa Mentre il taylorismo ha un significato più ristretto perchè si riferisce all’organizzazione del lavoro nel processo produttivo, il fordismo ha assunto nel tempo una connotazione più ampia venendo a significare un intero sistema di produzione caratterizzato da economie di scala, gigantismo industriale, produzione di beni standardizzati di massa, accentramento di manodopera con una sua relativa rigidità d’impiego dovuta anche alle conquiste sindacali. Pertanto, mentre il dibattito sul superamento del taylorismo ha riguardato sopratutto l’arricchimento dei contenuti professionali del lavoro operaio unitamente alla riduzione della fatica fisica e 13 alla fine dell’autoritarismo in fabbrica, il dibattito sul superamento del fordismo ha riguardato sopratutto i metodi alternativi alla produzione di massa e il loro impatto su professioni e mercato del lavoro. Questa distinzione aiuta a chiarire che fin dagli anni 60 si sono avuti in occidente molti tentativi di superare il taylorismo pur rimanendo ancora all’interno di un sistema produttivo fordista; ma che la crisi di tale sistema si è manifestata pienamente solo negli anni 80 con i vantaggi economici portati dalla maggiore flessibilità produttiva ma anche con i problemi sociali posti dalla flessibilità e dalla precarietà dei posti di lavoro. Fordismo non taylorista La casella 2, regime fordista non – taylorista corrisponde alle situazioni che a partire dagli anni 60 si tentò di creare in alcune imprese occidentali con gli esperimenti di job enrichment. Si concentra sulle caratterizzazioni fordiste del lavoro: si arricchisce il compito, le mansioni del lavoro. Taylorismo non fordista La casella 3, regime taylorista non – fordista corrisponde ad una situazione poco frequente, che tuttavia può essere trovata in alcune aziende minori che per motivi di ampiezza non partecipano a un mercato di massa fordista, ma che hanno adottato in officina metodi tayloristici di produzione. E’ la logica delle piccole imprese Nuovi modelli produttivi Sviluppo dell’impresa attorno alla dimensione della qualità. Per aumentare la produttività si coinvolgono i lavoratori, li si motiva, si crede in loro. Infine la casella 4, regime non fordista – non taylorista è la grande novità iniziata gli anni 80. La casella non corrisponde a un regime produttivo definito, ma esprime piuttosto il susseguirsi ininterrotto di sempre nuovi modelli caratterizzati dalla crescente flessibilità di fattori che in epoca taylor – fordista erano ritenuti una proprietà stabile e fondamentale dell’impresa. Il passaggio ad u nuovo modello non comporta la sparizione di quelli precedenti ma piuttosto il loro inserimento e adattamento al modello nuovo. Esempio: Toyotismo/Ohnismo: Ohno è il direttore della produzione della Toyota. Introduce un modello del tutto nuovo; cura significativamente il problema della qualità, intesa come caratteristiche oggettive delle auto. Il modello fordista aveva una difettosità intrinseca accettata; il modello giapponese invece non accetta difetti. Il lavoratore viene responsabilizzato, può intervenire qualora ci siano problemi nella catena di produzione; produzione just-in-time; zero scorte.. LA QUALITA’ IN PROSPETTIVA EVOLUTIVA: RUOLO E SPAZI PER LA QUALITA’ Qualità e domanda Si passa da: Domanda stabile: produzione di massa; scarsa variabilità della domanda, vengono richiesti sempre gli stessi prodotti e in quantità crescenti ad una domanda variabile e varia: produzione flessibile; si richiedono prodotti differenti, anche all’interno delle stesse gamme. Se aumenta il grado di varietà e variabilità della domanda, allora deve cambiare anche il metodo di divisione del lavoro. I cambiamenti organizzativi adottati si sono così indirizzati verso soluzioni che consentissero contestualmente la produzione di varietà e la riduzione dei costi di adattamento/coordinamento tra le parti. Cambia il concetto di standardizzazione (cioè la riconduzione a certi standard/parametri): nella produzione di massa operava a valle, cioè che riguarda prevalentemente i prodotti finiti, gli standard erano predefiniti alle attività produttive. Si passa ad una standardizzazione a monte: materie prime, pezzi, componenti sono predefiniti e possono essere combinati insieme a piacere del cliente. Ciò comporta un maggior grado di varietà a valle ma anche maggiori costi in termini di adattamento/coordinamento. La qualità deve estendersi dall’interno all’esterno dell’impresa: la qualità si sposta ad esempio sui rapporti con i fornitori, sul sistema, ecc. Si va verso la qualità nella rete (intesa come un insieme interattivo di catene del valore), cioè qualità tra imprese → concetto di impresa rete: impresa che non internalizza le funzioni ma anzi compie 14 esternalizzazioni solide → strettissimi rapporti con fornitori e distributori (ad esempio: Malaguti). Tutti sono sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda circa la qualità necessaria → qualità come concetto condiviso. La rete consente di: trasferire conoscenza e gestire l’incertezza distribuire il rischio economico produrre output variabili La qualità è sempre più necessariamente sia interna che esterna. Andiamo a vedere più da vicino i due versanti della qualità: Qualità esterna: determina il sistema delle relazioni tra imprese Qualità interna: da qualità produttiva alla qualità nella globalità dei processi d’impresa. Presuppone una struttura adeguata al nuovo assetto, meccanismi operativi, cultura (il fornitore diventa collaboratore → cooperare per competere). La qualità diventa un meccanismo di coordinamento per ricomporre la divisione del lavoro (e quindi ne riduce i costi). QUALITA’ E SISTEMI PAESE IN CHIAVE STORICO GEOGRAFICA Sino agli anni 60 La qualità è legata al contesto sociale, culturale ed economico. Il percorso della qualità negli USA inizia prima che in Giappone. Questo perchè già negli anni 20 il sistema produttivo americano era all’apice dello sviluppo. Perciò la qualità di prodotto era già un concetto su cui si faceva grande attenzione. Agli inizi del secolo qualità è un vincolo imposto dalle esigenze di conformità del prodotto alle specifiche tecniche e dalle norme per garantire la sicurezza: in Giappone, USA ed Europa qualità è quindi conformità del prodotto alle specifiche. La qualità si realizza con collaudi ed ispezioni sul prodotto finito. A partire dagli anni 50, il Giappone cambia strategia: la qualità si impone come strategia di sopravvivenza e di rilancio di un’industria quasi completamente distrutta dalla guerra. La qualità diventa quindi un’esigenza imprescindibile e si portò la qualità dal prodotto al processo. L’investimento effettuato dai giapponesi sul controllo dei processi consentì di individuare le principali cause di qualità negativa. L’obiettivo è zero difetti Vengono chiamati in Giappone ad insegnare qualità gli americani Deming e Juran. Fino a quel momento fra USA e Giappone non ci sono sostanziali differenze né concettuali né applicative della qualità. Ma in questi anni le cose cambiarono appunto profondamente. Dalla fine degli anni 50 emergono significative differenze nel modello di gestione della qualità giapponese, rispetto ai modelli adottati negli altri paesi: USA: la qualità è del prodotto e si gestisce in chiave statistico quantitativa. Dominano ancora i modelli deterministici di tipo statistico-quantitativo appunto. Europa: la qualità del prodotto è un vincolo mercantile e normativo, un vincolo minimale che deve essere garantito per avere la possibilità di commercializzare il prodotto stesso. Giappone: si avvia sul percorso della qualità positiva: non più zero difetti ma creazione di qualità. L’obiettivo è creare prodotti migliori, e non solo non difettosi. Questo sposta l’attenzione sulla dimensione della progettazione del prodotto. Si afferma perciò la qualità giapponese. Ciò significa: Soddisfazione del cliente (proprio come obiettivo del sistema produttivo) Miglioramento continuo: è una tipica caratteristica giapponese; è l’idea per la quale la qualità deve essere continuamente migliorata → miglioramenti incrementali e non salti tecnologici radicali Ciò presuppone: Qualità nei processi Qualità nel lavoro: alto addestramento dei lavoratori Strumenti di qualità accessibili e comprensibili Dietro a ciò abbiamo delle specificità; Logica di apprendimento incrementale (si lega al miglioramento continuo) Appropriatezza rispetto all’uso degli strumenti a disposizione, cioè avere strumenti effettivamente finalizzati a risolvere/conseguire gli obiettivi 15 Accumulo di conoscenze tacite/implicite nelle routines, cioè l’abitudine a ripetere un processo lavorativo nello stesso modo di chi lo svolgeva prima. Si imparano condividendole, vengono poi interiorizzate e sono difficilmente formalizzabili. Strutture piatte con meccanismi di coordinamento orizzontali (organizzazione per processi), non sussiste più il bisogno di strutturarsi per gerarchia, il controllo parte dal basso. Dagli anni 60 in avanti Dagli anni 60 Giappone e USA prendono due strade diverse circa la qualità. Il Giappone prosegue nella sua strategia: nasce in Giappone l’espressione Company Wide Quality Control (vs Qualità Totale in USA). Cwqc sta ad indicare una logica pervasiva della qualità. E’ una strategia che si propone di realizzare gli obiettivi di business della società, progettando, fabbricando e consegnando prodotti o servizi in grado di soddisfare il cliente con un accettabile risultato economico. Gli strumenti di management da essa generati sono: Day to day Management: gestire giorno per giorno facendo una marcata attenzione ai minimi particolari qualitativi. Siamo all’interno di una visione a ML termine, ma è importante che il management sia completamente inserito nelle logiche e nell’orientamento alla qualità → l’idea di qualità deve partire dal top e middle management. Daily Routine Work: si muove nella stessa logica. E’ un’attività di miglioramento dei processi qualitativi ripetitivi. L’attenzione è sulle possibili migliorie da apportare → tensione costante al miglioramento, approccio tipico giapponese. E’ il meccanismo fondamentale del CWQC teso al mantenimento delle performance di ogni unità organizzativa dell’azienda. Consiste quindi in quelle attività di routine che garantiscono il presidio di tutti i processi aziendali in un’ottica di consolidamento degli standard. L’attivazione del DRW consiste nell’applicazione su base giornaliera del metodo PDCA a tutti i processi di tipo ripetitivo al fine di soddisfare i bisogni e le aspettative del cliente e consentire quindi di fornire prestazioni costantemente adeguate alle necessità. Il risultato finale è ancora una volta il miglioramento continuo delle performance globali dell’azienda: fare le cose giuste alla prima. A fronte del successo dei prodotti nipponici, gli USA dovettero forzatamente procedere ad una reimportazione dei meccanismi organizzativi e degli strumenti operativi sviluppati dai giapponesi. Gli occidentali colgono per lo più la dimensione “umanizzante” e partecipativa della qualità; sfuggono almeno in questa fase storica gli aspetti della produzione snella. Vengono adottati i circoli di qualità e i gruppi di miglioramento , sovrapponendoli a strutture organizzative tendenzialmente rigide e burocratiche. In Occidente abbiamo invece 2 approcci: Qualità come opportunità per migliorare il lavoro: è necessario superare il modello fordista e puntare sulla qualità nel miglioramento del fattore lavoro. In questo modo si consente al lavoratore di rimpossessarsi dei contenuti del suo lavoro. Qualità come impostazione tecnica, cioè come prescrizioni formali e automazione dei processi. La qualità deve essere garantibile attraverso una tecnologia e un’automazione dei processi massimale. Le principali criticità del modello occidentale: Qualità come obiettivo generico, non finalizzato. Il disaccopiamento tra qualità richiesta dal mercato e qualità prodotta all’interno dell’impresa viene risolto ancora tramite controlli ex post. Scarsa integrazione con la gestione e scarso coinvolgimento del management: manca la visione d’insieme. L’attenzione è posta ancora principalmente sul prodotto e non anche sui processi. Scarsa comprensione della logica complessiva. Conduce da un lato a vedere la qualità come una filosofia senza strumenti, dall’altro ad un eccesso di tecnica (poco comprensibile). Il salto degli anni 80 L’occidente, in base all’evidente successo delle imprese giapponesi, “scopre” e studia le caratteristiche strutturali dell’organizzazione produttiva giapponese (JIT, riduzione delle scorte,...) e teorizza gli elementi strutturali della produzione snella. Grandi cambiamenti: la qualità diventa obiettivo d’impresa, diviene un fattore competitivo. In sintesi: Forte coinvolgimento del management negli obiettivi di qualità Enfasi sui processi 16 Riprogettazione delle microstrutture, cioè delle posizioni di lavoro: riorganizzare il lavoro rendendolo più fluido e più capace di garantire qualità. Cade la logica della predefinizione. La qualità nasce da una nuova organizzazione di tipo processuale che integra tutto il processo di sviluppo dei nuovi prodotti, dai fornitori ai clienti. Mentre il Giappone esce dal fordismo facendo leva quasi esclusivamente su fattori organizzativi, l’occidente sceglie la via tecnologica. Dalle informazioni disponibili su alcune imprese europee dell’auto che in questi anni hanno imboccato la strada della produzione snella risultano alcuni elementi comuni: l’esteso uso di tecnologie avanzate che consentono di evitare o almeno attenuare lo sfruttamento intensivo della manodopera praticato in Giappone; la ricerca di accordi con il sindacato per il coinvolgimento consensuale della manodopera in proposte di miglioramento; il ricorso a forme di organizzazione modulare della produzione particolarmente adatte a gestire con la necessaria rapidità e flessibilità le anomalie di processo e di prodotto; sensibili miglioramenti nei valori tipici della produzione snella (tempo di allestimento, scorte, tempi di attraversamento) sebbene si resti lontani dagli standard giapponesi. L’insieme di questi elementi consente di parlare di una “via occidentale alla produzione snella” che si differenzia dalla via giapponese per il modo graduale con cui procede e per le varie forme di ibridazione dell’approccio giapponese con approcci di altra origine. In sintesi, mentre la via Toyota alla produzione snella ha puntato innanzi tutto sul coinvolgimento umano e poi sulla tecnologia, la via Fiat ha puntato prima sulla tecnologia e solo dopo ha scoperto l’importanza del coinvolgimento umano. Questa differenza può essere ragionevolmente generalizzata a livello di modello giapponese e di modello occidentale, dal momento che percorsi analoghi a quello Fiat si osservano anche in altre imprese. Mentre la via giapponese richiede una quasi ossessiva dedizione al lavoro, la via occidentale appare meno impervia. La tappa dell’ipertecnologia, che negli anni 80 portò ad un post fordismo grasso e costoso ha poi rivelato la sua utilità in un effetto collaterale, quello di ottenere un consenso attivo su obiettivi di qualità totale ben più ambiziosi di quelli che ci si prefiggeva con quella stessa tecnologia. Concludendo, in Giappone qualità è filosofia; vige la logica del miglioramento continuo. Negli USA è un modo attraverso il quale faccio funzionare l’impresa; vige la logica della qualità come salto rispetto al passato. Qualità in Europa Ha caratteristiche tutte sue: è diversa nel modo col quale viene concepita in USA e Giappone. L’ Europa è un insieme di Stati diversi che tentano di creare un mercato unico. Enfatizza la dimensione normativa. Le ragioni sono le seguenti: La complessità e la frammentazione rende utili standard che migliorano lo scambio: la qualità è utile quando permette di definire standard indispensabili per migliorare gli scambi Diverse strutture d’impresa e modelli di sviluppo: estrema frammentazione del sistema industriale Ruolo dell’UE: spinge verso una maggiore uniformizzazione degli standard. La qualità è stata trattata quindi soprattutto dal punto di vista formale. GLI AUTORI DELLA QUALITA’ Gli occidentali I primi autori che introdussero il concetto di qualità furono Irish e Shewart. - Irish: parla di ispezioni, cioè una verifica esterna sulle procedure interne di produzione. Non fornisce però molte indicazioni tecniche su come condurre queste ispezioni. - Shewart: tratta dei metodi di Controllo Statistico dei processi. Inventò il ciclo Plan, Do, Study, Act (PDSA). L’allievo Deming svilupperà questa teoria, che si basa sulla sequenzialità delle azioni. - Feigenbaum (1972): è un ingegnere, quindi poneva l’attenzione sugli aspetti ingegneristici, sul prodotto. Teorizza il “Total Quality Control” del ciclo industriale del prodotto. Punto fondamentale: il controllo della qualità deve essere esteso a tutta l’azienda, a tutte le funzioni aziendali. La qualità è compito di tutti. “La qualità è quello che il cliente pensa che sia, e non quello che il fornitore pensa che sia, o peggio ancora una 17 perfezione astratta, costosa e non apprezzata.” “ La qualità è un incarico individuale e collettivo, di tutti i dipendenti, nessuno escluso” “La qualità non è un impegno temporaneo, ma bensì un processo continuo di miglioramento”. “Bisogna implementare la qualità coinvolgendo, sia i clienti sia i fornitori, nel nostro sistema produttivo”. - Juran (1992): nel 1954 va in Giappone, dove il tema della qualità stava diventando centrale.Teorizza il modello a 3 ruoli (fornitore – processo – cliente), l’intero ciclo inizia e finisce con il cliente. “la qualità non capita per caso, va pianificata”. Distingue tra: Little Q (che ha per oggetto il prodotto, è normalmente considerata un problema tecnico, ed è presidiata dalla funzione qualità) e Big Q (ha per oggetto tutti i processi aziendali, è considerata un problema di business, si sviluppa attraverso un preciso processo di management, che prevede 3 fasi logiche: pianificazione, controllo, miglioramento). Particolare attenzione viene posta ai costi della qualità. Identifica i costi degli insuccessi (costi della non qualità), i costi dei vari controlli e i costi preventivi. A differenza di Crosby, che sostiene che è possibile raggiungere il punto minimo della curva dei costi totali della qualità solo nella condizione di “zero difetti”, Juran sostiene che esiste una correlazione inversa tra costi di prevenzione, ispezione, accertamento e difettosità, che non può condurre alla minimizzazione dei costi della qualità. Propone quindi, sempre in base alle 3 fasi logiche del management della qualità (pianificazione, controllo, miglioramento), dei programmi di intervento specifici che possono contenere contestualmente la dinamica dei costi di qualità e le difettosità. - Deming (1986): anche Deming ha lavorato soprattutto in Giappone. Diffonde la cultura statistica della qualità. Propone i 14 principi base del processo di implementazione e gestione della qualità, che riguardano gli orientamenti individuali, le iniziative da intraprendere sia sul piano organizzativo e gestionale per migliorare il clima organizzativo e potenziare il programma di miglioramento. Introduce il ciclo PDCA (Plan, Do, Check, Act), o ruota di Deming, che prevede lo sviluppo, secondo cicli ripetitivi, di 4 attività fondamentali: Plan (pianificare), ossia individuare il problema da affrontare ed elaborare le possibili soluzioni; Do (mettere in atto), cioè effettuare delle prove che possano confermare le ipotesi della fase precedente; Check (verificare), confrontare le ipotesi della prima fase con i risultati ottenuti nella seconda; Act (agire), standardizzare le procedure correttive, in modo da renderle consolidate e irreversibili. Deming propone dei premi per la qualità prodotta, poiché i premi sono motivanti. - Crosby (1986): le leve fondamentali del cambiamento per la qualità sono di tipo culturale. Introduce il concetto di “zero difetti”. Solo il cambiamento del sistema di valori e un loro orientamento verso la qualità può consentire l’avvio di efficaci programmi di miglioramento. Importanza fondamentale del management, approccio top-down. La qualità è vista conformità alle specifiche, quelle che l’azienda fissa per i prodotti basate sulle richieste dei clienti. Anche lui propone un programma della qualità che si snoda in 14 punti incentrati sulla dimensione organizzativa: stili di direzione, meccanismi operativi idonei a supportare programmi di qualità e predisposizione di organizzazioni tresversali, con forte presidio sui processi. impronta prescrittiva e strutturata in modelli rigidi. A contrario di Deming, è contrario alla premiazione, perché sminuisce il lavoro degli altri. Gli orientali La letteratura giapponese si caratterizza per una minore strutturazione organizzativa della qualità, nella minore presenza di prescrizioni dettagliate e strutturate in modelli rigidi, declinate in fasi sequenziali e livelli gerarchici. Ciò rispecchia il modo in cui le imprese giapponesi hanno vissuto la qualità. - Ishikawa (1985): padre fondatore del CWQC e dei circoli di qualità. Individua alcune caratteristiche chiave del modello giapponese che possono essere ricondotte ad aspetti etico-filosofici, a sistemi manageriali e a tecniche operative. Le premesse di base del CWQC sono infatti date da un insieme di valori e significati condiviso, sui quali si innescano meccanismi di controllo, di monitoraggio e di governo sui processi. Tra i benefici del CWQC: l’affidabilità del prodotto migliora, i costi si riducono; la qualità affidabile consente una programmazione razionale; la tecnologia si consolida e si migliora; le spese per i controlli e le ispezioni si riducono; si stabiliscono relazioni migliori tra le varie aree aziendali; le relazioni umane migliorano ovunque. - Japanese Union of Scientists and Engineers (dal 1946): diffonde orientamento e strumenti. LA QUALITA’ NORMATA Ad un certo punto si sovrappongono a tutti gli orientamenti analizzati alcune decisioni che tentano di spostare sul piano normativo il concetto di qualità. Il concetto di qualità normata: 18 È stato introdotto all’inizio del 900 negli USA sotto forma di norme tecniche di prodotto Negli anni 50 il ministero della difesa emana degli standard (di assicurazione di qualità) che divengono di riferimento per i paesi NATO Successivamente la qualità normativa evolve ed estende i suoi campi di applicazione dal prodotto all’intero sistema qualità di un’azienda. Nel 1979 la British Standard Institution sviluppa una serie di standard di processo: documenti sui quali si cerca un consenso volontario circa la definizione di standard di qualità Nel 1987 l’International Organization for Standardization pubblica una serie di norme sulla qualità note a livello internazionale come ISO 9000. Lo scopo era quello di armonizzare tutte le norme nazionali ponendo uno standard di riferimento comune per tutte le imprese e per tutti i paesi, e fornire dei criteri generali di supporto per la gestione operativa della qualità. La rivoluzione nel campo della normativa mondiale realizzata dalle ISO 9000, che divenne il modello di riferimento internazionale per lo sviluppo dei Sistemi di Qualità Aziendali, è leggibile come uno strumento al sostegno degli scambi che assumono sempre più dimensione globale; tale sostegno è possibile sia attraverso sia l’affermazione del principio della qualità garantita da terzi, sia mediante la diffusione di linguaggi comuni condivisi. La caratteristica più evidente di queste norme è la loro generalità: sono applicabili a imprese dimensionalmente diverse e appartenenti a settori diversi. Lo scopo primario del ricorso a questi riferimenti normativi è rendere trasparenti e controllabili le attività poste in essere nella progettazione, produzione, distribuzione di beni e servizi che costituiscono l’offerta. Tra TQM e Qualità Normata Piani diversi TQM è fortemente “firm specific” e proattivo: l’impresa si orienta strategicamente e con anticipo alla qualità. TQM è andare oltre alla soddisfazione del cliente, gestendo la qualità come dimensione totale ed intrinseca in ogni funzione/processo. Prevede la filosofia del miglioramento continuo, il concetto della pervasività, e coinvolge tutte le risorse umane Le norme identificano e sintetizzano degli stadi. La qualità normata è una qualità documentata, è un’assicurazione esterna della qualità che si basa su una attività di verifica ispettiva. In comune hanno: responsabilità della direzione, visione sistemica di processo, controllo statistico dei processi. SINTESI CONCLUSIVA L’evoluzione del concetto di qualità Qualità del prodotto: ottica interna; focalizzazione sul risultato operativo; controllo ispettivo Qualità del processo: ottica interna; focalizzazione sul percorso operativo; Total Quality Control e certificazione Soddisfazione del cliente: ottica esterna; focalizzazione sul cliente; certificazione e costumer satisfaction Eccellenza aziendale: ottica interna ed esterna; focalizzazione sull’ambiente; certificazione e stakeholder satisfaction Le tappe in chiave storica ANNI OBIETTIVO 1950 Rispondenza standard 1960 Idoneità all’uso 1970 1980 Idoneità di costo Crisi petrolifera Rispondenza ad esigenze Crescita dei mercati 19 CONTESTO allo Produzione di massa Consumer revolution STRUMENTI Standard; controllo statistico; collaudo Ricerche di mercato; approccio interfunzionale Circoli di qualità Quality functional latenti deployment Rispondenza alla cultura Innovazione tecnologica; TQM; certificazione 1990 aziendale globalizzazione Sviluppo della Idoneità all’ambiente New economy; imprese certificazione; 2000 globale a rete information tecnology Le implicazioni nel cambiamento dei modelli produttivi - Dalla prima alla seconda rivoluzione industriale: Prevale il mercato La qualità è mercantile Da produzione artigianale a produzione di massa: la qualità entra dentro il processo produttivo; la standardizzazione ex ante favorisce le economie di scala, minimizza i costi ed i tempi, garantisce l’idoneità del prodotto. - Nella terza rivoluzione industriale: Le economie di varietà spingono verso forme reticolari La qualità supera i confini delle imprese e si concentra sulle relazioni, l’interdipendenza si gestisce con la comunicazione. APPROFONDIMENTI: MODELLO GIAPPONESE, PRODUZIONE SNELLA LA SCOPERTA DEL MODELLO GIAPPONESE Si può dire che l’ingresso in un regime produttivo non fordista ne taylorista sia avvenuta negli anni 80 con la sfida portata dal cosiddetto modello giapponese e con la sua ricezione da parte di molte imprese occidentali per fronteggiare quella stessa sfida. La novità del modello consiste in una serie di soluzioni organizzative che consentono di ottenere una produzione flessibile e di alta qualità in misura nettamente superiore a quella ottenuta attraverso la via fino allora seguita in Occidente dell’innovazione tecnologica. Quelle del modello giapponese sono soluzioni organizzative che non si limitano alla sfera produttiva ma che investono l’intera strategia d’impresa. E’ opportuno ricordare le circostanze storiche in cui il modello giapponese ebbe origine. Si era verso la fine degli anni 40, dopo la seconda guerra mondiale e la Toyota, una minuscola casa automobilistica giapponese, era afflitta da gravi problemi di sopravvivenza. La sua quota di mercato era minima, i capitali erano scarsi, i macchinari vecchi e inadeguati. Secondo i criteri fordisti della produzione di massa fabbricare automobili in quelle condizioni non poteva che essere fallimentare. Tuttavia Ohno, il direttore dello stabilimento, decise di tentare una via originale: quella di abbassare il punto di profitto (break even point) dall’economia di scala tipica delle produzioni di grande serie a un’economia di flessibilità basata su produzioni di breve serie. Si doveva abbandonare la pratica di allestire i macchinari per produzioni destinate a rimanere uguali per settimane e mesi, e si doveva adottare la pratica di cambiare frequentemente gli allestimenti in modo da produrre lotti brevi o brevissimi inseguendo anche le più piccole opportunità di mercato. Ma moltiplicare gli allestimenti imponeva di abbreviare i tempi di queste operazioni. La pratica degli allestimenti veloci provocò ripercussioni a catena sull’intera organizzazione produttiva. Per prima cosa portò a superare la tradizionale distinzione tra gli operai addetti all’allestimento dei macchinari e gli operai addetti alla produzione. Ohno voleva che anche questi ultimi imparassero ad allestire le macchine. Gli allestimenti veloci risultarono congruenti anche con un altro grande vincolo della Toyota, quello di disporre di pochissimo spazio per i magazzini. Il frequente cambio di produzione faceva venir meno il bisogno di accumulare grandi riserve di materiale da lavorare, ma imponeva di allestire un sistema di trasporti così perfetto da garantire consegne limitate di materiale giusto in tempo per essere lavorato. Si scopersero due altri decisivi vantaggi. Il primo era che la produzione di lotti piccoli e diversificati premetteva alla Toyota di rispondere alle variazioni di mercato e alle richieste personalizzate dei clienti con un tempismo ed una flessibilità ignote alle fabbriche di grande serie. Il secondo vantaggio provenne dalla scoperta che la produzione a piccoli lotti permetteva un controllo della qualità estremamente più efficace a quello ottenuto nella produzione di massa. Si constatò in particolare la convenienza di fermare il flusso 20 produttivo per eliminare immediatamente i difetti scoperti piuttosto che lasciar scorrere il flusso per intervenire a fine linea, come prescriveva il modello fordista. Tra gli anni 50 e 70 la Toyota ottenne successi così grandi da diventare una delle più importanti e innovative imprese del mondo nel settore automobilistico. Sul finire degli anni 80 venne concettualizzato il modello giapponese: modello di “produzione snella”. 21 Produzione snella (Lean production) Il paradigma della produzione snella, cominciò ad affermarsi, a partire dagli anni 50, negli stabilimenti della Toyota, sembrò offrire adeguate risposte ai fabbisogni di flessibilità, efficienza, varietà e qualità delle imprese giapponesi alla ricerca di competitività. E’ un processo produttivo che, rispetto alla produzione di massa, “usa meno di tutto”: meno lavoro, meno tempo, minori spazi, minori scorte. Prevede il superamento di un concetto di organizzazione gerarchica, il coinvolgimento dei dipendenti nei processi di cambiamento e di miglioramento organizzativo, l’importanza del sistema di valori condiviso. La ricerca di essenzialità è sostenuta da una tecnologia ispirata a criteri di frugalità: impianti il più possibile semplici e conoscibili dal personale che li usa e che quindi meglio di qualunque altro sa suggerire continui e piccoli miglioramenti. Il successo delle imprese giapponesi eccellenti è fondamentalmente da ricondursi alla flessibilità e rapidità nel coordinamento delle attività, in risposta a cambiamenti tecnologici e di mercato. Si tratta di una forma di coordinamento orizzontale che si realizza attraverso meccanismi di diffusione e di condivisione delle informazioni. Ciò permette di avere a disposizione un sistema integrato capace di garantire un adattamento flessibile alle fluttuazioni della domanda di mercato con il minimo ricorso alle scorte di magazzino. Il paradigma della produzione snella è il miglior mezzo attraverso cui si rende possibile il perseguimento della qualità, intesa come soddisfazione del cliente e miglioramento continuo. Per i giapponesi qualità è essenzialità, è zero difetti IL “JUST IN TIME” Nelle sue linee generali il JIT può essere definito “un sistema produttivo che garantisce la continua e perfetta simmetria tra l’offerta dei beni prodotti e la domanda che proviene dal mercato”. Le conseguenze che si ottengono con questo modo di produrre cono opposte a quelle della produzione di massa. Quest’ultima punta su economie di scala attraverso la fabbricazione prolungata e uniforme di un dato prodotto e il rigido rispetto delle quantità programmate con largo anticipo. Le variazioni apportabili ai programmi prestabiliti sono modeste e la produzione, regolata centralmente, procede “per spinta” da monte a valle (sistema push). Il JIT rende invece possibile far uscire i prodotti in serie brevi e differenziate, con aggiustamenti continui alle fluttuazioni della domanda che “tira” la produzione (sistema pull). Ma per funzionare il JIT presuppone, o si accompagna, a 4 requisiti fondamentali: 1. l’eliminazione delle risorse ridondanti, considerate spreco 2. il coinvolgimento dei dipendenti nelle decisioni riguardanti la produzione 3. la partecipazione dei fornitori 4. la ricerca della Qualità Totale 1. L’officina minima sostituisce l’officina ridondante Nel fordismo le imprese si preoccupano di aver risorse in eccedenza, in modo che se interruzioni o anomalie si verificano in qualche punto del flusso produttivo, la produzione a valle possa continuare in attesa che la normalità sia ripristinata. Il modello giapponese opta invece per la “produzione snella” o officina minima, come dice Ohno. Questi nomi sono ispirati al fatto che rispetto al fordismo, il modello giapponese richiede meno scorte, meno spazi, meno movimenti di materiale, meno tempi per allestire i macchinari, meno addetti, meno apparati informativi e tecnologie più frugali. Ma l’eliminazione delle risorse ridondanti non obbedisce soltanto ad imperativi di economicità. Essa è un principio generale che si ispira a criteri di essenzialità conformi alla filosofia Zen e che fa apparire qualsiasi elemento superfluo come uno spreco. La riduzione delle scorte conduce a sua volta ad allestimenti rapidi e frequenti dei macchinari per cambiare di produzione ed accorciare i tempi di transito del prodotto lungo il flusso produttivo. La ricerca di essenzialità è a sua volta aiutata da un’altra caratteristica fondamentale dell’officina minima, la tecnologia ispirata a criteri di frugalità. Per tecnologia frugale si intendono impianti il più possibile semplici e conoscibili dal personale che li usa. Con il principio delle innovazioni a piccoli passi diminuisce il rischio di errori negli investimenti e si allenta la pressione a produrre cose non necessarie solo allo scopo di tenere in attività macchine costose. 22 2. Il coinvolgimento dei dipendenti sostituisce la divisione burocratica del lavoro Nel fordismo vige una divisione burocratica (taylorista) del lavoro, con confini precisi tra le mansioni. La divisione dei compiti scoraggia l’apprendimento di nuove abilità e l’assunzione di responsabilità non formalmente previste. Si ritiene inoltre che i rapporti tra i lavoratori e impresa siano sempre più o meno conflittuali. Nel modello giapponese invece le mansioni hanno confini poco precisi e i dipendenti sono sollecitati a partecipare alle decisioni riguardanti la produzione. Il coinvolgimento dei dipendenti trova la manifestazione più evidente nel cosiddetto principio di “autonomazione”, ossia nel diritto - dovere degli operai d’interrompere il flusso produttivo ogni volta che notano delle anomalie o dei difetti, e di segnalarlo attraverso indicatori luminosi in modo che si possa effettuare una correzione immediata. L’autonomazione infrange il principio fordista che la produzione deve sempre e comunque andare avanti e che gli eventuali difetti devono essere corretti solo alla fine della linea in fase di verifica e collaudo. 3. La collaborazione con i fornitori sostituisce il principio del “divide et impera” Le imprese fordiste tradizionali hanno produzioni fortemente verticalizzate, vale a dire costruiscono e assemblano la maggior parte del prodotto all’interno dei propri stabilimenti. Per la quota restante dei componenti si rivolgono a una quantità di fornitori esterni, che vengono messi in concorrenza sopratutto sul piano dei costi. I fornitori si trovano quindi in una posizione di subalternità all’impresa madre e di forte diffidenza reciproca. Le imprese ispirate al modello giapponese seguono una politica opposta. Esse non scelgono i fornitori in base ai costi delle singole commesse, ma li selezionano accuratamente in base alla capacità di collaborare con l’impresa madre in piani di lungo termine. L’impresa madre favorisce inoltre la collaborazione tra i fornitori attraverso il loro raggruppamento in grappoli di sub-fornitori con il conseguente interscambio di informazioni e di aiuti. Si forma così una fitta rete cooperativa basata su rapporti di fiducia e di reciproca trasparenza e su contratti di lungo periodo. 4. L’obiettivo della Qualità Totale sostituisce il primato della quantità Nelle fabbriche fordiste la produzione di massa impone di dedicare attenzione sopratutto alla regolarità dei flussi programmati e di considerare la qualità dei prodotti come un problema separato. La conseguenza è che la qualità non è soddisfacente e per di più costa perchè occorre dedicare tempo e risorse per eliminare i difetti in una fase successiva alla produzione. Il modello giapponese assume invece la qualità come una caratteristica obbligatoria e gratuita dei prodotti, e tutto il processo produttivo è organizzato in modo da progredire costantemente verso l’obiettivo ideale dello zero – difetti. L’espressione Qualità Totale sta a significare che la ricerca della qualità deve essere presente lungo tutto il processo lavorativo: dalla ideazione del prodotto, alla scelta del materiale, alla costruzione, alla consegna. L’automazione rappresenta in modo emblematico questa pratica. Interrompere la produzione per eliminare i difetti nel momento stesso della loro comparsa equivale a lavorare con un impegno tale da “fare bene tutto subito” la prima volta. Eliminare subito i difetti costituisce quindi la premessa per ridurre progressivamente il numero degli addetti ai collaudi finali e spostarli a lavori più produttivi. La qualità riguarda anche il processo produttivo e vuol dire lavorare senza sprechi, senza costi economici aggiuntivi che possono essere eliminati. L’insegnamento più profondo del modello giapponese sta nel collegare la qualità alla essenzialità. LE INTRINSECHE AMBIGUITA’ DEL MODELLO GIAPPONESE: CON QUALI LIMITI E’ ESPORTABILE? Per avere successo occorre che tutte le risorse impegnate nel processo produttivo siano prevedibili e affidabili. In particolare occorrono lavoratori non solo flessibili e polivalenti ma anche disposti a eventuali prestazioni straordinarie – di orario e di competenza – per affrontare le criticità. E’ vero che nel JIT il comportamento lavorativo diventa più visibile e che i lavoratori sono più intercambiabili. Ma è anche vero che aumentano l’importanza del lavoro umano e la capacità astratta di potere vulnerante dei lavoratori. E’ sufficiente un rifiuto, un rallentamento perchè gli effetti sul flusso produttivo siano immediati e dirompenti. Spetta quindi al management consolidare un quadro di relazioni industriali in cui i dipendenti non siano tentati di usare quelle capacità di vulnerazione. Di qui la prospettiva di un mutamento antropologico dei rapporti umani in fabbrica, dove le forme di lotta di epoca fordista sono destinate ad apparire sempre più come un cimelio di archeologia industriale. 23 Il modello giapponese indubbiamente supera il fordismo sia sul piano della produzione che diventa flessibile e sia sul piano umano dove il coinvolgimento dei lavoratori sostituisce i controlli burocratici. Ma ciò non vuol dire che il lavoro diventi più libero e più rilassato. Un giudizio ugualmente complesso riguarda il taylorismo. Non c’è più impoverimento delle mansioni ne impostazione gerarchica, ma crescono i vincoli sella standardizzazione e dei tempi di lavoro, dal momento che gli operai stessi che collaborano a escogitare le soluzioni migliori sono tenuti a seguire i loro stessi suggerimenti nella spirale ininterrotta del miglioramento continuo. 24 MODULO 3 LA GESTIONE PER LA QUALITA’ IL PERSEGUIMENTO DELLA QUALITA’ Presuppone una specifica volontà. Occorre coinvolgere la direzione generale; occorre che vi sia una specifica unità dedicata affinché la qualità non rimanga un orientamento astratto. E’ infine necessario che ciò pervada l’intera macrostruttura. La qualità non si fa solo con uno strumento, solo con una politica; gli strumenti e i supporti devono essere molteplici e ben impostati e verificati. E’ perciò necessario ricorrere ad un sistema di qualità che coinvolga la struttura organizzativa (e le relative posizioni di responsabilità) e i sistemi operativi (e le relative procedure). Un sistema che assicuri la qualità comprendendo l’eventuale certificazione di prodotti – sistemi – persone. Una fondamentale caratteristica che differenzia il modello innovativo giapponese da quello tradizionale occidentale risiede nella modalità attraverso la quale gli obiettivi di qualità vengono perseguiti; sul piano organizzativo possiamo infatti individuare due approcci fondamentali: Miglioramenti per salti di qualità (Kairyo): implica un avvicinamento alla qualità per episodi, con riassetti organizzativi che avvengono in coincidenza ad esempio all’introduzione di nuove tecnologie. Il miglioramento è quindi da intendersi come innovazione, sia essa tecnologica, di prodotto o organizzativa Miglioramento continuo (Kaizen): è l’attenzione continua nel fare meglio quello che stiamo già facendo. Il miglioramento è maggiormente legato al processo ed è orientato a un cambiamento continuo ed a piccoli passi di tutta l’organizzazione. E’ il perseguimento in modo continuo e senza limiti dell’evolversi dei bisogni dei clienti seguendo in modo accurato la loro evoluzione VARIABILE Cultura Prospettiva Velocità Cambiamento Coinvolgimento Modalità Catalizzatore Esigenze di supporto Orientamento/sforzo KAIRYO Occidentale Bt Grandi passi Improvviso e incostante Pochi e scelti Disfo e faccio Progresso tecnologico Grandi investimenti pochi sforzi Tecnologia KAIZEN Orientale It Piccoli passi Graduale e costante Tutti Manutengo e miglioro Know how convenzionale Pochi investimenti, tanti sforzi Persone Il perseguimento della qualità è una teoria in uso più che una teoria dichiarata: la qualità no basta dichiararla, va poi interiorizzata e perseguita realmente. Non basta dichiarare determinati valori e principi se poi non vengono effettivamente attuati. I prerequisiti necessari alla Qualità Totale L’output che le aziende saranno in grado di fornire dipenderà da alcuni prerequisiti che – se assenti – devono essere creati prima di poter lavorare sull’impostazione del programma di qualità totale. La conoscenza del regime operativo dell’organizzazione rappresenta il primo di questi prerequisiti e consiste nella capacità dell’azienda di tenere sotto controllo i metodi, gli standard di output e la correlazione che necessariamente esiste tra i due. L’azienda deve essere in grado di verificare che ci sia coerenza tra standard di output e processi. Questo problema è particolarmente importante per le aziende di servizi. L’instaurazione di un clima organizzativo favorevole alla qualità è il secondo prerequisito necessario ad un approccio di tipo total quality. Esso si manifesta nella percezione da parte di tutte le persone di poter contribuire al miglioramento della propria attività. Il terzo prerequisito alla qualità totale è “l’orientamento al micromarketing”: ogni area organizzativa coinvolta nel programma deve considerarsi come fornitrice di un prodotto/servizio ad un cliente; a tal fine è necessario un orientamento al micromarketing che, in analogia alle vendite, risolva con dei circuiti terminali il problema del marketing della creazione del servizio. Una volta costituiti i prerequisiti, 25 l’azienda può finalmente operare per l’attivazione del programma di qualità totale al fine di innescare il miglioramento continuo. STRUTTURE ORGANIZZATIVE E POLITICHE PER LA QUALITA’ 1. Accorciamento delle strutture: Si passa da un numero elevato di livelli gerarchici (gerarchia lunga) ad una logica in cui saltano alcuni livelli intermedi, Diminuiscono i livelli gerarchici; si passa ad una “azienda corta” dove i tre imperativi fondamentali sono: efficienza (meno costi), efficacia, velocità (riduzione dei tempi di risposta al mercato). 2. Il rovesciamento della piramide: Si capovolge la logica, oltre che la grafica. Ciò significa porre come punto di arrivo delle logiche decisionali l’orientamento al cliente; la qualità è perciò creata da chi in prima linea serve il cliente. 3. L’organizzazione per processi: Le organizzazioni sono impostate tradizionalmente con logiche funzionali. Il business è però in questo caso sui processi, non sulle funzioni. Le funzioni costituiscono le parti della struttura attraversate dai processi e per questo l’ottimizzazione funzionale è cosa diversa dall’ottimizzazione globale dei processi. Nell’ottica dell’organizzazione per processi, non devo minimizzare i costi degli approvvigionamenti o di marketing, o massimizzare la produttività degli impianti, bensì devo ragionare in una logica di processo come denominatore comune. Ricordiamo cosa intendiamo per “processo”: è un insieme organizzato di attività e di decisioni, finalizzato a realizzare un prodotto finito (con un valore per il cliente) a partire da dati input. E’ un flusso di attività che generano risultati significativi per l’impresa. Esistono tre tipologie di processi: Processi operativi: processi legati alla produzione Processi manageriali: coordinamento e gestione dei processi operativi Processi di supporto: gestione finanziaria, gestione del personale, ecc… Cosa comporta un’organizzazione tradizionale per processi: Le attività vengono attribuite alle unità operative in base ai contenuti tecnici e professionali Le attività vengono accorpate in base alla loro comune finalizzazione Output = sommatoria di contributi distinti = risultato coordinato Focalizzazione sui risultati parziali Attenzione ai parametri di prestazione per il cliente 4. Le strutture reticolari: Quando parliamo di rete, parliamo di rapporti tra imprese che operano nello stesso ambito di business. La logica reticolare è opposta a quella dell’integrazione verticale. Attraverso la rete, imprese che hanno natura giuridica diversa collaborano per realizzare meglio ciò che il mercato richiede. La forma a rete valorizza: la condivisione delle informazioni, l’adattamento delle informazioni, la rapidità decisionale, l’appropriatezza decisionale LA QUALITA’ NELLE FUNZIONI AZIENDALI Per funzione intendiamo un insieme di risorse messe a disposizione per il raggiungimento di un obiettivo comune. Le funzioni aziendali più delicate e coinvolte nel nostro discorso sono: La funzione qualità La funzione progettazione La funzione approvvigionamenti La funzione produzione La funzione marketing 1. La funzione qualità: La funzione qualità nasce dalla separazione tra produzione e controllo: a partire dalla logica fordista, il soggetto produttore è diverso dal soggetto controllore. Inizialmente era una funzione “staff”, esterna all’attività; è quindi una funzione consultiva. Successivamente, negli anni 70-80, viene integrata ai diversi livelli dell’organizzazione di “line” (da controllo a miglioramento). Quindi 26 precedentemente, la qualità era un concetto esterno alla produzione, successivamente viene integrata ai diversi livelli dell’organizzazione. I compiti della funzione qualità sono i seguenti: Presidiare la gestione della qualità Favorire una maggiore integrazione con i fornitori (in modo tale da garantire la qualità degli input) Coordinare le attività di addestramento e formazione Integrare le diverse funzioni aziendali verso la qualità visibile 2. La funzione progettazione: La funzione progettazione ha un ruolo fondamentale nella qualità di un prodotto. Le sue specificità: Disponibilità: intervallo temporale che intercorre prima che il prodotto presenti i primi problemi Manutenibilità: velocità con la quale si ripara un guasto Affidabilità: prob. che un prodotto sia in grado di assolvere alla funzione per cui è stato concepito La funzione di progettazione è stata recentemente rivoluzionata dall’introduzione del concetto di “Concurrent Engineering”: si tenta di introdurre una logica nuova che riduca i tempi. Si integrano ed affiancano tra di loro le fasi di progettazione (che prima erano eseguite l’una dopo l’altra) con il risultato di ridurre sensibilmente il “time to market”. E’ quindi uno strumento per la soluzione dei problemi di coordinamento e controllo, strumento che ha come obiettivo la simultaneità. Ovviamente il Concurrent Engineering è applicabile in presenza di tecnologie avanzate che possono essere messe a disposizione della fase di progettazione ed accelerare lo sviluppo dei prodotti. 3. La funzione approvvigionamenti: Ha un ruolo centrale nella logica della qualità. Si passa da una logica di fornitura competitiva ad una collaborativa; l’enfasi perciò non è più sui prezzi bensì sull’affidabilità (l’affidabilità delle consegne è l’elemento fondamentale). In questo modo si cerca di instaurare un rapporto di fiducia a lungo termine con il fornitore, un rapporto che coinvolga lo stesso fornitore negli obiettivi della società. Ci si sta orientando proprio verso la cosiddetta “Comakership”: è una modalità diversa di impostare i rapporti di approvvigionamento/fornitura che prevede lo sviluppo congiunto del prodotto (input) → cliente e fornitore sviluppano insieme le fasi di progettazione e produzione; il cliente supporta il fornitore. La funzione approvvigionamenti può perciò essere gestita su tre differenti livelli: Livello normale: tradizionale rapporto di fornitura, il cliente compie un ordine con determinate caratteristiche e il fornitore lo rispetta, sottostando ad un controllo di qualità. Sono contratti singoli generalmente a medio termine, ripetuti nel tempo. Integrato: fornitore e cliente hanno un rapporto più stretto. La qualità viene autocertificata dal fornitore “Comaker”: fornitore e cliente sono legati da un rapporto di partnership: collaborano, interagiscono, condividono conoscenze e competenze. E’ la logica della Malaguti che, dopo aver cambiato sede, si è portata dietro i suoi fornitori principali. Nella Comakership le informazioni sono condivise, la funzione R&S è fondamentale. Questo implica una grande selezione del fornitore: ho meno fornitori ma più affidabili e fedeli. Viene meno la grande concorrenza sui prezzi che si fanno tra loro i fornitori stessi. Questo perché non necessariamente il cliente sceglie il fornitore che ha i prezzi più bassi, ma sceglie il fornitore più affidabile, integrato, tecnologicamente avanzato e compatibile. 4. La funzione produzione: E’ la funzione maggiormente coinvolta dall’evoluzione della tecnologia finalizzata alla garanzia della qualità → la qualità è qui fortemente legata al sistema tecnologico che posseggo. La “partita” della qualità si gioca nella funzione produzione; il processo produttivo è centrale: è li che, nel senso concreto del termine, si fa qualità. E’ importante passare da un’attenzione al prodotto ad una attenzione al processo. Ricordiamo la differenza tra le logiche produttive “push” e “pull”: Logica push: parto dalle previsioni di vendita e di conseguenza costruisco la mia funzione produttiva per riempire il magazzino Logica pull: aspetto di avere le informazioni di come evolve il mercato e, di conseguenza, costruisco la mia funzione produttiva (no magazzino). E’ alla logica pull che fa riferimento la produzione “Just in time”; questa punta all’eliminazione degli sprechi, minimizzazione dei “lead times”, miglioramento continuo, minimizzazione del circolante di produzione, flessibilità sul mix. 27 5. La funzione marketing: La funzione marketing rende visibile e documentabile la qualità, mettendo sempre più al centro delle logiche aziendali il cliente. E’ una funzione anch’essa molto importante nel raggiungimento della qualità totale, soprattutto nell’uso sapiente del marketing mix. LA QUALITA’ E LE QUALITA’ Qualità significa soddisfare non solo i clienti, ma tutti gli stakeholders → qualità come soddisfazione di tutte le parti interessate all’azienda. Stakeholders: tutti i soggetti strategicamente rilevanti per la sopravvivenza ed il successo dell’azienda; sono tutti coloro che hanno una legittima attesa nei processi decisionali. Possiamo dividere gli stakeholders in interni (es dipendenti) ed esterni (es fornitori), forti (hanno un maggiore potere di intervento ed una maggiore capacità di incidenza nelle decisioni aziendali) e deboli. Il successo nel medio lungo termine viene conseguito tramite la soddisfazione di tutti gli stakeholders (interni esterni, forti - deboli). Insomma tutto deve essere letto nell’ottica della qualità, perché tutto è qualità. Si può allora parlare di: qualità sociale e ambientale dell’organizzazione, qualità dell’ambiente di lavoro, CSR. KNOWLEDGE MANAGEMENT E SISTEMI DI QUALITA’ La conoscenza è la base, il punto centrale del vantaggio competitivo. La gestione della conoscenza risulta quindi fondamentale. Il Knowledge Management consiste in un insieme di tecniche e strumenti per sviluppare, diffondere, memorizzare e rendere utilizzabili conoscenze individuali ed organizzative. Una strategia del genere, attinente alla gestione della conoscenza, è sicuramente attinente alla qualità poiché la qualità stessa è un meccanismo che genera apprendimento e arricchimento, cioè conoscenza. Nella prospettiva del Knowledge Management, la qualità è utile per: Incrementare ed aggiornare il patrimonio di conoscenze possedute Aumentare i livelli di prestazione di processi e prodotti Creare nuova conoscenza (dalla creazione seguiranno poi arricchimento, diffusione ed utilizzo) Ricordiamo che esistono diversi tipi di conoscenza: tacita (know how, esperienza), esplicita (procedure operative, norme), di contesto. La qualità presuppone la conoscenza e il KM favorisce la qualità. Andiamo infine a vedere come si combinano qualità e creazione di conoscenza 1. Arricchimento delle basi di conoscenza: avviene attraverso tre meccanismi contestuali: internalizzazione formale: imparo qualcosa in base al ruolo che sto svolgendo formalizzazione: sviluppo qualcosa che ho intuito e la applico in contesti differenti ricontestualizzazione L’arricchimento può avvenire per linea interna o per linea esterna (tramite l’acquisizione di altre aziende). 2. Sfruttamento delle basi di conoscenza: prevede: mappature dei processi in chiave di conoscenza: ricostruisco i processi che realizzo mettendo in evidenza la successione delle azioni necessarie meccanismi di socializzazione per esplicitare la conoscenza Ciò avviene attraverso due meccanismi fondamentali: Condivisione informativa: creo, stimolo dei processi di informazione condivisi Interazione sociale: tentare di introdurre dei meccanismi di socializzazione che aiutino la condivisione di conoscenze (es open space) 3. Diffusione delle basi di conoscenza: agisce attraverso tre meccanismi rivolti alle persone: diffusione di supporti, condivisione, interventi sulle competenze. IL FENOMENO DELLA CONTRAFFAZIONE E’ il tentativo di imitare marchi affermati; ma è anche il cosiddetto “uso usurpativo” (scarico film, fotocopio libri,ecc). La contraffazione annulla la qualità perché non la offre, non la garantisce, non la stimola. Questo perché la qualità, soprattutto se legata all’innovazione, costa. La contraffazione danneggia l’erario (evade 28 l’IVA) totalmente, danneggia il consumatore, danneggia l’innovazione. Negli ultimi 15 anni il fenomeno della contraffazione è cresciuto del 1200%; circa il 10% del commercio mondiale è di merci contraffatte. Di questo 10%, il 70% proviene dal sud est asiatico, il 30% dal bacino mediterraneo. Dal punto di vista della domanda, l’incremento del fenomeno della contraffazione si spiega con la crescente importanza riconosciuta agli attributi immateriali dei prodotti, e visti i comportamenti di acquisto premiano convenienza e risparmio. E’ inoltre evidente una scarsa incidenza delle azioni repressive messe in atto. APPROFONDIMENTO: L’ORGANIZZAZIONE PER LA QUALITA’ Dall’inizio degli anni 80 e con dinamismi diversi tra aziende, prodotti e mercati, si sta assistendo a un’evoluzione del concetto di qualità il cui impatto non è più la semplice salvaguardia di una conformità tecnica, ma coinvolge l’azienda in modo talmente ampio che si parla di “organizzazione per la qualità”. Il modello tradizionale per la qualità Il modello tradizionale della qualità si rifà alle esperienze degli inizi del secolo e all’approccio tayloristico dell’organizzazione. La caratteristica fondamentale dell’approccio tradizionale è che la qualità è considerata solo come un problema tecnico e la sua soluzione frutto di un’analisi costi – benefici. In termini organizzativi, essa è affidata a degli specialisti con funzioni ispettive e il suo livello di soluzione è fortemente condizionato dalle risorse disponibili in azienda. Essa rappresenta un obiettivo accessorio per i manager, per cui il suo perseguimento è rilevante solo se sono stati precedentemente raggiunti gli altri obiettivi considerati prioritari. La qualità, determinata da decisioni più di carattere tecnico – operativo che strategico, rappresenta un costo e pertanto verrà accettata una certa quota di prodotti difettosi. La qualità non è importante finché non diventa un problema, e la modalità attraverso la quale questa può essere rilevata è solo l’ispezione del prodotto. Il modello innovativo Il contesto industriale che meglio di ogni altro può essere considerato espressivo di questo tipo di orientamento alla qualità è rappresentato dalle aziende giapponesi. Il programma aziendale di miglioramento della qualità costituisce da tempo la massima priorità del top – management delle realtà produttive di questo paese. In analogia al concetto di “eccellenza”, “qualità” assume una rilevanza più ampia, non specialistico/funzionale, bensì estendibile a tutta l’azienda. Fare qualità significa essere eccellenti in tutte le funzioni aziendali perché esse hanno necessariamente ricadute sia all’interno dell’azienda sia sul suo ambiente esterno, ovvero sui clienti ma anche sui fornitori di beni e servizi, anch’essi determinanti per il risultato finale. Se qualità significa costante attenzione al miglioramento, essa comporta anche un forte impatto in termini di riduzione dei costi, e perciò di redditività delle vendite. La sensibilizzazione di ogni persona dell’azienda al problema della qualità (approccio globale alla qualità) e il concetto di continua tensione verso il miglioramento sono gli elementi che stanno alla base del modello innovativo della qualità: il CWQC. La qualità non è solo un aspetto tecnico, ma un orientamento che deve essere condiviso da tutti i membri dell’organizzazione. L’organizzazione per la qualità nelle aziende italiane: - Andrea Sponza: In sintonia con quanto sta avvenendo nelle aziende occidentali dagli inizi degli anni ottanta, anche in Italia si sta riscoprendo la qualità non solo come fattore critico per il successo dell’azienda ma sopratutto come elemento indispensabile per mantenere la propria presenza sul mercato. A fianco di operazioni sulla gamma di prodotti offerti, sul costo e sull’efficienza per ottenerli, la competizione avviene sul numero dei difetti, sul livello di servizio al cliente, sulla qualità intesa in senso globale. Fare qualità significa anche rendere più veloci ed economici tutti i processi aziendali, è far bene le cose giuste la prima volta. In sintesi si può quindi affermare che se la qualità non costa, la “non qualità” è un costo per l’azienda in quanto mina pericolosamente la possibilità di ottenere dei flussi positivi di reddito a fonte degli investimenti effettuati. Andiamo ora ad analizzare quelle che, secondo Andrea Sponza, sono le tre fasi in cui si può sintetizzare l’approccio alla qualità totale che le aziende occidentali, e in particolare quelle italiane, stanno perseguendo: (3 prerequisiti necessari alla qualità totale), descritti sopra 29 Prima fase: I circoli della qualità, descritti nel modulo 4 Seconda fase: Il Company Wide Quality Control, descritto nel modulo 1 Terza fase: I sistemi decisionali di supporto alla qualità: Il ritardo delle aziende italiane in tema di qualità totale è notevole e si paga; nel legare tuttavia questo ritardo ad un semplice “tempo tecnico” per l’importazione di nuove metodologie di management nel nostro paese si commette un errore. L’approccio CWQC, sebbene adattato nella sua implementazione alle aziende italiane, si dimostra spesso insufficiente all’attivazione del processo di miglioramento continuo della qualità totale. Abbiamo già detto come un certo clima organizzativo, aperto alla libera contribuzione del singolo, sia per il CWQC un prerequisito indispensabile alla sua implementazione. Tuttavia è difficilmente ipotizzabile che un simile clima organizzativo possa essere ricreato in Giappone, America o nel nostro paese usando la stessa metodologia in realtà sociali e culturali completamente diverse tra loro. Il ritardo delle aziende occidentali nell’adozione del “modello innovativo” alla qualità probabilmente è dovuto sopratutto ad un sistema culturale e sociale che rendeva applicabile solo un modello di tipo tayloristico per la qualità. Probabilmente l’anello di congiunzione che manca ancora tra CWQC e la realtà delle aziende italiane è costituito dai sistemi decisionali di supporto alla qualità. Il meccanismo operativo che per eccellenza è orientato alla guida e al perseguimento in modo efficace ed efficiente degli obiettivi aziendali è il sistema di controllo di gestione. Le aziende devono dotarsi di sistemi di misurazione che inneschino nei membri dell’organizzazione comportamenti in linea con gli obiettivi aziendali. E’ sopratutto necessario collegare le risorse non più e non solo al luogo fisico in cui sono utilizzate bensì anche all’attività che ne è la causa: sistema di controllo di gestione basato sulla contabilizzazione per attività chiamato “ABC”. Ciò favorisce la programmazione e il controllo della conformità dell’output di ogni singola attività rispetto agli obiettivi aziendali. E’ questo un maggiore orientamento all’efficacia e all’implementazione del CWQC. Emerge in conclusione che l’approccio alla qualità totale è perseguibile solo attraverso soluzioni organizzative che favoriscano l’integrazione tra i responsabili coinvolti in funzioni diverse. L’evoluzione del concetto di qualità dal modello tradizionale a quello giapponese spinge l’azienda al passaggio da organizzazione gerarchica a “rete integrata per progetto”: viene così delineandosi un nuovo sistema aziendale le cui caratteristiche principali sono l’interfunzionalità, il lavoro di gruppo, le comunicazioni orizzontali, la delega decisionale, l’allargamento delle mansioni, la flessibilità delle risorse. Ciò determina un appiattimento della struttura organizzativa Il problema che oggi si deve affrontare e risolvere in termini di soluzioni organizzative per la qualità non è quello di riprodurre fedelmente il modello giapponese, bensì di creare le condizioni per le quali in un contesto produttivo, sociale, culturale, completamente diverso si possa giungere agli stessi risultati positivi che hanno portato le aziende giapponesi al successo in un mercato che privilegia la qualità intesa in senso globale. Comportamento manageriale e principi di gestione per la qualità (Mario Giuli) L’agire quotidiano da parte del management (comporrtamento focalizzato sul day-to-day) rappresenta l’elemento chiave di quella preziosa risorsa intangibile costituita da una cultura organizzativa coerente con la creazione globale del valore e con una performance di qualità. Globalizzazione, sviluppo tecnologico e New Economy conducono sempre più le aziende verso scelte strategiche di riconfigurazione, sia essa a livello organizzativo, produttiva o di posizionamento sul mercato. La rapidità del cambiamento rischia di essere contrastante rispetto a politiche strategiche di qualità e fidelizzazione del cliente. Anche in presenza di orientamenti strategici più stabili, la trasformazione è assicurata da modelli organizzativi in continuo movimento, sempre più configurati secondo traiettorie orizzontali, all’interno delle quali il management stesso sta cambiando la sua fisionomia. L’appiattimento delle strutture e il conferimento di maggiore autonomia al personale operativo ha portato alla riduzione dei livelli gerarchici; ma l’organizzazione per processi e il moltiplicarsi di gruppi di lavoro da un lato richiedono un impegno più complesso ai tradizionali responsabili delle unità organizzative e, dall’altro, creano nuove figure gestionali. Queste ultime sono demandate al coordinamento di gruppi, e sono caratterizzate non tanto dal potere gerarchico, quanto al presidio dei raccordi operativi, a porsi come sensori dei bisogni del cliente esterno/interno e come facilitatori degli interventi di miglioramento. Quale tipo di comportamento aziendale può facilitare l’integrazione e un rapporto sostenibile tra rapidità del cambiamento e politica della qualità? 30 La recente pubblicazione dei DIS (Draft International Standard) relativi alle future norme ISO rappresentano un’operazione di sintesi degli elementi ritenuti più efficaci per un adeguato funzionamento nel contesto descritto. In particolare i DIS ISO 9000:2000 e 9004:2000 si ispirano in modo esplicito a dei principi di gestione per la qualità nei quali è evidente un avvicinamento all’approccio del Total Quality Management (TQM) e alla configurazione per processi. Vediamo quindi di analizzare quale architettura di base debba avere un comportamento manageriale competitivo che sappia perseguire quotidianamente la qualità anche in scenari di incertezza crescente. L’esposizione è articolata seguendo gli 8 Principi Di Gestione per la Qualità presenti nei DIS ISO e suddivisi da Giuli secondo tre aree tematiche del comportamento manageriale: a) LA GESTIONE DELLE ATTIVITÀ Organizzazione orientata al cliente Approccio basato sui processi Approccio sistemico della gestione Decisioni basate su dati di fatto Miglioramento continuativo b) I COLLEGAMENTI ORIZZONTALI/TRASVERSALI Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori c) I COLLEGAMENTI VERTICALI Leadership Coinvolgimento del personale a) LA GESTIONE DELLE ATTIVITÀ Organizzazione orientata al cliente Definizione DIS ISO : Le organizzazioni dipendono dai clienti e dovrebbero pertanto capire le loro esigenze presenti e future, rispettare i loro requisiti e mirare a superare le loro stesse aspettative. Configurazione Customer Driven delle attività svolte dall’unità organizzativa: il fine gestionale non è più soltanto un agire secondo i criteri tecnici e normativi della funzione di appartenenza, ma diventa, in primo luogo, un progettare l’azione finalizzandola alle aspettative del cliente. La capacità di ascolto del cliente è l’innovazione chiave: questa appare oggi sufficientemente acquisita, in termini generali, per quanto riguarda il versante del cliente finale, soprattutto da parte delle grandi aziende, grazie alle politiche di Customer Satisfaction. La prassi manageriale orientata al cliente interno appare invece molto più lenta a manifestarsi. Il Team di processo- ossia il gruppo di lavoro composto dai responsabili delle unità organizzative coinvolte in un processo- appare una delle modalità più valide per gestire con qualità ed efficienza i rapporti interni in chiave cliente-fornitore. Approccio basato sui processi Un risultato desiderato si ottiene con maggiore efficienza quando le relative attività e risorse sono gestite come un processo Nelle organizzazioni c’è un’attenzione sempre maggiore verso il governo dei processi, cioè un modello di funzionamento che enfatizza i collegamenti orizzontali, mirando a rendere sempre più fluide, efficienti e integrate le attività che creano valore. L’ottica processiva ha contribuito a modificare la figura di chi gestisce: l’unità organizzativa va inquadrata in un network di processi e di relazioni cliente-fornitore, e dunque le competenze di carattere tecnico/funzionale debbono essere giocoforza integrate da altre di tipo organizzativo e relazionale. La nuova configurazione ha condotto inoltre alla creazione di una nuova figura, quella del Responsabile di processo (Process Owner), ossia una posizione di supervisione globale di quelle attività che, tagliando trasversalmente le unità organizzative, costituiscono il processo vero e proprio. Altra innovazione è quella 31 della costituzione dei Team di processo e cioè dei gruppi che devono concretamente operare per il miglioramento continuo delle attività, e che sono spesso composti dai responsabili delle strutture coinvolte nel processo. 32 Approccio sistemico della gestione Identificare, capire e gestire un sistema di processi interconnessi per perseguire determinati obiettivi contribuisce all’efficacia e all’efficienza dell’organizzazione Il modello per processi accoglie la rilettura del concetto di obiettivo del Management by Objectives più classico. Se qui il risultato si attendeva perlopiù dal singolo manager nell’ambito delle sue responsabilità di settore, e doveva essere espresso in termini di profitto/costi, nel TQM va considerato come un output finale che interessa verticalmente più livelli (globale, di unità, individuale) ed è altresì frutto di una sequenza orizzontale di flussi la cui efficacia ed efficienza va misurata su più parametri. In quest’ottica la gestione per obiettivi guarda congiuntamente al prodotto/servizio realizzato (il cosa) al processo che consente di realizzarlo (il come) e all’interconnessione tra i vari obiettivi e processi organizzativi (il dove). Il Principio DIS ISO sottolinea quindi l’importanza, per il manager, di possedere quella visione sistemica che consente di comprendere e governare le proprie aree di responsabilità anche in situazioni di forte e costante cambiamento. Decisioni basate su dati di fatto Le decisioni efficaci si basano sulla analisi, logica ed intuitiva, di dati ed informazioni reali Il riferimento contenuto nel principio DIS ISO delinea un comportamento decisionale del manager in cui è auspicabile che l’aspetto razionale e quello più creativo si fondano in una sintesi che conduca ad un’azione efficace. Ma, a tal fine, la fase analitica deve comunque poggiare il più possibile su elementi conoscitivi reali. Nell’esperienza aziendale, uno dei principali ostacoli è la carenza o talvolta assenza di statistiche relative alla performance realizzata in passato quando ci si addentra nello studio delle prestazioni riferite ai processi, alle specifiche unità organizzative o ai singoli individui. Questa situazione ostacola l’analisi razionale dei dati e delle informazioni reali, poiché viene a mancare la possibilità di un raffronto con la performance pregressa. Ciò porta i manager a costruire, per le prestazioni della propria unità organizzativa, indicatori di qualità, tempi e costi. L’accortezza è quella di inserire gradualmente con la partecipazione dei collaboratori le modalità di misurazione facendole diventare parte dello standard operativo. Vi è dunque, da parte dei manager, un comportamento dove l’attenzione agli obiettivi deve andare di pari passo con quella relativa agli strumenti di misurazione. La distinzione tra: - indicatori esterni relativi alla qualità del prodotto/servizio offerto e quindi desumibili attraverso la conoscenza delle opinioni e dei comportamenti del cliente e il riscontro con le specifiche tecnico/produttive - indicatori interni relativi alla qualità e all’efficienza del processo aiuta il manager a strutturare i vari punti di controllo delle performance e a monitorare il rapporto tra risultati attesi e risultati effettivi. Miglioramento continuativo Il miglioramento continuativo è un obiettivo permanente nell’organizzazione Principio divenuto un credo assai condiviso, anche se all’atto pratico non tutte le organizzazioni che professano questo orientamento lo perseguono all’interno di un quadro d’intervento sistematico e coerente. I benefici di un Piano di Miglioramento spesso non sono immediatamente fruibili, ma una delle chiavi di successo delle aziende leader di settore risiede proprio nella capacità di migliorarsi costantemente e di coniugare soddisfazione del cliente, fidelizzazione e redditività. Il miglioramento continuativo ha infatti come tipico campo di applicazione il funzionamento operativo : “fare bene le cose la prima volta” è infatti la regola base per una gestione orientata alla qualità e all’efficienza. Tuttavia un’organizzazione eccellente considera anche eventuali possibilità di errore nella performance e, di conseguenza, il miglioramento riguarda anche la programmazione degli interventi da intraprendere automaticamente in tal caso, difatti l’intervento tempestivo e risolutivo del problema comunica al cliente una percezione di affidabilità e, non di rado, riesce a trasformarsi in un vero e proprio intervento di fidelizzazione. 33 b) I COLLEGAMENTI ORIZZONTALI/TRASVERSALI Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori Un rapporto di reciproco beneficio per l’organizzazione e i propri fornitori migliora la capacità di entrambi nel creare valore Il perseguimento delle strategie di creazione globale del valore ha mostrato tutta la sua importanza di puntare alla piena soddisfazione di tutti gli stakeholder dell’organizzazione, tra questi il rapporto con i fornitori rappresenta uno dei collegamenti fondamentali del sistema. L’orientamento processivo amplia l’ambito ai collegamenti interni tra unità organizzative. Con riferimento a questa estensione possiamo formulare un paio di considerazioni ai fini di un comportamento manageriale efficace: - la prima riguarda un’estensione del concetto relativo al rapporto cliente-fornitore, vengono riconosciute come “fornitore” e “cliente” le strutture che erogano e ricevono gli output finali, tuttavia anche gli output intermedi andrebbe considerati in questa ottica, definendo “fornitore” colui che emette un output rivolto ad un destinatario e “cliente” il destinatario dell’output medesimo, al di là del tipo di strutture e persone coinvolte o della loro collocazione nell’ambito dei processi. In altre parole è la responsabilità dell’azione specifica a determinare il ruolo di cliente o fornitore; - la seconda è legata alla soluzione in base alla quale governare i collegamenti cliente-fornitore, il team di processo, ossia il gruppo rappresentato dai responsabili delle unità organizzative coinvolte nel processo medesimo, rappresenta un modo interessante di gestire questo aspetto. c) I COLLEGAMENTI VERTICALI Leadership I capi stabiliscono unità d’intenti, indirizzi e l’ambiente interno dell’organizzazione. Essi creano il clima adatto al pieno svolgimento del personale nel perseguimento degli obiettivi dell’organizzazione. Il funzionamento organizzativo non può prescindere dal coinvolgimento del personale, il manager ha bisogno di tarare il gruppo di collaborazione su alti livelli di autonomia, responsabilità, proattività e polifunzionalità. Lo sviluppo della motivazione nel collaboratore è un classico tema di leadership ma la mobilitazione verso obiettivi comuni di un gruppo assume un livello di complessità decisamente superiore. In questa situazione di continuo cambiamento acquistano grande rilievo da un lato le capacità del manager di monitorare costantemente l’evoluzione del rapporto di fattibilità “obiettivi-attività-collaboratori” e la capacità di ritarare di conseguenza il rapporto suddetto, avendo cura di considerare congiuntamente aspetti operativi, relazionali e motivazionali.. Soltanto un’interazione continua con i collaboratori può rendere possibile il conseguimenti di risultati elevati. Coinvolgimento del personale Le persone a tutti i livelli costituiscono l’essenza dell’organizzazione ed il loro pieno coinvolgimento permette di mettere le loro abilità al servizio dell’organizzazione. La necessità aziendale di ottenere qualità ha prodotto in molte imprese un orientamento gestionale che mira al pieno coinvolgimento raccomandato da questo principio attraverso lo sviluppo del grado di autonomia e responsabilità dei collaboratori (empowerment). Sviluppare persone empowered vuol dire nutrire fiducia nei loro confronti, dare loro il tempo di imparare e mettere in conto la possibilità di errori o incertezze: tutto ciò non sempre collima con la cultura aziendale, spesso incline a leggere esclusivamente il risultato a breve termine. La realizzazione concreta di questa modalità offre indubbi vantaggi sia a livello di performance che di clima organizzativo con collaboratori motivati e partecipi. 34 MODULO 4 LA CENTRALITA’ DELLA RISORSA UMANA NELL’APPROCCIO ALLA QUALITA’ VALORIZZAZIONE E GESTIONE DEL PERSONALE I prodotti di oggi, in modo sempre crescente, non hanno più nella componente tecnologica e materiale, la loro centralità rispetto alla quale servizio e comunicazione erano considerati accessori o comunque elementi periferici, ma proprio in questi ultimi ritrovano la loro capacità distintiva e competitiva, il vero valore differenziale che l’impresa può fornire al cliente. La sola caratteristica intrinseca nel prodotto, derivante da tecnologia e processi, non è più sufficiente a soddisfare le esigenze di qualità dei clienti e della società, né rappresenta più il punto centrale dell’offerta. La “qualità di serie”, che è appunto quella che deriva dalle specifiche tecniche dei materiali, dei processi di produzione, dei prodotti, non è quella voluta ne la sola: la qualità del servizio passa da attributi supplementari e differenziali. Occorre infatti focalizzare i propri sforzi e le proprie energie sull’accumulazione delle risorse invisibili e sull’apprendimento continuo di capacità e competenze che consentano di soddisfare meglio le esigenze e i desideri latenti dei consumatori. L’uomo costituisce un fattore determinante per il successo di un programma di miglioramento della qualità. Da una gestione fondata essenzialmente sul controllo, si tratta di passare ad una innovativa, basata sulla valorizzazione e formazione. Appare interessante riportare la differenza tra una prima impostazione (in qualche modo occidentale) che cerca di ottenere dai dirigenti il maggior numero possibile di nuove idee, poi implementate dal personale esecutivo, ed una seconda impostazione di origine orientale, che chiede invece ai propri dirigenti di mobilitare le risorse intellettuali di tutto il personale verso il perseguimento degli obiettivi aziendali. Non è quindi un caso che, mentre per i giapponesi l’individuo è sempre stato il punto di riferimento principale, nelle aziende occidentali l’uomo lavoratore è stato a lungo considerato come un semplice prestatore d’opera. La qualità della persona che lavora è presupposto alle tante qualità dell’impresa. La qualità coinvolge, ed ha come effetto la ricomposizione tra persona e lavoro.( qualita come modo per coinvolgere le persone ed il loro lavoro.) Valorizzare le risorse umane significa riconoscerne il loro carattere strategico, apprezzare l’apporto che possono offrire. L’apporto che tipicamente, in accordo con le prescrizioni tayloristiche, si richiedeva al personale operativo, si limitava allo svolgimento di mansioni di ridotto contenuto intellettuale e professionale in cui la prestazione di lavoro si identificava con lo svolgimento di attività manuali. E’ sul manager che oggi grava la responsabilità del miglioramento delle prestazioni dei propri dipendenti, sia in termini di produttività sia sopratutto in termini qualitativi. A tutti i livelli direttivi i manager dispongono della possibilità di incidere sensibilmente su quei fattori che risultano determinanti ai fini del livello prestazionale dei propri diretti subordinati: Motivazione: è un fatto personale e l’organizzazione deve creare le condizioni per sviluppare tale aspetto (es “sono orgoglioso di far parte di questa organizzazione”). L’impegno e la motivazione dei dipendenti sono il risultato dell’azione di tre fondamentali fattori: il senso di appartenenza all’organizzazione, la sensazione di svolgere un lavoro stimolante, la fiducia nella leadership manageriale. Sviluppo dei propri collaboratori: riguarda i percorsi di crescita delle persone (fare qualità significa imparare a fare meglio quello che sto facendo). Operare in una prospettiva di lungo periodo significa assumersi il compito di formare i futuri dirigenti , guidando il processo di crescita professionale ed umana dei propri sottoposti, mettendoli in condizione di sviluppare esperienze e capacità, e di fornire all’azienda un contributo sempre più qualificato. 35 Aspetti organizzativi della leadership di gruppo: il fatto di disporre di personale capace e motivato non è sufficiente ad assicurare validi risultati, se disgiunto da una chiara definizione degli obiettivi, da una adeguata pianificazione delle attività, da una razionale ripartizione dei compiti. La responsabilità chiave del manager si esplica nel tradurre gli obiettivi in azione. Gestire le risorse umane significa impiegarle in maniera finalizzata alla dinamica della qualità. Questo significa responsabilizzare il personale: mettere a servizio le proprie tecniche – conoscenze per prendere decisioni efficaci. Gli obiettivi operativi della gestione delle risorse umane sono: Sviluppare comportamenti attivi Essere in grado di utilizzare tutte le informazioni Quando si sposta la priorità sui processi e sugli sforzi non è quindi più ammissibile un sistema di gestione del tipo “check and balance” (cioè qualcuno controlla e poi agisce di conseguenza, concezione centralizzata), ma ci si orienta su un sistema fondato sul “trust and delegate” (dare fiducia e delegare), che vede il superamento del concetto di controllo diretto del capo sul collaboratore. La centralità dell’uomo nell’approccio alla qualità totale La divisione del lavoro tayloristica e la separazione delle funzioni hanno condotto alla parcellizzazione del lavoro e di conseguenza alla alienazione dell’uomo ed al suo asservimento alla macchina. Solo da qualche tempo si ha correttamente compreso quanto sia importante la valorizzazione del patrimonio umano di ogni azienda: il contributo di creatività e professionalità delle risorse umane è indispensabile per vincere la sfida della competitività. Anche la qualità quindi, naturalmente, è una conseguenza dell’attività dell’uomo. Il compito dei manager, in un ambiente a qualità totale, è dunque quello di pianificare e realizzare un rapporto dipendente – azienda che veda i primi coscienti della propria responsabilità, degli obiettivi e dei risultati attesi, e la seconda caratterizzata da una flessibilità tale da permettere attraverso un graduato decentramento delle responsabilità, la realizzazione dei risultati finali. Il punto chiave del modello della Qualità Totale è l’utilizzo delle risorse umane, in una prospettiva profondamente diversa e con modalità completamente rinnovate, che vedono l’uomo completamente coinvolto nell’attività di produzione del valore e nella missione aziendale. Si tratta a ben vedere di un vero e proprio cambiamento della cultura aziendale. Il “perno” di questa strategia è la diffusione in massa delle tecniche e delle metodologie della qualità di problem - solving, e degli strumenti statistici con cui misurare e realizzare il cambiamento dei nuovi valori e del nuovo orientamento dell’impresa. La formazione di solito concepita come uno strumento da utilizzare sporadicamente e saltuariamente, diviene oggi in una azienda orientata alla qualità uno strumento di gestione permanente e quotidiano → superamento del sistema funzionale che si basa sul principio della suddivisione dei compiti. Si modificano profondamente i rapporti tra i livelli gerarchici: il rapporto con il superiore non è più quello dell’ispezione, del controllo e della delega, ma piuttosto di reciproca collaborazione e partecipazione al miglioramento degli output e dei processi. La direzione per politiche e il Daily Routine Work La direzione per politiche è un processo manageriale coerente con i principi del CWQC, verso il quale si traducono i piani strategici di lungo periodo dell’impresa in coerenti azioni sul medio e breve termine, finalizzate a conseguire notevoli miglioramenti in un ridotto numero di aree critiche dell’attività d’impresa. Caratteristica peculiare della direzione per politiche è il fatto di mobilitare il personale su poche priorità e obiettivi. Lo scopo è di ottenere miglioramenti innovativi in quelle aree che sono più importanti per l’azienda nel quadro di una visione a lungo termine. In questo contesto grande importanza assume l’integrazione fra i flussi di comunicazione top – down e bottom – up. Si tratta dunque di un approccio pragmatico, consistente nell’affrontare e rimuovere i principali problemi, per poi orientarsi verso nuovi obiettivi, mantenendo però costantemente il riferimento alla missione aziendale. Mentre con la direzione per politiche si gestiscono i grandi miglioramenti decisi dal vertice, con il Daily Routine Work si opera intorno al mantenimento delle prestazioni e i piccoli miglioramenti. Il DRW può considerarsi un processo manageriale svolto da ogni ente aziendale che persegue l’obiettivo della piena 36 soddisfazione dei propri clienti attraverso il controllo sistematico e il miglioramento continuo di ogni attività/processo al quale viene applicato; ciò avviene sistematicamente su base giornaliera ed in modo permanente. E’ possibile quindi mettere in risalto alcune caratteristiche fondamentali di questo processo, proprie del CWQC: i clienti a valle come riferimento prioritario, l’autonomia locale di iniziativa, il mantenimento attraverso il controllo sistematico, aggiunte continue di nuovi miglioramenti incrementali. STRUMENTI ATTRAVERSO CUI SI COSTRUISCE LA QUALITA’ A) Interventi a supporto dei cambiamenti strutturali Significa intervenire su: Conoscenze: ciò che le persone sanno, attraverso processi di apprendimento. Intervenire sulla conoscenza comporta approfondire argomenti quali tecnologia, metodologie, specifiche progettuali, prodotti e mercato, standard e regole, ecc... Capacità: ciò che le persone sanno fare in virtù della esperienza fatta applicando conoscenze. Intervenire sulle capacità comporta approfondire l’abilità del personale circa la valutazione delle soluzioni, problem solving, gestione del cambiamento, ecc.. Comportamenti: come le persone agiscono. Intervenire sui comportamenti significa motivare, orientare all’obbiettivo, empowerment, ecc.. B) La formazione Deve essere permanente e quotidiana, finalizzata al lavoro di squadra (è il gruppo che porta avanti un processo, non il singolo) e mirata agli strumenti per il Knowledge Management. Deve essere finalizzata alla qualità, orientata al miglioramento continuo. La qualità comincia con l’addestramento e finisce con l’addestramento; è un problema di tutti, cui tutti debbono essere sensibilizzati ed addestrati. Ma addestrare implica formare i docenti, trovare forme, canali, strumenti... C) La valutazione Al di là del fatto che venga formalizzata o meno, la valutazione c’è sempre, è un’attività fondamentale. E’ il giudizio che esprimo sull’attività lavorativa delle persone, giudizio che si basa sul conseguimento dei risultati predefiniti. I team work devono essere incentivati; e questo significa condivisione delle valutazioni e premi di squadra collegati agli esiti. Gli obiettivi di qualità sono perciò inscritti nelle schede di valutazione condivise. D) Lo stile di direzione La qualità si costruisce anche attraverso uno stile di direzione efficace ed adatto al contesto. Abbiamo individuato tre stili principali: Stile Y (e X) di Mc Gregor: è l’atteggiamento del capo, di chi affida un lavoro a qualcuno, che crea le premesse per come verrà svolto il lavoro stesso( motivazione/ demotivazione). Lo stile di direzione influenza il comportamento del collaboratore. La direzione deve essere sempre attenta al processo di miglioramento del personale. Stile partecipativo: l’attivazione delle capacità e delle potenzialità creative dei dipendenti non pare possa disgiungersi dall’adozione di uno “stile di direzione di tipo partecipativo” che riesca a sviluppare percorsi formativi e di crescita degli individui. Ciascuno è chiamato ad essere partecipe come protagonista del proprio processo decisionale, e si appropria del rapporto del rapporto tra causa ed effetto che caratterizza le proprie azioni. Il manager deve saper ascoltare e coinvolgere i dipendenti, aiutare i propri collaboratori, essere in grado di valorizzare le individualità gestendo con intelligenza la delega. Teoria Z: è la teoria che identifica il modello delle relazioni capo – subordinato del modello giapponese. In questo modello i “team work” sono talmente forti e affiatati che diventano quasi dei “clan”. E) I luoghi della qualità Non esiste un luogo deputato alla qualità; si parla di luoghi dove la logica dell’interesse comune porta a fare sempre meglio, luoghi in cui si esprimono atteggiamenti creativi e responsabili, idee innovative, cura per il 37 lavoro. Il contesto è in grado di guidare il nostro comportamento. La qualità è il frutto di come il lavoro quotidiano viene costruito. 38 METODOLOGIE DI COINVOLGIMENTO DELLE RISORSE UMANE Coinvolgere significa sviluppare nelle risorse umane un sentimento di impegno personale nei confronti del contesto. Le metodologie di coinvolgimento individuate sono tre: Tramite suggerimenti paralleli: es la cassetta delle idee Nel lavoro: es arricchimento della mansione, gruppi di lavoro Di tipo globale: azionariato, diritti di proprietà Queste metodologie si differenziano per: Distribuzione delle informazioni Premi e riconoscimenti Competenze necessarie Potere decisionale Limiti COINVOLGIMENTO TRAMITE SUGGERIMENTI PARALLELI COINVOLGIMENTO NEL LAVORO COINVOLGIMENTO DI TIPO GLOBALE INFORMAZIONI Sui problemi Sullo sviluppo del lavoro Sul business PREMI Per le idee migliori Per le capacità Sui risultati complessivi COMPETENZE Operative Sul processo relazionali POTERE LIMITI Modesto spostamento verso il basso del potere decisionale Resistenza dei livelli intermedi, frustrazione per i portatori di idee non accolte METODOLOGIE DI COINVOLGIMENTO: MANAGEMENT BY DIRECTIONS Potere condiviso prendere decisioni e nel / Potere condiviso Difficoltà di adattamento Modello dei livelli intermedi culturale/sindacale DA MANAGEMENT BY OBJECTIVES A Management by Objectives Gestione per obiettivi, se si raggiunge un risultato si dà un tot (tipico degli agenti commerciali). Incremento del livello di responsabilizzazione, ognuno sa dove deve arrivare. In questa situazione, il MBO non è coerente con i principi illustrati. L’ambiente che oggi si delinea non consente di prefissare, definire con anticipo, obiettivi precisi verso cui dirigersi. Dirigere per obiettivi potrebbe significare prendere “la mira” su un bersaglio che viene considerato fermo e che invece si muove ininterrottamente con una traiettoria imprevedibile. Management by Directions L’attenzione sull’obiettivo fa perdere importanza al processo quotidiano con cui si raggiungono gli obiettivi stessi. Nell’MBD c’è una verifica periodica continua su come viene condotto il lavoro, in una sorta di evoluzione continua del processo. Il manager può soltanto tentare di immaginarsi direzioni possibili: dirigere quindi per direzioni, operare nell’ottica del Management by Directions, significa acquisire una visione di 39 lungo termine verso cui orientarsi, creare le capacità di rispondere, di anticipare se possibile i mutamenti dello scenario attraverso lo sviluppo delle potenzialità e della creatività dei propri uomini. Ciò che li spinge e li motiva è proprio la visione e la possibilità di crescere negli sforzi per raggiungerla. Non si cerca più di individuare una condizione futura ben definita come obiettivo da raggiungere, ma si crea una “visione” di uno stato futuro, fondato sulle informazioni disponibili nel presente. METODOLOGIE DI COINVOLGIMENTO: COMUNITA’ DI PRATICA DAI CIRCOLI DELLA QUALITA’ ALLE “La qualità è affare di tutti”. Nati in Giappone negli anni 60, i circoli della qualità sono il modello principale attraverso il quale le aziende occidentali sono giunte all’adozione dell’approccio giapponese alla qualità: grazie alla relativa apparente facilità con la quale possono essere introdotti, i circoli sono stati la prima fase dell’adozione dei programmi di qualità totale anche in Italia. Il circolo della qualità è quindi una modalità organizzativa tipicamente giapponese: si basa sulla tipica logica nipponica del miglioramento continuo. Ogni circolo della qualità consiste in un piccolo gruppo di persone dello stesso settore aziendale, che svolgono un lavoro simile, in genere alle dipendenze dello stesso responsabile, che si riunisce periodicamente e volontariamente con il proprio capo per identificare problemi, analizzarli, trovare soluzioni e proporle → ricerca del miglioramento continuo a livello operativo. L’obiettivo prioritario dei circoli di qualità è migliorare la situazione facendo leva sulle risorse direttamente coinvolte e facendo emergere le capacità dei singoli sviluppandone la potenzialità. Prevedono quindi una logica democratica; si passa da un ruolo basato sulla gerarchia ad uno sulle competenze. I circoli sono quindi una soluzione organizzativa per la qualità che enfatizzano la crucialità del ruolo del management intermedio: la responsabilità del capo intermedio come congiunzione tra lavoro manageriale e lavoro operativo è tale da rendere il potenziamento del suo ruolo l’obiettivo principale per l’introduzione dei circoli della qualità. Egli ha quindi un ruolo di supporto sia nei confronti del management aziendale sia nei confronti dei membri dei circoli per l’attivazione dei processi operativi e delle soluzioni che consentono il miglioramento continuo. La soluzione dei circoli porta poi ad una maggiore integrazione verticale dell’azienda in nome del raggruppamento di obiettivi definiti in modo ancora troppo vago., ma importantissimi per l’azienda stessa. In particolare, attraverso i circoli della qualità si giunge ad un maggiore livello di coinvolgimento dei livelli operativi nell’individuazione e definizione di quelli che saranno i propri obiettivi. Andiamo ad individuare i “ruoli” organizzativi dei circoli della qualità: Comitato guida: formato da responsabili dei principali settori Coordinatore: responsabile del circolo della qualità Facilitatore: aiuta l’avvio del circolo e agisce come consulente tecnico Componenti: tutti i partecipanti Per quanto riguarda le comunità di pratica (es Xerox), si tratta di gruppi spontanei (si sviluppano al di fuori dell’organigramma aziendale e al di là delle intenzioni e della volontà dell’impresa), formati da persone che fanno lo stesso lavoro ma all’interno di unità operative differenti (o di organizzazioni differenti) e che si scambiano le loro esperienze attraverso la rete. Sono il luogo sociale nel quale si strutturano le dinamiche dialogiche ed interattive tra i membri che sono alla base dei processi di produzione, selezione e diffusione della conoscenza. Attraverso processi di condivisione di conoscenze e collaborazione per la risoluzione dei problemi, le comunità si propongono di generare apprendimento: imparare significa acquisire, rispetto ad una determinata pratica, competenze ed abilità che vengono socialmente riconosciute. L’apprendimento, da fatto squisitamente individuale e mentale, diventa un fenomeno sociale e collettivo. Ciò permette di introdurre elementi innovativi. Sono strutture alternative, informali, rispondenti a logiche e dinamiche profondamente diverse rispetto a quelle dell’organizzazione (identità, condivisione di conoscenza, pratica vs riduzione dei costi di coordinamento). Le comunità diventano l’ambito all’interno del quale l’individuo ha la possibilità di iniziare un percorso di apprendimento che lo porterà ad incrementare ed arricchire il proprio bagaglio professionale, senza che l’impresa abbia esplicitamente approvato dei programmi di formazione mirati. Rispetto ai circoli della qualità, le comunità di pratica nascono su canali diversi e incidono fortemente nell’incrementazione della qualità attraverso modalità non predefinite (cioè attraverso internet, chat, ecc...). 40 IL CAMBIAMENTO CULTURALE: LA CULTURA COME PRE – CONDIZIONE L’attenzione alla qualità non può prescindere dalla cultura, sia in quanto variabile organizzativa forte, sia nelle sue componenti, che sono: simboli (no spreco, no disordine), valori (soddisfazione del cliente), assunti (centralità effettiva del cliente). Gli elementi base della cultura (simboli, valori, assunti) devono essere finalizzati e coerenti ad un contesto di qualità. La qualità tuttavia non può prescindere da un cambiamento culturale. Quali sono perciò gli slogan della qualità: quality first, la qualità come rivoluzione mentale, la qualità come esito dell’operare di tutti → ciascuno determina la qualità. Quali sono invece gli ostacoli di natura culturale alla qualità: far emergere i problemi esistenti scarsa propensione al lavoro di gruppo ed alla condivisione di responsabilità resistenze all’apprendimento e opposizione dei livelli intermedi 41 MODULO 5 QUALITA’ E PRODUZIONE QUALITA’ DEL PRODOTTO La qualità del prodotto è “la totalità delle caratteristiche di un oggetto che determinano la sua capacità a soddisfare determinate necessità”. E’ tutto ciò che compone il prodotto fisicamente inteso. Qualità del prodotto è perciò conformità alle caratteristiche richieste: la qualità del prodotto dipende dunque dalle sue caratteristiche, cioè dagli elementi qualificanti del prodotto, ovvero componenti e funzionalità. Precisiamo che se un’azienda lavora su commissione (ad es per un’altra azienda a valle della filiera produttiva), le caratteristiche qualitative richieste saranno più chiare: il committente ordina un determinato prodotto di una determinata qualità e il commissionario produce. Molto diversa è invece la situazione in cui un’azienda lavora direttamente per il mercato: c’è molta più incertezza e difficoltà nell’ “azzeccare” le caratteristiche qualitative del prodotto. Definendo la qualità come la conformità delle alle caratteristiche richieste, vengono eliminati gli elementi soggettivi della valutazione, sostituiti con criteri di giudizio oggettivi e quantificabili. Inoltre, potendo quantificare la qualità, le si possono attribuire una serie di costi. Il costo della qualità diventa il costo che l’azienda deve sostenere per produrre oggetti sbagliati o non conformi ai requisiti richiesti. Se l’azienda intende evitare molti di questi costi di qualità, deve necessariamente produrre l’articolo o distribuire il servizio in modo corretto fin dall’inizio e per tutte le fasi successive. Per ottenere questo, tutti all’interno dell’organizzazione devono essere convinti che le cose vanno fatte bene fin dalla prima volta. Tecniche per il raggiungimento della qualità Con l’evolversi della gestione della qualità, il collaudo ha perso per molte aziende quel ruolo primario che aveva nell’accertamento della qualità. Hanno invece ricevuto notevoli impulsi il miglioramento del progetto e il controllo del processo produttivo. Questo spostamento di attenzione è decisamente in sintonia con il tema del “fare bene farlo alla prima volta”. E’ quindi interesse di tutti spostare l’attenzione dalla semplice osservazione dei prodotti difettosi all’esame dell’intero processo produttivo. Caratteristiche qualitative del prodotto Si dividono in: caratteristiche tecniche: funzionali all’obiettivo d’uso. Sono le prestazioni che consentono al prodotto di svolgere il servizio per cui esso è richiesto. Sono le caratteristiche che maggiormente influenzano il cliente; consentono un giudizio di sintesi sulle aspettative che il cliente ha relativamente al prodotto, senza entrare nei dettagli di natura costruttiva, di cui il cliente non ha solitamente specifica competenza. Sono ad esempio estetica, versatilità, facilità d’uso. Le aspettative del cliente si concentrano sulle caratteristiche tecniche caratteristiche costruttive: implicate nella funzionalità. Sono i requisiti che deve possedere il prodotto per fornire le prestazioni richieste. Le fasi della qualità del prodotto Possiamo distinguere 4 fasi differenti: 1. prodotto rispetto ai suoi concorrenti: la qualità è una forma di adeguamento rispetto al mercato. 2. progetto rispetto alla producibilità (producibilità significa quanto costa il prodotto e le sue caratteristiche tecniche): possibilità di riprodurne n esemplari che il mercato richiede. 3. produzione rispetto al progetto: possibilità di produrre in conformità rispetto al progetto. 4. servizi di supporto (la logica di supporto è sempre più coinvolta nella fase di progettazione). 42 Parametri della qualità del progetto di un prodotto Probabilmente il concetto fondamentale della gestione della qualità è quello di “adatto per l’uso”. Ciò indica semplicemente il motivo per cui il prodotto, così come era stato progettato, soddisfa le concrete esigenze del consumatore. Mantenere aggiornate le analisi sul comportamento dei prodotti consente alle aziende di utilizzare tecniche per lo sviluppo del prodotto, in particolare nei riguardi dell’affidabilità, della manutenzione e della sicurezza. Ricordiamo che la fase di progettazione è la fase più delicata. I parametri che andiamo ad individuare sono: Affidabilità: capacità del prodotto di assolvere alla funzione per cui è stato concepito. Si misura in termini di tasso di rottura (misurazione del numero di guasti in una data unità di tempo) e tempo medio di rottura (tempo medio che trascorre prima del primo guasto di un prodotto). Tali misure di affidabilità sono importanti nella fissazione degli standard di comportamento che il prodotto, cos’ come è stato progettato e costruito, deve soddisfare, e anche per aiutare nella valutazione dei problemi di qualità presenti nel prodotto Disponibilità: intervallo durante il quale il prodotto è predisposto per il funzionamento. Si misura grazie all’intervallo medio tra due guasti non previsti; è un indicatore di usura. Manutenibilità: caratteristiche che definiscono facilità e rapidità con la quale un prodotto può essere rimesso in funzione. Si misura grazie al tempo di riparazione. I parametri devono essere adeguati rispetto agli obiettivi di posizionamento del prodotto. Parlare di adeguatezza significa conoscere con esattezza ciò che il cliente richiede rispetto a ciò che si offre. Il processo produttivo Nel processo produttivo, la qualità dipende: Dalla adeguatezza del sistema di produzione in termini di livello tecnologico, logistica, flusso medio; Dalla adeguatezza delle singole postazioni di lavoro in termini di ergonomia (studi legati alla posizione che il lavoratore deve assumere; inerente al tema dell’ergonomia è il tema sulla sicurezza del lavoro) e padronanza delle operazioni. In generale la qualità è prima di tutto derivante dall’uomo. Ma nella produzione industriale, il sistema produttivo è spesso talmente complesso che è sul processo più che sull’uomo che ci si deve concentrare per fare qualità. Qualità, controllo e miglioramento Controllare è verificare la corrispondenza tra programmato ed agito. Il controllo si declina in 2 dimensioni: Accuratezza: indica il grado di cura usato nel processo di controllo; l’accuratezza condiziona l’affidabilità Dislocazione del controllo: ex ante o ex post? Fa quindi riferimento a quando compio il controllo. La qualità è fortemente ancorata al controllo del processo/prodotto. In un processo operativo la qualità può essere migliorata solo quando tutte le persone coinvolte diventano consapevoli del fatto che le proprie mansioni influenzano la qualità. L’obiettivo è di non avere più problemi di qualità e di ottenere prodotti perfetti. Secondo tale punto di vista, lo standard di “zero difetti” deve riguardare tutti coloro che intervengono nella lavorazione. Uno standard “zero difetti” non implica semplicemente che tutti i lavoratori si comportano al meglio delle proprie possibilità; piuttosto presuppone che tutti si aspettino di produrre con “zero difetti”, o che tutti modifichino le proprie procedure di lavorazione per ottenere una produzione senza pecche. Tutte le cause di errori o potenziali errori devono essere rimosse e le procedure di lavorazione modificate cos’ da essere perfette la prima volta e per sempre. Il punto decisivo è che ciascun difetto deve essere rimosso se si vuole ottenere un prodotto di qualità. Se deve essere raggiunto lo standard di “zero difetti”, il management e i progettisti devono essere coinvolti per aiutare la forza lavoro nella risoluzione di particolari problemi: sono loro al servizio della mano d’opera e non il contrario. Philip Crosby e i suoi collaboratori sostengono che la definizione di qualità sia “gratuita”, e che il modo per produrre a costi minimi sia sempre quello di produrre in modo corretto la prima volta. Quello che i giapponesi e altri ci hanno insegnato, è che il livello ottimale di errori è molto più basso di quello che si è ritenuto fin’ora. 43 I 7 Tools manageriali Nascono negli anni ’50 negli U.S.A., si diffondono poi in Giappone e sono adesso utilizzati in tutto il mondo. Erano focalizzati dapprima sul prodotto, poi estesi a tutti i processi aziendali. Logica di problem solving e approccio quantitativo-statistico. Si tratta di: 1) Foglio di raccolta dati; 2) Tabelle e grafici; 3) Diagramma causa-effetto; 4) Diagramma di Pareto; 5) Analisi di stratificazione; 6) Analisi di correlazione; 7) Carte di controllo. I nuovi 7 Tools Si tratta di strumenti di problem finding. Danno informazioni anche di tipo qualitativo. Sono di 3 tipi: chiarificatori, organizzativi e di finalizzazione. 1. CHIARIFICATORI a) Diagramma delle affinità Razionalizzare e focalizzare problemi complessi; obiettivi: individuare le proprietà logiche; far emergere informazioni da idee non correlate; creare nuove idee. b) Diagramma delle relazioni Scomporre un problema nelle sue componenti fondamentali e mettendo in evidenze le relazioni causa-effetto. 44 2. ORGANIZZATIVI c) Diagramma ad albero: dispone in sequenza mezzi-fini, come si arriva ad un obiettivo evidenziando i passaggi intermedi d) Diagramma a matrice: evidenzia relazioni tra variabili e) Analisi matrici-dati: interpreta il diagramma a matrice, attraverso gestione informatica, perché collega e riduce la complessità. 3. FINALIZZAZIONE f) Diagramma PDPC (Process Decision, Program Chart-Flow Chart): consente di rappresentare percorsi logici completi. g) Diagramma a frecce (PERT, Programm Evaluation and Review Technique): scompone un programma di lavoro in un reticolo. 45 IL CONTROLLO QUALITÀ La valutazione della qualità Cosa significa “qualità”: conformarsi alle caratteristiche del prodotto o servizio così come esse vengono delineate dai progettisti e dal management. Se il prodotto soddisfa le caratteristiche richieste, allora è un prodotto di qualità sia esso una Fiat Panda o una Ferrari Testarossa. Con questa definizione vengono eliminati gli elementi soggettivi della valutazione. Per evitare i molti costi di qualità, l’azienda deve necessariamente produrre o distribuire in modo corretto fin dall’inizio e per tutte le fasi successive. Inoltre tutti all’interno dell’organizzazione devono essere convinti che le cose vanno fatte bene fin dalla prima volta. Il miglioramento della qualità: in un processo operativo la qualità può essere migliorata solo quando tutte le persone coinvolte diventano consapevoli del fatto che le proprie mansioni influenzano la qualità e che può rendersi necessario reimpostare le procedure e le abitudini di lavorazione per una più efficace prevenzione degli errori. Uno standard “zero difetti” presuppone che tutti si aspettino di produrre con zero difetti. Tutte le cause di errori o potenziali errori devono essere rimosse. Operai e management devono analizzare gli errori per determinare quali particolari difetti presentano il prodotto o il servizio: non è più possibile continuare a vedere gli operai come meri esecutori delle volontà del management o dei progettisti. L’atteggiamento del management nei confronti della qualità: in un’azienda sensibilizzata ai problemi di qualità, i prodotti difettosi non sono un pretesto per accusa, ma semplicemente un’indicazione delle necessità che tutti lavorino insieme per eliminare le cause di imperfezione. In queste aziende il costo della qualità (cioè di insuccesso, di rilevazione e di prevenzione) è noto a tutti e comunicato costantemente. Philip Crosby ha suggerito una procedura di 14 fasi, che richiedono da un anno a 18 mesi per essere completate: 1. ottenere l’impegno del management 2. costituire un gruppo di lavoro per il miglioramento della qualità 3. compiere misurazioni della qualità 4. stimare il costo della qualità 5. diffondere la consapevolezza dei problemi di qualità nell’azienda 6. incoraggiare le azioni correttive 7. costituire un apposito comitato per il programma “zero difetti” 8. istruire i responsabili 9. raggiungere la giornata “zero difetti” 10. fissare gli obiettivi 11. rimuovere le cause di errori 12. premiare i progressi 13. costituire un circolo di qualità 14. normalizzare le procedure per il futuro Tecniche per il raggiungimento della qualità Con l’evolversi della gestione della qualità, il collaudo ha perso quel ruolo primario che aveva nell’accertamento della qualità. Hanno invece ricevuto notevoli impulsi il miglioramento del progetto e il controllo del processo produttivo. Questo è decisamente in sintonia con il tema del “fare bene e farlo la prima volta” La progettazione del prodotto: un prodotto deve essere “adatto per l’uso”. Stadi di sviluppo del prodotto: 1. sviluppo dell’idea e fattibilità 2. progettazione dettagliata 3. prototipo 4. prototipo industriale 5. la produzione su larga scala 46 6. variazioni del progetto a lancio già avvenuto In ciascuno di questi sei stadi vi sono gli strumenti per poter individuare eventuali problemi nel prodotto in fase di sviluppo. Affidabilità, costi di manutenzione e sicurezza: Affidabilità: vi sono diversi modi per misurare l’affidabilità di un prodotto. Esempi: il “tempo medio tra insuccessi”, il “tempo medio di rottura”, il “tempo medio tra manutenzioni”, i tassi di rottura e le misure di “durata” e “vita media” del prodotto. Tali misure di affidabilità sono importanti nella fissazione degli standard di comportamento che il prodotto deve soddisfare e possono portare ad una riprogettazione. Manutenzione: il concetto di manutenzione si riferisce ai modi in cui il prodotto può essere conservato dal consumatore. Anche le misurazioni di manutenzione possono essere usate non solo come indicatori di traguardi da raggiungere in sede di progettazione e fabbricazione, ma anche come elementi di valutazione nell’analisi di quello che può riguardare una manutenzione semplice e poco costosa del prodotto. Sicurezza: una corretta gestione della sicurezza significa una meticolosa analisi del prodotto, del design e della fabbricazione. La sicurezza deve essere quantificata, così come l’affidabilità e la manutenzione. Generalmente vengono individuate diverse classi di rischio, che vano dal catastrofico al trascurabile. Il processo produttivo: il problema dell’adeguatezza del processo produttivo può essere scomposto nella duplice questione: dell’adeguatezza del sistema di produzione e delle stazioni di lavoro individuali comprese nel sistema. Perché il processo produttivo possa dare prodotti di qualità, è necessario misurare periodicamente la sua capacità in modo che il management sia sicuro di comportarsi secondo quanto progettato e di non allontanarsi da una produzione di qualità. Uno strumento statistico che è stato largamente usato è rappresentato dai grafici di controllo per la misurazione dell’adeguatezza di un processo. Osservando i grafici si è in grado di stabilire se il processo produttivo sta peggiorando o se è in grado di conservare la sua capacità produttiva. Il grafico di controllo viene usato per separare le origini casuali di variazioni nella qualità del prodotto da quelle non casuali. Fissando il limiti del controllo a 3 volte le deviazioni standard della popolazione da medie di piccoli campioni, ci si assicura che le origini casuali indicano falsi allarmi solo nello 0,3 dei casi. La linea mediana potrebbe essere la media dei dati passati o un valore standard fissato dalla progettazione. Le deviazioni standard usate per i limiti di controllo sono generalmente ricavate dalle medie dei campioni passati. L’identificazione dei problemi di qualità attraverso l’uso dei grafici di controllo non è sufficiente: devono essere ricercate le cause e prese le relative misure correttive. I dati come approssimazione della realtà Sistematizzazione dell’indagine Rendere infallibile il processo produttivo. 47 QUALITA’ DEL SERVIZIO Il servizio è un bene intangibile che presuppone contemporaneità tra produzione ed erogazione. Il sevizio oggi non è mai una singola prestazione, infatti si parla di pacchetti di servizi. Un pacchetto di servizi è l’insieme organico dei vari elementi offerti al cliente, che sono di tre tipi: Beni che creano l’opportunità Intangibili espliciti (vantaggi fisici) Intangibili impliciti (vantaggi psicologici) In particolare, in mancanza della tangibilità del prodotto fa premio l’immagine; nei servizi, prevalente è la componente soggettiva ed empatica. Inoltre, la posizione competitiva delle aziende di erogazione di servizi è molto precaria: solitamente le barriere all’entrata sono basse → fondamentale è fidelizzare il cliente. La gestione della qualità di un servizio è un’operazione molto complessa. Primo perchè la qualità dei servizi è anzitutto percezione di qualità. E’ infatti difficile pèr le aziende comprendere precisi criteri di valutazione della qualità, stabilire specifiche di produzione, comunicare elementi che hanno una natura intangibile e formulare di conseguenza i prezzi. Chi offre un servizio deve perciò rendere tangibile l’intangibile. Per una più approfondita analisi delle caratteristiche qualitative del servizio occorrerebbe fare riferimento alla specificità dei singoli settori industriali, commerciali e del terziario Quando parliamo di servizi, la qualità si valuta al momento di erogazione. Sono perciò importanti: capacità progettuali: capire le aspettative del cliente obiettivo professionalità e atteggiamento del front – office copertura dell’assistenza tecnica sul territorio supporto e ubicazione del venditore disponibilità di parti di ricambio e accessori possibilità di personalizzazione del servizio e puntualità nelle consegne ...ma anche il comportamento dell’utente. In sintesi, qualità è ciò che i clienti percepiscono. Le dimensioni della qualità che entrano in gioco nel servizio Fondamentalmente, la qualità di un servizio ha due dimensioni: La qualità tecnica del risultato: è ciò che resta al cliente, una volta conclusi il processo di produzione e le interazioni acquirente – venditore. Spesso, ma non sempre, questa dimensione può essere misurata abbastanza obiettivamente dai clienti a causa del suo carattere di soluzione tecnica di un problema. Corrisponde perciò a cosa viene fornito. La qualità funzionale del processo: è il modo con cui il cliente riceve il servizio e sperimenta il processo simultaneo della produzione e del consumo. Corrisponde perciò a come viene fornito il servizio. E’ una componente fortemente soggettiva. Sulla base di queste due dimensioni l’azienda si costruisce un’immagine che, se positiva, aiuta a perseguire la qualità totale. L’immagine aziendale e/o locale può incidere sulla percezione della qualità sotto vari aspetti: se nella mente dei clienti il fornitore del servizio è buono, vale a dire che ha un’immagine positiva, probabilmente certi piccoli errori gli saranno perdonati. Ma se questi errori si verificano spesso, l’immagine ne risulterà compromessa. E’ evidente che la qualità dei servizi dipende fortemente dalla percezione soggettiva del cliente circa l’erogazione del servizio stesso. Soprattutto nei servizi, la qualità è dinamica! Anche perchè i servizi sono impliciti nei processi. Questo significa che: La percezione della qualità si sviluppa e cambia nel tempo Esistono tanti singoli momenti che si influenzano interattivamente. Non è possibile quindi separare un momento dall’altro 48 La qualità e il margine competitivo Nel contesto dei servizi, è possibile che la qualità sia la base del margine competitivo. Ottenere e conservare Un vantaggio sul piano tecnico è difficile, perchè in molti comparti industriali la concorrenza riesce a introdurre con relativa rapidità delle soluzioni simili. Nell’ambito dei servizi poi, raggiungere un vantaggio competitivo sembra ancora più difficile che nel campo industriale. Lo sviluppo della dimensione della qualità funzionale può aggiungere un valore sostanziale per i clienti, e creare così il margine competitivo necessario. In parole povere, è possibile sconfiggere la concorrenza se si forniscono ai clienti servizi più numerosi e migliori, nei quali si mette l’accento sulla qualità funzionale. La buona qualità tecnica, da sola, non garantisce che i clienti percepiscano come buona la qualità del servizio. Perchè i clienti possano avere una percezione positiva della qualità totale del servizio, deve essere buona anche la qualità funzionale. In una situazione in cui alcune aziende sono in competizione fra loro con risultati o qualità tecniche simili, ciò che conta è l’impatto della qualità funzionale del processo del servizio. Tuttavia se la qualità tecnica è carente, risulta carente anche la qualità totale percepita. La qualità percepita del servizio E’ necessario che all’interno dell’azienda, la qualità sia definita nello stesso modo in cui viene definita dai clienti. Si deve sempre tenere presente che ciò che conta è la qualità come viene percepita dai clienti. I servizi sono processi che vengono percepiti in modo più o meno soggettivo, nei quali le attività di produzione e di consumo hanno luogo simultaneamente. Una buona percezione della qualità si ottiene quando la qualità sperimentata risponde alle aspettative del cliente, vale a dire alla qualità che questi si aspetta. La qualità che il cliente si aspetta è in funzione di molti fattori: comunicazione al mercato, vendite, immagine, passaparola, pubbliche relazioni, esigenze e valori dei clienti. Il livello della qualità totale percepita non è determinato soltanto dal livello delle dimensioni della qualità tecnica e funzionale, ma piuttosto dal divario tra qualità attesa e qualità sperimentata Elementi che influenzano la qualità attesa Come risulta dal modello (un modello sostanzialmente statico), le aspettative dei clienti hanno un impatto decisivo sulle percezioni della qualità da parte dei clienti. Se il fornitore del servizio esagera con le 49 promesse, suscita nei clienti aspettative troppo elevate, e di conseguenza, i clienti avranno l’impressione che la qualità del servizio ricevuto sia insoddisfacente. Molti processi di sviluppo della qualità sono distrutti da promesse eccessive e troppo affrettate dio miglioramento del servizio. Potrebbe essere più saggio mantenere le promesse ad un livello inferiore rispetto alle esperienze effettive del cliente. In questo modo, almeno, i clienti non saranno scontenti della qualità percepita, e nello stesso tempo il fornitore del servizio potrà offrire ai clienti sorprese impreviste, che si rivelano molto più efficaci allo scopo di creare un rapporto di fedeltà e indurre a ripetere l’acquisto. In conclusione, dal punto di vista del marketing è meglio promettere meno per avere la certezza che l’organizzazione sia in grado di mantenere le promesse fatte. Modello di Gummesson Il punto di partenza per lo sviluppo di questo modello è stato l’idea che i servizi e i prodotti materiali costituiscono una parte integrante dei servizi offerti. Quindi il modello (detto modello delle 4Q) unisce elementi dei prodotti ad elementi dei servizi. Il modello include variabili connesse ad aspettative ed esperienze, più le variabili dell’immagine e del marchio. Secondo il modello, la qualità totale percepita dei clienti da un lato influenza l’immagine dell’azienda, ma dall’altro contribuisce anche in modo decisivo all’affermazione del marchio che comincia ad imporsi nella mente dei clienti. I primi due concetti di qualità inclusi nel modello sono fonti della qualità: la “qualità del design” segnala in che misura sono stati armonizzati nello sviluppo e nella progettazione gli elementi del servizio e del prodotto; la “qualità della produzione e della fornitura” indica se e come sono stati prodotti e forniti bene il pacchetto e tutti i suoi elementi rispetto alla progettazione. Gli altri due concetti di qualità costituiscono il risultato della produzione e della fornitura di beni e servizi: la “qualità relazionale” si riferisce al modo in cui il cliente percepisce la qualità durante i processi del servizio ed è strettamente correlata alla dimensione della qualità funzionale; la “qualità tecnica” si riferisce ai vantaggi che il pacchetto presenta a breve e lungo termine. Fonti della qualità Risultato della produzione e della fornitura Il modello ci dice che la dimensione organizzativa non prescinde da implicazioni giuridiche. Inoltre, tanto più le aspettative sono basse, tanto è più facile che l’esperienza sia positiva. La griglia del rapporto di interazione Poiché i servizi sono processi di per se stessi orientati al rapporto, è chiaro che le percezioni della qualità da parte dei clienti si sviluppano e subiscono cambiamenti nel corso del tempo, a mano a mano che il rapporto continua. La ricerca sulla qualità del servizio ha messo in luce un interesse per la “qualità del rapporto”, che si può definire come la dinamica della formazione a lungo termine della qualità nei rapporti duraturi con la clientela. Dal punto di vista del cliente, la qualità del rapporto si identifica con la qualità da lui percepita in continuo sviluppo nel corso del tempo. Nei servizi il concetto essenziale è l’interazione. La qualità del rapporto viene percepita nel corso di interazioni che possono essere continuative o discontinue. 50 La griglia consiste in un flusso continuo di atti, episodi e sequenze, che costituiscono dei rapporti. Gli atti costituiscono l’unità minima di analisi del processo di interazione (es telefonate, visite agli impianti); gli episodi sono atti correlati (es visita in banca per un prelievo, spedizione di merci); gli episodi correlati fra loro costituiscono la sequenza. Il livello finale di analisi è il rapporto: varie sequenze costituiscono un rapporto. In sostanza, atti, episodi, sequenze, costituiscono i passaggi lungo i quali verrà poi erogato il servizio. Tanto più le aspettative del cliente sono alte, tanto più per il fornitore è necessario concentrarsi sulla qualità di ogni singolo episodio, sequenza, e riuscire così a creare un rapporto ottimo agli occhi del cliente. La qualità viene infatti percepita a tutti i livelli della griglia del rapporto, accumulandosi e traducendosi in una percezione generale della qualità. Quando ogni singola sequenza che deriva da ogni singolo episodio è positiva, allora si crea un rapporto continuo: ad esempio vado a mangiare in un determinato ristorante, mi trovo bene dal punto di vista qualitativo, di conseguenza in futuro ci ritorno fino a diventare cliente fisso → rapporto. La dinamica delle aspettative Le aspettative dei clienti costituiscono un fattore importante che influenza la qualità percepita del servizio, tanto a livello di episodio quanto a livello di rapporto. Per poter comprendere in che modo viene percepita la qualità in un rapporto in corso occorre capire in che modo si evolvono le aspettative in tutto l’arco del rapporto. A lungo termine, si possono individuare tre tipi diversi di aspettative: Aspettative indefinite: sono presenti nella testa del cliente ma non sono aspettative ben chiare; per il fornitore del servizio è essenziale capire quali aspettative indefinite possono coltivare i clienti, perché, anche se i clienti non sono in grado di formularle in modo consapevole, esse hanno pur sempre un impatto sulla soddisfazione relativa alla qualità. Il fornitore del servizio dovrebbe avvertire l’esistenza di queste aspettative e cercare di farle emergere sotto forma di aspettative esplicite. Aspettative esplicite: sono ben chiare nella mente del cliente; si possono suddividere in aspettative realistiche e non realistiche. I clienti presumono in modo attivo e consapevole che le loro aspettative esplicite saranno soddisfatte, ma alcune di queste aspettative possono non essere realistiche. E’ importante che i fornitori di servizi aiutino i clienti a trasformare le aspettative non realistiche (cioè aspettative esplicite ma difficilmente soddisfabili) in altre, più realistiche; se ci riesce, le probabilità di fornire un servizio che soddisfi le aspettative del cliente saranno molto più elevate. Aspettative implicite: sono date per scontate, considerate tanto ovvie che non vengono mai espresse chiaramente. Tuttavia la loro esistenza balza in primo piano quando non vengono soddisfatte, e in questa situazione si verifica insoddisfazione. 51 Le frecce costituite da linee continue indicano la dinamica intenzionale, vale a dire in che modo il fornitore del servizio può e deve gestire attivamente le aspettative. Le aspettative indefinite e implicite vanno individuate e rese esplicite. Le linee tratteggiate indicano invece quella che si può definire “dinamica non intenzionale”: I GAP della qualità Il modello tenta di scomporre il processo di erogazione del servizio in tutti i suoi passaggi logici, andando ad individuare dove si possono creare dei “gap”, cioè dei “buchi”. Ciò che realmente mi viene fornito. Dipende da come il fornitore ha tradotto le aspettative qualitative del cliente. Problemi interni ciò che io penso mi sia stato dato Ciascun Gap individuato identifica uno spazio di non necessaria coincidenza. Abbiamo individuato 5 Gap: 1. Gap di Percezione: il management può percepire in modo inesatto le aspettative che il cliente ha, a causa di: informazioni inesatte provenienti dalle ricerche di mercato, informazioni male interpretate riguardo alle aspettative, informazioni sbagliate da parte delle persone che entrano in contatto con i clienti. È bene migliorare la ricerca, in modo che sia possibile osservare e valutare meglio le esigenze dei clienti. 2. Gap di traduzione: le percezioni del management circa le aspettative dei consumatori non vengono tradotte efficacemente in specifiche di qualità. Questo può derivare da: errori nella pianificazione, pianificazione carente, mancanza di un obiettivo chiaro, appoggio insufficiente da parte del management alla pianificazione della qualità del servizio. Di solito questo si spiega con la mancanza di un vero impegno, da parte del management, nei confronti della qualità del servizio. L’ideale sarebbe che gli obiettivi e le specifiche vengano concordate tra i fornitori del servizio, gli addetti alla pianificazione e il management. 3. Gap di realizzazione: nel processo di produzione e fornitura del servizio non vengono raggiunte le specifiche della qualità. Esiste differenza tra servizio programmato e servizio offerto, a causa di: specifiche troppo complicate o troppo rigide, inidoneità delle tecnologie, conflitti nei ruoli, mancanza o carenza del marketing interno. 4. Gap di comunicazione: le promesse fatte dai media usati nella comunicazione al mercato non corrispondono al servizio fornito. Comunico qualcosa che non è coerente con le caratteristiche del servizio erogato. Può dipendere da: promesse eccessive, indeguatezza della comunicazione interna. 52 5. Gap di soddisfacimento: il servizio percepito o sperimentato non corrisponde al servizio atteso. Ciò ha i seguenti effetti: cinferma negativa della qualità (cattiva qualità) e dell’esistenza di un problema di qualità, diffusione di voci negative, impatto negativo sull’immagine aziendale, perdita di clienti. Il 5° scostamento può essere anche positivo, in quanto può portare ad una conferma positiva della qualità, o anche ad una superqualità. Il verificarsi di questo scostamento può dipendere da una delle ragioni analizzate in precedenza, o da una combinazione di esse, o da altre ancore. Il Gap Analysis Model dovrebbe servire da guida al management nello scoprire quale sia la ragione del problema e nel trovare il modo appropriato per porvi rimedio. L’analisi degli scostamenti costituisce un modo diretto e appropriato di individuare le incoerenze tra fornitore e percezione, da parte del cliente, della performance del servizio. Quindi lo scostamento che si verifica tra aspettative del cliente e qualità per il cliente è funzione di 4 distinti gap: La differenza tra servizio atteso e servizio offerto sta nelle non esigenze coperte. La mappa della qualità ALTA QUALITA’ DELLA REALIZZAZIONE BASSA FARE BENE LE COSE SBAGLIATE FARE BENE LE COSE GIUSTE FARE MALE LE COSE SBAGLIATE FARE MALE LE COSE GIUSTE BASSA ALTA QUALITA’ DEGLI OBIETTIVI La misurazione della soddisfazione del cliente Abbiamo sia metodi diretti sia metodi indiretti. Metodi diretti: Servqual, Critical Incident technique, Piramide della customer satisfaction. Metodi indiretti: gestione dei reclami, “soddisfatti o rimborsati”, cassetta dei suggerimenti. Le determinanti della qualità del servizio Affidabilità: coerenza tra prestazione e fiducia. Capacità di risposta: volontà o prontezza degli impiegati nel fornire il servizio. Competenza: possesso delle capacità e requisiti necessari. Accessibilità: apertura e facilità di contatto. Cortesia: educazione, rispetto, atteggiamento amichevole da parte del personale che entra in contatto con i clienti. Comunicazione: tenere informati i clienti con un linguaggio per loro comprensibile e ascolto delle loro esigenze. 53 Credibilità: attendibilità, fiducia, onestà e garanzia degli interessi del cliente. Sicurezza: assenza di pericolo, rischio o dubbio. Capire/conoscere il cliente: sforzarsi di capire le esigenze del cliente. Aspetti tangibili: aspetti “fisici” del servizio. Il metodo SERVQUAL Il SERVQUAL (Extended Service Quality) è un metodo per misurare in che modo i clienti percepiscono la qualità del servizio. Misura le attese del cliente e la prestazione percepita. Si basa su 5 determinanti della qualità del sevizio (aspetti tangibili, affidabilità, capacità di risposta, sicurezza, empatia), ed è un questionario che prevede 2 serie di 22 domande. La prima serie misura le aspettative generiche dei clienti nei confronti di un determinato servizio; la seconda misura il giudizio del cliente sull’impresa oggetto d’analisi. Consente di misurare separatamente attese e percezione del consumatore. L’ottimizzazione della Costumer Satisfaction E’ necessario minimizzare tutto ciò che il cliente percepisce come qualità in negativo rispetto a ciò che egli legittimamente si attende. Inoltre è importante massimizzare tutto ciò che il cliente percepisce come qualità in positivo. La qualità dei servizi in diversi contesti La qualità dei servizi gestiti direttamente dipende da: Capacità progettuali Capacità attuative La capacità dei servizi esternalizzati dipende da: Capacità progettuali Capacità selettive Capacità di indirizzo e controllo 54 IL SIX SIGMA Il SIX SIGMA è un programma di gestione della qualità basato sul controllo della varianza, il cui obiettivo è portare la qualità (di prodotto o di servizio) ad un determinato livello ben precisato. La qualità deve essere misurabile e codificabile. Mira all’eliminazione dei difetti e degli sprechi piuttosto che al miglioramento della prestazione media. OBIETTIVO: LA TOTAL CUSTOMER SATISFACTION. 6 SIGMA: 6 deviazioni standard tra il limite di specifica ed il centro della produzione. Aspetti fondamentali: approccio basato sui dati: i dati vengono poi utilizzati per calcolare la varianza; controllo del processo; focus sul cliente; lavorare per progetti; strategia d’impresa. Metodo: il DMAIC DEFINE: implica identificare il processo (o prodotto) da migliorare, tradurre i bisogni del cliente in requisiti, identificare i partecipanti necessari al progetto, sviluppare la necessaria pianificazione (strumenti: diagramma di flusso, diagramma di Gannt). MEASURE: implica valutare il livello di prestazione del processo (o prodotto) rispetto ai requisiti individuati, individuare e validare un adeguato sistema di misura, effettuare la misura, calcolare l’attuale livello di sigma per confronto dei risultati con gli standard richiesti (strumenti: statistica descrittiva, campionamento). ANALYSE: implica applicare le tecniche statistiche per individuare le cause dei difetti e per quantificare in che misura ogni causa (o l’interazione tra più cause) influenza il requisito studiato e la sua varianza (strumenti: analisi della varianza, istogramma di Pareto). IMPROVE: rappresenta la fase in cui si propongono e si mettono in pratica i miglioramenti, solo dopo aver compreso a fondo le cause dei difetti (strumenti: analisi costi-benefici). CONTROL: implica tenere sotto controllo il processo al fine di standardizzarlo e stabilizzarlo, quantificare l’entità del miglioramento e intraprendere azioni di supporto (strumenti: diagramma di controllo, programma di controllo della qualità). RUOLI ORGANIZZATIVI CHAMPION, il managerresponsabile del progetto; BLACK BELT/GREEN BELT, responsabili dello sviluppo del progetto; MASTER BLACK BEKT, esperti del Six Sigma; PROCESS OWNER, responsabile “conoscitore” del processo. 55 MODULO 6 SLIDES: LA CERTIFICAZIONE DELLE QUALITA’ LA CERTIFICAZIONE: DA DOVE ARRIVA? - - 2150 a.c: il Codice di Hammurabi prevede in edilizia garanzia e responsabilità 1450 a.c a Tebe: come si certifica la regolarità geometrica di un blocco di pietra 527 a.c: “questo vaso è opera di Eutimide, figlio di Polia” 1327: la London Goldmiths’ Company crea il marchio per i metalli preziosi 1664: Colbert scrive “se le nostre fabbriche garantiscono la qualità dei prodotti sarà nell’interesse...”. Nasce l’idea che la qualità debba essere garantita 1959: furono sviluppate le prime norme di assicurazione della qualità per scopi militari dall’US Department of Defence, che attuò un programma definito “Quality management program” e identificato come standard MIL – Q – 9858. Lo scopo era quello di unificare i requisiti relativi ai sistemi di qualità da applicare a tutti i fornitori del dipartimento. 1968: la NATO adotta lo standard militare nel formato “Allied quality assurance pubblication” (Aqap) 1970: l’UK adottò lo standard Aqap facendone il proprio “Management program defence standard”. 1979: comparve il primo “Quality management standard”, norma vera e propria per usi commerciali edita dalla British Standard Institution e nota come BSI 5750. 1987: basandosi su norme precedenti il comitato tecnico dell’ISO preparò lo standard ISO 9000 composto da cinque norme: ISO 9000, ISO 9001, ISO 9003, ISO 9004. LA CERTIFICAZIONE: COSA SIGNIFICA Dal latino “certum facere”, certificare significa che qualcuno garantisce che qualcosa/qualcun altro rispetta certi requisiti. La certificazione è una procedura con cui una terza parte dà assicurazione scritta che un prodotto, un processo o un servizio è conforme ai requisiti specificati. La parola “certificazione” è indicativa quindi dell’esistenza di un meccanismo di controllo da parte di un soggetto terzo che fa riferimento a determinati parametri. La certificazione ha una validità predefinita alla scadenza della quale dovrà avvenire un nuovo “audit”, cioè un nuovo controllo. Esistono tre tipi di certificazione: certificazione di prodotti e servizi, certificazione del personale, certificazione dei sistemi qualità. La certificazione è obbligatoria nei masi e nei modi previsti dalla legge. Si parla di certificazione volontaria quando la conformità a norme tecniche è una scelta del produttore: può infatti costituire un fattore strategico di competitività, rappresentando agli occhi del consumatore un simbolo di qualità. Certificazione e qualità La certificazione di per se non crea qualità (ex ante), ma: assicura il mercato sul possesso dei requisiti per agire in qualità, stimola l’organizzazione a “guardarsi dentro” e a migliorare, valorizza la predisposizione dell’organizzazione alla qualità Perchè certificarsi Nella stragrande maggioranza dei casi la certificazione è un’operazione volontaria dell’impresa. Quindi generalmente non esiste un obbligo normativo ma spesso l’impresa è quasi “costretta” a certificarsi per competere sul mercato. La certificazione è quindi un investimento per migliorare l’organizzazione, è un costo necessario per competere sul mercato. La certificazione è effettivamente un investimento corretto se i benefici che ne derivano (più efficienza ed efficacia, vantaggio competitivo) sono superiori ai costi (consulenza esterna, formazione del personale, ente di certificazione, richiesta di audit esterno). I costi della certificazione sono generalmente facilmente misurabili e imputabili; i benefici non sono invece sempre facilmente misurabili, vanno ricondotti a dei parametri, serve porre degli obiettivi misurabili (dire + efficienza vuol dire poco). Tale certificazione garantisce un equilibrio adeguato tra benefici e costi se: 56 Non troppa formalizzazione Il personale sia motivato Il sistema certificato sia coerente con le specificità dell’azienda L’iter della certificazione Non sempre le certificazioni vengono rinnovate. Questo perchè a volte i costi diventano più significativi dei benefici. Cosa certificare? I processi I (alcuni) prodotti Una catena di fornitura Un insieme di organizzazioni Certificare rispetto a cosa? Norma cogente o volontaria? Specifica per un settore o “generica”? Relativa ad spetti: sociali, ambientali, igiene, sicurezza, ecc..? I SOGGETTI COINVOLTI NELLA CERTIFICAZIONE Ambito internazionale ISO: “International Organization for Standardization”. Fondata nel 1947 per iniziativa di 25 paesi, oggi conta oltre 160 paesi aderenti. Ha sede a Ginevra ed è guidata da una segreteria centrale. Compito e scopo dell’ISO è quello di promuovere lo sviluppo della normazione al fine di facilitare lo scambio internazionale di beni e servizi. Il mezzo per ottenere ciò sono le “norme”, ovvero i docunmenti volontari elaborati per migliorare la comunicazione tecnica, l’economicità di produzione, la commerciabilità e intercambiabilità, la sicurezza d’uso e di rapporto con l’ambiente. WTO: “World trade organization”. Ha sviluppato l’accordo denominato “Technical barriers to trade – tbt”. Lo scopo è evitare che norme tecniche e procedure di certificazione e prova ostacolino il commercio internazionale. Inoltre punta a favorire l’armonizzazione. IAF: “International Accreditation Forum”. Associa gli organismi di accreditamento di tutto il mondo per promuovere un unico sistema di mutuo riconoscimento secondo la logica della “peer review” (valutazione tra pari). 57 CEPAA: “Council of Economical Priorities Accreditation Agency”. Si occupa dei temi connessi alla “Social Accountability”, in particolare delle condizioni lavorative a livello mondiale cercando di definire uno standard verificabile da enti di certificazione. IEC: “International Electrotechnical Commision”. Costituito nel 1906, definisce la normativa internazionale nel settore elettronico ed elettrotecnico. ITU: “International Telecommunication Union”. Si occupa degli standard relativi alle telecomunicazioni telefoniche e telegrafiche. Ambito europeo CEN: “Comité Européen de Normalisation”, o Comitato Europeo di Standardizzazione. Fondato nel 1961, è un ente normativo che ha lo scopo di armonizzare e produrre norme tecniche europee (EN) in Europa in collaborazione con enti nazionali e sovranazionali quali per esempio l’ISO. Il CEN lavora in accordo alle politiche dell’UE e dell’EFTA per favorire il libero scambio, la sicurezza dei lavoratori e dei consumatori, la protezione dell’ambiente, ecc.. Gli standard europei prodotti dal CEN sono normalmente armonizzati e adattati dai singoli paesi che li accolgono. EA: “European Co–operation Accreditation”. Fondato nel 1999 a Vienna per favorire processi aggregativi degli enti presenti nei diversi paesi. Sorveglia sulla conformità degli organismi di accreditamento per garantire il mutuo riconoscimento a livello mondiale. CENELEC: “European Comitee for Electrotechnical Standardization”. E’ il corrispondente europeo dell’IEC. BSI: “British Standards Institute”. E’ un organismo di certificazione del settore privato e pubblico riconosciuto in tutto il mondo. Fondato nel 1901, ha come compito la formulazione di standard, in ambito britannico, europeo ed internazionale. Partecipa anche alla definizione degli standard stabiliti dall’ISO. Ambito Italiano UNI: “Ente nazionale italiano di Normazione”. E’ un’associazione privata senza scopo di lucro fondata nel 1921. Svolge attività normativa in tutti i settori industriali, commerciali e terziari. Si occupa di produrre norme tecniche, collaborare con enti esteri, diffondere cultura, norme e promuovere la certificazione. Agisce attraverso commissioni tecniche e collabora con enti federati. Ha circa 120 dipendenti, è componente dell’ISO e del CEN. Le norme UNI possono essere recepite in provvedimenti legislativi, assumendo così il carattere di regole tecniche, la cui osservanza è obbligatoria. CEI: “Comitato elettrotecnico italiano”: E’ un ente normativo che opera specificamente nei settori dell’elettronica e dell’elettrotecnica. Fondato nel 1909 per promuovere e diffondere la cultura tecnica e della sicurezza elettrica. CONCIT: “Comitato Nazionale di Coordinamento per Informatica e telecomunicazioni”. Nasce nel 1987 da CEI, UNI, e Ministero dell’Economia. Si occupa di normalizzazione nei settori di riferimento e cura la trasposizione delle norme europee. SINCERT – ACCREDIA: Sistema nazionale per l’accreditamento degli organismi di certificazione. E’ un’associazione privata senza scopo di lucro nata nel 1991. Scopo: accreditamento degli organismi di certificazione e/o di ispezione; nasce per iniziativa di UNI e CEI. ENIQ: Ente nazionale per la qualità e l’accreditamento. Fondato nel 2001 a Milano da UNI, CEI e CNR. E’ un’associazione senza scopo di lucro; l’obiettivo è aggregare Sincert, Sinal e Sit per creare un’unica interfaccia europea. Si propone di interpretare, verificare e valutare l’impatto giuridico della normazione tecnica. Enti di certificazione ed ispezione: sono i soggetti che vengono accreditati dal Sincert per svolgere i compiti di certificazione (o ispezione) previsti dalle norme di riferimento, secondo una procedura per fasi. Si distinguono per ambito di operatività: sistema, prodotto, personale. Associazioni degli organismi di certificazione AIOCI: Associazione Italiana organismi indipendenti di certificazione e ispezione. Alcuni associati: Moody international, TUV Italia, EMEA, ecc... CISQ: Federazione certificazione italiana dei sistemi qualità aziendali. Alcuni associati: Rina spa, Certitex srl, Icila srl, ecc... 58 59 STANDARD, NORME E REGOLAMENTI - Uno standard è un insieme di regole e/o di specifiche di progettazione o di funzionamento universalmente accettate. E’ il livello minimale al quale ci si deve adeguare, la modalità attraverso la quale organizzazioni diverse riescono ad interagire tra di loro. Sono “un set di specifiche tecniche al quale aderisce un produttore, tacitamente o come risultato di un accordo formale”. Lo standard svolge una duplice funzione: Assicurare che un prodotto sia idoneo alle specifiche iniziali Garantisce la compatibilità di componenti differenti. Forme d’uso: Come meccanismo di coordinamento Come agente di innovazione del tipo bottom – up - Una norma invece è un insieme di regole che contengono standard. E’ la specifica tecnica approvata da un organismo riconosciuto, la cui osservanza non è obbligatoria. “E’ un documento prodotto mediante consenso ed approvato da un organismo riconosciuto che fornisce regole, linee guida,...per ottenere il miglior ordine”. Per prima cosa le norme facilitano il commercio internazionale. Le caratteristiche della norma sono: Consensualità: si arriva all’approvazione della norma dopo il consenso di tutti coloro che si sono occupati di redigerle Democraticità: tutti possono partecipare ai lavori di definizione delle norme Trasparenza: le norme sono emesse a disposizione di tutti, per garantire democraticità Volontarietà: le norme sono un punto di riferimento per le parti interessate e diventano rilevanti in quanto volontariamente utilizzate. - Un regolamento è un documento che definisce le modalità di funzionamento e/o di svolgimento; è un atto normativo delle Comunità Europee applicabile direttamente nei paesi dell’UE. Ha valore generale ed è obbligatorio in tutti i suoi elementi. Esistono standard che vengono recepiti dai regolamenti diventando conseguentemente obbligatori. I regolamenti hanno anche una valenza di tipo giuridico: applicarle/non applicarle può portare a conseguenze giuridiche. IL PANORAMA Quale qualità? Quali norme? Per ogni “tipologia” di qualità corrisponde una norma. Andiamo a vedere le “best 4”, cioè gli standard qualitativi fondamentali: Qualità dei processi produttivi Qualità ambientale Qualità sociale Qualità come sicurezza e salute nei luoghi di lavoro ISO 9000:2000 ISO 14000:1997 SA 8000 OHSAS 18000 Alcuni esempi: NORME DI PRODOTTO Settoriale Generico Norma volontaria - Ecolabel UNI EN 14441/2004 - Fair trade (caratteristiche piastrelle) Norma cogente - Marcatura (Conformité 60 CE NORME DI PROCESSO Settoriale Generico - ISO 9001/2000 (qualità) ISO 14001 (ambiente) - ISO 9004/1996 - OHSAS 18001 (sicurezza, salute) - EMAS (ambiente) - d. lgs 334/99 - UNI 9052:1987 - D.M. 9/8/2000 (taratura) Européenne) LA NORMA VISION 2000 (Seveso II) Revisione delle norme ISO 9000; l’obiettivo è quello di soddisfare una serie di esigenze espresse dalle diverse categorie di utilizzatori delle ISO 9000 (aziende, organismi di valutazione delle conformità e di certificazione dei sistemi di qualità, consulenti, enti di normazione, ecc). Dopo un’attenta analisi, queste esigenze sono state trasformate in specifiche per l’intero progetto di revisione e miglioramento delle norme ISO 9000. Queste sono ora compatibili con le ISO 14000, sono facilmente adattabili alla realtà organizzativa aziendale, sono universali e più semplici da utilizzare. LA NORMA ISO 9000/2000 La normativa ISO 9000, pubblicata nel 1987 e revisionata nel 2000, nasce con lo scopo di armonizzare le varie norme nazionali sulla qualità e di fornire standard per il perseguimento della qualità stessa da parte delle aziende. La revisione del 2000 segna il passaggio dal sistema di assicurazione qualità al sistema di gestione per la qualità. Le ISO 9000/2000 sono 3, e comprendono tutte le norme della precedente versione del 1994. Abbiamo: ISO 9000:2000: fondamenti e terminologia (incorpora la ISO 8402 e la ISO 9000 del 1994) ISO 9001:2000: requisiti di qualità che l’azienda deve dimostrare di aver raggiunto per poter soddisfare le esigenze del cliente nella fornitura di specifici prodotti o servizi (incorpora le ISO 9001/2/3 del 1994) ISO 9004:2000: linee guida per il miglioramento delle prestazioni. Quest’ultima rappresenta una guida di riferimento per la direzione aziendale ai fini della costruzione di un Sistema Qualità, e la sua utilizzazione è consigliata ma non necessaria per poter ottenere la certificazione di qualità. (incorpora le linee guida precedenti ISO 9004-1 e 2 del 1994) La norma promuove l’adozione , lo sviluppo e il miglioramento dell’efficacia del sistema di gestione per la qualità al fine di accrescere la soddisfazione del cliente. La novità peculiare della nuova norma risiede nell’approccio per processi che attua la gestione dell’organizzazione attraverso la gestione dei suoi processi. Il modello di processo cui fa riferimento la norma è basato sul ciclo di Deming, noto come PDCA, e richiede che l’organizzazione adotti la pianificazione, lo sviluppo, la gestione e la misurazione dei singoli processi al fine di disporre di dati oggettivi sui quali riflettere e avviare progetti di miglioramento continuo su base sistematica. Seguendo la metodologia PDCA, lo sviluppo delle attività comprese nei progetti di qualità totale avviene attraverso 4 fasi fondamentali : plan, do, check, act. Questa metodologia si utilizza nello sviluppo del lavoro per progetti in modo ripetitivo, con la finalità di fornire un supporto razionale all’attività delle persone coinvolte. Una volta arrivati alla fine dei passaggi bisogna sempre ripartire → è appunto un ciclo continuo che spinge ad un miglioramento continuo. La gestione per processi richiede inoltre che la responsabilità sia diffusa a tutti i livelli organizzativi e questo implica che il personale a tutti i livelli debba essere competente, consapevole e addestrato. I principi della ISO 9000:2000 Andiamo a vedere ora gli 8 principi di gestione per la qualità che regolano la norma ISO 9000/2000 e che sono usati dall’alta direzione per guidare l’organizzazione verso il miglioramento delle prestazioni: Orientamento al cliente: comprendere le esigenze dei clienti traducendole in specifiche misurabili è un passo fondamentale. Le organizzazioni dipendono dai clienti e dovrebbero pertanto capire le loro esigenze presenti e future, rispettare i loro requisiti e mirare a superare le loro stesse aspettative Leadership: i leader creano il clima adatto al pieno coinvolgimento del personale nel perseguimento degli obiettivi dell’organizzazione. Per garantire qualità, efficienza e continuità della performance, il manager ha bisogno di strutturare per ruoli “aperti” il gruppo di collaboratori di cui dispone, tarandoli su alti livelli di autonomia, responsabilità, proattività e polifunzionalità. Coinvolgimento del personale: la necessità aziendale di ottenere qualità, efficienza e continuità delle performance e, nel contempo, la spinta verso una maggiore partecipazione da parte di un personale sempre più istruito e qualificato, ha prodotto in molte imprese un orientamento gestionale che mira 61 al pieno coinvolgimento attraverso lo sviluppo del grado di autonomia e responsabilità dei collaboratori (empowerment). Approccio per processi: modello di funzionamento che enfatizza i collegamenti orizzontali, mirando a rendere sempre più fluide, efficienti ed integrate le attività che creano valore e ad eliminare o ridurre tutte le altre. Un risultato desiderato si ottiene con maggiore efficienza quando le relative attività e risorse sono gestite come un processo. Prevenzione dei difetti (significa intervenire a monte del processo produttivo facendo in modo che le difettosità del prodotto finito tendano a zero; in poche parole significa produrre bene alla prima) e miglioramento continuo (l’obiettivo è la conformità assoluta, creare quindi qualità positiva) Approccio sistemico della gestione: identificare, capire e gestire un sistema di processi interconnessi per perseguire determinati obiettivi contribuisce all’efficacia ed all’efficienza dell’organizzazione. Decisioni basate su dati di fatto: le decisioni efficaci si basano sulla analisi, logica ed intuitiva, di dati ed informazioni reali. In altre parole, è auspicabile che l’aspetto razionale e quello più creativo si fondano opportunamente in una sintesi che conduca ad un’azione efficace. Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori: il perseguimento delle strategie di creazione globale del valore ha mostrato l’importanza di puntare alla piena soddisfazione di tutti gli stakeholders dell’organizzazione, dagli azionisti ai clienti, dal personale ai fornitori. Sopratutto, un rapporto di reciproco beneficio tra l’organizzazione e i propri fornitori migliora la capacità di entrambi nel creare valore. La logica del sistema della norma ISO 9000:2000 Determinare le esigenze dei clienti Stabilire politica ed obiettivi per la qualità Determinare processi e responsabilità per la qualità Determinare e fornire risorse per gli obiettivi della qualità Definire metodi per la misurazione dell’efficacia e dell’efficienza di ciascun processo Determinare i mezzi per prevenire le non conformità Stabilire e applicare un processo per il miglioramento continuo del sistema di gestione per la qualità La struttura della ISO 9001:2000 0. Introduzione 1. Scopo e campo di applicazione: sottolinea il carattere volontario della norma che si applica a tutte le organizzazioni indipendentemente dalle dimensioni, settore, tipo o prodotti e servizi forniti. 2. Riferimenti normativi 3. Termini e definizioni 4. Sistema di gestione per la qualità: il sistema deve essere documentato, attuato, aggiornato, gestito, migliorato. 5. Responsabilità della direzione: all’alta direzione spetta il compito di definire la politica e gli obiettivi per la qualità, rendere disponibili le risorse necessarie, identificare i responsabili, assicurare la comunicazione interna all’organizzazione, riesaminare le prestazioni del sistema di gestione per la qualità al fine di valutarne l’adeguatezza, cioè l’efficacia e l’efficienza. 6. Gestione delle risorse: la norma si focalizza su tre tipologie di risorse: le risorse umane (che devono essere competenti, consapevoli ed addestrate), le infrastrutture (immobili, spazi, attrezzature, servizi di supporto) e l’ambiente di lavoro. 7. Realizzazione del prodotto: comprende tutti i processi operativi dell’organizzazione: pianificazione del processo, controllo del processo, identificazione e rintracciabilità, determinazione dei requisiti relativi al prodotto, comunicazione con il cliente, progettazione e sviluppo, approvvigionamento, controllo dei dispositivi di misurazione, proprietà del cliente. 8. Misurazioni, analisi e miglioramento: comprende le misurazioni esterne all’organizzazione (misurazione della soddisfazione del cliente), e interne all’organizzazione (monitoraggio dei processi e dei prodotti non conformi, verifiche ispettive, audit, analisi e miglioramento, ecc). L’obiettivo è che si elimini il più possibile il rischio che qualcosa sfugga. Il sistema di gestione per la qualità 62 La norma UNI EN ISO 9001:2000 richiede esplicitamente che l’organizzazione definisca, documenti, mantenga aggiornato e migliori con continuità un sistema di gestione per la qualità in accordo allo standard descritto dalla norma stessa. Tale sistema deve servire a gestire, identificare e definire i processi dell’organizzazione. Inoltre diventa uno strumento di comunicazione interno dell’organizzazione destinato a clienti, fornitori, addetti, management e, se destinato alla certificazione, agli organismi di certificazione. Il sistema di gestione è il progetto attraverso il quale i processi dell’organizzazione convertono gli input in output per creare valore e soddisfare le esigenze dei clienti. Tale sistema documentato deve essere dinamico, cioè in grado di soddisfare con continuità le esigenze dei clienti nel tempo. Il Sistema di Gestione è l’insieme dei meccanismi organizzativi, degli strumenti, delle risorse, delle procedure necessarie per la gestione delle variabili della qualità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’azienda. E’ ciò che deve essere attivato dal punto di vista organizzativo affinché sia rispettato il presidio della qualità e il rispetto della norma. La norma richiede che l’organizzazione adotti un criterio documentale per descrivere e controllare i processi al fine di soddisfare le esigenze dei clienti. Tale documento deve prevedere: Dichiarazioni della politica per la qualità e degli obiettivi per la qualità Manuale della qualità Procedure e istruzioni Piani della qualità e modulistica La documentazione deve essenzialmente rendere univoche e oggettive le attività che si svolgono nel sistema e portare sotto controllo le possibili variabili delle condizioni operative dei processi. Il manuale della qualità in particolare è il primo documento che viene esaminato dall’organismo di certificazione durante il processo di certificazione. E’ un documento descrittivo a valenza pubblica e deve contenere le seguenti informazioni: Politica per la qualità redatta dall’alta direzione Descrizione dell’impegno della direzione Organigramma della struttura organizzativa Struttura della documentazione del sistema di gestione per la qualità Esplicitazione delle politiche per ogni elemento della ISO 9001:2000 La coppia coerente La ISO 9001:2000 può essere utilizzata in coppia con la ISO 9004:2000 per costituire una coppia coerente, essendo le norme complementari. La norma ISO 9001/2000 identifica i requisiti necessari alla realizzazione di un sistema di gestione per la qualità (SGQ); si focalizza sull’efficacia ed è certificabile. La norma ISO 9004/2000 rappresenta il complemento della precedente ampliando la gamma degli obiettivi per il sistema di gestione per la qualità; si focalizza sull’efficienza e non è certificabile; è una guida interna per l’organizzazione. LA NORMA ISO 14000 Corrisponde ad una serie di standard internazionali per la gestione ambientale. In Italia la EN ISO 14001:2004 sceglie uno di questi standard e lo delinea. E’ uno standard certificabile ed è scelto volontariamente. La certificazione UNI EN ISO 14001 attesta che l’organizzazione certificata ha un sistema di gestione adeguato a tenere sotto controllo gli impatti ambientali delle proprie attività e ne ricerca sistematicamente il miglioramento in modo coerente, efficace e sostenibile. LA NORMA OHSAS 18001 La sicurezza va gestita: un sistema di gestione viene costruito quando la gestione della sicurezza diventa per l’organizzazione un obiettivo da perseguire. La OHSAS (Occupational Health and Safety Assessment Series) identifica uno standard internazionale per i requisiti di un sistema di gestione per la sicurezza e la salute dei lavoratori. E’ una norma rivista ed organizzata sulla linea della ISO 14000: l’attenzione si sposta sulla 63 gestione e riduzione progressiva dei rischi. Il sistema di gestione regolato dalla norma OHSAS è spesso costruito integrandolo con il sistema di gestione ambientale. E’ un documento sintetico su gli impegni, gli obiettivi generali per prevenire i rischi di incidente rilevante e per migliorare le prestazioni aziendali in termini di sicurezza. Andiamo a vedere i contenuti della norma OHSAS 18001: La pianificazione: - Identificazione dei pericoli, valutazione e controllo dei rischi. Deve essere periodicamente aggiornato, riguardare tutte le attività aziendali, tutte le persone e tutte le strumentazioni. Individua esigenze di formazione e requisiti specifici dei macchinari - Procedure per l’identificazione dei requisiti di legge applicabili all’azienda in materia di sicurezza - Definizione degli obiettivi di salute e sicurezza per ciascuna funzione, tenendo conto della legge, della politica per la sicurezza, dei rischi specifici e delle esigenze commerciali e finanziarie - Definizione del programma per la sicurezza, da aggiornare periodicamente, per identificare le responsabilità nel raggiungimento degli obiettivi Strutture e responsabilità: la responsabilità ultima per la sicurezza è in capo alla direzione generale che nomina un proprio responsabile di. - Garantire la disponibilità delle risorse necessarie all’attuazione, controllo e miglioramento del sistema - Garantire il rispetto dei requisiti della norma - Presentare rapporti sui risultati del sistema alla direzione al fine della definizione delle linee per il suo miglioramento Formazione e addestramento: è necessario definire procedure per la formazione e l’addestramento del personale in modo che tutti siano consapevoli de: - L’importanza della conformità alla politica e alle procedure - Conseguenze delle loro attività sulla sicurezza e dei benefici derivanti dal miglioramento dei componenti individuali - Responsabilità individuali nel raggiungimento degli obiettivi di sicurezza - Potenziali conseguenze della deviazione da quanto previsto dal sistema Comunicazione: devono essere definite procedure per una corretta comunicazione in tema di sicurezza in modo che i dipendenti siano coinvolti nello sviluppo del sistema, rappresentati nelle discussioni in materia di sicurezza, informati su chi è responsabile per la sicurezza Documentazione: il sistema deve essere adeguatamente documentato; deve essere definita una procedura per la gestione della documentazione in modo che i documenti possano essere facilmente reperiti, revisionati, e aggiornati. Controllo: devono essere identificate opportune misure di controllo delle operazioni e delle attività organizzative: - Definendo modalità operative per il controllo - Definendo procedure per merci, equipaggiamenti e servizi utilizzati dall’organizzazione - Definendo procedure per la progettazione dei luoghi di lavoro e l’installazione macchinari, in modo da eliminare o ridurre le fonti di rischio Misura delle prestazioni: devono essere definite procedure per la misura delle prestazioni del sistema di gestione della sicurezza: - Attraverso misure qualitative e quantitative - Monitoraggio della rispondenza delle procedure e dei criteri operativi con il programma e la politica - Misure reattive in caso di incidente o malattia - Registrazione dei risultati Incidenti e azioni correttive-preventive: deve essere definita la procedura per definire responsabilità per: - Analisi di incidenti e non conformità - Definire misure per mitigare conseguenze di incidenti - Pianificazione, realizzazione e controllo di azioni preventive e correttive Verifiche ispettive interne: deve essere definita una procedura per la pianificazione, realizzazione e comunicazione dei risultati delle verifiche ispettive che controllino: - La rispondenza del sistema rispetto a quanto definito nelle procedure e nella norma - L’effettiva attuazione del sistema 64 - L’efficacia del sistema nel soddisfare il programma e la politica Il riesame della direzione: la direzione deve periodicamente rivedere il sistema al fine di valutarne la continua adeguatezza ed efficacia e di definire eventuali cambiamenti nella politica, obiettivi o in altri elementi del sistema. LA NORMA SA 8000 La norma Social Accountability identifica uno standard internazionale volto a certificare alcuni aspetti della gestione aziendale attinenti alla Corporate Social Responsability: Il rispetto dei diritti umani e dei diritti dei lavoratori La tutela contro lo sfruttamento dei minori Le garanzie di sicurezza e salubrità sul posto di lavoro Lo standard SA 8000 nasce come aggregazione di principi fissati da documenti internazionali, quali: Convenzioni ILO Dichiarazione universale dei diritti umani Convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia Convenzione ONU per eliminare la discriminazione contro le donne Lo standard riguarda e coinvolge tutta l’azienda. L’ECOLABEL Nasce nel 1982; definisce uno schema per la certificazione della qualità ecologica dei prodotti. Si propone di incoraggiare le imprese a mettere sul mercato prodotti più ecologici, e di fornire al consumatore i mezzi per effettuare scelte di acquisto ambientali consapevoli. I criteri ecologici per gruppi di prodotti/servizi vengono sviluppati dallo “European union Eco-labelling Board”. La Commissione Europea emana i criteri, previa approvazione degli stati membri, criteri che sono definiti con approccio multiplo. A garanzia del processo vengono coinvolti tutti gli stakeholders. Vediamo come avviene l’assegnazione del marchio: Il fabbricante o l’importatore del prodotto presenta domanda Il comitato verifica la conformità del prodotto ai criteri ecologici attraverso laboratori appositamente accreditati Il Comitato dà il proprio assenso al rilascio del marchio. I PREMI QUALITA’ Il percorso della qualità non è più orientato alla sola logica della soddisfazione dei bisogni dei clienti, ma anche ai bisogni crescenti della società. Le nazioni più evolute hanno da decenni riconosciuto l’importanza della qualità e del suo impatto sui profitti; la qualità è diventata ormai un fenomeno di portata strategica e questo è attestato dal successo dei grandi premi della qualità. Ad essi vengono riconosciuti tre obiettivi che spingono le aziende a concorrere: La valorizzazione della azienda che vi partecipa Il posizionamento strategico nei confronti della concorrenza La mobilitazione interna come sfida che crea una sempre nuova motivazione I premi di riferimento annualmente assegnati sono 4: 1. Il premio Deming: istituito in Giappone nel 1951, viene attribuito ogni anno dopo un esame che valuta le prestazioni delle diverse aziende nel campo della qualità totale. La base di valutazione poggia su 10 punti fondamentali, tra cui la politica per la qualità, la gestione per la qualità, l’assicurazione per la qualità, ecc.. Il premio valorizza il miglioramento continuo del sistema di gestione per la qualità dell’azienda. 2. Il premio Malcolm Baldrigde: nato negli USA nel 1987, il premio si sviluppa considerando tre categorie: la produzione, i servizi, le piccole e medie imprese. Contrariamente al premio Deming, che è un vero e 65 proprio esame, il premio MB ha una logica di concorso e non è aperto alle aziende straniere. Il premio è fortemente orientato alla soddisfazione del cliente e al confronto con le migliori aziende concorrenti. 3. Il premio europeo per la Qualità: nato nel 1991, si basa su un modello di autovalutazione che cerca di misurare le azioni messe in atto per ottenere risultati nella qualità. L’idea fondamentale che preside il Premo Europeo è la logica della autovalutazione della qualità come fattore chiave dell’attività dell’azienda: è la revisione periodica completa e sistematica che ogni organizzazione fa delle sue attività e dei suoi risultati. 4. Il premio Qualità Italia: nato nel 1996, il suo obiettivo fondamentale è di aumentare la competitività delle piccole e medie imprese, utilizzando le più moderne metodologie di gestione orientate alla qualità, per stimolare a intraprendere un percorso graduale verso l’eccellenza. 66 67
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