806 ■ Parte XV Allergopatie In alcuni pazienti, tuttavia, nel corso della successive 6-12 ore si sviluppa un’area eritematosa nella sede del test cutaneo. Questa reazione, detta reazione di fase tardiva, solitamente si risolve entro 24 ore. La biopsia della sede della reazione di fase tardiva rivela la presenza di un infiltrato infiammatorio formato da cellule T, neutrofili ed eosinofili. Si ritiene che queste reazioni siano simili alle reazioni di fase tardiva osservate in altri organi, quali naso e polmoni, dopo i test di provocazione. Generalmente, il test cutaneo nei bambini viene eseguito la prima volta utilizzando la tecnica detta prick test. Con questa tecnica si applica una goccia di allergene sulla cute, poi se ne introduce una piccola quantità nell’epidermide pungendo leggermente la cute con un piccolo ago. Quando il prick test dà esito negativo ma l’anamnesi è indicativa di allergia, si può eseguire un test cutaneo selettivo utilizzando la tecnica intradermica. Questa tecnica comporta l’impiego di un ago da 26 gauge per l’iniezione di 0,01-0,02 mL di un estratto allergenico nel derma del braccio. In questo tipo di esame, che è più sensibile rispetto al prick test, la concentrazione degli estratti allergenici utilizzati è da 1.000 a 100 volte inferiore a quella utilizzata nel prick test. I test intradermici non sono consigliati per gli allergeni alimentari, a causa del rischio di reazione anafilattica. Con i test intradermici si possono manifestare reazioni più irritative che allergiche qualora si impieghino concentrazioni superiori di estratti (ad es. 1 : 100 peso : volume). I prick test positivi, sebbene meno sensibili dei test intradermici, tendono a correlarsi meglio con sintomi da esposizione naturale agli allergeni. Spesso si impiegano gruppi di test cutanei che includono gli allergeni specifici di una data area geografica, oltre a quelli comunemente presenti negli ambienti confinati. Il numero di tali test deve essere personalizzato, considerando i possibili allergeni indicati nell’anamnesi. Per ciascun gruppo di test cutanei si esegue una prova cutanea di controllo di positività e di negatività, utilizzando rispettivamente istamina e soluzione fisiologica. È necessario eseguire quest’ultimo controllo per escludere un eventuale dermografismo e non interpretare come allergiche delle reazioni causate, semplicemente, dalla pressione su una cute estremamente reattiva. È necessario, altresì, eseguire un controllo di positività per stabilire se vi sia effettivamente la risposta cutanea all’istamina. Farmaci con proprietà antistaminiche, infatti, somministrati in aggiunta ad agenti adrenergici quali efedrina e adrenalina, sono in grado di sopprimere le risposte ai test cutanei; la loro somministrazione, quindi, deve essere sospesa per un periodo di tempo adeguato (≈3-10 giorni) prima di eseguire il test. La somministrazione prolungata di corticosteroidi per via sistemica potrebbe deprimere la reattività cutanea riducendo il numero dei mastociti tissutali e la loro capacità di liberare mediatori. In alcune circostanze, viene eseguito un test di provocazione per verificare l’associazione tra esposizione agli allergeni e manifestazione dei sintomi. Questi test, che comportano l’esposizione ad allergeni di cute, congiuntiva, mucosa nasale, mucosa orale, tratto gastrointestinale o polmoni, sono eseguiti in diversi ambiti clinici e di ricerca. I test di provocazione bronchiale sono realizzati facendo inalare ai pazienti delle soluzioni progressivamente concentrate di estratti allergenici nebulizzati, controllando clinicamente le vie aeree, per rilevare eventuali ostruzioni ed eseguendo prove di funzionalità polmonare. I risultati dei test di provocazione bronchiale sono ben correlati con altri dati clinici e con i test cutanei o in vitro. I test di provocazione bronchiale sono stati eseguiti in un notevole numero di casi, ma la possibilità di reazioni gravi, il tempo richiesto, i costi e la necessità di operatori esperti per l’esecuzione di queste indagini ne limitano l’esecuzione agli ambiti di ricerca. Il test di provocazione bronchiale eseguito più spesso è quello alla metacolina, che causa forte broncocostrizione nei pazienti asmatici ma non in quelli con vie respiratorie normali. Il test di provocazione con metacolina è eseguito, nel sospetto diagnostico di asma, per documentare la presenza di iperreattività bronchiale e la sua entità. Dopo avere ottenuto il risultato della spirometria basale, vengono fatte inalare concentrazioni crescenti di metacolina nebulizzata, fino a quando si verifichi un determinato calo della C0075.indd 806 funzionalità polmonare, ad esempio una diminuzione del 20% del volume espiratorio massimo nel primo secondo (Forced Expiratory Volume in 1 second, FEV1), oppure fino a quando il paziente sia in grado di tollerare l’inalazione di una concentrazione di metacolina pari a 25 mg/mL senza presentare una diminuzione significativa della funzione polmonare. I test alimentari di provocazione vengono eseguiti per chiarire se uno specifico alimento causi dei sintomi oppure se un alimento sospetto possa essere aggiunto al regime alimentare. Vengono eseguiti test di provocazione per alimenti sospetti in base al dato anamnestico e ai risultati dei test cutanei e/o in vitro. Questi test, che possono essere eseguiti “in aperto”, in singolo cieco, in doppio cieco oppure in doppio cieco controllato con placebo, comportano l’ingestione di quantitativi crescenti dell’alimento sospetto a determinati intervalli di tempo, fino a quando il paziente non manifesti una reazione oppure non mostri di tollerare perfettamente una porzione normale di quell’alimento. A causa della possibilità di insorgenza di reazioni allergiche gravi, questi test di provocazione devono essere eseguiti solo in strutture adeguatamente attrezzate e dotate di personale esperto nella gestione dei test alimentari e nel trattamento dell’anafilassi, compresa la rianimazione cardiopolmonare. BIBLIOGRAFIA Per la bibliografia completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com. Capitolo 136 Principi di trattamento delle malattie allergiche Dan Atkins e Donald Y.M. Leung I principi basilari del trattamento delle malattie allergiche consistono sia nell’evitare l’esposizione ad allergeni e irritanti che scatenano i sintomi, sia nel trattare farmacologicamente i sintomi causati dall’inevitabile esposizione, acuta o cronica, agli allergeni. In determinati pazienti in cui tali misure non abbiano sortito effetti soddisfacenti, è opportuno prendere in considerazione l’immunoterapia allergenica. MISURE DI CONTROLLO AMBIENTALE I bambini trascorrono la maggior parte del loro tempo in ambienti confinati, come la casa in cui vivono. Per risparmiare energia, la costruzione degli edifici privilegia, attualmente, l’isolamento dall’esterno; a ciò si accompagna la riduzione sia delle dimensioni degli appartamenti, sia delle possibilità di ricambio dell’aria. Queste caratteristiche comportano l’aumento dell’umidità interna e della concentrazione di allergeni e irritanti negli ambienti domestici. Le indagini negli ambienti confinati evidenziano, quali fattori scatenanti di reazioni allergiche, gli acari della polvere e gli allergeni di gatti e scarafaggi. Altri problemi possono derivare da allergeni di altri animali, infestanti, miceti oppure da vari irritanti respiratori, come il fumo di sigaretta. Sono state identificate oltre 30.000 specie di acari, ma il termine acari della polvere solitamente si riferisce alla famiglia dei Piroglifidi, che comprende Dermatophagoides pteronyssinus, Dermatophagoides farinae e Euroglyphus maynei; questi acari costituiscono la principale fonte domestica di allergeni. Gli acari, a causa della respirazione e dello scambio di vapore acqueo che avvengono attraverso la loro pelle, sono particolarmente sensibili alla riduzione di umidità o alle temperature estreme. L’impiego regolare di umidificatori e di condizionatori ne favorisce la sopravvivenza: gli acari, infatti, non sopravvivono in condizioni di umidità relativa <50%. Essi, nutrendosi prevalentemente dei residui di desquamazione prodotti dal normale ricambio della pelle 10/1/12 11:50:35 AM Capitolo 136 Principi di trattamento delle malattie allergiche ■ 807 dell’uomo e di vari animali, tendono ad accumularsi su materassi e lenzuola, tappeti e imbottiture dei mobili. Gli acari si trovano anche nella farina e nei preparati da forno: sono stati segnalati casi di anafilassi in seguito all’ingestione di dolci fatti in casa, preparati con un impasto infestato da acari. Una delle principali cause di allergia è costituita dalle feci degli acari, che consistono in una miscela di cibo parzialmente digerito e di enzimi digestivi, contenuta in una membrana permeabile che la protegge. Queste pallottole fecali presentano dimensioni analoghe ai granelli di polline (10-40 m), un contenuto di allergeni simile e identica capacità di liberare rapidamente gli allergeni a contatto con membrane mucose umide. Gli acari possono sopravvivere nel mobilio per almeno 2 anni, ed è stato dimostrato che gli allergeni possono rimanere stabili nel microclima dell’ambiente domestico per periodi superiori a 4 anni. Durante le pulizie domestiche quotidiane, gli allergeni degli acari sono trasportati attraverso l’aria (ad esempio quando si utilizza l’aspirapolvere senza sacchetto o quando si scuotono le lenzuola del letto). Grazie alle loro dimensioni e al peso ridotto, le particelle allergeniche rimangono in sospensione nell’aria in tempi relativamente rapidi. L’esposizione agli allergeni può verificarsi anche durante il sonno, se il cuscino e il materasso sono infestati o se la concentrazione di acari nell’abitazione è molto elevata. Concentrazioni di allergeni degli acari della polvere pari a 2 g/g possono causare sensibilizzazione; se il valore supera i 10 g/g si avranno manifestazioni sintomatiche. Adeguate misure di controllo ambientale consentono di ridurre significativamente l’esposizione agli allergeni degli acari della polvere (Tab. 136.1). È importante, in particolare, intervenire riducendo l’esposizione agli allergeni degli acari nella camera da letto, dove il bambino trascorre la maggior parte del proprio tempo. Si consiglia Tabella 136.1 CONTROLLO AMBIENTALE DELL’ESPOSIZIONE AGLI ALLERGENI ALLERGENI MISURE DI CONTROLLO Acari della polvere Utilizzare federe, coprimaterassi e copripiumini impermeabili agli acari Lavare settimanalmente le lenzuola a una temperatura >60 °C Rimuovere tappeti e moquette Sostituire le tende con tapparelle avvolgibili Rimuovere i mobili imbottiti Ridurre l’umidità negli ambienti chiusi Evitare animali domestici con pelo Impedire l’accesso dell’animale in camera da letto Tenere sotto controllo le fonti disponibili di cibo e di acqua Mantenere asciutte e libere da acqua stagnante le superfici del bagno e della cucina Chiudere le crepe nei muri Ricorrere alla disinfestazione professionale; nelle esche occorre utilizzare pesticidi non nocivi per l’uomo Pulire le zone soggette a proliferazione micotica Mantenere basso il livello di umidità nella camera da letto del paziente Utilizzare sistemi di filtrazione dell’aria ad alta efficienza (HEPA) nelle aree in cui si trascorre la maggior parte del tempo Riparare le perdite nelle tubature Sostituire le moquette con pavimenti in legno Verificare regolarmente la presenza di acqua stagnante e di muffe in seminterrati, cantine e soffitte Tenere ben chiuse le finestre di casa e i finestrini dell’automobile Limitare la permanenza all’esterno Evitare il campeggio, le escursioni in campagna e le attività di giardinaggio Utilizzare il condizionatore in auto Utilizzare l’aria condizionata in casa Installare filtri HEPA portatili Detriti epidermici di animali Scarafaggi Muffe Pollini Modificata da Leung DYM, Sampson HA, Geha RS, et al: Pediatric emergency medicine, St Louis, 2003, Mosby, p 294. C0075.indd 807 quindi l’impiego di federe, coprimaterassi e copripiumini impermeabili agli allergeni degli acari della polvere. Il letto deve essere accuratamente pulito, con aspirapolvere, una volta alla settimana. Lenzuola e coprimaterassi devono essere lavati settimanalmente in acqua calda, a una temperatura di almeno 60 °C. Si raccomanda, inoltre, di ridurre al minimo, nella stanza, la quantità di oggetti in grado di costituire ricettacoli di polvere, come libri, pupazzi di peluche, tendaggi e decorazioni. Gli altri principali serbatoi di acari sono i tappeti, la moquette e le imbottiture dei mobili, che devono essere puliti, una volta alla settimana, con un potente aspirapolvere dotato di sacchetto a tenuta. L’applicazione di acaricidi e agenti denaturanti è talvolta consigliata, ma la loro reale efficacia resta da dimostrare e spesso i vantaggi non sembrano compensare i costi. La scelta migliore, se attuabile, resta l’eliminazione di tappeti e moquette dalla camera da letto. Altre misure di controllo consistono nel mantenimento dell’umidità interna a valori <50% e nella riduzione al minimo della potenza dei condizionatori nei mesi estivi. In molti Paesi, più del 50% delle famiglie possiede un animale domestico, solitamente un cane o un gatto. Le principali fonti di allergeni derivanti da gatti, cani, cavalli e bestiame sono il pelo, i detriti epidermici (forfora) e la saliva. Nel caso dei roditori, invece, la fonte principale di allergeni è l’urina. Studi recenti hanno dimostrato la presenza di una quantità rilevante di allergeni del gatto su piccole particelle che si comportano, aerodinamicamente, come sfere di diametro <7 m. Una quota degli allergeni del gatto (che può raggiungere il 30%) è trasportata nell’aria da particelle di diametro <5 m. È possibile che particelle così piccole non vengano filtrate in modo adeguato dal naso, finendo per depositarsi nelle basse vie respiratorie. Grazie alle loro ridotte dimensioni, queste particelle restano in sospensione nell’aria più a lungo, trasportate dalle correnti prodotte dai sistemi di riscaldamento e di ventilazione. Ogni volta che camminiamo sui tappeti o ci sediamo su una poltrona imbottita, solleviamo una gran quantità di queste particelle. Fel d 1, il principale allergene del gatto, è una proteina a carica elettrostatica elevata, che aderisce molto facilmente a molti tipi di superfici, fra cui le pareti, i tappeti e le imbottiture dei mobili. Gli allergeni di questo tipo si legano agli abiti di chi possiede un gatto e sono trasportati, in questo modo, negli edifici pubblici (quali, ad esempio, le scuole, dove ne è stata dimostrata la presenza in quantità relativamente elevate). In seguito, gli allergeni possono essere facilmente trasportati anche nelle case prive di gatti. L’analisi della polvere proveniente da ambienti domestici in cui si trovino dei gatti rivela concentrazioni di Fel d 1 comprese tra 8 g e 1,5 mg/g. Nelle case in cui non vi sono gatti, la percentuale varia tra 0,2 e 80 g/g. La sensibilizzazione agli allergeni del gatto è stata associata a concentrazioni comprese tra 1 e 8 g/g. Tappeti, moquette, imbottiture, lenzuola e materassi fungono da riserve di allergeni, responsabili della persistenza di quantità significative anche nei mesi successivi all’allontanamento del gatto. Evitare completamente questo tipo di allergeni è praticamente impossibile, ma l’esposizione può essere drasticamente ridotta. Il provvedimento più efficace è, ovviamente, l’allontanamento dell’animale dall’ambiente domestico; è stato dimostrato, tuttavia, che, in assenza di interventi come la pulizia delle pareti e l’eliminazione di tappeti e imbottiture, sono necessari almeno 6 mesi affinché il livello di allergeni scenda a livelli analoghi a quelli riscontrati negli ambienti senza gatti. Di conseguenza, chi decide di liberarsi del gatto deve essere informato dell’impossibilità di ottenere risultati immediati. Purtroppo, il consiglio di disfarsi dell’animale o di non permettergli di entrare in casa è spesso ignorato. A differenza degli allergeni degli acari, quelli del gatto sono molto leggeri e rimangono in sospensione nell’aria per periodi più lunghi. Di conseguenza, l’uso di climatizzatori e aspirapolvere dotati di sistemi di filtrazione ad alta efficienza (High-Efficiency Particulate Air, HEPA) contribuisce a limitare la quantità di allergeni del gatto nell’aria. Altri metodi consigliati consistono nel lavare regolarmente il gatto e nell’impedirgli l’accesso alla camera da letto, mantenendola il più possibile libera da allergeni, grazie all’uso di rivestimenti e filtri specifici. È opportuno, inoltre, che il gatto non sia presente nelle stanze in cui il bambino allergico trascorre la maggior parte del tempo, come 10/1/12 11:50:38 AM 808 ■ Parte XV Allergopatie il soggiorno e la stanza dei giochi (si veda Tab. 136.1). Le pulizie andrebbero effettuate utilizzando, con regolarità, un aspirapolvere con filtro HEPA e con sacchetto spesso. Misure analoghe sono consigliate anche per limitare l’esposizione agli allergeni di altri animali. Resta, tuttavia, ancora da dimostrare, mediante studi controllati, l’efficacia di questi accorgimenti nel ridurre l’esposizione a livelli tali da consentire un miglioramento clinico dimostrabile sia in base all’attenuazione dei sintomi, sia in base alle misure del picco di flusso espiratorio e del decremento dell’iperattività bronchiale. L’infestazione da parte di insetti e altri animali, come topi e ratti, è un’altra potenziale fonte di esposizione ad allergeni negli ambienti confinati, come le abitazioni. Recenti studi hanno dimostrato che gli allergeni degli scarafaggi costituiscono uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo dell’asma nei bambini che vivono in città. Questi bambini, una volta sensibilizzati e se continuamente esposti a elevate concentrazioni dell’allergene, presente nelle loro camere, risultano maggiormente soggetti al rischio di ricovero ospedaliero d’urgenza, rispetto ai bambini asmatici non allergici verso gli allergeni degli scarafaggi. Metodi consigliati per ridurre l’esposizione agli allergeni sono l’eliminazione di eventuali crepe nei muri e nei pavimenti, la riparazione di perdite delle tubature, una particolare attenzione all’igiene della casa e l’eliminazione di qualsiasi fonte di cibo (si veda Tab. 136.1). È consigliabile anche la regolare disinfestazione, mediante esche o prodotti chimici. La qualità dell’aria negli ambienti confinati può essere migliorata anche perseguendo la riduzione dell’esposizione a irritanti respiratori. L’esposizione passiva al fumo di sigaretta aggrava l’asma e i sintomi nasali nei pazienti allergici. Oltre a indurre attivamente i fumatori a smettere, è indispensabile far rispettare l’assoluto divieto di fumare negli ambienti interni. Anche l’uso di forni a legna, camini e stufe a cherosene andrebbe scoraggiato. Benché l’esposizione a pollini e miceti avvenga prevalentemente all’aperto, nei mesi estivi questi allergeni sono individuabili anche all’interno degli ambienti abitativi, in cui le concentrazioni degli allergeni riflettono la prevalenza degli stessi all’esterno. Durante l’inverno, quando le concentrazioni all’esterno sono basse, i miceti maggiormente riscontrati negli ambienti confinati sono Aspergillus e Penicillium. I miceti, spesso presenti in seminterrati umidi, prosperano nell’umidità, come avviene nel caso di perdite dalle tubature e allagamenti, oppure in seguito all’uso eccessivo di umidificatori o condizionatori. L’esposizione agli allergeni negli ambienti confinati può essere ridotta mantenendo l’umidità relativa a valori <50%, rimuovendo la moquette e i tappeti contaminati, pulendo con soluzioni contenenti il 5% di candeggina le superfici lavabili soggette a proliferazione micotica, come la piattaforma e le tende della doccia, i lavandini, gli scolapiatti e le pattumiere (si veda Tab. 136.1). È consigliabile collocare dei deumidificatori nei seminterrati umidi, eliminando qualsiasi ristagno di acqua nell’abitazione e intervenendo sulle sue cause. Si raccomanda, inoltre, di rimuovere gli oggetti a particolare rischio di contaminazione. Tenere chiuse porte e finestre e utilizzare condizionatori dotati di filtri può contribuire, durante i mesi estivi, a mantenere al minimo, negli ambienti abitativi, la concentrazione di pollini e di miceti, mentre la loro concentrazione all’esterno raggiunge i suoi massimi valori stagionali. L’uso di ventole e ventilatori andrebbe, invece, evitato. È preferibile, inoltre, asciugare i panni con un’asciugatrice, anziché stenderli. Altre misure per evitare le spore micotiche e i pollini, quando ci si trovi all’aperto, sono l’uso dell’aria condizionata nell’automobile (tenendo i finestrini chiusi) e il ricorso a una mascherina nelle situazioni a rischio. Si consiglia, inoltre, di evitare le zone con vegetazione umida e muschi. Più in generale, durante i mesi di maggiore concentrazione esterna di allergeni, le attività all’aperto devono essere ridotte al minimo. I pazienti sensibilizzati devono lasciare ad altri membri della famiglia il compito di tagliare l’erba del prato o raccogliere le foglie secche nel giardino. È opportuno lavarsi accuratamente le mani dopo qualsiasi attività all’esterno, per evitare di trasferire i pollini agli occhi e al naso. Doccia e shampoo, prima di andare a dormire, contribuiscono a impedire la contaminazione del letto con gli allergeni. Durante il giorno, il letto deve restare accuratamente coperto. C0075.indd 808 TERAPIA FARMACOLOGICA Agenti adrenergici Gli agenti adrenergici esercitano i loro effetti in molti tessuti bersaglio, attraverso la stimolazione dei recettori di membrana ␣- e -adrenergici, che appartengono alla superfamiglia dei recettori accoppiati alla proteina G. In generale, la stimolazione dei recettori ␣-adrenergici determina una risposta eccitatoria, come la vasocostrizione, mentre la stimolazione dei recettori -adrenergici causa una risposta inibitoria, come la broncodilatazione. I recettori ␣-adrenergici sono classificati in due sottogruppi, definiti ␣1 e ␣2. Ulteriori studi su questi recettori nell’uomo hanno portato all’individuazione di 3 sottotipi di recettori ␣1-adrenergici e di 3 sottotipi di recettori ␣2-adrenergici. I recettori -adrenergici sono a loro volta suddivisi in 3 sottotipi: 1, 2 e 3. Ciascuno di questi tipi di recettore mostra una caratteristica distribuzione tissutale. In un particolare tessuto, la risposta fisiologica conseguente alla somministrazione di un agente adrenergico dipende dalle specifiche capacità di legame tra il recettore e il farmaco, nonché dal numero e dalla distribuzione dei vari tipi di recettori adrenergici nel tessuto. L’adrenalina è il farmaco di elezione per il trattamento dell’anafilassi, grazie ai suoi effetti combinati ␣- e -adrenergici. Gli agenti ␣-adrenergici sono efficaci nel trattamento della rinite allergica per i loro effetti decongestionanti (si vedano Tabelle 137.2 e 137.4). Nel naso, la stimolazione dei recettori ␣1-adrenergici delle venule postcapillari e dei recettori ␣2-adrenergici delle arteriole precapillari provoca vasocostrizione, con conseguente riduzione della congestione nasale. I decongestionanti per somministrazione orale attualmente in uso nella pratica clinica sono la pseudoefedrina e la fenilefrina. Tali farmaci sono disponibili singolarmente o in associazione con antistaminici, in forma liquida o in pastiglie (comprese le preparazioni a rilascio protratto). La fenilpropanolamina e tutti i prodotti di associazione contenenti questa amina simpaticomimetica, la cui struttura è simile a quella della pseudoefedrina, sono stati ritirati dal mercato statunitense dalla Food and Drug Administration (FDA) a causa del sospetto rischio di ictus emorragico e dell’impossibilità di predire i soggetti a rischio. La pseudoefedrina è assorbita rapidamente, mentre la fenilefrina (il meno efficace dei due farmaci) è assorbita in maniera incompleta, e di conseguenza ha una biodisponibilità notevolmente inferiore, pari a ≈38%. Il picco della concentrazione plasmatica è raggiunto in un periodo compreso fra 30 minuti e 2 ore dopo la somministrazione, ma l’effetto decongestionante non è direttamente collegato alle concentrazioni plasmatiche. La pseudoefedrina è escreta dai reni, sostanzialmente immodificata. L’uso di decongestionanti per via orale deve essere evitato in pazienti con ipertensione, coronaropatie, glaucoma o disturbi metabolici come il diabete e l’ipertiroidismo. Tra gli effetti avversi segnalati figurano: eccitabilità, cefalea, nervosismo, palpitazioni, tachicardia, aritmie, ipertensione, nausea, vomito e ritenzione urinaria. I seguenti decongestionanti sono disponibili in forma di spray nasale per uso topico: fenilefrina, ossimetazolina, naftazolina, tetraidrozolina e xilometazolina. Per la loro efficacia e rapidità di azione, questi farmaci sono particolarmente soggetti al rischio di abuso, con conseguente effetto rebound della congestione nasale. In tal caso, è necessario sospendere la somministrazione di questi prodotti per 2-3 giorni. I farmaci che stimolano i recettori -adrenergici vengono utilizzati da anni nel trattamento dell’asma, in virtù dei loro potenti effetti broncodilatatori (si veda Tab. 138.11). La classificazione dei recettori -adrenergici in sottogruppi 1 e 2 ha consentito la produzione di farmaci selettivi per il tipo 2, come l’albuterolo, che presentano il vantaggio di garantire una broncodilatazione efficace associata a una minore stimolazione cardiaca. Gli agonisti 2-adrenergici per somministrazione inalatoria a lunga durata d’azione (LongActing Beta-adrenergic Agonists, LABA) salmeterolo e formoterolo hanno una durata d’azione di 12 ore e il loro uso è approvato nei bambini di età ≥4 anni. I LABA non sono raccomandati per il trattamento delle esacerbazioni acute di asma a causa della loro azione a insorgenza relativamente lenta. Essendovi preoccupazioni circa un rischio apparentemente aumentato di eventi 10/1/12 11:50:41 AM Capitolo 136 Principi di trattamento delle malattie allergiche ■ 809 avversi correlati all’asma, i LABA non sono raccomandati come monoterapia per il controllo a lungo termine dell’asma persistente; il loro uso è indicato piuttosto in associazione con uno steroide inalatorio. I preparati in polvere da somministrare per inalazione e con inalatore-dosatore, in cui un LABA è associato a un corticosteroide assorbibile per inalazione, hanno contribuito a modificare in maniera significativa il trattamento dei bambini con asma persistente di grado moderato. In aggiunta al loro effetto broncodilatatore, gli agonisti 2-adrenergici migliorano la clearance mucociliare, riducono la permeabilità microvascolare, inibiscono la trasmissione nervosa colinergica e limitano la liberazione del mediatore nei mastociti, nei basofili e negli eosinofili. I farmaci -adrenergici possono essere somministrati per via orale, per inalazione o per iniezione endovenosa. L’inalazione è la forma preferibile, per i suoi minori effetti avversi e per la rapidità dell’azione. Tra gli effetti avversi dei farmaci -adrenergici si annoverano tremori, palpitazioni, tachicardia, aritmie, stimolazione del sistema nervoso centrale, iperglicemia, ipokaliemia, ipomagnesemia e un aumento transitorio dell’ipossia, attribuito all’incremento della perfusione in aree del polmone asmatico non adeguatamente ventilate. Secondo alcuni studi, il levalbuterolo (un isomero singolo dell’albuterolo, sviluppato per ridurre gli effetti avversi dei -agonisti a effetto breve) produce effetti broncodilatatori clinicamente paragonabili a quelli dell’albuterolo racemico, a dosi più basse e con un miglior profilo di sicurezza. Il levalbuterolo è disponibile in forma somministrabile per nebulizzazione e con dosatore per inalazione. Agenti anticolinergici I farmaci anticolinergici inibiscono i riflessi mediati dal nervo vago, antagonizzando l’azione dell’acetilcolina a livello dei recettori muscarinici. Tra gli agenti anticolinergici disponibili, l’ipratropio bromuro è quello più comunemente utilizzato. Esso consiste in un’ammina quaternaria, scarsamente assorbita attraverso le superfici mucose e non in grado di oltrepassare rapidamente la barriera ematoencefalica. Questo farmaco non è efficace negli interventi di urgenza, perché richiede tempi lunghi per raggiungere l’effetto massimo e perché la sua azione di broncodilatazione ha un esordio ancora più lento di quella dei 2-agonisti. L’ipratropio è disponibile, dietro presentazione di ricetta medica, in inalatori che rilasciano 17 g per ogni spruzzo, oppure in soluzione nebulizzata allo 0,02% (500 g/2,5 mL). Gli anticolinergici da somministrare per inalazione presentano scarsi effetti avversi ma, talvolta, inducono tosse. L’ipratropio somministrato in forma di spray nasale (allo 0,03-0,06%) si è dimostrato efficace nella riduzione della rinorrea conseguente a rinite cronica non allergica, a raffreddore comune e a fattori scatenanti quali l’esposizione a irritanti o ad aria fredda. Il suo impiego è limitato nei casi di rinite allergica da moderata a grave, perché il farmaco non agisce sugli altri comuni sintomi nasali, come gli starnuti, la congestione nasale e il prurito. L’uso di spray nasali può, occasionalmente, causare secchezza nasale ed epistassi. Antistaminici La liberazione di istamina e i suoi effetti sui tessuti circostanti svolgono un ruolo primario nell’insorgenza dei sintomi classicamente associati alla risposta allergica. Di conseguenza, gli antistaminici sono spesso usati per il trattamento delle malattie allergiche. L’istamina esercita i propri effetti attraverso il legame con uno dei suoi quattro recettori, denominati H1, H2, H3 e H4. I principali sintomi allergici scatenati dal legame con il recettore H1 sono: dolore, prurito, vasodilatazione, aumento della permeabilità vascolare, contrazione della muscolatura liscia, produzione di muco, stimolazione delle terminazioni e dei riflessi parasimpatici. Il gene umano del recettore H1 è stato individuato nella parte distale del braccio corto del cromosoma 3. L’effetto antimuscarinico di alcuni dei primi tipi di antistaminici di tipo H1 può essere spiegato sulla base del 45% di omologia tra recettore H1 e recettore umano per la muscarina. Gli antistaminici H1 prevengono gli effetti dell’attivazione del recettore H1 legandosi a tale recettore e inibendo così, in modo competitivo e reversibile, l’azione dell’istamina. Perciò gli anti- C0075.indd 809 Tabella 136.2 CLASSIFICAZIONE DEGLI ANTISTAMINICI (ANTAGONISTI H1) CLASSE ETILENEDIAMINE Prima generazione ETANOLAMINE - TIPO II Prima generazione ALCHILAMINE - TIPO III Prima generazione Seconda generazione PIPERAZINE - TIPO IV Prima generazione Seconda generazione PIPERIDINE - TIPO V Prima generazione Seconda generazione FENOTIAZINE - TIPO VI Prima generazione ESEMPI Antazolina, pirilamina, tripelennamina Carbinoxamina, clemastina, difenidramina Bromfeniramina, clorfeniramina, triprolidina Acrivastina Ciclizina, idroxizina, meclizina Cetirizina Azatadina, ciproeptadina Fexofenadina, loratadina Metidilazina, prometazina staminici funzionano al meglio nel prevenire l’azione dell’istamina, anziché nel contrastarla, e risultano più efficaci se somministrati a dosi e intervalli che consentono la persistente saturazione dei recettori del tessuto bersaglio. Gli antistaminici H1 sono tradizionalmente suddivisi in sei classi, sulla base delle differenze nella loro struttura chimica (Tab. 136.2; si veda Tab. 137.2). Si distinguono, inoltre, due sottocategorie: da una parte gli antistaminici di prima generazione, che attraversano la barriera ematoencencefalica (grazie alla loro lipofilia) esercitando i loro effetti sul sistema nervoso centrale; dall’altra gli antistaminici di seconda generazione, che provocano effetti minimi o nulli sul sistema nervoso, perché le dimensioni, la carica e la lipofobia delle molecole impediscono a queste di attraversare la barriera ematoencencefalica. Gli effetti sedativi e di alterazione cognitiva associati all’uso degli antistaminici di prima generazione sono ben documentati. Da quanto detto sopra, si evince che uno dei principali vantaggi degli antistaminici di seconda generazione consiste nello scarso o assente effetto sedativo. Entrambi i tipi di antistaminici sono disponibili in preparazioni orali. Diversi antistaminici di prima generazione sono vendibili senza ricetta medica, mentre la loratadina e la ceterizina sono attualmente gli antistaminici di seconda generazione in vendita come prodotto da banco. Altri antistaminici di prima e di seconda generazione necessitano di prescrizione medica. L’azelastina e l’olopatadina (che è anche uno stabilizzatore dei mastociti) sono gli unici farmaci disponibili in forma di spray nasale. Il beneficio di questa forma di somministrazione consiste nella rapidità di azione (l’effetto compare entro 15-30 minuti). L’azelastina è assorbita a livello sistemico; essendo in grado di attraversare la barriera ematoencencefalica, essa può avere, in alcuni pazienti, effetti sul sistema nervoso centrale. La sua somministrazione non è attualmente consentita nei bambini di età <12 anni. Gli antistaminici somministrati oralmente sono facilmente assorbiti e raggiungono il picco della concentrazione sierica entro ∼2 ore. È generalmente possibile ottenere elevate concentrazioni tissutali, come è dimostrato dal perdurare della soppressione della reazione di anafilassi cutanea, malgrado la rilevante diminuzione delle concentrazioni sieriche. La maggior parte degli antistaminici è metabolizzata dal sistema enzimatico del citocromo epatico P450. L’eliminazione del farmaco può essere scarsa in pazienti con insufficienza epatica o in seguito alla contemporanea assunzione di inibitori di tale via metabolica, come l’eritromicina e altri antibiotici macrolidi, la ciprofloxacina, il ketoconazolo, l’itraconazolo e alcuni antidepressivi come il nefazodone e la fluvoxamina. Alcuni antistaminici, come l’idrossizina e la loratadina, sono convertiti in metaboliti clinicamente attivi. Nei pazienti con insufficienza renale, la clearance della fexofenadina e della cetirizina è ridotta. Anche i pazienti con disfunzione epatica rischiano una riduzione della clearance della cetirizina. 10/1/12 11:50:41 AM 810 ■ Parte XV Allergopatie L’efficacia degli antistaminici nel trattamento delle rinocongiuntiviti allergiche stagionali o perenni è ben documentata (Cap. 137). Questi farmaci, rispetto al cromoglicato sodico, sono più efficaci nell’alleviare i sintomi nasali allergici, ma risultano significativamente meno efficaci dei corticosteroidi somministrati per via nasale. È stato segnalato un miglioramento sintomatico nei pazienti con rinite allergica a seguito della somministrazione combinata di un antistaminico e di un decongestionante o un corticosteroide per via nasale. Sono state, dunque, immesse sul mercato diverse formulazioni, basate sulla combinazione di questi due tipi di farmaci. Gli antistaminici hanno dimostrato il loro effetto benefico anche nel trattamento dell’orticaria e dell’angioedema (acuti o cronici). Riguardo all’asma, per le dosi convenzionali è difficile documentare l’efficacia clinica di un antistaminico (oltre al semplice miglioramento del quadro della rinite allergica). Gli antistaminici di seconda generazione costituiscono i farmaci di elezione nel trattamento delle malattie allergiche nei bambini, in virtù della loro efficacia e dei trascurabili effetti sedativi e anticolinergici rispetto a quelli di prima generazione. La modalità di assunzione della maggior parte di questi farmaci, in un’unica dose quotidiana, favorisce l’aderenza al trattamento. Malgrado ciò, gli antistaminici di prima generazione sono ancor oggi utilizzati, per la loro ampia diffusione e per il loro basso costo. Tra gli effetti avversi riscontrati più di frequente figurano l’alterazione delle capacità cognitive e gli effetti anticolinergici associati all’uso degli antistaminici di prima generazione. Gli effetti avversi anticolinergici riscontrati possono comprendere xerostomia, scarsa lacrimazione, ritenzione urinaria, stipsi, eccitazione, nervosismo, palpitazioni e tachicardia. In associazione all’uso di due antistaminici di seconda generazione, poi eliminati dal commercio, sono stati segnalati allungamento dell’intervallo QT e tachicardia ventricolare (torsioni di punta). I farmaci attualmente in uso non danno luogo a effetti cardiaci preoccupanti. Cromoni Il cromoglicato sodico, ovvero il sale disodico del 1,3-bis (2carbossicromon-5-ilossi)-2-idrossipropano e il nedocromil sodico (acido piranochinolina dicarbossilico) sono i due cromoni utilizzati nel trattamento dei disturbi allergici. Nessuno dei due farmaci è efficace a seguito di somministrazione orale: viene assorbito, infatti, soltanto l’1% della dose assunta oralmente. Questa percentuale non è metabolizzata, ma è rapidamente eliminata in misura approssimativamente uguale da reni e fegato. È dunque preferibile l’applicazione topica sulla superficie mucosa dell’organo bersaglio interessato. Entrambi i farmaci inibiscono la degranulazione dei mastociti e la liberazione del mediatore, sopprimendo l’attivazione di una grande varietà di cellule, come gli eosinofili, i neutrofili, i macrofagi e le cellule epiteliali. Questi agenti, inoltre, deprimono l’attività delle fibre nervose afferenti di tipo C del sistema nervoso non adrenergico non colinergico. Oltre a inibire l’aumento intracellulare di calcio libero, a seguito dell’attivazione dei mastociti, i cromoni fosforilano una proteina analoga alla moesina, ritenuta implicata nel rilascio del mediatore finale. Malgrado questi riscontri, il meccanismo di azione molecolare di questi farmaci non è stato ancora definito con precisione. Se somministrati prima dell’esposizione allergenica, il cromoglicato e il nedocromil prevengono le risposte allergiche precoci e tardive. Essi bloccano l’iperreattività bronchiale indotta dall’allergene, nonché quella stagionale non specifica. A seguito di somministrazione protratta, entrambi i farmaci sono in grado di ridurre l’iperreattività bronchiale. Pur non avendo proprietà broncodilatatrici, essi possono inibire gli effetti broncocostrittori di molti stimoli, quali allergeni, attività fisica, iperventilazione indotta da aria fredda, acqua distillata nebulizzata con apparecchio a ultrasuoni ed esposizione a inquinanti atmosferici e industriali. Cromoglicato e nedocromil sono usati come terapia alternativa, ma non di elezione, per il trattamento dell’asma persistente lieve. A causa dell’assenza di proprietà broncodilatatrici, non sono utili nei casi acuti, ma possono contribuire al trattamento preventivo prima dello svolgimento di un’intensa attività fisica o prima di C0075.indd 810 un’inevitabile esposizione ad allergeni. Il nedocromil è il farmaco più potente tra i due. Il cromoglicato è disponibile, con prescrizione medica, per il trattamento dell’asma in soluzione nebulizzata all’1% (20 mg/2 mL) o in dosatore per inalazione (800 g/ erogazione). La dose consigliata per il trattamento dell’asma è di 20 mg nebulizzati, da 2 a 4 volte/die, oppure di 1,6 mg spray da 2 a 4 volte/die. Diversi studi hanno confermato l’utilità del cromoglicato nel trattamento della rinite e della congiuntivite allergiche. I preparati per la somministrazione nasale e oculare sono vendibili senza ricetta medica. La dose consigliata per la rinite allergica è una erogazione spray (5,2 mg) per ciascuna narice 3-4 volte/die (si veda Tab. 137.4). Per la congiuntivite allergica, la dose consigliata è una goccia per occhio di soluzione oftalmica al 4% da 4 a 6 volte/die. Il nedocromil non è disponibile in forma nebulizzata, ma soltanto con inalatore. La dose raccomandata per il trattamento dell’asma è di 3,5 mg (1,75 mg/puff) 2-4 volte/die. È in commercio una soluzione di nedocromil al 2% (vendibile dietro presentazione di ricetta medica) per il trattamento della congiuntivite allergica; la dose suggerita è di 1-2 gocce per occhio 2 volte/die. La sicurezza di questi farmaci, anche in caso di uso prolungato, è ben documentata. Gli effetti avversi del cromoglicato segnalati più frequentemente sono gola secca e broncocostrizione transitoria. Solo in rari casi si verifica una sensibilizzazione al farmaco. I pazienti che utilizzano il nedocromil lamentano, talvolta, il suo cattivo sapore. Gli effetti avversi del nedocromil, segnalati raramente, consistono in tosse, mal di gola, rinite, mal di testa e nausea. Glucocorticoidi Per le loro potenti proprietà antinfiammatorie, i glucocorticoidi sono ampiamente utilizzati nel trattamento dei disturbi allergici. La loro azione è mediata dal recettore per i glucocorticoidi, presente in tutte le cellule effettrici infiammatorie, e dall’inibizione diretta delle citochine e dei mediatori. I glucocorticoidi sono disponibili in preparati oftalmici per uso topico, spray nasali, creme e pomate, inalatori e soluzioni per nebulizzazione. La somministrazione sistemica avviene per via orale o parenterale. Il corretto utilizzo e l’efficacia dei glucocorticoidi nel trattamento dei sintomi allergici, nonché i loro effetti avversi, sono approfonditi nei capitoli dedicati alle diverse malattie allergiche (Capp. 137-152). Antagonisti recettoriali dei leucotrieni I farmaci che modificano la via dei leucotrieni esercitano i loro effetti clinici inibendo la produzione di queste molecole, oppure bloccandone il legame con il recettore specifico. Tali agenti hanno effetti broncodilatatori e deboli proprietà antinfiammatorie. Oltre a inibire la fase precoce e tardiva della risposta allergica, riducono la broncocostrizione indotta dall’attività fisica o dall’esposizione ad allergeni, acido acetilsalicilico o aria fredda. Questi agenti sono utilizzati, talvolta, nel trattamento dell’asma (Cap. 138) e si sono rivelati moderatamente efficaci nella terapia della rinite allergica (Cap. 137). Teofillina Grazie ai suoi effetti broncodilatatori, la teofillina (1,3-dimetilxantina) viene utilizzata da anni nel trattamento delle forme asmatiche acute e croniche. L’inibizione non specifica di isoenzimi della fosfodiesterasi e l’antagonismo a livello dei recettori per l’adenosina si verificano quando la concentrazione sierica del farmaco raggiunge un livello sufficiente. L’effetto dilatatorio è causato, probabilmente, dall’inibizione della fosfodiesterasi, mentre l’antagonismo a livello dei recettori per l’adenosina può svolgere un ruolo importante nell’attenuazione della fatica diaframmatica e nella riduzione della liberazione del mediatore dei mastociti, indotta dall’adenosina. La teofillina inibisce la fase immediata e tardiva della risposta polmonare all’allergene e mostra un moderato effetto protettivo. Sono stati documentati anche effetti antinfiammatori e immunomodulatori specifici. La teofillina (vendibile dietro presentazione di ricetta medica) è disponibile in due formulazioni: ad assorbimento rapido o a rilascio lento. Se utilizzata per il trattamento di crisi asmatiche gravi, è spesso somministrata 10/1/12 11:50:44 AM Capitolo 136 Principi di trattamento delle malattie allergiche ■ 811 per via endovenosa. Gli effetti tossici e terapeutici della teofillina dipendono dalla concentrazione sierica: quando questa si avvicina o supera 20 g/mL, l’incidenza degli effetti tossici aumenta significativamente. Molte condizioni morbose e molti farmaci sono in grado di favorire o rallentare il metabolismo della teofillina, i cui effetti tossici possono manifestarsi con lieve nausea, insonnia, irritabilità, tremori, cefalea, fino ad aritmie cardiache, convulsioni e morte. La gravità di questi effetti richiede un attento monitoraggio delle concentrazioni sieriche del farmaco. A causa della necessità di monitoraggio e della potenziale tossicità, l’impiego della teofillina si è notevolmente ridotto dopo l’introduzione di efficaci terapie alternative per il trattamento delle forme acute e croniche di asma (Cap. 138). Lodoxamide trometamolo Il lodoxamide trometamolo, uno stabilizzante dei mastociti, è più efficace del cromoglicato sodico per applicazione topica nell’alleviare i segni e i sintomi allergici oculari (Cap. 141). Il farmaco è utilizzato nei bambini di età >2 anni con cheratocongiuntivite, congiuntivite e cheratite primaverile. Un effetto avverso riportato occasionalmente consiste in una transitoria sensazione di bruciore dopo l’instillazione. Olopatadina cloridrato L’olopatadina cloridrato è, allo stesso tempo, uno stabilizzante dei mastociti e un antagonista del recettore H1, efficace nell’alleviare i segni e i sintomi della congiuntivite allergica dopo instillazione topica. Non può essere utilizzato nei bambini di età inferiore ai 3 anni. Il 7% dei pazienti trattati lamenta mal di testa, mentre una sensazione di bruciore è segnalata in <5% dei casi. Anticorpi anti-immunoglobuline E Gli anticorpi monoclonali anti-immunoglobuline E (anti-IgE) si legano alle IgE circolanti, a livello del sito di legame di queste ultime sui mastociti, impedendone l’adesione. La somministrazione parenterale di anticorpi anti-IgE riduce la concentrazione sierica di IgE, inibisce la risposta al test cutaneo nei pazienti allergici, sopprime la fase precoce e tardiva della risposta agli allergeni e riduce l’eosinofilia nell’escreato dei soggetti asmatici. Gli anticorpi anti-IgE hanno effetti benefici sui pazienti con rinite allergica e con asma. Un preparato anti-IgE (omalizumab) è disponibile per il trattamento di bambini di età ≥12 anni con diagnosi di asma allergico che non risponde al trattamento con corticosteroidi per inalazione. Sebbene questo agente sia in genere ben tollerato, sono state segnalate reazioni locali in corrispondenza dei siti di iniezione e rari casi di anafilassi. Gli anticorpi anti-IgE sono utili anche nel trattamento di altri disturbi allergici, come l’anafilassi o le intolleranze alimentari. L’impiego di un preparato a base di anticorpi monoclonali anti-IgE in pazienti adulti con allergia alle arachidi ha consentito di elevare significativamente la soglia di tolleranza di questi pazienti. Gli elevati costi di questa terapia richiedono un’accurata selezione iniziale dei pazienti: saranno da prediligere i soggetti con sintomi persistenti malgrado una terapia farmacologica aggressiva, quelli con più di un disturbo allergico e quelli in cui la terapia in atto produca effetti collaterali gravi. Nuove terapie Sono in corso di sperimentazione diverse strategie per inibire l’azione delle citochine proinfiammatorie. Uno degli approcci studiati consiste nell’uso di recettori solubili ricombinanti, che si legano a una specifica citochina, inibendone la capacità di legame ai recettori della membrana cellulare. Strategie alternative sono lo sviluppo di specifici antagonisti recettoriali delle citochine e la somministrazione di anticorpi monoclonali umanizzati anticitochine. Gli antagonisti solubili ricombinanti recettoriali dell’interleuchina-4 (IL-4) esercitano i loro effetti legandosi all’IL-4 e inattivandola prima che possa legarsi, a sua volta, ai recettori della membrana cellulare. Studi iniziali, svolti su pazienti con asma di grado moderato che assumevano corticosteroidi per inalazione, avevano dato risultati i quali deponevano per un effetto benefico; C0075.indd 811 tuttavia, ricerche successive, pur confermando la sicurezza di queste terapie, non hanno confermato tali incoraggianti risultati. Studi clinici sull’impiego degli anticorpi monoclonali umanizzati anti-IL-5, somministrati per iniezione in pazienti asmatici, hanno mostrato che la terapia permette di conseguire una diminuzione degli eosinofili circolanti e dell’eosinofilia dell’escreato, ma con una riduzione di minore entità nella sottomucosa bronchiale. Inoltre, gli effetti positivi segnalati non sono associati a una riduzione della reattività alla metacolina né a una soppressione della fase precoce e tardiva della risposta agli allergeni. L’uso di citochine con effetti antinfiammatori nel trattamento dei disturbi allergici è in fase di studio. Purtroppo, ricerche iniziali non sono riuscite a dimostrare gli effetti benefici dell’IL-10 o degli interferoni nel trattamento dell’asma. La somministrazione di IL-12 mostra di associarsi a una riduzione dell’accumulo di eosinofili in risposta all’esposizione agli allergeni, ma non è stata osservata alcuna inibizione delle fasi iniziale e tardiva della risposta all’antigene, né si è rilevato alcun decremento dell’iperreattività bronchiale. Inoltre, l’elevata incidenza di effetti avversi significativi contribuisce a limitare il potenziale terapeutico dell’IL-12. IMMUNOTERAPIA ALLERGENICA L’immunoterapia allergenica prevede la somministrazione graduale di dosi crescenti di allergeni, allo scopo di eliminare o ridurre le reazioni cliniche indesiderate in risposta alla successiva naturale esposizione del paziente a tali allergeni. Se attuata con competenza in soggetti accuratamente selezionati, questa terapia si è dimostrata sicura ed efficace, in grado non soltanto di prevenire i sintomi, ma anche di modificare la naturale progressione della malattia, riducendone al minimo la durata. L’immunoterapia allergenica convenzionale viene somministrata per via sottocutanea, sotto la supervisione di un allergologo esperto. Indicazioni e controindicazioni L’immunoterapia allergenica è riservata a pazienti con una malattia allergica che risponde a questa forma di terapia, come la rinocongiuntivite allergica stagionale o perenne, l’asma scatenato dall’esposizione ad allergeni e la sensibilità al veleno di insetti. Questa terapia non è consigliata nel trattamento delle allergie alimentari, della dermatite atopica, dell’orticaria acuta o cronica e dell’allergia al lattice, perché la sua efficacia in questi casi non è ancora stata dimostrata. Prima di prendere in considerazione questa opzione terapeutica, è opportuno valutare, mediante un test cutaneo o un test in vitro, la sensibilità del paziente agli allergeni che gli verranno somministrati, allo scopo di misurare l’incremento nella concentrazione sierica di IgE specifiche per quel particolare allergene. La rilevanza clinica di tali allergeni andrebbe confermata da un’accurata raccolta dei dati anamnestici riguardanti la comparsa dei sintomi in rapporto a un’esposizione certa a determinati allergeni, oppure riguardanti una cronologia dei sintomi che consenta di correlare la loro comparsa con una sospetta esposizione a uno specifico allergene (ad esempio, quando i disturbi nasali e oculari si manifestano verso la fine dell’estate e all’inizio dell’autunno, in un bambino con test cutaneo positivo per i pollini). La durata e la gravità dei sintomi del paziente giustificano il ricorso a una terapia costosa, impegnativa e associata a un certo numero di rischi. Prima di prendere una decisione, è opportuno documentare la presenza di sintomi invalidanti malgrado gli sforzi per evitare l’esposizione all’allergene e il pregresso tentativo con la terapia farmacologica standard più adatta quanto a scelta dei farmaci e loro posologia. Nel caso dei pazienti sensibili agli allergeni stagionali, l’immunoterapia viene intrapresa se la sintomatologia è comparsa per almeno due stagioni consecutive, salvo che i sintomi non siano particolarmente gravi o gli effetti collaterali dei farmaci precedentemente assunti si rivelino intollerabili. L’unica ovvia eccezione a questa regola è il bambino con anafilassi da puntura di insetto, che deve essere sottoposto a immunoterapia non appena la diagnosi sia stata correttamente formulata (Cap. 140). 10/1/12 11:50:44 AM 812 ■ Parte XV Allergopatie Altri fattori che possono incidere sulla scelta dell’immunoterapia sono legati alla qualità della vita del paziente e includono la considerazione dei giorni di scuola da perdere, l’età del paziente, i fattori logistici e quelli economici. A eccezione dell’immunoterapia nei casi di ipersensibilità a veleni, sono disponibili scarsi dati sull’efficacia di questa terapia nei bambini di età <5 anni. L’immunoterapia allergenica non è consigliata nei bambini di età <5 anni, a causa dei maggiori rischi di reazioni sistemiche, della difficoltà del trattamento dell’anafilassi, della possibile incapacità del bambino di comunicare chiaramente con il medico in caso di reazione allergica e del rischio di stress emotivo legato alle frequenti iniezioni. Altri importanti fattori logistici sono la disponibilità del paziente a sottoporsi a un ciclo di frequenti iniezioni nel corso di diversi anni, la considerazione dei costi e la disponibilità di un ambiente appropriato per la somministrazione della terapia. L’immunoterapia allergenica è controindicata nei bambini che assumono -bloccanti o che presentano disturbi immunologici o malattie autoimmuni, aspergillosi broncopolmonare allergica, polmonite da ipersensibilità, gravi condizioni morbose psichiatriche o malattie tali da compromettere la sopravvivenza in caso di reazione allergica. La gravidanza costituisce una controindicazione per l’avvio della terapia o per l’aumento delle dosi; nondimeno, le adolescenti incinte possono continuare ad assumere la dose di mantenimento consueta. I pazienti con asma instabile non devono iniziare la terapia, a causa dell’eccessivo rischio di anafilassi fatale. L’immunoterapia allergenica non ha dimostrato alcun effetto benefico nel trattamento dell’aspergillosi broncopolmonare allergica e della polmonite da ipersensibilità. I -bloccanti devono essere sostituiti con altri farmaci, prima di poter prendere in considerazione l’immunoterapia, a causa dell’aumento dell’intensità delle reazioni allergiche e della scarsa risposta della terapia convenzionale a queste reazioni con i -bloccanti. L’immunoterapia allergenica è solitamente da evitarsi anche nei pazienti con disturbi autoimmuni, a causa del rischio non prevedibile di stimolazione del sistema immunitario, che potrebbe comportare l’attivazione della malattia autoimmune. Estratti di allergeni La potenza degli estratti acquosi utilizzati nell’immunoterapia allergenica è influenzata da diversi fattori. Gli allergeni del polline di graminacee e di erbe sono più facili da estrarre in forma liquida e risultano, dunque, più efficaci di quelli ottenuti da altre fonti, come muffe, pollini di alberi e acari. A causa della loro complessità, gli estratti di allergeni fungini sono meno stabili rispetto a quelli di pollini. La refrigerazione e la corretta manipolazione degli estratti utilizzati nell’immunoterapia sono fattori indispensabili per evitare la degradazione che si può verificare alle alte temperature a danno degli estratti di pollini di alberi, erbe e infestanti e degli acari della polvere. La diluizione degli estratti può causare una perdita di potenza, in seguito all’adesione dell’allergene alle fiale di vetro. Per contrastare questo effetto, si ricorre, talvolta, all’aggiunta di albumina umana. Alcuni estratti, come quelli degli allergeni di scarafaggi, acari e funghi, contengono proteasi in grado di degradare altri allergeni presenti nell’estratto. Di conseguenza, spesso si raccomanda di non miscelare tali estratti con quelli derivati da alberi, erbe e graminacee. Anche i veleni di insetti non devono essere mai miscelati con altri allergeni. Qualora ve ne sia la disponibilità, è preferibile l’uso di estratti standardizzati di allergeni, per garantire un dosaggio costante ed evitare la variabilità del contenuto in allergeni, tipica delle preparazioni non standardizzate. Somministrazione degli estratti di allergeni L’obiettivo dell’immunoterapia allergenica consiste nell’aumento graduale della dose di estratto somministrata, fino all’iniezione di una dose “ottimale” di mantenimento, contenente 4-12 g di ciascun allergene principale. La miscela di estratti somministrata nel corso dell’immunoterapia è formulata individualmente, per ciascun paziente, sulla base della sua specifica sensibilità. Pur con una certa variabilità degli schemi posologici, le prime iniezioni sono, per lo C0075.indd 812 più, effettuate a intervalli di 5-10 giorni, durante l’arco dell’anno. Le modalità della terapia sono stabilite in base alla sensibilità del paziente verso gli allergeni presenti nell’estratto. I pazienti più sensibili richiedono un processo più graduale di aggiustamenti, prima di poter raggiungere la dose di mantenimento. L’aumento della dose, benché predeterminato, deve essere stabilito tenendo conto della reazione del paziente a ciascuna iniezione. La reazione sistemica verso una data dose comporta una significativa riduzione del dosaggio nell’iniezione successiva, mentre la riduzione della dose basata soltanto sulla reazione locale non aiuta a tenere sotto controllo il rischio di reazione sistemica. Per raggiungere la dose di mantenimento sono solitamente necessarie iniezioni settimanali per un periodo di 5-6 mesi; nei pazienti sensibili, tuttavia, i tempi possono essere maggiori. La somministrazione del veleno di insetti segue un protocollo differente rispetto a quello degli altri allergeni (Cap. 140). Una volta raggiunta e ben tollerata la dose di mantenimento, l’intervallo di tempo tra le iniezioni viene progressivamente aumentato, fino ad alcune settimane o un mese. Poiché gli estratti di allergeni perdono gradualmente la loro potenza, la prima dose prelevata da una nuova fiala è ridotta del 25-75% e poi aumentata progressivamente, con incrementi settimanali, fino a raggiungere la dose di mantenimento abituale. La durata raccomandata di un ciclo di immunoterapia allergenica è di 3-5 anni. L’immunoterapia per i veleni di insetti può essere proseguita più a lungo nei pazienti a rischio di anafilassi fatali. Nei soggetti che, dopo avere ricevuto per almeno 1 anno la dose di mantenimento dell’allergene appropriato, non mostrano alcun miglioramento, si deve sospendere la terapia. Nella maggior parte dei casi la terapia sortisce gli effetti desiderati, ma un certo numero di pazienti va incontro a una graduale ricomparsa dei sintomi dopo la sospensione della somministrazione. In caso di recidiva, il paziente può trarre beneficio da un secondo ciclo di terapia. L’immunoterapia rush consiste nella somministrazione di iniezioni multiple nel corso di un’unica giornata o di più giorni, allo scopo di raggiungere più rapidamente la dose di mantenimento. Il rischio di reazioni avverse, anche sistemiche, è più elevato rispetto all’immunoterapia tradizionale. I pazienti che si sottopongono a immunoterapia rush sono solitamente pretrattati con antistaminici e corticosteroidi. Poiché, nei bambini, il rischio di reazioni sistemiche è particolarmente elevato, prima di effettuare questo tipo di trattamento in età pediatrica è necessario considerarne accuratamente i rischi e i benefici. La presomministrazione di omalizumab ha dimostrato di ridurre l’incidenza di reazioni sistemiche associate al ricorso a questa forma di immunoterapia. L’immunoterapia allergenica è considerata una tecnica sicura, ma sussiste sempre il rischio di reazione anafilattica, quando si inietta un estratto contenente allergeni in un paziente sensibile. La terapia deve essere somministrata in ambiente medico, da uno specialista che abbia accesso alle apparecchiature di emergenza e ai farmaci necessari per il trattamento dell’anafilassi (Cap. 143). Le iniezioni non devono mai essere effettuate a casa o da personale non medico. È opportuno, inoltre, che il paziente rimanga in ambulatorio per almeno 30 minuti dopo l’iniezione, dal momento che la maggior parte delle reazioni all’immunoterapia allergenica insorgono entro questo periodo di tempo. Si stima che l’incidenza dei rari casi fatali di anafilassi scatenata dall’immunoterapia allergenica sia pari a 1 caso ogni 2 milioni di iniezioni. Il rischio di reazioni avverse è maggiore in caso di errori di dosaggio e di scelta della modalità rush. È necessaria una particolare cautela nel corso delle prime iniezioni con preparato prelevato da una nuova fiala. Un maggiore rischio di reazioni avverse all’immunoterapia allergenica sussiste, inoltre, nei pazienti con particolare sensibilità o con asma instabile e in quelli con esacerbazioni della rinite allergica o dell’asma. Tra le precauzioni da adottare per ridurre le reazioni avverse figurano l’uso di estratti standardizzati, la somministrazione delle iniezioni esclusivamente da parte di personale specializzato, un attento monitoraggio delle reazioni del paziente durante l’iniezione, la verifica della stabilità delle sue condizioni mediche prima di procedere, la disponibilità di apparecchiature 10/1/12 11:50:44 AM Capitolo 137 Rinite allergica ■ 813 mediche e di farmaci per eventuali emergenze, la permanenza del paziente in ambulatorio per i 30 minuti successivi all’iniezione. In alcuni soggetti asmatici è consigliabile procedere, prima di ogni iniezione, a un controllo spirometrico e alla verifica del picco di flusso. Al fine di ridurre la probabilità di una reazione allergica indotta dagli allergeni liquidi, si è giunti allo sviluppo di estratti nei quali le proteine sono precipitate con idrossido di alluminio ed estratti, precipitati con allume e trattati con piridina. A causa della scarsa disponibilità di questi estratti, il loro uso è attualmente limitato. Un altro metodo sviluppato per ridurre l’allergenicità, mantenendo invariata l’immunogenicità, è la polimerizzazione degli estratti con glutaraldeide. L’impiego di tali estratti consente di raggiungere la dose di mantenimento entro 2 mesi, con una marcata riduzione dell’incidenza di reazioni sistemiche. Tuttavia, la somministrazione di questi preparati non è ancora stata approvata negli Stati Uniti. Approcci alternativi ancora in fase di sperimentazione sono la manipolazione chimica o genetica dell’allergene, oppure il legame della principale frazione allergenica a un adiuvante estremamente attivo, come una sequenza immunostimolatrice che imita i modelli del DNA batterico. L’immunoterapia nasale locale è somministrata spruzzando la soluzione allergenica nelle narici a intervalli regolari. Malgrado il miglioramento dei sintomi, la mancanza di una significativa risposta immunologica sistemica ha determinato un calo di interesse per questa forma di terapia. L’immunoterapia sublinguale (SubLingual ImmunoTherapy, SLIT) comporta la somministrazione sublinguale di dosi elevate di allergene, che vengono poi ingerite. Questo tipo di terapia è probabilmente destinato a una maggiore diffusione nel prossimo futuro, grazie al suo profilo di sicurezza favorevole e alla facilità di somministrazione. Efficacia L’effetto positivo dell’immunoterapia allergenica sulle riniti o rinocongiuntiviti allergiche stagionali o perenni è ben documentato. Nel caso della rinite allergica, questa terapia si è dimostrata efficace con gli allergeni di betulla, cedro, erbe, ambrosia e Cladosporium. L’immunoterapia con gli altri allergeni comunemente usati nel trattamento della rinite allergica non ha dimostrato un’efficacia certa. Come nel caso della rinite allergica, gli studi controllati, volti a valutare gli effetti dell’immunoterapia allergenica sulle forme asmatiche allergiche stagionali o perenni, hanno prodotto dati incoraggianti nella maggior parte dei casi. Una metanalisi condotta su 20 di questi studi ha rivelato una significativa riduzione dei sintomi, un miglioramento delle funzioni respiratorie, una minore necessità di ricorrere ai farmaci e una riduzione dell’iperreattività bronchiale. I dati più convincenti per il trattamento dell’asma allergico con immunoterapia si riferiscono ai seguenti allergeni: betulla, cedro, erbe, ambrosia e acari della polvere. I dati relativi a Cladosporium, Alternaria e allergeni del gatto sono suggestivi, ma meno certi. Studi che esaminano gli effetti dell’immunoterapia allergenica nel trattamento di pazienti con forme allergiche di rinite e di asma documentano un aumento della circolazione di IgG allergene-specifiche e una riduzione di IgE allergene-specifiche dopo il trattamento. La riduzione della sensibilità agli allergeni somministrati è stata dimostrata nelle patologie nasali e bronchiali. Questi studi hanno spesso segnalato un’eliminazione o una significativa riduzione della fase tardiva della risposta allergenica. I vantaggi e la sicurezza dell’immunoterapia allergenica in pazienti con sensibilità al veleno di Hymenoptera sono stati anch’essi confermati da diversi ampi studi. L’efficacia dell’immunoterapia allergenica per il trattamento di dermatite atopica, orticaria e allergia al lattice non è dimostrata. Studi compiuti utilizzando l’immunoterapia orale (Oral ImmunoTherapy, OIT), mediante la somministrazione per via orale di dosi gradualmente crescenti di un allergene alimentare sotto stretto monitoraggio medico seguita da una fase di mantenimento prolungata con somministrazione a domicilio di dosi fisse quotidiane dell’allergene, hanno dimostrato la sicurezza di questo approccio, lasciando presagire la fattibilità C0075.indd 813 di questa forma di trattamento. Sebbene siano ancora in fase di studio, la OIT e forse anche la SLIT potrebbero rappresentare un approccio molto promettente al trattamento delle allergie alimentari per il futuro. BIBLIOGRAFIA Per la bibliografia completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com. Capitolo 137 Rinite allergica Henry Milgrom e Donald Y.M. Leung La rinite allergica (Allergic Rhinitis, AR) è un’alterazione infiammatoria della mucosa nasale caratterizzata da congestione nasale, rinorrea e prurito, spesso accompagnata da starnuti e irritazione congiuntivale. Per via della sua elevata prevalenza, degli effetti deleteri sulla qualità della vita e sulle prestazioni scolastiche e delle comorbilità viene inquadrata come una malattia cronica infantile grave. I bambini affetti da AR presentano spesso sinusite, congiuntivite, otite media, otite sierosa, tonsille e adenoidi ipertrofiche ed eczema correlati. La rinite allergica infantile è associata a un rischio due volte maggiore di asma con il progredire dell’età. Negli ultimi quarant’anni l’AR ha subito un’impennata in tutto il mondo, risparmiando le zone rurali e sottosviluppate. Nelle società avanzate soffre di AR il 20-40% dei bambini. I sintomi possono comparire durante l’infanzia e la diagnosi viene generalmente posta entro il raggiungimento del sesto anno di età. La prevalenza raggiunge il picco nella tarda infanzia. I fattori di rischio includono l’anamnesi familiare di atopia e un valore sierico di immunoglobuline (Ig) E maggiore di 100 UI/mL prima dei 6 anni di età. Il rischio aumenta nei bambini svezzati o passati al latte in polvere molto presto, nei figli di madri forti fumatrici, specialmente prima che il bambino compia un anno di età e in quelli molto esposti ad allergeni da ambienti interni. Durante la prima infanzia sembra esistere un periodo critico, in cui il soggetto geneticamente sensibile è a rischio più elevato di sensibilizzazione. L’allattamento al seno di bambini ad alto rischio e l’esposizione a cani, gatti ed endotossine nella prima infanzia sono protettivi contro l’atopia e il respiro ansimante precoce. Il parto cesareo è associato a rinite allergica e atopia tra i bambini con un’anamnesi genitoriale di asma o allergie. Tale associazione può essere spiegata tramite la mancanza di esposizione alla flora vaginale/fecale durante il parto. I bambini tra i 2 e i 3 anni che presentano elevate IgE anti-scarafaggio e anti-topo sono a rischio maggiore di respiro ansimante, rinite e dermatite atopica. Il verificarsi di 3 o più episodi di rinorrea durante il primo anno di vita è associato a rinite allergica all’età di 7 anni. Esposizioni precoci nel corso della vita o la loro assenza influenzano in maniera importante lo sviluppo del fenotipo allergico. EZIOLOGIA Due fattori necessari per il manifestarsi dell’AR sono la sensibilità a un allergene e la sua presenza nell’ambiente. Attualmente l’AR viene classificata in stagionale (Seasonal Allergic Rhinitis, SAR) o perenne (Perennial Allergic Rhinitis, PAR), sebbene tali termini possano essere sostituiti a breve da rinite allergica intermittente (Intermittent Allergic Rhinitis, IAR) e rinite persistente (Persistent Rhinitis, PER). Questi due insiemi di termini si basano su premesse diverse; tuttavia, a prescindere dalla terminologia, la causa principale di tutte le forme di rinite è costituita dagli allergeni inalanti. La SAR segue un corso di esacerbazione ciclica ben definito, mentre la PAR produce sintomi in tutto l’arco dell’anno. Circa il 20% dei casi è strettamente stagionale, il 40% perenne e il 40% misto (perenne con esacerbazioni stagionali). Nei climi temperati i pollini trasportati dall’aria responsabili della SAR si 10/1/12 11:50:44 AM 814 ■ Parte XV Allergopatie presentano in fasi distinte: gli alberi si impollinano in primavera, le graminacee all’inizio dell’estate e le erbe infestanti alla fine. In questi climi le spore delle muffe persistono all’aperto soltanto in estate, mentre nei climi caldi permangono per tutto l’anno. I sintomi delle allergie stagionali cessano con l’arrivo del gelo. Per identificare la causa della SAR è indispensabile conoscere le manifestazioni dei sintomi stagionali, i pattern regionali di impollinazione e della sporulazione delle muffe e le IgE specifiche del paziente. La PAR è più frequentemente associata agli allergeni da ambienti interni: acari della polvere di casa, detriti epidermici di animali, topi e scarafaggi. Negli Stati Uniti sono molto frequenti le allergie ai gatti e ai cani. Gli allergeni provenienti dalla saliva e dalle secrezioni sebacee possono rimanere nell’aria per periodi prolungati. Il principale allergene ubiquitario dei gatti, il Fel d 1, può essere trasportato dagli abiti dei proprietari dei gatti in luoghi da cui la presenza di questi animali è bandita, come scuole e ospedali. congestione nasale è spesso più accentuata e costringe a respirare con la bocca e a russare, disturbi che interferiscono con il sonno e provocano irritabilità. I segni riscontrabili all’esame obiettivo includono anomalie dello sviluppo facciale, malocclusione dentale, continua respirazione a bocca aperta, labbra screpolate, occhi pesti allergici (occhiaie marcate) e piega nasale trasversale. Altri reperti frequenti sono edema congiuntivale, prurito, lacrimazione e iperemia. Un esame del naso effettuato con l’ausilio di una fonte di luce e uno speculum può rivelare la presenza di secrezioni nasali chiare; mucose edematose, viscose e bluastre senza eritema o con eritema lieve; turbinati gonfi che possono bloccare le vie nasali. Per effettuare un esame adeguato può essere necessario ricorrere a un decongestionante topico. Secrezioni nasali dense e purulente sono indicative della presenza di un’infezione. DIAGNOSI DIFFERENZIALE PATOGENESI L’esposizione di un ospite atopico a un allergene porta alla produzione di IgE specifiche. Le reazioni cliniche alla riesposizione all’allergene sono state classificate in risposte allergiche precoci (Early-Phase Responses, EPR) e tardive (Late-Phase Responses, LPR). Il legame a ponte (“bridging”) delle molecole di IgE sulla superficie dei mastociti da parte dell’allergene attiva le EPR, caratterizzate dalla degranulazione dei mastociti e dal rilascio di mediatori infiammatori preformati e di nuova formazione, tra cui l’istamina, la prostaglandina 2, e i cisteinil-leucotrieni. Le LPR si manifestano dopo 4-8 ore dall’esposizione all’allergene. Le cellule infiammatorie, tra cui basofili, eosinofili, neutrofili, mastociti e cellule mononucleate infiltrano la mucosa nasale. Gli eosinofili rilasciano mediatori proinfiammatori tra cui i cisteinil-leucotrieni, le proteine cationiche, la perossidasi eosinofila e la proteina basica maggiore, e sono fonte di interleuchina 3 (IL-3), IL-5, fattore stimolante le colonie macrofagiche-granulocitarie (GM-CSF) e IL-13. La ripetuta introduzione endonasale di allergeni causa il priming, una risposta esagerata a una provocazione ridotta. Nel corso di una stagione allergica si verifica un consistente aumento dei mastociti epiteliali e sottomucosi. Un tempo si riteneva che i mastociti intervenissero soltanto nelle EPR, oggi, tuttavia, sembrano svolgere un’importante funzione nel sostenere le allergopatie croniche. Gli allergeni, gli autoantigeni e le componenti degli agenti infettivi sovrapposti attivano il sistema immunitario. La regolazione immunitaria negli organi linfatici e nei tessuti influenza in maniera importante il controllo e la soppressione dell’allergopatia in tutte le fasi del processo infiammatorio, come la migrazione delle cellule infiammatorie ai tessuti, la distruzione dei tessuti mediata dalle cellule infiammatorie e l’interazione delle cellule infiammatorie con le cellule residenti dei tessuti per potenziare l’infiammazione. MANIFESTAZIONI CLINICHE I sintomi dell’AR sono spesso ignorati oppure erroneamente attribuiti a un’infezione respiratoria. I bambini più grandi sono in grado di soffiarsi il naso, ma i più piccoli tendono a tirare su e a sbuffare. Il prurito nasale porta i piccoli a fare smorfie, ad avere contrazioni muscolari e a mettersi le dita nel naso, cosa che può provocare epistassi. I bambini affetti da AR fanno spesso il saluto allergico, cioè si grattano il naso spingendolo verso l’alto con il palmo della mano aperto oppure con l’indice. Questo gesto allevia il prurito e sblocca temporaneamente la via aerea, dando inoltre origine alla piega nasale, una piega orizzontale nella cute sopra il ponte del naso. La diagnosi di AR si basa sui sintomi in assenza di infezione del tratto respiratorio superiore e di anomalie strutturali. Tra i disturbi tipici si annoverano congestione nasale intermittente, prurito, starnuti, rinorrea chiara e irritazione congiuntivale. I sintomi si intensificano con una maggiore esposizione all’allergene responsabile. I pazienti possono perdere l’olfatto e il gusto. Alcuni possono manifestare cefalea, respiro ansimante e tosse. Di notte la C0075.indd 814 La valutazione dell’AR richiede un’anamnesi accurata che indichi tutti i particolari dell’ambiente e della dieta del paziente; l’anamnesi familiare di condizioni allergiche come AR, eczema e asma; l’esame obiettivo e gli esami di laboratorio. L’anamnesi e i dati di laboratorio forniscono indicazioni sull’identità dei fattori scatenanti. I sintomi che includono starnuti, rinorrea, prurito nasale e congestione e i reperti di laboratorio di IgE elevate, anticorpi IgE specifici e risultati positivi dei test cutanei allergologici caratterizzano l’AR. La SAR differisce dalla PAR per l’anamnesi e per i risultati dei test cutanei. Le riniti non allergiche provocano sintomi sporadici e possono essere confuse con la PAR. Le cause di tali affezioni sono spesso sconosciute. La rinite infiammatoria non allergica in presenza di eosinofili (Nonallergic Inflammatory Rhinitis with Eosinophils, NARES) imita l’AR per quanto riguarda le manifestazioni e la risposta al trattamento, ma senza livelli elevati di anticorpi IgE. La rinite vasomotoria è caratterizzata da un’eccessiva responsività della mucosa nasale agli stimoli fisici. Altre condizioni non allergiche che possono simulare l’AR comprendono rinite infettiva, anomalie strutturali come la presenza di polipi nasali e la deviazione del setto, rinite medicamentosa (determinata da un uso eccessivo di vasocostrittori topici), rinite ormonale associata a gravidanza o a ipotiroidismo, neoplasie, vasculiti e patologie granulomatose (Tab. 137.1). COMPLICANZE L’AR è frequentemente associata a complicanze e a condizioni di comorbilità. I bambini con AR provano frustrazione per il proprio aspetto fisico. La sinusite cronica è una complicanza comune dell’AR, spesso associata a infezione purulenta, ma nella maggior parte dei pazienti si sviluppa notevole ispessimento della mucosa, opacizzazione del seno e poliposi nasale con infiammazione ma con risultati colturali negativi. Il processo infiammatorio è caratterizzato da marcata eosinofilia. Gli agenti scatenanti possono essere gli allergeni, forse fungini. Spesso la sinusite nella triade asmatica (asma, sinusite con poliposi nasale e sensibilità all’acido acetilsalicilico) ha una scarsa responsività alla terapia. Nei pazienti che subiscono ripetuti interventi endoscopici il beneficio diminuisce a ogni procedura. La rinite che coesiste con l’asma può essere presa troppo alla leggera o completamente trascurata. Fino al 78% degli asmatici presenta AR e il 38% dei pazienti affetti da AR ha l’asma. L’aggravamento dell’AR coincide con l’esacerbazione dell’asma e il trattamento dell’infiammazione nasale riduce il broncospasmo, le visite al pronto soccorso per asma e i ricoveri ospedalieri. Il gocciolamento postnasale associato ad AR provoca solitamente tosse persistente o ricorrente. L’ostruzione della tromba di Eustachio e il versamento nell’orecchio medio sono complicanze frequenti. L’infiammazione allergica cronica causa ipertrofia delle adenoidi e delle tonsille che può essere associata a ostruzione della tromba di Eustachio, versamento sieroso, otite media e apnea ostruttiva 10/1/12 11:50:47 AM Capitolo 137 Rinite allergica ■ 815 Tabella 137.1 CAUSE DELLA RINITE Rinite allergica Stagionale Perenne Perenne con esacerbazione stagionale Rinite non allergica Fattori meccanici/strutturali: Deviazione del setto/anomalie della parete del setto Turbinati ipertrofici Ipertrofia adenoidea Corpi estranei Tumori nasali: Benigni Maligni Atresia coanale Infettiva: Acuta Cronica Infiammatoria/immunologica: Granulomatosi di Wegener Sarcoidosi Granuloma della linea mediana Lupus eritematoso sistemico Sindrome di Sjögren Poliposi nasale Fisiologica: Sindrome della discinesia ciliare Rinite atrofica Indotta dagli ormoni: Ipotiroidismo Gravidanza Contraccettivi orali Ciclo mestruale Sforzo Atrofica Indotta da farmaci: Rinite medicamentosa Contraccettivi orali Terapia antipertensiva Acido acetilsalicilico Farmaci antinfiammatori non steroidei Indotta da riflesso: Rinite gustatoria Indotta da sostanze chimiche o irritanti Riflessi da postura Ciclo nasale Fattori ambientali: Odori Temperatura Clima/pressione barometrica Professionale Rinite non allergica con sindrome eosinofila Rinite non allergica perenne (rinite vasomotoria) Fattori emotivi Da Leung DYM, Sampson HA, Geha RS, et al: Pediatric allergy principles and practice, St Louis, 2003, Mosby, p 290. notturna. Nei bambini l’AR è fortemente associata al russamento. L’associazione tra la rinite e le anomalie del sonno e la conseguente astenia diurna è ben documentata, ma il meccanismo di base non è stato del tutto chiarito. Per valutare gli effetti della patologia e degli interventi terapeutici sono stati sviluppati degli indici relativi alla qualità della vita. Il questionario Pediatric Rhinoconjunctivitis Quality of Life Questionnaire (PRQLQ) è adatto a bambini dai 6 ai 12 anni di età e il questionario Adolescent RQLQ è rivolto ai pazienti di età compresa tra i 12 e i 17 anni. Gli studi condotti impiegando il PRQLQ nei bambini affetti da rinite hanno documentato ansia e malessere fisico, sociale ed emotivo che compromettono l’apprendimento e la capacità di integrarsi con i compagni. Il disturbo concorre al manifestarsi di cefalea e astenia, limita le attività quotidiane e interferisce con il sonno. Si rileva evidenza di compromissione della funzione C0075.indd 815 Intermittente • ⬍4 giorni/settimana • O ⬍4 settimane Leggera Sonno normale e • Nessuna compromissione delle attività quotidiane, sportive, ricreative • Attività scolastica e lavorativa normale • Nessun sintomo problematico Persistente • 4 giorni/settimana • E ⬎4 settimane Moderata/grave Una o più delle seguenti • Sonno alterato • Compromissione delle attività quotidiane, sportive, ricreative • Attività scolastica e lavorativa alterata • Sintomi problematici Figura 137.1 Classificazione ARIA (Allergic Rhinitis and Its Impact on Asthma ) della rinite allergica. (Da Adkinson NF Jr, Bochner BS, Busse WW, et al, editors: Middleton’s allergy principles and practice, ed 7, Philadelphia, 2009, Mosby/Saunders, p 977.) cognitiva e dell’apprendimento che può essere ulteriormente indebolita dagli eventi avversi dei sedativi. La rinite rappresenta una causa importante di assenteismo scolastico che ogni anno provoca negli Stati Uniti più di 2 milioni di giorni di assenza. La Figura 137.1 mostra una classificazione basata sulla gravità. REPERTI DI LABORATORIO I test epicutanei forniscono il metodo migliore per individuare le IgE allergene-specifiche (valore predittivo positivo del 48,7% per la diagnosi epidemiologica della rinite allergica). Si tratta di test economici e sensibili con rischi e disagi minimi. È raro che una risposta agli allergeni respiratori stagionali si manifesti prima di due stagioni di esposizione e i bambini con età inferiore a un anno mostrano raramente test cutanei positivi ai suddetti allergeni. Per evitare falsi negativi si deve sospendere il montelukast per 1 giorno, i preparati antistaminici più sedativi per 3-4 giorni e gli antistaminici non sedativi per 5-7 giorni. Le immunoanalisi sieriche per le IgE allergene-specifiche assicurano un’adeguata alternativa (valore predittivo positivo del 43,5%) per i pazienti affetti da dermatografismo o dermatite estesa o per i pazienti trattati con farmaci che intervengono nella degranulazione mastocitaria, per i soggetti a forte rischio di anafilassi o per chi non è in grado di collaborare all’esecuzione della procedura. La presenza di eosinofili nello striscio nasale conferma la diagnosi di AR, quella dei neutrofili conferma la diagnosi di rinite infettiva. L’eosinofilia e le misurazioni delle concentrazioni di IgE nel siero totale hanno una sensibilità relativamente bassa. Per valutare gli effetti del trattamento e per indirizzare gli sviluppi futuri è ancora necessario un miglioramento dei metodi per una valutazione oggettiva. TRATTAMENTO Il trattamento punta a prevenire o migliorare i sintomi in maniera sicura ed efficace. Misure specifiche volte a ridurre l’esposizione agli allergeni da ambienti interni possono diminuire il rischio di sensibilizzazione e i sintomi dell’allergopatia respiratoria, sebbene gli studi esistenti riportino risultati contrastanti. Isolare il materasso, i cuscini e le coperte del paziente in un involucro a prova di allergene riduce l’esposizione all’allergene degli acari. Lenzuola e coperte dovrebbero essere lavate ogni settimana in acqua calda (>55 °C). L’unica misura efficace per evitare gli allergeni degli animali in casa consiste nell’allontanamento dell’animale domestico. I pollini e le muffe esterne si possono evitare rimanendo in un ambiente controllato. L’aria condizionata permette di tenere chiuse porte e finestre per ridurre l’esposizione al polline. I filtri HEPA riducono la conta delle spore delle muffe trasportate dal vento. I costi diretti della rinite allergica sono aumentati in maniera importante dall’introduzione degli antistaminici di seconda generazione e dei corticosteroidi endonasali (Tabelle 137.2-137.4). Gli antistaminici orali somministrati secondo necessità costituiscono una 10/1/12 11:50:47 AM 816 ■ Parte XV Allergopatie Tabella 137.2 ANTISTAMINICI E PSEUDOEFEDRINA FARMACO E NOME/I COMMERCIALE/I* Difenidramina (da banco): Benadryl Clorfenamina (da banco): Trimeton Bromfeniramina (da banco): Dimetapp Loratadina (da banco): Clarityn, Alavert, Dimetapp Children’s ND Desloratadina (su prescrizione): Clarinex Cetirizina (su prescrizione e da banco): Zirtec Levocetirizina (su prescrizione): Xyzal Fexofenadina (su prescrizione): Allegra INDICAZIONI (I), MECCANISMO DI AZIONE (M) E DOSAGGIO* I: rinite allergica, dermatite atopica, orticaria, sedazione notturna. M: antagonista del recettore H1 per l’istamina. 2-6 anni: 6,25 mg ogni 4-6 ore; max 37,5 mg/die 6-12 anni: 12,5-25 mg ogni 4-6 ore; max 150 mg/die >12 anni: 25-50 mg ogni 4-6 ore; max 300 mg/die I: rinite allergica, dermatite atopica, orticaria, sedazione notturna. M: antagonista del recettore H1 per l’istamina. 2-6 anni: 1 mg ogni 4-6 ore; max 6 mg/die 6-12 anni: 2 mg ogni 4-6 ore; max 12 mg/die >12 anni: 4 mg ogni 4-6 ore; max 24 mg/die Preparazioni a rilascio rapido: 6-12 anni: 8 mg prima di addormentarsi >12 anni: 8-12 mg ogni 8-12 ore I: rinite allergica. M: antagonista del recettore H1 per l’istamina. <6 anni: 0,125 mg/kg/dose ogni 6 ore; max 1 mg/die 6-12 anni: 2-4 mg/dose ogni 6-8 ore; max 12 mg/die >12 anni: 4-8 mg/dose ogni 4-6 ore; max 24 mg/die I: rinite allergica, orticaria. M: antistaminico triciclico ad azione prolungata con proprietà antagoniste selettive del recettore H1 periferico per l’istamina. 2-5 anni: 5 mg/die >6 anni: 10 mg/die I: rinite allergica, orticaria. M: la desloratadina, un importante metabolita della loratadina, è un antistaminico triciclico ad azione prolungata con proprietà antagoniste selettive del recettore H1 per l’istamina. 6-12 mesi: 1 mg/die 1-5 anni: 1,25 mg/die 6-12 anni: 2,5 mg/die >12 anni: 5 mg/die I: rinite allergica, orticaria. M: antagonista del recettore H1 per l’istamina. 6-24 mesi: 2,5 mg/die (nei bambini di 12-24 mesi, la dose può essere aumentata fino a 2,5 mg due volte al dì) 2-6 anni: 2,5-5 mg/die >6 anni: 5-10 mg/die I: rinite allergica, orticaria. M: la levocetirizina è l’enantiomero (R) della cetirizina; è un antagonista del recettore H1per l’istamina. 6-12 anni; 2,5 mg/die la sera >12 anni: 5 mg/die la sera I: rinite allergica, orticaria. M: la fexofenadina è un metabolita attivo della terfenadina; è un antagonista del recettore H1 per l’istamina. Per l’orticaria cronica idiopatica: 6 mesi-<2 anni: 15 mg due volte al dì 2-11 anni: 30 mg due volte al dì ≥12 anni: si faccia riferimento al dosaggio dell’adulto. Per la rinite allergica: 2-11 anni: 30 mg due volte al dì ≥12 anni: si faccia riferimento al dosaggio dell’adulto. COMMENTI, AVVERTENZE ED EVENTI AVVERSI La difenidramina possiede marcate proprietà anticolinergiche e sedative. Le compresse masticabili contengono fenilalanina. La nuova etichettatura del prodotto per gli antistaminici da banco riporterà la dicitura “Non usare nei bambini al di sotto dei quattro anni”. Eventi avversi: ipotensione, tachicardia, sonnolenza, eccitazione parossistica, secchezza delle fauci. La clorfenamina è disponibile in molti preparati indicati per la tosse e il raffreddore. L’uso per il trattamento delle infezioni dell’apparato respiratorio superiore è ingiustificato. La clorfenamina possiede proprietà anticolinergiche e sedative. La nuova etichettatura del prodotto per gli antistaminici da banco riporterà la dicitura “Non usare nei bambini al di sotto dei quattro anni”. Eventi avversi: sonnolenza da lieve a moderata, cefalea, eccitabilità, astenia, nervosismo, vertigini. La bromfeniramina è impiegata principalmente in associazione ad altre preparazioni, più frequentemente pseudoefedrina, ed è raccomandata per la tosse e il raffreddore. Per i preparati in combinazione con pseudoefedrina, basare la dose su quest’ultima. L’uso della bromfeniramina nel trattamento delle infezioni dell’apparato respiratorio superiore è ingiustificato. La bromfeniramina possiede proprietà anticolinergiche e sedative. La nuova etichettatura del prodotto per gli antistaminici da banco riporterà la dicitura “Non usare nei bambini al di sotto dei quattro anni”. Eventi avversi attribuibili alla bromfeniramina: sonnolenza da lieve a moderata, cefalea, eccitabilità, astenia, nervosismo, vertigini. Non superare la dose raccomandata. Nota: Dimetapp Children’s ND contiene loratadina. La nuova etichettatura del prodotto per gli antistaminici da banco riporterà la dicitura “Non usare nei bambini al di sotto dei quattro anni”. Eventi avversi: nervosismo, astenia, malessere, ipercinesia, rash, dolore addominale. Le compresse orodispersibili contengono fenilalanina. Eventi avversi: cefalea, astenia, sonnolenza, vertigini. Dosi > 10 mg/die possono provocare sonnolenza significativa. Eventi avversi: cefalea, sonnolenza, insonnia, dolore addominale. Usare con cautela nei pazienti con disfunzione renale da lieve a moderata e aggiustare la dose. Profilo di sicurezza buono. Eventi avversi: cefalea, febbre, sonnolenza, astenia, vertigini. (segue) C0075.indd 816 10/1/12 11:50:48 AM Capitolo 137 Rinite allergica ■ 817 Tabella 137.2 ANTISTAMINICI E PSEUDOEFEDRINA – seguito FARMACO E NOME/I COMMERCIALE/I* Pseudoefedrina (da banco): Sudafed INDICAZIONI (I), MECCANISMO DI AZIONE (M) E DOSAGGIO* I: miglioramento sintomatico temporaneo della congestione nasale causata da raffreddore comune, rinite allergica e sinusite. M: ␣-agonista, decongestionante. <2 anni: 4 mg/kg/dose ogni 6 ore 2-5 anni: 15 mg ogni 6 ore; max 60 mg/die 6-12 anni: 30 mg ogni 6 ore; max 120 mg/die <12 anni: 60 mg ogni 6 ore ≥12 anni: 120 mg ogni 12 ore o 240 mg/die; max 240 mg/die COMMENTI, AVVERTENZE ED EVENTI AVVERSI Errori nel dosaggio e ingestioni accidentali costituiscono una causa importante di eventi avversi rari nei bambini. Usare con cautela nei pazienti con ipertiroidismo, ipertensione, diabete, aritmie o cardiopatia. Le compresse masticabili contengono fenilalanina. Gli antistaminici da banco e su prescrizione possono essere formulati in combinazione con la pseudoefedrina. Per i preparati in combinazione contenenti pseudoefedrina e un antistaminico, basare la dose sulla pseudoefedrina. La pseudoefedrina serve da ingrediente base nella produzione illegale di metamfetamina. Eventi avversi: tachicardia, palpitazioni, aritmie, nervosismo, eccitabilità, vertigini, insonnia, sonnolenza, cefalea, convulsioni, allucinazioni, nausea, vomito, tremori, astenia e diaforesi. *Tutti i farmaci sono somministrati per via orale; Formulazioni e dosi indicate sono quelle autorizzate e in uso negli Stati Uniti. Da banco, disponibile come farmaco da banco (senza prescrizione); su prescrizione, necessaria la ricetta. Tabella 137.3 CORTICOSTEROIDI INALATI PER VIA NASALE FARMACO, NOME/I COMMERCIALE/I E FORMULAZIONI* Beclometasone: Beconase AQ (42 g/ erogazione) Flunisolide Nasarel (25 g/erogazione) Triamcinolone: Nasacort HFA (55 g/ erogazione), Nasacort AQ (55 g/erogazione) Fluticasone: Fluticasone propionato (disponibile come generico): Flixonase (50 g/erogazione) Fluticasone furoato: Avamys (27,5 g/ erogazione) INDICAZIONI (I), MECCANISMO/I DI AZIONE (M) E DOSAGGIO* I: rinite allergica. M: antinfiammatorio, immunomodulatore. 6-12 anni: 1 erogazione per narice due volte al dì >12 anni: 1 o 2 erogazioni per narice due volte al dì 6-14 anni: 1 erogazione per narice 3 volte al dì o 2 erogazioni per narice due volte al dì; non superare le 4 erogazioni/die per narice ≥15 anni: 2 erogazioni per narice due volte al dì (mattina e sera); la dose può essere aumentata a 2 erogazioni 3 volte al dì, dose massima: 8 erogazioni/ die per narice (400 g/die) ≥6 anni: dose iniziale 1 erogazione tre volte al dì o 2 erogazioni per narice due volte al dì; ridurre fino alla dose minima efficace I: rinite allergica. M: antinfiammatorio, immunomodulatore. 2-6 anni; 1 erogazione per narice al dì 6-12 anni: 1-2 erogazioni per narice al dì ≥12 anni: 2 erogazioni per narice al dì I: rinite allergica. M: antinfiammatorio, immunomodulatore. COMMENTI, AVVERTENZE, EVENTI AVVERSI E MONITORAGGIO Agitare il flacone prima dell’uso; soffiarsi il naso; occludere una narice e somministrare la dose nell’altra narice. Eventi avversi: ustione e irritazione della mucosa nasale, epistassi. Incremento del monitoraggio. Agitare il flacone prima dell’uso; soffiarsi il naso; occludere una narice e somministrare la dose nell’altra narice. Eventi avversi: ustione e irritazione della mucosa nasale, epistassi. Incremento del monitoraggio. Agitare il flacone prima dell’uso; soffiarsi il naso; occludere una narice e somministrare la dose nell’altra narice. Eventi avversi: ustione e irritazione della mucosa nasale, epistassi. Incremento del monitoraggio. Agitare il flacone prima dell’uso; soffiarsi il naso; occludere una narice e somministrare la dose nell’altra narice. Il ritonavir aumenta le concentrazioni sieriche del fluticasone in maniera significativa e può provocare effetti corticosteroidei sistemici. Usare il fluticasone con cautela nei pazienti che assumono ketoconazolo o altri potenti inibitori dell’isoenzima 3A4 del citocromo P450. Eventi avversi: ustione e irritazione della mucosa nasale, epistassi. Incremento del monitoraggio. ≥4 anni: 1-2 erogazioni per narice al dì 2-12 anni: Dose iniziale: 1 erogazione (27,5 g/erogazione) per narice una volta al dì (55 g/die). I pazienti che non rispondano adeguatamente possono impiegare 2 erogazioni per narice una volta al dì (110 g/die). Una volta raggiunto il controllo dei sintomi, il dosaggio può essere ridotto a 55 g una volta al dì. Il dosaggio giornaliero totale non deve superare 2 erogazioni per narice (110 g)/die. ≥12 anni e adolescenti: Dose iniziale: 2 erogazioni (27,5 g/erogazione) per narice una volta al dì (110 g/die). Una volta raggiunto il controllo dei sintomi, il dosaggio può essere ridotto a 1 erogazione per narice una volta al dì (55 g/die). Il dosaggio giornaliero totale non deve superare 2 erogazioni per narice (110 g)/die. (segue) C0075.indd 817 10/1/12 11:50:51 AM 818 ■ Parte XV Allergopatie Tabella 137.3 CORTICOSTEROIDI INALATI PER VIA NASALE – seguito FARMACO, NOME/I COMMERCIALE/I E FORMULAZIONI* Mometasone: Nasonex (50 g/erogazione) Budesonide: Rhinocort AQ (32 g/ erogazione) Ciclesonide: Omnaris (50 g/erogazione) INDICAZIONI (I), MECCANISMO/I DI AZIONE (M) E DOSAGGIO* I: rinite allergica. M: antinfiammatorio, immunomodulatore. 2-12 anni: 1 erogazione per narice una volta al dì >12 anni: 2 erogazioni per narice una volta al dì I: rinite allergica. M: antinfiammatorio, immunomodulatore. >6 anni: 1 erogazione per narice una volta al dì 6-12 anni: 2 erogazioni per narice una volta al dì >12 anni: fino a 4 erogazioni per narice una volta al dì (dose massima) I: rinite allergica. M: antinfiammatorio, immunomodulatore. >6 anni: 2 erogazioni per narice al dì COMMENTI, AVVERTENZE, EVENTI AVVERSI E MONITORAGGIO Il mometasone e i suoi metaboliti principali non sono rintracciabili nel plasma a seguito di somministrazione nasale delle dosi raccomandate. Il trattamento profilattico della rinite allergica stagionale deve cominciare nelle 2-4 settimane precedenti la stagione pollinica. Agitare il flacone prima dell’uso; soffiarsi il naso; occludere una narice e somministrare la dose nell’altra narice. Eventi avversi: ustione e irritazione della mucosa nasale, epistassi. Incremento del monitoraggio. Agitare il flacone prima dell’uso; soffiarsi il naso; occludere una narice e somministrare la dose nell’altra narice. Eventi avversi: ustione e irritazione della mucosa nasale, epistassi. Incremento del monitoraggio. Prima dell’uso agitare delicatamente, quindi eseguire il priming dello spaziatore con otto erogazioni a vuoto. Se il prodotto non viene utilizzato per 4 giorni consecutivi, agitare delicatamente quindi rieseguire il priming con un’erogazione a vuoto o finché non compare la sostanza nebulizzata. *Formulazioni e dosi indicate sono quelle autorizzate e in uso negli Stati Uniti. Tabella 137.4 SPRAY NASALI VARI FARMACO, NOME/I COMMERCIALE/I E FORMULAZIONI* Ipratropio bromuro: Atrovent spray nasale (0,06%) Azelastina: Allergodil Sodio cromoglicato: Nasalcrom Oximetazolina: Afrin, No-strilla Fenilefrina: Neo-Synephrine INDICAZIONI (I), MECCANISMO/I DI AZIONE (M) E DOSAGGIO* COMMENTI, AVVERTENZE, EVENTI AVVERSI E MONITORAGGIO I: miglioramento sintomatico della rinorrea. M: anticolinergico. Raffreddori (miglioramento sintomatico della rinorrea): 5-12 anni: 2 erogazioni per narice 3 volte/die ≥12 anni e adulti: 2 erogazioni per narice 3-4 volte/die I: trattamento della rinorrea, degli starnuti e del prurito nasale. M: antagonista del recettore H1 per l’istamina. 6-12 anni: 1 erogazione due volte al dì >12 anni: 1-2 erogazioni due volte al dì I: rinite allergica. M: inibitore della degranulazione dei mastociti. >2 anni: 1 erogazione 3-4 volte al dì; max 6 volte/die I: miglioramento sintomatico della congestione della mucosa nasale. M: agonista adrenergico, agente vasocostrittore. Soluzione 0,05%: instillare 2-3 erogazioni per narice due volte al dì, la terapia non deve superare 3 giorni L’Atrovent aerosol per inalazione è controindicato in pazienti con ipersensibilità alla lecitina di soia. Nei pazienti con raffreddore comune non sono state stabilite l’efficacia e la sicurezza dell’impiego per più di 4 giorni. Eventi avversi: epistassi, secchezza nasale, nausea. I: miglioramento sintomatico della congestione della mucosa nasale. M: farmaco adrenergico, vasocostrittore. 2-6 anni: 1 goccia di soluzione 0,125% ogni 2-4 ore secondo necessità. Nota: la terapia non deve superare 3 giorni consecutivi. 6-12 anni: 1-2 erogazioni o 1-2 gocce di soluzione 0,25% ogni 4 ore secondo necessità. Nota: la terapia non deve superare 3 giorni consecutivi. >12 anni: 1-2 erogazioni o 1-2 gocce di soluzione da 0,25% a 0,5% ogni 4 ore secondo necessità; la soluzione all’1% può essere usata negli adulti con congestione nasale grave. Nota: la terapia non deve superare 3 giorni consecutivi. Può provocare sonnolenza. Eventi avversi: cefalea, sonnolenza, senso di amaro in bocca. Non efficace immediatamente; richiede somministrazioni frequenti. Il sovradosaggio può causare depressione profonda del SNC. L’uso prolungato per più di 3 giorni può provocare grave congestione nasale di rebound. Non ripetere il trattamento per più di una volta al mese. Usare con cautela nei pazienti con ipertiroidismo, cardiopatia, ipertensione e diabete. Eventi avversi: ipertensione, palpitazioni, bradicardia riflessa, nervosismo, vertigini, insonnia, cefalea, depressione del SNC, convulsioni, allucinazioni, nausea, vomito, midriasi, pressione intraoculare elevata, offuscamento della vista. L’uso prolungato per più di 3 giorni può provocare grave congestione nasale di rebound. Non ripetere il trattamento per più di una volta al mese. Le soluzioni 0,16% e 0,125% non sono disponibili in commercio. Eventi avversi: bradicardia riflessa, eccitabilità, cefalea, ansia e vertigini. Formulazioni e dosi indicate sono quelle autorizzate e in uso negli Stati Uniti. C0075.indd 818 10/1/12 11:50:57 AM Capitolo 138 Asma infantile ■ 819 terapia farmacologica accettabile per i sintomi lievi e intermittenti; tuttavia, gli antistaminici da banco di prima e seconda generazione possono essere associati a eventi avversi sulla funzione cognitiva e sull’apprendimento come risultato delle loro proprietà sedative. Gli antistaminici alleviano starnuti e rinorrea. Gli antistaminici di seconda generazione sono preferibili per via della minore sedazione. Sono attualmente disponibili cinque preparazioni orali di seconda generazione: Cetirizina: 6-12 mesi: 2,5 mg/die; 1-2 anni: 2,5 mg/die, il dosaggio può essere aumentato a 2,5 mg due volte al dì; 2-5 anni: 2,5 mg/die, il dosaggio può essere aumentato fino a un massimo di 5 mg/die somministrato sia come monodose sia suddiviso in 2 somministrazioni; >6 anni: 5-10 mg/die come monodose o suddivisi in 2 somministrazioni. Levocetirizina: 6-11 anni: 2,5 mg per os una volta al dì; >12 anni: 5 mg per os una volta al dì. Loratadina (disponibile da banco): 2-5 anni: 5 mg/die; >6 anni: 10 mg/die. Fexofenadina: 6-11 anni: 30 mg per os due volte al dì; >12 anni: 60 mg due volte al dì o 180 mg/die per os. Desloratadina: 6-11 mesi: 1 mg/die; 1-5 anni: 1,25 mg/die; 6-11 anni: 2,5 mg/die; >12 anni: 5 mg/die. L’azelastina è un antistaminico attivo a livello topico disponibile come spray nasale (5-12 anni: 1 erogazione per narice due volte al dì; >12 anni: 2 erogazioni/narice due volte al dì) e come gocce oculari (>3 anni: 1 goccia per occhio interessato due volte al dì). La pseudoefedrina (disponibile da banco, generalmente in associazione ad antistaminici da banco) è un vasocostrittore orale noto per provocare irritabilità e insonnia e per essere associato a mortalità infantile. Lo spray nasale anticolinergico ipratropio bromuro (2 erogazioni/narice due o tre volte al dì; uso 0,03% del preparato) è efficace per il trattamento della rinorrea sierosa. I decongestionanti endonasali devono essere usati per un periodo inferiore ai 5 giorni e non si devono ripetere per più di un ciclo al mese. Il sodio cromoglicato (disponibile da banco) è efficace ma richiede somministrazioni frequenti, ogni 4 ore. I farmaci che modificano i leucotrieni hanno un effetto modesto sulla rinorrea e sulla congestione nasale. L’irrigazione nasale con soluzione salina costituisce una buona opzione supplementare a tutti gli altri trattamenti della rinite allergica. I pazienti affetti da sintomi più gravi e persistenti richiedono il trattamento con corticosteroidi endonasali, la terapia più efficace contro l’AR. Questi farmaci riducono tutti i sintomi dell’AR con infiammazione eosinofila ma non quelli della rinite associata ai neutrofili o in assenza di infiammazione. I farmaci meno recenti come il beclometasone, il triamcinolone e il flunisolide vengono assorbiti sia dal tratto gastrointestinale sia dall’apparato respiratorio. Sono state sviluppate delle nuove preparazioni corticosteroidi (budesonide, fluticasone propionato, mometasone furoato e ciclesonide) che offrono una maggiore attività topica con una minore esposizione sistemica. Il fluticasone (>4 anni: 1-2 erogazioni/narice una volta al dì), il mometasone (2-11 anni: 1 erogazione/narice una volta al dì; >12 anni: 2 erogazioni/narice una volta al dì), il budesonide (>6 anni: 1 erogazione/narice una volta al dì, la dose può essere aumentata se necessario; dose massima per i bambini <12 anni: 2 erogazioni/narice una volta al dì, per i bambini >12 anni: 4 erogazioni/narice una volta al dì) e la ciclesonide (>6 anni con SAR e >12 anni con PAR: 2 erogazioni/narice una volta al dì) hanno una bassa biodisponibilità sistemica e migliori profili di sicurezza. I pazienti colpiti in maniera più grave possono beneficiare di un trattamento combinato di antistaminici e corticosteroidi endonasali. L’immunoterapia allergene-specifica somministrata per iniezione sottocutanea deve essere considerata per i bambini in cui i sintomi allergici mediati dalle IgE non possono essere controllati in maniera adeguata mediante i farmaci o evitando l’esposizione, specialmente in presenza di condizioni di comorbilità. L’immunoterapia allergenica interferisce con la produzione di IgE e con i C0075.indd 819 sintomi allergici. Ne è stata riscontrata l’efficacia nel trattamento della rinite allergica. L’immunoterapia applicata a livello locale, che può essere per via orale, sublinguale o nasale, è stata impiegata con successo in Europa e in America Meridionale. L’immunoterapia per via sublinguale è efficace per il trattamento della rinite allergica, ma negli Stati Uniti viene attualmente considerata sperimentale finché non saranno disponibili formulazioni approvate dalla Food and Drug Administration statunitense. Gli studi hanno oggi dimostrato che le anti-IgE riducono le risposte allergiche del naso. Le strategie terapeutiche che impiegano sia le anti-IgE sia l’immunoterapia saranno efficaci in futuro. PROGNOSI Il trattamento con antistaminici non sedativi e corticosteroidi endonasali migliora in maniera importante la valutazione della qualità della vita relativa alla salute nei pazienti di tutte le età con AR, a condizione che i pazienti continuino ad assumere i farmaci. I tassi di remissione dall’AR riportati nei bambini sono compresi tra il 10 e il 23%. La prognosi per il futuro è comunque molto più positiva e include misure apprezzabili per prevenire l’atopia, indurre tolleranza immunitaria e ostacolare l’espressione del fenotipo allergico. La farmacoterapia punterà alle cellule e alle citochine coinvolte nell’infiammazione e tratterà l’allergia come un processo sistemico. BIBLIOGRAFIA Per la bibliografia completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com. Capitolo 138 Asma infantile Andrew H. Liu, Ronina A. Covar, Joseph D. Spahn e Donald Y.M. Leung L’asma è una patologia infiammatoria cronica delle vie respiratorie polmonari, in grado di provocare un’ostruzione episodica delle vie aeree. Questa infiammazione cronica aumenta i movimenti spasmodici delle vie aeree in caso di esposizione scatenante, provocando la cosiddetta iperreattività delle vie aeree (Airways HyperResponsiveness, AHR). Il trattamento dell’asma è volto a ridurre l’infiammazione riducendo al minimo l’esposizione ad agenti ambientali proinfiammatori mediante il ricorso su base quotidiana a farmaci antinfiammatori “controller” e tenendo sotto controllo le comorbidà che potrebbero aggravarne la gravità. Tipicamente, un numero inferiore di episodi infiammatori porta a un controllo migliore dell’asma, con un numero più ridotto di esacerbazioni e un ricorso limitato ai farmaci antiasmatici “a sollievo rapido”. Ciononostante, è sempre possibile che si manifestino esacerbazioni della malattia, la cui gravità può essere fortemente contenuta mediante un intervento precoce con corticosteroidi sistemici. I progressi compiuti nel trattamento, specialmente nella farmacoterapia, consentono una vita normale a tutti, tranne che ai bambini affetti da asma grave, che però costituiscono casi piuttosto rari. EZIOLOGIA Sebbene la causa dell’asma infantile non sia stata ancora definita, attualmente la ricerca si concentra su una combinazione di esposizioni ambientali e di vulnerabilità genetiche e biologiche a essa correlate (Fig. 138.1). L’esposizione respiratoria all’ambiente comprende allergeni inalati e infezioni respiratorie virali, oltre che inquinanti biologici e chimici dell’aria, tra cui il fumo di tabacco. In un ospite predisposto le immunorisposte all’esposizione ai suddetti agenti, molto comuni, possono scatenare un’infiammazione patogena prolungata e una riparazione aberrante dei tessuti lesi delle vie aeree. 10/1/12 11:51:03 AM 820 ■ Parte XV Allergopatie Ambiente • Allergeni • Infezioni • Microbi • Inquinanti • Stress Rischio biologico e genetico Età • Immunitario • Polmonare • Riparazione Sviluppo immunitario innato e adattivo (atopia) Lesione basse vie Riparazione aberrante • Infezioni virali respiratorie • Aeroallergeni • ETS • Inquinanti/intossicanti • Infiammazione persistente • AHR • Rimodellamento • Crescita e differenziazione vie aeree ASMA Figura 138.1 Eziologia e patogenesi dell’asma. Lo sviluppo del sistema immunitario e la sua risposta alle esposizioni ambientali ubiquitarie dipendono da una combinazione di fattori genetici e ambientali nella prima infanzia. Patogeni respiratori, allergeni inalati e tossine in grado di ledere le basse vie aeree portano il processo patologico fino ai polmoni. Le risposte riparatorie e immunitarie aberranti alla lesione delle vie aeree sono alla base di una malattia persistente. AHR, iperreattività delle vie aeree; ETS, fumo di tabacco nell’ambiente. Ne consegue una disfunzione polmonare, come ad esempio AHR e flusso d’aria ridotto. Nella prima infanzia, in un polmone in formazione questi processi patogeni hanno un effetto avverso sulla crescita e sulla differenziazione delle vie aeree e, di conseguenza, causano alterazioni delle vie respiratorie anche in età matura. Una volta che l’asma si è sviluppato, un’ulteriore esposizione agli agenti scatenanti sembra peggiorare la patologia, determinando la persistenza della malattia e un maggiore rischio di recrudescenze gravi. Genetica Sono stati correlati all’asma più di 100 loci genetici. Sebbene i legami genetici talvolta abbiano mostrato differenze tra coorti, l’asma è stato coerentemente collegato ai loci che contengono geni proinfiammatori proallergici (il cluster genico dell’interleuchina [IL]-4 sul cromosoma 5). La variazione genetica nei recettori per farmaci antiasmatici diversi è associata a cambiamenti della risposta biologica a questi farmaci (polimorfismi del recettore 2-adrenergico). Altri geni candidati comprendono l’ADAM-33 (membro della famiglia delle metalloproteinasi), il gene del recettore prostanoide DP e i geni situati sul cromosoma 5q31 (eventualmente IL-12). Ambiente Ai virus respiratori comuni, tra cui il virus respiratorio sinciziale, il rinovirus, il virus dell’influenza, l’adenovirus, il virus della parainfluenza e il metapneumovirus umano, sono associati episodi ricorrenti di sibili nella prima infanzia. Questa associazione implica che le caratteristiche dell’ospite che influenzano le sue difese immunitarie e influiscono sull’infiammazione e sull’estensione delle lesioni delle vie aeree causate da patogeni virali ubiquitari siano anche gli elementi responsabili del manifestarsi di questa sintomatologia nella prima C0075.indd 820 infanzia. Inoltre, altri fattori di rischio per l’asma persistente durante l’infanzia sono rappresentati dalle infezioni virali lesive delle vie aeree che si manifestano sotto forma di polmonite o bronchiolite e che richiedono il ricovero ospedaliero. Anche altri tipi di esposizione delle vie aeree sono in grado di esacerbare un’infiammazione già in corso e di aumentare la gravità di una patologia, portando ad asma persistente. L’esposizione ad allergeni interni e ad allergeni domestici in soggetti già sensibili può dare origine a un’infiammazione o a un’ipersensibilità ad altri agenti irritanti delle vie aeree ed è quindi fortemente connessa alla gravità e alla persistenza della malattia. Anche altri tipi di esposizione delle vie aeree sono in grado di esacerbare un’infiammazione già in corso e di aumentare la gravità di una patologia, portando ad asma persistente. Il fumo di tabacco e gli agenti inquinanti (ozono, anidride solforosa) nell’ambiente aggravano l’infiammazione delle vie respiratorie e aumentano la gravità dell’asma. L’aria fredda e secca e gli odori forti possono scatenare una broncocostrizione quando è già presente irritazione nelle vie aeree; tuttavia, non peggiorano l’infiammazione o l’iperreattività a carico delle stesse. EPIDEMIOLOGIA L’asma è una malattia cronica comune che causa notevole morbilità. Nel 2007, 9,6 milioni di bambini (il 13,1%) hanno ricevuto una diagnosi di asma nel corso della vita. In questo gruppo, il 70% presentava segni indicativi della malattia in corso e 3,8 milioni di bambini (il 5,2%), quasi il 60% di quelli che presentava asma in corso, aveva avuto almeno un attacco di asma nei 12 mesi precedenti. I maschi (14% rispetto al 10% delle femmine) e i bambini di entrambi i sessi appartenenti a famiglie povere (16% contro il 10% tra i non poveri) hanno una maggiore probabilità di contrarre l’asma. Negli Stati Uniti l’asma infantile è la causa più comune delle visite d’urgenza al pronto soccorso e della perdita di giorni scolastici, con 12,8 milioni di giorni scolastici persi, 750.000 visite al pronto soccorso, 198.000 ricoveri e 186 bambini deceduti nel 2004. Una disparità negli esiti dell’asma collega alti tassi di ospedalizzazione o decesso con la povertà, le minoranze etniche e la vita in un ambiente urbano. Negli ultimi due decenni, un confronto tra afroamericani e bambini bianchi ha evidenziato che i primi hanno avuto un numero di visite al pronto soccorso, di ricoveri ospedalieri e di decessi da 2 a 4 volte maggiori. Per i pazienti asmatici di minoranze etniche che vivono in comunità a basso reddito nei centri urbani statunitensi, si ritiene che una combinazione di fattori di rischio di natura biologica, ambientale, economica e psicosociale aumenti la probabilità che si verifichino gravi esacerbazioni dell’asma. Sebbene la prevalenza sia più alta nei bambini afroamericani piuttosto che nei bianchi (nel 2003-2005, il 12,8% contro il 7,9% per i bianchi e il 7,8% per i latinoamericani), queste differenze non possono spiegare completamente tale disparità per quanto concerne gli esiti dell’asma. A livello mondiale, la prevalenza dell’asma infantile sembra aumentare, nonostante il notevole miglioramento dei trattamenti e, in particolare, della farmacopea. Numerosi studi condotti in Paesi diversi hanno evidenziato un aumento della prevalenza dell’asma pari a circa il 50% per decennio. A livello globale, la prevalenza dell’asma infantile varia notevolmente in rapporto all’ambiente. Una vasta ricerca a livello internazionale relativa alla prevalenza dell’asma in 97 Paesi (International Study of Asthma and Allergies in Childhood) ha riscontrato una grande varietà, dallo 0,8 al 37,6%. Inoltre, la prevalenza dell’asma si correlava bene con i dati riferiti per quella della rinocongiuntivite allergica e dell’eczema atopico. L’asma infantile sembra particolarmente frequente negli ambienti metropolitani moderni e nei Paesi maggiormente sviluppati, oltre a essere fortemente correlato ad altre patologie allergiche. Al contrario, i bambini che vivono nelle aree rurali dei Paesi in via di sviluppo e nelle comunità agricole hanno una probabilità minore di contrarre asma e allergie, sebbene in questi stessi Paesi l’asma infantile si manifesti con gradi di severità più elevati. Circa l’80% dei pazienti asmatici riferisce che la malattia si è manifestata prima dei 6 anni di età. Tuttavia, fra i bambini molto 10/1/12 11:51:06 AM Capitolo 138 Asma infantile ■ 821 Tabella 138.1 FATTORI DI RISCHIO DELL’ASMA PERSISTENTE Tabella 138.2 MODELLI DI TOSSE/SIBILI RICORRENTI NELL’INFANZIA, NELLA PRIMA INFANZIA BASATI SULLA STORIA NATURALE Asma parentale Allergia: Dermatite atopica (eczema) Rinite allergica Allergia alimentare Sensibilizzazione ad allergeni inalanti Sensibilizzazione ad allergeni alimentari Infezione grave del tratto respiratorio inferiore: Polmonite Bronchiolite che necessita di ospedalizzazione Sibili indipendenti da raffreddore Sesso maschile Basso peso alla nascita Esposizione a fumo di tabacco nell’ambiente Possibile uso di paracetamolo Esposizione a piscine contenenti cloro: Ridotta funzionalità polmonare alla nascita SIBILI PRECOCI TRANSITORI Comuni nei primi anni prescolari Tosse/sibili ricorrenti, scatenati principalmente dalle comuni infezioni virali delle vie aeree Tendono a risolversi negli anni prescolari, senza un maggiore rischio di ricorrenza dell’asma negli anni successivi Il flusso d’aria ridotto alla nascita, che suggerisce delle vie aeree relativamente strette, migliora entro l’età scolare ASMA PERSISTENTE ASSOCIATO AD ATOPIA Inizia nei primi anni prescolari Negli anni prescolari, associato ad atopia: Clinica (ad es. dermatite atopica nell’infanzia, rinite allergica, allergia alimentare) Biologica (ad es. sensibilizzazione precoce agli allergeni inalanti, aumento delle immunoglobuline E sieriche, aumento degli eosinofili nel sangue) Più elevato rischio di persistenza nella seconda infanzia e nell’età adulta Anomalie della funzionalità polmonare: I soggetti in cui la malattia insorge prima del terzo anno di vita mostrano un flusso d’aria ridotto entro l’età scolare I soggetti con insorgenza tardiva dei sintomi o con insorgenza tardiva della sensibilizzazione agli allergeni hanno meno probabilità di riscontrare una limitazione del flusso d’aria in età pediatrica SIBILI NON ATOPICI I sibili e la tosse iniziano in un’età precoce, spesso con infezione virale sinciziale respiratoria; si risolvono nella seconda infanzia senza aumentare il rischio di asma persistente Associati a iperreattività bronchiale nel periodo vicino alla nascita ASMA CHE PEGGIORA LA FUNZIONALITÀ POLMONARE Bambini affetti da asma con aumento progressivo della limitazione del flusso d’aria Associato a iperinsufflazione nell’infanzia, sesso maschile ASMA A INSORGENZA TARDIVA NELLE FEMMINE, ASSOCIATO A OBESITÀ E PUBERTÀ PRECOCE Insorgenza tra gli 8 e i 13 anni di età Associato a obesità e pubertà precoce; specifico delle femmine ASMA DI TIPO OCCUPAZIONALE NEI BAMBINI Bambini con asma associato a esposizioni di tipo occupazionale note per il fatto di scatenare l’asma negli adulti negli ambienti di lavoro (ad es. esposizione a endotossine nei bambini cresciuti in fattoria) piccoli che presentano sibili ricorrenti, soltanto una minoranza continuerà ad avere asma persistente nella seconda infanzia. I fattori di rischio di asma persistente nella prima infanzia sono stati chiaramente identificati (Tab. 138.1). L’indice predittivo dell’asma include fattori di rischio primari (asma nei genitori, eczema, sensibilizzazione ad allergeni inalanti) e secondari (rinite allergica, sibili indipendenti da raffreddore, ≥4% di eosinofili, sensibilizzazione ad allergeni alimentari). Nei bambini piccoli l’allergia è emersa come importante fattore di rischio per la persistenza dell’asma infantile. Tipi di asma infantile L’asma è considerato una manifestazione clinica comune con sibili e/o tosse intermittenti e ricorrenti, derivante da processi patologici differenti nell’apparato respiratorio, che a loro volta sono la base di tipi di asma diversi. Ne esistono due tipi principali per quello infantile: (1) con sibili ricorrenti nella prima infanzia, per lo più scatenati dalle comuni infezioni virali dell’apparato respiratorio, e (2) asma cronico associato ad allergia che persiste nella seconda infanzia e spesso in età adulta. Un terzo tipo di asma infantile tipicamente emerge nelle femmine che sviluppano obesità e hanno una pubertà precoce (entro l’undicesimo anno di età). Alcuni bambini possono essere ipersensibili ai più comuni inquinanti dell’aria (fumo di tabacco nell’ambiente, ozono, endotossine), a tal punto che l’esposizione a questi agenti potrebbe non soltanto peggiorare un asma già esistente, ma avere anche un effetto determinante nei soggetti predisposti. La forma persistente più diffusa di asma infantile è quella associata ad allergie e alla sensibilità alle esacerbazioni indotte dai comuni virus respiratori (Tab. 138.2). Da Taussig LM, Landau LI, et al, editors: Pediatric respiratory medicine, ed 2, Philadelphia, 2008, Mosby/Elsevier, p 822. (Tab. 138.3) possono condurre a infiammazione delle vie aeree, AHR, edema, ispessimento della membrana basale, precipitazione del collagene sottoepiteliale, ipertrofia della muscolatura liscia e delle ghiandole mucose e ipersecrezione di muco, tutti processi che contribuiscono all’ostruzione del flusso respiratorio (Cap. 134). PATOGENESI MANIFESTAZIONI CLINICHE E DIAGNOSI L’ostruzione del flusso d’aria in presenza di asma è la conseguenza di numerosi processi patologici. Nelle piccole vie aeree il flusso d’aria è regolato dalla muscolatura liscia che racchiude il lume; la broncocostrizione di questi fasci muscolari nei bronchioli riduce o blocca il flusso d’aria. Un infiltrato infiammatorio cellulare ed essudati caratterizzati dalla presenza di eosinofili ma comprendenti anche altri tipi di cellule infiammatorie (neutrofili, monociti, linfociti, mastociti, basofili) possono riempire e ostruire le vie aeree e indurre un danno epiteliale e una desquamazione nel loro lume. Questi processi infiammatori sono mediati dai linfociti T helper e da altre cellule immunitarie che producono citochine proinfiammatorie proallergiche (IL-4, IL-5, IL-13) e chemochine (eotassine). Le risposte immunitarie patogene e l’infiammazione possono dipendere anche dal venir meno dei normali immunoprocessi regolatori (come i linfociti T regolatori che producono IL-10 e fattore di crescita trasformante [TGF]-) che attenuano la componente effettrice e l’infiammazione quando non sono più necessarie. L’ipersensibilità o la suscettibilità legate all’esposizione a una varietà di agenti scatenanti Una tosse secca intermittente e la presenza di sibili espiratori sono i sintomi cronici più comuni dell’asma. In associazione a questi, i bambini più grandi e gli adulti riferiscono anche respiro corto e tensione toracica; è più probabile, invece, che i bambini più piccoli manifestino un dolore intermittente non focale al torace. I sintomi respiratori possono esacerbarsi di notte, specialmente nel corso di recrudescenze prolungate scatenate da infezioni respiratorie o da allergeni inalanti, ma i sintomi più frequenti nell’infanzia, spesso collegati ad attività fisiche o al gioco, sono quelli diurni. Nei bambini l’asma si può presentare con altri sintomi subdoli e aspecifici, tra cui una limitazione autoimposta delle attività fisiche, affaticamento generale (eventualmente dovuto a disturbi del sonno) e difficoltà a essere all’altezza dei propri coetanei nell’esercizio fisico. Le informazioni relative a esperienze precedenti con i farmaci contro l’asma (broncodilatatori) possono fornire un’anamnesi di miglioramento sintomatico che può supportare la diagnosi di asma. L’assenza di miglioramento dopo l’assunzione di broncodilatatori e corticosteroidi non è tuttavia compatibile con una diagnosi di asma C0075.indd 821 10/1/12 11:51:06 AM 822 ■ Parte XV Allergopatie Tabella 138.3 AGENTI SCATENANTI DELL’ASMA Infezioni virali comuni del tratto respiratorio Aeroallergeni in pazienti asmatici sensibilizzati: Detriti epidermici degli animali Allergeni interni Acari della polvere Scarafaggi Muffe Aeroallergeni stagionali: Pollini (alberi, erbe, erbe selvatiche) Muffe stagionali Fumo di tabacco nell’ambiente Inquinanti dell’aria: Ozono Anidride solforosa Materia particellare Fumo di fuoco di legna o di carbone Endotossina, micotossina Polvere Odori o esalazioni forti o nocivi: Profumi, lacche Detergenti Esposizioni occupazionali: Esposizioni in fattorie e stalle Formaldeidi, cedro, esalazioni di vernici Aria fredda, aria secca Esercizio fisico Pianto, riso, iperventilazione Patologie comorbose: Rinite Sinusite Reflusso gastroesofageo sottostante e dovrebbe indurre a considerare con più attenzione altre patologie che lo mascherano. I sintomi dell’asma possono essere scatenati da numerosi eventi o esposizioni comuni: esercizio fisico e iperventilazione (riso), aria fredda o secca e sostanze irritanti delle vie aeree (si veda Tab. 138.3). Anche le esposizioni che inducono un’infiammazione delle vie aeree, come infezioni (rinovirus, virus sinciziale respiratorio, metapneumovirus, terquetenovirus, virus della parainfluenza, virus dell’influenza, adenovirus, Mycoplasma pneumonia, Chlamydia pneumoniae), e gli allergeni inalati aumentano l’AHR a esposizioni irritanti. La conoscenza dell’anamnesi ambientale è essenziale per un trattamento ottimale dell’asma (Cap. 135). La presenza di fattori di rischio, come un’anamnesi di altre patologie allergiche (rinite allergica, congiuntivite allergica, dermatite atopica, allergie alimentari), un asma parentale e/o sintomi dissociati dal raffreddore, va a sostegno della diagnosi di asma. Durante le visite di routine, i bambini affetti da asma solitamente non presentano segnali anomali, a sottolineare l’importanza dell’anamnesi ai fini della diagnosi di asma. Alcuni bambini possono presentare una tosse secca persistente; l’esame del torace risulta spesso nella norma, tuttavia l’esecuzione di respiri più profondi può scatenare difficoltà di respirazione altrimenti non diagnosticabili. In clinica, una rapida risoluzione (entro 10 min) oppure un convincente miglioramento di segni e sintomi dell’asma in seguito all’inalazione di un -agonista ad azione rapida (SABA; ad es. albuterolo) sono indicativi di una diagnosi di asma. In caso di esacerbazioni dell’asma, solitamente è possibile auscultare sibili espiratori e una fase espiratoria prolungata. Suoni respiratori ridotti in alcuni campi polmonari, normalmente il lobo posteroinferiore destro, sono compatibili con un’ipoventilazione polmonare dovuta a ostruzione delle vie aeree. Talvolta si possono sentire crepitii (scricchiolii) e rantoli, dovuti a un’eccessiva produzione di muco e di essudato infiammatorio nelle vie aeree. La combinazione di crepitii segmentali e di scarsi suoni respiratori può essere indicativa di atelectasia segmentale polmonare, che è difficile da distinguere dalla polmonite bronchiale e che può complicare il trattamento dell’asma acuto. Nelle esacerbazioni gravi, l’aumentata ostruzione C0075.indd 822 delle vie aeree provoca respiro affannoso e distress respiratorio, con presenza di sibili inspiratori ed espiratori, aumentato prolungamento dell’espirazione, scarsa immissione di aria, retrazione soprasternale e intercostale, arrossamento del naso e ricorso ai muscoli respiratori accessori. In extremis, il flusso dell’aria può essere così limitato che il respiro affaticato è impercettibile (Tabella 138.4). DIAGNOSI DIFFERENZIALE Molte patologie respiratorie pediatriche possono presentare segni e sintomi simili all’asma (Tabella 138.5). Oltre all’asma, altre cause frequenti della tosse cronica intermittente comprendono il reflusso gastroesofageo (GastroEsophageal Reflux, GER) e la rinosinusite. Sia il GER sia la sinusite cronica possono essere difficili da diagnosticare in età pediatrica. Spesso il GER è clinicamente silente nell’infanzia e i bambini affetti da sinusite cronica non riferiscono sintomi specifici di questa patologia, come pressione o dolore localizzati in corrispondenza dei seni nasali. Inoltre, sia il GER sia la rinosinusite si manifestano spesso in concomitanza con l’asma infantile e, se non vengono trattati in maniera specifica, rendono difficile anche il trattamento dell’asma. Nella prima infanzia, la tosse cronica e i sibili possono essere indicativi di aspirazione ricorrente, tracheobroncomalacia, un’anomalia anatomica ricorrente delle vie aeree, aspirazione di un corpo estraneo, fibrosi cistica o displasia broncopolmonare. Nei bambini più grandi e negli adolescenti, una disfunzione delle corde vocali (Vocal Cord Dysfunction, VCD) può manifestarsi con sibili diurni intermittenti. In questa patologia, le corde vocali si chiudono in modo involontario e improprio durante l’inspirazione e a volte anche durante l’espirazione, dando luogo a respiro corto, tosse, tensione alla gola e spesso a sibili laringei e/o stridori auscultabili. Nella maggior parte dei casi di VCD, il test spirometrico della funzionalità polmonare evidenzierà dei loop volume/flusso inspiratori ed espiratori “troncati” e incoerenti, un quadro diverso dal pattern riproducibile di limitazione del flusso d’aria nell’asma, il quale migliora con l’assunzione di broncodilatatori. La VCD può coesistere all’asma. La rinolaringoscopia flessibile nel paziente con VCD sintomatica può rivelare movimenti paradossi delle corde vocali, pur essendo queste ultime nella norma dal punto di vista anatomico. Questa patologia può essere trattata con buoni risultati grazie alla terapia specializzata della parola che insegna al paziente i metodi di rilassamento e controllo del movimento delle corde vocali. Inoltre, il trattamento delle cause soggiacenti all’irritabilità delle corde vocali (ad es. forte reflusso gastroesofageo/aspirazione, rinite allergica, rinosinusite, asma) può migliorare la VCD. Durante le esacerbazioni della VCD, le tecniche respiratorie di rilassamento unite all’inalazione di heliox (una miscela con il 70% di elio e il 30% di ossigeno) possono dare sollievo dagli spasmi delle corde vocali e dai sintomi della VCD. In alcuni ambienti la polmonite da ipersensibilità (comunità agricole, abitazioni di proprietari di uccelli), le infestazioni di parassiti polmonari (aree rurali dei Paesi in via di sviluppo) o la tubercolosi possono essere cause comuni di tosse cronica e/o sibili. Patologie rare che possono mascherare l’asma nell’infanzia includono la bronchiolite obliterante, le pneumopatie interstiziali, le discinesie ciliari primitive, le immunodeficienze umorali, le micosi broncopolmonari allergiche, l’insufficienza cardiaca congestizia, le lesioni massive della laringe, della trachea o dei bronchi oppure lesioni che comprimono questi organi, e tosse e/o sibili che costituiscono degli effetti avversi del trattamento. Le pneumopatie croniche spesso producono ippocratismo digitale, un esito molto insolito nell’asma infantile. REPERTI DI LABORATORIO I test della funzionalità polmonare possono contribuire a confermare la diagnosi di asma e a determinare la gravità della malattia. Test della funzionalità polmonare La misurazione del flusso d’aria durante un’espirazione forzata può essere di aiuto nella diagnosi e nel monitoraggio dell’asma e 10/1/12 11:51:06 AM Capitolo 138 Asma infantile ■ 823 Tabella 138.4 VALUTAZIONE FORMALE DELLA GRAVITÀ DELLE ESACERBAZIONI DELL’ASMA NEL TRATTAMENTO D’EMERGENZA* LIEVE SINTOMI Affanno Parla con Stato di agitazione SEGNI Frequenza respiratoria† Uso dei muscoli accessori; retrazioni soprasternali Sibili Frequenza cardiaca (battiti/min)‡ Polso paradosso VALUTAZIONE FUNZIONALE Flusso di picco espiratorio (valore previsto o migliore personale) Po2 (aria respirata) e/o Pco2 Sao2 (aria respirata) al livello del mare Durante la deambulazione MODERATO GRAVE A riposo (lattante, pianto più corto e lieve, difficoltà nella nutrizione) Preferisce stare seduto Frasi brevi Solitamente in stato di agitazione A riposo (lattante, interruzione della nutrizione) Aumento Generalmente no Aumento Comuni Spesso >30 atti respiratori/min Frequenti Moderati; spesso solo di fine espirazione <100 Assente <10 mmHg Forti; per tutta la durata dell’espirazione 100-120 Può essere presente 10-25 mmHg Solitamente forti; per tutta la durata dell’inspirazione e dell’espirazione >120 Spesso presente >25 mmHg (nell’adulto) 20-40 mmHg (nel bambino) ≥70% Circa 40-69% oppure la risposta dura <2 ore ≥60 mmHg (test solitamente non necessario) <40% Non riesce a stendersi Frasi complete Può essere in stato di agitazione Resta in posizione eretta Parole Solitamente in stato di agitazione SOTTOGRUPPO: IMMINENTE ARRESTO RESPIRATORIO Mostra sonnolenza o stato confusionale Movimenti toracoaddominali paradossi Assenza di sibili Bradicardia L’assenza suggerisce astenia dei muscoli respiratori <25%§ Normale (test <60 mmHg; possibile cianosi solitamente non necessario) <42 mmHg (test <42 mmHg (test solitamente ≥42 mmHg; possibile insufficienza solitamente non necessario) respiratoria non necessario) >95% (test 90-95% (test solitamente <90% solitamente non necessario) non necessario) L’ipercapnia (ipoventilazione) si sviluppa più facilmente nei bambini piccoli rispetto a quanto avviene negli adulti e negli adolescenti *Note: • La presenza di numerosi parametri, sebbene non necessariamente tutti, indica la classificazione generale dell’esacerbazione. • Molti di questi parametri non sono stati studiati sistematicamente, specialmente per il fatto che sono correlati tra loro. Pertanto, essi fungono esclusivamente da linee guida generali. • L’impatto emotivo dei sintomi dell’asma sul paziente e sulla famiglia è variabile. Tuttavia, questo deve essere identificato e guidato e, di conseguenza, può influire sugli approcci al trattamento e sul follow-up. † Normali frequenze respiratorie in bambini svegli per fascia di età: <2 mesi, <60 atti respiratori/min; 2-12 mesi, <50 atti respiratori/min; 1-5 anni, <40 atti respiratori/min; 6-8 anni, <30 atti respiratori/min. ‡ Normali frequenze cardiache nei bambini per fascia di età: 2-12 mesi, <160 battiti/min; 1-2 anni, <120 battiti/min; 2-8 anni, <110 battiti/min. § Il test dei flussi di picco espiratori potrebbe non essere necessario in attacchi di elevata gravità. Modificata da EPR—3. Expert panel report 3: guidelines for the diagnosis and management of asthma, NIH Publication No. 07-4051, Bethesda, MA, 2007, U.S. Department of Health and Human Services; National Institutes of Health, National Heart, Lung, and Blood Institute; National Asthma Education and Prevention Program. www.nhlbi.nih.gov/guidelines/asthma/asthgdln.htm. per valutare l’efficacia della terapia. Questo test è particolarmente utile nei bambini asmatici con scarsa percezione dell’ostruzione del flusso d’aria o nel caso in cui i segni fisici dell’asma non si manifestino finché l’ostruzione non si aggrava. Molte linee guida suggeriscono di effettuare le misurazioni spirometriche del flusso d’aria e la valutazione del volume polmonare durante manovre espiratorie forzate come esami di routine. La spirometria è utile come misurazione obiettiva della limitazione del flusso d’aria (Fig. 138.2). Per effettuare e interpretare i test spirometrici è necessario ricorrere a personale esperto. La validità di queste misurazioni dipende anche dalla capacità del paziente di eseguire correttamente una manovra espiratoria piena, potente e prolungata, il che normalmente è possibile con i bambini di >6 anni di età (con qualche eccezione tra i bambini più piccoli). Gli sforzi spirometrici riproducibili sono un indicatore della validità del test; se, su tre tentativi, il FEV1 (Forced Expiratory Volume; volume espiratorio forzato in 1 secondo) rimane entro il 5%, allora si considera valido il più alto FEV1 dei tre. Questo utilizzo standard del più alto dei tre sforzi riproducibili è indicativo del fatto che, per essere affidabili, i test spirometrici devono essere sforzo-dipendenti. Nell’asma, il blocco delle vie aeree porta a un flusso di aria ridotto con espirazione forzata e volumi polmonari più piccoli nell’espirazione parziale (si veda Fig. 138.2). Dal momento che i polmoni degli asmatici sono tipicamente iperinsufflati, il FEV1 si può semplicemente adattare in modo da ottenere tutto il volume C0075.indd 823 espiratorio, ossia la capacità vitale forzata (Forced Vital Capacity, FVC) con un rapporto FEV1/FVC. Generalmente, un rapporto FEV1/FVC <0,80 indica una significativa ostruzione del flusso d’aria (Tab. 138.6). I valori normativi del FEV1 per i bambini sono stati stabiliti in base all’altezza, al sesso e all’etnia. Un FEV1 eccessivamente basso espresso in percentuale rispetto ai valori previsti rappresenta uno dei sei criteri utilizzati per determinare la gravità dell’asma secondo le linee guida promosse dai National Institutes of Health (NIH). Tali misurazioni del solo flusso di aria non sono sufficienti a confermare la diagnosi di asma, poiché diverse altre patologie possono provocare un’analoga riduzione del flusso stesso. La risposta broncodilatatoria a un -agonista somministrato per inalazione (ad es. albuterolo) è maggiore nei pazienti asmatici rispetto ai soggetti non affetti; un miglioramento del FEV1 ≥12% o con un valore >200 mL è compatibile con l’asma. I test di broncoprovocazione possono essere utili per diagnosticare l’asma e ottimizzarne il trattamento. Le vie aeree asmatiche sono iperreattive e quindi più sensibili all’inalazione di metacolina, istamina o anche aria fredda o secca. Il grado di AHR all’esposizione a questi agenti è in qualche modo legato alla gravità dell’asma e dell’infiammazione delle vie respiratorie. Sebbene i test di broncoprovocazione siano accuratamente dosati e monitorati nei laboratori di analisi, il ricorso a essi in medicina generale è piuttosto raro. I test da sforzo (esercizio aerobico o “corsa” per 6-8 min) possono essere utili a identificare i bambini affetti da broncospasmo 10/1/12 11:51:06 AM 824 ■ Parte XV Allergopatie Tabella 138.5 DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELL’ASMA INFANTILE PATOLOGIE DEL TRATTO RESPIRATORIO SUPERIORE Rinite allergica* Rinite cronica* Sinusite* Ipertrofia tonsillare o adenoidea Corpo estraneo nel naso PATOLOGIE DEL TRATTO RESPIRATORIO MEDIO Laringotracheobroncomalacia* Laringotracheobronchite (ad es. pertosse)* Rete, cisti o stenosi laringea Disfunzione delle corde vocali* Paralisi delle corde vocali Fistola tracheoesofagea Anello vascolare, fascia al collo o massa esterna che comprime le vie aeree (ad es. tumore) Aspirazione di corpo estraneo* Bronchite cronica da esposizione a fumo di tabacco nell’ambiente* Inalazioni tossiche PATOLOGIE DEL TRATTO RESPIRATORIO INFERIORE Displasia broncopolmonare (pneumopatia cronica in neonati prematuri) Bronchiolite virale* Reflusso gastroesofageo* Cause della bronchiectasia: Fibrosi cistica Immunodeficienza Micosi broncopolmonari allergiche (ad es. aspergillosi) Aspirazione cronica Sindrome delle ciglia immobili, discinesia ciliare primaria Bronchiolite obliterante Pneumopatie interstiziali Polmonite da ipersensibilità Eosinofilia polmonare, vasculite di Churg-Strauss Emosiderosi polmonare Tubercolosi Polmonite Edema polmonare (ad es. insufficienza cardiaca congestizia) Farmaci associati alla tosse cronica: Inibitori dell’acetilcolinesterasi Antagonisti -adrenergici Inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina *Le più comuni malattie che mascherano l’asma. Tabella 138.6 ANOMALIE DELLA FUNZIONALITÀ POLMONARE NELL’ASMA Spirometria (in clinica): Limitazione del flusso d’aria: FEV1 basso (percentuale rispetto ai valori normali previsti) Rapporto FEV1/FVC <0,80 Risposta broncodilatatoria (a un -agonista inalato): Miglioramento del FEV1 ≥12% e ≥200 mL* Test da sforzo: Peggioramento del FEV1 ≥15%* Monitoraggio del flusso di picco giornaliero o del FEV1: variazione da un giorno all’altro e/o AM-PM ≥20%* *Principali criteri compatibili con l’asma. FEV1, volume espiratorio forzato in 1 s; FVC, capacità vitale forzata. indotto da sforzo. Sebbene la risposta al flusso d’aria dei non asmatici durante l’esercizio fisico sia costituita da un incremento del volume funzionale dei polmoni e da un leggero miglioramento del FEV1 (5-10%), negli asmatici trattati in maniera inadeguata l’attività fisica provoca spesso un’ostruzione del flusso d’aria. Di conseguenza, nei pazienti asmatici, il FEV1 diminuisce solitamente durante o dopo l’esercizio fisico di >15% (si veda Tabella 138.6). L’insorgenza del broncospasmo indotto dall’attività fisica si verifica solitamente entro 15 min dopo un intenso test da sforzo e può risolversi spontaneamente entro 30-60 min. Le indagini effettuate con test da sforzo nei bambini in età scolare identificano tipicamente un ulteriore 5-10% affetto da broncospasmo indotto da sforzo e asma precedentemente C0075.indd 824 non riconosciuto. Tuttavia, questi test da sforzo presentano due punti a sfavore: in primo luogo, i test sul tapis roulant in clinica non sono completamente affidabili e possono non identificare l’asma da sforzo, che può essere invece individuato sul campo da gioco; in secondo luogo, i test sul tapis roulant possono indurre gravi esacerbazioni nei pazienti a rischio. Per questo motivo, è necessario effettuare un’attenta selezione dei pazienti per i test da sforzo e occorre essere preparati per eventuali gravi esacerbazioni dell’asma. La misurazione dell’ossido di azoto esalato (FENO), un marker dell’infiammazione delle vie aeree nell’asma associato ad allergie, può contribuire a titolare i medicinali e a confermare la diagnosi. I dispositivi per il monitoraggio del picco del flusso espiratorio (Peak Expiratory Flow, PEF) forniscono uno strumento semplice ed economico utilizzabile a domicilio per misurare il flusso d’aria e possono rivelarsi utili in diverse circostanze (Fig. 138.3). I pazienti con una ridotta percezione dell’ostruzione del flusso d’aria causata da asma, i cosiddetti poor perceiver, possono trarre vantaggio dal monitoraggio quotidiano dei PEF; questo infatti permette di ottenere una valutazione oggettiva del flusso d’aria, che può costituire un indicatore del livello di controllo dell’asma o dei problemi correlati a esso più sensibile della percezione dei sintomi da parte dei pazienti stessi. I dispositivi per PEF variano con riguardo alla capacità di individuare l’ostruzione del flusso d’aria: essi sono generalmente meno sensibili all’ostruzione del flusso d’aria rispetto alla spirometria e, pertanto, in alcuni pazienti i valori di PEF si abbassano solo quando l’ostruzione è grave. Pertanto, il monitoraggio dovrebbe iniziare misurando i PEF del mattino e della sera (il migliore di tre tentativi) per diverse settimane, in modo tale che i pazienti si impratichiscano nella tecnica e siano in grado di determinare il “dato personale migliore” e quindi di correlare i valori dei PEF con i sintomi (e idealmente con la spirometria). Una variazione dei PEF >20% è compatibile con l’asma (si vedano Fig. 138.3 e Tab. 138.6). Radiologia Nei bambini affetti da asma, le radiografie del torace (viste posteroanteriore e laterale) risultano spesso normali, a parte alcuni esiti di iperinsufflazione lievi e aspecifici (appiattimento del diaframma) e alcuni di ispessimento peribronchiale (Fig. 138.4). Le radiografie del torace sono d’aiuto anche nell’individuazione delle anomalie caratteristiche delle malattie che mascherano l’asma (polmonite da aspirazione, campi polmonari iperlucenti nella bronchiolite obliterante) e delle complicanze in corso di esacerbazione (atelectasia, pneumomediastino, pneumotorace). Alcune anomalie polmonari si possono apprezzare meglio grazie alle TC del torace a sezione sottile e ad alta risoluzione. La bronchiectasia è talvolta difficile da rilevare con le radiografie del torace, ma è chiaramente visibile con la TC e implica la presenza di una malattia che maschera l’asma, come la fibrosi cistica, le micosi broncopolmonari allergiche (aspergillosi), le discinesie ciliari o determinati deficit immunitari. Altri test, come quelli allergici per misurare la sensibilizzazione agli allergeni inalanti, sono d’aiuto per il trattamento e la prognosi dell’asma. In un esauriente studio condotto negli Stati Uniti su bambini asmatici dai 5 ai 12 anni (Childhood Asma Management Program, CAMP), l’88% al Prick test mostrava una sensibilizzazione agli allergeni inalanti. TRATTAMENTO Le linee guida del National Asthma Education and Prevention Program’s Expert Panel Report 3 (EPR3): Guidelines for the Diagnosis and Management of Asthma 2007 sono disponibili online (www.nhlbi.nih.gov/guidelines/asthma/asthgdln.htm) e sono, inoltre, stati pubblicati i punti principali relativi a modifiche sostanziali rispetto alla versione precedente delle linee guida. Gli elementi chiave di un trattamento ottimale dell’asma sono ben noti (Fig. 138.5). Il trattamento dell’asma dovrebbe comprendere le seguenti componenti: (1) valutazione e monitoraggio del decorso della malattia; (2) educazione del paziente e della famiglia per fornire loro informazioni e competenze ai fini della gestione autonoma 10/1/12 11:51:09 AM Capitolo 138 Asma infantile ■ 825 Flusso di picco 6 FVC Soggetto 1 4 A B C 2 Loop flusso-volume espiratorio D E 0 4 Volume (L) Flusso (L/s) FEV1 3 Soggetto 2 2 1 100 50 0 1 ⫺2 ⫺4 Loop flusso-volume inspiratorio 3 4 Tempo (s) 5 6 7 Soggetto 1: bambino non asmatico FEV1 = 3,4 (100% del previsto) FVC = 3,8 (100% del previsto) FEV1/FVC = 0,86 Capacità vitale (%) ⫺6 A 2 B Soggetto 2: bambino asmatico FEV1 = 2,1 (62% del previsto) FVC = 3,7 (97% del previsto) FEV1/FVC = 0,57 Figura 138.2 Spirometria. A. Loop spirometrici flusso-volume. A è un loop flusso-volume espiratorio di un soggetto non asmatico, senza limitazioni del flusso d’aria. B-E: loop flusso-volume espiratori in pazienti asmatici affetti da gradi crescenti di limitazione del flusso d’aria (B = lieve; E = grave). Si nota l’aspetto “a cucchiaio” o concavo nei loop flusso-volume espiratori degli asmatici; la concavità aumenta con l’ostruzione. B. Curve volume-tempo in spirometria. Il soggetto 1 è non asmatico; il soggetto 2 è asmatico. Da notare come siano stati ottenuti i volumi polmonari FEV1 e FVC. FEV1 è il volume d’aria esalato nel primo secondo di uno sforzo di espirazione forzata. FVC è il volume totale di aria esalata durante uno sforzo di espirazione forzata. Il FEV1 e il rapporto FEV1/FVC del soggetto 2 sono inferiori rispetto a quelli del soggetto 1, che dimostra la limitazione del flusso d’aria. Inoltre, l’FVC del soggetto 2 è molto simile a quello che si poteva prevedere. FEV1, volume espiratorio forzato in 1 s; FVC, capacità vitale forzata. della malattia; (3) identificazione e gestione dei fattori di peggioramento e delle malattie comorbose che possono esacerbare l’asma; e (4) selezione appropriata dei farmaci in base alle esigenze del paziente. L’obiettivo a lungo termine del trattamento dell’asma è ottenere un controllo ottimale della malattia. Componente 1: valutazione e monitoraggio a intervalli regolari La valutazione e il monitoraggio a intervalli regolari si basano sui concetti di gravità dell’asma, controllo dell’asma e risposta alla terapia. La gravità dell’asma è l’intensità intrinseca della malattia e la valutazione è generalmente più accurata nei pazienti che non ricevono terapia con farmaci controller. Pertanto, la valutazione della gravità dell’asma costituisce una linea guida per il livello iniziale di terapia. L’asma può essere suddiviso in due categorie generali: l’asma intermittente e l’asma persistente; quest’ultimo si suddivide ulteriormente in lieve, moderato e grave. Il livello di gravità dell’asma si valuta una sola volta, durante la valutazione iniziale del paziente, e solo per i pazienti che non ricevono ancora un agente controller su base quotidiana. Al contrario, il controllo dell’asma si riferisce al grado con cui i sintomi, le alterazioni funzionali in corso e il rischio di eventi avversi vengono minimizzati e allo stesso tempo vengono raggiunti gli obiettivi della terapia. Nei bambini che ricevono terapia con farmaci controller, è necessario valutare il controllo dell’asma. Questa valutazione è importante per personalizzare la terapia e può essere categorizzata in tre livelli: controllo buono, controllo insufficiente e controllo estremamente scarso. La risposta alla terapia rappresenta il grado di facilità con cui si ottiene il controllo dell’asma mediante un determinato trattamento. Può anche includere il monitoraggio di effetti avversi correlati all’uso di farmaci. La classificazione della gravità e del controllo dell’asma si basa sui domini di disfunzione e rischio. Questi domini possono non C0075.indd 825 essere correlati tra loro e rispondere in maniera differente al trattamento. Le linee guida dei NIH prevedono criteri per tre gruppi di età, da 0 a 4 anni, da 5 a 11 anni e ≥12 anni, per la valutazione sia della gravità (Tab. 138.7) sia del controllo (Tab. 138.8). Il livello di gravità o di controllo dell’asma si basa sulla massima categoria di disfunzione o di rischio. Nella valutazione della gravità dell’asma, il livello di disfunzione è rappresentato da una valutazione della frequenza dei sintomi recenti in un paziente (di giorno e di notte con leggere differenze negli intervalli numerici tra i tre gruppi di età), della necessità di 2-agonisti ad azione rapida per un immediato sollievo, della capacità di svolgere attività normali o desiderate e della compromissione del flusso d’aria, che viene valutato mediante spirometria nei bambini dai 5 anni di età in poi. Il livello di rischio si riferisce a una valutazione della probabilità che il singolo paziente sviluppi esacerbazioni dell’asma. In assenza di sintomi frequenti, occorre considerare l’asma persistente e, pertanto, iniziare la terapia con farmaci controller a lungo termine per i lattanti o i bambini che presentano fattori di rischio per l’asma (si veda sopra) e quattro o più episodi di sibili nell’ultimo anno con una durata maggiore di un giorno e che hanno influenzato il sonno, oppure due o più esacerbazioni negli ultimi 6 mesi che hanno richiesto la terapia con corticosteroidi sistemici. Il trattamento dell’asma può essere ottimizzato mediante regolari visite cliniche ogni 2-6 settimane fino a quando non si ottiene un buon controllo dell’asma. Per i bambini già sottoposti a terapia con farmaci controller, il trattamento viene personalizzato per ciascun soggetto in base al livello di controllo. Le linee guida dei NIH forniscono tabelle per la valutazione del livello di controllo dell’asma per i tre gruppi di età (si veda Tab. 138.8). Nella valutazione del controllo dell’asma, come nella valutazione della gravità, il livello di disfunzione prevede anche un’analisi della frequenza dei sintomi (diurni e notturni) 10/1/12 11:51:09 AM 826 ■ Parte XV Allergopatie Zona verde (>80%) 250 PEF (L/min) 200 150 Zona gialla (50-80%) 100 AM PEF 50 PM PEF Zona rossa (⬍50%) 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 28 30 Giorni A AM PEF Zona verde (⬎80%) 250 PM PEF PEF (L/min) 200 150 Zona gialla (50-80%) 100 1 ⫽ Prednisone iniziato 2 ⫽ Prednisone sospeso Zona rossa (⬍50%) 50 1 2 0 2 B A C0075.indd 826 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 Giorni B 26 28 30 31 Figura 138.3 Esempio del ruolo del monitoraggio del flusso di picco nell’asma infantile. A. Flussi di picco espiratori (PEF) eseguiti e registrati due volte al giorno, la mattina (AM) e la sera (PM), per un mese in un bambino asmatico. Il PEF “migliore personale” di questo bambino è di 220 L/min; pertanto, la zona verde (>80-100% del valore migliore) è di 175-220 L/min; la zona gialla (50-80%) è di 110-175 L/min; e la zona rossa (<50%) è <110 L/min. I PEF pomeridiani (PM) di questo bambino cadono quasi sempre nella zona verde, mentre quelli del mattino (AM) si trovano spesso nella zona gialla o rossa. Questo modello illustra la tipica variazione diurna AM-PM di un asma non controllato in modo adeguato. B. PEF eseguiti due volte al giorno, la mattina (AM) e la sera (PM), per un mese in un bambino asmatico che ha sviluppato un’esacerbazione a causa di un’infezione virale del tratto respiratorio. I PEF inizialmente cadevano nella zona verde, pertanto, un’infezione virale del tratto respiratorio ha provocato il peggioramento dell’asma, con un abbassamento del PEF fino alla zona gialla e via via fino alla rossa. A quel punto è stato somministrato un ciclo di prednisone per 4 giorni, cui ha fatto seguito un miglioramento del PEF, che è tornato nella zona verde. Figura 138.4 Un bambino di 4 anni affetto da asma. Le radiografie frontale (A) e laterale (B) mostrano un’iperinsufflazione polmonare e un ispessimento peribronchiale minimo. Non vi sono evidenze di complicanze asmatiche. 10/1/12 11:51:10 AM Capitolo 138 Asma infantile ■ 827 Tosse cronica ricorrente, sibili, dispnea • Sintomi • Esacerbazioni • Fattori di rischio (Tabelle 138.1 e 138.2) • Fattori scatenanti (Tab. 138.3) Diagnosi • Funzionalità polmonare (Figg. 138.2 e 138.3; Tab. 138.6) • Dx differenziale (Tab. 138.5) Asma Trattamento • Valutazione e monitoraggio • Valutare gravità (Tab. 138.7)) • Controller a lungo termine (Tab. 138.8) • Effetti avversi farmaci (Tab. 138.14) • Educazione • Elementi chiave (Tab. 138.9) • Controllo dei fattori ambientali e delle comorbilità • Controlli ambientali (Tab. 138.10) • Comorbilità (Tab. 138.10) • Farmaci • Controller a lungo termine (Tabelle 138.11-138.13) • Rapido sollievo (Tab. 138.11) • Esacerbazioni • Trattamento (Tab. 138.15) • Caratteristiche alto rischio (Tab. 138.16) • Piano d’azione domiciliare Obiettivi ottimali Prevenire sintomi cronici Prevenire disturbi del sonno Non frequente necessità di SABA Mantenere funzionalità polmonare (quasi) normale Mantenere l’attività normale • Ridurre le disfunzioni • • • • • • Ridurre il rischio • Evitare esacerbazioni • Ridurre al minimo ricoveri in pronto soccorso/reospedalizzazione • Prevenire l'accrescimento ridotto dei polmoni • Pochi o nessun effetto avverso dalla terapia Figura 138.5 Gli elementi più importanti per la gestione ottimale dell’asma. SABA, -agonista ad azione rapida. a carico del paziente, della necessità di 2-agonisti ad azione rapida per un sollievo immediato, della capacità di svolgere attività normali o desiderate e, per i bambini più grandi, delle misurazioni del flusso d’aria. Inoltre, è inclusa la determinazione della qualità della vita per i bambini più grandi. Inoltre, per quanto riguarda la valutazione del rischio, oltre a considerare la gravità e la frequenza delle esacerbazioni che richiedono il ricorso a corticosteroidi sistemici, occorre garantire, nei bambini più grandi, un monitoraggio dell’accrescimento polmonare e degli effetti non desiderati delle terapie farmacologiche. Come menzionato in precedenza, i gradi di disfunzione e di rischio sono utilizzati per determinare il livello di controllo dell’asma da parte del paziente come buono, insufficiente o estremamente scarso. I bambini con un buon controllo dell’asma presentano: sintomi diurni ≤2 giorni/settimana e necessitano un supporto con broncodilatatore ≤2 giorni/settimana; un FEV1 di >80% del previsto (e rapporto FEV1/FVC >80% per i bambini nella fascia dei 5-11 anni); nessuna interferenza con le normali attività; e <2 esacerbazioni nell’ultimo anno. I criteri di disfunzione variano leggermente in base al gruppo di età: vi sono soglie differenti della frequenza di risvegli notturni; aggiunta di criteri per il rapporto FEV1/FVC per i bambini tra 5 e 11 anni di età e aggiunta di questionari accreditati mirati alla valutazione della qualità della vita nei bambini più grandi. Per i bambini il cui stato non soddisfa tutti i criteri che definiscono un buon controllo dell’asma, si determina l’identificazione di un controllo dell’asma insufficiente o estremamente scarso, stabilito mediante il singolo criterio con il punteggio più basso. Per l’asma, si consigliano da due a quattro visite di controllo l’anno per ripetere la valutazione e mantenere un buon controllo della malattia. Nel corso di queste visite, per valutare il controllo dell’asma occorre stabilire: (1) la frequenza dei sintomi dell’asma durante il giorno, la notte e nel caso di attività fisica; (2) la frequenza dell’uso e delle somministrazioni ripetute di farmaci SABA “di soccorso”; C0075.indd 827 (3) la qualità della vita per i bambini più grandi con uno strumento di valutazione; (4) le misurazioni della funzionalità polmonare per i bambini più grandi e i ragazzi; (5) il numero e la gravità delle esacerbazioni dell’asma; e (6) la presenza di effetti avversi dei medicinali a partire dall’ultima visita (si veda Fig. 138.5). Si consiglia di eseguire un test della funzionalità polmonare (spirometria) almeno una volta l’anno e più spesso in caso di controllo inadeguato dell’asma o di funzionalità polmonare eccessivamente bassa. Il monitoraggio domiciliare del PEF può essere d’aiuto nella valutazione dei bambini asmatici con scarsa percezione dei sintomi, in presenza di altre cause di tosse cronica oltre all’asma, di asma moderato o grave oppure di un’anamnesi di esacerbazioni gravi dell’asma. Il monitoraggio dei PEF è possibile nei bambini di età non inferiore ai 4 anni che abbiano imparato correttamente la tecnica. È possibile ottimizzarne l’efficacia e l’interesse grazie al ricorso allo stoplight zone system, adattato ai “migliori PEF personali” di ciascun bambino (si veda Fig 138.3): la zona verde (80-100% del miglior risultato personale) indica un controllo buono; la zona gialla (50-80%) indica un controllo meno che ottimale e richiede un aumento dell’attenzione e un’intensificazione della terapia; la zona rossa (<50%) indica un controllo scarso e una maggiore probabilità di esacerbazioni comportando il rischio di intervento immediato. Nella pratica, questi intervalli sono approssimativi e potrebbe essere necessario adattarli a seconda dei soggetti, innalzando le soglie che indicano un controllo inadeguato (nella zona gialla, 70-90%). Le linee guida dei NIH raccomandano di effettuare un monitoraggio del PEF almeno una volta al giorno, quando i flussi dei picchi sono tipicamente più bassi. Componente 2: educazione del paziente Si ritiene che un’educazione specifica in ambiente medico per i bambini affetti da asma sia importante per il trattamento domiciliare e per l’aderenza delle famiglie a un piano di assistenza ottimale che possono avere un impatto sugli esiti del paziente (Tab. 138.9). Ciascuna visita rappresenta un’importante opportunità per educare il bambino e i suoi familiari, per consentire loro di divenire esperti alleati nel trattamento dell’asma, poiché un trattamento ottimale dipende dalle loro valutazioni quotidiane e dalla messa in atto di un piano di assistenza corretto. Una comunicazione efficace tiene conto di fattori socioculturali ed etnici per i bambini e le loro famiglie, mira a chiarire dubbi relativi all’asma e al suo trattamento e coinvolge pazienti e familiari come partecipanti attivi nello sviluppo degli obiettivi del trattamento e nella selezione dei medicinali. Le capacità di una gestione e un monitoraggio autonomi della malattia devono essere potenziate regolarmente. Nel corso delle visite iniziali con il paziente, può essere utile impartire ai bambini asmatici e ai loro genitori informazioni di base sulla patogenesi dell’asma (infiammazione cronica e AHR sottostante a una manifestazione clinica intermittente), in modo da consentire loro di capire l’importanza delle raccomandazioni volte a ridurre l’infiammazione delle vie aeree. Si dovrebbe specificare che cosa ci si possa aspettare, in termini di buon controllo dell’asma, da una gestione ottimale della malattia (si veda Fig. 138.5). Una spiegazione dell’importanza delle misure da intraprendere per ridurre l’infiammazione delle vie aeree per ottenere un buon controllo dell’asma e un chiarimento delle preoccupazioni relative ai potenziali effetti avversi dei farmaci antiasmatici e in particolare dei rischi in rapporto ai benefici apportati sono essenziali per ottenere un’aderenza a lungo termine alla farmacoterapia dell’asma e alle misure di controllo ambientale. Per i bambini affetti da asma e per le loro famiglie, e in particolare per i pazienti con forme persistenti da moderate a gravi di asma o per coloro i quali hanno un controllo scarso della malattia e, ancora, quelli che hanno avuto esacerbazioni di elevata intensità, è utile stilare un piano di trattamento dell’asma per iscritto. Questo piano deve prevedere due componenti principali: (1) un piano di trattamento quotidiano di routine che descriva l’uso regolare dei medicinali antiasmatici e le altre misure necessarie per mantenere un buon controllo dell’asma; (2) un piano di azione per le esacerbazioni, in cui siano descritti gli indicatori di un imminente 10/1/12 11:51:10 AM 828 ■ Parte XV Allergopatie Tabella 138.7 VALUTAZIONE DELLA GRAVITÀ DELL’ASMA E INIZIO DEL TRATTAMENTO PER I PAZIENTI PER I QUALI NON È IN CORSO LA SOMMINISTRAZIONE DI FARMACI DI CONTROLLO A LUNGO TERMINE* CLASSIFICAZIONE DELLA GRAVITÀ DELL’ASMA Intermittente COMPONENTI DELLA GRAVITÀ Disfunzione Sintomi diurni Risvegli notturni: Età 0-4 anni Età ≥5 anni Ricorso ai 2-agonisti per i sintomi (non per la prevenzione del broncospasmo indotto da sforzo) Interferenza con le normali attività Funzionalità polmonare: FEV1 % previsto, età ≥5 anni Rapporto FEV1/FVC†: Età 5-11 anni Età ≥12 anni Rischio Esacerbazioni che richiedono corticosteroidi sistemici: Età 0-4 anni Età≥ 5 anni Lieve Persistente Moderato ≤2 giorni/settimana >2 giorni/settimana, ma non su base giornaliera Su base giornaliera Per tutto il giorno 0 ≤2×/mese ≤2 giorni/settimana 1-2×/mese 3-4×/mese >2 giorni/settimana, ma non su base quotidiana, e non più di 1× al giorno Limitazione ridotta 3-4×/mese >1×/settimana, ma non di notte Su base giornaliera >1×/settimana Spesso 7×/settimana Diverse volte al giorno Limitazione moderata Limitazione estrema FEV1 normale tra le esacerbazioni >80% previsto ≥80% previsto 60-80% previsto <60% previsto >85% Normale >80% Normale 75-80% Ridotto 5% <75% Ridotto >5% Nessuna 0-1/anno (si vedano le note) ≥ 2 esacerbazioni in 6 mesi che richiedono corticosteroidi sistemici o ≥ 4 episodi/anno di sibili che durano >1 giorno e fattori di rischio per l’asma persistente 0-1/anno (si vedano le note) ≥2/anno (si vedano le note) ≥2/anno (si vedano le note) Tenere in considerazione la gravità e il periodo di tempo dall’ultima esacerbazione. La frequenza e la gravità possono variare nel tempo per i pazienti appartenenti a qualsiasi categoria di gravità. Il rischio relativo annuale di esacerbazioni può essere correlato al FEV1. FASE RACCOMANDATA PER L’INIZIO DELLA TERAPIA Tutte le età Fase 1 Fase 2 Età 0-4 anni Fase 3 Età 5-11 anni Fase 3, opzione ICS a dosaggio medio Età ≥12 anni Grave ≥2/anno (si vedano le note) Fase 3 Fase 3, opzione ICS a dosaggio medio oppure Fase 4 Prendere in considerazione un Prendere in considerazione ciclo breve con corticosteroidi un ciclo breve con sistemici corticosteroidi sistemici In 2-6 settimane, valutare il livello di controllo dell’asma ottenuto e modificare, di conseguenza, la terapia. Se non si ottengono miglioramenti evidenti entro 4-6 settimane, valutare la possibilità di modificare la terapia o diagnosi differenziali. *Note: • L’approccio suddiviso in fasi è inteso ad agevolare, e non a sostituire, le decisioni cliniche necessarie per andare incontro alle esigenze dei singoli pazienti. • Il livello di gravità è determinato in base alle disfunzioni e al rischio. La valutazione della disfunzione si effettua in base ai resoconti del paziente/medico nelle precedenti 2-4 settimane. La valutazione dei sintomi per periodi più lunghi deve rientrare in una valutazione globale, che prevede ad esempio un resoconto da parte del paziente di un miglioramento o peggioramento dell’asma dall’ultima visita. Assegnare il livello di gravità alla categoria più grave in cui si riscontra un qualsiasi elemento. • Attualmente, i dati relativi alla frequenza delle esacerbazioni associata ai differenti livelli di gravità dell’asma sono inadeguati. Ai fini del trattamento, i pazienti che hanno avuto ≥ 2 esacerbazioni che hanno richiesto la somministrazione orale di corticosteroidi sistemici negli ultimi 6 mesi oppure ≥ 4 episodi di sibili nell’ultimo anno e che sono esposti a fattori di rischio per l’asma persistente possono essere considerati allo stesso modo dei pazienti affetti da asma persistente, anche in assenza dei livelli di disfunzione compatibili con l’asma persistente. † FEV1/FVC normale: 8-19 anni, 85%; 20-39 anni, 80%. FEV1, volume espiratorio forzato in 1 s; FVC, capacità vitale forzata; ICS, corticosteroidi inalati. Adattata da National Asthma Education and Prevention Program: Expert Panel Report 3 (EPR 3): Guidelines for the diagnosis and management of asthma—summary report 2007, J Allergy Clin Immunol 120(Suppl):S94-S138, 2007. peggioramento dell’asma unitamente alle indicazioni relative ai farmaci da assumere e ai casi in cui occorre rivolgersi al medico di base oppure ricorrere alla terapia d’urgenza o d’emergenza. Visite di follow-up regolari possono contribuire a mantenere un controllo ottimale dell’asma. Oltre a determinare il livello di controllo della malattia e a riesaminare, di conseguenza, il piano di trattamento quotidiano e il piano di azione per eventuali esacerbazioni dell’asma, le visite di follow-up rappresentano un’importante opportunità formativa per incoraggiare una comunicazione aperta volta a chiarire i dubbi in merito alle indicazioni per il trattamento (ad es. somministrazione quotidiana di farmaci controller). La C0075.indd 828 rivalutazione del ruolo di farmaci diversi nel trattamento e nel controllo dell’asma e della tecnica utilizzata per i medicinali somministrati per inalazione può essere utile per i pazienti e i loro familiari allo scopo di aumentare la comprensione delle informazioni fornite e migliorare l’aderenza a un piano di trattamento che in precedenza non sia stato seguito in modo adeguato o corretto. L’approccio mirato alla gestione autonoma del trattamento deve essere adattato alle esigenze, ai livelli di istruzione e alle convenzioni o alle pratiche etnoculturali dei pazienti e delle loro famiglie. L’educazione relativa all’asma deve, inoltre, coinvolgere tutti i membri dell’équipe sanitaria, dai medici e dagli infermieri fino ai 10/1/12 11:51:11 AM Capitolo 138 Asma infantile ■ 829 Tabella 138.8 VALUTAZIONE DEL CONTROLLO DELL’ASMA E MODIFICA DELLA TERAPIA NEI BAMBINI* Controllo buono COMPONENTI DEL CONTROLLO Disfunzione Sintomi ≤2 giorni/settimana, ma non più di una volta al giorno CLASSIFICAZIONE DEL LIVELLO DI CONTROLLO DELL’ASMA Controllo insufficiente Controllo estremamente scarso >2 giorni/settimana oppure più volte per ≤2 giorni/settimana Per tutto il giorno Risvegli notturni: Età 0-4 anni ≤1×/mese >1×/mese >1×/settimana Età 5-11 anni ≤1×/mese ≥2×/mese ≥2×/settimana Età ≥12 anni ≤2×/mese 1-3×/settimana ≥4×/settimana Ricorso ai 2-agonisti per i sintomi ≤2 giorni/settimana >2 giorni/settimana Diverse volte al giorno (non per il pretrattamento del broncospasmo da sforzo) Interferenza con le normali attività Nessuna Limitazione moderata Limitazione estrema Funzionalità polmonare: Età 5-11 anni: FEV1 (% previsto o flusso >80% valore previsto o 60-80% valore previsto o migliore <60% valore previsto o migliore personale di picco) migliore personale personale >80% 75-80% <75% FEV1/FVC Età ≥12 anni: FEV1 (% previsto o flusso >80% valore previsto o 60-80% valore previsto o migliore <60% valore previsto o migliore personale di picco) migliore personale personale Questionari accreditati†: Età ≥12 anni: ATAQ 0 1-2 3-4 ACQ ≤0,75 ≤1,5 N/A ACT ≥220 16-19 ≤15 Rischio Esacerbazioni che richiedono corticosteroidi sistemici: Età 0-4 anni 0-1/anno 2-3/anno >3/anno Età ≥5 anni 0-1/anno ≥2/anno (si vedano le note) Tenere in considerazione la gravità e il periodo di tempo dall’ultima esacerbazione. Effetti avversi correlati Gli effetti collaterali dei farmaci possono variare in intensità da un livello nullo a un livello estremamente pericoloso e preoccupante. Il al trattamento grado di intensità non è correlato a livelli specifici di controllo; tuttavia, deve essere considerato nella valutazione complessiva del rischio. Riduzione dell’accrescimento La valutazione richiede un’assistenza di follow-up a lungo termine. polmonare oppure perdita progressiva di funzionalità polmonare AZIONE RACCOMANDATA PER IL TRATTAMENTO Mantenere la fase corrente. Passaggio a fase successiva‡ (salire Prendere in considerazione un ciclo breve Follow-up di routine ogni di 1 fase) ed effettuare nuova di corticosteroidi orali. 1-6 mesi per mantenere valutazione dopo 2-6 settimane. Passaggio a fase successiva§ (salire di 1-2 fasi) il controllo. Se non si ottengono miglioramenti ed effettuare nuova valutazione dopo 2 settimane. Considerare la possibilità evidenti entro 4-6 settimane, valutare Se non si ottengono miglioramenti evidenti entro di scendere di una fase se diagnosi differenziali o la possibilità 4-6 settimane, valutare diagnosi differenziali il buon livello di controllo di modificare la terapia. o la possibilità di modificare la terapia. viene mantenuto per almeno Per gli effetti collaterali, considerare Per gli effetti collaterali, considerare opzioni 3 mesi. opzioni alternative di trattamento. alternative di trattamento. *Note: • L’approccio suddiviso in fasi è inteso ad agevolare, e non a sostituire, le decisioni cliniche necessarie per andare incontro alle esigenze dei singoli pazienti. • Il livello di controllo dell’asma si basa sulla massima categoria di disfunzione o di rischio. La valutazione della disfunzione si effettua in base ai resoconti del medico nelle precedenti 2-4 settimane. La valutazione dei sintomi per periodi più lunghi deve rientrare in una valutazione globale, che prevede ad esempio un resoconto da parte del paziente di un miglioramento o peggioramento dell’asma dall’ultima visita. • Attualmente, i dati relativi alla frequenza delle esacerbazioni associata ai differenti livelli di controllo dell’asma sono inadeguati. In generale, esacerbazioni più frequenti e intense (ad es. che richiedono assistenza non prevista, urgente, ospedalizzazione o ricovero in terapia intensiva) indicano un più scarso controllo della patologia. Ai fini del trattamento, i pazienti che hanno avuto ≥2 esacerbazioni che hanno richiesto la somministrazione per via orale di corticosteroidi sistemici nell’ultimo anno possono essere considerati allo stesso modo dei pazienti che hanno un controllo insufficiente dell’asma, anche in assenza dei livelli di disfunzione compatibili con il controllo insufficiente dell’asma. † Questionari accreditati per il grado di disfunzione (non valutano la funzionalità polmonare o il rischio) e definizione della minima differenza importante (minimal important difference, MID) per ciascuno: • ATAQ, questionario di valutazione della terapia dell’asma (Asthma Therapy Assessment Questionnaire); MID = 1,0 • ACQ, questionario relativo al controllo dell’asma (Asthma Control Questionnaire); MID = 0,5 • ACT, test di controllo dell’asma (Asthma Control Test ); MID non determinata ‡ I valori dell’ACQ pari a 0,76-1,40 sono indeterminati in relazione a un buon controllo dell’asma. § Prima di salire di fase nella terapia: (1) analizzare l’aderenza alla terapia farmacologica, la tecnica di inalazione e il controllo ambientale; (2) se è stata utilizzata un’opzione alternativa di trattamento in una fase, interromperla e utilizzare il trattamento di elezione per quella fase. FEV1, volume espiratorio forzato in 1 s; FVC, capacità vitale forzata. Adattata da National Asthma Education and Prevention Program: Expert Panel Report 3 (EPR 3): Guidelines for the diagnosis and management of asthma—summary report 2007, J Allergy Clin Immunol 120(Suppl):S94-S138, 2007. C0075.indd 829 10/1/12 11:51:14 AM 830 ■ Parte XV Allergopatie Tabella 138.9 ELEMENTI PRINCIPALI PER CONDURRE VISITE CLINICHE PRODUTTIVE NEL TRATTAMENTO DELL’ASMA Tabella 138.10 CONTROLLO DEI FATTORI CHE CONTRIBUISCONO ALLA GRAVITÀ DELL’ASMA Specificare gli obiettivi del trattamento dell’asma Esporre questioni basilari relative all’asma: Contrasto tra vie aeree normali rispetto a quelle asmatiche Correlare l’infiammazione delle vie aree con gli spasmi e la broncocostrizione Controllo a lungo termine e farmaci ad azione rapida Chiarire i dubbi relativi a potenziali effetti avversi della terapia farmacologica dell’asma Insegnare e dimostrare, anche con esercitazioni, al paziente la tecnica corretta per: Uso di farmaci per inalazione (uso del distanziatore con un inalatore predosato) Misurazione dei flussi di picco Studiare e gestire i fattori che contribuiscono a una maggiore gravità dell’asma: Esposizioni ambientali Patologie comorbose Piano bipartito di gestione dell’asma per iscritto: Trattamento quotidiano Piano di azione per le esacerbazioni dell’asma Visite di routine per il follow-up: Due volte l’anno (più spesso in caso di controllo insufficiente dell’asma) Monitoraggio annuale della funzionalità polmonare Eliminare o ridurre le esposizioni ambientali problematiche: Eliminazione o riduzione del fumo di tabacco nell’ambiente: In casa e in auto Eliminazione o riduzione dell’esposizione agli allergeni negli asmatici sensibilizzati: Detriti epidermici degli animali: Animali domestici (gatti, cani, roditori, uccelli) Animali infestanti (topi, ratti) Acari della polvere Scarafaggi Muffe Altri irritanti delle vie aeree: Fumo da fuoco di legna o di carbone Forti profumi oppure odori di sostanze chimiche (ad es. detergenti per la casa) Polveri Trattare le patologie comorbose: Rinite Sinusite Reflusso gastroesofageo Vaccinazione annuale contro l’influenza (esclusi i pazienti allergici all’uovo) farmacisti, ai terapisti della respirazione e agli educatori specialisti dell’asma. Oltre allo scenario clinico, l’educazione per la gestione dell’asma può essere impartita presso i domicili dei pazienti, nelle farmacie, nei pronti soccorsi e negli ospedali, nelle scuole e nelle comunità. ADERENZA L’asma è una patologia cronica, spesso ben gestita grazie a un farmaco di controllo quotidiano. L’aderenza a un regime giornaliero è di frequente subottimale; i corticosteroidi inalati (Inhaled CorticoSteroids, ICS) sono sottoutilizzati nel 60% dei casi. In uno studio, solo nel 15% dei casi i bambini affetti da asma che hanno avuto bisogno di un corticosteroide per via orale a causa di un’esacerbazione della malattia hanno usato quotidianamente un ICS di controllo. L’aderenza è tanto più scarsa quanto maggiore è la frequenza di somministrazione richiesta (3-4 volte/die). Le formulazioni dei farmaci che prevedono una o due somministrazioni al giorno possono migliorare la compliance dei pazienti. La scarsa aderenza è spesso dovuta a convinzioni erronee in merito alla sicurezza e all’efficacia dei farmaci controller, pertanto delle informazioni mirate nel corso delle visite possono contribuire a eliminare questi fraintendimenti. Inoltre, la selezione di un trattamento personalizzato in base agli esiti previsti e alle preferenze di un paziente o della sua famiglia costituirà un incentivo per una maggiore aderenza al piano di azione. Componente 3: controllo dei fattori che contribuiscono alla gravità dell’asma I fattori controllabili che possono aggravare significativamente l’asma si possono genericamente raggruppare come (1) esposizioni ambientali e (2) patologie comorbose (Tab. 138.10). ELIMINAZIONE E RIDUZIONE DELLE ESPOSIZIONI AMBIENTALI PROBLEMATICHE Nella maggior parte dei bambini asmatici la malattia presenta una componente allergica; negli asmatici sensibilizzati si dovrebbero prendere misure adeguate per analizzare e ridurre al minimo l’esposizione agli allergeni. Per questi asmatici, infatti, una ridotta esposizione agli allergeni domestici perenni diminuisce i sintomi dell’asma, il ricorso ai farmaci, l’AHR e le esacerbazioni della malattia. Gli agenti domestici importanti collegati a un aggravamento dell’asma sono diversi da un ambiente all’altro e persino da una casa all’altra. L’esposizione più comune si ha agli allergeni perenni, quali gli animali con pelo o piume come quelli domestici (gatti, cani, furetti, uccelli) o quelli infestanti (topi, ratti), nonché agli allergeni domestici occulti, come gli acari della polvere, gli scarafaggi e le muffe. Sebbene alcuni bambini sensibilizzati riferiscano un aumento dei sintomi dell’asma in caso di esposizione alla fonte allergenica, anche in assenza di contatto con quest’ultima, potrebbe non essere evidente un miglioramento se il periodo di mancata esposizione non dura almeno diversi giorni o addirittura C0075.indd 830 settimane. Il fumo di tabacco, legno o carbone, le polveri, gli odori forti e le esalazioni nocive possono aggravare l’asma. Questi fattori irritanti delle vie aeree andrebbero eliminati o le loro emissioni dovrebbero essere ridotte nelle abitazioni o nelle auto usate dai bambini asmatici. L’asma può peggiorare a causa di esposizioni ambientali anche nelle aule di scuole e asili. Eliminare o ridurre al minimo queste esposizioni (ad es. la presenza di animali con peli o piume nelle aule scolastiche in cui ci siano bambini asmatici sensibilizzati) può portare alla riduzione dei sintomi e della gravità dell’asma, nonché della quantità di farmaci necessari per ottenere un buon controllo della malattia. Si continua inoltre a raccomandare la vaccinazione annuale contro l’influenza per i bambini asmatici (a esclusione di quelli allergici all’uovo), sebbene l’influenza non sia responsabile della maggior parte delle esacerbazioni indotta da virus che colpisce i bambini. TRATTAMENTO DELLE COMORBILITÀ La rinite, la sinusite e il reflusso gastroesofageo accompagnano l’asma e spesso ne mimano i sintomi e ne aumentano la gravità. In effetti, queste patologie, insieme all’asma, sono le tre cause più comuni della tosse cronica. Un efficace trattamento di queste patologie comorbose può spesso alleviare i sintomi e la gravità dell’asma, così da rendere necessaria una quantità di farmaci minore per ottenere un buon controllo di quest’ultimo. Il reflusso gastroesofageo (GastroEsophageal Reflux, GER) è più comune, con un’incidenza fino al 64% di sintomi asmatici correlati. Il GER può peggiorare l’asma attraverso due supposti meccanismi: (1) aspirazione del contenuto gastrico refluito (micro- o macroaspirazione); e (2) broncospasmo indotto da sforzo riflesso vagomediato. Negli individui affetti da un asma di difficile controllo si dovrebbe sospettare il GER, specialmente in quelli con sintomi asmatici prevalenti durante i pasti o il sonno (in posizione orizzontale) oppure che a letto devono stare sollevati per poter ridurre i sintomi notturni. Il GER si può dimostrare grazie al reflusso di bario nell’esofago in seguito a esami che prevedano la somministrazione di questo elemento o tramite il monitoraggio del pH esofageo. Dal momento che gli esami radiografici non hanno sufficiente sensibilità e specificità, il metodo di elezione per diagnosticare il GER è il monitoraggio prolungato del pH esofageo. Se si riscontra un GER significativo, si dovranno stabilire delle precauzioni contro il reflusso (non assumere alimenti 2 ore prima di andare a dormire, sollevare la testata del letto di 15 cm, evitare alimenti e bevande contenenti caffeina) e somministrare medicinali quali inibitori di pompa protonica (omeprazolo, lansoprazolo) oppure gli antagonisti degli H2-recettori (cimetidina, ranitidina) per 8-12 settimane. In uno studio sugli adulti affetti da asma e GER, l’inibizione della pompa protonica non migliora il controllo dell’asma. 10/1/12 11:51:17 AM Capitolo 138 Asma infantile ■ 831 Anche la rinite è di solito comorbosa dell’asma ed è presente nel ≈90% dei bambini asmatici. La rinite può essere stagionale e/o perenne con componenti di natura allergica o non allergica. Essa complica e aggrava l’asma attraverso diversi meccanismi diretti e indiretti. La respirazione nasale può ridurre il broncospasmo indotto da sforzo e diminuire la disfunzione delle vie aeree rendendo umida e tiepida l’aria inspirata; può inoltre filtrare gli allergeni e le sostanze irritanti che possono scatenare l’asma e aumentare l’AHR. La riduzione della congestione nasale e dell’ostruzione può agevolare le operazioni di umidificazione, riscaldamento e filtraggio da parte del naso. Negli asmatici il miglioramento della rinite è associato a quello dell’AHR e a una diminuzione dell’infiammazione delle vie aeree, dei sintomi dell’asma e dell’uso di medicinali che combattono questa malattia. Il trattamento ottimale della rinite nell’età pediatrica è simile a quello dell’asma per quanto riguarda l’importanza degli interventi per ridurre l’infiammazione nasale (Cap. 137). Nei pazienti affetti da asma sono frequenti le evidenze radiografiche di malattia sinusale. In quelli, per contro, a cui sia stata diagnosticata e curata una malattia sinusale, si registra un significativo miglioramento del controllo dell’asma. Una TC coronale “limitata” o “di screening” dei seni è il test gold standard per la malattia sinusale; si dimostra spesso utile nel sospetto di una sinusite ricorrente che era stata trattata in assenza di questa evidenza. Se il paziente affetto da asma ha un’evidenza clinica e radiografica di sinusite, si dovrebbe istituire una terapia topica che comprenda irrigazioni saline nasali ed eventualmente corticosteroidi endonasali. Inoltre si dovrebbero somministrare antibiotici per 2-3 settimane. Componente 4: principi di farmacoterapia dell’asma La versione attuale delle linee guida sull’asma dei NIH (2007) propone un più ampio approccio in fasi al trattamento per dare supporto alle decisioni prese in ambito clinico, senza per questo sostituirsi a queste, al fine di andare incontro alle esigenze dei singoli pazienti. Le raccomandazioni variano in base ai gruppi di età e si definiscono secondo le evidenze attuali (Tab. 138.11). Gli obiettivi della terapia prevedono la riduzione delle componenti della disfunzione delle vie aeree (ad es. la prevenzione di sintomi cronici e invalidanti, il raro ricorso di farmaci ad azione rapida, il mantenimento della “normale” funzionalità polmonare, il mantenimento dei normali livelli di attività, compreso l’esercizio fisico e la frequenza a scuola, la garanzia di un’assistenza medica in grado di soddisfare le richieste e le aspettative delle famiglie) e del rischio (ad es. la prevenzione delle esacerbazioni ricorrenti, del ridotto accrescimento dei polmoni e degli effetti avversi dei farmaci). La scelta della terapia iniziale si basa sulla valutazione della gravità dell’asma e, per i pazienti che sono già sottoposti a trattamento con farmaci controller, la modificazione del trattamento si basa sulla valutazione del controllo dell’asma e della risposta alla terapia. Uno degli obiettivi primari di questo approccio è quello di identificare e trattare tutti i casi di asma persistente e non controllato con farmaci controller antinfiammatori. La terapia quotidiana con farmaci controller non è consigliata per i bambini affetti da asma intermittente. Il trattamento dell’asma intermittente prevede semplicemente la somministrazione per inalazione di -agonisti ad azione rapida, secondo le necessità dettate dai sintomi e dal pretrattamento nei pazienti che manifestano broncospasmo indotto da sforzo (fase 1 della terapia; si veda Tab. 138.11). Il trattamento preferito per tutti i pazienti con asma persistente prevede la terapia quotidiana con ICS, come monoterapia o in associazione a terapia adiuvante. Le tipologie e i dosaggi da utilizzare per i farmaci controller da somministrare quotidianamente devono essere determinati in base alla gravità dell’asma e al grado di controllo della malattia. Farmaci alternativi per la fase 2 della terapia includono un antagonista dei leucotrieni (montelukast), agenti antinfiammatori non steroidei (cromolina e nedocromile) e teofillina (per i ragazzi). Per i bambini più piccoli (≤4 anni di età) con asma persistente da moderato a grave, si raccomanda la monoterapia con dosaggi medi di ICS (fase 3); la terapia in associazione è consigliata solo come fase 4 del trattamento dell’asma non controllato. C0075.indd 831 Oltre alla terapia con dosaggi medi di ICS, la terapia in associazione con ICS e una qualsiasi delle seguenti terapie adiuvanti (a seconda del gruppo d’età) è consigliata come fase 4 del trattamento per l’asma persistente moderato o come terapia per migliorare l’asma persistente non controllato: 2-agonisti inalati ad azione prolungata (LABA), agenti modificanti la via dei leucotrieni, cromoni e teofillina. I bambini con asma persistente grave (fasi 5 e 6 del trattamento) devono ricevere un elevato dosaggio di ICS, un LABA e la somministrazione a lungo termine di corticosteroidi orali, se necessario. Inoltre, è possibile utilizzare omalizumab nei bambini più grandi (≥12 anni) con asma allergico grave. In qualsiasi fase del trattamento, potrebbe essere necessario una somministrazione di soccorso di corticosteroidi sistemici. Per i bambini dai 5 anni in su affetti da asma allergico e che richiedono la terapia di fase 2-4, può essere valutata l’immunoterapia allergenica. APPROCCIO “STEP-UP, STEP-DOWN” Le linee guida dei NIH sottolineano l’importanza di cominciare con una terapia con farmaci controller di livello più alto, in modo da ottenere un controllo immediato, per poi applicare una riduzione a scalare quando si ottiene un buon controllo dell’asma. Inizialmente, la limitazione del flusso d’aria e la patologia asmatica possono ridurre l’apporto e l’efficacia dell’ICS a un punto tale da rendere necessario il ricorso graduale a dosi superiori e/o a una terapia di associazione. Inoltre, per ottenere un’efficacia ottimale, l’ICS deve essere somministrato quotidianamente per settimane o mesi. La farmacoterapia di associazione consente di ottenere un miglioramento quasi immediato quando è in corso la somministrazione di ICS su base quotidiana per migliorare il controllo a lungo termine. Quando si raggiungono l’efficacia ottimale dell’ICS e, pertanto, un buon controllo della malattia, si può ridurre gradualmente la terapia individuando il numero minimo di somministrazioni o la dose minima giornaliera di farmaci in grado di garantire tale controllo, diminuendo così il rischio di potenziali effetti avversi. Se un bambino ha mostrato un buon controllo dell’asma per almeno 3 mesi, le linee guida suggeriscono di ridurre la dose o il numero di farmaci controller per stabilire qual è la quantità minima di farmaci necessari per mantenere il buon controllo della malattia. Viene nuovamente sottolineata l’importanza di un follow-up regolare poiché la variabilità del decorso dell’asma è ben nota. Al contrario, se un bambino non ha un buon controllo dell’asma, il livello di terapia deve essere aumentato di 1 fase unitamente a un monitoraggio serrato della malattia. Per un bambino il cui controllo dell’asma è estremamente scarso, le raccomandazioni suggeriscono un innalzamento di due fasi della terapia e/o la somministrazione per un breve periodo di tempo di corticosteroidi orali, con una nuova valutazione entro 2 settimane. Poiché la terapia di step-up può essere considerata in qualsiasi momento, è importante monitorare la tecnica di inalazione e l’aderenza alla terapia, mettere in atto misure di controllo ambientale, nonché identificare e trattare le patologie comorbose. CONSULTO CON LO SPECIALISTA DELL’ASMA Il consulto di uno specialista dell’asma per una consulenza o per il co-trattamento è consigliato in caso di difficoltà nel raggiungimento o nel mantenimento del controllo. Per i bambini di età inferiore ai 4 anni, si consiglia il consulto dello specialista in caso di asma persistente moderato o se il paziente richiede di essere trattato almeno con la terapia di fase 3, mentre nel caso di pazienti curati con terapia di fase 2 deve essere preso in considerazione. Per i bambini di 5 anni in su, il consulto con uno specialista è consigliato se il paziente richiede una terapia di fase 4 o superiore e deve essere preso in considerazione in caso di fase 3. È inoltre raccomandato se sono in corso di valutazione l’immunoterapia allergenica o la terapia con anti-IgE. Farmaci controller a lungo termine Tutti i livelli di asma persistente dovrebbero essere trattati con una farmacoterapia giornaliera volta a migliorare il controllo a lungo termine (si veda Tab. 138.11). Tali farmaci comprendono gli ICS, i LABA, i modificatori della via dei leucotrieni, gli agenti antinfiammatori non steroidei e la teofillina a rilascio sostenuto. 10/1/12 11:51:17 AM 832 ■ Parte XV Allergopatie Tabella 138.11 APPROCCIO IN FASI PER IL TRATTAMENTO DELL’ASMA NEI BAMBINI* ETÀ TERAPIA† ASMA INTERMITTENTE ASMA PERSISTENTE: SOMMINISTRAZIONE QUOTIDIANA DI FARMACI STEP DOWN se possibile (e se l’asma è ben controllato da almeno 3 mesi) 0-4 anni Preferita Fase 1 SABA secondo necessità Fase 2 ICS a basso dosaggio SABA secondo necessità Cromolina o montelukast ICS a basso dosaggio Alternativa 5-11 anni Preferita Alternativa ≥12 anni Preferita VALUTAZIONE CONTROLLO Fase 3 ICS a medio dosaggio Fase 4 ICS a medio disaggio + LABA oppure LTRA Fase 5 ICS ad alto dosaggio + LABA oppure LTRA Fase 6 ICS ad alto dosaggio + LABA oppure LTRA e corticosteroide orale ICS a basso dosaggio ± LABA, LTRA oppure teofillina o ICS a medio dosaggio ICS a medio dosaggio + LABA ICS ad alto dosaggio + LABA ICS ad alto dosaggio + LABA e corticosteroide orale ICS a medio dosaggio + LTRA oppure teofillina ICS ad alto dosaggio + LTRA oppure teofillina ICS a medio dosaggio + LABA ICS ad alto dosaggio + LABA e valutare la somministrazione di omalizumab a pazienti allergici ICS ad alto dosaggio + LTRA oppure teofillina e corticosteroide orale ICS ad alto dosaggio + LABA + corticosteroide orale e valutare la somministrazione di omalizumab a pazienti allergici Cromolina, LTRA, nedocromile o teofillina SABA secondo necessità ICS a basso dosaggio STEP UP se necessario (controllare per prima cosa la tecnica di inalazione, l’aderenza, il controllo ambientale e le comorbilità) ICS a basso dosaggio + LABA oppure ICS a medio dosaggio Alternativa Cromolina, LTRA, ICS a basso dosaggio ICS a medio dosaggio nedocromile + LTRA, teofillina + LTRA, teofillina o teofillina o zileuton o zileuton Ciascuna fase: educazione del paziente, controllo ambientale e gestione delle patologie comorbose. Età ≥5 anni: Fasi 2-4: considerare l’immunoterapia allergenica sottocutanea per i pazienti affetti da asma allergico. FARMACI AD AZIONE RAPIDA PER TUTTI I PAZIENTI SABA secondo necessità, in base ai sintomi. L’intensità del trattamento dipende dalla gravità dei sintomi: fino a 3 trattamenti a intervalli di 20 minuti secondo necessità. Potrebbe essere necessario un ciclo breve di corticosteroidi sistemici orali. Attenzione: l’uso di SABA >2 giorni/settimana per alleviare i sintomi (non per prevenire il broncospasmo indotto da sforzo) generalmente indica un controllo inadeguato e la necessità di passare a una fase successiva (step up) del trattamento. Per bambini con 0-4 anni di età: con infezione respiratoria virale: SABA ogni 4-6 ore fino a 24 ore (consulto con il medico per prolungare la somministrazione). Valutare un breve ciclo di corticosteroidi sistemici se l’esacerbazione è grave o se il paziente ha un’anamnesi di esacerbazioni gravi. *Note: • L’approccio suddiviso in fasi è inteso ad agevolare, e non a sostituire, le decisioni cliniche necessarie per andare incontro alle esigenze dei singoli pazienti. • Se si ricorre a un trattamento alternativo e la risposta è inadeguata, interromperlo e utilizzare il trattamento di elezione prima di ricorrere a una fase successiva del trattamento. • Se non si ottengono miglioramenti entro 4-6 settimane e la tecnica di somministrazione o l’aderenza del paziente/della famiglia sono soddisfacenti, considerare una modifica della terapia o una diagnosi differenziale. • Gli studi sui bambini nella fascia tra 0 e 4 anni sono limitati. L’approccio suddiviso in fasi è inteso ad agevolare, e non a sostituire, le decisioni cliniche necessarie per andare incontro alle esigenze dei singoli pazienti. • I medici che somministrano immunoterapia oppure omalizumab dovrebbero essere preparati per identificare e trattare l’eventuale anafilassi. • La teofillina è un’alternativa meno desiderabile a causa della necessità di monitorare i livelli di concentrazione sierica. • Lo zileuton è un’alternativa meno desiderabile poiché gli studi come terapia adiuvante sono limitati e poiché è necessario monitorare i livelli di funzionalità epatica. † Si usa l’ordine alfabetico quando tra le terapie preferite o alternative è elencata più di un’opzione di trattamento. ICS, corticosteroide inalato; LABA, 2-agonista inalato ad azione prolungata; LTRA, antagonista dei recettori dei leucotrieni; SABA, 2-agonista inalato ad azione rapida. Adattata da National Asthma Education and Prevention Program: Expert Panel Report 3 (EPR 3): Guidelines for the diagnosis and management of asthma—summary report 2007, J Allergy Clin Immunol 120(Suppl):S94-S138, 2007. Un preparato anti-IgE, l’omalizumab, è stato approvato dall’FDA come terapia aggiuntiva per i bambini ≥12 anni affetti da asma allergico da moderato a grave con un controllo difficoltoso della malattia. I corticosteroidi sono in ogni caso i farmaci più potenti ed efficaci per il trattamento delle manifestazioni asmatiche sia acute (somministrazione sistemica) sia croniche (somministrazione per inalazione). Sono disponibili in forme inalate, orali e parenterali (Tabelle 138.12 e 138.13). C0075.indd 832 CORTICOSTEROIDI INALATI Le linee guida dei NIH raccomandano una terapia giornaliera con ICS come trattamento di elezione per tutti i pazienti affetti da asma persistente (si veda Tab. 138.11). È stato provato che la terapia con ICS riduce i sintomi, migliora la funzionalità polmonare, riduce l’AHR, rende minore il bisogno della terapia di soccorso e, fattore più importante, diminuisce di circa il 50% le visite alla terapia d’urgenza, i ricoveri e l’uso di prednisone per le esacerbazioni. Anche il rischio di morte per asma può 10/1/12 11:51:17 AM Capitolo 138 Asma infantile ■ 833 Tabella 138.12 DOSAGGI NORMALI DEI FARMACI DI CONTROLLO A LUNGO TERMINE FARMACO CORTICOSTEROIDI INALATI (Si veda anche Tabella 138.13) Metilprednisolone: • 0,25-2 mg/kg al giorno in Compresse da 2, 4, 8, 16, 32 mg singole dosi AM o a giorni Prednisolone: alterni secondo necessità Compresse da 5 mg; 5 mg/5 mL, 15 mg/5 mL per il controllo Prednisone: • Terapia d’urto, ciclo breve: Compresse da 1, 2,5, 5, 10, 20, 50 mg; 1-2 mg/kg/die; massimo 5 mg/mL, 5 mg/5 mL 30 mg/die per 3-10 giorni Salmeterolo: N/A DPI 50 mg/blister Formoterolo: N/A DPI 12 mg/capsula monouso Fluticasone/salmeterolo: N/A DPI: 100, 250 o 500 mg/50 mg HFA: 45 g/21 g, 115 g/21 g, 230 g/21 g Budesonide/formoterolo: HFA: 80 g/4,5 g, 160 g/4,5 g Cromolina: MDI 0,8 mg/erogazione Nebulizzatore 20 mg/fiala Nedocromile: MDI 1,75 mg/erogazione Antagonisti dei recettori dei leucotrieni: Montelukast: Compressa masticabile da 4 o 5 mg Bustine in granuli da 4 mg Compressa da 10 mg Zafirlukast: Compressa da 10 o 20 mg Inibitore della 5-lipossigenasi: Zileuton: Compressa da 600 mg Teofillina: liquidi, compresse rilascio sostenuto, capsule Immunomodulatori: Omalizumab (anti-IgE): Iniezione sottocutanea 150 mg/1,2 mL dopo ricostituzione con 1,4 mL di acqua sterile per l’iniezione ETÀ 5-11 anni 0-4 anni 1 blister ogni 12 ore • 7,5-60 mg al giorno in singole dosi AM o a giorni alterni secondo necessità per il controllo • Breve ciclo di terapia d’urto per ottenere il controllo: 40-60 mg/die come dose singola o 2 dosi per 3-10 giorni 1 blister ogni 12 ore 1 capsula ogni 12 ore 1 capsula ogni 12 ore 1 inalazione 2 volte/die; la dose dipende dal livello di gravità o di controllo 2 inalazioni 2 volte/die; la dose dipende dal livello di gravità o di controllo 2 inalazioni 2 volte/die; la dose dipende dal livello di gravità o di controllo 2 erogazioni 4 volte/die 1 inalazione 2 volte/die; la dose dipende dal livello di gravità o di controllo 2 inalazioni 2 volte/die la dose dipende dal livello di gravità o di controllo 2 inalazioni 2 volte/die la dose dipende dal livello di gravità o di controllo 2 erogazioni 4 volte/die 1 fiala 4 volte/die; ND <2 anni di età ND <6 anni di età 1 fiala 4 volte al giorno 1 fiala 4 volte al giorno 2 erogazioni 4 volte/die 2 erogazioni 4 volte/die 4 mg ogni notte (1-5 anni di età) 5 mg ogni notte (6-14 anni) 10 mg ogni notte N/A 10 mg 2 volte/die (7-11 anni) N/A N/A Dose iniziale 10 mg/kg/die; solitamente max: • <1 anno di età: 0,2 (età in settimane) + 5 = mg/kg/die • >1 anno di età: 16 mg/kg/die Dose iniziale 10 mg/kg/die; solitamente max: 16 mg/kg/die 40 mg al giorno (compressa da 20 mg 2 volte/die) 2.400 mg/die (somministrare compresse 4 volte/die) Dose iniziale 10 mg/kg/die fino a 10 mg massimo; solitamente max 300 mg/die N/A N/A N/A N/A • 0,25-2 mg/kg al giorno in singole dosi AM o a giorni alterni secondo necessità per il controllo • Terapia d’urto, ciclo breve: 1-2 mg/ kg/die; massimo 60 mg/die per 3-10 giorni ≥12 anni 150-375 mg sc ogni 2-4 settimane, a seconda del peso corporeo e del livello di IgE sierica pretrattamento DPI, inalatore a polvere secca; HFA, idrofluoroalcano; Ig, immunoglobulina; MDI, inalatore predosato; sc, sottocutanea. Formulazioni e dosi indicate sono quelle autorizzate e in uso negli Stati Uniti. risultare ridotto grazie alla terapia con ICS. Questa terapia può, in sostanza, raggiungere tutti gli obiettivi del trattamento dell’asma; pertanto, è considerata di prima linea per l’asma persistente. Attualmente, sono sei gli ICS approvati dall’FDA per l’uso nei bambini e le linee guida dei NIH forniscono una classificazione d’equivalenza (si veda Tab. 138.13), sebbene manchino confronti diretti dei risultati di efficacia e sicurezza nei bambini. Gli ICS sono disponibili in inalatori predosati (MDI), inalatori a polvere secca (DPI) o in sospensione per nebulizzazione. Il fluticasone propionato, il mometasone furoato, la ciclesonide e, in misura minore, la budesonide sono considerati ICS di seconda generazione, in quanto presentano un’aumentata efficacia antinfiammatoria e una ridotta biodisponibilità sistemica per potenziali effetti avversi, avendo un metabolismo di first-pass epatico ampio. La scelta della dose iniziale di ICS si basa sulla gravità della malattia. Spesso, per mantenere un controllo buono, una volta che è stato raggiunto, è sufficiente una frazione della dose di ICS iniziale. Sebbene la terapia con ICS sia stata ampiamente utilizzata negli adulti affetti da asma persistente, essa trova scarsa applicazione in C0075.indd 833 pediatria a causa dei potenziali effetti avversi dovuti all’uso a lungo termine. In generale, significativi effetti dal punto di vista clinico non si sono riscontrati in seguito a un trattamento sistemico cronico con corticosteroidi e per di più, nei bambini trattati con ICS alle dosi raccomandate, questi effetti sono risultati rari. Il rischio di effetti avversi nella terapia con ICS è legato alla dose e alla frequenza di somministrazione (Tab. 138.14). È più probabile che questi effetti, sia locali sia sistemici, siano provocati da dosaggi elevati (≥1.000 g/die nei bambini) e da un utilizzo frequente (4 volte/die). Inoltre, è probabile che i bambini mantenuti a dosaggi di ICS più alti necessitino di cicli di corticosteroidi sistemici per le esacerbazioni dell’asma, il che aumenta il rischio dei loro effetti avversi. I più frequenti effetti avversi da ICS si riscontrano a livello locale: candidosi orale (mughetto) e disfonia (voce rauca). Il mughetto deriva da un’irritazione della mucosa indotta dal propellente e da immunosoppressione locale, mentre la disfonia da una miopatia delle corde vocali. Questi effetti sono dose-dipendenti e sono più comuni nei soggetti sottoposti ad alti dosaggi di ICS e/o terapia con corticosteroidi orali. L’incidenza di questi effetti locali si può 10/1/12 11:51:20 AM 834 ■ Parte XV Allergopatie Tabella 138.13 DOSAGGI COMPARATIVI STIMATI PER I CORTICOSTEROIDI INALATI FARMACO Beclometasone HFA, 40 o 80 g/erogazione Budesonide DPI 90, 180 o 200 mcg/inalazione Sospensione di budesonide inalata per nebulizzazione, dose da 0,25, 0,5 e 1,0 mg Flunisolide, 250 mcg/ erogazione Flunisolide HFA, 80 g/ erogazione Fluticasone HFA/MDI: 44, 110 o 220 g/erogazione Fluticasone DPI, 50, 100 o 250 g /inalazione Mometasone DPI, 220 g/ inalazione Triamcinolone acetonide, 75 g/erogazione DOSAGGIO GIORNALIERO BASSO PER ETÀ 0-4 anni 5-11 anni ≥12 anni DOSAGGIO GIORNALIERO MEDIO PER ETÀ 0-4 anni 5-11 anni ≥ 12 anni DOSAGGIO GIORNALIERO ALTO PER ETÀ 0-4 anni 5-11 anni ≥ 12 anni N/A 80-160 g 80-240 g N/A >160-320 g >240-480 g N/A >320 g >480 g N/A 180-400 g 180-600 g N/A >400-800 g >600-1.200 g N/A >800 g >1.200 g 0,25-0,5 mg 0,5 mg N/A >0,5-1,0 mg 1,0 mg N/A >1,0 mg 2,0 mg N/A N/A 500-750 g 500-1.000 g N/A 1.000-1.250 g >1.000-2.000 g N/A >1.250 g >2.000 g N/A 160 g 320 g N/A 320 g >320-640 g N/A ≥640 g >640 g 176 g 88-176 g 88-264 g >176-352 g >176-352 g >264-440 g >352 g >352 g >440 g N/A 100-200 g 100-300 g N/A >200-400 g >300-500 g N/A >400 g >500 g N/A N/A 220 g N/A N/A 440 g N/A N/A >440 g N/A 300-600 g 300-750 g N/A >600-900 g >750-1.500 g N/A >900 g >1.500 g DPI, inalatore a polvere secca; HFA, idrofluoroalcano; MDI, inalatore predosato; N/A non approvato e nessun dato a disposizione per questo gruppo di età. Adattata da National Asthma Education and Prevention Program: Expert Panel Report 3 (EPR 3): Guidelines for the diagnosis and management of asthma—summary report 2007, J Allergy Clin Immunol 120(Suppl):S94–S138, 2007. Tabella 138.14 VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI EFFETTI AVVERSI DEI CORTICOSTEROIDI PATOLOGIE Basso rischio (≤1 fattore di rischio*) Dosaggio da basso a medio di ICS (si veda Tabella 138.11) Rischio medio (in caso di >1 fattore di rischio,* considerare di valutarlo come alto rischio) ICS ad alto dosaggio (si veda Tabella 138.11) Almeno 4 cicli di corticosteroidi orali/anno Rischio elevato Corticosteroidi sistemici cronici (>7,5 mg/die o equivalente per >1 mese) ≥7 dosi di carico/anno di corticosteroidi orali ICS a dosaggio estremamente elevato (ad es. fluticasone propionato ≥800 g/die) RACCOMANDAZIONI • Monitorare pressione sanguigna e peso a ogni visita • Misurare annualmente l’altezza (stadiometria); monitorare periodicamente per eventuale calo dell’accrescimento e ritardo dello sviluppo puberale • Incoraggiare un esercizio fisico regolare • Assicurare un adeguato apporto di calcio e vitamina D nell’alimentazione con aggiunta giornaliera di integratori di calcio, se necessario • Evitare fumo e alcol • Controllare il TSH se il paziente ha un’anamnesi di anomalia tiroidea Come sopra, più: • Valutazioni oftalmologiche annue per monitorare cataratte o glaucomi • Densitometria ossea baseline (DEXA) • Considerare un aumentato rischio di insufficienza surrenale, in particolare se presenti agenti fisiologici stressanti (ad es. interventi, incidenti, malattie significative) Come sopra, più: • DEXA: Se il valore DEXA Z è ≤1,0, si raccomanda un monitoraggio stretto (ogni 12 mesi) • Considerare il rinvio a un ortopedico o un endocrinologo • Valutazione dell’età ossea • Conta ematica completa • Calcio, fosforo, fosfatasi alcalina sierici • Misurazione del calcio e della creatinina nelle urine • Misurazione di testosterone nei maschi, estradiolo nelle donne amenorroiche premenopausa, vitamina D (25-OH e 1,25-OH vitamina D), ormone paratiroideo, osteocalcina • Telopeptidi nelle urine per pazienti sotto trattamento con corticosteroidi sistemici oppure orali frequenti • Presumere una insufficienza surrenale per agenti stressanti fisiologici (ad es. interventi, incidenti, malattie significative) DEXA, assorbimetria a raggi X a doppia energia; ICS, corticosteroide inalato; TSH, ormone stimolante la tiroide. *Fattori di rischio per l’osteoporosi: presenza di altre malattie croniche, farmaci (corticosteroidi, anticonvulsivi, eparina, diuretici), basso peso corporeo, anamnesi familiare di osteoporosi, anamnesi di fratture significative sproporzionate al trauma, cadute ricorrenti, abbassamento della vista, basso apporto di calcio e vitamina D nell’alimentazione e fattori legati allo stile di vita, come attività fisica ridotta, fumo e assunzione di alcol. abbassare notevolmente usando un distanziatore con un ICS MDI, in quanto i distanziatori riducono la deposizione orofaringea del farmaco e del propellente. Dopo la somministrazione di ICS è utile sciacquarsi la bocca con la tecnica swish and spit. Un’altra fonte di preoccupazione è costituita dal potenziale di soppressione della crescita e di osteoporosi associato alla terapia con ICS a lungo termine. Nel lungo termine, nello studio prospettico CAMP promosso dai NIH, dopo una media di ≈4,3 anni di terapia con ICS e 5 anni dopo il trial, vi è stata una riduzione C0075.indd 834 significativa di 1,7 cm dell’altezza delle femmine, ma non dei maschi. Vi è inoltre stato un lieve effetto dose-dipendente della terapia con ICS sull’accrescimento minerale osseo nei maschi, ma non nelle femmine. Un maggiore effetto sull’accrescimento minerale osseo è stato osservato con un numero maggiore di cicli di terapia d’urto con corticosteroidi orali per l’asma, insieme a un aumento del rischio di osteopenia, anch’esso limitato per i maschi. Sebbene questo studio non possa prevedere un effetto significativo in età pediatrica della terapia con ICS sull’osteoporosi nell’età adulta, un controllo 10/1/12 11:51:23 AM Capitolo 138 Asma infantile ■ 835 migliorato dell’asma con la terapia con ICS può comportare, nel tempo, la necessità di un numero inferiore di cicli di terapia d’urto con corticosteroidi orali. Questi reperti sono relativi all’uso di budesonide con dosaggi di circa 400 g/die; dosi più elevate di ICS, in particolare di agenti con potenza aumentata, hanno un maggiore potenziale per gli effetti avversi. Pertanto, sono consigliate misure di prevenzione dell’osteoporosi e di screening per gli effetti avversi dei corticosteroidi per i pazienti che ricevono dosi più elevate di ICS, poiché è probabile che questi richiedano cicli sistemici per le esacerbazioni (si veda Tab. 138.14). CORTICOSTEROIDI SISTEMICI La terapia con ICS ha consentito alla maggior parte dei bambini affetti da asma di conservare un buon controllo della malattia senza ricorrere a corticosteroidi orali di mantenimento. La terapia con corticosteroidi orali si applica principalmente per trattare le esacerbazioni dell’asma e, raramente, nei pazienti con patologia grave che rimangono sintomatici nonostante un uso ottimale di altri farmaci antiasmatici. In questi asmatici gravi si dovrebbe tentare in ogni modo di escludere qualunque patologia comorbosa e di mantenere una dose di corticosteroidi orali di ≤20 mg a giorni alterni. Le dosi eccedenti questa quantità sono associate a vari effetti avversi (Cap. 571). Per determinare la necessità di continuare una terapia con corticosteroidi orali, si dovrebbe considerare una diminuzione a scalare della dose (da alcune settimane a svariati mesi) con stretto monitoraggio dei sintomi e della funzionalità polmonare del paziente. Quando vengono somministrati per via orale, il prednisone, il prednisolone e il metilprednisolone vengono assorbiti rapidamente e quasi completamente e i picchi della concentrazione plasmatica si raggiungono entro 1-2 ore. Il prednisone è un profarmaco inattivo che richiede una biotrasformazione in prednisolone, la sua forma attiva, tramite un metabolismo di first pass epatico. Nel fegato i corticosteroidi sono metabolizzati in composti inattivi e il tasso di metabolismo è influenzato dalle interazioni del farmaco e dallo stato della malattia. Gli anticonvulsivanti (fenitoina, fenobarbital, carbamazepina) accelerano il metabolismo del prednisolone, del desametasone e del metilprednisolone; quest’ultimo è il farmaco più significativamente influenzato. Anche la rifampicina aumenta la clearance dei corticosteroidi e può comportare una riduzione dell’effetto terapeutico; altri farmaci (ketoconazolo, contraccettivi orali) possono ritardare significativamente il metabolismo dei corticosteroidi. Gli antibiotici macrolidi (eritromicina, claritromicina, troleandomicina) ritardano soltanto la clearance del metilprednisolone. Con il passare del tempo, i bambini che necessitano di una somministrazione cronica di corticosteroidi orali sono a rischio di sviluppare effetti avversi. Essenzialmente tutti i principali sistemi di organi possono andare incontro a effetti avversi a seguito della terapia a lungo termine con corticosteroidi orali (Cap. 571). Alcuni di questi effetti si manifestano immediatamente (effetti metabolici), altri si possono sviluppare in modo insidioso nel corso di diversi mesi o anche anni (soppressione della crescita, osteoporosi, cataratte). La maggior parte si verifica comunque in maniera dipendente dalla durata e dalla dose cumulativa. I bambini che necessitano di brevi cicli frequenti e routinari con corticosteroidi orali, specialmente in concomitanza con forti dosi di ICS, dovrebbero essere sottoposti a screening per gli effetti avversi dei corticosteroidi (si veda Tab. 138.14) e a misure preventive contro l’osteoporosi (Cap. 698). -AGONISTI INALATI AD AZIONE PROLUNGATA (LABA) I LABA (salmeterolo, formoterolo) sono considerati farmaci controller per uso quotidiano e non di soccorso per i sintomi acuti o per le esacerbazioni dell’asma, né come ionoterapia dell’asma persistente. Le formulazioni controller che combinano un ICS a un LABA (fluticasone/salmeterolo, budesonide/formoterolo) sono disponibili e consigliate in sostituzione di appositi dispositivi di rilascio per inalazione. Il salmeterolo ha un inizio di azione prolungato, con la broncodilatazione massima circa 1 ora dopo la somministrazione, mentre il formoterolo comincia la sua azione entro 5-10 minuti. Entrambi i farmaci hanno una durata dell’effetto prolungata per almeno 12 ore. Per questo motivo, sono particolarmente adatti ai pazienti affetti da asma notturno e per i soggetti che necessitano di C0075.indd 835 un uso frequente di SABA durante il giorno per prevenire il broncospasmo indotto da sforzo. Sono inoltre utilizzati principalmente come agenti aggiuntivi nei pazienti che sotto esclusivo trattamento con ICS avrebbero un controllo subottimale dell’asma. Per questi pazienti, vari studi hanno riscontrato che aggiungendo un LABA agli ICS si otteneva un effetto superiore al raddoppiamento della dose di ICS, specialmente con riguardo ai sintomi diurni e notturni. Occorre notare che l’FDA ha stabilito che tutti i farmaci contenenti LABA debbano riportare in etichetta un’avvertenza relativa a un aumento degli episodi di asma grave associato a questi agenti. Alcuni studi hanno evidenziato un numero più elevato di decessi correlati all’asma tra i pazienti che hanno ricevuto terapia con LABA in aggiunta alla terapia di routine per l’asma rispetto ai pazienti ai quali non sono stati somministrati LABA. Queste informazioni sottolineano l’importanza di un uso appropriato dei LABA nel trattamento dell’asma. In particolare, i prodotti contenenti LABA non devono essere somministrati come terapia di prima linea o come ionoterapia senza l’uso in concomitanza di un ICS, utilizzati in caso di peggioramento dei sibili o utilizzati per il controllo acuto del broncospasmo. La somministrazione di LABA deve essere interrotta quando si ottiene un buon controllo dell’asma e il mantenimento della malattia deve essere raggiunto mediante un agente controller dell’asma (ICS). Le preparazioni a dosaggi fissi (con un ICS) sono consigliate per garantire l’aderenza a queste linee guida. AGENTI MODIFICANTI LA VIA DEI LEUCOTRIENI I leucotrieni sono potenti mediatori proinfiammatori in grado di indurre broncospasmo, secrezione di muco ed edema delle vie aeree. Sono state sviluppate due classi di modificatori dei leucotrieni: gli inibitori della loro sintesi e gli antagonisti dei loro recettori (Leukotriene Receptor Antagonists, LTRA). Lo zileuton, l’unico inibitore della sintesi dei leucotrieni, non è approvato per uso pediatrico per età <12 anni. Dato che deve essere somministrato 4 volte/die, può comportare un eccesso di enzimi della funzionalità epatica nel 2-4% dei pazienti e può interagire con i farmaci metabolizzati tramite il sistema del citocromo P450; di conseguenza, è prescritto molto di rado ai bambini asmatici. Gli LTRA presentano proprietà broncodilatatorie e antinfiammatorie mirate e riducono la broncocostrizione indotta da sforzo, acido acetilsalicilico e allergeni. Sono raccomandati come terapia alternativa dell’asma lieve persistente e come farmaco aggiuntivo agli ICS in caso di asma moderato persistente. Due sono gli LTRA approvati per uso pediatrico: il montelukast e lo zafirlukast. Entrambi migliorano i sintomi dell’asma, riducono la necessità di -agonisti di soccorso e migliorano la funzionalità polmonare. Il montelukast, approvato dall’FDA per l’uso pediatrico nei bambini ≥1 anno d’età, si somministra una volta al giorno. Lo zafirlukast è, invece, approvato dall’FDA per l’uso pediatrico nei bambini ≥5 anni d’età e viene somministrato due volte al giorno. Sebbene gli studi sugli LTRA in bambini affetti da asma siano incompleti, questi farmaci sembrano meno efficaci degli ICS nei pazienti con asma moderato persistente. In generale, gli ICS migliorano la funzionalità polmonare del 5-15%, mentre gli LTRA del 2-7,5%. Non risulta che gli LTRA abbiano significativi effetti avversi, sebbene le casistiche riferiscano una vasculite simile alla sindrome di ChurgStrauss (infiltrati polmonari, eosinofilia, cardiomiopatia) in adulti con un asma corticosteroide-dipendente trattato con LTRA. Rimane da definire se questi pazienti presentassero una vasculite eosinofila primitiva mascherata da asma che veniva “scoperta” man mano che si riduceva il dosaggio di corticosteroidi orali, oppure se la malattia fosse un effetto avverso molto raro degli LTRA. FARMACI ANTINFIAMMATORI NON STEROIDEI La cromolina e il nedocromile sono agenti antinfiammatori non steroidei in grado di inibire le risposte asmatiche causate da allergeni e di ridurre il broncospasmo indotto da sforzo. Secondo le linee guida dei NIH, entrambi i farmaci sono considerati antinfiammatori alternativi per bambini affetti da asma lieve persistente. Sebbene largamente privi di effetti avversi, questi medicinali devono essere somministrati di frequente (2-4 volte/die) e come farmaci di controllo non hanno la stessa efficacia di quelli di controllo d’uso quotidiano come gli 10/1/12 11:51:29 AM 836 ■ Parte XV Allergopatie ICS e gli agenti modificanti la via dei leucotrieni. Dal momento che sono in grado di inibire il broncospasmo indotto da sforzo, si possono usare al posto dei SABA, specialmente nei bambini che sviluppano effetti avversi indesiderati se sottoposti a terapia con -agonisti (tremore e frequenza cardiaca elevata). La cromolina e il nedocromile possono anche essere utilizzati in aggiunta a un SABA in un pretrattamento in associazione per il broncospasmo indotto da sforzo nei pazienti in cui la sintomatologia continua in caso di pretrattamento con i soli SABA. TEOFILLINA Oltre ad avere effetti broncodilatatori, la teofillina ha proprietà antinfiammatorie come inibitore della fosfodiesterasi, sebbene la rilevanza clinica di queste caratteristiche non sia stata ancora del tutto chiarita. La teofillina, se usata cronicamente, può ridurre i sintomi dell’asma e la necessità di ricorrere a SABA in formulazioni di soccorso. Sebbene sia considerata una monoterapia di controllo alternativa nei bambini più grandi e negli adulti con asma lieve persistente, non è più ritenuta un agente di prima linea per i bambini piccoli, che presentano una variabilità significativa nell’assorbimento e nel metabolismo di preparati di teofillina diversi, che richiedono frequenti monitoraggi e adeguamenti della dose (livelli ematici). Dal momento che la teofillina può avere effetti di risparmio sull’uso dei corticosteroidi in individui affetti da asma corticosteroide-dipendente, a volte si utilizza ancora in questo gruppo di pazienti. La teofillina ha una finestra terapeutica limitata; quindi, in caso di utilizzo, i suoi livelli sierici dovranno essere monitorati di routine, specialmente se il paziente ha una malattia virale associata a febbre o se deve assumere un farmaco che notoriamente ritarda la clearance della teofillina, come gli antibiotici macrolidi, la cimetidina, gli agenti antifungini orali, un contraccettivo orale, gli inibitori della sintesi dei leucotrieni o la ciprofloxacina. Il sovradosaggio o elevati livelli di teofillina sono stati associati a cefalee, vomito, aritmie cardiache, convulsioni e morte. ANTI-IMMUNOGLOBULINA E (OMALIZUMAB) L’omalizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato che si lega con l’IgE impedendole così di legarsi a sua volta al recettore IgE ad alta affinità e bloccando l’infiammazione e le risposte allergiche IgE-mediate. Poiché non è in grado di legarsi all’IgE quando essa è già legata ai recettori IgE ad alta affinità, si evita il rischio di anafilassi dovuta a un cross-linking diretto con l’IgE da parte del farmaco. È approvato dall’FDA per pazienti >12 anni con asma da moderato a grave, con una documentata ipersensibilità a un aeroallergene perenne e sottoposti a un controllo inadeguato della malattia tramite corticosteroidi inalati oppure orali. L’omalizumab viene somministrato ogni 2-4 settimane per via sottocutanea con dosi basate sul peso corporeo e sui livelli sierici di IgE. La sua efficacia clinica come terapia aggiuntiva per i pazienti affetti da asma allergico da moderato a grave è stata dimostrata in ampi trial clinici, in cui si somministrava a pazienti asmatici che, anche in seguito alla riduzione del dosaggio di ICS e/o di corticosteroidi orali, manifestavano un numero inferiore di esacerbazioni dell’asma e dei sintomi. È generalmente ben tollerato, sebbene nel sito dell’iniezione possano manifestarsi reazioni locali. Raramente sono stati associati all’uso di omalizumab reazioni da ipersensibilità (tra cui l’anafilassi) e tumori maligni. L’FDA ha stabilito che sulle confezioni di omalizumab deve essere riportato un riquadro nero con l’avvertenza riguardante le reazioni anafilattiche potenzialmente gravi e letali che possono scatenarsi a seguito del trattamento con questo farmaco. Sulla base dei resoconti di circa 39.500 pazienti, l’anafilassi a seguito del trattamento con omalizumab si è verificata in almeno lo 0,1% dei soggetti. Sebbene la maggior parte delle reazioni fosse stata registrata entro 2 ore dall’iniezione dell’omalizumab, sono stati riportati casi di reazioni gravi ritardate a 2-24 ore e anche oltre dall’iniezione. L’anafilassi si è verificata dopo qualsiasi dose del farmaco (compresa la prima somministrazione). I pazienti trattati con omalizumab devono restare in osservazione nella struttura sanitaria per un periodo prolungato dopo la somministrazione e il personale medico che effettua l’iniezione deve essere preparato a gestire eventuali reazioni anafilattiche potenzialmente letali. I pazienti che ricevono questo farmaco devono essere messi al corrente dei segni e dei sintomi C0075.indd 836 dell’anafilassi, le loro probabilità di sviluppo di un’anafilassi ritardata a seguito di ciascuna iniezione e le modalità di trattamento, compreso l’uso di adrenalina autoiniettabile. È stato dimostrato che il mepolizumab, un anticorpo antiinterleuchina 5, migliora il controllo dell’asma, contribuisce a diminuire le dosi di prednisone e ad abbassare gli eventi eosinofili nell’espettorato e nel sangue negli adulti con asma prednisone-dipendente che hanno presentato anche eosinofili nell’espettorato. Farmaci di rapido sollievo I farmaci di rapido sollievo o di soccorso (SABA, anticolinergici inalati e corticosteroidi sistemici a ciclo breve) sono utilizzati nel trattamento dei sintomi acuti dell’asma (Tab. 138.15). -AGONISTI INALATI A EFFETTO RAPIDO Dati il rapido inizio di azione, l’efficacia e la durata da 4 a 6 ore, i SABA (albuterolo, levalbuterolo, terbutalina, pirbuterolo) sono i primi farmaci di elezione per i sintomi asmatici acuti (farmaci di soccorso) e per prevenire il broncospasmo indotto da sforzo. I -agonisti dilatano i bronchi inducendo un rilassamento della muscolatura liscia delle vie aeree, diminuendo la permeabilità vascolare, riducendo l’edema delle vie aeree e migliorando la clearance mucociliare. Il levalbuterolo, ovvero l’r-isomero dell’albuterolo, provoca meno tachicardia e meno tremori, effetti che possono essere problematici in alcuni asmatici. L’eccessivo uso di -agonisti è tuttavia associato a un aumentato rischio di morte o premorte a causa dell’asma. Per questo costituisce una grande preoccupazione per alcuni pazienti che fanno uso frequente di SABA come rimedio rapido dell’asma, piuttosto che ricorrere preventivamente ai farmaci di controllo. È utile monitorare la frequenza dell’impiego dei SABA, perché l’uso di almeno 1 MDI/mese o 3 MDI/anno (200 inalazioni/MDI) indica un controllo inadeguato dell’asma e richiede un miglioramento di altri aspetti della terapia e della gestione di questa patologia. AGENTI ANTICOLINERGICI Come broncodilatatori, gli agenti anticolinergici (ipratropio bromuro) sono molto meno potenti dei -agonisti. L’ipratropio inalato si usa principalmente nel trattamento dell’asma grave acuto. Se assunto in associazione con albuterolo, può migliorare la funzionalità polmonare e ridurre il tasso di ospedalizzazione nei bambini che si presentano al pronto soccorso per asma acuto. L’ipratropio è la formulazione anticolinergica elettiva in età pediatrica, perché ha scarsi effetti avversi sul sistema nervoso centrale ed è disponibile sia come MDI sia come nebulizzatore. Sebbene risulti di vasto impiego nei bambini di tutte le età affetti da esacerbazioni dell’asma, è approvato dall’FDA solo per quelli >12 anni di età. Dispositivi di rilascio e tecnica di inalazione I farmaci per inalazione si somministrano sotto forma di aerosol in un inalatore predosato, come formulazione in polvere secca per inalatore o in una sospensione o soluzione rilasciata mediante un nebulizzatore. In passato, gli MDI hanno dominato il mercato. Tuttavia, essi richiedono coordinazione e uso di un distanziatore. Gli MDI attualmente prevedono il ricorso a propellente idrofluoroalcano per le sue proprietà rispettose dell’ozono, contrariamente ai clorofluorocarburi. I distanziatori, raccomandati per la somministrazione di tutti i farmaci inalati con MDI, sono dispositivi semplici e poco costosi che: (1) riducono la coordinazione necessaria per usare gli MDI, specialmente nei bambini piccoli; (2) migliorano l’erogazione del medicinale inalato fino alle basse vie aeree; e (3) riducono al minimo il rischio di effetti avversi mediati da propellenti (mughetto). La tecnica ottimale per ciascuna erogazione effettuata mediante MDI è costituita da una lenta inalazione (5 s) seguita da un trattenimento del respiro per 5-10 s. Non sono necessari tempi di attesa tra un’erogazione e l’altra. Dal momento che i bambini in età prescolare non sono in grado di eseguire questa tecnica, i farmaci per MDI possono altrimenti essere somministrati con l’ausilio di un distanziatore e di una maschera utilizzando una tecnica diversa: ciascuna erogazione sarà somministrata per 30 s oppure per 5-10 atti respiratori, con l’occorrenza di una chiusura ermetica e prestando attenzione perché l’atto di parlare, tossire o 10/1/12 11:51:29 AM Capitolo 138 Asma infantile ■ 837 Tabella 138.15 TRATTAMENTO DELL’ESACERBAZIONE DELL’ASMA (STATO DI MALE ASMATICO) VALUTAZIONE DEL RISCHIO ALL’INGRESSO Anamnesi focalizzata Valutazione clinica Fattori di rischio di morbilità e morte per asma TRATTAMENTO FARMACO • Inizio esacerbazione corrente • Frequenza e gravità dei sintomi diurni e notturni e limitazione dell’attività • Frequenza d’uso dei broncodilatatori di soccorso • Farmaci e allergie correnti • Potenziali fattori scatenanti • Anamnesi di cicli di steroidi sistemici, visite al pronto soccorso, ricoveri, intubazione o episodi rischiosi per la vita • Reperti della valutazione fisica: segni vitali, respiro affannoso, movimenti dell’aria, uso dei muscoli accessori, retrazioni, livello di ansia, alterazioni dello stato mentale • Ossimetria di polso • Funzionalità polmonare (rinviare in pazienti affetti da distress da moderato a grave o con anamnesi di labilità) Si veda Tab. 138.16 MECCANISMI DI AZIONE E DOSAGGIO Ossigeno (maschera o cannula nasale) Tratta l’ipossia -agonisti inalati ad azione rapida: Broncodilatatore Albuterolo in soluzione per nebulizzatore (concentrato 5 mg/mL; 2,5 mg/3 mL, 1,25 mg/3 mL, 0,63 mg/3 mL) Albuterolo MDI (90 g/erogazione) Levalbuterolo (Xopenex) in soluzione per nebulizzatore (1,25 mg/0,5 mL concentrato; 0,31 mg/3 mL, 0,63 mg/3 mL, 1,25 mg/3 mL) Corticosteroidi sistemici: Prednisone: Compresse da 1, 2,5, 5, 10, 20, 50 mg Metilprednisolone (Medrol ): Compresse da 2, 4, 8, 16, 24, 32 mg Prednisolone: Compresse da 5 mg; 5 mg/5 mL e 15 mg/5 mL in soluzione Depo-Medrol (im); Solu-Medrol (ev) Anticolinergici: Ipratropio: Atrovent (soluzione per nebulizzatore 0,5 mg/2,5 mL; MDI 18 g/inalazione) Ipratropio con albuterolo: Soluzione per nebulizzatore DuoNeb (0,5 mg di ipratropio + 2,5 mg di albuterolo/3 mL in fiala) Nebulizzatore: 0,15 mg/kg (minimo: 2,5 mg) fino a un’erogazione ogni 20 min per 3 dosi secondo necessità, quindi 0,15-0,3 mg/kg fino a 10 mg ogni 1-4 ore secondo necessità, oppure fino a 0,5 mg/kg/ ora mediante nebulizzazione continua 2-8 erogazioni fino a un’erogazione ogni 20 min per 3 dosi secondo necessità, poi ogni 1-4 ore secondo necessità 0,075 mg/kg (minimo: 1,25 mg) fino a un’erogazione ogni 20 min per 3 dosi, quindi 0,075-0,15 mg/kg fino a 5 mg ogni 1-4 ore secondo necessità, oppure 0,25 mg/kg/ora mediante nebulizzazione continua Antinfiammatori PRECAUZIONI ED EFFETTI AVVERSI • Monitorare ossimetria di polso per mantenere la saturazione dell’O2 >92% • Monitoraggio cardiorespiratorio • Durante le esacerbazioni, dosi continue o frequenti possono provocare vasodilatazione polmonare, alterato rapporto ventilazione/perfusione (V/Q) e ipossiemia • Effetti avversi: palpitazioni, tachicardia, aritmie, tremore, ipossiemia • Nebulizzatore: per somministrare in forme concentrate, diluire con soluzione salina fino a 3 mL totali di volume nebulizzato • Per MDI: utilizzare distanziatore/camera di tenuta • Levalbuterolo 0,63 mg equivalente a 1,25 mg di albuterolo standard sia per efficacia sia per effetti collaterali • Se il paziente è stato esposto a varicella o morbillo, considerare profilassi con immunoglobulina passiva; inoltre, rischio di complicanze di herpes simplex e tubercolosi • Per dosaggi giornalieri, la somministrazione 8 AM riduce al minimo la soppressione surrenale • I bambini possono trarre vantaggio da una riduzione del dosaggio se il ciclo supera i 7 giorni • Monitoraggio degli effetti avversi: frequenti terapie d’urto comportano il rischio di numerosi effetti avversi per i corticosteroidi (Cap. 571); si veda Tabella 138.14 per le raccomandazioni di screening degli effetti avversi 0,5-1 mg/kg ogni 6-12 ore per 48 ore, poi 1-2 mg/kg/die 2 volte al giorno (massimo: 60 mg/die) Breve ciclo dose di carico per esacerbazione: 1-2 mg/kg/die 1 o 2 volte al giorno per 3-7 giorni Mucolitico/broncodilatatore • Non utilizzare come terapia di prima linea; addizionati a terapia con 2-agonisti Nebulizzatore: 0,5 mg ogni 6-8 ore (3-4 volte al giorno) secondo necessità MDI: 2 erogazioni 4 volte al giorno 1 fiala per nebulizzatore 4 volte al giorno • Nebulizzatore: possibilità di miscelare ipratropio con albuterolo (segue) C0075.indd 837 10/1/12 11:51:29 AM 838 ■ Parte XV Allergopatie Tabella 138.15 TRATTAMENTO DELL’ESACERBAZIONE DELL’ASMA (STATO DI MALE ASMATICO) – seguito FARMACO MECCANISMI DI AZIONE E DOSAGGIO Adrenalina simpatomimetica iniettabile: Broncodilatatore Adrenalina 1 mg/mL (1: 1.000) Dispositivo per autoiniezione (0,3 mg; Jr 0,15 mg) Terbutalina: sc o im: 0,01 mg/kg (dose massima 0,5 mg); possibilità di ripetere dopo 15-30 min Bretina 1 mg/mL VALUTAZIONE DEL RISCHIO ALLA DIMISSIONE Stabilità medica Supervisione domiciliare Educazione all’asma PRECAUZIONI ED EFFETTI AVVERSI • Per circostanze estreme (ad es. insufficienza respiratoria incombente nonostante dosaggi elevati di SABA inalati, insufficienza respiratoria) • La terbutalina è -agonista-selettiva rispetto all’adrenalina • Monitoraggio con infusione continua: monitor cardiorespiratorio, ossimetria di polso, pressione sanguigna, potassio sierico • Effetti avversi: tremore, tachicardia, palpitazioni, aritmia, ipertensione, cefalee, nervosismo, nausea, vomito, ipossiemia Infusione ev continua (solo terbutalina): 2-10 g/kg di dose di carico, seguita da 0,1-0,4 g/kg/min La titolazione in 0,1-0,2 g/kg/min aumenta ogni 30 min, a seconda della risposta clinica Dimissioni dopo almeno 3 ore da un miglioramento sostenuto dei sintomi e dei trattamenti con il broncodilatatore, con reperti fisici nella norma, PEF >70% del valore previsto o migliore personale e saturazione dell’ossigeno >92% con respirazione di aria ambiente Capacità di somministrare un intervento e di osservare e rispondere in modo appropriato al deterioramento clinico Si veda Tab. 138.9 ev, endovenosa; im, intramuscolare; MDI, inalatore predosato; PEF, flusso di picco espiratorio; SABA, -agonisti ad azione rapida; sc, sottocutanea; V˙ /Q˙ , ventilazione-perfusione. Formulazioni e dosi indicate sono quelle autorizzate e in uso negli Stati Uniti. piangere porterebbe all’erogazione del farmaco al di fuori del distanziatore. Con questa tecnica verrà erogata una quantità inferiore a quella ottimale somministrata con gli MDI e che è utilizzata dai bambini più grandi e dagli adulti. I dispositivi DPI (ad es. Diskus, Flexhaler Autohaler, Twisthaler, Aerolizer) sono molto popolari per la loro semplicità d’uso, sebbene sia necessario un flusso inspiratorio adeguato. Sono attivati dal respiro (il medicinale esce solo durante l’inspirazione) e non sono necessari distanziatori. Si raccomanda di sciacquarsi la bocca dopo l’uso di ICS ed eliminare i residui di ICS depositati sulla mucosa orale al fine di ridurre la quantità di ICS ingerita ed evitare il rischio di formazione di mughetto. I nebulizzatori sono sempre stati il punto di forza della terapia con aerosol nei neonati e nei bambini piccoli. Un vantaggio dei nebulizzatori è rappresentato dal fatto che richiedono semplicemente una respirazione rilassata. La preferenza per la respirazione nasale, le vie aeree piccole, il basso volume tidalico e l’alta frequenza respiratoria nei lattanti aumentano fortemente la difficoltà di trasferire il medicinale inalato alle vie respiratorie polmonari. Gli svantaggi dei nebulizzatori includono invece la necessità del ricorso a una presa di corrente, la scomodità derivante dal fatto che questi trattamenti durano circa 5 minuti, la spesa e la possibilità di contaminazione batterica. Esacerbazioni dell’asma e loro trattamento Le esacerbazioni dell’asma sono episodi acuti o subacuti di un peggioramento progressivo dei sintomi e dell’ostruzione del flusso d’aria. L’ostruzione del flusso d’aria durante le esacerbazioni può diventare estensiva fino a raggiungere un’insufficienza respiratoria pericolosa per la vita del paziente. Spesso le esacerbazioni peggiorano durante il sonno (tra mezzanotte e le 8 del mattino), quando l’infiammazione delle vie aeree e l’iperreattività sono all’apice. Un dato importante è che i SABA, che costituiscono la terapia di elezione per i sintomi e le esacerbazioni, con l’aumentare del C0075.indd 838 dosaggio e della frequenza di somministrazione accrescono il flusso ematico polmonare nelle aree ostruite e non ossigenate dei polmoni. Se l’ostruzione delle vie aeree non si risolve con il ricorso ai SABA, l’ineguaglianza del rapporto ventilazione-perfusione può provocare ipossiemia significativa, che a sua volta può perpetuare la broncocostrizione e peggiorare ulteriormente la patologia. Le esacerbazioni gravi e progressive devono essere trattate in ambiente medico, con l’utilizzo di una quantità supplementare di ossigeno come terapia di elezione e con uno stretto monitoraggio di un eventuale peggioramento. Le possibili complicanze nel corso di esacerbazioni gravi comprendono atelectasia e infiltrazioni d’aria nel torace (pneumomediastino, pneumotorace). Una grave esacerbazione dell’asma che non si risolve con la terapia standard si definisce stato di male asmatico. Il trattamento immediato di un’esacerbazione dell’asma comprende una rapida valutazione della gravità dell’ostruzione e una stima del rischio di ulteriore deterioramento clinico (si vedano Tabelle 138.14 e 138.15). Per la maggior parte dei pazienti le esacerbazioni si risolveranno mediante un trattamento frequente con broncodilatatori e un ciclo di corticosteroidi sistemici (per via orale o endovenosa). La gestione ottimale di un bambino, tuttavia, dovrebbe includere un esame più esaustivo degli eventi che portano all’esacerbazione e a una valutazione della gravità della patologia sottostante. In effetti, la frequenza e la gravità delle esacerbazioni contribuisce alla definizione della gravità dell’asma in un determinato paziente. Mentre la maggior parte dei bambini che soffre di episodi asmatici pericolosi per la vita in base ad altri criteri presenta asma da moderato a grave, alcuni bambini affetti da asma sembrano avere una forma lieve con esacerbazioni gravi, addirittura quasi fatali. I fattori di rischio biologici, ambientali, economici e psicosociali associati a morbilità asmatica e morte possono essere un’ulteriore guida per la suddetta valutazione (Tab. 138.16). Le esacerbazioni dell’asma, sebbene caratteristicamente differenti tra individui, nello stesso paziente tendono a risultare simili. 10/1/12 11:51:31 AM Capitolo 138 Asma infantile ■ 839 Tabella 138.16 FATTORI DI RISCHIO DI MORBILITÀ E MORTALITÀ DELL’ASMA BIOLOGICI Precedente esacerbazione grave dell’asma (ricovero in terapia intensiva, intubazione per asma) Episodi asfittici improvvisi (insufficienza/arresto respiratori) Due o più ricoveri per asma nell’ultimo anno Tre o più visite per asma al pronto soccorso nell’ultimo anno Variazione ampia e fluttuazioni dei flussi di picco diurni Uso di >2 confezioni di -agonisti al mese Scarsa risposta alla terapia con corticosteroidi sistemici Sesso maschile Basso peso alla nascita Etnia non bianca (specialmente nera) Sensibilità ad Alternaria AMBIENTALI Esposizione ad allergeni Esposizione a fumo di tabacco nell’ambiente Esposizione ad aria inquinata Ambiente urbano ECONOMICI E PSICOSOCIALI Povertà Affollamento Madre <20 anni di età Madre con istruzione inferiore alla scuola superiore Cure mediche inadeguate: Inaccessibili Spesa non sostenibile Nessuna terapia medica regolare (solo per emergenze) Nessun piano di azione per l’asma per iscritto Nessun ricorso a cure per sintomi asmatici cronici Ritardo nella terapia delle esacerbazioni dell’asma Cure ospedaliere inadeguate per l’esacerbazione dell’asma Psicopatologia nei genitori o nel bambino Scarsa percezione dei sintomi o della gravità dell’asma Abuso di alcol o sostanze stupefacenti Quelle gravi, che comportano distress respiratorio, ipossia, ricovero e/o insufficienza respiratoria, costituiscono i migliori predittori di future esacerbazioni pericolose per la vita o di un episodio di asma fatale. Queste esacerbazioni sono distintive dei bambini ad alto rischio, ma in alcuni esse si ripetono per vari giorni, con ostruzione del flusso d’aria dovuta a progressiva infiammazione, distacco epiteliale e occlusione delle piccole vie aeree. In presenza di esacerbazioni estreme, a causa dell’affaticamento può insorgere un’insufficienza respiratoria con necessità di ricorrere alla ventilazione meccanica per vari giorni. Al contrario, alcuni bambini manifestano esacerbazioni improvvise che possono dipendere da un’AHR e da una suscettibilità fisiologica alla chiusura delle vie aeree estreme. Tali esacerbazioni, quando si manifestano in modo estremo, sono di natura asfittica, si verificano spesso al di fuori di un ambiente medico, sono inizialmente associate a livelli di Pco2 arteriosa molto alti e tendono a necessitare di ventilazione di sostegno soltanto per brevi periodi. È importante riconoscere le differenze caratteristiche dei diversi tipi di esacerbazione, per ottimizzare un trattamento precoce. Trattamento domiciliare delle esacerbazioni dell’asma Le famiglie dei bambini asmatici dovrebbero essere sempre provviste di un piano di azione scritto che serva da guida per il riconoscimento e il trattamento delle esacerbazioni, insieme con l’indicazione dei farmaci e dei dispositivi necessari per trattarle. Il riconoscimento precoce delle esacerbazioni dell’asma allo scopo di intensificarne il trattamento precoce permette spesso di prevenire un ulteriore peggioramento e impedire l’aggravamento delle esacerbazioni. Un piano di azione scritto da utilizzare a domicilio può ridurre del 70% il rischio di morte per asma. Le linee guida dei NIH raccomandano un trattamento immediato con farmaci “di soccorso” (SABA inalati, fino a 3 trattamenti in 1 ora). Una buona risposta è caratterizzata C0075.indd 839 dalla risoluzione dei sintomi entro 1 ora, dalla loro scomparsa nelle 4 ore successive e dal miglioramento del PEF fino al raggiungimento di almeno l’80% del valore personale migliore. Si dovrebbe poi contattare il pediatra del paziente per il follow-up, specialmente se nel corso delle successive 24-48 ore è necessario il ricorso ripetuto a broncodilatatori. Se il bambino ha una risposta incompleta al trattamento iniziale con il farmaco di soccorso (sintomi persistenti e/o PEF <80% del valore personale migliore), si dovrebbe istituire un breve ciclo di corticosteroidi orali (prednisone 1-2 mg/ kg/die [non superare i 60 mg/die] per 4 giorni) in aggiunta a una terapia con -agonisti inalati. Sarebbe indicato rivolgersi al medico anche per ricevere istruzioni più dettagliate. L’immediato ricorso al medico è invece necessario in caso di esacerbazioni gravi, segni persistenti di sofferenza respiratoria, assenza della risposta prevista o del miglioramento atteso dopo il trattamento iniziale, ulteriore aggravamento o fattori ad alto rischio per la morbilità o la mortalità da asma (anamnesi precedente di esacerbazioni gravi). Per i pazienti affetti da asma grave e/o con un’anamnesi di episodi rischiosi per la vita, specialmente se di natura improvvisa, può essere utile somministrare in casa una formulazione autoiniettante di adrenalina ed eventualmente ricorrere a una forma portatile di ossigeno. Il ricorso a una di queste due misure estreme di trattamento domiciliare giustificherebbe una chiamata ai servizi di emergenza (118). Trattamento delle esacerbazioni dell’asma nel reparto di pronto soccorso Nel reparto di pronto soccorso, gli obiettivi primari del trattamento dell’asma includono la correzione dell’ipossiemia, il rapido miglioramento dell’ostruzione del flusso d’aria e la prevenzione del peggioramento e della ricomparsa dei sintomi. Gli interventi sono basati sulla gravità clinica all’ingresso, sulla risposta alla terapia iniziale e sulla presenza di fattori di rischio associati alla morbilità e alla mortalità da asma (si veda Tab. 138.16). Le indicazioni di un’esacerbazione grave includono affanno, dispnea, retrazioni, uso dei muscoli accessori, tachipnea o respiro difficoltoso, cianosi, mutamenti dello stato mentale, torace silente con scambio d’aria scarso e grave limitazione del flusso d’aria (PEF o FEV1 <50% dei valori personali migliori o dei valori previsti). Il trattamento iniziale include l’erogazione di ossigeno supplementare, la somministrazione di -agonisti inalati ogni 20 minuti per 1 ora e, se necessario, il ricorso a corticosteroidi per via orale o endovenosa (si veda Tab. 138.15). In assenza di risposta significativa nel corso del primo trattamento con -agonista inalato, a questa terapia si può aggiungere ipratropio inalato. In casi gravi si può praticare anche un’iniezione intramuscolare di adrenalina o di un altro -agonista. La somministrazione di ossigeno dovrebbe essere protratta per almeno 20 minuti dopo l’ultima iniezione, per compensare eventuali anomalie di ventilazione-perfusione causate dai SABA. Lo stretto monitoraggio delle condizioni cliniche, dell’idratazione e dell’ossigenazione è un fattore critico del trattamento immediato. Una bassa risposta a un trattamento intensivo nella prima ora fa ipotizzare che l’esacerbazione non si risolverà rapidamente. Il paziente potrà essere dimesso in presenza di un miglioramento sostenuto dei sintomi, di valori fisici normali, di un PEF >70% rispetto al valore personale migliore o previsto, di una saturazione dell’ossigeno >92% per 4 ore di esposizione all’aria ambiente. La farmacoterapia alla dimissione comprende l’utilizzo di -agonisti inalati al massimo ogni 3-4 ore più un ciclo di 3-7 giorni con un corticosteroide orale. Si consiglia inoltre di ottimizzare la terapia di controllo prima della dimissione. L’aggiunta di ICS a un ciclo di corticosteroidi orali nel reparto di pronto soccorso riduce il rischio di ricomparsa delle esacerbazioni nel mese successivo. Trattamento ospedaliero delle esacerbazioni dell’asma Per quanto riguarda i pazienti affetti da esacerbazioni da moderate a gravi che non si risolvono entro 1-2 ore di trattamento intensivo, è probabile che sia necessario tenerli in osservazione durante la notte e/o ricoverarli. Altre indicazioni per un ricovero ospedaliero includono caratteristiche d’alto rischio di morbilità e mortalità 10/1/12 11:51:33 AM 840 ■ Parte XV Allergopatie da asma (si veda Tab. 138.16). Il ricovero in un’unità di terapia intensiva è indicato per i pazienti affetti da sofferenza respiratoria grave, scarsa risposta alla terapia e timore di potenziale insufficienza e arresto respiratori. L’erogazione supplementare di ossigeno, la somministrazione frequente o continua di un broncodilatatore inalato e una terapia con corticosteroidi sistemici sono gli interventi tradizionali per i bambini ricoverati per stato di male asmatico (si veda Tab. 138.15). Si somministra ossigeno supplementare perché molti bambini ospedalizzati per asma acuto avranno o svilupperanno ipossiemia, specialmente di notte e nel caso si aumenti l’utilizzo di SABA. I SABA possono essere impiegati frequentemente (ogni 20 min-1 ora) o di continuo (5-15 mg/ora). In quest’ultimo caso si ha un significativo assorbimento sistemico del -agonista e, di conseguenza, la nebulizzazione continua può ovviare alla necessità di terapia endovenosa con -agonisti. Gli effetti avversi della somministrazione frequente di un -agonista includono tremori, irritabilità, tachicardia e ipokaliemia. I pazienti che necessitano di una terapia frequente o continua con un -agonista nebulizzato dovrebbero essere sottoposti a monitoraggio cardiaco continuo. Inoltre, è indicata l’ossimetria, poiché con una frequente terapia con un -agonista si può generare una ineguaglianza del rapporto ventilazione-perfusione e l’ipossiemia può precipitare. Se i pazienti non mostrano un marcato miglioramento, è pratica comune aggiungere ipratropio bromuro inalato all’albuterolo ogni 6 ore, sebbene ci siano scarse evidenze a sostegno del suo utilizzo nei bambini ospedalizzati sotto terapia con un -agonista inalato aggressivo e corticosteroidi sistemici. Oltre alla possibilità di fornire un effetto sinergico con quello del -agonista nel sollievo dei broncospasmi gravi, esso può essere d’aiuto nei pazienti affetti da ipersecrezione mucosa o sotto -bloccanti. La terapia a breve termine con corticosteroidi sistemici è consigliata nelle esacerbazioni dell’asma da moderate a gravi per accelerare il ristabilimento e impedire la ricomparsa dei sintomi. I corticosteroidi sono efficaci in singole dosi somministrate al pronto soccorso, in brevi cicli di quelli orali in ambiente clinico e in formulazioni sia orali sia endovenose in bambini ospedalizzati. Gli studi sui bambini ricoverati per asma acuto hanno dimostrato che i corticosteroidi orali sono efficaci quanto quelli somministrati per via endovenosa. Pertanto, è spesso possibile ricorrervi, sebbene i bambini con sofferenza respiratoria sostenuta e incapaci di tollerare i preparati orali o liquidi siano i candidati ideali per la terapia con corticosteroidi per via endovenosa. I pazienti affetti da dispnea grave persistente e che necessitano di un elevato flusso di ossigeno richiedono ulteriori esami, come l’emogasalinasi arteriosa, la conta completa delle cellule del sangue, gli elettroliti sierici e una radiografia del torace per monitorare l’insufficienza respiratoria, le comorbilità, l’infezione e/o la disidratazione. Il monitoraggio delle condizioni di idratazione è particolarmente importante nei lattanti e nei bambini piccoli a rischio di disidratazione per l’aumentata frequenza respiratoria (perdite insensibili) e la riduzione dell’assunzione orale. Questa situazione è ulteriormente complicata dall’associazione dell’incremento nella secrezione dell’ormone antidiuretico (ADH) con lo stato di male asmatico. Si consiglia la somministrazione di liquidi ai livelli di mantenimento o appena inferiori. La terapia fisica del torace, la spirometria incentivante e i mucolitici non sono consigliati durante il periodo acuto precoce delle esacerbazioni dell’asma, in quanto possono scatenare broncocostrizione grave. Nonostante la terapia intensiva, alcuni bambini asmatici rimarranno criticamente malati e a rischio di insufficienza respiratoria, intubazione e ventilazione meccanica. Le complicanze (sindrome da air leak) connesse con le esacerbazioni dell’asma aumentano con l’intubazione e la ventilazione assistita; si dovrebbe fare tutto il possibile per dare sollievo al broncospasmo indotto da sforzo e prevenire l’insufficienza respiratoria. Diverse terapie, tra cui l’adrenalina per via parenterale, i -agonisti, le metilxantine, il magnesio solfato (25-75 mg/kg, dose massima 2,5 g, per via endovenosa in 20 min) e l’heliox inalato, hanno mostrato qualche beneficio come C0075.indd 840 terapie aggiuntive in pazienti con stato di male asmatico grave. La somministrazione di metilxantina o di magnesio solfato richiede un monitoraggio dei livelli sierici e dello stato cardiovascolare. L’adrenalina o la terbutalina-solfato per via parenterale (sottocutanea, intramuscolare o endovenosa) possono essere efficaci nei pazienti affetti da ostruzione con rischio per la vita che non rispondono ad alte dosi di -agonisti inalati, in quanto in tali pazienti i farmaci inalati non raggiungono le basse vie aeree. Raramente, un’esacerbazione grave dell’asma porta a un’insufficienza respiratoria nei bambini e al ricorso all’intubazione e alla ventilazione meccanica. Nelle esacerbazioni gravi la ventilazione meccanica richiede un bilanciamento accurato tra l’erogazione di pressione, che deve essere sufficiente a superare l’ostruzione delle vie aeree, e la necessità di ridurre un’insufflazione esagerata, l’intrappolamento dell’aria e la probabilità di un barotrauma (pneumotorace, pneumomediastino) ( Cap. 65.1 ). Per ridurre al minimo la probabilità che si verifichino queste complicanze, si dovrebbe prevedere la possibilità di praticare la ventilazione meccanica e i bambini asmatici a rischio di sviluppare un’insufficienza respiratoria dovrebbero essere seguiti in un’unità di terapia intensiva pediatrica. L’intubazione tracheale elettiva con ricorso a sedativi a induzione rapida e ad agenti paralizzanti è più sicura dell’intubazione di emergenza. La ventilazione meccanica ha lo scopo di raggiungere un’ossigenazione adeguata, con tolleranza per un’ipercapnia da lieve a moderata (Pco2 50-70 mmHg) per ridurre al minimo il barotrauma. I ventilatori a volume predeterminato consentono parametri di ventilazione meccanica in grado di raggiungere obiettivi specifici, che prevedono tempi di inspirazione brevi e tempi di espirazione lunghi, volume tidalico di 10-15 mL/kg, 8-15 atti respiratori/min, picchi pressori < 60 cm H2O e non prevedono una pressione telerespiratoria positiva. Non sono invece consigliati come misure per eliminare i tappi mucosi le percussioni del torace e il lavaggio delle vie aeree, perché possono provocare un ulteriore broncospasmo. Se consideriamo la natura delle esacerbazioni dell’asma in grado di provocare insufficienza respiratoria, quelle a insorgenza rapida o improvvisa tendono a risolversi rapidamente (da qualche ora a 2 giorni); al contrario, quelle che progrediscono gradualmente fino all’insufficienza respiratoria possono necessitare di ventilazione meccanica per giorni o settimane. Questi casi prolungati sono ulteriormente complicati dall’atrofia muscolare e, se combinati con miopatia indotta da corticosteroidi, possono portare a una debolezza muscolare che richiederebbe una riabilitazione prolungata. Questa miopatia non deve essere confusa con la rara insorgenza di paralisi flaccida associata all’asma (sindrome di Hopkins), la cui eziologia non è nota ma protrae la degenza nell’unità di terapia intensiva. Nei bambini, la gestione delle esacerbazioni gravi in ambienti medici è spesso coronata da successo, anche nel caso in cui siano necessarie misure estreme. Di conseguenza, è raro che in ambiente ospedaliero si verifichino morti per asma in età pediatrica; la maggior parte dei decessi avviene in casa o in comunità prima che si riescano a somministrare terapie salvavita. Questo mette in evidenza l’importanza del trattamento domiciliare o in comunità delle esacerbazioni, delle misure di rapido intervento per prevenire il loro aggravamento e di quelle per ridurre la gravità dell’asma. Si dovrebbe prevedere un appuntamento di follow-up dopo 1-2 settimane dalla dimissione, allo scopo di monitorare il miglioramento clinico e rafforzare gli elementi educativi di base, tra cui i piani di azione e i farmaci di controllo. CIRCOSTANZE DI TRATTAMENTO PARTICOLARI Trattamento dei lattanti e dei bambini piccoli Gli episodi di sibili ricorrenti sono molto comuni nei bambini in età prescolare, interessando addirittura 1/3 di loro. Tra questi, la maggior parte supererà il problema e diverrà persino asintomatico negli anni prepuberali, mentre altri rimarranno affetti da asma persistente per tutta la vita. Tutti necessitano comunque del trattamento per sibili ricorrenti (si vedano Tabelle 138.5, 138.6 e 138.11). Le linee guida aggiornate dei NIH raccomandano una valutazione del rischio per identificare i bambini in età prescolare che probabilmente svilupperanno asma 10/1/12 11:51:34 AM Capitolo 139 Dermatite atopica (eczema atopico) ■ 841 persistente. Un’implicazione di questa raccomandazione consiste nel fatto che questi bambini possano essere candidati al trattamento tradizionale dell’asma, compresa la terapia quotidiana con farmaci controller e l’intervento precoce in caso di esacerbazioni (si vedano Tabelle 138.7, 138.8 e 138.11). La budesonide e il montelukast per nebulizzazione sembrano essere più efficaci della cromolina. La budesonide per nebulizzazione è approvata dall’FDA per i bambini piccoli con un’anamnesi di esacerbazioni da moderate a gravi e il suo uso come medicinale di controllo potrebbe prevenire esacerbazioni successive. L’aerosolterapia presenta particolari problemi nei neonati e nei bambini piccoli. I metodi per somministrare i farmaci inalati in questi pazienti sono due: il nebulizzatore e l’MDI con distanziatore/ camera di tenuta e maschera facciale. Molti studi hanno dimostrato l’efficacia sia dell’albuterolo nebulizzato in episodi acuti sia della budesonide nebulizzata nel trattamento dei sibili ricorrenti. Nei bambini piccoli i farmaci inalati tramite MDI con distanziatore e maschera facciale possono essere accettabili, anche se non risultano preferibili a causa dell’attuale scarsità di pubblicazioni e perché manca ancora l’approvazione dell’FDA per l’uso pediatrico nei bambini <4 anni di età. Trattamento dell’asma durante la gravidanza Il trattamento dell’asma in gravidanza segue essenzialmente le linee guida pratiche dei NIH. Gli obiettivi di tale trattamento dovrebbero includere la prevenzione delle esacerbazioni e il controllo dei sintomi cronici grazie all’utilizzo di farmaci che garantiscano un rischio minimo alla madre e al feto, perché la maggior parte di questi farmaci attraversa la placenta. Si considera più sicuro trattare le donne asmatiche in stato di gravidanza con farmaci di controllo piuttosto che correre il rischio di sintomi incontrollati ed esacerbazioni gravi. L’albuterolo è il SABA di elezione durante la gravidanza. Sull’efficacia e sulla sicurezza esistono dati rassicuranti che provengono da studi prospettici su coorti e che sono a favore dell’uso di ICS nelle donne gravide affette da asma. Attualmente la budesonide è l’ICS di elezione per le donne incinte, essendo stato inserito dall’FDA nella Classe B per la Categoria Gravidanza in quanto i dati sulla sicurezza sono sostanzialmente confortanti. Per migliorare il controllo dell’asma si incoraggia anche il ricorso ad approcci non farmacologici. Si consiglia, inoltre, un approccio multidisciplinare con valutazioni mensili (tra cui i test di funzionalità polmonare quando non sia controindicato) e la consultazione continua con l’ostetrico e lo specialista in malattie respiratorie. Un controllo frequente sia della madre sia del feto è particolarmente importante in caso di ragazze adolescenti con controllo subottimale dell’asma, di quelle affette da asma da moderato a grave e di quelle con esacerbazioni recenti. Trattamento dell’asma durante un intervento chirurgico I pazienti affetti da asma sono a rischio di complicanze associate alla malattia in caso di intervento chirurgico, come broncocostrizione ed esacerbazioni, atelectasia, tosse inefficace, infezione respiratoria ed esposizione al lattice in pazienti affetti da allergia a questo materiale. Tutti i soggetti con asma dovrebbero essere sottoposti a esami prima di un intervento chirurgico e, qualora il controllo dell’asma risulti insufficiente, prima di effettuare l’intervento dovrebbero essere sottoposti, se possibile, a un trattamento intensificato per un tempo sufficiente a migliorare la stabilità dell’asma. Un ciclo di corticosteroidi sistemici può essere indicato per i pazienti sintomatici e/o con FEV1 o PEF <80% del miglior valore personale. Inoltre, i pazienti sottoposti alla terapia con corticosteroidi sistemici per >2 settimane e/o a dosi da moderate ad alte di ICS possono essere a rischio di insufficienza surrenale intraoperatoria. Per questi pazienti, si dovrebbe allertare l’anestesista perché somministri dosi di corticosteroidi sistemici “stress-sostitutive” per tutta la durata dell’intervento chirurgico ed eventualmente anche per il periodo postoperatorio. spontaneamente negli anni prepuberali. La gravità dell’asma dai 7 ai 10 anni d’età è predittiva della sua persistenza in età adulta. I bambini affetti da asma da moderato a grave e con funzionalità polmonare ridotta sono probabili candidati a soffrire di asma persistente in età adulta, mentre risulta probabile che i bambini con asma più lieve e funzionalità polmonare nella norma migliorino con il tempo, anche se alcuni di loro soffriranno di asma periodico (assenza di malattia per un periodo da pochi mesi a più anni); tuttavia, una remissione completa per 5 anni nel corso dell’infanzia è piuttosto insolita. PREVENZIONE Sebbene l’infiammazione cronica delle vie aeree possa comportare un rimodellamento patologico delle vie respiratorie polmonari, gli interventi con antinfiammatori tradizionali (tuttora la terapia di elezione per il controllo dell’asma) nei bambini non aiutano questi pazienti a estirpare l’asma. Sebbene i farmaci controller riducano la morbilità dell’asma, la maggior parte dei bambini con asma da moderato a grave continuano a presentare sintomi nelle prime fasi dell’età adulta. Alcune analisi dei fattori ambientali e dello stile di vita, che comportano una minore prevalenza dell’asma infantile nelle aree rurali e nelle comunità agricole, fanno ipotizzare che un immunointervento modulatorio precoce possa prevenire lo sviluppo dell’asma. Un’“ipotesi igienica” sostiene che esposizioni microbiche naturali in età pediatrica possano portare allo sviluppo di un’immunità precoce rispetto alla sensibilizzazione agli allergeni, all’infiammazione persistente delle vie aeree e al rimodellamento. Se queste esposizioni microbiche naturali avessero davvero un effetto protettivo sull’asma, in assenza di effetti avversi significativi per la salute, allora questi risultati potrebbero favorire lo sviluppo di nuove strategie per la prevenzione. Diverse misure non farmacologiche con svariate caratteristiche positive per la salute potrebbero ridurre la probabilità di sviluppare l’asma, come ad esempio l’evitare il fumo di tabacco nell’ambiente (iniziando prima del parto), un prolungato allattamento al seno (>4 mesi), uno stile di vita attivo e un’alimentazione sana. Attualmente si ritiene che la probabilità di sviluppare l’asma non sia aumentata da nessun tipo di vaccinazione; pertanto, si raccomandano anche per i bambini affetti da asma tutte le vaccinazioni standard dell’infanzia, inclusi i vaccini della varicella e dell’influenza annuale. BIBLIOGRAFIA Per la bibliografia completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com. Capitolo 139 Dermatite atopica (eczema atopico) Donald Y.M. Leung La dermatite atopica (Atopic Dermatitis, AD), o eczema è la patologia cutanea cronica recidivante più comune in età neonatale e infantile. Colpisce il 10-30% dei bambini a livello globale e si manifesta spesso nelle famiglie affette da altre patologie atopiche, quali asma, rinite allergica e allergia alimentare. I neonati affetti da AD sono predisposti a sviluppare rinite allergica e/o asma nel corso dell’infanzia, un processo chiamato “marcia atopica”. EZIOLOGIA PROGNOSI Nel 35% dei bambini in età prescolare si verificano tosse e sibili ricorrenti. Un terzo di questi pazienti continua a manifestare asma persistente anche nell’infanzia più avanzata, mentre i 2/3 migliorano C0075.indd 841 L’AD è una patologia genetica complessa, che provoca una barriera cutanea difettosa, una riduzione delle risposte immunitarie cutanee innate e un’eccessiva risposta dei linfociti T agli allergeni e ai microbi ambientali, con conseguente infiammazione cutanea cronica. 10/1/12 11:51:34 AM
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