management della qualità

MANAGEMENT
DELLA
QUALITA’
APPUNTI
A cura di Stefania Aiello
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MODULO 1
Esame scritto 3 domande ( diverse tra freq e nn freq)
Maggio pre appello
INTRODUZIONE
“Gestire la qualità significa conseguire l’efficacia e l’efficienza presidiando la qualità”.
- Efficacia: capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati
- Efficienza: realizza i migliori processi al minor costo possibile
Il management della qualità è un modo di porre una questione specifica (la qualità) in maniera:
 Permeante
 Trasversale
 Arricchente (attiva dinamiche positive)
Quality Management: “Insieme delle attività di gestione aziendale che determinano la politica per la qualità,
gli obiettivi e le responsabilità e li traducono in pratica, nell’ambito del sistema qualità, con mezzi quali:
- La pianificazione della qualità
- Il controllo della qualità
- L’assicurazione della qualità
- Il miglioramento della qualità
(ISO 9000:94)
QUALITA’: CONDIZIONE INDISPENSABILE?
La qualità prima di tutto è una scelta culturale, una filosofia. Poi è un elemento della strategia aziendale. La
qualità:
- Non è affatto detto che sia indispensabile;
- E’ chiaro che a seconda del prodotto che voglio lanciare, e del suo prezzo, dovrò considerare la
qualità in modo coerente; quindi la qualità certamente non è sempre indispensabile
- Entra in gioco là dove c’è il mercato
- E’ un prerequisito che occorre affermare. Ad esempio: molte aziende elaborano la carta dei servizi,
un documento che dichiara al pubblico cosa si devono aspettare dal prodotto e afferma certi standard
di qualità perseguiti dall’azienda stessa. Rappresenta un vero e proprio patto tra impresa e cittadino.
CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO E QUALITÀ
I progetti di qualità sono diventati un elemento fondamentale, forse addirittura il più rilevante, per la
progettazione e l’implementazione dei cambiamenti organizzativi. Il cambiamento organizzativo quindi
sempre più si fonda sui progetti di qualità. Si manifesta in forma forte (cioè con implicazioni sul
riorientamento strategico) o in forma debole (cioè con implicazioni su aspetti più circoscritti, settoriali o
funzionali).
La riscoperta della qualità come fattore chiave di successo strategico nel cambiamento organizzativo può
essere colta ripercorrendo il processo culturale avvenuto nel passaggio dal controllo di qualità al sistema
della qualità. Adottando la prospettiva della qualità, possiamo perciò individuare i diversi passaggi che
caratterizzano il cambiamento organizzativo:
 Controllo di qualità: nei primi anni del secolo prendeva forma il controllo di qualità
contemporaneamente alla crisi della domanda di mercato avvenuta negli anni 20, e alla conseguente
necessità da parte delle imprese di fornire prodotti a prezzi più bassi e a qualità più elevata. Gli studi
sul controllo di qualità dagli anni 20 agli anni 50 erano tuttavia a contenuto prevalentemente
statistico, di natura sperimentale. Solo dalla seconda guerra mondiale, grazie alle esperienze
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dell’industria bellica, il controllo di qualità trovava la piena affermazione non solo sul piano teorico
ma anche nell’industria americana. Il controllo è quindi uno strumento per gestire la crisi di
domanda; il tentativo delle imprese è quello di migliorare la qualità dei loro prodotti (ad esempio
facendo in modo di non commercializzare più “prodotti difettosi”).
Controllo statistico di qualità: calcola la frequenza con cui devo intervenire, la numerosità del
campione, ecc..
Affidabilità: è un concetto che prescinde dalla qualità dei componenti e dal livello di prestazione del
prodotto nel momento della consegna al cliente. La mia produzione viene infatti qualificata rispetto
alla durabilità nel tempo: capacità di mantenimento delle prestazioni durante il ciclo di vita del
prodotto. E’ un concetto che nasce negli anni 50
Controllo totale della qualità: solo negli anni 60 la qualità si avviava ad assumere un contenuto
manageriale con gli studi di Juran e Feigenbaum. Prendeva così forma il controllo totale della
qualità, che si basava sui seguenti principi fondamentali: metodo scientifico per la prevenzione dei
difetti, individuazione di standard di qualità e controllo del grado di adeguamento del prodotto ai
requisiti standard, analisi degli scostamenti fra qualità standard e qualità effettiva del prodotto e
interventi con azioni correttive per migliorare la qualità.
Il controllo totale della qualità era ancora fortemente legato alla qualità del prodotto e alla qualità del
processo produttivo; mancava ancora quel concetto di qualità legato all’azienda che emergerà
violentemente negli anni 80.
Assicurazione della qualità: fine anni 70: il sistema della qualità doveva garantire, assicurare, dare
fiducia al cliente che il prodotto, il processo e l’organizzazione avessero la qualità richiesta dal
cliente stesso. E’ quindi un concetto che riguarda la funzionalità del prodotto (è bello, ho usato
componenti ecologici ecc.., ma funziona?)
Company Wild Quality Control (CWQC) e Qualità totale (QT): costituiscono l’ultimo passo di un
nuovo approccio alla qualità. Il CWQC (è la via giapponese) è il programma aziendale di
miglioramento della qualità, soluzione organizzativa per la qualità verso la quale si stanno
muovendo con parecchi decenni di ritardo le aziende occidentali. Si basa su una serie di progetti
operativi realizzabili in un arco di tempo limitato. L’organizzazione per la qualità è quindi
un’organizzazione per progetti proposti e realizzati dalla base grazie al coinvolgimento e alla libera
contribuzione, ma voluti e approvati dal vertice aziendale. E’ perciò un sistema di mezzi (lo
strumento fondamentale utilizzato è il metodo PDCA) per produrre economicamente un bene o un
servizio che soddisfi le richieste del cliente. L’implementazione efficace del CWQC necessita della
collaborazione di tutto il personale dell’azienda: alta direzione, direttori, supervisori, lavoratori di
tutte le aree di attività, ecc.. Tutto e tutti contribuiscono alla qualità . La QT (è la via americana) è la
ricerca della qualità lungo tutto il processo lavorativo. E’ fare bene tutto subito. La qualità totale è
“essenzialita”.
CWQC E Qualità Totale a confronto
Il sistema giapponese del Cwqc ha qualcosa in più del tradizionale Total Quality Control americano. Per
capire il Cwqc occorre individuare di seguito le caratteristiche vincenti dei progetti di qualità presenti
nell’approccio giapponese mancanti in quello americano:
- Approccio nazionale al problema della qualità: in Giappone la qualità non è stata una metodologia
proposta da studiosi, consulenti, e applicata da alcune imprese avanzate (come è avvenuto in Italia), ma è
stata una scelta di fondo della nazione per superare la concorrenza internazionale.
- Ruolo fondamentale della formazione e addestramento: nell’esperienza giapponese la formazione e
l’addestramento a tutti i livelli aziendali, dal top management ai singoli operatori, ha avuto un ruolo
fondamentale.
- Rapporti fra management, impiegati e tecnici: i rapporti con il personale rappresentano l’espressione più
rilevante della diversità culturale fra il mondo del lavoro giapponese, quello occidentale in generale e
quello italiano in particolare. La concezione quasi familiare che il dipendente ha dell’impresa, la fiducia
cieca e assoluta nel management, la mancanza di conflitti sindacali, la consapevolezza che ciò che è bene
per l’azienda è bene per il dipendente sono stati sicuramente fattori di successo per l’introduzione della
qualità nelle imprese giapponesi.
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-
I circoli di qualità (Quality Control Circle, Qcc): i circoli di qualità sono incontri tra i dirigenti, tecnici,
operatori ai diversi livelli della struttura per esaminare problemi, proposte, soluzioni di natura qualitativa
relativa a prodotti e processi.
In conclusione, il Cwqc è oggi il progetto di qualità che ha dato migliori risultati e si ritiene che molti fattori
di successo siano esportabili anche nelle altre realtà nazionali. Si ritiene tuttavia anche che taluni fattori di
successo del Cwqc siano tipici della cultura, dei rapporti sociali giapponesi e questi difficilmente potranno
essere recepiti in altre realtà nazionali.
Il sistema di gestione per la qualità
Il concetto di Qualità deve essere analizzato evidenziando le sue relazioni esistenti con:
 Gli altri sistemi aziendali: gestione, organizzazione, amministrazione, controllo.
 Le attività generatrici di valore: logistica, produzione, marketing, vendite, servizi,
approvvigionamenti, sviluppo delle tecnologie, gestione delle risorse umane, attività infrastrutturali.
 Le strategie e le politiche aziendali.
Questa molteplicità di relazione fa emergere nella qualità un aspetto sistemico così rilevante da poterla
definire “sistema della qualità”: è un vero e proprio sistema con una sua autonomia scientifica di pari
rilevanza rispetto agli altri fondamentali sistemi aziendali (gestione, amministrazione e controllo,
organizzazione). Il sistema di gestione della qualità è perciò il sistema di gestione aziendale comprendente
struttura organizzativa, responsabilità, prassi, procedure, procedimenti e risorse per la determinazione e
l’attuazione della specifica politica aziendale.
Qualità ed eccellenza imprenditoriale
L’impresa eccellente regge la sua attività su qualità, produttività e creatività, valori insiti dentro la cultura
organizzativa dell’impresa stessa. Fare qualità significa quindi essere eccellenti in tutte le funzioni: è
importante concentrarsi sulla qualità di tutto. La qualità è fondamento effettivo per l’eccellenza se è:
 pervasiva: si “intrufola” ovunque nell’organizzazione penetrando nella cultura di tutto il personale
dell’impresa
 duratura: la durabilità è una delle caratteristiche fondamentali della dimensione economica della
qualità. La capacità di competere basandosi sulla qualità permette all’impresa di affrontare le sfide a
M-L termine. La qualità eccelsa ma occasionale non soddisfa le aspettative. La qualità deve quindi
avere una validità temporale permanente
Il successo giapponese nel mondo è stato reso possibile da come è vissuto nella cultura aziendale il valore
imprenditoriale cardine della qualità. Questa deve essere:
 rivolta al cliente e non alla produzione
 presente in tutte le attività aziendali non solo in quelle produttive, ma anche quelle di progettazione,
marketing, ecc..
 relativo non al prodotto, ma agli uomini, introducendo un concetto di qualità umana come
fondamentale componente della Qualità Totale
 una via per ridurre le perdite aziendali intese in senso lato come maggiori costi, come costi
intangibili, come minori profitti, come minore competitività
Rapporto tra qualità, tempo, e pervasività
PERMANENTE
VALIDITA’
TEMPORALE
CONTINGENTE
3. Qualità del prodotto intesa
come valore da sacrificare
rispetto ad altri valori
1. Qualità
Totale
4. Qualità del prodotto intesa
2. Qualità Totale, ma
come sopra, ma ancora più
ancorata
a
contenuti
contingente, ovvero legata
tecnologici
e
valenze
alle attuali tecnologie e a
contingenti
valore limitativo
TOTALE
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PARZIALE
GRADO DI PERVASIVITA’
1. Situazione costante nel tempo e diffusa su tutta l’organizzazione e oltre
2. Faccio qualità ad esempio perchè sono arrivato prima di altri a sviluppare un’innovazione
tecnologica di prodotto
3. Rispetto ad un’analisi dei costi, l’impresa può decidere di sacrificare parte della qualità
4. La difendibilità economica della qualità è bassa
L’eccellenza, in termini di qualità, si misura anche attraverso il profitto. Il profitto deriva dalla percezione di
qualità che i clienti hanno e da quanto sono disposti a pagarla. Questa caratterizzazione vale in particolare
nel medio lungo termine.
Connessione logica tra qualità e profitto
Numerose ricerche hanno messo in correlazione la qualità con il reddito aziendale o con il profitto dell’area
di business. Il programma di ricerca Pims (Profit Impact of Market Strategies), articolato su 450 imprese
negli USA, ha dimostrato che la strategia che maggiormente agisce sul profitto delle imprese è la strategia
della qualità.
Nel breve termine, una qualità migliore implica un aumento dei prezzi ed una riduzione dei costi di qualità.
Questo, nel breve periodo, non è detto che porti maggiori profitti. Nel lungo periodo, aumentare la qualità
(ipoteticamente) permette un aumento delle vendite; di conseguenza, tendenzialmente, aumenta la quota di
mercato → economie di scala → minori costi di produzione → maggiori profitti.
Ragionevolmente, possiamo quindi sostenere che se nel breve periodo non è detto che migliorare la qualità
permetta un aumento del profitto, nel lungo periodo ciò solitamente accade → una strategia di aumento della
qualità nel breve periodo non paga!
Qualità per il cliente o qualità attesa
La qualità per il cliente può essere anche esplicitata con il termine “qualità attesa” dal cliente. La qualità che
il cliente si attende dall’impresa è:
 una qualità percepita, ovvero una qualità che il cliente è in grado di comprendere
 una qualità relativa, ovvero una qualità confrontabile con la qualità dei concorrenti
La qualità per il cliente si può definire come l’insieme delle caratteristiche tecniche e costruttive che la
clientela vorrebbe fossero presenti nel prodotto sia nel momento in cui viene venduto dall’impresa (qualità in
senso stretto), sia durante tutta la sua vita utile (affidabilità). Pertanto occorre analizzare i processi
decisionali del cliente relativi non solo al prodotto, ma anche alla qualità del servizio.
Grande difficoltà nel determinare la qualità per il cliente sta nella scelta delle priorità dei desideri da
soddisfare. Infatti, soltanto nel caso di produzione su commessa c’è una perfetta conoscenza dei desideri del
cliente, in quanto il cliente è unico e si possono conoscere esattamente le sue richieste.
Nel caso di produzione di serie invece esiste una pluralità di clienti, i cui desideri spesso sono contrastanti.
Di fronte a questi contrasti vi sono due possibili politiche nel determinare la qualità per il cliente:
massimizzare i desideri della maggioranza dei consumatori, o minimizzare lo scontento della minoranza.
La curva prezzo prestazione
Con un sistema di indici di qualità si può determinare, dando un peso appropriato alle singole caratteristiche
qualitative, una relazione fra le qualità per il cliente e il prezzo. All’aumentare del livello qualitativo
richiesto aumenta anche il prezzo che il cliente è disposto a pagare. Graficamente questo rapporto è
rappresentato da una spezzata di andamento crescente: per passare a una successiva unità di prezzo, il livello
qualitativo deve aumentare sempre di più, fino ad arrivare al punto limite in cui nessun aumento qualitativo
può essere compensato da un aumento del prezzo.
P
A
B
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qualità attesa
A: il cliente è disposto a comprare a un prezzo Y con qualità X che rappresenta l’indice minimo della qualità
di mercato per il prezzo Y.
B: il cliente esprime il livello qualitativo massimo da lui desiderato, senza dover sopportare il sacrificio di un
maggior prezzo di acquisto.
Quando l’impresa è in una situazione quasi monopolistica immette il prodotto sul mercato nelle condizioni di
cui al punto A, cioè al prezzo massimo accettabile dal consumatore col livello qualitativo minimo. Per effetto
della libera concorrenza la situazione cambia.
La mappa del valore
Valore e quota di mercato
La correlazione tra maggiore valore e quota di mercato è stata dimostrata dal Pims sulla base delle
informazioni in possesso nella loro banca dati. Si dimostra infatti che il 62% dei prodotti che hanno un valore
più elevato dei concorrenti aumentano nel tempo la loro quota di mercato, in quanto i clienti scelgono in base
al valore. Ne consegue che le strategie per aumentare il valore e conseguentemente la quota di mercato sono
due:
 diminuire i prezzi di qualità relativa per il cliente
 aumentare la qualità relativa per il cliente a parità di prezzi
L’aumento della quota di mercato consente a sua volta a parità di prezzi di aumentare i margini di
contribuzione per un effetto di volume di vendita e di diminuire i costi variabili per un maggiore volume di
produzione. Ne consegue che nel lungo periodo la strategia di miglioramento della qualità aumenta il reddito
aziendale.
La qualità e il vantaggio competitivo
La strategia della qualità si inserisce nelle più generali strategie competitive e consente di raggiungere
contemporaneamente i due fondamentali vantaggi competitivi (costo e differenziazione). Per valutare
l’impatto dei progetti di qualità sulle strategie aziendali , occorre collegare la concezione strategica di Porter
al sistema qualità.
Il punto di partenza nel modello strategico di Porter è la catena del valore dell’azienda, inserita in un più
generale sistema del valore. La catena del valore è rappresentata dalle attività generatrici del valore che si
combinano all’interno dell’azienda al fine di produrre un margine.
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Le attività generatrici del valore si distinguono in primarie e di supporto. Le prime riguardano il ciclo
produttivo-distributivo del prodotto: log. in entrata, attività operative, log. in uscita, marketing e vendite,
servizi. Le attività di supporto forniscono alle attività primarie gli input acquistati, le risorse umane, le
tecnologie e le attività infrastrutturali dell’impresa.
Le attività primarie possono essere distinte in: attività dirette (che riguardano in modo diretto la creazione di
valore per il cliente); attività indirette (che non producono direttamente valore, ma sono indispensabili per lo
svolgimento delle attività dirette); assicurazione della qualità (sono tutte le attività svolte per garantire la
qualità all’interno delle attività primarie e di supporto). L’assicurazione della qualità è quella che riguarda
più da vicino la strategia della qualità, essa riguarda sia attività primarie sia attività di supporto, ma è solo
una parte del sistema della qualità. Le attività di assicurazione della qualità possono avere costi elevati e
influiscono sui costi o sull’efficacia di altre attività. Il modo in cui le altre attività vengono svolte influenza a
sua volta il fabbisogno e la tipologia delle attività di assicurazione della qualità. La possibilità di semplificare
o eliminare le attività di assicurazione della qualità svolgendo meglio le altre attività sta alla radice dell’idea
che la qualità possa essere gratis (Porter, 1987).
Il secondo concetto fondamentale che collega la strategia di Porter alla strategia della qualità è il concetto di
vantaggio competitivo (di costo e di differenziazione): la strategia della qualità consente di ottenere
contemporaneamente un vantaggio di costo inteso come minore costo della qualità e un vantaggio di
differenziazione inteso come maggiore qualità percepita dal cliente rispetto a quella fornita dai concorrenti.
L’impatto della qualità nel cambiamento organizzativo delle attività generatrici di valore
Per individuare l’impatto della qualità sul cambiamento organizzativo nelle attività generatrici di valore,
occorre ricollegare lo schema delle attività primarie e di supporto di Porter al sistema della qualità.
L’impatto della qualità nel cambiamento organizzativo delle attività primarie
 La qualità nella logistica in entrata: all’interno della logistica esiste un’attività di assicurazione della
qualità che prevede il controllo e collaudo del materiale entrato. Il concetto di qualità nella logistica in
entrata non è tuttavia ristretto all’assicurazione della qualità, ma si ricollega alle moderne tecniche di
gestione delle scorte (un esempio è il connubio tra qualità e just in time).
 La qualità nell’attività operativa: l’attività di controllo della qualità durante il processo produttivo ha
sempre avuto un’importanza fondamentale. Nell’ambito dell’attività operativa può essere allocata
l’ingegnerizzazione del prodotto con tutte le problematiche di prevenzione dei difetti qualitativi inerenti
il processo produttivo. Sull’attività operativa si riflette pesantemente la metodologia del just in time, che
parte dalla logistica in entrata e giunge alla logistica in uscita.
 La qualità nella logistica in uscita: nella logistica in uscita si svolgono attività di assicurazione della
qualità quali il collaudo del prodotto finito, la determinazione dell’indice di qualità, ispezioni varie, il
controllo di qualità sugli imballi, etc. In queste attività incominciano a emergere le problematiche
connesse non più alle caratteristiche qualitative del prodotto, ma alle caratteristiche qualitative del
servizio, quali ad esempio la tempestività e puntualità delle consegne.
 La qualità nel marketing e nelle vendite: Porter sintetizza una serie di attività dirette che si possono a loro
volta scomporre in mkt strategico, mkt operativo, pubblicità, amministrazione e gestione delle forze di
vendita, promozione, ecc. La qualità percepita dal cliente deve essere gestita nell’ambito del mkt
strategico. Inoltre molte caratteristiche qualitative del servizio nascono nell’ambito dell’attività di
marketing e vendite.
 La qualità nell’attività di servizi: la qualità è essenzialmente nei servizi di assistenza al cliente
prevendita, durante la vendita e postvendita.
L’impatto della qualità nel cambiamento organizzativo delle attività di supporto
 La qualità nell’attività di sviluppo delle tecnologie: per Porter lo sviluppo tecnologico è l’insieme di
attività riguardanti le tecnologie impiegate in azienda con un’accezione molto più ampia della R&S: non
è collegato solo al prodotto finale, ma anche ad attività primarie e di supporto che utilizzano tecnologie
(ricerca di base, concezione nuovo prodotto, ricerca sui media, progettazione apparecchiature di processo
e
per
assicurazione
tecnica).
Nell’ambito dell’attività diretta di sviluppo delle tecnologie c’è un’integrazione totale con la qualità. In
particolare la qualità del progetto assume una grande importanza. Secondo Ealey il principale fattore
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competitivo consiste nella qualità del progetto, che da una parte soddisfa la qualità percepita dal cliente,
dall’altra parte consente la realizzazione di un prodotto con minore difettosità, minori costi di
avviamento, di produzione, di assistenza, ecc. Ad esempio di ciò si confrontano i metodi tradizionali di
progettazione e il metodo Taguchi. La grande innovazione di questo metodo consiste in una
progettazione del sistema e dei parametri che possa fare a meno di sperimentare le migliaia di
combinazioni possibili per realizzare un prodotto. Ealey paragona le tecniche tradizionali alla ricerca di
un ago in un pagliaio. Un’altra tecnica che consente di collegare la qualità del progetto alla qualità
richiesta dal cliente e alla qualità nel processo produttivo è il Quality Function Deployment: una
metodologia utilizzata per trasformare le esigenze della clientela in caratteristiche misurabili da inserire
nel progetto.
 La qualità nell’attività di approvvigionamento: l’attività di approvvigionamento rappresenta l’anello di
congiunzione tra la catena del valore dell’impresa e quella dei fornitori. In questa logica il rapporto tra
impresa e fornitore diventa sempre più collaborativo: il prezzo assume minor rilievo, mentre la qualità
diventa più importante. In particolare l’assicurazione della qualità nell’attività di approvvigionamento
tende ad assumere non più una logica di controllo e collaudo in entrata, ma di prevenzione e
ottimizzazione
della
qualità
presso
il
fornitore.
Per passare dalla fase in cui l’impresa controlla l’intera produzione in entrata del fornitore a quella di
free pass, cioè di entrata diretta sulla linea produttiva, occorre, secondo Imai, svolgere una serie di
operazioni: valutazione dei fornitori; formulazione col fornitore del piano generale della qualità e del
piano di fabbricazione e collaudo del prodotto acquistato; controllo presso l’impresa tramite indici di
qualità del fornitore/prodotto; messa a punto di un sistema di gestione delle non conformità e del
process-capability; attuazione di un controllo in entrata riducendo i campionamenti e di un controllo
statistico presso il fornitore; audit periodici sul sistema della qualità presso il fornitore; free pass, ovvero
accettazione del prodotto senza controlli.
 La qualità nell’attività di gestione delle risorse umane: la grande rivoluzione culturale nell’esperienza
giapponese della qualità è rappresentata dal ruolo fondamentale dell’uomo di fronte alla qualità. La
gestione delle risorse umane deve essere articolata su tre livelli: quali risorse coinvolgere, come
coinvolgerle
e
come
monitorare
la
cultura
della
qualità.
Il coinvolgimento del personale deve essere totale. Un ruolo di fondo su come coinvolgere tutti spetta
alla formazione e all’addestramento. Infine particolare attenzione deve essere data al continuo
aggiornamento e monitoraggio delle esperienze fatte dal personale sulla qualità.
 La qualità nelle attività infrastrutturali: per infrastrutture Porter intende tutte le attività aziendali non
precedentemente esaminate quali la direzione aziendale, la pianificazione, l’amministrazione, il controllo
di gestione, la finanza, il personale, gli affari legali e la gestione della qualità. Eccetto nella direzione
aziendale e nella gestione della qualità che meritano un discorso a parte, nelle altre attività è difficile
individuare immediatamente un coinvolgimento nella qualità, ma può essere significativo riprendere la
definizione giapponese del Cwqc in cui si afferma che perfino il controllo finanziario e
l’amministrazione del personale devono essere coinvolti nella qualità.
 La qualità e la direzione aziendale: è necessario che la strategia della qualità sia profondamente radicata
nel top management. La strategia della qualità può essere articolata solo in un’ottica di medio periodo,
perché incide prima sugli uomini e poi sulle macchine, prima sulla cultura e poi sull’operatività. Gli
obiettivi di profitto a breve, i CdA che richiedono utili, gli azionisti, la quotazione in borsa sono alcuni
dei molti fattori che spingono il management ad operare con un’ottica di breve periodo e a diventare esso
stesso il vero nemico della qualità.
 La qualità e la struttura per la gestione della qualità: il sistema della qualità è una responsabilità diretta
della direzione aziendale; l’attività di assicurazione della qualità è presente in tutte le funzioni aziendali e
pertanto deve dipendere dai singoli responsabili operativi; la funzione centrale della qualità ha il compito
di pianificare, sviluppare, coordinare il progetto della qualità a tutti i livelli aziendali. Al responsabile
della qualità non si richiedono compiti operativi, demandati alle singole unità aziendali, ma la capacità di
pianificare la qualità, di stimolare la formazione e l’addestramento, di raccordare in gruppi di lavoro le
culture diverse del settore commerciale produttivo e della R&S, ecc.
Questa cultura aziendale è molto lontana dalla cultura statistica del controllo della qualità.
QUALITÀ E STRATEGIA: CHE RAPPORTO C’È?
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La qualità è scarsamente definibile in termini assoluti. Sotto un profilo strategico la qualità deve essere
esaminata nella sua dimensione competitiva; pertanto, in primo luogo, il concetto basilare di qualità è sempre
relativo alla qualità della concorrenza. Per meglio dire, le caratteristiche qualitative del prodotto e del
servizio sono elevate nella misura in cui siano superiori a quelle dei concorrenti. In secondo luogo, il
concetto di qualità deve essere ricondotto alle due strategie fondamentali: la strategia di leadership di costo e
la strategia di differenziazione.
Difficilmente l’azienda riesce congiuntamente ad attuare entrambe le strategie; infatti solitamente una
strategia di differenziazione dà origine a un costo della differenziazione che tende ad intaccare la leadership
di costo. Nella qualità ciò non avviene e la strategia della qualità dà origine contemporaneamente a vantaggi
di costo (derivanti da minori costi della qualità) e vantaggi di differenziazione (generato dalla maggiore
qualità percepita dal cliente rispetto ai concorrenti). Il costo della differenziazione non riduce quindi la
leadership di costo → la qualità è perciò fattore di successo strategico: ha una dimensione competitiva che
incide sulle strategie possibili (differenziazione e costo) consentendo di non scegliere tra le due.
I vantaggi di costo si ottengono intervenendo sul processo produttivo – distributivo (che consiste nelle
attività svolte dall’impresa a partire dall’inizio del processo produttivo fino ad arrivare al
funzionamento del prodotto presso il cliente), facendo in modo che la qualità effettiva sia coerente con la
qualità progettata/standard:
 Qualità effettiva: l’insieme delle caratteristiche qualitative del prodotto e servizio che effettivamente
sono presenti nel prodotto alla fine del processo produttivo-distributivo. Tali caratteristiche possono
essere individuate nel prodotto nel momento in cui viene venduto al cliente (qualità effettiva in senso
stretto) o durante tutto il periodo di funzionamento (affidabilità effettiva). L’elemento che
caratterizza la qualità effettiva in senso stretto è il difetto di qualità, mentre l’elemento che
caratterizza l’affidabilità effettiva è il guasto.
 Qualità standard: la qualità standard per l’azienda si può definire come l’insieme delle caratteristiche
qualitative del prodotto e del servizio che l’impresa decide debbano essere presenti nel prodotto e nel
servizio sia nel momento in cui esso viene venduto alla clientela (qualità standard d’azienda in senso
stretto) sia durante tutto il periodo di funzionamento (affidabilità standard d’azienda). Questa
configurazione di qualità è presente in due momenti:
- nel momento finale del processo decisionale
- nel momento iniziale del processo produttivo
Per qualità standard si intendono perciò le direttive di qualità individuate in fase di progettazione; è
la qualità sulla base della quale ho fatto i miei conti e fissato il prezzo.
Quando qualità effettiva e qualità standard coincidono riesco ad ottenere vantaggi in termini di costo, quindi
miglioro il processo produttivo – distributivo. In questo senso possiamo dire che “la qualità non costa”.
Questa logica è tipica del modello giapponese.
I vantaggi di differenziazione si ottengono intervenendo all’interno dei percorsi di differenziazione agendo
sulla qualità percepita e rispetto alla qualità offerta dai concorrenti.
Il costo della differenziazione, che c’è sicuramente in termini di comunicazione ad esempio, viene
ammortizzato con la crescita della quota di mercato e quindi con l’aumento del profitto nel M-L termine.
La strategia della qualità si è rivelata nell’esperienza giapponese come una strategia vincente che ha
consentito di raggiungere il successo aziendale. Questa strategia è diventata vincente in quanto i giapponesi
più dei loro concorrenti hanno saputo adeguare la qualità effettiva alla qualità relativa percepita dal cliente.
Pertanto la strategia della qualità vincente passa attraverso queste fasi:
 massimizzazione della qualità relativa per il cliente nella qualità standard
 minimizzazione delle esigenze economiche, finanziarie, tecniche aziendali nella qualità standard
 adeguamento della qualità effettiva alla qualità standard
La situazione ideale è: qualità effettiva = qualità per il cliente. Non è tanto rilevante la definizione astratta
delle dimensioni qualitative, ma è rilevante che la mia qualità prodotta internamente sia percepita come tale
esternamente (cioè dal cliente) → la qualità la si fa dentro ma la si verifica fuori dai confini dell’impresa. E’
per questo che le operazioni di controllo di qualità e di costumer satisfaction sono così importanti; attraverso
le richieste, ricerche, questionari, l’impresa ha la finalità di far coincidere qualità effettiva e qualità percepita.
Ma poiché la qualità per il cliente è più dinamica, a causa dell’ambiente competitivo, rispetto alla qualità
standard, la strategia della qualità richiede un continuo riaggiustamento delle condizioni di equilibrio.
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Più particolarmente, in termini numerici l’obiettivo di una strategia vincente della qualità consiste
nell’uguagliare l’indice di qualità del processo di differenziazione e del processo produttivo-distributivo.
Se si pongono a confronto le configurazioni di qualità individuabili nel momento iniziale e finale dei due
processi è possibile determinare un indice di qualità del processo:
A. Indice di qualità del processo di differenziazione: l’indice è dato dal rapporto fra qualità standard e
qualità per il mercato:
Iqd = Qstd/Qc
ove Qc = qualità per il cliente. Questo rapporto può variare tra 0 a 1. Se Iqd = 1 vuol dire che la
qualità standard per l’azienda è uguale alla qualità per il cliente; il prodotto qualitativamente
risponde alle aspettative della clientela. Se 1 > Iqd > 0 vuol dire che la qualità standard per
l’azienda è minore della qualità per il cliente.
B. Indice di qualità del processo produttivo-distributivo: è dato dal rapporto fra la qualità effettiva e
qualità standard per l’azienda. Il rapporto può variare tra 0 e 1; più particolarmente si può affermare
che questo rapporto assume un valore crescente quanto meno il prodotto, durante il processo di
lavorazione, si è allontanato dagli standard qualitativi stabiliti. Se Iqp = 1 vuol dire che la qualità
effettiva è uguale alla qualità standard per l’azienda; se 1 > Iqp > 0 vuol dire che la qualità effettiva è
minore della qualità standard per l’azienda.
Concludendo, il progetto qualità diventa una strategia vincente del cambiamento organizzativo quando la
qualità effettiva, intesa come risultante delle caratteristiche qualitative presenti effettivamente nel prodotto,
corrisponde alla qualità per il cliente, intesa come insieme delle caratteristiche qualitative attese dalla
clientela.
QUALCHE DEFINIZIONE
Nell’uso “normale”, qualità è:
- Un lavoro ben fatto, apprezzabile
- È la certificazione
- È la caratteristica del servizio (oggigiorno ogni bene è legato ad un servizio)
- È la Qualità Totale (consideriamo l’insieme degli elementi che caratterizzano il nostro fornitore)
La qualità secondo...
- Feigenbaum:
“..integrazione degli sforzi dei vari gruppi dell’organizzazione: la qualità e il suo controllo devono
cominciare con il disegno del prodotto e terminare solamente quando esso è stato consegnato nelle
mani del cliente e questo ne è rimasto soddisfatto”
- Deming: “La qualità è quella che chiede il cliente. Per questo la difficoltà di definire la qualità
consiste nel tradurre le necessità future del consumatore in caratteristiche misurabili affinché un
prodotto possa essere progettato...in modo soddisfacente a un prezzo che il consumatore sia disposto
a pagare”
- Juran: “Qualità è adeguatezza all’uso”; Crosby: “Qualità è assenza di difetti”
- Qualità secondo ISO (9000:2000): la qualità è l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche
permanenti di un prodotto (o di un servizio) che soddisfano i requisiti
- Qualità secondo Sincert (organismo italiano deputato al controllo della qualità): qualità significa
capacità di soddisfare esigenze di tipo morale e materiale, sociale ed economico, tradotte in
determinati requisiti...Tali requisiti della qualità sono tanto più completi ed efficaci quanto più ampio
è il grado di soddisfazione da essi sotteso e maggiore è il numero di parti interessate, i cosiddetti
stakeholders...La condizione limite di qualità perfetta è raggiunta quando tutte le esigenze, di tipo
morale e materiale, sociale ed economico, di tutti gli stakeholders, risultano pienamente soddisfatti.
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MODULO 2
SLIDES: LA QUALITA’: UN CONCETTO IN MOVIMENTO
LA QUALITA’ IN PROSPETTIVA EVOLUTIVA, VISTA ATTRAVERSO LE RIVOLUZIONI
INDUSTRIALI
La qualità in prospettiva evolutiva:
1. La qualità prima della qualità
2. la qualità nell’organizzazione della produzione
3. l’imperativo della qualità
1. Nella prima rivoluzione industriale: la qualità prima della qualità
 1750/1850: fase iniziale del capitalismo industriale
 Nasce il modello inglese (capitalismo in GB)
 Dal punto di vista tecnologico: la tecnologia è incorporata in macchine isolate, di varia dimensione,
disgiunte tra loro → standardizzazione del prodotto e dei mezzi di produzione
 Dal punto di vista dell’impresa: imprenditore-proprietario-guida
Più in generale, le caratteristiche comuni riscontrabili in questa fase possono essere così sintetizzate:
 Impiego di nuove fonti di energia e messa a punto di macchine per la produzione tessile e meccanica
 Diffusione del “sistema di fabbrica”
 Evoluzione e diffusione dei mezzi di trasporto
 Imprese caratterizzate da piccole dimensioni, organizzazione semplice fortemente accentrata
 Ambiente competitivo di tipo concorrenziale
 Assenze di politiche di regolazione del sistema economico (laissez – faire)
La meccanizzazione porta ad un salto di qualità: prodotti a qualità superiore rispetto a prima. Non è più solo
l’artigiano a creare il prodotto ma sono le macchine: più beni prodotti e tutti uguali → la qualità viene
incorporata nella macchina produttrice. La produzione è ancora confusa, non organizzata; la qualità c’è ma è
ancora poco definibile. Si può dire che qualità significava produrre prodotti “idonei all’uso”, conformi a
deteminate specifiche, condizione per cui potevano essere scambiati sul mercato. La qualità è interiorizzata
in ciò che si produce, si spiega nel contenuto intrinseco del prodotto.
Le relazioni tra imprese in questo primo stadio sono essenzialmente relazioni di mercato. Il mercato è il
mezzo efficiente di governo della relazione e il prezzo delle merci scambiate sintetizza efficacemente
l’interfaccia tra i vari punti del sistema. La qualità del prodotto è contenuta nel prezzo: non esiste ancora un
concetto esplicito di qualità, l’attenzione è spostata sul mercato, ma gli scambi possono essere alimentati solo
da beni idonei all’uso. La centralità del mercato e del libero scambio fra imprese produttrici di beni
strumentali e di beni di consumo, pone dunque la “qualità mercantile” come condizione base per garantire
efficienza al meccanismo degli scambi.
2. Nella II Rivoluzione industriale: la qualità nell’organizzazione della produzione
 1850/1970
 La scienza e la tecnica applicate al mondo produttivo portano ad un vero e proprio mutamento del
paradigma tecnico – economico.
 Le innovazioni tecnologiche consentono lo sviluppo della produzione di massa attraverso il
congiunto sviluppo di tre fattori, che rimangono dominanti fino agli anni 70: la standardizzazione dei
prodotti e dei mezzi di produzione, l’avvio della produzione sistematica di pezzi intercambiabili e la
progressiva specializzazione delle macchine utensili.
 La produzione di massa implica:
- Specializzazione di unità produttive e di posizioni di lavoro; massiccia concentrazione di
manodopera
- Coordinamento
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- Prodotti ottenuti in serie
- Aumenta l’intensità di capitale e la dimensione delle unità produttive
- Delega decisionale
 Introduzione del taylor-fordismo
Si sviluppa la forma si società per azioni, si diffondono nuovi titoli di credito, si aprono mercati mobiliari. Si
determina una separazione fra proprietà e controllo dell’impresa.
Dal punto di vista sociopolitico, al laissez – faire si contrappone gradualmente il Welfare State, per
correggere le distorsioni nella distribuzione di ricchezza e di prodotto interno generate dalla mano invisibile
del mercato.
Il costo/prezzo più che la qualità o l’innovazione costituiva la vera variabile competitiva. Una volta
individuata la formula di un prodotto questo doveva continuare per lungo tempo senza varianti.
Il passaggio di modalità di produzione artigianale a modalità di produzione industriale di prodotti complessi
poté realizzarsi solo attraverso una scomposizione del prodotto in componenti elementari. Il processo di
aggregazione si realizza da una linea di montaggio finale che assembla le diverse componenti del prodotto.
- Qualità e standard: In questa fase del capitalismo industriale la sola qualità mercantile non è più sufficiente
a governare la nuova complessità affrontata della produzione di massa. La produzione è organizzata. La
qualità diventa “utile”, funzionale a governare il processo → concezione di qualità misurabile
oggettivamente, definibile a priori.
In questo contesto la capacità di coordinamento della qualità si realizza attraverso la definizione di uno
“standard astratto di qualità” per ciascuna operazione elementare. Ciò che governa il processo è l’obiettivo di
produrre un bene corrispondente al bene predefinito e immaginato all’inizio del flusso produttivo. Il processo
quindi si governa rispettando gli standard astratti predefiniti a priori → netta separazione di progettazione ed
esecuzione. La qualità “utile”, cioè la qualità che crea valore per l’impresa della seconda rivoluzione
industriale, è la qualità che consente da un lato di sfruttare appieno le economie di scala fornendo la garanzia
della continuità e dell’integrazione del processo e dall’altro di minimizzare i costi di transazione interni,
risolvendo ex ante i problemi di coordinamento, attraverso la definizione di rigide procedure operative,
all’interno di un più vasto sistema di programmazione della produzione. Ma questa qualità crea valore anche
per il consumatore attraverso la possibilità offertagli di acquistare una maggiore quantità di un dato bene con
la stessa somma di denaro e, in definitiva, di poter condurre “una migliore vita di quella attuale”.
- Qualità come strumento di coordinamento: rispetto alla qualità mercantile, che si configurava
prioritariamente come idoneità all’uso, la qualità nello Scientific Management e nell’impresa fordista
aggiunge il significato di “conformità agli standard interni”. Gli standard sono documenti tecnici che
codificano l’informazione, sia essa tecnica o oganizzativa; il loro ruolo fondamentale è quello di ottimizzare
l’adattamento/coordinamento delle parti.
- Qualità e produzione di massa: Il concetto di qualità come conformità agli standard si sviluppa secondo
dimensioni implicite e esplicite:
 Qualità implicita: nel senso che è data per scontata; è ricompresa nella definizione del prodotto
stesso
 Qualità esplicita: qualità come caratteristica del prodotto che misura lo standard per il quale il
prodotto era stato progettato. E’ la qualità formalizzata.
Qui la conformità allo standard deve garantire l’intercambiabilità dei pezzi componenti il prodotto finito.
Inizia ad essere utilizzata la statistica per rilevare dati sui prodotti e qualità. L’obiettivo era qualità = zero
difetti.
3. Terza rivoluzione industriale: l’imperativo della qualità
Il contesto economico che ha sorretto il sistema della produzione di massa sino a gran parte degli anni
settanta, si è progressivamente dissolto nel corso degli anni successivi. La diminuzione della stabilità della
domanda, la segmentazione dei mercati, l’estrema differenziazione dei bisogni dei consumatori ha imposto
nuove logiche produttive e nuove logiche relazionali non solo all’interno della produzione ma anche fra
produzione e mercato.
La qualità diventa fonte del vantaggio competitivo: produrre beni a zero difetti permette al produttore di
occupare una posizione di vantaggio.
Siamo negli anni 70. Si assiste a:
 Accantonamento della logica quantitativo – centralistica tipica della grande impresa (perchè
tendenzialmente il mercato non era più stabile)
12

Flessibilità e diffusione di nuovi modelli organizzativi di tipo destrutturato e reticolare. Risulta
vincente il modello dei distretti industriali; dominanti sono le piccole imprese poiché riescono a
garantire flessibilità (capacità di rapido adattamento alle modificazioni del mercato)
 Necessità di creare “differenza” per il cliente e di fargliela percepire, affinché questi vi attribuisca un
valore positivo.
I principali fattori che hanno messo in moto questo cambiamento sono: la globalizzazione dei confronti
competitivi; la crescente terziarizzazione dell’impresa industriale; l’accelerazione dei mutamenti tecnologici.
Sul piano delle azioni strategiche, l’impatto della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell’espansione
degli ambiti competitivi si traduce in una crescente rilevanza della differenziazione competitiva: la nuova
logica consiste nell’ampliare la varietà dell’offerta attraverso la flessibilità dei sistemi produttivi e la
riduzione dei tempi di risposta alle sollecitazioni del mercato.
Cambiano i modelli organizzativi: si appiattiscono, si destrutturano, si flessibilizzano. La qualità post
fordista, a differenza della qualità nella produzione di massa, presenta una forte base comunicazionale. E’ la
qualità della rete (e non solo della singola impresa), intesa come un insieme interattivo di catene del valore,
che costituisce la più importante fonte di vantaggi competitivi per tutte le imprese componenti.
LA QUALITA’ IN PROSPETTIVA EVOLUTIVA: I MODELLI PRODUTTIVI DA TAYLOR A
OHNO
La distinzione tra taylorismo e fordismo ci consente di immaginarli come due dimensioni che possono
incrociarsi tra di loro dando luogo a quattro diverse situazioni ideali.
SI
1. Taylorismo – fordismo
Classico
2. Fordismo non – taylorista
(job enrichment)
FORDISMO
NO
3. Taylorismo non fordista
(piccole imprese)
SI
4. Nuovi modelli produttivi post
fordisti e post tayloristi
TAYLORISMO
NO
Taylorismo – Fordismo
La casella 1, regime fordista – taylorista, corrisponde alle tipiche situazioni delle industrie occidentali nel
cuore del 20° secolo.
Taylorismo in breve:
 Organizzazione scientifica del lavoro
 Ha in mente una fabbrica piccola, una fabbrica a vista ; “one best way”
 progettazione – esecuzione
 grande formazione dei lavoratori
Fordismo in breve:
 l’uomo deve fare ciò che la macchina richiede
 poca formazione del lavoratore
 grande fabbrica con economie di scala
 produzione di massa
Mentre il taylorismo ha un significato più ristretto perchè si riferisce all’organizzazione del lavoro nel
processo produttivo, il fordismo ha assunto nel tempo una connotazione più ampia venendo a significare un
intero sistema di produzione caratterizzato da economie di scala, gigantismo industriale, produzione di beni
standardizzati di massa, accentramento di manodopera con una sua relativa rigidità d’impiego dovuta anche
alle conquiste sindacali. Pertanto, mentre il dibattito sul superamento del taylorismo ha riguardato sopratutto
l’arricchimento dei contenuti professionali del lavoro operaio unitamente alla riduzione della fatica fisica e
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alla fine dell’autoritarismo in fabbrica, il dibattito sul superamento del fordismo ha riguardato sopratutto i
metodi alternativi alla produzione di massa e il loro impatto su professioni e mercato del lavoro.
Questa distinzione aiuta a chiarire che fin dagli anni 60 si sono avuti in occidente molti tentativi di superare
il taylorismo pur rimanendo ancora all’interno di un sistema produttivo fordista; ma che la crisi di tale
sistema si è manifestata pienamente solo negli anni 80 con i vantaggi economici portati dalla maggiore
flessibilità produttiva ma anche con i problemi sociali posti dalla flessibilità e dalla precarietà dei posti di
lavoro.
Fordismo non taylorista
La casella 2, regime fordista non – taylorista corrisponde alle situazioni che a partire dagli anni 60 si tentò di
creare in alcune imprese occidentali con gli esperimenti di job enrichment.
Si concentra sulle caratterizzazioni fordiste del lavoro: si arricchisce il compito, le mansioni del lavoro.
Taylorismo non fordista
La casella 3, regime taylorista non – fordista corrisponde ad una situazione poco frequente, che tuttavia può
essere trovata in alcune aziende minori che per motivi di ampiezza non partecipano a un mercato di massa
fordista, ma che hanno adottato in officina metodi tayloristici di produzione.
E’ la logica delle piccole imprese
Nuovi modelli produttivi
Sviluppo dell’impresa attorno alla dimensione della qualità. Per aumentare la produttività si coinvolgono i
lavoratori, li si motiva, si crede in loro.
Infine la casella 4, regime non fordista – non taylorista è la grande novità iniziata gli anni 80. La casella non
corrisponde a un regime produttivo definito, ma esprime piuttosto il susseguirsi ininterrotto di sempre nuovi
modelli caratterizzati dalla crescente flessibilità di fattori che in epoca taylor – fordista erano ritenuti una
proprietà stabile e fondamentale dell’impresa.
Il passaggio ad u nuovo modello non comporta la sparizione di quelli precedenti ma piuttosto il loro
inserimento e adattamento al modello nuovo.
Esempio: Toyotismo/Ohnismo: Ohno è il direttore della produzione della Toyota. Introduce un modello del
tutto nuovo; cura significativamente il problema della qualità, intesa come caratteristiche oggettive delle
auto. Il modello fordista aveva una difettosità intrinseca accettata; il modello giapponese invece non accetta
difetti. Il lavoratore viene responsabilizzato, può intervenire qualora ci siano problemi nella catena di
produzione; produzione just-in-time; zero scorte..
LA QUALITA’ IN PROSPETTIVA EVOLUTIVA: RUOLO E SPAZI PER LA QUALITA’
Qualità e domanda
Si passa da:
 Domanda stabile: produzione di massa; scarsa variabilità della domanda, vengono richiesti sempre
gli stessi prodotti e in quantità crescenti
 ad una domanda variabile e varia: produzione flessibile; si richiedono prodotti differenti, anche
all’interno delle stesse gamme.
Se aumenta il grado di varietà e variabilità della domanda, allora deve cambiare anche il metodo di divisione
del lavoro. I cambiamenti organizzativi adottati si sono così indirizzati verso soluzioni che consentissero
contestualmente la produzione di varietà e la riduzione dei costi di adattamento/coordinamento tra le parti.
Cambia il concetto di standardizzazione (cioè la riconduzione a certi standard/parametri): nella produzione di
massa operava a valle, cioè che riguarda prevalentemente i prodotti finiti, gli standard erano predefiniti alle
attività produttive. Si passa ad una standardizzazione a monte: materie prime, pezzi, componenti sono
predefiniti e possono essere combinati insieme a piacere del cliente. Ciò comporta un maggior grado di
varietà a valle ma anche maggiori costi in termini di adattamento/coordinamento.
La qualità deve estendersi dall’interno all’esterno dell’impresa: la qualità si sposta ad esempio sui rapporti
con i fornitori, sul sistema, ecc.
Si va verso la qualità nella rete (intesa come un insieme interattivo di catene del valore), cioè qualità tra
imprese → concetto di impresa rete: impresa che non internalizza le funzioni ma anzi compie
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esternalizzazioni solide → strettissimi rapporti con fornitori e distributori (ad esempio: Malaguti). Tutti sono
sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda circa la qualità necessaria → qualità come concetto condiviso. La
rete consente di:
 trasferire conoscenza e gestire l’incertezza
 distribuire il rischio economico
 produrre output variabili
La qualità è sempre più necessariamente sia interna che esterna. Andiamo a vedere più da vicino i due
versanti della qualità:
 Qualità esterna: determina il sistema delle relazioni tra imprese
 Qualità interna: da qualità produttiva alla qualità nella globalità dei processi d’impresa. Presuppone
una struttura adeguata al nuovo assetto, meccanismi operativi, cultura (il fornitore diventa
collaboratore → cooperare per competere).
La qualità diventa un meccanismo di coordinamento per ricomporre la divisione del lavoro (e quindi ne
riduce i costi).
QUALITA’ E SISTEMI PAESE IN CHIAVE STORICO GEOGRAFICA
Sino agli anni 60
La qualità è legata al contesto sociale, culturale ed economico. Il percorso della qualità negli USA inizia
prima che in Giappone. Questo perchè già negli anni 20 il sistema produttivo americano era all’apice dello
sviluppo. Perciò la qualità di prodotto era già un concetto su cui si faceva grande attenzione.
Agli inizi del secolo qualità è un vincolo imposto dalle esigenze di conformità del prodotto alle specifiche
tecniche e dalle norme per garantire la sicurezza: in Giappone, USA ed Europa qualità è quindi conformità
del prodotto alle specifiche. La qualità si realizza con collaudi ed ispezioni sul prodotto finito.
A partire dagli anni 50, il Giappone cambia strategia: la qualità si impone come strategia di sopravvivenza e
di rilancio di un’industria quasi completamente distrutta dalla guerra. La qualità diventa quindi un’esigenza
imprescindibile e si portò la qualità dal prodotto al processo. L’investimento effettuato dai giapponesi sul
controllo dei processi consentì di individuare le principali cause di qualità negativa. L’obiettivo è zero difetti
Vengono chiamati in Giappone ad insegnare qualità gli americani Deming e Juran.
Fino a quel momento fra USA e Giappone non ci sono sostanziali differenze né concettuali né applicative
della qualità. Ma in questi anni le cose cambiarono appunto profondamente.
Dalla fine degli anni 50 emergono significative differenze nel modello di gestione della qualità giapponese,
rispetto ai modelli adottati negli altri paesi:
 USA: la qualità è del prodotto e si gestisce in chiave statistico quantitativa. Dominano ancora i
modelli deterministici di tipo statistico-quantitativo appunto.
 Europa: la qualità del prodotto è un vincolo mercantile e normativo, un vincolo minimale che deve
essere garantito per avere la possibilità di commercializzare il prodotto stesso.
 Giappone: si avvia sul percorso della qualità positiva: non più zero difetti ma creazione di qualità.
L’obiettivo è creare prodotti migliori, e non solo non difettosi. Questo sposta l’attenzione sulla
dimensione della progettazione del prodotto.
Si afferma perciò la qualità giapponese. Ciò significa:
 Soddisfazione del cliente (proprio come obiettivo del sistema produttivo)
 Miglioramento continuo: è una tipica caratteristica giapponese; è l’idea per la quale la qualità deve
essere continuamente migliorata → miglioramenti incrementali e non salti tecnologici radicali
Ciò presuppone:
 Qualità nei processi
 Qualità nel lavoro: alto addestramento dei lavoratori
 Strumenti di qualità accessibili e comprensibili
Dietro a ciò abbiamo delle specificità;
 Logica di apprendimento incrementale (si lega al miglioramento continuo)
 Appropriatezza rispetto all’uso degli strumenti a disposizione, cioè avere strumenti effettivamente
finalizzati a risolvere/conseguire gli obiettivi
15


Accumulo di conoscenze tacite/implicite nelle routines, cioè l’abitudine a ripetere un processo
lavorativo nello stesso modo di chi lo svolgeva prima. Si imparano condividendole, vengono poi
interiorizzate e sono difficilmente formalizzabili.
Strutture piatte con meccanismi di coordinamento orizzontali (organizzazione per processi), non
sussiste più il bisogno di strutturarsi per gerarchia, il controllo parte dal basso.
Dagli anni 60 in avanti
Dagli anni 60 Giappone e USA prendono due strade diverse circa la qualità. Il Giappone prosegue nella sua
strategia: nasce in Giappone l’espressione Company Wide Quality Control (vs Qualità Totale in USA). Cwqc
sta ad indicare una logica pervasiva della qualità. E’ una strategia che si propone di realizzare gli obiettivi di
business della società, progettando, fabbricando e consegnando prodotti o servizi in grado di soddisfare il
cliente con un accettabile risultato economico.
Gli strumenti di management da essa generati sono:
 Day to day Management: gestire giorno per giorno facendo una marcata attenzione ai minimi
particolari qualitativi. Siamo all’interno di una visione a ML termine, ma è importante che il
management sia completamente inserito nelle logiche e nell’orientamento alla qualità → l’idea di
qualità deve partire dal top e middle management.
 Daily Routine Work: si muove nella stessa logica. E’ un’attività di miglioramento dei processi
qualitativi ripetitivi. L’attenzione è sulle possibili migliorie da apportare → tensione costante al
miglioramento, approccio tipico giapponese. E’ il meccanismo fondamentale del CWQC teso al
mantenimento delle performance di ogni unità organizzativa dell’azienda. Consiste quindi in quelle
attività di routine che garantiscono il presidio di tutti i processi aziendali in un’ottica di
consolidamento degli standard. L’attivazione del DRW consiste nell’applicazione su base
giornaliera del metodo PDCA a tutti i processi di tipo ripetitivo al fine di soddisfare i bisogni e le
aspettative del cliente e consentire quindi di fornire prestazioni costantemente adeguate alle
necessità. Il risultato finale è ancora una volta il miglioramento continuo delle performance globali
dell’azienda: fare le cose giuste alla prima.
A fronte del successo dei prodotti nipponici, gli USA dovettero forzatamente procedere ad una
reimportazione dei meccanismi organizzativi e degli strumenti operativi sviluppati dai giapponesi. Gli
occidentali colgono per lo più la dimensione “umanizzante” e partecipativa della qualità; sfuggono almeno in
questa fase storica gli aspetti della produzione snella. Vengono adottati i circoli di qualità e i gruppi di
miglioramento , sovrapponendoli a strutture organizzative tendenzialmente rigide e burocratiche.
In Occidente abbiamo invece 2 approcci:
 Qualità come opportunità per migliorare il lavoro: è necessario superare il modello fordista e
puntare sulla qualità nel miglioramento del fattore lavoro. In questo modo si consente al lavoratore
di rimpossessarsi dei contenuti del suo lavoro.
 Qualità come impostazione tecnica, cioè come prescrizioni formali e automazione dei processi. La
qualità deve essere garantibile attraverso una tecnologia e un’automazione dei processi massimale.
Le principali criticità del modello occidentale:
 Qualità come obiettivo generico, non finalizzato. Il disaccopiamento tra qualità richiesta dal mercato
e qualità prodotta all’interno dell’impresa viene risolto ancora tramite controlli ex post.
 Scarsa integrazione con la gestione e scarso coinvolgimento del management: manca la visione
d’insieme. L’attenzione è posta ancora principalmente sul prodotto e non anche sui processi.
 Scarsa comprensione della logica complessiva. Conduce da un lato a vedere la qualità come una
filosofia senza strumenti, dall’altro ad un eccesso di tecnica (poco comprensibile).
Il salto degli anni 80
L’occidente, in base all’evidente successo delle imprese giapponesi, “scopre” e studia le caratteristiche
strutturali dell’organizzazione produttiva giapponese (JIT, riduzione delle scorte,...) e teorizza gli elementi
strutturali della produzione snella.
Grandi cambiamenti: la qualità diventa obiettivo d’impresa, diviene un fattore competitivo. In sintesi:
 Forte coinvolgimento del management negli obiettivi di qualità
 Enfasi sui processi
16

Riprogettazione delle microstrutture, cioè delle posizioni di lavoro: riorganizzare il lavoro
rendendolo più fluido e più capace di garantire qualità. Cade la logica della predefinizione.
La qualità nasce da una nuova organizzazione di tipo processuale che integra tutto il processo di sviluppo dei
nuovi prodotti, dai fornitori ai clienti.
Mentre il Giappone esce dal fordismo facendo leva quasi esclusivamente su fattori organizzativi, l’occidente
sceglie la via tecnologica.
Dalle informazioni disponibili su alcune imprese europee dell’auto che in questi anni hanno imboccato la
strada della produzione snella risultano alcuni elementi comuni:
 l’esteso uso di tecnologie avanzate che consentono di evitare o almeno attenuare lo sfruttamento
intensivo della manodopera praticato in Giappone;
 la ricerca di accordi con il sindacato per il coinvolgimento consensuale della manodopera in
proposte di miglioramento;
 il ricorso a forme di organizzazione modulare della produzione particolarmente adatte a gestire con
la necessaria rapidità e flessibilità le anomalie di processo e di prodotto;
 sensibili miglioramenti nei valori tipici della produzione snella (tempo di allestimento, scorte, tempi
di attraversamento) sebbene si resti lontani dagli standard giapponesi.
L’insieme di questi elementi consente di parlare di una “via occidentale alla produzione snella” che si
differenzia dalla via giapponese per il modo graduale con cui procede e per le varie forme di ibridazione
dell’approccio giapponese con approcci di altra origine.
In sintesi, mentre la via Toyota alla produzione snella ha puntato innanzi tutto sul coinvolgimento umano e
poi sulla tecnologia, la via Fiat ha puntato prima sulla tecnologia e solo dopo ha scoperto l’importanza del
coinvolgimento umano. Questa differenza può essere ragionevolmente generalizzata a livello di modello
giapponese e di modello occidentale, dal momento che percorsi analoghi a quello Fiat si osservano anche in
altre imprese. Mentre la via giapponese richiede una quasi ossessiva dedizione al lavoro, la via occidentale
appare meno impervia. La tappa dell’ipertecnologia, che negli anni 80 portò ad un post fordismo grasso e
costoso ha poi rivelato la sua utilità in un effetto collaterale, quello di ottenere un consenso attivo su obiettivi
di qualità totale ben più ambiziosi di quelli che ci si prefiggeva con quella stessa tecnologia.
Concludendo, in Giappone qualità è filosofia; vige la logica del miglioramento continuo. Negli USA è un
modo attraverso il quale faccio funzionare l’impresa; vige la logica della qualità come salto rispetto al
passato.
Qualità in Europa
Ha caratteristiche tutte sue: è diversa nel modo col quale viene concepita in USA e Giappone. L’ Europa è un
insieme di Stati diversi che tentano di creare un mercato unico. Enfatizza la dimensione normativa. Le
ragioni sono le seguenti:
 La complessità e la frammentazione rende utili standard che migliorano lo scambio: la qualità è
utile quando permette di definire standard indispensabili per migliorare gli scambi
 Diverse strutture d’impresa e modelli di sviluppo: estrema frammentazione del sistema industriale
 Ruolo dell’UE: spinge verso una maggiore uniformizzazione degli standard.
La qualità è stata trattata quindi soprattutto dal punto di vista formale.
GLI AUTORI DELLA QUALITA’
Gli occidentali
I primi autori che introdussero il concetto di qualità furono Irish e Shewart.
- Irish: parla di ispezioni, cioè una verifica esterna sulle procedure interne di produzione. Non fornisce però
molte indicazioni tecniche su come condurre queste ispezioni.
- Shewart: tratta dei metodi di Controllo Statistico dei processi. Inventò il ciclo Plan, Do, Study, Act (PDSA).
L’allievo Deming svilupperà questa teoria, che si basa sulla sequenzialità delle azioni.
- Feigenbaum (1972): è un ingegnere, quindi poneva l’attenzione sugli aspetti ingegneristici, sul prodotto.
Teorizza il “Total Quality Control” del ciclo industriale del prodotto. Punto fondamentale: il controllo della
qualità deve essere esteso a tutta l’azienda, a tutte le funzioni aziendali. La qualità è compito di tutti. “La
qualità è quello che il cliente pensa che sia, e non quello che il fornitore pensa che sia, o peggio ancora una
17
perfezione astratta, costosa e non apprezzata.” “ La qualità è un incarico individuale e collettivo, di tutti i
dipendenti, nessuno escluso” “La qualità non è un impegno temporaneo, ma bensì un processo continuo di
miglioramento”. “Bisogna implementare la qualità coinvolgendo, sia i clienti sia i fornitori, nel nostro
sistema produttivo”.
- Juran (1992): nel 1954 va in Giappone, dove il tema della qualità stava diventando centrale.Teorizza il
modello a 3 ruoli (fornitore – processo – cliente), l’intero ciclo inizia e finisce con il cliente. “la qualità non
capita per caso, va pianificata”. Distingue tra: Little Q (che ha per oggetto il prodotto, è normalmente
considerata un problema tecnico, ed è presidiata dalla funzione qualità) e Big Q (ha per oggetto tutti i
processi aziendali, è considerata un problema di business, si sviluppa attraverso un preciso processo di
management, che prevede 3 fasi logiche: pianificazione, controllo, miglioramento). Particolare attenzione
viene posta ai costi della qualità. Identifica i costi degli insuccessi (costi della non qualità), i costi dei vari
controlli e i costi preventivi. A differenza di Crosby, che sostiene che è possibile raggiungere il punto
minimo della curva dei costi totali della qualità solo nella condizione di “zero difetti”, Juran sostiene che
esiste una correlazione inversa tra costi di prevenzione, ispezione, accertamento e difettosità, che non può
condurre alla minimizzazione dei costi della qualità. Propone quindi, sempre in base alle 3 fasi logiche del
management della qualità (pianificazione, controllo, miglioramento), dei programmi di intervento specifici
che possono contenere contestualmente la dinamica dei costi di qualità e le difettosità.
- Deming (1986): anche Deming ha lavorato soprattutto in Giappone. Diffonde la cultura statistica della
qualità. Propone i 14 principi base del processo di implementazione e gestione della qualità, che riguardano
gli orientamenti individuali, le iniziative da intraprendere sia sul piano organizzativo e gestionale per
migliorare il clima organizzativo e potenziare il programma di miglioramento. Introduce il ciclo PDCA
(Plan, Do, Check, Act), o ruota di Deming, che prevede lo sviluppo, secondo cicli ripetitivi, di 4 attività
fondamentali: Plan (pianificare), ossia individuare il problema da affrontare ed elaborare le possibili
soluzioni; Do (mettere in atto), cioè effettuare delle prove che possano confermare le ipotesi della fase
precedente; Check (verificare), confrontare le ipotesi della prima fase con i risultati ottenuti nella seconda;
Act (agire), standardizzare le procedure correttive, in modo da renderle consolidate e irreversibili. Deming
propone dei premi per la qualità prodotta, poiché i premi sono motivanti.
- Crosby (1986): le leve fondamentali del cambiamento per la qualità sono di tipo culturale. Introduce il
concetto di “zero difetti”. Solo il cambiamento del sistema di valori e un loro orientamento verso la qualità
può consentire l’avvio di efficaci programmi di miglioramento. Importanza fondamentale del management,
approccio top-down. La qualità è vista conformità alle specifiche, quelle che l’azienda fissa per i prodotti
basate sulle richieste dei clienti. Anche lui propone un programma della qualità che si snoda in 14 punti
incentrati sulla dimensione organizzativa: stili di direzione, meccanismi operativi idonei a supportare
programmi di qualità e predisposizione di organizzazioni tresversali, con forte presidio sui processi.
impronta prescrittiva e strutturata in modelli rigidi. A contrario di Deming, è contrario alla premiazione,
perché sminuisce il lavoro degli altri.
Gli orientali
La letteratura giapponese si caratterizza per una minore strutturazione organizzativa della qualità, nella
minore presenza di prescrizioni dettagliate e strutturate in modelli rigidi, declinate in fasi sequenziali e livelli
gerarchici. Ciò rispecchia il modo in cui le imprese giapponesi hanno vissuto la qualità.
- Ishikawa (1985): padre fondatore del CWQC e dei circoli di qualità. Individua alcune caratteristiche chiave
del modello giapponese che possono essere ricondotte ad aspetti etico-filosofici, a sistemi manageriali e a
tecniche operative. Le premesse di base del CWQC sono infatti date da un insieme di valori e significati
condiviso, sui quali si innescano meccanismi di controllo, di monitoraggio e di governo sui processi. Tra i
benefici del CWQC: l’affidabilità del prodotto migliora, i costi si riducono; la qualità affidabile consente una
programmazione razionale; la tecnologia si consolida e si migliora; le spese per i controlli e le ispezioni si
riducono; si stabiliscono relazioni migliori tra le varie aree aziendali; le relazioni umane migliorano ovunque.
- Japanese Union of Scientists and Engineers (dal 1946): diffonde orientamento e strumenti.
LA QUALITA’ NORMATA
Ad un certo punto si sovrappongono a tutti gli orientamenti analizzati alcune decisioni che tentano di
spostare sul piano normativo il concetto di qualità. Il concetto di qualità normata:
18


È stato introdotto all’inizio del 900 negli USA sotto forma di norme tecniche di prodotto
Negli anni 50 il ministero della difesa emana degli standard (di assicurazione di qualità) che divengono
di riferimento per i paesi NATO
 Successivamente la qualità normativa evolve ed estende i suoi campi di applicazione dal prodotto
all’intero sistema qualità di un’azienda.
 Nel 1979 la British Standard Institution sviluppa una serie di standard di processo: documenti sui quali si
cerca un consenso volontario circa la definizione di standard di qualità
 Nel 1987 l’International Organization for Standardization pubblica una serie di norme sulla qualità note
a livello internazionale come ISO 9000. Lo scopo era quello di armonizzare tutte le norme nazionali
ponendo uno standard di riferimento comune per tutte le imprese e per tutti i paesi, e fornire dei criteri
generali di supporto per la gestione operativa della qualità.
La rivoluzione nel campo della normativa mondiale realizzata dalle ISO 9000, che divenne il modello di
riferimento internazionale per lo sviluppo dei Sistemi di Qualità Aziendali, è leggibile come uno strumento
al sostegno degli scambi che assumono sempre più dimensione globale; tale sostegno è possibile sia
attraverso sia l’affermazione del principio della qualità garantita da terzi, sia mediante la diffusione di
linguaggi comuni condivisi. La caratteristica più evidente di queste norme è la loro generalità: sono
applicabili a imprese dimensionalmente diverse e appartenenti a settori diversi. Lo scopo primario del ricorso
a questi riferimenti normativi è rendere trasparenti e controllabili le attività poste in essere nella
progettazione, produzione, distribuzione di beni e servizi che costituiscono l’offerta.
Tra TQM e Qualità Normata
 Piani diversi
 TQM è fortemente “firm specific” e proattivo: l’impresa si orienta strategicamente e con anticipo
alla qualità. TQM è andare oltre alla soddisfazione del cliente, gestendo la qualità come dimensione
totale ed intrinseca in ogni funzione/processo. Prevede la filosofia del miglioramento continuo, il
concetto della pervasività, e coinvolge tutte le risorse umane
 Le norme identificano e sintetizzano degli stadi. La qualità normata è una qualità documentata, è
un’assicurazione esterna della qualità che si basa su una attività di verifica ispettiva.
In comune hanno: responsabilità della direzione, visione sistemica di processo, controllo statistico dei
processi.
SINTESI CONCLUSIVA
L’evoluzione del concetto di qualità
 Qualità del prodotto: ottica interna; focalizzazione sul risultato operativo; controllo ispettivo
 Qualità del processo: ottica interna; focalizzazione sul percorso operativo; Total Quality Control e
certificazione
 Soddisfazione del cliente: ottica esterna; focalizzazione sul cliente; certificazione e costumer
satisfaction
 Eccellenza aziendale: ottica interna ed esterna; focalizzazione sull’ambiente; certificazione e
stakeholder satisfaction
Le tappe in chiave storica
ANNI
OBIETTIVO
1950
Rispondenza
standard
1960
Idoneità all’uso
1970
1980
Idoneità di costo
Crisi petrolifera
Rispondenza ad esigenze Crescita dei mercati
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CONTESTO
allo
Produzione di massa
Consumer revolution
STRUMENTI
Standard;
controllo
statistico; collaudo
Ricerche di mercato;
approccio
interfunzionale
Circoli di qualità
Quality
functional
latenti
deployment
Rispondenza alla cultura Innovazione tecnologica;
TQM; certificazione
1990
aziendale
globalizzazione
Sviluppo
della
Idoneità
all’ambiente New economy; imprese
certificazione;
2000
globale
a rete
information tecnology
Le implicazioni nel cambiamento dei modelli produttivi
- Dalla prima alla seconda rivoluzione industriale:
 Prevale il mercato
 La qualità è mercantile
 Da produzione artigianale a produzione di massa: la qualità entra dentro il processo produttivo; la
standardizzazione ex ante favorisce le economie di scala, minimizza i costi ed i tempi, garantisce
l’idoneità del prodotto.
- Nella terza rivoluzione industriale:
 Le economie di varietà spingono verso forme reticolari
 La qualità supera i confini delle imprese e si concentra sulle relazioni, l’interdipendenza si gestisce
con la comunicazione.
APPROFONDIMENTI: MODELLO GIAPPONESE, PRODUZIONE SNELLA
LA SCOPERTA DEL MODELLO GIAPPONESE
Si può dire che l’ingresso in un regime produttivo non fordista ne taylorista sia avvenuta negli anni 80 con la
sfida portata dal cosiddetto modello giapponese e con la sua ricezione da parte di molte imprese occidentali
per fronteggiare quella stessa sfida. La novità del modello consiste in una serie di soluzioni organizzative che
consentono di ottenere una produzione flessibile e di alta qualità in misura nettamente superiore a quella
ottenuta attraverso la via fino allora seguita in Occidente dell’innovazione tecnologica. Quelle del modello
giapponese sono soluzioni organizzative che non si limitano alla sfera produttiva ma che investono l’intera
strategia d’impresa.
E’ opportuno ricordare le circostanze storiche in cui il modello giapponese ebbe origine. Si era verso la fine
degli anni 40, dopo la seconda guerra mondiale e la Toyota, una minuscola casa automobilistica giapponese,
era afflitta da gravi problemi di sopravvivenza. La sua quota di mercato era minima, i capitali erano scarsi, i
macchinari vecchi e inadeguati. Secondo i criteri fordisti della produzione di massa fabbricare automobili in
quelle condizioni non poteva che essere fallimentare.
Tuttavia Ohno, il direttore dello stabilimento, decise di tentare una via originale: quella di abbassare il punto
di profitto (break even point) dall’economia di scala tipica delle produzioni di grande serie a un’economia di
flessibilità basata su produzioni di breve serie. Si doveva abbandonare la pratica di allestire i macchinari per
produzioni destinate a rimanere uguali per settimane e mesi, e si doveva adottare la pratica di cambiare
frequentemente gli allestimenti in modo da produrre lotti brevi o brevissimi inseguendo anche le più piccole
opportunità di mercato. Ma moltiplicare gli allestimenti imponeva di abbreviare i tempi di queste operazioni.
La pratica degli allestimenti veloci provocò ripercussioni a catena sull’intera organizzazione produttiva. Per
prima cosa portò a superare la tradizionale distinzione tra gli operai addetti all’allestimento dei macchinari e
gli operai addetti alla produzione. Ohno voleva che anche questi ultimi imparassero ad allestire le macchine.
Gli allestimenti veloci risultarono congruenti anche con un altro grande vincolo della Toyota, quello di
disporre di pochissimo spazio per i magazzini. Il frequente cambio di produzione faceva venir meno il
bisogno di accumulare grandi riserve di materiale da lavorare, ma imponeva di allestire un sistema di
trasporti così perfetto da garantire consegne limitate di materiale giusto in tempo per essere lavorato.
Si scopersero due altri decisivi vantaggi. Il primo era che la produzione di lotti piccoli e diversificati
premetteva alla Toyota di rispondere alle variazioni di mercato e alle richieste personalizzate dei clienti con
un tempismo ed una flessibilità ignote alle fabbriche di grande serie. Il secondo vantaggio provenne dalla
scoperta che la produzione a piccoli lotti permetteva un controllo della qualità estremamente più efficace a
quello ottenuto nella produzione di massa. Si constatò in particolare la convenienza di fermare il flusso
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produttivo per eliminare immediatamente i difetti scoperti piuttosto che lasciar scorrere il flusso per
intervenire a fine linea, come prescriveva il modello fordista.
Tra gli anni 50 e 70 la Toyota ottenne successi così grandi da diventare una delle più importanti e innovative
imprese del mondo nel settore automobilistico. Sul finire degli anni 80 venne concettualizzato il modello
giapponese: modello di “produzione snella”.
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Produzione snella (Lean production)
Il paradigma della produzione snella, cominciò ad affermarsi, a partire dagli anni 50, negli stabilimenti della
Toyota, sembrò offrire adeguate risposte ai fabbisogni di flessibilità, efficienza, varietà e qualità delle
imprese giapponesi alla ricerca di competitività.
E’ un processo produttivo che, rispetto alla produzione di massa, “usa meno di tutto”: meno lavoro, meno
tempo, minori spazi, minori scorte. Prevede il superamento di un concetto di organizzazione gerarchica, il
coinvolgimento dei dipendenti nei processi di cambiamento e di miglioramento organizzativo, l’importanza
del sistema di valori condiviso.
La ricerca di essenzialità è sostenuta da una tecnologia ispirata a criteri di frugalità: impianti il più possibile
semplici e conoscibili dal personale che li usa e che quindi meglio di qualunque altro sa suggerire continui e
piccoli miglioramenti. Il successo delle imprese giapponesi eccellenti è fondamentalmente da ricondursi alla
flessibilità e rapidità nel coordinamento delle attività, in risposta a cambiamenti tecnologici e di mercato.
Si tratta di una forma di coordinamento orizzontale che si realizza attraverso meccanismi di diffusione e di
condivisione delle informazioni. Ciò permette di avere a disposizione un sistema integrato capace di
garantire un adattamento flessibile alle fluttuazioni della domanda di mercato con il minimo ricorso alle
scorte di magazzino.
Il paradigma della produzione snella è il miglior mezzo attraverso cui si rende possibile il perseguimento
della qualità, intesa come soddisfazione del cliente e miglioramento continuo. Per i giapponesi qualità è
essenzialità, è zero difetti
IL “JUST IN TIME”
Nelle sue linee generali il JIT può essere definito “un sistema produttivo che garantisce la continua e perfetta
simmetria tra l’offerta dei beni prodotti e la domanda che proviene dal mercato”. Le conseguenze che si
ottengono con questo modo di produrre cono opposte a quelle della produzione di massa. Quest’ultima punta
su economie di scala attraverso la fabbricazione prolungata e uniforme di un dato prodotto e il rigido rispetto
delle quantità programmate con largo anticipo.
Le variazioni apportabili ai programmi prestabiliti sono modeste e la produzione, regolata centralmente,
procede “per spinta” da monte a valle (sistema push). Il JIT rende invece possibile far uscire i prodotti in
serie brevi e differenziate, con aggiustamenti continui alle fluttuazioni della domanda che “tira” la
produzione (sistema pull). Ma per funzionare il JIT presuppone, o si accompagna, a 4 requisiti fondamentali:
1. l’eliminazione delle risorse ridondanti, considerate spreco
2. il coinvolgimento dei dipendenti nelle decisioni riguardanti la produzione
3. la partecipazione dei fornitori
4. la ricerca della Qualità Totale
1. L’officina minima sostituisce l’officina ridondante
Nel fordismo le imprese si preoccupano di aver risorse in eccedenza, in modo che se interruzioni o anomalie
si verificano in qualche punto del flusso produttivo, la produzione a valle possa continuare in attesa che la
normalità sia ripristinata. Il modello giapponese opta invece per la “produzione snella” o officina minima,
come dice Ohno. Questi nomi sono ispirati al fatto che rispetto al fordismo, il modello giapponese richiede
meno scorte, meno spazi, meno movimenti di materiale, meno tempi per allestire i macchinari, meno addetti,
meno apparati informativi e tecnologie più frugali. Ma l’eliminazione delle risorse ridondanti non obbedisce
soltanto ad imperativi di economicità. Essa è un principio generale che si ispira a criteri di essenzialità
conformi alla filosofia Zen e che fa apparire qualsiasi elemento superfluo come uno spreco.
La riduzione delle scorte conduce a sua volta ad allestimenti rapidi e frequenti dei macchinari per cambiare
di produzione ed accorciare i tempi di transito del prodotto lungo il flusso produttivo. La ricerca di
essenzialità è a sua volta aiutata da un’altra caratteristica fondamentale dell’officina minima, la tecnologia
ispirata a criteri di frugalità. Per tecnologia frugale si intendono impianti il più possibile semplici e
conoscibili dal personale che li usa.
Con il principio delle innovazioni a piccoli passi diminuisce il rischio di errori negli investimenti e si allenta
la pressione a produrre cose non necessarie solo allo scopo di tenere in attività macchine costose.
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2. Il coinvolgimento dei dipendenti sostituisce la divisione burocratica del lavoro
Nel fordismo vige una divisione burocratica (taylorista) del lavoro, con confini precisi tra le mansioni. La
divisione dei compiti scoraggia l’apprendimento di nuove abilità e l’assunzione di responsabilità non
formalmente previste. Si ritiene inoltre che i rapporti tra i lavoratori e impresa siano sempre più o meno
conflittuali. Nel modello giapponese invece le mansioni hanno confini poco precisi e i dipendenti sono
sollecitati a partecipare alle decisioni riguardanti la produzione. Il coinvolgimento dei dipendenti trova la
manifestazione più evidente nel cosiddetto principio di “autonomazione”, ossia nel diritto - dovere degli
operai d’interrompere il flusso produttivo ogni volta che notano delle anomalie o dei difetti, e di segnalarlo
attraverso indicatori luminosi in modo che si possa effettuare una correzione immediata. L’autonomazione
infrange il principio fordista che la produzione deve sempre e comunque andare avanti e che gli eventuali
difetti devono essere corretti solo alla fine della linea in fase di verifica e collaudo.
3. La collaborazione con i fornitori sostituisce il principio del “divide et impera”
Le imprese fordiste tradizionali hanno produzioni fortemente verticalizzate, vale a dire costruiscono e
assemblano la maggior parte del prodotto all’interno dei propri stabilimenti. Per la quota restante dei
componenti si rivolgono a una quantità di fornitori esterni, che vengono messi in concorrenza sopratutto sul
piano dei costi. I fornitori si trovano quindi in una posizione di subalternità all’impresa madre e di forte
diffidenza reciproca. Le imprese ispirate al modello giapponese seguono una politica opposta. Esse non
scelgono i fornitori in base ai costi delle singole commesse, ma li selezionano accuratamente in base alla
capacità di collaborare con l’impresa madre in piani di lungo termine.
L’impresa madre favorisce inoltre la collaborazione tra i fornitori attraverso il loro raggruppamento in
grappoli di sub-fornitori con il conseguente interscambio di informazioni e di aiuti. Si forma così una fitta
rete cooperativa basata su rapporti di fiducia e di reciproca trasparenza e su contratti di lungo periodo.
4. L’obiettivo della Qualità Totale sostituisce il primato della quantità
Nelle fabbriche fordiste la produzione di massa impone di dedicare attenzione sopratutto alla regolarità dei
flussi programmati e di considerare la qualità dei prodotti come un problema separato. La conseguenza è che
la qualità non è soddisfacente e per di più costa perchè occorre dedicare tempo e risorse per eliminare i difetti
in una fase successiva alla produzione.
Il modello giapponese assume invece la qualità come una caratteristica obbligatoria e gratuita dei prodotti, e
tutto il processo produttivo è organizzato in modo da progredire costantemente verso l’obiettivo ideale dello
zero – difetti. L’espressione Qualità Totale sta a significare che la ricerca della qualità deve essere presente
lungo tutto il processo lavorativo: dalla ideazione del prodotto, alla scelta del materiale, alla costruzione, alla
consegna. L’automazione rappresenta in modo emblematico questa pratica. Interrompere la produzione per
eliminare i difetti nel momento stesso della loro comparsa equivale a lavorare con un impegno tale da “fare
bene tutto subito” la prima volta.
Eliminare subito i difetti costituisce quindi la premessa per ridurre progressivamente il numero degli addetti
ai collaudi finali e spostarli a lavori più produttivi. La qualità riguarda anche il processo produttivo e vuol
dire lavorare senza sprechi, senza costi economici aggiuntivi che possono essere eliminati. L’insegnamento
più profondo del modello giapponese sta nel collegare la qualità alla essenzialità.
LE INTRINSECHE AMBIGUITA’ DEL MODELLO GIAPPONESE: CON QUALI LIMITI E’
ESPORTABILE?
Per avere successo occorre che tutte le risorse impegnate nel processo produttivo siano prevedibili e
affidabili. In particolare occorrono lavoratori non solo flessibili e polivalenti ma anche disposti a eventuali
prestazioni straordinarie – di orario e di competenza – per affrontare le criticità.
E’ vero che nel JIT il comportamento lavorativo diventa più visibile e che i lavoratori sono più
intercambiabili. Ma è anche vero che aumentano l’importanza del lavoro umano e la capacità astratta di
potere vulnerante dei lavoratori. E’ sufficiente un rifiuto, un rallentamento perchè gli effetti sul flusso
produttivo siano immediati e dirompenti. Spetta quindi al management consolidare un quadro di relazioni
industriali in cui i dipendenti non siano tentati di usare quelle capacità di vulnerazione. Di qui la prospettiva
di un mutamento antropologico dei rapporti umani in fabbrica, dove le forme di lotta di epoca fordista sono
destinate ad apparire sempre più come un cimelio di archeologia industriale.
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Il modello giapponese indubbiamente supera il fordismo sia sul piano della produzione che diventa flessibile
e sia sul piano umano dove il coinvolgimento dei lavoratori sostituisce i controlli burocratici. Ma ciò non
vuol dire che il lavoro diventi più libero e più rilassato. Un giudizio ugualmente complesso riguarda il
taylorismo. Non c’è più impoverimento delle mansioni ne impostazione gerarchica, ma crescono i vincoli
sella standardizzazione e dei tempi di lavoro, dal momento che gli operai stessi che collaborano a escogitare
le soluzioni migliori sono tenuti a seguire i loro stessi suggerimenti nella spirale ininterrotta del
miglioramento continuo.
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MODULO 3
LA GESTIONE PER LA QUALITA’
IL PERSEGUIMENTO DELLA QUALITA’
Presuppone una specifica volontà. Occorre coinvolgere la direzione generale; occorre che vi sia una specifica
unità dedicata affinché la qualità non rimanga un orientamento astratto. E’ infine necessario che ciò pervada
l’intera macrostruttura.
La qualità non si fa solo con uno strumento, solo con una politica; gli strumenti e i supporti devono essere
molteplici e ben impostati e verificati. E’ perciò necessario ricorrere ad un sistema di qualità che coinvolga la
struttura organizzativa (e le relative posizioni di responsabilità) e i sistemi operativi (e le relative procedure).
Un sistema che assicuri la qualità comprendendo l’eventuale certificazione di prodotti – sistemi – persone.
Una fondamentale caratteristica che differenzia il modello innovativo giapponese da quello tradizionale
occidentale risiede nella modalità attraverso la quale gli obiettivi di qualità vengono perseguiti; sul piano
organizzativo possiamo infatti individuare due approcci fondamentali:
 Miglioramenti per salti di qualità (Kairyo): implica un avvicinamento alla qualità per episodi, con
riassetti organizzativi che avvengono in coincidenza ad esempio all’introduzione di nuove tecnologie. Il
miglioramento è quindi da intendersi come innovazione, sia essa tecnologica, di prodotto o organizzativa
 Miglioramento continuo (Kaizen): è l’attenzione continua nel fare meglio quello che stiamo già facendo.
Il miglioramento è maggiormente legato al processo ed è orientato a un cambiamento continuo ed a
piccoli passi di tutta l’organizzazione. E’ il perseguimento in modo continuo e senza limiti dell’evolversi
dei bisogni dei clienti seguendo in modo accurato la loro evoluzione
VARIABILE
Cultura
Prospettiva
Velocità
Cambiamento
Coinvolgimento
Modalità
Catalizzatore
Esigenze di supporto
Orientamento/sforzo
KAIRYO
Occidentale
Bt
Grandi passi
Improvviso e incostante
Pochi e scelti
Disfo e faccio
Progresso tecnologico
Grandi investimenti pochi sforzi
Tecnologia
KAIZEN
Orientale
It
Piccoli passi
Graduale e costante
Tutti
Manutengo e miglioro
Know how convenzionale
Pochi investimenti, tanti sforzi
Persone
Il perseguimento della qualità è una teoria in uso più che una teoria dichiarata: la qualità no basta dichiararla,
va poi interiorizzata e perseguita realmente. Non basta dichiarare determinati valori e principi se poi non
vengono effettivamente attuati.
I prerequisiti necessari alla Qualità Totale
L’output che le aziende saranno in grado di fornire dipenderà da alcuni prerequisiti che – se assenti – devono
essere creati prima di poter lavorare sull’impostazione del programma di qualità totale. La conoscenza del
regime operativo dell’organizzazione rappresenta il primo di questi prerequisiti e consiste nella capacità
dell’azienda di tenere sotto controllo i metodi, gli standard di output e la correlazione che necessariamente
esiste tra i due. L’azienda deve essere in grado di verificare che ci sia coerenza tra standard di output e
processi. Questo problema è particolarmente importante per le aziende di servizi. L’instaurazione di un clima
organizzativo favorevole alla qualità è il secondo prerequisito necessario ad un approccio di tipo total
quality. Esso si manifesta nella percezione da parte di tutte le persone di poter contribuire al miglioramento
della propria attività. Il terzo prerequisito alla qualità totale è “l’orientamento al micromarketing”: ogni area
organizzativa coinvolta nel programma deve considerarsi come fornitrice di un prodotto/servizio ad un
cliente; a tal fine è necessario un orientamento al micromarketing che, in analogia alle vendite, risolva con
dei circuiti terminali il problema del marketing della creazione del servizio. Una volta costituiti i prerequisiti,
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l’azienda può finalmente operare per l’attivazione del programma di qualità totale al fine di innescare il
miglioramento continuo.
STRUTTURE ORGANIZZATIVE E POLITICHE PER LA QUALITA’
1. Accorciamento delle strutture: Si passa da un numero elevato di livelli gerarchici (gerarchia lunga) ad una
logica in cui saltano alcuni livelli intermedi, Diminuiscono i livelli gerarchici; si passa ad una “azienda
corta” dove i tre imperativi fondamentali sono: efficienza (meno costi), efficacia, velocità (riduzione dei
tempi di risposta al mercato).
2. Il rovesciamento della piramide: Si capovolge la logica, oltre che la grafica. Ciò significa porre come
punto di arrivo delle logiche decisionali l’orientamento al cliente; la qualità è perciò creata da chi in prima
linea serve il cliente.
3. L’organizzazione per processi: Le organizzazioni sono impostate tradizionalmente con logiche funzionali.
Il business è però in questo caso sui processi, non sulle funzioni. Le funzioni costituiscono le parti della
struttura attraversate dai processi e per questo l’ottimizzazione funzionale è cosa diversa dall’ottimizzazione
globale dei processi. Nell’ottica dell’organizzazione per processi, non devo minimizzare i costi degli
approvvigionamenti o di marketing, o massimizzare la produttività degli impianti, bensì devo ragionare in
una logica di processo come denominatore comune. Ricordiamo cosa intendiamo per “processo”: è un
insieme organizzato di attività e di decisioni, finalizzato a realizzare un prodotto finito (con un valore per il
cliente) a partire da dati input. E’ un flusso di attività che generano risultati significativi per l’impresa.
Esistono tre tipologie di processi:
 Processi operativi: processi legati alla produzione
 Processi manageriali: coordinamento e gestione dei processi operativi
 Processi di supporto: gestione finanziaria, gestione del personale, ecc…
Cosa comporta un’organizzazione tradizionale per processi:
 Le attività vengono attribuite alle unità operative in base ai contenuti tecnici e professionali
 Le attività vengono accorpate in base alla loro comune finalizzazione
 Output = sommatoria di contributi distinti = risultato coordinato
 Focalizzazione sui risultati parziali
 Attenzione ai parametri di prestazione per il cliente
4. Le strutture reticolari: Quando parliamo di rete, parliamo di rapporti tra imprese che operano nello stesso
ambito di business. La logica reticolare è opposta a quella dell’integrazione verticale. Attraverso la rete,
imprese che hanno natura giuridica diversa collaborano per realizzare meglio ciò che il mercato richiede. La
forma a rete valorizza: la condivisione delle informazioni, l’adattamento delle informazioni, la rapidità
decisionale, l’appropriatezza decisionale
LA QUALITA’ NELLE FUNZIONI AZIENDALI
Per funzione intendiamo un insieme di risorse messe a disposizione per il raggiungimento di un obiettivo
comune. Le funzioni aziendali più delicate e coinvolte nel nostro discorso sono:
 La funzione qualità
 La funzione progettazione
 La funzione approvvigionamenti
 La funzione produzione
 La funzione marketing
1. La funzione qualità: La funzione qualità nasce dalla separazione tra produzione e controllo: a partire dalla
logica fordista, il soggetto produttore è diverso dal soggetto controllore. Inizialmente era una funzione
“staff”, esterna all’attività; è quindi una funzione consultiva. Successivamente, negli anni 70-80, viene
integrata ai diversi livelli dell’organizzazione di “line” (da controllo a miglioramento). Quindi
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precedentemente, la qualità era un concetto esterno alla produzione, successivamente viene integrata ai
diversi livelli dell’organizzazione. I compiti della funzione qualità sono i seguenti:
 Presidiare la gestione della qualità
 Favorire una maggiore integrazione con i fornitori (in modo tale da garantire la qualità degli input)
 Coordinare le attività di addestramento e formazione
 Integrare le diverse funzioni aziendali verso la qualità visibile
2. La funzione progettazione: La funzione progettazione ha un ruolo fondamentale nella qualità di un
prodotto. Le sue specificità:
 Disponibilità: intervallo temporale che intercorre prima che il prodotto presenti i primi problemi
 Manutenibilità: velocità con la quale si ripara un guasto
 Affidabilità: prob. che un prodotto sia in grado di assolvere alla funzione per cui è stato concepito
La funzione di progettazione è stata recentemente rivoluzionata dall’introduzione del concetto di
“Concurrent Engineering”: si tenta di introdurre una logica nuova che riduca i tempi. Si integrano ed
affiancano tra di loro le fasi di progettazione (che prima erano eseguite l’una dopo l’altra) con il risultato di
ridurre sensibilmente il “time to market”. E’ quindi uno strumento per la soluzione dei problemi di
coordinamento e controllo, strumento che ha come obiettivo la simultaneità. Ovviamente il Concurrent
Engineering è applicabile in presenza di tecnologie avanzate che possono essere messe a disposizione della
fase di progettazione ed accelerare lo sviluppo dei prodotti.
3. La funzione approvvigionamenti: Ha un ruolo centrale nella logica della qualità. Si passa da una logica di
fornitura competitiva ad una collaborativa; l’enfasi perciò non è più sui prezzi bensì sull’affidabilità
(l’affidabilità delle consegne è l’elemento fondamentale). In questo modo si cerca di instaurare un rapporto
di fiducia a lungo termine con il fornitore, un rapporto che coinvolga lo stesso fornitore negli obiettivi della
società. Ci si sta orientando proprio verso la cosiddetta “Comakership”: è una modalità diversa di impostare i
rapporti di approvvigionamento/fornitura che prevede lo sviluppo congiunto del prodotto (input) → cliente e
fornitore sviluppano insieme le fasi di progettazione e produzione; il cliente supporta il fornitore.
La funzione approvvigionamenti può perciò essere gestita su tre differenti livelli:
 Livello normale: tradizionale rapporto di fornitura, il cliente compie un ordine con determinate
caratteristiche e il fornitore lo rispetta, sottostando ad un controllo di qualità. Sono contratti singoli
generalmente a medio termine, ripetuti nel tempo.
 Integrato: fornitore e cliente hanno un rapporto più stretto. La qualità viene autocertificata dal
fornitore
 “Comaker”: fornitore e cliente sono legati da un rapporto di partnership: collaborano, interagiscono,
condividono conoscenze e competenze. E’ la logica della Malaguti che, dopo aver cambiato sede, si
è portata dietro i suoi fornitori principali. Nella Comakership le informazioni sono condivise, la
funzione R&S è fondamentale. Questo implica una grande selezione del fornitore: ho meno fornitori
ma più affidabili e fedeli. Viene meno la grande concorrenza sui prezzi che si fanno tra loro i
fornitori stessi. Questo perché non necessariamente il cliente sceglie il fornitore che ha i prezzi più
bassi, ma sceglie il fornitore più affidabile, integrato, tecnologicamente avanzato e compatibile.
4. La funzione produzione: E’ la funzione maggiormente coinvolta dall’evoluzione della tecnologia
finalizzata alla garanzia della qualità → la qualità è qui fortemente legata al sistema tecnologico che
posseggo. La “partita” della qualità si gioca nella funzione produzione; il processo produttivo è centrale: è li
che, nel senso concreto del termine, si fa qualità. E’ importante passare da un’attenzione al prodotto ad una
attenzione al processo. Ricordiamo la differenza tra le logiche produttive “push” e “pull”:
 Logica push: parto dalle previsioni di vendita e di conseguenza costruisco la mia funzione produttiva
per riempire il magazzino
 Logica pull: aspetto di avere le informazioni di come evolve il mercato e, di conseguenza, costruisco
la mia funzione produttiva (no magazzino).
E’ alla logica pull che fa riferimento la produzione “Just in time”; questa punta all’eliminazione degli
sprechi, minimizzazione dei “lead times”, miglioramento continuo, minimizzazione del circolante di
produzione, flessibilità sul mix.
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5. La funzione marketing: La funzione marketing rende visibile e documentabile la qualità, mettendo sempre
più al centro delle logiche aziendali il cliente. E’ una funzione anch’essa molto importante nel
raggiungimento della qualità totale, soprattutto nell’uso sapiente del marketing mix.
LA QUALITA’ E LE QUALITA’
Qualità significa soddisfare non solo i clienti, ma tutti gli stakeholders → qualità come soddisfazione di tutte
le parti interessate all’azienda. Stakeholders: tutti i soggetti strategicamente rilevanti per la sopravvivenza ed
il successo dell’azienda; sono tutti coloro che hanno una legittima attesa nei processi decisionali.
Possiamo dividere gli stakeholders in interni (es dipendenti) ed esterni (es fornitori), forti (hanno un
maggiore potere di intervento ed una maggiore capacità di incidenza nelle decisioni aziendali) e deboli. Il
successo nel medio lungo termine viene conseguito tramite la soddisfazione di tutti gli stakeholders (interni esterni, forti - deboli). Insomma tutto deve essere letto nell’ottica della qualità, perché tutto è qualità. Si può
allora parlare di: qualità sociale e ambientale dell’organizzazione, qualità dell’ambiente di lavoro, CSR.
KNOWLEDGE MANAGEMENT E SISTEMI DI QUALITA’
La conoscenza è la base, il punto centrale del vantaggio competitivo. La gestione della conoscenza risulta
quindi fondamentale. Il Knowledge Management consiste in un insieme di tecniche e strumenti per
sviluppare, diffondere, memorizzare e rendere utilizzabili conoscenze individuali ed organizzative. Una
strategia del genere, attinente alla gestione della conoscenza, è sicuramente attinente alla qualità poiché la
qualità stessa è un meccanismo che genera apprendimento e arricchimento, cioè conoscenza.
Nella prospettiva del Knowledge Management, la qualità è utile per:
 Incrementare ed aggiornare il patrimonio di conoscenze possedute
 Aumentare i livelli di prestazione di processi e prodotti
 Creare nuova conoscenza (dalla creazione seguiranno poi arricchimento, diffusione ed utilizzo)
Ricordiamo che esistono diversi tipi di conoscenza: tacita (know how, esperienza), esplicita (procedure
operative, norme), di contesto. La qualità presuppone la conoscenza e il KM favorisce la qualità.
Andiamo infine a vedere come si combinano qualità e creazione di conoscenza
1. Arricchimento delle basi di conoscenza: avviene attraverso tre meccanismi contestuali:
 internalizzazione formale: imparo qualcosa in base al ruolo che sto svolgendo
 formalizzazione: sviluppo qualcosa che ho intuito e la applico in contesti differenti
 ricontestualizzazione
L’arricchimento può avvenire per linea interna o per linea esterna (tramite l’acquisizione di altre aziende).
2. Sfruttamento delle basi di conoscenza: prevede:
 mappature dei processi in chiave di conoscenza: ricostruisco i processi che realizzo mettendo in
evidenza la successione delle azioni necessarie
 meccanismi di socializzazione per esplicitare la conoscenza
Ciò avviene attraverso due meccanismi fondamentali:
 Condivisione informativa: creo, stimolo dei processi di informazione condivisi
 Interazione sociale: tentare di introdurre dei meccanismi di socializzazione che aiutino la
condivisione di conoscenze (es open space)
3. Diffusione delle basi di conoscenza: agisce attraverso tre meccanismi rivolti alle persone: diffusione di
supporti, condivisione, interventi sulle competenze.
IL FENOMENO DELLA CONTRAFFAZIONE
E’ il tentativo di imitare marchi affermati; ma è anche il cosiddetto “uso usurpativo” (scarico film, fotocopio
libri,ecc). La contraffazione annulla la qualità perché non la offre, non la garantisce, non la stimola. Questo
perché la qualità, soprattutto se legata all’innovazione, costa. La contraffazione danneggia l’erario (evade
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l’IVA) totalmente, danneggia il consumatore, danneggia l’innovazione. Negli ultimi 15 anni il fenomeno
della contraffazione è cresciuto del 1200%; circa il 10% del commercio mondiale è di merci contraffatte. Di
questo 10%, il 70% proviene dal sud est asiatico, il 30% dal bacino mediterraneo. Dal punto di vista della
domanda, l’incremento del fenomeno della contraffazione si spiega con la crescente importanza riconosciuta
agli attributi immateriali dei prodotti, e visti i comportamenti di acquisto premiano convenienza e risparmio.
E’ inoltre evidente una scarsa incidenza delle azioni repressive messe in atto.
APPROFONDIMENTO: L’ORGANIZZAZIONE PER LA QUALITA’
Dall’inizio degli anni 80 e con dinamismi diversi tra aziende, prodotti e mercati, si sta assistendo a
un’evoluzione del concetto di qualità il cui impatto non è più la semplice salvaguardia di una conformità
tecnica, ma coinvolge l’azienda in modo talmente ampio che si parla di “organizzazione per la qualità”.
Il modello tradizionale per la qualità
Il modello tradizionale della qualità si rifà alle esperienze degli inizi del secolo e all’approccio tayloristico
dell’organizzazione. La caratteristica fondamentale dell’approccio tradizionale è che la qualità è considerata
solo come un problema tecnico e la sua soluzione frutto di un’analisi costi – benefici. In termini
organizzativi, essa è affidata a degli specialisti con funzioni ispettive e il suo livello di soluzione è
fortemente condizionato dalle risorse disponibili in azienda. Essa rappresenta un obiettivo accessorio per i
manager, per cui il suo perseguimento è rilevante solo se sono stati precedentemente raggiunti gli altri
obiettivi considerati prioritari. La qualità, determinata da decisioni più di carattere tecnico – operativo che
strategico, rappresenta un costo e pertanto verrà accettata una certa quota di prodotti difettosi. La qualità non
è importante finché non diventa un problema, e la modalità attraverso la quale questa può essere rilevata è
solo l’ispezione del prodotto.
Il modello innovativo
Il contesto industriale che meglio di ogni altro può essere considerato espressivo di questo tipo di
orientamento alla qualità è rappresentato dalle aziende giapponesi. Il programma aziendale di miglioramento
della qualità costituisce da tempo la massima priorità del top – management delle realtà produttive di questo
paese. In analogia al concetto di “eccellenza”, “qualità” assume una rilevanza più ampia, non
specialistico/funzionale, bensì estendibile a tutta l’azienda. Fare qualità significa essere eccellenti in tutte le
funzioni aziendali perché esse hanno necessariamente ricadute sia all’interno dell’azienda sia sul suo
ambiente esterno, ovvero sui clienti ma anche sui fornitori di beni e servizi, anch’essi determinanti per il
risultato finale.
Se qualità significa costante attenzione al miglioramento, essa comporta anche un forte impatto in termini di
riduzione dei costi, e perciò di redditività delle vendite. La sensibilizzazione di ogni persona dell’azienda al
problema della qualità (approccio globale alla qualità) e il concetto di continua tensione verso il
miglioramento sono gli elementi che stanno alla base del modello innovativo della qualità: il CWQC.
La qualità non è solo un aspetto tecnico, ma un orientamento che deve essere condiviso da tutti i membri
dell’organizzazione.
L’organizzazione per la qualità nelle aziende italiane:
- Andrea Sponza: In sintonia con quanto sta avvenendo nelle aziende occidentali dagli inizi degli anni
ottanta, anche in Italia si sta riscoprendo la qualità non solo come fattore critico per il successo dell’azienda
ma sopratutto come elemento indispensabile per mantenere la propria presenza sul mercato.
A fianco di operazioni sulla gamma di prodotti offerti, sul costo e sull’efficienza per ottenerli, la
competizione avviene sul numero dei difetti, sul livello di servizio al cliente, sulla qualità intesa in senso
globale. Fare qualità significa anche rendere più veloci ed economici tutti i processi aziendali, è far bene le
cose giuste la prima volta. In sintesi si può quindi affermare che se la qualità non costa, la “non qualità” è un
costo per l’azienda in quanto mina pericolosamente la possibilità di ottenere dei flussi positivi di reddito a
fonte degli investimenti effettuati.
Andiamo ora ad analizzare quelle che, secondo Andrea Sponza, sono le tre fasi in cui si può sintetizzare
l’approccio alla qualità totale che le aziende occidentali, e in particolare quelle italiane, stanno perseguendo:
 (3 prerequisiti necessari alla qualità totale), descritti sopra
29



Prima fase: I circoli della qualità, descritti nel modulo 4
Seconda fase: Il Company Wide Quality Control, descritto nel modulo 1
Terza fase: I sistemi decisionali di supporto alla qualità: Il ritardo delle aziende italiane in tema di qualità
totale è notevole e si paga; nel legare tuttavia questo ritardo ad un semplice “tempo tecnico” per
l’importazione di nuove metodologie di management nel nostro paese si commette un errore.
L’approccio CWQC, sebbene adattato nella sua implementazione alle aziende italiane, si dimostra spesso
insufficiente all’attivazione del processo di miglioramento continuo della qualità totale. Abbiamo già
detto come un certo clima organizzativo, aperto alla libera contribuzione del singolo, sia per il CWQC un
prerequisito indispensabile alla sua implementazione. Tuttavia è difficilmente ipotizzabile che un simile
clima organizzativo possa essere ricreato in Giappone, America o nel nostro paese usando la stessa
metodologia in realtà sociali e culturali completamente diverse tra loro. Il ritardo delle aziende
occidentali nell’adozione del “modello innovativo” alla qualità probabilmente è dovuto sopratutto ad un
sistema culturale e sociale che rendeva applicabile solo un modello di tipo tayloristico per la qualità.
Probabilmente l’anello di congiunzione che manca ancora tra CWQC e la realtà delle aziende italiane è
costituito dai sistemi decisionali di supporto alla qualità. Il meccanismo operativo che per eccellenza è
orientato alla guida e al perseguimento in modo efficace ed efficiente degli obiettivi aziendali è il sistema
di controllo di gestione. Le aziende devono dotarsi di sistemi di misurazione che inneschino nei membri
dell’organizzazione comportamenti in linea con gli obiettivi aziendali. E’ sopratutto necessario collegare
le risorse non più e non solo al luogo fisico in cui sono utilizzate bensì anche all’attività che ne è la
causa: sistema di controllo di gestione basato sulla contabilizzazione per attività chiamato “ABC”. Ciò
favorisce la programmazione e il controllo della conformità dell’output di ogni singola attività rispetto
agli obiettivi aziendali. E’ questo un maggiore orientamento all’efficacia e all’implementazione del
CWQC.
Emerge in conclusione che l’approccio alla qualità totale è perseguibile solo attraverso soluzioni
organizzative che favoriscano l’integrazione tra i responsabili coinvolti in funzioni diverse. L’evoluzione del
concetto di qualità dal modello tradizionale a quello giapponese spinge l’azienda al passaggio da
organizzazione gerarchica a “rete integrata per progetto”: viene così delineandosi un nuovo sistema aziendale
le cui caratteristiche principali sono l’interfunzionalità, il lavoro di gruppo, le comunicazioni orizzontali, la
delega decisionale, l’allargamento delle mansioni, la flessibilità delle risorse. Ciò determina un appiattimento
della struttura organizzativa
Il problema che oggi si deve affrontare e risolvere in termini di soluzioni organizzative per la qualità non è
quello di riprodurre fedelmente il modello giapponese, bensì di creare le condizioni per le quali in un
contesto produttivo, sociale, culturale, completamente diverso si possa giungere agli stessi risultati positivi
che hanno portato le aziende giapponesi al successo in un mercato che privilegia la qualità intesa in senso
globale.
Comportamento manageriale e principi di gestione per la qualità (Mario Giuli)
L’agire quotidiano da parte del management (comporrtamento focalizzato sul day-to-day) rappresenta
l’elemento chiave di quella preziosa risorsa intangibile costituita da una cultura organizzativa coerente con la
creazione globale del valore e con una performance di qualità. Globalizzazione, sviluppo tecnologico e New
Economy conducono sempre più le aziende verso scelte strategiche di riconfigurazione, sia essa a livello
organizzativo, produttiva o di posizionamento sul mercato. La rapidità del cambiamento rischia di essere
contrastante rispetto a politiche strategiche di qualità e fidelizzazione del cliente. Anche in presenza di
orientamenti strategici più stabili, la trasformazione è assicurata da modelli organizzativi in continuo
movimento, sempre più configurati secondo traiettorie orizzontali, all’interno delle quali il management
stesso sta cambiando la sua fisionomia. L’appiattimento delle strutture e il conferimento di maggiore
autonomia al personale operativo ha portato alla riduzione dei livelli gerarchici; ma l’organizzazione per
processi e il moltiplicarsi di gruppi di lavoro da un lato richiedono un impegno più complesso ai tradizionali
responsabili delle unità organizzative e, dall’altro, creano nuove figure gestionali. Queste ultime sono
demandate al coordinamento di gruppi, e sono caratterizzate non tanto dal potere gerarchico, quanto al
presidio dei raccordi operativi, a porsi come sensori dei bisogni del cliente esterno/interno e come facilitatori
degli interventi di miglioramento. Quale tipo di comportamento aziendale può facilitare l’integrazione e un
rapporto sostenibile tra rapidità del cambiamento e politica della qualità?
30
La recente pubblicazione dei DIS (Draft International Standard) relativi alle future norme ISO rappresentano
un’operazione di sintesi degli elementi ritenuti più efficaci per un adeguato funzionamento nel contesto
descritto. In particolare i DIS ISO 9000:2000 e 9004:2000 si ispirano in modo esplicito a dei principi di
gestione per la qualità nei quali è evidente un avvicinamento all’approccio del Total Quality Management
(TQM) e alla configurazione per processi. Vediamo quindi di analizzare quale architettura di base debba
avere un comportamento manageriale competitivo che sappia perseguire quotidianamente la qualità anche
in scenari di incertezza crescente. L’esposizione è articolata seguendo gli 8 Principi Di Gestione per la
Qualità presenti nei DIS ISO e suddivisi da Giuli secondo tre aree tematiche del comportamento
manageriale:
a) LA GESTIONE DELLE ATTIVITÀ
 Organizzazione orientata al cliente
 Approccio basato sui processi
 Approccio sistemico della gestione
 Decisioni basate su dati di fatto
 Miglioramento continuativo
b) I COLLEGAMENTI ORIZZONTALI/TRASVERSALI
 Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori
c) I COLLEGAMENTI VERTICALI
 Leadership
 Coinvolgimento del personale
a) LA GESTIONE DELLE ATTIVITÀ
 Organizzazione orientata al cliente
Definizione DIS ISO : Le organizzazioni dipendono dai clienti e dovrebbero pertanto capire le loro
esigenze presenti e future, rispettare i loro requisiti e mirare a superare le loro stesse aspettative.
Configurazione Customer Driven delle attività svolte dall’unità organizzativa: il fine gestionale non è più
soltanto un agire secondo i criteri tecnici e normativi della funzione di appartenenza, ma diventa, in primo
luogo, un progettare l’azione finalizzandola alle aspettative del cliente. La capacità di ascolto del cliente è
l’innovazione chiave: questa appare oggi sufficientemente acquisita, in termini generali, per quanto riguarda
il versante del cliente finale, soprattutto da parte delle grandi aziende, grazie alle politiche di Customer
Satisfaction. La prassi manageriale orientata al cliente interno appare invece molto più lenta a manifestarsi. Il
Team di processo- ossia il gruppo di lavoro composto dai responsabili delle unità organizzative coinvolte in
un processo- appare una delle modalità più valide per gestire con qualità ed efficienza i rapporti interni in
chiave cliente-fornitore.
 Approccio basato sui processi
Un risultato desiderato si ottiene con maggiore efficienza quando le relative attività e risorse sono
gestite come un processo
Nelle organizzazioni c’è un’attenzione sempre maggiore verso il governo dei processi, cioè un modello di
funzionamento che enfatizza i collegamenti orizzontali, mirando a rendere sempre più fluide, efficienti e
integrate le attività che creano valore.
L’ottica processiva ha contribuito a modificare la figura di chi gestisce: l’unità organizzativa va inquadrata in
un network di processi e di relazioni cliente-fornitore, e dunque le competenze di carattere tecnico/funzionale
debbono essere giocoforza integrate da altre di tipo organizzativo e relazionale.
La nuova configurazione ha condotto inoltre alla creazione di una nuova figura, quella del Responsabile di
processo (Process Owner), ossia una posizione di supervisione globale di quelle attività che, tagliando
trasversalmente le unità organizzative, costituiscono il processo vero e proprio. Altra innovazione è quella
31
della costituzione dei Team di processo e cioè dei gruppi che devono concretamente operare per il
miglioramento continuo delle attività, e che sono spesso composti dai responsabili delle strutture coinvolte
nel processo.
32
 Approccio sistemico della gestione
Identificare, capire e gestire un sistema di processi interconnessi per perseguire determinati obiettivi
contribuisce all’efficacia e all’efficienza dell’organizzazione
Il modello per processi accoglie la rilettura del concetto di obiettivo del Management by Objectives più
classico. Se qui il risultato si attendeva perlopiù dal singolo manager nell’ambito delle sue responsabilità di
settore, e doveva essere espresso in termini di profitto/costi, nel TQM va considerato come un output finale
che interessa verticalmente più livelli (globale, di unità, individuale) ed è altresì frutto di una sequenza
orizzontale di flussi la cui efficacia ed efficienza va misurata su più parametri. In quest’ottica la gestione per
obiettivi guarda congiuntamente al prodotto/servizio realizzato (il cosa) al processo che consente di
realizzarlo (il come) e all’interconnessione tra i vari obiettivi e processi organizzativi (il dove).
Il Principio DIS ISO sottolinea quindi l’importanza, per il manager, di possedere quella visione sistemica che
consente di comprendere e governare le proprie aree di responsabilità anche in situazioni di forte e costante
cambiamento.
 Decisioni basate su dati di fatto
Le decisioni efficaci si basano sulla analisi, logica ed intuitiva, di dati ed informazioni reali
Il riferimento contenuto nel principio DIS ISO delinea un comportamento decisionale del manager in cui è
auspicabile che l’aspetto razionale e quello più creativo si fondano in una sintesi che conduca ad un’azione
efficace. Ma, a tal fine, la fase analitica deve comunque poggiare il più possibile su elementi conoscitivi
reali.
Nell’esperienza aziendale, uno dei principali ostacoli è la carenza o talvolta assenza di statistiche relative alla
performance realizzata in passato quando ci si addentra nello studio delle prestazioni riferite ai processi, alle
specifiche unità organizzative o ai singoli individui. Questa situazione ostacola l’analisi razionale dei dati e
delle informazioni reali, poiché viene a mancare la possibilità di un raffronto con la performance pregressa.
Ciò porta i manager a costruire, per le prestazioni della propria unità organizzativa, indicatori di qualità,
tempi e costi. L’accortezza è quella di inserire gradualmente con la partecipazione dei collaboratori le
modalità di misurazione facendole diventare parte dello standard operativo.
Vi è dunque, da parte dei manager, un comportamento dove l’attenzione agli obiettivi deve andare di pari
passo con quella relativa agli strumenti di misurazione. La distinzione tra:
- indicatori esterni  relativi alla qualità del prodotto/servizio offerto e quindi desumibili
attraverso la conoscenza delle opinioni e dei comportamenti del cliente e il riscontro con le
specifiche tecnico/produttive
- indicatori interni  relativi alla qualità e all’efficienza del processo
aiuta il manager a strutturare i vari punti di controllo delle performance e a monitorare il rapporto tra risultati
attesi e risultati effettivi.
 Miglioramento continuativo
Il miglioramento continuativo è un obiettivo permanente nell’organizzazione
Principio divenuto un credo assai condiviso, anche se all’atto pratico non tutte le organizzazioni che
professano questo orientamento lo perseguono all’interno di un quadro d’intervento sistematico e coerente. I
benefici di un Piano di Miglioramento spesso non sono immediatamente fruibili, ma una delle chiavi di
successo delle aziende leader di settore risiede proprio nella capacità di migliorarsi costantemente e di
coniugare soddisfazione del cliente, fidelizzazione e redditività. Il miglioramento continuativo ha infatti
come tipico campo di applicazione il funzionamento operativo : “fare bene le cose la prima volta” è infatti la
regola base per una gestione orientata alla qualità e all’efficienza. Tuttavia un’organizzazione eccellente
considera anche eventuali possibilità di errore nella performance e, di conseguenza, il miglioramento
riguarda anche la programmazione degli interventi da intraprendere automaticamente in tal caso, difatti
l’intervento tempestivo e risolutivo del problema comunica al cliente una percezione di affidabilità e, non di
rado, riesce a trasformarsi in un vero e proprio intervento di fidelizzazione.
33
b) I COLLEGAMENTI ORIZZONTALI/TRASVERSALI
 Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori
Un rapporto di reciproco beneficio per l’organizzazione e i propri fornitori migliora la capacità di
entrambi nel creare valore
Il perseguimento delle strategie di creazione globale del valore ha mostrato tutta la sua importanza di puntare
alla piena soddisfazione di tutti gli stakeholder dell’organizzazione, tra questi il rapporto con i fornitori
rappresenta uno dei collegamenti fondamentali del sistema.
L’orientamento processivo amplia l’ambito ai collegamenti interni tra unità organizzative. Con riferimento a
questa estensione possiamo formulare un paio di considerazioni ai fini di un comportamento manageriale
efficace:
- la prima riguarda un’estensione del concetto relativo al rapporto cliente-fornitore, vengono
riconosciute come “fornitore” e “cliente” le strutture che erogano e ricevono gli output finali,
tuttavia anche gli output intermedi andrebbe considerati in questa ottica, definendo “fornitore”
colui che emette un output rivolto ad un destinatario e “cliente” il destinatario dell’output
medesimo, al di là del tipo di strutture e persone coinvolte o della loro collocazione nell’ambito
dei processi. In altre parole è la responsabilità dell’azione specifica a determinare il ruolo di
cliente o fornitore;
- la seconda è legata alla soluzione in base alla quale governare i collegamenti cliente-fornitore, il
team di processo, ossia il gruppo rappresentato dai responsabili delle unità organizzative
coinvolte nel processo medesimo, rappresenta un modo interessante di gestire questo aspetto.
c) I COLLEGAMENTI VERTICALI
 Leadership
I capi stabiliscono unità d’intenti, indirizzi e l’ambiente interno dell’organizzazione. Essi creano il clima
adatto al pieno svolgimento del personale nel perseguimento degli obiettivi dell’organizzazione.
Il funzionamento organizzativo non può prescindere dal coinvolgimento del personale, il manager ha
bisogno di tarare il gruppo di collaborazione su alti livelli di autonomia, responsabilità, proattività e
polifunzionalità. Lo sviluppo della motivazione nel collaboratore è un classico tema di leadership ma la
mobilitazione verso obiettivi comuni di un gruppo assume un livello di complessità decisamente superiore.
In questa situazione di continuo cambiamento acquistano grande rilievo da un lato le capacità del manager di
monitorare costantemente l’evoluzione del rapporto di fattibilità “obiettivi-attività-collaboratori” e la
capacità di ritarare di conseguenza il rapporto suddetto, avendo cura di considerare congiuntamente aspetti
operativi, relazionali e motivazionali.. Soltanto un’interazione continua con i collaboratori può rendere
possibile il conseguimenti di risultati elevati.
 Coinvolgimento del personale
Le persone a tutti i livelli costituiscono l’essenza dell’organizzazione ed il loro pieno coinvolgimento
permette di mettere le loro abilità al servizio dell’organizzazione.
La necessità aziendale di ottenere qualità ha prodotto in molte imprese un orientamento gestionale che mira
al pieno coinvolgimento raccomandato da questo principio attraverso lo sviluppo del grado di autonomia e
responsabilità dei collaboratori (empowerment).
Sviluppare persone empowered vuol dire nutrire fiducia nei loro confronti, dare loro il tempo di imparare e
mettere in conto la possibilità di errori o incertezze: tutto ciò non sempre collima con la cultura aziendale,
spesso incline a leggere esclusivamente il risultato a breve termine.
La realizzazione concreta di questa modalità offre indubbi vantaggi sia a livello di performance che di clima
organizzativo con collaboratori motivati e partecipi.
34
MODULO 4
LA CENTRALITA’ DELLA RISORSA UMANA NELL’APPROCCIO ALLA
QUALITA’
VALORIZZAZIONE E GESTIONE DEL PERSONALE
I prodotti di oggi, in modo sempre crescente, non hanno più nella componente tecnologica e materiale, la
loro centralità rispetto alla quale servizio e comunicazione erano considerati accessori o comunque elementi
periferici, ma proprio in questi ultimi ritrovano la loro capacità distintiva e competitiva, il vero valore
differenziale che l’impresa può fornire al cliente.
La sola caratteristica intrinseca nel prodotto, derivante da tecnologia e processi, non è più sufficiente a
soddisfare le esigenze di qualità dei clienti e della società, né rappresenta più il punto centrale dell’offerta.
La “qualità di serie”, che è appunto quella che deriva dalle specifiche tecniche dei materiali, dei processi di
produzione, dei prodotti, non è quella voluta ne la sola: la qualità del servizio passa da attributi
supplementari e differenziali. Occorre infatti focalizzare i propri sforzi e le proprie energie
sull’accumulazione delle risorse invisibili e sull’apprendimento continuo di capacità e competenze che
consentano di soddisfare meglio le esigenze e i desideri latenti dei consumatori.
L’uomo costituisce un fattore determinante per il successo di un programma di miglioramento della qualità.
Da una gestione fondata essenzialmente sul controllo, si tratta di passare ad una innovativa, basata sulla
valorizzazione e formazione.
Appare interessante riportare la differenza tra una prima impostazione (in qualche modo occidentale) che
cerca di ottenere dai dirigenti il maggior numero possibile di nuove idee, poi implementate dal personale
esecutivo, ed una seconda impostazione di origine orientale, che chiede invece ai propri dirigenti di
mobilitare le risorse intellettuali di tutto il personale verso il perseguimento degli obiettivi aziendali.
Non è quindi un caso che, mentre per i giapponesi l’individuo è sempre stato il punto di riferimento
principale, nelle aziende occidentali l’uomo lavoratore è stato a lungo considerato come un semplice
prestatore d’opera.
La qualità della persona che lavora è presupposto alle tante qualità dell’impresa. La qualità coinvolge, ed ha
come effetto la ricomposizione tra persona e lavoro.( qualita come modo per coinvolgere le persone ed il loro
lavoro.)
Valorizzare le risorse umane significa riconoscerne il loro carattere strategico, apprezzare l’apporto che
possono offrire. L’apporto che tipicamente, in accordo con le prescrizioni tayloristiche, si richiedeva al
personale operativo, si limitava allo svolgimento di mansioni di ridotto contenuto intellettuale e
professionale in cui la prestazione di lavoro si identificava con lo svolgimento di attività manuali.
E’ sul manager che oggi grava la responsabilità del miglioramento delle prestazioni dei propri dipendenti, sia
in termini di produttività sia sopratutto in termini qualitativi.
A tutti i livelli direttivi i manager dispongono della possibilità di incidere sensibilmente su quei fattori che
risultano determinanti ai fini del livello prestazionale dei propri diretti subordinati:
 Motivazione: è un fatto personale e l’organizzazione deve creare le condizioni per sviluppare tale
aspetto (es “sono orgoglioso di far parte di questa organizzazione”). L’impegno e la motivazione dei
dipendenti sono il risultato dell’azione di tre fondamentali fattori: il senso di appartenenza
all’organizzazione, la sensazione di svolgere un lavoro stimolante, la fiducia nella leadership
manageriale.
 Sviluppo dei propri collaboratori: riguarda i percorsi di crescita delle persone (fare qualità significa
imparare a fare meglio quello che sto facendo). Operare in una prospettiva di lungo periodo
significa assumersi il compito di formare i futuri dirigenti , guidando il processo di crescita
professionale ed umana dei propri sottoposti, mettendoli in condizione di sviluppare esperienze e
capacità, e di fornire all’azienda un contributo sempre più qualificato.
35

Aspetti organizzativi della leadership di gruppo: il fatto di disporre di personale capace e motivato
non è sufficiente ad assicurare validi risultati, se disgiunto da una chiara definizione degli obiettivi,
da una adeguata pianificazione delle attività, da una razionale ripartizione dei compiti. La
responsabilità chiave del manager si esplica nel tradurre gli obiettivi in azione.
Gestire le risorse umane significa impiegarle in maniera finalizzata alla dinamica della qualità. Questo
significa responsabilizzare il personale: mettere a servizio le proprie tecniche – conoscenze per prendere
decisioni efficaci. Gli obiettivi operativi della gestione delle risorse umane sono:
 Sviluppare comportamenti attivi
 Essere in grado di utilizzare tutte le informazioni
Quando si sposta la priorità sui processi e sugli sforzi non è quindi più ammissibile un sistema di gestione del
tipo “check and balance” (cioè qualcuno controlla e poi agisce di conseguenza, concezione centralizzata),
ma ci si orienta su un sistema fondato sul “trust and delegate” (dare fiducia e delegare), che vede il
superamento del concetto di controllo diretto del capo sul collaboratore.
La centralità dell’uomo nell’approccio alla qualità totale
La divisione del lavoro tayloristica e la separazione delle funzioni hanno condotto alla parcellizzazione del
lavoro e di conseguenza alla alienazione dell’uomo ed al suo asservimento alla macchina.
Solo da qualche tempo si ha correttamente compreso quanto sia importante la valorizzazione del patrimonio
umano di ogni azienda: il contributo di creatività e professionalità delle risorse umane è indispensabile per
vincere la sfida della competitività.
Anche la qualità quindi, naturalmente, è una conseguenza dell’attività dell’uomo. Il compito dei manager, in
un ambiente a qualità totale, è dunque quello di pianificare e realizzare un rapporto dipendente – azienda che
veda i primi coscienti della propria responsabilità, degli obiettivi e dei risultati attesi, e la seconda
caratterizzata da una flessibilità tale da permettere attraverso un graduato decentramento delle responsabilità,
la realizzazione dei risultati finali.
Il punto chiave del modello della Qualità Totale è l’utilizzo delle risorse umane, in una prospettiva
profondamente diversa e con modalità completamente rinnovate, che vedono l’uomo completamente
coinvolto nell’attività di produzione del valore e nella missione aziendale. Si tratta a ben vedere di un vero e
proprio cambiamento della cultura aziendale.
Il “perno” di questa strategia è la diffusione in massa delle tecniche e delle metodologie della qualità di
problem - solving, e degli strumenti statistici con cui misurare e realizzare il cambiamento dei nuovi valori e
del nuovo orientamento dell’impresa.
La formazione di solito concepita come uno strumento da utilizzare sporadicamente e saltuariamente, diviene
oggi in una azienda orientata alla qualità uno strumento di gestione permanente e quotidiano → superamento
del sistema funzionale che si basa sul principio della suddivisione dei compiti.
Si modificano profondamente i rapporti tra i livelli gerarchici: il rapporto con il superiore non è più quello
dell’ispezione, del controllo e della delega, ma piuttosto di reciproca collaborazione e partecipazione al
miglioramento degli output e dei processi.
La direzione per politiche e il Daily Routine Work
La direzione per politiche è un processo manageriale coerente con i principi del CWQC, verso il quale si
traducono i piani strategici di lungo periodo dell’impresa in coerenti azioni sul medio e breve termine,
finalizzate a conseguire notevoli miglioramenti in un ridotto numero di aree critiche dell’attività d’impresa.
Caratteristica peculiare della direzione per politiche è il fatto di mobilitare il personale su poche priorità e
obiettivi. Lo scopo è di ottenere miglioramenti innovativi in quelle aree che sono più importanti per l’azienda
nel quadro di una visione a lungo termine. In questo contesto grande importanza assume l’integrazione fra i
flussi di comunicazione top – down e bottom – up.
Si tratta dunque di un approccio pragmatico, consistente nell’affrontare e rimuovere i principali problemi,
per poi orientarsi verso nuovi obiettivi, mantenendo però costantemente il riferimento alla missione
aziendale.
Mentre con la direzione per politiche si gestiscono i grandi miglioramenti decisi dal vertice, con il Daily
Routine Work si opera intorno al mantenimento delle prestazioni e i piccoli miglioramenti. Il DRW può
considerarsi un processo manageriale svolto da ogni ente aziendale che persegue l’obiettivo della piena
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soddisfazione dei propri clienti attraverso il controllo sistematico e il miglioramento continuo di ogni
attività/processo al quale viene applicato; ciò avviene sistematicamente su base giornaliera ed in modo
permanente. E’ possibile quindi mettere in risalto alcune caratteristiche fondamentali di questo processo,
proprie del CWQC: i clienti a valle come riferimento prioritario, l’autonomia locale di iniziativa, il
mantenimento attraverso il controllo sistematico, aggiunte continue di nuovi miglioramenti incrementali.
STRUMENTI ATTRAVERSO CUI SI COSTRUISCE LA QUALITA’
A) Interventi a supporto dei cambiamenti strutturali
Significa intervenire su:
 Conoscenze: ciò che le persone sanno, attraverso processi di apprendimento. Intervenire sulla
conoscenza comporta approfondire argomenti quali tecnologia, metodologie, specifiche progettuali,
prodotti e mercato, standard e regole, ecc...
 Capacità: ciò che le persone sanno fare in virtù della esperienza fatta applicando conoscenze.
Intervenire sulle capacità comporta approfondire l’abilità del personale circa la valutazione delle
soluzioni, problem solving, gestione del cambiamento, ecc..
 Comportamenti: come le persone agiscono. Intervenire sui comportamenti significa motivare,
orientare all’obbiettivo, empowerment, ecc..
B) La formazione
Deve essere permanente e quotidiana, finalizzata al lavoro di squadra (è il gruppo che porta avanti un
processo, non il singolo) e mirata agli strumenti per il Knowledge Management. Deve essere finalizzata alla
qualità, orientata al miglioramento continuo. La qualità comincia con l’addestramento e finisce con
l’addestramento; è un problema di tutti, cui tutti debbono essere sensibilizzati ed addestrati. Ma addestrare
implica formare i docenti, trovare forme, canali, strumenti...
C) La valutazione
Al di là del fatto che venga formalizzata o meno, la valutazione c’è sempre, è un’attività fondamentale. E’ il
giudizio che esprimo sull’attività lavorativa delle persone, giudizio che si basa sul conseguimento dei
risultati predefiniti. I team work devono essere incentivati; e questo significa condivisione delle valutazioni e
premi di squadra collegati agli esiti. Gli obiettivi di qualità sono perciò inscritti nelle schede di valutazione
condivise.
D) Lo stile di direzione
La qualità si costruisce anche attraverso uno stile di direzione efficace ed adatto al contesto. Abbiamo
individuato tre stili principali:
 Stile Y (e X) di Mc Gregor: è l’atteggiamento del capo, di chi affida un lavoro a qualcuno, che crea le
premesse per come verrà svolto il lavoro stesso( motivazione/ demotivazione). Lo stile di direzione
influenza il comportamento del collaboratore. La direzione deve essere sempre attenta al processo di
miglioramento del personale.
 Stile partecipativo: l’attivazione delle capacità e delle potenzialità creative dei dipendenti non pare
possa disgiungersi dall’adozione di uno “stile di direzione di tipo partecipativo” che riesca a
sviluppare percorsi formativi e di crescita degli individui. Ciascuno è chiamato ad essere partecipe
come protagonista del proprio processo decisionale, e si appropria del rapporto del rapporto tra causa
ed effetto che caratterizza le proprie azioni. Il manager deve saper ascoltare e coinvolgere i
dipendenti, aiutare i propri collaboratori, essere in grado di valorizzare le individualità gestendo con
intelligenza la delega.
 Teoria Z: è la teoria che identifica il modello delle relazioni capo – subordinato del modello
giapponese. In questo modello i “team work” sono talmente forti e affiatati che diventano quasi dei
“clan”.
E) I luoghi della qualità
Non esiste un luogo deputato alla qualità; si parla di luoghi dove la logica dell’interesse comune porta a fare
sempre meglio, luoghi in cui si esprimono atteggiamenti creativi e responsabili, idee innovative, cura per il
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lavoro. Il contesto è in grado di guidare il nostro comportamento. La qualità è il frutto di come il lavoro
quotidiano viene costruito.
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METODOLOGIE DI COINVOLGIMENTO DELLE RISORSE UMANE
Coinvolgere significa sviluppare nelle risorse umane un sentimento di impegno personale nei confronti del
contesto. Le metodologie di coinvolgimento individuate sono tre:
 Tramite suggerimenti paralleli: es la cassetta delle idee
 Nel lavoro: es arricchimento della mansione, gruppi di lavoro
 Di tipo globale: azionariato, diritti di proprietà
Queste metodologie si differenziano per:
 Distribuzione delle informazioni
 Premi e riconoscimenti
 Competenze necessarie
 Potere decisionale
 Limiti
COINVOLGIMENTO
TRAMITE
SUGGERIMENTI
PARALLELI
COINVOLGIMENTO
NEL LAVORO
COINVOLGIMENTO
DI TIPO GLOBALE
INFORMAZIONI
Sui problemi
Sullo sviluppo del lavoro
Sul business
PREMI
Per le idee migliori
Per le capacità
Sui risultati complessivi
COMPETENZE
Operative
Sul
processo
relazionali
POTERE
LIMITI
Modesto
spostamento
verso il basso del potere
decisionale
Resistenza dei livelli
intermedi, frustrazione
per i portatori di idee
non accolte
METODOLOGIE DI COINVOLGIMENTO:
MANAGEMENT BY DIRECTIONS
Potere condiviso
prendere decisioni
e
nel
/
Potere condiviso
Difficoltà di adattamento Modello
dei livelli intermedi
culturale/sindacale
DA
MANAGEMENT
BY
OBJECTIVES
A
Management by Objectives
Gestione per obiettivi, se si raggiunge un risultato si dà un tot (tipico degli agenti commerciali). Incremento
del livello di responsabilizzazione, ognuno sa dove deve arrivare. In questa situazione, il MBO non è
coerente con i principi illustrati. L’ambiente che oggi si delinea non consente di prefissare, definire con
anticipo, obiettivi precisi verso cui dirigersi. Dirigere per obiettivi potrebbe significare prendere “la mira” su
un bersaglio che viene considerato fermo e che invece si muove ininterrottamente con una traiettoria
imprevedibile.
Management by Directions
L’attenzione sull’obiettivo fa perdere importanza al processo quotidiano con cui si raggiungono gli obiettivi
stessi. Nell’MBD c’è una verifica periodica continua su come viene condotto il lavoro, in una sorta di
evoluzione continua del processo. Il manager può soltanto tentare di immaginarsi direzioni possibili: dirigere
quindi per direzioni, operare nell’ottica del Management by Directions, significa acquisire una visione di
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lungo termine verso cui orientarsi, creare le capacità di rispondere, di anticipare se possibile i mutamenti
dello scenario attraverso lo sviluppo delle potenzialità e della creatività dei propri uomini.
Ciò che li spinge e li motiva è proprio la visione e la possibilità di crescere negli sforzi per raggiungerla. Non
si cerca più di individuare una condizione futura ben definita come obiettivo da raggiungere, ma si crea una
“visione” di uno stato futuro, fondato sulle informazioni disponibili nel presente.
METODOLOGIE DI COINVOLGIMENTO:
COMUNITA’ DI PRATICA
DAI
CIRCOLI
DELLA
QUALITA’
ALLE
“La qualità è affare di tutti”. Nati in Giappone negli anni 60, i circoli della qualità sono il modello
principale attraverso il quale le aziende occidentali sono giunte all’adozione dell’approccio giapponese alla
qualità: grazie alla relativa apparente facilità con la quale possono essere introdotti, i circoli sono stati la
prima fase dell’adozione dei programmi di qualità totale anche in Italia.
Il circolo della qualità è quindi una modalità organizzativa tipicamente giapponese: si basa sulla tipica logica
nipponica del miglioramento continuo. Ogni circolo della qualità consiste in un piccolo gruppo di persone
dello stesso settore aziendale, che svolgono un lavoro simile, in genere alle dipendenze dello stesso
responsabile, che si riunisce periodicamente e volontariamente con il proprio capo per identificare problemi,
analizzarli, trovare soluzioni e proporle → ricerca del miglioramento continuo a livello operativo.
L’obiettivo prioritario dei circoli di qualità è migliorare la situazione facendo leva sulle risorse direttamente
coinvolte e facendo emergere le capacità dei singoli sviluppandone la potenzialità. Prevedono quindi una
logica democratica; si passa da un ruolo basato sulla gerarchia ad uno sulle competenze.
I circoli sono quindi una soluzione organizzativa per la qualità che enfatizzano la crucialità del ruolo del
management intermedio: la responsabilità del capo intermedio come congiunzione tra lavoro manageriale e
lavoro operativo è tale da rendere il potenziamento del suo ruolo l’obiettivo principale per l’introduzione dei
circoli della qualità. Egli ha quindi un ruolo di supporto sia nei confronti del management aziendale sia nei
confronti dei membri dei circoli per l’attivazione dei processi operativi e delle soluzioni che consentono il
miglioramento continuo.
La soluzione dei circoli porta poi ad una maggiore integrazione verticale dell’azienda in nome del
raggruppamento di obiettivi definiti in modo ancora troppo vago., ma importantissimi per l’azienda stessa. In
particolare, attraverso i circoli della qualità si giunge ad un maggiore livello di coinvolgimento dei livelli
operativi nell’individuazione e definizione di quelli che saranno i propri obiettivi.
Andiamo ad individuare i “ruoli” organizzativi dei circoli della qualità:
 Comitato guida: formato da responsabili dei principali settori
 Coordinatore: responsabile del circolo della qualità
 Facilitatore: aiuta l’avvio del circolo e agisce come consulente tecnico
 Componenti: tutti i partecipanti
Per quanto riguarda le comunità di pratica (es Xerox), si tratta di gruppi spontanei (si sviluppano al di fuori
dell’organigramma aziendale e al di là delle intenzioni e della volontà dell’impresa), formati da persone che
fanno lo stesso lavoro ma all’interno di unità operative differenti (o di organizzazioni differenti) e che si
scambiano le loro esperienze attraverso la rete. Sono il luogo sociale nel quale si strutturano le dinamiche
dialogiche ed interattive tra i membri che sono alla base dei processi di produzione, selezione e diffusione
della conoscenza.
Attraverso processi di condivisione di conoscenze e collaborazione per la risoluzione dei problemi, le
comunità si propongono di generare apprendimento: imparare significa acquisire, rispetto ad una determinata
pratica, competenze ed abilità che vengono socialmente riconosciute. L’apprendimento, da fatto
squisitamente individuale e mentale, diventa un fenomeno sociale e collettivo. Ciò permette di introdurre
elementi innovativi.
Sono strutture alternative, informali, rispondenti a logiche e dinamiche profondamente diverse rispetto a
quelle dell’organizzazione (identità, condivisione di conoscenza, pratica vs riduzione dei costi di
coordinamento). Le comunità diventano l’ambito all’interno del quale l’individuo ha la possibilità di iniziare
un percorso di apprendimento che lo porterà ad incrementare ed arricchire il proprio bagaglio professionale,
senza che l’impresa abbia esplicitamente approvato dei programmi di formazione mirati.
Rispetto ai circoli della qualità, le comunità di pratica nascono su canali diversi e incidono fortemente
nell’incrementazione della qualità attraverso modalità non predefinite (cioè attraverso internet, chat, ecc...).
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IL CAMBIAMENTO CULTURALE: LA CULTURA COME PRE – CONDIZIONE
L’attenzione alla qualità non può prescindere dalla cultura, sia in quanto variabile organizzativa forte, sia
nelle sue componenti, che sono: simboli (no spreco, no disordine), valori (soddisfazione del cliente), assunti
(centralità effettiva del cliente).
Gli elementi base della cultura (simboli, valori, assunti) devono essere finalizzati e coerenti ad un contesto di
qualità. La qualità tuttavia non può prescindere da un cambiamento culturale.
Quali sono perciò gli slogan della qualità: quality first, la qualità come rivoluzione mentale, la qualità come
esito dell’operare di tutti → ciascuno determina la qualità.
Quali sono invece gli ostacoli di natura culturale alla qualità:
 far emergere i problemi esistenti
 scarsa propensione al lavoro di gruppo ed alla condivisione di responsabilità
 resistenze all’apprendimento e opposizione dei livelli intermedi
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MODULO 5
QUALITA’ E PRODUZIONE
QUALITA’ DEL PRODOTTO
La qualità del prodotto è “la totalità delle caratteristiche di un oggetto che determinano la sua capacità a
soddisfare determinate necessità”. E’ tutto ciò che compone il prodotto fisicamente inteso.
Qualità del prodotto è perciò conformità alle caratteristiche richieste: la qualità del prodotto dipende dunque
dalle sue caratteristiche, cioè dagli elementi qualificanti del prodotto, ovvero componenti e funzionalità.
Precisiamo che se un’azienda lavora su commissione (ad es per un’altra azienda a valle della filiera
produttiva), le caratteristiche qualitative richieste saranno più chiare: il committente ordina un determinato
prodotto di una determinata qualità e il commissionario produce. Molto diversa è invece la situazione in cui
un’azienda lavora direttamente per il mercato: c’è molta più incertezza e difficoltà nell’ “azzeccare” le
caratteristiche qualitative del prodotto.
Definendo la qualità come la conformità delle alle caratteristiche richieste, vengono eliminati gli elementi
soggettivi della valutazione, sostituiti con criteri di giudizio oggettivi e quantificabili.
Inoltre, potendo quantificare la qualità, le si possono attribuire una serie di costi. Il costo della qualità diventa
il costo che l’azienda deve sostenere per produrre oggetti sbagliati o non conformi ai requisiti richiesti.
Se l’azienda intende evitare molti di questi costi di qualità, deve necessariamente produrre l’articolo o
distribuire il servizio in modo corretto fin dall’inizio e per tutte le fasi successive. Per ottenere questo, tutti
all’interno dell’organizzazione devono essere convinti che le cose vanno fatte bene fin dalla prima volta.
Tecniche per il raggiungimento della qualità
Con l’evolversi della gestione della qualità, il collaudo ha perso per molte aziende quel ruolo primario che
aveva nell’accertamento della qualità. Hanno invece ricevuto notevoli impulsi il miglioramento del progetto
e il controllo del processo produttivo. Questo spostamento di attenzione è decisamente in sintonia con il tema
del “fare bene farlo alla prima volta”.
E’ quindi interesse di tutti spostare l’attenzione dalla semplice osservazione dei prodotti difettosi all’esame
dell’intero processo produttivo.
Caratteristiche qualitative del prodotto
Si dividono in:
 caratteristiche tecniche: funzionali all’obiettivo d’uso. Sono le prestazioni che consentono al
prodotto di svolgere il servizio per cui esso è richiesto. Sono le caratteristiche che maggiormente
influenzano il cliente; consentono un giudizio di sintesi sulle aspettative che il cliente ha
relativamente al prodotto, senza entrare nei dettagli di natura costruttiva, di cui il cliente non ha
solitamente specifica competenza. Sono ad esempio estetica, versatilità, facilità d’uso. Le aspettative
del cliente si concentrano sulle caratteristiche tecniche
 caratteristiche costruttive: implicate nella funzionalità. Sono i requisiti che deve possedere il
prodotto per fornire le prestazioni richieste.
Le fasi della qualità del prodotto
Possiamo distinguere 4 fasi differenti:
1. prodotto rispetto ai suoi concorrenti: la qualità è una forma di adeguamento rispetto al mercato.
2. progetto rispetto alla producibilità (producibilità significa quanto costa il prodotto e le sue
caratteristiche tecniche): possibilità di riprodurne n esemplari che il mercato richiede.
3. produzione rispetto al progetto: possibilità di produrre in conformità rispetto al progetto.
4. servizi di supporto (la logica di supporto è sempre più coinvolta nella fase di progettazione).
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Parametri della qualità del progetto di un prodotto
Probabilmente il concetto fondamentale della gestione della qualità è quello di “adatto per l’uso”. Ciò indica
semplicemente il motivo per cui il prodotto, così come era stato progettato, soddisfa le concrete esigenze del
consumatore.
Mantenere aggiornate le analisi sul comportamento dei prodotti consente alle aziende di utilizzare tecniche
per lo sviluppo del prodotto, in particolare nei riguardi dell’affidabilità, della manutenzione e della sicurezza.
Ricordiamo che la fase di progettazione è la fase più delicata. I parametri che andiamo ad individuare sono:
 Affidabilità: capacità del prodotto di assolvere alla funzione per cui è stato concepito. Si misura in
termini di tasso di rottura (misurazione del numero di guasti in una data unità di tempo) e tempo
medio di rottura (tempo medio che trascorre prima del primo guasto di un prodotto). Tali misure di
affidabilità sono importanti nella fissazione degli standard di comportamento che il prodotto, cos’
come è stato progettato e costruito, deve soddisfare, e anche per aiutare nella valutazione dei
problemi di qualità presenti nel prodotto
 Disponibilità: intervallo durante il quale il prodotto è predisposto per il funzionamento. Si misura
grazie all’intervallo medio tra due guasti non previsti; è un indicatore di usura.
 Manutenibilità: caratteristiche che definiscono facilità e rapidità con la quale un prodotto può essere
rimesso in funzione. Si misura grazie al tempo di riparazione.
I parametri devono essere adeguati rispetto agli obiettivi di posizionamento del prodotto. Parlare di
adeguatezza significa conoscere con esattezza ciò che il cliente richiede rispetto a ciò che si offre.
Il processo produttivo
Nel processo produttivo, la qualità dipende:
 Dalla adeguatezza del sistema di produzione in termini di livello tecnologico, logistica, flusso medio;
 Dalla adeguatezza delle singole postazioni di lavoro in termini di ergonomia (studi legati alla
posizione che il lavoratore deve assumere; inerente al tema dell’ergonomia è il tema sulla sicurezza
del lavoro) e padronanza delle operazioni.
In generale la qualità è prima di tutto derivante dall’uomo. Ma nella produzione industriale, il sistema
produttivo è spesso talmente complesso che è sul processo più che sull’uomo che ci si deve concentrare per
fare qualità.
Qualità, controllo e miglioramento
Controllare è verificare la corrispondenza tra programmato ed agito. Il controllo si declina in 2 dimensioni:
 Accuratezza: indica il grado di cura usato nel processo di controllo; l’accuratezza condiziona
l’affidabilità
 Dislocazione del controllo: ex ante o ex post? Fa quindi riferimento a quando compio il controllo.
La qualità è fortemente ancorata al controllo del processo/prodotto.
In un processo operativo la qualità può essere migliorata solo quando tutte le persone coinvolte diventano
consapevoli del fatto che le proprie mansioni influenzano la qualità. L’obiettivo è di non avere più problemi
di qualità e di ottenere prodotti perfetti.
Secondo tale punto di vista, lo standard di “zero difetti” deve riguardare tutti coloro che intervengono nella
lavorazione. Uno standard “zero difetti” non implica semplicemente che tutti i lavoratori si comportano al
meglio delle proprie possibilità; piuttosto presuppone che tutti si aspettino di produrre con “zero difetti”, o
che tutti modifichino le proprie procedure di lavorazione per ottenere una produzione senza pecche.
Tutte le cause di errori o potenziali errori devono essere rimosse e le procedure di lavorazione modificate
cos’ da essere perfette la prima volta e per sempre.
Il punto decisivo è che ciascun difetto deve essere rimosso se si vuole ottenere un prodotto di qualità. Se
deve essere raggiunto lo standard di “zero difetti”, il management e i progettisti devono essere coinvolti per
aiutare la forza lavoro nella risoluzione di particolari problemi: sono loro al servizio della mano d’opera e
non il contrario.
Philip Crosby e i suoi collaboratori sostengono che la definizione di qualità sia “gratuita”, e che il modo per
produrre a costi minimi sia sempre quello di produrre in modo corretto la prima volta.
Quello che i giapponesi e altri ci hanno insegnato, è che il livello ottimale di errori è molto più basso di
quello che si è ritenuto fin’ora.
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I 7 Tools manageriali
Nascono negli anni ’50 negli U.S.A., si diffondono poi in Giappone e sono adesso utilizzati in tutto il mondo.
Erano focalizzati dapprima sul prodotto, poi estesi a tutti i processi aziendali. Logica di problem solving e
approccio quantitativo-statistico. Si tratta di:
1) Foglio di raccolta dati;
2) Tabelle e grafici;
3) Diagramma causa-effetto;
4) Diagramma di Pareto;
5) Analisi di stratificazione;
6) Analisi di correlazione;
7) Carte di controllo.
I nuovi 7 Tools
Si tratta di strumenti di problem finding. Danno informazioni anche di tipo qualitativo. Sono di 3 tipi:
chiarificatori, organizzativi e di finalizzazione.
1. CHIARIFICATORI
a) Diagramma delle affinità
Razionalizzare e focalizzare problemi complessi; obiettivi: individuare le proprietà logiche;
far emergere informazioni da idee non correlate; creare nuove idee.
b) Diagramma delle relazioni
Scomporre un problema nelle sue componenti fondamentali e mettendo in evidenze le
relazioni causa-effetto.
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2. ORGANIZZATIVI
c) Diagramma ad albero: dispone in sequenza mezzi-fini, come si arriva ad un obiettivo
evidenziando i passaggi intermedi
d) Diagramma a matrice: evidenzia relazioni tra variabili
e) Analisi matrici-dati: interpreta il diagramma a matrice, attraverso gestione informatica, perché
collega e riduce la complessità.
3. FINALIZZAZIONE
f) Diagramma PDPC (Process Decision, Program Chart-Flow Chart): consente di rappresentare
percorsi logici completi.
g) Diagramma a frecce (PERT, Programm Evaluation and Review Technique): scompone un
programma di lavoro in un reticolo.
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IL CONTROLLO QUALITÀ
La valutazione della qualità
Cosa significa “qualità”: conformarsi alle caratteristiche del prodotto o servizio così come esse vengono
delineate dai progettisti e dal management. Se il prodotto soddisfa le caratteristiche richieste, allora è un
prodotto di qualità sia esso una Fiat Panda o una Ferrari Testarossa. Con questa definizione vengono
eliminati gli elementi soggettivi della valutazione.
Per evitare i molti costi di qualità, l’azienda deve necessariamente produrre o distribuire in modo corretto fin
dall’inizio e per tutte le fasi successive. Inoltre tutti all’interno dell’organizzazione devono essere convinti
che le cose vanno fatte bene fin dalla prima volta.
Il miglioramento della qualità: in un processo operativo la qualità può essere migliorata solo quando tutte le
persone coinvolte diventano consapevoli del fatto che le proprie mansioni influenzano la qualità e che può
rendersi necessario reimpostare le procedure e le abitudini di lavorazione per una più efficace prevenzione
degli errori.
Uno standard “zero difetti” presuppone che tutti si aspettino di produrre con zero difetti. Tutte le cause di
errori o potenziali errori devono essere rimosse. Operai e management devono analizzare gli errori per
determinare quali particolari difetti presentano il prodotto o il servizio: non è più possibile continuare a
vedere gli operai come meri esecutori delle volontà del management o dei progettisti.
L’atteggiamento del management nei confronti della qualità: in un’azienda sensibilizzata ai problemi di
qualità, i prodotti difettosi non sono un pretesto per accusa, ma semplicemente un’indicazione delle necessità
che tutti lavorino insieme per eliminare le cause di imperfezione. In queste aziende il costo della qualità (cioè
di insuccesso, di rilevazione e di prevenzione) è noto a tutti e comunicato costantemente.
Philip Crosby ha suggerito una procedura di 14 fasi, che richiedono da un anno a 18 mesi per essere
completate:
1. ottenere l’impegno del management
2. costituire un gruppo di lavoro per il miglioramento della qualità
3. compiere misurazioni della qualità
4. stimare il costo della qualità
5. diffondere la consapevolezza dei problemi di qualità nell’azienda
6. incoraggiare le azioni correttive
7. costituire un apposito comitato per il programma “zero difetti”
8. istruire i responsabili
9. raggiungere la giornata “zero difetti”
10. fissare gli obiettivi
11. rimuovere le cause di errori
12. premiare i progressi
13. costituire un circolo di qualità
14. normalizzare le procedure per il futuro
Tecniche per il raggiungimento della qualità
Con l’evolversi della gestione della qualità, il collaudo ha perso quel ruolo primario che aveva
nell’accertamento della qualità. Hanno invece ricevuto notevoli impulsi il miglioramento del progetto e il
controllo del processo produttivo. Questo è decisamente in sintonia con il tema del “fare bene e farlo la
prima volta”
La progettazione del prodotto: un prodotto deve essere “adatto per l’uso”.
Stadi di sviluppo del prodotto:
1. sviluppo dell’idea e fattibilità
2. progettazione dettagliata
3. prototipo
4. prototipo industriale
5. la produzione su larga scala
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6. variazioni del progetto a lancio già avvenuto
In ciascuno di questi sei stadi vi sono gli strumenti per poter individuare eventuali problemi nel prodotto in
fase di sviluppo.
Affidabilità, costi di manutenzione e sicurezza:
Affidabilità: vi sono diversi modi per misurare l’affidabilità di un prodotto. Esempi: il “tempo medio tra
insuccessi”, il “tempo medio di rottura”, il “tempo medio tra manutenzioni”, i tassi di rottura e le misure di
“durata” e “vita media” del prodotto.
Tali misure di affidabilità sono importanti nella fissazione degli standard di comportamento che il prodotto
deve soddisfare e possono portare ad una riprogettazione.
Manutenzione: il concetto di manutenzione si riferisce ai modi in cui il prodotto può essere conservato dal
consumatore. Anche le misurazioni di manutenzione possono essere usate non solo come indicatori di
traguardi da raggiungere in sede di progettazione e fabbricazione, ma anche come elementi di valutazione
nell’analisi di quello che può riguardare una manutenzione semplice e poco costosa del prodotto.
Sicurezza: una corretta gestione della sicurezza significa una meticolosa analisi del prodotto, del design e
della fabbricazione. La sicurezza deve essere quantificata, così come l’affidabilità e la manutenzione.
Generalmente vengono individuate diverse classi di rischio, che vano dal catastrofico al trascurabile.
Il processo produttivo: il problema dell’adeguatezza del processo produttivo può essere scomposto nella
duplice questione: dell’adeguatezza del sistema di produzione e delle stazioni di lavoro individuali comprese
nel sistema.
Perché il processo produttivo possa dare prodotti di qualità, è necessario misurare periodicamente la sua
capacità in modo che il management sia sicuro di comportarsi secondo quanto progettato e di non
allontanarsi da una produzione di qualità. Uno strumento statistico che è stato largamente usato è
rappresentato dai grafici di controllo per la misurazione dell’adeguatezza di un processo. Osservando i
grafici si è in grado di stabilire se il processo produttivo sta peggiorando o se è in grado di conservare la sua
capacità produttiva. Il grafico di controllo viene usato per separare le origini casuali di variazioni nella
qualità del prodotto da quelle non casuali.
Fissando il limiti del controllo a  3 volte le deviazioni standard della popolazione da medie di piccoli
campioni, ci si assicura che le origini casuali indicano falsi allarmi solo nello 0,3 dei casi.
La linea mediana potrebbe essere la media dei dati passati o un valore standard fissato dalla progettazione.
Le deviazioni standard usate per i limiti di controllo sono generalmente ricavate dalle medie dei campioni
passati.
L’identificazione dei problemi di qualità attraverso l’uso dei grafici di controllo non è sufficiente: devono
essere ricercate le cause e prese le relative misure correttive.
 I dati come approssimazione della realtà
 Sistematizzazione dell’indagine
 Rendere
infallibile
il
processo
produttivo.
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QUALITA’ DEL SERVIZIO
Il servizio è un bene intangibile che presuppone contemporaneità tra produzione ed erogazione. Il sevizio
oggi non è mai una singola prestazione, infatti si parla di pacchetti di servizi.
Un pacchetto di servizi è l’insieme organico dei vari elementi offerti al cliente, che sono di tre tipi:
 Beni che creano l’opportunità
 Intangibili espliciti (vantaggi fisici)
 Intangibili impliciti (vantaggi psicologici)
In particolare, in mancanza della tangibilità del prodotto fa premio l’immagine; nei servizi, prevalente è la
componente soggettiva ed empatica. Inoltre, la posizione competitiva delle aziende di erogazione di servizi è
molto precaria: solitamente le barriere all’entrata sono basse → fondamentale è fidelizzare il cliente.
La gestione della qualità di un servizio è un’operazione molto complessa. Primo perchè la qualità dei servizi
è anzitutto percezione di qualità. E’ infatti difficile pèr le aziende comprendere precisi criteri di valutazione
della qualità, stabilire specifiche di produzione, comunicare elementi che hanno una natura intangibile e
formulare di conseguenza i prezzi. Chi offre un servizio deve perciò rendere tangibile l’intangibile.
Per una più approfondita analisi delle caratteristiche qualitative del servizio occorrerebbe fare riferimento
alla specificità dei singoli settori industriali, commerciali e del terziario
Quando parliamo di servizi, la qualità si valuta al momento di erogazione. Sono perciò importanti:
 capacità progettuali: capire le aspettative del cliente obiettivo
 professionalità e atteggiamento del front – office
 copertura dell’assistenza tecnica sul territorio
 supporto e ubicazione del venditore
 disponibilità di parti di ricambio e accessori
 possibilità di personalizzazione del servizio e puntualità nelle consegne
...ma anche il comportamento dell’utente. In sintesi, qualità è ciò che i clienti percepiscono.
Le dimensioni della qualità che entrano in gioco nel servizio
Fondamentalmente, la qualità di un servizio ha due dimensioni:
 La qualità tecnica del risultato: è ciò che resta al cliente, una volta conclusi il processo di produzione
e le interazioni acquirente – venditore. Spesso, ma non sempre, questa dimensione può essere
misurata abbastanza obiettivamente dai clienti a causa del suo carattere di soluzione tecnica di un
problema. Corrisponde perciò a cosa viene fornito.
 La qualità funzionale del processo: è il modo con cui il cliente riceve il servizio e sperimenta il
processo simultaneo della produzione e del consumo. Corrisponde perciò a come viene fornito il
servizio. E’ una componente fortemente soggettiva.
Sulla base di queste due dimensioni l’azienda si costruisce un’immagine che, se positiva, aiuta a perseguire
la qualità totale. L’immagine aziendale e/o locale può incidere sulla percezione della qualità sotto vari
aspetti: se nella mente dei clienti il fornitore del servizio è buono, vale a dire che ha un’immagine positiva,
probabilmente certi piccoli errori gli saranno perdonati. Ma se questi errori si verificano spesso, l’immagine
ne risulterà compromessa.
E’ evidente che la qualità dei servizi dipende fortemente dalla percezione soggettiva del cliente circa
l’erogazione del servizio stesso.
Soprattutto nei servizi, la qualità è dinamica! Anche perchè i servizi sono impliciti nei processi. Questo
significa che:
 La percezione della qualità si sviluppa e cambia nel tempo
 Esistono tanti singoli momenti che si influenzano interattivamente. Non è possibile quindi separare
un momento dall’altro
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La qualità e il margine competitivo
Nel contesto dei servizi, è possibile che la qualità sia la base del margine competitivo. Ottenere e conservare
Un vantaggio sul piano tecnico è difficile, perchè in molti comparti industriali la concorrenza riesce a
introdurre con relativa rapidità delle soluzioni simili. Nell’ambito dei servizi poi, raggiungere un vantaggio
competitivo sembra ancora più difficile che nel campo industriale. Lo sviluppo della dimensione della qualità
funzionale può aggiungere un valore sostanziale per i clienti, e creare così il margine competitivo necessario.
In parole povere, è possibile sconfiggere la concorrenza se si forniscono ai clienti servizi più numerosi e
migliori, nei quali si mette l’accento sulla qualità funzionale.
La buona qualità tecnica, da sola, non garantisce che i clienti percepiscano come buona la qualità del
servizio. Perchè i clienti possano avere una percezione positiva della qualità totale del servizio, deve essere
buona anche la qualità funzionale. In una situazione in cui alcune aziende sono in competizione fra loro con
risultati o qualità tecniche simili, ciò che conta è l’impatto della qualità funzionale del processo del servizio.
Tuttavia se la qualità tecnica è carente, risulta carente anche la qualità totale percepita.
La qualità percepita del servizio
E’ necessario che all’interno dell’azienda, la qualità sia definita nello stesso modo in cui viene definita dai
clienti. Si deve sempre tenere presente che ciò che conta è la qualità come viene percepita dai clienti.
I servizi sono processi che vengono percepiti in modo più o meno soggettivo, nei quali le attività di
produzione e di consumo hanno luogo simultaneamente.
Una buona percezione della qualità si ottiene quando la qualità sperimentata risponde alle aspettative del
cliente, vale a dire alla qualità che questi si aspetta. La qualità che il cliente si aspetta è in funzione di molti
fattori: comunicazione al mercato, vendite, immagine, passaparola, pubbliche relazioni, esigenze e valori dei
clienti. Il livello della qualità totale percepita non è determinato soltanto dal livello delle dimensioni della
qualità tecnica e funzionale, ma piuttosto dal divario tra qualità attesa e qualità sperimentata
Elementi che influenzano
la qualità attesa
Come risulta dal modello (un modello sostanzialmente statico), le aspettative dei clienti hanno un impatto
decisivo sulle percezioni della qualità da parte dei clienti. Se il fornitore del servizio esagera con le
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promesse, suscita nei clienti aspettative troppo elevate, e di conseguenza, i clienti avranno l’impressione che
la qualità del servizio ricevuto sia insoddisfacente. Molti processi di sviluppo della qualità sono distrutti da
promesse eccessive e troppo affrettate dio miglioramento del servizio. Potrebbe essere più saggio mantenere
le promesse ad un livello inferiore rispetto alle esperienze effettive del cliente. In questo modo, almeno, i
clienti non saranno scontenti della qualità percepita, e nello stesso tempo il fornitore del servizio potrà offrire
ai clienti sorprese impreviste, che si rivelano molto più efficaci allo scopo di creare un rapporto di fedeltà e
indurre a ripetere l’acquisto.
In conclusione, dal punto di vista del marketing è meglio promettere meno per avere la certezza che
l’organizzazione sia in grado di mantenere le promesse fatte.
Modello di Gummesson
Il punto di partenza per lo sviluppo di questo modello è stato l’idea che i servizi e i prodotti materiali
costituiscono una parte integrante dei servizi offerti. Quindi il modello (detto modello delle 4Q) unisce
elementi dei prodotti ad elementi dei servizi.
Il modello include variabili connesse ad aspettative ed esperienze, più le variabili dell’immagine e del
marchio. Secondo il modello, la qualità totale percepita dei clienti da un lato influenza l’immagine
dell’azienda, ma dall’altro contribuisce anche in modo decisivo all’affermazione del marchio che comincia
ad imporsi nella mente dei clienti.
I primi due concetti di qualità inclusi nel modello sono fonti della qualità: la “qualità del design” segnala in
che misura sono stati armonizzati nello sviluppo e nella progettazione gli elementi del servizio e del
prodotto; la “qualità della produzione e della fornitura” indica se e come sono stati prodotti e forniti bene il
pacchetto e tutti i suoi elementi rispetto alla progettazione.
Gli altri due concetti di qualità costituiscono il risultato della produzione e della fornitura di beni e servizi: la
“qualità relazionale” si riferisce al modo in cui il cliente percepisce la qualità durante i processi del servizio
ed è strettamente correlata alla dimensione della qualità funzionale; la “qualità tecnica” si riferisce ai
vantaggi che il pacchetto presenta a breve e lungo termine.
Fonti della
qualità
Risultato della
produzione e della fornitura
Il modello ci dice che la dimensione organizzativa non prescinde da implicazioni giuridiche. Inoltre, tanto
più le aspettative sono basse, tanto è più facile che l’esperienza sia positiva.
La griglia del rapporto di interazione
Poiché i servizi sono processi di per se stessi orientati al rapporto, è chiaro che le percezioni della qualità da
parte dei clienti si sviluppano e subiscono cambiamenti nel corso del tempo, a mano a mano che il rapporto
continua. La ricerca sulla qualità del servizio ha messo in luce un interesse per la “qualità del rapporto”, che
si può definire come la dinamica della formazione a lungo termine della qualità nei rapporti duraturi con la
clientela. Dal punto di vista del cliente, la qualità del rapporto si identifica con la qualità da lui percepita in
continuo sviluppo nel corso del tempo.
Nei servizi il concetto essenziale è l’interazione. La qualità del rapporto viene percepita nel corso di
interazioni che possono essere continuative o discontinue.
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La griglia consiste in un flusso continuo di atti, episodi e sequenze, che costituiscono dei rapporti. Gli atti
costituiscono l’unità minima di analisi del processo di interazione (es telefonate, visite agli impianti); gli
episodi sono atti correlati (es visita in banca per un prelievo, spedizione di merci); gli episodi correlati fra
loro costituiscono la sequenza. Il livello finale di analisi è il rapporto: varie sequenze costituiscono un
rapporto.
In sostanza, atti, episodi, sequenze, costituiscono i passaggi lungo i quali verrà poi erogato il servizio. Tanto
più le aspettative del cliente sono alte, tanto più per il fornitore è necessario concentrarsi sulla qualità di ogni
singolo episodio, sequenza, e riuscire così a creare un rapporto ottimo agli occhi del cliente. La qualità viene
infatti percepita a tutti i livelli della griglia del rapporto, accumulandosi e traducendosi in una percezione
generale della qualità.
Quando ogni singola sequenza che deriva da ogni singolo episodio è positiva, allora si crea un rapporto
continuo: ad esempio vado a mangiare in un determinato ristorante, mi trovo bene dal punto di vista
qualitativo, di conseguenza in futuro ci ritorno fino a diventare cliente fisso → rapporto.
La dinamica delle aspettative
Le aspettative dei clienti costituiscono un fattore importante che influenza la qualità percepita del servizio,
tanto a livello di episodio quanto a livello di rapporto. Per poter comprendere in che modo viene percepita la
qualità in un rapporto in corso occorre capire in che modo si evolvono le aspettative in tutto l’arco del
rapporto.
A lungo termine, si possono individuare tre tipi diversi di aspettative:
 Aspettative indefinite: sono presenti nella testa del cliente ma non sono aspettative ben chiare; per il
fornitore del servizio è essenziale capire quali aspettative indefinite possono coltivare i clienti,
perché, anche se i clienti non sono in grado di formularle in modo consapevole, esse hanno pur
sempre un impatto sulla soddisfazione relativa alla qualità. Il fornitore del servizio dovrebbe
avvertire l’esistenza di queste aspettative e cercare di farle emergere sotto forma di aspettative
esplicite.
 Aspettative esplicite: sono ben chiare nella mente del cliente; si possono suddividere in aspettative
realistiche e non realistiche. I clienti presumono in modo attivo e consapevole che le loro aspettative
esplicite saranno soddisfatte, ma alcune di queste aspettative possono non essere realistiche. E’
importante che i fornitori di servizi aiutino i clienti a trasformare le aspettative non realistiche (cioè
aspettative esplicite ma difficilmente soddisfabili) in altre, più realistiche; se ci riesce, le probabilità
di fornire un servizio che soddisfi le aspettative del cliente saranno molto più elevate.
 Aspettative implicite: sono date per scontate, considerate tanto ovvie che non vengono mai espresse
chiaramente. Tuttavia la loro esistenza balza in primo piano quando non vengono soddisfatte, e in
questa situazione si verifica insoddisfazione.
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Le frecce costituite da linee continue indicano la dinamica intenzionale, vale a dire in che modo il fornitore
del servizio può e deve gestire attivamente le aspettative. Le aspettative indefinite e implicite vanno
individuate e rese esplicite. Le linee tratteggiate indicano invece quella che si può definire “dinamica non
intenzionale”:
I GAP della qualità
Il modello tenta di scomporre il processo di erogazione del servizio in tutti i suoi passaggi logici, andando ad
individuare dove si possono creare dei “gap”, cioè dei “buchi”.
Ciò che realmente mi viene
fornito. Dipende da come il
fornitore ha tradotto le aspettative
qualitative del cliente.
Problemi
interni
ciò che io penso mi
sia stato dato
Ciascun Gap individuato identifica uno spazio di non necessaria coincidenza. Abbiamo individuato 5 Gap:
1. Gap di Percezione: il management può percepire in modo inesatto le aspettative che il cliente ha, a
causa di: informazioni inesatte provenienti dalle ricerche di mercato, informazioni male interpretate
riguardo alle aspettative, informazioni sbagliate da parte delle persone che entrano in contatto con i
clienti. È bene migliorare la ricerca, in modo che sia possibile osservare e valutare meglio le
esigenze dei clienti.
2. Gap di traduzione: le percezioni del management circa le aspettative dei consumatori non vengono
tradotte efficacemente in specifiche di qualità. Questo può derivare da: errori nella pianificazione,
pianificazione carente, mancanza di un obiettivo chiaro, appoggio insufficiente da parte del
management alla pianificazione della qualità del servizio. Di solito questo si spiega con la mancanza
di un vero impegno, da parte del management, nei confronti della qualità del servizio. L’ideale
sarebbe che gli obiettivi e le specifiche vengano concordate tra i fornitori del servizio, gli addetti alla
pianificazione e il management.
3. Gap di realizzazione: nel processo di produzione e fornitura del servizio non vengono raggiunte le
specifiche della qualità. Esiste differenza tra servizio programmato e servizio offerto, a causa di:
specifiche troppo complicate o troppo rigide, inidoneità delle tecnologie, conflitti nei ruoli,
mancanza o carenza del marketing interno.
4. Gap di comunicazione: le promesse fatte dai media usati nella comunicazione al mercato non
corrispondono al servizio fornito. Comunico qualcosa che non è coerente con le caratteristiche del
servizio erogato. Può dipendere da: promesse eccessive, indeguatezza della comunicazione interna.
52
5. Gap di soddisfacimento: il servizio percepito o sperimentato non corrisponde al servizio atteso. Ciò
ha i seguenti effetti: cinferma negativa della qualità (cattiva qualità) e dell’esistenza di un problema
di qualità, diffusione di voci negative, impatto negativo sull’immagine aziendale, perdita di clienti. Il
5° scostamento può essere anche positivo, in quanto può portare ad una conferma positiva della
qualità, o anche ad una superqualità. Il verificarsi di questo scostamento può dipendere da una delle
ragioni analizzate in precedenza, o da una combinazione di esse, o da altre ancore.
Il Gap Analysis Model dovrebbe servire da guida al management nello scoprire quale sia la ragione del
problema e nel trovare il modo appropriato per porvi rimedio. L’analisi degli scostamenti costituisce un
modo diretto e appropriato di individuare le incoerenze tra fornitore e percezione, da parte del cliente, della
performance del servizio.
Quindi lo scostamento che si verifica tra aspettative del cliente e qualità per il cliente è funzione di 4 distinti
gap:
La differenza tra servizio atteso e servizio offerto sta nelle non esigenze coperte.
La mappa della qualità
ALTA
QUALITA’ DELLA
REALIZZAZIONE
BASSA
FARE BENE
LE
COSE
SBAGLIATE
FARE BENE
LE
COSE
GIUSTE
FARE MALE
LE
COSE
SBAGLIATE
FARE MALE
LE
COSE
GIUSTE
BASSA
ALTA
QUALITA’ DEGLI OBIETTIVI
La misurazione della soddisfazione del cliente
Abbiamo sia metodi diretti sia metodi indiretti.
Metodi diretti: Servqual, Critical Incident technique, Piramide della customer satisfaction.
Metodi indiretti: gestione dei reclami, “soddisfatti o rimborsati”, cassetta dei suggerimenti.
Le determinanti della qualità del servizio
Affidabilità: coerenza tra prestazione e fiducia.
Capacità di risposta: volontà o prontezza degli impiegati nel fornire il servizio.
Competenza: possesso delle capacità e requisiti necessari.
Accessibilità: apertura e facilità di contatto.
Cortesia: educazione, rispetto, atteggiamento amichevole da parte del personale che entra in contatto con i
clienti.
Comunicazione: tenere informati i clienti con un linguaggio per loro comprensibile e ascolto delle loro
esigenze.
53
Credibilità: attendibilità, fiducia, onestà e garanzia degli interessi del cliente.
Sicurezza: assenza di pericolo, rischio o dubbio.
Capire/conoscere il cliente: sforzarsi di capire le esigenze del cliente.
Aspetti tangibili: aspetti “fisici” del servizio.
Il metodo SERVQUAL
Il SERVQUAL (Extended Service Quality) è un metodo per misurare in che modo i clienti percepiscono la
qualità del servizio. Misura le attese del cliente e la prestazione percepita. Si basa su 5 determinanti della
qualità del sevizio (aspetti tangibili, affidabilità, capacità di risposta, sicurezza, empatia), ed è un
questionario che prevede 2 serie di 22 domande. La prima serie misura le aspettative generiche dei clienti nei
confronti di un determinato servizio; la seconda misura il giudizio del cliente sull’impresa oggetto d’analisi.
Consente di misurare separatamente attese e percezione del consumatore.
L’ottimizzazione della Costumer Satisfaction
E’ necessario minimizzare tutto ciò che il cliente percepisce come qualità in negativo rispetto a ciò che egli
legittimamente si attende. Inoltre è importante massimizzare tutto ciò che il cliente percepisce come qualità
in positivo.
La qualità dei servizi in diversi contesti
La qualità dei servizi gestiti direttamente dipende da:
 Capacità progettuali
 Capacità attuative
La capacità dei servizi esternalizzati dipende da:
 Capacità progettuali
 Capacità selettive
 Capacità di indirizzo e controllo
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IL SIX SIGMA
Il SIX SIGMA è un programma di gestione della qualità basato sul controllo della varianza, il cui obiettivo è
portare la qualità (di prodotto o di servizio) ad un determinato livello ben precisato. La qualità deve essere
misurabile e codificabile. Mira all’eliminazione dei difetti e degli sprechi piuttosto che al miglioramento
della prestazione media. OBIETTIVO: LA TOTAL CUSTOMER SATISFACTION.
6 SIGMA: 6 deviazioni standard tra il limite di specifica ed il centro della produzione.
Aspetti fondamentali:
approccio basato sui dati: i dati vengono poi utilizzati per calcolare la varianza;
controllo del processo;
focus sul cliente;
lavorare per progetti;
strategia d’impresa.
Metodo: il DMAIC
DEFINE: implica identificare il processo (o prodotto) da migliorare, tradurre i bisogni del cliente in requisiti,
identificare i partecipanti necessari al progetto, sviluppare la necessaria pianificazione (strumenti:
diagramma di flusso, diagramma di Gannt).
MEASURE: implica valutare il livello di prestazione del processo (o prodotto) rispetto ai requisiti
individuati, individuare e validare un adeguato sistema di misura, effettuare la misura, calcolare l’attuale
livello di sigma per confronto dei risultati con gli standard richiesti (strumenti: statistica descrittiva,
campionamento).
ANALYSE: implica applicare le tecniche statistiche per individuare le cause dei difetti e per quantificare in
che misura ogni causa (o l’interazione tra più cause) influenza il requisito studiato e la sua varianza
(strumenti: analisi della varianza, istogramma di Pareto).
IMPROVE: rappresenta la fase in cui si propongono e si mettono in pratica i miglioramenti, solo dopo aver
compreso a fondo le cause dei difetti (strumenti: analisi costi-benefici).
CONTROL: implica tenere sotto controllo il processo al fine di standardizzarlo e stabilizzarlo, quantificare
l’entità del miglioramento e intraprendere azioni di supporto (strumenti: diagramma di controllo, programma
di controllo della qualità).
RUOLI ORGANIZZATIVI
CHAMPION, il managerresponsabile del progetto;
BLACK BELT/GREEN BELT, responsabili dello sviluppo del progetto;
MASTER BLACK BEKT, esperti del Six Sigma;
PROCESS OWNER, responsabile “conoscitore” del processo.
55
MODULO 6
SLIDES: LA CERTIFICAZIONE DELLE QUALITA’
LA CERTIFICAZIONE: DA DOVE ARRIVA?
-
-
2150 a.c: il Codice di Hammurabi prevede in edilizia garanzia e responsabilità
1450 a.c a Tebe: come si certifica la regolarità geometrica di un blocco di pietra
527 a.c: “questo vaso è opera di Eutimide, figlio di Polia”
1327: la London Goldmiths’ Company crea il marchio per i metalli preziosi
1664: Colbert scrive “se le nostre fabbriche garantiscono la qualità dei prodotti sarà nell’interesse...”.
Nasce l’idea che la qualità debba essere garantita
1959: furono sviluppate le prime norme di assicurazione della qualità per scopi militari dall’US
Department of Defence, che attuò un programma definito “Quality management program” e
identificato come standard MIL – Q – 9858. Lo scopo era quello di unificare i requisiti relativi ai
sistemi di qualità da applicare a tutti i fornitori del dipartimento.
1968: la NATO adotta lo standard militare nel formato “Allied quality assurance pubblication” (Aqap)
1970: l’UK adottò lo standard Aqap facendone il proprio “Management program defence standard”.
1979: comparve il primo “Quality management standard”, norma vera e propria per usi commerciali
edita dalla British Standard Institution e nota come BSI 5750.
1987: basandosi su norme precedenti il comitato tecnico dell’ISO preparò lo standard ISO 9000
composto da cinque norme: ISO 9000, ISO 9001, ISO 9003, ISO 9004.
LA CERTIFICAZIONE: COSA SIGNIFICA
Dal latino “certum facere”, certificare significa che qualcuno garantisce che qualcosa/qualcun altro rispetta
certi requisiti. La certificazione è una procedura con cui una terza parte dà assicurazione scritta che un
prodotto, un processo o un servizio è conforme ai requisiti specificati. La parola “certificazione” è indicativa
quindi dell’esistenza di un meccanismo di controllo da parte di un soggetto terzo che fa riferimento a
determinati parametri. La certificazione ha una validità predefinita alla scadenza della quale dovrà avvenire
un nuovo “audit”, cioè un nuovo controllo. Esistono tre tipi di certificazione: certificazione di prodotti e
servizi, certificazione del personale, certificazione dei sistemi qualità.
La certificazione è obbligatoria nei masi e nei modi previsti dalla legge. Si parla di certificazione volontaria
quando la conformità a norme tecniche è una scelta del produttore: può infatti costituire un fattore strategico
di competitività, rappresentando agli occhi del consumatore un simbolo di qualità.
Certificazione e qualità
La certificazione di per se non crea qualità (ex ante), ma: assicura il mercato sul possesso dei requisiti per
agire in qualità, stimola l’organizzazione a “guardarsi dentro” e a migliorare, valorizza la predisposizione
dell’organizzazione alla qualità
Perchè certificarsi
Nella stragrande maggioranza dei casi la certificazione è un’operazione volontaria dell’impresa. Quindi
generalmente non esiste un obbligo normativo ma spesso l’impresa è quasi “costretta” a certificarsi per
competere sul mercato. La certificazione è quindi un investimento per migliorare l’organizzazione, è un
costo necessario per competere sul mercato.
La certificazione è effettivamente un investimento corretto se i benefici che ne derivano (più efficienza ed
efficacia, vantaggio competitivo) sono superiori ai costi (consulenza esterna, formazione del personale, ente
di certificazione, richiesta di audit esterno). I costi della certificazione sono generalmente facilmente
misurabili e imputabili; i benefici non sono invece sempre facilmente misurabili, vanno ricondotti a dei
parametri, serve porre degli obiettivi misurabili (dire + efficienza vuol dire poco). Tale certificazione
garantisce un equilibrio adeguato tra benefici e costi se:
56



Non troppa formalizzazione
Il personale sia motivato
Il sistema certificato sia coerente con le specificità dell’azienda
L’iter della certificazione
Non sempre le certificazioni vengono rinnovate. Questo perchè a volte i costi diventano più significativi dei
benefici.
Cosa certificare?
 I processi
 I (alcuni) prodotti
 Una catena di fornitura
 Un insieme di organizzazioni
Certificare rispetto a cosa?
 Norma cogente o volontaria?
 Specifica per un settore o “generica”?
 Relativa ad spetti: sociali, ambientali, igiene, sicurezza, ecc..?
I SOGGETTI COINVOLTI NELLA CERTIFICAZIONE
Ambito internazionale
 ISO: “International Organization for Standardization”. Fondata nel 1947 per iniziativa di 25 paesi, oggi
conta oltre 160 paesi aderenti. Ha sede a Ginevra ed è guidata da una segreteria centrale. Compito e
scopo dell’ISO è quello di promuovere lo sviluppo della normazione al fine di facilitare lo scambio
internazionale di beni e servizi. Il mezzo per ottenere ciò sono le “norme”, ovvero i docunmenti volontari
elaborati per migliorare la comunicazione tecnica, l’economicità di produzione, la commerciabilità e
intercambiabilità, la sicurezza d’uso e di rapporto con l’ambiente.
 WTO: “World trade organization”. Ha sviluppato l’accordo denominato “Technical barriers to trade –
tbt”. Lo scopo è evitare che norme tecniche e procedure di certificazione e prova ostacolino il
commercio internazionale. Inoltre punta a favorire l’armonizzazione.
 IAF: “International Accreditation Forum”. Associa gli organismi di accreditamento di tutto il mondo per
promuovere un unico sistema di mutuo riconoscimento secondo la logica della “peer review”
(valutazione tra pari).
57



CEPAA: “Council of Economical Priorities Accreditation Agency”. Si occupa dei temi connessi alla
“Social Accountability”, in particolare delle condizioni lavorative a livello mondiale cercando di definire
uno standard verificabile da enti di certificazione.
IEC: “International Electrotechnical Commision”. Costituito nel 1906, definisce la normativa
internazionale nel settore elettronico ed elettrotecnico.
ITU: “International Telecommunication Union”. Si occupa degli standard relativi alle telecomunicazioni
telefoniche e telegrafiche.
Ambito europeo
 CEN: “Comité Européen de Normalisation”, o Comitato Europeo di Standardizzazione. Fondato nel
1961, è un ente normativo che ha lo scopo di armonizzare e produrre norme tecniche europee (EN) in
Europa in collaborazione con enti nazionali e sovranazionali quali per esempio l’ISO. Il CEN lavora in
accordo alle politiche dell’UE e dell’EFTA per favorire il libero scambio, la sicurezza dei lavoratori e
dei consumatori, la protezione dell’ambiente, ecc.. Gli standard europei prodotti dal CEN sono
normalmente armonizzati e adattati dai singoli paesi che li accolgono.
 EA: “European Co–operation Accreditation”. Fondato nel 1999 a Vienna per favorire processi
aggregativi degli enti presenti nei diversi paesi. Sorveglia sulla conformità degli organismi di
accreditamento per garantire il mutuo riconoscimento a livello mondiale.
 CENELEC: “European Comitee for Electrotechnical Standardization”. E’ il corrispondente europeo
dell’IEC.
 BSI: “British Standards Institute”. E’ un organismo di certificazione del settore privato e pubblico
riconosciuto in tutto il mondo. Fondato nel 1901, ha come compito la formulazione di standard, in
ambito britannico, europeo ed internazionale. Partecipa anche alla definizione degli standard stabiliti
dall’ISO.
Ambito Italiano
 UNI: “Ente nazionale italiano di Normazione”. E’ un’associazione privata senza scopo di lucro fondata
nel 1921. Svolge attività normativa in tutti i settori industriali, commerciali e terziari. Si occupa di
produrre norme tecniche, collaborare con enti esteri, diffondere cultura, norme e promuovere la
certificazione. Agisce attraverso commissioni tecniche e collabora con enti federati. Ha circa 120
dipendenti, è componente dell’ISO e del CEN. Le norme UNI possono essere recepite in provvedimenti
legislativi, assumendo così il carattere di regole tecniche, la cui osservanza è obbligatoria.
 CEI: “Comitato elettrotecnico italiano”: E’ un ente normativo che opera specificamente nei settori
dell’elettronica e dell’elettrotecnica. Fondato nel 1909 per promuovere e diffondere la cultura tecnica e
della sicurezza elettrica.
 CONCIT: “Comitato Nazionale di Coordinamento per Informatica e telecomunicazioni”. Nasce nel 1987
da CEI, UNI, e Ministero dell’Economia. Si occupa di normalizzazione nei settori di riferimento e cura
la trasposizione delle norme europee.
 SINCERT – ACCREDIA: Sistema nazionale per l’accreditamento degli organismi di certificazione. E’
un’associazione privata senza scopo di lucro nata nel 1991. Scopo: accreditamento degli organismi di
certificazione e/o di ispezione; nasce per iniziativa di UNI e CEI.
 ENIQ: Ente nazionale per la qualità e l’accreditamento. Fondato nel 2001 a Milano da UNI, CEI e CNR.
E’ un’associazione senza scopo di lucro; l’obiettivo è aggregare Sincert, Sinal e Sit per creare un’unica
interfaccia europea. Si propone di interpretare, verificare e valutare l’impatto giuridico della normazione
tecnica.
 Enti di certificazione ed ispezione: sono i soggetti che vengono accreditati dal Sincert per svolgere i
compiti di certificazione (o ispezione) previsti dalle norme di riferimento, secondo una procedura per
fasi. Si distinguono per ambito di operatività: sistema, prodotto, personale.
Associazioni degli organismi di certificazione
 AIOCI: Associazione Italiana organismi indipendenti di certificazione e ispezione. Alcuni associati:
Moody international, TUV Italia, EMEA, ecc...
 CISQ: Federazione certificazione italiana dei sistemi qualità aziendali. Alcuni associati: Rina spa,
Certitex srl, Icila srl, ecc...
58
59
STANDARD, NORME E REGOLAMENTI
- Uno standard è un insieme di regole e/o di specifiche di progettazione o di funzionamento universalmente
accettate. E’ il livello minimale al quale ci si deve adeguare, la modalità attraverso la quale organizzazioni
diverse riescono ad interagire tra di loro. Sono “un set di specifiche tecniche al quale aderisce un produttore,
tacitamente o come risultato di un accordo formale”. Lo standard svolge una duplice funzione:
 Assicurare che un prodotto sia idoneo alle specifiche iniziali
 Garantisce la compatibilità di componenti differenti.
Forme d’uso:
 Come meccanismo di coordinamento
 Come agente di innovazione del tipo bottom – up
- Una norma invece è un insieme di regole che contengono standard. E’ la specifica tecnica approvata da un
organismo riconosciuto, la cui osservanza non è obbligatoria. “E’ un documento prodotto mediante consenso
ed approvato da un organismo riconosciuto che fornisce regole, linee guida,...per ottenere il miglior ordine”.
Per prima cosa le norme facilitano il commercio internazionale. Le caratteristiche della norma sono:
 Consensualità: si arriva all’approvazione della norma dopo il consenso di tutti coloro che si sono
occupati di redigerle
 Democraticità: tutti possono partecipare ai lavori di definizione delle norme
 Trasparenza: le norme sono emesse a disposizione di tutti, per garantire democraticità
 Volontarietà: le norme sono un punto di riferimento per le parti interessate e diventano rilevanti in
quanto volontariamente utilizzate.
- Un regolamento è un documento che definisce le modalità di funzionamento e/o di svolgimento; è un atto
normativo delle Comunità Europee applicabile direttamente nei paesi dell’UE. Ha valore generale ed è
obbligatorio in tutti i suoi elementi.
Esistono standard che vengono recepiti dai regolamenti diventando conseguentemente obbligatori. I
regolamenti hanno anche una valenza di tipo giuridico: applicarle/non applicarle può portare a conseguenze
giuridiche.
IL PANORAMA
Quale qualità? Quali norme?
Per ogni “tipologia” di qualità corrisponde una norma. Andiamo a vedere le “best 4”, cioè gli standard
qualitativi fondamentali:
Qualità dei processi produttivi
Qualità ambientale
Qualità sociale
Qualità come sicurezza e salute nei luoghi di lavoro
ISO 9000:2000
ISO 14000:1997
SA 8000
OHSAS 18000
Alcuni esempi:
NORME DI PRODOTTO
Settoriale
Generico
Norma volontaria
- Ecolabel
UNI
EN
14441/2004
- Fair trade
(caratteristiche
piastrelle)
Norma cogente
- Marcatura
(Conformité
60
CE
NORME DI PROCESSO
Settoriale
Generico
- ISO 9001/2000
(qualità)
ISO
14001
(ambiente)
- ISO 9004/1996
- OHSAS 18001
(sicurezza, salute)
- EMAS
(ambiente)
- d. lgs 334/99
- UNI 9052:1987
- D.M. 9/8/2000 (taratura)
Européenne)
LA NORMA VISION 2000
(Seveso II)
Revisione delle norme ISO 9000; l’obiettivo è quello di soddisfare una serie di esigenze espresse dalle
diverse categorie di utilizzatori delle ISO 9000 (aziende, organismi di valutazione delle conformità e di
certificazione dei sistemi di qualità, consulenti, enti di normazione, ecc). Dopo un’attenta analisi, queste
esigenze sono state trasformate in specifiche per l’intero progetto di revisione e miglioramento delle norme
ISO 9000. Queste sono ora compatibili con le ISO 14000, sono facilmente adattabili alla realtà organizzativa
aziendale, sono universali e più semplici da utilizzare.
LA NORMA ISO 9000/2000
La normativa ISO 9000, pubblicata nel 1987 e revisionata nel 2000, nasce con lo scopo di armonizzare le
varie norme nazionali sulla qualità e di fornire standard per il perseguimento della qualità stessa da parte
delle aziende. La revisione del 2000 segna il passaggio dal sistema di assicurazione qualità al sistema di
gestione per la qualità.
Le ISO 9000/2000 sono 3, e comprendono tutte le norme della precedente versione del 1994. Abbiamo:
 ISO 9000:2000: fondamenti e terminologia (incorpora la ISO 8402 e la ISO 9000 del 1994)
 ISO 9001:2000: requisiti di qualità che l’azienda deve dimostrare di aver raggiunto per poter
soddisfare le esigenze del cliente nella fornitura di specifici prodotti o servizi (incorpora le ISO
9001/2/3 del 1994)
 ISO 9004:2000: linee guida per il miglioramento delle prestazioni. Quest’ultima rappresenta una
guida di riferimento per la direzione aziendale ai fini della costruzione di un Sistema Qualità, e la
sua utilizzazione è consigliata ma non necessaria per poter ottenere la certificazione di qualità.
(incorpora le linee guida precedenti ISO 9004-1 e 2 del 1994)
La norma promuove l’adozione , lo sviluppo e il miglioramento dell’efficacia del sistema di gestione per la
qualità al fine di accrescere la soddisfazione del cliente.
La novità peculiare della nuova norma risiede nell’approccio per processi che attua la gestione
dell’organizzazione attraverso la gestione dei suoi processi. Il modello di processo cui fa riferimento la
norma è basato sul ciclo di Deming, noto come PDCA, e richiede che l’organizzazione adotti la
pianificazione, lo sviluppo, la gestione e la misurazione dei singoli processi al fine di disporre di dati
oggettivi sui quali riflettere e avviare progetti di miglioramento continuo su base sistematica.
Seguendo la metodologia PDCA, lo sviluppo delle attività comprese nei progetti di qualità totale avviene
attraverso 4 fasi fondamentali : plan, do, check, act. Questa metodologia si utilizza nello sviluppo del lavoro
per progetti in modo ripetitivo, con la finalità di fornire un supporto razionale all’attività delle persone
coinvolte. Una volta arrivati alla fine dei passaggi bisogna sempre ripartire → è appunto un ciclo continuo
che spinge ad un miglioramento continuo.
La gestione per processi richiede inoltre che la responsabilità sia diffusa a tutti i livelli organizzativi e questo
implica che il personale a tutti i livelli debba essere competente, consapevole e addestrato.
I principi della ISO 9000:2000
Andiamo a vedere ora gli 8 principi di gestione per la qualità che regolano la norma ISO 9000/2000 e che
sono usati dall’alta direzione per guidare l’organizzazione verso il miglioramento delle prestazioni:
 Orientamento al cliente: comprendere le esigenze dei clienti traducendole in specifiche misurabili è
un passo fondamentale. Le organizzazioni dipendono dai clienti e dovrebbero pertanto capire le loro
esigenze presenti e future, rispettare i loro requisiti e mirare a superare le loro stesse aspettative
 Leadership: i leader creano il clima adatto al pieno coinvolgimento del personale nel perseguimento
degli obiettivi dell’organizzazione. Per garantire qualità, efficienza e continuità della performance, il
manager ha bisogno di strutturare per ruoli “aperti” il gruppo di collaboratori di cui dispone,
tarandoli su alti livelli di autonomia, responsabilità, proattività e polifunzionalità.
 Coinvolgimento del personale: la necessità aziendale di ottenere qualità, efficienza e continuità delle
performance e, nel contempo, la spinta verso una maggiore partecipazione da parte di un personale
sempre più istruito e qualificato, ha prodotto in molte imprese un orientamento gestionale che mira
61





al pieno coinvolgimento attraverso lo sviluppo del grado di autonomia e responsabilità dei
collaboratori (empowerment).
Approccio per processi: modello di funzionamento che enfatizza i collegamenti orizzontali, mirando
a rendere sempre più fluide, efficienti ed integrate le attività che creano valore e ad eliminare o
ridurre tutte le altre. Un risultato desiderato si ottiene con maggiore efficienza quando le relative
attività e risorse sono gestite come un processo.
Prevenzione dei difetti (significa intervenire a monte del processo produttivo facendo in modo che le
difettosità del prodotto finito tendano a zero; in poche parole significa produrre bene alla prima) e
miglioramento continuo (l’obiettivo è la conformità assoluta, creare quindi qualità positiva)
Approccio sistemico della gestione: identificare, capire e gestire un sistema di processi interconnessi
per perseguire determinati obiettivi contribuisce all’efficacia ed all’efficienza dell’organizzazione.
Decisioni basate su dati di fatto: le decisioni efficaci si basano sulla analisi, logica ed intuitiva, di
dati ed informazioni reali. In altre parole, è auspicabile che l’aspetto razionale e quello più creativo
si fondano opportunamente in una sintesi che conduca ad un’azione efficace.
Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori: il perseguimento delle strategie di creazione globale
del valore ha mostrato l’importanza di puntare alla piena soddisfazione di tutti gli stakeholders
dell’organizzazione, dagli azionisti ai clienti, dal personale ai fornitori. Sopratutto, un rapporto di
reciproco beneficio tra l’organizzazione e i propri fornitori migliora la capacità di entrambi nel
creare valore.
La logica del sistema della norma ISO 9000:2000
 Determinare le esigenze dei clienti
 Stabilire politica ed obiettivi per la qualità
 Determinare processi e responsabilità per la qualità
 Determinare e fornire risorse per gli obiettivi della qualità
 Definire metodi per la misurazione dell’efficacia e dell’efficienza di ciascun processo
 Determinare i mezzi per prevenire le non conformità
 Stabilire e applicare un processo per il miglioramento continuo del sistema di gestione per la qualità
La struttura della ISO 9001:2000
0. Introduzione
1. Scopo e campo di applicazione: sottolinea il carattere volontario della norma che si applica a tutte le
organizzazioni indipendentemente dalle dimensioni, settore, tipo o prodotti e servizi forniti.
2. Riferimenti normativi
3. Termini e definizioni
4. Sistema di gestione per la qualità: il sistema deve essere documentato, attuato, aggiornato, gestito,
migliorato.
5. Responsabilità della direzione: all’alta direzione spetta il compito di definire la politica e gli obiettivi per
la qualità, rendere disponibili le risorse necessarie, identificare i responsabili, assicurare la
comunicazione interna all’organizzazione, riesaminare le prestazioni del sistema di gestione per la
qualità al fine di valutarne l’adeguatezza, cioè l’efficacia e l’efficienza.
6. Gestione delle risorse: la norma si focalizza su tre tipologie di risorse: le risorse umane (che devono
essere competenti, consapevoli ed addestrate), le infrastrutture (immobili, spazi, attrezzature, servizi di
supporto) e l’ambiente di lavoro.
7. Realizzazione del prodotto: comprende tutti i processi operativi dell’organizzazione: pianificazione del
processo, controllo del processo, identificazione e rintracciabilità, determinazione dei requisiti relativi al
prodotto, comunicazione con il cliente, progettazione e sviluppo, approvvigionamento, controllo dei
dispositivi di misurazione, proprietà del cliente.
8. Misurazioni, analisi e miglioramento: comprende le misurazioni esterne all’organizzazione (misurazione
della soddisfazione del cliente), e interne all’organizzazione (monitoraggio dei processi e dei prodotti
non conformi, verifiche ispettive, audit, analisi e miglioramento, ecc). L’obiettivo è che si elimini il più
possibile il rischio che qualcosa sfugga.
Il sistema di gestione per la qualità
62
La norma UNI EN ISO 9001:2000 richiede esplicitamente che l’organizzazione definisca, documenti,
mantenga aggiornato e migliori con continuità un sistema di gestione per la qualità in accordo allo standard
descritto dalla norma stessa. Tale sistema deve servire a gestire, identificare e definire i processi
dell’organizzazione. Inoltre diventa uno strumento di comunicazione interno dell’organizzazione destinato a
clienti, fornitori, addetti, management e, se destinato alla certificazione, agli organismi di certificazione.
Il sistema di gestione è il progetto attraverso il quale i processi dell’organizzazione convertono gli input in
output per creare valore e soddisfare le esigenze dei clienti. Tale sistema documentato deve essere dinamico,
cioè in grado di soddisfare con continuità le esigenze dei clienti nel tempo.
Il Sistema di Gestione è l’insieme dei meccanismi organizzativi, degli strumenti, delle risorse, delle
procedure necessarie per la gestione delle variabili della qualità e per il raggiungimento degli obiettivi
dell’azienda. E’ ciò che deve essere attivato dal punto di vista organizzativo affinché sia rispettato il presidio
della qualità e il rispetto della norma.
La norma richiede che l’organizzazione adotti un criterio documentale per descrivere e controllare i processi
al fine di soddisfare le esigenze dei clienti. Tale documento deve prevedere:
 Dichiarazioni della politica per la qualità e degli obiettivi per la qualità
 Manuale della qualità
 Procedure e istruzioni
 Piani della qualità e modulistica
La documentazione deve essenzialmente rendere univoche e oggettive le attività che si svolgono nel sistema
e portare sotto controllo le possibili variabili delle condizioni operative dei processi.
Il manuale della qualità in particolare è il primo documento che viene esaminato dall’organismo di
certificazione durante il processo di certificazione. E’ un documento descrittivo a valenza pubblica e deve
contenere le seguenti informazioni:
 Politica per la qualità redatta dall’alta direzione
 Descrizione dell’impegno della direzione
 Organigramma della struttura organizzativa
 Struttura della documentazione del sistema di gestione per la qualità
 Esplicitazione delle politiche per ogni elemento della ISO 9001:2000
La coppia coerente
La ISO 9001:2000 può essere utilizzata in coppia con la ISO 9004:2000 per costituire una coppia coerente,
essendo le norme complementari. La norma ISO 9001/2000 identifica i requisiti necessari alla realizzazione
di un sistema di gestione per la qualità (SGQ); si focalizza sull’efficacia ed è certificabile. La norma ISO
9004/2000 rappresenta il complemento della precedente ampliando la gamma degli obiettivi per il sistema di
gestione per la qualità; si focalizza sull’efficienza e non è certificabile; è una guida interna per
l’organizzazione.
LA NORMA ISO 14000
Corrisponde ad una serie di standard internazionali per la gestione ambientale. In Italia la EN ISO
14001:2004 sceglie uno di questi standard e lo delinea. E’ uno standard certificabile ed è scelto
volontariamente. La certificazione UNI EN ISO 14001 attesta che l’organizzazione certificata ha un sistema
di gestione adeguato a tenere sotto controllo gli impatti ambientali delle proprie attività e ne ricerca
sistematicamente il miglioramento in modo coerente, efficace e sostenibile.
LA NORMA OHSAS 18001
La sicurezza va gestita: un sistema di gestione viene costruito quando la gestione della sicurezza diventa per
l’organizzazione un obiettivo da perseguire. La OHSAS (Occupational Health and Safety Assessment Series)
identifica uno standard internazionale per i requisiti di un sistema di gestione per la sicurezza e la salute dei
lavoratori. E’ una norma rivista ed organizzata sulla linea della ISO 14000: l’attenzione si sposta sulla
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gestione e riduzione progressiva dei rischi. Il sistema di gestione regolato dalla norma OHSAS è spesso
costruito integrandolo con il sistema di gestione ambientale.
E’ un documento sintetico su gli impegni, gli obiettivi generali per prevenire i rischi di incidente rilevante e
per migliorare le prestazioni aziendali in termini di sicurezza.
Andiamo a vedere i contenuti della norma OHSAS 18001:
 La pianificazione:
- Identificazione dei pericoli, valutazione e controllo dei rischi. Deve essere periodicamente
aggiornato, riguardare tutte le attività aziendali, tutte le persone e tutte le strumentazioni. Individua
esigenze di formazione e requisiti specifici dei macchinari
- Procedure per l’identificazione dei requisiti di legge applicabili all’azienda in materia di sicurezza
- Definizione degli obiettivi di salute e sicurezza per ciascuna funzione, tenendo conto della legge,
della politica per la sicurezza, dei rischi specifici e delle esigenze commerciali e finanziarie
- Definizione del programma per la sicurezza, da aggiornare periodicamente, per identificare le
responsabilità nel raggiungimento degli obiettivi
 Strutture e responsabilità: la responsabilità ultima per la sicurezza è in capo alla direzione generale che
nomina un proprio responsabile di.
- Garantire la disponibilità delle risorse necessarie all’attuazione, controllo e miglioramento del
sistema
- Garantire il rispetto dei requisiti della norma
- Presentare rapporti sui risultati del sistema alla direzione al fine della definizione delle linee per il
suo miglioramento
 Formazione e addestramento: è necessario definire procedure per la formazione e l’addestramento del
personale in modo che tutti siano consapevoli de:
- L’importanza della conformità alla politica e alle procedure
- Conseguenze delle loro attività sulla sicurezza e dei benefici derivanti dal miglioramento dei
componenti individuali
- Responsabilità individuali nel raggiungimento degli obiettivi di sicurezza
- Potenziali conseguenze della deviazione da quanto previsto dal sistema
 Comunicazione: devono essere definite procedure per una corretta comunicazione in tema di sicurezza in
modo che i dipendenti siano coinvolti nello sviluppo del sistema, rappresentati nelle discussioni in
materia di sicurezza, informati su chi è responsabile per la sicurezza
 Documentazione: il sistema deve essere adeguatamente documentato; deve essere definita una procedura
per la gestione della documentazione in modo che i documenti possano essere facilmente reperiti,
revisionati, e aggiornati.
 Controllo: devono essere identificate opportune misure di controllo delle operazioni e delle attività
organizzative:
- Definendo modalità operative per il controllo
- Definendo procedure per merci, equipaggiamenti e servizi utilizzati dall’organizzazione
- Definendo procedure per la progettazione dei luoghi di lavoro e l’installazione macchinari, in modo
da eliminare o ridurre le fonti di rischio
 Misura delle prestazioni: devono essere definite procedure per la misura delle prestazioni del sistema di
gestione della sicurezza:
- Attraverso misure qualitative e quantitative
- Monitoraggio della rispondenza delle procedure e dei criteri operativi con il programma e la politica
- Misure reattive in caso di incidente o malattia
- Registrazione dei risultati
 Incidenti e azioni correttive-preventive: deve essere definita la procedura per definire responsabilità per:
- Analisi di incidenti e non conformità
- Definire misure per mitigare conseguenze di incidenti
- Pianificazione, realizzazione e controllo di azioni preventive e correttive
 Verifiche ispettive interne: deve essere definita una procedura per la pianificazione, realizzazione e
comunicazione dei risultati delle verifiche ispettive che controllino:
- La rispondenza del sistema rispetto a quanto definito nelle procedure e nella norma
- L’effettiva attuazione del sistema
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
- L’efficacia del sistema nel soddisfare il programma e la politica
Il riesame della direzione: la direzione deve periodicamente rivedere il sistema al fine di valutarne la
continua adeguatezza ed efficacia e di definire eventuali cambiamenti nella politica, obiettivi o in altri
elementi del sistema.
LA NORMA SA 8000
La norma Social Accountability identifica uno standard internazionale volto a certificare alcuni aspetti della
gestione aziendale attinenti alla Corporate Social Responsability:
 Il rispetto dei diritti umani e dei diritti dei lavoratori
 La tutela contro lo sfruttamento dei minori
 Le garanzie di sicurezza e salubrità sul posto di lavoro
Lo standard SA 8000 nasce come aggregazione di principi fissati da documenti internazionali, quali:
 Convenzioni ILO
 Dichiarazione universale dei diritti umani
 Convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia
 Convenzione ONU per eliminare la discriminazione contro le donne
Lo standard riguarda e coinvolge tutta l’azienda.
L’ECOLABEL
Nasce nel 1982; definisce uno schema per la certificazione della qualità ecologica dei prodotti. Si propone di
incoraggiare le imprese a mettere sul mercato prodotti più ecologici, e di fornire al consumatore i mezzi per
effettuare scelte di acquisto ambientali consapevoli. I criteri ecologici per gruppi di prodotti/servizi vengono
sviluppati dallo “European union Eco-labelling Board”. La Commissione Europea emana i criteri, previa
approvazione degli stati membri, criteri che sono definiti con approccio multiplo. A garanzia del processo
vengono coinvolti tutti gli stakeholders. Vediamo come avviene l’assegnazione del marchio:
 Il fabbricante o l’importatore del prodotto presenta domanda
 Il comitato verifica la conformità del prodotto ai criteri ecologici attraverso laboratori appositamente
accreditati
 Il Comitato dà il proprio assenso al rilascio del marchio.
I PREMI QUALITA’
Il percorso della qualità non è più orientato alla sola logica della soddisfazione dei bisogni dei clienti, ma
anche ai bisogni crescenti della società. Le nazioni più evolute hanno da decenni riconosciuto l’importanza
della qualità e del suo impatto sui profitti; la qualità è diventata ormai un fenomeno di portata strategica e
questo è attestato dal successo dei grandi premi della qualità. Ad essi vengono riconosciuti tre obiettivi che
spingono le aziende a concorrere:
 La valorizzazione della azienda che vi partecipa
 Il posizionamento strategico nei confronti della concorrenza
 La mobilitazione interna come sfida che crea una sempre nuova motivazione
I premi di riferimento annualmente assegnati sono 4:
1. Il premio Deming: istituito in Giappone nel 1951, viene attribuito ogni anno dopo un esame che valuta le
prestazioni delle diverse aziende nel campo della qualità totale. La base di valutazione poggia su 10 punti
fondamentali, tra cui la politica per la qualità, la gestione per la qualità, l’assicurazione per la qualità, ecc.. Il
premio valorizza il miglioramento continuo del sistema di gestione per la qualità dell’azienda.
2. Il premio Malcolm Baldrigde: nato negli USA nel 1987, il premio si sviluppa considerando tre categorie:
la produzione, i servizi, le piccole e medie imprese. Contrariamente al premio Deming, che è un vero e
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proprio esame, il premio MB ha una logica di concorso e non è aperto alle aziende straniere. Il premio è
fortemente orientato alla soddisfazione del cliente e al confronto con le migliori aziende concorrenti.
3. Il premio europeo per la Qualità: nato nel 1991, si basa su un modello di autovalutazione che cerca di
misurare le azioni messe in atto per ottenere risultati nella qualità. L’idea fondamentale che preside il Premo
Europeo è la logica della autovalutazione della qualità come fattore chiave dell’attività dell’azienda: è la
revisione periodica completa e sistematica che ogni organizzazione fa delle sue attività e dei suoi risultati.
4. Il premio Qualità Italia: nato nel 1996, il suo obiettivo fondamentale è di aumentare la competitività delle
piccole e medie imprese, utilizzando le più moderne metodologie di gestione orientate alla qualità, per
stimolare
a
intraprendere
un
percorso
graduale
verso
l’eccellenza.
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